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Benito Marino, History and Philosophy Teaching

IL RUOLO DELLA MEMORIA (MATERIALI E COMMENTI UTILIZZATI NELLA LEZIONE)


MOLTI INTELLETTUALI SONO DEBITORI DI BERGSON PER IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA MEMORIA NELLA VITA DI UN UOMO . GRAZIE AD ESSA UN LUOGO , UN OGGETTO , UNA PERSONA O UNA SITUAZIONE ASSUMONO UN NUOVO SIGNIFICATO . ECCO ALCUNI RIFERIMENTI CHE POSSONO SUGGERIRE QUALCHE RIFLESSIONE IN PROPOSITO.

M. Proust: Alla Ricerca del tempo perduto Da La strada di Swann, ed.. Oscar Mondadori,1973 Flannery O'Connor: Da Tutti i racconti, Il geranio, ed. Bompiani,1990 M. Rigoni Stern: Da Il bosco degli Urogalli, ed. Einaudi, 1962 S. Quasimodo: Da Ed subito sera, Vento a Tindari,ed. Mondadori,1967 F. Garca Lorca: Da Tutte le poesie, Il sangue versato, ed. Garzanti, 1982 E. Montale: Da Ossi di seppia, Cigola la carrucola del pozzo ed. Mondadori, 1996 E. Montale: Da Farfalla di Dinard, Il bello viene dopo, ed. Mondadori, 1960 G. Ungaretti: Da Allegria di naufraghi, I fiumi, ed. Mondadori, 1969

Il brano sul biscotto chiamato "maddalena" o sul t presenta alcune considerazioni generali sul valore della memoria: la memoria illumina improvvisamente un istante preciso e stabilisce corrispondenze prima invisibili. Un geranio che ogni giorno viene esposto al sole sul davanzale di una finestra di citt fa emergere nel protagonista il ricordo del suo paese, dei suoi amici, di tante avventure passate. Due fratelli ritornano dalla vecchia America al loro paese dopo quarant'anni. Alcuni particolari del paesaggio sembrano intatti e fanno rivivere scene del passato. Una gita in montagna in compagnia di amici attiva la memoria di un tempo lontano, di un altro luogo. Cos nell'animo del poeta antiche sensazioni si legano alle nuove e la vita presente si colora di una profondit prima impensata. Un evento drammatico fa riemergere la personalit di un amico, una tradizione storica e culturale, la riflessione sul valore della vita e della morte. Il passato si presenta alla memoria dell'uomo a sprazzi, deformato, per rimandi improvvisi destinati presto a sparire. Questi brevi attimi sono sufficienti per a far percepire un'immagine diversa di se stessi: la memoria contribuisce cos alla consapevolezza della vita. Il brano dalla raccolta di prosa parla della scelta di un piatto al ristorante che apre improvvisamente al poeta il ricordo della sua infanzia. Ogni cosa assume un nuovo significato, perch appartiene contemporaneamente a due mondi che vengono in reciproco contatto. L'acqua del fiume avvolge il poeta come l'onda dei ricordi: ed egli riconosce di essere costituito di tutti i luoghi che ha attraversato.

NB

Riportiamo solo il primo brano, gli altri possono essere cercati dagli alunni volenterosi, non unimpresa difficile del resto. Punti essenziali della Lezione del 19/05/2005

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Henry Bergson [1859 - 1941] Laureato in Filosofia e in Matematica. Premio Nobel 1928. Presidente della Commissione Culturale della Societ delle Nazioni dopo la 1a Guerra Mondiale. Et della Belle poque. I personaggi della politica che conta: Bismarck Napoleone III Depretis Crispi Giolitti. Clima nettamente positivistico: 1889 il primo Expo, nasce la Torre Eiffel. 1881 alla Scala di Milano la prima del balletto Excelsior, trionfo del progresso sulloscurantismo. Celebrazione dellamore universale, del lavoro umano e della scienza rivolta al bene.

