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www.AppuntiBicocca.com StoriadImpresa Prof.Varini Anno2009/10 Economia

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ASPETTI TEORICI4 LA RIFLESSIONE IN TEMA DI IMPRENDITORE.4 LA TRADIZIONE CONTINENTALE5 LA TRADIZIONE ECONOMICA ANGLOSASSONE5 LA SINTESI DIFFICILE: MARSHALL, KNIGHT e SCHUMPETER.6 LIMPRENDITORE8 DALLA SCUOLA NEO-AUSTRIACA ALLA "ENTREPRENEURIAL HISTORY8 VERSO UNA CONCEZIONE DINAMICA DELL'IMPRESA9 LA TEORIA EVOLUTIVA DELL' IMPRESA21 TEORIA DELL'IMPRESA E STORIA D'IMPRESA23 LA STORIA D'IMPRESA E L'EVOLUZION'E DELL'AMBIENTE SOCIO CULTURALE 25 ETICA, IDEOLOGIA E ATTEGGIAMENTI DELLA COLLETTIVITA25 FAMIGLIA E GENERE.25 LA PRESENZA FEMMINILE NEL MONDO DEGLI AFFARI26 IL RUOLO DELL'ISTRUZIONE 26 L'IMPRESA E LE ISTITUZIONI 26 SISTEMI FINANZIARI E FINANZA DIMPRESA27 L'EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO28 L'EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA GIURIDICA IN MATERIA DI BILANCI E CORPORATE GOVERNANCE 28 DIMENSIONE E PERFORMANCE DELLE IMPRESE IN PROSPETTIVA STORICA29 DUE INDICATORI DI PERFORMANCE: LONGEVIT E REDDITIVIT33 INDICATORI SINTETICI DELLA PERFORMANCE DI LUNGO PERIODO DELLE 100 MAGGIORI IMPRESE MONDIALI AL 1912.34 REDDITIVIT36 FORME D'IMPRESA36 LA GRANDE IMPRESA MANAGERIALE37 ALTRE FORME DI GRUPPI DI IMPRESE 40 FORME FLESSIBILI DI PRODUZIONE: RETI DI IMPRESE E DISTRETTI40 L'EVOLUZIONE DELL' ORGANIZZAZIONE42 Page2of2

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IMPRESA E LAVORO45 L'IMPRESA, IL PROGRESSO TECNICO E L'ATTIVITA INNOVATIVA48 MARKETING E RELAZIONI PUBBLICHE49 L'IMPRESA PUBBLICA: ASCESA E DECLINO53 LO SVILUPPO DELLA IMPRESA PUBBLICA53 LE PRIVATIZZAZIONI56 PERCH LE PRIVATIZZAZIONI?56 OBIETTIVI DELLA PRIVATIZZAZIONI57 LE CONSEGUENZE DELLE PRIVATIZZAZIONI59 CAPITOLO 259 L'IMPRESA INDUSTRIALE ITALIANA: I TEMI59 PROTAGONISTI DELL'APPROCCIO MACRO BANCA E STATO 60 UNA NUOVA PROSPETTIVA: L'APPROCCIO MICRO (ANNI '70)61 LA CAPACIT INNOVATIVA: INTERPRETAZIONI61 IL DECLINO INDUSTRIALE62 LA STRUTTURA DELL'ECONOMIA ITALIANA NEL LUNGO PERIODO62 LA CONCENTRAZIONE INDUSTRIALE68 I GRUPPI70 LO STATO E LA GRANDE IMPRESA73 LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA76 SISTEMI DI IMPRESE E DISTRETTI INDUSTRIALI77

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ASPETTI TEORICI INTRODUZIONE

L'obiettivo di questa parte del corso quello di fornire un inquadramento teorico all'evoluzione storica dell'impresa. Un excursus attraverso la riflessione sull'imprenditore e sull'impresa, operata da alcuni "classici" del pensiero economico, servir a comprenderne la rilevanza per la storia d'impresa. L'impresa , infatti, unistituzione centrale dello sviluppo economico moderno. Unistituzione che agisce dinamicamente ed in grado, con le sue scelte strategiche, non soltanto di superare i vincoli imposti dalla tecnologia e dal mercato, ma di contribuire direttamente alla loro trasformazione. Tale posizione stata, ed ancora probabilmente , minoritaria allinterno del corpus teorico e dottrinale. Due percorsi dindagine: - La riflessione in tema dimprenditore. - L'elaborazione di una concezione dinamica dellimpresa.

LA RIFLESSIONE IN TEMA DI IMPRENDITORE. L'imprenditore rappresenta uno dei protagonisti most intriguing e, al tempo stesso, pi elusivi del cast che interpreta la vicenda che oggetto di studio dell'analisi economica [Baumol, 1968]. Per due ragioni: 1. la natura, sfuggente e mutante, dell'imprenditore 2. elemento perturbatore dell'equilibrio ideale studiato dal mainstream Due principali tendenze di elaborazione concettuale che si inseriscono nella pi ampia riflessione filosofica:
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i) continentale: che privilegia un approccio ermeneutico-interpretativo, lascia spazio all agire individuale. ii) privilegia l'analisi dell'oggetto (impresa, ma anche PNL) e rigetta quella dell'agire individuale

LA TRADIZIONE CONTINENTALE - Risale all'Italia pre rinascimentale: legittimazione del profitto come remunerazione del rischio (mercantile); poi concettualizzazioni di imprenditore (d 'ora in poi I) RICHARD CANTILLON (1755): - LI (entrepreneur) chi cerca di sfruttare le opportunit del mercato create dalla discrepanza fra domanda e offerta, vale a dire il vero organizzatore di tutto ci che si produce - L'ABATE BAUDEAU (1730 -1792): la fisiocrazia riconosce uno specifico ruolo alla classe imprenditoriale nell'attivit economica (fittavolo): rischio + innovazione. - MELCHIORRE GIOIA (1815): Gli intraprenditori sono agenti intermedi tra i proprietari e i capitalisti da una parte e la massa degli operai dallaltra. - JEAN-BAPTISTE SAY (1828) il primo a sottolineare con forza il ruolo manageriale dell 'imprenditore. Distinzione fra la funzione di fornire capitale e quella di sovrintendere, dirigere e controllare la produzione.

LA TRADIZIONE ECONOMICA ANGLOSASSONE Nella scuola economica classica d'oltre Manica la funzione imprenditoriale risult ampiamente trascurata, almeno fino alla met del XIX secolo. - ADAM SMITH (1776) ignor, di fatto, l'imprenditore: egli coglieva concettualmente la differenza, a livello di funzione, fra il procurare lo stock di capitale necessario all'attivit produttiva, in cambio di profitti, e quella di ispezione e
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direzione, retribuita da salario; per identificava i titolari delle due funzioni in un solo soggetto, non distinguendo fra capitalista e imprenditore. Quando Smith scriveva, cio agli albori della 1 Rivoluzione Industriale le forme di organizzazione produttiva delle prime manifatture non si discostavano poi molto da quelle da lui evocate. Le fabbriche erano quasi sempre di dimensione limitata e le imprese solitamente operavano con una fabbrica soltanto. - RICARDO (1821) non riconosceva nella capacit innovativa la caratteristica distintiva del capitalista/imprenditore rispetto agli altri capitalisti: il suo vantaggio sarebbe stato al pi presto riassorbito dal sistema e ricondotto all'interno della logica dell'equilibrio - JOHN STUART MILL (1848), lamentando l'assenza in lingua inglese di un vocabolo equivalente ad entrepreneur, di fatto introduceva nel suo idioma il termine francese, al quale per finiva con l'attribuire la connotazione di dirigente stipendiato, retribuito con una quota del monte salari e non titolare quindi di una funzione autonoma. - KARL MARX nel Capitale distingue fra capitalista attivo che realizza un guadagno d'imprenditore e proprietario del capitale: il primo paga al secondo l'interesse, una porzione del profitto lordo che spetta alla propriet del capitale in quanto tale; queste potenziali aperture vengono per ricondotte all'interno delle ferree leggi di funzionamento del sistema capitalistico. Il guadagno d'imprenditore non si contrappone al lavoro salariato, ma solo all'interesse; quindi un salario, un salario di controllo del lavoro. In questi ultimi epigoni delta scuola classica, c' qualche accento di novit, ma l'Inghilterra dell'et vittoriana era ormai un paese giunto all'apogeo della sua maturit industriale, in cui la railway mania degli anni Quaranta aveva aperto la strada ad imprese di notevoli dimensioni, ad un dinamico mercato di capitali e all'affermazione delle societ per azioni.

LA SINTESI DIFFICILE: MARSHALL, KNIGHT e SCHUMPETER. A fine '800 lo scenario si complica: diviene, infatti, arduo proseguire per la traccia fin qui seguita a fronte all'impressionante fioritura di nuove teorie, alle proclamate rotture con tradizioni teoriche precedenti.
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- In G.B. ALFRED MARSHALL inaugura un ambito di studi, l'economia industriale, in cui riserva all' imprenditore un ruolo specifico: quello di organizzatore della produzione, retribuito con una quota dei profitti: osserva infatti che sembra preferibile in certi casi riconoscere la organizzazione come un quarto fattore della produzione. Marshall tende per a limitare questi casi soprattutto alle piccole e medie imprese. Invece negli USA del '900 c' una linea di ricerca di matrice istituzionalista, che parte da Frank Knight e arriva a Coase e WilIiamson (rinvio). - Per KNIGHT l'aspetto che definisce l'imprenditore non pi l'innovazione ma il rischio e l'incertezza. Mentre il rischio qualcosa di misurabile e valutabile ex-ante, lincertezza fa riferimento a qualcosa che non lo , perch implica situazioni nuove e sconosciute: il compito della previsione, della direzione della tecnologia e del controllo della produzione spetta ad un ristretto gruppo: gli imprenditori.
JOSEPH A. SCHUMPETER

In S., esponente dell'indirizzo continentale in cui convivono l'impronta storicista, accenti dell'economia politica classica e dell'individualismo metodologico propugnato dalla dottrina economica austriaca. L'innovazione per S. l'anima del processo capitalista. - la capacit di compenetrazione di aspetti micro e macro-economici, trova la sua massima applicazione nella figura dell'imprenditore innovatore. - Le innovazioni sono il fatto fondamentale del capitalismo: esse provocano cambiamenti che danno luogo alla "evoluzione economica". - L'innovazione "l'introduzione di una nuova funzione di produzione": un nuovo prodotto o processo, nuove forme di organizzazione, nuovi mercati, ecc. - Tutte le innovazioni sono, di norma, incorporate in una nuova impresa" fondata a questo scopo - Le innovazioni associate con l'ascesa di Uomini nuovi.' - Le innovazioni non sono eventi isolati e distribuiti in modo uniforme nel tempo, ma tendono ad ammassarsi in grappoli perch prima alcune imprese, poi la maggior parte di esse, segue la scia dell'innovazione riuscita. - Le innovazioni non sono mai distribuite casualmente in tutto il sistema economico ma tendono a concentrarsi in certi settori e nei loro dintorni. - Il progresso non , per sua natura, armonioso ma, al contrario, tortuoso, discontinuo e caratterizzato da scosse che sembrano delle vere e proprie esplosioni.
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LIMPRENDITORE - Gli imprenditori sono coloro che realizzano le innovazioni (nuova combinazione dei fattori produttivi). - Nel capitalismo concorrenziale l'I. identificato col capo della azienda, il pi delle volte col proprietario. - Nelle corporations l'identificazione pi difficile: l'I. spesso non corrisponde al capitalista ma al top-manager. - L'I. il vero protagonista dello sviluppo economico, che "scavalcando l'esperienza economica e la routine sperimentata e attuale, riconosce e attua nuove possibilit entro i rapporti della vita economica". - In cambio l'imprenditore ottiene il profitto, che il premio dell'innovazione nella societ capitalistica. - Il profitto temporaneo: il vantaggio limitato dalla capacit dell'I di proteggere la sua innovazione; quando verr imitata dalla concorrenza, il vantaggio svanir. - Alla fine del processo dimitazione-diffusione, l'innovazione non sar pi tale e il sistema si riavvier sulla strada dell'equilibrio stazionario, finch una nuova innovazione (o grappolo) non riaprir il ciclo. Fondamentale la distinzione fra il primo S. quello degli scritti fino a Business Cycles (1939) e il secondo S., soprattutto quello di Capitalismo, socialismo e democrazia, influenzato dall'osservazione della societ americana, ove le grandi imprese e non l'imprenditore individuale sono i protagonisti dell'economia.

