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PARTE 1

09/06/01 - MODELLI-01

Modelli fisici di fenomeni fluidodinamici


Indice
1. 2. 3. 4. 5. Livelli di approssimazione della realt . pag. 1 Le scale spaziali e temporali della fluidodinamica L'approssimazione dinamica Modelli fisico-matematici per la fluidodinamica . Modelli per correnti di fluidi newtoniani a propriet costanti

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Lo scopo del corso di Fluidodinamica quello di avvicinare all'analisi delle correnti e dei fenomeni fluidodinamici e di porre i fondamenti necessari per acquisire dimestichezza con la formulazione di modelli in grado di rappresentarli. Partendo da una visione piuttosto generale, si concentrer poi l'attenzione su correnti e fenomeni che coinvolgono il moto dei cosiddetti fluidi a propriet costanti. Si tratta di correnti nelle quali le variazioni spaziali e temporali della pressione e della temperatura sono sufficientemente piccole da potersi ritenere che le propriet fisiche del fluido (la densit, la viscosit, ecc.) si mantengano, con buona approssimazione, costanti nel tempo ed uniformi nello spazio. E' questa un'approssimazione piuttosto ragionevole per molte situazioni che si possono incontrare nella pratica, ma non certamente la condizione pi generale: deve essere quindi chiaro che quanto si apprender nel corso di Fluidodinamica dovr essere necessariamente integrato con nozioni che verranno impartite nei successivi corsi di Aerodinamica e di Gasdinamica.

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Livelli di approssimazione della realt

Formulare un modello, oppure semplicemente scegliere tra quelli disponibili quello che, con il minimo di complessit, sia in grado di riprodurre in modo soddisfacente l'evoluzione temporale e la distribuzione spaziale delle variabili fluidodinamiche in una determinata corrente di fluido un compito tutt'altro che banale. E' necessario, innanzitutto, definire quali siano le propriet fisiche che caratterizzano il comportamento di quella classe di sostanze materiali che chiamiamo fluidi, acquisire poi conoscenza fenomenologica delle correnti fluide (l'osservazione visiva ne una fase fondamentale); comporta l'uso di strumenti e nozioni della fisica e dell'analisi matematica e richiede infine, e soprattutto, cautela e consapevolezza nell'adozione delle ipotesi e delle approssimazioni che indispensabile adottare. L'avvento e la diffusione dei calcolatori nel mondo scientifico e tecnologico hanno contribuito allo sviluppo e alla crescente consapevolezza del concetto di

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approssimazione: concetto che investe, ad esempio, la teoria dell'approssimazione numerica della soluzione di un sistema di equazioni, ovvero di un modello matematico, con il quale si intende descrivere il comportamento di un determinato sistema fisico. In questo ambito, in mancanza di una soluzione analitica, o esatta, del modello matematico, si accetta di conoscerne una soluzione approssimata che possieda il livello di accuratezza ritenuto sufficiente. Ma il concetto di approssimazione interviene pesantemente anche nel processo che porta alla formulazione del modello fisico (dal quale discende, poi, quello matematico), che quasi mai pu riprodurre per intero la complessit del mondo fisico reale. Infatti il problema che si incontra, ancor prima di pensare ad un modello fisico, consiste nel definire quale sia il livello di scala della realt. Il mondo fisico reale pu essere infatti descritto a vari livelli, a partire da quello subatomico e passando successivamente a quelli atomico, molecolare, microscopico, macroscopico (quello alla scala dimensionale della meccanica classica) e infine astrofisico (planetario o galattico). Ma non sempre un modello, per risultare efficace, deve necessariamente contemplare la totalit dei livelli di scala della realt (quello della meccanica classica ne appunto un chiaro esempio). In pratica, il problema si traduce quindi nel definire quale sia il minimo livello di scala della realt che debba essere preso in considerazione affinch un modello possa rappresentare la realt al livello di scala desiderato. La fluidodinamica classica, ad esempio, fornisce modelli della realt fisica a livello di scala che vanno da quella microscopica a quella astronomica e adotta infatti il modello di fluido del continuo deformabile. Tuttavia, per definire le propriet fisiche microscopiche (o statistiche) delle sostanze fluide gassose, che intervengono nel modello di continuo deformabile, pur non considerando necessariamente le scale subatomiche, necessario per dedurle a partire dalla scala atomica o molecolare. E ci dovuto semplicemente al fatto che tali propriet fisiche microscopiche dipendono proprio dalla struttura atomica e molecolare: dipendono infatti, sia dal tipo, sia dal moto degli atomi, che governato essenzialmente dalle equazioni di Boltzmann. Solo basandosi sulle scale molecolari quindi possibile definire, ad esempio, la temperatura di un gas come misura dell'energia cinetica media delle molecole, la pressione come risultato degli urti delle molecole sulle pareti di un recipiente, la viscosit attraverso la diffusione della quantit di moto prodotta dall'agitazione termica, e cos via (in modo analogo si possono ovviamente definire le propriet fisiche statistiche delle sostanze fluide liquide). A livello di scala molecolare, le variabili fondamentali del problema (e del modello fisico) sono quindi le masse e le velocit delle singole molecole mentre, a partire dal livello microscopico, le variabili del problema (e del modello fisico) diventano, ad esempio, la temperatura, la densit, la pressione e la viscosit, definibili attraverso medie delle variabili del modello al livello della scala dimensionale inferiore. In generale, possiamo affermare che ogni livello di scala della realt compiutamente rappresentabile in funzione di un determinato insieme di variabili fondamentali e che misure delle propriet medie di tali variabili consentono di definire le variabili fondamentali al livello di scala superiore, immediatamente successivo.

