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SCINTILLA

SCINTILLA REVISTA DE FILOSOFIA E MSTICA MEDIEVAL

ISSN 1806-6526

Scintilla, Curitiba, vol. 3, n. 2, p. 211-441, jul./dez. 2006

Faculdade de Filosofia So Boaventura - FFSB Curitiba PR 2006

Copyright 2004 by autores Qualquer parte desta publicao pode ser reproduzida, desde que citada a fonte. Centro Universitrio Franciscano do Paran FFSB Faculdade de Filosofia So Boaventura NPA Ncleo de Pesquisa Acadmica (rea de Filosofia medieval e pensamento franciscano) Faculdade mantida pela Associao Franciscana de Ensino Senhor Bom Jesus (AFESBJ) Rua 24 de maio, 135 80230-080 Curitiba PR E-mail: Scintilla@bomjesus.br ou enio.giachini@bomjesus.br Reitor: Gilberto G. Garcia Diretor: Vicente Keller Editor: Enio Paulo Giachini a) Comisso editorial Emanuel Carneiro Leo, UFRJ Orlando Bernardi, IFAN Mrcia S Cavalcante Schuback, Sdertrns University College Estocolmo (Sucia) Ulrich Steiner, FFSB Jaime Spengler, FFSB Joo Mannes, FFSB b) Conselho editorial Vagner Sassi, FFSB Marco Aurlio Fernandes, IFITEG Glria Ferreira Ribeiro, UFSJR Jamil Ibrahim Iskandar, PUC-PR Joel Alves de Souza, UFPR Gilvan Luiz Fogel, UFRJ Hermgenes Harada Reviso e editorao: Enio Paulo Giachini Diagramao: Sheila Roque Capa: Luzia Sanches Catalogao na fonte _____________________________________________________________ Scintilla revista de filosofia e mstica medieval. Curitiba: Faculdade de Filosofia So Boaventura, v.1, n.1, 2004Semestral ISSN 1806-6526 1. Filosofia - Peridicos 2. Medievalstica Peridicos. 3. Mstica Peridicos. CDD (20. ed.) 105 189 189.5 ____________________________________________________________

SUMRIO EDITORIAL ARTIGOS L'origine della natura secondo Duns Scoto Giovanni Lauriola ofm O inominado dos nomes como o sem-nome vindouro: Erigena e Nicolau de Cusa Oscar Federico Bauchwitz O conceito de natureza em Aristteles Vagner Sassi A imagem da natureza e o projeto fsico-matemtico da cincia moderna Jairo Ferrandin O ato interior do crer: A natureza humana e sua abertura constitutiva para Deus Juvenal Savian Filho A filosofia na origem dos direitos humanos: A condio de possibilidade do dialogo intercultural Alfredo Culleton Pessoa como cifra Uma reflexo sobre o conceito de pessoa a partir de Karl Jaspers Jonna Bornemark COMENTRIOS Aristteles e a metbase Carlos Arthur Ribeiro do Nascimento Pequeno comentrio de um trecho de De divisione naturae de Joo Escoto Erigena Frei Hermgenes Harada TRADUES Instrues didticas Hugo de So Vtor RESENHAS

EDITORIAL
Enio Paulo Giachini A maioria das colaboraes neste nmero de Scintilla voltaram-se para pensar o tema da natureza (natura). Como tudo que essencial, esse tema permite e exige o empenho da singularidade de cada abordagem, indicando de per si, sua prpria inesgotabilidade de um lado, e insuficincia do outro. Por isso um tema velho e novo ao mesmo tempo. No desdobrar-se da histria do pensamento, natura vem traduzido em e traduzindo uma via de aproximao das razes da nascividade da Vida, do esprito.
A palavra natureza se imps primeiramente para significar a gerao dos seres vivos, que se chama nascimento. E como tal gerao provm de um princpio intrnseco, estendeu-se o uso da palavra para significar princpio intrnseco de qualquer mudana. Sendo tal princpio formal ou material, tanto a matria quanto a forma so comumente chamadas natureza. Mas como pela forma que se perfaz a essncia de uma coisa qualquer, a essncia, que expressa na definio, comumente chamada natureza (Aquinate).

A contraposio natureza-esprito, nesse caso, s pode falar de um contra, porque de antemo pertena. A diferenciao e singularizao da natureza em contraposio identidade e unidade do esprito nada mais diz que a rarefao manifestativa do prprio esprito em graus de diferenciao e singularizao. Os espritos s podem diferenciar-se segundo o grau de claridade, pois em seu contedo so iguais (ROMBACH). assim que a criao se distingue em graus, em nveis, e os nveis constrastam uns dos outros de tal modo que os menos claros so tambm os menos unitrios. Assim surge o cosmo, que feito uma escala de faixas cintilantes; por dentro clara e unitiva, por fora escura e dispersa. por isso que o sentido do ser luz ou, se quiser, esprito. Natura, portanto, nada mais que modulao do esprito.
Tres esse speculativas inquisitiones. Infima est physica, quae circa naturam versatur et considerat formas inabstractas, quae subsunt motui. Nam forma in materia est natura. Et ideo inabstracta est atque in alio, ideo aliter. Secundum igitur instabilitatem materiae continue movetur seu alteratur. Et hanc inquirit anima sensibus et ratione (Nicolau de cusa. Trialogus de possest).

O ingresso do pensamento nessa escala descendente-ascendente se d tambm em graus: sentir, perceber, conhecer... Assim a natureza est assinalando para o cosmos com seus nveis, conduzindo o esprito a uma univiso mais elevada. Essa reflexo inicial sirva de provocao para a leitura dos textos que se seguem.

L'ORIGINE DELLA NATURA SECONDO DUNS SCOTO


Giovanni Lauriola ofm* Premessa L'uomo l'unico essere che si meraviglia di s e delle cose che gli si muovono attorno chiedendosi: che cosa ? Delle singole e complessive si chiede il loro perch. Vuol sapere donde vengono, dove vanno, perch esistono... Domande che si personalizzano: luomo nello stesso tempo interrogante e interrogato, soggetto e oggetto. Nellistante dello stupore, si accorge anche dessere diverso dalle cose, pur stando insieme e prendendosi, magari, cura di esse. Risvegliare nella propria memoria/coscienza gli ancestrali ed esistenziali perch della vita e dellesistenza significa riconoscere da un lato la differenza qualitativa tra interrogante e interrogato, e dallaltro linizio della riflessione intorno allorigine delle cose. Registrate dalla storia e comunicate nel processo evolutivo le risposte costituiscono la differenza tra ci che si muove da s e ci che si muove in virt di, tra natura e tecnica, tra natura e cultura, tra principio e arte. Concetti che, derivanti dai termini greci arche e texne, hanno influenzato tutto il mondo occidentale, segnandone la storia del pensiero filosofico e teologico, in continua progressione evolutiva, come insegna il francescano Giovanni Duns Scoto. Pensatore dellultimo medievo (1265-1308) che ha legato il suo nome alla scelta cristocentrica meno funzionale che universale, con cui mette in evidenza gli elementi della sovrana libert della volont di Dio e della contingenza radicale delle cose in un modo perfetto. La prospettiva cristocentrica orienta e caratterizza tutto il suo pensiero e la sua visione della vita, come, in questo articolo, si cercher di evidenziare attraverso una breve analisi prima del clima culturale in cui il Dottor Sottile opera e poi della risposta circa lorigine della natura negli aspetti peculiari.

1 Lorigine della natura nel mondo greco Il sostantivo physis, natura, deriva dal verbo greco phyo, che genericamente indica far crescere, crescere. Il termine natura indica lorigine, linizio, la provenienza e la genesi di una cosa o di tutte le cose. Concettualizzato, diventa fin dagli albori della filosofia, un concetto-chiave nel ricercare coi presocratici lorigine della natura, intesa come mondo, ossia come linsieme di tutte le cose; coi sofisti, le motivazioni del diritto; e con Platone e Aristotele, invece, la precisazione negli
*

Prof. emerito de filosofia antiga e medieval e de teortica, ora Presidente do Centro Duns Scoto (Castellana Grotte - Itlia), site: < www.centrodunsscoto.it > e-mail: < presidente@centrodunsscoto.it >.

elementi principali, con i quali passer, poi, nel medievo con la mediazione ebraico-araba. In base a questo concetto fondamentale di esistenza, legata alla crescita autonoma, la natura viene a indicare anche la propriet naturale, espressa in tanti modi: qualit, condizione, forma, essenza... Con lacquisizione duale del concetto di natura si sono contraddistinti i due significati di intensivo o qualitativo e estensivo o quantitativo. Nella prima eccezione, il termine natura equivale a realt fondamentale di un essere, ossia a entit o essenza di una cosa. In tal senso, lessere segue la forma particolare che gli stata impressa (o donata), e anche il valore normativo della legge, cui obbedisce. Nel significato normativo la natura diventa naturale, sinonimo di normale, logico, razionale, onde le espressioni di ci che naturale e di ci che contro natura... La seconda accezione del termine natura estensiva o quantitativa conduce allinterpretazione che qualcosa della natura o appartiene alla natura, aprendone cos la possibilit al significato di come un tutto, cui attribuire determinate qualit, come ad es., il comportarsi secondo leggi naturali inviolabili e levolversi verso forme superiori. In questo senso la natura quantitativa diviene sinonimo di mondo, universo, tutte le cose esistenti, come linsieme degli esseri in quanto hanno una natura propria, e pu anche essere personificata, come storia e poesia documentano: la madre natura, la natura matrigna, la madre che pensa a tutto, la natura non fa salti... Da notare che il concetto di natura anche nel significato estensivo non strettamente univoco, a volte indica tutto luniverso, talvolta solo luniverso senza l'uomo e la sua attivit, talvolta sta per l'ordine della natura... Al di l della distinzione tecnica di qualit e quantit, la natura per sua origine e costituzione indica sempre tutto ci che l'essere e pu essere per se stesso, e non gi per virt di cause esterne, cio conserva pi il senso dell'autonomos, dell'autonomia, che dell'eteronomos, dell'eteronomia, da cui viene coniato il termine texne, tecnica o arte, come viene ampiamente documentato da tutto lo sviluppo del pensiero greco ed ellenico, di cui si dar una rapida prospettiva per evidenziare gli orizzonti della conoscenza della natura che maggiormente hanno influito sulla storia del pensiero fino al momento dellincontro con la fede e la teologia. Nel contesto del presente lavoro, il termine natura viene utilizzato puntualmente nel suo senso estensivo o quantitativo o onniabbracciante, ossia come sinonimo di mondo universo, tutte le cose esistenti senza eccezioni. La prima interpretazione di un concetto di natura certamente quella offerta al tempo dei presocratici, per i quali linsieme dellessere, nella sua indivisa unit, rende possibile non solo concepire ma anche garantire la originaria dimora delluomo in perfetta armonia col cosmo, che per definizione significa essenzialmente bellezza e armonia. E come tali caratteristiche bellezza e armonia sono pi facilmente colti dallanimo poetico che da quello razionale, cos le prime testimonianze intorno allevidente mistero della natura sono poetiche e

mitiche insieme. La prima forma di riflessione delluomo su se stesso e sul mondo, infatti, di natura mitica e antropomorfica, sfatando un luogo comune della storiografia che vorrebbe il percorso segnato invece dalla cosmologia prima dallantropologia poi. Si pensi a tutta la ricca mitologia greca che la fanciullezza umana ha descritto nel su continuo meravigliarsi, dentro e di fronte allo spettacolo incontaminato e contaminante del corpo umano e della natura, descritta poeticamente nei miti con verit e bellezza insuperabile. La veste antropomorfica del mito ha una grande importanza, perch mostra che i problemi cosmici sono concepiti nella forma dei problemi umani. Come a dire che la riflessione sul mondo avviene prima nella dimensione umana che naturale. Nel passaggio dal mito alla filosofia, ossia da Socrate in poi, si introduce una fondamentale spaccatura, che caratterizzer tutta la visione posteriore fino allavvento dellelemento rivelato del concetto di creatio ex nihilo. Lantinomia dipende dalla lettura duale del mondo in mondo intelligibile e in mondo sensibile, che traduce la differenza antropologica tra spirito e cosa, anima e corpo, idea e materia. La testimonianza pi significativa linterpretazione del mondo fornita dal Timeo di Platone, il cui influsso presente ancora nel pieno medievo cristiano. La cosmologia platonica, espressa specialmente nel Timeo e nelle Leggi, dominata dal principio che il mondo meravigliosa opera darte. Lordine che regna nelluniverso non il semplice risultato dun concorso fortuito di cause, bens lopera di un Artista supremo, che ha organizzato ogni cosa in base a un disegno premeditato, secondo la legge del Bene generale. Il nome dellArtista Demiurgo, buono per natura, che forma luniverso intero, seguendo un schema matematico ben definito. Importante rilevare che in Platone tanto la genesi del mondo quanto gli eventi che hanno luogo in esso sono esclusi dal cieco caso, e vengono spiegati per mezzo dellattivit benevole e saggia del Demiurgo, che trasforma il caos iniziale in un mondo armonico e proporzionato, fino a dare la vita e lanima che consente di essere quanto pi possibile simile a se stesso, capace cio di intendere i suoi disegni. Ne scaturisce una conoscenza antropologica molto interessante: tutto luniverso finalizzato alluomo che, in quanto immagine e similitudine del Demiurgo, reso capace di conoscere e amare lopera della creazione intera e perfino il suo Creatore. La spiegazione autentica alla spaccatura tra mondo intelligibile e mondo sensibile si trova nello stesso concetto del Demiurgo. Dopo la creazione delluniverso, lo stesso Demiurgo crea le anime dei viventi sulla terra, ma di fronte alla materia che devessere vitalizzata delle singole anime, si ferma e crea degli dei o figli, cui d il compito di creare lunione tra lanima e i corpi... E Platone lo motiva cos: ci che produce il Demiurgo divino, non perisce, perci ci che nasce e perisce non pu essere opera sua, ma daltri a lui inferiore. Queste cause seconde sono i figli degli Dei, i figli del Demiurgo. E quando il Padre creatore vide muoversi e vivere il creato, grande gioia ne ebbe e, compiacendosi, pens di renderlo ancora pi bello e simile al modello divino, infondendo nel creato tanta divinit quanta ne

potesse contenere, onde diede ordine di creare gli esseri viventi secondo numero fluente, cio insieme al tempo, immagine eterna di Colui che . Si discute se, e in qual misura e senso, questantinomia vada verso un dualismo metafisico. Non sembra facile pensare a un Platone con due distinte sorgenti dessere, perch espressamente il cosmo visibile indicato come kalos (kalos = buono, bello), come immagine del cosmo invisibile, come idea eterna dellEros divino. Il kalon (kalon = bene) la forza che lega il mondo divino al mondo terreno. Bench esclusa ogni dualismo metafisico, tuttavia la differenza di come distingue i due mondi, dellal di qua e dellal di l, lascia trasparire due mondi diversi. Lilemorfismo di Aristotele rappresenta il tentativo di unificare ci che Platone divide, ma resta ugualmente legato a una concezione cosmologica bipartita. Il suo progetto, pertanto, non in grado di superare la dualit, perch sottende e suppone sempre la dicotomia di fondo tra materia e forma, corpo e anima, atto e potenza. La novit aristotelica di unificare il campo astronomico metafisico cosmologico ed epistemologico costituisce anche il suo limite. Voler conciliare insieme idee e concetti disparati come il vuoto, il moto circolare e il moto rettilineo, principio logico e causa reale con caratteristiche fortemente differenti, porta Aristotele a riconoscere il movimento circolare sopralunare superiore a quello rettilineo sublunare. Nasce cos anche una dualit di materia: letere per il mondo sopralunare incorruttibile e perfetto; e i quattro elementi per il mondo sensibile corruttibile e imperfetto, e soggetto al processo delle generazioni e delle corruzioni: aria, acqua, fuoco e terra. La concezione metafisica del Primo Motore permette ad Aristotele di trovare la spiegazione ai due movimenti. Riserva al Primo Motore solo il movimento della sfera delle stelle fisse, che si trasmette ai singoli cieli ordinati e gerarchizzati secondo il grado di perfezione, dal supremo allinfimo, fino al limite dei due mondi. Essendo per definizione Immobile, il Primo Motore muove come muove amore, cio come causa finale e non come causa efficiente. Insieme alleternit del Motore Immobile, viene affermata anche leternit del movimento della sfera delle stelle fisse, ricevendo impulso, desiderio e amore verso il Primo Motore che comunque resta Immobile. Con tale immobilit Aristotele spiega la perfetta uniformit del movimento della sfera delle stelle fisse, e anche il desiderio di perfezione insito in tutto luniverso verso la prima sfera che, a sua volta, fa sentire la sua influenza sul Motore Immobile. A ogni sfera delle 56 che compongono luniverso aristotelico, il movimento trasmesso in modo analogo da una propria Intelligenza eterna e immobile, ossia da un esser e divino. Nelluniverso delle sfere concentriche dello Stagirita si suppone il centro fermo e stabile che permette lo stesso movimento circolare, onde viene postulata la necessit di un centro, chiamato Terra, che insieme agli elementi, sia eterna, per giustificare il processo di generazione. Con squisita logica, Aristotele deve supporre, al di l dei quattro elementi, anche una quinta essenza semplice (etere) anteriore e divina, per giustificare il moto semplice o circolare. La dicotomia greca

tra spirito e materia si accentua sempre di pi nel periodo ellenistico, specialmente sotto linflusso della Gnosi. La forma del dualismo passa dalla dimensione etica a vera e propria ostilit del mondo, acuendo cos la diversit tra materia e spirito, sottacendo la visione escatologica della vita, che invece riaffiora prepotente nel periodo successivo con la visione stoica del mondo. Questa concezione, gi presente in Platone, come anima mundi e fondamento del mondo visibile e vivente, sincontra e si fonde con lesperienza pietistica romana, concretizzandosi verso il diritto e la legge, con coloritura panteistica, evidenziando un dualismo tra corpo e spirito e una trascendenza di Dio al mondo. Unultima interpretazione antica del mondo certamente quella espressa nelle Enneidi di Plotino, che, raccogliendo il fior fiore del passato, sviluppa una cosmodicea, contrapposta allavanzare della dottrina cristiana. La posizione di Plotino, perci, rimarca con molta decisione la spaccatura dellimmagine del mondo, che solo nella visione biblica trova la saldatura, non raggiunta per conclusione razionale, ma data per fede. La demarcazione cosmologica fondamentale, infatti, tra mondo antico e mondo cristiano data proprio dalla creatio ex nihilo. E una volta che la fede entra nel mondo umano, il registro della ricerca prende unaltra strada: luomo chiamato a ragionare nella fede.

2 Lorigine dalla natura nel mondo cristiano Con lirrompere della fede nella storia, il cammino delluomo chiamato a confrontarsi con il dato biblico e a spostare di 360 gradi la direzione della bussola della ricerca circa lorigine della natura-mondo. Il superamento delle differenti aporie classiche, sopra appena accennate, avviene direttamente alla radice: tutte le cose hanno origine dal nulla liberamente dalla parola di Dio in Cristo. La concezione creazionistica storicamente pu essere suddivisa per comodit in due grandi periodi: la Patristica, che abbraccia i secoli III-VI, e la Scolastica che si estende dal VI al XIV secolo. Qui non sintende seguirne lo sviluppo storico lineare, ma offrire soltanto alcuni punti di riferimento obbligato per comprendere lambiente culturale al tempo in cui Duns Scoto entra sulla scena del tempo tra la fine del XIII e linizio del XIV secolo, cos da poter meglio valutare la sua posizione circa lorigine della natura-mondo-tutto-il-creato. Il periodo degli Apologisti e della prima Patristica, pur con le proprie posizioni e distinzioni interpretative delle origini delle cose, trovano in Agostino di Tagaste la loro armonia pi matura nel conservare e riprodurre gli elementi principali dellintera questione. La sua concezione sulla creazione diventer un punto obbligato per tutto il medievo e per la Scuola francescana in particolare, come contrapposizione allinsorgere nel XII secolo del pensiero aristotelico in occidente. Tanto che nel periodo che interessa Duns Scoto le posizioni culturali possono essere rappresentate cos: tendenza platonico-agostiniana e tendenza aristotelico-

tomista. Interpretazioni che esprimono ci che il credente riuscito a organizzare la sua fede con le esigenze della ricerca razionale. Dal bagaglio culturale ereditato, sia occidentale che orientale, Agostino espone gli elementi strutturali e determinanti linterpretazione della creazione in tre diverse visioni a seconda dei tempi di lettura del Genesi e del momento dottrinale specifico, come si evince anche dalle Confessioni e dal De civitate Dei. Poich le tre diverse interpretazioni sono presenti nel medievo con il loro peso autorevole, bene accennarle almeno nel nome, cos da avere sottocchio il quadro pi completo del suo influsso. La prima interpretazione pu definirsi razionale-ontologica, in quanto Agostino, utilizzando un concetto neoplatonico di Dio come summa essentia, summe est, sembra portare la stessa creazione verso una concezione di tinta neoplatonica, cio intesa come una speciale degradazione dellEssere del sommo Dio fino alla materia inerte. Qualcosa di questa coloritura sembra sia rimasta nellespressione Deus est diffusivum sui, con cui si vorrebbe spiegare la creazione: manifesta una certa forma di necessitarismo. Unaltra interpretazione quella di valore etico-religiosa, influenzata sempre dal neoplatonismo attraverso lidea di unit tra Dio stesso e mondo spiritualemateriale. Alla concezione dellessere essenzialmente Dio e essenzialmente antidivino, la cui separazione viene concepita come qualcosa di negativo o di male o di peccato, instaurando un ciclo eterno distacco-da-Dio e ritorno-a-Dio, con la domanda senza risposta da chi e perch; Agostino spezza questo ciclo sia andando contro il dualismo manicheo ostile alla creazione e sia evitando di cadere nellemanazionismo affermando con fede la creatio ex nihilo e la creazione con il tempo. La terza interpretazione prende nome di storica, perch ritiene la creazione prodotta simultaneamente con il tempo e diretta a svilupparsi secondo le rationes seminales, secondo la descrizione offerta dalla Rivelazione biblica. La nota della storicit si colora di storia della salvezza: creazione e redenzione sono orientate verso la glorificazione secondo un piano divino esposto nel dato rivelato. La creazione diviene un dato storico con cui la libert delluomo deve dialogare per attendere levento della salvezza. Di queste tre interpretazioni, tutte presenti nel clima culturale del medievo, la prima simpone per circostanze storiche dellingresso del corpus aristotelicus, che offre una metafisica con cui confrontarsi. E come si vedr, Duns Scoto, pur appartenendo alla Scuola francescana di tendenza pi platonico-agostiniana che aristotelica, dialoga con pi simpatia con la visione di Aristotele che aveva influenzato la cultura del XIII secolo, divenendone anche il primo critico costruttivo. Per meglio avere le coordinate culturali al tempo di Duns Scoto sembra utile accennare anche alle posizioni dominanti dopo Agostino, specialmente nel periodo della cos detta rinascita, cio dei secoli XI-XII, dove in campo scientifico prevale la posizione platonica sul nascente aristotelismo, mediato dalla visione ebraico-

araba, confrontata gi con il testo sacro, mentre in campo teologico lattenzione si sposta dallasse creazione-redenzione alla necessit della restaurazione dellordine, ad opera specialmente di Anselmo dAosta. In questo nuovo panoramico culturale, anche la problematica della visione della natura-mondo-tutte-le-cose subisce una forte trasformazione dovuta al contatto con il testo sacro, e cio si parla dellinizio del mondo dentro o fuori del tempo, della cessazione del tempo a causa della distruzione delluniverso per affermarne il futuro escatologico. Il mondo, come totalit di tutte le cose visibili e invisibili, resta comunque legato al concetto della restaurazione per lescaton. Il patrimonio di fondo che Duns Scoto riceve dal mondo precedente si pu sintetizzare nella formazione delle scuole: francescana, tomista ed eclettica. Senza sfiorare minimamente le differenze tra le scuole, qui serve solo ricordare che tra gli elementi dottrinali determinati influiscono: la fiducia accordata ad Aristotele che comporta di necessit logica delle divergenze dimpostazioni perch diverso il concetto di essere che si pone a fondamento; la scelta esistenziale che nellalveo della tradizione ogni autore compie per vivere lideale evangelico o di perfezione, che, pur avendo a fondamento lo stesso testo rivelato, il modo di viverlo di Francesco dAssisi e di Domenico di Carnelega determinate; il monopolio della cultura posseduto dal mondo ecclesiale, con una forma di teocrazia.

3 Lorigine della natura in Duns Scoto Allevidenza immediata del mondo, pertanto, non corrispondono risposte altrettante immediate ed evidenti, perch vengono formulate e poste a partire da presupposti diversi per sistema metafisico, per appartenenza a una scuola o per una credenza particolare. Ogni autore, cio, vive dentro il proprio orizzonte culturale: cos per es., che i greci sono partiti dal mondo esterno, gli ebrei e arabi dal mondo interiore, i cristiani da Dio. Quando Duns Scoto entra nel suo orizzonte, tra la fine del XIII e linizio del XIV secolo, compie una scelta rivoluzionaria sia per metodologia sia per concezione metafisica e sia per scelta di fede, basata sempre sul dato rivelato, concretizzandosi nel Primato di Cristo. Il Dottor Sottile, infatti, come tutti gli autori medievali, contemporaneamente teologo e filosofo insieme, secondo il termine medievale di theologus. In questa ricostruzione della cosmologia di Duns Scoto si d per scontato lorizzonte cristocentrico ontologico e non funzionale della sua opzione di fede evidente certa e chiara. Nellorizzonte del Primato al Cristo, Duns Scoto impianta tutto il suo sistema, abbracciante tutte le dimensioni del sapere, dalla teologia alla filosofia, alla morale, alla spiritualit, al diritto, alla politica, alla societ. Per quanto attiene alla sua posizione circa lorigine del mondo, si pu sicuramente ritenere: in Cristo Dio cre il mondo per libero atto della sua volont damore e il mondo essenzialmente contingente. Due verit teologiche o di fede che orientano tutta la speculazione del Maestro francescano, aprendo e scoprendo orizzonti sempre

nuovi alla ragione umana in prospettiva cristocentrica. Pertanto la preoccupazione della presentazione dellorigine della natura in Duns Scoto viene semplicemente accennata nel mettere in luce della contingenza il fondamento teologico e metafisico, prima di riferire sullinterpretazione del concetto vero e proprio della creazione. a) Fondamento teologico della contingenza Per la precisazione circa laspetto di teologo e di filosofo insieme, si preferisce dare la priorit teologica a quella speculativa. E possibile questa scelta perch la ricerca una ricostruzione a posteriori guidata e illuminata dal dato di fede e non una semplice costruzione che possa partire dal niente, altrimenti si cade nella stessa difficolt che si vuol superare e cio il necessitarismo espresso dalla ricerca precedente del mondo greco e arabo. Comunemente si dice in certi ambiente philosophia ancilla theologiae, aforisma che sembrato sempre il contrario theologia ancilla philosophiae, perch realmente la verit rivelata che ruota langolatura della bussola sia a livello speculativo sia metodologico. Almeno in ordine al presente problema dellorigine della natura tre sono le verit generali di fede che possono illuminare e orientare una risposta esauriente: Dio in Cristo cre il mondo per libero atto della sua volont, e come atto di libert il mondo assolutamente contingente; nella mente divina sono presenti necessariamente e attualmente tutte le idee o essenze possibili o futuribili, alcune delle quali vengono scelte dalla volont divina per essere realizzate in re; luomo portato secondo la via Scoti a considerare lessenza divina in concreto ut essentia est, e non in astratto. Questi nuclei dottrinali sono determinati sotto tutti gli aspetti per una speculazione filosofica e cosmologia in particolare secondo la visione scientifica di Duns Scoto. Di proposito nella prima e fondamentale verit di fede in principio Dio cre stato determinato il termine principio come equivalente al nome di Cristo: In Cristo Dio cre. Qui lassoluta novit di Duns Scoto, non perch sia stato il primo a fare lidentificazione, che, in effetti, comune patrimonio patristico, ma perch ha saputo cogliere in Cristo, seguendo linsegnamento rivelato e tradizionale, la chiave ermeneutica dellintera storia della salvezza che ha posto a fondamento teologico della sua speculazione teologica e filosofica. La scelta fondamentale di Duns Scoto in chiave di fede costituita dal Primato universale di Cristo, cio nel considerare patrimonio rivelato lassoluta libert di Dio nellagire ad extra e lassoluta libert di Cristo nel donare la Redenzione agli uomini, superando la necessariet introdotta da Anselmo dAosta nel rapporto creazione-redenzione e in alcuni Padri antichi. E tutto questo lo fa con una lettura storico-critica non solo del mondo antico e contemporaneo, ma anche del mondo rivelato, richiamando lattenzione sullimportanza nellinsegnamento del testo biblico al posto delle Summe, via obbligata allepoca nellinsegnamento cattedratico. La sua posizione storico-critica, pur non lasciando immediatamente tracce nellorganizzazione scolastica, perch a lui superiore, e neppure

apertamente nella struttura dei suoi scritti, perch, forse, le novit erano vissute in campo, e non si poteva distaccare formalmente dalle usanze accademiche. Certo che per le novit eccessive delle sue idee, che per fortuna sono basate sul testo sacro, Duns Scoto ha sofferto molto, fino alla pena capitale, proprio perch andato contro corrente e contro il senso comune della dottrina ufficiale. Le conseguenze dottrinali del suo Primato universale di Cristo, che abbracciano i concetti-chiavi come Mediatore unico, Redentore unico e Glorificatore unico, hanno arricchito il patrimonio non solo dogmatico della Chiesa ma anche allargato orizzonti infiniti alla speculazione umana. Meraviglioso e sublime il cambio di scena sullavventura umana, dalla esigita alla donata redenzione, che sposta completamente il centro di gravit dalluomo a Cristo e in Cristo a Dio, secondo un caro pensiero paolino: tutto delluomo, luomo di Cristo e Cristo di Dio. La novit dottrinale del Primato di Cristo, come dato biblico e della tradizione, fondamentale perch nella ricostruzione del suo pensiero si colloca veramente come Mediazione assoluta e libera tra Dio e il nulla, o meglio tra Dio e la chiamata dal nulla dellessere. Il mondo greco, e platonico in specie, aveva concluso alla riflessione sul Demiurgo con questo pensiero da non sottovalutarne laspetto altamente speculativo: ci che fa Dio Divino. Questaltissima considerazione di Dio da parte di Platone ha fatto s di considerare eterna la materia per non limitare la realt di Dio! Di fronte a questa onest intellettuale, confermata anche da tutto il mondo speculativo antico, che non riuscito di fatto, e, Duns Scoto aggiunge, anche di diritto, a raggiungere il concetto di creazione, il Maestro francescano interpreta il Cristo come la possibilit speculativa dellazione di Dio ad extra che assicura da una lato la Dignit Divina e dallaltro al creato la radicale contingenza. Dichiarato e considerato come unico Mediatore dalla Bibbia, Cristo diventa speculativamente lanello di congiunzione tra il mistero di Dio e la sua azione ad extra, cio lIncarnazione, opera liberissima di Dio che costituisce contemporaneamente anche la possibilit ontologica di creare qualcosa, perch gi manifestata la sua volont nel Cristo che ha assunto in s luomo, e nelluomo il mistero della materia. E non sembra contraddittorio pensare e dedurre che lazione di Dio ad extra sia unica ed esclusiva nellIncarnazione! Nel senso che Dio ha voluto e compiuto solo e soltanto il Cristo, suo Capolavoro. Tutto il resto non altro che svolgimento consequenziale ed esistenziale di eventi gi previsti e voluti da Dio e accettati da Cristo, che, nella pienezza del tempo nasce da donna, divenendo cos il vero e unico Mediatore dellessere della grazia e anche lunico Soggetto della rivelazione, come insegna il concilio Vaticano II. Questa tesi da capogiro! E rivoluzionaria in teologia, perch sgancia lIncarnazione dalla Redenzione riproponendo a fondamento testo sacro e tradizione. E rivoluzionaria in filosofia, perch interpreta diversamente il rapporto fede-ragione e, di conseguenza, legge diversamente anche i cos detti praeambula fidei. Tutto questo tesoro patrimonio geloso del mondo francescano, che, purtroppo, sembra faccia a gara per tenerlo nascosto e in silenzio, invece di approfondirlo e sventolarlo ai quattro venti!

In queste sede preme solo far ammiccare un piccolissimo barlume di questo tesoro nascosto nel giardino della natura. Dallintreccio fede-ragione, il filosofo cristiano non pu non partire dal dato della fede e cercare di renderlo possibile razionalmente per affermarne la possibilit speculativa e giustificarne la sua effettiva esistenza con la rivelazione. Con questindicazione non si pu non tener presente il disegno di Dio rivelato da Paolo, specialmente agli Efesini e ai Colossesi, in cui il Cristo il primo voluto e amato da Dio, tanto da costituire il primo-genito della creazione in qualit di causa efficiente esemplare e finale. Forse salutare riproporre il testo ai Colossesi:
Egli [Cristo] immagine del Dio Invisibile, generato prima di ogni creatura; poich per mezzo di lui [Cristo] sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui...