DALLA SCUOLA NEO-AUSTRIACA ALLA "ENTREPRENEURIAL HISTORY - In ambito continentale vanno collocati gli studiosi della cosiddetta scuola ~ neoaustriaca~ (Leopold Von Mises, Friedrich Von Hayek, lsrael Kirzner) che spiegano la superiorit dell'economia di mercato rispetto a sistemi alternativi con la sua capacit di creare incentivi affinch gli agenti/imprenditori si impegnino a superare i vincoli produttivi esistenti. - La natura dinamica del processo tendenziale delleconomia verso l'equilibrio implica l'aspetto fondamentale dell'acquisizione e della diffusione delle informazioni, ovvero della conoscenza. Il processo attraverso cui la conoscenza individuale viene modificata spiegato essenzialmente mediante il sistema dei prezzi.
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- Gli individui che agiscono sul mercato hanno la conoscenza soltanto di particolari circostanze di tempo e di luogo, e ci fa da di essi dei price-takers. Se un agente economico ha conoscenze maggiori, egli rifiuter di comportarsi come un price-taker; agir piuttosto in modo di manipolare a suo vantaggio il mercato. - per KIRZNER (1973), l'essenza dell'imprenditorialit risiede nell'attenzione (alertness) verso gli squilibri del mercato, come potenziali fonti di profitto: anche in K. l'imprenditore colui che vede ci che gli altri non sono riusciti a vedere, tuttavia anzich forza squilibrante come in Schumpeter, per K. egli agisce come forza che riporta tendenzialmente all'equilibrio.

Gli sviluppi pi recenti: - MARK CASSON (1982): l'imprenditore colui che si specializza nel prendere decisioni critiche e fondamentali (Judgemental) riguardo al coordinamento di risorse scarse. La ricompensa dell'imprenditore - il profitto - la rendita dell'abilit, una temporanea rendita monopolistica che gli proviene dalla sua superiore capacit di giudizio. - le elaborazioni concettuali della entrepreneurial history e della business history, scuole di storia d'impresa sviluppatesi attorno al Research Center in Entrepreneurial History, creato nel 1948 ad Harvard da Schumpeter: l'analisi delle esperienze imprenditoriali del passato ha consentito di definire con maggior rigore i limiti e le caratteristiche della figura dell'imprenditore. Le trasformazioni in atto nell'economia contemporanea hanno rinvigorito l'interesse per il ruolo dell'imprenditorialit nello sviluppo. I progressi della scienza e della tecnica dell'ultimo quarto di secolo, le innovazioni di frontiera di quella che da pi parti ormai definita la terza rivoluzione industriale, il graduale spostamento verso attivit ad alta intensit di conoscenza, le nuove forme di organizzazione industriale -la produzione snella, i sistemi-rete, i distretti industriali - tutto ci ha reso parzialmente obsolete le tradizionali forme fordiste di produzione e di organizzazione tipiche della grande impresa: tanto che qualcuno oggi parla di una nuova economia imprenditoriale. VERSO UNA CONCEZIONE DINAMICA DELL'IMPRESA Nella concezione neoclassica (a lungo dominante):

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a. L'impresa come scatola nera (quindi non indagabile), al di l della sua funzione di produzione; b. l'impresa agisce in un mercato perfetto, in una struttura organizzativa che assicura la performance pi elevata; c. l'impresa quindi fortemente caratterizzata a priori: ha dimensione minima compete con un alto numero di concorrenti subisce il prezzo imposto dal mercato agisce razionalmente disponendo di tutte le informazioni necessarie per essere efficienti ha uguali criteri decisionali e condizioni di scelta. L'impresa come unit di decisione economica che si adatta, al meglio, a un ambiente "dato" e immodificabile. A tale concezione sispira anche il pi consolidato filone dell'economia industriale, quello che ruota intorno al paradigma struttura - condotta - performance: la struttura che in ultima analisi determina la strategia. ~ I comportamenti di unimpresa cos concepita non avrebbero necessit di essere indagati dalla storia d'impresa, in quanto ripetitivi e scontati. La storia, invece, diviene fondamentale di fronte a una concezione dinamicostrategica dell'impresa, ovvero una caratterizzazione spazio-temporale che individua: le capacit tecnologiche e organizzative di ciascuna impresa, ovvero il suo vantaggio competitivo e il suo evolversi

WERNER SOMBART: Il capitalismo moderno (1902-1927) L'opera di Sombart lo specchio di un'epoca e di un paese: la Germania guglielmina, weimeriana e nazionalsocialista. => Essa si colloca all'incrocio di diverse tradizioni di ricerca : idealismo, positivismo, socialismo della cattedra, marxismo, nazionalismo, istituzionalismo (rinvio), sociologia, economia .
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=> Si propone uno studio sistematico del processo di formazione e di maturazione dell'economia moderna. fondendo appunto le suddette tradizioni di ricerca. => Elabora una formidabile alternativa alla visione liberale ortodossa e un superamento del sistema marxista. Sombart scrive nei primi tre decenni del '900, quando in G. giunge a compimento il processo di trasformazione del sistema di mercato in un'economia organizzata e controllata dal centro: l'economia nuova di W. Rathenau Sombart propone una spiegazione dell'evoluzione del sistema capitalistico incentrata sull'analisi dell'impresa capitalistica.

CONCETTI BASE Il capitalismo un'organizzazione economica di scambio dominata dal principio del profitto e dal razionalismo economico => il sistema capitalistico si differenzia da quelli che lo hanno preceduto perch in esso si afferma lo spirito capitalista, lo spirito di faust: lo spirito dell'irrequietezza, dell'ansia che anima ora gli uomini. => la forma economica del sistema economico capitalista l'impresa capitalistica. il suo scopo il conseguimento del profitto. il mezzo per ottenere questo scopo la stipulazione del contratto, per prestazione e controprestazioni espresse in denaro. = > Le funzioni dell'imprenditore capitalista : funzioni organizzative funzioni commerciali funzioni contabili-amministrative Mutano nell'evoluzione del sistema capitalistico gli attori economici: => all'imprenditore tradizionale dell'epoca del capitalismo liberale si va sostituendo unorganizzazione complessa caratterizzata da: distacco della funzione imprenditoriale dalla propriet progressiva specializzazione dell'attivit produttiva integrazione fra le attivit produttive e quelle finanziarie
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BERLE e G.MEANS: The Modern Corporation and Private Property (1933) L'opera di B&M, cos come quella successiva di Coase, pu essere considerata paradigmatica di un'epoca e di un paese: gli USA del decennio post-crisi, quando si compie quel processo di ristrutturazione e del sistema capitalistico e imprenditoriale definito come: Corporate reconstruction of American capitalism: - affermazione del big business, che diviene l'istituzione predominante della vita economica - questo organizzato in grandi corporations, cio societ anonime gestite da gerarchie manageriali - nel '30 le 200 maggiori corporations controllavano met della ricchezza detenuta sotto forma societaria USA - i 2.000 individui che controllavano tali societ avevano quindi nelle loro mani pi di 1/5 della ricchezza USA. - ridimensionamento del capitalismo familiare ottocentesco, un'organizzazione produttiva, in cui il proprietario degli assets, era anche gestore e direttore - questa grande trasformazione era iniziata negli ultimi decenni dell'800 nel settore delle ferrovie - tali sviluppi suscitarono forti preoccupazioni nei contemporanei che temevano la capacit degli interessi costituiti- (finanza, oligopoli, ecc.) di manipolare il mercato e di inquinare il progresso - necessit dell'intervento pubblico per regolare il mercato e difendere la concorrenza (Sherman Act), authorities ecc. B&M si situano in quel filone del pensiero socioeconomico, giuridico e politico americano chiamato istituzionalismo:esso spiega l'evoluzione della societ umana in termini di evoluzione delle sue istituzioni (mercati, imprese, leggi ecc.). E' pertanto connotato da relativismo conoscitivo. Ciascuna societ in ogni sua fase definita da istituzioni specifiche, proprie di quella fase. La S.p.A divenuta, da un lato, lo strumento mediante il quale esercitare il diritto di propriet e, dall'altro, un mezzo fondamentale di organizzare la vita economica II sistema delle societ odierne pu essere paragonato al sistema feudale del passato:

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il sistema delle s.p.a. ha reso trasferibili le quote di partecipazione dei proprietari: la ricchezza di innumerevoli individui si concentra in enormi aggregati (il big business), il cui controllo stato ceduto a poche persone.

La direzione dell'impresa risulta quindi affidata a persone diverse da quelle che hanno in essa investito, ovvero separazione fra propriet e controllo. Talvolta l'eccezionale diffusione fra il pubblico di quote azionarie (sovente centinaia di migliaia di detentori), ha fatto s che la moderna s.p.a. possa essere considerata come un'impresa "quasi pubblica" (public company). Con la separazione della propriet dal controllo gli interessi dei proprietari possono divergere da quelli di chi dirige l'impresa. Possono prosperare - tuttavia - anche grandi imprese (come negli anni '30 la Ford) che restano in mano a famiglie singole o gruppi ristretti

Ronald COASE: la natura dell'impresa (1937) Il saggio stato scritto nei primi anni Trenta, durante un soggiomo di studio dell'inglese Coase in USA. - C. osserva che milioni di piccoli azionisti (diverranno decine di milioni dopo la II guerra mondiale) possedevano grandi imprese gestite da gerarchie manageriali. - La teoria neoclassica tradizionale si mostrava inadatta a spiegare il funzionamento di queste entit complesse. L'analisi di Coase muove dal tentativo di fornire un'analisi realistica dell'impresa - Soltanto quando la dimensione concorrenziale dominante (quando il negoziare senza costi) pu aversi la soluzione efficiente predetta dalla teoria neoclassica. - Infatti, se il coordinamento dell'attivit economica viene effettuato al meglio dal meccanismo dei prezzi, perch esiste l'impresa, cio un'organizzazione coordinata come " isola di potere consapevole"? - All'esterno dell'impresa i movimenti dei prezzi dirigono la produzione, coordinata dagli scambi di mercato - All'interno dell'impresa, le transazioni di mercato sono eliminate. al posto della struttura del mercato c' l'Imprenditore (il manager) che dirige la produzione
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"E' chiaro che si tratta di metodi alternativi di coordinamento della produzione" Come spiegare questa scelta fra le due alternative? C. introduce il concetto di " costo d'impiego dei meccanismi di mercato", poi entrato familiarmente in uso con la denominazione di transaction costs

Per condurre a termine una transazione necessario: determinare con esattezza gli attori coinvolti, possedere le informazioni relative ai termini impliciti ed espliciti che ciascuno di essi sottintende, condurre le necessarie trattative, stendere i contratti, stabilire le penalit, effettuare un continuo monitoraggio per assicurare il rispetto delle condizioni; ma "il funzionamento del mercato provoca un certo costo; formando un'organizzazione e permettendo ad un'autorit (un imprenditore) di dirigere le risorse, possono essere risparmiati taluni costi di contrattazione" L'impresa, internalizzando le transazioni, pu minimizzare i loro costi, risultando cos pi efficiente del mercato. - Perch, tuttavia, se con l'organizzazione si possono eliminare taluni costi le transazioni di mercato continuano? - Perch lintera produzione non viene effettuata da una sola grande impresa? Per almeno tre motivi : 1. al crescere della scala dell'impresa possono verificarsi rendimenti decrescenti della funzione imprenditoriale 2. all'aumentare delle transazioni l'impresa non pi grado di realizzare l'ottimale allocazione delle risorse 3. perch l'impresa di piccole dimensioni pu avere " altri vantaggi" superiori a quelli di una grande impresa Un'impresa tender ad espandersi quindi fino a che i costi di organizzare una transazione in pi al suo interno non eguaglieranno i costi deffettuazione della stessa sul mercato, o i costi di organizzare unImpresa diversa Le modalit di crescita dell'impresa sono quelle della combinazione (integrazione orizzontale) o dellintegrazione, (integrazione verticale)
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EDITH T. PENROSE: L'espansione dell'impresa (1959) - La teoria della crescita dell'impresa dell'americana. Penrose risente della frequentazione dell'autrice americana dei circoli economi internazionali ed europei. - Schumpeter, inoltre, ebbe notevole influenza sulla sua opera. - La teoria ha conosciuto, in tempi recenti, un gran ritorno dinteresse, quasi un punto darrivo delle riflessioni sull'imprenditore e sull'impresa finora evocale. - Essa si distacca in maniera evidente (per quanto non polemica) dal mainstream. > L'impresa un insieme di risorse, materiali e umane, coordinate da unorganizzazione allo scopo di produrre beni e servizi da vendere sul mercato in cambio di un profitto. > Proprio il coordinamento amministrativo delle risorse segna i confini ( la Coase) dellimpresa rispetto al mercato. > Ciascuna impresa unica: ci che la rende unica l'eterogeneit dei servizi che quelle risorse possono fornire. > Le risorse costituiscono un potenziale insieme di servizi: le modalit con cui queste opportunit sono colte da ciascuna impresa, ovvero la sua crescita, derivano dalla sua specifica esperienza, dai suoi programmi e dal suo capitale umano. > Le risorse umane (manageriali) di ciascuna impresa sono fondamentali per pianificarne la crescita: esse sono il frutto dell'accumulo di competenze e di conoscenze all'interno dell'impresa e, non possono essere acquisite sul mercato > L'attuazione di un piano ottimale di crescita crea e libera al tempo stesso risorse: il suo completamento, liberando le risorse impiegate, crea uno squilibrio temporaneo. Ci rappresenta unulteriore opportunit di crescita.