Idee principali

Bergson nasce positivista e diventa antipositivista, criticando il concetto di tempo fisico, vissuto qualitativamente pi che come quantit [discontinua]. Il tempo esperienza interiore non misurabile, esperienza soggettiva. Immagine mobile delleternit direbbe Platone qualcosa che dura, indicata proprio col termine di DURATA. Siamo di fronte alla stessa difficolt di definizione di Agostino: Si nemo a me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio!(Confessioni, XI, 14). Cfr. lesempio del gomitolo o quello dellelastico1 , metafore della vita della coscienza, quale flusso continuo di stati mai disgiunti, mai spazializzati, perci il vissuto coscienziale difficile definirlo, fissarlo, afferrarlo. Unaltra metafora lascolto di un brano musicale2. La coscienza vi si prolunga dalla nota gi ascoltata alle note successive, creando la melodia. Non lartista che crea la melodia, ma la nostra coscienza che si fa melodia [Saggio sui dati immediati della Coscienza, 1889]. Anche nel rapporto mente-corpo il cervello non il luogo spaziale dove si trova il pensiero, ma lorgano dinamico che risponde in modo adattativo agli stimoli che provengono dallambiente circostante. Il rifiuto si spazializzare il tempo il rifiuto di applicare, al mondo interiore, concetti nati per descrivere il mondo esterno. La tecnica dellANALISI, usata dalla scienza, che divide loggetto in parti, non coglie loggetto per quello che veramente. LINTUIZIONE, invece, identificandosi in modo SIMPATETICO con loggetto, ci permette di comprenderlo nella sua totalit. Identificazione che solidariet 3 in quanto coglie, delloggetto conosciuto, laffinit con la coscienza che durata, flusso. Non le cose in quanto sono, ma in quanto si fanno. Soltanto lintuizione pu coglie la durata, lanalisi interrompe la durata, larresta in elementi statici e frammentari. Neppure la psicologia sperimentale positivista riesce a cogliere i fenomeni psichici, perch li riduce a fenomeni nervosi, mentre l INTROSPEZIONE ci rivela il flusso ininterrotto e qualitativo degli stati di coscienza [Materia e memoria, 1896]. Nella critica al Positivismo viene coinvolto anche levoluzionismo di Darwin [Levoluzione creatrice, 1907]. Il meccanismo biologico mosso dallo SLANCIO VITALE (lan vital) che porta la vita ad oltrepassare i limiti della materia, perch essa creazione, innovazione, imprevedibilit. Gli organismi sono pi complessi della semplice somma delle parti di cui sono composti. Il vitalismo non spiegabile del tutto con le scienze psico-biologiche n con il finalismo. La vita si giustifica da s, la sua opera creativa non condizionata da alcun finalismo. Llan vital una forza opportunista e senza principi che si adatta ad ogni possibilit di sviluppo; si lancia, per cos dire, in tutte le direzioni possibili. Molte sono le metafore anche per questo concetto: la valanga, che cadendo aumenta sempre pi, accelera continuamente e travolge ogni ostacolo sul suo cammino; i fuochi di artificio, i razzi, saettando verso l'alto con la forza travolgente del loro impulso, emulano la spinta vitale, salvo poi, esaurita la loro quota d'energia, ricadere verso il basso, spenti, amorfi, esauriti. Tutto ci vuol dire che la natura non segue leggi fisse ed immutabili, ma il risultato di unopera di creazione pura, un'invenzione che comporta lo stravolgimento continuo delle regole del gioco. Anche qua va applicato il concetto di durata. Tutto lUniverso un universo che dura. Levoluzione

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realt in movimento, dinamica senza salti da unentit isolata ad unaltra, materia e spirito sono in flusso continuo, inseparabile. Unultima annotazione riguarda limpressione individualistica o solipsistica che questo filosofo potrebbe dare, altrimenti interpretato come irrazionalista. Due concetti fondamentali fugano ogni dubbio. Essi sono approfonditi in una tarda opera [Le due fonti della morale e della religione, 1932]: libert ed amore. Cos dallesperienza interiore ci si muove verso lesperienza della vita morale, sociale e religiosa delluomo. DOCUMENTI
M. Proust, Alia ricerca dei tempo perduto, trad. di N. Ginzburg, Torino, Einaudi, 1927.

