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Ben Hur
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Ben Hur

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                                                                           Lewis Wallace  
                                                                             BEN HUR
 Edizione integrale
illustrazioni di Leonardo Mattioli
 

Edizione integrale, che troverete molto più ampia di quella cinematografica.

Una prestigiosa traduzione integrale del testo di Lewis Wallace, un capolavoro della letteratura avventurosa e storica.
L'opera tradotta in varie lingue e pubblicata in tutto il mondo, finendo con il vendere più di cinquanta milioni di copie. Il protagonista è Judah Ben-Hur, un ebreo che vanta nobili origini.

 
     Un capolavoro della letteratura universale, un romanzo per ogni età!
LanguageItaliano
Release dateDec 6, 2016
ISBN9788899481100
Ben Hur
Author

Lewis Wallace

Lewis Wallace nacido en Brookville (Indiana) el 10 de abril de 1827 y fallecido en Crawfordsville (Indiana) el 15 de febrero de 1905 fue un abogado, militar, político, diplomático y escritor estadounidense.Lewis Wallace obtuvo el grado de general luchando en las filas del ejército de la Unión durante la Guerra de Secesión. Además fue elegido gobernador del Territorio de Nuevo México (1878-1881) y ministro plenipotenciario (embajador de Estados Unidos) en el Imperio Otomano (1881-1885).Pero su fama le vino por ser el autor de Ben-Hur: A Tale of the Christ (1880), un exitoso libro desde el mismo momento de su publicación que luego fue convertido en obras de teatro y dos célebres películas que coadyuvaron a hacerlo mas famoso.

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    Ben Hur - Lewis Wallace

    Lewis Wallace

    Ben Hur

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    EDIZIONE INTEGRALE

    Grafica e illustrazioni di Leonardo Mattioli

    BORELLI  EDITORE

    Copyright © 2016 Gian Franco Borelli

    Capitolo 1

           Un misterioso incontro nel deserto

         Nel chiarore indefinito dell'alba che spunta sul deserto d'Arabia, cavalcava un uomo su un cammello riccamente bardato. Lentamente si inoltrava nella distesa sconfinata di sterili pianure. Non c'era traccia d'orientamento, eppure l'animale si diresse spontaneamente verso oriente come guidato da una mano invisibile.

         A giudicare dall'aspetto, il viaggiatore era sulla cinquantina: la barba brizzolata gli fluiva sul petto celandogli il viso bruno in cui brillavano occhi grandi e neri. Indossava ampie vesti alla moda orientale e aveva la testa avvolta in un panno scarlatto: egli sembrava ignaro di quanto lo circondasse, lo sguardo fisso, come assorto in un sogno mentre l'animale procedeva come guidato da una forza ignota. Per molto tempo il cammello camminò con passo ineguale inoltrandosi sempre più nel deserto. Ormai il sole si era fatto alto e tingeva la terra tutta intorno di un chiarore abbagliante. Non v'era vegetazione, ma solo sabbia, ora liscia, ora ammucchiata in piccole dune; i punti di riferimento erano nulli. La catena del Gebel, i monti che delimitano il deserto, era scomparsa all'orizzonte.

         A mezzogiorno, il cammello, come ubbidendo a un comando impostogli da un essere invisibile si fermò. Il viaggiatore si scosse quasi destandosi da un sogno, si guardò intorno, incrociò le mani sul petto e pregò in silenzio, quindi fatto inginocchiare il cammello scese sulla sabbia. Scostò il panno che gli velava il viso e apparve in piena luce il suo volto energico, dalla fronte larga e bassa, dal naso aquilino, e dagli occhi leggermente obliqui.  Il colore della pelle e dei capelli che gli ricadevano sulle spalle, neri e lisci, denotava l'origine del misterioso viaggiatore: era egiziano. Non aveva armi. A più riprese, facendosi schermo con la mano, scrutò l'orizzonte: era evidente che attendeva qualcuno.

         S'avvicinò alla lettiga, prese una bottiglietta d'acqua e lavò gli occhi e le narici della bestia. Poi, piantò alcuni pioli, innalzò una pertica, la ricoprì con una stoffa rigata di rosso e di bianco, che egli tese e mise a posto abilmente. Nella lettiga c'era un tappeto: fu allargato sulla sabbia, in fondo alla tenda... Ripreso dall'ansia, l'uomo scrutò di nuovo le distese di sabbia. Nessuna presenza animava la morta solitudine. Alla fine egli mormorò:

         Sento che debbono venire: colui che mi ha condotto qui, li guida verso di me.