Le espressioni che interessano pi da vicino sono due: per mezzo di Cristo sono state create tutte le cose, e Cristo il principio [di tutte le cose]. Per comprendere il valore di queste affermazioni bisogna tener presente il principio aristotelico, utilizzato da Duns Scoto alla perfezione, secondo cui ci che primo nellordine ontologico, ultimo nellordine storico della successione. Applicato a Cristo significa: nellordine ontologico, Cristo occupa il primo posto nella scala gerarchica degli esseri, e viene storicamente per ultimo quando tutto pronto per accoglierlo, cio nella pienezza del tempo; e un principio rivelato, tenuto presente ugualmente da Duns Scoto, che afferma: tutto il mondo fisico stato creato in funzione delluomo, il quale ne costituisce anche il fine, perch Dio vuole lordine del mondo finalizzato a Cristo luomo predestinato, il vero uomo, il nuovo uomo. Dal contesto delle sue ardite meditazioni, si deve concludere che questo tipo di uomo soltanto Cristo. Difatti, presupponendo la predestinazione di Cristo, Paolo proclama: tutto delluomo, luomo di Cristo e Cristo di Dio, quindi, secondo Duns Scoto, Cristo luomo primo predestinato e anche luomo creato a immagine di Dio, il vero autentico e prototipo delluomo umano. Queste affermazioni scotiane sono in perfetta sintonia con la Scrittura e con la Tradizione. Applicazione. Per es., le prime parole del testo sacro suonano: In principio Dio cre il cielo e la terra. Come intendere lespressione in principio? Non pu essere intesa in senso temporale come di un principio nel tempo o del tempo, perch il tempo non ancora esisteva, anzi il tempo nasce proprio con la stessa creazione. Si tratta invece di un inizio assoluto che non sopporta alcuna connotazione temporale. E proprio lagire di Dio ad extra che chiama allesistenza qualcosa dal nulla. Tenendo presente i testi paolini, si pu tentare una lettura cristologica dellespressione in principio. Paolo ha pi volte affermato che tutta la creazione stata fatta per mezzo di Cristo, cio da Cristo, che viene definito anche come il Principio di tutte le cose. Importante la precisazione fatta dal Maestro francescano circa il valore della preposizione per, se usata con verbi transitivi o intransitivi. Nel primo caso viene espressa una certa subordinazione al soggetto

principale, nel secondo caso con il verbo alla forma intransitiva invece esprime la causalit efficiente principale della proposizione. Cristo presentato da Paolo come la causa efficiente della creazione. Se cos, linterpretare in principio con in Cristo non dovrebbe meravigliare pi di tanto. Il primo versetto biblico, quindi, suonerebbe: In Cristo Dio cre. E una interpretazione che non contrasta con nessun testo sacro, anzi trova conforto proprio dallinsieme della Rivelazione e anche dalla Tradizione. Per i testi della Scrittura sufficiente citarne alcuni tra i pi comuni: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era presso Dio: tutto stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente stato fatto di tutto ci che esiste; Ci che era fin da principio... noi lo annunziamo anche a voi, perch anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione col Padre e col Figlio suo Ges Cristo; Avete conosciuto colui che fin da principio; Cristo il Principio, il Primogenito di coloro che risuscitano dai morti; Io sono lAlfa e lOmega; Io sono il Primo e lUltimo; Cos parla il Primo e lUltimo; Cos parla il Principio della creazione di Dio; Io sono lAlfa e lOmega, il Principio e la Fine; Io sono lAlfa e lOmega, il Primo e lUltimo, il Principio e la Fine. Per quanto riguarda la Tradizione, che interpreta lespressione in principio come sinonimo di in Cristo, sufficiente citare qualche testimonianza pi significativa: Zeno afferma: Indubbiamente per Principio sintende Cristo; Agostino scrive: Principio nel quale Dio ha fatto cielo e terra, indubbiamente si riferisce allo stesso Figlio [incarnato]; e in polemica con i Manichei afferma alquanto seccato: In principio Dio ha creato cielo e terra, non in principio del tempo, ma in Cristo; Cirillo Alessandrino: commentando il testo di Giovanni (8,25), afferma la divinit di Cristo con il verbo sono, e continua facendo parlare lo stesso Ges dicendo: Sono Principio di tutte le cose, dal quale esse ricevettero linizio e per il quale tutte furono create; Principio, per mezzo del quale, tutto fu fatto; per mezzo del quale Dio cre i secoli; nel quale cre il cielo e la terra; e commentando anche il testo dei Proverbi, 8,22, scrive: La Sapienza ossia il Figlio di Dio, incarnandosi, non cominci a esistere, n Egli fu posto a fondamento delle cose come Verbo in s, ma come Verbo incarnato; e ancora dichiara che Cristo Principio e Fondamento dellesistenza, perch in quanto vero Uomo identico alla natura umana; Girolamo in pi parti afferma: In Principio significa in Cristo Signore; Origene: commentando il primo versetto del Genesi scrive: Che cosa significa il principio di tutte le cose, se non il Signore nostro e Salvatore di tutti Cristo Ges, Primogenito di ogni creatura? Dunque in questo Principio, cio nel Verbo suo, Dio ha creato cielo e terra, come dice lEvangelista In Principio era il Verbo; Metodio: nel commento alla parabola delle dieci vergini, scrive: Chi non crede a Cristo non pu comprendere che egli il Principio e il Fondamento della vita; Massimo di Torino: in polemica contro i Giudei, scrive: In principio Dio cre il cielo e la terra... Osserva subito questo, perch [Mos] ha cominciato dal Principio a nominare il Principio, che noi intendiamo Cristo, detto il Principio, in cui Dio ha creato il cielo e la terra...; Isidoro di Siviglia: nel commento al primo versetto sacro, scrive: In principio Dio cre... il Principio il Cristo....

Tale interpretazione trova nel Magistero Ufficiale vasta eco, e anche in Paolo VI nel discorso di apertura della seconda sessione del Concilio, esclama: Cristo! Cristo, nostro Principio, Cristo, nostra via e nostra guida! Cristo, nostra speranza e nostro termine... Cristo nostro Fondatore, nostro Capo. Parole che esprimono molto bene la dottrina del Principio e del Fine di tutte le cose con Cristo Principio di tutte le cose. Interessante anche il confronto che i Padri stabiliscono tra Colossesi: Tutte le cose sono state create per mezzo di Cristo e in vista di Cristo, e Giovanni: Tutto stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente stato fatto di tutto ci che esiste, leggendo tutto il prologo giovanneo in chiave cristologica. Essi leggono Giovanni con Paolo. Per esempio, Agostino, dopo aver precisato e distinto che la Scrittura presenta Cristo sia in ordine alla predestinazione (cio prima dellassunzione della carne) e sia in ordine storico (cio con lassunzione della carne), scrive: Chi ha detto che In Principio era il Verbo... inutilmente predicherebbe la divinit del Verbo, se del Verbo tacesse dellumanit. E lo stesso Cirillo afferma apertamente che lintento del prologo la dimostrazione della divinit di Cristo, contro qualsiasi errore presente o futuro. E il testo di Giovanni, nota ancora Cirillo, si pu usare tranquillamente contro gli Ariani, i quali, per poter negare la divinit di Cristo, erano ricorsi alla distinzione del doppio Figlio: del Figlio di Dio, in senso naturale, e del Figlio adottivo; luno eterno il Verbo, e laltro storico il Verbo incarnato. E sempre Cirillo esclama che, proprio per controbattere quasi anticipatamente leresia ariana, Giovanni ha opportunamente aggiunto: Hoc erat..., Questi era presso Dio. Di questo, proprio di questo si parla in questo libro, cio di Cristo, Dio e Uomo. Si potrebbe anche notare che il neutro hoc usato da Giovanni al versetto 2 e tradotto ufficialmente con Egli, fa perdere il senso non solo grammaticale ma anche teologico del termine: questo, proprio questo, cio qualcosa di vicino, di visibile, di concreto, Cristo Ges, il Verbo incarnato. La traduzione Egli era presso Dio, verrebbe a significare il Verbo in s era con Dio, che non ha alcun senso, perch vorrebbe dire Dio era con Dio; mentre la traduzione Questi era presso Dio si riferisce al Verbo incarnato, e il testo acquista tutta la sua importanza e coerenza. Altra apparente difficolt risulta dal confronto tra Genesi (1,1) e prologo di Giovanni, entrambi affermano che Cristo il creatore del cielo e della terra. I due testi sono esposti in modo differente: nel Genesi si parla di in Principio [in ipso] Dio cre cielo e terra; mentre nel prologo giovanneo: per mezzo di lui [per ipsum] tutto stato creato... Agostino dimostra che le due espressioni sono equivalenti: la frase in ipso = in Principio ha lo stesso valore dellaltra per ipsum. Quindi le due espressione: creare tutto in Cristo e creare tutto per mezzo di Cristo, hanno lo stesso significato e lo stesso valore. Cristo, in conclusione, contemporaneamente causa efficiente, causa esemplare e causa finale di tutte le cose. Ecco il nuovo punto di riferimento dellessere e della natura proposto da Duns Scoto.

Con questa interpretazione cristocentrica universale, lorigine della natura proietta la considerazione nella volont sovranamente libera di Dio, che si autorivela in Cristo, cio fuori di Dio. Nellesercizio della sua infinita libert, dice Duns Scoto, lazione divina estrinseca a Dio, e, quindi, fuori dallazione intratrinitaria che contemporaneamente necessaria e libera. Per questo, chiama questunica mirabile opera Summum Opus Dei, il Capolavoro di Dio. A livello speculativo comporta che nellIntelletto divino sono presenti tutti i possibili, di cui per solo alcuni vengono scelti dalla volont divina e realizzati liberamente nellesistenza. In Dio, quindi, sono presenti nellIntelletto tutte le idee possibili per lOnniscenza, e la Volont sceglie quelle che servono al suo piano cristico per la Libert. Che meraviglia! che sublimit! b) Fondamento metafisico della contingenza Se da questorbita celeste-infinita appena accennata, si plana verso la natura finita, si entra nella sfera della metafisica, il massimo sforzo umano per avvicinarsi alla soglia del cielo per intravederlo, ma senza entrare, perch, direbbe Duns Scoto, si entra solo con un salto di fede o di volont libera e responsabile. Per linvestigazione metafisica anche Duns Scoto si affida alla speculazione di Aristotele, non in toto, ma solo per quelle parti che servono a proiettarlo nellorbita del celeste senza poter atterrare: occorre il supplemento necessario del propulsore rivelato in Cristo e accettato con amore di Cristo, come stato detto chi vede me, vede il Padre e io sono via, verit e vita. Fondamentale per questaggancio orbitale necessario tener presente la distinzione nelloggetto della metafisica, lessere in quanto essere, le due modalit aristoteliche di intendere lessere come esistente e come reale. C chi riferisce lessere in quanto essere allente esistente finito; Duns Scoto invece lo estende anche allente reale infinito, aprendosi cos la possibilit di poter entrare in orbita con le proprie forze naturali e poi planare dolcemente, con laccensione della fede, nel mondo infinito, da cui ha origine, come s visto lo stesso ente esistente finito o natura-mondo. Con lapplicazione epistemologica del salire dallimmediata e diretta esperienza del mondo, cio lesistenza del contingente non soggetto n a dimostrazione a priori n a quella a posteriori, data la sua evidenza, Duns Scoto intende per contingenza una modalit di essere dellesistenza, ossia una modalit estrinseca e positiva dessere. E in forza di questa dualit modale, la contingenza viene distinta da Duns Scoto in due forme di realizzazione, quella di mutabilit e quella di evitabilit, indicando anche la radice della stessa contingenza nella volont divina in relazione a qualcosa fuori di s. La spiegazione del contingente rimanda sempre a una causa che esiste per s e necessariamente, la cui caratteristica pu essere intesa come natura intrinseca o come natura estrinseca: luna indica il limite metafisico del contingente che viene chiamato allesistenza; laltra linfinit della Causa che liberamente chiama allessere il contingente. Con la teoria della partecipazione e della causalit Duns

Scoto entra nel vivo della spiegazione del contingente e anche nella critica al concetto di scienza aristotelico, cos da risolvere lequivoco di fondo che soggiace alla relazione di necessit tra Dio e Natura nella speculazione greco-araba. Lequivoco consiste nella coincidenza tra ordine epistemologico e ordine ontologico, che Duns Scoto afferma essere di diversa natura: La conclusione non che una verit parziale del principio dal quale deriva; leffetto, invece, non unentit quasi parziale della causa, ma del tutto unaltra entit dipendente dallentit della causa. Perci, distrutto il principio, si distrugge anche la conclusione; mentre distrutta la causa, non si distrugge leffetto. La precisazione permette a Duns Scoto di chiarire la differenza fondamentale tra i due ordini: in quello epistemologico la conclusione dipende totalmente dalle premesse; se viene meno il principio, viene meno anche la stessa conclusione, perch il principio di per s formalmente necessario, la conclusione invece non necessaria se non per il principio. Questo processo logico-epistemologico, secondo Duns Scoto, non si verifica nel piano reale-ontologico, perch tra i due ordini c identit ma solo similitudine. In poche parole, Duns Scoto nega la possibilit, affermata nel mondo aristotelico, di trasformare la priorit logica in causalit ontologica: identificare o confondere i due piani non corretto. E dal principio di partecipazione, Duns Scoto mette in evidenza che il partecipato o effetto o causato, non solo distinto dal partecipante, ma, quando esiste, esiste come entit diversa e indipendente dal partecipante, pur dipendendo nellesserci. Se dalla sfera del metafisico si passa alla dimensione della volont divina, in cui tecnicamente si distinguono due operazioni, una ad intra come le intrinseche relazioni intratrinitarie, e laltra ad extra come lestrinseca operazione dellIncarnazione. Fuori di s, perci, la volont divina in relazione solo e soltanto con lIncarnazione, che la prima e unica vera operazione ad extra di Dio. Tutto il resto, chiamato o mondo o natura o universo o tutto il creato o tutte le cose, non altro che la relativa e consequenziale preparazione storica alla venuta del Cristo, che per questo predestinato. Duns Scoto poggia la sua posizione sullanalisi del testo: [Cristo] nato dalla stirpe di Davide secondo la carne ed stato predestinato Figlio di Dio in potenza (Rm 1,3-4). Comunque si vogliano intendere le diverse interpretazioni esegetiche, resta definitivamente accertato che si tratta sempre della predestinazione di Cristo da parte di Dio. Questo testo, insieme ai testi paralleli (Ef 1,3-14, Col 1,15-20 e At 10,42-43; 17,29-32), costituiscono le basi scritturistiche, su cui Duns Scoto costruisce il suo cristocentrismo, trovando avvallo unisono nella Tradizione Patristica e nel Magistero. Se a questi testi del NT, si dovessero aggiungere i testi sapienziali del VT, la base biblica della predestinazione assoluta di Cristo raggiunge la sua massima completezza. In questa prospettiva cristocentrica, il mistero dellIncarnazione del Verbo concretizza e attualizza lestrinsecazione della Volont dellEssere-Amore,

assicurando cos la condizione ontologica della stessa creazione, e segnando nello stesso tempo la via esclusiva alluomo per entrare in comunione-unione con Dio e contemplare la sua Bellezza Divina. Cristo per questo costituito unico Mediatore tra Dio e luomo, tra luomo e la natura e tra luomo e Dio. Senza di Cristo, ontologicamente parlando, non si pu entrare in comunione con Dio e comprendere la natura. Cristo il Rivelatore di Dio. Cristo il ponte con Dio attraverso lunico linguaggio della preghiera. Questo, il motivo fondamentale del rapporto fede-ragione. Ogni ricerca verso lalto deve fare il salto nella fede, e dalla fede scende la luce alla ragione. Lintreccio di teologia e filosofia e di filosofia e teologia la conseguenza dellaccettazione del Cristo. Cristo la luce del mondo! Il primato universale di Cristo gravita intorno al concetto biblico di Dio sia nelle relazioni ad intra sia nelle relazioni ad extra, che poggia essenzialmente su due dati rivelati: Ego sum qui sum e Deus charitas est. Identificando Essere e Carit, Duns Scoto pone a fondamento della sua speculazione e della sua spiritualit proprio il concetto di Dio come Essere-Carit. LEssere infinito, in quanto verum infinitum e bonum infinitum, lAmore per essenza: dilectio per essentiam, formaliter dilectio et formaliter caritas, et non tantum effective. Presupponendo le operazioni ad intra dellattivit dellamore divino nelle cos dette processioni, qui si accenna soltanto alla caratteristica peculiare dellEssere infinito nella sua attivit ad extra che un agire liberalissime e ex maxima caritate, cio Dio opera fuori della sfera trinitaria in modo assolutamente libero e per infinita carit. Bench Dio comprenda e voglia tutte le cose ad extra nellunico atto semplicissimo di amore del suo perenne presente, tuttavia, nota Duns Scoto, in esso si possono logicamente distinguere istanti o momenti, secondo il grado di partecipazione dellessere. E applicando il principio di derivazione agostinianoanselmiano credo ut intelligam, tradotto da me con credo ut condiligam, egli dichiara di volersi istruire su Dio attraverso la mediazione del suo unico Maestro, Cristo, e del suo unico filosofo, Paolo. Ha inizio, cos, lavventura divina nella storia con lesperienza dellamore donativo in Cristo Ges, che scientificamente ho chiamato il big-bang divino. Dalla convinzione che Dio pu essere amato adeguatamente solo da un altro Dio, secondo la testimonianza di Platone nel mito della creazione, Duns Scoto afferma categoricamente:
Solo Dio ama Dio. Dio vuole essere amato da altri condiligenti, vuole cio che altri abbiano in s il suo amore; e per questo eternamente predestina chi lo deve amare adeguatamente e infinitamente di un amore estrinseco.

E con perfetta e stringata logica continua: Chi vuole ragionevolmente, vuole in primo luogo il fine; in secondo luogo, i mezzi che permettono di raggiungere immediatamente tale fine; in terzo luogo, tutto ci che consente di raggiungerlo remotamente. Ora, anche Dio, vuole in modo ordinatissimo, e, quindi, vuole dapprima il fine, bench non con diversi atti ma con ununico atto, in quanto il suo atto tende in diverso modo e ordinatamente verso gli oggetti. In secondo luogo, Dio vuole ci che ordinato immediatamente a tal fine, predestinando gli eletti alla

gloria... In terzo luogo, Dio vuole ci che necessario per raggiungere questo fine, cio i beni di grazia. In quarto luogo, Dio vuole per questi condiligenti tutto ci che pi lontano dal fine, ad es. il mondo sensibile che deve a loro servire. Dal contesto, emerge chiaramente la presenza di una gerarchia nellordine degli esseri voluti e amati da Dio da sempre e con il medesimo e unico atto infinito damore, secondo il principio biblico Dio compie tutto per la sua gloria. Dalla gerarchia degli esseri, Duns Scoto ricava a tutto tondo che la serie dei condiligentes fatta da Cristo e a Cristo finalizzata. Cristo costituisce realmente il concetto di mediazione universale sia nel campo della grazia che in quello dellessere. Ecco lordine dellessere: Cristo-Maria angelo uomo materia. E la scala dellessere che Duns Scoto, sullinsegnamento di Paolo, vede presente nella mente di Dio da sempre. Lo svolgimento del pensiero del Dottor Sottile, per volute armoniche e armoniose, evidenzia sempre meglio la centralit di Cristo nel mistero rivelato da Dio nella gerarchia degli esseri. E in un raptus damore esclama: Nellinterpretare Cristo, io preferisco pi eccedere nella lode che essere difettoso. Il calore del suo cocente amore, illuminato e inquadrato dallacume speculativo, si galvanizza sul mistero di Cristo, chiedendosi il motivo della sua esistenza. E dalle sue profonde e silenziose meditazioni sul dato rivelato, lo scopre nel rendere la somma gloria a Dio, che tutto vuole per se stesso e per la sua gloria. E cos Duns Scoto getta le basi per il primato e la centralit di Cristo. Elabora la sua dottrina intorno al mistero dellIncarnazione, partendo direttamente da Dio e non dalluomo, e trasforma con abilit di consumata perfezione speculativa lo pseudo-problema ipotetico Se Adamo non avesse peccato..., nella concreta e reale domanda: Perch c Cristo? Perch stato predestinato...?; Qual il primo amore di Dio?; Qual il posto di Cristo nel disegno concreto di Dio?... La praticit della speculazione di Duns Scoto emerge con evidenza proprio nellevitare laspetto ipotetico della questione se Adamo non avesse peccato..., e nel prendere in seria considerazione il fatto inconfutabile della presenza reale e storica di Cristo. E anticipando lintuizione vichiana del verum et factum convertuntur pone le domande perch c il Cristo?, qual la ragione della sua esistenza? e risale dal factum al verum, sviluppando tutta la sua indagine in stretta armonia con il concetto di predestinazione, vera novit dellanalisi scotiana, una tesi non pu reggersi senza dellaltra. In relazione al piano generale di Dio, Cristo viene presentato da Duns Scoto come il Summum Opus Dei - Capolavoro di Dio - e come il primo voluto, mentre in relazione agli altri esseri considerato come il primo. Di fronte al Capolavoro divino, quindi, non c occasione che possa condizionare la volont di Dio, n metafisicamente Dio pu volere fuori di s qualcosa che sia diverso da Dio stesso, come tutta la sublime speculazione filosofica dimostra nella storia del pensiero, da Platone ad Agostino, ad Anselmo...

In che rapporto si colloca Cristo con tutte le altre creature, sia quelle visibili che quelle invisibili, sia quelle celesti sia quelle terrestri, sia quelle materiali sia quelle spirituali? Qual il fondamento su cui poggia la coesione e larmonia del mondo universo? Tenendo presente un principio caro a Cirillo dAlessandria, che vuole lidentit di natura tra il fondamento e la sua sovrastruttura, tra il principio di una cosa e la sua serie, il Dottor Sottile trova il fondamento di tutte le cose nella natura umana di Cristo, quando scrive: luguaglianza si fonda sopra lunit di natura, non di persona. Sia per ragione rivelata, sia per ragione storica, la perfezione infinita di Dio tale da non poter entrare in nessun modo in rapporto con ci che Dio non . La stessa creazione rivisitata da Duns Scoto alla luce di Cristo: unico ed effettivo termine dellazione di Dio ad extra e, quindi, unica possibilit per spiegare la presenza della materia, del mondo e delluomo al di fuori di Dio. Tale sembra il pensiero anche di Paolo quando scrive:
Cristo immagine del Dio invisibile, generato prima dogni creatura; poich per mezzo di lui sono state create tutte le cose... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui.

Conclusione Dallinsieme dellaccenno allorigine della natura secondo Duns Scoto, si evince che egli, partendo storicamente da Platone nellaccettazione dei due piani dellessere, ideale e concreto, segue poi Aristotele nella distinzione tra un ordine ontologico e un ordine storico, e arriva con latto di fede a combinarne i risultati raggiunti. Difatti, nellordine ontologico o delle intenzioni, Cristo occupa il primo posto nella gerarchia degli esseri, ordinati in base alla loro importanza ricevuta da Dio e non gi secondo il posto che occupano nella successione storica. Come a dire: nellordine ontologico primo non chi appare prima, ma chi viene dopo. Ad es: il vegetale rispetto al mondo inorganico, lanimale rispetto al regno vegetale, luomo rispetto al regno animale, Cristo rispetto al mondo umano. E questo perch per luomo che Dio ha creato il mondo, ed in vista di Cristo che luomo stato scelto, e, infine, Cristo stato voluto da Dio e per Dio. Se dal punto di vista storico o della successione temporale, Cristo si formato un corpo a immagine delluomo, altrettanto vero che nellordine ontologico luomo stato creato a immagine di Cristo venturo. La lettura della gerarchia dellessere fatta da Duns Scoto in chiave ontologica: Dio manifesta al di fuori di s la pienezza della vita e dellamore, cos da perpetuare quello stesso amore che scaturisce perpetuamente tra i Tre che sono Uno. In questo meraviglioso disegno damore, Duns Scoto intuisce con laiuto della fede la presenza di Cristo sia come cuore di Dio che come mistero da conoscere. Nella gerarchia dellessere, perci, Cristo, come fundamentum et forma, occupa il primo posto perch tutto stato creato da e per lui, e tutto dipende da lui, e Cristo non dipende da nessuno. Questo significa che Dio per primo ama Cristo e in lui tutto ci che viene dopo di lui. E in forza del primato ontologico di Cristo che Duns Scoto non pu accettare in nessun modo la sua occasionalit, anzi afferma

lassoluta gratuit della predestinazione di Cristo, che, pertanto, corona tutto lordine creato ed indipendente da tutto e tutto dipende da lui come causa finale efficiente ed esemplare. In base al principio che Dio vuole in modo pi ragionevole possibile, ne segue che vuole anche per primo ci che pi vicino al fine. Il concetto di mezzo, che permette di raggiungere il fine, pu essere considerato sotto due aspetti diversi: nei beati costituito dalla grazia proveniente dai meriti estrinseci di Cristo; e in Cristo, dallunione ipostatica, che, in quanto principio del merito, non pu dipendere da nessuno. Nellordine della predestinazione, perci, Duns Scoto distingue una variet di gradi: dal massimo al minimo. Il primo posto in modo assoluto certamente quello di Cristo e di Maria: Cristo riceve tutto dallAmore del Padre, Maria riceve tutto dallAmore di Cristo. Perci, nella lettura del piano di Dio, secondo lermeneutica di Duns Scoto, si pu ugualmente affermare con le sue stesse parole: Cristo il Sommo Bene di Dio e Maria il Sommo Bene di Cristo. La Vergine Maria sembra il primo corollario della predestinazione di Cristo, che, insieme a sua Madre, costituisce loriginale coppia da cui tutte le cose create hanno origine e hanno fine: nella pienezza del tempo Cristo nasce da donna. Lo sviluppo delle analisi di Duns Scoto sul mistero dellorigine della natura si sviluppa allinsegna della massima concretezza, caratteristica propria della speculazione francescana. La chiave ermeneutica dogni analisi sempre la prospettiva cristocentrica universale come i testi sacri rivelano. La presente ricostruzione segue un concetto di sistematica meno formale che intrinseco, e con passaggi logici pi indiretti che diretti, perch la preoccupazione del medievale diversa da quella nostra. Diverso il metodo. Non c dubbio che il Primato universale di Cristo rappresenta laspetto caratteristico pi originale di Duns Scoto.

O INOMINADO DOS NOMES COMO O SEM-NOME VINDOURO: ERIGENA E NICOLAU DE CUSA*

O.F. Bauchwitz**

In omnibus coclearibus non nisi ipsa simplicissima forma varie relucet, magis in uno et minus in alio et in nullo praecise (Nicolau de Cusa).

A presena de Erigena no pensamento de Nicolau de Cusa pode ser constatada com certa facilidade pelo leitor. No s pela comprovao fsica de leituras diretas e indiretas1, mediante algumas citaes e referncias2, que permitem corroborar historicamente o conhecimento da obra eriugeniana por parte do Cusano, mas sim por constatar uma metafsica cuja estrutura fundamental se sustenta em conceitos que, muitas vezes, antagonizam com a tradio da teologia crist e da filosofia. Por uma parte, a condenao em 1225 do Periphyseon de Erigena e a acusao

Este trabalho foi realizado com o auxlio da Coordenadoria de Aperfeioamento de Pessoal de Ensino Superior (CAPES), na modalidade de Bolsa de Estgio Ps-doutoral.
**

Prof. de histria de filosofia medieval do Dep. de filosofia e do programa de ps-graduao em filosofia da UFRN. O Codex Additivus 11035, do British Museum, contm o Iohannis Scottigenae Liber phisiologiae (Livro I) e em sua margem encontram-se as notas do prprio Cusano. a nica prova material de que o Cusano teve acesso ao menos a uma parte do Periphyseon (HAUBST, 1963, p. 86-100). Nessas notas possvel ver emergir da leitura que faz do irlands alguns dos princpios da filosofia cusana: non est deus veritas, nullo nomem proprie deo convenire (33r-460AD); forma omnium deus (64v-501D), deus est omnia (79r-516C), deus contrariorum contrarietas (80r-517C), facere et esse dei sunt idem (80v-518A), in deo non est aliud et diuersum (81r-518D). Por outra parte, a biblioteca de Nicolau de Cusa possui a obra-parfrase que popularizou a filosofia de Erigena, o Clavis Physicae, de Honrio Augustodinensis, obra que, certamente, obteve fortuna no desenvolvimento da mstica renana. Sobre o tema e, especialmente, sobre a influncia do Clavis em Bertoldo de Maasburg, veja-se De Libera (1994). Para uma exposio detalhada, Beierwaltes (1998, p. 296344).

Em 1438, Nicolau reproduz parte da Homilia ao Prlogo de Joo (283D-284A) no Sermo XIX 5 (Verbum caro factum est), embora ele pensasse ser de Orgenes, uma confuso que pode ter ajudado conservao do texto: Unde Origenes super In principio erat Verbum: Vox altivoli volatilis non aerem corporeum vel aethera vel totius sensibilis mundi ambitum (supervolitans), sed omnem theoriam ultra omnia, quae sunt et quae non sunt, ... etc. Acerca da recepo dessa obra: JEAUNEAU,E. Homlie sur le prologue de lvangile de Jean, introduo. Nicolau chega a citar Erigena em Apologia doctae igorantiae, 21 (1449), recomendando seu comentrio Teologia Mstica do Areopagita.

de Wenck a Nicolau de Cusa situam a ambos em uma regio nada confortvel respeito Igreja: o pantesmo; por outra parte, Erigena e Nicolau permitem ao historiador da filosofia determinar a durao do neoplatonismo medieval e constatar a proximidade entre eles, evidenciada aqui, especialmente, a partir do tratamento da questo dos nomes divinos. Tal questo, no entanto, no se restringe anlise dos nomes revelados pela Escritura ou adequao a uma tradio metafsica, na qual se determina o nome de deus com vistas a inseri-lo em um contexto apreendido pelos princpios da razo, seno que a questo abarca o prprio modo de ser do homem, na medida em que, para esses autores, a procura e a produo dos nomes divinos permitem indicar com maior claridade quele do qual o homem foi feito imagem e semelhana, e isso no pouca coisa3. Toda antropologia crist se pauta na assertiva de que a criao do homem supe um vnculo exclusivo com o criador. Erigena e Nicolau no so uma exceo, ao contrrio, eles radicalizam e advertem o ser do homem e o de deus priorizando a dinmica da criao: deus e homem j se encontram envolvidos em tudo que h. Criador e criatura coincidem na criao, o processo pelo qual tudo aquilo que pode ser recebe seu ser e existe. Criador e criatura constituem a unidade donde deve se dirigir o olhar. A unidade a ser vista est alm do prprio homem, exige uma contemplao elevada, uma compreenso incompreensvel. A esta unidade no corresponde o conhecimento simplesmente do que , ela transborda os limites de todo conhecimento e clama para si pelos opostos, contradies e paradoxos que, valendo-nos da metfora cusana, emergem sempre que se observa por cima do muro, quer dizer, quando se alcanam as fronteiras do dizvel e, ainda assim, procura-se indicar o alm-do-muro. A unidade rene em si mesma o lugar da criao e que concede ao homem um lugar exclusivo em meio criao. Com uma explicitao da antropologia de Erigena e do Cusano resultar que a crtica de Heidegger dogmtica da antropologia teolgica parea, no mnimo, parcial4. Como aceitar que o ser do homem no tenha se tornado um problema para Erigena e o Cusano quando em busca de deus o homem quem se assoma e a cada vez mais parecido com aquele? O ser do homem e o ser de deus permanecem guardados em uma unidade que no se alcana por uma exegese proveniente da antiga ontologia como diz Heidegger, mas sim por uma metafsica que ousa lidar constantemente com os exerccios dialticos exigidos pela relao de identidade e diferena que mantm entre si.

Assim apresenta o problema D. DUCLOW: the hermeneutic of divine names provides a way for thinking about the relation between man and God.() For if a sign mediates between the reality signified and the subject, then in some fashion the divine names must mediate between God and man (1974, p. 45). as como se hace exgesis ontologicamente del ser de dios, con los medios de la antigua ontologa, as tambin se hace, y mucho ms, del ser del ens finitum () la idea de trascendencia, de que el hombre es algo que alcanza ms all de s mismo, tiene sus races en la dogmtica cristiana, de la que no se pretender decir que se haya hecho jams cuestin del ser del hombre como problema ontolgico (HEIDEGGER, 2001, 10, p. 61).

Atrelar a questo dos nomes divinos a um contedo humanstico permite fortalecer ainda mais a certeza de estarmos ainda longe de saber o que significa deus para o homem medieval e de que forma esse sentido divino perpassa toda a sua existncia. Longe de ser um problema no sentido moderno, nomear a deus pe em viglia o prprio homem, na medida em que um e outro se refletem mutuamente5. Erigena leva a limites insuspeitados a relao de identidade entre o deus e homem; tanto no sentido afirmativo quanto no negativo, o homem summi boni speculum, quoniam in eo divinae essentiae incomprehensibilis forma ineffabili et incomprehensibili modo resultat (IV, 790C). Nicolau de Cusa, por sua vez, diz que a prpria criatura um deus ocasionatus ou secundo deus. Com tais premissas, a questo dos nomes de deus faz com que o homem se sinta avocado a uma procura perptua e necessria onde, e por meio dela, intui o seu prprio ser e compreende incompreensivelmente. Como pensa Martinez-Gmez, primeiro vem o desejo de saber deus, depois o meio para melhor sab-lo, com toda a ambigidade que nossa lngua e o latim mesmo carregam (sapere, saborear) (MARTINEZ GOMES, 1965, p. 82)6. Sem nenhum anelo metdico, e nem sequer com alguma dramaticidade existencialista, como desarraigo ou nihilismo, a tendncia natural para deus, esse desejo de sab-lo, vem provocada, como sugere Alvarez-Gmez, por uma espcie de saudade (aoranza), um sentimento e uma vontade de saber daquele que se quer7. No entanto, a procura deste ausente presente que se manifesta por toda parte ao tempo que se oculta no se ampara na f nem por isso se procura demonstrar a existncia de deus. Tal empresa resultaria em dispensar a deus o mesmo tratamento que se aplica aos entes criados, convertendo a deus em algo existente, uma afirmao que se v imediatamente superada pela sua negao. A existncia de deus se d por assumida pelo simples motivo de que h uma convico deus se sabe! que impulsiona o homem sua procura. A questo dos nomes divinos , portanto, uma questo privilegiada para ser depositria do desejo intelectual que afeta o modo de ser do homem.

Se significa partir da dvida em torno crena da existncia divina, ento no se d tal problema, mas antes, e disso se trata aqui, se est caracterizado pela investigao da natureza divina, assentida j a sua existncia, then not only does such a problem exist, but is the great problem of medieval knowledge, since all the speculation of this period, expressed in theological Summas, focuses on God as its object and goal (MARTNEZ GMES, 1965, p. 80).

