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Conato*,

U*^^)C.Tc

CESARI

DELL' IMPERATORE GIULIANO,

Dalla Tipografia di Commercio:

LIBRARY

OF THE
UNIVERSITY Of llMNOis

2a2UAc<fi

JZfflcrie'

trutta^ <& uruis m&claaMcL' esrtezzte ?icl^

CESARI
GIULIANO

DELL'IMPERATORE
VOLGARIZZATI ED XLLUSTHATr
DAL

CAV. COMPAGNONI,

M I L ANO
Pbssso la Societ Tipografica de* Classici Italiani
{

Fusi

Stella e Compari

1820.

La

-presente

Opera posta sotta

la tutela delle Leggi*

V EDITORE
ANTONIO FORTUNATO STELLA
AI SIGNORI ASSOCIATI
Alla Storia Universale del conte
di Segar,

e del Continuatore della medesima.

Quanto

picciola

di mole,, al-

trettanto per

r intrinseco suo pre-

gio dagli uomini intelligenti celebrata questa classica Operetta, la cjuale, scritta quindici secoli addietro, comparisce ora per la prima volta tra noi mutata la greca in Testa italiana, non tanto per che assai non conservi delle sue forme
originali.

Pu

forse

908460

non

disdirle

l'illustre

corredo di cui l'ha ornata Traduttore, che ha concepito il coraggioso pensiero di

anche

il

presentarla alF

Italia.

Di questa edizione io ne fo un dono a Voi, in pegno di mia sincera riconoscenza e spero che tanto pi vi fia grato, quanto che
;

essa destinata a Voi

soli.

Vivete

felici.
,

Milano questo giorno ai bre 1830.

otto-

ALLA ORNATISSIMA SIGNORA

ISABELLA GIGOLA
NATA

MOSCHINL
I/Non ho potuto, Madama
in
,

venire

questo

in

autunno a farvi una visita Tremezzina , siccome con grande


diletto
feci

mio

negli

anni

scorsi

molte faccende avendomi trattenuto in


citt sino al cadere di ottobre. Ma ito a Varese per rivedere F illustre mio amico , conte Dandolo ; e seco lui pi di una volta ragionando di voi , di cui dolce ragionare per chiunque ama ingegno , cortesia e virt in colta donna , mi ricordai y che in qualche occasione vi siete in addietro doluta meco di non avere mai potuto leggere i Cesari di Giuliano mperadore libro del quale molti sogliono parlare , e che pochissimi hanno letto. Non volevate voi questo libro n ^re-

8
co
y

qual egli

lo

come

alcuni dotti lo traslatarono

cos fatto

mal

ne latino , che $ acconcerebbe a femscrisse


]
:

minile modestia. Bens lo desideravate ridotto o in lingua nostra , o almeno nella francese ; ed io vi diceva , che italiano noi vidi mai , e che non mi era noto francese che per la traduzione fattane dallo Spanemio , e stam-

pata nel ventottesimo


sato secolo in
fsi

anno
;

del
la

pas-

msterdamo
5

quale

trover facilmente
nostri
librai.

in qualche

ben
il

assortita biblioteca

difficilmente per

presso

Oltre

a che

nome
lia

chiarissimo dello Spanemio^ che

gran fama tra filologi ed eruditi y metteva paura, dubitando che per le mani delicate di gentil donna , ri~ fatto da tal uomo troppo dotto, quel libro potesse per, avventura divenire alcun poco pi grave di quello che occorresse. Fortuna intanto volle che y
ani

visitando

la domestica biblioteca del conte Dandolo , e spezialmente il bel

tesoro di

libri

greci e latini

stati

in

addietro

del

comune

nostro

amico

cui , due anni le lettere , i sono , la noi ? mi cadessero sott' ocbuoni e chio le Opere di Giuliano, e con esse la bella ed accurata edizione de' Cesari che pubblic ; per le stampe di Erlanga, nel 1775, Teofilo Cristoforo Harles uomo dottissimo , ed amator grande de' buoni studii e della greca

Mattia

Butturini

di

morte priv

erudizione. Dissi

dunque
avrei

tosto fra

me,

potuto trarre facile occasione di procurarvi 1' ademtal

che da

caso
s

pimento
stro

di

nobile

desiderio

vo-

qualche ora impiegando nelF , seguire una traduzione italiana , la quale, come a voi , potrebbe riuscir grata a molte altre colte persone. E che m' abbia tenuto il proposito mio voi ne avete la prova nella intitolazione che io fo presentemente al vostro nome di questo aureo e singoiar libriccino. Io l'ho chiamato aureo e singoiar libriccino per due manifeste ragioni, &
quali non vi dispiacer udire. E primieramente dovete sapere, che, imitatore felice degli antichi scrittori greci
*
y

lo
ed innanzi Demostene
tutti di Platone e di us Giuliano come in ogni altra sua Opera anche in questa uno stile che per tutti quelli i quali sanno assaporare la lingua greca tiensi

per terso

mente

puro ed elegante, e veracon questo per , che , scrivendo, non and egli in traccia di viete parole, ne affett quell' atticismo vano che noi rassomiglieremmo per farcene una giusta idea a ribobo,

attico

li

che Botta , Angcloni , e Messeri ? sono iti a cercare col lumicino , per dare un saggio del loro criterio a noi uomini dell' ottocento parlando la lingua di F. Jacopone , o di ser Arrighetto , od altra pi vecchia, se v'ha. Nel che Giuliafiorentini
tali altri

no,
7

se mal non m'avviso, siccome in molte altre cose pi gravi , in quest ancora volle rassomigliarsi a Giulio Cesare il quale apertamente pens , che non come gli Antichi , ma come i contemporanei ragion vuole che parliamo e scriviamo perciocch, di chiun-? que si parli, o scriva, il primo pensiero
,
:

II
esser

dee

quello

eli

farsi

facilmente
nulla

intendere.

Ma non hanno
con che

a far

Cesare , n con ci cacciano dal ruolo degli scrittori perch non copiamo le anticaglie di ser Arrighetto e di F. Jacopone , con tutto che noi siamo intesi chiaramente da lutti , e per intendere gli scritti loro chi li legge abhia assai spesso bisogno di consultare il vocabolario. Del rimanente nel giudizio che dello stile di Giuliano io qui porto , contro ogni diverso chiaccherare che da taluno

certamente ne Giuliano coloro

vi venisse fatto

di udire
,

carvi mallevadore
citare
7

fra'

voglio re, molti che potrei

di

uno de pi diligenti illustratori quest' Opera e uomo di alta ripu,


,

tazione fra

dotti: dico

il

Wittenbac-

quale in una sua lettera al Runchenio espressamente confuta qerto Cresollio ? che, per dir male dello stile di Giuliano \ and a metter fuori l'autorit reverenda di un santo Padre, il quale
chio
,

il

tutt'altro pensiero

lando degli

volgeva in mente parscritti di quelF Imperadore,

la
singolare

Egli poi codesto libriccino anche tanto perch contiene il ,

giudizio di tutti i romani imperadori^ da Giulio Cesare > che fu il primo di essi , fino a Costanzo al quale Giuliano succedette quanto perch que, ,

sto giudizio T opera di principe pari

medesimi nelF altissimo grado e nella potenza e perci solo esso un monumento unico nella storia siccome giustamente stato detto dal pi grande
ai
:

scrittore del secolo diciottesimo.

in

qpest"

Opera Giuliano
storico

si

propose

d' es-

sere lo

de' suoi

predecessori

siccome nel)' ultima met del passato secolo veduto abbiamo un gran Re essersi fatto lo storico de' Principi brandeburghesi j suoi antenati ma nulf altro intese che di farne la satira: vale a dire di metterli nudi dinanzi allo specchio della verit p di toglier da essi quanto la prevenzione e 1' appariscente corredo di accessorie qualit poteva loro aver donato e d' interrogarli sulla stessa loro coscienza. Nel che fate ha poi impiegato quanto la
;

\3
finezza di sottile ingegfio, e Y acerbit
di un rigido stoicismo poteano insinuare^ scegliendo all' uopo tutti i tratti di spirito che gli suggeriva la giocondit del motteggio , e talora la gravit stessa dell' oggetto a cui i nel recondito suo pensiero , malignamente

se vuoisi

egli

mirava

ma non

per

senza un senso profondo del vero.

S'ingannerebbe per, dico Voltaire chi prendesse a giudicare degli scritti

paragone delle Opere Moderni, Vuoisi piuttosto prenderne regola da quelli de' filosofi greci , e dei dotti del suo secolo. Il che io credo essere necessario fare ogni volta che Occorra formarci retta idea di tutti gli antichi scrittori; imperciocch ebbero essi un certo mdo di vedere 9
di Giuliano col
de'

un

andamento nel ragionare, una , economia nello esprimersi, che non facilmente collimano
certo
,

certa
cogli

dir cos

abiti

nostri

in

tale

genere

di

cose.

Laonde mal farebbe


in
Classici

chi dal pre-

gio

derni

che teniamo gli scritti de' moscendesse 3 spregiare i

4
che
ci

Glassici -antichi.,

ferenza

per quella tanta difaccade, singolarmente

in certi rispetti ? di osservare tra gli uni e gli altri ; siccome farebbe anche peggio colui il quale , dando un giusto pregio agli scritti dei Classici antichi spregiasse quelli de Classici moderni.
7

Ne

da altro che dalla mancanza di questa osservazione penso essere nata quella clamorosa e vana questione
si

che

eccit cent' anni addietro fra

che a quando a quando va ancor risvegliandosi , intorno alla preferenza da darsi agli uni sopra gli altri. Furono, e saranno sempre ottimi scrittori quelli che con facilit e con gradevole senso
dotti 5 e

fan passare

nell'

animo

di

chi

li

legge

la persuasione delle
;

cose

che presero
effetto feli-

ad espone perch se tale cemente producono, che si


rentorio
di

il

fine

pe-

ogni scrittura

forza con-

che bene ordinarono il loro argomento , e convenientemente lo vestirono con parole e frasi chiare e
,

cludere

piacenti.

stassi

la

ragione

del

bel>

V ordine

nella

coerenza

de* pensieri

i5
siccome sta la scelta delle parole nella propriet o naturale 9 od artifiziale

medesime e quella delle frasi ben diretta potenza pittrice della immaginazione. Ma tutte queste cose traggono necessariamente peculiar carattere dal carattere che danno allo
delle
,

nella

scrittore lo stato del razionale sistema

dominante nel suo secolo, quello


coltura generale
>

della

il

particolare abito
,

del sentir suo.

Le

quali cose

mentre
di

distinguono

gli

scritti

de' Classici

nazione e di un singoiar tempo y da quelli de' Classici di un' altra nazione e di un altro

una

singolare

tempo

in

ispeziale

maniera

ancora
scrittoi'

distnguono
siderato

l'uno

dall'altro

classico individualmente preso, e con-

nella

stessa

nazione

nel

tempo

Del qual mio pensiero potrei aggiungere luminosa prova citando esempi d' ogni maniera. Ma per non dilungarmi oltre in un argomento che voi medesima potreste giudicare estraneo al soggetto di che debbo
stesso.

parlarvi qui

io

mi

limiter a ricor

i6
dare cosa essenzialissima per rettamente
giudicare,

come
,

tutti gli scrittori

cos

pur Giuliano

singolarmente

suoi

mai con

Cesari: ed , che non leggerassi giamsicurezza di ben pronunciarne sentenza, se non fia che ci mettiamo a livello del suo tempo, del suo carattere , del sentire che per ogni rispetto gli fu proprio. Voglio dire, che per ben apprezzare questa sua Satira de' Cesari uopo paragonare il razionale sistema dell' autore , Y avviamento del suo spirito , V immaginativa sua col carattere generale della greca letteratura, nella quale egli era eminentemente erudito , e con quello del secolo in cui viveva e non gi con quello della letteratura de' popoli moderni e perci ne credere superiori
;
:

a tutte quelle d questi le forme date

da lui a suoi pensieri , ne spregiarle perch assai diverse dalle nostre. Dalle cose che ho accennate risulta chiara la spiegazione un fatto, di che di osiamo tutto d testimoni, e che mette s spesso le persone colte in tanta

*7
merito degli scritti degli Antichi: ed , che a quelli i quali li leggono nelle lingue originali , appariscono sovranamente belli , e li veggiamo restarne ammiratori sino all'entusiasmo; e quelli che li leggono tradotti $ il pi d^le Tolte li trovano non degnissimi di
discordia di

opinioni circa

al

tanta fortuna.
il

Che

se

non

tutti

hanno
voce

coraggio di confessarlo pel giusto timore d' essere

olla
il

bersaglio

dello sdegno dei dotti e degl'ignoranti

abbastanza per manifesenso che ne traggono , abbandonandone la lettura, e per lo pi rovesciandone tutta la colpa sui tra,

egualmente
stano
il

duttori

che ? meritarono.

al

certo

non sempre
,

la

Sarebbe qui

il

luogo

Madama
3

di

mia se stimassi dovere essa apprezzarsi da voi e dagli altri pi che un lavoro fatto per semplice ricreazione mia ; ed a pura soddisfazione della curiosit voparlarvi della traduzione
stra
,

e di chi

come
$

voi

nelF erudirsi

cerca temperanza

facilit.

Ben

di-'

i8
rovvi, che essendo Giuliano riguardato in questo suo libro per uno scrittore
difficile
y

non ho mancato
i

di diligenza

pi che mi sia stato possibile, pazientemente udendo tutte le questioni che hanno fatto fin qui coloro che presero a trascriverlo , emendarlo illustrarlo ; e consul? tando uomini della greca letteratura studiosi. Potrebbe per avventura sorgere qualche valente Ellenista e dolersi che io non sia stato assai felice In intender tutto ; ma questi umanamente compatir il mio caso , e far ingenuo plauso alla mia buona volon-

per coglierne

pensieri

e al servigio che ho voluto ren, dere alle lettere italiane , riempiendo un vuoto presso le medesime che ancor restava. In quanto a quegli scioli impertinenti che, come calabroni oziosi, non fanno altro nel mondo delle lettere che susurrare , io non li tengo da tanto da meritare che si estimino giudizii. Vi diranno essi che i loro voleasi in questa traduzione pi sapor di lingua , sermone pi pretto ? locut
,

zione pi candida.
stato
se

*9 Ben meglio sarebbe


,

in questo

o in altro lavoro
;

ma i m' avessero eglino prevenuto calabroni e non fanno susurrano lavoro. Io elico intanto con grande che se ottengo che questo animo mio scritto sia letto dai pi con piae se con piacere ancora fa ricere letto da alcuni mi terr non ultimo
,
,

fra

moltissimi che inchiostran carta.


?

Incominciate voi Madama , Y esperimento nel quale con candido cuore vi prego a voler declinare da ogni prevenzione che v'abbiate a riguardo mio y poich Y affare di cui si tratta affatto estraneo e alla divozione mia verso di voi 3 e alla benignit vostra verso di me. Perciocch non isfuggir all' acuto discernimento vostro come
:

v'hanno
che
hio

al

mondo

assai ignoranti di

buon cuore, ed
in essi lo

persone apprezzano. Da Ternate sul Lago di Comahil d 28 novembre 18 19,


assai gentili

al

LETTERA SECONDA
ALLA MEDESIMA.

E,gli

si

curioso

a parer

mio

codesto libriccioo de' Cesari ; e nelle forme sue, e nelle cose che comprende egli tanto singolare , che non mi sem-

bra d'aver detto intorno al medesimo abbastanza per mojti nelle cui mani pu facilmente giungere. Perci piacciavi , Madama , che d' esso v' intrattenga ancora n dir forse tutto senza alcun vostro diletto. E che paravvi udendomi, prima di ogn' altra cosa, dichiararvi che questo componimento di Giuliano una spe:

cie di

dramma,
Atti,
facile

facile

dividersi in

cinque

quantunque per avventura


a
recitarsi?

non
ta

sia

anni

addietro

un

letteratura

nostra

Cinquangran Patrasso in pubblic certa sua


fatta

commedia
tespizio
latta a
la

aristofanesca, nel cui fron-

dichiar

per essere

tavolino.

Immaginiamoci dun-

a-

una cosa Giuliano con Nel che panni, a considerato l'uno


clie

que

gre

simile intendesse di codesti suoi Cesari, dir vero, che ben

Y altro lavoro

paragone pu farsi, dannosi traessi pienamente a quella proporzione che v e tra un grande e sapientissimo Imperatore e un Frate temerario. E non per questo poi che
il

se

giuliano non
dire

dramma

di

che tutte le par che, secondo de Greci , dovea avere

pu recitarsi egli a non abhia squisitamente


il

gusto
'.

.Presso
data nell0

Bomani

la 'satira,
.

riguar-

on tube forma drammatica, n fece intervemre Satiri, n prese Dei ed Lroi a soggetto de' suoi frizzi e mottegg..

di gua

o^^

Come
il

desimi

procedesse presso i mevedete apertamente in Ora-

Che

voluto pi, da parte in codesto proposito i Greci, e n' eccelliate per avventura il p arn y. Non voglio dire per altro con ci che
,

' oderai poi hanno meno imitare , meS si

s3
Romani non conoscessero
specie di
satira greca
:

anche una

perciocch non mettere in teatro essi pure de' Satiri a cantare e a ballare , usando certi componimenti che furono chiamati rintonici da certo Rintone di Taranto, che ne fu l'autore. Ma oltre che costui era di sangue greco , il che basterebbe a fare una eccezione nel caso , uopo dire , che tal genere non facesse grande fortuna presso le colte persone di Roma, poich non ci restata memoria di alcun Latino che vi si applicasse di proposito. Il che io

mancarono

di

penso essere pi^incipalmente stato effetto della diversit grande che fu tra la
la

romana e la greca, e tra divozione religiosa dell'una nazione e delF altra. I Romani non ischerzarono
mitologia
sui loro

mai
ai

Dei, n fecero mai fare

loro Eroi il mestier miserabile di buffoni, come fecero s spesso i Greci*


i Greci adunque fu la satira componimento di mezzo tra la tragedia e la commedia imperocch ebbe colla commedia comuni i mot-

Presso

un

&4
teggi
j

frizzi

le

arguzie
la

colla

tragedia ebbe

comune

qualit' dei

personaggi introdotti , i quali sempre furono Dei , Semidei 3 Eroi. Ed era alle

che , colf aiuto della petulante mordacit de' Satiri, essi facevano ridere la brigata. E ne amarono tanto il genere > che ora lo incorporarono colla tragedia stessa , siccome Vedesi fatto per Euripide rielF Alceste, ed ora rappresentarono codesti loro componimenti satirici negl' intermezzi
spalle
essi

delle tragedie.

Or venendo a Giuliano e a' suoi Cesari , apparisce chiarissimamente , eh egli ha afferrato nel suo soggetto Y argomento vero della satira greca. Perciocch egf introduce in iscena Dei, Semidei ed Eroi e fa venire innanzi a loro personaggi immortali di grado altissimo, quai sono g Imperadori romani che il precedettero il che parte della tragedia. Indi introduce nella persona di Sileno il Satiro e per mezza suo compisce Y oggetto dell' antica commedia , che il mordere e beffeggiare \
7

a5
eccitando

con

tal

modo

il

riso.

Cori

questi elementi ha poi egli ingegnosa-

mente

fissata

un' azione sola

l'

ha

luogo e tempo ; e la fa camminare per varii incidenti, che movendola ne accrescono Finteresse. Tale si Y intervento di Ales* sandro , che viene a prendere tanto risalto entrando , quantunque estraneo, in competenza coi Cesari, che sono i soli i quali da principio doveano aver
determinata a
certo

parte al convito.

Ne meno

bella la esecuzione di que-

sto suo disegno, e

conforme

alle regole.

Incominciasi in fatti con un Prologo, nel quale si annunzia la favola che vuoisi rappresentare e l'autorit che

ne
l'

fa certi dell' azione


,

di -Mercurio

il

che quella quale Y ha riferita al:

autore.

