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CAPITOLO 1: Premesse 1.

1 Introduzione L'uomo, nella sua continua ricerca scientifica, riuscito, in campo medico, a realizzare componenti capaci di sostituire, in maniera pi o meno efficace, parti dell'organismo come articolazioni, arterie ecc.; cos passando attraverso i tessuti e in seno a questi, si sono collocate delle protesi di vario tipo e impiego. Di pari passo con le altre discipline medico-chirurgiche, l'implantologia dentale ha speso molte energie nella ricerca di materiali ideali, sufficientemente facili da lavorare, non soggetti a corrosione, capaci di sopportare le sollecitazioni alle quali vengono sottoposti e che non arrecano disturbi ai tessuti che li ospitano. Dopo anni di ricerca pioneristica l'implantologia dentale ha raggiunto ai giorni nostri, un livello di affidabilit in grado di porre gli odontoiatri nella condizione di realizzare protesi su impianti di grande qualit. L' implantologia orale, che si avvale di impianti osteointegrati utilizzati come supporto per una riabilitazione protesica fissa o rimovibile, universalmente riconosciuta come una metodologia clinica sicura e in grado di garantire risultati duraturi nella riabilitazione orale ( Lazzara et al. 1996; Buser et al. 1997; Brocard et al. 2000; Arvidsonet al.1998; van Steenberghe et al. 1999). Le varie soluzioni implantologiche sono ormai entrate a far parte della routine quotidiana, diventando una branca della protesica dentale in continua evoluzione. Nel tempo e con il miglioramento delle tecniche, grazie agli impianti si arrivati al loro sempre pi utilizzo sia nella realizzazione di singole corone fisse, nel caso di monoedentulie, sia di intere arcate fisse in metallo ceramica nel caso di edentulie totali. Nel caso delle mono-edentulie, l'impianto permette di compensare le mancanze di elementi dentali senza dover presenti. Un ulteriore vantaggio psicologico offrono gli impianti post-estrattivi, i quali permettono la riduzione del piano di trattamento e del numero delle sedute chirurgiche, intervenire su elementi naturali attigui eventualmente

ma anche il mantenimento dei tessuti duri e molli del sito post-estrattivo che assicura la possibilit di ottenere risultati estetici ottimali ( soprattutto in regione anteriore). L'intento di questa tesi di spiegare come la tecnica riabilitativa con impianti post-estrattivi sia un trattamento serenamente praticabile ma di elezione. La ragione sta nel fatto che l'atto chirurgico in questione presenta un livello di difficolt maggiore rispetto al protocollo tradizionale che si applica in siti gi guariti. Dall'altra parte si pu dire che tale procedura serenamente praticabile in quanto l'esperienza clinica di molti autori suggerisce che la sopravvivenza implantare e quindi la percentuale di successo rimane alta ed sovrapponibile a quella degli impianti in osso nativo. Il posizionamento di un impianto post-estrattivo richiede delle particolari condizioni perch non tutti i pazienti possono essere candidati a tale tecnica chirurgica. Esistono delle controindicazioni assolute, che verrano indicate nei paragrafi successivi, di cui il medico deve tener conto. Si pu dire che deve esistere anche una selezione del paziente attraverso un'accurata anamnesi. Se questa procedura viene gestita in modo opportuno in grado di produrre un risultato implanto-protesico desiderato che garantisce soddisfazione e comfort al paziente.

1.2 Storia dell'implantologia. Nonostante l'implantologia come scienza sia come tempo storico da considerarsi recente, altres vero che essa affonda le proprie origini in epocha remotissima. Il primo reperto a noi giunto di materiale che potrebbe essere considerato biocompatibile risale all'epoca dei Maya, e si tratta del noto frammento mandibolare con tre impianti confezionati con valve di conchiglia che sostituivano tre incisivi mancanti, 2

databile all'incirca all'VII secolo D.C., che l'archeologo Wilson Popenoe trov nel 1931 nel corso di alcuni scavi archeologici compiuti nella Playa de los Muertos, in Honduras. Secondo gli studi effetuati nel 1970, Amedeo Bobbio odontostomatologo brasiliano di origine italiana, dimostr che le tre conchiglie non erano state inserite nei rispettivi alveoli dopo il decesso ma in vita. Difatti, praticando l'esame radiografico al pezzo archeologico, not che intorno alle conchiglie si era formata una vera e propria, diremmo oggi, osteointegrazione, dovuta sicuramente alla notevole quantit di fosfato di calcio, contenuta nel guscio. Nei secoli X e XI importanti contributi ci vengono dalla Scuola Araba, principalmente con Abulcasis(936-1013), uno dei pi grandi chirurghi dell'antichit; nella sua opera, Kitab al Tasrif, interamente dedicata alla chirurgia, dedic ampi capitoli all'odontoiatria chirurgica. In particolare descrisse le modalit di sostituzione dei denti perduti con altri denti, naturali o artificiali prodotti con frammenti ossei di grossi mammiferi, in modo tale che possano essere pi naturali possibili; per mantenerli in sede sosteneva l'utilit di legature con fili d'oro infissi nella gengiva. Nel Medioevo vi furona vari tentativi, o per lo meno descrizioni di essi, di reimpiantare denti umani o artificiali (Guy de Chauliac (1300-1367, 1363). Nel Rinascimento Ambroise Pare', chirurgo militare, fra i pi grandi del suo tempo, propose il reimpianto dentario, avendo ben presente la traumatologia maxillo-facciale da arma da fuoco. Gabriele Fallopia (1523-1562), anatomico prima a Modena poi a Padova, nel trattato Chirurgia sostiene che, in caso di perdita o di caduta di elemento dentale o di sua avulsione a scopo terapeutico, bisognava risanarlo e quindi rimetterlo nella sua sede primitiva, collegandolo con legature in oro o metalliche ai collaterali. Se invece il dente, per un qualsiasi motivo no era pi recuperabile, bisognava costruirne un'altro, rispettando il pi possibile l'anatomia del precedente, e quindi inserirlo nell'alveolo. Il materiale consigliato per questo tipo di operazione era l'avorio, da lui considerato compatibile con il tessuto gengivale. opportuno ricordare che questi appaiono pi come consigli teorici che pratici; non abbiamo infatti riscontri clinici nella letteratura dell'epoca; l'odontoiatria continuava ad essere praticata dagli empirici o dai ciarlatani da piazza con risultati pressoch sempre 3

disastrosi. Intorno alla met del Settecento inizia ad affermarsi l'opera di Pierre Fauchard ( 16781761), considerato il fondatore della moderna concezione odntostomatologica. Sotto la sua spinta di innovazione scientifica l'odontoiatria ebbe, sul finire del settecento, a registrare fra le sue grandi conquiste l'invenzione dei denti artificiali, che grande importanza rivestiranno nello sviluppo futuro dell'Implantologia Vari Autori si occuparono di tale problematica; invero, come gi visto, l'argomento della preparazione e sostituzione del dente umano con dente artificiale, in modo da trovare una soluzione che fosse compatibile con il tessuto gengivale e non provocasse problematiche di vario tipo e spessore, fu oggetto di vari tentativi nel corso dei secoli. Svariate sostanze vennero utilizzate per costruire gli elementi sostitutivi; le ossa e i denti di bue, del cavallo, del montone, del cervo e di altri animali; la madreperla, l'avorio, i denti di ippopotamo, di balena o di tricheco. A tutti i vari chirurghi-dentisti sembrava che tali materiali avessero caratteristiche estetiche, composizione minerale organica che non determinasse particolari ristagni della secrezione salivare, pregi funzionali tali da consentire una normale masticazione degli alimenti e chiarezza nella fonetica, e specialmente quella che noi oggi definiremmo biocompatibilit; tuttavia, con l' andare del tempo, tali presidi terapeutici si mostrarono fallaci; l'osso di bue non soddisfaceva dal punto di vista estetico e mostrava porosit e tendenza ad assumere un colorito giallastro; i denti di bue o di cavallo avevano colore estremamente diverso da quello dei denti umani; l'avorio era sprovvisto di smalto e tendeva e decomporsi; i denti di ippopotamo furono quelli maggiormente preferiti ed utilizzati, cos pure quelli pi rari di balena e di tricheco, sia perch erano provvisti di smalto sia perch potevano facilmente essere adattati, una volta limati, alla morfologia del dente umano. Discorso a parte merita il reimpianto di dente umano. A prescindere dalle problematiche di tipo morale o religioso, che vedevano nell'utilizzo di denti prelevati a cadaveri una profanazione ed uno sfregio alla memoria dell'estinto, non vennero da tutti accettati per le gravi complicanze settiche che potevano dare all' individuo nella cui bocca venivano posti, sia pure dopo opportuni trattamenti e disinfezioni. Tuttavia chiaro come, qualunque tipo di dente proveniente da animale presentasse pi o meno inconvenienti quali la permeabilit, la tendenza a rammollirsi e a decomporsi, il 4

cambiamento repentino di colore, il fetore. Gi nel 1764 Duchateau aveva costruito una dentiera di porcellana, che per risult molto fragile; successivamente De Chemant (1766) perfezion il materiale modificandone la composizione. Tuttavia questi furono tentativi di costruzione di pi elementi contemporaneamente. John Hunter, intorno al 1778, riteneva che fosse possibile estrarre i denti, farli bollire per distruggerne la vitalit, cos che, da morti, non presentassero nocumento alcuno, quindi reimpiantarli in modo che facessero corpo unico colo mascellare. Fu nel 1806 che Giuseppangelo Fonzi ( 1768-1840) invent il dente minerale, scoperta questa che avr grande importanza nel futuro dell' evoluzione implantologica. Il suo grande merito fu quello di realizzare l'idea di poter costruire singoli denti artificiali, da impiantare direttamente nell'alveolo tramite ganci di platino, dotati anche di grandi requisiti estetici e funzionali, oltre che inalterabilit chimica e, specialmente, buona tollerabilit da parte del paziente. Nel solco tracciato da Fonzi, altri tentativi vennero effettuati durante il secolo XIX; nel 1807 Maggiolo illustr il modo di collocare nell'alveolo vuoto una radice artificiale in oro, entro la quale, dopo quattro o cinque settimane, veniva inserito un dente a perno; questo tentativo merita particolare considerazione in quanto comportava il riposo di oltre un mese della radice artificiale infissa nell'alveolo, non assoggettata alla compressione dell'occlusione o peggio della masticazione; di notevole importanza ai giorni nostri appare il fatto che il Maggiolo avesse ben chiari i concetti che regolano la biologia e la fisiopatologia dentaria. Negli Stati Uniti, gi fin dall'ottocento antesignani della odontoiatria scientifica, si ebbero numerosi tentativi ed esperimenti di impianti. Intorno agli anni Quaranta del secolo XIX, Harris e Hayden, fondatori della Scuola dentaria di Baltimora, tentarono impianti endossei utilizzando denti in ferro di loro costruzione. Nel 1870 Rogers cerc di applicare impianti metallici nella mandibola; nel 1881 Lewis costru un impianto a forma di radice dentaria in platino con corona di porcellana e lo impiant, previa presa di impronta della cavit alveolare con materiale gessoso. Nel 1890 Ollier propose viti di platino e di acciaio nichelato come mezzo di osteosintesi; fu tuttavia un esperimento isolato, che serv pi per l'applicazione nelle discipline ortopediche e traumatologiche che in quelle odontoiatriche, che dette per 5

ottimi risultati nel campo della biocompatibilit. Nel 1905 Greenfield costruisce le cosidette radici a gabbia, cio un reticolo, a forma di cestello, in platino-iridio, da inserire in un alveolo artificiale in modo da far rimanere in esso una porzione di tessuto osseo, ma tale soluzione, sulle prime pensata proprio per cercare una buona risposta di compatibilit con i tessuti sottostanti fu presto abbandonata in quanto i metalli usati manifestavano un'attivit galvanica con erosione del metallo stesso e riassorbimento dell'osso adiacente. Intorno agli anni Trenta-Quaranta Stroch, sulla base di ricerche condotte a partire dal 1937 da Venable e collaboratori, i quali erano giunti alla conclusione che alcuni metalli potevano essere ben tollerati dall'organismo umano senza dare problemi di rigetto, progett e costru i primi impianti iuxtaossei, utilizzando il cromo-cobalto o una lega composta da cromo-tungsteno-cobalto-molibdeno, chiamata vitallium, ottenendo un'ottima risposta nell'ambito del concetto di materiale biocompatibile. Nel 1946 Golberg e Gerschoff proposero impianti iuxtaossei in vitallium; essi poggiavano sulla cresta mandibolare ed erano trattenuti da viti; l'indicazione principale era relativa al mascellare inferiore.