Uma idia recorrente em Nicolau. Cf. Idiota De Sapientia I, 10: Sapientia est, quae sapit, qua nihil dulcius intellectui; De Visione Dei V, 13: videre igitur rationem absolutam, quae est omnium ratio, non est aliud quam mente te deum gustare. (NIKOLAUS VON KUES, 2000 e 2002) El verbo aorar proviene del cataln enyorar o anyorar, y este a su vez del latn ignorare en el sentido de no saber dnde est alguien, de no tener noticias de un ausente. () me atrevera a decir que (aoranza) expresa de la mejor forma posible el contenido de la docta ignorancia (LVARES GMES, 2004, p. 67s). A traduo ao portugus por saudade guarda, e talvez amplie, o sentido proposto por aoranza. Para Nicolau de Cusa, tal desejo procede de deus e, por isso, est contido em todo desejo: Tu igitur, deus, es ipsa infinitas, quam solum in omni desiderio desidero (Nicolau de Cusa, 2000).

A anlise que comporta cada um dos nomes divinos descobertos e inventados por Erigena e Nicolau, exige a elucidao dos conceitos fundamentais que movem suas filosofias. Como sugere Beierwaltes (1998, p. 296, n. 1), para que nos aproximemos dessa produtiva cooperao que ambos mantm, dividimos a exposio em duas partes: 1) Erigena e o nada e 2) Nicolau e os nomes divinos. A concluso procurar esboar um outro nome para expressar o sentido metafsico dos nomes divinos: o sem-nome vindouro.

1 Erigena e o nada A metafsica eriugeniana tem como princpio fundamental a elucidao de uma diferena que vem anunciada nas primeiras linhas do Periphyseon, esta obra que, como indica seu ttulo, tem como objeto a natureza e no apenas a sua diviso8. Erigena mesmo entende a sua investigao como uma philosophia naturam, como physiologia. Mas a natureza no se restringe apenas aos entes passveis de serem conhecidos onticamente, a natureza compreendida a partir da diferena fundamental o nome para quae sunt et quae non sunt, cabendo averiguar em que sentido se entende ser e no ser. A definio reza: todas as coisas que podem ser percebidas pelo esprito ou aquelas que superam seu esforo, a primeira e suprema diviso entre aquilo que e aquilo que no , me parece o termo geral para tudo o que em grego se chama physis e em latim natura (I 441A)9. A inusitada definio de natureza apresentada por Erigena explicita o lugar desde o qual gera seu pensamento. A diferena, mais obscura entre todas as que deva discernir o filsofo, possui um lugar privilegiado na filosofia do irlands. Que sejam apresentados os modos de interpret-la, logo a continuao de haver se anunciado a diviso da natureza em seus quatro aspectos, indica a necessidade de conceder ao leitor a chave hermenutica da obra. Um pouco mais de ateno a essa diferena evitaria os equvocos interpretativos que levaram condenao da obra eriugeniana sob a acusao de pantesmo, uma vez que ela fruto de um olhar analtico-dialtico10 e de uma multiplex theoria, aptos a captar

Como observa E. JEAUNEAU, The title to the Periphyseon from 1681 onward - De Diuisione Naturae - was wrong. Not only because this work was never called soon in Middle Ages, or because Eriugena himself refers to it as Periphyseon, but because such title gives a false idea of purpose of the author (1991, p.11). As colunas citadas seguem as seguintes edies do Periphyseon De Divisione Naturae: SHELDON-WILLIAMS, I. P. Periphyseon, Scritores Latini Hiberniae, Dublin, Liber Primur, vol. VII, 1978; Liber Secundus, vol. IX, 1983; Liber Tertius, vol. XI, 1983; JEAUNEAU, E. Liber Cuartus, vol. XIII, 1995; FLOSS, H. J. Joannis Scotti Opera quae supersunt omnia, in: Patrologiae Cursus Completus, vol. CXXII, Paris, 1853, Thurnholt, 1967. A analytik (resolutio) compe junto com a dialetik, o procedimento da dialtica. Dada a diviso, cabe analtica (re)conduzir a multiplicidade unidade desde a qual se originou.
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a dialtica presente na natureza entre ser e no ser11, e de nenhum modo a morte da razo imposta pelo pantesmo ao confundir o criador e a criatura12. Para Erigena a dialtica no s um procedimento racional, mas tambm um movimento que pertence natureza mesma. Este movimento, processio-reuersio ou exitus-reditus, procede de deus e a deus retorna. No entanto, seria mais correto dizer que a dialtica no s pertence natureza, seno que, para Erigena, o conhecimento da natureza e a natureza mesma coincidem em um mesmo mbito, o mundo gestado pelo humano. Dito assim, a dialtica capturada pela racionalidade no outra que a mesma que se d na realizao da natureza. Considerando as diferenas especficas de cada um dos modos de interpretar a diferena fundamental entre ser e no ser, possvel alcanar algo em comum entre eles e que vem anunciado na prpria definio de natureza: o mtuo pertencimento entre ser e conhecer, entre ignorncia e no ser. Se ao tratar da natureza o filsofo adverte que h algo sobre o qual no pode obter conhecimento quae non sunt , segue-se que a ignorncia deve ser assumida e, inclusive, ampliada, chegando a se constituir como marca indelvel do homem e de deus respeito a si e para si mesmos. Essa ignorncia, no entanto, no do tipo que possa ser sanada por um novo procedimento ou pela correo do mtodo de investigao utilizado: conhecer e ignorar, simultnea e inseparavelmente, so sempre inerentes alma humana13. Com ela se indica o limite do conhecimento e

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A origem da dialtica entre ser e no ser pode ser encontrada no Sofista e no Parmnides de Plato. Sobre o tema, cf. TROUILLARD (1973, p. 83-10). PIEMONTE, (1986, p. 81-114) G. evidencia o paralelismo existente entre a expreso de Erigena com o Ad Candidum de M. Victorino, ainda que este no seja citado nem uma nica vez. Acerca do protagonismo do no ser na filosofia de Erigena, MORAN: he develops a negative dialectic which counterbalances ontological affirmations and constructions with a radical meontology, giving the most detailed analysis of non-being since Platos Sophist and Parmenides (1989, p. xiii e cap. 11); Tambm CARABINE (1996). Periphyseon 643D-644A: Non enim alia mors rationalis animae turpior peiorque est quam talia monstra abhominandaque idola de creatore omnium cogitare(...). Para Erigena, o pantesmo seria a mais horrvel morte da alma racional, pois concebe Deus em monstruosas e abominveis imagens e perde de vista a transcendncia que supera tudo o que e o que no .

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Para STOCK (1977, p. 330), a convico eriugeniana, de sabor agostiniano, de que temos o conhecimento de nossa existncia na frmula sei que sou no s antecipa, mas at mais abrangente que a noo cartesiana do cogito, na medida em que a ignorncia do seu ser permanece indelvel. Erigena diz textualmente: Pois ao mesmo tempo em que recebo meu ser, conheo que sou e entendo que ignoro o que sou (776BD). Para OTTEN (1991, p. 185), what Eriugena does here is not to be contemplated as establishing a modern concept of individuality (...) Thus, unlike a cartesian cogito, Eriugena is not attempting in any way to prove mans existence. Segundo MORAN (1986, p. 196): To know the self fully it is necessary to know others minds and, ultimately, the Divine Mind. Awareness of our own nature must involve, becoming aware of God in Whose image we are made. MCGINN (1977 p. 325) afirma que a ignorncia do homem respeito a si mesmo e a Deus denota uma verdadeira sabedoria, uma espcie de douta ignorncia: The problem of the incomprehensibility of God and that of the incomprehensibility of man cannot be separated.

da prpria palavra, entendida aqui como auto-manifestao humana. Limitada no por uma deficincia sua, mas pela prpria natureza que se oculta, a palavra sempre ser o lugar de todas as coisas que so conhecidas. Assim entendemos que Erigena diga que o mundo no um lugar, pois, efetivamente, as coisas que so, o so na medida em que so conhecidas e definidas, e como toda definio sempre est contida em uma respectiva disciplina, e esta por sua vez na alma humana, segue-se que no homem onde encontram lugar todas as coisas, ele a officina omnium, o tercius mundus que rene em si mesmo o sensvel e o inteligvel preparando para si o seu prprio mundo. Esclarecida, em parte, a diferena fundamental, o mtodo resolutivo ou analtico deve aplicar-se diviso da natureza, mediante a investigao das quatro espcies que a compem de tal modo que cada uma se descubra em suas diferenas e em sua unidade. Assim, a diviso qudruple se v enunciada, respectivamente: deus (creat et non creatur), causas primordiais (creatur et creat), mundo dos efeitos (creatur et non creat) e deus (nec creat et nec creatur). Toda a diviso se v penetrada pela criao, sobre os verbos criar e ser criado apia-se toda a argumentao que expressa a relao entre criador e criatura. Relao esta que comporta a exigncia de um pensamento que no pode separar um do outro, estabelecendo um pertencimento mtuo que impede pens-los seno a partir de uma universitatis contemplatio, uma viso que compreende a natureza em uma universalidade composta por ambos. A diviso da natureza universal porque rene tanto os aspectos visveis da natureza que , quanto incorpora o que no . A diviso mostra como deus, que no criado por nada, cria e no cria, ao tempo que aquelas espcies criadas, quer dizer, as causas primordiais e os efeitos que nelas se originam, de algum modo, no so criadas. Cabe perguntar de que forma o que criado pode ser entendido como no criado, como superar o princpio da identidade mantido pela tradio? Como que sobre deus e a criatura podem ser admitidas afirmaes aparentemente contraditrias? Como explica Erigena esta contradio? Seguindo o mtodo analtico, reconduzindo as diferenas unidade desde a qual procedem. Em primeiro lugar necessrio evidenciar que as quatro espcies portam em si mesmas uma duplicidade. De deus predicam-se a primeira e a quarta espcies, e da criatura a segunda e a terceira. Com isso, a quaternidade reduzida a uma duplicidade de gneros, quer dizer, de um lado as espcies criadas, do outro lado, as no criadas. A partir da duplicidade de deus como princpio e fim, e a criatura como causa e efeito, a analtica dever alcanar a unidade dos termos dessa mesma duplicidade, pois non duo a se ipsis distantia debemus intelligere deum et creaturam sed unum et id ipsum (III 678C). Deus se entende como princpio porque dele procede a multiplicidade dos gneros, espcies e indivduos e as condies prprias da criatura. Princpio, portanto, porque dele se origina a processio de toda a criao. deus se entende
The most basic connection between God and man, the deepest analogy and participation, is found in the ignorance which is transcendent wisdom.

como fim pela necessidade natural de que tudo aquilo que procede, aquilo que vem a ser em tempos e em lugares determinados tende a ele e nele encontra repouso: pois aquelas coisas que so vistas divididas e partidas em muitos nas processes, esto unificadas nas causas primordiais e so um, e a esta unidade retornaro e nela permanecero eterna e imutavelmente (II 527A). O movimento natural e intrnseco do ser criado determina que deus seja significado por esses nomes, embora ele mesmo seja princpio sem princpio e fim sem fim. Erigena afirma que tais nomes, enquanto designam o movimento da criatura podem ser utilizados indistintamente, quer dizer, princpio e fim, em um sentido mstico, dizem o mesmo (III 867C). Para Erigena, no entanto, tais nomes no so prprios de deus, no porque faa uso de seu radical apofaticismo que recusa qualquer nome e acentua ser de modo metafrico e no propriamente que um nome possa nomear a deus. Se tais nomes nos indicam um sentido acerca da natureza divina e, em conseqncia, da natureza como um todo, isso se deve forma mesma que a elaborao intelectual recebe quando se dirige a ela. Princpio e fim no so nomes no sentido de indicarem um algo determinado pela definio. A prpria experincia de tais nomes , sobretudo, intelectual, in nostra contemplatione tais nomes existem e indicam o sem-nome. A natureza como movimento, enquanto processio e reditus, determina a extenso ou o mbito no qual o todo criado vem a existir. Mas como esse lugar? Erigena procura mostrar que deus o princpio e o fim da criao e, ao mesmo tempo, prepara a fundamentao de deus como o medium no qual tudo vem a ser. Desse modo se demonstrar que a qudruple diviso est incorporada pelo conceito de deus e, em conseqncia, nada h fora dele. Tudo o que se origina em deus move-se em sua direo, sem que, em verdade, o tenha abandonado. deus , de todas as coisas, a origem e o fim, ponto de partida e de chegada e tambm o prprio caminho, o meio no qual se movem todas as criaturas. Criando, deus d lugar a todas as coisas em si mesmo, pois fora dele no pode haver nada. Desse princpio decorre pensar que deus como princpio e fim s pode ser visto por meio de suas aparies, em suas teofanias, naquelas espcies que ele criou, concretamente a segunda e a terceira. A lgica promovida pela Analtica acaba por homologar investigao da natureza a sagrada tarefa de encontrar a deus em todas as coisas, contemplando em cada uma nada que no seja o semblante divino, a unidade supraessencial da natureza. Erigena evidencia a unidade que supe a existncia da criatura mostrando a deus como princpio, meio e fim: Princpio porque desde ele tudo o que participa de sua essncia . Meio porque nele e por ele subsistem e se movem. E tambm fim, porque para ele se movem pelo desejo de quietude prpria de seu movimento e pela estabilidade de sua perfeio (451D). Para Erigena, as criaturas constituem o prprio fluxo da bondade divina. A difuso dessa bondade, que Erigena chamou de clamor inteligvel, pelo qual tudo vem a existir, identifica-se com a prpria natureza. A criao divina o ato pelo qual o prprio deus cria-se a si mesmo creatio de nihilo , sendo conhecido naquelas espcies da natureza que foram criadas, quer dizer, as causas

primordiais e os efeitos. O mundo a manifestao divina, e j no como no caso das espcies anteriores atribudas a deus, cuja existncia se dava intelectualmente, seno tambm in ipsa rerum. Alcanar a unidade que comporta a criatura supe, para Erigena, uma contemplao universal que se dirige ao mundo e contempla justamente o que no o mundo: ver o mundo dos efeitos significa ver o invisvel que se oculta, as prprias causas. Ocultas em seus efeitos, as causas, conforme o terceiro dos modos de interpretar a diferena fundamental, no so. A natura creatur et creat se assemelha a deus enquanto que so criadoras e dele diferem porque so criadas14. A terceira espcie, natura creatur e non creat, designa o mundo dos efeitos e as circunstncias do tempo e do lugar. Na criatura estas duas espcies encontram-se reunidas, as ltimas participam das primeiras e nelas tem seu ser. Nesse sentido, a criatura exige ser pensada, ora em sua causa, ora em seu efeito, sem que com isso se instaure alguma alteridade ou se denotem significados distintos: no se entende que uma criatura est em suas causas e outra est criada nos efeitos das causas, seno que uma e a mesma (III 693AB). Da duplicidade da criatura se infere que as causas primordiais se ocultam na claridade de seus efeitos, de maneira que a physiologia eriugeniana se encontra com a tarefa de investigar as manifestaes sensveis e inteligveis que procedem de deus. Um processo constante de converso de fantasias em teofanias15. Tal o sentido mais elevado das criaturas e o fundamento dessa doutrina: por meio delas deus quem se mostra. Instaura-se assim uma inusitada e admirvel concluso acerca da criatura: que criada e eterna. Contemplada em suas causas eterna e quando considerada nos efeitos criada. Concluso inusitada mas no menos certa: como as causas habitam a prpria obscuridade divina e a no pode haver nada que no seja ela mesma e, posto que os efeitos subsistem em suas causas, a criatura requer a eternidade para sua existncia. Admirvel, por outra parte, porque a existncia da criatura o nico meio de alcanar a eternidade, de conhecer suas causas eternas. Por isso, quando considerada como efeito, a criatura pode ser vista como uma substitutio das causas e, portanto, de deus. Por meio da criatura a eternidade se mostra temporalidade, o invisvel se faz visvel e o inefvel clama. Na criatura, portanto, est a possibilidade desta viso, de ver a deus e de fazer-se um com ele. Esta concluso d lugar ao ltimo movimento da analtica, a unificao de deus e criatura:Se unes a criatura ao criador pois entendes que nele nada distinto a ele, seno ele mesmo que somente verdadeiramente pois nada fora dele chamado realmente essencial, j que todas as coisas que so no so nada distinto seno que so na medida

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As causas primordiais no so propriamente criadas seno engendradas, mantendo uma relao de igualdade com o criador, assim como o Filho mantm com o Pai. J-C. FOUSSARD aborda o tema da fantasia, analisando os diversos usos do termo e considera que nele se encontra um conceito fundamental da filosofia de Erigena: Les variations de lide de phantasia, loin dtre le signe dun manque de rigueur, attestent tout au contraire que nous sommes ici dans lun lieux o lrignisme selabore (1977, p. 338).

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em que elas so a participao nele, quem unicamente subsiste por si mesmo por que negars que criador e criatura so Um? (III 628B). A reduo unidade a conseqncia de uma lgica que parte da multiplicidade da diviso e procura alcanar a unidade desde a qual se origina a mesma diviso. Essa unidade tem como fundamento dialtico a relao entre a causa e seu efeito: um efeito no outra coisa que a causa feita, nem pode haver nele algo que no esteja eternamente nela. E, posto que deus a causa universal de todas as criaturas, nada verdadeira e propriamente o que ele mesmo no seja; portanto, deus est feito em seus efeitos. Erigena no pretende afirmar que a natureza seja deus, mas sim que, por meio de uma altior theoria, pode-se chegar a conhecer deus por meio da criatura. E este conhecimento no pretende dizer o que deus, seno mostrar o que no , pois melhor conhecido pela ignorncia. O conhecimento, portanto, somente pode ser indireto, quer dizer, sua inefvel natureza no permite seno um discurso metafrico. Assim, a diviso da natureza e sua conseqente unidade so a fundamentao da possibilidade lgica de chegar a vislumbrar o criador por meio da sua obra. Nesse sentido, a unidade da natureza a metfora que se refere a deus para mostrar que na criatura, no mundo de tempos e lugares, onde ocorre a sua emergncia. A criatura afirma a existncia divina mostrando-se como aquilo que no deus. Com isto no s se desarticula todo pantesmo, posto que o criador no criatura, seno tambm se abre a possibilidade, e a exigncia, para pensar de que forma as aparies divinas se mostram no mundo e porque nelas se determinam o ofcio do filsofo e de todo aquele que quiser entrar no cu. , pois, a doutrina da teofania o principal ensinamento que o Mestre tem a instruir ao Aluno. Nela converge a adoo radical da manifestao divina como e em sua criao, ao tempo que faz do homem o lugar apropriado e exclusivo para que se d essa manifestao. Por outra parte, a teofania sempre quer dizer deificatio, theosis, o ser deus que orienta a antropologia de Erigena. nesse sentido que a natureza ser entendida como a autocriao divina e que esta encontra no homem a sua melhor ilustrao. Erigena um dos poucos pensadores da histria da filosofia que ousaram penetrar no mbito semntico gerado pela palavra nada. No contexto criacionista cristo, o mundo traz em si mesmo essa procedncia (creatio ex nihil), no entanto, isso no significou que o nada se tornasse objeto especfico de grandes especulaes. Se fosse permitido falar em originalidade dentro do neoplatonismo cristo, Erigena certamente deveria a sua interpretao que apresenta em torno ao nada, uma espcie de Tractatus de nihilo e que ocupa boa parte do Livro III do Periphyseon. Erigena no se contenta com a tradicional interpretao da creatio ex nihilo, que transforma o nada em uma espcie de acessrio ao fato de que deus criou16. Trata de enfrentar no s um problema que emerge do relato
Periphyseon 665A: Proinde non datur locus nihilo, nec extra, nec intra Deum; et tamen de nihilo omnia fecisse, non in vanum creditur.
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bblico, seno que, alm disso, enfrenta uma necessidade de sua prpria filosofia: sem uma clara concepo do que se menta com esse nada, a unidade e a eternidade da natureza alcanadas por meio da analtica se desvanece em um sem sentido. Por isso, para Erigena, pensar o nada uma tarefa qual cada uma das criaturas incita, na medida em que elas mesmas possuem essa origem, pois de nihilo sunt facta. Na estrutura do Periphyseon, a reflexo acerca da creatio de nihilo ocorre quando Erigena j tinha se assegurado da impredicabilidade dos predicamentos lgicos e alertado para os limites das teologias expostas em afirmaes e negaes. A lida de nomear a deus exigiria superar os limites teolgicos e lgicos, mediante a construo de nomes indicadores da transcendncia divina. Tal a funo dos prefixos que utiliza Erigena para referir-se a deus (plus quam, super, hiper). Posto que todo nome quando se refere a deus no seno indiretamente, ento mais adequado sua natureza dizer esse omnium super esse diuinitas. No entanto, a reflexo do nada no s uma conseqncia direta desse raciocnio, seno que poderamos assinalar a emergncia dessa reflexo no momento em que se questiona a eternidade das criaturas. Esse momento o prembulo anlise do nada e mostra a vigorosa dialtica eriugeniana em seu exerccio: Tudo o que entendido e sentido no nada mais que a apario do no aparente, manifestao do oculto, afirmao da negao, compreenso do incompreensvel, clamor do inefvel. (...) E isto podemos exemplificar com a nossa prpria natureza. Pois, o nosso prprio intelecto, ainda que em si mesmo seja invisvel e incompreensvel, chega a manifestar-se e ser compreensvel por meio de determinados signos quando se condensa em vozes e letras e outras indicaes como certos tipos de corpos; e enquanto chega a aparecer externamente desta forma, permanece internamente invisvel, e enquanto se expe em vrias figuras compreensveis aos sentidos, nunca abandona o incompreensvel estado de sua natureza; e antes que chegue a ser aparente, se move ele mesmo dentro de si mesmo; e portanto, silencioso e clama, e enquanto est em silncio clama e enquanto est clamando est em silncio e o invisvel visto e enquanto visto invisvel (...) para ilustrar a difuso da bondade divina por todas as coisas, de cima a baixo, isto , por todo o universo por ela criado, cuja inefvel difuso faz todas as coisas e est feita em todas as coisas e todas as coisas (633B-D). A propositada ingenuidade do Aluno, argumentando que diferena do que ocorre com o homem, deus no parte de nenhuma matria j existente, seno que cria do nada (III 634A), d lugar questo. Percebe que nada, o termo que acabara de utilizar no possui um sentido inequvoco, seno que exige ser explicado:criou todas as coisas do nada (de nihilo), no entendo o que significa este nome nada: se a privao de toda essncia ou substncia, um acidente ou a excelncia da divina supraessencialidade (III 634AB). E, por outra parte, se analtica havia confirmado a eternidade da criatura, como so feitas do nada? Como pode ser eterno o que antes no era ou como pode ser eternidade aquilo que comea a ser no tempo e com o tempo?

A resposta inicial confirmar a excelncia do nada predicado de deus, que supraessencial. Ser criado do nada significa que as coisas que so foram feitas de coisas que no so, ex non existentibus existentia. Embora acabe por discordar de tais ensinamentos, Erigena passa a examinar a interpretao tradicional de paene omnes sanctae scripturae expositores (III 635A) respeito palavra nada no ato criador: no pode significar nenhuma matria ou causa ou alguma coisa anterior por si mesma (extra deus), tampouco algo coessencial ou coeterno a Ele, mas sim o nome para a total privao de toda essncia (...), a palavra para a ausncia de toda essncia. Se a tradio entende o nada como a total privao de toda essncia e que foi a partir dessa privao que todas as coisas foram feitas e comearam a ser, ento, as criaturas existem como causas em deus pois ali no pode haver nada que no seja eterno mas quando procedem em tempos e lugares, isto , quando vm a constituir-se como mundo, so feitas na matria informe que no pode ser eterna. Mas, de ser assim, se segue que nem todas as coisas criadas so eternas na Palavra seno algumas e, em conseqncia, a matria informe no s no seria eterna, seno careceria ela mesma de causa ou ao menos sua causa no estaria junto s causas primordiais por meio das quais deus se manifesta a si mesmo e nas quais todas as coisas subsistem. E ainda, se a matria informe no encontra sua causa em deus, ento ela mesma deve possuir outro princpio que no deus, isto , a matria informe se constituiria em um outro princpio coeterno a deus e fundamental criao. A aporia nos situa frente interpretao maniquesta e frente aos filsofos seculares, que entendem que o nada no outra coisa que a matria informe a partir da qual e na qual se manifesta o mundo. Para Erigena a matria informe somente pode ser conhecida quando recebe as formas que o Criador deposita nela, sem elas a matria permaneceria incognoscvel. Com isso se entende que a matria necessria criao, pois todas as coisas criadas vm a aparecer nela. Isso no significa que a matria seja algo exterior a deus mesmo, seno que ela foi criada para que aquelas coisas que no podem ser percebidas por si mesmas, de algum modo, apaream. A matria , portanto, uma causa entre as causas da criao, a causa informis17. Descartada a identificao do nada com a matria informe, considera em que sentido pode-se pensar que o nada a privao do ser e, de ser assim, como possvel uma verdade j assegurada: que a criao eterna. Aqui insinua-se a ruptura inevitvel com a tradio. Aceitando-se que aquilo que deus criou por vontade sua houve um momento em que no foi desejado e era, portanto, privado de ser , poder-se-ia pensar que a criao e o desejo de criar nem sempre existiram nele, algo que daria lugar a algum tipo de acidente em deus, coisa inconcebvel. Como nenhum acidente subsiste em deus, no se pode pensar em deus sem a sua criao, assim como no h criatura sem o Criador. Caso fosse aceito que deus anterior criao em uma perspectiva temporal, no mesmo
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Periphyseon 636C-637A: Se a matria est includa no nmero do universo estabelecido, segue-se necessariamente que a sua mesma causa no se exclui do nmero das coisas que eternamente so criadas na sabedoria de Deus. (...) Quem fez o mundo da matria informe tambm fez a matria informe do nada em absoluto (de omnimo nihilo).

instante se lhe adjudica um acidente. Portanto, o criador anterior criatura unicamente em virtude de ser Causa de todas as criaturas e situa-se antes do causado, no no tempo, mas pela causalidade: tudo que causado subsiste na causa, por isso o universo que causado partcipe de sua causa, o eterno. Por isso manifesto que o universo eterno na Palavra de deus (III. 639C). Com isso, no s se afiana a eternidade das criaturas, algo que o nihil per priuatione tinha posto em perigo, seno que se torna necessrio demonstrar que as coisas que so eternas na Palavra divina no so outras que aquelas que so feitas do nada e que vm a ser no tempo: criador e criatura no so coisas distintas. Para tanto, necessrio retomar a idia de que deus cria-se a si mesmo em cada uma das criaturas que ele cria do nada mostrando que a difuso da bondade divina abarca todo o universo criado e, mesmo assim, permanece na simplicidade de sua unidade e que, por meio dessa inefvel difuso, o que est na Palavra divina no outra coisa que a Palavra mesma: na Palavra divina so feitas e eternas ao mesmo tempo, (...) as coisas que so eternas no so outras (non alia) que as que foram feitas, seno que elas so eternas e feitas ao mesmo tempo (III 641C)18. Um esclarecimento acerca dessa palavra se faz necessrio. O Mestre se refere ao Prlogo de Joo onde lgos designa a palavra, a razo e a causa de todas as coisas: palavra porque tudo o que o Pai quis fazer ele o fez dizendo, o Pai diz e a sua Palavra funda o mundo; razo, pois o Filho unignito o exemplar principal de todas as coisas visveis e invisveis, ida em quem o Pai cria tudo que criou; causa, pois todas as coisas subsistem nele. A Palavra , portanto, simples e mltipla: simples porque todas as coisas esto nela como uma unidade inseparvel; mltipla porque se difunde infinitamente por todas as coisas e esta difuso a subsistncia de todas as coisas (642CD). Erigena mostra-se consciente da novidade filosfica conquistada e parece at mesmo prever que poderia ser mal interpretado. Aceitando-se que , por meio de sua Palavra, deus todas as coisas, ento tudo deus, o que uma declarao de claro sabor pantesta. No entanto, ciente desse escolho, Erigena deixa claro que a processo da Palavra no significa que deus esteja contido em tempos e lugares determinados. Ele o lugar dos lugares e sua eternidade supera todos os tempos. , portanto, para a transcendncia divina que a investigao deve dirigirse e aquilo que soa horrendo agora, mostrar ser a verdade de toda a natureza, a saber, que a Palavra divina faz todas as coisas e est feita em todas as coisas, e que completa em todas as coisas que so incompletas, sem forma no que formado, e nunca abandona a simplicidade de sua essncia, alm de todas as criaturas, no inefvel segredo de sua eternidade. Assim, a afirmao da simultaneidade da eternidade e da criao de todas as coisas no um sem sentido, seno uma concluso lgica: por que causar espanto crer e entender que todas as coisas que se entendem subsistir na Palavra so eternas e feitas
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The construction nil aliud which is very frequently used by Eriugena to expressed the nonotherness of God and creation. It seems probable that Cusanus found the basis of his interpretation of God as Non Aliud already contained in Eriugenas Periphyseon (MORAN, 1990, p. 137, n. 13).

simultaneamente? Pois, no vejo razo para que aquilo que predicado da causa no se predique do causado (III 646C). O argumento definitivo a favor da simultaneidade da eternidade e da criao do nada consiste em mostrar que em deus no pode haver nenhuma diferena entre aquilo que quis criar e aquilo que criou. E, posto que sempre quis o que quis criar, segue-se que todas as coisas criadas sempre estiveram na Palavra divina e que no pode haver diferena entre aquilo que deus v em si mesmo e aquilo que criou, pois se fosse o caso de ver algo distinto quilo que ele mesmo desejou, ento sua prpria vontade seria imperfeita. De modo que deus no v outra coisa que suas prprias vontades, pois deus ambitus, cursus et recursus e, portanto, abarca todos os tempos. O Aluno chega a aceitar que a vontade divina no outra coisa que aquilo que ele criou e que fora de deus no h nada em absoluto. No entanto, considera que aquilo que foi criado outro aliud que deus, posto que ele superessencial. Parece esquecer aquilo que se havia tomado como certo nos livros anteriores, a saber, a manifestao divina por meio de sua criao e que, portanto, criador e criatura no so distintos, seno aspectos de uma mesma natureza. O Mestre recusa tal opinio e evidencia as contradies que carrega, pois se deus e a criatura so distintos entre si, e deus v todas as criaturas antes que sejam feitas, ento o que so essas coisas que deus viu antes que fossem feitas? Pois como ele viu o que no estava feito? E, se ele no viu outro que a criatura, pois tudo que ou deus ou criatura, o que viu? Portanto, ou ele se v a si mesmo antes que fizesse tudo o que fez, ou ele v uma criatura que no estava criada. Mas, como ele viu aquilo que ainda no era? E se era, e era porque era vista, ento a criatura era antes o que no era uma criatura? (III 676B). Com esta srie de questes o Aluno obrigado a reconhecer que a natureza divina no outra que a natureza criada e que a no pode haver nenhuma distino, a menos que se interrompa a inviolvel simplicidade da divina natureza, pois as coisas que deus v em si mesmo antes que fossem feitas no so outras que aquelas que ele posteriormente faz nelas mesmas, aeternaliter visa et aeternaliter facta, e todas elas em deus e no fora dele. De modo que o Aluno conclui e aceita o que parecia contraditrio: Deus est em todas as coisas, tudo em todos, fazedor e feito, vidente e visto, e o lugar e a essncia de todas as coisas, e suas substncias e seus acidentes, e dito simplesmente, tudo o que verdadeiramente e no , tudo o que no , superessencial nas essncias, supersubstancial nas substncias, o criador alm de todas as criaturas (III 677C). A concluso do Aluno certifica aquilo que desde o comeo se mostrou na dificuldade de conciliar a eternidade da criatura e a sua criao do nada. E, de fato, a resistncia do Aluno em aceitar que deus criador e criado ao mesmo tempo valoriza ainda mais a verdade alcanada, ainda que com uma transformao radical do significado desse nome. Posto que deus cria todas as coisas, nelas no pode haver nada que ele mesmo no seja, e, portanto, a no alteridade entre criador e criatura uma necessidade lgica exigida pela relao entre causa e efeito. As contradies nas quais o Aluno se v envolvido quando pensa haver uma diferena entre ambos conduzem a um certo paradoxo de

identidade, onde deus no outro que sua criao, algo que o Mestre no teme em aceitar e em proclamar: Deus e criatura no so coisas distintas uma da outra, seno uma e a mesma. Pois a criatura subsiste em deus e deus manifestando-se a si mesmo, de um admirvel e inefvel modo, cria-se a si mesmo na criatura, o invisvel se faz visvel, o incompreensvel compreensvel e o oculto se revela (III 678C) . Como a criatura o efeito daquilo que deus a causa, e um efeito no nada alm do que a causa feita, ento deus-causa est feito em seus efeitos (III 687C). De modo que deus eterno e no deixa de ser feito, e feito no deixa de ser eterno. E a cada vez que se faz, se faz e se mostra criatura, o que legitima dizer que todas as criaturas visveis e invisveis so teofanias e, portanto, aquilo que deus cria e v no outro que ele mesmo. Com o exposto at aqui, a definio tradicional do nada torna-se uma daquelas que so menos inteligentes (III 679C). Privao significa a privao de uma posse, e onde no houve posse no pode haver privao, ento o mundo no poderia ter sido feito da privao; se fosse, haveria sido antes que fosse feito. Quanto ausncia, ocorre o mesmo, pois ausncia nomeia o nada como algo que esteve presente ou que pode fazer-se presente, e se desta ausncia que o mundo foi criado, segue-se que o mundo foi feito de algo que j no est. A negao possui um carter especial. deus pode ser entendido como a negao de todas as criaturas, posto que ele no e nem pode ser conhecido por nenhuma delas e, por esta razo, pode ser nomeado como a negao de toda posse e essncia ou substncia e acidente. deus a negao da criatura, ao tempo que a criatura a incessante afirmao de deus. Mas, se por negao se quer entender que o nada no deus nem a criatura, ento se nomearia outra natureza, algo que os argumentos anteriores j recusaram. Assim, quanto ao que se deve entender acerca de deus haver criado tudo o que criou do nada, o Mestre conclui: quando entendido ser incompreensvel pela excelncia no injustamente chamado nada, e quando comea a aparecer em suas teofanias, se diz que procede como do nada em algo (III 681A). Quando se refere ao ato criador, o nada nomeia a excelncia da natureza divina, o plus quam ou o ultra onde habita deus, totalmente incognoscvel, a causa de sua inacessvel claridade. deus se chama nada porque est alm de todas as criaturas. Um alm que no pode ser outra coisa que deus mesmo. O que se deixava ver por meio da diferena fundamental, a saber, que deus no , recebe agora sua reflexo mais radical: o nada no s abarca toda a diferena fundamental, porque est alm do que e do que no , seno que, alm disso, parece ser um termo privilegiado para definir o infinito19. O nada d nome natureza divina, serve de nome a deus, j no como um nome transferido da criatura ao criador, mas como o nome que denota e atende necessidade lgica

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El pensamiento de la unidad e identidad de nihil e omnia es el nico que puede hacer justicia a la infinitud requerida para el principio divino (ALONSO, 1993, p. 20).

da excelncia divina que, difundindo-se em todas as criaturas no nenhuma delas: a bondade divina chamada nada porque alm de todas as coisas que so e que no so no se encontra em nenhuma essncia, descende desde a negao de todas as essncias nas afirmaes da essncia de todo o universo, desde si mesma em si mesma, como desde o nada em algo (ex nihilo in aliquid), desde a inessencialidade na essencialidade, desde a informidade nas inumerveis formas e espcies (III 681C). A bondade divina, portanto, nada quando considerada alm das criaturas e por essa razo deve-se entender que deus no , mas, posto que a processo da Palavra, onde todas as criaturas subsistem, o fundamento de toda criao, ento se diz ser em todas as coisas e que a essncia de todo universo. Nesse sentido, a creatio de nihilo quer dizer a criao desde deus; a progressio desde o nada em algo que no deixa de ser deus mesmo, ou melhor dizendo, do nada nas aparies divinas, as teofanias. Nomeando a deus como nada, questiona-se o papel da natureza humana em meio da criao, como um protagonista respeito a deus e criao, pois entre deus nada e deus feito na criatura no pode haver nenhuma natureza que no proceda de deus, de tal modo que a criao mesma o nico meio de conhecer a deus. Visto o pertencimento ontolgico entre as criaturas e o conhecimento humano, o homem se mostra como o mediador entre o nada e o que vem a ser, est destinado, pelo seu prprio modo de ser, a dar lugar ao prprio deus.