Poi s'alza
Quirino

il

sipario, e principia

la

rappresentazione.

per

celebrare
gli

Saturnali
i

ha invitato a convito sari. Sono assegnati


altri
i

Dei e
uni

Ce-

agli

e agli

loro posti. Sileno,

personaggio

assai

attivo

nella favola^

si

pone ac-

canto a Bacco. L' ingegno d'entrambi gi disposto a dar moto alle cose che seguiranno. Questo potete chiaftiaro l'Atto primo.

Entrano ad uno ad
Sileno
li

tino
i

Cesari.

per dire sopra ciascuno di loro liberamente ci che ne pensa. La rivista che se ne fa appartiene al fondo dell' argomento propostosi da Giuliano. Vedremo iri appresso con dhe finezza e verit; Intanto Ercole chiede che coi Cesari ammessi, venga ammesso sinch Alessandro* Non vi si oppone Quirino Alessandro entra. Si naturalmente eccitati a vedere gli effetti di questa inattento
:

squadra

troduzione
Gli
dita

1'

autre ha mancato di

renderli sensibili. Eccovi V Atto secondo.

Eroi vengono alla prova banda Mercurio. I principali esponin contraddittorio


i

gono

titoli pe'

quali

ciascuno crede a s dovuto il primato Noi lo diremo l'Atto terzo. Gli Dei vogliono una prova pi
severa.

Entrano nell'esame individuale

della condotta degli Eroi

domandando
operare,

a ciascuno de' contendenti le intenzioni


e
i

fini

avuti

nel

loro

Gli Eroi
parsi

danno conto
di

di s ? e cercano

di giustificarsi. Sileno

non

lascia scapi

l'occasione
sar
?

pungerne

pi,
Atte

Che
Gli

questo

se

non

1'

quarto

danno la loro sentenza; Mercurio la pubblica. Contegno che tengono gli Eroi. Compimento dell' aDei
?ione.
1'

E qui avete evidentissimamente Atto quinto Nissuno argomento , sia di tragedia^


di satira, di tanta gravit, nobilt,

sia

dignit

fu

mai immaginato da umano

ingegno. Qui veggonsi quarantasette Imperadori romani accumulanti nomi i pi


nptabili nella storia; e

con

essi

vedesi

queir Alessandro che per le altissime imprese sue divent il modello di quei pochi gr&ndi uomini i quali per valor guerriero cercarono poscia d' ottenere colla potenza Y ammirazione de'popoli,

questi tutti, stati padroni del

monda %

23
stanno
in cospetto degli Dei, e posti
il

sono sotto

loro giudizio.

veggonsi essi rappresentati? Ne T altezza del grado , n la grandezza delle gesta di molti ; n prevenzione alcuna fa che non li veggiamo quali non diminuite le furono veramente virt in quelli che n' ebbero , non dissimulati i vizii di ciascheduno. Non voleavi per avventura che un imperadore per tanto ardita impresa. Ma questo Imperadore ha saputo usare
:

E come

di

grande libert
i

e nel

medesimo
:

e questo Cesiu di Giuliano un lavoro ammirabile ed unico nel suo genere. Per convenire della verit e giustizia usata da Giuliano nel rappresentarci i suoi Eroi, d' uopo discendere ad un minuto esame della storia j sostenuto da quel criterio col quale essa va considerata. Io prendo a fare questo esame colla maggiore brevit che mi sia possibile. Di Cesare il primo ch'esce in iscena, e la vien notata la somma ambizione

tempo

essere veritiero e giusto

ci che rende

a9
espresse egli
lere
ciol

medesimo quando disse vopiuttosto essere il primo di un pica'

borgo

pie delle Alpi, che


e

il

secon-

do

in

Roma;

come nell'ambizione sua


il

fosse risoluto, abbastanza

manifest

uscendo di casa il d in cui 3 tenevansi i comizii per nominare al pontificato disse a sua madre che
,

quando

non
Il

sarebbe

ritornato

se

non

fatto

pontefice massimo.

mutabile e doppio ingegno di spirito calcoil freddo suo latore , la furberia , che nelle favorevoli circostanze nelle quali si trov, gli stette in luogo del valor militare che non aveva , sono cose direttamente, o indirettamente notate da tutti quelli che parlarono di lui e singolarmente emergono dalla considerazione della intera sua condotta.

Augusto,

I^ vi sar poi chi chiami ingiusto Giuliano per ci che dice di Tiberio, di Caligola , di Claudio , di Nerone. Cacciato il primo ag' infami luoghi di Capri , fatta ragione di alcune belle qualit di' egli ebbe ; il secondo e il

3o
quarto sona dati al Tartaro e a Oocito per le loro atroci empiet; ai quali se il terzo non dato manifestamente, forse ci in grazia della sua buona fede e della naturai debolezza
dell'

apimo
ai
j

suo.
clie Claudio non come Vindice, Galba non potevano rima-

Ma
rimane Ottone

egli chiaro

convito,

Vitellip

nervi: bestie, secondo che dice Sileno,

non risparmiarono neppure i templi degli Dei. N al certo l'ingressa di Galba in Roma il tiene troppo diverso dagli altri tre. E noto che Vespasiano fu il solo come dice Tacito, tra tutti quelli che prima di lui regnarono , a mutarsi in ineglio ma cui non nota V avarizia sua , della quale nissuno ha potuto veramente dare pi viva idea di quella che qui ne d Giove , come sommo fra gii Dei , cos veggente tutto quanto
le quali
;

, e come . sordido vizio in e con peggiore in regnante esso qual fortuna sperare presso gli Dei , che sono libralissimi ? po
piai
tutti
;
:

m
Giove steso che abbandona il troppo dagli uomini esaltato Tito in braccio
alle volgari lascivie
,

e caccia

il

feroce
lode
questi

Domiziano

iti

catene.
al
;

Splendida data a Nerva


jii

contrario

la

del cui breve imperio,


j

torto

redarguito Giove
;

ha bisogno
direbbesi
fosse

di scolparsi
egli
:

e
?

forse

non
se

farlo

felicemente

uom mortale
d'

che v una
e

su-

prema ragione
letto capace
la

delle cose, ov'

intel-*
,

accoglierla

sentirla

comanda ggno alcuno pu


quale

certi giudizii;

in-

sottrarsene.

Cos
ria le
gli

grandi furono e piene di glo-

imprese di Traiano , e starinobene sulle spalle que suoi trofei ma due infami vizii il disonorarono agli occhi della ragione uno che qui Sileno indica abbastanza perch non s'&bbia per noi bisogno di dichiararlo di pi V altro Y ebriet che vien notata ?
;
;
;

in altro luogo,

E come poi non ben tratteggiato Adriano ? L' aspetto severo che gli si d, indica alcune qualit di regnante

che

gli furon proprie ; ma gli fu propria certa curiosit d'ogni cosa lontana

dalle convenienze del grado

il

amor per

la

musica dimostra
;

la

suo sua

effeminatezza il meditare secrete cose che non debbonsi sapere dal volgo *lp accusa di cercare nella posizione
degli astri l'annunzio degli avvenimenti,

maga il rimedio a cose che vogliono cagioni pi proporzionate e certe. Sileno lo chiama Solista per dimostrare come avvil il carattere di signor del mondo intromettendosi in questioni che debbon lasciarsi alla
e nella
vanit
de'

disputatori.

quell' atto

suo di

Finalmente andare alzando


giusta la

a
gli

occhi

al

cielo

vten

rimem-

branza de suoi delirii per Antinoo. Antonino Pio govern la Repubblica con temperanza e giustizia. Ma Faustina la maggire , abbastanza giustifica T eccezione di Giuliano che con tal donna mal di l' idea s' accoppia continenza ne' piaceri di Venere e la giustificherebbe di pi l'espressione di Capitolino 7 ove dice ? che Repentino;
:

33
prefetto
satire

molte motteggiato perch ottenuta avea


del Pretorio
,

fu

con

per la protezione della concubina dell' Imperadore, se questa, siccome pare per ogni buona ragione, fu altra donna distinta da Faustina. Del resto anche l'Abbreviatore di Dione osserv f che mentre Antonino Pio govern bene i fu troppo minuto nelle cose: il che miseria d'animo in tutti; .somma in un imperadore. Di Lucio Vero non restata onestissima fama, perciocch si detto del molto amor suo per la volutt. Forse giovent cortigiani ed Asia il travolsero pi che animo naturalmente intemperante. Forse la niima influenza de' suoi vizii, atteso che presto fu tolto a' mortali , fece che Giuliano s' astenesse dal notarlo , come potrebbesi da taluni pensare che per amore di verit dovesse aver fatto. Qualche cosa per
la prefettura
,

fa egli traspirare di tale giusto giudizio

nella

eccezione
Aurelio.
,

che

fa

Marco
cjuesto

Ed

in

parlando proposito

di
di

sebbene dica alte cose ; sicch

34
iotine
il

rappresenti dagli Dei preferito

ove

gli

Eroi vengono a

prova

non

dissimula la debolezza di lui per Fatte stina, sua moglie; e fa che con quelle
ragioni

che

pu

si

giustificl

sulla

successione lasciata al figlio. Un complesso di virt non ancora veduto in


si vide in Marco Aurelio ? poteva fondatamente far dire, ch'egli ebbe qualit s eminenti e tante ? che non ci si dato tempo di pensare ai suoi difetti , n vuol ragione che si ponga in dimenticanza, che finalmente egli fu uomo. Profondo senso poi di umanit e di giustizia panni quello per cui s ipduce Sileno a lasciar Commodo senza rimbrotti: bastante essendo lo stato di avvilimento in cui ci viene rappresentato a e la pena di non aver posto al convito e di non seguire gli altri Eroi e spezialmente suo padre.
,

im imperadore quale

Nella serie de' Cesari bello


di Pertinace; e
^

il

nome
storiai

fa

piet
lui
\

nella

r immaturo fato di anche funesto fato TSfel miserando caso

che riputossi della Repubblica pa gli vien dato

^5
confort che non ebbero tutti; ed ma non Nemesi stessa che glielo d
;

manca giustizia se Pertinace avea dato Un cattivo esempio.


,

Ha

la

virt

suoi eccessi: e Sileno

accenna quelli di Severo , fiero $ inesorabile con Pescenriio Negro e con Clodio Albino , suoi rivali , e coi pi
distinti

Romani
Geta

di

cui fece

spietata
,
t

strage.

rior

lasci

macchie

cadde vittima del

del furore atroce fratello. Parricida, incestuoso , perfido^ uccisore di Papiniano e di venti mila

uomini
giorno
tutti
i

fatti

mostro

scannar tutti in un sol che chiudeva in s


di

vizii di Caligola,

Commodo

e di Caracalla^ era

Nerone ? di ben dey

gno dell' inferno. Macrino avea assassinato Caracalla


suo
;

imperadore e benefattor suo e con questo delitto avendo usurpato il trono con non meno abbonane v ole vilt lo abbandon, fuggendo lungi mentre si combatteva per lui contro
,

Eliogabalo.

perio

E costui, conseguito l'imqual csa fece degna di uh impe-

36
radore? o quai
d'
vizii
?
1'

non ebbe indegnissimi


L'altezza
sola

uomo
gli

privato

del

grado

diede

onore

d'

essere asso-

migliato a SardanapalOj

il quale abbandonato ad ogni genere di piaceri pur seppe dar mano alle armi quando si
,

vide in pericolo
tolse
le forze
?

e se superstizione gli

quella

non

gli

tolse

per cui pot salvarsi dalle mani dei suoi nemici. Giuliano si contentato di dire , che Macrino ed Eliogabalo furono cacciati lontani dalle sacre chiostra del Cielo. Egli ha con somma finezza d' ingegno lasciato a indovinare pi della pena a cui ciascuno di il essi pot venire abbandonato. Lampridio ci dice 3 che Alessandro Severo abborriva d'essere detto Siro, volendo egli passar per Romano. Lo dicono g' interpreti chiamato Siro o perch fu oriondo di rea, citt della Siria 5 o perch soggiornava in Antioo perch fu chia , capitale della Siria
,

Cristiano

ed amico de' Cristiani , dai Greci di que' tempi comunemente chiamati Sirli. Giuliano, conservandogli l'ori-

37 denominazione viene a pizzicarne pi vivamente la vanit. Dicendo poi Erodiano , che d' imperadore colui non ebbe se non se il titolo e e che tutto il potere e F- apparenza , fu nelle mani eli donne > il governo vuole indicare Giulia Mammea ] sua
ginaria

madre

e
,

Giulia

Mammea

morta
tutto
,

Mesa Mesa

sua
fu
il

avola.
la

sola

arbitra di

e tenne

figliuolo

in perpetua tutela. Essa

g'

imped di

dar battaglia a Persiani , preferendo F ignominia del figlio e dell' Impero al pericolo della sua fortuna ; essa il
costrinse a moltiplicare le imposte , famosa per F insaziabile cupidigia dell' oro , e sordida a segno , che F obbligava a mangiar vivande rimaste ia tavola ne giorni antecedenti, ancorch mezzo guaste. Quelli che , sulla fede di qualche medaglia in cui essa chiamata madre de' soldati, hanno creduto eh' ella tirasse a s il denaro del tesoro pubblico per farne largizioni ai soldati , sono smentiti apertamente dalla rivolta per la quale
?

38
ed essa restarono truciche quando , Alessandro seppe la cospirazione tramatagli cpntro, diede in pianti e querele per destar compassione di s ne'

suo

figliuolo

dati.

Erodiano racconta

congiurati 5 e

salvare, inve

cagione della
anni
;

quando vide non potersi contro la madre, come sua ruina. Avea ventinove

alla condotta tenuta giustapoteva chiamarsi ragazzone. Cos mente per disprezzo il chiamo anche Massimino , suo uccisore e successore. Giuliano passato sopra a questo Massimino , sopra ai tre Gordiani , a Pupieno, a Balbino, ai due Filippi, a Decio e agli altri che tennero l'Imperio tra Alessandro Severo e Valeriano. E a supporre , che spregiasse in costoro o il breve e mal fermo regno , o il carattere atroce, o la debole condotta , e i bassi vizii meno che impe-

ratorii.

In Valeriano, tutto che uomo in guerra eccellente, caduto prigioniere


<le'
l'

Persiani
f

e fatto vile sgabello


la

alft*

rsacide

dignit

imperiale

2%
troppo disonorata; e la di onor di pi Gaiieno, che, invece di vendicare e l'Imperio, si abbandono il padre alla pi insensata dissolutezza. Come mettere costoro a fronte de' Cesari e degli Dei? Ad un indolente e dissipatore qual era Galieno , successe con lieta approvazione del Senato e del popolo , un uomo mostratosi costantemente
,

giusto

?
;

fermo

derato

molaborioso leale magnanimo quanto Augusto


, ,
,

migliori tempi , e bellicoso quanto Traiano. Fu contro sua volont che rest ucciso Aureolo dopo la sua sconfitta. Fece tacere delatori; diede ai tribunali Y indipendenza la libert al Senato, i beni ai cittadini che la prepotenza delle fazioni avea spogliati. Liber inoltre Y Imperio dai Barbari che lo inondavano da ogni parte. Non dunque perch da Claudio li discendevano i Costantini che Giuliano dice essere stati gli Dei contenti che i posteri di lui regnassero lungamente.
ne' suoi
i , , ,

4
che pago caro il suo , aveva detto ad Aureliano due essere i mezzi che adoprar poteva per assicurarsi Y autorit oro e ferro ; il primo con quelli che io servivano , il secondo contro chi gii resistesse. Aureliano adott per lo meno la seconda parte di questo consiglio : mand fieramente a morte molti senatori e i figli di sua sorella \ senza punto curare se fossero veramente' rei, e senza dar loro modo di discolparsi. Pi in molte occasioni us ferocia sui vinti senza necessit. Questi sono orrori, qualunque titolo li accompagni o di propria sicurezza , o di vittoria contrastata. N le grandi im^ prese d' altronde mandate felicemente a fine da lui potevano cancellare la memoria di tali atrocit. Splende poi nel giudizio di Giuliano sentimento di alta sapienza anche in questo die compone insieme con retto principio la penitenza de' falli e il premio dille grandi opere. Aureliano avea commesso de veri
consiglio
,
:

Un uomo

delitti.

Probo
di

malgrado tante virt


rilucevano
carattere
,

.che in esso lui

cadde
gli
:

in
tir

un
dei

errore

che

F officio addosso una morte violenta saggio che governa uomini non di dar loro le leggi migliori , ma quelle ch'essi possono sopportare. Trarre al perfetto chi non vi disposto sommo iniitil briga; forzarvelo
pericolo. Nissuna

miglior lezione

pu

avere un principe di quella che qui gli d Sileno. Caro fu mediocre principe n questo sarebbe forse un titolo per iscac;

ciarlo
Dei.

fieramente dal consorzio degli


egli si fece

Ma

Dio da
il

se stesso,
gli

o permise che
si

tale

facessero

adulatori, siccome per alcune medaglie

vede, e mor fulminato. Carino, suo primogenito, fu uno de pi dissoluti, scellerati e crudeli principi che governassero Roma. Numeriano non ebbe tempo di regnare con che titolo sarebbe; rimasto nell'assemblea? Giuliano lo lascia alla discrezione di Nemesi.
:

Diocleziano

truqid

l'assassino

di

4^
Numeriano
ed ebbe Y Imperio , che , minacciato di aperta ruma riacquist per esso lui forza e splendore. Le Galie la Brettagna, l'Africa, T Egitto , altre provincie sollevatesi, ritornarono air antica ubbidienza. Egli vinse abbell ma gn incarnante Roi Persiani ma , Milano Autun , Cartagine , Nicomedia fece molte savie leggi , che veggnsi ancora nel Codice di Giustiniano , e il suo regno divent un epoca iti Oriente e in Occidente notabile quanto quella della fondazione di Roma medesima. Quest' epoca dur in
, ; ,
;

uso per quasi due


si

secoli

e
,

mezzo
che

osservato
si

dai

dotti

quelli

Martiri

chiamata ]' era dei sono ingannati di diciotto anni, perciocch Diocleziano non promulg contro il culto cristiano editti se non circa F anno penultimo del suo regno. Un grande problema ha lasciato Diocleziano da sciogliere agli
quali
,

F hanno

scrittori

di

cose
dell'

politiche

cagione
nel
assi

della

nuova forma che introdusse


Imperio. Egli

reggimento

43
socio Massimiano Erculeo
,

soldato di
;

e fortuna come lui , e suo amico cre Cesare un .altro Massimiano, so-

prannominato Galeno, stato guardiano discen) animali , e Costanzo Cloro


,

dente per via di madre dall' imperadore Claudio IL Erano tutti e tre sommamente ambiziosi variabile Y Erculeo j Costanzo Cloro scaltro, superbo; intemperantissimo e feroce Galeno; e tutti aventi grande giurisdizione; tutti per lo pi lontani dagli occhi suoi. Ma quanta forza avesse il genio di Diocleziano sopra tutti , abbastanza il dimostra il fatto del fiero Galerio, clie, incontrato da Diocleziano mentre ritornava battuto dai Persiani , fu costretto a seguire per buon tratto a piedi il cocchio dell' Imperadore, e non ne pot vedere la faccia se non dopo aver riparato il suo fallo , e ristabilito r onore delle armi romane. Diocleziano fu il pi fastoso de' romani Cesari ; il primo che introdusse Y uso di farsi baciare i piedi; n, ad onta di questo tratto d'orgoglio, alcuno pens di dar:

^4
F epiteto armonia con
gli

di

superbo.