Mi sembra molto ragionevole la credenza celtica secondo cui le anime di quelli che abbiamo perduto son prigioniere entro qualche essere inferiore, una bestia, un vegetale, una cosa inanimata, perdute di fatto per noi fino al giorno, che per molti non giunge mai, che ci troviamo a passare accanto all'albero, che veniamo in possesso dell'oggetto che le tiene prigioniere. Esse trasaliscono allora, ci chiamano e non appena le abbiamo riconosciute, l'incanto rotto. Liberate da noi, hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi. Cos per il passato nostro. inutile cercare di rievocarlo, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani. Esso si nasconde all'infuori del suo campo e del suo raggio di azione in qualche oggetto materiale (nella sensazione che ci verrebbe data da quest'oggetto materiale) che noi non supponiamo. Quest'oggetto, vuole il caso che lo incontriamo prima di morire, o che non lo incontriamo. Gi da molti anni di Combray tutto ci che non era il teatro o il dramma del coricarmi non esisteva pi per me, quando in una giornata d'inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po' di t. Rifiutai dapprima, e poi, non so perch, mutai d'avviso. Ella mand a prendere una di quelle focacce pienotte e corte chiamate "maddalenine", che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d'una conchiglia. Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d'un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di t, in cui avevo inzuppato un pezzo di "maddalena". Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia tocc il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M'aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamit, la sua brevit illusoria, nel modo stesso che agisce l'amore, colmandomi d'una essenza preziosa: o meglio quest'essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Donde m'era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch'era legata al sapore del t e della focaccia, ma lo sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Donde afferrarla? Bevo un secondo sorso in cui non trovo nulla di pi che nel primo, un terzo dal qual ricevevo meno che dal secondo. tempo ch'io mi fermi, la virt della bevanda sembra diminuire. chiaro che la verit che cerco non in essa, ma in me. Essa l'ha risvegliata, ma non la conosce, e non pu che ripetere indefinitivamente, con forza sempre minore, quella stessa testimonianza che io sono incapace d'interpretare e che voglio almeno poterle donare di nuovo e ritrovare a mia disposizione intatta, fra poco, per una spiegazione decisiva. Depongo la tazza e mi rivolgo al mio animo. Tocca a esso trovare la verit. Ma come? Grave incertezza, ogni qualvolta l'animo nostro si sente sorpassato da s medesimo, quando lui, il ricercatore, al tempo stesso anche il paese tenebroso dove deve cercare e dove tutto il suo bagaglio non gli servir a nulla. Cercare? non soltanto: creare. Si trova di fronte a qualcosa che ancora non , e che esso solo pu rendere reale, poi far entrare nella sua luce. E ricomincio a domandarmi che mai potesse essere quello stato sconosciuto, che non portava con s alcuna prova logica, ma l'evidenza della sua felicit, della sua realt dinanzi alla quale ogni altra svaniva. Voglio provarmi a farlo riapparire. Indietreggio col pensiero al momento in cui ho bevuto il primo sorso di t. Ritrovo lo stesso stato, senza una nuova luce. Chiedo al mio animo ancora uno sforzo, gli chiedo di ricondurmi di nuovo la sensazione che fugge. E perch niente spezzi l'impeto con cui tenter di riafferrarla, allontano ogni ostacolo, ogni pensiero estraneo, mi difendo l'udito e l'attenzione dai rumori della stanza accanto. Ma, sentendo come l'animo mio si stanchi senza successo, lo costringo a prendersi quella distrazione che gli rifiuta-