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Le scale spaziali e temporali della fluidodinamica

Nell'ambito della fluidodinamica, quindi, una volta definite le propriet fisiche statistiche dei fluidi sulla base del modello molecolare, la minima scala spaziale della realt che possibile descrivere compiutamente con il modello del continuo deformabile quella microscopica, che ha dimensioni confrontabili con quelle di un elementino o particella elementare di fluido. Una corrente di fluido quindi vista come un sistema dinamico composto da un enorme numero di particelle elementari di continuo deformabile, ciascuna con propriet fisiche variabili in funzione del tempo, che interagiscono tra loro e con eventuali contorni solidi presenti nel dominio di moto. Per particella elementare di fluido si intende un'entit materiale, composta da un gran numero di molecole, le cui dimensioni devono essere tali da soddisfare, al contempo, i due requisiti fondamentali seguenti. Da un lato, le dimensioni devono essere piccole (microscopiche, appunto) rispetto alla scala spaziale (macroscopica) del dominio considerato, dall'altro devono essere sufficientemente grandi rispetto alla scala molecolare perch solo se il numero di molecole contenute nell'elementino di fluido molto grande possibile definire valori medi significativi per quelle variabili statistiche molecolari che determinano le propriet fisiche microscopiche del fluido. E' importante soffermarsi con molta attenzione su due concetti di portata generale, che si sono qui incontrati nel contesto particolare della definizione della particella elementare di fluido. Il primo che il processo di media (spaziale o temporale) costituisce un passo essenziale nella costruzione di qualunque modello fisico. Il secondo, che i termini grande e piccolo devono intendersi sempre in senso relativo, il che comporta, ad esempio, che i medesimi valori di una lunghezza o di un intervallo temporale, che possono considerarsi enormi nell'ambito di un certo fenomeno, possono invece risultare estremamente piccoli nel contesto di un altro. Nell'esaminare il problema relativo al livello di scala della realt, ci si fin qui soffermati principalmente sugli aspetti relativi alla scala spaziale. Un passo altrettanto indispensabile consiste nel definire il livello di approssimazione temporale. Ci richiede di stimare le scale temporali (ovvero le costanti di tempo) caratteristiche di ciascuna delle diverse scale spaziali e di definire quale sia il minimo livello di scala temporale della realt che deve essere riprodotto affinch un modello possa rappresentare la realt al livello di scala temporale desiderato. Stima che indispensabile anche per garantire che gli inevitabili processi di media temporale vengano applicati ad intervalli di tempo di durata inferiore a quella della scala temporale prescelta. Un tipico esempio di questo problema costituito dalle equazioni mediate di Reynolds che governano l'evoluzione delle grandezze fluidodinamiche medie in una corrente turbolenta. L'operatore di media temporale, se il moto medio non stazionario, deve essere applicato ad intervalli di tempo che devono essere, al contempo, grandi rispetto ai tempi caratteristici delle fluttuazioni turbolente, ma tuttavia sufficientemente piccoli rispetto ai tempi caratteristici del moto medio. Dal momento, poi, che ogni operazione di media (spaziale o temporale che sia) implica sempre una perdita di informazione, deve essere ben chiaro che l'informazione perduta deve essere sempre recuperata, almeno in termini medi, all'interno del modello fisico, attraverso modelli aggiuntivi. Un tipico esempio

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ancora quello delle equazioni mediate di Reynolds, per le quali tali modelli supplementari sono costituiti dai ben noti modelli di turbolenza.