La

perfetta

cui questi

quattro
e
?

po-

tenti,
fetti,

d afgovernarono insieme F Imperio,


s

diversi di carattere

fissata V attenzione di Giuliano, come splendido monumento della virt di Diocleziano, pi notabile che il generoso pensiere di ricusare ali' invito di Massimiano di risalire sul trono da cui era disceso. Spaneinio lia osservato, che Giuliano, dopo avere magnificato il mirabile accordo che colla sapienza ed autorit sua questo Imperadore supremo seppe mantenere tra il suo Collega e i due Cesari, stato poscia obbligato a confessare

ha giustamente

che

Massimiano

Erculeo

in

fine

lo

guast.

Ma

egli

non ha avvertito che

Diocleziano avea abbandonato l'Imperio quando F antico suo Collega cadde in ne voleva cupidigia di nuove cose attenersi ai patti: giacch voce, che
;

rinunziando Diocleziano all'Imperio obblig Massimiano a fare Io stesso. Le parole di Giuliano non affatto condotto al tetracordo hanno evidentemente

un senso diverso da
sembra
le

quello

nel

quale

che
critica

quel!

uomo

eruditissimo
,

che la Oggi poi ha potuto mettere nel vero loro lume i fatti , si riconoabbia
intese.

buona

sciuto per quali funesti avvenimenti Diocleziano fu nel 3o3 costretto a pubblicare il suo editto famoso contro i
Cristiani
di
,

e ad
,

abbandonarli
averli
in

all'

odio

Galeno

dopo

fino

allora

protetti. Essi

aveano

Nicomedia una
allo

chiesa

pubblica

in faccia
f

stesso

palazzo imperiale. L' accordo fortunato per l' Imperio che si vide sussistere tra Diocleziano ? Massimiano , Galeno e Costanzo Cloro j non sussistette pi quando il governo fu caduto nelle mani di Costantino , di Massimino, di Massenzio e
di

Licinio.

cose
fosse

Mancava alla testa delle un uomo di gran carattere Hi


,

grande

autorit

dal

quale
degli

solo
altri
,

sorta
al

la

fortuna

eome duno

tempo
il

di Diocleziano. Ciasche-

dei quattro,

particolari

ripetendo da titoli suo stato > non ascolt

46
pi che
la

sola sua ambizione. Perci


d"

I
\
;

in vece di andar

accordo insieme ti si fecero reciprocamente la guerra ] ciascuno aspirando a rimanere solo ar|

bitro del

mondo romano. La

storia
a

accumulati monumenti bastanti

ha prova

de'vizii di Massimino, di Licinio, di Massenzio, senza tener conto di quanto ha potuto aggiugnervi lo spirito di partito. Giustamente adunque Nemesi non permise n a Massenzio, ne a

Massimino

di

toccare

il

vestibolo
;

del

luogo ov' erano invitati i Cesari e giustamente altres Licinio ne fu cacciato.

Fortuna e valor militare fecero i Costantino il padrone del mondo; e il- suo regno di trenta anni forma nella storia F epoca per noi pi notabile perciocch sentiamo tuttora gli effetti
:

eh' egli entr cambiando a un tempo la costituzione e la religione dell' Imperio. Mentr' egli per gode comunemente
?

della grande rivoluzione

il

soprannome

di

grande

la generalit

degli scrittori

ha presso fama equi-.

47
voca. Sosimo,

cono -, assassino da gran principe , jioi da infine da uomo voluttuoda strada lo dipinso efiemminato prodigo e ambizioso, per un crugono per un
, , , ;

Sozomeno, Vittore, diche da principio si comporto

dele, per

un sanguinario. All'opposto
Lattanzio
,

Eusebio , zeno , cel


virt e
d'

dimostrano

Gregorio Nazianpienq d' ogni

ogni perfezione. Tutti questi


,

cadere sospetti di scrittori possono od prevenzione o favorevole troppa


avversa.
I soli fatti

debbon

decidere

diversi , e i suoi furono tanti e s parlando Fleury de suoi apologisti che sensae de' suoi detrattori, ba potuto dire , doversi credere sulla tamente

tutto scorta de' fatti tutto il bene e male che gli uni e gli altri scrisil

sero di questo principe. stato accusato Giuliano

d'

ingiu-

stizia

contro Costantino.
?

data quest' accusa

Come

essa fondissimulare

mai
il
l'

ch'egli ne ha nobilmente rilevato carattere, non solo dandogli libero


gli

ingresso ov' erano

altri

Eroi ,

ma

48
facendolo espressamente rimanere per lungo tempo seduto in cospetto degi Dei circostanza tutta sua particolare ? Considerato il sistema' da Giuliano tenuto in tutta la rappresentazione che egli non poteva ci ha data de' Cesari rammentare le grandi imprese di Costantino in maniera pi splendida. Egli
, ,

fa entrare dietro lui anche

suoi

figli.

soggiungendo immediatamente ? che a Magoenzio non fu accordato Y ingresso , nulla avendo costui fatto che fosse da uomo di proposito, non viene egli ad avere notabilmente espressa la dignit di que' principi ? Ne vogliamo qui dissimulare la vanit dei rimprovero che rispetto a Magoenzio qualcuno ha fatto a Giuliano dicendo non trovar cosa operata da Magnenzio, la quale possa essere' paruta conveniente a valentuomo. Negher impunemente fede a lui su ci che avea potuto osservare ed estimare in un nemico della sua famiglia e dei diritti suoi medesimi, chi oggi credasi meglio informato. Ma costui non potr s certo presumere
<

che Giuliano quel barbaro

appassionato per e questa semplice eoosiderazione baster per fargli sentire , che Giuliano stato costantemente
sia stato
;

.49

ingenuo

e delicato;

n precipiter nel

resto le accuse.

Non

del

mio proposito esaminare


ha

tutta la serie del dibattimento insorto


tra gli Eroi

contendenti. Nissuoo qui rinfacciato a Costantino ne i


lui

Re

Franchi presi da
a divorare alle

sul
,

Reno
n

e dati

bestie

V inoppor-

tuna ingratitudine

usata
,

da

lui

afta

autore delia fortuna di suo padre , e per conseguenza della sua propria, quando, vinto Massenzio, fece abbattere in Roma tutte le immagini di quel!' Imperadore , che
di Diocleziano

memoria

allora era moribondo in Salona ; n il colpo mortale che diede all' Imperio 5 distruggendo colla traslazione della sede da Roma a Costantinopoli ogni

seme delle grandi tradizioni, che formata ne aveano in addietro tutta la


forza
suoi
,

per

la divisione fattane

tra

figli,

privandolo della solida

cti-

So
sistenza

largii

che sola n finalmente

unit
il

poteva
assurcui
;

modo

do, contraddittorio , violento con

m
il

diport negli affari della Chiesa ne tardo battesimo ricevuto per le mani

proscritto

no vescovo cortigiano e adulatore, dalla comunione cattolica. Sul fondo di questi fatti il fertile
di
,

avrebbe avuta materia amplissima di mordere sanguinosamente Costantino ; n per quanto crudi fossero stati i colpi, sarebbesi detto
-

e)

vivace ingegno di Giuliano

che

la

verit

li

riget-

tava.

Us dunque Giuliano riverenza

e piet.

Ma

il

lusso

la

profusione
smentiti

di Costantino

non sono

stati

da nissuno degli scrittori contemporanei da nissuno d' essi si potuto smentire la lunga serie degli assassini! da lui commessi sul figlio, sulla moglie , che mand a morte senza ascol;

tarli, e

su tutti

aggiungendo
asi la slealt.

ali atrocia

pi prossimi parenti, li parecchi

Come in un giudizio degli Bei dissimulare questi fatti ?


"Digraziatamente

Giuliano

siccome

U
cadde in una deplorabile prevenzione contro la re] gione che Costantino avea condotta sul trono , rovesciando Y antica. La coerenza delle cose , poich avea nxir maginata la favola dei Cesari , quale reggiamo, non gli permetteva di sup^ porre-negli Dei a riguardo di Costantino altri sentimenti che quelli eh' egli ha esposti. Poteva Giove dire diversamente da quello che dice rispondendo

vedremo

in appresso,

i-

a Sileno

allorch questi

domandava
alcun

voluttuoso? notando appunto Costantino, degno per di osservazione che


si

che

chiamasse

eziandio

Giuliano
sorte di
figli.

non

lascia

disperare
e

della

queJF Iniperadore
scrittore

de' suoi

Uno

moderno dopo avere


fi-

considerati gli errori di Costantino,


nisce dicendo
:

Fortunato
sul

lui

se,

pi-

gliando

il

battesimo

letto

della

morte, pot pel pentimento della passata condotta goderne gli effetti salutari Giuliano dice, che in fine Giove,
!

a riguardo di Claudio e di Costanzo

concedette

Costantino

ed

ai

fig^i

qualche requie dai mali.

5^ Le
dalo

cose
la

osservate

fin

qui

riguardi

parte tragica
;

della
,

satira

Giuliano

ed giusto dire che F Autore non ha mancato ne alla dignit, n alla verit del suo soggetto. Rimane a fare qualche osservazione sulla parte comica che quella la quale prpriamente d il carattere al componimento , e dimostra il fino ingegno , il gusto , il buon giudizio dell' Aurore. I motteggi ? i frizzi, le facezie sono genere di componimento in questo introdotti per meglio giungere col loro mezzo a far sentire le verit che yoglionsi insinuare. Imperciocch naturale che quando si rider per un detto presentato con grazia, o accompagnato da bella allusione, insieme con kso si terr conto della cosa che vi diede
:

motivo

e di due idee separate se ne , former una sola n pi ci ricorderemo di quello che ne dilett senza ricordarci ancora di quello che ne dee quello che istruire per dir meglio ne deve istruire ci rimarr impresso tgli' animo L perch appunto il diletto
;
:

53
3 r introdusse ben addentro. Giuliano, educato nella greca letteratura, non

avea in ci miglior modello da seguire che Socrate 5 secondo che ci viene dipinto da Platone e da Senofonte. Soper molti aspetti rassomigliato crate a Sileno , usava ne' ragionamenti delle pi importanti cose spargere sali e burle , con che tirava a s facilmente T attenzione per mezzo delle piacevo?

lezze. s

tal
;

metodo era grato


n alieno per niun
civilt.

chi

F ascoltava
dall' antica

modo
Greci

Ed

anzi

amavano tanto questo genere, che per darci ad intendere come apparteneva alla
gentilezza de' costumi , ci si ricorda che in una loro vecchia commedia veniva cacciato fuori della, porta di casa un mangipne, che, venuto ad un

convito di buona compagnia, non sa-

peva far ridere


piccanti.

la brigata

con novelle
il

La
;

cosa
:

per

volte degenerava
in licenza

la libert

pi delle volgevasi

e allo scherzo civile succedeva la /buffoneria plebea. Giuliano non si permesso questi

54
eccessi

non

che decente , e delicato. Se v' ha qualche colpo forte , come per esempio sarebbe 1* ironia velata sotto la parenesi eh egli
;

e nulla

sia lieto

qui insieme

s'

incontra

inette in bocca

ad uno

de' figliuoli di

Costantino, essa medesima non fuor? delle regole che i Maestri aveaao additate ; ed appartiene a quel genere di motteggio che i Greci chiamarono sillon , e che da Elianto vien definito per una specie di biasimo unito ad

un

frizzo piccante.

In prova di quanto ho accennato io addurr qualche passo, che servir per pi facilmente rilevare gli altri. Per lo pi questi tratti sono da Giuliano messi in bocca a Sileno , che possiam dire , seguendo le idee degli Antichi, il Socrate de' Satiri , come Socrate fu detto il Satiro de' Filosofi.

Vedete adunque
e

la

naturale

giusta

scherzosa somiglianza che Sileno trova tra Augusto e il camaleonte ,


a proposito
dell'

indole

mutabile

di

-queir

Impera dor

accortamente che
,

ss
tempi i suoi interessi. Vedete quel chiamarlo altrove* facitor di fantocci, alludendo all'apoteosi di Cesare , che passata di poi in* esempio, accrebbe tanto in Roma il* numero de' morti fatti Dei , da riderne Vespasiano nel!' atto preciso l' istesso che moriva , certo che anche a lui
coi
,

compose Sempre

sarebbe toccata quell'avventura. E non meno piccante il tratto d' ristofa- ne eh' egli si mette a cantare vedendo entrar Claudio , e 1' ironico consigliare che fa a Quirino, di far accompagnare cpello stolto Imperadore dal corteggio de' liberti che regnarono sotto il suo nome, e da Messalina, che si turpemente abus della di lui insensataggine. Il che diretto non tanto a dire in breve che bestia fosse Claudio , ma molto pi a significare \ eh' egli era nulla senza un tale accompagnamento. Bello del pari quel far comparire Traiano carico de' suoi trofei quali i se da una parte ricordano le militari sue imprese , siccome abbiamo osservato di sopra , forse ricordano egualj

S6
niente la sua vanit
dire che fa
il
;

ed poi fino

mordace Sileno a mezza bocca esser tempo che Giove tenga gli occhi sopra Ganimede con ci addi,

tando F imperdonabil. vizio

che tanto oscura la fama di si grand' uomo. E de' tratti che noi diciamo di spirito ingegnosissimi , vivi , pungenti }
,

perch allusivi

al

vero

il

ooinponi-

mento sparso tutto a piene mani. Qui Sileno avverte Nettuno onde badi che Alessandro e Traiano non prendali
1'

acqua della clessidra per

netta-

re ? volendo per avventura indicarli capaci del macchinamento di farsi Dei

con tal fraude; e intanto Nettuno, motteggiando que' due, e Sileno insieme, sull' abito loro di ber soverchio, risponde avere Sileno a badar pi alle proprie viti ch'egli alle fontane sue. ju ad Alessandro che dice il proposto suo
,

essere stato di

domar
,

tutto

il

Sileno soggiunge

che

intanto
le

mondo, domafi-

rono
glie
:

lui

pi di
tal

una volta
e

loro
le

di

modo chiamando
Bacco
da
lui.

viti

coltivate da

In altro

57

luogo, di Antonino Pio, assai minuto uomo, dice d'avere quei vecchio per un di quelli che tagliai! cornino proverbio che applicato ad un imperador d con tanto buon garbo somma evidenza alla cosa intesa.
:

Ed

oltre questi
,

tali

altri

inge-

gnosissimi motti

pieni di sale, e

ben

applicati alla circostanza, quanta fran-

chezza dappertutto in pennelleggiare vivo e con verit! Quel fuggasco e sanguinario di Macrino; queir entrar a cui u Cesare , n d' Alessandro alcun altro s alza quel Diocleziano , che si fa avanti con dignit conducendo seco i Massimiani e Costanzo ; e mentre si tengon tutti stretti per la mano ] non per vanno del pari camal
,
?

minando che gli altri facevano a lui una spgie di coro; e quell'avere dato
:

loro sentitosi stanco , quanto avea sulle


,

spalle

e indi procedere poi


:

libero

sono quadri evidentissimi y e di gran senso. Finalmente un' ultima osservazione porr j ed questa cke noa solo alle
spedito
tutti questi
?

58
facezie, agii scherzi, ai motteggi sempre congiunta alcuna grave sentenza

di verit, sia di fatto, sia di dottrina; tutta la filosofia greca e tutta f erudizione de' poeti possono dirsi

ma

rimpastate in

mento

sicch

giamente di pi sottile pensarono le scuole filosofiche , o con quanto di pi elegante dissero i poeti , siccome nelle copiosissime sue note , osservazioni e prove slato dimostrato dal dottissimo Spanemio.

questo breve componinon v' passo che egrenon si accordi con quanto

E
per
stati

queste sono,
le

Madama,

le ragioni

Cesari di Giuliano sono sempre sopra ogni altro scritto


i

quali

pregiati dai dotti ; ed io ardisco presumere che saranno pregiati egualmente da ogni colta persona , solo che per qualche istante chi il prende a leggere consideri e l'oggetto

di lui

l'Autor si propose, e il carattere che intese dare al suo componimento, e i fonti da cui trasse tanta dovizia di nobili e giusti pensieri, ei|

vero che

$9
ornamento di cui li quali cose tutte penso avere
ogni
vest.

Le

io bastan-

temente dichiarate. E questo quello che a principio mi proposi di fare. Non mi resta pi che aggiungere alcune considerazioni sopra Giuliano medesimo, perch , dichiarato il carattere dell Opera sua , venga dichiarata anche la parte che in essa pu soffrire per noi una giusta censura. Ci sar , o Madama 9 Y argomento di una
7

terza

mia

lettera, ec.

6i

LETTERA TERZA
ALLA MEDESIMA.

XNella

precedente ho detto stimava occorrere intorno quanto io al carattere de Cesari di Giuliano. Ma qualche cosa necessario aggiunlettera

gere intorno a Giuliano medesimo singolarmente perch s' abbia ragione di un notabil passo che verso il fine del libro s' incontra , ov' egli parla di

Costantino il qual passo non mancherebbe di scandolezzare >ogni religioso


:

lettore, se

non

venisse

opportunamente
la

dichiarato.

Fu
d'

Giuliano, siccome per


fatti
si

storia

de' suoi

comprova, principe
e
di

ingegno
,

acutissimo

altissimo
nell'arte

animo

istrutto

profondamente

governare , e valentissimo a un tempo in quella della guerra , amator grande della giustizia e del bene degli uomini, atto, per le eminenti quadifficile di
lit

sue e per

le

sue virt

a restituii

li
re
all'
y

Imperio

il

buon ordine nelF


,

in-

terno

e presso le nazioni straniere la


se egli fosse

pristina gloria e potenza

vivuto pi a lungo. Ne certamente nella tanta serie de' Cesari che o il precedettero
di
,

gli

successero
sia

troverassi

andato innanzi vuoi nella capacit | vuoi in volont risoluta, giacche poco pi che di queste possiamo noi ragionare avuto riguardo al brevissimo tempo in cui regn. E gli uomini che si sono fatti a contanto pi siderare questo principe trovarlo degiustamente hanno potuto gno di ammirazione , quanto che u alla nascita n alle cure de' suoi dovette egli F avviamento felice per cui
leggieri chi gli
j
,

si

trasse agli abiti

virtuosi

magna:

che in esso lui si passata avendo la pi parte della et sua, e quella singolarmente nella quale l'uomo dee formarsi, nell'avvilimento e nel terrore. Conciossiach la storia narra come il padre suo, e il suo

nimi

osservarono

maggior fratello ; e tutti i parenti suoi furono dall' imperatore Costanzo tratl*

63
a perire per la sola ragione
,

die

un

siccome fu colui , vede un nemico in chiunque possa succedergli ed noto che la famiglia di Giuliano per ragione di sangue era chiamata al trono di Costantino qualunque volta mancati fossero i discendenti di lui. La sola tenera et di Giuliano la piet di e dicesi anche pi Eusebia , moglie cfi Costanzo, salv dalla strage comune lui e per alcun tempo anche Gallo; ma egli dovette comprare la propria salvezza primieramente con aspra prigione in un
crudele

despota

castello, poi colla relegazione in

una

piccola citt dell'Asia, e per sopra ppi,

per temperare le sospizioni delFImperadore , fu costretto a farsi cherico. Finalmente la fortuna il lev dalla oscurit, poich, andando di male in peggio le cose dell' Imperio , la necessit costrinse lo zio che dianzi lo avea proscritto, a dichiararlo Cesare. Se non che spedito al governo delle
j

Gallie , minacciate dai Barbari e saccheggiate dai ministri dell' Imperadore,

64
gli

si

negarono truppe, denari e l'auopportuna.


in questa
7

torit

Fu

disastrosa situazione

che Giuliano incominci a dimostrare di che forza d animo egli fosse pieno imperciocch in pochi mesi riordinata, merc le pi insistenti sue cure, l'interna amministrazione, pot procac:

ciarsi la fiducia de' Galli

e salvare le

provincie

dell'

Imperio dal
il

furore

dei

Germani.
il

Si vide cos in lui

ad un tratto
a stupore le

capitano valente e

magistrato giu-

sto ed

umano.

muovono
si

particolarit

del procedere

suo
la

nelle
lotta

Gallie,

quando

consideri

continua ch'egli ebbe a sostenere contro la mancanza d' ogni conveniente sussidio, e la malignit di chi, dovendolo per officio secondare in tutte cose , attraversava le sue operazioni ; siccome muove a dispett la condotta che seco lui tenne Costanzo , che quanto di salutare e di grande Giuliano avea fatto per la salvezza e la gloria dell' Imperio , gli fu volto a celpa , ^ si venne a richiamarlo dal

65
governo
meritato
,

in

cui

egli

aveva
nelle

ben
cfi

per trarlo

insidie

ima Corte perfida e sanguinaria. L'esercito per non consent a tanto affronto
y

sollevatosi

contro Y iniquo ordiil

ne , di Augusto

lo costrinse ad assumere
y

titolo

ponendolo nella dura necessit di scegliere tra la morte e la guerra j e ad ogni altra considerazioni? preferendo la salvezza dell' Imperio vacillante troppo manifestamente sotto
,

crudeli capricci "di

un tiranno mac-

chiato di sangue, e diffamato per ogni genere di violenze e di rapine.