         Per ingannare l'attesa, trasse fuori dalla lettiga tre scodelle intrecciate di fibre di palma, una bottiglia di vino, carne secca, melograno, datteri, formaggio e pane. Dispose tutto ciò sul tappeto, con gesti misurati: quando ogni cosa fu a posto, uscì all'aperto... Laggiù, ad oriente, spuntava qualche cosa di umano. L'uomo attendeva. Egli sapeva che colui doveva venire... Laggiù, la forma umana si ingrandiva, s'avvicinava, sempre più definita. Era un enorme dromedario bianco, che portava sul dorso una lettiga indiana.

         Iddio è grande mormorò l'egiziano. L'animale s'avvicinò. Il suo padrone scese dalla cavalcatura e si diresse verso l'egiziano assorto in preghiera:

         La pace sia con te, servo del vero Dio!

         E con te pure, fratello nella vera fede! rispose l'altro. Il nuovo venuto era alto, straordinariamente magro: le guance incavate e le orbite infossate rivelavano le privazioni e le sofferenze di una vita austera. Privo di armi, costui indossava un mantello da cui uscivano due larghe maniche, strette ai polsi. Un turbante, formato da uno scialle a pieghe ampie, gli stringeva le tempie brune e la sua bianchezza si mescolava con il candore della barba senile e dei capelli. Il viso era improntato ad una severa gravità; se i suoi occhi non fossero stati colmi di pianto, a guardare la sua faccia consumata dalle veglie ci sarebbe stato da pensare che quell'uomo fosse indifferente alle cose di quaggiù.

         Iddio è grande! ripeté l'egiziano. Colui che attendiamo è vicino!

         Dondolandosi come una grossa nave che prenda il largo, si vedeva giungere verso la tenda un terzo cammello. Colui che arrivava, sceso a terra, disse all'indiano:

         La pace sia con te!

         E l'indiano rispose: Sia fatta la volontà di Dio!

         Meno robusto e meno ossuto degli altri due, bianco di pelle, coi capelli chiari e leggermente ricciuti, il nuovo venuto si prestò con buona grazia agli abbracci dell'egiziano e dell'indiano. Aveva scoperti il collo e la testa, che uscivano da un pallio di porpora, negligentemente buttata sopra una tunica che lasciava libere le braccia e le gambe. Calzava sandali. Pareva ancor giovane, e la sua età non si poteva indovinare che dalla prudente circospezione delle parole.

         L'egiziano disse:

         "Lo spirito che ci guida tutti e tre ha voluto che io vi abbia preceduti qui. Ecco la tenda: ecco il pane, che romperemo insieme.

         Li introdusse nella tenda, sciolse i legacci delle loro calzature, lavò loro i piedi, versò loro acqua sulle mani e le asciugò. Sedettero; e curvando la fronte, proferirono simultaneamente.

         Signore, Padre di ogni essere vivente, da Te proviene tutto ciò che possediamo: possa la Tua benedizione farci agire secondo la tua santa volontà!

         Tacquero, e Stupefatti si accorsero che si erano capiti, sebbene ciascuno di essi avesse parlato nella lingua del proprio paese.

         Gaspare, figlio di Cleante, ateniese, parlò per primo. Manifestò quella che era ormai la sua certezza di servire la volontà dell'Altissimo. Aveva a lungo errato nelle tenebre. Alla sua sete di conoscere la scienza dell'Ellade aveva offerto soltanto sistemi di vana filosofia, in fondo a cui egli aveva scoperto il nulla. Allora, senza più attendere niente dal pensiero umano, aveva fuggito la città e le sette filosofiche.

         "Al nord della Tessaglia c'è una montagna famosa, l'Olimpo. La Grecia vi collocava una volta la dimora di Zeus, padre degli uomini e degli dei. Mi ritirai lassù e vi sotterrai il mio oro: vissi in solitudine per molti anni. Aspettavo che mi fosse rivelata la verità...