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> le risorse disponibili limitano la crescita, quelle inutilizzate (comprese le tecnologiche e le imprenditoriali) stimolano e in buona parte determinano la direzione di crescita dell'impresa > La teoria della crescita dell'impresa quindi essenzialmente un'indagine sull'evolversi delle loro opportunit di produzione > esse svaniscono se l'impresa non si rende conto delle possibilit di espansione, oppure non in grado di utilizzarle. > Un'impresa, infatti, pu scegliere tra il conservare il ritmo esistente o impegnarsi per scoprire nuove opportunit: > tale decisione dipende dal suo spirito diniziativa e dalle qualit di chi svolge nell'azienda la funzione imprenditoriale. > Gli imprenditori svolgono un ruolo cruciale nell'interpretare i feedback che provengono dall'ambiente esterno > L'interazione dinamica fra ambiente esterno e risorse interne crea le occasioni per la diversificazione. > Qui emergono i limiti alla crescita dell'impresa: giocoforza che le capacit e le conoscenze del suo management pongano un limite alla sua espansione in ogni dato periodo di tempo. > L'ingresso in nuove aree produttive si scontra con la possibilit di estendere alle nuove opportunit di mercato i servizi specifici e unici dell'impresa, > Per questa ragione fondamentale che l'impresa sviluppi e protegga un suo proprio nucleo di attivit di base

ALFRED D. CHANDLER JR: Strategia e struttura (1962) l'influenza di Schumpeter negli USA si fece sentire pi sulla storia d'impresa che sull'economia teorica, ormai indirizzata per i sentieri dell'ortodossia (sintesi neoclassica) Alla Harvard Business School, S. organizz nel 1948 il Research Center for Entrepreneurial History.
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Qui si form A.D.CHANDLER, caposcuola della storia d'impresa.

- La organizational synthesis chandleriana diviene il paradigma della disciplina: l'analisi dinamica schumpeteriana si fonde con categorie della sociologia (Max Weber): => l'innovazione resta il motore del cambiamento, => il regista di tale cambiamento nella grande impresa moderna non pi l'imprenditore, bens la gerarchia manageriale: - questa individua e applica le strategie pi adatte alla crescita delle imprese e adegua al tempo stesso le strutture dellazienda (uffici, organizzazione, ecc.) a quelle strategie, - l'evoluzione dell'organizzazione dell'impresa viene seguita nel suo passaggio dalla struttura monofunzionale del capitalismo famigliare alle pi complesse forme multifunzionale (U-FORM) e multidivisionale (MFORM), le strutture gerarchico-organizzative sono indispensabili all'affermazione della grande impresa americana del '900. - L'analisi si sposta dunque al livello delle grandi corporations.

PERCORSO CHIAVE 1. analisi storica del modo in cui diverse imprese svolgono una stessa attivit o funzione (Marketing, finanza ecc.) esame della nascita ed evoluzione della struttura multidivisionale nelle 4 aziende che la adottarono negli anni '20 (duPont, G.M., Standard Oil, Sears). > la necessit di adattare la struttura burocratica all'espansione delle imprese spiega perch tale innovazione diviene il modello delle corporations USA

2.

la pianificazione e lo sviluppo dell'impresa vengono definiti una strategia: la scelta delle mete fondamentali e degli obiettivi di lungo periodo, dei criteri di azione e il tipo di allocazione delle risorse necessari a raggiungere quegli obiettivi l'organizzazione progettata e costruita per amministrare i settori di attivit e le risorse viene definita una struttura, ovvero lo schema di organizzazione attraverso il quale l'impresa viene amministrata. Esso comprende: i canali di autorit e comunicazione fra i diversi uffici e I diversi funzionari le informazioni e i dati che percorrono questi canali
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3. la tesi fondamentale che la struttura consegue alla strategia; il tipo pi complesso di struttura il risultato della concatenazione di diverse strategie: i. integrazione verticale (assunzione di nuove funzioni) ii. diversificazione (sviluppo di nuovi prodotti) => la crescita non accompagnata da adeguamenti strutturali pu portare soltanto all'inefficienza economica. => Storicamente il cambiamento di struttura non sempre ha accompagnato quello della strategia. Ci avvenuto quando i manager risultavano troppo assorbiti da attivit di routines, e adottavano tattiche difensive per difendere i propri privilegi => I costruttori di organizzazioni possono essere considerati i moderni imprenditori schumpeteriani

MICHAEL E. PORTER: Come le forze competitive modellano la strategia (1979) - Evidente influenza di Chandler sugli studiosi di strategia aziendale, riuniti intorno alla Harvard Business School. - Questi hanno contribuito in maniera decisiva a dare fondamento concettuale all'approccio strategico alfa gestione dell'impresa. - Esso caratterizzato, innanzi tutto, dall'esigenza di una riflessione globale intorno all'impresa, al fine di superare le particolarit analitiche (lo studio delle singole funzioni aziendali), tipiche del pensiero manageriale. L'accento sullefficienza dinamica dell'impresa: la capacit di rapportare scelte e comportamenti interni (quindi anche la sua organizzazione) allambiente esterno (contesto socioistituzionale, mercato, tecnologia ecc.). Il comportamento strategico sta non tanto nelle capacit dell'impresa di adattarsi a tale ambiente esterno, quanto in quelle di intervenirvi e modificarlo => la sfida per il management diviene allora quella di sviluppare una strategia competitiva in grado di valorizzare al meglio le risorse e le competenze distintive dell'azienda in modo da assicurarle un vantaggio competitivo => L'impresa non si limita ad ottimizzare il comportamento all'interno di condizioni date, allora non hanno pi senso: gli astratti obiettivi della massimizzazione della teoria neoclassica n gli approcci deterministici del tipo struttura (del settore/mercato) condotta-performance (dell'azienda).
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Porter il principale rappresentante di questo indirizzo: Strategia competitiva (1980) e Vantaggio competitivo (1985) Cinque forze influenzano la concorrenza in un settore: minaccia di nuovi entranti: dipende dalle barriere all'entrata (economie di scala, differenziazione del prodotto, fabbisogno di capitali , svantaggi di costo indipendenti dalle dimensioni, accesso ai canali di distribuzione, politiche governative) potere contrattuale di fornitori: forte (i) Se sono pochi e concentrati (ii) Se il prodotto che forniscono unico o differenziato-specialistico (iii) O non soffre la concorrenza di surrogati (iv) Se minacciano l'integrazione a valle nelle attivit del settore (v) Se il settore che acquista non un cliente importante, tale da imporre condizioni potere contrattuale degli acquirenti: forte se (i) Sono pochi e concentrati (ii) l prodotti che acquistano sono indifferenziati (iii) Rappresentano una quota notevole del prodotto finale (iv) Hanno bassi profitti e quindi sono sensibili ai prezzi (v) La qualit del prodotto acquistato non essenziale per il livello dell'output del settore che acquista, (vi) il prodotto del settore non fa risparmiare denaro all'acquirente (vi) Gli acquirenti rappresentano una possibile minaccia di integrazione a monte - minaccia dei prodotti e servizi sostituitivi: reale se non si differenzia il prodotto per qualit, marketing ecc. - manovre di posizionamento, ovvero rivalit fra concorrenti che dipende dal numero, dalla velocit di crescita del settore, dal grado di differenziazione, dal livello dei costi fissi e dei prezzi, dalle barriere all'uscita. => La formulazione della strategia avviene dopo aver valutato tali forze e i punti di forza e di debolezza dell'azienda: strategie difensive, strategie d'attacco, o strategie a lungo termine,
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=> Solo le ultime due possono spostare l'equilibrio: leadership di costo, differenziazione, localizzazione => sulla base di queste si determiner il vantaggio competitivo dell'azienda nel settore. => strumento di analisi: la catena del valore

OLIVER WILLlAMSON: Le istituzioni economiche del capitalismo: imprese mercati, rapporti contrattuali, 1986 W. appartiene all'approccio neo-istituzionalista in cui si combinano echi dell'istituzionalismo americano, della dottrina neoclassica e soprattutto della scuola behaviourista (o comportamentista: H. Simon, R.M.Cyert J.G.March). => Ma influenzato anche da sociologia, psicologia e teoria dell'organizzazione. nella teoria comportamentista, il soggetto economico pu contare solo su una "razionalit limitata" e non assoluta, che impedisce la piena comprensione della complessit del sistema e ne condiziona quindi le scelte (il contrario di quanto sostenuto nelle concettualzzazioni neoclassiche). l'impresa una coalizione di individui e gruppi con aspirazioni e esigenze diverse e con limitate capacit di fronteggiare simultaneamente tutti i problemi dellorganizzazione di cui fanno parte, le sue decisioni si attuano attraverso la contrattazione e conciliazione tra i membri che la compongono. > WiIliamson prende le mosse dalle questioni gi poste da Coase: che cos' un'impresa e perch esiste? Come Coase egli spiega l'alternativa fra gerarchie e mercati in termini di transaction costs' >II suo contributo principale sta nell'aver analizzato le condizioni in cui avvengono queste transazioni e come insorgono quindi costi relativi

L'economia dei costi di transazione studia l'intera gamma delle istituzioni del capitalismo, dallo scambio di mercato fino allorganizzazione gerarchica centralizzata, e "intera gamma delle forme miste o intermedie
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=> i costi di transazione dipendono dalla natura umana dell'uomo contrattuale il cui comportamento di basa su due principali assunzioni: 1. razionalit limitata in un contesto dominato dall'incertezza, che riconosce i limiti della facolt conoscitiva e si contrappone ad altri due livelli di razionalit : - la razionalit forte dell'economia neoclassica che prevede la massimizzazione - la razionalit debole o organica dei moderni approcci evoluzionistici o della scuola 2. opportunismo, cio perseguimento con astuzia di finalit egoistiche, ex-ante, ovvero la selezione sfavorevole intesa come diffusione di informazioni selezionate o distorte ex-posts ovvero il rischio morale inteso come promessa relativa alla condotta futura che non verr rispettata => L'ECT individua e spiega anche i fattori che determinano le differenze fra le transazioni e quindi le modalit con cui queste sono organizzate. Le transazioni richiederanno strutture di governo specializzate sia a causa delle assunzioni sul comportamento degli agenti sia in presenza: 1. di specificit delle risorse, ovvero di caratteristiche idiosincratiche nelle transazioni: investimenti, capitale umano ecc. 2. di incertezza, determinata da fattori perturbatori esogeni 3. frequenza, solo in presenza di transazioni ricorrenti sar possibile recuperare il costo delle strutture specifiche ~ L'impresa /'istituzione economica del capitalismo una struttura di governo specializzata - atta a ridurre i costi di transazione ~ ci avviene grazie alla trasformazione fondamentale della transazione da transazione anonima di mercato a transazione bilaterale

