Negli adolescenti la non completa maturità della corteccia cerebrale
(lobi frontali) comporta una insufficiente padronanza nel controllo delle risposte emotive e delle pulsioni. Ciò li rende più vulnerabili di fronte alle diverse forme di dipendenza, compresa quella delle cosiddette “sostanze d’abuso” (alcool, droghe, etc.). L’uso di tali sostanze coinvolge i “sistemi cerebrali di rinforzo” che vedono in azione neuroni che attivano una molecola chimica, la dopamina, e che pertanto vengono chiamati “dopaminergici”. La minore capacità di controllo di sensazioni ed emozioni può diventare così una sorta di “trappola” o un infernale girone dantesco da cui risulta difficile uscire. Si tratta di drammatici meccanismi, ormai pervasivi, che non risparmiano neppure piccole comunità; d’altro canto non vi sono aree e famiglie che possano ritenersi a priori immuni da tali drammatiche evenienze. Non è quindi strano che anche piccoli paesi di provincia siano di tanto in tanto coinvolti in allarmanti fatti di cronaca giudiziaria, con coinvolgimento (diretto o indiretto) di centinaia di giovani e ragazzi. La prima domanda che sorge spontanea è la seguente: si tratta di episodi ciclici, tra di essi scollegati e lontani nel tempo, oppure siamo di fronte, al contrario, a condotte persistenti, addirittura “normali” o “normalizzate”, anche se emergono alla pubblica ribalta solo in occasione di inchieste e indagini? E poi, quale ampiezza assume la dipendenza da sostanze (quali ad esempio la cocaina) che, senza destare pubblico allarme come l’eroina, hanno un più che florido pubblico di habitué, collocabile ben al di là della fasce giovanili e delle aree di cosiddetto degrado sociale? In altre parole, qual è la reale consistenza di questo fiume carsico che scorre (non sempre) sotto traccia (anzi talvolta in luoghi comunemente noti e conosciuti), nella distrazione, disattenzione o indifferenza generale, salvo catturare la periodica curiosità in occasione di operazioni di polizia e blitz? Quanto alla comunità più in generale, quali letture, quali risposte dà (se intende darle) e, soprattutto, quali azioni intende intraprendere, anzitutto per capire, evitando di pre-giudicare o di lasciare che a “grattarsi la rogna” siano le malcapitate famiglie improvvisamente terremotate nell’inferno della pubblica deflagrazione di tali vicende terribili? E, ancora, giova “sbattere il mostro” in prima pagina, sottoponendo al rituale circo mediatico i pesci (piccoli, di solito) rimasti impigliati nella rete, con foto segnaletiche (seppur pudicamente coperte per qualche millimetro), riprese con telecamere pronte al posto giusto e momento giusto (per non dire di sgommate e spettacolari caroselli per le vie del centro a sirene spiegate)? Cosa rimane dopo lo ‘spettacolo’? Ma, soprattutto, cosa si fa dopo lo spettacolo e per fare in modo che si ripeta il meno possibile?