         Dominando la propria commozione riprese:

         "L'unico sbocco della caverna in cui vivevo si orientava verso il golfo Termaico. Un giorno vidi un uomo lottare contro i flutti: era caduto da una nave che passava in prossimità della costa, e stava per annegare. Ebbi la fortuna di salvarlo, e mi presi cura di lui. Era un giudeo, buon conoscitore dei libri sacri; egli m'insegnò che vi era un solo Dio, il quale, da secoli, era insieme capo supremo e legislatore del suo popolo. Ecco la verità. Ero esaudito, e Dio mi si rivelava.

         Dopo un silenzio il greco continuò a narrare:

         L'uomo da lui salvato, gli aveva rivelato l'esistenza dei profeti, i quali affermavano che la venuta di Dio era prossima e che presto il Salvatore sarebbe sceso sulla terra; ma, come all'epoca di Mosè la rivelazione divina doveva estendersi solo ai figli di Israele.

         Colui che deve venire sarà il Re dei Giudei, aveva detto il giudeo.

         E il greco disse ancora:

         Non mi perdetti d'animo: chiedevo solamente, nelle mie preghiere, che mi fosse permesso di vedere il Re, quando Egli tosse venuto... Ebbene, una notte, mentre stavo seduto sull'ingresso della caverna, ad un tratto, in mezzo al buio, sopra il mare spuntò una stella luminosa. Vidi che saliva, che si avvicinava; la vidi fermarsi sopra di me. La sua luce era immensa e mi inondava... Caddi a terra, e un sonno profondo si impadronì di me. E nel sonno udii una voce, che mi diceva: Sii benedetto! perché la tua fede trova la sua ricompensa. Con altri due uomini, accorsi dagli estremi limiti dell'universo, potrai contemplare colui che deve venire. Alzati, va in contro ad essi! lo Spirito ti guiderà..." Io mi svegliai all'alba. Ripresi le antiche vesti, dissotterrai il mio oro. Una nave, che passava, mi accolse a bordo e mi condusse ad Antiochia: acquistai colà questo dromedario, e giunsi ai confini del deserto.

         Il greco tacque; gli altri due stavano immobili e sentivano riflettersi in sé le parole di speranza che egli aveva pronunciate.

         Con la sobrietà di gesti propria della sua razza, prese la parola Melchiorre, l'indiano. Egli era bramano e sin dalla nascita era vissuto di rigide pratiche, di riti immutabili e sacri.

         Ma il totale annientamento in Brahma, il riposo completo, suprema ricompensa per chi strettamente rispetto tutti i riti religiosi non poteva bastarmi. Fui invaso dal dubbio ed arrivai persino a dubitare dell'esistenza dello stesso Brahma! Furono per me anni di tortura...

         Ma in mezzo a quella sofferenza cominciava a spuntare un bagliore: non era forse l'amore la risposta capace di risolvere la ragione di vivere?

         Quand'ebbi compreso ciò, mi misi all'opera. La felicita, per chi ama, consiste nell'azione. Io parlai nell'isola di Ganga Lagor, situata nelle acque del Gange, padre di tutti i fiumi al suo sbocco nell'Oceano...

         Una parola contro Brahma, un gesto di pietà verso i Paria (coloro che corrosi dalle ulceri, si trascinano sulla sabbia ardente per morirvi), una sola benedizione, l'offerta d'una sola goccia d'acqua!... ed io, spogliato di tutto, colpito d'infamia, sarei divenuto come loro... Eppure parlai, fratelli! E curai le loro piaghe immonde... Parlai ai discepoli radunati nel tempio: fui scacciato. Parlai alla moltitudine dei pellegrini: m'inseguirono a sassate. Volli farmi sentire sulle grandi strade: tutti mi schivavano, evitando di guardarmi. In tutta l'India, ben presto non vi fu più posto per un essere perduto quale io ero. Allora risolvetti di fuggire ogni presenza umana. Andai al Tao, quel lago misterioso di dove il Gange, l'Indo e il Brahmaputra si slanciano fraterni e divini. Laggiù solo la pace e l'obliò. Vi rimasi definitivamente, nascondendo le giornate nella preghiera, nel digiuno, e aspettando che venisse la morte...

         L'indiano si fermò, con occhi fissi nel vuoto ma già il volto emaciato si rischiarava, rasserenandosi adagio adagio.