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L'approssimazione dinamica

Il successivo, ed ultimo, livello di approssimazione della realt il livello di approssimazione dinamica, la cui valutazione richiede di analizzare l'influenza che le varie forze esercitano sul sistema dinamico costituito dagli elementi di fluido. L'evoluzione dinamica di un sistema ovviamente determinata dall'equilibrio tra tutte le diverse possibili forze agenti su di esso (forze di campo, quali quello gravitazionale o elettromagnetico; forze di superficie, quali gli sforzi viscosi normali e tangenziali, ecc.). Tuttavia, quasi mai tali forze sono ugualmente significative nel determinare il comportamento dinamico di un particolare sistema di fluido. Ci, analogamente a quanto si fatto per le scale spaziali e temporali, pu (e deve) essere sfruttato nella formulazione del relativo modello fisico, per ottenere quel modello che, con il minimo di complessit, possa rappresentare la realt al livello di approssimazione dinamica desiderato. Ad esempio, sebbene ogni corrente fluida che si sviluppi nella nostra atmosfera sia soggetta all'accelerazione di gravit, nella maggior parte dei fenomeni di interesse aeronautico, le accelerazioni prodotte dalle risultanti delle pressioni e degli sforzi viscosi sono spesso talmente preponderanti rispetto agli effetti gravitazionali, che la presenza della gravit pu essere tranquillamente trascurata. Il modello dello strato limite sottile, introdotto da Prandtl, costituisce forse il pi classico esempio delle straordinarie conseguenze dell'approssimazione dinamica. E' l'analisi degli effetti relativi degli sforzi viscosi in correnti a numero di Reynolds elevato che consente di adottare un modello fisico-matematico semplificato per rappresentare le regioni del campo di moto in cui sono concentrati (e preponderanti) gli sforzi viscosi. Ed sempre questo concetto che suggerisce di trattare alcune regioni di correnti di fluido come se la sua viscosit (che nella realt sempre presente) non avesse, al contrario, conseguenza alcuna sulla sua evoluzione dinamica. Il che permette di recuperare utilmente il modello fisico-matematico del potenziale cinetico, che senza dubbio efficiente, ma che risulterebbe altrimenti del tutto incapace di rappresentare la realt fisica dei fluidi.

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Mondo reale

Fisica

spaziale Livello di approssimazione fisica temporale dinamica

Modello fisico

Tecniche sperimentali Modello fisico-matematico Simulazione fisica

Livello di approssimazione matematica

Discretizzazione spaziale definizione della griglia Discretizzazione temporale

Analisi matematica

Modello fisico-matematico discreto

Tecniche numeriche Simulazione numerica

Diagramma 1

4 - Modelli fisico-matematici per la fluidodinamica


Come si detto, uno degli scopi del corso di Fluidodinamica quello di formulare modelli fisici adatti a descrivere i fenomeni fluidodinamici. Considerazioni sulla natura dei fluidi e analisi del livello di scala spaziale, temporale e dinamico della realt sono, come si visto, gli strumenti indispensabili per formulare modelli fisici per la fluidodinamica che possiedano il requisito di riprodurre la realt con il livello di approssimazione desiderato. L'effettiva validit di ogni modello, in quanto necessariamente approssimato, dovr poi essere verificata confrontando le previsioni che esso in grado di fornire con dati sperimentali, oppure con le previsioni di altri modelli fisici ottenuti con un livello minore di approssimazione. Conoscere un fenomeno fluidodinamico significa conoscere compiutamente (sebbene con un certo livello di approssimazione) la distribuzione spaziale e l'evoluzione temporale di un certo numero di variabili fluidodinamiche (velocit, temperatura, pressione, ecc.) che lo caratterizzano. Il numero minimo di tali variabili