La marcia di Giuliano fatta attraverso dei paesi de' Barbari per recarsi dalle Gallie neirillirio, vien riguardata generalmente come un capo d' opera, unico nella storia. Costanzo in quel
tempo
era morto; e per fortuna l'avvenimento di Giuliano al trono non ebbe a costare una stilla di sangue ; ben riemp tutti di grande speranza ; sment. Imri per parte sua egli la perciocch in sedici mesi di regno egli assicur le frontiere dell' Imperio e
j

66
la giustizia fiorir dappertutto clemenza; economo alla Corte come ]a nel Campo severo co' magistrati da lungo tempo avvezzi alle coacussioni nemico dei delatori ; d' ogni maniera perelonatore generoso degl insulti , e di tale animo , che udendo accusarsi uno di portar abiti di porpora , risero bati per legge de' passati imperadori sotto pena di morte al solo principe,, ji mancare a colui amai pi per pareggiarsi al sovrano se non che gli sti* valetti rossi, ordin che gli si recassero i suoi. Per tale maniera ove sotto Costanzo tutto era confusione , arbitrio^ depredazione, fanatismo, persecuzione , crudelt , egli stabil V or* dine, la tranquillit, V osservanza delle

feee

leggi

la tolleranza, la libert.
il

mas-,

^imamente
dell'
,

furor delle sette, che da tanti anni avea riempiuto ogni angolo

di scandali e di macelsuo primo sguardo fu costretto gi presagiva a dileguarsi. E tutto che un nuov' ordine sarebbe dato alle pubbliche cose , oiide richiamare la

Imperio

li

al

forza e la

dignit dell'Imperio air an-

magnanima manendo a

compiere la quale impresa y non rilui pi che di abbassare la potenza de' Persiani , i soli nemici che allora Y Imperio avesse con forte esercito and ad attaccarli. L antica storia ha pochi esempi delle grandi cose da lui operate nel primo aprir la campagna. Ma sul punto di rovesciare, come Alessandro , la potenza persiana spinto dall' ardor della pugna contro i nemici senza essere armato d' altro che dello scudo , il giavellotto di un persiano il ferisce. Egli mor in seno della vittoria , come Epaminonda , tranquillamente conversando to' filosofi che F aveano accompagnato a quella impresale ricusando d' esercitare il diritto pi lusinghiero per un quello re che non pu vivere pi di nominarsi un successore. I Persiani lungi dal vantarsi della sua morte y r attribuirono al tradimento de' Romani: con che furono qertamente ingiusti , non essendo essa stata che P effetto
tica fortuna.

Per

e bella

,--

68
di

un semplice

accidente di guerra

ma

con ci manifestarono la stima che conceputa aveano per questo principe , quantunque loro nemico. La pace vergognosa che dopo la morte di lui i

Romani
presso
i

sottoscrissero

e le

calamit
,

poscia sopraggiunte all'Imperio


posteri
il

esaltato

anche

hanno mag-

giormente

merito di Giuliano. Egli


a s belle qualit
di

non avea

allora che trentadue anni.

Ma

in

mezzo

che Giuliano fu adorno, egli ebbe un gran torto. Nato nel seno della religione cristiana che Costantino avea adottata per sua , per quella della sua famiglia e dell' Imperio , declin da essa , e se ne fece nemico , proposto essendosi di rilevare in luogo di quella 1' antica. Al quale intendimento., fosse effetto del naturale suo umanissimo fosse finezza d' ingegno , n forza us egli, n violenza, n rigore di pene;
,
,

ma
i

scaltrissimo artifizio
?

di far valere
la religione

modesti principii, pe quali

cristiana nei tre secoli antecedenti tro-

vato uvea persuasio&e in tanta

molti-

6^
tdine
plicit
d'

umini ;' voglio- dire la semde costumi T la povert de' suoi


7

ministri

la tanto predicata

massima

e nel confronto della general corruttela

singolarmente
le

preziosa
g'

di

sprezzare
terra
delle

vanit

interessi
il

della

solo

pensiero

essendo

Cielo

cure de' Cristiani. Ed egli l colpiva con q&est'arma acerbamente, nel tempo in cui , per le istituzioni di Costantino ? V ecclesiastica gerarchia trovavasi solennemente onorata della partecipazione della pubblica autorit , e per ogni genere di munificenza chiamata alla fortuna stessa dell' Imperio. Per la qua! cosa , nuno dee meravigliarsi della mala fama in cui caduto il nome di Giuliano , stata essendo comune opinione che a struggimento -della cristiana religione ben pi formidabile attentato fu questo suo, che tutti insieme quelii^che la fierezza de' passati persecutori avesse in addietro posto in opera. Giuliano poi nel

medesimo tempo opponeva sotto le forme dell'antica religione, che qua!

7
era tenuta dai popoli giustamente avea perduto ogoi credi te, un sistema di deismo simbolico , fatto cos che la snaturava in gran parte , associandola ad un ascetismo non mai conosciuto, e che facilmente si concepisce adottato da lui , mescendo le visioni platoniche alle stoiche rigidezze, quasi volesse conciliare insieme i due culti eh allora dividevano l'Imperio. Quindi per avventura nacque e quel continuo suo sacrificare v onde pi che pontefice , fu detto struggitore d armenti , quel teologizzar suo s frequente-., <e in tal modo dogmatizzando che ne
?

scisse
*

la

ragione delle pratiche


insistette
egli

mo-

pi fortemente di quello che fatto avesse Marco Aurelio , che pure fu in ci grande predicatore. Gli effetti delle se la quali cose insieme congiunte Provvidenza non avesse altramente die se della conservazione della sposto
rali
9

su cui

assai

santissima religione nostra potesse


gionarsi colle

ra-

umane

regole

appena

potremmo

dire ove

mai non avessero

potuto giungere. E tanto impegno pose Giuliano io tale sua impresa , che mentre in ogni altro sito atto, a chiunque imparzialmente lo consideri apparisce ragionatore severo pur da nissuno pud
,
,

assolversi

dal

rimprovero

di

un ecpre-

cessivo entusiasmo, per tal

modo

sentando
Il

il

caso di una contraddizione


degli uomini

forse unica nella storia

quale singolarissimo fenomeno , volendosi per le vie dell'umano inten-

dimento spiegare, secondo che sembra non pu ad altro attribuirsi che alla troppa fede prestata da lui alla filosoquale fino dai primi anni fia della sostenuta poi dalla imbevuto s' era profonda che acquistata cognizione
:

della

avea colla pratica e colla osservazione natura degli uomini , ai quali

credeva di provvedere opportunamente con un sistema ? che per una parte potesse appagar la ragione ? e servisse per T altra alla debolezza della moltitudine^ Per tale maniera coloro ai quali grave ricorrere allo sfogo virulento delle passioni y che l'attento studio
,

que tempi" dimostra in esaltazione fortissima , onde spiegare quanto a contumelia di Giuliano fu detto e sui globi di fuoco usciti dei
della storia di
Sassi

di Elia Adriana,- e sulla vecchia

sacrificata
tali

Carra

possono dare

racconti simili una spiegazione egualmente probabile. Ma per qual ordine d'idee, per
altri

ed

qual genere d' eccitamenti e d'influenze un uomo, qual veggiamo essere stato Giuliano , disgraziatamente fu trattp a farsi nemico di una religione le
cui

sante
essolui

massime sembra anzi


pi

che

In

che

in

altri

trovar
conside-

dovessero
rata la

adito apertissimo,

perspicacia

dell'intelletto

e la naturai rettitudine del


re ? Imperciocch , se nstra non ci permette

suo suo cuola debolezza di penetrare

negF

ininvestigabili secreti della

Provle vie

videnza, ben possiamo ricercare


battute
daJF

uomo

riconoscere
di lui

le

naturali cagioni

che sopra
?

ope-

rarono.

La prima

pietra

d inciampo per Gi-

f
liano ^ripeteremo

adunque dover
la

rite^

nersi

essere

stata

filosofia,

dalla

quale , seguendo i Platonici , che a fu quel tempo aveano molta voga tratto alla considerazione di astrazioni tanto pi seducenti per un ingegno
,

vivo e sottile quanto che, mostrandosi scevro ci' ogni relazione a bassi oggetti j esse ricevevano poi splendore e forza ne' congiunti clorali dello stoici* smo , che come noto , associava l'anima deli' uomo alla essenza divina * e ne sosteneva la dignit e la condii
,

zio ne col

mezzo
,

rosa.

Gli

scritti

Jamblico

di

una che Proclo


di
,

morale
ci

rigo-

restano
Porfirio-,

di

di

fortemente probabile questa congettura nostra* Sorpreso cos da una ragione che Io avea alzato ad una meta nobilitata da-* gli studii de' pi celebri pensatori deld'altri simili,

rendono

assai

l'

antichit
si

lungi dal diffidare di


>

essja^

abbandon perdutamente scie* gnau do tutt' altra dottrina che mal si componesse coi dettami delia me* desima, Nel che fu tanto fermo xAk
vi
?

sentito
le

il

debole

dell'

antico culto , e

assurdit

eh' esso

presentava
a

si

pose ingegnosamente
ro

cercarvi
,

per
ac-

uno

spirito
,

nascosto
gliel

non

corgendosi
egli

che
,

prestava

forse

medesimo
:

anzi che veramente vi

fosse

modo

che

se

vivendo lungo

tempo gli fosse come intendeva


da
lui restaurata

riuscito di ristabilirlo
di fare, nella religione

il mondo ne avrebbe avuta una sostanzialmente diversa da quella che lino allora avea dominato. Questa congettura fondata sulle Opere che di lui ci rimangono. Se egli fcile cadere nelle illusioni di una ragione non diffidente , egli poi, umanamente parlando, poco meno che impossibile riaversi da tale caduta ove il cuor resti esacerbato dagli effetti sinistri che veggonsi uscire da un opposto sistema perciocch il senso da essi eccitato nelF uomo d tanta forza alle prevenzioni che vano invocare il freddo esame necessario per poter separare V una cosa dall' altra , e sviluppare la verit, che s' avvolge
:

?5
joeF

ingombro
Questa

degli errori e delle pas-

sioni.

considerazione

ci

facilmente a riconoscere una

guida seconda
gio-

cagione delia sciagura di Giuliano.

La

violenza

soia

trascin
:

lui

vinetto ancora al cliericato

non

ve!

spontanea , e meno poi vocazione divina. In quella destinazione adunque egli non poteva vedere che F effetto di una crudele politica ed ingiustissima, tendente a levargli ogni speranza di aspirare, quando che fosse , alla successione a cui la ragione del sangue poteva un giorno chiamarlo; e negli studii comandatigli non poteva riconoscere che un inciampo all' alta fortuna a cui era nato. E come
deliberazione

condusse

piegare poi a quello stato e a quegli studii


il

suo spirito? Noi non conosciamo

l'ordine che in que giorni tenevasi

per

introdurre

g' iniziati
;

alla

cognizione

di
difficile

ragionata de' misterii

ma

presumere, che un giovinetto


forza
d?

grande
ani-

ingegno
,

di

gagliardo
in

mo

trovasse

nella scuola

cui

fu
spi^

posto, cosa che ne appagasse lo

76
m

rito in

confronto di ci che sentavano i libri de' filosofi ,

gli
i

prequali

lasciavangli interissimu libert di ragio-

nare. S. Paolo stesso avea detto


il

che
gli

misterio

della

croce

era

per

Ebrei ano scandalo , e pe' Sapienti una stoltezza. Giuliano sventuratamente cadde in questo errore , dacch prefer la dottrina de Sapienti, E lo stato ia cui duranti gli ultimi anni di Costane tino, e tutto il regno di Costanzo., si trovarono gli affari della Chiesa , pot veementemente contribuire anch'esso a
discapito della persuasione, la
della quale

mancanza

fu per quel giovine principe tanto calamitosa. Lascio da parte


la sollecitudine

elevazione

Chiesa
delle

si

con cui nella nuova loro pi distinti vescovi della misero a gustare i vantaggi
i

largizioni
9

in

onorificenza

in

ricchezza

delle quali erano stati col-^

mati , e le diligenze loro in cercarne ogni giorno pi ogni possibile aumento. Per noi , illuminati da una dottrina che frutto degli studii e della esperienza
L

codesti fatti restano bastante*

mente
razione

spiegati per
,

la giusta
5

conside-

che finalmente que Vescovi erano uomini, e che nel favore imperiale
religione

ravvisavano
,

V interesse
loro.

della

Noi daremo questa discreta spiegazione anche al fatto del vescovo Leonzio , il quale fece dire alla imperadrice Eusebia , che non andrebbe a vederla a meno che ella noi ricevesse in maniera conforme al suo carattere vescovile, esigendo che venisse ad incontrarlo alla
e

non

il

porla, che ricevesse la sua benedizione inchinandosi fino a terra , e che stesse io piedi finch egli le avesse permesso di sedere. Ma come dissimulare che queste pretensioni ne' ministri delia Chiesa erano nuove , nel modo stesso che era nuovo in essi il corredo di mondana fortuna accordato lorp da Costantino, e singolarmente, che tutt' altra condizione pareva assegnata loro nel Vangelo , e ritenuta per tutti i tre primi secoli? Ecco adunque ci che pot considerare Giuliano, e malamente ragionando volgere poi alle con-

78

elusioni
viare.

funeste
poscia

che
le

il

fecero

tra-

Vennero

discordie

della

dottrina, gii scandali d'Ario, le -incon-

seguenze di Costantino, protettore or di un partito, or dell' -altro; e spezialmente vennero le persecuzioni di Costanzo , che misero a soqquadro
tutto
il

mondo
e

cristiano.
di

Una
fu

reli-

gione di verit

pace

allora

miseramente oltraggiata dal fanatismo e dal furore e per Y abuso che molti ne fecero divent in mano dei tri;

sti

un istromento
fatti
>

di

mille

sciagure.

Questi

riguardati

da

Giuliano

nella loro massa materiale, furono per


essolui erroneamente attribuiti alla religione invece che alle

umane

passioni,

abusavano. Egli fece allora un cattivo confronto tra i Cristiani e i Pagani. I primi empivano tutto di sottili questioni , ed invocavano a sostegno delle medesime la forza del Sovrano; i secondi non aveano
della

che

religione

I filosofi

avute mai querele, n discordie simili.quali Giuliano erasi abai

'

'79

bandonato da questa differenza noti hvne esaminata ne varii suoi rispetti traevano un argomento che non po,

teva

non confortare
1'

il

giovine principe
:

nelF avversione gi conceputa

per

uomo

di Stato

ci

che

poich turba

F ordine pubblico sempre sospetto. E un' altra considerazione pot forse


unirsi

tutte

queste

nelF animo

di

Giuliano
clie

la

ed era, religione antica non avea dog^


di Stato:

come uomo

lai

che
,

potessero
e

interpretarsi
colla

dalla

vanit

sostenersi

propria della
religione
sacriiizii
?

umana

superbia opinione. Quella

inoltre
lieto

non chiedeva che convito per chi li of;

feriva

comandati

ministri

suoi

non alzavansi a giudici delle coscienze, n formavano casta separata


7

per interessi dal rimanente de cittadini 7 n invocavano titolo per cui cagionar potessero turbamento negli or* clini politici o fossero in pretensione
?

di avervi

parte.

quantunque pure

Giuliano avesse osservato , che talora Costantino e Costanza si erauo posti

8o
alla testa degli affari della

Chiesa
7

es-

primo dichiarato in faccia degli stessi Padri Niceni d essere fuori dei templi vescovo , com' erano essi dentro i medesimi e che Costanzo si
sendosi
il
;

era condotto nelle questioni dell'arianesimo quasi intendesse di applicare alle cose della religione cristiana i diritti

de' quali

nella

qualit

di

ponantica
il

tefice
?

massimo della Imperadore romano


esito

religione

era investito;
il

mai

tervento facilmente persuadergli ? che tali misure non avrebbero mai rimediato agi' incovenienti che il colpivano. Da tutto ci possiamo dun-

che pot

avuto avea

loro

in-

que presumere

essere egli stato

fatala

niente tratto ad abbapdonare la relifione in cui fu da prima educato. ii quale risoluzione su& pot egli forse

anco sperare che non avrebbe fatto meraviglia per Y esempio ancor recente che dato n' avea Costantino; in ci solo stando fra entrambi agli occhi del mondo la differenza , che
(iQstpntino,, dichiarandosi

per

la

nuovs

religine, cerc contro


titori

suoi

Si compe,

un appoggio
in

ne' Cristiani

quali

erano gi
rio, e

numero nelF Impedomandavano la libert del loro


gran

culto, ed invece egli volle fortificarsi sul trono ed assicurarsi il reggimento della Repubblica quale intendeva stabilirlo a salda conservazione della me-

desima, col partito, adora pi numeroso, de' Pagani, che domandavano la


restaurazione
del

culto

sotto

cui

auspizii l'Imperio era nato e cresciuto.

mischi nello spifermezza indocile di un' anima stoica , e forse ali orror profondo che conceputo avea per le azioni sanguinarie di Costantino , e al non meno profondo disprezzo che, conforme al modo suo di vedere , g' inspirava la conversione di quel principe. E non certamente a dubitare, che non si ripetesse anche allora ci che veggiamo essersi riferito di poi; cio, che tormentato dai rimorsi delle stragi fatte della moglie , di un figlio , di un suocero , di un cognato e di un nisi

Questa politica

rito di Giuliano alla

m
pot
;

Costantino
e gli

ne' misterii della religione allora

nante
ci
si

purgazione domivenisse negata: che percercasse


a'

accostasse

Cristiani

soltanto

per la speranza di trovarla presso i medesimi. A ci appunto sembra alludere Giuliano ove verso il fine de' Cesari
parla di Costantino
gliuolo di lui
,

fa

dire

al

fi-

parole
%

troppo indegne
se alle cose pi

d'essere qui ripetute


sacre della
riferite.
Il

religione

nostra

voglionsi
,

che posto

in chiaro

ogni

discreto
der.,

lettore

facilmente

compren-

che il giudizio di Giuliano sl fondamentale del cristianesimo 3 di cui per disgrazia sua non conobbe n la santit 5 ne la efficacia, ove le
rito

debite disposizioni

lo accompagnino non pu aversi che per Y effetto di una mente pregiudicata. Il che tmkzsi
,

inamente importava avvertire.

L
Tu m*
poeti e
bolo.
novella.

87
?

Ainco*

hai

fatto

modo
la

dei

de' retori

un bel preamtua

Ora

incominciami

Giuliano.

tu

ascolta,

fecola tL

88
1

Quirino invita gli Dei e


Cesari

ad un

convito.

dunque lendo Romolo


i

Al ai

a sapere,
in Cielo invit

che vocelebrare
tutti gli

Saturnali

egli

Dei ed insieme anche i Cesari. Erano stati preparati pe' Numi i nella suprema regione dei letti
Cielo
:

Splendido Olimpo

>

albergo degli Dei.