LA TEORIA EVOLUTIVA DELL' IMPRESA La teoria evolutiva, trae ispirazione soprattutto dal secondo Schumpeter, quello di Capitalismo, socialismo, democrazia,
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=> ovvero dall'analisi del capitalismo trustificato, connotato dal prevalere delle grandi imprese olgopolistiche, In cui l'attivit innovativa veniva, di fatto, integrata nella normale attivit burocratica (le routine) dell'impresa Proprio il concetto di routine alla base della costruzione teorica che di Richard Nelson e Sidney Winter (An evolutionary theory of economic change, 1982), mentre il ruolo delle innovazioni torna al centro dell'analisi

CONCETTI BASE. => le routnes sono le conoscenze tacite alla base di gran parte delle attivit dell'impresa (produzione, investimenti, ricerca ecc.) e sono il frutto delle sue passate esperienze (cio sono l' insieme di conoscenze e attivit della organizzazione dell'impresa storicamente strutturatasi). ~ Ma l'impresa pu essere ancora il luogo e il soggetto principale del mutamento tecnologico: il suo potenziale Innovativo dipende dalla capacit di rinnovare le proprie routines, mentre il suo successo come impresa innovatrice dipende dalla selezione esercitata dal mercato. => L'attivit innovativa per un fenomeno stocastico selettivo, incerto il cui ritmo dipende: 1. dalle opportunit tecnologiche del settore in cui l'impresa si trova a operare. 2. dalle capacit dell'impresa di ritardare l'imitazione dell'innovazione da parte delle imprese rivali. => Le attivit dell'impresa inoltre sono delimitate (esogenamente) da regimi tecnologici - o paradigmi tecnologici e ruotano intorno a determinate traiettorie => la tecnologia stessa ruota intorno ad alcune direttrici principali ( economie di scala o la meccanizzazione) => Ma l'Impresa soltanto uno degli attori istituzionali: ci sono anche le universit, le agenzie governative ecc. - Vi interazione tra il "gioco innovativo" e le decisioni dei giocatori, le imprese e gli altri attori istituzionali.
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- N & W riescono a unificare le due prospettive dell analisi, generalmente limitata: o ad approfondimenti relativi alle regole del gioco (ovvero alla prospettiva macroeconomica) o alle scelte dei singoli operatori (quindi alla prospettiva microeconomica). La capacit quindi di tenere presenti entrambi i livelli di analisi (imprese e contesto) consente a N & W di sviluppare una visione dinamica dell'impresa di comprendere i ruoli dell'impresa nel progresso tecnico, ad es. della R&S innovativa o imitativa

TEORIA DELL'IMPRESA E STORIA D'IMPRESA - Sempre pi ampi di settori di indagine e linee di approfondimento teorico sembrano confluire negli ultimi anni nel programma di ricerca incentrato sull'impresa evolutiva. - In questambito sono stati approfonditi concetti importanti anche per la storia d'impresa e che, anzi, hanno messo in moto un proficuo feedback fra teoria e storia d'impresa: 1. Il concetto di capabilities (potenzialit) dellimpresa appare l'elemento cruciale per differenziare le imprese le une dalle altre: le capabilities sono il risultato dell'attivit di apprendimento dell'impresa nel tempo e rappresentano il suo know-how specifico complessivo, a livello tecnologico, organizzativo, ecc]. 2. L'apprendimento, tuttavia, condizionato nel suo procedere da variabili differenti ed essenzialmente di carattere esogeno all'impresa, quindi non sempre da quest'ultima dominabili: - il contesto di rischio ed incertezza nel quale l'impresa si trova ad operare - la razionalit limitata che comunque ne condiziona le scelte
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- gli aspetti di path-dependence (ovvero di dipendenza dal percorso) connaturati a ciascun processo evolutivo: => un processo path dependent quello il cui esito finale pu essere influenzato, in maniera determinante, da eventi temporalmente remoti, anche di tipo casuale e non sistemico. Le elaborazioni concettuali prodotte in tempi recenti dalle altre scienze sociali (in particolare la sociologia e l'antropologia), hanno contribuito a far luce anche su un'altra delle fondamentali questioni affrontale dalla teoria dell'impresa e sulla quale ci si a pi riprese soffermati : ~ ovvero "impiego della dicotomia gerarchia (impresa) mercato per identificare le istituzioni al cui interno vengono organizzate le transazioni: - nel primo caso si tratta di un'organizzazione formale, burocratica che si basa sull'autorit e struttura le relazioni secondo determinate regole di condotta, - nel secondo caso in azione una mano invisibile, un'organizzazione non formale che sovrintende alle transazioni. Si osservato da pi parti, tuttavia, che tale formulazione ambigua, che impossibile tracciare dei netti margini tra un tipo e l'altro di transazione e che, soprattutto, esistono svariate forme ibride di organizzazione delle transazioni: reti di imprese, gruppi, distretti, holding.

INTRODUZIONE

Le principali linee di sviluppo della teoria dinamica dell'impresa Obiettivo produrre modelli o fatti stilizzati Nella storia d'impresa vanno verificati gli spunti teorici e le elaborazioni concettuali dell'economia 1. Si consideri ad esempio la dicotomia gerarchie-mercati di Coase e Williamson: 2. Un secondo esempio riguarda il concetto di ripartizione tra propriet e contratto dell'impresa, elaborato concettualmente da Berle c Means.

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Una recente indagine che confronta 27 paesi industrializzati impiega come soglia del controllo effettivo quella del 20% circa del capitale. La contestualizzazione appare dunque un passaggio essenziale. E' questo il compito della storia d'impresa LA STORIA D'IMPRESA E L'EVOLUZION'E DELL'AMBIENTE SOCIO CULTURALE

FATTORI CULTURALI A. B. la concezione europea dellimpresa e quella americana. atteggiamento ed etica delloccidente e delloriente nei confronti di economia e lavoro.

ETICA, IDEOLOGIA E ATTEGGIAMENTI DELLA COLLETTIVITA Aspetti etico-religiosi e ideologie hanno avuto un impatto culturale importante sulla enucleazione delle differenze dei sistemi di imprese nei contesti nazionali del mondo occidentale. Il supposto climaterio dell'economia e della imprenditorialit britannica dopo i fasti della Crystal Palace Exibition, la prima Esposizione Universale di Londra del 1851, un felice esempio di quanto i fattori culturali arricchiscano la discussione tecnico-economica.

FAMIGLIA E GENERE. influenza della normativa in materia di successione sulla strategia e la struttura delle imprese. sindrome di Buddenbrook _ il disagio incontrato dalla III generazione nel gestire l'impresa ereditata sistemi di parentela e organizzazione dell' impresa: controllo fra due economie asiatiche di recente rapida industrializzazione

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LA PRESENZA FEMMINILE NEL MONDO DEGLI AFFARI - USA e Gran Bretagna, sono i due contesti culturali nei quali si sono pi sviluppati gli studi di genere: - la costruzione e la percezione socioculturale di ci che maschile e ci che femminile (diversa da quella di sesso, nella sua comune accezione delle differenze biologiche fra uomo e donna).

IL RUOLO DELL'ISTRUZIONE L'istruzione ha una duplice influenza sull'economia: >- a livello macroeconomico. sulla crescita, perch stimola la capacita di generare tecnologia; >- a livello microeconomico, perch modernizzano la mentalit e il comportamento degli operatori. il confronto fra GB, USA e Germania, istruttivo. gli USA presentano affinit con la G. In entrambi, non come in I., le istituzioni pubbliche parteciparono attivamente alla costruzione del sistema scolastico.

L'IMPRESA E LE ISTITUZIONI LE ISTITUZIONI PUBBLICHE E LO STATO. L'azione dello stato rappresenta un formidabile terreno di confronto dialettico per l'impresa. - Istituzioni: l'insieme di attivit necessarie alla formazione di un efficiente mercato dei fattori della produzione e dei beni e dei servizi. Fondamentalmente due categorie: 1. la progressiva riduzione dei costi di transazione 2. la creazione di istituzioni L'impatto della politica istituzionale e legislativa sulla crescita dell'economia e delle imprese duraturo e continuo.
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REGNO UNITO EUROPA CQNTINENTALE USA GIAPPONE: Nel corso del XX secolo altri paesi dell'estremo oriente COREA, TAJWAN, SINGAPORE

SISTEMI FINANZIARI E FINANZA DIMPRESA I mercati dei capitali sono diversi dagli altri mercati: il denaro viene scambiato non con un altro bene o servizio immediatamente disponibile, ma contro una promessa di futuri introiti: garantire che questa promessa verr rispettata il problema principale di questi mercati, per risolvere il quale sono sorte le istituzioni finanziarie. Nella seconda met dell'800 si delineano due tipi di sistemi finanziari; 1. specializzati e market-oriented (UK e USA) 2. despecializzati e bank-oriented (Europa Continent. e Giappone) Specializzazione significa che il credito suddiviso fra banche ordinarie (che effettuano credito commerciale a breve o credito ipotecario) c banche di investimento, che effettuano credito a medio e lungo termine (> di un anno) Nei sistemi despecializzati protagonista la banca mista, che raccoglie depositi su larga scala, investe a breve, medio e lungo termine, intrattiene legami stretti con le imprese.

SISTEMI MARKET-ORIENTED a. Gran Bretagna b. Stati Uniti

SISTEMI BANK-ORIENTED a) Germania L'esperienza tedesca venne pi o meno fedelmente imitata nella Mittel Europa, in Italia, in Svizzera, in Spagna, in Svezia, per arrivare fino al Giappone.
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- Anche il sistema francese, fondato sul Credit Mobilier, pu essere considerato una forma di sistema bank-oriented. L'EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO LA LEGISLAZIONE ANTITRUST: STATI UNITI: fra il 1880 ed il 1903 i 4/5 dell'intera capacit del paese vennero interessati da processi di fusione. Nel 1909 le cento maggiori imprese controllavano pi del 22% della produzione manifatturiera americana nello stesso anno l'equivalente quota inglese controllata dalle top 100 non arrivava aI 16'%,.

GERMANIA: l'affermazione di pratiche di cooperazione fra imprese operanti in

uno stesso settore attraverso accordi di cartello fu quasi una scelta consapevole c tutelata dalla legge. - Alla tendenza tedesca possono essere accostate quelle di altri paesi ritardatari coinvolti gi a cavallo del Novecento nella seconda ondata dell'industrializzazione: - in Francia nel 1884 venne abrogata la legge napoleonica che vietava accordi sui prezzi, - in Giappone il governo Meiji aiut in svariati modi la formazione di gruppi conglomerati di imprese. - L'esperienza britannica riflette in parte invece quella americana: in entrambi i paesi la Common Law rendeva illegali le restrizioni al commercio

L'EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA GIURIDICA IN MATERIA DI BILANCI E CORPORATE GOVERNANCE L'affermazione delle societ anonime e della responsabilit limitata, e gli obblighi giuridici man mano imposti a queste nuove forme di impresa, il bilancio divenne una fonte contabile autonoma e separata per le societ di capitale.
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Nei paesi occidentali la regolamentazione in materia di bilanci aziendali assunse connotazioni precise e rigorose:

INTRODUZIONE La storia d'impresa si a lungo identificata con la storia della grande impresa. Perch? 1. innanzi tutto per ragioni pratiche. 2. Il prevalere nella storia economica e nella storia d'impresa di un approccio funzional-determinista: produzione di massa e grande impresa = sbocco inevitabile.

Negli anni Ottanta nuove linee d'indagine: i. Danno spazio alla contestualizzazione geografico-temporale ii. Hanno spostato l'enfasi sulla originalit e delle specificit di forme d'impresa diverse da quelle di modello americano.

>analisi dell'impresa giapponese e dragoni asiatici >ai distretti industriali e alle altre forme di produzione flessibile >a forme modulari, decentrate e della new economy

DIMENSIONE E PERFORMANCE DELLE IMPRESE IN PROSPETTIVA STORICA La dimensione quantitativa nella storia di impresa rimasta a lungo subordinata a quella qualitativa.

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L'evidenza empirica finora prodotta ancora limitata e non e consente di giungere a conclusioni sicure, Non sembra esserci accordo nemmeno sugli stessi criteri dimensionali per definire grande, media e piccola impresa.