Il 1947 una data storica, che segna la nascita della moderna concezione implantologica: il 27 febbraio di quell'anno, in una conferenza tenuta all'AMDI di Milano, l'italiano Manlio Formiggini propose la vite cava spiraliforme in filo d'acciaio inossidabile o in tantalio, materiale di color bianco-argenteo cos chiamato perch il suo utilizzo tecnico poteva costituire un vero e proprio supplizio ( supplizio di tantalio). Il metodo venne chiamato dal suo ideatore infibulazione diretta endoalveolare, e segn il definitivo passaggio alla fase degli impianti endoossei. La vite che ho ideato per le infibulazioni endomascellari viene costruita con un filo metallico inalterabile dello spessore di 10-12 decimi avvolto a spirale intorno ad un asse centrale che stabilizza il 6

sistema. L'asse centrale e' gi fisso nell'apice della spirale, poich ne la continuazione, invece alla base lo si salda alla estremit libera della spirale con la quale si rende solidale permettendo cos l'avvitamento forzato nell'alveolo anatomico o chirurgico. Da ci appare chiara e giustificata la denominazione di vite cava, poich il passo della vite per cosi dire libero e sospeso, per stabilizzato dal perno centrale. Non accettata immediatamente da molti studiosi, che preferivano impianti iuxtaossei, tale metodica con il passare degli anni si afferm progressivamente ma definitivamente suscitando parecchi consensi in molti Autori; vennero avviate ricerche sulle reazioni istologiche dei tessuti sottoposti a terapia implantare ( Pini, Zepponi, Sordo, Gola, Roccia, Marziani et al.). Negli anni Cinquanta Blum fece alcuni tentativi, peraltro infruttuosi, di utilizzo di resina sintetica autopolimerizzante nell'alveolo in cui inserire, prima dell'indurimento, l'impianto; tuttavia tali esperienze vennero presto abbandonate per la citotossicit del composto. Nel 1955, nella Clinica Odontoiatrica dell'Universit di Pavia, venne fondata una Associazione Europea Odontostomatologica per gli Impianti: in questa sede vennero compiute indagini sperimentali di ordine clinico e istologico (Palazzi,Borghesio, Branchini, Piazzini, Continolo). Gli impianti utilizzati erano quelli gi proposti in Vitallium, lega costituita da cobalto(65%), cromo (30%) e molibdeno (5%). Sempre negli anni Cinquanta Flohr speriment impianti con viti in resina rinforzata in acciaio, mentre nel 1961 Stefano Tramonte propose per primo la vite autofilettante in cromo-cobalto-molibdeno modificando quella di Formiggini. L'anno seguente furono presentate da Muratori le viti cave, che costituirono un perfezionamento di quelle del Formiggini nella forma, nella struttura e nella tecnica chirurgica. In Francia, a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta Chercheve modific ulteriormente il disegno della vite di Formiggini, creando la spira a doppia elica; analogo presidio adott in Spagna Perron. Il maggior sviluppo dell'implantologia endossea lo si ebbe per negli anni Settanta, con la proposta di Stefano Tramonte di utilizzare il Titanio in luogo dell' acciaio chirurgico e la successiva creazione degli impianti a lama ( sec. Linkow) o ad ago ( sec. Scialom), in tantalio;

in Italia alcuni autori proposero varie modifiche: ricordiamo le lame universali su misura, create da Muratori nel 1970 e le lame polimorfe senza moncone (Pasqualini, 1972): nel 1975 Mondani ide il bloccaggio degli aghi con saldatura endorale; nel 1976 Pasqualini propose la vite rapida in Titanio, sommersa, con moncone avvitabile, roothformed e con solchi che ne interrompevano le spire; nel 1981 Garbaccio propose la vite autofilettante bicorticale. Il concetto di osteointegrazione si deve alla scuola svedese. Per-Ingvar Brnemark, chirurgo ortopedico e professore di ricerca, viene considerato come il padre della moderna implantologia dentale.

Nel 1982 a Toronto, Brnemark presant il lavoro che aveva iniziato 15 anni prima a Gteborg. La sua scoperta e l'applicazione dell'osteointegrazione, o la fusione biologica del tessuto osseo ad un materiale estraneo, non ebbe uguali e tale documentazione scientifica di implantologia non era mai stata raccolta prima. La conferenza di Toronto diffuse il riconoscimento ai metodi implantare e dei materiali di Brnemarke. Secondo lo stesso Branemark l'osteointegrazione la 8

congruenza anatomica assoluta fra un osso vivente, rimodellante e sano ed un componente sintetico che trasferisce un carico all'osso stesso. Tale metodica consta nel posizionamento di impianti in titanio puro a forma di vite, dotati di una buona resistenza alle forze di torsione e che garantiscono buona elasticit meccanica. Esse sono dotate di microscanalature con cui possibile ottenere una integrazione con il tessuto osseo, che si modella attorno all'impianto. Il titanio considerato materiale estremamente biocompatibile in quanto si presta ad essere usato in ambiente umido-organico; viene ricavato dal biossido di titanio. Pi o meno contemporaneamente Bernard, utilizzando una lega titanio-cromocobalto riscontr un numero rilevante di fibroblasti sul metallo; successivamente propose il titanio rivestito di idrossiapatite, materiale a base di fosfato calcio, preparato con un processo di fusione ad alte temperature chiamato sinterizzazione, che sembra consentire una osteointegrazione pi rapida. A partire dagli anni Ottanta si sono avuti numerosi studi e ricerche sperimentali e cliniche volte all' utilizzo di materiali con caratteristiche differenti che per presentano sempre maggiore biocompatibilit. Un discorso a parte merita l'utilizzo di materiale biocompatibile nella crescita e nella rigenerazione ossea. importante notare come a partire dagli anni Settanta si cominci a parlare di osteoinduzione e di osteoconduzione, vale a dire di metodiche che inducessero una rigenerazione ossea nella chirurgia odontostomatologica e maxillo facciale. Nella fattispecie l'osteoinduzione la capacit da parte di un determinato biomateriale, impiantato in un tessuto non osteogenetico, di indurre la neoformazione di un tessuto osseo, mentre l'osteoconduzione invece la capacit che ha un determinato biomateriale di stimolare e di indurre l'osteogenesi in un tessuto osseo vitale. E' vero che gi a partire dal 1878 Mcewen aveva impiegato osso autologo per indurre stimolazione osteogenetica, mentre Roux, nel 1881 pubblic una serie di risultati sperimentali sull' osteogenesi e sempre nelle scuole ortopediche francesi, nello stesso periodo si inizi a sperimentare l'uso della Pasta di Parigi (solfato di Calcio). Tali tentativi furono per riconsiderati circa un secolo dopo. Nel 1965 Nabers e O' Leary 9

descrissero l'innesto con frammenti d'osso corticale, ottenuto dall'osteoplastica e dall'osteotomia nella stessa zona di trattamento chirurgico. Tale tecnica venne ripresa e riproposta quattro anni dopo da Robinson con l'utilizzo di frammenti ossei pi piccoli. Nel 1972 Diem ide la metodica del prelievo di un frammento d'osso corticale o midollare e della sua triturazione prima di innestarlo. Mellowin nel 1976 dimostr la capacit dell'osteoconduzione dell'osso demineralizzato in acido cloridrico 0.6 e poi successivamente liofilizzato, tecnica che fu poi ripresa nel 1984 con il prelievo da cadavere e successivo trattamento, secondo i protocolli della U.S. Navy Tissue Bank, la scuola olandese, sempre attorno alla met degli anni '70, introdusse l'uso della Idrossiapatite di Calcio a partire da precedenti studi sul fosfato tricalcico ( Denissen. De Groot). Ulteriori studi su materiali biocompatibili nel campo della chirurgia ossea avanzata sono stati effettuati in un periodo compreso fra il 1980 ed il 1995, evidenziando come vari materiali abbiano ottime capacit osteoriproduttive predicibili nel tempo con precisione; ricordiamo i granulati HA-FIN Idrossiapatite a porosit controllata, i biovetri, il corallo biologico. Negli anni Novanta del secolo XX vari studi clinici e sperimentali (Lungren et al. 1992. Manninen e coll. 1992. Miettinen et al. 1993. Tsckaloff e coll., Winet e Hollinger. 1983 Rehm e coll. 1994) misero in evidenza l'ottima capacit rigenerativa dei polimeri dell'acido lattico, giungendo alla conclusione che tali composti hanno una spiccata tendenza alla rigenerazione tissutale ossea e sono quindi indicati oltre che per la sutura dei tessuti, per la costruzione di dispositivi atti alla riduzione delle fratture ossee ed anche al loro posizionamento per la riparazione dei tessuti molli. Sono inoltre molto ben tollerati e non presentano citotossicit. La ricerca ha portato all'impiego clinico di emoderivati ed ora si giunge alla osteoinduzione attraverso la possibilit di uso clinico delle BMP (Proteine Morfogenetiche Ossee).

CAPITOLO 2:Principi di Biomeccanica

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2.1 Biomeccanica Le metodiche riabilitative implantoprotesiche sono considerate prognosticamente favorevoli quando effetuate a fronte di un corretto procedimento diagnostico ed eseguite secondo protocolli chirurgici e protesici standartizzati. Essendo il protocollo chirurgico da lungo tempo verificato e considerato predicibile, l'interesse negli ultimi anni si rivolto verso le cause che possono determinare il fallimento degli impianti. I fattori maggiormente indagati sono i fallimenti a carattere infettivo (perimplantiti) o da sovraccarico ( overload ). La correlazione tra un' igiene orale inadeguata e la perdita di osso marginale ben documentata a livello sia clinico che sperimentale su animali. Meno chiara la correlazione tra overload e la perdita ossea marginale. In letteratura esistono studi sperimentali su animali che provano la relazione tra i due fattori, per quanto riguarda invece gli studi sull'uomo rimane difficile da dimostrare. Esistono delle teorie patogenetiche a supporto del riassorbimento osseo in funzione del sovraccarico masticatorio. Quando le forze in gioco sono di entit maggiore della capacit di carico dell'osso e/o dell'interfaccia impianto-osso, a tali livelli, si generano delle fratture; in base alla frequenza delle fratture e alla capacit di riparazione di esse da parte dell'organismo, si evidenzier o meno un certo grado di riassorbimento osseo. Esposito e coll. (1997) hanno ipotizzato un meccanismo diverso per quanto riguarda la fase di riparazione, chiamando in causa la stabilit o meno della frattura: nel primo caso si assister ad una riparazione, nel secondo alla proliferazione di tessuto fibroso che ha perso la capacit di differenziarsi in tessuto osseo. In questa fase l'epitelio giunzionale pu proliferare verso l'apice dell'impianto. A oggi osservando i studi che supportano la correlazione overload/perdita ossea marginale ( Lindquist et al.,1988 Jemt et al al.,1989 Ahlquvist et al.,1990 Rosenberg et al., 1991 Sanz et al., 1991 Quirynen et al .,1992 Naert et al., 1992 Rangert et al.,1995), si nota come non sia riportata in letteratura un'evidenza scientifica risolutiva sull'argomento. Questo legato all'impossibilit di quantificare l'intensit e la direzione delle forze masticatorie che si sviluppano nel cavo orale, soprattutto per i pazienti che evidenziano una parafunzione, e di metterle in relazione con le capacit biomeccaniche 11

dell'osso. Per differenziare la perdita ossea causata da overload da quella di natura infettiva, necessario identificare dei parametri in grado di attribuire la natura eziologica del riassorbimento o del fallimento. Esposito et al.,(1998) hanno indicato le caratteristiche cliniche attraverso le quali sarebbe possibile giungere alla causa del fallimento. Caratteristiche del fallimento da overload Presenza di mobilit (non necessariamente negli stadi precoci) In generale presenza di dolore o sensibilit alla pressione In generale, assenza di segni infettivi a carico dei tessuti periimplantari Presenza di radiotrasparenza periimplantare (non necessariamente precoci) Assenza di una perdita ossea marginale significativa e distruzione ossea a cratere Capsula di tessuto di granulazione che circonda l'intero impianto (non necessariamente negli stadi precoci) I macrofagi sono maggiormente rappresentati a livello dell'interfaccia di tessuto fibroso neoformato Scarsa presenza di leucociti polimorfonucleati Crescita epiteliale verso il basso che si verifica dopo la perdita di osteointegrazione Caratteristiche del fallimento a eziologia infettiva Assenza di mobilita' (non necessariamente negli stadi tardivi) In generale, presenza di segni di infezione, quali suppurazione dei tessuti periimplantari Assenza di radiotrasparenza periimplantare (non necessariamente negli stadi tardivi) Perdita ossea marginale progressiva e distruzione ossea periimplantare crateriforme La porzione apicale dell'impianto rimane osteointegrata (non necessariamente negli stadi tardivi) Prevalenza di plasmacellule nel tessuto neoformato Presenza di numerosi leucociti polimorfonucleati 12 negli stadi

Crescita epiteliale verso il basso che si verifica simultaneamente con la perdita ossea

Lo stesso autore (Esposito 1998) evidenzia che in alcuni casi il fallimento dell'impianto possa essere la combinazione di overload e infezione periimplantare; e proprio in tali condizioni sarebbe impossibile individuare quale dei due fattori ha innescato il processo di riassorbimento. Ecco perch appare giustificata la ricerca di una corretta biomeccanica

implantoprotesica in grado di mantenere l'osteointegrazione a livello dell'interfaccia osso-impianto. A tale scopo si rende necessaria la valutazione delle forze che agiscono su tali strutture. Le forze originano a livello occlusale, si distribuiscono alla protesica e da qui, attraverso l'impianto, all'interfaccia osso-impianto e, pi genericamente alla compagine ossea.

Differenza tra impianti e denti naturali Le differenze fondamentali a carico dell'impianto sono dovute alla mancanza del legamento parodontale e sono: una diversa distribuzione dello stress all'osso e la mancanza della sensibilit nocicettiva. Per ci che riguarda la differente distribuzione dello stress, a livello dentale la situazione la seguente: il parodonto trasmette all'osso le forze applicate sul dente lungo tutta la superficie radicolare. In condizioni di salute parodontale questo si verifica in modo ottimale.