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dipende, di volta in volta, non solo dal tipo di fenomeno, ma anche dal livello di approssimazione con cui desideriamo conoscerlo. Come indicato nel diagramma 1, a tale conoscenza si pu pervenire, dopo averne formulato un modello fisico, sia attraverso misure strumentali dirette di tali variabili, sia risolvendo sistemi di equazioni le cui variabili sono appunto tali propriet fluidodinamiche. Si tratta di quelle che, con un termine orribile, ma ormai universalmente diffuso, prendono rispettivamente il nome di simulazione fisica, o sperimentale, e di simulazione numerica. Nel secondo caso, il passo che necessario compiere dopo aver formulato un modello fisico consiste nel tradurlo in un modello fisico-matematico. Il passaggio dal modello fisico a quello fisico-matematico si basa su alcune leggi fondamentali della fisica, che impongono che in un sistema di fluido, come in ogni altro sistema dinamico della meccanica classica, determinate grandezze quali la massa, la quantit di moto generalizzata e l'energia soddisfino precise equazioni di bilancio che esprimono quelli che, pi o meno propriamente, prendono il nome di principi di conservazione. Nell'ambito della fluidodinamica classica, ovvero nell'ambito del livello di approssimazione della realt del continuo deformabile di tipo newtoniano 1, il pi completo tra i modelli fisico-matematici costituito dal sistema di equazioni di Navier-Stokes 2 che esprime, appunto, il principio di conservazione della massa, il teorema della quantit di moto e il principio di conservazione dell'energia totale. Una volta che siano note l'equazione di stato e le propriet fisiche del fluido in esame, questo sistema di equazioni differenziali, integrato numericamente, secondo la tecnica che prende il nome di DNS, da Direct Numerical Simulation, perfettamente in grado di descrivere a livello microscopico anche la pi complicata delle correnti. Ovvero, ad esempio, in grado di riprodurre compiutamente tutti i dettagli di una corrente turbolenta (e pertanto caratterizzata da una marcata tridimensionalit e non stazionariet), anche in presenza di fenomeni termici, di reazioni chimiche, ecc. Tuttavia, estremamente utile analizzare come l'introduzione di successive ipotesi di approssimazione spaziale, temporale e dinamica consenta di ottenere modelli fisici di validit e complessit decrescenti, a partire da quello che presenta il massimo di complessit e di generalit (vedi il diagramma 2). Lo faremo con l'aiuto di un esempio pratico, immaginando di dover affrontare un problema meteorologico. Ci si pu chiedere quale sia l'utilit di costruire modelli meno accurati della realt quando il sistema delle equazioni di Navier-Stokes, che si pu facilmente derivare sulla base di quei medesimi principi di conservazione su cui si fonda tutta la meccanica classica, in grado di modellarne compiutamente tutti gli aspetti. Anzi, non soltanto perfettamente in grado di farlo ma, a rigore, anche il solo. Senza
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Con il termine di newtoniano si denotano quei fluidi (come l'aria e l'acqua) per i quali esiste un rapporto di proporzionalit diretta tra il tensore degli sforzi ed il tensore della velocit di deformazione: in altri termini, quei fluidi per i quali, noti il campo di moto istantaneo e la viscosit, perfettamente nota la distribuzione spaziale istantanea degli sforzi viscosi normali e tangenziali (che non costituiscono quindi delle incognite del problema). A rigore, l'equazione di Navier-Stokes vera e propria solo quella che esprime il teorema della quantit di moto. Tuttavia, invalso l'uso di riferirsi con il termine di Navier-Stokes all'intero sistema di equazioni di bilancio.