(

Odiss.

fama che dopo Ercole sia col salito Quirino: col qual nome, se dee darsi mente ai responsi divini } vuoisi ap
sai essere
,

CESARI.

INTRODUZIONE.

Giuliano

erch , correndo ora i Saturne d campo il Dio agli scherzi 9 e nulla intanto io m* ho resente di giocoso e di lepido isogner che mi metta a pensar E meco alcun poco onde presso te
Jl

nali

amico mio., non rendermi ridicolo ^on freddure e scipitezze.

84
1/ Amico*

Oli! chi v'ha s grosso d'ingeo Cesare e s smemorato.., il quale creder possa che a scherzar con diletto giovi l' avervi pensato? lo ho stimato sempre,, che lo scherzare altro in fine non sa che un dar posa allo spinto , e

gno

sollevarsi dalle cure,

Giuliano,

Ben

dici tu

ma

in altro caso

mi veggo
ischerzare

io:

perciocch non
,

so
al-

pizzicare in falso nissuno

n per

servirmi
ridere.

de' motti

trui, n in ramente far

da veContuttoci poich bisgna assolutamente serline dir cose


,

85 vire alla legge (i), vuoi tu che a conto di scherzo ti narri una novella nella quale v* ha molte cose non indegne d' essere udite ?

1/ Amico.

uditore vopoich io non fui solito mai sprezzar gioconde novelle. E in questo gusto sono pienamente d'accordo con te e col tuo, o, per meglio dire, col nostro Piatone che egli di molte gravi cose tratt novellando.
glioso:
:

Anzi; e m'avrai

(i) E probabile che Giuliano qui per legge rn~* tenda consuetudine, usanza; ma certo che gli Ateniesi aveano una legge per la quale era vietato fare

quale

ne' Saturnali, e in certi altri giorni festivi* cosa la non convenisse ali allegrezza della solennit,
3

86
Giuliano.

^u

dici vero.

1/ Amico.

Ma phe novella codesta tua che mi proferisci?


Giuliano.

Non una di quelle che Esopo $ infinse ma Y hai a ritener di Mercurio che da lui propriamente
;
:

io l'appresi.

Sia poi finzione


P

ci

eh' essa
la

comprende o o un misto dell' Una e

sia

verit

dell' altra

cosa stessa il chiarir.

<$9

punto chiamar Romolo. Col per tanto fu preparato per gli Dei il
convito
y
;

sotto

il

cielo

della

Luna nella pi alta parte delfu piantata la mensa dei l' aria , nel qual luogo sosteneCesari vali tanto la leggerezza de' corpi che aveano quanto il rapido giqueir astro. Adunque a di rar quegli Dei che primi erano in grado e maggiori degli altri, quat;

tro letti furono apprestati

ficamente

belli.
.

magniN'ebbe Saturno

al cui colore nero e scuro fu data luce splendentissima e quasi divina per modo che nissuno poteva tenervi fssi
d'
,

uno

ebano

occhi perciocch dal tanto fulgore che n' usciva volendo riguardarvi , si abbarbagliavano cogli
:

me

se

si

fissassero

sul Sole.

Il

letto di

Giove nella nitidezza vin-

ceva l'argento, e l'oro nella pu-

9
rit
;

e se fosse d' elettro


traesi

(i )

d'altra materia che

o da mi,

niere

Mercurio stesso non mei seppe spiegar bene. Introni d'oro


,

sedevansi dall' una parte


l'

dal-

altra la

madre

la
,

figlia:

Giu-

none

vicina a

a Saturno.

Giove quanta

Rea vicina

fosse la bel-

hanno spesso parlato ' elettro (i) Gli Antichi senza lasciarcene una idea chiara. Matteo Gesnero eruditamente sull' e* ia tra gli altri scritto molto ettro degli Antichi ; e si vede eh' essi con ci intendevano una mistura d' oro e d' argento 3 in cui entrava pi argento che oro e perci gli si dava ^epileto di pallido. Ezechiello per parla delF efettro come di cosa sfolgorantissima. Isidoro semhra avere unite insieme tutte le vecchie opinioni nel passo seguente chiamalo elettro perch esposto ai raggi del sole splende pia chiaramente dell' argento e dell' oro .... Ve n ha di tre specie : uno che chiamasi succino ( ambra ; un altro che metallo il quale trovasi naturalmnte , e tiensi in pregio / un terzo che si compone di tre elettro che j>arti d? oro e di una a" ergento. naturale , di tal indole, che a tavola e nelle lucerne risplende pi chiaro di tutti gli altri metalli y e manifesta il veleno ! ! ! Ecco la scienza degli Antichi sulF elettro; la quale parmi, poco pi, poco meno, eguale alla nostra ? mentre non ne sap: :

piamo

niente

lezza

quegli

Dei

91 Mercurio
,

noi riferiva ,, dicendo solo, essere essa sopra ogni cosa grande e

d concepirsi colla immaginazione , ma non da apprendersi per via di racconto udito o d' altra maniera n altronde alcun ora,
;

potere valentissimo mai esser da tanto da esporre la mirabil pompa di che splendeva
tore
,
,

pur

aspetto di que'

Numi. gli
;

altri

Dei eransi preparate le sedie condo il grado di ciascuno


loro contesa
disse
:

se-

n
tra

per precedenza, o per altro fu


perciocch
,
\

come

zione
fissato

Omero e credo per ispiradelie Muse ad ognuno


,

perpetuo ed invariabile
al

il

suo posto.
giunger del Padre tutti insieme s* alzano n V ordine de' posti perci si turba ne per mala ambizioiie uno occupa
;
fi

Per tanto

9^
al suo.
,

ma ognuno tensi Quindi poi, seduti in cerSileno innamorato chio come di Bacco mostrava essere che
quello
dell' altro
? ,
,

bello
ve,,

era

giovinetto

volto esprimeva
,

le fattezze di

nel Gio-

suo padre si avvicin a lui, essendo quegli che lo allev gi e F istru e questo Dio , di natura sua portato a compiacersi
;

dello scherzare e del ridere ed autor noto d' ogni allegra e beila Maniera, iva egli dilettando ora con altre cose ora con motteggi e con facezie sopra molti argomenti.
,
-,

9a

IL

aio

G oiulio

Cesare.

Apprestato il convito de' Cesari entr primo di tutti Giulio Cesa-

per ambizione pronto a contendere del regno anche con Giove. Il quale tosto che da Sileno disse fu veduto Ben guardati questi , o Giove , che costui non tanta tenti di rapirti Y imperio
re
,
:

in esso lui

cupidigia di
il

domi
insi,
,

nare

tu

vedi

come
;

gnemente grande
e magnifico
se

di corporatura

d' aspetto

e a

me

non

in altro, nella testa somi-

gliantissimo (i).

(i)

cavatigli

Sileno intende motteggiar Cesare perch mani capegli sul davanti della testa, come nota

$4
ih.

o ttaviano

Augusto,

Scherzando Sileno cos, ne gli Dei essendo molto intenti ad ascoltarlo, entr Ottaviano, prendendo
a

modo
,

del camaleonte varii cofaccia


;

lori

teneposcia oscura brosa e rannuvolata e di nuovo


, ;

con rubiconda

ora

pallida

or

in ciera

volta

alla

gentilezza
squisita

di

Venere
st.

ad ogni

venu-

pretendeva costui al fulgor degli occhi esser tale qual il lucente Soie; e che nissun di quanti gli si facessero incontro ardisse

Svct.onio

difetto us portare la

aggiugnendo , che per coprire questo corona d' alloro decretatagli

dal Senato.

riguardarlo fiso nel volto.


peri
!

Gapcome
fia

disse allora Sileno: ve'


si

questa bestia
le

trasmuta in tutte

forme
ci

che

ch'ei

rechi?
j,

Ma,

malanni mai

cessa co-

deste ciance

a lui disse

Apollo-

che
di

io

il

porr sotto
;

la disciplina

Zenone (i) e per tal maniera il mander s purgato, che il direte puro e pretto oro. E tosto soggiunse: Via, alzati, Zenone, e pigliati in cura questo mio alunno. Zenone ubbid e dettegli

sentenze in quel modo che far sogliono coloro che vanno susurrando le incantagioni
brevi

alcune

Za moki (a) tosto il rende uom di senno e temperau-te.


di
:

(i) Perch forse Ottavio ebbe a precettore Aie"-* n odoro , stoico filosofo ; e Zenone fu capo degli

Stoici.
(n)

Zamolx fu

trace. Dicesi che

un filosofo di nazione dapprima fosse schiavo

geta
,

poi

li-

|6

IV

XlBEPJO.

Venne per

terzo Tiberio,

cupo

truce d'aspetto tanto, che parea

assolutamente promettere prudenza e certa virt militare.

come

volgevasi ad occupar la sua sedia, gli apparver sui tergo mole te cicatrici vo' dire stimate,
:

strisce

ed impressioni
;

di

batti;

ture, e macchie

effetti

d'intem-

peranza

di crudezza d'

umori ,
la-

non

dissimili

da
(i).

quelle
i

che

sciano le
dicati col

scrofole e

bnboni meSileno a lui


.

fuoco

berto di Pitagora , e poi suo discepolo , ed infine legislatore dei Geti. Vivente., fu creduto una specie di mago | e morto, venerato, come un Dio. Tediassi pi oltre la sua dottrina. smoderato in (1) In crudel uomo e sanguinario, ogni genere d' intemperanza quai fu Tiberio, nsa

97
Ben
altro, ospite, or sei

da quel
(

di prima:
Odiss.
)

che com'ehbe detto, Sileno parve farsi pi grave del solito ; sicch Bacco il domand: Padre mio! e perch tanto serio? Ed
Il

M'ha commosso forte codesto vecchio pieno di libidine da Satiro; ed ha fatto che siami dimenticato di me medesimo ? e che poi citassi alcun che tratto dalle muse omeriane. Ma egli ti strapper le orecchie , soggiunse Bacco poich dicesi che cos gegli:

meraviglia se videsi e fioritura di salso , e cruda scabbia simile alla lebbra 5 e tal altro malanno che Svetonio e Tacito notarono in esso lui. Plinio dice , che una malattia sviluppossi in Roma al tem-

po

taccato

primo ad esserne atmedesimo fece un editto. Giuliano, seguendo la filosofa che correva tra i Pagani , trasporta forse col pensiere alP anima di quel tristo Imperadore i -segni
di Tiberio /il quale fu
,

il
,

chiamossi

colum

sulla quale ei

4q' viali

eh' ebbe

vivente in terra.

o **

98
stigasse

Vada
la
(

anche un Grammatico

( i )*

adunque

rispose Sileno,

a piangere nel romitaggio di un'isoe voleva

accennar
la

ed a sfregare

faccia a

Capri ), qualche

pescator miserabile (a).

v.

Gal:igola.

Mentre cos scherzavasi , entra da Gaio bestiaccia atrocissima


-

(i) Da nissun altro sappiamo questa particolarit. Svctonio parla bens di un grammatico ( SeleuCo ) fatto da Tiberio morire. (2) Svetonio e Tacito riferiscono come avendogli un pescatore presentato in Capri un bellissimo pe* srce, perch s era introdotto nel!' Isola arrampica 0* dosi per gli scogli e le rupi scoscese, gli fece siregare la faccia con quel pesce ; e perch in mezzo al dolore gli scapp detto , che fortuna sua era sta* ta il non avergli presentata anche una grossa locusta ^ con quella correndo che gli si lacerasse la b$G<#
s

gli Dei rivolsero gli ocben presto Nemesi il diede chi. in hi ano delle crudeli Furie ven-

cui tutti

dicatrici

che lo strascinarono nel


Si-

Tartaro. Perci

sopra costui leno non pot dir motto.

Claudio.

Air entrar poscia Claudio


valieri

Si-

leno incomiilci a cantare / Cadi

Aristofane (i)

ove

(i) Era cos intitolata una Commedia di codesto autore; e il passo deHa medesima a cui qui si allude j contiene un motteggio a uno scilinguagnolo, volendo tassare di tal difetto Claudio. E come oltre ci Aristofane aggiunge alcun che della misera sorte de' servi ch'erano presso quello scilinguagnolo, Giuliano con farne applicare da Sileno a Claudio i versi intende significare la miseria de' Romani so ti*

tal principe.

, ,

parla Demostene.
,

Indi.,

come per
,

mordere Claudio voltosi a Quirino: E' non va bene, dissegli


che tu abbia introdotto
ai

convito

codesto nipote tuo senza i liberti suoi cari, Narcisso e Fallante, Chiama, Su via, costoro; e insiem con essi chiama , se vuoi sua moglie Messalina che senza essi sto per dire essere morto il satdlizio di questa tragedia,
:

VII.

Nerone.

Parlava ancora Sileno, quand'ecco giungere Nerone colla cetra in mano e in capo l'alloro. Il perch Costui volto Sileno ad Apollo
, ':

101
disse,
si'
,

atteggia alla tua

maniera.
,

Ed

io

rispose Apollo

or ora

gli

strapper quella corona: percioc-

ch n in tutto mi ha egli imitan ove pur lo tent, m'imit egli siccome conveniva. E spogliato della corona,, Oocito il port
to,

via (i).

Vili.

Vindice, Galea, Ottone, Vitelli:^

Parecchi di diversa stirpe vennero dappoi Vindice, Galba, Ottone, Vitellio. E Sileno allora
:

di Nerone (i) Si fayoleggiato , che 1' anima fosse nell'Inferno legata con catene d'oro; e perch avea liberata V Acaia dal tributo all'occasione del suo viaggio col, i Greci adulatori aggiunsero 9 che jo sia ea stata convertita in cigno.
ti

***

domand: D' onde, o Dei, questa plebaglia d'imperadori?

Vedete
!

che restiam soffocati dal fumo Codeste bestie noti risparmiarono neppure i vostri templi (i).

IX
Vespasiano, Tito,
Domiziano.

Giove intanto, riguardando il fratel suo Serapide, gli mostra e gii dice: Manda Vespasiano
9

Ma

sabito fuor d'Egitto codesto avaro, onde non f eslingua le lampadi.

In quanto

al

maggior

de' suoi fi-

fi) Pare ci detto spezialmente di Vitellio, il cui esercito entrato in Koma cagion, oltre altri mali,

a che incendii gravissimi , e spezialmente pidoglio \ oy J erano parecchi templi.

al

Cam-

gli,

egli

abbiasi diletto eolla ve


;

nere di tutto il popolo e al pi giovine simile alia feroce belva metti la catena al collo. di Sicilia
,
,

Nerva.

Dopo costoro venne fuori ufi vecchio di bello aspetto ( poich spesso anche nella vecchiaia splengiustissimo in fai ) ragione e di facile accesso. AI quale Sileno fece riverenza senza aggiunger motto. Onde Mercurio
,

de bellezza
,

da accusarsi l'ingiustizia vostra .perch lascia,

-domand E dici ? Dico che qui o Dei ,


gli-

di costui

che

ci

rispose

Sileno

io4
ste regnare quella bestia

sitibonda
costui.

di sangue

per quindici anni, ed


,

appena uno ne concedeste a

* Me non rimproverarne
:

rispose

Giove che dopo questo ne dar ed eccellenti.

molti

XI.

Temano.

subitamente

usc

Traiano

portante sulle spalle i trofei gelici e partici. Il quale veduto da Sileno questi a voce bassa ; come
,

s*

ad un tempo celarsi ed essere udito: Or, disse, tempo che Giove, moderator sommo delle
e volesse
,

cose

vegga

coni' egli

custodisca

Ganimede.

i@5

XII.

Adriano.

Dopo Traiano comparve uno


di in

lunga barba (i)

di aspetto

severo.
stesso
tratto
al

Moveva
,

egli

moke
;

idee

sua mente

anche
,

alla

pensava seco musica poi di


gii

in tratto alzando

occhi

cielo

con grande studio me-

ditava parecchie cose secrete , che non debbonsi saper dal volgo.

guardatolo Ditemi , domand,, che opinione avete di


Sileno
j
:

portasse

il primo degl' imperadovi che barba ; e ci fece per coprire qualche macchia % o cicatrice che ayca sui volto.

(1)

Adriano fa

io6
questo Solista ? Va egli forse cos cercando ntinoo? Dicagli alcuno; che quel giovinetto non qui
I

e nel

tempo

stesso liberi

codesto

vanissimo

uomo

del suo delirio (i).

XIII.

Antonino

Pio.

Indi

entra

un uom moderato
di

non

ne'

piaceri

Venere
cittadini.

(2.),

jna nel

governo de'
I

Eh

eh

disse Sileno

veggendolo

di ren(1) Qui si allude all' insensato progetto dere Antinoo femmina coti una operazione che cost a quell infelice giovinetto la vita. qui Giuliano ricordare l amor ch'ebbe (2) Vuol Autonino per la. moglie Faustina^ detta la maggiore 4onna famosa per libidine.
5 5

IO ? quanta diligenza in minuzie-! Io ho questo vecchio per un di


1

quelli che tagliali cornino.

XIV
Marco
Vero
Comodo.

uIielio

Poi essendo venuta una coppia Marco Antonino e fratelli, Sileno aggrott la Lucio Vero non avendo di che intacfronte car costoro n per ischerzare, n per mordere massimamente parlandosi di Marco. E s che di lui venne cercando alcuni falli rispetto al 'figlio e alla moglie: poich lei pianse troppo che
di
, ,
,

pur non fu donna buona (i); e


(i)

Faustina

fi

detta raimore-

io8
andare in preciF Imperio quando avea un genero (i) eccellente , che avrebbe sostenuta bene la Repubblica , e quel giovinastro meglio regolato di quello che fatto a vessagli. Sebbene adunque Sileno esaminato avesse diligentemente tutte queste cose rispettando la grande virt di Marco si tacque e il figlio di lui, non giudicandolo neppur delasci Col figlio

pizio

gno d'essere motteggiato, lasci; senza rimbrotto, perch lo vide; prosternato a terra, n poter gire al suo posto , u seguirgli altri eroi.)

(i)

Pompeiano;

log

Pertinace

ccostossi quindi Pertinace , e in mezzo al convito si querel de' suoi uccisori. Delia cui sorte mostrandosi pietosa Nemesi Gessa,
:

disse

che
;

gli

autori, o

compiici

della trama, frutto


tinace,

non ne coglieranno

sebbene tu pure, o Percommettevi ingiustizia, en-

trando almen coi consigli in quella congiura per la quale il fgliuol


di

Marco

per.

II

Severo, Geta, Caragalla,

Segu poscia Severo, punitore inirabilmente acerbo e gagliardo. Di costui, disse Sileno, io non parler: perciocch mi fa paura

noni

crudo

e inesorabile.

poi stavano per entrare con essolui i suoi figliuoli, Minosse da lontano li fece fermare; e poi-

Come

ch ben distinse Funo dall' altro y lasci entrare il primo (i), e man-

l'altro ai tormenti dell'Inferno,

fi)

Qsla

ucciso,

da Cavacalla,

in.
XVIf.

Maghino^ Eliogabalo.

Venne loro dietro Macr no , sanguinario e fuggitivo. E dopo lui quel giovinastro che nacque in
Emesa,
ciati

Ed ambedue

furon

cac-

lungi dalle

sacrate

chiostre

del Cielo.

xvin.
t
v

Alessandro Sevro*

Alessandro siro f sedente ultimi piangeva il misero suo destino. Ai quale Sileno p mottra gli
,

Ed

la
*

teggiandolo

disse;

O uomo
s

stol-

to, e da nulla! Portato a

grande

imperio
sti

non tu
,

signore

ma
alia

delle cose tue foogni tua ricchezza

madre, non intendendo sciagurato quanto fosse


commettesti
,
!

meglio

impiegarla in pr degli amici, che farne inutil tesoro. Ma io , soggiunse Nemesi man,

der a gastigo tutti coloro che furono autori di ci. E cos fu licenziato quel ragazzone.