La livello

situazione implantare

a 13

differente: quando una protesi supportata da impianti viene sottoposta al carico masticatorio, questa forza si trasmette attraverso l'abutment all'impianto dove rimane localizzata a livello superficiale, entro i primi millimetri della compagine ossea. A conferma di questo vi sono vari studi tra i quali quello effettuato da Stergaroiu e coll. (1998), che illustra come la quasi assoluta immobilit degli impianti determini la concentrazione della gran parte delle forze sul terzo crestale dell'osso, mentre in senso apicale tale carico va diminuendo. Per quanto riguarda le conseguenze dell'assenza della sensibilit nocicettiva, nella protesi implantare viene a mancare la correzione del pattern masticatorio, qualora l'impianto e/o la struttura protesica siano sottoposti a carichi masticatori abnormi. Questo aspetto diviene pi importante quando si fa una protesi implantoprotesica che occluda con una protesi anch'essa supportata da impianti: in tal caso la riabilitazione protesica si sottrae completamente dal controllo a feed-back realizzato dal sistema nocicettivo parodontale. In queste condizioni sono elevate le possibilit che durante la masticazione si sviluppino forze di intensit tale da compromettere la struttura protesica o, nella peggiore delle ipotesi l'integrazione degli impianti. Queste differenze si rendono responsabili di un peggioramento delle caratteristiche biomeccaniche del sistema implantoprotesico con incremento delle forze e concentrazione delle stesse in zone ridotte. Forze intraorali Le forze che si vengono a generare durante la funzione masticatoria (forze dinamiche) e le eventuali parafunzioni (forze statiche) possono essere identificate in base a direzione, intensit e modalit di applicazione. Direzione assiale Le forze assiali si generano quando l'impianto e' sottoposto a una forza con direzione lungo il suo asse maggiore. Queste sono le forze che l'interfaccia ossoimpianto e' in grado di sopportare pi favorevolmente. Le forze assiali si possono suddividere in base al verso di 14

applicazione, in forze tensili e forze compressive: le forze tensili tendono a separare le componenti protesiche mentre le forze compressive tendono a spingerle e ad adattarle tra loro. L'intensit necessaria per causare dei cedimenti delle componenti meccaniche risulta essere minore quando le parti vengono sollecitate in tensione, pertanto le forze da favorire sono quelle compressive. In ambito clinico la realt molto pi complessa, e' improbabile che una forza agisca esclusivamente in direzione assiale. Con un grado di approssimazione si pu dire che le forze generate dalla masticazione sono di due tipi, assiali e trasversali-laterali. Direzione trasversale e laterale Le forze che agiscono in tale direzione possono avvenire a opera di una forza che primariamente possiede tale direzione o di una forza che origina dalla scomposizione di una forza assiale lungo il piano inclinato di una cuspide. Un'altra situazione e' quella in cui una forza assiale venga esercitata da un punto lontano dall'asse dell'impianto. Le forze trasversali presentano degli effetti controproducenti che a livello delle componenti implantoprotesiche si manifestano con lo sviluppo di forze tensili che tendono a separare le stesse. Sull' osso di supporto le forze possono concentrarsi in modo alternato nelle zone coronali e apicali; l'entit dello stress dipende dalla qualit dell'osso e dalla rigidit dell'impianto. Un rimodellamento osseo pu essere la conseguenza di questa concentrazione di stress. Intensit L'intensit delle forze masticatorie a cui sono soggette le protesi implantari, in modo particolare nei settori posteriori della dentatura, merita particolare attenzione e giustifica l'incidenza delle complicanze che si verificano a carico delle componenti protesiche nonch a carico dell'interfaccia osso-impianto. Modalit di applicazione I carichi applicati in modo statico sono considerati pi pericolosi di quelli di tipo dinamico. Questo e' dovuto sia all'intensit delle forze che si sviluppano in un paziente 15

che serra i denti, sia al fatto che, in seguito alla mancanza di un fit passivo tra protesi, si vengono a creare degli stress che possono permanere anche quando il paziente non mastica. Per quanto riguarda le forze dinamiche, devono essere prese in considerazione le fratture da affaticamento: la frattura in questo caso non determinata dall'intensit della forza ma bens dal suo ripetersi in continuo nel tempo. Questo evidente se si considera che una persona compie, in media, all incirca un milione di cicli masticatori all'anno. Stress Questo termine identifica l'effetto di una forza che si distribuisce lungo una superficie. Nel caso degli impianti lo stress meccanico la grandezza fisica che descrive l'azione delle forze sulla superficie implantare: = F/ A dove = stress meccanico (Pascal), F = forza (newton), A = area (metri quadrati). Le due variabili da qui dipende l'intensit dello stress sono l'intensit della forza e l'area sezionale in cui la forza si dissipa. Quindi per evitare le conseguenze dello stress si deve operare su queste due variabili. L'intensit della forza pu essere ridotta agendo sui fattori definiti amplificatori di forza: forze assiali eccentriche, forze trasversali, lunghezza delle corone. La grandezza dell'area sezionale pu essere incrementata aumentando il numero degli impianti e selezionando una geometria implantare che sia disegnata per massimizzare la sua sezione funzionale. L' aumento dell'area della superficie funzionale diminuisce la grandezza dello stress meccanico che grava sulla protesi, sull'impianto e sui tessuti biologici. Occlusione L'obiettivo che il protesista deve perseguire quello di realizzare un manufatto che distribuisca in maniera favorevole i carichi masticatori agli impianti e all'osso circostante. Un concetto importante che le forze intraorali si generano durante la masticazione a livello della superficie occlusale: per cui la morfologia della stessa pu influenzare le caratteristiche delle forze in questione. Un altro fattore che si deve considerare il pattern masticatorio da adottare nelle varie tipologie riabilitative. 16

Morfologia occlusale Nella progettazione si devono creare delle condizioni che favoriscano lo sviluppo delle forze assiali e riducano invece le forze ( o componenti delle forze) che creano dei momenti flettenti. L' applicazione di una forza assiale a un versante cuspidale pu essere paragonata a quella di una forza lungo un piano inclinato. Diversi studi hanno indicato come, riducendo l'inclinazione dei versanti cuspidali, si determini una riduzione della componente trasversale generata dalla scomposizione della forza. Anche il versante palatale dei denti frontali superiori pu essere modificato creando un piano di appoggio per l'antagonista in centrica, evitando cos che il punto di applicazione delle forze sia in un piano inclinato. Il momento flettente si pu ridurre modificando la dimensione, in senso sia bucco-linguale che mesio-distale, del tavolato occlusale e favorendo dei contatti occlusali il pi possibile entro i confini del diametro dell'impianto.

Pattern masticatorio Per quanto riguarda la riabilitazione con protesi fisse a supporto implantare Lundgren e Laurell in una review sull'argomento (1994) sostengono che necessario seguire i principi per una occlusione stabile proposti da Beyron per ponti fissi supportati da denti naturali. I criteri secondo Beyron sono: libert in centrica, la possibilit di ritrovare la massima intercuspidazione in posizione leggermente anteriore rispetto a quella retrusa; occlusione bilateralmente stabile in centrica con contatti simultanei nella posizione pi retrusa, per evitare l'abitudine al bruxismo causata dalla tendenza della mandibola a superare l'ostacolo; assenza di interferenza tra posizione centrica e posizione retrusa; contatti occlusali distribuiti uniformemente in occlusione centrica; morfologia occlusale che guidi le forze in direzione assiale sia anteriormente che posteriormente sfruttando dei contatti a tripode della cuspide nella fossa opposta; 17

guida di gruppo in lateralit con contatti laterotrusivi solo dal lato lavorante e assenza di contatti o contatti molto leggeri sul segmento del lato non lavorante.

Lo scopo e' quello di cercare una stabilit occlusale in cui i contatti occlusali siano bilaterali e antero posteriori soprattutto sulle parti supportate dagli impianti. Questo comporter una distribuzione delle forze adeguata senza sovracarichi sui singoli impianti. La stabilit richieder di ottenere forze che hanno una direzione assiale rispetto all'impianto, in quanto le sole a non essere dannose per l'interfaccia impianto-osso. Questo ottenibile garantendo una libert in centrica e riproduzione delle cuspidi con altezza limitata. Nella riabilitazione di un arcata edentula in occlusione centrica/relazione centrica si avranno contatti simultanei bilanciati dei denti posteriori; durante la lateralit si realizzer una guida canina o una funzione di gruppo; nella protrusiva lo svincolo sar realizzato tramite una guida incisiva che garantir l'assenza di contatti sui denti posteriori. Nel caso di un'arcata parzialmente edentula in occlusione centrica, la protesi su impianti risulter leggermente infraocclusa, nella lateralit se possibile sar opportuno utilizzare una guida canina sugli elementi naturali o una funzione di gruppo a carico degli impianti uniti rigidamente; lo stesso discorso per la guida incisiva nella protrusiva. In letteratura esistono differenti opinioni ma un punto in cui tutti concordano quello di evitare che le protesi vengano sollecitate da forze trasversali. Quest'ultime generano dei momenti flettenti che si rendono responsabili dello sviluppo di stress tensivi e compressivi a carico delle componenti protesiche e a livello dell'interfaccia ossoimpianto. Tale condizione pu essere responsabile di un riassorbimento osseo. Struttura protesica Le forze masticatorie che si sviluppano a livello occlusale vengono trasferite dalla struttura protesica alle componenti protesiche implantari e quindi agli impianti. chiaro che la struttura protesica con le sue caratteristiche strutturali ( il materiale, la precisione di adattamento) pu influenzare il trasferimento delle forze alle strutture sottostanti. 18

Struttura metallica La rigidit una delle propriet principali che caratterizzano la struttura metallica. Tale propriet dipender dal tipo di lega che il tecnico andr a scegliere e dalle caratteristiche dimensionali e morfologiche della struttura metallica. Tipo di lega. Le caratteristiche principali che una lega deve possedere sono: un modulo elastico adeguato, facilit nei processi di fusione, saldatura e rifinitura, compatibilit con il materiale da rivestimento scelto, costo economico contenuto. Esistono diversi tipi di leghe, ma quelle che andrebbero considerate sono le leghe al palladio, le leghe palladio-argento, e le leghe nobili tipo IV. Una certa diffusione hanno trovato anche le leghe di titanio. Alcuni autori tra cui Sirtgaz (1997) indicano come soluzione ottimale l'utilizzo di leghe cromo-cobalto e il rivestimento in ceramica. Ovvio che vanno sempre pi migliorando, attualmente si utilizza molto lo zirconio, su abutment in zirconio, oppure le strutture sinterizzate e/o CAD/CAM in cromo-cobalto. Comunque sono ancora tutte valide. Travata: Forma e dimensioni Due sono i fattori che devono conciliare nella progettazione della struttura metallica: la resistenza strutturale e spazi adeguati per il rivestimento estetico. Per quanto riguarda la resistenza, la letteratura suggerisce valori di 4 mm di base x 6 mm di altezza; altri autori raccomandano un'altezza minima di 6 mm. Il perch dell'utilizzo di dimensioni maggiori in senso apico-coronale legato al fatto che la rigidit della struttura risulta essere proporzionale al cubo dell'altezza, mentre il rapporto con lo spessore lineare. Dagli studi risulta che forma ideale della travata quella con sezione a L, perch a parit di materiale possiede maggiore rigidit. In pi si rende disponibile spazio a livello vestibolare per l'alloggiamento del materiale estetico. Altre tipologie analizzate sono le strutture con sezione a semicerchi, a pseudo-I e a semicerchio cavo.

Estensioni ( cantilevers) Da un punto di vista biomeccanico, l'utilizzo degli elementi o barre in estensione 19

comporta un peggioramento delle caratteristiche del sistema. L'utilizzo per degli cantilevers dettato da fattori anatomici,funzionali ed economici. La maggior parte degli autori ha accettato il loro impiego ma il punto controverso riguarda la lunghezza in senso mesio-distale delle stesse. Non esistono regole assolute sulla lunghezza dell'estensione, perche bisogna tener conto di pi variabili tra cui: quantit e qualit dell'osso, numero e distribuzione degli impianti nell' arcata, rapporti occlusali, dentatura antagonista, presenza di parafunzioni. Comunque per quanto riguarda la valutazione delle protesi fisse a supporto implantare con elementi cantilever, la letteratura riporta una buona prognosi a medio-lungo termine.

Fit passivo necessario che tra la travata metallica e gli impianti ci sia un fit passivo. Questo un fattore critico per il mantenimento a lungo termine dell'osteointegrazione ( Branemark et al., 1983). Una travata non sufficientemente passiva pu causare un fallimento di tipo meccanico (frattura/deformazione dei componenti) della protesi e complicanze biologiche dei tessuti circostanti, quali reazioni tessutali, perdita ossea marginale e perdita dell'osteointegrazione. Le cause che possono determinare un misfit sono molteplici, dal materiale da impronta, al processo di fabbricazione, design e configurazione della travata, nonch al grado di esperienza del clinico e dell' odontotecnico. L'adattamento della struttura protesica agli impianti considerata una delle problematiche principali dell'implantoprotesi. Dando un'occhiata ai valori che negli anni sono comparsi nelle diverse pubblicazioni riguardo al misfit si pu assumere, come criterio generale, che maggiore la lunghezza della struttura, maggiore la presenza di misfit. Impianti (diametro, lunghezza, numero) Il diametro standard degli impianti endossei attorno ai 4 mm; tale diametro stato utilizzato nell'applicazione originale dell' implantoprotesi, la riabilitazione di arcate 20

totalmente edentule. Allo stato attuale dell'impiego degli impianti, per ragioni biomeccaniche ma anche estetiche, si deve confrontare con situazioni cliniche in cui sarebbe desiderabile un impianto di diametro maggiore o minore. L'utilizzo di un diametro maggiore nella riabilitazione dei settori posteriori, a livello teorico porta dei vantaggi. Oltre ad offrire una maggiore superficie per l'osteointegrazione, in certi siti l'impattamento con le corticali buccale e vestibolare consente una maggiore stabilit primaria dell'impianto. Per quanto riguarda la lunghezza dell'impianto, studi longitudinali hanno dimostrato che gli impianti pi corti (<10mm) presentano una percentuale di insuccesso pi alta. Gli autori consigliano l'utilizzo di questi impianti di lunghezza ridotta in associazione con quelli di lunghezza standard. Il numero ideale di impianti va valutato in base alle caratteristiche del singolo paziente in funzione di una serie di fattori, tra cui la quantit e la qualit ossea e il tipo di protesi che dovranno supportare. In letteratura alcuni Autori sono favorevoli all'utilizzo del maggior numero possibile di impianti, questo perch lo stress occlusale verr distribuito su una superficie pi ampia e, inoltre, nel caso di perdita di uno o pi impianti, permetter la sopravvivenza della protesi.