2 Nicolau de Cusa e os nomes divinos Em que pese o papel da ignorncia no pensamento de Erigena, e antes dele no de Dionsio Areopagita, o nome de Nicolau de Cusa o que est, invariavelmente, ligado apologia que dela faz em De Docta Ignorantia. Mais que um ttulo de uma obra, a docta ignorantia , como diz Duclow, uma metafsica compreensiva daquilo que emerge da hermenutica dos nomes divinos: deus, homem, mundo (1974, p. 79). evidente que Nicolau nunca abandonaria a perspectiva aberta pela douta ignorncia e as suas demais obras so, para utilizar uma expresso cusana, as suas explicaes. A consigna dessa metafsica scire est ignorare. Como princpio metafsico, a douta ignorncia anunciada no comeo da obra e se mantm vigente ainda quando no se trata dela de modo explcito. Como diz Andr, a douta ignorncia est permanentemente suposta como instncia problematizante onde se encontram o discurso que diz e a inexauribilidade do que nele visado20. Pois, efetivamente, como a ignorncia est suposta em toda investigao proporcional-comparativa, na medida em que o incerto procurado a
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No Prefcio sua traduo de De visione Dei (1988, p. 90).

partir da medida do j conhecido, segue-se que aquilo que supera toda razo de semelhanas infinito e desconhecido e a fonte mesma de todo conhecer. Nesse sentido, o conhecimento sempre indica uma relao de semelhana entre aquilo que medido e a medida que o mede, uma espcie de coincidncia entre ambos que avalizam a preciso da verdade alcanada. Mas, para Nicolau, tal semelhana nunca absoluta, seno que sempre pode ser uma vez mais repensada de um modo mais abrangente. A rigor, medida e medido sempre permanecero diferentes, por mais iguais que sejam21. Em De Venatione Dei, Nicolau ilustra a douta ignorncia perguntando quem conhece melhor o sol e o oceano, se, por um lado, aqueles que pensam conhecer o sol pelo brilho de seus raios e o mar por uma estimativa de seu tamanho, ou, por outro lado, e como o caso, aqueles que, simplesmente negam poder medi-los. De que modo poderia medir-se a absoluta magnitude?22 A diferena latente em todo conhecimento no transforma a douta ignorncia em uma negao do conhecimento ou em indicao de uma certa fragilidade inerente ao prodecimento daquele que investiga. Nicolau salva o conhecimento humano de toda restrio e o fortalece na medida em que conhecimento conjectura e define a mente humana em sua dinmica de similitude com o prprio deus: necessrio que a conjectura proceda de nossa mente, como o mundo da infinita razo divina. Pois a mente humana, elevada semelhana de deus, participa, como pode, da fecundidade da natureza criadora, como imagem da forma onipotente, cria de si mesma os racionais (rationalia) semelhana dos reais. Por isso a mente humana cria a forma da conjetura do mundo, como a divina do real23. Como afirma lvarez-Gmes, a similitudo veritatis que sustenta o conhecimento humano partcipe da verdade infinita e absoluta enquanto assertio positiva in alteritate veritatem (2004, p. 15)24, que como define o Cusano a conjectura. Ela o exerccio pelo qual a natureza humana, como emulando a deus, cria ex se ipsa certos entes racionais que se assemelham aos reais. Nesse exerccio, no qual
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DI I, III, 9 (Band I): "hinc mensuram et mesuratum quantumque aequalia semper differentia remanebunt. De venatione sapientiae XII, 32 (Band IV). As referncias das obras cusanas pertencem s seguintes edies: Nikolaus von Kues Philosophisch-Theologische Werke, Felix Meiner Verlag, Hamburg, 2002; De visione dei, Nicolai de Cusa Opera Omnia (Vol. VI), Felix Meiner Verlag, Hamburg, 2000; Directio Speculantis seu De Non Aliud, Nicolai de Cusa Opera Omnia, Felix Meiner Verlag, Leipzig, 1944. Quanto s abreviaturas: DI -De docta ignorantia; DC - De Coniecturis, DP Trialogus de possest; IM - Idiota de Mente; DB - De beryllo; VS - De venatione sapientiae; CO Compendium; AT - De apice theoriae; VD - De visione dei, NA - Directio speculantis seu de non aliud
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(DC I, 1, 5) coniecturas a mente nostra, uti mundus a divina infinita ratione, prodire oportet. Dum enim humana mens, alta dei similitudo, fecundidatem creaticis naturae, ut potest, participa, ex se ipsa, ut imagine omnipotentis formae, in realium entium similitudine rationalia exserit. Coniecturalis itaque mundi humana mens forma exstitit uti realis divina. Cf. DC I, 11. (Band I)

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entra em jogo o pertencimento da verdade e da apropriao de si mesmo, sem o qual todo conhecimento aliena-se em um sem-sentido, o homem participa da verdade como alteridade. Mas esta alteridade no transforma o conhecimento em um depsito de meias verdades. O que assegura ao conhecimento a sua verdade, de maneira que a alteritas experimentada em todo ato cognoscitivo no seja uma simples corrupo da verdade absoluta, que, ao conhecer e se expressar, o homem j sempre se encontra com um infinito que transcende a todo conhecimento e linguagem e, sobretudo, que tal transcendncia a que permite que tudo tenha ser, includos a o homem e seu conhecimento. Com a douta ignorncia se pe a descoberto a incompletude do conhecimento, no por deficincia, seno em virtude daquilo que em toda investigao se d por suposto: o inominado de todo nome. O comeo do Compendium apresenta uma diferena fundamental da metafsica cusana: singulare non est plurale nec unum multa, o uno no pode se dar singularmente ou como em si mesmo, mas de um modo comunicvel a muitos (multis communicabili)25. A partir dessa diferena resulta necessrio admitir que o conhecimento expressado sempre uma semelhana daquilo que existe, um signum do comunicado pelo uno. Deste, no h cincia e nem se conhece como e, ainda assim, certamente se v que existe (esse certissime videatur). Para Nicolau, a relao uno e multiplicidade, que a de deus e da criao, deve ser pensada em termos procleanos: non esse aliud quam unum plura: unum in essentia, plura in potentia (VS XII,31)26. Havendo o uno-mltiplo, o conhecimento do prprio uno se transforma em uma atividade aparentemente paradoxal. J em De docta ignorantia o Cusano, apoiando-se em Hermes Trismegisto, evidenciava o problema: posto que deus a universalidade das coisas, nenhum nome lhe prprio, pois seria necessrio ou que deus fosse designado com todos os nomes ou que todas as coisas se designassem com seu nome, pois ele mesmo em sua simplicidade complica a universalidade de todas as coisas27. Construes semelhantes se apresentam por toda a obra cusana e podem levar a caracterizar a Nicolau de Cusa como um telogo negativo. Isto s correto se por teologia negativa no se entende uma postura de escape frente tradio afirmativa28. A negao no pensamento cusano o momento imediatamente

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CO I, 1. (Band IV) Sobre o tema, MARCHETA (2004, p. 689-703).

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DI I, XXIV, 74 (Band I). Quoniam deus est universitas rerum, tunc nullum nomen proprium est eius, quoniam aut necesse esset omni nomine deum aut omnia eius nomine nuncupari, cum ipse in sua simplicitate complicet omnium rerum universitatem. Para D. Moran, a tradio negativa ou mstica dionisiana inclui complexas estruturas dialticas que no permitem ser reduzidas negao: It is not strictly speaking a via negativa but a sequence of ways culminating in a position beyond propositional utterance, where ignorance is the highest wisdom (1990, p. 132). D. DUCLOW considera que se d uma variao propriamente cusana, embora sugerida por Dionsio, where the Areopagite uses a higher negation to overcome
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anterior ao salto que permite ver o invisvel. Para o Cusano, afirmar ou negar se encontram no mesmo mbito no que se refere ao infinito, a os opostos incidem no mesmo, em uma unidade que, como uma esfera, rene todas as coisas sem alteridade. A essa realidade esfrica, que no outra que a medida expressa pelo homem com suas assertivas, no se intui por um simples negar, seno que exige pensar como na coincidncia dos opostos se descobre o sentido do infinito. Em De venatione sapientiae, Nicolau expressa uma vez mais esse paradoxo fundamental. No captulo De praeda capta Nicolau diz que nenhum nome proveniente das coisas nomeadas convm natureza da causa absoluta de todas as formas passveis de serem conhecidas e nomeadas, mas, tambm entende que seu nome no seja outro que todo nome nominvel e em todo nome nomeado aquela permanece inominvel29. A imagem da caa apropriada filosofia do cusano na medida em que o homem deve se valer de todo o seu engenho para apreender o inapreensvel, ver o invisvel. Com mais ou menos glria, essa caada no algo do qual possa furtar-se o prprio homem, seno que ir em busca dessa sabedoria que no se alcana seno ignorando, significa que a realizao mesma do homem vem-lhe imposta por aquela. Desertar da caa prescindir da propriedade de seu prprio ser. A metafsica cusana descobre que a liberdade humana encontra-se condicionada e envolvida ontologicamente por esse anelo do infinito30. O desejo intelectual de conhecer algo natural ao homem e o transforma em desejante do infinito. No entanto, como entende Alvarez-Gmes, o desiderium intellectuale e a cognitio Dei no so momentos distintos seno que a deus no conhecemos seno quando o desejamos, e este desejar por sua parte de ndole intelectual e se verifica, portanto, sempre como conhecimento (2004, p. 68). Em todo conhecimento, portanto, se d uma certa realizao do desejado, no como signo de um ente real formado e mensurado pelo homem mas sim porque j sempre todo signo manifesta o infinito como o no dito. O infinito como no dito, como o inominado de todo nome, a fonte de toda linguagem. Como ilustra Martinez-Gmez, o infinito se mostra como um meio fludo no qual se move e vive o homem e no como um objeto mo (1965, p. 95). No Compendium (VIII, 23), Nicolau diz que manifestando-se a si mesmo por meio da linguagem da finitude medida, o homem no elimina o infinito inapreensvel seno que o ignora doutamente como infinito, adverte que permanece incompreensvel em todos os signos intelectuais, como lux in tenebris lucet. Isso ilustra a imagem do mapa que contm e indica a disposio do mundo
the contrast between affirmation and negation, Nicholas turn to the coincidence of opposites (1990, p. 114) () Nicholas is more concerned with how we seen in this darkness (1990, p. 121).
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VS XXXIV, 103 (Band IV): nomem suum non sit aliud ab omni nominabili nomine et in omni nomine nominetur, quod innominabile manet.

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Il sagit ici dune thique de lobligation et dune thique des vertus en mme temps (Bocken, 2002, p. 183).

captado pelo seu autor e ao mesmo tempo faz intuir que o artfice e causa desse mundo no o autor do mapa. E aqui acrescentaramos: como o mapa no pode indicar algo que no tenha sido captado e explicado pelo seu autor, do mesmo modo, o mundo no pode ser outro que deus. O conhecimento alcana, assim, o lugar e a nobreza mais elevados que pode ocupar uma criatura, por meio dele, o homem ser sempre visto como abertura para o infinito; nele tem lugar a manifestao de deus. Esse vnculo de exclusividade faz com que o homem encontre em si o primeiro e mais prximo signo do prprio criador, nele reluz mais que em qualquer outro animal a fora criativa (vis creativa) intellectuale signum primum et perfectissimum est omnium conditoris. Em De Beryllo encontramos os principais argumentos que estabelecem esse vnculo. Nicolau toma por certa a palavra de Anaxgoras e diz que o conditorintellectus cria todas as coisas para manifestar-se a si mesmo como inteligncia queles capazes de conhec-lo intelectualmente como visvel em todas as coisas31. Assim, as coisas visveis existem para que se conhea o divino intelecto, artfice de todas as coisas32. Segue-se da que tudo que , ou a verdade ou semelhante verdade (verisimile), pois existe in se in suo vero esse e in alio in suo esse verisimili. Em todas as coisas visveis no se encontra seno uma conformidade e, portanto, uma semelhana do criador-intelecto33. Para Flasch (2003, p. 91), esse o princpio da metafsica cusana, a distncia entre o ser-emsi e o ser-em-outro, vale dizer, entre o uno e o plural, o princpio e o produzido por ele, o cognoscvel e o conhecer. Cabendo, portanto, descobrir como se d essa distncia. O ser-em-outro ser no homem, quem, conforme Protgoras, a medida de todas as coisas. Nicolau no ignora a crtica da tradio e defende a sentena do sofista frente incompreenso aristotlica, ainda que para isso, como sugere Martinez-Gomes, parea emend-lo ao relacion-lo com a doutrina crist34. Essa emenda, no entanto, responderia a uma exigncia surgida luz de sua prpria metafsica que nesse ponto, como em tantos outros, no concorda com a tradio. E, portanto, Nicolau no trata de acomodar Protgoras novidade crist,

DB 3, 4.nominatur secundum Anaxagoram intellectus, a quo omnia in esse prodeunt, ut se ipsum manifestet. Intellectus enim lucem suae intelligentiae delectatur ostendere et communicare. Conditor igitur intellectus, quia se finem facit suorum operum, ut scilicet gloria sua manifestetur, creat cognoscitivas substantias, quae veritatem ipsius videre possint, et illis se praebet ipse conditor modo quo capere possunt visibilem. Hoc scire est primum, in quo complicite omnia dicenda continentur.
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DB XXXVII, 65: in visibilis mundi invisibilem deum cognosci, sunt igitur visibilia, ut in ipsis cognoscatur divinus intellectus omnium artifex. Cf. Rm 1,20.

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DB XVIII, 26: In omnibus enim visibilibus nihil reperiretur nisi comformitas et ideo similitudo ipsius conditoris eorum intelectus.

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El cardenal se queda con Protgoras, pero prestndole su razn. Bajo el mismo lema se ha llenado de un contenido nuevo, en definitiva cristiano () el hombre hecho a imagen y semejanza de Dios (MARTNEZ GMES, 1964, p. 344). Veja-se tambm, ANDR (1999, p. 7-30).

seno porque pode referendar naquele a idia de que o homem, porquanto mede, a imagem de deus. A antropologia cusana, embebida, como a de Erigena, da obra de Gregrio de Nyssa, observa o mtuo pertencimento ontolgico entre o modelo e a imagem, pensando o homem em seu processo constante de realizao em meio das criaturas. Ser feito imagem de deus, outorga-lhe uma mente mensurante. Ser como deus significa, entre outras coisas, ter conhecimento e dar lugar conceptualmente a todas as coisas. Esse o tema principal da antropologia cusana, saber que do homem depende a medida de todas as coisas, de que elas atinjam uma existncia semelhante ao que so elas mesmas na unidade verdadeira e saber, ao mesmo tempo, que nesse processo mensurante o homem se realiza como deus, um segundo deus (secundum deum), como conclui o Cusano com suas premissas: pois assim como deus o criador das formas dos entes reais e naturais, assim o homem o criador de entes racionais e de formas artificiais, que no so seno semelhanas do seu intelecto, assim como as criaturas de deus so semelhanas do divino intelecto. Por isso, o homem tem um intelecto que a semelhana do divino intelecto, criando (in creando)35. A nfase da relao entre deus e homem est no fato de que um e outro criam. Em Idiota de mente Nicolau analisa essa relao e evidencia o lugar do homem no plano do criador. Se um pintor quisesse pintar-se a si mesmo, acabaria produzindo uma imagem sua, assim tambm a arte criadora, como se quisesse criar-se a si mesma, acaba por criar a mente como sua imagem. Sendo assim, tudo que convm mente divina, deve convir mente humana, e se a mente divina a unidade que complica todas as coisas que podem ser, ento a mente humana tambm a imagem da simplicidade complicante, de tal forma que todas as coisas que so a explicao da simplicidade divina, no so a sua imagem a menos que elas estejam complicadas na mente humana. Diz o Idiota (III, 73) : a noo de deus ou seu rosto no descende seno em uma natureza mental, cujo objeto a verdade, e no vai alm seno pela mente, posto que a mente seja a imagem de deus e o exemplar de todas as imagens que so posteriores a deus. Por isso, quanto mais participam da mente todas as coisas que vm depois da mente simples, tanto mais participam tambm da imagem de deus, posto que a mente seja por si a imagem de deus e tudo que posterior mente no seja seno pela mente. Assim, a mente humana se v avocada ao exerccio constante de construir sempre mais perfeitas semelhanas que se conformem ao seu exemplar divino, sua existncia ser imagem viva e perfeita da arte infinita; uma medida viva que medindo as outras coisas, atinge a sua prpria capacidade. Assim, a mente conhece para conhecer-se, procurando a sua prpria medida em todas as coisas no a encontra seno onde todas as coisas so uma (IM IX, 123).

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DB VI, 7: Nam sicut deus est creator entium realium et naturalium formarum, ita homo rationalium entium et formarum artificialium, quae non sunt nisi sui intellectus similitudes sicut creaturae dei divini intellectus similitudines. Ideo homo habet intellectum, qui est similitudo divini intellectus in creando.

O infinito , pois, a medida da mente humana. Dando lugar ao universo criado, cada um dos homens descobre-se a si mesmo como uma imagem da eternidade e possuidor de um poder semelhante quele para criar. O artifcio humano, portanto, deve dirigir o seu empenho na realizao de seu prprio ser-imagem. Evidenciado o poder da mente humana, complicando em si mesma todas as criaturas, Nicolau d um passo alm e procura discernir quanto pode essa mente humana frente verdade divina que, no obstante ser inefvel, clama pelas ruas (AT 5). No se limita a ver o clamor que todas as coisas verdadeiramente so, conhecendo-as conceptualmente, quer ir alm do mbito da semelhana e ver o que aclamado em todo clamor e no se encerra em um conceito. Essa viso do invisvel, no entanto, conseqente metafsica cusana, no s a viso de deus, mas tambm a do homem. Como escreve em De visione dei: Necessitares enim libertatem, cum tu non possis esse meus, nisi et ego sim mei ipsius (VD VII, 25). Saciar essa necessidade aplacar o desejo do infinito mediante as conjeturas criadas pelo homem. Ser livre buscar a deus exercendo de deus. A liberdade intrnseca ao ser do homem o condiciona a ver a face insusceptvel de deus, mas esta no outra que a do homem mesmo: pois toda face que pode intuir a tua face no v outro diverso de si prpria, porque v a sua verdade (VD VI, 18)36. Esta abertura radicalmente livre um chamado criatividade humana que parece transformar a procura de deus em poesia37. O Trialogus de possest guarda uma das tentativas mais explcitas do Cusano de nomear o inominado no contexto estabelecido por uma metafsica que abriga tanto a sua inefabilidade e ocultamento, quanto a sua ubiqidade. O nome possest, um acrscimo lngua latina, e antecessor, como veremos, daquele que simboliza o pice da contemplao (posse ipsum), deve ser elucidado e inferido necessariamente a partir da metafsica cusana. Para o Cusano, trata-se de um nome que, embora no possa apreender a essncia do infinito criador, conduz a quem especula, alm de todo sentido, razo e intelecto, viso mstica, onde est o fim da ascenso de todo poder cognoscitivo e o incio da revelao do deus desconhecido (DP 15). O dilogo comea com uma passagem paulina que assegura inteligncia a visibilidade do criador por meio das criaturas (Rom 1,20). Esta visibilidade se v afianada pelo prprio ser das criaturas, quer dizer, a temporalidade manifesta a eternidade do criador. No entanto, o que se v a partir do mbito do universo criado a invisibilidade divina, capturada intelectualmente. Se v de modo invisvel diz o Cusano, como quem ao ler, vendo os signos da escritura, capta o seu sentido invisvel. Latentes argumentao que se segue da, percebem-se as principais descobertas apresentadas pelo Cusano, j no De docta ignorantia, em

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Omnis igitur facies, quae in tuam potest intueri faciem, nihil videt aliud aut diversum a se, quia videt veritatem suam.

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Nesse sentido o Cusano concordaria com Erigena que diz theologia veluti quaedam poetria (REINHARDT, 2005, p. 432).

torno relao do criador e da criatura como complicatio e explicatio, que levam a admitir a eternidade da criatura, na medida em que o criador a forma omnium (DI I, XXIII, 70) e forma formarum (DI II, II,104) de todas as coisas, e a criatura a imagem dessa infinita forma, na diversidade do contingente, como se fosse deus occasionatus, infinitas finitas, deus creatus (DI II, II, 104). Para o Cusano, por sua origem divina, a criatura sempre perfeita, ainda que, por ser criada, esteja contida nos limites da semelhana prprios de uma imagem, como veritas in imagine, como se um nico rosto tivesse a sua imagem diversamente multiplicada no deixaria de aparecer ele mesmo em cada uma dessas imagens: Portanto, deus complica todas as coisas porque todas as coisas esto nele; e explica todas as coisas porque ele mesmo est em todas as coisas (DI II, III, 107). Resulta difcil no perceber quanto exigia o Cusano de seus leitores. Uma interpretao pantesta, embora equivocada, das idias envolvidas na relao entre deus e universo no pode ser eliminada salvo pelo carter fundamental da metafsica cusana que emerge da douta ignorncia. O que ensina o Cusano, no entanto, no a identificao de deus com a criatura, seno que, ao considerar a abertura promovida pelo mximo absoluto, a coincidncia dos opostos, deve-se compreender de modo incompreensvel que o universo que dele emana se mostra pluralidade e unidade contrada. Compreender incompreensivelmente o paradoxo que sustenta toda a metafsica apresentada pelo Cusano. Por isso, ele mesmo se pergunta como possvel, ou em que consiste tal compreenso. Dizer que as criaturas esto em deus e que deus est nas criaturas s evita o pantesmo se ambas as partes dessa relao so pensadas alm do campo das contradies. Ora, o mximo absoluto no pode ser diminudo ou acrescido pela criatura, nele no h lugar para o maior ou o menor e assim para todos os exemplos que a razo pode captar das semelhanas manifestas pelo prprio mundo. Segue-se, ento, que em deus todas as coisas esto contidas em uma unidade como em sua prpria possibilidade de vir a ser. E como nessa unidade s se d a eternidade, a criatura tambm eterna: pois na medida em que a criatura o ser de deus, ningum duvida de sua eternidade (DI II, II, 101). Nicolau adverte a dificuldade e os equvocos que essa compreenso comporta de no serem elucidados os termos envolvidos no ato criador. O que incompreensvel acaba por mostrar-se como uma concluso verdadeira: se consideras as coisas sem ele, ento so nada, como o nmero sem a unidade. Se o consideras a ele mesmo sem as coisas, ele mesmo e as coisas so nada. Se o consideras a ele mesmo enquanto est nas coisas, consideras que as coisas so algo no qual ele , nisto erras (....) pois o ser da coisa no outro, como se fosse algo diverso, mas seu ser o que provm do ser (eius esse est ab esse). Se consideras a coisa enquanto est em deus, ento deus e unidade (DI II, III, 110). A criatura desprovida de deus um nada, deus sem a criatura permanece em seu ser, posto que a criatura no pode modificar essa unidade. O erro pensar que deus est na criatura como em algo diverso a ele mesmo, o ser da criatura o ser proveniente de deus. Quando se diz que a criatura est em deus, se entende que a pluralidade do universo na unidade e a unidade na pluralidade: tudo nela ela mesma e ela mesma em deus deus (DI II,V 120). A partir

dessas idias torna-se evidente que o universo de todas as coisas existe porque provm de deus e, ao tempo que o manifestam. Nicolau no abandona o comeo de sua metafsica, trata de nomear a deus nas condies j estabelecidas, levando ao mximo possvel o disposto pelo princpio da coincidncia dos opostos, ainda que para isso, tenha que subverter a tradio (CASARELLA, 1990, p. 7-34; GIACON, 1964,375-84)). No contexto da citao paulina, o Cusano entende que as coisas visveis so temporais e procedem de e manifestam a eternidade invisvel. O apstolo ensina, portanto, de que forma se apreende deus de modo invisvel: toda criatura existente em ato pode ser. O que no pode ser, certamente, no . Por isso, o no ser no algo criado. Se fosse uma criatura, certamente existiria. Posto que o criar um produzir o ser desde o no ser, mostra-se claramente que o no ser no de nenhum modo criado (DP 5). Uma vez que o que existe pode ser o que em ato, infere-se a atualidade absoluta pela qual as coisas que so em ato so o que so. Assim explica o exemplo da brancura que os olhos captam intelectualmente das coisas, pois, sem ela, o branco no seria branco. Como a atualidade existe em ato, ela pode ser, se fosse impossvel no existiria. Disso se segue que a possibilidade absoluta no outra que o poder, como a atualidade absoluta no outra que o ato. E aqui se d a virada cusana, pois a atualidade e a possibilidade ou, em outros termos, o ser e o poder ser, no so momentos distintos, a possibilidade no antecede atualidade, como uma potncia ao ato, seno que a potencia absoluta, o ato e a unio de ambos so eternos, ou melhor, so a prpria eternidade. Agora bem, essa eternidade que rene a possibilidade e a atualidade no outra que deus mesmo: deus o simples princpio do mundo, anterior atualidade que se distingue da potncia, e anterior possibilidade que se distingue do ato. Todas as coisas que so depois dele, existem com distino de potncia e ato, de tal modo que somente deus o que pode ser, e de nenhum modo acontece isso em qualquer criatura, posto que potncia e ato so o mesmo unicamente no princpio (DP 7). Em De venatione sapientiae (XII, 34) onde o possest pensado logo em seguida douta ignorncia, ocupando, portanto, o segundo campo a ser investigado, Nicolau refora a anterioridade de deus respeito ao mbito das diferenas sendo anterior a toda coisa nomevel, anterior a tudo e nada, ao efvel e inefvel, ao poder ser feito e o feito e, portanto, no possvel que o eterno no seja atualmente pois ele atualmente tudo aquilo que pode ser. A primeira explicao da passagem paulina, no entanto, sofre uma imediata objeo de seu interlocutor, pois no parece um privilgio divino o poder ser, uma vez que o sol, a lua ou o que seja tambm podem ser. A sutileza do enunciado diz que deus o que pode ser, no encobre o fato de que tal enunciado tambm proibitivo, o poder ser no se aplica ao universo criado, pois o sol, sendo em ato o que , no se mostra como absoluto, seno que ora ocupa um lugar, ora outro, nele no coincidem o mximo ou o mnimo, ou seja, ele no todas as coisas, e por essa no tudo o que pode ser, pois pode ser de outro modo em ato. Mas, ao contrrio do sol e de qualquer outra criatura, deus todas as coisas, de tal modo que ele mesmo no pode ser outra coisa que aquilo que . Sem nenhum tipo de

carncia, absolutamente pode ser tudo em todos, no sendo nenhuma coisa mais que outra (DP 12). Nesse sentido, Nicolau pode at dizer que deus mesmo sol, mas no no modo de ser do sol que no o que pode ser, mas considerando que quele que possui o absoluto poder ser tampouco lhe falta o ser do sol, o possui de um modo melhor, perfeitssimo e divino. Portanto, deus todas as coisas de modo que no pode ser outro (DP 13). Deus em ato tudo aquilo ao que se pode atribuir o poder ser, e nada que deus no seja em ato pode ser. deus o absoluto ato, a absoluta potncia e o nexo entre ambos, portanto, em ato todo ser possvel, patente que ele complicadamente todas as coisas. Pois todas as coisas que de qualquer modo so ou podem ser esto complicadas no princpio mesmo, e tudo o que foi ou ser criado se explica por aquele mesmo princpio no qual esto complicadamente (...) todas as coisas, que esto complicadas em deus, so deus, ao igual que explicadamente no mundo criado so mundo (DP 8-9). nesse contexto que recupera as premissas da douta ignorncia, onde faz apario um nome forjado para dar conta da complexidade da metafsica cusana. Trata-se de expressar a possibilidade e o ser que , ou seja, que o mesmo poder , e como aquilo que , em ato, poder ser poder ser em ato, isto indica esse nome de difcil traduo, o possest. Nicolau apresenta o possest como composto pelos termos posse est (DP 14), embora tambm parea lcito entend-lo como um nome formado por posse et esse (DP 27). Ambas expresses, no entanto, e toda possvel traduo, devem levar em conta o sentido simbolizado por esse nome, que abarca a todos os nomes e a nenhum. J como nome de deus, o possest no se revela ao homem, seno enigmaticamente. Se aplicado criatura, ele imediatamente descobre-se como imagem do sem nome, tal como ilustra o Cusano com o exemplo da linha: se algum dirige a sua ateno linha e lhe aplica o possest, de modo que veja o possest da linha, quer dizer, que veja que a linha em ato tudo o que pode ser e entenda que tudo aquilo que a linha pode chegar a ser, certamente por essa nica razo, pelo possest, v que a linha ao mesmo tempo mxima e mnima. Pois como o que pode ser, no pode ser maior e assim se v mxima, nem menor e assim se v mnima (DP 24). Alcana-se, assim, por meio do possest a linha indivisvel, ela todas e nenhuma das coisas capazes de linearidade. Mas, ento, conclui o Cusano, j no uma linha a que chamamos linha, seno que, alm dos opostos, est por cima de todo nome que se d s coisas que possuem linearidade. Agora bem, se o possest considerado absolutamente, sem aplic-lo a algo que possua nome, ento ele conduz viso do deus omnipotente, onde todas as coisas que podem ser e que podem chegar a ser encontram-se reunidas alm de todo nome e alm do ser e no ser. Uma vez que em deus todos os opostos tm guarida, segue-se que ser e no ser no se contradizem nele. Assim, se do no ser pode devir alguma coisa graas a qualquer potncia, ela certamente est complicada na potencia infinita. Portanto, ali o no ser todas as coisas. Desse modo, toda criatura que pode ser trasladada do no ser ao ser (de non esse in

esse) est ali onde o poder ser e o mesmo possest (DP, 25). A partir dessa argumentao, o Cusano pode legitimar o possest como uma assero positiva sobre deus: onde todo poder em ato, ali est deus. Como o poder absoluto no se esgota em nenhuma criatura que pode ser, segue-se que nenhuma seja o possest, nisso reside a verdadeira fora desse nome, que no se encontre em nenhuma parte do universo criado e ao mesmo tempo, mente o prprio criador. A concluso apresentada pelo Cusano no deixa de ser admirvel, embora necessria: toda criatura pode ser o que no . Somente o princpio, porque o mesmo possest, no pode ser o que no (...) se pudesse no ser, no seria, posto que o que pode ser (DP 27). Portanto, deus a necessidade absoluta, de tal forma que o no-ser a necessidade do ser. A identificao do no ser com o possest abre uma perspectiva necessria em toda aproximao do Cusano ao pensamento de Erigena. Como vimos, em Erigena o nada uma espcie de nome prprio de deus, na medida em que deus mesmo no pode ser conhecido e permanece em sua unidade supraessencial. Nicolau no afirma tal coisa ou, ao menos, no nos mesmos termos. No entanto, o possest tem como conseqncia uma formulao semelhante e, sobretudo, o mesmo sentido, pois quando se diz que a pluralidade surge do fato de que deus est in nihilo (DI II, II, 110), imediatamente se entende que deus habita um nada que no significa privao como poderia faltar-lhe algo posto que tudo que pode ser? Que deus seja no nada significa que o no-ser, possibilidade absoluta de todas as coisas possveis, tambm se encontra nele e o possest mesmo, in deo non-esse esse ipsum possest (DP 29). Intui-se, assim, na obra cusana, certa meontologia, no to explcita quanto em Erigena, mas com as mesmas conseqncias e, principalmente, constituda pela mesma necessidade: homologar ao ser da criatura a possibilidade de manifestar a deus, base de toda a doutrina das teofanias38. Por meio do possest outorga-se criatura a mesma eternidade do criador. impossvel compreender como se d o processo de manifestao do criador, saber como as coisas emanam dele, diz o Cusano, a menos que elas mesmas sejam entendidas como havendo estado eternamente no poder ou na potestade do criador (DP 73). Trata-se, portanto, de uma necessidade lgica, ainda que esta lgica exija ir alm do princpio tradicional de identidade e da no contradio. necessrio que em deus estejam em ato todas as coisas que podem ser a fim de que ele mesmo seja a forma de todas as coisas, o verdadeiro exemplar de todas elas. Como se disse, em deus todas as coisas so de um modo superior, ele o conceito de todo conceito e, evidentemente, nele no pode haver nenhum tipo de alteridade ou oposio. Portanto, quando se diz que mesmo o no-ser se encontra nele, deve-se entender que o no ser tudo que pode ser, mas somente porque deus mesmo visto desde a criatura, onde a oposio do ser ao no-ser pode ser percebida: vejo que o mundo no deus. Ao contrrio, vejo deus antes do no ser e, portanto, nenhum ser se nega dele mesmo (DP 67). deus anterior a toda