Anche la valutazione delle performance risente dell'influenza del paradigma chandleriano:

CHANDLER : la grande impresa divenuta nel corso del '900 l'elemento portante dei sistemi produttivi americano e tedesco, mentre quello britannico sarebbe rimasto a lungo condizionato da un pregiudizio in favore delle operazioni su scala limitata e della conduzione personale da parte dei proprietari. Invece fusioni e integrazione verticale ed orizzontale riguarda principalmente settori specifici e modific solo parzialmente la struttura economica nel suo complesso. Quota %o delle prime cento Imprese sul prodotto netto:

1890 USA Giappone Germania Francia Italia U.K. 15 11 17 11 -

1918 22 23 17 12

1929 25 23 20 16

1938 26 25 20 -

1947 23 28 20 -

1970 33 22 30 26 20

1990 33 21 23 14 36

17

26

23

22

40

Fonte: Hannah, 1995


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Complessivamente non risulta una significativa divergenza fra le esperienze dei principali paesi occidentali Un indicatore utile la quota di occupazione assorbita da ciascuna di esse.

Quota % dell'occupazione manifatturiera nelle prime 100 imprese, nelle imprese medie e nelle piccole, 1963 Prime 100 im- Le imprese Imprese < 200 occuprese medie pati USA Giappone Germania Francia Italia Regno Unito 25 11 27 28 15 32 36 35 39 21 19 37 39 54 34 51 66 31

Fonte: Hannah, 1995

La struttura dimensionale delle imprese dipende poi dalla storia e dalla specificit del contesto istituzionale.

Dalla dinamica delle classi dimensionali delle industrie manifatturiere, le tendenze gi emerse nella tabella risultano ulteriormente evidenziate.

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% per paese degli addetti per classi dimensionali nell'industria: 1-9 Italia 1961 1981 1991 Francia 1962 1977 1990 Germania 1967 1977 1990 10-49 50-99 100499 21,5 21,0 19,2 22,9 22,3 22,0 25,2 23,5 24,1 31,6 25,6 30,0 22,1 21,2 23,1 31,1 33,6 >500 Totale

28,0 23,5 26,2 6,4 8,7 14,5 3,9 3,9 4,7

19,0 26,0 31,7 13,8 11,3 16,4 6,2 6,9 6,8 11,0 9,4 14,0 25,5 25,5 27,1 11,4 12,4

10,1 10,0 10,0 8,3 7,2 8,9 7,5 7,7 7,8 8,0 7,1 9,3 11,3 11,1 12,2 9,4 10,1

21,4 19,5 12,9 48,6 50,5 38,3 57,2 58,0 56,6 49,5 54,3 40,9 24,8 23,1 20,0 45,5 41,0

100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100
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Regno Unito 1968 11,0 1977 1990 Giappone 1967 1975 1990 Stati Uniti 1967 1977 3,8 5,8 16,4 19,1 17,6 2,5 2,9

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1987

3,7

14,7

11,1

34,5

36,0

100

Emerge la tendenza a una maggior frammentazione delle imprese dItalia e Giappone, mentre la classe delle imprese con pi di 500 addetti risulta di peso chiaramente inferiore.

DUE INDICATORI DI PERFORMANCE: LONGEVIT E REDDITIVIT Performance: concetto sfuggente e complesso, impossibile da ricondurre ad una singola definizione:

- valutazioni di carattere contabile dell'efficienza (il ROI, il ROE, il ROS ecc.); di carattere patrimoniale (current ratio, indice di leva, ecc.); oppure finanziarie (capitalizzazione di borsa, Tobin's Q, ecc.). - la capacit di ridurre i costi di transazione e di minimizzare i conflitti principale / agente. - Nell'approccio evolutivo l'enfasi sulla sopravvivenza dell'impresa. - nel management strategico la performance dipende dalla struttura del settore nel quale l'impresa opera e dalla sua capacit di interagire con esso. Scale and scope: Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna nel corso del XX secolo. 1. Negli Stati Uniti ed in Germania vi stato scarso ricambio tra le prime duecento 2. In Gran Bretagna, invece il ricambio stato molto maggiore. Per Chandler i migliori indicatori sono: longevit e sua permanenza ai vertici del sistema economico
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INDICATORI SINTETICI DELLA PERFORMANCE DI LUNGO PERIODO DELLE 100 MAGGIORI IMPRESE MONDIALI AL 1912. PROBABILIT - Sopravvivenza nelle prime 100 al 1995 19%

- Sopravvivenza e crescita di dimensione fra il 1912 e il 28% 1995 - Bancarotta o fallimento - Sopravvivenza come impresa indipendente - Cessazione FONTE. Hannah, 1999, tab. 7.1, p. 259 29% 52% 48%

Quanto all'ipotesi dell'inferiorit delle imprese britanniche rispetto a quelle di Stati Uniti e Germania, la tabella mostra un tasso di sopravvivenza per il periodo 1912-1995 pi marcato per le imprese britanniche comprese fra le prime cento che, per quello degli altri due paesi.

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Tab. 3.5

Differenziali nazionali di performance delle 100 maggiori imprese al 1912 U.S. Germania 14 59 29% 57% 43% G.B. 15 95 47% 60% 40% Altri 17 56 0 53% 18%

Ripartiz. delle imprese per se- 54 de Capitalizzazione media (mi- 90 lioni $) Permanenza nei top 100 al 17% 1995 Sopravvivenza al 1995 48%

Quota di imprese che crescono 26%

FONTE: Hannah, 1999, tab. 7.2

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REDDITIVIT La seconda linea dindagine, nel confronto della redditivit delle imprese a livello comparato, risultata finora molto pi problematica. Tab. 3.6- Tassi di redditivit (ROE) delle maggiori imprese in alcuni paesi europei

1911-13 Gran gna Francia Germania Spagna Breta- 12.8 8.3 10.7 9.7

1927-29 10.6 9.8 7.2 9.8

1953-55 8.3 5.8 3.0 10.4

1970-72 8.6 5.4 7.2 6.4

1987-89 17.6 14.4 10.5 8.5

FONTE: Carreras e Tafunell, 2004,

FORME D'IMPRESA L'impresa famigliare = retaggio del passato e come un ostacolo al funzionamento dei meccanismi di mercato, a causa di sue presunte rigidit in materia di propriet e di management.

Questa raffigurazione TRADIZIONALE dell'impresa famigliare condivisa dalla scuola chandleriana, in cui emerge la contrapposizione fra l'impresa famigliare e quella manageriale dimpronta USA, verso cui convergerebbero tutti i percorsi di crescita. 1. Temi principali: definizione, boundaries, rapporti col management
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2. Si poi cercato di spiegare il duraturo successo delle imprese famigliari in determinati contesti: es. Europa e non solo. Non ha senso dunque porre la questione dell'impresa famigliare in termini di anacronistica sopravvivenza di una forma produttiva. L'impresa famigliare va considerata come una fra le molte forme d'impresa che si pongono nel continuum di gerarchie e mercati.

LA GRANDE IMPRESA MANAGERIALE Tanto negli Usa che in Europa all'origine della grande impresa moderna vi fu la costruzione delle infrastrutture, canali e, soprattutto, reti ferroviarie.

Qualche elemento quantitativo: in Europa - in Francia la Chemin de Fer du Nord impiegava a fine secolo pi di 50.000 addetti - in UK verso il 1860, 19 societ ferroviarie capitalizzavano ciascuna in media 15 milioni di dollari, contro una media delle societ industriali di 2,5 milioni - in Prussia tra il 1850 e il 1870 pi del 75% degli investimenti totali and nel settore ferroviario in USA: il fenomeno anticipa gli sviluppi europei (maggiori dimensioni, minor frammentazione dei mercati ecc,)

2.1.

La mano visibile e il paradigma chandleriano

La grande impresa manageriale ha trovato in USA le condizioni socioeconomiche migliori per affermarsi:
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standardizzazione della produzione - principio delle parti intercambiabili = american system of manufacturing La concentrazione condusse a mano visibile" della grande impresa a sostituirsi alla mano invisibile del mercato Il coordinamento manageriale consentiva all'impresa di raggiungere il pieno sviluppo delle sue potenzialit produttive.

Due gruppi d'imprese: 1. processo di crescita interno, mediante strategie di integrazione a valle nella distribuzione e nel marketing e a monte nell' acquisizione delle materie prime 2. strategie di integrazione "esterna"

grandi investimenti in una triplice direzione: 1. produzione, 2. distribuzione 3. struttura manageriale

Strategie 1. integrazione orizzontale 2. integrazione verticale 3. diversificazione produttiva 4. espansione verso aree geograficamente lontane

Le altre forme d'impresa


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I gruppi di imprese, gli (zaibatsu e il modello asiatico

1. Lo zaibatsu giapponese Esso un grande gruppo diversificato di imprese, posseduto e controllato da ricche famiglie (come i Mitsui, i Sumimoto e i Mitsubishi) di origini mercantili.

i keiretsu si differenziavano dai precedenti zaibatsu per la maggior democrazia gestionale, la struttura manageriale e, inizialmente, per la propriet diffusa del capitale azionario. Tanto negli zaibatsu che nei keiretsu, l'aspetto della flessibilit essenziale. Nella sua forma attuale il modo di produzione giapponese strutturato in un sistema di gruppi di imprese organizzate a piramide, al centro del quale vi un'impresa nucleo attorniata da imprese collaboratrici. Grazie a questimpegno collettivo, le aziende hanno integrato l'abilit e gli sforzi degli operai al proprio potenziale organizzativo. Ci ha consentito al Giappone di essere all'avanguardia in sistemi di produzione innovativi quali il just in time, i controlli di qualit e la specializzazione flessibile 2. Il chaebol coreano Il chaebol, ricalca nelle sue linee essenziali lo zaibatsu, tranne che per il fatto che esso non pu controllare banche Grazie alla diversificazione spinta, all'aggressiva politica commerciale e agli investimenti in capacit manageriali, i chaebol hanno registrato una crescita impressionante.
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ALTRE FORME DI GRUPPI DI IMPRESE I gruppi di imprese non rappresentano una esclusiva dell' Estremo Oriente: caratterizzati da controllo famigliare, essi si ritrovano pi o meno in tutti i paesi ad industrializzazione tardiva dell'area del Pacifico, in India e in America Latina: FORME FLESSIBILI DI PRODUZIONE: RETI DI IMPRESE E DISTRETTI La specializzazione flessibile avrebbe offerto un'alternativa storica alla produzione di massa La flessibilit non una caratteristica nuova nella storia dell'industria mondiale. La specializzazione flessibile, infine, rappresenta l'aspetto pi originale e significativo dei distretti industriali. Il distretto industriale pu essere definito come una entit socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un'area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunit di persone e di una popolazione di imprese, che tendono a compenetrarsi. Gli elementi caratterizzanti del distretto: 1. La comunit di persone incorpora un sistema omogeneo di valori 2. La popolazione delle imprese funzionale alla sua specifica attivit 3. L'aspetto fondamentale delle risorse umane che l'insieme delle posizioni lavorative molto variegato, pur condividendo esse solitamente skills elevate. 4. Il mercato del distretto non un omogeneo mondo di compratori, ma flessibile e specializzato. 5. Le imprese cooperative

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Le cooperative sono associazioni autogestite e volontarie di individui che si uniscono fra di loro per soddisfare le proprie aspirazioni economiche, sociali e culturali e si fondano sui valori della responsabilit e dell'aiuto reciproco, della democrazia, dell'equit, dell'eguaglianza e della solidariet.