Posizione degli impianti rispetto agli elementi naturali Questo un fattore che deve essere considerato, in quanto spesso si procede a inserire un impianto con un' inclinazione non ideale e in posizione pi apicale e palatale (nel mascellare) o vestibolare (nella mandibola) a causa di un riassorbimento osseo pi o meno marcato. Ci comporta in fase di protesizzazione la costruzione di corone pi lunghe e non in asse con l'impianto. Da un punto di vista biomeccanico si instaura un braccio di leva sfavorevole associato a una forza con direzione trasversale. In questi casi, la progettazione del manufatto protesico deve garantire una distribuzione favorevole delle forze che si vengono a generare durante la funzione masticatoria. Il disallineamento degli impianti ha maggior valore per le forze che vengono esercitate 21

sulla protesi in senso trasversale. Rangert e coll. (1995) hanno svolto un analisi riguardo questo aspetto in cui stata valutata la relazione tra il bending overload e la frattura dell'impianto. Gli Autori hanno analizzato quali sono i fattori che possono causare un sovraccarico sull'impianto; tra questi: i cantilever come incremento dell'intensit della forza in senso sia verticale che laterale, la differenza tra la dimensione della superficie occlusale e il diametro dell'impianto, la presenza di parafunzioni e bruxismo. Da un punto di vista biomeccanico evidente come nella progettazione di una riabilitazione implantoprotesica sia coinvolto un elevato numero di parametri. Di particolare importanza risulta la valutazione della statica e della dinamica occlusale; la progettazione della fase chirurgica di posizionamento degli impianti; la costruzione di un manufatto protesico che unisca rigidamente l'impianto e che possieda un sufficiente fit passivo. molto importante che una volta terminata la riabilitazione, durante le visite di controllo si vada a ricercare eventuali segni di sovraccarico del sistema quali: decementazione della protesi, allentamento o frattura delle viti di fissaggio, frattura dei materiali di rivestimento o della protesi stessa.

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CAPITOLO 3: Edentulia dei mascellari 3.1 Fisiopatologia delle atrofie dei mascellari Le modificazioni dei mascellari edentuli sono dettate dal prevalere di processi di riassorbimento rispetto a quelli di neoapposizione durante il rimodellamento osseo. La perdita degli elementi dentari comporta diverse modificazioni delle basi ossee e dei tessuti molli che, pur avendo una importante variet individuale causata dai vari processi fisiopatologici legati alla senescenza, possono comunque essere raggruppati in uno schema comune. Henrikson, ad esempio, ha studiato 50 mandibole edentule prelevate da pazienti deceduti (con et compresa tra 46 e 92 anni). L' autore ha messo in evidenza una diminuzione della mineralizzazione proporzionalmente all'et, ottenendo risultati riproducibili anche sul mascellare. noto che il processo alveolare superiore ed inferiore vanno incontro a un riassorbimento verticale e centripeto. Mentre per il mascellare questi processi portano ad una massiva contrazione di tutta la sua struttura, per la mandibola si ha un mantenimento della morfologia dell'osso basale, una maggiore conservazione del diametro trasverso ed un apparente riassorbimento centrifugo. Pi in dettaglio, nel settore anteriore della mandibola si assiste ad un riassorbimento della teca vestibolare (non molto diverso da quello mascellare anche se generalmente di entit inferiore) contro una vestibolarizzazione ed una importante riduzione dei settori posteriori (dovute al riassorbirsi soprattutto della cresta edentula e della corticale linguale). Nel complesso quindi l'arco mandibolare tende a conservare il proprio disegno meglio di quello mascellare (che si riduce sensibilmente). Questi fenomeni comportano quindi le modificazioni dei rapporti intermascellari del soggetto edentulo provocando l'aumento dello spazio tra le arcate. In contrasto con i fenomeni di riassorbimento, interviene l'azione delle diverse inserzioni muscolari che pongono un vero freno alla perdita ossea, costituendo l'unico stimolo funzionale per i mascellari. Il sistematico ed importante riassorbimento verticale sui settori posteriori della mandibola, infatti, viene controllato dall'azione dell'inserzione dei muscoli buccinatori e miloioideo. Pari modo la regione sinfisaria mantiene il suo 23

trofismo grazie all'azione dei muscoli genieni e mentali e del muscolo incisivo. Stesso discorso si ripropone per il mascellare superiore dove le inserzioni della porzione alare del muscolo nasale, del depressore del setto, del muscolo incisivo superiore, del muscolo canino ed infine del buccinatore contrastano il riassorbimento alveolare. bene riportare all'attenzione come con questi processi possano interagire le diverse patologie connesse ad infezioni, scorrette tecniche estrattive, protesi incongrue ed i diversi fattori generali di particolare importanza quali osteoporosi, iperparatiroidismo ed infine malnutrizione, corticosteroidi ed alcool. Per completezza bene analizzare brevemente le mutazioni a carico dei tessuti molli a seguito di quanto riportato. La mucosa cheratinizzata, infatti, tende a ridursi consensualmente alla perdita ossea ed a livello mandibolare si assiste spesso alla perdita totale della gengiva aderente, tanto che la mucosa mobile del fornice pare continuarsi in quella del pavimento orale. Inoltre la stessa mucosa pu apparire assottigliata, fragile e spesso in preda a fenomeni infiammatori dovuti ad alterazioni metaboliche ed al calo di difese immunitarie legate all'et del paziente. 3.2 Classificazione delle atrofie dei mascellari edentuli La condizione di edentulia, sia essa parziale o totale, determina un progressivo riassorbimento del processo alveolare e dei tessuti molli di rivestimento. Questo fenomeno legato principalmente alla perdita di funzione da parte dell'osso alveolare e dei tessuti molli parodontali, secondo il noto principio della matrice funzionale. Con la perdita degli elementi dentali, infatti, vengono meno gli stimoli biomeccanici sullosso che hanno una fondamentale importanza nel mantenere un fisiologico volume osseo. Tale perdita determina nei primi 6 mesi un riassorbimento osseo marcato che in seguito si attesta ad una media di circa 0,1 mm/anno; tale riassorbimento pu essere accelerato da patologie concomitanti oltre che dallet e dal sesso. Il processo di riassorbimento, pur nella variabilit interindividuale, segue dei modelli abbastanza simili tra di loro che consentono una classificazione dei diversi quadri di atrofia. Diverse classificazioni del riassorbimento osseo sono state proposte negli anni, da vari autori: quella di Misch nel 1987, di Cawood e Howell nel 1988,di Favero Branemark nel 1994 e pi recentemente di Chiapasco nel 2001. 24

La classificazione pi seguita quella di Cawood e Howell, la quale suddivide i quadri di atrofia in 5 classi per il mascellare superiore e 6 classi per la mandibola. Queste classi, dalla prima alla quinta per il mascellare e dalla prima alla sesta per la mandibola, procedono da un processo alveolare completamente normale fino ad arrivare ad una condizione di perdita completa della cresta alveolare. Classificazione di Cawood e Howell Tra le varie classificazioni proposte, quella di Cawood e Howell (1988) attualmente la pi utilizzata: questi autori hanno esaminato 300 crani secchi analizzando il processo di riassorbimento dei mascellari in seguito alla perdita degli elementi dentari, con l'utilizzo di punti di riferimento definiti e riproducibili. Essi hanno dimostrato che: l'osso basale, in seguito alla perdita degli elementi dentari, non cambia in modo sostanziale la propria morfologia se non quando sottoposto a stimoli irritativi cronici (ad esempio, protesi incongrue) il processo alveolare si riassorbe secondo schemi abbastanza costanti e specifici per sede interessata e cio: nel mascellare superiore il processo di riassorbimento ad andamento prevalentemente orizzontale e centripeto, con precoce riassorbimento della corticale vestibolare e conservazione della corticale palatale, sia nel settore posteriore che anteriore nella mandibola il modello di riassorbimento differente a seconda che si prenda in esame il settore anteriore o i settori latero-posteriori: nella regione interforaminale il riassorbimento per lo pi di tipo orizzontale centripeto (come nel mascellare superiore) con conservazione della corticale linguale; nei settori posteriori viceversa, il riassorbimento avviene prevalentemente in senso verticale. Sulla base delle osservazioni fatte, Cawood e Howell hanno suddiviso i quadri di atrofia in 5 classi per il mascellare superiore e 6 per la mandibola:

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Classe I: dentatura presente; Classe II: cresta alveolare postestrattiva immediata;

Su questa classe sarebbe utile fare una breve parentesi e spiegare ci che avviene nel alveolo vuoto immediatamente all' estrazione di un dente: con la formazione di coagulo inizia il processo di guarigione. Nella prima mezz'ora dopo l'estrazione, le cellule ematiche, siero e saliva riempiono gli spazi occupati dalle radici. Dopo 24 ore l'emolisi produce spazi riempiti da fluido mentre perifericamente all'area del coagulo sono visibili fibroblasti e fibrina (al microscopio). A due giorni dall'estrazione inizia a formarsi tessuto di granulazione periferico. Sono presenti piccoli vasi, fibroblasti e leucociti. Dopo quasi 4 giorni si va ad organizzare una nuova rete vascolare, il tessuto di granulazione caratterizza le aree periferiche dell'alveolo. A una settimana dall'estrazione, l'organizzazione cellulare pi avanzata. presente tessuto di granulazione mentre l'emolisi limitata all'area superficiale del sito. Nella maggior parte del sito estrattivo sono presenti fibroblasti, nuove fibre di collagene e vasi sanguigni. L'osso interadicolare viene riassorbito e modellato. Il tessuto epiteliale prolifera a partire dai bordi della ferita. A due settimane dall'estrazione, la ferita caratterizzata da tessuto di granulazione. A tre settimane, i tessuti al di sotto dell'epitelio hanno un organizzazione cellulare ben avanzata e in tutto l'alveolo si formato una nuova rete di vasi. I vasi si estendono anche sopra la porzione sopraossea del tessuto di granulazione. A questo punto inizia la fase della rimodellamento osseo che comincia nella periferia alveolare e nell'area interadicolare. Tre settimane dopo l'estrazione la formazione dell'osso appare evidente. A 5-7 settimane nella porzione apicale appaiono nuove trabecole di osso primario dovute all'organizzazione della nuova rete vascolare. A due mesi di distanza gli alveoli sono completamente guariti, la mucosa orale sopra l'alveolo 26

appare cheratinizzata. Le cavit lasciate dalle radici sono riempite da nuovo osso il quale maturer e si rimodeller per sostituzione. Classe III: cresta alveolare post-estrattiva tardiva con riossificazione dell' alveolo post-estrattivo e processo alveolare arrotondato ma adeguato in altezza e spessore; Classe IV: cresta con altezza adeguata ma spessore insufficiente, definita a lama di coltello; Classe V: cresta piatta, inadeguata sia in altezza che spessore Classe VI: (solo per la mandibola) cresta depressa, con atrofia dello stesso osso basale. Le varie classi si associano a morfologie ossee differenti a seconda della sede (mascellare anteriore o posteriore, mandibola anteriore o posteriore). Inoltre settori diversi dello stesso mascellare possono presentare simultaneamente differenti classi di atrofia. Tra i fattori individuali in grado di accelerare il riassorbimento dei mascellari vi sono l'utilizzo di protesi incongrue, fattori endocrini e metabolici, il tipo di alimentazione ( insufficiente apporto di calcio e vitamina D).

3.3 Densit dell'osso L'esigenza di realizzare modelli comuni di riferimento adottabili nella valutazione preimplantare, ha portato diversi autori a compiere studi non solo riguardanti l'aspetto macroscopico e morfologico delle creste alveolari, ma anche i differenti tipi istologici. Misch e Juddy (1995) hanno sviluppato una classificazione che ad oggi rimane la pi utilizzata. Essa prevede 4 classi di densit espresse in Unit Houndsfield (UH) che indicano un grado decrescente di demineralizzazione. D1: osso denso compatto corticale; D2: spessa corticale compatta porosa associata ad una spongiosa grossolanamente trabecolata; D3: sottile compatta ossea porosa con spongiosa finemente trabecolata; D4: osso spongioso finemente trabecolato

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D1: > 1250 UH

D2: 850 -1250 UH

D3: 350 850 UH

D4: 150 350 UH

Lekholm (Lekholem U. et al. 1988) invece hanno proposto una classificazione dell'osso per tipi: Tipo 1: l'osso compatto ed omogeneo; Tipo 2: uno strato spesso di osso compatto circonda un nucleo di osso spongioso denso; Tipo 3: un sottile strato di osso corticale circonda un nucleo di osso spongioso denso di resistenza favorevole; Tipo 4: un sottile strato di osso corticale circonda un nucleo di osso spongioso poco denso. Da un punto di vista istologico, l'osso di tipo 3 e 4 presenta spesso delle lacune ossee, delle inclusioni lipidiche e dei noduli pi o meno fibrosi; questi elementi partecipano alla natura poco strutturata di questo osso.