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Sobre o sentido do no-ser, KIJEWSKA (2002, p. 155-67).

oposio, algo indicado tanto pela coincidncia dos opostos quanto pelo possest, dois dos nomes divinos que, em definitiva, marcam a obra cusana. Com o possest, o Cusano concede possibilidade um poder maior que o do prprio ser. O que realmente valorizado a emergncia de deus, o acontecimento divino que no outro respeito a sua obra. Com isso se abre o caminho que conduzir ao nome de deus como o non aliud. O dilogo Directio speculantis seu de non aliud comea por afirmar que na definio que se d todo conhecimento. Definir expressar e determinar os limites da coisa conhecida. Como a tudo pe limites, ela mesma se determina. Logo, a definio que a tudo define no outra coisa que o definido. Bem, esta definio omniabarcante acaba de ser anunciada e est presente em toda possibilidade de definio e, portanto, de todo conhecimento, por no dizer de tudo que existe passvel de ser conhecido, pois o que menta essa definio est alm de todo definido e ao mesmo tempo presente em cada coisa definida. Trata-se do non aliud. Tal o nome que se define a si mesmo e a tudo define. Nicolau recorda o final da Teologia mstica de Dionsio, como se quisesse legitimar o pensamento que pensa a deus como no outro. Lembra que, segundo o Areopagita, o criador no algo que possa ter um nome nem tampouco que seja um outro algo (neque aliud quid esse) e observa que nisso se oculta algo importante. Toda definio diz o que a coisa , segundo as possibilidades do conhecimento, ela coloca limites coisa conhecida e a separa daquilo que ela no , mostrandoa sempre como outro. Assim, quando se pergunta o que o cu, a resposta : o cu no outro que o cu, o outro no outro que outro, e assim para todas as coisas. Mas, quando se pergunta acerca desse nome que tudo define, a resposta ser invariavelmente non aliud est non aliud quam non aliud (NA I). Ocorre, ento, que o no-outro define a si mesmo e a todos os outros, posto que anterior definio do que se define. O no outro est presente em toda definio e o que permite toda definio. Diante da descoberta do no-outro, Nicolau diz que realmente no surge algum nome mais preciso, ainda que no seja o nome deus, que anterior a tudo que o pode nomear-se no cu e na terra, mas assim como o caminho que leva o peregrino cidade no o nome da cidade (NA III), o non aliud serve de caminho e o nome mais prximo e reluz com mais intensidade e enigmaticamente o nome de deus. H nele, no entanto, um problema fundamental. Se bem certo que na definio de toda criatura, esta captada em seu gnero e espcie, e na concordncia de ambos, por que seria lcito aplicar o mesmo procedimento a deus, uma vez que, como j foi evidenciado, ele anterior a toda medida? O certo que ao ser exposto em tais termos, o non aliud se define a si mesmo e aparenta uma exclusiva primazia tautolgica, pois no se vale de nenhum outro nome para definir-se, ao contrrio das demais coisas definidas39. Mas, para o Cusano, o non

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Como afirma Martinez Gmez, It is impossible to avoid tautology when to define it() He (Nicolau) glimpsed the possibility of using it to his purpose (1965, p. 93).

aliud est alm de toda tautologia pela mesma razo que uma definio se dirige sempre ao que pode ser definido, pois o no-outro anterior ao outro e aponta, efetivamente, para a transcendncia divina manifestada por toda criatura passvel de ser definida: Mas adverte que o no-outro no significa tanto quanto o mesmo. Pois, uma vez que o mesmo no outro que o mesmo, o no-outro precede ao mesmo e quilo que pode ser nomeado. Assim, ainda que deus seja nomeado no-outro, porque ele no outro que algum outro, ele no o mesmo com o outro. Pois como ele no outro em relao ao cu, ainda assim no o mesmo com o cu (VS 14). A no alteridade de deus, presente em toda definio e em todo criado, no significa identidade. deus no o mesmo que a criatura, mas como poderia ser outro? Para o Cusano, com o non aliud no s se diz que deus no o outro da criatura, mas tambm que ele a identidade na qual toda criatura o que . evidente que aqui a coincidncia dos opostos no permite pensar seno que deus anterior toda alteridade e a toda oposio. Ser aliud prprio da criatura e no de deus, no universo criado onde se do as diferenas. Nesse sentido, o non aliud um nome privilegiado para nomear a deus, pois indica a sua anterioridade a toda oposio, pois o no-outro no se ope a outro, uma vez que o define e o precede. (...) deus no um algum que se ope a algo, ele anterior a toda diferena dos opostos (VS, 14). Em deus a alteridade, que significa o modo de ser da criatura, e o nada no se opem, pois mesmo o nada no outro que nada e, portanto, conclui o Cusano, como afirma o Areopagita, deus tudo em tudo e nada em nada, como j se evidenciava em De visione dei (XII): Tu enim, qui occuris, quase sis omnia et nihil omnium simul. A fora do nome non aliud reside, portanto, na exclusividade que ele indica, somente deus no outro e , ao mesmo tempo, o poder ser do outro: cessando o no-outro mesmo, necessrio que cessem as coisas que so e as que no so, percebe-se claramente como nele mesmo tudo anteriormente ele mesmo, e ele mesmo tudo em tudo. Portanto, quando intuo no outro a ele mesmo e ao outro em meio dele mesmo, intuo a ele mesmo prioritariamente: vejo de que modo, por meio dele mesmo sem nenhum outro, todas as coisas so verdadeiramente o que so (NA VI). Com a descoberta desse nome, Nicolau confirma que a linguagem e o conhecimento que ela expressa, mediante afirmaes e negaes, embora no atinjam a meta que, intrinsecamente jaz no prprio modo de ser do homem, j sempre so o caminho que leva a ela, o mesmo homem habita em deus, ainda que este s se mostre como o inominado de todo nome. Resta considerar um outro nome que apresentado no De apice theoriae, a ltima das obras cusanas, na qual Nicolau retoma a argumentao que validava o possest como um dos nomes mais apropriados de deus, mas adverte que aquele se v superado: o poder mesmo (posse ipsum), mais potente do qual no h nada e respeito ao qual nada pode ser anterior nem melhor, muito mais apto para nomear aquilo sem o qual nada pode ser, viver e entender, mais apto que o possest ou que qualquer outro vocbulo. Se pode ter um nome, o nome que

melhor o denominar o poder mesmo (AT 5). Desta feita, Nicolau surpreende ao afirmar que, ao contrrio dos outros nomes que exigiam um exerccio dialtico inusitado ou uma frtil imaginao, o posse ipsum o nome mais claro, verdadeiro e fcil de ser compreendido. A facilidade desta compreenso reside no simples fato de que ningum desconhece o poder. J sempre em toda ao e em todo existente permanece suposto o: sem poder nada pode nada (AT 6). Esse poder presente e evidente em todas as coisas provm do poder absoluto e incontracto, que por si mesmo, anterior a toda existncia, de tal forma que, sem ele, nada existiria. Por isso, Nicolau diz que o poder mesmo a qididade e a hipstase de todas as coisas, e sob a sua potestade esto contidas necessariamente tanto as coisas que so como as que no so (AT 8). Uma vez mais, torna-se evidente que esse poder que contm a todas coisas no visto seno invisvel e inteligivelmente, de modo que para ser visto exige ser visto alm do que visto. Nisso consiste o cume da contemplao, como se a mente ingressasse e visse que todos os diversos entes no so outra coisa que modos de comparecncia do poder mesmo (AT 9). Essa viso suprema, no entanto, no se caracteriza por um mtodo ou mesmo por uma disposio alheia ao ser do homem, seno que consiste na sua plena realizao. Nisso reside a fora do nome que o Cusano prope, pois a partir da sua prpria experincia conjetural que o homem pode alcanar seu desejo mais prprio. Assim como um garoto descobre que o peso de uma pedra excede a sua capacidade de transport-la, assim tambm a mente que a tudo compreende v que h algo que supera sua capacidade. Nesse poder ver da mente, que superior ao poder de sua compreenso, descobre-se o poder mesmo como sua origem. To-somente o poder mesmo, este que, que toda mente procura, o princpio do desejo da mente, pois aquilo do qual nada pode ser anterior e o fim do mesmo desejo da mente, pois alm do poder mesmo nada pode ser desejado (AT 12). A fora do posse ipsum se impe de modo avassalador, mesmo a dvida sobre ele se desfaz, pois ela no faz seno pressup-lo. O dilogo conclui com uma breve aluso s doutrinas metafsicas anteriores, concedendo aos defensores da exclusividade do uno e aos do uno e do mltiplo uma mesma verdade, reforando, assim, a idia de que a metafsica cusana se resolve na dinmica realizao do poder mesmo em suas manifestaes.

Concluso: O inominado dos nomes como o sem-nome vindouro Com o exposto at aqui, o leitor certamente j poder ter feito suas prprias inferncias e descoberto as mltiplas interseces que relacionam Erigena e Nicolau. evidente que tal relao no permite esgotar-se com esta exposio. Procurou-se com esta anlise apresentar de que forma esses autores se depararam com a questo dos nomes divinos em consonncia com suas respectivas filosofias e com uma metafsica que exige uma interpretao dos nomes divinos pela qual deus, mundo e homem se entrelaam de tal forma que no se pensa um sem pensar os outros dois. Essa reciprocidade faz emergir do

pensamento desses autores um sentido que, ainda hoje, em tempos de incredulidade e da morte de deus, perdura com todo seu vigor. A todos os adjetivos de superabundncia que sempre caracterizaram deus, transformando-o em algo quase inimaginvel e, conseqentemente, como algo remoto da prpria existncia, Escoto Erigena e Nicolau de Cusa souberam antepor um sentido para a vida mesma. Seja como um nada por excelncia, seja pela abertura promovida pelo infinito, deus se mostra como o inominado e, ao mesmo tempo, como o que irrompe em cada possibilidade existente e, nesse sentido, o resgata o mundo como acontecimento divino. Como origem de todas as coisas, deus destina-se a si mesmo em toda a existncia e dota todas as coisas de um sentido divino, cabendo a cada um dos homens sua recepo e a elaborao criativa desse mesmo sentido. Como conjectura desse sentido, aceite-se que Ele o sem-nome vindouro.

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O CONCEITO DE NATUREZA EM ARISTTELES

Vagner Sassi* O presente artigo dispe-se a uma investigao acerca do conceito de natureza no pensamento de Aristteles1. Considerando que no h, entre os filsofos antigos e contemporneos, uma compreenso unvoca seja do pensamento de Aristteles seja do conceito de natureza que nele desenvolvido, cumpre ressaltar que se trata aqui apenas de uma dentre muitas investigaes possveis. No mbito de sua possibilidade, a presente investigao parte de uma das questes que mais nos toca hoje, haja vista que nos afeta a todos, a saber, a questo da tcnica. E por tcnica compreende-se aqui no apenas o domnio, a produo e o uso de ferramentas, aparelhos e mquinas em vista de um fim, mas antes um determinado modo de ver e descobrir o real e a prpria natureza. No se trata, portanto, de uma simples oposio entre natureza e tcnica, nem de um juzo a favor da preservao da natureza ou contra o desenvolvimento da tcnica em seu carter instrumental. O ponto de onde se parte o modo como a tcnica, em objetivando o real, obscurece seu sentido originrio, sentido este ainda presente no conceito de natureza desenvolvido por Aristteles. Nisso propriamente a relevncia da investigao acerca do conceito de natureza no pensamento aristotlico para a presente reflexo: o aceno para um possvel modo de compreenso que no o dominante desde h muito tempo no Ocidente e que se fundamenta na oposio entre natureza e razo, natureza e graa, natureza e arte, natureza e histria, natureza e esprito etc. Nesse sentido, articulam-se aqui dois momentos. O primeiro diz respeito a uma abordagem acerca da questo da tcnica tal como apresentada por Martin Heidegger2, em sua relao intrnseca com o pensamento metafsico. J o
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Doutorando em Filosofia na PUC-RS e professor de Histria da Filosofia Antiga e tica no Centro Universitrio Franciscano do Paran.
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Aristteles, filsofo grego, nasceu no primeiro ano da XCIX Olimpada, isto , 384/383 a.C. na cidade de Estagira (Macednia). Em 367/366 a.C. seguiu para Atenas onde ingressou na Academia. Aps a morte de Plato, ocorrida em 347 a.C., Aristteles transferiu-se para a sia Menor, foi designado para educar Alexandre e, retornando a Atenas em 335/334, fundou sua prpria escola, o Perpato. Faleceu em Clcis por volta do ano 322 a.C. Martin Heidegger, filsofo alemo, nasceu em 1889 na cidade de Messkirch. Aluno de Husserl, desenvolveu o mtodo fenomenolgico e lecionou nas universidades de Marburg e de Freiburg-im-

segundo atm-se propriamente ao conceito de natureza tal como desenvolvido por Aristteles e pelos pensadores gregos que o antecederam. A considerarmos a relevncia tanto da questo da tcnica como do pensamento aristotlico, a presente investigao, nas trilhas de uma apropriao originria da tradio filosfica, se encaminha dentro de uma leitura possvel da filosofia aristotlica da natureza. Em outras palavras, uma possvel resposta ao desafio de se pensar a partir da origem na poca contempornea.

1 O pensamento metafsico e o conceito de natureza 1.1 A tcnica enquanto metafsica Vivemos na poca da tcnica. A tcnica hoje no diz apenas do que produzido pelo homem artesanal ou industrialmente, mas fala antes do modo como a figura do trabalhador mobiliza o mundo (JNGER, 2002, p. 191). Na poca atual, o trabalho alcana status metafsico de objetificao incondicional de tudo o que existe e que se essencia como vontade, mais precisamente como vontade de vontade. Tal expresso nos remete ao horizonte da filosofia de Nietzsche enquanto vontade de poder, isto , ao fim da filosofia entendida como metafsica. Nesse sentido, a tcnica a ltima imagem da metafsica enquanto histria do esquecimento do sentido do ser, e qui sua culminao: esquecimento do esquecimento.
Em sua essncia a filosofia to originariamente ocidental que carrega dentro de si o fundamento da histria do Ocidente. E unicamente desse fundamento que nasce a tcnica. S existe uma tcnica ocidental. Ela a conseqncia da filosofia e nada alm disso (HEIDEGGER, 1998, p. 3).

Isso significa que, no fim da metafsica, o ser do ente no seu todo marcado pela tcnica. Em outras palavras, ser algo significa ser produto. Nesse contexto, existir no mais significa deixar ser, mas antes querer dominar e controlar: vontade de poder. E a vontade de poder no quer nada seno mais poder. S que, se por um lado, um tal processo de objetificao tcnica do ente no seu todo, fundado na vontade de poder, condio de progresso, por outro lado, ele aparece como fonte de perigos. A tcnica, ento, se revela como o perigo extremo do ser humano: ela se manifesta em que tudo quanto mundo, inclusive o prprio homem, venha a ser produzido tecnicamente.

Breisgau. Em 1927, publicou Ser e Tempo, obra que se tornou referncia no pensamento contemporneo. Orientou seu pensamento em direo a uma superao da metafsica, procedendo a uma releitura de toda a tradio filosfica. Faleceu em 1976.

O homem a matria-prima mais importante porque permanece o sujeito de todo e qualquer uso e abuso [...] Na era em que apenas o poder tem poder, isto , na era da afluncia incondicional dos entes ao abuso do consumo, o mundo torna-se semmundo na mesma medida em que o ser ainda vige, embora sem vigor prprio (HEIDEGGER, 2001, p. 80).

Os produtos da tcnica aparecem, ento, como desumanizados porque desmundanizados: o mundo j no munda. Um perfume, por exemplo, j no mais perfuma, mas tomado unicamente como objeto, instrumento de conquista e dominao do outro. Esquece-se com isso o que seja propriamente perfume. Em outras palavras, perde-se o sentido do seu ser. Esse esquecimento do sentido do ser, que est na origem da tcnica e que j no mais produzido pelo homem, ameaa, assim, a prpria essncia do ser humano. Dos produtos da tcnica, que j no so sequer coisas, no faz mais sentido falar de nascer ou morrer. E o homem, tomado unicamente em vista da dominao e do controle, se torna to produto quanto as batatas na agricultura moderna. Diante do exposto torna-se necessrio, segundo Heidegger, ultrapassar a metafsica mediante o retorno a um modo anterior quele que se iniciou com a tcnica. Mas se a tcnica a fase terminal da histria do ser, onde sua fase inaugural? Se a poca da tcnica o esquecimento do esquecimento, onde propriamente o incio do esquecimento? Em outras palavras, onde o incio da metafsica? Metafsica se diz, em grego, met t physik. Na tradio filosfica, denominou-se Metafsica um conjunto de escritos de Aristteles, ainda que, mais propriamente, o pensamento metafsico tenha sua origem com Plato e o platonismo. Cumpre, alm disso, observar que a expresso grega met t physik no ocorre em nenhum dos escritos de autoria de Aristteles. A mais antiga referncia que temos a met t physik remonta a Nicolau de Damasco, que viveu no sculo I a.C. e escreveu uma obra intitulada Acerca da filosofia de Aristteles, esta considerada a primeira apresentao sistemtica do pensamento de Aristteles. Como, a partir dele, a expresso ocorre constantemente, atribui-se sua origem ao trabalho de Andrnico de Rodes (REALE, 2001, p. 37). Desde a morte de Teofrasto, sucessor de Aristteles na direo do Perpatos, os escritos do Estagirita permaneceram ocultos na sia Menor e s foram descobertos entre os anos 80 e 20 a.C, quando Andrnico de Rodes procedeu sua sistematizao e publicao. Nesta, a expresso Metaphysica designava apenas os tratados inseridos depois (met) daqueles da Physika (phsis, t physik), e que Aristteles denominava filosofia primeira (prte philosopha). Filosofia se diz em grego: phila to sopho, isto , amor ou amizade da sabedoria enquanto t sophn. E o que seja propriamente t sophn, isto , aquilo que

anterior filosofia, quem o afirmou por primeiro foi provavelmente o pr-socrtico Herclito de feso, a saber, que o uno tudo hn pnta (DIELS, 1960, p. 342). Assim, a transformao de t sophn em phila to sopho marca o incio da metafsica, o esquecimento do ser que caracteriza o Ocidente como ocidente e que desemboca hoje na tcnica. E se somente o retorno ao incio da metafsica pode preparar o advento de um novo modo distinto daquele que culmina com a tcnica, ento se torna necessrio o retorno a Herclito, passando por Aristteles. Em seu escrito Sobre a essncia e o conceito de Phsis: Aristteles, Physika B 1, Heidegger narra as tentativas de Aristteles de apreender a essncia da natureza que, na poca da tcnica, est completamente ofuscada e caiu em total esquecimento. luz dessa obra, possvel se aclarar o conceito aristotlico de natureza enquanto phsis, reconduzindo-o quele modo originrio tal como nomeado por Herclito.

1.2 A Metaphysica e a Physika Palavra fundamental do pensamento grego, phsis foi traduzida pelos romanos como natura. O carter fundamental dessa palavra se mostra em que, no Ocidente, ela sempre nomeou as relaes essenciais do homem com esse ente que ele e no . De fato, a palavra natureza sempre esteve presente em cada diferente poca da histria ocidental, ainda que determinada de diferentes maneiras. No obstante essas diferenas, a palavra natureza sempre diz de uma interpretao do ente no seu todo. Ela no faz referncia unicamente ao ser do homem, mas ao Ser entendido como totalidade. Por esta razo, natureza se converte na palavra para o Ser, pois este anterior a todos os entes, os quais se limitam a receber emprestado dele aquilo que so (HEIDEGGER, 1983, p. 241). Portanto, compreendida a modo grego e originrio de phsis, a natureza diz sempre respeito a Ser. Apenas em uma abordagem posterior ou derivada, natureza refere-se a um ente em particular ou a uma determinada regio de entes como, por exemplo, os entes naturais em oposio queles culturais ou espirituais. Nesse sentido, a palavra natureza est presente naquela investigao que, desde o seu incio com os gregos, o Ocidente faz sobre o Ser, a saber, a Metaphysica. O que metafsica? Metafsica aquele saber no qual a humanidade histrica ocidental guarda a verdade sobre as referncias ao ente no seu todo, assim como a verdade sobre o prprio ente (HEIDEGGER, 1983, p. 242).

Mas a palavra natureza est presente no s na Metaphysica, mas tambm em um outro conjunto de escritos de Aristteles denominado Physik Akrasis, a saber, audio sobre a phsis. Neste escrito, que foi traduzido pelos romanos simplesmente como Physica, Aristteles, partindo de uma interpretao da phsis, faz vrias tentativas de captar o que seja propriamente a essncia da natureza. Da que os tratados de Aristteles reunidos sob o ttulo de Physik Akrasis nada tm a ver com a Fsica moderna. Ainda no existe propriamente cincia fsica na Grcia, ao menos no como se a entende hoje. Pois a Fsica s pode existir como cincia moderna desde o tempo em que o homem determinado como sujeito, o que s acontece tardiamente no sculo XVI. A Physica de Aristteles, portanto, significa to-somente a tentativa empreendida por Aristteles de escutar aquilo que Herclito nomeou como natureza (phsis), a saber, o que a partir de si mesmo surge para o aberto e o livre e que, nesse surgimento, permanece e aparece, doando-se para o livre no aparecimento, embora sempre siga uma regra (HEIDEGGER, 1998, p. 39). Assim, no propriamente em Aristteles que se encontra o mais alto esboo pensante da essncia da natureza (phsis), uma vez que este se conserva nas sentenas de Herclito, Parmnides e Anaximandro. Mas, por outro lado, em Aristteles que encontramos uma ressonncia do grande incio da filosofia grega e do primeiro incio da filosofia ocidental (HEIDEGGER, 1983, p. 300). Nisso a importncia e a necessidade de se retornar a Aristteles e sua Physik Akrasis. Porque a Fsica aristotlica o livro fundamental da filosofia ocidental, um livro indecifrado e que, por isso, nunca foi pensado de maneira suficiente e profunda (HEIDEGGER, 1983, p. 242).

2 O conceito de natureza na Physik Akrasis 2.1 A essncia da natureza (phsis) enquanto forma (morph) Segundo o prprio Aristteles, a sua investigao acerca da natureza tem o carter de epagog. Esta palavra grega geralmente traduzida por induo, e interpretada como o mtodo que, observando entidades singulares e fatos particulares, classifica-os em vista de um elemento comum e universal. Contudo, uma tal compreenso, prpria da cincia moderna, originariamente nada tem de grego. Em Aristteles, epagog tem um sentido diferente daquele de induo. Isso porque ele no olha para o ente, nem comum nem individual, mas sim para o Ser. Assim sendo, epagog significa antes ver e fazer visvel aquilo que est na mirada (HEIDEGGER, 1983, p. 244), como, por exemplo, a arvoridade da rvore.

Ora, aquilo que rege toda rvore como rvore, no , em si mesmo, um ente, a saber, uma rvore que se pode encontrar entre as rvores. Nesse sentido, podemos dizer que a concepo aristotlica da natureza enquanto phsis ontolgica e no ntica. O conceito de natureza em Aristteles se move em termos no de uma causalidade epistemolgica no modelo de causa-efeito, mas antes em termos de causa originria (aita) e, mais propriamente, da considerao do princpio (arch).
Dos entes (no seu todo), alguns procedem da natureza (phsis), enquanto outros procedem de outras causas (aitai); porm da natureza (phsis) procedem, como dissemos, tanto os animais como seus membros, assim como as plantas e os elementos simples dos corpos como terra, fogo, ar e gua (ARISTTELES, 1995, p. 59).

A natureza enquanto phsis , portanto, causa originria. E isso precisamente porque todos os entes que procedem da natureza tm em si mesmos o princpio de mobilidade e de repouso (ARISTTELES, 1995, p. 60). Cumpre ressaltar que, no pensamento de Aristteles, o conceito de natureza est sempre associado ao de mobilidade (knesis) e de mudana (metabol). De fato, nos tratados de sua Physik Akrasis, Aristteles nomeia a prpria natureza como princpio de mobilidade do que se move por si mesmo.
A phsis arch, a saber, partida para e disposio sobre a mobilidade e o repouso, e precisamente de algo que se move e que tem esse arch nele mesmo (HEIDEGGER, 1983, p. 247).

E, seguindo Aristteles, pode-se completar uma tal clarificao do conceito de natureza, observando que natureza no somente princpio (arch), mas tambm essencialmente forma .
Em um sentido, portanto, natureza (phsis) se diz deste modo: a matria (hle) que subjaz de antemo aos entes que tm em si mesmos o princpio de mobilidade e de mudana. Em outro sentido, porm, natureza a forma (morph) e o aspecto (edos) que se mostra quando se a interpela (ARISTTELES, 1995, p. 63).

A palavra grega morph geralmente traduzida por forma. Ainda que cientificamente correta, esta traduo se presta a concepes errneas, sobretudo quando se considera forma em oposio a matria. Em sua investigao, contudo, Aristteles claro ao apontar que forma deve ser entendida essencialmente como aspecto . Tal afirmao nos provoca a uma outra compreenso de forma e aspecto que no aquela metafsica compreendida a partir de oposies. Sendo assim,
edos significa o aspecto de uma coisa e de um ente como tal, mas o aspecto enquanto a perspectiva, a viso, vista, ida, que oferece e s pode oferecer

porque o ente se expe sob esse aspecto e, estando ali, se apresenta, quer dizer, (HEIDEGGER, 1983, p. 275).

Tal associao indicada pelo prprio Aristteles entre aspecto e forma nos leva a conceber esta ltima no mais como uma propriedade como que sobrenatural presente na matria, mas antes como uma tomada de forma no apresentar-se. Uma tomada de forma que se d tanto a modo de presenciao como a modo de mobilidade (knesis). Nesse sentido, a presenciao est ligada a visibilidade, isto que garantido pela forma. Tais consideraes possibilitam uma compreenso da natureza a partir do que os gregos indicavam com a palavra altheia. Esta palavra fundamental grega, ainda que traduzida pelos romanos simplesmente como verdade (veritas), guarda um significado de desvelamento e desencobrimento, possibilitando, assim, uma leitura altica (desvelante) da natureza. A presenciao diz do modo fundamental de mobilidade que vai da ausncia para a presena, e que implica em surgimento, emergncia, presentao, mostrao; permitindo assim a manifestao de algo que estava oculto e ausente. Uma tal compreenso acentua justamente o carter emergencial dos entes, tanto no sentido de aflorar como de florescer.
Na atualidade, temos que conseguir duas coisas: nos livrarmos da opinio de que o movimento antes de tudo uma mudana de lugar, e chegar a entender que para os gregos o movimento, na sua qualidade de modo de ser, tem o carter de vinda presena (Heidegger, 1983, p. 249).

Ora, uma tal compreenso da natureza como surgimento e emergncia justamente o que nos oferece o carter fundamental que a distingue essencialmente da tcnica. Esta distino corta, por assim dizer, pela raiz qualquer possibilidade de interpretao do movimento da natureza como produo, uma vez que esta sempre pressupe um princpio externo como causa de mobilidade e mudana. E, mais do que isso, a compreenso da natureza como surgimento e emergncia nos oferece a possibilidade que permite o ultrapassamento da tcnica, uma vez que instaura uma estncia originria (ousa) que permite s coisas ser e se mostrar como so, totalmente fora da dominao e do controle prprios da poca da tcnica. Em outras palavras, um espao extremamente importante onde nada ainda agenciado, padronizado ou transformado em produto.

2.2 A essncia da natureza (phsis) enquanto ausncia (stresis) Numa primeira abordagem, observou-se como, a partir da considerao de sua essncia como essncia, enquanto forma, a natureza encontra o seu sentido no

surgir e no presentar-se, isto , em colocar-se na presena de e tornar-se visvel. Nesse sentido, natureza essencialmente manifestao. Observou-se tambm como esta afirmao permite a Heidegger uma leitura altica da natureza. S que, no pensamento de Aristteles, pertence verdade (altheia) da natureza no apenas o elemento de manifestao, mas igualmente um elemento de velamento (lte). A partir disso, em se tratando da essncia da natureza, torna-se necessria agora a investigao a respeito do local onde possvel se vislumbrar esse momento velado (ltico).
A natureza (phsis) certamente forma (morph). Porm, a forma (morph) e a natureza (phsis) se dizem de dois modos, pois tambm a ausncia (stresis) , em certo sentido, aspecto (edos) (ARISTTELES, 1995, p. 65).

A palavra grega stresis geralmente traduzida como privao ou ausncia. Segundo essa traduo, ela sempre compreendida metafisicamente como o mero contrrio do estar a presente. S que, para Heidegger, a ausncia aristotlica enquanto ausentar-se (Abwesung) deve ser compreendida em direo ao seu presentar-se (Anwesung).
Stresis enquanto ausentar-se (Abwesung) no simplesmente estado de ausncia (Abwesenheit), mas antes presentar-se (Anwesung), a saber, de tal modo que nele propriamente se apresenta (anwest) o ausentar-se e no o que est ausente (HEIDEGGER, 1983, p. 297).

Se assim , ento a ausncia no significa originariamente carncia ou ausncia de algo que estava presente, mas antes diz respeito prpria constituio da presena. Tudo s pode faltar quando o prprio faltar se constitui igualmente ser, pois, como escreve Aristteles, tambm a ausncia um certo tipo de aspecto . Nesse sentido, o prprio poder estar ausente condio, a saber, um presentarse no qual precisamente se presenta o ausentar-se. Nisso verificamos, ento, que a mobilidade (knesis) ela mesma j sempre possui em si mesma um elemento de ausncia, estertico, privativo, qui correspondente ao que se denomina alfa privativo da palavra grega altheia. Por esta razo, Aristteles afirma que na ausncia se oculta a essncia da natureza. E justamente nessa afirmao se estabelece uma ponte entre Aristteles e Herclito de feso, o pensador que fala desde o grande incio da filosofia grega e no primeiro incio da filosofia ocidental. Mas o que diz Herclito acerca da natureza pensada assim inicialmente? Em um dos fragmentos de suas sentenas, mais precisamente o de nmero 123 na edio organizada por Hermann Diels, Herclito de feso diz: phsis phlei krptesthai (DIELS, 1960, p. 462). Quando de sua traduo para a lngua portuguesa, alternam-se duas possibilidades: a natureza ama ocultar-se e surgimento tende ao encobrimento.

A sentena de Herclito nos fala a partir da natureza (phsis) originria, a saber, a phsis enquanto acontecncia do Ser. Ela anterior a qualquer investigao objetivante, de modo que a natureza descrita por Aristteles como ser do ente apenas como que uma dbil ressonncia. E sua anterioridade consiste justamente nisso, que ela tende ao encobrimento (krptesthai phlei).
O encobrir-se (Sichverbengen) pertence pr-dileo do Ser, isto , faz parte daquilo no qual ele fixa a sua essncia. E a essncia do Ser descobrir-se (entbergen), abrir-se (aufzugehen), vir luz para dentro do no-oculto phsis (HEIDEGGER, 1983, p. 300).

Herclito fala do auto-ocultamento originrio da natureza , o como que abismo a partir do qual ela surge. Enquanto elemento constitutivo, um tal auto-ocultamento no nunca superado, mas encontra-se sempre resguardado, uma vez que ele prprio guarda e protege tudo quanto surge, vem luz e aparece no seu sentido.
Por isso, no se trata de superar o krptesthai da phsis e de elimin-lo, mas antes o que cumpre fazer muito mais difcil: deixar ser krptesthai enquanto pertencente phsis e em toda sua essencialidade. Ser o desencobrir que se encobre: phsis em um sentido inicial (HEIDEGGER, 1983, p. 301).

Assim, a natureza pensada originariamente por Herclito, anterior qualquer metafsica, fala do descobrir-se encoberto. Nesse evento recebe fora e sentido a investigao aristotlica acerca da natureza , em sua dupla articulao de forma e ausncia . E nesse acontecimento a filosofia enquanto phila to sopho reconduzida unidade do t sophn. Torna-se, portanto, sem sentido buscar, no conceito de natureza em Aristteles, a compreenso da verdade da natureza. Pois verdade enquanto altheia j no fala de um carter epistemolgico, como daquilo que pode ser conhecido pelo homem, mas antes diz do Ser ele mesmo onde, originariamente, natureza verdade (altheia). Referncias ARISTTELES. Metafsica. Texto greco a fronte. Trad. Giovanni Reale. Milano: Rusconi Libri, 1993. ARISTTELES. Fisica. Texto greco a fronte. Trad. Luigi Ruggiu. Milano: Rusconi Libri, 1995. BITTAR, Eduardo C. Curso de filosofia aristotlica: leitura e interpretao do pensamento aristotlico. So Paulo: Manole, 2003. DIELS, Hermann. Die Fragmente der Vorsokratiker: griechisch und deutsch. 10. ed. Berlin: Weidmannsche, 1960.