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vo, a pensare ad altro, a ripigliar vigore prima d'un tentativo di supremo. Poi, una seconda volta, gli faccio intorno il vuoto, di nuovo gli metto di fronte il sapore ancora recente di quel primo sorso, e sento in me trasalire qualcosa che si sposta e che vorrebbe alzarsi, qualcosa che si fosse come disancorata, a una grande profondit; non so che sia, ma sale adagio adagio; sento la resistenza, e odo il rumore delle distanze traversate. Certo, ci che palpita cos in fondo a me dev'essere l'immagine, il ricordo visivo, che, legato a quel sapore, tenta di seguirlo fino a me. Ma si agita in modo troppo confuso; percepisco appena il riflesso neutro in cui si confonde l'inafferrabile turbinio dei colori smossi; ma non so distinguere la forma, n chiederle, come al solo interprete possibile, di tradurmi la testimonianza del suo contemporaneo, del suo inseparabile compagno, il sapore, chiederle di rivelarmi di quale circostanza particolare, di quale epoca del passato si tratti. Toccher mai la superficie della mia piena coscienza quel ricordo, l'attimo antico che l'attrazione d'un attimo identico venuta cos di lontano a richiamare, a commuovere, a sollevare nel pi profondo di me stesso? Non so. Adesso non sento pi nulla, s' fermato, ridisceso forse; chi sa se risalir mai dalle sue tenebre? Debbo ricominciare, chinarmi su di lui dieci volte. E ogni volta la vilt, che ci distoglie da ogni compito difficile, da ogni impresa importante, m'ha consigliato di lasciar stare, di bere il mio t pensando semplicemente ai miei fastidi di oggi, ai miei desideri di domani, che si possono ripercorrere senza fatica. E ad un tratto il ricordo m' apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di "maddalena" che la domenica mattina a Combray (giacch quel giorno non uscivo prima della messa), quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Lonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di t o di tiglio. La vista della focaccia, prima d'assaggiarla, non m'aveva ricordato niente; forse perch, avendone viste spesso, senza mangiarle, sui vassoi dei pasticcieri, la loro immagine aveva lasciato quei giorni di Combray per unirsi ad altri giorni pi recenti; forse perch di quei ricordi cos a lungo abbandonati fuori della memoria, niente sopravviveva, tutto s'era disgregato; le forme - anche quella della conchiglietta di pasta - cos grassamente sensuale sotto la sua veste a pieghe severa e devota - erano abolite, o, sonnacchiose, avevano perduto la forza d'espansione che avrebbe loro permesso di raggiungere la coscienza. Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, pi tenui ma pi vividi, pi immateriali, pi persistenti, pi fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo. E, appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di "maddalena" inzuppato nel tiglio che mi dava la zia (pur ignorando sempre e dovendo rimandare a molto pi tardi la scoperta della ragione per cui questo ricordo mi rendesse cos felice), subito la vecchia casa grigia sulla strada, nella quale era la sua stanza, si adatt come uno scenario di teatro al piccolo padiglione sul giardino, dietro di essa, costruito per i miei genitori (il lato tronco che solo avevo riveduto fin allora); e con la casa la citt, la piazza dove mi mandavano prima di colazione, le vie dove andavo in escursione dalla mattina alla sera e con tutti i tempi, le passeggiate che si facevano se il tempo era bello. E come in quel gioco in cui i Giapponesi si divertono a immergere in una scodella di porcellana piena d'acqua dei pezzetti di carta fin allora indistinti, che, appena immersi, si distendono, prendono contorno, si colorano, si differenziano, diventano fiori, case, figure umane consistenti e riconoscibili, cos ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swann, e le ninfee della Vivonne e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta Combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidit, sorto, citt e giardini, dalla mia tazza di t.

da Bergson, Introduzione alla metafisica

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Sono i famosi esempi del filo che forma un gomitolo e dell'elastico che viene teso in modo ininterrotto da una mano. Immagini che vogliono rappresentare la "durata". , se si vuole, lo svolgersi di un rotolo, perch non c' essere vivente che non si senta arrivare, a poco a poco, al termine della parte che deve recitare; e vivere consiste nell'invecchiare. Ma anche, altrettanto, un arrotolarsi continuo, come quello d'un filo su un gomitolo, poich il nostro passato ci segue, e s'ingrossa senza sosta del presente che raccoglie sul suo cammino: coscienza significa memoria. [...]. Immaginiamo allora, piuttosto un elastico infinitamente piccolo, contratto, supponendo che sia possibile, in un punto matematico. Tiriamolo progressivamente, in modo da far uscire, dal punto, una linea che vada via via allungandosi. Fissiamo quindi la nostra attenzione non sulla linea come tale, ma sull'atto che la traccia. Consideriamo che quest'atto, nonostante la sua durata, indivisibile, se si suppone che si compia senza interruzione: se vi si inframmezza un arresto, in luogo di un atto se ne avranno due, e ciascuno sar allora l'indivisibile di cui parliamo, per cui non mai l'azione movente stessa ci che divisibile, bens la linea immobile che essa lascia sotto di s come una traccia nello spazio. Liberiamoci, infine, dello spazio che sottende il movimento, per non tenere conto che non del movimento medesimo, dell'atto di tensione o di distensione, insomma, della mobilit pura: avremo, questa volta, un'immagine pi fedele del nostro svilupparsi nella durata.
H. Bergson, Introduzione alla metafisica, a cura di V. Mathieu, Laterza, Roma-Bari 1983, pp. 48-50