CAPITOLO 4: Programmazione pre-chirurgica

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4.1 Anamnesi L'anamnesi deve cercare di individuare le esigenze e le aspettative del paziente che possono non essere raggiungibili. Per questo motivo indispensabile che tra medico e paziente ci sia un colloquio leale ed esaustivo per non pregiudicare gi dall'inizio il risultato finale che potrebbe essere diverso da quello immaginato. L' obiettivo del colloquio quello di ottenere i dati che sono utili a individuare i fattori di rischio e le controindicazioni. Esistono patologie che controindicano in modo categorico l'esecuzione di interventi chirurgici implantologici e queste sono: - cardiopatie con ischemie del miocardio nei sei mesi precedenti; - coagulopatie gravi; - malattie del sistema immunitario; - epatopatie gravi; - nefropatie gravi; - malattie neurologiche. In letteratura vengono valutati anche dei fattori di rischio legati al paziente quali: et; fumo di tabacco; diabete; terapia radiante; malattia parodontale; osteoporosi ( i pazienti affetti da questa malattia utilizzano come terapia farmacologica i bifosfonati) I bifosfonati vengono somministrati per bocca, endovena o intramuscolo. Questi farmaci, ormai molto comuni, non vengono metabolizzati e permangono nellosso per molti anni in elevate concentrazioni. Qualsiasi intervento chirurgico, non solo implantologico, espone al rischio di necrosi ossea a livello dei mascellari soprattutto per i pazienti in terapia endovenosa da tempo con bifosfonati. 29

4.2 Valutazione clinica La valutazione clinica si basa sull'esame extraorale e su quello intraorale. L'esame extraorale riguarda la simmetria facciale, la linea del sorriso, la dimensione verticale, visibilit dei tessuti molli, l'armonia dei piani. L'esame intraorale invece valuta lo stato del parodonto, il biotipo parodontale che pu essere sottile ( con festonatura accentuata ) o spesso (festonatura rettilinea), rapporto dentale tra le due arcate, la quantit dei tessuti molli, il grado di riassorbimento alveolare ecc. Anche i disturbi dell' articolazione temporo - mandibolare devono eventualmente essere rilevati per integrarli nel piano di trattamento. Questo si fa valutando l'apertura orale, palpando i muscoli masticatori, ascoltando se c' presenza di click articolari. 4.3 Esami radiografici Per poter procedere in qualsiasi pianificazione di trattamento implantologico indispensabile una valutazione radiografica del sito implantare. Le indagini radiografiche possono essere varie e dovrebbero valutare la disponibilit di osso autologo e la forma, la qualit, la quantit, la larghezza e l'altezza dell'osso. Gli esami radiografici possono comprendere: - una radiografia endorale, eseguita con la tecnica parallela e luso del centratore di Rinn, per valutare nei minimi particolari la forma della radice dellelemento e dei picchi ossei mesiale e distale;

una

radiografia 30

panoramica, per valutare i rapporti anatomici con strutture importanti quali il seno mascellare o il nervo alveolare inferiore ;

- una TAC, in grado di fornire dettagli ancor pi precisi anche in sezione frontale.

L'uso della TAC consente lo studio tridimensionale delle strutture biologiche attraverso la rielaborazione computerizzata delle sezioni tomografiche. Come lato negativo, la TAC presenta l'elevato costo biologico ed economico per il paziente. Con l'aiuto dei punti di riferimento questa indagine diventa utile nella pianificazione implantoprotesica. Dopo la ceratura diagnostica, che la preparazione in cera di quel che sar la situazione finale del lavoro, viene fatto un duplicato in celluloide acetalica o con resina acrilica trasparente. All' interno della dima si posizionano dei punti di riferimento (guttaperca, titanio) al livello asso-coronale dei denti. Durante la tomografia le sezioni orizzontali sono orientate perpendicolarmente ai punti di repere. Dopo con dei software dedicati, per esempio il Denta-scan, si processano le sezioni orizzontali rielaborandole perpendicolari con una linea curva che il tecnico di radiologia ha disegnato attraverso tutti i reperi. Le immagini finali che vengono 31

fuori rappresentano il profilo del mascellare in visione bucco-linguale. Le misurazioni sono semplici e immediate in quanto la scala di riproduzione e' di 1:1 (scala reale) Sono raccomandati un minimo di 4-5 mm di larghezza ossea a livello della cresta alveolare, e almeno 10 mm di lunghezza osso dalla cresta alveolare, e avere una distanza di sicurezza dal canale mandibolare. Una distanza sufficiente deve anche essere a disposizione del seno mascellare e del pavimento della cavit nasale. Per quanto riguarda i criteri estetici viene si tiene riferimento ai famosi studi di Tarnow sulla papilla interdentale. Affinch il risultato estetico sia soddisfacente bisogna che nella zona estetica l'altezza dell'osso interprossimale sia di 5 mm o meno, se misurato dal punto di contatto del dente adiacente. Quando la distanza dal punto di contatto all' osso interprossimale cresce, aumenta il rischio di ritenzione della papilla interprossimale dopo l'inserimento dell'impianto. ( Tarnow. D. 2003) Una volta che un paziente considerato un candidato per un impianto immediato, viene usata una guida chirurgica per assicurare un' adeguato posizionamento dell'impianto.

4.4 Approccio diagnostico e pianificazione del trattamento La diagnosi e la pianificazione del trattamento sono fattori chiave per raggiungere un risultato positivo nel posizionamento di impianti post-estrattivi immediati. Il passo pi importante nella pianificazione del trattamento determinare la prognosi per la dentizione, e in particolare la prognosi del dente in questione. Le ragioni per cui un dente viene estratto possono comprendere, insufficiente rapporto corona-radice, radice residua, estese lesioni cariose, fratture radicolari, livello di attacco parodontale, coinvolgimento delle forcazioni, riassorbimento radicolare e denti dove il ritrattamento endodontico discutibile. Spesso viene considerato come un trattamento di scelta l'utilizzo di impianti per sostituire i denti con polpa non vitale, 32

fratturati al margine gengivale con radici pi corte di 13 mm. Nella zona estetica, prima di iniziare il trattamento devono essere considerati la cresta del vengono parodonto, il livello dell' osso crestale e interprossimale, la linea del analizzati la distanza inter-implantare, cos come rapporti sorriso e la morfologia dei tessuti gengivali. Prima del posizionamento dell'impianto di contatto esistenti e osso interprossimale. Salama e colleghi (2007) descrivono due relazioni fondamentali in protesi implantare. La prima relativa alla distanza minima tra la radice di un dente e di un impianto per assicurare la presenza della papilla e la seconda relativa alla distanza minima tra due impianti per garantire la papilla. I pazienti con un parodonto sottile o moderatamente sottile spesso mostrano recessione dei tessuti molli nei siti impiantati. Per risolvere questo problema pu essere utile una procedura di eruzione ortodontica forzata prima della rimozione del dente. Questo permette all' osso e ai tessuti molli di muoversi coronalmente, garantendo cos adeguato tessuto di mucosa adiacente all' impianto. In caso di una leggera recessione dopo l'estrazione del dente o di deficit di tessuti molli, pu essere utilizzato un innesto di tessuto connettivo subepiteliale per aumentare l'altezza e lo spessore del tessuto. In questo modo migliora il risultato estetico. Risulta quindi importante elaborare una corretta diagnosi e un appropriato piano terapeutico per raggiungere gli obiettivi desiderati. Il medico deve consigliare al paziente il tipo di trattamento che meglio si adatta alla sua richiesta e al suo stato di salute generale e orale.

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CAPITOLO 5: Losteointegrazione

5.1

Principi biologici dellosteointegrazione

Nel 1991, Zarb et al. definirono il concetto di osteointegrazione come un processo grazie al quale si ottiene e si mantiene nellosso un fissazione rigida, clinicamente asintomatica, di materiale alloplastico durante il carico funzionale. Per raggiungere tale obiettivo per necessario un iter biologico che prevede diversi passaggi. Al momento dellincisione dei tessuti molli, della fresatura dellosso alveolare e del posizionamento implantare si d inizio a un processo di guarigione che prevede, per quanto riguarda la componente corticale, rispettivamente: il sanguinamento; la necrosi tissutale; il riassorbimento del tessuto necrotico; la formazione di nuovo osso. il sanguinamento; la formazione di osso fibrillare (woven bone); la formazione di nuovo osso; con tempistiche pi rapide rispetto allosso corticale. Nelle prime settimane post-intervento inizia la colonizzazione dei macrofagi, a scopo riparativo, e delle cellule mesenchimali con formazione di un tessuto connettivo provvisorio. In seguito, gli spazi midollari pi distanti dallimpianto vengono occupati da osteoclasti a scapito del tessuto necrotico, che va incontro a progressivo riassorbimento. Le successive fasi di modellamento (4 settimane post-intervento), caratterizzate da tessuto connettivo provvisorio ricco di vasi neoformati, fibroblasti, osso fibrillare, e di rimodellamento (8 settimane), con sostituzione dellosso fibrillare da parte di osso lamellare, portano alla formazione di nuovo osso che costituir il sostegno permanente dellimpianto. 5.2 Protocollo implantare secondo Branemark 34

Per quanto riguarda losso midollare:

Fra i fattori determinanti losteointegrazione, il primo rappresentato dalle caratteristiche del materiale utilizzato. Il titanio definito puro rappresenta il metallo, attualmente in commercio, con le migliori propriet di integrazione al tessuto osseo. Il secondo fattore, estremamente importante, la geometria del sistema implantare. Il disegno dellimpianto deve essere tale da favorire la stabilit primaria dellimpianto nella fase di guarigione. La distanza ideale alla quale il tessuto osseo conserva unelevata attivit osteoblastica di 200 micron. Uno spazio eccessivo fra la superficie dellimpianto e il tessuto osseo pu consentire la migrazione di tessuto molle di proliferazione. La conseguenza losteofibrointegrazione, ovvero, la guarigione per mezzo dellinterposizione di tessuto fibroso allinterfaccia fra osso e impianto. Gli impianti osteofibrointegrati, quando sottoposti allazione di carichi masticatori, sviluppano una reazione infiammatoria perimplantare. La presenza di questo stato di infiammazione determina un eccessivo riassorbimento osseo, responsabile della diminuzione della funzionalit dellimpianto e in seguito della sua perdita. Il terzo fattore fondamentale costituito dallimpiego di una tecnica chirurgica di preparazione del sito implantare, definita gentile. Per ottenere una tecnica chirurgica ideale si dovrebbe sempre impiegare il set chirurgico dedicato per il sistema implantare utilizzato. Ogni azione chirurgica dovrebbe essere eseguita sotto irrigazione con soluzione fisiologica. Il disegno del lembo deve mantenere il miglior grado di vascolarizzazione possibile al fine di favorire e promuovere i processi di guarigione. La temperatura ideale per non surriscaldare eccessivamente losso, di 39C (la necrosi si raggiunge a temperature superiori ai 43C). Un protocollo standardizzato prevede limpiego di un micromotore tarato a 2000 giri/min, durante la preparazione del sito implantare ed a 15/20 giri/min durante linstallazione. Il quarto punto, oggi al centro di un estremo interesse, il tempo di attesa tra la fase chirurgica e la connessione con la struttura protesica. Brnemark ha definito i tempi di guarigione in sei mesi per il mascellare superiore e quattro mesi per la mandibola. Il quinto fattore riguarda un concetto molto importante: la stabilit primaria del sistema implantare poich la mobilit ritenuta la causa pi probabile della formazione di uninterfaccia fibrosa tra osso e impianto.

5.3 Chirurgia implantare e la sua evoluzione 35

Gli ottimi risultati ottenuti con i protocolli originali di chirurgia implantare hanno portato ricercatori e clinici a sviluppare nuovi protocolli chirurgici in modo da ampliare il campo di utilizzo degli impianti, anche in situazioni ritenute fino ad allora limite. Si passati, per esempio, dalle riabilitazioni di mandibole edentule esclusivamente con impianti intraforaminali, agli impianti singoli in osso rigenerato in zone posteriori del mascellare superiore. Anche il tempo di carico protesico degli impianti ha subito varie modifiche. Inizialmente venivano considerati indispensabili almeno 3-6 mesi per raggiungere losteointegrazione di un impianto; al contrario, negli ultimi anni, questi tempi sono stati messi in discussione e molti studi clinici hanno riportato dati significativi in riferimento a un carico implantare precoce o addirittura immediato. La maggior parte dei lavori che hanno rivisitato gli studi di Branemark hanno avuto come scopo quello di ridurre i tempi sia tra lestrazione dellelemento dentario e la chirurgia implantare, sia di carico protesico degli impianti stessi. Il diminuire i fastidi intra e postoperatori dei pazienti stato un'altro obiettivo della ricerca clinica. Gli impianti post-estrattivi soddisfano i criteri della chirurgia minimamente invasiva; tempi di lavoro sono ridotti cos come il numero degli atti chirurgici. Daltra parte, l'esperienza del chirurgo un fattore importante e se a questo va aggiunto un eventuale trauma seguente lestrazione, possibile attendersi una percentuale maggiore di complicanze postoperatorie. In letteratura, i primi riferimenti a impianti posizionati in alveoli post-estrattivi si devono a Schulte et al., nel 1978. Questi erano studi molto rigorosi dal punto di vista scientifico ma erano tutti in lingua tedesca. Il primo a occuparsene in modo dettagliato fu Lazzara nel 1989. Invece Esposito et al., hanno stabilito una classifica in base al tempo trascorso tra lestrazione e linserimento dellimpianto: - Impianto inserito nella stessa seduta dellestrazione (immediato); - Impianto inserito entro 8 settimane dallestrazione (precoce); - Impianto inserito almeno 2 mesi dopo l'estrazione (impianti differiti) In letteratura sono molte le revisioni che hanno fatto ordine nelle indicazioni e nella tecnica chirurgica degli impianti post-estrattivi. Queste analisi rivelano che le 36

percentuali di successo per gli impianti post-estrattivi, che girano attorno al 95%, sono sovrapponibili a quelle degli impianti posizionati in osso perfettamente guarito a seguito di unestrazione. Quindi linserzione di un impianto post-estrattivo, sia esso immediato o precoce, pu considerarsi una tecnica predicibile.