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affrontare per il momento i problemi di approssimazione matematica e numerica di questo sistema di equazioni, risulter presto chiaro quanto possa essere onerosa la loro soluzione e come sia quindi indispensabile, ogniqualvolta sia possibile, ricorrere a modelli di validit pi limitata, ma di complessit decisamente minore. Supponiamo che il fenomeno meteorologico atmosferico turbolento che vogliamo descrivere sia caratterizzato da dimensioni del dominio spaziale dell'ordine di qualche decina di chilometri e che abbia luogo in un tempo dell'ordine di qualche ora. Un primo passo nella semplificazione del modello fisico-matematico lo si pu compiere se invece di voler approssimare la realt fisica a livello delle scale microscopiche, si accetta di descriverla con livelli di accuratezza spaziale e temporale meno raffinati. Dal punto di vista dell'esempio che abbiamo scelto, si tratta di rinunciare a conoscere i dettagli del moto atmosferico a livello delle scale spaziali e temporali delle singole particelle di fluido che, tanto per fissare dei valori indicativi, possono essere rispettivamente dell'ordine di 10 3 metri e 10 3 secondi, e ci si accontenta di descriverlo a quello delle scale spaziali e temporali delle nubi pi piccole che, sempre a titolo d'esempio, potrebbero essere dell'ordine di qualche decina di metri e di una decina di secondi. Il modello fisico-matematico che si ottiene quello che prende il nome di LES (da Large Eddy Simulation). Non il caso di entrare ora nei dettagli di questa tecnica, ma si pu facilmente intuire che l'aver ridotto cos drasticamente i requisiti di risoluzione spaziale e temporale del problema porter ad una altrettanto drastica riduzione del costo e del tempo necessari per effettuare un'eventuale simulazione numerica del fenomeno, a fronte di una perdita di informazioni che pu ritenersi, nel caso in esame, del tutto accettabile, se non addirittura benefica. Tuttavia, se ci limitiamo a risolvere le equazioni di Navier-Stokes semplicemente adottando una scarsa risoluzione spaziale e temporale, commettiamo un gravissimo errore. Non si pu negare che le considerazioni appena fatte siano sensate, ma nel nostro ragionamento abbiamo assunto implicitamente (e in modo del tutto ingiustificato) che, dal momento che certi dettagli del fenomeno non ci interessano, questi sono automaticamente ininfluenti per la sua evoluzione reale: quanto avviene a livello microscopico (il livello che abbiamo deciso di trascurare) pu anche non interessare affatto a chi desidera prevedere la dinamica delle nubi,

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Capacit di rappresentazione e ipotesi restrittive

Modello fisico-matematico

Informazioni necessarie e modelli aggiuntivi

Qualunqe corrente 3-D non stazionaria di continuo deformabile di tipo newtoniano Strutture vorticose 3-D e non stazionarie di grande scala

D.N.S Equazioni di Navier-Stokes non stazionarie e 3-D

- equazione di stato - propriet fisiche del fluido in funzione delle variabili di stato

Equaz ioni per la L.E.S. non stazionarie e 3-D Moto medio Equazioni mediate di Reynolds N di Reynolds elevato Convezione prevalente in una direzione Equazioni di Navier-Stokes paraboliz zate stazionarie e non 2-D o 3-D Assenza di separazione (strati vorticosi sottili) Modelli di interaz ione "viscoso-non viscoso" stazionarie e non 2-D o 3-D Modelli di turbolenza Modelli di turbolenza sottogriglia

"Non viscoso"

"Viscoso"

Equaz ioni di Eulero stazionarie e non 1-D, 2-D, 3-D Correnti irrotazionali

Equazioni di Prandtl per strati limite sottili stazionarie e non 2-D o 3-D

Equazione del potenz iale completo stazionaria e non 2-D o 3-D e Bernouilli Correnti incomprimibili

Equazione del potenz iale stazionaria e non 2-D o 3-D e Bernouilli Correnti 1-D (stazionarie) Coefficienti sperimentali di perdita di carico

Teoria delle reti

Diagramma 2

ma ci non toglie che sia invece fondamentale proprio nel determinare l'evoluzione del fenomeno sulla scala di interesse. La perdita dei dettagli del moto turbolento a livello microscopico deve essere pertanto compensata, almeno statisticamente, da altre informazioni. Informazioni che devono essere reintrodotte nel modello fisico attraverso modelli aggiuntivi: i cosiddetti modelli di turbolenza sottogriglia, il cui nome indica appunto che loro affidato il compito di riprodurre tutti gli effetti