         Una notte, camminavo sulle rive del lago e mi chiedevo quando Iddio sarebbe venuto a reclamare ciò che era suo, e se non ci sarebbe stato mai un riscatto. All'improvviso, scaturì dal lago una gran luce: era una stella. Si alzò e venne alla mia volta. Abbagliato, caddi a terra. Allora udii una dolce voce, che diceva: Sii benedetto, figlio dell'India! Con altri due uomini, venuti dai confini del mondo, vedrai il Redentore e farai testimonianza della verità. Alzati e va' loro incontro! Lo Spirito ti guiderà..."

         Ci fu un silenzio, sottolineato dal respiro regolare delle bestie sdraiate al di fuori.

         Ad un tratto l'egiziano sollevò il capo e disse:

         In verità, fratelli, lo Spirito vi dettò le parole che ho testé udite: debbo a lui la grazia di averle capite.

         Bevette ad una borraccia appesa alla cintura e proseguì:

         Mi chiamo Baldassarre e sono nato ad Alessandria da una famiglia di principi e di sacerdoti. Ebbi assai presto la rivelazione del segreto dell'esistenza di un Dio adorato dai soli sacerdoti i quali ne mantenevano per sé soli il segreto.

         L'egiziano parlò poi dei suoi dubbi, dei suoi scrupoli, durati sino al giorno in cui la sua decisione di parlare si era fatta irremovibile.

         "La filosofia ci aveva insegnato la tolleranza. Roma imperava. Un giorno, al tempio, mi alzai e parlai. Il mio uditorio era formato di sacerdoti, di studenti, di conducenti di cocchi, mille volte vittoriosi, e di marinai. Parlai loro di Dio, del Bene e del Male, dell'Anima immortale, del Cielo e della suprema Ricompensa. Si meravigliarono... risero... Io continuai intrepido. Allora coprirono di ridicolo il mio Dio, ottenebrarono il mio cielo con i loro sarcasmi. Ero vinto!

         Il peggior nemico dell'uomo è sempre stato l'uomo stesso, sospirò l'indiano.

         "Il mio secondo tentativo fu per un villaggio di pastori e di ortolani. Erano poveri, umili. Non risero affatto! Essi mi capivano e si rallegravano nei loro cuori. E portavano ovunque la buona novella.

         Dopo una pausa, Baldassarre riprese con voce sorda:

         La montagna mi offrì un rifugio per più di un anno: mi nutrivo solo di datteri... Ma un giorno una forza irresistibile mi spinse a scendere nella pianura. Era notte, e il cielo s'incrostava di miriadi di stelle. Improvvisamente vidi una stella staccarsi e scendere verso di me. Essa si fermò sul mio capo, e il suo fulgore mi accecava. Mi coprii gli occhi con le mani e caddi al suolo. Allora udii una voce, che non era di questo mondo: Sii benedetto, figlio di Misraim! Con altri due uomini, accorsi dai confini della terra, vedrai il Salvatore. Alzati prima dell'alba e va' loro incontro! Quando giungerete alla città di Gerusalemme, domanderete agli uomini: Dov'è Colui che è nato? Poiché in Oriente abbiamo visto la sua stella e siamo venuti per adorarlo..."

         L'egiziano si alzò trasfigurato; incrociò le mani sul petto e disse:

         Dio è con noi, fratelli!

         Il greco e l’indiano ripeterono:

         Dio è con noi!

         I tre uomini erano inondati da una gioia sovrumana.

         Uscirono dalla tenda. Il deserto era calmo e calmo era il cielo. Era scesa la notte. I tre uomini levarono la tenda e ricominciarono a correre verso l’ovest.

    Ad un tratto spuntò un chiarore. I tre uomini trasalirono: i loro cuori batterono da spezzarsi, le loro labbra mormorarono:

         La stella!