CAPITOLO 6: Impianti post-estrattivi 6.1 Indicazioni e limiti degli impianti post-estrattivi 37

Le situazioni che necessitano di un piano di trattamento in cui previsto l'estrazione di un dente compromesso e quindi non recuperabile sono: - i processi cariosi destruenti ; - le gravi parodontopatie ; - processi di riassorbimento radicolare; - fratture radicolari; - radici residue; - denti dove il ritrattamento endodontico discutibile. Limiti La presenza di ampie deiscenze ossee e la presenza di infezioni (granulomi,cisti) possono considerarsi criteri di esclusione specifici per lapplicazione di questa tecnica, fermo restando le controindicazioni relative e assolute alla terapia implantare. Altre controindicazioni possono comprendere la presenza di ostacoli anatomici quali canale mandibolare o seno mascellare. Anche una posizione incongrua dell'elemento da sostituire pu rappresentare una controindicazione.

6.2 Preparazione del lembo ed estrazione del dente Per estrarre dei denti e collocare degli impianti post-estrattivi possibile utilizzare una chirurgia a cielo aperto o una tecnica chirurgica mini-invasiva (flapless - senza lembo). Lavorare a lembo aperto consente di operare con maggiore agio e di osservare eventuali deiscenze o fenestrazioni ossee che vengano a verificarsi durante le procedure chirurgiche. Per ottenere una guarigione per prima intenzione pu essere eseguito un lembo vestibolare o un lembo palatale periostale. Il lembo vestibolare si esegue con un' incisione intrasulculare della fibromucosa 38

vestibolare e palatale e si estende per circa 1 cm sia sul lato mesiale sia su quello distale del dente da estrarre. Sul lato vestibolare vengono eseguite due incisioni di scarico che passano la linea mucogengivale. Il lembo viene sollevato vestibolarmente, e allo stesso tempo si scolla la fibromucosa palatale per visualizzare la cresta alveolare. Il lembo va fatto scorrere vestibolarmente adattandolo all'alveolo. Il lembo palatale periostale utilizza invece il periostio palatale per una chiusura per prima intenzione. Anche inquesto caso si esegue un'incisione intrasulculare palatale. Si scolla poi il periostio per ottenere due lembi, uno formato da epitelio e tessuto connettivo e l'altro da periostio e tessuto connettivo. L'ultima incisione coinvolge solo il periostio il quale viene fatto ruotare e ricopre l'alveolo post estrattivo.

Negli ultimi anni ha suscitato molto interesse la tecnica flapless. La scelta di una tecnica chirurgica flapless presenta il vantaggio di una riduzione del tempo operatorio, del dolore, del sanguinamento, delledema postoperatorio e dei tempi di guarigione. Inoltre, sembra utile per preservare i tessuti molli e duri, a livello sia del margine gengivale sia dellarea interdentale.

Studi su animali hanno mostrato che la guarigione della mucosa con una tecnica a lembo aperto si associa alla formazione di epitelio giunzionale pi lungo rispetto a una 39

tecnica flapless. Attorno agli impianti inseriti con tecnica convenzionale si verifica una maggiore profondit di sondaggio con un aumento del rischio di insorgenza di perimplantiti. La tecnica flapless invece porta a una rapida guarigione della mucosa perimplantare e non necessita suture. Quest'ultime aumentano laccumulo di placca e generano una risposta immunitaria. Gli stessi studi hanno dimostrato come con una tecnica flapless si possa avere una rete vascolare molto p rappresentata: ci determina sicuramente una migliore resistenza allo sviluppo di processi infiammatori. Questa migliore vascolarizzazione si deve al fatto che, con una tecnica flapless, rimane preservata la rete vascolare sovraperiostale. Secondo Berglundh et al. questa rete che fornisce lattacco connettivale perimplantare. Per con questa tecnica chirurgica alla cieca si possono perforare le corticali. Ci pu essere evitato attraverso l'utilizzo di una dima chirurgica realizzata mediante laiuto di tecniche di radiologia 3D.

Comunque sia, per quanto riguarda la stabilit primaria non ci sono grosse differenze tra la tecnica convenzionale e quella flapless (Becker 2006). La tecnica flapless altamente operatore - sensibile e i fallimenti sono quasi del tutto legati all'insufficiente livello di apprendimento.

Estrazione del dente

40

L'estrazione di un elemento dentale una tecnica che non deve essere presa con leggerezza. Questa tecnica pu sembrare relativamente semplice ma, devono essere considerati una serie di fattori per ottenere un risultato ottimale dal punto di vista sia funzionale sia estetico. Non si pu pensare che un intervento di questo tipo sia esclusivamente la somma dellestrazione e dellinserimento di una fixture nellalveolo post-estrattivo in quanto le variabili in questione sono molteplici. Per preservare le pareti alveolari fondamentale eseguire un avulsione che sia il meno traumatica possibile. Al chirurgo richiesto di modificare il suo metodo abituale di avulsione. Il consiglio in questi casi cercare di evitare i movimenti di lussazione vestibolo-linguale che potrebbero danneggiare la lamina vestibolare. Si suggerisce infatti di effettuare una lussazione mesio-distale, utilizzando strumenti di lussazione sottili ( una curette C2 Molt in questi casi utile). Nel caso di elementi pluriradicolati indicata la separazione delle radici ma anche nei monoradicolati puo essere utile sezionare la radice per poter lussare lelemento in modo atraumatico.

Una volta effettuata lestrazione, molto importante andare a revisionare lalveolo post estrattivo. Va fatta unaccurata pulizia dellalveolo, effettuata con una courette o un cucchiaio alveolare. Oltre a questo bisogna verificare lintegrita delle pareti alveolari. Nei casi di elementi dentali persi per processi infiammatori, le deiscenze o le fenestrazioni sono frequenti e possono essere trattate con tecniche rigenerative. Questa considerazione vale anche in presenza di difetti interprossimali. Anche la gestione del difetto osseo perimplantare fondamentale per il successo degli impianti post-estrattivi. Salama e Salama hanno classificato i siti post-estrattivi in base ai difetti intraossei, dividendo i siti estrattivi in tre tipi con differenti caratteristiche: tipo 1: minimo riassorbimento osseo con 3-4 pareti ossee, sufficiente osso apicale, sufficiente spazio tra limpianto e i denti vicini e nessuna recessione gengivale 41

per ottenere una buona estetica: la situazione ideale allimpianto post-estrattivo; tipo 2: riassorbimento osseo con deiscenza ossea > 5 mm che richiede una estrusione.ortodontica; tipo 3: eccessivo riassorbimento osseo con severe recessioni o con osso apicale assente. 6.3 Normalizzazione dell'alveolo ed inserimento dell'impianto Dopo l'estrazione dentaria si procede alla revisione della cavit residua ed all'eliminazione di eventuali residui infettivi. Viene usata una curette per confermare che la posizione della lamina vestibolare intatta. Successivamente si procede alla preparazione del sito implantare mediante frese calibrate di diametro leggermente inferiore all'impianto che si era programmato d'inserire al fine di garantire una soddisfacente stabilit primaria. Nella regione mascellare anteriore importante evitare nell' alveolo di posizionare residuato, l'impianto direttamente sopravvivenza dell'impianto.

altrimenti l'impianto inevitabilmente perforer la lamina buccale, mettendo a rischio la

L'asse

della

protesi

deve

corrispondere

ai

bordi

incisali

dei

denti adiacenti o essere sempre palatale rispetto a questo punto di riferimento. Un indicatore di direzione deve essere utilizzato per verificare l'angolazione corretta e la traiettoria dell' impianto. Nella zona estetica, la spalla dell'impianto dovrebbe essere 2- 3 mm apicalmente alla giunzione amelo-cementizia dei denti adiacenti. Questo anche in considerazione dellaltezza biologica perimplantare calcolata da Berglundh in circa 3-4 mm. La distanza mesio-distale tra denti naturali e spalla implantare dovr essere non inferiore a 1,5-2 mm, e tra impianti adiacenti pari circa 3 mm. Questo assicurer un adeguato profilo di 42

emergenza dell'impianto e facilita un corretto restauro protesico di esso.

Fattore fondamentale per effettuare il carico immediato o precoce degli impianti ottenere la stabilit primaria degli impianti stessi. La stabilit primaria denita come lintimo contatto iniziale tra osso e supercie dellimpianto, tale da opporsi al dislocamento che potrebbe essere causato dai carichi masticatori e da qualsiasi altra forza presente nel cavo orale. Cio deve essere tale da contenere i micromovimenti in un range tra i 50 e i 150 micron. Se tali valori vengono superati non si ottiene losteointegrazione, bens la brointegrazione dellimpianto. La stabilit dell'impianto pu essere verificata utilizzando l'analisi della frequenza di risonanza. Il torque registrato nel manipolo di perforazione pu essere un buon indicatore della stabilit primaria dell'impianto. La resistenza di torque di 40 N / cm2 indicativo per la stabilit iniziale dell'impianto. All'impianto non dovrebbero essere applicati torque eccessivi perch questo potrebbe rovinare la filettatura dell'impianto o esercitare una compressione eccessiva all' osso adiacente, portando a necrosi dell' osso e perdita dell'impianto. Viene preso un'impronta della fixture immediatamente dopo la posizione dell'impianto. Questo facilita la realizzazione del abutment e del restauro provvisorio. Abutments e restauri provvisori possono essere inseriti su impianti, una volta che si verifica l'osteointegrazione. Viene applicata una vite di guarigione sulla sommit dell'impianto. La vite di guarigione dovrebbe essere allo stesso livello o leggermente apicale ai tessuti marginali adiacenti. La papilla interprossimale adiacente all'impianto pu essere adattata con punti staccati e in minima tensione. Il restauro provvisorio quindi inserito, facendo attenzione che la travata sia libera dal moncone di guarigione. L' elemento intermedio di un restauro provvisorio ha una forma ovale per consentire di sostenere i tessuti adiacenti e aiutare a 43

preservare l'anatomia dei tessuti molli che circondano l'impianto.

Inserimento dellimpianto Anche la scelta dellimpianto merita una attenta riflessione. Levoluzione delle tecniche di osteointegrazione ha portato come conseguenza il continuo lancio sul mercato di innumerevoli linee implantari. Le due categorie di impianti pi diffuse sono quelli a forma cilindrica e conica. Gli impianti a forma cilindrica sono derivati dagli studi di Branemark, mentre quelli conici definiti ancheroot form, in teoria nascono proprio per adattarsi nel migliore dei modi a situazioni come quella di un alveolo post-estrattivo. In letteratura, per, sulla base dei risultati clinici non vi sono certezze che una determinata forma d'impianto prevale sull'altra.

Impianto cilindrico

Impianto conico root form

Molto importante anche il discorso delle supefici implantari. Negli ultimi 10-15 anni sono state proposte superfici implantari sabbiate, plasma spray oppure superfici rese rugose con luso di acidi (SLA), allo scopo di ridurre i tempi di guarigione ossea, influenzando il comportamento delle cellule osteoblastiche. Lo scopo di queste tecniche ottenere un ampliamento della superficie di contatto osso-impianto, che promuove una migliore stabilit meccanica, la formazione pi rapida del coagulo e, in definitiva, un BIC (Bone Implant Contact) superiore agli impianti con superficie tradizionale. Per quanto riguarda il diametro, sembrerebbe pi appropriato scegliere un diametro maggiore per compensare il gap alveolo-impianto, ma ci pu portare a danni della parete vestibolare con maggiore frequenza di deiscenze o fenestrazioni e rischi estetici significanti.