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dinamici di quanto avviene alle scale del moto inferiori a quella della griglia di discretizzazione. Il problema concettualmente identico a quello che ha portato dal modello molecolare del gas a quello del continuo deformabile. Un modello che riproduca ogni dettaglio del moto molecolare di un gas , non solo estremamente oneroso, ma anche spesso del tutto inutile dal punto di vista pratico, tuttavia quanto avviene a livello molecolare pu essere trascurato soltanto a condizione che l'inevitabile perdita di informazione venga compensata dall'equazione di stato e da informazioni sulle propriet fisiche statistiche del fluido. Riprendiamo ancora l'esempio del fenomeno meteorologico. In molti casi, si pu rinunciare a conoscerne i dettagli, non solo a livello delle scale spaziali e temporali delle singole particelle fluide, ma addirittura anche a quello delle grandi strutture turbolente, che possono avere dimensioni confrontabili con quelle delle grandi nubi: in altre parole, pu essere sufficiente descrivere quello che prende il nome di moto medio, ovvero la distribuzione spaziale delle variabili fluidodinamiche con una risoluzione di qualche decina di metri (necessaria comunque per riprodurre, ad esempio, il gradiente termico nell'atmosfera) e apprezzarne l'evoluzione temporale mediando su intervalli di tempo di durata variabile tra qualche minuto e, al limite, l'intera durata del fenomeno. Questo secondo livello di approssimazione porta al modello fisico-matematico delle equazioni mediate di Reynolds. Anche in questo caso, e in misura ancor maggiore che nel caso della LES, si ottiene un'enorme riduzione del costo e del tempo necessari per ottenere una simulazione numerica dell'intero fenomeno. Ci sono addirittura delle situazioni in cui il moto in media stazionario (non questo, per, il caso del nostro esempio), il che rende del tutto superflua la sua discretizzazione temporale, oppure casi in cui la corrente media bidimensionale, ovvero indipendente da una delle coordinate spaziali, nel qual caso la discretizzazione spaziale del problema potrebbe essere limitata al solo piano del moto medio. Ovviamente, anche in questo caso, il sistema delle equazioni mediate di Reynolds deve essere integrato con informazioni fornite da modelli di turbolenza. A differenza dei modelli sottogriglia della LES, ai modelli di turbolenza per le equazioni mediate di Reynolds affidato il compito di riprodurre gli effetti dinamici dell'intero spettro dei moti tridimensionali e non stazionari che caratterizzano la corrente turbolenta. Compito che li rende piuttosto complicati e scarsamente generali. Ulteriori modelli semplificati sono derivabili a partire dal modello delle equazioni mediate di Reynolds, sulla base di successive approssimazioni dinamiche, la prima delle quali quella di numero di Reynolds elevato. Il numero di Reynolds uno dei parametri dinamici fondamentali ed esprime essenzialmente il peso relativo delle forze d'inerzia del fluido rispetto a quelle viscose, nella particolare corrente in esame. Un numero di Reynolds elevato significa quindi che, in un determinato fenomeno, gli effetti delle forze d'inerzia sono mediamente preponderanti (anche di vari ordini di grandezza) rispetto a quelli delle forze viscose 3.
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Non si deduca per da quanto detto che gli effetti delle forze viscose possono ritenersi completamente trascurabili. I fluidi reali sono tutti viscosi e, come si vedr nel seguito, per quanto piccola possa essere la loro viscosit, questa propriet tale da governarne sempre il moto in modo determinante.