HEIDEGGER, Martin. Vom Wesen und Begriff der : Aristteles Physik B I. In: Wegmarken 1919-1961). Gesamtausgabe Band 9. Frankfurt am Main: Vittorio Klostermann, 1983. HEIDEGGER, Martin. Herclito: a origem do pensamento ocidental. Lgica: a doutrina heracltica do logos. Rio de Janeiro: Relume Dumar, 1998. HEIDEGGER, Martin. Ensaios e conferncias. Petrpolis: Vozes, 2001. JNGER, Ernst. A mobilizao total, in: Revista Natureza Humana, v. 4, n. 1, 2002, pp. 189-216. LOPARIC, Zeljko. Heidegger. Rio de Janeiro: Jorge Zahar Editores. 2004. (Col. Passo a passo). REALE, Giovanni. Introduo a Aristteles. Trad. Artur Moro. Lisboa: Edies 70, 2001.

A IMAGEM DE NATUREZA E O PROJETO FSICO-MATEMTICO DA CINCIA MODERNA


Jairo Ferrandin* Os tempos modernos se iniciam com uma profunda mudana no conceito de natureza, resultante do aparecimento histrico da cincia moderna, principalmente com Galileu, no sculo XVII. A nova cincia desenvolveu novo procedimento e permitiu que o investigador penetrasse nos processos naturais, isolando-os e descrevendo-os individual e matematicamente, fornecendo uma explicao. Com o auxlio do experimento, tais processos puderam ser objetivamente observados e compreendidos em suas regularidades; as relaes matemticas descobertas foram recolhidas em leis, vlidas universal e incondicionalmente. o instante em que progressivamente ultrapassaram-se os domnios do conhecimento da experincia cotidiana imediata, e se adentra em campos desconhecidos da natureza, acessveis e explicveis unicamente pela cincia moderna. Surge, assim, o ideal de explicao objetiva da natureza, decorrente justamente da nova concepo de saber. a cincia moderna, portanto, que forja a nova imagem de natureza e permite ao homem assumir nova postura no universo, radicalmente distinta das pocas anteriores, por originar-se de um princpio completamente diferente. Neste artigo, procuramos apresentar esta nova imagem de natureza que, como afirmou-se, oriunda do saber cientifico moderno e seu modo prprio de conhecimento1.

1 A idia de natureza A onipresena da natureza enquanto conceito ou representao de algo que surge e se mostra desde si e a partir de si uma evidncia inquestionvel de um fato que no carece de demonstrao (CASSINI, 1987, p. 7). dessa forma que a compreenso humana universal se refere natureza. Entretanto, isso no significa que a noo de natureza seja unvoca em todos os tempos. Basta observar os diversos significados do termo. Seria ingnuo, portanto, atribuir ao termo natureza um contedo rigorosamente definido, com validade para todos os tempos, pois a diversidade de concepes do termo decorre das modificaes dos conhecimentos naturais. A palavra natureza, em geral, remete noo de

Doutorando em Filosofia pela Pontifcia Universidade Catlica de So Paulo. Professor na Universidade So Francisco em So Paulo.
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Este artigo foi extrado de parte da dissertao de mestrado do mesmo autor, defendida na UFRJ/IFCS sob o ttulo: A essncia da cincia moderna em Martin Heidegger: o projeto fsicomatemtico da moderna cincia da natureza, subjetividade e representao, no ano de 2005.

gerao, origem, nascimento2. Refere-se tambm, extensivamente, a fundamento, estrutura, persistncia, lei que regula o fenmeno ou a tudo aquilo a que se atribui um nascer, crescer, amadurecer e consumar-se em um ciclo vital. Em sentido lato, o conceito natureza pode ser estendido ao conjunto de indivduos vivos, espcies, sociedades humanas, corpos celestes, enfim, totalidade do mundo fsico. A experincia universal mostra que todas as coisas se modificam, isto , possuem movimento. O movimento pressuposto de fundo, o elemento comum de onde se parte para determinar o que natureza. A dificuldade , justamente, definir o que corpo, movimento e a relao entre ambos, razo pela qual possvel identificar diversas representaes da natureza ao longo da histria. Portanto, a especificidade da concepo de natureza nos tempos modernos depende essencialmente da concepo de movimento.

2 O movimento newtoniano dos corpos e a concepo moderna de natureza Newton representa o instante de mudana progressiva da concepo antiga de natureza, para a moderna. No incio da obra Philosophiae naturalis principia mathematica, onde apresenta os princpios da nova cincia, ele coloca o primeiro axioma que trata da lei do movimento3: Diz a lei:
Cada corpo permanece em seu estado de repouso ou no movimento uniforme em linha reta quando no e na medida em que no forado por forcas nele impressas a mudar do estado em que se encontra (HEIDEGGER, 2002, p. 85).

Esta lei conhecida como lei da inrcia (lex inertiae) ou tambm lei da persistncia, e pode ser considerada o marco decisivo da modificao da idia de natureza (HEIDEGGER, 2002, p. 85). Como poderemos observar, ela demonstra a posio de fundo especfica donde provm a nova atitude frente a natureza e remete a uma interpretao do movimento toda prpria, para a analise dos fenmenos naturais4. Vejamos as implicaes dessa lei:

Em grego emprega-se o termo phsis para dizer natureza. Deriva da raiz verbal phy, que significa crescer, surgir, e engloba a totalidade de tudo aquilo que brota por si, se abre e desabrocha, surge e se coloca em manifesto. Em latim, emprega-se o termo natura, do verbo nascere, natus. Apesar de ambos estarem ligados idia de gerao e nascimento, a univocidade de significado no est garantida. Cf. BORNHEIM (1972, p. 12), CASSINI (1987, p. 7).
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Esta obra foi publicada em 1686/87 e contm os primeiros princpios que fundamentam a moderna cincia da natureza.

Podemos afirmar que a diferena entre o antigo e o moderno reside no como do movimento; no como do corpo em movimento; no como do relacionamento do corpo e do movimento; no como da transformao e da mudana, portanto, no como do surgir, crescer e se consumar do ente. Cf. HEIDEGGER (2002, p. 87).

- O axioma newtoniano inicia com as palavras: corpus omne, todo corpo. Subentende-se que todos os entes so corpos. A noo corpo pode ser aplicada a tudo aquilo que possui densidade energtica, maior ou menor, reduzindo tudo idia de quantidade. Por conseguinte, forjada a imagem do universo como espao vazio, preenchido de coisas, isto , corpos indistintos entre si. Nota-se que, com isso, deixa de existir a diferenciao entre corpos celestes e terrestres, como domnios diferenciados, de acordo com a distino entre movimento circular perfeito (corpos celestes) e movimento imperfeito (corpos terrestres), segundo a representao aristotlica antiga. - Com o axioma, ocorre o desaparecimento do predomnio do movimento circular sobre o movimento em linha reta. Em outros termos: todos os movimentos so calculados e concebidos uniforme e univocamente, sendo o movimento em linha reta o decisivo. Com isso, desaparece a diferena entre os movimentos e a conseqente distino ontolgica dos diversos corpos da natureza, segundo o domnio e o tipo de movimento, conforme a representao antiga. - Desse modo, desaparece tambm a distino entre lugares determinados: diferentemente da concepo aristotlica segundo a qual cada corpo conforme sua natureza tende a ocupar o seu lugar, o axioma newtoniano diz que o corpo pode estar em qualquer lugar. Ocorre uma mudana no conceito de lugar. Lugar no mais o onde, a instncia qual o corpo pertence, de acordo com sua natureza interna. O lugar ou situao relativo a cada caso e a situaes quaisquer. - Muda a idia de durao: uma vez fundado e determinado o movimento, no mais se pergunta pela durao do mesmo e, simultaneamente, pela sua origem permanente. A mobilidade das coisas algo pressuposto5. Coloca-se apenas a pergunta pelas causas das modificaes de um estado de movimento, uniformemente pressuposto em linha reta6. Por exemplo, para determinar o movimento uniforme, tanto da terra quanto da lua, o fundamento no e o carter perfeito do movimento circular em sentido aristotlico antigo, mas deve-se agora procurar um novo fundamento. Em outros termos: segundo a lei da persistncia, o corpo lunar deveria prosseguir em linha reta em cada ponto de sua rbita, isto , na tangente. Mas, por que o desvio? Pelo fato de o movimento circular no ser mais o fundamento fundante e sim justamente o contrrio: deve ser fundado7.
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Cada coisa se move de forma pressuposta. Na compreenso e representao da criao divina do mundo, Deus no mais experimentado como presena. Ele criou o mundo e este se mantm por si s. Deus permanece fora dele. Entende-se sua atuao no mundo como interferncia nas leis j estabelecidas. O estado de repouso compreendido como inrcia do movimento o qual uniformemente dirigido numa reta. Para acelerar ou fazer curva necessrio outro movimento. Diz Heidegger: Sabemos que Newton chegou a uma nova resposta, na medida em que ele equiparou a fora, de acordo com a qual o corpo cai, que mantm os corpos celestes na sua trajetria, a fora da gravidade. Newton comparou o desvio centrpeto da lua em relao

- Ainda com relao aos movimentos propriamente ditos, eles no so mais determinados de acordo com a natureza, isto , faculdades e foras diferentes, segundo os elementos dos corpos. O que ocorre em Newton, que a essncia da fora determina-se a partir da lei fundamental do movimento. Segundo a lei, cada corpo entregue a si mesmo se move uniformemente em linha reta. Disso decorre que fora aquilo que tem como conseqncia imprimir um desvio no movimento uniforme em linha reta8. Com este novo modo de determinar a fora, surge tambm um novo modo de determinar a massa. - Em correspondncia modificao do conceito de lugar, o movimento visto apenas como modificao da posio e relao com a posio, como afastamento do lugar. Por conseguinte, a determinao do movimento torna-se determinao das distncias, dos espaos, do que mensurvel e daquilo que possui tal e tal grandeza. O movimento determinado a partir da grandeza, quantidade e extenso. A massa determinada como peso. Significa dizer que o movimento corresponde ao deslocamento espacial. O ativo aquele que se move e o passivo o desprovido de movimento. - Desaparece tambm a distino entre movimento natural e antinatural, isto , o mover-se natural do corpo e o mover-se em funo de uma fora violenta. Para Aristteles, o movimento antinatural, forado ou violento, reside na fora que afeta o corpo. Este movimento no sucede aos corpos celestes, mas queles de movimento retilneo, no eternos, que estariam em repouso, caso no fossem perturbados. No entanto, devido ao movimento natural, o corpo movido por fora violenta, tende a afastar-se da mesma, e readquirir sua posio, uma vez que nenhum corpo tem fundamento no movimento forado, coagido ou violento. Com Newton, a violncia enquanto fora, somente a medida que diz respeito alterao do movimento, no possuindo nenhuma outra particularidade qualquer. O choque constitui-se apenas na forma particular da vis impressa, ao lado da presso e da fora centrpeta. Estas consideraes pontuadas acerca do axioma newtoniano, procuram demonstrar a modificao, isto , a nova concepo geral de natureza. Portanto, desde Newton, natureza deixa de ser princpio interno constitutivo do movimento de cada corpo viso aristotlica antiga , e se transforma na multiplicidade das relaes variveis de posio dos corpos, o modo como estes esto presentes no espao e tempo, os quais, enquanto domnios de possveis ordens de colocaes e determinaes de ordem, no possuem em si nenhuma peculiaridade. Assim, tudo passa a ser compreendido a partir do fundo homogneo de referncia e ordenao, onde nenhuma coisa possui carter de destaque ou determinao
tangente da trajetria, durante um momento de tempo, com o espao de queda de um corpo sobre a superfcie da terra, durante o mesmo tempo; nesse procedimento, vemos imediatamente a referida supresso da diferena entre movimento terrestre e celeste e, por conseguinte, da diferena entre os corpos (HEIDEGGER (2002, p. 92).
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Vis impressa est actio in corpus exercita, ad mutandum eius statum vel quiescendi vel movendi uniformiter in directum. Principia, Def. IV. Apud: HEIDEGGER (2002, p. 92).

qualitativa. Esta , em linhas gerais, a imagem e concepo de fundo da natureza nos tempos modernos. O que tornou possvel esta mudana?

3 O matemtico e a determinao do saber cientfico moderno A modificao anteriormente descrita corresponde gnese da fundao histrica da cincia moderna. E na gnese desse novo saber encontra-se, de modo subjacente, o princpio, isto , o elemento de fundo desde onde se articula e se desdobra a objetividade possibilitadora da mudana de imagem da natureza. Este princpio o matemtico. Ele o que determina o saber cientfico moderno. Em que sentido, porm, o matemtico se torna o elemento essencial e decisivo da nova atitude do saber? Em uma de suas afirmaes Galileu diz:
A filosofia est escrita nesse grandssimo livro continuamente aberto diante de nossos olhos (refiro-me ao universo), mas no se pode entend-lo se antes no se aprende a lngua e no se conhece os caracteres nos quais est escrito. Ele est escrito em lngua matemtica, e os caracteres so tringulos, crculos e outras figuras geomtricas, sem os quais impossvel entender humanamente a sua palavra; sem eles como que errar inutilmente por um labirinto obscuro (Apud BORNHEIM, 2001, p. 71).

Como se pode observar, decisiva para Galileu a presena da matemtica na constituio da nova cincia moderna. Essa presena no simplesmente metodolgica, a modo de instrumento que proporciona segurana na investigao, garantia na realizao do ideal e na certeza do conhecimento exato. Pelo contrrio. Galileu est convencido de que a prpria estrutura do universo matemtica; o princpio matemtico determina a estrutura ltima da natureza. preciso, no entanto, compreender o sentido do termo matemtica empregado por Galileu, ou seja, o que e como o matemtico.

3.1 O matemtico Para compreender o matemtico no podemos nos deixar guiar pela acepo comum presente em seu uso convencional, a saber: o matemtico o que diz respeito disciplina cientfica chamada matemtica; matemtica uma cincia estudada nas faculdades de cincias naturais e trata do conhecimento dos nmeros, clculos e operaes desta ordem. Este o modo mais comum de entender o matemtico em nossa cultura. Apesar de bvia, essa compreenso no fornece praticamente nada de essencial do que especificamente o matemtico, por j classific-lo de acordo com a modalidade histrico-cultural da matemtica em sentido restrito. A disciplina matemtica corresponde apenas a

uma configurao possvel do matemtico, e insuficiente para compreender o matemtico em sentido original. Encontramos em Heidegger uma explicao do matemtico em sentido mais profundo, retornando gnese grega da palavra mthesis9.

3.2 O matemtico como mthesis Etimologicamente, matemtico refere-se s palavras gregas mthesis, Examinando o modo pelo qual os gregos manthnein, t mathmata10. experimentavam, isto , desde onde registravam o sentido destes termos e em relao a que eram empregados, torna-se possvel um entendimento maior, que vem a ser: t mathmata, mthesis e manthnein. Isso aparece nas distines feitas aos entes: a) t physik: compreendiam com esse termo os entes enquanto coisas que surgem, eclodem, a partir de si mesmas. o ente no seu aparecer autnomo, de desenvolvimento independente de qualquer outro que no de si mesmo. a autonomia do impor-se por si prprio, representado pelo verbo phein, donde vem phsis, o crescer, surgir, impor-se desde si e a partir de si. Tanto real o que faz com que algo se realize quanto aquilo que realidade e se mostra como tal; b) t poiomena: diz respeito s coisas enquanto resultado da ao humana. a produo, a manufatura dos produtos que esto ao nosso redor e que no existiriam caso no houvesse o fazer do homem. Os gregos diferenciam entre o fazer humano e o da physis. Porm, o fazer humano s possvel no vigor da physis; c) t krmata: so as coisas enquanto esto continuamente em uso ou disposio do uso. Elas podem ser tanto t physik como t poiomena, contanto que estejam para o uso, emprego, utilizao; d) t prgmata: so as coisas enquanto tais, com as quais estabelecemos relao, sejam elaboraes ou referncias prxis. O termo prxis no significa aplicao prtica, realizao de uma idia. Significa agir, perfazer, realizar. Diferentemente do poiin, donde vem poiomena, o fazer de prxis no uma simples execuo, fabricao, produo, mas sim: ao fazer isso ou aquilo,

Seguimos praticamente a exposio heideggeriana do assunto, presente em sua obra Que uma coisa?
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Assim, t mathmata so as coisas que podem ser aprendidas e, ao mesmo tempo, ensinadas; manthnein o verbo que significa aprender; mthesis o substantivo que significa o ensino, a ao e o desejo de buscar o ensinamento e de aprender aquilo que se ensina. Mathematiks o homem disposto a aprender, suscetvel de receber instrues. Os verbos, aprender e ensinar esto intimamente ligados ao verbo manthnein.

desencadear um processo de tornar-se, de nascer, crescer e consumar-se, no vira-ser, na realizao desse processo. o fazer e perfazer-se que se torna obra. Assim, na realizao prtica, na medida desta ao, criao e produo, se cresce no prprio ser, conhecendo e se conhecendo. Em outros termos, aprendendo. Estas diferenciaes referidas aos entes demonstram que t mathmata so as coisas, a realidade, na medida em que ou enquanto pressuposta, como condio da possibilidade de aprender e ensinar.

3.3 O conhecimento matemtico Tendo por base o que se disse acerca de mthesis, podemos agora caracterizar o conhecimento matemtico. A palavra mthesis implica uma relao possvel dentre muitas outras que o homem pode estabelecer com as coisas. Nem toda relao um aprendizado no sentido propriamente dito: existe a relao de arranjo e disposio das coisas, a de apropriao para o uso e utilidade etc. Como seria o relacionamento com as coisas em sentido matemtico? T mathmata indica o conhecimento segundo o qual tomamos as coisas na medida em que esse tomar o j ter a coisa em si mesmo, isto , j ter consigo a coisalidade da coisa.
T mathmata, o matemtico, aquele saber acerca das coisas que j conhecemos verdadeiramente, de modo antecipado; aquilo que, em conseqncia, no comeamos por ir buscar junto s coisas, mas que de certo modo levamos conosco at elas (HEIDEGGER, 2002, p. 80).

Desdobra-se em dois nveis: inicialmente refere-se ao conhecimento que disporse naquilo que a coisa exige para sua utilidade um utenslio, p. ex. , onde conhecer exercitar-se no domnio da funo, do manuseio, da utilidade especfica de tal coisa. Em sentido mais profundo, este saber atinge um nvel de prxis mais perfeito, e consiste no aprendizado da coisa ela mesma. Enquanto o conhecimento da lida, do uso e do manuseio permanece no nvel limitado e restrito da aplicao prtica, o saber da coisa ela mesma desvela diferentes nveis e extenses cada vez mais crescentes. Capta o processo de concreo da coisa em seu prprio ser. O ser de um ente algo que propriamente j se sabe. a priori, condio da possibilidade de todo lanar mo, tomar ou executar alguma coisa. Ns o carregamos de modo prvio, geral e indeterminadamente em toda e qualquer relao com as coisas. Pode ser denominado de saber operativo. Ao ser conduzido do nvel geral, operativo e indeterminado para o temtico e explcito, tomamos conhecimento deste saber prvio. Esta tomada de conhecimento

constitui-se na essncia do aprender que os gregos denominaram mthesis, isto , o matemtico, em sentido prprio, profundo e originrio11.

3.4 O matemtico e o saber dos nmeros Este conhecer matemtico, como antecipao, deixa-se apreender nos nmeros. no nmero que propriamente compreendemos porque ele, o nmero, qualquer coisa de matemtico. Acompanhemos esta descrio: se imaginarmos a presena de trs livros nossa frente, diremos: so trs! O que significa o nmero trs, entretanto, no nos proporcionado pelos livros como tais, tanto que podemos aplicar o mesmo nmero para outros objetos, como canetas, cadeiras, automveis ou qualquer outra coisa. A situao continua, no fundo, igual. Nada sobre aquilo que se diz trs diz o que propriamente o trs. O que ocorre justamente o inverso. Pelo fato de j se saber o que trs que ele pode ser aplicado a todas as coisas que desejamos contar: Assim, na medida em que conhecemos o nmero trs enquanto tal, tomamos expressamente de qualquer coisa um conhecimento que, de certo modo, j possumos (HEIDEGGER, 2002, p. 80). Uma vez que o nmero qualquer coisa que pode ser apreendida, apropriada, pode-se dizer que ele algo matemtico. Para compreender o nmero trs como algo matemtico, no se necessita das coisas. O que verdadeiramente isso, o trs? Na srie da contagem natural dos nmeros, o trs se encontra em terceiro lugar. O nmero trs somente existe porque o trs existe. O trs no o terceiro nmero, mas o primeiro, embora na contagem natural no venha em primeiro lugar12. De tudo aquilo que compe e integra o reino do matemtico, o nmero o mais empregado, o mais utilizado. De tudo aquilo que j temos em ns quando conhecemos, o mais comum o nmero. Por isso, a tendncia esgotar o matemtico pelo nmero e pela matemtica. No entanto, o reino do matemtico

O conhecimento de qualquer realidade pressupe, portanto, que se saiba de alguma forma o que e como . O que e como , a saber, o , o ser de alguma coisa, j se sabe por j se estar sendo. uma pr-compreenso que se possui enquanto existncia. O trazer fala, claridade com clarividncia e distino, a compreenso prvia do ser que j sempre somos em sendo, o conhecer da experincia do matemtico! a experincia do pensar.
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Assim explicita Heidegger: [...] um pedao de po e uma faca, um aqui e outra ali. Quando os tomamos ao mesmo tempo, dizemos ambos (diese beiden), um e o outro, e no estes dois (diese zwei), no 1+1. Quando, por exemplo, ao po e faca se acrescenta uma taa, e tomamos ao mesmo tempo aquilo que nos dado, dizemos todos; agora, tomamo-los como um todo, como um conjunto de muitos, como tantos e tantos. S a partir do terceiro, o um de h pouco se tornou o primeiro, e o outro de h pouco se tornou o segundo, apareceu o um e o dois; do e surgiu o mais, apareceu a possibilidade do lugar e da srie (2002, p. 81).

mais amplo que a matemtica. A essncia do matemtico no est no nmero; pelo contrrio, a essncia do nmero est no matemtico.

3.5 O matemtico: o que se ensina e se aprende Corresponde ao modo especfico do aprender matemtico um ensinar. Ensinar , inicialmente oferecer conhecimento, no sentido de ministrar informaes, contedos e doutrinas, para que seja absorvido. No entanto, o que oferecido no ensinar convencional apenas um incentivo para que aquele que recebe o conhecimento possa tom-lo por si mesmo, ou seja, captar o que j , o que sabe e o que j carrega consigo. Nesse sentido, o simples recebimento de dados e informaes construdas no corresponde ao processo dinmico de manthnein13, pois s se pode realmente experimentar aquilo que se recebe como sendo o que propriamente j se tem, sabe e . O homem aprende quando toma para si, certamente, no aquilo que lhe permanece totalmente estranho, mas o que em certo sentido j est nele, s pode tomar para si o que virtualmente j tem. Na realidade, existe verdadeiramente s um aprender, que a tomada e recepo do que se tem, j se ; o oferecer-se a si mesmo, o vir-a-ser si mesmo como autoevidenciao. Disso resulta que ensinar no outra coisa que deixar aprender. Quem verdadeiramente ensina diferencia-se de quem ensinado unicamente pelo fato de que ele pode captar melhor e mais propriamente o processo do aprender. Plato explora essa problemtica no seu dilogo Mnon, quando, a certa altura, referindo-se ao escravo que pode apreender por si s a demonstrao de um teorema matemtico, diz: Sem mestre, apenas atravs de interrogaes, ele saber e trar o conhecimento desde si mesmo (PLATO, 2001, n. 84, d 5) Quem assim ensina aprende muito mais com o seu ensinar14.

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O professor d ao aluno o que ele pode aprender desde si, o que o aluno em certo sentido j tem; o que o aluno recebe como algo que lhe totalmente estranho ou alheio, ele no aprende; s aprende quando experimenta o que ele toma como algo que j tem; s se verifica o aprendizado quando o aluno se d a si prprio no que aprende: ele aprende o aprendido como algo que lhe prprio, que dele, e porque dele pode realmente ser aprendido (BORNHEIM, 2001, p. 80). Ensinar mais difcil do que aprender. Isso a gente sabe muito bem; mas ponder-lo, raras vezes se faz. Por que ensinar mais difcil que aprender? No pelo fato de que quem ensina deve possuir a maior soma de conhecimentos e t-la a cada momento sua disposio. O ensinar mais difcil do que aprender, porque ensinar significa: deixar aprender. O professor, propriamente dito, no deixa aprender nada mais do que o aprender. Por isso, o seu agir desperta muitas vezes tambm a impresso de que com ele no se aprende propriamente nada, enquanto a gente imperceptivelmente entende por aprender somente a angariao de conhecimentos teis. O professor est frente dos alunos aprendizes apenas nisso, que ele, ainda muito mais do que eles, tem que aprender, a saber: o deixar aprender. O professor deve poder ser muito mais ensinvel do que os alunos. Ele muito menos seguro da sua coisa do que os alunos o so da sua. Por isso, no

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3.6 O matemtico como a priori Enfim, o matemtico conhecimento a priori. Sendo o matemtico aquilo que j se sabe no conhecer das coisas, no realidade abstrada, extrada da realidade, fora do sujeito que conhece. De certo modo, o matemtico a priori ao prprio sujeito, j est sempre presente na vida humana no simples fato de ser. Ele se caracteriza por ser aquela abertura das coisas, nas coisas, dentro da qual ns sempre nos movemos e somos: ns vivemos nesse aberto das coisas, e por isso podemos aprend-las enquanto coisas e tom-las para ns. Assim, o matemtico torna-se aquele comportamento em relao s coisas pelo qual ns as tomamos a ns, mas em funo daquilo que j tempos em ns. A partir do matemtico, as coisas j nos so desde sempre sabidas: trata-se do pressuposto fundamental do nosso conhecimento na medida em que compreendemos o homem como ser-nomundo (BORNHEIM, 2001, p. 81).15 Desse modo, para o saber apriorstico matemtico, nada vem de fora, mas tudo, por assim dizer, se desdobra e explica desde dentro. a partir do a priori matemtico que, na era moderna, principalmente nas cincias naturais, aparece o matemtico enquanto clculo, medida e nmeros. A concreo do matemtico na modernidade aparece na prpria disciplina chamada matemtica. Nmero, clculo, medio, medida, no so algo presente nos entes e sim, de certo modo, algo trazido a eles aprioristicamente pelo sujeito que conhece, junto de si e a partir de si. O resultado disso o que se tem depositado, lanado por antecipao por sobre a coisa, conforme pode ser observado em Galileu Galilei e seu procedimento exemplar.

4 Galileu e a essncia do projeto fsico-matemtico da cincia moderna Procuramos identificar agora como a estrutura do saber matemtico se torna algo determinante para a cincia moderna.

relacionamento de professor e alunos, quando verdadeiro, jamais entram em jogo a autoridade de quem sabe muito e a influncia autoritativa do autoritrio de quem foi incumbido da misso. Assim, permanece uma causa sublime, ser quem ensina, o que totalmente diferente de ser famoso como docente (HEIDEGGER, 1961, p. 50).
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Na medida em que se dinamiza esse processo de aprender, como apropriar-se do que j se e previamente se sabe, e se o conduz at profundidade mais abissal que se abre em ns, ento est sendo atualizada a clebre frase do Orculo de Delfos: Conhece-te a ti mesmo. por isso que no portal da academia de Plato estava escrito: Ningum que no tenha captado o matemtico, jamais tenha entrado aqui. Ningum ageomtrico jamais entre. A frase de Plato no significa que algum deva ser versado nas cincias matemticas, no caso, na geometria, mas que compreenda que as condies de fundo, para o poder saber adequado e para o saber so o saber dos pressupostos fundamentais de todo o saber e da atitude suportada por tal saber.

Vimos que o primeiro princpio newtoniano falava de um corpo: Corpus quod a viribus impressis non cogitur, um corpo entregue a si mesmo. Qual , porm, o lugar onde tal corpo pode ser encontrado? O corpo do qual fala Galileu de difcil determinao. A rigor, no existe em lugar nenhum, isto , difcil identificar uma experincia concreta que no-lo traga intuio. Ele tambm no existe em si mesmo. E, contudo, a cincia moderna afirma fundar-se na experincia, com o intuito de diferenciar seu saber do saber representativo dos antigos e medievais. Qual , porm, a experincia de fundo da cincia moderna? De que ordem esta experincia, uma vez que no podemos encontrar no cotidiano a experincia da qual fala Galileu? O que ocorre que a cincia moderna tem o princpio matemtico como ponto de partida, e este exige nova representao de fundo de todas as coisas, conforme poderemos acompanhar na demonstrao do experimento galileano da queda dos corpos.16

4.1 Galileu e a queda dos corpos suficientemente conhecido o experimento da queda dos corpos realizado por Galileu na Torre de Pisa. Na ocasio, ficou demonstrado que o princpio da persistncia e o conceito de corpo no eram to bvios assim. decisivo nesta experincia enfatizar o elemento a priori que ali est em jogo. De acordo com a representao aristotlica, os corpos movimentam-se sempre segundo a sua natureza; os pesados para baixo e os leves para cima. Ao carem juntos, os corpos pesados caem mais depressa do que os leves, dado que os leves tm a tendncia de se moverem para cima. Galileu, no entanto, obteve o conhecimento decisivo de que todos os corpos caem mesma velocidade, e que a diferena dos tempos de queda resulta somente da resistncia da atmosfera, e no da diferena segundo a natureza. Galileu apoiou sua afirmao projetada e idealizada na queda dos corpos. Nela, diferentes corpos, com pesos variados, no caram exatamente ao mesmo tempo, mas com pequenas diferenas. Apensar das diferenas e, portanto, contra a prpria evidncia do experimento, manteve sua afirmao17.

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Segundo Heidegger, precisamente nesta pretenso que reside o matemtico das cincias modernas, que consiste no estabelecimento de uma determinao da coisa que no resulta da prpria coisa, a partir da experincia, e que, ao mesmo tempo, subjaz a toda determinao da coisa, possibilita-a e lhe cria, pela primeira vez, um espao (HEIDEGGER, 2002, p. 94).

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As testemunhas da experincia, porm, com razo, ficaram perplexos com a afirmao de Galileu e, por conta disso, ativeram-se ainda mais obstinadamente ao antigo ponto de vista. Em funo disso, a oposio Galileu agravou-se ainda mais, a tal ponto que s lhe restou abandonar o cargo de professor e deixar a cidade.

O que estaria em jogo na experincia da queda dos corpos? Por que a oposio a Galileu por parte dos que estiveram presentes? Na verdade, tanto Galileu quando seus opositores observaram o mesmo fato; este, porm, pde ser contemplado de modo diverso e diferentemente interpretado. O modo de ver o ente na sua totalidade era diferenciado. Significa dizer que o mesmo acontecimento foi visto de duas maneiras distintas, nem certas nem erradas em si mesmas. O que apareceu a cada um como fato autntico e verdadeiro, porm de um modo completamente diferente. O conflito no reside, ento, na experincia, mas no modo de ver. Os fatos no so meros fatos. So previamente encontrados, isto , atendem antecipadamente a uma impostao, a uma viso, s tm sentido com uma representao a priori. Tanto Galileu quanto os demais pensaram qualquer coisa a propsito do mesmo fenmeno, mas pensaram coisas diversas. As divergncias no dizem respeito a aspectos particulares, mas fundamentalmente em relao essncia do corpo e natureza do seu movimento. Galileu compreendeu, portanto, a queda dos corpos antecipadamente. Antes de ser experimentada, essa afirmao deve ser mentalmente compreendida, pois vale num caso abstrato e fundamental de movimento no vcuo (KOYR, 1982, p. 204), onde o corpo em queda no sofre nenhuma resistncia que altere velocidade e percurso. Para Galileu, era desnecessria a experincia para saber que os corpos chegariam ao solo em tempos diferentes, ou se os corpos fossem de materiais iguais, em tempos iguais, ou que no poderia acontecer uma queda simultnea de corpos diferentes. De modo antecipado, Galileu reconheceu a queda dos corpos. No falou de ente segundo sua natureza. A estrutura do matemtico j estava presente, de modo especial e determinante, segundo as leis matemticas. que o reconhecer no mais captar o lugar; fala do vcuo, em uma idealidade, onde o movimento retilneo e uniforme vale igualmente para qualquer corpo. A concepo do matemtico independe do sensvel. Galileu sabia que toda fsica feita a priori. A teoria precede o fato. A experincia intil porque, antes dela, j possumos o conhecimento que buscamos. As leis do movimento e do repouso (...) so leis da natureza matemtica (KOYR, 1982, p. 193-4). A hiptese no busca confirmar a sua realidade, mas a prpria hiptese. Teoria e hiptese tornam-se momentos da prpria hiptese. Acontece, porm, que Galileu concebia o movimento determinado como uma movimentao de cada corpo, uniformemente e em linha reta, sempre que no encontrava qualquer obstculo, e que se modifica uniformemente, sempre que uma fora constante atue sobre ele. Com isto, atinge-se a questo essencial que difere o ver de Galileu e o dos demais. que em Galileu j est presente o matemtico, como o conceber na mente18, desde onde algo passa a ser compreendido.