44

6.4 Rigenerazione dei difetti ossei residui Attualmente esistono numerose alternative per la ricostruzione di creste edentule atrofiche in modo da poter ottimizzare il successivo trattamento implantoprotesico. La scelta legata alla sede e allestensione del difetto, alla conformazione anatomica della sede da trattare, alle condizioni locali dei tessuti duri e molli, alle esigenze riabilitative del paziente e, non ultimo, anche alle preferenze individuali delloperatore. Poich lobiettivo finale quello di ottenere una corretta riabilitazione protesica, la ricostruzione deve essere protesicamente guidata. Le tecniche ricostruttive possono essere cos schematizzate: - rigenerazione ossea guidata mediante barriere semipermeabili e materiale da innesto; - innesti da apposizione (orizzontali o verticali); - osteotomie dei mascellari, parziali o totali, associate o meno a innesti di interposizione; - distrazione osteogenetica; - rialzo del seno mascellare - ricostruzione mediante fattori di crescita. A parte i casi di osteogenesi distrazionale e di ricostruzione mediante lembi liberi rivascolarizzati, le altre tecniche si basano, seppur con metodiche diverse, sullutilizzo di vari materiali da innesto. I materiali differiscono tra loro in modo anche rilevante per capacit osteogeniche, osteoconduttive e osteoinduttive. Per capire come un innesto osseo possa attecchire correttamente a livello di un sito ricevente, necessario comprendere quali siano le principali potenzialit che un innesto pu avere nella neogenesi ossea. OSTEOGENESI: capacit di neogenesi ossea dellinnesto, indipendentemente dal sito donatore. OSTEOINDUZIONE: la capacit di un tessuto di indurre la differenziazione di cellule mesenchimali pluripotenti, provenienti dal sito ricevente o dal circolo, in osteoblasti, stimolando cos la neogenesi ossea a livello sia dell innesto sia del sito ricevente. 45

OSTEOCONDUZIONE: la capacit dellinnesto di creare un supporto strutturale alla neoformazione ossea. Pertanto la scelta deve essere dettata da una buona conoscenza delle propriet di ciascun materiale. I materiali da innesto utilizzati per le ricostruzioni delle creste alveolari atrofiche possono essere divisi in : - osso autologo; - osso omologo; - osso eterologo; - xenoinnesti, a loro volta suddivisi in: - idrossiapatite; - fosfato tricalcico (TCP) - solfato di calcio; - biovetri; - biocoralli; - bioapatiti. Infine esistono due gruppi di fattori che non sono materiale da innesto ma stimolatori/modulatori della rigenerazione ossea: - plasma ricco di piastrine (PRP); - proteine morfogenetiche dellosso ( Bone Morphogenetic Proteins, BMP). Si definisce innesto di osso autologo lo spostamento di tessuto osseo da un sito donatore in un sito ricevente nello stesso individuo. Linnesto di osso omologo il trasferimento di osso, opportunamente trattato, tra individui diversi appartenenti alla stessa specie (osso di banca ecc). Linnesto di osso eterologo il trasferimento di osso, opportunamente trattato, tra individui di specie diverse (osso bovino liofilizzato, ecc) Lo xenoinnesto linserimento, a livello di un sito ricevente di materiali di sintesi (idrossiapatite, fosfato tricalcico, solfato di calcio, bioapatiti, biocoralli, biovetri), opportunamente trattati. Un materiale da innesto ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: 46

1.essere biocompatibile e biotollerato, 2.essere osteoinduttivo, 3.essere osteoconduttivo, 4.essere eliminato dallorganismo in un tempo compatibile con la sua sostituzione da nuovo osso, 5.essere facilmente manipolabile, 6.essere sterile o sterilizzabile, 7.non agire da substrato alla proliferazione di microrganismi patogeni, 8.non essere cancerogeno o teratogeno, 9.essere facilmente reperibile in varie forme, 10.non essere antigenico, 11.possedere eccellenti qualit biomeccaniche, 12.essere idrofilico, 13.essere economico. Naturalmente non esiste un materiale che possieda tutte le caratteristiche elencate. Innesto di osso autologo Da sempre losso autologo rimane il materiale di riferimento per affidabilit e per le sue indubbie capacit osteogeniche, osteoinduttive e osteoconduttivi. Il segmento osseo prelevato da un sito donatore e trapiantato a livello del sito ricevente, per poter attecchire e attivare i processi di osteogenesi, osteoinduzione e osteoconduzione, necessita di: adeguato supporto vascolare da parte del letto ricevente, dove si distinguono due tipi principali di apporto ematico: rami periostali; rami arteriosi e venosi perforanti che si ramificano poi allinterno dellosso in rami corticali e rami midollari. - immobilizzazione dellinnesto, affinch i due processi, quello di penetrazione di neovasi e la differenziazione cellulare in senso osteoblastico avvengono correttamente, necessaria limmobilizzazione dellinnesto. Macromovimenti, ma anche micromovimenti, interferiscono con la rivascolarizzazione e innescano un meccanismo riparativo che porta alla formazione di una pseudoartrosi o a riassorbimento accelerato 47

dellinnesto. appena protezione dellinnesto dalla contaminazione esterna, cio il tessuto osseo trapiantato molto vulnerabile allinfezione, in quanto scarsamente

vascolarizzato e quindi pi difficile raggiungibile dai sistemi di difesa organici e dalleventuale supporto farmacologico.

I siti donatori intraorali di pi comune utilizzo sono rappresentati da: - sinfisi mentoniera; - ramo della mandibola; - tuber maxillae

Mentre le sedi di prelievo extraorale sono: la cresta iliaca; la calvaria; la tibia.

Innesti non autologhi La possibilit di utilizzare un materiale non autologo per la ricostruzione di difetti ossei, rappresenta una prospettiva molto allettante, in quanto consentirebbe di evitare 48

lintervento di prelievo osseo dal medesimo paziente con i seguenti vantaggi: eliminazione di un secondo intervento; diminuzione della morbilit post-operatoria; eliminazione della necessit di prelievi extraorali.

Tutti i materiali non autologhi presentano capacit osteoconduttive, ma scarse o nulle capacit osteoinduttive. I materiali non autologhi riassorbibili devono, inoltre, essere prima degradati, per essere successivamente sostituiti con tessuto osseo, mentre quelli non riassorbibili vengono incapsulati nella matrice ossea, ma occupano uno spazio che non potr essere sostituito da osso. Innesti di osso omologo Linnesto omologo pu provenire sia da cadaveri sia da viventi che per diversi motivi siano sottoposti ad amputazioni terapeutiche. Una volta prelevato losso, viene ripulito dai tessuti molli, lavato, tagliato e riposto in contenitori sterili. Se losso cos ottenuto fosse trapiantato, scatenerebbe una reazione immunitaria da parte dellorganismo ospite che porterebbe al rigetto dellinnesto. Losso omologo viene, quindi, liofilizzato e demineralizzato. Il tessuto prelevato viene macinato in particelle di 500 m-5mm, sgrassato con etanolo puro, congelato e disidratato. Successivamente vengono ulteriormente triturate fino a una dimensione finale di 250-750 m.

Innesti di osso eterologo Nellambito degli innesti eterologhi, lapatite bovina inorganica stata uno dei materiali pi utilizzati e meglio studiati. Losso bovino subisce una deproteinizzazione e una deantigenizzazione. Dopo di ci il materiale viene sterilizzato a 160 C. Xenoinnesti Viene definito xenoinnesto, qualsiasi biomateriale sostitutivo dellosso, capace di avere 49

propriet osteoconduttivi. - Idrossiapatite (HA): essa rappresenta la componente inorganica primaria dellosso umano e presenta spiccate qualit osteoconduttivi. Viene utilizzata soprattutto come materiale di riempimento. - Biovetri: una ceramica vetrosa prodotta mediante sintesi. La sua maggiore caratteristica di legarsi in modo stabile con il tessuto osseo e anche con i tessuti molli. In circa 16 mesi il materiale completamente riassorbito. - Fosfato Tricalcico (TCP): un materiale bioinerte con capacit solo osteoconduttive. Si riassorbe nellarco di 6-9 mesi con sostituzione da parte del neoosso. - Biocoral: un sostituto naturale dell'osso, composto per pi del 98 % da carbonato di calcio. Esso ricavato dall'esoscheletro naturale dei corali. l'unica ceramica naturale biologica porosa interamente minerale. La bioattivit del Biocoral, insieme alle sue propriet osteoconduttive e osteofiliche, induce attivit biologiche specifiche nell'osso ricevente simile al metabolismo osseo fisiologico naturale. Questa attivit porta a riassorbimento graduale del Biocoral da parte degli osteoclasti e la sua sostituzione con osteoblasti nell' osso neoformato. Tecnica di rigenerazione ossea guidata (GBR) La rigenerazione ossea guidata una tecnica chirurgica utilizzata per aumentare il volume osseo dei siti edentuli che presentino un' atrofia orizzontale, verticale o combinata, per consentire un inserimento ideale dell'impianto. La membrana si posiziona tra Il principio della rigenerazione ossea guidata deriva da quello della rigenerazione tissutale. All'inizio degli anni ottanta autori come Neyman e Karring condussero studi su animali (Neyman 1980, Karring,1984) e dimostrarono che la rigenerazione dei tessuti parodontali poteva avvenire solo le cellule provenienti dal legamento parodontale potevanoLa membrana blocca il tessuto e connettivo e penetrare nella ferita chirurgica, mentre le cellule provenienti epiteliale all'osso di crescere permette dal connettivo e dal epitelio non potevano accedervi.
l'osso e la gengiva

50

Fu sviluppata quindi una tecnica chirurgica che utilizzava una barriera fisica per ostacolare i tessuti indesiderati (fibroblasti e cellule epiteliali) e che permetteva il passaggio selettivo di un tessuto in grado di promuovere la rigenerazione, con formazione di nuovo cemento radicolare, nuovo legamento parodontale e nuovo osso alveolare. (Neyman 1982; Gottlow 1984) Il principio della GTR stato poi applicato con successo alla rigenerazione dei tessuti ossei mascellari mediante l'utilizzo di membrane semipermeabili. La tecnica stata definita rigenerazione ossea guidata (GBR). Il principio della GBR stato applicato con successo nell'uomo nella situazione di impianti post-estrattivi immediati (Lazzara, 1989). Anche in situazioni di deiscenze e fenestrazioni periimplantari l'applicazione della GBR e' risultato un successo. (Becker e Becker, 1989). Il principale problema di cui tenere conto nelle tecniche rigenerative periimplantari il mantenimento dello spazio in cui la rigenerazione possa aver luogo. Questo spazio fornisce il volume necessario per la colonizzazione da parte delle cellule ossee. Al fine di mantenere lo spazio possono essere utilizzate varie metodiche quali supporti in titanio, pernetti, griglie d'oro, microviti di fissazione, membrane rinforzate in titanio. Lo spazio puo essere mantenuto anche dai materiali da innesto i quali evitano il collasso della membrana contro la superficie esposta dell'impianto.

Le membrane si dividono in riassorbibili e non riassorbibili in base alla loro capacit di essere degradate dai tessuti ospiti mediante comuni processi flogistici di riassorbimento. Le membrane non assorbibili sono in genere associate a osso autologo e/o biomateriale in miscele. Il Gore-Tex, nome comerciale del polietiltetrafluoroetilene espanso (e-PTFE), una membrana non assorbibile che permette il passaggio di liquidi 51

ma non di cellule, grazie alla struttura che somiglia a una trama di noduli e fibrille. Possono essere o meno rinforzate (struttura in titanio) al fine per impedire la deformazione e/o lo spostamento del sottostante innesto e/o coagulo. Devono essere rimosse dopo un periodo variabile da 6 a 12 mesi in funzione del volume da rigenerare e del tipo di innesto. Fondamentale per il loro utilizzo unadeguata capacit chirurgica di gestione dei tessuti molli. Per ottenere il successo necessario che si instauri una guarigione per prima intenzione. Anche la stabilit delle membrane rispetto ai tessuti duri e molli molto importante e per questo motivo vanno fissate al tessuto osseo. Inoltre necessaria un'ottima igiene del cavo orale nei mesi successivi al posizionamento associata a controlli periodici dello stato di salute dei tessuti molli che circondano la membrana. Le membrane riassorbibili invece vengono degradate dall'organismo attraverso processi di idrolisi enzimatica. Le due principali famiglie facenti parte delle membrane riassorbibili sono: le membrane in collagene e le membrane in acido polilattico. Presentano il vantaggio che si evita l'intervento chirurgico per la loro rimozione. Gli svantaggi invece sono la scarsa predicibilit del tempo di riassorbimento e la tendenza al collasso che tali membrane hanno dimostrato.

6.5 Gestione dei tessuti molli e sutura L' utilizzo di impianti post-estrattivi a carico immediato soprattutto nei settori anteriori offre dei risultati ottimali. Alcuni lavori riportano risultati estetici ottimali, mentre altri affermano che si possono verificare eventualmente complicanze a carico dei tessuti molli con possibili recessioni. Queste recessioni determinano danni estetici significativi quali l'esposizione dell' abutment o del collo dell'impianto. Un fattore che pu determinare un insuccesso, seppure parziale, rappresentato dalla comparsa di una recessione del margine incisale. Diversi sono gli elementi a cui attribuire la comparsa di tale recessione: - il biotipo tissutale; 52