    Capitolo 2

    Uno strano Re nasce in una grotta

         Era la terza ora del giorno e nei pressi della porta di Giaffa, sede del più importante mercato di Gerusalemme, l'animazione era vivissima. Carri e animali si urtavano nello stesso passaggio, fra urli e vociferazioni rumorose. I venditori sfilavano in lunga coda verso il mercato, dove fra l'esposizione prodigiosa delle merci, era una caotica, furiosa confusione di persone, di oggetti, di colori e rumori... Gagliardi giovanotti, vestiti di sudice tuniche, barbuti, scalmanati, urlavano a perdifiato i pregi del loro vino d'Engaddi e delle loro bevande fermentate. Uomini di Galilea visi abbronzati, capelli color polvere stendevano al sole cesti di lenticchie, di fave, di cipolle, di cocomeri. Più lontano era un nugolo di venditori ambulanti, gioiellieri, profumieri, mercanti di bestie, ciarlatani. Tutta una folla gesticolante, clamorosa, in mezzo a cui i veicoli stentavano ad aprirsi il varco. E continuava a giungere sempre nuova gente.

         Con l'elmo in testa, corazzati di bronzo e d'acciaio, i soldati romani passavano indifferenti e alteri. Ed ecco gladiatori venuti da Cesarea, da Antiochia, da Gerico, e danzatori greci riconoscibili dal candore delle braccia e delle gambe senza peli, lucide di oli profumati. Ecco altri venditori; bruni ciprioti con panieri di frutta, arabi con portatori e cavalli... E uomini, donne, bambini seminudi, soldati, sacerdoti, samaritani...

         Venne infine, sopra un asino, una donna vestita di lana scura, col viso avvolto da un velo opaco. Al suo fianco era un uomo che teneva per la briglia l'animale. Quell'uomo poteva avere cinquant’anni: i capelli avevano un inizio d'incanutimento, nella barba spuntava qualche filo argenteo. Egli guardava le persone e le cose con l'aria attenta e indagatrice del provinciale.

         Qualcuno l'interpellò:

         Non sei tu Giuseppe di Nazareth?

         L'uomo si girò lentamente:

         Il mio nome è questo, infatti... Ah, rabbino Samuele!

         La pace sia con te!

         Il rabbino esaminava la donna.

         Tua figlia è graziosa,  disse sottovoce Samuele!

         Non è mia figlia, disse piano Giuseppe, è mia moglie.

         E soggiunse:

         E’ figlia di Gioacchino e d'Anna di Betlemme. Li avrai certo sentiti nominare: sono molto conosciuti.

         Sì, rispose con deferenza il rabbino.  "Sono discendenti diretti di Davide... li conosco...

         Dopo un silenzio, Samuele brontolò:

         "E siccome siete entrambi nati a Betlemme, il Romano vi costringe a ritornarvi, per il censimento...

         Gridò con sdegno:

         Il Dio d'Israele è vivo e la vendetta è sua! E senza aggiungere altro si allontanò.

         Pareva che Giuseppe non avesse udito. Varcò adagio la porta e voltò a sinistra verso Betlemme. Attento alla asperità di una strada montagnosa, irregolare, discendeva a passo a passo la valle di Hinnom. Torrenti di luce inondavano la pianura. Il calore si faceva intollerabile: Maria si sbarazzò del velo, scoprendo interamente la testa e il viso.

         Con voce lenta, Giuseppe raccontava la storia dei Filistei, sorpresi proprio in quel luogo da Davide: neppure uno di essi era sopravvissuto... Maria ascoltava appena: silenziosa e dolce, sognava... Aveva quindici anni. L'ovale perfetto del volto era incorniciato dai capelli biondi, morbidi e fluttuanti, che ricadevano sino ai cuscini. Sotto le immense ciglia ricurve, gli occhi apparivano puri, profondi, limpidi. Spesso le sue labbra tremavano: gli occhi si sollevavano lentamente e con le mani incrociate sul petto, Maria rimaneva così per lunghi momenti, come attenta ad una armonia che nessun orecchio umano poteva udire...

         Allora il buon Giuseppe s'interruppe e la guardò In silenzio: chinò il capo e continuò a camminare pensieroso, dimenticando il seguito del racconto.

         Attraversarono così l'arida zona incolla e raggiunsero la collina di Mar Elias, dalla quale si poteva già scorgere Betlemme. Ma subito la stretta valle che li separava dalla città si mostrò popolata di animali e di veicoli... Poi Giuseppe s'affrettò, perché temeva di non trovare più posto per Maria.

         Sulla strada infatti, si urtava una folla di asinai e di cammellieri, che spingevano a gran forza le bestie verso l'abbeveratoio o nelle

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