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Imagino um corpo projetado num plano horizontal e livre de qualquer obstculo: ento acontece, de acordo com o que foi dito mais pormenorizadamente noutras pginas, que o movimento do

4.2 O projeto fsico-matemtico do saber moderno em geral O projeto fsico-matemtico concebido por Galileu torna-se o projeto por excelncia do saber moderno. O conhecimento matemtico foi caracterizado como um tomar conhecimento de tal ordem que o que ele tem, o d a si mesmo e a partir de si mesmo, de um modo que d a si mesmo aquilo que j tem. Ao pontualizarmos, a partir de agora, as determinaes essenciais do matemtico, poderemos igualmente destacar os elementos essenciais da cincia moderna que tem por base, fundamento e essncia, esse modo especfico de conhecer. a) O matemtico um mente concipere, um projeto acerca da coisalidade da coisa. Ao mesmo tempo em que a ultrapassa, abre-lhe pela primeira vez o espao onde as coisas se mostram. Enquanto projeto, o matemtico traa antecipadamente a regio, o mbito, a rea, dentro da qual os entes so homognea e coerentemente ordenados. Nesse sentido, na moderna cincia, o modo de apresentao das coisas, do ente, j foi decidido por antecipao. A antecipao elemento determinante, a maneira de trabalhar com as coisas modernamente19. b) No projeto matemtico, posto aquilo pelo qual as coisas so tidas propriamente. previamente colocado como as coisas devem ser apreciadas. Axioma, em grego, significa dignidade e refere-se ao modo de considerar axiomathetos: digno de ser apreendido 20. O projeto estabelece a dignidade ou o modo de considerar as coisas; por isso, o que conduz ou guia o projeto chama-se axiomtico. o modo de colocar as coisas em seu fundamento, e as proposies de fundo so denominadas de axiomas. c) O projeto axiomtico, compreendido como antecipao axiomtica, um prvio agarrar a essncia da coisa, dos corpos, dos acontecimentos. pr-indicado o
corpo sobre este plano se torna uniforme e perptuo, se este plano se estender at o infinito (Apud HEIDEGGER, 2002, p. 95).
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A presena deste projeto, que decide antecipadamente compreenso da totalidade do ente, essa antecipao reveladora inaugura o saber moderno e gerencia toda a atividade cientfica. A partir do projeto matemtico, a cincia torna-se a condio da possibilidade de encontrar o objeto. Isso acontece mediante elaborao de hipteses que se tornaro leis de carter geral e pontos de sustentao para qualquer cincia. A objetividade, essncia da cincia moderna , nesse sentido, decisivamente vinculada ao matemtico. Em grego apreciar xio, donde vm os axiomas, as determinaes e enunciados que precedem no projeto. por isso que Newton intitulou o pargrafo em que colocou a determinao fundamental da coisa como coisa movida de Axiomata, sive leges motus. O projeto matemtico axiomtico, na medida em que cada conhecimento reconhecimento e se exprime em proposies, colocando antecipadamente as coisas no seu fundamento (HEIDEGGER, 2002, p. 96).

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esboo de como se estrutura cada coisa e como deve ser a relao com ela. Na cincia moderna, o ente aquilo que aparece de acordo com o que foi estabelecido aprioristicamente. O ser do ente j foi determinado. A cincia moderna a conquista desse novo modo de pensar o ser do ente. No projeto matemtico, o ente encontrado antecipadamente como determinao fsicomatemtica. Conhecer interpretar o que j se compreendeu. Por isso, toda percepo na cincia moderna j est orientada por um saber a priori, um projeto, uma viso, uma perspectiva. A estrutura do matemtico mostra que sempre levamos conosco s coisas, natureza, de modo antecipado, o conhecimento delas. d) O esboo fornecido pelo projeto matemtico fornece o critrio que permite circunscrever o domnio que engloba todas as coisas de tal natureza. Por isso, na nova cincia, a natureza no mais concebida como realidade ntima do corpo, no sentido de que delimita a forma do seu movimento e seu lugar. A natureza deixa de ser faculdade interna do corpo que determina seu movimento e seu lugar, conforme diz Aristteles. Segundo o projeto, a natureza torna-se agora o domnio esboado pelo projeto matemtico, da conexo espacial de movimentos uniformes. Somente os corpos inseridos nesse esquema podem ser considerados corpos naturais. Com o matemtico, aparece a noo de corpo. De forma indita, a totalidade das coisas entendida de acordo com essa noo. Considera-se corpo somente aquilo que no mbito do projeto. O que anteriormente se chamava coisa tornou-se agora corpo, isto , o que apenas se mostra em referncia localizao pontual no espao e tempo homogneos e em referncia medida homognea de massa e foras atuantes. Com isso, as coisas perderam suas propriedades, suas foras e capacidades ocultas mais ntimas e profundas. A realidade , como tal, pr-indicada pelo projeto. Torna-se, assim, decisivo o exame contnuo do projeto que orienta o acesso e o trato com o corpo, organizado, dirigido e previamente orientado. E aquilo que no se mostrar assim , de alguma forma, manipulado para dentro desse esquema. Desse modo, na cincia moderna, a realidade foi despojada de suas propriedades. Tornou-se o conjunto sem segredos, sem intimidade ou velamento. Em funo disso, o moderno criou uma maneira comportamental onde no mais suporta o oculto, no resguarda o velado, o escondido. Tudo transferido para a esfera do subjetivo, tem que ser supervisionado, posto s claras. Tem-se que dizer o que se pensa, exprimir o que se sente, como forma de objetividade. Trata-se, contudo, de uma forma como aparece o matemtico, clara e distintamente. e) O domnio da natureza, determinado em esboo, de forma axiomtica, exige um modo de acesso adequado aos corpos que so encontrados axiomtica e prdeterminadamente. As coisas devem mostrar-se de acordo com a pr-indicao do projeto. Assim, o projeto o que tambm determina o modo, a forma de como deve ser reconhecido aquilo que se mostra. Reconhecer aquilo que se mostra dentro do projeto o que se denomina, em sentido moderno, experincia, o experiri, o experimento (HEIDEGGER, 2002, p. 97). O moderno no conhece a experincia como pura observao, e sim a define como interveno organizada sobre a natureza, sem comprometimento com o modo particular de ser. A

novidade dessa experincia a descoberta de que os fatos cientficos brotam como resultado da interveno, e que com isso se distingue da observao experimental antiga. O impulso que conduz experimentao dos fatos conseqncia necessria do modo de ser do matemtico, que ultrapassa um fato. Pelo fato de que agora o reconhecimento do fato s possvel pela prdeterminao do esboo do projeto e do questionamento da natureza, antecipadamente j foram postas as condies segundo as quais o que perguntado deve obrigatoriamente responder. Da a experincia. Ela ultrapassa os limites do que anteriormente era observado para ver de maneira nova. A cincia moderna possui nova teoria, nova viso. A experincia comandada. O modo de experimentao est em conexo com o modo de determinao conceptual dos fatos e com o modo de antecipao em relao s coisas (HEIDEGGER, 2002, p. 74). f) Pertence essncia do projeto matemtico o estabelecimento de uma medida uniformizante para todas as coisas. Com o projeto matemtico e a concepo de corpo, idealizada por Newton, a relao uniforme entre os corpos, na sua relao com o espao, tempo e movimento, abre a possibilidade e, ao mesmo tempo, exige uma medida universalmente idntica para a universalidade das coisas. Esta mediao universal proporcionada pelo nmero. Dessa forma, entra em cena a matemtica em sentido estrito, ocupando lugar de destaque, tornando-se elemento importante para o pensar moderno. Em si mesma, ela no o fundamento da cincia moderna propriamente dita, mas modo histrico do desdobramento possvel do matemtico.
Cada modo de pensar sempre e apenas a execuo e a conseqncia de um modo determinado do estar-ai histrico, da respectiva posio-de-fundo diante do ser em geral e do modo como o ente enquanto tal se manifesta, quer dizer, da posio-de-fundo diante da verdade (HEIDEGGER, 2002, p. 99).

Concluso A partir do instante em que a natureza se deixa conhecer a partir da estrutura do matemtico, so desconsiderados o saber antigo, as opinies e conceitos tradicionais, e passa a vigorar o desejo intrnseco de configurar tudo a partir da nova atitude do saber. Esse o fato que constitui a autonomia cientfica, o que lhe permite aceitar s aquilo que retira de si mesma, do que carrega consigo como fundamento prprio. A novidade da cincia moderna , portanto, a deciso assumida de ler e interpretar a totalidade dos entes a partir da possibilidade de leitura matemtica. So os axiomas e as leis fundamentais aquilo que abre os novos horizontes de compreenso dos entes e norteiam toda e qualquer compreenso. O vigor matemtico constitutivo desse novo saber denominando cincia moderna, conforme o projeto descrito, e que determina essencialmente a concepo e a imagem da natureza nos tempos modernos.

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O ATO INTERIOR DO CRER: A NATUREZA HUMANA E SUA ABERTURA CONSTITUTIVA PARA DEUS
Juvenal Savian Filho* Os artigos 1 e 2 da segunda questo da secunda secundae da Suma de Teologia de Toms de Aquino abordam o ato interior da f. Em outros termos, entendendose por psicologia o estudo da alma, suas partes e faculdades, esses artigos tratam da psicologia da f; abordam a alma precisamente enquanto cr. Na arquitetnica da Suma, esses textos situam-se na segunda parte da secunda pars, porque, estudando o ser humano no mais em si mesmo (como fez a prima pars, que fala do homem enquanto criatura), mas do ponto de vista do seu agir, tambm no o faz de maneira genrica, indicando a estrutura gentico-teolgica do agir humano radicada na vocao ao bem (entendido esse bem como a comunho com Deus, realizvel por um ato de conhecimento e amor, como fez a primeira parte da secunda pars), mas da perspectiva de suas especificaes, ou seja, o agir humano enquanto reto como agir humano. Esta situao dos textos certamente importante, porque permite extrair alguns elementos fundamentais para a reflexo sobre a f: na medida em que a secunda secundae mostra-se destinada aos atos humanos em suas determinaes particulares, inserir a o ato de f significa inseri-lo no mbito da autodeterminao humana, a liberdade, e, por conseguinte, chega-se ao problema de saber se a f um ato da vontade ou do entendimento: parece um ato da vontade enquanto se radica na propriedade humana de autodeterminar-se em sua insero histrica; embora, por outro lado, tambm parea um ato do entendimento, pois cabe inteligncia lidar com a verdade. Com efeito, compondo-se o ato de f de uma adeso a verdades, esse ato pareceria consistir num ato da inteligncia, pois, ainda que a abordagem dessas verdades, da parte do intelecto, no se faa ao modo de uma demonstrao, ela estabelece no apenas a no-irracionalidade da f, sua no-absurdidade, mas extrai-lhe, at onde possvel inteligncia humana, toda a sua inteligibilidade. Haveria razes, portanto, para dizer que o ato de f supe tanto um ato da vontade como do entendimento, mas isso no resolve a questo, pois permite perguntar, ainda, pela ordem de precedncia das faculdades no ato de f: a vontade antecede o entendimento ou o entendimento antecede a vontade? Esse problema no deve sua fora retrica nem mera metodologia estrutural, mas parece responder a uma problemtica medieval mais ampla, debitria da tradio agostinista (no propriamente de Santo Agostinho) e franciscana, que costumava afirmar, no ato de f, a precedncia da afetividade, do amor, sobre a inteligncia, como que reduzindo o ato de f a uma questo voluntarista.
Doutor em Filosofia pela Universidade de So Paulo, estagirio do CNRS Paris, e professor do Departamento de Filosofia da Universidade So Judas Tadeu.
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Toms de Aquino, porm, mais fiel tradio platnico-aristotlica, situa em primeiro plano o desejo que a pessoa humana tem de conhecer, pois ela no se sente feliz (no sentido de ver realizadas todas as suas potencialidades) enquanto h ainda em seu interior algum desejo de conhecer. Nesse sentido, o Anglico, sabendo, inclusive, que no se ama o que no se conhece, parece no poder aceitar que o amor (a vontade) preceda o entendimento na f. Para manter maior proximidade ao texto de Toms de Aquino e refletir melhor a complexidade da questo, a leitura que aqui se prope visa indicar a dificuldade de distinguir o que exclusivo do entendimento e o que exclusivo da vontade no ato de f, ainda que se reconhea esse ato propriamente como um ato da inteligncia, pois a prpria estrutura dos artigos 1 e 2 da segunda questo da secunda secundae no parece ocupar-se em distingui-los com preciso, apontando apenas para o jogo psicolgico das faculdades que se exercem no ato de f, segundo uma lcida expresso do Pe. Leonel Franca (1952, p. 9). Sem pretender, aqui, uma anlise completa da psicologia da f em Toms de Aquino, para essa complexidade que se busca acenar.

A estrutura da Secunda Secundae As sete primeiras questes da secunda secundae referem-se especificamente f: Q. 1 - o objeto da f (em dez artigos); Q. 2 - o ato interior da f (em dez artigos); Q. 3 - o ato exterior da f (em dois artigos); Q. 4 - a virtude da f (em oito artigos); Q. 5 - os que tm f (em quatro artigos); Q. 6 - a causa da f (em dois artigos); Q. 7 - os efeitos da f (em dois artigos). A segunda questo, portanto, na qual se encontram os dois artigos sobre o prprio ato de crer, precedida, como se observa, pela questo sobre o objeto da f, e essa estrutura explica-se, certamente, por uma referncia s virtudes teologais, a partir da estrutura de abordagem aristotlica das virtudes, na qual o objeto determina o ato, e o ato, o hbito, sendo a virtude uma espcie de hbito. Dito de outra maneira, o objeto que d ao ato e ao hbito do ato a sua espcie.

R. Bernard, o.p., tradutor das sete primeiras questes da secunda secundae conforme a edio francesa da Revue des Jeunes, insiste no adjetivo grande (grand), em seu comentrio ao prlogo da segunda questo (TOMS DE AQUINO, 1941, p. 254), para qualificar o objeto da f e o prprio ato de crer, pois, diz ele,
em presena do grande objeto de nossa f, devemos corresponder com uma grande atividade interior: ela no outra seno uma grande resposta (application) a esse objeto, uma amizade (attachement) eficaz com ele, efficacia actus circa objectum.

A razo do emprego desse adjetivo talvez resida na inteno de designar que a raiz da f, segundo os textos de Santo Toms, mostra-se enterrada, em ltima instncia, nas profundezas do Transcendente, no mistrio de Deus mesmo, naquilo que ele tem de mais inefvel. A nfase recai, portanto, na magnitude do objeto da f, aquela realidade quod omnes dicunt Deum (TOMS DE AQUINO, 1941, I, q. 2, a. 3, resp.), que vem ao encontro da pessoa humana e lhe solicita, exatamente pela grandeza de seu mistrio, no somente a inteligncia, incapaz de o abarcar em sua plenitude, mas tambm, e sobretudo, a liberdade, pois que a certeza racional no parecer suficiente para engendrar a adeso existencial de amor que pode nascer do encontro com Deus. Assim, tambm ser grande a resposta do homem que puder transcender a condio limitada de sua inteligncia e satisfizer o desejo antropologicamente estrutural de conhecer, dirigindo-se para esse mbito transcendente e estabelecendo com Aquele que a encontrar uma relao pessoal de amor. Aps tratar, ento, do objeto da f, o encaminhamento esperado, no plano da moral especial, consiste em abordar o ato interior do crer, inclusive porque, sendo ele uma forma de conhecimento, deve-se considerar que o conhecimento no se determina apenas pelo objeto, mas sobretudo pela ressonncia do ato correspondente ao objeto. Talvez resida aqui, tambm, a razo de Toms de Aquino, nos artigos 1 e 2 da primeira questo, empregar o verbo crer (credere) substantivado para designar a f, apresentando-a, assim, em seu dinamismo prprio, como a grande resposta humana realidade inesgotvel de Deus, sempre a mesma e sempre outra para a alma.

Crer cogitar consentindo? O primeiro artigo da segunda questo da secunda secundae da Suma intitula-se Utrum credere sit cum assensione cogitare. A traduo literal do verbo latino cogitare como cogitar talvez soe estranha aos nossos ouvidos, em funo de no ser esse um verbo muito empregado no vernculo. Sabe-se, entretanto, que o verbo cogitar, em portugus clssico

(SILVEIRA BUENO, 1969), sinnimo no apenas de pensar, refletir, meditar, mas tambm de cuidar, verbo que permite certa compreenso do significado que cogitare conserva em latim, designando uma espcie de movimento do esprito, uma agitao do pensamento, como aquele movimento que caracteriza o pensamento quando cuida algo, quando julga, considera. Essa acepo curiosa porque parece permitir uma aproximao com o sentido da f de que fala Toms de Aquino. O primeiro artigo busca, ento, analisar que tipo de conhecimento (solicitado inteligncia pela presena do objeto) corresponde ao crer, pois, como se disse acima, parece possvel falar da f como um ato exclusivo da vontade, sem colaborao do intelecto ou com uma sua colaborao secundria. O ttulo, entretanto, lida exatamente com o paradoxo de se conceber o crer como um ato em que se imiscuem tanto o entendimento como a vontade, pois, se h razes para dizer que tanto o entendimento como a vontade podem compor o ato de crer (o entendimento como uma agitao do esprito, implicando sempre alguma investigao, e o assentimento podendo mover a uma firme adeso), no as h, entretanto, para dizer que ambos o componham conjuntamente. Dito em outras palavras, o paradoxo est em conceber o ato de crer como ato que opera uma interseco entre o saber, fundado numa certeza e prprio do entendimento, e o opinar, que no pode supor certeza e prprio do assentimento. A interseco paradoxal estaria em conceber a f como uma certeza (no um saber demonstrado) que contm um elemento de opinio (no de dvida), pois a certeza da f advm da percepo de um bem no aderir a Deus, o que, automaticamente, solicita o elemento da vontade, o assentimento. No entanto, nessa interseco paradoxal que reside a originalidade do crer, a tota ratio da f, como far deduzir o artigo. As objees que se apresentam a essa concepo de f para a qual concorrem tanto o entendimento como a vontade resumem-se em trs argumentos: 1) So Joo Damasceno, no De fide orthodoxa IV, 4, 2, afirma que a f no investigao, mas aceitao, e a autoridade do padre da Igreja levaria a excluir o cogitar do mbito da f, pois o cogitar consiste exatamente numa certa pesquisa, a comear pelo prprio nome que designa um agitar juntamente, um co-gitar, co-agitar; 2) se a f um ato da razo, ainda assim no ter relao com o cogitar, porque ele um ato da capacidade cogitativa, que, por sua vez, pertence parte sensitiva da alma; 3) se crer um ato do intelecto, porque seu objeto o verdadeiro, no tem nada que ver com o assentimento, porque o assentimento da ordem da vontade.

Porm, em sentido contrrio ao dessas objees, est a autoridade de Santo Agostinho, que, no De praedestinatione sanctorum 2, afirma consistir o crer num cogitar com assentimento. Ao problema assim configurado, Toms de Aquino responde distinguindo trs sentidos do termo cogitar: a) um sentido indeterminado, sem contedo, como considerao atual do intelecto, tal como afirma Agostinho no De Trinitate XIV, 7: temos inteligncia e a percebemos justamente na medida em que pensamos; b) um sentido de deliberao, ou seja, como uma considerao do intelecto, aplicado em algum tipo de investigao, num carter de anterioridade perfeio que vem da certeza da intuio, carter de algo modelvel a partir do objeto, como se pode compreender pela analogia com o Verbo de Deus, proposta por Agostinho, no De Trinitate XV, 16, pois o Verbo deve ser concebido sem que se atribua cogitao mente divina, ao passo que a nossa cogitao s se torna nosso verbo quando gerada dentro de ns, chegando ao que conhecemos e sendo formada a partir dele. Trata-se, pois, de um movimento do esprito que delibera sobre idias universais, mesmo ainda no determinado pela plena viso da verdade. Esse movimento especfico da parte intelectiva da alma; c) ou sobre idias particulares, movimento prprio da parte sensitiva. Feitas essas distines, conclui-se que o primeiro sentido de cogitar no parece til para exprimir convenientemente o que o crer, pois, referindo-se, no limite, prpria capacidade de cogitar, em nada distingue as diferentes formas de cogitao, uma vez que em qualquer ato da inteligncia h uma forma de assentimento, o que no esclarece a especificidade do crer. O segundo sentido, entretanto, porque se refere considerao intelectual sem a determinao advinda da idia, conserva em sua natureza a possibilidade de designar atos que implicam um firme assentimento sem nenhuma cogitao (como o caso de quem considera coisas que j sabe ou conhece, ou seja, que lida com uma considerao j formada) ou atos que implicam cogitao, mas uma cogitao ainda informe e sem assentimento firme, como o caso de quem se mantm neutro em alguma questo, porque duvida, ou de quem tende mais para um lado particular, porque levado por um motivo um pouco fraco e suspeita de alguma forma, ou de quem adere a uma parte, com receio da outra, e tem opinio. Do ponto de vista formal, o ato de crer situa-se entre essas duas possibilidades, ou seja, implica um assentimento firme e, ao mesmo tempo, a cogitao de quem ainda no teve seu intelecto determinado pela intuio do objeto. Assim, quem tem f, pelo seu crer, encontra-se com o sbio e o conhecedor, porque estes aderem firmemente a algo, mas encontra-se tambm com quem duvida, suspeita ou opina, porque sua certeza no provm da viso.

Isso tudo permite concluir que o crer seja um cogitar assentindo, pensar com assentimento, e, por essa sua natureza de conjugar o entendimento e a vontade, distingue-se de todos os outros atos do intelecto, como diz o prprio texto de Santo Toms:
Et sic proprium est credentis ut cum assensu cogitet: et propter hoc distinguitur iste actus qui est credere ab omnibus actibus intellectus qui sunt circa verum vel falsum.(TOMS DE AQUINO, 1941, II,II q. 2 a. 1, resp.1

Essa observao feita pelo Anglico esclarece a natureza do ato de crer como essencialmente um ato do esprito e, enquanto tal, pode-se pensar que isso confira um carter tico f, pois que a situa entre os atos referentes ao verdadeiro e ao falso. Com efeito, o ato de crer refere-se, ao seu modo, verdade, e, por isso, est ligado operao do esprito que pretende afirmar ou negar, visto que afirmar uma coisa cr-la verdadeira, ao passo que neg-la defender a sua no-veracidade. Como ato do esprito, o crer no poderia estar ligado imaginao nem abstrao, mas operao segunda que julga o verdadeiro e o falso, constituindose no meio-termo entre a certeza demonstrativa, prpria da cincia, e a incerteza, prpria da opinio, pois, ainda que possua a certeza do objeto, tem de aceitar a sua no-evidncia, afinal, se se radica no transcendente, deve lidar com essa realidade quod omnes dicunt Deum e que se revela e se oculta ao mesmo tempo. O crer , portanto, algo inerente estrutura ontolgica do ser humano e, por isso, mais do que simplesmente falar do desejo de Deus, inscrito na natureza humana sob a forma de desejo de sentido, Santo Toms disseca a ontologia e localiza, a, um ordenamento ao conhecimento de Deus, pois, concebendo o homem como um ser que deseja naturalmente conhecer, acaba por supor o conhecimento da primeira causa, sob o risco de inviabilizar o prprio pressuposto do desejo natural de conhecer. Numa linguagem um pouco mais religiosa, poder-se-ia talvez dizer que, alm da afirmao segundo a qual a pessoa humana tanto mais perfeita quanto mais conhece sua origem, e que, por isso, s se realizar quando conhecer e estabelecer uma relao de intimidade com Deus, pois sua origem est nele, deve-se pensar que o desejo de conhecer a essncia divina est inscrito no mais ntimo da criatura inteligente2. Dessa maneira, percebe-se na natureza um ordenamento radical para a vida da graa, a participao na vida de Deus.

E, assim, que ele cogite com assentimento prprio daquele que cr. Por isso, distingue-se este ato, o ato de crer, de todos os outros atos do intelecto, que versam sobre o verdadeiro e o falso. O texto latino extrado da edio da Revue des Jeunes (cf. op. cit., p. 78). Traduo nossa. Cf., a esse respeito, a formulao atual dada pelo Catecismo da Igreja Catlica (1993, n. 27).

Dessa perspectiva, a distino entre ordem sobrenatural e natural parece capitular diante de um texto como o do primeiro artigo da segunda questo da secunda secundae, pois a vida de f no a definida como algo alheio natureza humana (como algo que lhe deva ser acrescido), pois, se assim fosse, abrir-se-ia caminho para o dualismo da distino modernizante entre f e razo, graa e natureza, crer e conhecer etc., que poderia, inclusive, conduzir a formas de apresentao do discurso cristo que negam a prpria vida humana ao propor a f como algo antinatural ou anti-humano, e acabando por engendrar a contradio do menosprezo pelo prprio dom de Deus. Por outro lado, se a razo humana, em sua condio histrica, terrestre, no pode conhecer a essncia divina, isso no se deve a uma impossibilidade radical de o fazer, mas prpria condio histrica do ser humano, pois, tendo, ento, um conhecimento vinculado completamente aos sentidos, a inteligncia no pode obter a intuio da essncia divina visto que a essncia divina no se inclui nos dados da sensibilidade (TOMS DE AQUINO, 1941, I II, q.12). No entanto, a relao com a graa implica novos dados para a inteligncia, os quais levam a transcender o conhecimento sensvel e a chegar percepo de uma Presena que se manifesta na estrutura natural da inteligncia e a que todos chamam Deus. Assim, se a inteligncia no chega diretamente ao que Deus em essncia, no se pode pretender atribuir ao saber da f um carter demonstrativo, mas, ao mesmo tempo, pode-se pretender atribuir uma certeza, pois funda-se na percepo de uma Presena. O esprito estar, assim, sempre em movimento; a respeito do objeto da f e enquanto pertencer ao homo viator, nunca atingir o completo repouso da contemplao da essncia. Efetivam-se, portanto, no crer, o cogitar e o assentir, a pesquisa e a adeso. Por conseguinte, as respostas s objees consistem, no limite, em indicar a falha de sua prpria elaborao: 1) primeira objeo deve-se dizer que a f no pretende uma investigao do tipo especfico da razo natural, ou seja, que pretenda demonstrar o que se cr. Por outro lado, busca legitimamente as razes de crer que inclinam a vontade, pois, se no se conceder isso, criar-se- o impasse de pensar, mesmo na f, uma estagnao da inteligncia, que, conquanto chegue percepo de uma realidade transcendente, no poder, entretanto, pronunciar-se de forma alguma sobre ela; 2) segunda objeo deve-se dizer que equivocado identificar a cogitao com um ato da capacidade cogitativa, que, por sua vez, sensitiva, pois cogitao como ato do intelecto que Santo Toms se refere, estando o equvoco em confundir a potncia cogitativa, uma das capacidades da vida sensvel, a que distingue naturalmente o til e o danoso em meio aos particulares (como, por exemplo, quando os animais,

sem pensar, distinguem diretamente o que repugna sua natureza), e a cogitao como ato do intelecto, capacidade de deliberar entre as idias universais; 3) terceira objeo deve-se dizer que o crer implica, sim, um assentimento, pois o prprio direcionamento do intelecto para algo nasce no do mesmo intelecto, mas da vontade, fazendo que se considere, ento, o assentimento como um ato do intelecto enquanto direcionado pela vontade. A f no um ato cego nem se deve a um carter de absurdo, mas, por outro lado, no deixa de implicar um ato da vontade, da afetividade, pois, diante das razes de crer, lembradas pela resposta primeira objeo, a vontade percebe um bem na adeso a Deus, de tal maneira que o absurdo consistiria em no crer.

Concluso Pela relao estreita do entendimento e a vontade no ato de crer, Toms de Aquino bem caracteriza a complexidade da psicologia da f, e distingue, por conseguinte, os trs aspectos do crer como ndices dessa complexidade. Deus como objeto, fim e causa movente da f solicita inteligncia e vontade uma resposta que parecer tanto mais absurda quanto menos for capaz de transcender seus limites histricos e determinar-se pela fora e grandeza que vm do prprio Deus e convidam participao em sua vida. Essa parece ser a percepo que est na base do texto que o prprio Toms de Aquino tomou como epgrafe para a Summa contra gentiles: Veritatem meditabitur
guttur meum et labia mea detestabuntur impium (Pr 8,7).

A novidade de Toms de Aquino na considerao sobre a f est em elaborar uma anlise que parte da prpria realidade de Deus que se apresenta pessoa humana, o que leva a conceber a f no apenas como virtude, mas como algo do mbito da participao na vida de Deus, deitando suas razes, portanto, no incognoscvel, no transcendente. No entanto, diante do fato de que pela inteligncia que o homem entra em comunho com o que quer que seja que se lhe apresente, essa radicao no inviabiliza certa inquirio sobre o mistrio de Deus. Seguindo, portanto, a tradio platnico-aristotlica, para a qual o conhecimento uma forma de existir da coisa conhecida, pela f a realidade quod omnes dicunt Deum existe em ns, mesmo que no vejamos sua essncia, como homines viatores, e devamos crer que um dia haveremos de a contemplar. O fato de a inteligncia no poder conhecer a Deus por essncia no se deve a uma dificuldade intrnseca do conhecimento de Deus, mas do excesso que esse conhecimento representa para a capacidade da condio mortal, pois, maximamente perfeita, a realidade divina tambm maximamente cognoscvel.

Porm, se maximamente cognoscvel em si, no o para a inteligncia da criatura mortal, por causa do condicionamento sensibilidade experimentado por ela. Todavia, em vez de esse pressuposto conduzir Toms de Aquino a um previsvel agnosticismo, sua experincia de f o faz afirmar a possibilidade humana de ver a Deus, e o obriga a encontrar um caminho que demonstre essa possibilidade, no por uma via dualista que conceba a f como algo que se acrescente do exterior natureza, mas encontrando, na prpria natureza, uma abertura ontologicamente determinada para o Transcendente. Pode-se supor, enfim, que a concepo antropolgica de Toms de Aquino se apresente determinada pela valorizao do conhecimento: a pessoa humana somente se realiza quando realiza seu desejo de conhecimento, pois a realidade e a presena do objeto, por um ato de conhecimento, atualiza uma potncia que no seria efetivada se no encontrasse o seu objeto. No caso da realidade divina, o homem s se realizar quando conhecer a Deus e entrar em comunho com ele, o que no representa nenhum desprezo pela piedade religiosa, mas, ao contrrio, d um novo carter atividade intelectual. As filosofias do sujeito certamente ignoram esse trajeto que parte do objeto, pois, partindo da potncia, elas comumente definem o objeto como uma espcie de criao do sujeito segundo intuies bsicas, como o tempo e o espao, como querem as categorias kantianas. Os artigos 1 e 2 da segunda questo da secunda secundae revelam esses pressupostos fundamentais do pensamento tomasiano. No se trata de os ler procurando identificar a afirmao de um desejo do divino experimentado ao modo de uma vivncia subjetiva de incompletude ressentida, mas de identificar, na sua base, uma concepo antropolgica que concebe a ontologia humana a partir de uma estrutura que s se pode realizar perfeitamente em Deus.

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Endereo do autor: Rua Frei Caneca, 461 apto. 22 Consolao So Paulo (SP) 01307-001 jsfilho@usp.br

A FILOSOFIA NA ORIGEM DOS DIREITOS HUMANOS: A CONDIO DE POSSIBILIDADE DO DIALOGO INTERCULTURAL

Alfredo Culleton* Neste texto pretendemos desenvolver uma reflexo acerca dos desafios que a Filosofia tm na construo dum dilogo intercultural na busca de uma formulao de direitos com pretenses de universalidade. Antes de expor os nossos argumentos, consideramos valioso esclarecer minimamente o valor dos conceitos fundamentais com os quais queremos trabalhar: quando nos referimos a filosofia o fazemos pensando naquele saber que desde os gregos tm por funo, por um lado, a formulao e esclarecimento de conceitos e, por outro, a pretenso de nos situar conceitualmente dentro dum determinado mundo de significaes, e de construir significaes no sentido da busca de formulao de valores com pretenso de universalidade. Nesse sentido, em toda a historia da filosofia s possvel se significar dentro dum determinado universo de significaes, diante dum outro, e em dilogo com outros mundos conceituais e de valores, que no so os prprios, mas que se os reconhece como horizontes de significao para o outro. Quando nos referimos a cultura o fazemos, no como uma esfera abstrata, reservada criao de valores espirituais, mas como o processo pelo qual uma comunidade humana determinada se organiza a si mesma com base a fins e valores que quer realizar. A filosofia capaz de evidenciar que esses fins e valores so uns entre uma infinidade de possveis e no os valores, no sentido de absolutos, e desta maneira propiciar as condies mnimas para o dilogo. A historia da filosofia tm, no sculo XIII, na Universidade medieval, uma experincia mpar de tolerncia, dilogo e formulao de valores entre culturas to dspares, e em outros campos at antagnicos, como foram as tradies muulmana, judaica e crist, mas que entorno da filosofia conseguiram preservar suas diferenas e propor universalidades. Uma leitura crtica dessa experincia pode nos ajudar a encontrar canais no sentido de propiciar o dilogo e a formulao de direitos verdadeiramente universais.

Professor-pesquisador do programa de ps-graduao em Filosofia da Unisinos-RS.