- il posizionamento non corretto in senso bucco-linguale della spalla dell'impianto; - il posizionamento di una corona provvisoria immediata; - la distanza tra margine gengivale e cresta ossea. Il biotipo tissutale pare che abbia importanza sul livello dei tessuti perimplantari. Il posizionamento di un impianto immediato con tecnica flapless sembra ottenere un risultato migliore per quanto riguarda laltezza della papilla, sia rispetto a un impianto immediato inserito mediante lelevazione di un lembo sia rispetto a un impianto differito. Come naturale che sia, la forma e le dimensioni della radice non sempre corrispondono a quelle dellimpianto prescelto. Di conseguenza, al termine del posizionamento dellimpianto, spesso puo' residuare un difetto orizzontale. La decisione su come affrontare tali situazioni dipende da molti fattori ed e' stata chiarita molto bene da Fugazzotto (Fugazzotto PA 2005). In zona estetica, in soggetti con biotipo sottile e indicato allestire un lembo muco-periosteo e posizionare una membrana riassorbibile a copertura di impianto e materiale da innesto. In soggetti con biotipo spesso o in zone con valenza estetica ridotta, bisogna differenziare i casi in base alla dimensione del difetto orizzontale riscontrato. Questi difetti si possono misurare attraverso un indice definito HDD (Horizontal Defect Dimension). Con HDD inferiore a 2 mm si pu procedere a una chirurgia flapless, senza posizionare alcuna membrana. Nel caso ci fosse la necessit solamente un innesto di collagene. In presenza di difetti pi ampi, e quindi con HDD superiore a 2 mm, pi conveniente eseguire una chirurgia a cielo aperto, posizionare un innesto di particolato e ricoprire il tutto con una membrana riassorbibile. La scelta del materiale da innesto tra osso autologo e/o materiale eterologo resta nelle mani delloperatore. In presenza di difetti ossei che necessitino tecniche rigenerative pi complesse, come membrane non riassorbibili e innesti di grandi dimensioni, indicato decidere per un impianto tardivo. In questi casi, la gestione dei tessuti molli risulta essenziale per lottenimento di un risultato estetico adatto; se non si dovesse decidere per un carico protesico 53 si potrebbe usare

immediato, condizione necessaria la copertura di innesto e membrana con il lembo che garantisca una chiusura per prima intenzione. Se tale operazione non fosse realizzabile o se compromettesse in modo irreparabile il rapporto tra mucosa cheratinizzata e libera, spostando coronalmente la linea muco-gengivale, indicato un innesto libero di tessuto connettivo prelevato dal palato o dalla zona retromolare superiore. Nel caso di uno spessore ridotto dei tessuti molli o di una lieve recessione postestrattiva, si pu procedere a un innesto di tessuto connettivo in sede vestibolare, che pu essere eseguito in combinazione con linserzione dell'impianto. Un altro elemento da considerare la scelta di una tecnica sommersa o non sommersa. I risultati in letteratura appaiono spesso discutibili ma, anche se il raggiungimento di un livello di osteointegrazione quasi simile tra le due tecniche, se si valuta il BIC (Bone to Implant Contact) la tecnica sommersa sembra garantire risultati migliori. Come gi detto i risultati in letteratura sono spesso controversi. Uno studio sui cani effettuato da Botticelli. D, Niklaus P. Lang e Marco Caneva, afferma che il posizionamento di impianti in alveoli post-estrattivi con tecnica senza lembo non previene il riassorbimento dell'osso alveolare e non influenza le dimensioni del processo alveolare rispetto al convenzionale inserimento di impianti con tecnica a lembo. Tutti gli impianti erano posizionati nella radice distale del terzo premolare e si sono osteointegrati. Sia nei siti con lembo che nei siti senza lembo il riassorbimento osseo non differiva. Il riassorbimento osseo della cresta vestibolare era di 1,7mm nei siti con lembo e 1,5 mm nei siti senza lembo. In questo studio entrambi gli approcci con o senza lembo non hanno conservato la cresta alveolare vestibolare. Un altro studio su animali ha suscitato particolare interesse ( Mauricio G. Araujo e Jan Lindhe ) in quanto ha cercato di calcolare la riduzione della cresta alveolare che si verificava a seguito di un' estrazione dentale e il posizionamento dell'impianto. In questa ricerca sono stati utilizzati dei cani beagle. Sono stati presi come riferimento il terzo premolare e il primo molare in entrambi i quadranti della mandibola. Durante la guarigione, dopo l'estrazione del dente e l'installazione dell'impianto nel sito si sono verificati notevoli alterazioni dei tessuti duri. Il gap marginale che era presente 54

tra l'impianto e le pareti della cavita al momento dell'inserimento scompare a seguito del riempimento di osso e del riassorbimento della cresta ossea.

Parete ossea linguale Parete ossea vestibolare

La modellazione della regione con difetto marginale stata accompagnata da marcata diminuzione delle dimensioni sia della delicata parete vestibolare sia della parete ossea linguale pi ampia. La perdita ossea nei siti molari stata pi marcata rispetto alla zona premolare. In conclusione, secondo i dati degli autori, il posizionamento dell'impianto non riesce a conservare la dimensione del tessuto duro della cresta dopo l'estrazione del dente. Sia la parete ossea vestibolare cos come la parete ossea linguale vengono riassorbite. Per quanto riguarda l'aspetto vestibolare, si determina una certa perdita marginale di osteointegrazione. La stabilita a lungo termine dei tessuti molli perimplantari, e quindi il mantenimento del successo estetico, sono correlati a un loro adeguato spessore in senso sia bucco-linguale sia verticale. Il posizionamento della spalla dellimpianto in corrispondenza oppure pi vestibolarmente rispetto alla linea che unisce idealmente il margine incisale dei denti adiacenti pu incrementare notevolmente il rischio di recessione. Il punto chiave rappresentato dallaltezza e, in particolare, dallo spessore della parete vestibolare 55

dellalveolo: quanto pi sottile, tanto maggiore il rischio che si possa manifestare una recessione gengivale, conseguente a un riassorbimento della stessa e quindi alla mancanza di supporto ai tessuti gengivali. Lo spessore dellosso vestibolare residuo dovrebbe essere non inferiore a 1 mm e possibilmente pari ad almeno 1,8 - 2 mm (Spray JR., 2000). In tutte le situazioni in cui vi sia una distanza del margine gengivale dalla cresta ossea superiore a 3 mm il rischio di recessione e' presente.

Sutura Il tipo di sutura necessario per ottenere una completa guarigione, senza complicazioni, sar diverso in relazione alle situazioni cliniche. In situazioni di chirurgia flapless dove non c' bisogno di effettuare innesti, si pu addirittura pensare di dimettere il paziente senza applicare alcun tipo di sutura. Se invece necessario provvedere a un innesto di qualsiasi materiale e i margini gengivali non coincidono perfettamente con il diametro implantare, si pu utilizzare una sutura a materassaio orizzontale incrociata che permette in ogni caso di avvicinare le compagini mucose vestibolare e palatale/linguale.

Questo consente

tipo non

di

sutura solo il

ravvicinamento delle papille dei lembi negli spazi interdentali, ma anche il mantenimento 56

di queste ultime strettamente a contatto con il piano osseo sottostante. Nei casi in cui si proceda a lembi aperti, unalternativa molto valida rappresentata da un innesto connettivale da utilizzare a copertura di impianto ed eventuale materiale da rigenerazione. Tale innesto deve essere mantenuto in posizione, anche in questo caso, con una sutura a materassaio orizzontale incrociata ed eventualmente con due punti singoli in corrispondenza delle papille. Quando invece il chirurgo decida di riposizionare i lembi per ottenere una loro chiusura per prima intenzione, possono essere sufficienti punti singoli o eventualmente una sutura a materassaio interno orizzontale a livello pi profondo e punti staccati pi superficiali.

6.6 Trattamento farmacologico Alcuni fallimenti degli impianti dentali possono essere dovuti a una

contaminazione batterica durante l' inserimento dell'impianto. In generale, la profilassi antibiotica in chirurgia indicato solo per pazienti a rischio di endocardite infettiva, quando l'intervento eseguito in siti infetti, in caso di interventi chirurgici estesi e prolungati, e quando i materiali estranei impiantati sono di grandi dimensioni. Per ridurre al minimo le infezioni dopo il posizionamento dell' impianto dentale sono stati suggeriti diversi regimi di profilassi antibiotica sistemica. Protocolli pi recenti raccomandano la profilassi a breve termine, quando devono essere utilizzati antibiotici. Con la somministrazione di antibiotici si possono manifestare degli eventi avversi, che vanno dalla diarrea al pericolo di vita da reazioni allergiche. Un'altra preoccupazione associata al largo uso di antibiotici la selezione di batteri resistenti agli antibiotici. 57

La letteratura suggerisce che 2 g di amoxicillina somministrata per via orale 1 ora prima dell'intervento riduce significativamente i fallimenti degli impianti dentali posti in condizioni ordinarie. Dopo che il paziente stato dimesso instauriamo una copertura antibiotica per una settimana con dosi 1gr di amoxicillina ogni 8 ore oppure amoxicillina + acido clavulonico (Augmentin) ogni 12 ore. L'acido clavulonico allunga l'emivita del farmaco. Nei casi di saputa allergia verso le penicilline, per evitare di rischiare una reazione, la penicillina si pu sostituire con un antibiotico alternativo. Gli antibiotici di prima scelta in questo caso sono i macrolidi (eritromicina, azitromicina) o le tetracicline con uno schema del tutto simile. Si prescrive una fase di tre ore di crioterapia ( il ghiaccio va mantenuto nella zona interessata per 5 minuti ogni mezz'ora) e l'utilizzo di antidolorifici per i primi tre giorni. Per proteggere la zona da qualsiasi insulto meccanico, soprattutto nei primi giorni fino alla rimozione delleventuale sutura (circa 7 giorni) sarebbe meglio non spazzolare la zona dell'intervento, ma fare sciacqui con collutori a base di clorexidina digluconato allo 0,20% tre volte al giorno. Importante evitare la masticazione dalla parte impiantata, utilizzare una dieta particolarmente morbida per il primo mese e normalizzarla gradualmente. 6.2 Protesizzazione immediata o differita Il carico protesico immediato spesso associato a impianti post-estrattivi e questo pu influenzare il risultato estetico finale. Uno studio recente ha confrontato i risultati ottenuti dal punto di vista di due parametri estetici, vale a dire laltezza del margine gengivale e il papilla index, con un trattamento per la sostituzione di un singolo elemento dentale mediante una tecnica flapless e un carico immediato o un carico differito (2 mesi). Negli impianti in cui era stato effettuato il carico immediato si osservato un forte incremento dellaltezza della papilla nei primi 2 mesi, che si manteneva anche nei successivi. Un aumento di tale livello si visto anche negli impianti a carico tardivo, ma di minore entit. In tale studio non si osservata alcuna influenza esercitata dallo spessore iniziale dei tessuti. Si rilevata, invece, unincidenza dinsuccesso superiore, rispetto ai dati riportati in letteratura, nei casi di 58

carico immediato, qualora si esaminino i dati senza differenziare la casistica tra impianti singoli o multipli e in base al tipo di riabilitazione protesica prescelta. Se invece si considerano situazioni sovrapponibili, i risultati appaiono in linea con altri studi. Una revisione sistematica della letteratura per valutare quale fosse il comportamento dei tessuti marginali a un carico immediato ha riscontrato un adattamento di questi ultimi comparabile con quello che si ottiene con un carico convenzionale, indifferentemente per il posizionamento dellimpianto immediato o tardivo.

Casi Clinici
Caso clinico nr. 1 59

Fase pre-operatoria. La pz si presenta con un ponte di 2 elementi ( 11-12). Il 12 stato estratto ed stato previsto un impianto in zona.

Fase pre-operatoria

Fase operatoria. Alla apertura si evidenzia una zona di sofferenza ossea, corrispondente allalveolo post-estrattivo.

Si rimuove tutto il materiale granulomatoso, lasciando un difetto a 1 parete mancante (vestibolare) con dei buoni picchi ossei mesiali e distali al difetto.

Losso sintetico viene tagliato in listelli grandi quanto la fenestrazione vestibolare del difetto

I listelli vengono inseriti nel difetto colmandolo

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Viene tutto coperto con la membrana opportunamente idratata per poterla lavorare.

Viene suturato il tutto

Fase post-operatoria. Visione post-operatoria immediata (2 sett.)

Fase post-operatoria. Visione pre-operatoria ( implantare)

Visione del lembo tension-free

Visione vestibolare della rigenerazione ossea avvenuta e della presenza di una buona lamina corticale in sede di impianto

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Visione occlusale del livello di osso ricostruito

Inserimento fixture in osso maturo e denso. Visione occlusale

Sutura e attesa per la consegna del lavoro

Consegna dellelemento finito

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Gli elementi vengono realizzati in protesi metalfree

Particolare dellottimo stato dei tessuti sul 12 e dellottima integrazione del manufatto protesico.

Caso clinico nr. 2

Il pz si presenta con una frattura verticale dellelemento 24

Visione occlusale

Estrazione del dente in due parti

Pulizia dellalveolo

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Inserimento fixture nella cavit dell radice palatale

Vite di guarigione e sutura

Visione laterale

Guarigione dei tessuti

Tessuto molle condizionato

Inserimento del transfert

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Presa dellimpronta

Impronta insieme a transfert

Ceratura dell elemento

Realizzazione della corona

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Abutment inserito

Particolari da correggere nella parte vestibolare

Controllo dellocclusione

Rifinitura, lucidatura e consegna dell elemento finito

Visione frontale

Dente in occlusione

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Rx dellimpianto

Rx della protesi su impianto

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Caso clinico nr. 3

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Capitolo 7 Conclusione Il livello di prevedibilit e di alto successo della attuale terapia implantare ha fornito ragioni per rivalutare il tempo impiegato nelle linee guida chirurgiche e protesiche. Con la tendenza del ridurre il tempo del trattamento e i disagi per il paziente, l'impianto post-estrattivo a carico immediato emerso come un approccio alternativo. Questo approccio terapeutico stato studiato e ha mostrato risultati promettenti e prevedibili (Becker et al. hanno riportato un tasso di sopravvivenza del 93,3% a 5 anni) Un 'altro aspetto importante il risultato estetico ottimale che offrono gli impianti post-estrattivi grazie al mantenimento dei tessuti duri e molli del sito post-estrattivo. molto importante che sia fatta una selezione con cura caso per caso ed integrare questo trattamento in ogni pratica quotidiana. Certamente, considerando la natura del trattamento richiesta un' abilit chirurgica superiore e i rischi di complicanze sono maggiori come infezioni, infiammazioni e anche rischi di natura estetica. Viviamo in un periodo in cui le tecnologie e i materiali stanno subendo uno sviluppo rapidissimo e gli impianti post-estrattivi sono una terapia che il chirurgo deve poter offrire ai propri pazienti senza trascurare le indicazioni e i limiti.

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