Ibidem

Ma che cos la coscienza, ecco altre immagini per rappresentarla: tramite, ponte Ogni coscienza anticipazione del futuro, considerate la direzione del vostro spirito in un momento qualsiasi: vedrete che esso si occupa di ci che , ma in vista soprattutto di quello che sta per essere. (...) il futuro gi qui, ci chiama, o piuttosto, ci trae a s. Questa trazione ininterrotta che ci fa andare avanti sulla strada del tempo, causa anche del nostro agire di continuo. Ogni azione uno sconfinamento nel futuro. Trattenere ci che non gi pi, anticipare ci che non ancora, ecco dunque la prima funzione della coscienza. Per essa non ci sarebbe presente, se il presente si riducesse all'Istante matematico. Questo istante non che il limite, puramente teorico, che separa il passato dal futuro; pu, a rigore, essere concepito, ma mai percepito; quando crediamo di sorprenderlo, gi lontano da noi. Ci che in realt percepiamo un certo spessore di durata che si compone di due parti: il nostro passato immediato ed il nostro futuro imminente. Poggiamo su questo passato, ci affacciamo su questo futuro. Appoggiarsi e affacciarsi in questo modo proprio di un essere cosciente. Dunque possiamo dire che la coscienza il tramite fra ci che stato e ci che sar, un ponte gettato fra il passato e il futuro".
da Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza

La durata: la si ha quando non interviene la meccanica (dell'orologio, in questo caso) che suddivide il flusso continuo in tanti istanti. Se guardo il pendolo oscillare, vedo momenti che si susseguono a momenti; se chiudo gli occhi e rientro in me stesso intuisco un continuo fluire della vita dello spirito. Cfr. la straordinaria coincidenza della tematica del continuo oscillare tra illusione e delusione, tra dolore e noia in Schopenhauer, Il mondo come volont e rappresentazione.

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[Gi vedemmo - dice Schopenhauer - la natura priva di conoscenza avere per suo intimo essere un continuo
aspirare, senza meta e senza posa, ben pi evidente ci appare questaspirazione considerando lanimale e luomo. Volere e aspirare tutta lessenza loro, affatto simile a inestinguibile sete. Ma la base dogni volere bisogno, mancanza, ossia dolore, a cui luomo vincolato dallorigine, per natura. Venendogli invece a mancare oggetti del desiderio, quando questo tolto via da un troppo facile appagamento, tremendo vuoto e noia lopprimono: cio la sua natura e il suo essere medesimo gli diventano intollerabile peso. La sua vita oscilla quindi come un pendolo, di qua e di l, tra il dolore e la noia, che sono in realt i suoi veri elementi costitutivi. ]

Quando seguo con gli occhi sul quadrante di un orologio il movimento della lancetta che corrisponde alle oscillazioni del pendolo, non misuro la durata, come potrebbe sembrare; mi limito invece a contare delle simultaneit, cosa molto diversa. Al di fuori di me, nello spazio, vi un' unica posizione della lancetta e del pendolo, in quanto non resta nulla delle posizioni passate. Dentro di me, si svolge un processo d'organizzazione o di mutua compenetrazione dei fatti di coscienza, che costituisce la vera durata. Mi rappresento ci che io chiamo le oscillazioni passate del pendolo, nello stesso tempo in cui percepisco l'oscillazione attuale, proprio perch io duro in questo modo. Sopprimiamo ora, per un istante, l'io che pensa queste cosiddette oscillazioni successive; avremo sempre una sola oscillazione del pendolo, anzi una sola posizione di questo pendolo, e quindi nessuna durata. Sopprimiamo, d'altra parte, il pendolo e le sue oscillazioni; avremo solo la durata eterogenea dell'io, senza momenti esterni gli uni agli altri, senza rapporti con il numero. Cosi, nel nostro io, vi successione senza esteriorit reciproca; al di fuori dell'io, esteriorit reciproca senza successione: esteriorit reciproca, in quanto l'oscillazione presente radicalmente distinta dalla oscillazione precedente che non pi; ma assenza di successione, in quanto la successione esiste solo per uno spettatore cosciente che ricordi il passato e giustapponga le due oscillazioni o i loro simboli in uno spazio ausiliario.
H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, a cura di P A. Rovatti, trad. it. di F Sossi, Mondadori, Milano 1986, p. 63