":

VaLERIANO, GaLIENO.

Entr poscia Galieno insieme con suo padre. Questi traeva ancor seco le catene della sua schia-

n3
Vitk
(i).

mantato
guisa di
teggi
Chi
il

1/ altro, mollemente amdi stola y procedeva a

femmina
padre
costui
,

(a).

Sileno mot:

dicendo

fio,

Regge

le

che in candido cimieri squadre 9 e le precede ?


x

Galieno cos:

....
Molle

s'

Avvolto in aurea vesta 9 avanza come donzelletta*


(

Eurip. nelle Fenisse.

Giove ordin che entrambi


lungi dal convito.

isser

(i) Allude alla prigionia presso i Persiani sofferta da Valerano sino alla morte. pel lusso d' Ogni maniera (2) Galieno famoso * cui s abbandon.

ii4

XX.

Claudio

IL

Dopo
In esso
chi,
celso

gli

costoro apparve Claudio. Dei fissarono gli oo


ec-

ammirando V animo suo


;

che I posteri suoi avessero Y imperio perciocch sembrava giusta cosa che i nipoti di tal uomo, amancontenti
:

furon

tissimo

delia

patria

regnassero

lungamente

(i).

H^

(y)

Da

cjuestQ

imperadore nacquero

Costali fciai*

si5

XXL
Aureliano.
A

Poscia venne Aureliano quasi scappato dalle mani di coloro che ritenuto Paveano presso Minosse: imperocch gli si faceva querela
,

ingiuste

stragi.

E come

assai

male difendeva

la

propria causa p

era gi per essere sentenziato rea. Se non che il Sole (i), nume e

signor mio,

il quale altre volte lo avea soccorso , anche in questa occasione non poco gli giov , ad

(i) Giuliano fa qui intervenire il Sole per la considerazione > che la madre di Aureliano ne fu sacerdotessa , e perch Aureliano medesimo avea edificato al Sole un tempio magnifico. Ad Emessa sacrific al Sole per conquistare Palatura., che assediava..
>

<

'

.>

ii6
alta
gli

voce gridando in cospetto de Dei, che pagate avea gi lp

debite pene.

domandava

se

si

fosse per avventura

moria
Chi

dell'

perduta meoracolo di Delfo che


:

soffre

il

mal che jk\

giusto

tm

torna

(i).

-XXII,

Pp.obo*

costui

venne

dietro Probo,

Egli in meno di sette anni ricuperate avea sessanta citt (a) , e

(i)

Dicesi, che quest' oracolo fosse messo fuori


a proposito di

la

Seneca
{2)

Gaucho.

Ho emendato
s

pisco

questo passo sulla fede di Vo~ che accenna sessanta citt , non settanta*

II 7

molte altre cose on assai prudenza operate e non ostante fu trattato -iniquamente e spietatamente. Ma del retto oprar suo ebbe dagli Dei oltre gii altri premii pur questo che i suoi uccisori pagarono aspro fio del misfatto. Contro ini ci non ostante voleva Sileno dir qualche cosa, sebbene i pi gli ordinavano di tacersi. Ma lasciate almeno, diss' egli ; che
;

quelli
lui,

debbon vivere dopo da quanto a lui accadde tragi

quali

gano avvertimento. Ignoravi dunque tu o Probo che i medici volendo dare ai loro ammalati farmachi amari distemprano li loro in qualche emulsione d' acqua? ma tu ti serbasti sempre immite ed aspro ne in cosa alcuna, n ad alcuno volesti cedere.
, \
,
;

Perci ingiusta sorte invero ti tocc ma quale naturalmente dovea


;

4*,

n8
toccarti.

Che non comanderai con

felice successo

n a cavalli, n a n a muli , ne a uomini se qualche cosa tu non voglia concedere alle loro passioni appunto siccome sogiion fare i quali a loro ammalati i medici concedono alcune leggieri cose >
buoi
,
,
:

onde poi

non

ricusili

modo
mio
cos

loro nelle gravi.


dai tu
dir

Ma
p

di fare a

spettacolo ne

ora

che padre
filo,

prese a
all'

Bacco.

Sei tu

sofo

Anzi,
te

improvviso divenuto
d, figlino!
;

mio

tu, ripigli Sileno

anche

filosofo? e

non non sai che


quel So-

fec' io

Socrate volto e

fu

pur simile a me

di

di figura (i)?

scherzo di Sileno non ist soltanto nel d' avere educato nella filosofia Bacco 3 ma nel trarre a prova della propria filosofa il rasso.nn gliare che fa il brutto viso di Social^ al suo. Pie .^
(i)

Lo

supporre

che riport la palma tra i dei suo secolo, se non credi vano l'oracolo di Delfo. Lascia dunque, che io possa or
crate

Sapienti

dire

non

cose

sole

di

scherzo

ma

alcun che eziandio di serio.

xxm.
Caro
,

Carino

Numeriamo,

Parlavano ancora essi tra loro, Caro, tentando d' introdursi insieme co' suoi figliuoli , venne cacciato indietro da Nemesi

quando

Platone Sx Alcibiade assomiglia Socrate a Sileno e a Marsia. E curiosa cosa che un Tedesco { Ermanno Vlich von Lingen ) ha raccolti tutti i passi e i monumenti che l'antichit somministra per comprovare il brutto ceffo di Socrate ; e un altro Tedesco ha lungamente disputato sostenendo che ( Henman ) Sperate era di bella figura.

XXIV*

Piogleziano Massimiano ERcroxEd r Galerio Massimiano y Costanzo Cloro.


-

Allora
fa

si

fece avanti con digni*

belP ordine Diocleziano % conducendo seco i Massimiani e r avo mio Costanzo. Teneva osi tutti stretti per la rnauo ma pera
e in
,
;

non andavano

del

pari

cammi-

nando: che gii altri facevano a lui una specie di coro. Ed avendo
voluto alcuni
d'essi precederlo a
egli

modo
proib
(i)

di satellizio (i),
,

nulla

arrogandosi

ne li sopra

intelligenza di questo passo ? avvertono x , che ne} coro delle antiche tragedie stava net mezzo ? e glj un%j , che n' era \\ capo altri ii circo davano, tenendosi stretti per mano

Ad

Commentatori

i&s^me

tre a tre.

l'UE

Indi poich si sent stanco , die loro quanto avea sii He spalle, e libero e spedito procedeva Ammirarono gli Dei codesto unagli altri.

nime
Sileno

consenso

ed

accordarono
altri.

loro di sedere avanti a molti


,

quantunque sapesse la intemperanza di Massimiano non volle motteggiarlo bens non lo ammise alla mensa degl' Impera* dori. E siccome non si content
?
:

d' esser proclive a voluttuosi

pia-

ceri

ma
',

fu cupido di cose nuove*

infido

non

affatto

consono

al

tetracordo (i),

Nemesi

lo cacci;

ove andasse: che io trascurai di chiederne a Mercurio.


si

ne

sa

fi) Per tetracordo intendesi una congrua e fedele concordia di quattro suoni ben ordinati insieme , siccome spiega Marziano Oapella. Noi diremmo pi speditamente quartetto. Del resto ognun vede que~ sta essere una metafora indicante F accordo che Diocleziano seppe costantemente far mantenere nel T amministrazione dell' Imperio fra tutte queste persone. Cosa che dopo lui manc.

1%&

XXV.
Massimino
.Massenzio

Licinio.

A questo

tetracordo

concorde t

cevt altro sistema successe violento,

aspro e dissono (i); tra i componenti dei quale Nemesi due dal ceto degli Dei escluse a modo, che non li lasci accostare nemmeno
al vestibolo.

cinio

E Minosse cacci Lisubitamente eh' ebbe tocca la soglia perciocch costui iva meditando molte e strane cose.
:

stantino

Questo secondo quartetto fu composto di CoMassimino , di Massenzio e di Lici, di nio. Giuliano lo nomina sistema, perch gli Antichi parlando di musica poneyan due sorta di sistemi
(i)

tetracordi

Non parmi

gli uni consonanti , che usandosi ordine feenc F ie& dell' Autore,.
:

gli
si

altri dissonanti.

fosse qyn spres&S

1%?*

XXVL
Costantino Magno, Costantino il giovine, Costante, Costanzo Magnenzio.
*

e per Costantino lungo tempo si rimase seduto. Poi dietro lui entrarono anche i suoi
,

Ma

entr

figliuoli.

Magnenzio non fu accordato T ingresso nulla avendo


:

egli

fatto

che

fosse

da

uom

di

proposito, quantunque paresse aver fatte molte cose convenienti a va-

lentuomo. Ma gli Dei ,. veggendo non essere le imprese sue procedute da buona indole lasciarono
,

lui>

che fuggivasi, nel suo pianto.

XXVII.

Alessandro Magno.

Gi era apprestata
,

a cena, nella

quale nella manc poich gli Dei abbondai! di tutto. Piaceva a Mercurio vedere, che gii Eroi fosser messi al paragone tra loro e Giove jo disdisse. Al quale onore Quirino avendo dianzi domandato ? che ammesso fosse alcuno della sua Ercole si oppose, dicendo: stirpe No, io non permetter giammai tal cosa: perciocch per qual ragione non hai detto che a questa cena venisse anche il mio Alessandro (i)?
;

(i)

Jrcolc

tare

domandano qui i Commentatori, Perch chiama suo Alessandro? ]Non sanno accerpositivamente se ci sia perch Alessandro
,

Giove, io ti priego, che quando t'abbi prefisso d'introdurre qui alcun di coloro, chiami anche Alessandro giacche qualora vogliasi venire al paragone, ed esplorare la virt di ognuno, per qual ragione, domando io, soffriremo che non intervenga egli, che vai Giove parve che sopra tutti ? figliuolo d'Alcmena dicesse bene. il Entr dunque Alessandro: a cui ne Cesare, n alcun altro s'alz;
;

Perci, o

sommo

ed

egli

intanto

trovata

la

sedia
,

vuota da Garacalla cacciato per la morte data al


lasciata
tello,,

gi
fra-

si assise. Allora Sileno, motteggiando Quirino, gli disse: Guarda

che

tutti

codesti

nipoti

tuoi per

si

discendeva da lui , poich nelle antichissime Storie suppone che Ercole lasciasse figli dappertutto ? f> perch lo riguardava con grande affetto a cagiosw $e singoiar valore e delle imprese faUe,

I&6
virt e fortezza
sotto di

non

restino al di

Oh
ve
,

questo solo rispose Quirino,


io
ti

Greco
aff di

che

assicuro

Gioche stimo

parecchi de' miei a costui non in-

Vero eh' egli venne in ammirazione presso i miei posteri , che lui solo di tutti i Barbari chiamano e reputati Magno ma non per credono essi gi, che ogni altro di lor nazione
feriori.

tanta

le cose

a lui ceda: sia ci per amore delproprie , sia perch cos

comporti
col fatto.

la

verit.

Il
il

che qual

fondamento $ abbia,
face vasi rosso
nipoti suoi
:

Quirino manifestamente appariva turbato per timore che i


,

Cos dicendo
e
venissero

vedremo

posposti ad

Alessandro.

fcffljr

XXVIII.

S chiamano alcuni
alla prova.

^Cesari

Intanto Giove interrog gli Dei^ se dovessero tutti coloro mettersi ai paragone l'u P altro , oppure
tentar la prova

come

si

fa ne' gin-

nasti: dove se alcuno supera chi sovente fu vincitore, tuttoch vinca solo quest' uno \ tiensi per avere vinti eziandio quelli che non vennero a prova con esso lui, ma furono vinti da colui ch'egli super. E questa maniera d'istituire la prova parve a tutti la migliore,

Adunque Mercurio cit ad aita voce Cesare poi Augusto e per terzo Traiano, per la ragione che in essi era pi virt militare. E
,

xa8
Saturno guardando Giove ? disse, meravigliarsi perch a questa prova chiamato avesse tra gl'ImpeTadori quelli che chiari fossero per militare virt, e nissuno degli altri che stati erao filosofi; e che, continu
fattosi

silenzio,

il

re

io noe amo meno di onde chiamate dentro anIl quale che Marco. chiamata venne immantinente grave assai negli atti e severo, ed a cui le
egli a

dire

questi

troppe cure contratto aveano gii occhi e le fattezze. Pur sovrana bellezza splendeva in lui nel tempo stesso che s mal concio mostravasi sul volto, e disadorno delia persona: che lunga avea egli la barba, ed abietto l'abito, tratto indosso con modestia di filosofo. Ma il suo corpo per la pochezza di cibo a era fulgido tutto, e diafano guisa, credo io, di purissima luce.
,

mg
Entrato egli
chiostra:
disse, e
;

adunque
Bacco.,

nella sacra

o re Saturno, tu Giove padre! pare a

voi, che tra gli Dei possa essere E rispondendo cosa imperfetta? Adunque prosegu essi che no egli, chiamiamo qua eziandio alcun voluttuoso. No, no, disse Giove; n fia giammai che qui metta piede chi non segue il culto nostro,

noi.

Sibbene

stiasi
;

nei

soggiunse Bacco ed ivi , trattisi la sua causa. Ma intanto, se cos piace, chiamisi, non invero imbelle, ma nondimeno ammolvestibolo
lito

ne' piaceri e nelle


egli

Venga

adunque.

delizie.
-

venne

sino al vestibolo Costantino.

i3o

XXIX.
'

Giove

stabilisce

le

forme

della prova.

Cos fatto , si parl del com( prova; e Mercurio opiche ciascuno dovesse arinnava ga re la propria causa, e gli Dei poscia votare. Ma diversamente pensava Apollo ^ per la ragione, che nel tribunale degli Dei cercar ed esaminare le cose debbonsi che son vere , non gi le probaistituire la
,
,

bili

e soltanto atte a persuadere.


,

volendo all' uno e all' altro de' proponenti 7 e trarne F adunanza in lungo $

Giove

compiacere

Non

v', disse difficolt in per* mettere che ognun parli; e por*


,

remo

nella clessidra

di

ciasche-

i3t
d'acqua, e di poi ciascheduno interrogheremo in par-

dono una porzione

ne investigheremo l'inAllora Sileno, scherzando, dole. disse: Per guardati, o Nettuno 7 che Traiano ed Alessandro non credano quest' acqua nettare e
ticolare, e

non non
tri

se

la

ingollino

tutta,

onde

lasciare alcun

di

parlare.
:

tempo

agli al-

cui Nettuno

Costoro non furono teneri dell' acqua mia , ma sivvero del onde maggiormente Jiquor tuo hai a temere tu delle tue botti, che io delie mie fonti. Tocco Sileno da s mordace risposta, si tacque e si volse alla prova dei contendenti
rispose
:

iSa

XXX.

Intanto

Mercurio

fece

questa

dichiarazione.
1/
arbitro

sommo

d'alti
si

premii or vuole

Che

alla

prova

velica. Il
\\

tempo stringe:

Ne

luogo

a indugio.
3

Quanti qui siete udite , Colla forza dell' armi , o col consiglio Molti ai vostri voler sudditi aveste 5 Popoli e regni. Neil' arringo tutti Scendete \ e voi che di beata vita Sol credeste sostegno 1' esser saggi 3 E voi cui parve della gloria il colmo Toccare in terra, se il potente braccio Riversava i nemici entro il profondo D' estremi mali , ed' ogni ben se colmo

banditore adunque o Re , che dianzi

Rimandavate chi ponea in voi fede

voi che al molto oprar per fin poneste


le
le
p

mense 5 e le nozze 3 e il vestir molle ingemmate armille 3 e d' ogni senso Il goder Le io e fur tai cose il sommo D' ogni bene per voi. Di Giove poscia Fia cura il dare al viacitor la palma*

i33
.X.X.1.

Si

stabilisce

per sorte t ordine

di parlare.

Dicendo Mercurio
volle essere
7

cos, furono

che sempre primo in tutte le cose, ebbe anche qui favorevole


tratte le sorti; e Cesare,
il

tal vena suoi voti la fortuna. sictura il f' gonfio e insolente


:

ch manc poco che

Alessandro

non si sottraesse alla prova. Se non che il massimo Ercole il ritenne i e gii fece animo. La sorte intanto diede ad Alessandro d'essere
il

secondo

parlare

dopo

Cesare. La sorte pure assegn il posto che aver dovea ciascun altro.

i34

XXXII.

Aringa d Cesare,

Cesare incominci di questa maniera,


t(

A me/o
uomini

Giove ,

ine,

o Dei

tutti presenti,

per ventura

tocc di nascere dopo tanti chiarissimi


\xi

tal citt,

che

pi di qualunque altra ebbe an>; pio dominio,. e che fu di tanta; grandezza, che s'ebbero le altre per magnificentissima fortuna! l'avere un posto prossimo ad es sa. E quale altra citt infatti, in-; cominciata a formarsi da tre mila.;
v(

uomini, in meno di seicento .anni stese colle armi l'imperio suo sino agli ultimi confini del

s
is

mondo

Quale

fra le

antiche;
tanfi

Ki

generazioni fu quella

che

uomini

eccellenti

in
,

i35 virt e
e tanti
?

in robustezza produsse
reggitori di

repubblica

chi.

a
ce

pi d'essa con tanta piet venero gli Dei? Or nato essendo


io in tale e tanta citt
^

a
(f

a tutti

ce

k
e

ce

<c

coloro che o meco vissero , o furon prima , andai innanzi nella gloria delle imprese. Ne tra miei concittadini credo io esservi alcuno il quale voglia meco in gloria contendere. Che se n'avesse ardimento questo AlesSandro, dica egli quale egregio suo fatto intenda paragonare a* miei. E questo forse l' impresa sua contro i Persiani ? Come se veduti non abbia i tanti trofei da me riportati sopra Pompeo E qual dei due fu pi valente imperadore d'eserciti, Dario o
9

ci

Pompeo? Chi
tan

di or

due capi-

esercito pia

valoroso? Le-

i36
k pi bellicose di quelle genti che <( gi ubbidirono a Dario, Pom peo ebbe nelF esercito suo per

altrettanti

Garii (i) e bagaglio-

ni.

a
ne

ce

Europei che il seguivano eran quelli che molte volte sconfitti aveano gli Asiatici e n erano certamente anche i pi valorosi dico gf Itagli
',

E poich nominati i Celti ho egli per avventura alcuno , il quale opponga quanto fece Pompeo Ceti a ci che feci io contro i <( soggiogando i Celti? Egli pass V Istro una volta sola io due volte il Reno e le cose che io feci nella Germania sono tali, che ninno pu pareggiar

liei; gl'Illini,

Celti.

<c

(i) L'espressione di Carli qui spregiativa: poich presso gli Antichi i popoli della Caria fceae~ valisi di foags anima,

le.

tra'

Io affrontai Ariovisto; io fui Romani il primo a navipel

gare

mar

esterno.

Quella
questa

te

mia

.impressa

somma;

per r ardimento
vigliosa
:

ce

((

te

consideri che io fui il primo a metdegli ter piede a terra. Taccio Elvezii e degflberi, n alcuna cosa rammento delle fatte da me nella Gaiia \ con tutto che di treivi io conquistassi pi cento citt , e debellassi pi di due milioni cV uomini. Grandi sono codeste imprese ma di maggior animo fu quella a cui scender dovetti, provocato a mi;

appare molto pi se si

m era-

stirarmi co' miei concittadini.


?