Fin dal primo Ottocento erano attive in Inghilterra le friendly societies. La data di inizio: la costituzione in un sobborgo di Manchester della Rochdale Equitable Pioneers Society (1844). Accanto al modello di consumo britannico, la storiografia ha identificato altri tre modelli di cooperazione in Europa, relativi a Francia, Germania e Scandinavia, USA. In Italia il movimento mosse i primi passi nel Regno di Sardegna, quando nel 1854 venne costituita a Torino la prima cooperativa di consumo. Il cammino della cooperazione ha poi avuto un avvio lento e faticoso nella seconda met dell'800, un decollo geograficamente circoscritto in et giolittiana, e, successivamente un periodo difficile durante il fascismo un boom, quantitativo e qualitativo dopo la II guerra mondiale. Alla fine del Novecento le cooperative costituivano una componente di tutto rispetto dell'economia italiana: stime ancora provvisorie indicavano una presenza di circa 160.000 imprese con circa 10 milioni di soci e un'occupazione di mezzo milione di persone

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INTRODUZIONE COME IL RAPPORTO FRA STRATEGIA E STRUTTURA DELL'IMPRESA SI EVOLUTO NEL TEMPO? Strategia: la determinazione delle mete fondamentali e degli obiettivi di lungo periodo Struttura: la progettazione, la costruzione e l'amministrazione dellorganizzazione finalizzata a mettere in atto con successo quella strategia

Per rispondere necessario analizzare gli aspetti fondamentali della governance dell'impresa La responsabilit sociale dell'impresa: l'integrazione volontaria delle problematiche sociali ed ecologiche nelle operazioni commerciali e nei rapporti delle imprese con le parti interessate. = stake-holders: 1. soci /azionisti, 2. risorse umane, 3. clienti, 4. fornitori, 5. partner finanziari, 6. stato, 7. enti locali, pubblica amministrazione, 8. comunit ed ambiente. L'impresa socialmente responsabile quella che sceglie volontariamente di rispettare determinati parametri relativi a ciascuno di questi soggetti.

L'EVOLUZIONE DELL' ORGANIZZAZIONE a) L'organizzazione della grande impresa negli Stati Uniti 1. impresa monofunzionale, tipicamente a gestione famigliare, quindi con identificazione fra il proprietario e il manager
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2. Impresa multifunzionale (U-Form), si sviluppa con la crescita delle dimensioni dell'impresa (e con il passaggio a societ di capitali)

3. Impresa multidivisionale (M form): ovvero una forma decentrata di organizzazione:

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Tab. 4.1. L'adozione della M-form nei sei paesi pi industrializzati

1932

1950

1960 43 29

1970 71 55

8 17 USA 8 GIAPPON O E 5(O) GERMANI A 6(O) FRANCIA 3 7 ITALIA 5 13(6) REGNO UNITO - dato non disponibile Fonti: Hannah, 1999, tab. 7.4; 2002, tab. 6.1; 6.2, 6.3.

1980 /3 81 58 60

1990 70 76 89

15(4) 50(40

21(5) 54(42) 66 17 48 30(2 72(74) 89 2)

per i dati in parentesi, Whittinglon eMayer,

La diffusione della struttura divisionale ha rappresentato una componente di rilievo nel processo di americanizzazione delle economie europee del secondo dopoguerra; b) Holding, reti e gruppi
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La holding (H-form) rappresenta un gruppo di imprese controllate da una societ capogruppo: -decentramento strategico ed operativo, -l'intensit dei legami. Come si spiega allora il duraturo successo di un'organizzazione (apparentemente) cos poco efficiente? La spiegazione rinvia ancora una volta a fattori esogeni all'impresa, cio alla storia e al contesto istituzionale delle singole realt nazionali:

IMPRESA E LAVORO Tre momenti qualificanti: 1. l'organizzazione del lavoro nell'impresa vittoriana, 2. il taylorismo e la produzione fordista, 3. il modello giapponese della produzione snella. a) L'organizzazione del lavoro nell'impresa ottocentesca L'industrializzazione appare inscindibilmente legata alla nascita della fabbrica e degli operai che vi lavorano. La tendenza ormai prevalente quella di fornire un quadro pi articolato, in cui emergono: a) sia gli aspetti del difficile adattamento della forza lavoro, sia b) la difficolt degli imprenditori a imporre la nuova organizzazione produttiva In generale: agli inizi del processo industriale, difficolt a reperire forza lavoro e a scalzare abitudini secolari. Compromesso fra nuove esigenze e tradizioni corporative Es: nel cotonificio il lavoro unskilled prende decisamente il sopravvento su quello specializzato. Tuttavia si mantengono alcune e1ite di lavoratori, come i filatori Il possesso del mestiere si confermava come un fondamentale principio di autoPage45of45

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rit nella gerarchia del lavoro e uno straordinario strumento di controllo sociale della fabbrica: Le norme consuetudinarie che governavano il comportamento operaio in fabbrica si trasferirono senza troppe alterazioni nelle prescrizioni ufficiali delle unioni sindacali. Il sindacato di mestiere perde efficacia a partire dalla fine dell'800 a favore di un unionismo di massa: -1889, Londra, sciopero dei portuali -in America per l'azione degli IWW (IndustriaI Workers of the World), che si rivolgeva agli immigrati -infine per l'azione imprenditoriale (taylorismo) b) taylorismo e fordismo L'ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO codificata in US dall'ing. F.W.Taylor, Principles of Scientific Management, 1911 1. La direzione dell'impresa deve raccogliere e codificare in formule e principi matematici tutte le conoscenze tacite 2. condurre una selezione scientifica dei lavoratori 3. unire scienza e operai scientificamente selezionati e addestrati 4. dividere il lavoro fra operai e direzione. LA PRODUZIONE DI MASSA ( FORDISMO) si compone di quattro elementi: 1. 2. 3. 4. taylorismo completa intercambiabilit dei pezzi Jig system (sistema di apparecchiature ausiliarie del lavoro). collegamento in sequenza delle operazioni di lavorazione e di montaggio (standardized and synchronized system)

Si giunge cos alla assembly line o catena di montaggio: la "one best way". Il sistema diede da subito risultati eccezionali, tagliando enormemente i tempi di produzione: -nel 1925 un modello T entrava sul mercato ogni 25 sec. -il costo unitario scese dai 950 $ del 1908 ai 290 del 1927 La produzione di massa implica anche un mercato di massa. -nel 1914 il salario minimo venne portato a 5 $ per la giornata di 8 ore (prima
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mediamente era di 2,4 $ per nove ore). -welfare aziendale: abitazioni, scuole, assistenza etc. Pi in generale la grande espansione americana degli anni '20 legata all'impiego del sistema di produzione di massa, fino alla crisi del '29 (crisi di sovrapproduzione).
In generale:

la grande fabbrica basata sulla linea era troppo vulnerabile la parabola del sindacato in massima parte legata proprio alla parabola della produzione di massa

iniziative di concertazione collettiva per impedire la conflittualit: big business, big labor, big goverment. Il toyotismo => ovvero l'alternativa giapponese -si basa sul "pensare all'inverso" cio ridefinire il flusso produttivo da valle a monte, muovendo dalla richiesta del mercato, quindi -fabbrica snella (lean production). -eliminazione degli sprechi: just in time e auto attivazione Il sistema venne sperimentato dall'Ingegner Ohno alla Toyota che da fabbrica insignificante nel 1983 essa giunse a produrre 3,4 milioni di veicoli con 130.000 dipendenti. Recupero di margini di discrezionalit operaia e di autonomia operativa, dominio della tecnologia, scarsa differenziazione fra attivit produttive e attivit d'ufficio. fabbrica integrata come un "tubo di cristallo" (Bonazzi, 1993); dimensioni pi ridotte, forza lavoro tecnicamente preparata, capacit di interazione con gruppo di lavoro e impianti.

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L'IMPRESA, IL PROGRESSO TECNICO E L'ATTIVITA INNOVATIVA Le questioni rilevanti: -qual la natura del progresso tecnico? -cosa determina il ritmo e il pattern dell'attivit innovativa? -perch e come le imprese innovano? L'innovazione il prodotto dell'interazione fra: processo di apprendimento la crescita della domanda la creazione di nuova conoscenza scientifica e tecnologica. 1. La natura del progresso tecnico Nella concezione neoc1assica tradizionale il progresso tecnico assume valenze casualit, discontinuit, esogeneit -che ne fanno una scatola nera. Tuttavia buona parte dello sforzo che conduce ai progressi della tecnologia viene prodotto dalle imprese. + nella new growth theory il progresso tecnico viene trattato come endogeno, in quanto risultato dell'attivit di ricerca e sviluppo delle imprese: Un contributo importante per una raffigurazione efficace e realistica del progresso tecnico viene invece offerto dalla storia -sia dell'economia che della tecnologia -che mette in risalto: a livello macro: tanto le componenti endogene quanto quelle esogene la compresenza di elementi di continuit e discontinuit; l'azione di specifici meccanismi, in grado di spiegare la direzione e il ritmo del progresso tecnico; gli aspetti di vischiosit determinati dall'azione di meccanismi di pathdependence.
A livello micro:

gli aspetti specifici, idiosincratici di imprese learning by doing e learning by using la natura irreversibile delle innovazioni, la rilevanza della appropri abilit In questo approccio evolutivo evidente, ed esplicitamente riconosciuta,
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1'influenza di Schumpeter. Nell'approccio evolutivo le caratteristiche di fondo del progresso tecnico nelle economie di mercato possono essere stilizzate come segue: a) il progresso tecnico un processo evolutivo ed incerto,i cui risultati sono il prodotto dell'interazione di diversi giocatori, le imprese, le istituzioni di formazione e ricerca e lo stato. b) Il progresso tecnico un processo cumulativo ma (a tratti) discontinuo c) il progresso tecnico irreversibile e caratterizzato da livelli diversi di appropriabilit, da conoscenze tacite non facilmente trasferibili e da path dependence. 2. Impresa. Innovazione e Ricerca e Sviluppo. Nella prima fase di sviluppo di un nuovo paradigma tecnologico un'elevata natalit di nuove imprese di piccole dimensioni In una seconda fase si precisa una pi stabile struttura oligopolistica, in cui emergono poche grandi imprese Nelle grandi imprese operanti sulla frontiera tecnologica comparvero cos i primi laboratori di RICERCA E SVILUPPO (R&S). Dal primo '900 i laboratori di R&S si sarebbero trasformati nei principali protagonisti del big business d'oltre Atlantico, attivo nei settori tecnologicamente avanzati: G.E. AT&T, Westinghouse, Eastman Kodak, Dow Chemical, Du Pont . Questo ruolo venne condiviso per altro anche dalle grandi imprese chimiche europee, fra le quali l'italiana Montecatini, (l'Istituto Donegani costituito a Novara sotto la direzione dell'ing. Giacomo Fauser).

MARKETING E RELAZIONI PUBBLICHE L'insieme di attivit che caratterizza la cruciale interconnessione fra produttore e consumatore -ovvero fra offerta e domanda pu essere genericamente raggruppata sotto il termine di marketing. Nella storia del marketing rientrano a buon diritto tanto l'evoluzione della modalit di distribuzione quanto quella delle politiche di vendita, o delle ricerche di
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mercato, o della pubblicit, o, ancora, della marca, delle politiche di prezzo, dell'analisi del comportamento del consumatore.
1. Marketing ed impresa fra teoria e storia

La History of marketing thought -una disciplina in auge nel mondo USA suggerisce quattro ere: -Nell'era I, o della fondazione (1900-1920): affermazione del marketing come specifico corso in diverse universit => la teoria analizza aspetti della distribuzione e sulle sue possibili ricadute sociali . -Nell'era II, o del consolidamento formale della disciplina > (1920-1950): create le prime associazioni professionali, riviste specializzate, Dipartimenti universitari di marketing -Nell'era III, o del cambiamento di paradigma (1950-1980): i) accentuato ricorso alle scienze quantitative e comportamentali come strumenti di conoscenza dell' atteggiamento dei consumatori, ii) sviluppo del marketing management, cio analisi del mercato per cogliere l'orientamento e i gusti dei clienti. Declinazione delle 4 P (product, price, place, promotion) conferiscono al marketing un ruolo chiave nelle strategie aziendali. L'era IV, o l'era della frammentazione (attuale): si ricollega idealmente e logicamente alla crisi del fordismo e del paradigma della produzione di massa. Nella business history. 1. La prima fase quella della frammentazione del marketing pre-1880: scarsa integrazione del mercato interno americano, caratterizzato da enormi dimensioni e da differenze climatiche ed ambientali profonde 2. La seconda fase -quella dell'unificazione -da fine secolo XIX agli anni'50 => emerge un nuovo protagonista, la marca ci che poteva essere impacchettato al momento della produzione, l poteva anche essere etichettato col suo nome: a) campagne pubblicitarie su scala nazionale b) come target un pubblico indifferenziato di consumatori.
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3. La terza fase, quella della segmentazione, fu l'esito di: i) ii) una crescita esponenziale dell'offerta dei prodotti di cambiamenti socio-culturali indotti in primo luogo dall'esplosione della pubblicit radiofonica e televisiva soddisfare le esigenze di un pubblico sempre pi differenziato