Ibidem

Limportanza della memoria emerge da questa citazione che analizza i diversi momenti del tempo fusi insieme a formare uninscindibile unit psichica, collegandosi per mille vie col complesso mondo interiore della coscienza. Limmagine adoperata questa volta quella di un brano musicale. Il risultato completamente diverso in un laboratorio fisico dove potremmo misurare i vari istanti con un rapporto matematico tra lunit di tempo e lo spazio percorso. Per quante volte io ripeta loperazione, il risultato sar sempre lo stesso. Non cos nella coscienza, ad ogni ripetizione del brano ho una nuova esperienza interiore qualitativamente diversa dalla prima e mai riducibile a dati quantitativi. immagine mobile delleternit direbbe Platone. La durata assolutamente pura la forma assunta dalla successione dei nostri stati di coscienza quando il nostro io si lascia vivere, quando si astiene dallo stabilire una separazione fra lo stato presente e quello anteriore. Perch ci avvenga, non ha bisogno di (...) dimenticare gli stati anteriori: basta che, ricordandosi di essi, non li giustapponga allo stato attuale come un punto ad un altro, ma che li organizzi con esso, come avviene quando ci ricordiamo le note di una melodia fuse, per cosi dire, insieme. Ma non si potrebbe dire che, sebbene queste note si succedano, noi le percepiamo comunque le une nelle altre, e che il loro insieme paragonabile a un essere vivente le cui parti, per quanto distinte, si compenetrano per l'effetto stesso della loro solidariet? La prova di ci che quando andiamo fuori misura insistendo pi del necessario su una nota della melodia, ci che avverte del nostro errore, non la sua esagerata lunghezza in quanto tale, ma il cambiamento qualitativo che in questo modo abbiamo apportato all'insieme della frase musicale. quindi possibile concepire la successione senza la distinzione come una

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compenetrazione reciproca, una solidariet, una organizzazione intima di elementi, ciascuno dei quali, pur rappresentando il tutto, pu essere distinto e isolato solo mediante un pensiero capace di astrazione.
da Bergson, Materia e memoria

Bergson, nella sua spiegazione della memoria, distingue tre termini: una memoria profonda, che la memoria vera e propria (che egli chiama il "ricordo puro"); una memoria di superficie o attuale (che chiama "ricordo-immagine") e una percezione. Tutti e tre questi termini si riferiscono a un processo unitario in cui consiste la memoria, che pu essere raffigurato con l'immagine della linea retta divisa in tre segmenti consecutivi. Si tratta di un movimento continuo che va dal rapporto del soggetto con l'oggetto esterno (la percezione), al ricordo-immagine (risvegliato dalla percezione), il quale attualizza porzioni del nostro passato contenute nella memoria vera e propria (il ricordo puro); quest'ultima un immenso serbatoio della nostra vita vissuta. La scrittura di Bergson sempre ricca di immagini. Qui si paragona l'attivit del ricordo alla messa a fuoco di una macchina fotografica, che procede, come noto, per approssimazioni successive. Se vogliamo rievocare un fatto del nostro passato, procediamo a tentoni, peschiamo nei ricordi: prima sono sfocati e generici, poi pian piano acquistano rilievo e colore; una parte di essi, allora, si staglia con la vivezza e la chiarezza della percezione davanti a noi. Con un linguaggio un po' difficile, Bergson dice che il ricordo puro la nostra memoria virtuale, cio allo stato di potenzialit, perch contiene tutto il nostro passato, ma in modo non consapevole. Abbiamo distinto tre termini, il ricordo puro, il ricordo-immagine e la percezione, nessuno dei quali, del resto, si produce, di fatto, isolatamente. La percezione non mai un semplice contatto dello spirito con l'oggetto presente; essa tutta impregnata di ricordi-immagine che la completano interpretandola. Il ricordo-immagine, a sua volta, partecipa del ricordo puro che esso comincia a materializzare, e della percezione in cui tende a incarnarsi: considerato da questo ultimo punto di vista, dovrebbe essere definito una percezione nascente. Infine, il ricordo puro, certamente indipendente di diritto, si manifesta di solito solo nella immagine colorata e viva che lo rivela.