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Se verificata la condizione che il numero di Reynolds della corrente elevato, pu talvolta verificarsi anche una seconda condizione. Pu succedere che, sebbene all'interno di un moto che rimane pur sempre tridimensionale e non stazionario, la velocit media con cui viene trasportato il fluido abbia una componente decisamente prevalente rispetto alle altre e si pu quindi identificare una direzione dello spazio, che prende il nome di direzione del moto medio, lungo la quale i fenomeni convettivi sono decisamente preponderanti rispetto a quelli diffusivi. In tali condizioni, si possono quindi ritenere trascurabili gli effetti della diffusione viscosa e turbolenta nella sola direzione del moto medio e si ottiene il modello fisico-matematico che prende il nome di equazioni di N-S parabolizzate. Qualora, poi, verificate le ipotesi appena descritte, si verifichi anche che il verso della velocit nella direzione del moto medio ovunque il medesimo, si pu adottare una geniale approssimazione dinamica, dovuta a Prandtl. Egli intu che, sotto opportune condizioni (la prima delle quali un elevato numero di Reynolds, la seconda l'assenza di controcorrenti), gli effetti dinamici diffusivi, associati alla presenza di vorticit, viscosit e turbolenza, possono essere confinati in regioni del dominio di moto di spessore estremamente limitato, che si sviluppano in corrispondenza delle pareti solide lambite dalla corrente e che prendono appunto il nome di strati limite o, meglio, di strati vorticosi sottili. Da una lucida analisi del peso relativo delle forze in gioco, Prandtl dedusse che, non solo il moto medio all'interno di questi strati poteva essere descritto da forme semplificate delle equazioni di Navier-Stokes, che prendono appunto il nome di equazioni dello strato limite (o degli strati vorticosi sottili), ma anche che, all'esterno di tali strati di corrente, gli effetti della viscosit del fluido potevano essere completamente trascurati. Deduzione, quest'ultima, non meno importante della prima, dal momento che consente di ritenere che il campo di moto all'esterno degli strati vorticosi sia determinabile prescindendo completamente dagli effetti della viscosit. Ne deriva che in una (gran) parte del dominio, il comportamento della corrente pu essere descritto dalle equazioni di Eulero, un modello fisico-matematico che si ottiene a partire dalle equazioni di Navier-Stokes nell'ipotesi, appunto, di poter eliminare completamente gli effetti della viscosit nelle equazioni di bilancio per la quantit di moto e per l'energia. L'accoppiamento tra quelli che prendono, molto impropriamente, il nome di modello viscoso (le equazioni di Prandtl che governano il moto nelle regioni vorticose sottili) e modello non viscoso (valido all'esterno di esse) avviene essenzialmente attraverso la variabile scalare pressione. Altri modelli semplificati si possono ottenere a patto che sia verificata un'ulteriore approssimazione dinamica sul peso relativo tra le forze elastiche con cui il fluido, comprimendosi o espandendosi, reagisce alle variazioni della pressione e, ancora, le forze d'inerzia. Se tale rapporto piccolo, ovvero se il numero di Mach della corrente tale da garantire l'assenza di onde d'urto, l'atto di moto nelle regioni esterne agli strati limite irrotazionale e quindi descrivibile con un modello pi semplice di quello di Eulero, ovvero con il modello del potenziale completo. E se, al limite, si pu ragionevolmente assumere che le pressioni in gioco siano tali da non alterare la densit del fluido, si pu formulare l'ipotesi di completa incomprimibilit, che porta a descriverne il moto con una semplice equazione di Laplace per il potenziale cinetico.

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Nei casi in cui l'atto di moto all'esterno degli strati limite sia irrotazionale, il campo della pressione, che descrive compiutamente lo stato di sforzo nella corrente (essendo ivi nulli gli effetti della viscosit) pu ottenersi semplicemente con l'equazione di Bernoulli, a partire dal campo di velocit fornito dalle equazioni del potenziale. Si gi accennato al fatto che, anche in una corrente turbolenta, le variabili fluidodinamiche medie possono presentare talvolta gradienti nulli lungo una direzione dello spazio. E' evidente che, in questi casi, sufficiente fornirne una descrizione nel solo piano normale alla direzione di uniformit (il cosiddetto piano del moto medio). Qualora le direzioni di uniformit fossero due, anzich una, la corrente media potrebbe essere ovviamente descritta con un modello monodimensionale. Una situazione del genere non si presenta mai nel mondo reale, ma esistono effettivamente correnti, stazionarie e non, nelle quali i gradienti di alcune grandezze fluidodinamiche sono relativamente piccoli in una gran parte del campo di moto. E' questo il caso di alcune correnti interne a condotti che presentano un'estensione longitudinale assai maggiore di quella trasversale: se si escludono le regioni (magari sottili) adiacenti alle pareti solide e quelle in cui si verificano variazioni brusche della direzione o del modulo della velocit media, velocit e pressione si mantengono praticamente uniformi in ciascuna sezione del condotto e presentano gradienti significativi soltanto nella direzione del moto medio, il quale pu pertanto essere descritto con una forma monodimensionale delle equazioni di Eulero, se il fluido comprimibile, oppure da forme monodimensionali dell'equazione di continuit e della quantit di moto, nel caso di fluidi a propriet costanti. Nel caso di correnti stazionarie di fluidi a propriet costanti, il modello che si deriva dall'ipotesi di monodimensionalit prende il nome di teoria delle reti. E' chiaro per che un modello di questo genere utilizzabile solo se accoppiato a modelli aggiuntivi che siano in grado di tenere conto di tutti quegli effetti tridimensionali che, sebbene abbiano luogo in regioni effettivamente limitate del campo di moto, non per questo devono avere conseguenze trascurabili. Queste informazioni aggiuntive sono generalmente costituite da coefficienti e correlazioni di origine sperimentale, che prendono il nome di coefficienti di perdita di carico.