4. Quarta fase: quella della iper-segmentazione e del micro-marketing, accelerata dallo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Al di fuori del mondo anglosassone l'evoluzione del marketing ampiamente trascurata dalla storia d'impresa: qui il marketing un prodotto del dopoguerra, stimolato dalla diffusione delle pratiche manageriali americane.
2. L'eyoluzione della distribuzione

Nel primo '800 due figure cardine: i) l'agente commissionario ii) il grossista indipendente A partire dagli anni '80 nuove forme di intermediazione commerciale: -i department stores > Il profitto attraverso una rapida rotazione delle scorte era l'obiettivo principale della strategia di queste imprese. -le case di vendita per corrispondenza, l'equivalente rurale dei grandi magazzini -le catene di negozi, specializzate in prodotti di drogheria, mentre Woolworth fu pioniere nell'inaugurare nella propria catena la vendita a prezzo unico: i popolari five-and-ten-cent stores Nel '900 la discontinuit nell'evoluzione delle strutture commerciali americane fu la nascita del se1f-service, in particolare lo sviluppo dei supermarket alimentari: -Le ragioni del successo: la creazione di ambienti curati ed invitanti, la spettacolarizzazione nella presentazione dei prodotti, la suggestione di libert che i grandi spazi dell'esposizione conferivano al pubblico tendevano
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Pressoch contemporanea agli Stati Uniti fu la comparsa in Francia dei grandi magazzini: nel 1852 a Parigi il Bon March Nelle altre capitali Europee la diffusione dei grandi magazzini fu un pi lenta: ma verso gli anni '80 essi erano ormai presenti anche in Gran Bretagna, in Germania, in Svizzera, nei Paesi Bassi e in Scandinavia. In Italia a Milano nel 1877 venne inaugurato, sul modello del Bon March, il magazzino Alle citt d'Italia -per iniziativa dei fratelli Ferdinando e Luigi Bocconi: successivamente con il nome La Rinascente, ideato da Gabriele D'Annunzio, e la moderna sede di Piazza Duomo, l'azienda divenne in breve l'emblema del grande magazzino italiano. Negli anni '30 essa apr una catena di negozi a prezzo unico l'Upim (Unico Prezzo Italiano Milano), destinata ad una clientela popolare, cui arrise subito gran successo, tanto da indurre un ex manager della Rinascente a fondare nel '31 la concorrente Standa. Invece la diffusione dei supermercati in Europa fu pi lenta: la loro comparsa dovette attendere al di qua dell'Atlantico il dopoguerra, con sviluppo diverso a seconda delle leggi in vigore, e degli atteggiamenti del potere pubblico dei vari paesi. In Italia la prima iniziativa di successo si ebbe a Milano per intervento di Nelson Rockfeller: la Supermarkets italiani, che nel novembre del 1957 apriva in viale Regina Giovanna un esercizio, il primo tassello di quella che sarebbe divenuta con nome di Esselunga la pi importante catena italiana.

3. Cenni sulle origini delle relazioni pubbliche Anche la storia delle PR figlia delle peculiarit dell'economia e della societ americana: la necessit del big business di essere socialmente e culturalmente riconosciuto come legittimo interprete del sogno americano Negli Stati Uniti ricco dibattito fra diverse posizioni: 1.Per alcuni ci fu un innegabile miglioramento dell'immagine presso il pubblico del big business a inizio '900 ma scarso fu il peso dei consulenti di immagine o, in generale, dalle pubbliche relazioni. 2.Per altri il cambio di atteggiamento del pubblico andava attribuito a una sua inevitabile assuefazione all'idea che la grande impresa sia ormai divenuta una componente inevitabile della societ moderna.
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3.Altri sottolineano l'indubbio merito delle PR nel creare un maggior rispetto dell'opinione pubblica nella grande impresa La corporate reconstruction of american capitalism non fu un passaggio liscio ed indolore. Il big business comprese per tempo l'importanza della comunicazione col pubblico

L'IMPRESA PUBBLICA: ASCESA E DECLINO L'atteggiamento nei confronti dell'impresa pubblica si mostrato alquanto mutevole nel tempo Si sono susseguite fasi dascesa e caduta del ruolo dello stato nella storia moderna e contemporanea Uno sguardo d'assieme: Nel periodo fra le due guerre progressivo indebolimento dell'economia di mercato Successivo ampliamento dell'impresa pubblica, in particolare negli anni '50 Cattiva performance dell'impresa pubblica negli anni '70 e '80 Avvio del processo di privatizzazione

LO SVILUPPO DELLA IMPRESA PUBBLICA a) Diverse ragioni possono sono all'origine della scelta di nazionalizzare attivit private preesistenti o di dar vita a nuove imprese a partecipazione statale o a propriet e gestione interamente pubblica (a livello federale, statale, municipale) 1) ragioni di carattere politico-ideologico: sono alla base dei processi di collettivizzazione forzata, ma importanti anche nelle nazionalizzazioni delle economie miste occidentali => riequilibrio del potere economico a favore dei lavoratori e a sfavore dell'impresa privata; genuina democrazia industriale.
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2) ragioni di carattere sociale: garantire l'occupazione, promuovere nuove relazioni industriali, stimolare lo sviluppo della classe imprenditoriale (Giappone: governo Meiji) 3) Ragioni di carattere economico fallimenti del mercato (market failures), ovvero in caso di esternalit negative o di assenza di informazioni: il caso pi tipico quello dei monopoli naturali (servizi pubblici), che genera diseconomie per il consumatore redistribuzione del reddito e stabilizzazione del sistema economico (strumento di politica anticiclica) promozione della crescita economica in aree o settori arretrati: energia (Agip); salvataggi (IRI) b.Ambiti delle nazionalizzazioni 1) pubblici servizi (elettricit, gas e acqua, trasporti, tv, telefonia, poste etc.) 2) settori dell'energia e dell'industria di base (acciaio, petrolio, miniere, chimica di base ecc.) 3) banche e assicurazioni (banche centrali, casse di risparmio, istituti di previdenza)

C.

FASI STORICHE

1) Prima fase: fino a fine Ottocento. Le imprese pubbliche hanno carattere sporadico e sono limitate a settori strategici per la difesa (fanno eccezione le "manifatture reali" francesi). Nel secondo '800, per, affiorano le premesse pratiche e teoriche delle nazionalizzazioni 2) Seconda fase: fino alla 2 Guerra Mondiale. Le difficolt della gestione economica della grande guerra e poi gli effetti della grande depressione sono gli elementi che danno vita al primo periodo di evidente espansione dell'impresa pubblica Germania: durante la repubblica di Weimar ~ ferrovie, elettricit, telefonia, chimica, metallurgia etc; durante il nazismo progressiva militarizzazione dell'economia
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- Italia: ferrovie [1905], INA (1912); poi durante la fase dirigista: IMI, IRI, petrolio - Spagna (INI e petrolio)- Francia (petrolio e chimica. Poi durante il fronte popolare: ferrovie, - Banca di Francia (parziale),armi, aeronautica. - GB (BBC, Porto di Londra, elettricit; poi negli anni '30: linee aeree e trasporti nella regione londinese. - USA (Tennesse Valley Authority) 3) La grande stagione delle nazionalizzazioni successiva alla 2 guerra mondiale quando si costruiscono le "economie miste": influssi del keynesianesimo, della pianificazione socialista, esigenze di ricostruzione, ingresso dei socialisti e laburisti nei governati GB => le fasi pi significative si hanno durante i governi laburisti (1945-51; 1964-9, 1974-9): Banca d'Inghilterra, carbone, ferrovie, aviazione, elettricit, gas, poste, cantieristica, acciaio, automobili Francia => le due ondate di nazionalizzazione si hanno nel 1944-48 (governo socialcomunista): circa il 20% dell'industria del paese (in particolare quelle accusate di collaborazionismo, Renault)e le 4 principali banche; primi anni '80 (governo socialista, Mitterand presidente): tutto il sistema bancario, i pi importanti gruppi industriali, le telecomunicazioni Italia=> holding pubbliche: I.R.I., ENI, ENEL; Ministero delle partecipazioni statali (1956); RAI Austria (ex-propriet tedesche), Olanda, Belgio, paesi scandinavi: tutti vedono sostanziali ampliamenti della mano pubblica USA: il paese meno colpito dal fenomeno, ma il pi interessato a misure di regolamentazione dell'economia: comunque US Postal Office, Amtrak Germania e Giappone: nei paesi sconfitti gli alleati cercano di imporre un processo opposto per smantellare due sistemi economici praticamente militarizzati. Il caso Volkswagen paesi LDC, in generale forte tendenza all'espansione del settore pubblico; in Corea, Egitto, Indonesia, Sud America a gli investimenti nelle industrie pubbliche ammontavano a 1/3 circa del totale

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LE PRIVATIZZAZIONI Le privatizzazioni o de-nazionalizzazioni rappresentano un fenomeno di grande attualit. Il processo di retrocessione ai privati di attivit pubbliche prende il via nel 1979 nell'Inghilterra di M. Thatcher e poi diviene elemento fondamentale dell'ortodossia economica. Poche esperienze precedenti, ad es.: -Italia, retrocessione ai privati delle societ elettriche irizzate (anni '30). - in seguito, soprattutto Germania, (Volkswagen, 1961; Veba, 1965).

PERCH LE PRIVATIZZAZIONI?

a) Ragioni economiche: frequenti casi di government failure: -eccessiva burocratizzazione delle gerarchie manageriali -rapporto perverso principale-agente, (partiti e lobbies politiche e non pi cittadini come referenti) -fallimento dal punto di vista della gestione e della profittabilit. b) cambiamenti di politica economica: declino delle politiche economiche keynesiane c) ragioni ideologico-politiche: contrarie a quelle che ne avevano favorito l'affermazione
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=> torna la centralit dell'impresa privata e del profitto a scapito delle politiche sociali e redistributive => spesso, correlazione tra governi conservatori e fasi di accentuazione dei processi di privatizzazione. -UK: governo Thatcher -Francia: governi Chrac, Balladur e Jupp premono l'acceleratore, governi Rocard e Jospin rallentano -Argentina: maggioranza conservatrice di Menem -Ma l'Italia fa eccezione d) ragioni di finanza pubblica: le privatizzazioni sono una leva importante per ridurre il debito degli Stati e contribuiscono a comprimere il disavanzo: -minori interessi sul debito -minori sussidi alle imprese pubbliche -destinazione dei proventi a fondi di ammortamento del debito pubblico (It. e Fr.) oppure destinaz. a spese correnti (Germ.) -in generale paesi caratterizzati da elevati disavanzi pubblici tendono a privatizzare di pi.

OBIETTIVI DELLA PRIVATIZZAZIONI 1. raccogliere fondi per le finanze statali 2. promuovere l'efficienza economica 3. ridurre l'interferenza del governo nell'economia 4. stimolare la partecipazione dei cittadini al mercato borsistico 5. sviluppare il mercato nazionale dei capitali 6. fornire l'opportunit di introdurre la concorrenza 7. sottoporre le SOEs alla disciplina del mercato 3. ALCUNI FATTI STILIZZATI i) ii) iii) iv)

le privatizzazioni hanno dimezzato il peso delle imprese pubbliche sul PIL dei paesi industrializzati sono procedute con maggior lentezza nei paesi LDC l'efficienza delle imprese privatizzate in termini di produttivit e crescita aumentata di pi di quella delle imprese rimaste pubbliche la tecnica migliore per privatizzare si rivelata l'OPA, specie se accomPage57of57

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v) vi)

pagnata da forme di underpricing nella maggior parte dei casi si verificata la regola della golden share e dei vincoli all'investimento dall'estero ancora aperta resta la questione della corporate governance nelle imprese privatizzate

4. DIMENSIONE QUANTITATIVA DEL FENOMENO

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LE CONSEGUENZE DELLE PRIVATIZZAZIONI - In generale maggior efficienza e miglior performance economica delle imprese privatizzate - Tuttavia vanno fatte alcune precisazioni: ci sono non trascurabili eccezioni---> ad es. nei servizi che significato diamo al termine di performance (come gi osservato nel capitolo relativo)? Come calcolare l'impatto sull'ambiente e l'occupazione? le economie di alcuni ex-paesi socialisti, ove -dopo l'iniziale ottimismo -l'opinione pubblica ora risulta molto insoddisfatta anche in America Latina crescente sfiducia e disaffezione della popolazione nelle politiche di denazionalizzatone delle imprese. Un caveat necessario: la storia sempre stata caratterizzata dall'alternanza di fasi di estrema presenza dello stato nell'economia e da reazioni nella direzione opposta, anche se, ovviamente, la natura di tale presenza andata cambiando nel tempo.