Rappresentando questi tre termini con i segmenti consecutivi AB, BC, CD, di una stessa retta AD, si pu dire che il nostro pensiero descrive questa linea con un movimento continuo che va da A a D, e che impossibile stabilire con precisione dove finisca un termine, e dove inizi l'altro. Del resto questo ci che la coscienza constata senza fatica tutte le volte che, per analizzare la memoria, segue il movimento stesso della memoria che lavora. Si tratta di ritrovare un ricordo, di evocare un periodo della nostra storia? Noi abbiamo coscienza di un atto sui generis attraverso il quale ci stacchiamo dal presente per ricollocarci dapprima nel passato in generale, e poi in una certa regione di esso: un procedere a tentoni, per tentativi, come la messa a fuoco di una macchina fotografica. Ma il nostro ricordo resta ancora allo stato virtuale; noi ci disponiamo semplicemente a riceverlo adottando l'atteggiamento appropriato. A poco a poco esso appare

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come una nebulosit che potrebbe condensarsi; da virtuale passa allo stato attuale; e man mano che i suoi contorni si delineano e la sua superficie si colora, esso tende a imitare la percezione. Ma con le sue profonde radici rimane attaccato al passato, e se, una volta realizzato, non risentisse della sua virtualit originaria, se non fosse contemporaneamente uno stato presente e qualcosa che spezza il presente, noi non lo riconosceremmo mai come ricordo.
H. Bergson, Materia e memoria, trad. it. di E Sossi, Mondadori, Milano 1986, pp. 244-245

da Bergson, L'evoluzione creatrice

Lo slancio vitale non illimitato e non pu contare su una rigenerazione: lo slancio vitale stato dato, infatti, soltanto all'inizio dell'evoluzione creatrice e, quindi, si depotenzia e degrada a mano a mano che si attua. II tratto caratteristico dell'evoluzione creatrice l'assoluta libert, o non necessit, che qui viene definita come "contingenza". Nell'universo nulla preordinato, ma la formazione della vita totalmente affidata al caso. Si parte dall'energia originaria che esplode in mille e mille frammenti di vita, dando origine a volte a organismi, altre volte a frammenti materiali che non sono se non il segno che la vita per caso in quel punto ha arrestato la sua corsa e si bloccata. Se potessimo guardarci attorno nell'universo, potremmo considerare che noi, che abbiamo raggiunto un alto livello di organizzazione (l'uomo il culmine dell'evoluzione creatrice), avremmo potuto essere qualcos'altro: un animale, una pianta o un minerale. Tutti gli esseri sono nostri fratelli! La vita tutta, sia animale che vegetale, in quel che ha di essenziale, appare, pertanto, come uno sforzo per accumulare energia e per sprigionarla poi in canali flessibili, deformabili, all'estremit dei quali essa effettuer lavori infinitamente vari. Tale risultato, lo slancio vitale, che attraversa la materia, tende a conseguirlo tutto in un colpo; e ci riuscirebbe certamente, se la sua potenza fosse illimitata o se potesse ricevere qualche aiuto dall'esterno. Invece, esso finito, ed stato dato una volta per tutte: non pu superare tutti gli ostacoli. Il movimento a cui esso da impulso ora deviato, ora diviso, sempre contrariato, e l'evoluzione del mondo organico lo svolgimento di questa lotta. Bisogna tener conto dei regressi, degli arresti, degli accidenti di ogni genere; e, soprattutto, non dimenticare che ogni specie si comporta come se il movimento generale della vita si arrestasse a essa, invece di attraversarla: ciascuna pensa solo a se stessa, vive solo per s. Di qui le lotte senza numero di cui teatro la natura; di qui una disarmonia che colpisce e offende, ma di cui non bisogna render responsabile il principio della vita. Grande , dunque, nell'evoluzione la parte che spetta alla contingenza. Contingenti sono, nel maggior numero dei casi, le forme adottate, o, per meglio dire, inventate. Contingente, e relativa agli ostacoli incontrati in un dato luogo, in un dato momento, la dissociazione della tendenza primordiale in queste o quelle tendenze complementari, che creano linee divergenti di evoluzione. Contingenti gli arresti e i regressi; contingenti, in larga misura, gli adattamenti. Due cose soltanto sono necessarie: 1 un'accumulazione graduale di energia; 2 una canalizzazione elastica di essa in direzioni variabili e indeterminabili, all'estremit delle quali sono gli atti liberi.
H. Bergson, L'evoluzione creatrice, in id., Le opere, trad. it. di P Serini, UTET, Torino 1971, pp. 190-192

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