5 - Modelli per correnti di fluidi newtoniani a propriet costanti


La gerarchia di modelli fisico-matematici fin qui esaminata rappresentativa della quasi totalit dei problemi della fluidodinamica classica. Nel corso di Fluidodinamica, tuttavia, dopo un'impostazione necessariamente generale, si esamineranno prevalentemente correnti e fenomeni che coinvolgono il moto di fluidi newtoniani le cui propriet fisiche possono ritenersi, con buona approssimazione, costanti 4. La gerarchia dei modelli che si incontreranno, sar quindi pi limitata di quella riportata nel diagramma 2 ed riassunta nel diagramma 3.
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Si user spesso, per brevit, il termine di fluido a propriet costanti per indicare propriet che in realt si intendono, al contempo, sia costanti nel tempo che uniformi nello spazio.

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Capacit di rappresentazione e ipotesi restrittive


Qualunqe corrente 3-D non stazionaria di fluido newtoniano a propriet costanti

Modello fisico-matematico per fluidi Newtoniani a propriet costanti


D.N.S Equazioni di Navier-Stokes non stazionarie e 3-D

Informazioni necessarie e modelli aggiuntivi

- equazione di stato = cost - propriet fisiche del fluido assegnate, costanti e uniformi

Laminari 2-D in domini semplici Soluzioni analitiche stazionarie e non Strutture vorticose 3-D e non stazionarie di grande scala Equazioni per la L.E.S. non stazionarie e 3-D Moto medio Equazioni mediate di Reynolds stazionarie e non 2-D o 3-D Modelli di turbolenza sottogriglia

N di Reynolds elevato Regioni vorticose di spessore sottile (in assenza di separazioni)

Modelli di turbolenza

Interazione "viscoso-non viscoso"

"Non viscoso" irrotazionale Equazione del potenziale stazionaria e non 2-D o 3-D e Bernouilli Correnti 1-D (stazionarie) Teoria delle reti

"Viscoso" Equazioni di Prandtl per strati limite sottili a piccola curvatura stazionarie 2-D

Coefficienti sperimentali di perdita di carico

Diagramma 3

Nella fase iniziale, verr dedicata particolare attenzione alla formulazione del modello generale delle equazioni di Navier-Stokes, si esamineranno poi i problemi relativi alla loro integrazione numerica diretta (DNS), si deriveranno le equazioni per la LES, quelle mediate di Reynolds e si affronter il problema della modellazione degli sforzi sottogriglia e di Reynolds. Delle equazioni generali di Navier-Stokes, si studieranno anche alcune soluzioni particolari che si possono ottenere in presenza di domini particolarmente semplici, nel caso in cui, non soltanto il moto medio del fluido, bens quello istantaneo sia bidimensionale e stazionario (il che possibile soltanto in regime di moto laminare). Tali soluzioni prendono il nome di soluzioni esatte delle equazioni di Navier-Stokes e forniscono la reale distribuzione di tutte le variabili fluidodinamiche per via completamente analitica. Da una di queste si deriver anche il modello approssimato di Rankine per vortici piani stazionari. L'ipotesi di numero di Reynolds elevato verr introdotta insieme a quella di assenza di regioni di controcorrente, e si analizzer il solo modello di interazione

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viscoso-non viscoso costituito dalle equazioni di Prandtl per lo strato limite sottile (su parete con debole curvatura) e del potenziale cinetico. Nella seconda parte del corso, si illustreranno alcune tra le pi significative tecniche di visualizzazione e di misura di variabili fluidodinamiche e si affronteranno anche i problemi relativi alla simulazione fisica (vedi il diagramma 1). Anche nella la sperimentazione, oltre che nella simulazione numerica, la consapevolezza delle approssimazioni e l'analisi dinamica risulteranno sempre fondamentali.

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