CAPITOLO 2 L'IMPRESA INDUSTRIALE ITALIANA: I TEMI Macro-economico (prevalente fino agli anni Settanta) struttura percorsi e tipologie di industrializzazione performance Micro-economico (prevalente dopo gli anni Settanta) variet delle formule organizzative strategie dei singoli attori

Macroeconomico prevale l'attenzione sulla grande impresa (il motore della crescita) prevale una visione critica sulle tare del capitalismo italiano
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Microeconomico prevale l'attenzione sulla PMI e sull'interazione degli attori economici che ne fanno parte visione positiva sulla originalit del modello italiano

PROTAGONISTI DELL'APPROCCIO MACRO BANCA E STATO LA BANCA Banche universali (Comit, Credit) come soggetti della finanziarizzazione dell'economia italiana Fattore sostitutivo [Gerschenkronl e cruciale del decollo dell'et giolittiana. Soltanto negli anni Venti? Crisi ricorrenti e finanziamenti verso le imprese consolidate [Fohlin] Il credito speciale e la doppia intermediazione (obbligazioni garantite dallo Stato detenute dalle banche).
LO STATO

Tratto comune a tutto il Novecento attraverso forme diverse: fino agli anni Venti: commesse pubbliche (ferrovie, acciaio, armi) e tariffe protettive (acciaio, grano) dagli anni Trenta agli anni Novanta: autarchia, consorzi obbligatori per la crescita dimensionale, intervento diretto come imprenditore (l'impresa pubblica) Le imprese non si affrancano mai dalla dipendenza e i salvataggi si moltiplicano Effetto dinamico anche in presenza di uninefficiente allocazione delle risorse (Petri) Risultati ottimi negli anni Cinquanta e Sessanta Modernizzazione dei servizi, siderurgia, petrolio Risultati meno positivi dagli anni Settanta sostegno dell'occupazione, riequilibrio territoriale a scapito dell'efficienza

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UNA NUOVA PROSPETTIVA: L'APPROCCIO MICRO (ANNI '70) Cause: crisi petrolifere, difficolt della grande impresa, decentramento produtti vo, nuovo regime tecnologico Effetti: attenzione ai micro comportamenti, studio dei dettagli, del singolo caso Il ruolo della PMI nella crescita economica [Bagnasco, Becattini] Problema dimensionale dell'industria italiana [de Cecco] Capacit adattativa, flessibilit, la forma distrettuale, il made in Italy Valori condivisi, controllo sociale [Becattini] Le sorprese degli anni Settanta o una presenza di lungo periodo legata alle tradizioni artigianali? [Bellandi; Cafagna] La PMI come attore centrale della crescita economica? La tradizione manchesteriana senza bisogno di promozioni dall'alto [Cafagna] I gruppi di imprese e la questione dimensionale Il quarto capitalismo e la gerarchizzazione all'interno delle PMI [Colli; Turani] LA CAPACIT INNOVATIVA: INTERPRETAZIONI In generale l'Italia si caratterizza come scarsamente orientata all'innovazione come mostrato da molti indicatori [Vasta]

Il mix tecnologico italiano come risposta razionale alla dotazione fattoriale [Federico] La capacit innovativa viene sottostimata ma, nella realt, non cos scarsa [Colli] Settori con bassa propensione alla brevettazione La conoscenza tacita Dualismo innovativo [Malerba] Le dinamiche innovative non possono essere giudicate astraendole dai regimi tecnologici attivi a livello internazionale Le conoscenze tacite non sono esclusiva della piccola dimensione e dei settori tradizionali La realt degli indicatori (vedi cap. 6)
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IL DECLINO INDUSTRIALE Diverse visioni sulla capacit competitiva dell'industria italiana: i pessimisti, gli ottimisti, gli intermedi Scomparsa o forte ridimensionamento di alcuni settori chiave (informatica, aeronautica, chimica, automobile) [Gallino] Regresso verso una struttura da prima rivoluzione industriale [Sori] Una colonia industriale? [Gallino] Capacit creativa di ritagliarsi nuove nicchie produttive [Quadrio Curzio e Fortis] Un problema di crescita [Ciocca] Crescita accumulazione del capitale Crescita capitale umano Aumento grado di apertura Maggiore efficienza sistema finanziario La metamorfosi [Berta] La struttura dell'economia italiana nel lungo periodo Percorso tipico di un paese latecomer Predominio dell'agricoltura (1881-1951) Predominio dell'industria (1961-1971) Predominio dei servizi (1981-) Differenze persistenti con i pattern dei principali paesi sviluppati Esistenza di due fasi

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L'industria manifatturiera: localizzazione La leadership della Lombardia nel lungo periodo Spostamento del baricentro dal triangolo industriale al NEC: ascesa di Veneto ed Emilia-Romagna Andamento disomogeneo nel Sud Crescita aree contigue al NEC (Abruzzo, Molise) Contrazione delle aree pi popolate (Campania, Sicilia) Stabilit (Puglia, Sardegna) 11 peso del lavoro sommerso L'industria manifatturiera: specializzazione Distinzione fra settori leggeri e pesanti: Leggeri: minore intensit di capitale e orientamento al mercato finale Pesanti: maggiore intensit di capitale e prodotti usati come input per altri settori orientamento al mercato Ritardo nello sviluppo dei settori nuovi Soltanto nel 1961 avviene il sorpasso dei pesanti Nell'ultimo trentennio vi una sostanziale stabilit Persistenza dei settori del sistema moda

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La struttura delle imprese industriali italiane: le due fasi del Novecento

18801970: sviluppo tecnologie della Seconda rivoluzione industriale, centralit impresa fordista, allargamento matrice settoriale, convergenza rispetto ai paesi leader Crescita occupazione industriale. Ruolo propulsivo Nord Ovest triangolo industriale Lieve incremento dimensione media e crescita classe superiore 1970-: stabilit specializzazione settoriale, espansione sistemi di PMI, divergenza rispetto ai paesi leader: Contrazione occupazione industriale. Espansione nuove aree di industrializzazione (il NEC Diminuzione dimensione media ed ascesa classi minori
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2001: Una inversione di tendenza?

LA CONCENTRAZIONE INDUSTRIALE La concentrazione industriale si misura in funzione delle quote di mercato detenute dalle imprese: la struttura influisce sull'efficienza (statica e dinamica) delle imprese e dei settori. Il caso italiano ha indotto valutazioni contrastanti, in relazione: ai periodi, oggetto di studio. alle fonti (censimenti, imprese) e misure impiegate (attivo, capitale, addetti, ecc.) agli indici utilizzati (Gini, HHI, C4, gruppi)

Grande impresa e concentrazione: le interpretazioni La grande impresa monopolistica / oligopolistica permette di entrare nei nuovi settori soddisfacendone i vincoli tecnologici [Mori; Amatori; de Cecco; Petri] Monopolio e oligopolio limitano l'efficienza dinamica della struttura industriale: il mercato non cresce, le capacit innovative non aumentano [Sereni; Sylos Labini]

La distribuzione delle imprese La distribuzione delle imprese appare <<schiacciata>>, con poche grandi imprese e molte di minori dimensioni. Le difficolt di consolidamento: la quota delle prime 100 e 200 diminuisce, le prime 10 sono pi stabili La concentrazione aumenta negli anni 19271952, poi diminuisce pi rapidamente della concentrazione settoriale

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I GRUPPI Come conciliare la ridotta concentrazione con il carattere collusivo del capitalismo italiano? Come in altri paesi ritardatari (Francia, Germania, Giappone, Sud Corea), l'industria italiana si avvalsa di pratiche e strutture collusive: coalizioni, alleanze, gruppi La crescita dimensionale stata perseguita mediante strutture di gruppo
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la struttura di gruppo assicura, in assenza di un'offerta di capitali elastica alla domanda, il controllo delle imprese con un ridotto impegno finanziario. L'organizzazione delle grandi imprese in gruppi e i legami intergruppo influenzano comportamenti e strutture limitando la contendibilit dei diritti di controllo e la concorrenza sul mercato dei prodotti I legami inter-e infra-settoriali (partecipazioni incrociate, patti parasociali) possono dare luogo a : i) comportamenti collusivi che riducono l'efficienza dinamica delle imprese ii) ma anche a comportamenti cooperativi che accrescono gli investimenti

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LO STATO E LA GRANDE IMPRESA Lo Stato esercita un ruolo rilevante nelle dinamiche della grande impresa: mediante interventi indiretti in una prima fase (Terni, Ansaldo) e interventi diretti di gestione di imprese dagli anni Venti e Trenta (Agip,
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Iri, Eni, Efim) fino alle Partecipazioni statali Dagli anni Trenta una quota significativa delle prime 10 imprese italiane controllata dallo Stato Anche dopo le privatizzazioni tra le prime 10 imprese rilevante la presenza di imprese pubbliche

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CONTINUIT O TURBOLENZA? Analisi empiriche comparate evidenziano turbolenza all' interno del gruppo delle imprese di vertice (prime 200) Nel gruppo di vertice ricorrente il cambiamento dei soggetti (contro le attese la Chandler) Come si spiega? effetto determinante del cambiamento tecnologico che genera nuove opportunit di fronte a identiche sollecitazioni ambientali le imprese reagiscono in modo differenziato sulla base dell'esperienza

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LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA La persistenza della piccola impresa nel sistema industriale italiano connessa alla dotazione di fattori (lavoro/risorse): i settori leggeri Come si spiega la permanenza della piccola impresa? 1. le piccole imprese sono proprie delle fasi iniziali dei nuovi regimi tecnologici (quindi temporanee); 2. le piccole imprese dipendono da nicchie di mercato o tecnologiche che ne garantiscono la continuit Le spiegazioni alternative: Le capacit sociali dei sistemi locali di combinare in modo flessibile la produzione [Sabel e Zeitlin] Il ciclo della domanda: nella fase espansiva la piccola impresa cresce per soddisfare la domandai la concentrazione segue nella fasi di stagnazione Le opportunit tecnologiche: le grandi sviluppano le tecnologie; le piccole la variet dei beni intermedi. La persistenza delle PMI in Italia La <<piccola dimensione media delle imprese italiane mostra continuit nel tempo e pu essere spiegata in termini di vantaggio comparato La distribuzione per classi dimensionali evidenzia fasi di ascesa e declino della piccola scala in relazione ai vari regimi tecnologici: fordismo versus flessibilit
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SISTEMI DI IMPRESE E DISTRETTI INDUSTRIALI Imprese e territorio: il NEC (Nord Est-Centro): nei sistemi locali (Bagnasco) o nei distretti industriali (Becattini) la piccola impresa integrata con il territorio, la struttura sociale e le specifiche culture la specializzazione flessibile dei settori del made in Italy appare compresa, a seconda della prospettiva, tra continuit secolare e ''tempi brevi La piccola impresa passa da forma inefficiente e residuale nella golden age a forma diffusa negli anni '70: il decentramento della grande impresa per aumentare la flessibilit vis-vis una domanda pi volatile. la ristrutturazione della grande impresa produce effetti di spillover (da operai a imprenditori). I vantaggi competitivi dei sistemi locali un'alta flessibilit della produzione in presenza delle variazioni della domanda i ridotti costi delle transazioni informati, vantaggi derivanti dalla imprenditorialit diffusa l'elevata coesione sociale assicurata dalle istituzioni e dalle comunit locali (enti, partiti, sindacati) Il limite: il dinamismo tecnologico non legato agli avanzamenti della frontiera tecnologica ma dipende da conoscenze tecnologiche tacite, complesse e sistemiche.

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