Ho
?

a
a

domato gl istessi indomiti ed invitti Romani Or dutqtie se


!

vuoisi giudicare la
in aperto

cosa

dalla

moltitudine delle battaglie , io campo combattei tre

i58

<<

Folte

tanto

quanto

coloro

quali presero a magnificare Ales-

C(

Sandro dicono ch'egli combattesse. E se vuoisi far conto di


citt
la

prese, io presi, e sottomisi

^
<(

P
fi

maggior parte di quelle d'Asia e d^Europa, Alessandro conteatossi di guardar T Egitto,, e


pass innanzi io domai l'Egitto stando a tavola. E che poi 2 volete per sorte aver qui inoltre
:

*(

^
|l

le

prove della moderazione daL


dall' altro
?

F uno e
sl

vittoria
3

nemici ricompensa, che mosse a ^ prenderne ragione la stessa |)ea vendicatrice de misfatti. Ma co stui pi tre che incrudel contro nemmeuo gli amici # i nemici
a
<(

tenuta dopo Io perdonai anche dai quali ebbi poscia

tal

<<

suoi

risparmi.

verrai

tu

.duaque a contendere con me del primato o non pi tosto


;

subitamente mi cederai, siccome gli altri? E certo tu, per mia fede mi poni in necessit di non tacere quanto fosti crudele coi Tebani e quanto cogli El~ vezii mi fui dolce io. Tu di
,

quelli

abbruciasti

la

citt

io

quelle eh' erano state abbruciate dai loro stessi abitarestaurai

tori e cittadini.

quale mag~

gior opera: quella d'aver vinti


dieci


<x

mila Greci miserabili,

quella d'aver sostenuto la forza e

(<

impeto di cinquanta mila uomini ? Molte cose resterebbonmi


1*

a dire di

me

e di

costui

ma

tempo ed agio mancorami, n venni qua preparato abbastanza, Perci sar d' uopo che mi perdoniate
;

e che dalle cose dette

giustamente argomentando che delle taciute a me


,

an~
ag-

giudichiate

il

primato

140

XXXIII
Aringa di Alessandro,

Cesare

avea

parlato

cos

el
I

volle aggiungere qualche altra cosa;

ma

Alessandro gi per lo innanzi mal sofferente del ritardo, non pot contenersi pi oltre e come gagliardamente eccitato con
,
;

'

erari
a
<(

forza' disse

Ed
,

io

Giove sommo.
piti a la

Numi

tolti

come

c(

in

silenzio

costui

<(

Vedete voi

stessi

lungo sosterr audacia ? come continua

a
a

ed a coprir Forse voleva,


stenesse
l'altra-:

senza fine a lodar se medesimo, me cY improperii.


giustizia,

che s'a-

e daldall' una cosa perciocch mentre sono entrambe moleste, iusomibile e

<<
t(
<i

poi, eh' egli mie, quando

accusi le
si

i4* imprese

studi d'imitarle.
vi-

tanta sfacciataggine giunse,

a
ce

che

malignamente venne a

tuperar l'esemplare stesso delle opere sue. Ma avessi tu almeno , o Cesare, ricordate quelle e lagrime che ti cadder dagli occhi all' udir parlare de'monumenti che de' miei fatti rimante gono ancora Pompeo secondo <c che io credo quegli che di poi ti rend superbo ; quel Pompeo che l'adulazione de' suoi concittadini guast , e che non seppe mai comportarsi da vero . uomo. Perciocch il solo basso a animo di coloro che a quel a tempo eran consoli^ magnific il
ie
ce

<(

<c

ce

a
ce

trionfo da colui riportato sulV Africa: cosa per s di non gran conto. "Del resto altri furon quelli che poser fine alla
,

<c

guerra servile guerra intrapresa non contro uomini > ma contro


;

vilissimi schiavi

e voglio

dire

Grasso

e Lucio.

Pompeo non

fece che appropriarsene la gloria.

se si parla della guerra con-

k tro gli
a

Armeni

vicini popoli
;

Lucullo fu che domolli e Pompeo non altro fece che trionfare.


I

concittadini

suoi

a-

dulandoio
<c

Y appellarono

Mavivuti

gno

(i).

Ma

di

quali

nella sua citt prima di lui fu egli maggiore? con quale impresa sua pot egli eguagliar Mario 4t o i due Scipioni o codesto a Furio Cammillo, il quale eccolo
,

isse

Della felicit in guerra di Pompeo assai ne Cicerone nella Maniliana ; e chi ragiona sulla storia trae da quella orazione di Cicerone il vero principio della ruina della Repubblica, poich accrefi)

sciuta la riputazione di

Pompeo,

fu a costui facile

dominare.

i43
per gl'illustri suoi fatti vici Dissimo a Romolo come ristali<c ratore delia quasi ruinata citt di lui? Che non seguirono essi di que' magistrati 7 il costume <c agli edifcii a pubbliche i quali u spese fondati e compiuti da essi di poi altri , per averne fatto imbiancare le pareti alcun

<<

<(

a
te

poco

-,

appongono

loro nomi*

ce


<<

No, non posero questi i loro nomi alle opere altrui ma dalle proprie diedero ai nomi loro altissimo grido. Non dunque
;

<c

da meravigliar tanto se vincesti codesto tuo Pompeo y che grattavasi la testa con un dito (i)^ e che pi a volpe astuta che a

(i) Grattarsi la testa con un dito fa modo proverbiale degli antichi Greci e Romani \ per indicare gl/ uomini effeminati e lussureggianti $ e fu detto spe* ttifca-tamente di Pompeo

i44
coraggioso leone si assomigli. <( Il quale poich fu abbandonato a dalla fortuna cke per lo innanzi Favea sostenuto , tu potesti vince (e re facilmente , non avendo egli ce pi r antico sostegno di essa. che non ne rimanesti vincitore per ninna tua virt manifesto, a sapendosi che ti lasciasti ria
,

<(

te

durre in

somma

carestia di vet-

tovaglia: error

non

lieve in ca-

pitano; e che in battaglia cam pale Che se r andasti rotto.

poscia fu Pompeo s stolto e fuor di senno da non saper Kj rettamente comandare a' suoi, o $ alla occorrenza temporeggiare

<(
, ;

i<

e se

volle

venire a

battaglia
7

gi

u seppe approfittare de vantagg che avea,- certo ei cadde per


,
?

colpa sua non per la forza del valor tuo e de tuoi consigli. j All'" incontro i Persiani. i quali

ce
'

con diligenza rato aveano

e previsione prepatutto ci
,

che

alla

se caddero | guerra occorreva caddero per virt nostra. Dir poi, che come non col solo ope~ rar molto, ma coli operar giusta mente convien mostrarsi vaiorosi e degni d'imperio , io mossi le armi per vendicare sopra I Persiani le ingiurie eh' essi falto aveano a' Greci e mosse pur avea le armi dianzi contro i Greci , non per distruggerli r ma per reprimere tra essi coloro che m'impedivano di passare in Asia e gastigare i Persiani. All'opposto tu debellasti Ger mani e Galli per armarli poscia tu medesimo contro la patria tua: di che, d, qual peggior cosa e pi turpe possa mai darsi. E poich come per de
7

c<

ce

ri

sione ricordasti avere io vinti

i|6

te

dieci mila Greci ancorch- 1 sappia dal paese de" Greci trarre voi origine vostra, e Greci anticamente avere abitata la mas.

sima parte d Italia non porr questo argomento nel numero delle cose che sono per dire. Imperciocch bene noto come tra que' medesimi Greci fuvvi una piccola e spregiata nazione, intendo gli E toh che a gran ventura riputaste avere per so eli ed amici ai quali poscia ne so il perch, faceste guerra; ?

, , ;

non senza grave


li

difficolt e

pericolo
stare
all'

obbligaste

sotto-

imperio vostro. E voglio a dire con ci, che se nella estre ma vecchiezza della Grecia (che a cos con ragione pu chiamarsi u quell'epoca) voi aveste, direi quasi, forze appena bastanti per domare una piccola nazione

ce,

ce

fi

che sarebbe stato lare colia se aveste avuto a generazione de' Greci intera quando questi erano in tutto ii
'

mal nta

vigor
stati

t(

quando fossero con unanime consenso in


loro,
e

armi contro di voi ? Ne credo io che perduta abbiate la me-

mona

di

quella
vi

'trepidazione
gitt


ce

generale in die

Pirro

quando venne
l'aver vinti

nel vostro paese.

te

Giacche poi tu estimi lieve cosa i Persiani, ed ardiimpresa ^ sci ridere di quella dimmi, e perch quella striscia di terra che presso il Tigri sta
sotto
ii

c<

dominio
pi

de' Parti,

dopo

trecento e

anni da quella

fc

mia guerra, non ancor vostra ? Vuoi che te ne dica io ii perche ? I dardi de' Parti ve ne tennero lontani. E del valor di quei popolo te ne dar conto

^c

che sotto te fece le Antonio sue prime campagne. Io al con,

trario soggiogai in meno di dieci k anni e Parti e Indiani. danque tu sei di tanta fidanza da

ce

sfidar

me, che
tali

fr

dalia

prima
feci, la

et

mia

fui condottiere di guerra,

e che

imprese
,

mi

cui

quantunque non sia stata degnamente celebrata dagli scrittori^ pur vivr meco

memoria

eterna?

Ho

avuta

la

sorte

di

Ercole, signore e re mio, da me venerato sempre ed emulato: perciocch mentre io gareggiava quasi del pari con Achille (i), autor di mia stirpe , Y animo mio alzai ad Ercole, e battei T orme sue per quanto pu uomo

fi) Alessandro } che per parte di padre stimavasj discendente da Ercole , per parte di madre credeva partecipare del sangue di Ac&ile,


ce

anelar dappresso

queste
le

ad un Dio sempiterni Numi, sono


a dire contro

a
ce

cose che avea

costui: sebbene meglio sarebbe stato sprezzarlo. Che se qualche

fatto fu atroce non tocc per certo uomini innocenti, ma i tali, che pi volte, non gi in
,

mio

t:

ci

ce

un caso solo, m'aveano offeso; oppure che malamente e stoita niente preso avea no tempo ed occasione. E di ci che circa
questi
to che

ce

ultimi

io
:

feci

ni ebbi
ci

ce

poi pentimento
ritorna

quel pentimendai

ti

ispirato

Numi

ce

sapienza,

e restitui-

te

sce alla pristina integrit coloro

ce

ce

che peccarono. In quanto agli altri che ambizione o male,

voienza trasse
d' essi

a farmi guerra
.,

ce

e ad ingiuriarmi
,

a
ce

vendicandomi non parca mi far cosa


.

ingiusta

i5o

"XXXIV,

Aringa di Augusto.

Avea
suo
gi
;

egli finito
d'

il

ragionamento
;

pieno

ardor guerriero

il

ragazzo di Nettuno dava ad


,

Augusto
scarsa

la clessidra posta in essa porzione d acqua tanto perch breve era ii tempo che ri4 tanto perch ricordossi mane'va
,
,

della irriverenza da lui

una volta

questo Dio. Del che Augusto essendosi avveduto, sk> come uomo di sottile ingegno lasci di parlare delie opere altrui e il suo discorso comprese in questi termini Io o sommo Giove, e o Dei ristarommi dall' entrare tutti \
usata verso
,
;
:

ne' fatti altrui, e parler di

me

1
*$

*
((

sa

Essendo glutine, presi in come ap~ tutela la mia citt punto Alessandro, la cui grandezza d animo io iio per ceceliente. Quindi emulando Cecon esito padre mio sare
scio.
,
?

termine alle guerre Poi tratto nella germaniche. e fatta la giorH guerra civile debellai nata cavale d Azio
felice diedi
,
?

<*

l'Egitto.

Vinsi

presso
;

Filippi

Bruto e
Sesto
,

Cassio
figliuolo

minando

di

Pompeo

non altramente riguardai quella impresa, che come una giunta


Nei rimanente fui s docile in ascoltare maestri di sapienza che lungi dallo sdegnarmi de' loro detti con
di quella guerra.
i
,

sereno ciglio sostenni


liberissimi di
io

discorsi

riveriva

Atenodoro, poich pienamente colui


-e

come

pedagogo/

divo- anzi

ft

<(

come padre. Cos pur tenni Ario nei numero de' miei amici e
famigliari

a
k<

ne 9 per dir breve , intendo d'aver mai peccato con;

ir la filosofia,

Veggendo poscia

che per le

gterre civili le io-

<(
ce

cose spesso erano minacciate di rovesciamento , in tal u modo io le ordinai che in avvenire la citt potr starsi sicura quale se fosse di ferro.
,

mane

>

smodata libidine di dominare non mi agitava pen# sier non mi prese giammai di

E come

a
ce

aggiungere

all'

imperio

d' essa

quante nazioni e terre fosser nel

<(
t
ce

ma fissai due termini, natura stessa additava Fistio e l'Eufrate. Quindi, domi avendomi & gli Sciti di Tracia << voi conceduti lunghi anni di regno , dell'ozio che restommondo
la
;

che

mi

usai

non

in cercar

nuova

i53

guerre dalle guerre,


leggi,
?

ma

in far

in

restaurare quanto

impeto delia guerra avea rotto e distrutto. Nel che fare io il confesso, pareami di provvedere alla Repubblica in modo , se
1
,

mi

lecito parlare liberamente,

% da non avere a cedere in nulla ad alcuno de' miei maggiori ma sivvero da superar tutti quanti quelli ai quali gli Dei per lo innanzi commesso aveano
;

un

tale imperio.
essi la

di fatti al-

cuni d'

vita loro consu-

'

fK

imprese militari ; e potendo goder della pace, da una si tirarono addosso un' altra guerra, come i litigiosi uomini usan passare da una in altra querela. Altri d'essi mentre erano chiamati alle armi, servendo alla ogni lussuria e alla gola
in
,

marono

immondo

piacere

preferirono

t$4 non dir


ce
ce

al

buon nome,
j

cie

pasalla

sa a' posteri

ma

fin

anche

propria

salute.

Le

quali cose

<(

*<

mentre io considero , non par* rebbemi d'essere meco stesso giu^


sto, se


ce

mi contentassi dell' ultima porzione di gloria. Avr per o Bei, per ben fatto quanto a
>

*<

voi piaccia giudicare di

me

XXXV.
Aringa di Traiaho, a lui dagli Dei.

e lode data

Subito

dopo fu dato luogo

di

parlare a Traiano.

Ma

costui

seb-

bene parlator

uso per per infingardaggine a fare per lo pi scrivere a Stira ogni cosa che

facondo,

i55
gli

occorresse dire, venne borbottando piuttosto che parlando, ad accennare agli Dei i trofei riporlai sopra i G ti e i tati da esso Parti; ed accus la vecchiezza sua,, se la guerra contro questi ultimi non pot condurre a fine. E allora Sileno
stoltissimo
,

gii disse

Ma
l'

tu,

uomo

tenesti
;

iuiperio per

ben

ed Alessandro, che vedi qui, non l'ebbe che per dovent' anni
dici.

Collie

adunque, dissimulando

la

vieni

colpa d'infingardo, in cui sei, accusando le angustie dei


?

tempo
parole,

Tocco dalle mordaci poich non gli mancava


,

arte di dire

ma
avea
:

il

solo eccesso
forza

nel vino
,

gli

tolta
,

ed

ingegno disse Io o Giove e o Numi <jhe siete qui, assunto all' imperio "in tempo che n'e*

ratio

intormentite

le

forze

tutte le parti guaste e

disciolte

i56
a
i<

per le lunghe tirannidi interne, e per le incursioni cle'Geti, io


fui
le
il

solo
io

die ardissi affrontar


estirpai

nazioni stanziate al di l delIstro


:

ce

quella che

fra

tutte

quante furono

mai
9

:c

a
ce

c(

avea uomini bellicosissimi non solo per robustezza di corpo , ma per le massime nelle menti loro ben piantate per opera di Zaroolxi, che col somma niente venerato. Perciocch non credon gi essi di morire, ma soltanto di passare altrove: e perci

te

ci

((

ex

sono pi pronti alla morte che ad un viaggio. L'impresa contro i Geti fu da me spedita entro il corso di cinque annL Non poi ignoto a nessuno , come fra tutti gFImperadori che mi precedettero io fui clementissimo
verso
i

ce

cittadini

della qual lode

Cesare ? che qui , n alcun

contender meco. JN se pensai tardi a mover le armi


altro vorr

contro
essi,

Parti
:

rimprovero

che,

mi si pu fare non offeso da


dover guermossi tosto

non

credetti

raggiarli.

Ben mi
;

che mi offesero

mi
ti

ne la vecchiezza trattenne dal mettermi alla


\

testa dell' esercito


le

quantunque
dalia

leggi

mi

esentassero

milizia.

Ed
io

essendomi compor\

tato


re

sembrer
i

ho espresso non degno di onore a preferenza degli altri avendomi


siccome
\

sudditi provalo mite., e

ne-

mici formidabile; cultore, oltre


, riverente della filosofia vostra prole divina?

d
a

ci

Dette
gli
altri
,

le quali

cose, sopra tutti Traiano fu aggiudi:

pel laude di clemenza qual fatto apparve tale virt m*


cata la

sre agli

Dei

gratissima.

i5S
,

XXXVI.

Aringa di Marco Aurelio.

Tosto
parlar
disse

poi

che
:

incominci

Marco, Sileno a bassa voce a Bacco Stiamci a udire

codesto stoico. Ch'i sa quai paradossi e quali strane opinioni metter fuori Egli intanto rivol!

ti

Giove e agl'i altri Dei, favell in questo modo. Q Giove o Dei: -non ho bisogno u di parole, n di 4 contese. Se i miei fatti vi fosgii

cchi a

<*

te

sero

ignoti

dovreste
;

sivvero

$
|

da

me

orli ili

ma

come

li

sapete,

ne

sfuggirvi,

voi

pu alcuna mi accorderete
che
pi'

cosa

quanto
"%

parravvi
,

abbia

meritato

I5g

Per

lo che,

siccome

egli
,

era
in

in ogni cosa

niirabil

uomo

questa occasione massimamente fu riputato di vera sapienza > come quegli che conosceva
^Quando
il

tacer,

quando

il

parlar sa hello

XXXVII.

Aringa di Costantino.

a invero da principio si mosse alia prova pieno di bella speranza. Ma quando consider le grandi azioni degli altri, tosto si avvide com'erano piccole le sue. Imperciocch , s'egli
lui

Dopo

fu dato di parlare

Costantino,

Ed

egli

lecito dire la

cosa qual , uc-

i6o
ise

vero due tiranni uno imbelle ed effeminato, l'altro acerbamente percosso dalla cattiva fortuna e per soprappi spoglio delie sue forze per mano della vecchiezza entrambi poi ancora odiosi
,

Dei ed agli uomini (i). Ma quanto a ci che fatto avea conera cosa degna di tro i Barbari
agli
,

riso

perciocch avea loro accordato stipendi! , che poteansi con:

siderare

come un

tributo

(s)

pu
il

aggiungersi, che molto


dagli

am

viver molle. Sta vasi egli adun-

que lontano

Dei
:

sul limitar della

Luna

fermato della quale


,

(i) E facile intendere, che amor di famiglia condusse qui Giuliano a dir tanto male di questi due Imperadori. (2) Fu mal esempio 5 funesto poscia all'Imperio, questo prendere a soldo i Barbari. La disciplina militare incominciava gi a declinare tra' Romani 5 p il trono d' Augusto era stato pi volte occupato da uomini n romani 9 ne italiani.

innamorato,
fissi

in

essa

i6i tenendo

gli

occhi.,

poco cura vasi della

Vittoria.

Ma
si

poich era forza parespresse cosi.

lare, egli

Ecco

le

cose

per

le

epa li

(t

sono da pi di tutti costoro, Sono da pi di Alessandro perch io guerreggiai co^ Romani, co' Germani, cogli Sciti; e non co' Barbari d' Asia. Sono da pi di Cesare e di Ottavio, perch mossi le armi, non per discordie intestine contro probi ma contro tiranni imcittadini
v
,

purissimi e pessimi

e tali

mie

imprese, felicemente condotte a termine contro codesti tiranni, per giusta ragione mi resero pi illustre di Traiano. In quanto poi ricuperai colle armi quel paese ch egli per lo innanzi avea conquistato, meritamente ' potrei essere in tale opera eguale
?

ce

k 6&

<(

a lui, se pi
fosse ricuperare

nobil
il

cosa

non
che

perduto, andar cercando ci che s' ebbe mai. Del rimanente che Marco nulla ha detto
<(

non
poi-

per

se, manifestissima cosa, ch'egli

a tutti noi . Sileno usc dicendo Come Costantino, rappresenvuoi tu

cede

Qui

tarci

gli

orticelli

di

Adone come

cosa di grande importanza?

che sono eglino, domand, codesti che chiami orticelli di Adone? Quelli, rispose Sileno, che le donne fanno al beilo di Venere

con mettere in pitali terra leggiera , onde poi sorgano pianti" celie che dopo essere per breve
,

tempo
cendo.
tino
fatta

fiorite

fniscon. presto

A
,

questi detti

mar* Costandi
tal

arross

conoscendo

essere le imprese sue.

6$
HI.

Domande
sposta
i

dagli Dei ordinate. Ri*

di

Alessandro
lui.

dia*

iogo tra Sileno e

intanto, come gissimo parlava pio, chi parca volere attendere

che

Dei decretassero onori, chi pensava che


gli

primi

ognuno
.

de' Cesari dovesse dichiarare quanto


sentiva.
si

crede vasi

giusto
fatti

che

giudicasse soltanto dai

Fortuna potea pretendere d'avere la massima parte.


ne* quali la era essa questa Dea presente; e tutti ad aite grida accusava , eccettuatone Augusto solo, per la ragione, diceva essa, ch'egli avea

Ed

seniore fatto gran caso


suoi.

Ora

gli

Dei

<

dei- doni pensarono di

f64 commetter P affare a Mercurio, E prima di tutto ordinarono che domandasse ad Alessandro qual
,

cosa avess'egli estimata per la migliore di tutte e con qual vista e speranza operato avesse e soste-

nuto quanto oper


egli rispose,

e sostenne.

Ed
suo

che

il

proposto
il

era di

domar

tutto

mondo.

Mercurio domandollo: E cos veramente accerti tu d'avere inteso? S veramente rispose Allora Sileno con Alessandro.
Allora

mordace
se:

scroscio di risa soggiun-

Ma

intanto

domaron

te

pi

di una volta le nostre figliuole. voleva dire le viti ; e notare

Alessandro per uomo ebrioso ed amatore del vino. A cui Alessandro, pieno ancora delle sottigliezze
dei Peripatetici
:

Non

cos

feci

rispose, per vincer cose inanimate, colle quali non aveva io nulla da

i65
contendere
;

ma

sivvero per
5

vin-

cer ogni generazione


di bestie feroci.
fattosi

d uomini e

Al che Sileno
:

come

meravigliato, scherzo-

samente

assai

esclam

Oh
le

oh

ve' le furberie dei

dialettici!

Ma,

cose inanimate, o le animate e viventi? Alessandro, come uomo sdegnato Parla bene , soggiunse e di sapere essere io di tale altezza d'ati

dimmi,

porrai

tu tra

nimo, che mi credo sere fatto Dio; anzi

di potere es-

Ma,
volte

d'esserlo
>

gi.

replic

Sileno

soventi

pur fosti minor di te stesso quando o alla collera, o alla tristezza, o ad altro tal affetto sottomettesti r animo. Vedi tu, ripigli Alessandro che il farsi maggiore o minor di se stesso dicesi equivocamente di una persona medesima ed io all' opposto

parlo di quello che

mi fui

rispetto

l66
agli altri.

Capperi

disse

an-

cora Sileno che dialettica possedi tu, e con che dottrina combatti Per quando eeli miei discorsi r India fosti ferito, e mentre Peuceste era per prenderti in mezzo % venivi poco meno che moribondo trasportato fuor di citt, d dunque: te ne gisti allora vinto da ini che t'avea ferito., oppure tu ir eri Sicuramente, anche il vincitore? rispose, che non lui solo, ma vio&i ancora la citt. No, nbn tti ? mio caro soggiunse Sileno che tu allora ti giacevi come Y Et!


,
:

tore

di

Omero
d"

privo

ornai

di

anima ben gli altri combattevano e vincevano. Ma duce me disse Alessandro. E Sileno: Come duce te, ch'eri allora mezzo morto? Indi si
forze e
5

pose a cantare questi versi di


ripide
:

Eu-

x6j
Mal
ti

so al crto Grecia

nostra adotta
alza trofei. (1)

Quando d'armi nemiche

Ma
Cessa
disse
,

votosl
tai

discorsi,

Bacco a Sileno : gli o padre


\

onde

costui

non

ti

tratti

siccome Clito. Ale quali parole Alessandro si fece rosso, gli lagrimarono gli occhi, ri pi disse parola, E cos fin quel dialogo.

(i) li personaggio che r\AY Andromaca di Euripide pronuncia questi versi } iniende di ferir Menelao 4 e seguita poi dicendo che in quei trofei si celebrano i nomi soli de* capitani quando sodo poi dimenticati i soldati che furono quelli per opera de' quali si riport vittoria e talvolta i soi che vinsero e prodigarono i nemici.
,


i68

Domanda ^/Mercurio a
e

Cesare ,
il

dialogo tra Sileno e de s imo.

me-*

Mercurio quindi interrog Cesare E tu Cesare che cosa in


:

tutta la tua vitati proponesti?

D"
tra

essere
?

rispose egli
;

il

primo
e

miei concittadini n stanili, o esser tenuto secondo ad alcuno Ma codesto tuo discorso alquanto oscuro y disse Mercurio. Intendevi tu tal preminenza negli studii della sapienza o nelF arte del dire, o nella virt militare ? o finalmente nel governar la Repubblica? Avrei voluto andare innanzi a tutti in ogni cosa ma poich tanto non m'era possibile.

x6()

procurai
cittadini

d'essere
il

tra"

miei

pi potente.

Come

con!

soggiunse Sileno: conseguisti poi tu un gran potere sopra essi ? Certamente, rispose Cesare: poich li tenni sotto l'imperio mio. Vero , prosegui Sileno: e tu ne ottenesti P imperio , ma non potesti ottenerne la benevolenza ;

in

quantunque tu come se fossi stato un teatro, fngesti umanit som,

ma,

ti

mostrasti

quioso servilmente. E non parti dunque che io fossi caro al popolo che voile correre addosso a Bruto e a Cassio? t, vero, rispose Sileno ma non gi faceva egli cos perch avessero ammazzato te: che anzi sai esser eglino con unanime consenso stati proclamati consoli (i) ma perch

a tutti

osse-

(i)

giusta

1'

{twerteoza dell^ Spanemio a

<ju*

**

I ^.0

sperava denaro. Perciocch , saputosi appena i tuo testamento 9 ognuno vide in esso non mediocre

mercede

del

mostrarsi

sde*

guato.

Hi
Domanda
di Mercrio

ad Augului.

sto, e dialogo tra Sileno e

Qui

era finito

il

discorso, quan-

do Mercurio

punse

Augusto

di

sto passo
e

quale trova
;

alterata la storia.

Cassio
j
J

Bruto non furono consoli ne prima della morte di Celare , ne dopo n le pubbliche commissioni che ebbero , furono date loro dal popolo , ma dal Senato. Perci lo Spauemio dubita di qualche alterazione nel testo. Invece di consoli, egli ha tra* dotto proconsoli, ma, con ci non ha tolta la uiffi^oU. l ho creduto bastare che se ne facesse ce nne-

j
;

'

nuovo
dirai

dicendogli E tu non ci qual csa abbi riputata bei,


:

lissima tra tutte?

regnar Spiegaci dunque, prese qui a dire Sileno, questo tuo regnar bene perciocil
;

Io?

A bene.

cui rispose:

ch ogni pessimo
detto
,

uomo avrebbe
Dionigi

lo

stesso.

regnava
;

bene se gli si d mente e cos pure Agatocle, peggiore di lui. Ed Augusto allora Voi dovete ricordarvi qualmente allorch congedai da me mio nipote,

vi

pregai che voleste

accordargli
il

la fidanza di Cesare, coraggio di Pompeo, e

gagliardo

tuna

(i).

Ed

la

mia

forri-

intrattanto,

ragione 'fi) Quantunque mi sia astenuto dal dar de varii passi da me interpretati diversamente dal Cuneo 3 o da altri s non posso trattenermi dal dir qualche cosa della interpretazione mia nel passo presente. Deinoteta la voce usata da Giuliano per esprimere la qualit propria di Pompeo da Augusto augurata al nipote. Il Cuneo la spiega per acrem
5
.,

prese Sileno, codesto faci tor di fantocci volle empirci di simulacri


di

Dei
lui
:

tutelari.

Ed

Augusto
burlesco?

Su qual fondamento mi
questo
!

dai
-

tu

nome
Sileno
:

Oh

rispose

non

egli

vero , che come altri fabbricarono Ninfe ? tu ci fabbricasti

animi vim. 1/Harles

, dopo un lungo cornment , rigetta questa spiegazione , e dice doversi tradurre per artem 9 scientiamque rei militaris , virtuemque bel

licam. Io ammiro la dottrina ed erudizione deiPHarma come vorrebV egli che Augusto avesse ri; guardato Pompeo distinto da Cesare per V arte e scienza militare, e per guerriero valore ? Sarebbe stato Cesare meno perito in guerra , e meno valoroso di Pompeo ? Giacche qusti due grandi uomini erano entrambi in guerra valentissimi , e non ostante doveano distinguersi 1' uno dall' altro per alcun particolare. Raccogliendo ancora per la storia quanto dalle loro azioni risulta, penso che in Cesare spicc la fidanza in ogni sua impresa, che l'abito di alta sicurezza di s e de' suoi mezzi, e in Pompeo spicc un gagliardo coraggio , che la forza d' animo 9 con cui entrava nelle imprese. Cosi andava bene che Augusto augurasse al nipote queste due qualit. Mi sono permesso questa Nota per indicare con un esempio il metodo col quale ho proceduto nella traduzione di qucst difficile Scrittore,
les

Dei

? E vedine qui uno di tua Otmano: codesto tuo Cesare. non osando per vergogna tavio,

r?3

alzar gli occhi,

si

tacque

(i).

XLI,

Domanda

di Mercurio a Traiano. Bacco reprme Sileno, e morde Traiano e gli antecedenti

Cesari,

Quindi Mercurio 7 guardando Traiano: E tu, disse, che intento ti proponesti nelle tue azioni ed Io, rispostegli, aspirai imprese? a tutto ci a che aspir Ales-

(i)
tali'

Si sa che
apoteosi
9

Augusto diede il primo diskiarando Cesare divo.

esempio

***

Anzi,
5

sancir

ma

pi.

moderatamente.
dirgli

prese a
ti

Sileno

in fede

mia che

lasciasti

vin-

cere da passioni assai pi ignobili.

Lui super per


te la
lutt.

lo

pi
e

la

collera

pi

immonda

Ma

tu

turpe voSileno mio


:

vattene in male , disse Bacco perciocch deridi tutti, n per metti a nissuno di dire il fatto suo. Ma via, in quanto a coloro

non

era forse male il motteggiarli. Vedi ora come potrai riprendere

Marco
virmi

perciocch costui per ser,

delia

frase

di

Simonide
,

parmi per ogni parte quadrato sopra ad ogni rimprovero.

173

XLIL
Domanda
Aurelio
,

di Mercurio
e

a Marco
di

giustificazione

questo dalle accuse di

Sileko.

Mercurio voltossi a Marco E tu, disse, o Vero, qua! pensasti essere il pi bello scopo del vivere? Ed egli lenemente e modestamente rispose: Lo imiallora
:

tare gli Dei.

questa sua

ri-

sposta

gli

Dei giudicarono

im-

mantinente uscita da intelletto non degenere e lui degno essere di qualunque premio. N Mercurio volle cercarlo pia d'altro, prevedendo che Marco risposto avrebbegli sul tuono fin qui tenuto ne altrimente pensarono gli altri
,
,
;

Dei. Sileno solo disse:

Ma

io

ty6
cosi in

ami meco; non

fero questo Sofista. Rispondi

soppor* adun,.

Perch mangiavi tu e bevevi , non come noi ambrosia e nettare ma pane e vino? Non io ne cibi e nelle bevande pensai d- avere ad imitare gli Dei bens mio corpo avvisando , nutrii il forse ingannato , che anche i corpi vostri abbian bisogno deli alimento
:

que

de' profumi.

Ma

in codeste cose,

ma

sopra tu ito, non in quelle che

appartengono ali' animo, giudicai convenire all'uomo farsi imitatore


de'

Numi.
-,

Sileno

taciutosi alil

cun poco
che dato

sentito

avendo
il

colpo

gli

avea
:

pugillator va-

Tu per avventura iente, ripigli non hai mal risposto ma spiega in che cosa 'pensasti avere ad imitare In cercare di non aver gli Dei.
;

bisogno che di pochissime cose , e di far bene a quanti mai il p-

tessi

rispose Marco.

Io? alcune corpo. E


gno?
di

Di

nulla

dunque
di

avesti

Sileno tu bisoil

nulla;

ma

forse

piccolissime cose
trovata

mio

molto savia

questa risposta di Marco, Sileno esit. Poi tocc alcune cose concernenti la moglie e il figliuolo di Marco, riputando non essersi egli condotto rettamente, n avere operato pel bene quando pose nel numero delle eroine quella, e all' altro commise Y Imperio.
,

Marco, anche gli Dei perciocch per quanto riguarda la moglie, seguiva ci che dice

Ma

io, rispose

in queste cose imitai

Omero

:
.

Ben

tratta

L'uom saggi -e buono ed ama quanto pu sua moglie}

.
(

Iliade,

>

178
a
ce

rispetto al

figliuolo,

m'era

ce

<c

ce

presente alFanimo una sentenza di Giove, il quale , rimproverando Marte Gi da un pezzo, saresti stato percosso dai disse fulmine , se essendo nato di me , io non ti amassi. Alle quali
:


((

cose devi aggiungere,, che io

non

avea creduto mai che quel mio figlio fosse per essere tanto perverso. Che se la giovent sua. pronta sempre a piegare all'una o air altra parte lo inclin ai peggio, certo sta che non diedi io F Imperio a uomo il quale
,


ce

allora

fosse

cattivo

ma

cos

volle la sorte che tal divenisse dopo che gi n' era egli in pessesso.

Laonde quello che tu mi accusi avere io fatto riguardo alla moglie, ha per me Fesempio
e

di Achilie;

ed ebbi

Fesempio

dei

sommo Giove

in essere di

cuor mite col


feci nulla.

figlio

n in ci
a' figli

contro l'uso, sapen-

dosi che le leggi


il

danno
:

diritto di successione

cosa che

di confortOv

sommo

a tutti. Io

poi

non

fui

il

primo ad onorare,
moglie: che anzi
altri
;

come
il

feci, la

ed certo, che se per avventura poco saggio colui che di tali cose
feci
si

dopo molti

autore , sarebbe iniquo il negare a persone a noi congiunfa

tissime

un
altri

officio

che comune-

mente

prestano.

Ma

io non.

mi avvedeva d'essermi

diluii-

gato di troppo cosi parlando a chi nulla ignora. Laonde , o

Giove, e voi tutti, o Bei, perdonate all' ardor mio .

XLIII.

Domanda
tino y

di Mercurio a Costan-

efri zzo di Sileno

a questo.

Finita questa orazione, Mercurio


interrog Costantino.
tu qual cosa
-

Ora

dirai

riputasti esser bella.


:

Ed

ei

rispose

Aver

ricchezza,

donar molto,

e poter

soddisfare

un

a'

desiderii e proprii e degli amici.

A
>

queste
e disse

parole

Sileno

pro-

ruppe in un altissimo scroscio di


risa
:

Come

non

sei

tu

volendo essere , banchiere , finisti poi col vivere da cuoco e da imbellettatrice ? E ben lo indicava gi^ quella tua parrucca e la tua faccia; ed ora il comprova la risposta che ri hai data. Cos Sileno punse lui
forse quegli che

avido

i8x

XUV.
Giudizio degli Dei.
Intanto gli Dei, tacendo tutti , sechetamente votarono/ e molti suffragii dati furono a Mqxco. Poscia Giove fatto alcun breve ragionamento in disparte col padre , or-

din a Mercurio di
di questa maniera.
te

proclamare

il

giudizio; e Mercurio lo proclam

voi,

quanti
,

qua

veniste

alla

prova
i

sappiatevi essere le

u leggi e

decreti nastri fatti cos

che sen rallegri ci^i vincitore, e chi soccombe nota sen quereli. a Andate dunque ove meglio v'ag^ grada, e vivetevi in avvenire a sotto la tutela degli Dei, uno d' essi scegliendovene ciasche duno in particolare per prole lettore e per guida.
ce

ce

XLV
Esito del Giudzio.

Udito questa editto, Alessandro corse ad Ercole, ed Ottavio ad Apollo. Marco s'accost a Giove ed a "Saturno, Cesare, che molto vag qua e l correndo come incerto, Marte e Venere, quasi ne avesser piet, il chiamaron presso. Traiano si volse frettoloso ad Ales-

Ma
gli

sandro, come per sedergli vicino. Costantino, non trovando fra

Dei esemplare della vita che avea condotta, vide per avventura in vicinanza sua l dea Mollezza ? e and accanto a lei. La quale , avendolo dolcemente accolto nel suo seno ed abbracciato, ornatolo
poscia di ricamati pepli
belio,
la
il
,

fatto

guid alla Lussuria, presso quale trov starsi suo figlio

iS3
elicente a tutti:

Ogni

corruttor di
,

donne che si

ognuno qualunque malvagit esecranda, vengasi qua coche non s tosto sar raggioso
,

ogni

micidiale

caric di

lavato di quest'acqua,: io

faro poscia mondo. E se contaminerassi di bel nuovo co' misfatti medesiil

mi

io

far

che

bttendosi

il

petto, e percotendosi il capo, ne abbia espiazione (i;). Costantino fu lieto assai d'aver trovata quella

Dea

e partissi dal

cospetto

dei

Numi

seco conducendo i suoi figliuoli. Ma gli Dei , vindici delie

sue empier, lui e i figliuoli gastigarono e presero sconto del sangue de' parenti, fin tanto che Giove , a riguardo di Claudio e di Costanzo concedette loro qualche
,

requie dai mali*


fi)

Veggansi

le

cose

dette
cpri

Giuliano.

Quantunque poi

ove ho parlato d'i Giuliano no esprima

i84

XLVI
Conclusione.

Per ultimo, verso me rivolto Mercurio: A te, mi diss'egli, accordai di conoscere a padre Mitra (i). Tu ne siegui i precetti ; e tienti tale,* che in tutta la tua
,..

vita egli siati rifugio

porto sicura E poich fa che t' abbi a partirne pien di buona speranza fatti questo Dio propizio condottiere nel cammino.
e
?

Fine.
chiaramente qual fosse il figliuolo di Costantino in bocca al quale mette V empio invito , non dubito punto che non abbia voluto alludere a Costanzo. 5 1/ altro Costanzo , eh egli nomina in appresso s Costanzo Cloro , padre di Costantino. (i) Mitra negli antichi libri de' Persiani il Dio produttore delle cose , raffigurato nel fuoco e nel questo dogma avvicinava Ja sua teologia Sole. Giuliano, quando chiamava il Sole suo padre; e diceva averne avuto ottimi insegnamenti. Veggasi la VII delle sue Orazioni. Imit egli poi Platone nella

sortazione che qui riferisce come fattagli da Mercurio giacche nel VI della Repubblica, Platone ac-* cenna la speranza della futura beatitudine natii dtiUa bugna Gmetefififa
:
-,

UNIVERSITY OF ILLINOIS-URBANA

3M 12 064312389

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v.

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