A filosofia e a universidade medieval A filosofia no , nesse contexto, uma serie de domnios ou saberes a serem apropriados pelo estudante. Os domnios eram instrumentos propeduticos como por exemplo a lgica era o modo universal de todo conhecimento cientfico, no era considerada como o conhecimento ele prprio. Assim tambm a metafsica trabalhava as condies de possibilidade do prprio pensar e no pretendia elucidar a multiplicidade dos sentidos do ser. A filosofia medieval no existe como uma filosofia da linguagem ou uma doutrina do ser enquanto ser, mas como teologia ou como tica. As escolas de dialtica do sculo XII, as faculdades de artes nas universidades dos sculos XIII, XIV e XV no poderiam ser comparadas ao Liceu aristotlico ou Academia platnica; houve no entanto na filosofia na Idade Mdia uma identidade com o que esta tradio buscava sob o nome de filosofia: uma experincia unitiva do transcendente, uma teologia e at mesmo uma teurgia.1 De disciplina em disciplina, de aprendizagem em aprendizagem, o filsofo deve refazer todas as etapas preparatrias de um itinerrio espiritual que o levar a um Deus sem Igreja, o esforo do homem de emancipao de si do dado revelado e da autoridade seja ela poltica, eclesial ou econmica. O que se esboou na faculdade de artes nos anos de 1250/60 como ideal de vida, como uma nova tica no sentido da salvao filosfica e da felicidade natural, o que perfaz aquilo que pretendemos identificar com o esprito da filosofia medieval. Quem tiver lido os autores da era carolngia, Alcuno e Rabano Mauro, entre outros, quem levar em considerao a controvrsia em torno do carter da filosofia nos sculos X e XI, acompanhar a recepo de Agostinho, Bocio e Proclo no sculo XII, e estudar atentamente os comentrios s sentenas e sumas nos sculos XIII e XIV, saber que nesses sculos consuma-se a institucionalizao da filosofia, perceptvel na forma literria fixa que os textos iam assumindo. A considerao de Avicena, Averris e Maimnides presta contas ao fato de que a filosofia na Idade Media no estava restrita ao crculo cultural do cristianismo ocidental ou bizantino, mas tambm se assentava, como em nenhum outro perodo da histria ocidental, no crculo cultural islmico e judaico, num mesmo espao, ideado precisamente como templo do argumento, qual seja a universidade. A filosofia na Idade Media sofre uma enorme transformao quando a totalidade da obra de Aristteles foi traduzida para o latim. A grande reviravolta no se reduz introduo de textos novos, sejam eles lgicos, metafsicos, fsicos, cosmolgicos ou biolgicos. Trata-se sobretudo do surgimento de uma nova sabedoria que vem substituir a sabedoria platnica, popularizada pela patrstica, que to bem se ajustava a uma viso hierrquica de mundo e de Igreja. A inovao o aspecto peripattico2 da filosofia, o de estar andando, em movimento , o no fixo, o aspecto greco-rabe. Os textos de Aristteles so no s
1

Espcie de magia que relaciona os homens com os astros celestes. Aristteles chamado de peripattico, o que significa: ensinar andando ou passeando.

introduzidos como, na maioria dos casos, traduzidos pelos rabes e judeus. A arabizao do pensamento teolgico dos cristos latinos do sculo XIII o fenmeno essencial. esta arabizao filosfica do pensamento cristo prmoderno que pode nos ajudar a entender melhor o que se diz e o que se nega no conflito entre o mundo identificado como muulmano e o identificado como ocidental. Resulta curioso que a razo grega, da qual o Ocidente se considera legtimo herdeiro e que sustenta a sua prepotncia, tenha sido recebida e desenvolvida pela mediao dos rabes e judeus. A histria da cultura ocidental, dir De Libera, a historia de uma helenizao pstuma da romanidade cujos principais agentes de transmisso vieram das terras do Islam (De Libera, 1999). O grande clssico, conhecido como o cristianizador de Aristteles, Toms de Aquino, no sabe grego, dependendo assim dos tradutores judeus de Toledo e dos comentrios dos filsofos rabes. Os judeus, os rabes e os cristos lanam juntos os fundamentos duma Europa intelectual, sem com isto querer afirmar que a universidade medieval tivesse se desenvolvido num ambiente idlico. As trs tradies tecem no Ocidente uma trama de interdependncia cultural que temos dificuldades de identificar e aceitar. A sociedade feudal, os mercadores e os banqueiros se buscam, ontem como hoje, de acordo com interesses conjunturais, e se repelem com intolerncia religiosa, perseguies, anti-semitismo, converses foradas, invases e censura. Mas h um lugar que se carateriza, desde a sua fundao, por ser objeto de intolerncia a todo e qualquer autoritarismo, qual seja, a universidade. A universidade medieval surge como espao autnomo de tolerncia, de circulao de idias, de crtica no sentido de reviso do institudo e do novo, com o intuito de ser o lugar da assimilao, da elaborao do diferente. Se h que se restaurar algo da Idade Mdia, dir De Libera, a ambio universitria, suas liturgias, sua independncia e seus rituais. preciso restabelecer seus privilgios devolvendo-a sua vocao primeira, a abertura ao universal, a discusso argumentada, a crtica dos falsos prestgios e dos verdadeiros poderes. A universidade, em seu sentido original, a totalidade dos mestres e estudantes3, e tem por identidade a aculturao no sentido de assimilao e superao do diferente. Trata-se de um respeito ativo das crenas e das diferenas culturais. No se reduz a reconhecer o outro como um outro simesmo, mas de reencontrar em si a parte do outro, de admiti-la como tal e, custe o que custar, deix-la frutificar a. A universidade medieval uma instituio da cristandade, mas era tambm e acima de tudo uma instituio autnoma, na qual, pela simples defesa dos princpios, podia-se levar a cabo uma greve de trs anos e, no final fazer curvar uma regente como Branca de Castela, um rei como Luis IX, por exemplo.

Estudante no aluno, termo este de origem moderna, utilizado para identificar os sem lmen.

O intelectual Duas idias podem ser consideradas resultantes do aporte do pensamento filosfico rabe-muulmano fundao da universidade medieval: por um lado uma busca coletiva, plural e mesmo pluralista da verdade; e por outro a busca de uma destinao intelectual e tica do homem. A idia de harmonia uma caraterstica desta tradio. Os filsofos muulmanos, como Al-farabi, Avicena ou Algazel, liam e comentavam um Aristteles fortemente neoplatonizado, e a idia de uma harmonia possvel entre Aristteles e Plato era o horizonte do seu trabalho de intrpretes; a esperana de harmonia entre razo e f responde a esta perspectiva, assim como a de uma harmonia entre o dizer dos profetas e o dos filsofos gregos. Nem o mundo poltico, nem o teolgico, nem a f conseguiram conquistar a to buscada paz, mas curioso que o filsofo que sem ter-se proposto isso tenha dado as condies para encontr-la, e no em beneficio de uma religio ou outra mas a favor do prprio homem. Aqui se situa o intelectual, e com ele a instituio Universidade, que no s o torna possvel como lhe permite expor-se. Podemos fazer aqui algumas referncias a Alberto Magno. Este que, mesmo no tendo conhecido a universidade, foi o cristo mais radical dos receptores do pensamento de Aristteles, considerado o prottipo do intelectual medieval nascente e chega a surpreender pela proximidade com as idias expressas por Al-Kindi. Idias estas inspiradas por Aristteles, mas muito amplificadas pela cientificidade norteafricana, elas expem a tese de um crescimento do saber, de um progresso, de uma construo gradual do pensamento e da sabedoria que implica a contribuio de uma quantidade de homens. Elas exigem, segundo Jolivet (1987, p. 414), que se busque a verdade onde quer que seja, mesmo entre filsofos de outras naes e que falam outras lnguas, que a adaptemos ao tempo e a faamos falar rabe. o que Alberto quer fazer quando anuncia sua inteno de transmitir Aristteles aos latinos, tendo o cuidado de no esquecer Plato, pois no se poderia ser sbio completo sem conhecer bem os dois, e o que faz ao recorrer a uma variedade de fontes gregas rabes propriamente inacreditvel para seu tempo. Cabe destacar que Santo Alberto Magno, que viveu no sculo XII, veio a ser canonizado, isto tornado santo, o que significa ser considerado modelo a ser seguido pelos cristos, s na primeira metade do sculo XX, nos preparativos do Concilio Vaticano I, quando a Igreja Catlica se abre especialmente s cincias e ao dilogo com o mundo, abrindo mo da sua pretensa condio de detentora, dona e guardi da verdade. Esse apetite de saber, o esforo de universalidade erudita militante, que no encontrava limites em fronteiras nacionais, nem lnguas, nem doutrinas, o primeiro efeito do arabismo aristotlico sobre a intelectualidade medieval. Um outro efeito, dependente fundamentalmente deste, o aparecimento de uma idia tico-intelectual da destinao do homem. O trabalho intelectual ter o desafio no s de ver o ser, de dizer como que as coisas so, de interpret-las, mas de propor o ser, formul-lo. O trabalho intelectual ter agora a dupla dimenso de labor e de contemplao. A filosofia aqui j no ser a justificao racional do ser no qual se

acredita, mas o esforo de dilogos mltiplos, de negociaes entre o crer e o querer, entre a convico e a convenincia, entre o transcendente e o imanente. O homem comea a se colocar como aquele que capaz de se formular e equacionar, racional e argumentativamente, diante do seu querer, ser e poder imanentes, e de seu dever transcendente; ele exige para si uma adequao no s entre o pensar e o ser como tambm entre o imanente e o transcendente. Os pensadores latinos aprendem a considerar o exerccio do pensamento como uma ascese, a espiritualizar o ideal aristotlico da sabedoria contemplativa numa espiritualidade do trabalho intelectual. Ao tomarem conhecimento pelos rabes de uma esperana filosfica, eles cultivavam a idia duma vida bem-aventurada, uma vida de pensamento que antecipava a viso beatfica aos eleitos na ptria celeste. Comea aqui a idia da laicidade, duma felicidade que independe de Deus, uma vida boa capaz de ser alcanada e desenvolvida pelos homens neste mundo e por si e para si mesmos. Esta postura filosfica que desemboca numa viso teolgico-poltica, inaugurada por Alberto Magno, e profundamente influenciada pela filosofia rabe de Al-farabi e Avicena, e que perpassa o esprito da universidade medieval, se explicita com grande clareza na obra poltica de Dante A Monarquia. Dante um cristo, leitor de Alberto Magno e dos filsofos rabes, que foi quem formulou em lngua vulgar o primeiro verdadeiro e grande manifesto dos filsofos-intelectuais medievais: o Convvio (Banquete). Foi ele quem pensou pela primeira vez em toda a sua extenso a forma de experincia atingida na contemplao filosfica: a felicit mentale. O tipo medieval do intelectual no se compreende sem o projeto intelectual transcultural rabe-latino. Para Dante, a vida segundo o pensamento a finalidade de toda sociedade humana. A perfeio, dir ele, que reside numa forma de existncia capaz de apreender o inteligvel por meio do intelecto, sendo uma operao a que no pode chegar, por suas prprias foras, um s indivduo, nem um s reino particular, essa perfeio precisa, j que se dirige humanidade inteira, efetuar-se por meio dos homens que vivem segundo o pensamento. Podemos dizer que este o esprito da filosofia medieval, tal o ato do nascimento dos intelectuais. Tudo indica que esse esprito seja a marca mais profunda que os pensadores do Isl exerceram sobre a Idade Mdia ocidental. esta herana esquecida o pano de fundo dum projeto moderno fracassado pela sua amnsia, que desemboca numa unilateralidade e autoritarismo monolgico e autista, que a humanidade pretendia ter superado no dilogo intercultural e na confiana numa razo dialgica com pretenses de universalidade. (esquecimento necessrio para poder caminhar, mas ao mesmo tempo mata e responsvel por muitos fracassos humanos).

Na atualidade Concretamente acreditamos que a filosofia poderia ajudar a desmascarar a contradio latente fundamental em uma contextualidade histrica que convoca ao

dilogo, mas sem se fragmentar culturalmente, isto , sem querer fazer uma repartio cultural do poder real de ordenar e configurar a contextualidade do mundo. Por outro lado, seria tambm papel da filosofia contribuir para explicitar de maneira construtiva o reordenamento das condies do dilogo no sentido de que estas devam ser condies nas quais se reconhea e respeite o direito de cada cultura a dispor da materialidade necessria para o seu livre desenvolvimento. A filosofia a que vai destacar que as condies de possibilidade contextuais do dilogo no so simplesmente uma questo de ordem prtica, duma importncia secundria para o assunto mesmo do dilogo intercultural, mas a filosofia vai destacar, pelo contrrio, que uma questo decisiva e que pertence prpria dinmica interna das exigncias do dilogo das culturas. Um exemplo dessas condies contextuais de possibilidade do dilogo o ponto do espao material para a prtica do direito, que tem cada cultura, de ser levada realmente a srio, o que implica necessariamente reconhecer e respeitar seu direito a ter um mundo prprio. Esperamos poder ter demonstrado que a filosofia tem as condies de sentar bases slidas para esse dilogo, dilogo este pelo qual se comunica o prprio e se participa no diverso e que encontra na filosofia a base histrica necessria para universalizar-se realmente; a filosofia pode propiciar o processo aberto da comunicao entre os diferentes movimentos de universalizao impulsionados pelos universos culturais. A filosofia deve assumir um claro compromisso com a luta das culturas pelo seu direito a no serem violentadas na sua identidade nem invadidas no seu territrio nem impedidas no seu desenvolvimento. Por outro lado, tem tambm o compromisso de reforar o direito que cada membro de uma cultura determinada tem de ver a sua cultura como um universo transitvel e modificvel; isto , um mundo que no se esgota em suas tradies passadas ou na sua forma de estabilizao atual, mas que tem um futuro que deve ser refundado desde novos processos de interao.

Referncias DE LIBERA, A. Pensar na Idade Media. So Paulo: Editora 34, 1999. JOLIVET, J. mergences de la philosophie au Moyen Age, Revue de synthse, IV/3-4, 1987.

PESSOA COMO CIFRA UMA REFLEXO SOBRE O CONCEITO DE PESSOA A PARTIR DE KARL JASPERS
Jonna Bornemark* O que uma pessoa? Quais as condies de possibilidade para se definir o que ser pessoa? Existem inmeros modelos para se esclarecer como um certo tipo de personalidade aparece e o que constitui uma pessoa. So modelos psicolgicos, biolgicos, sociolgicos, fenomenolgicos etc. Os diversos modelos explicativos podem, sem dvida, ajudar-nos a distinguir pessoas entre si. Todavia, esses modelos constroem-se a partir de generalizaes e regras generalizantes, seguindo universalizaes e redes conceituais que equiparam cada individualidade a um parmetro no individual de explicao. Esses modelos no nos ajudam a pensar a especificidade da pessoa, ou seja, a condio primeira e mais fundamental da pessoa que a questo da sua diferena especfica e singular. De onde e como surge a diferena constitutiva do singular e como encontrar na rede dos modelos explicativos o seu lugar e a palavra que lhe corresponde? Os vrios modelos explicativos do que ser pessoa esto marcados por um paradoxo: o que deve explicar a diferena em si mesmo indiferenciado, equiparador, generalizante, universalizante. Por um lado, as diferenas j sempre pr-existem, no sendo criadas pelos modelos de explicao, e por outro, os modelos explicativos esto sempre a fracassar na tentativa de explicar como surgem as diferenas. Os parmetros de conceitualizao devem ser, portanto, secundrios, podendo descrever as diferenas apenas num quadro de generalidades. As diferenas podem ser descritas mas no a diferenciao propriamente dita, ou seja, o como, o modo de sua diferena. Pode-se descrever o que diferente, mas no a vitalidade do darse da diferena, ou seja, que a diferena se d. Pessoa compreende assim dois momentos intimamente interconectados: aquele que corresponde ao fato de a pessoa dar-se como vitalidade de diferenciao que diferena se d e aquele que corresponde ao como a pessoa se diferencia. Podemos chamar de personalidade esse como a diferena se realiza. No presente artigo, gostaria de aproximar-me desse momento que a diferena se d, do fato de a pessoa dar-se como vitalidade de diferenciao, momento que constitui, na verdade, a pergunta de base e assim a condio de possibilidade para todos os modelos explicativos. Com base nesse ponto de partida, vou procurar levantar certas questes relativas a como o cristianismo definiu o ser pessoa. Como apoio para essa reflexo, buscarei seguir certos posicionamentos do filsofo da existncia Karl Jaspers (1883-1969) e, assim, pensar com ele em contraste a ele.

Jonna Bornemark doutoranda em filosofia em Sdertrns University College e na Universidade de Uppsala. O original em sueco foi traduzido para o portugus por Marcia S Cavalcante Schuback.

* Karl Jaspers tambm entende as pessoas e suas vises de mundo a partir de uma rede genrica constituda por tenso de dicotomias antinmicas que ele chamou de situaes-limite, Grenzsituationen. A compreenso de mundo de cada pessoa forma-se a partir de como cada pessoa se relaciona com a necessidade e o acaso, com a vida e a morte ou com a luta e a cooperao. Esses so exemplos de antinomias, entendidas como tenso entre dois lados, em que ambos os lados no podem se realizar simultaneamente. No obstante essa impossibilidade, ambos os lados esto reciprocamente interligados, de maneira que, se um dos lados no pudesse ser negado, o outro tampouco poderia afirmar-se. Jaspers busca esclarecer sobretudo como diferentes imagens de mundo podem surgir. O mesmo raciocnio pode todavia ser aplicado com relao pergunta de como surgem as personalidades e como elas podem colocar-se entre extremos tais que bom e mau, humilde e arrogante, generoso e avaro etc. Sem nos aprofundarmos nesse ponto, podemos constatar que esse modelo explicativo tampouco consegue tratar propriamente das diferenas de base. Nossa situao humana tal que sempre nos encontramos entre extremos. Minha posio constitui um corte-limite especfico numa linha entre dois plos. Esse fato tem duas conseqncias fundamentais. Por um lado, eu sou limitada, no podendo preencher tudo. Minha vida mostra-se assim como o que tem limite. Pode-se assim entender o que Jaspers chama de situao-limite como toda situao limitada. Ao mesmo tempo, tudo o que eu posso preencher instaura-se nesse limite, por esse limite e graas a esse limite. Situao-limite indica nesse sentido que nossa existncia a vida do limite. Limite diz tanto o que eu no posso como tudo o que eu posso. Quando nos tornamos conscientes de que devemos assumir uma posio em antinomias insolveis e que no existe somente uma soluo, tornamo-nos conscientes de nossa ek-istncia. Ek-sistncia significa descobrir-se como a vida do limite e no apenas como o que existe limitadamente. Ek-sistncia distingue-se portanto da idia de existncia emprica. Descobrimos que no existe uma resposta absoluta que possa ser dada de uma vez por todas, mas que devemos assumir nossa prpria responsabilidade com respeito soluo de cada caso especfico. Descobrimos que somos um processo vivo que deve relacionar-se com o infinito em parte com o nmero infinito de posies dentro das antinomias, em parte com nosso prprio no-saber, nossa prpria abertura e falta de finalidade. Essas duas infinitudes so, na verdade, a mesma coisa, mas expressas a partir de dois lugares distintos. Aqui, negao e multiplicidade coincidem. A conscincia de ser limitado e limite, de que minha vida vida do limite no limite de uma vida, faz aparecer que estar limitado no se separa de um ativo limitar ou de-limitar. Desse modo, pode-se dizer que a conscincia de que limite se d como dinmica infinita no se separa da constatao de ser limitado. Ou ainda: ser existencialmente um estar situado num limite , ao mesmo tempo, um situar-se na dinmica infinita porque aberta do limite. Esse dar-se da existncia como vida do limite se d antes de cada trao especfico de carter, ou melhor, d-se primariamente. Como limite, esse que vida se d como limite sempre demarca um limite entre um eu especfico e um mundo especfico. Esse que no porm

em si mesmo especfico. Todavia, sendo o que s aparece como tal retraindo-se na especificidade desse ou daquele modo ou jeito de ser, mostra-se como o no especfico de toda especificidade. O que ento esse que a vida se d como limite, esse no especfico do especfico? Esse que a condio de possibilidade para o que a pessoa em sua especificidade, uma especificidade que pode ser descrita numa rede de universalidades mas nunca esclarecida a partir delas. Esse que, oposto a todo o que dos modos e especificidades, no pode ser investigado como um objeto que colocamos diante de ns uma vez que esse que no uma parte das pessoas, no algo de que as demais partes das pessoas possam separar-se para ser observado como objeto. O que se investiga deve naturalmente ser uma pessoa e uma pessoa no pode estabelecer uma distncia relativamente a esse que, uma vez que justamente esse que que instaura distncias e proximidades, ou seja, a diversidade do especfico. Que a vida se d como limite o processo vivo que se investiga. Husserl descreve como o eu sente a si mesmo como eu mediante um colocar a si mesmo numa distncia, como um objeto a ser investigado. O movimento desse colocar-se, porm, nunca se deixa apreender. Assim, no possvel nem descrever e nem explicar esse que, esse processo vivo, do mesmo modo que descrevemos ou explicamos objetos (inclusive os traos de nossa personalidade). Isso no significa, porm, que devamos deixar esse que para l. Ignorar esse que acarreta o perigo de nos fecharmos num mundo esttico e imanente onde nos ressentimos de um relacionamento com as questes mais fundamentais, ou onde as atitudes fundamentais tornam-se irrelevantes. Para Jaspers, em sua maior parte, filosofia, religio, arte surgem de diversas tentativas de lidar com essas situaes-limite mediante a formao de regies delimitadas. Uma regio traz em si condies para um conhecimento embora a vitalidade do limite no possa ser em si mesma objeto de conhecimento. Isso no caracteriza porm apenas o que estamos chamando de que da pessoa em contraste ao que dos modos e especificidades da pessoa. O mundo como um todo tampouco pode objetivar-se, pois o mundo no pode ser colocado em contraste com outra coisa, com outro limite. O mesmo se d com o conceito Deus, enquanto o conceito mais elevado que se pode pronunciar. Isso que no se deixa apreender mediante uma delimitao frente a outras regies ou mbitos especficos, foi o que Kant chamou de idia. Nesse sentido, a idia expe a vitalidade desse que enquanto doao da vitalidade do limite. Que pessoa se d como limite, isso constitui a condio de possibilidade para a especificidade da pessoa, para o que a pessoa , para o seu modo de ser ou personalidade. Essa condio, esse que, podemos chamar, com Jaspers, de liberdade. liberdade em parte por estar livre das generalizaes dos conceitos mas tambm por ser a abertura para o que a pessoa em sua especificidade ainda no , ou seja, por ser a fora de seu movimento. Enquanto abertura frente ao que a pessoa tambm no ao ser o que , esse que consiste igualmente no que ela, a pessoa, no controla. Sua liberdade ser especfica, nica e ao mesmo tempo a fora de movimento frente a essas possibilidade infinitas de escolha e variaes infinitas. Essa liberdade ao mesmo tempo a sua dependncia, o que

constitui a sua possibilidade de agir, pois criar e escolher o que ela no pode criar e nem tampouco escolher. Isso lhe dado. Sua liberdade no , assim, algo que ela possua no sentido de poder controlar. Que ela essa liberdade, nisso consiste a sua liberdade. Nesse sentido, pode-se ainda dizer que ela j sempre expresso dessa liberdade. a liberdade que instaura a vontade e no a vontade que instala a liberdade. Essa liberdade dada, ou melhor, a liberdade de doao tampouco pode tornar-se objeto. No obstante, o que acontece pela e desde a liberdade pode ser compreendido e tornar-se objeto para estudos humansticos. Liberdade , desse modo, caracterstica e constitutiva para toda conscincia. Em virtude dessa movimentao da liberdade na doao podemos e at mesmo devemos cultivar o modo, o jeito, o o que, (teor quiditativo) da personalidade. Esse modo o que podemos elaborar e modificar. sempre j nos foi dada uma certa especificidade, pela qual possumos um lugar no sistema e a partir do qual entendemos a pessoa: dentro dessa estrutura de descrio que um eu se estabelece com certos limites fixos. O eu pode influenciar essa posio em estruturas enquanto ponto livre de possibilidades. Um dos extremos das teorias sobre a personalidade representado, por exemplo, pela idia de que nascemos como tabula rasa, tal pgina em branco, ou seja, que todos nascemos com as mesmas condies. Mediante as influncias do meio-ambiente, essa pgina em branco passa a ser preenchida de modos distintos. De acordo com essas teorias, esse preenchimento que constitui nossa personalidade. Essa maneira de ver implica que os indivduos sejam de incio iguais e que s depois, mediante um preenchimento, passam a distinguir-se ao ocuparem lugares distintos na rede de universalidades. A igualdade que podemos encontrar est portanto relacionada s universalidades. O igual , ao mesmo tempo, o que constitui a possibilidade para a diferena entre pessoas. Para haver igualdade porm preciso que haja diferena. Ser diverso a condio bsica para que possamos ocupar lugares distintos na rede de universalidades. Como pginas em branco somos iguais, mas como diversos somos no iguais. O que partilhamos e compartilhamos justamente o que nos separa. Mesmo partindo-se, como hoje to comum, da premissa de que nascemos iguais e de que essa igualdade pode modificar-se, o modo de pensar a diferena no se modifica. Ter cdigos genticos diversos significa que, desde o momento em que o esperma e o vulo se juntam, o que resulta dessa juno entra imediatamente na rede de universalidades. A dificuldade est em que, enquanto disposio para diferentes cdigos genticos, no nos distinguimos. Para alm das universalidades, encontramos no momento da especificidade uma outra conjuno. Justamente em nos separando, em nos diferenciando, que copertencemos, que somos iguais. Esse ns nos separamos no deve ser entendido ntico-cronologicamente como um ns j existamos antes da diferena ter lugar. Ao contrrio, esse ns existimos s acontece por fora da diferenciao. Diferena por sua vez s existe pela fora de um ns. Quando o conceito alcana assim o seu limite, vendo-se extrinsecamente interligado com seu contrrio, tocamos no que Jaspers chama de antinomia da existncia. Essas antinomias ficam mais ntidas quando acontecem dentro de um e mesmo conceito.

J mencionamos um exemplo disso. Escrevemos acima que o que partilhamos o que nos separa. O conceito partilhar, fazer parte sustenta uma tal antinomia. O que partilhamos por um lado o ponto que nos rene, o ponto em que no mais nos separamos e distinguimos. Isso fica claro em frases como partilhamos um ponto de vista quando partilhamos um ponto de vista o ponto de vista o ponto em que passamos a conviver e ser parte do mesmo. Mas o ponto de partilha tambm significa o ponto em que um eu e um tu se separam e distinguem. Separar-se significa seguir direes distintas. Partilhar simultaneamente o ponto que nos rene e separa. Quando eu e tu partilhamos algo, uma convico, esta nos rene mas justamente por sermos distintos, pois somente em sendo distintos podemos ter algo em comum. Quando nos separamos, o conceito funciona em outra direo, pois se est pressupondo que j fomos con-juntos para poder separar-nos. Existem outros exemplos lingsticos que expem de modo ainda mais gritante essa vitalidade da antinomia. Se eu e tu partilhamos um bolo, o conceito se v ativado em ambas as direes. A unidade do bolo ultrapassa uma disperso enquanto eu e tu nos unimos. Que eu e tu partilhamos o bolo no significa somente que o bolo se parte, mas igualmente que um ns se cria nessa partilha, que eu e tu nos unimos em um ns mediante uma ao e uma ao conjuntas. Ns nos criamos medida que ns assumimos a unidade do bolo, ao parti-lo e com-lo. Ns damos ao bolo a nossa separao e dele extramos a nossa unidade. No obstante o verbo partilhar comporte a conjugao inalienvel desses dois sentidos contrrios, s muito raramente os confundimos. Talvez porque os dois sentidos no sejam propriamente oposies mas sim sentidos simultneos, onde um pressupe o outro. No partilhar ativamos sempre dois separao e conjuno o movimento pode ir de uma direo para a outra ou simultaneamente para ambas. Nossa partilha da especificidade que nos separa pode ser entendida num paralelismo direto com a anlise do conceito partilhar, acima esboada. O modo especfico de uma pessoa s pode ser entendido em relao ao modo especfico de outra pessoa. Um eu s pode ser entendido a partir de um tu e o tu e o eu s podem ser entendidos a partir de um ns. Fascinante que o teu e o meu que (a vitalidade da vida se d como limite, a liberdade ilimitada do limite) no se separa do eu e do tu, sendo no entanto justamente o que nos separa. Aproximar-se desse ponto originrio significa pensar as oposies ao mesmo tempo. Isso foi o que pensadores como Nicolau de Cusa chamaram de coincidentia oppositorum. medida que eu e tu nos separamos e compartilhamos, partilhamos mundo (em ambos os sentidos). Mundo a multiplicidade de diferenas que se tenciona entre diferentes especificidades. Os pontos de reunio significam que ns partilhamos mundo ao mesmo tempo que nos separamos em nossos modos especficos de possuir esse mundo. Partilhamos o mundo mas tambm o separamos e dividimos em partes. Outros conceitos aproximam-se desse mesmo ponto-limite to operante no verbo partilhar. Como vimos, nossa liberdade comporta dependncia. Pessoa comporta especificidade e ao mesmo tempo igualdade enquanto possibilidade. Essas oposies distinguem-se, todavia, das antinomias descritas por Jaspers que

tenciona um campo de relao com um nmero imenso de pontos possveis. Essas oposies caracterizam-se por falta de distncia e simultaneidade. Devemos observar que a terminologia que escolhemos introduz uma distino ulterior. Fiz uma distino entre o modo da especificidade e o que. Nesse que d-se uma simultaneidade. Esse que nos compartilha (conjuga) e nos separa. O modo da especificidade explicitamente distinto (no obstante ocupar lugar numa estrutura que comum a todos). Essa distino se d no prprio conceito de especificidade. Isso mostra como mundo, linguagem e pensamento se constroem por diferenas que ns podemos reunir e conjugar de modos variados. O pensamento se constitui em vendo diferenas mesmo que isso acontea numa unidade que assim se torna no transparente para si mesma. No podemos ver o que no se distingue, mas mesmo assim parece que temos uma necessidade contnua de exprimir essa conjuno invisvel e transparente. Assim, estamos de volta aos conceitos que Jaspers chama de idias: deus, mundo e talvez um conceito como subjetividade transcendental. Aqui, a palavra que mais se aproxima dessa categoria que. Que designa sobretudo a simultaneidade desse algo comum, situado para alm das distines do pensamento. Jaspers caracteriza esse que valendo-se do conceito de transcendncia e tambm da expresso o transcendente para marcar esse outro que abarca tudo e que justo por isso no se deixa saber. Pensar buscar compreender as pressuposies do pensar. Pensamento caracteriza-se por conscincia, atividade e diferena. O que encontramos no que da especificidade que limite e especificidade se do , porm, algo que no tem espao no pensamento, sendo no entanto aquilo de que depende o pensamento. O pensamento ativo pode influir sobre o modo da especificidade. J sobre o fato de que h especificidade, de que nossa liberdade e possibilidade so doaes e no determinaes, sobre isso o pensamento no pode jamais influir. A possibilidade de nos separarmos e distinguirmos no pode ser dada a ns por ns mesmos. Ao contrrio, em virtude dessa partilha (doao) que o si mesmo pode surgir. Essa doao tampouco pode objetivar-se. Todavia, frente a ela nada podemos fazer a no ser tentar objetiv-la e exprimi-la. Jaspers (1970) chama de cifraessa relao que s pode ser nomeada como inominvel, que s pode ser descrita como indescritvel. Cifras so indicaes. Sua ao indicar multiplamente, nunca como um nico modo de compreenso. Compreender literalmente cifras, na forma de uma imagem correta, de uma nica armao conceitual que seria capaz de corresponder de forma direta e excludente quilo que est a simbolizar, o mesmo que dogmatismo e fanatismo. Assim como a rede de universalidades, tambm as cifras parecem negar o especfico, o cada um a seu modo. A negao das cifras estaria em negar o especfico e individual em prol da origem comum. Mas as cifras podem ser entendidas diferentemente. Podem ser entendidas de acordo com o conceito de partilha sobre o qual venho insistindo. Ou seja, o movimento das cifras e o movimento do especfico o mesmo movimento s que em direes diversas. Cifra como cifra aponta em direo ao que Jaspers chamou de transcendncia ao passo que o especfico surge da transcendncia. A rede de universalidades para o especfico pode ser

por sua vez entendida como estruturas que acolhem a entrada do especfico justamente no momento em que generaliza o especfico. Tambm a relao entre ambas deve ser entendida como relao recproca. Jaspers faz uso, mais uma vez seguindo Kant, das palavras bblicas no fars para ti imagens, nem figura alguma do que existe em cima, nos cus, nem embaixo, na terra, nem do que existe nas guas, debaixo da terra (Ex 20,4), como a mensagem mais profunda da Bblia. Imitar Deus, a transcendncia, o nada, ou seja fabricar imagens da transcendncia sempre tarefa impossvel porque esses conceitos procuram indicar o que nunca pode se objetivar. Ao mesmo tempo, o ser humano caracteriza-se justamente por no conseguir evitar tentar imitar a radicalidade inimitvel do fundo da vida. Como seres de pensamento e linguagem, como seres simbolizadores, vivemos de maneira a continuamente fazer imagens mesmo das condies mais extremas e isso de tal modo que imagens extremas de Deus, do mundo, de ns mesmos emergem como condies necessrias para toda objetivao possvel. A tradio da assim chamada teologia negativa levou plenamente a srio o problemtico dessa condio humana. Ao invs de criar imagens, questo concentrar-se em retirar as imagens e os nomes. Mas mesmo essa ao negativa pode ser entendida como reprodutiva, ou seja, como imitativa e imagtica do nada da transcendncia. Pode ser entendida como um imagear a prpria falta de imagem, a sua fundamental liberdade e dependncia. Todavia, essa reproduo no busca entificar ou objetivar esse que a diferena se d e sim desentificar-se ou desapegar-se das tentativas de sua reproduo e imitao. O seu movimento fundamental uma imagem do sem imagem, a forma do sem forma. Jaspers considera que devemos nos permitir a imageao do inimaginvel, a expresso do inexprimvel e no apenas a no imagem, no expresso porque nesse caso negaramos o mundo, afundando numa mudez abissal. Nesse sentido, Jaspers persegue ainda cifras substantivadoras e uma atitude substantivadora. Ele prefere falar de um algo que no se deixa objetivar, evitando falar sobre esse que como um nada. Ele fala sobre o transcendente e sobre o circum-envolvente. No obstante todas as medidas de precauo, essa atitude tende a cultivar um pensamento substantivador ao invs de buscar questionar com toda seriedade um tal pensamento. Diferentemente de Jaspers, Heidegger busca as formas verbais desse nada, expondo em seu pensamento a necessidade de se descrever como o raio s existe no raiar, como s possvel falar do transcendente num transcender. Descobrir e interessar-se por esse transcender no significa porm, como j constatamos anteriormente, deixar-se apavorar pela sua inacessibilidade para o pensamento. Significa, ao contrrio, uma conscincia e visualizao do princpio da partilha e participao. A colocao de Jaspers culmina na admisso de que objetivar preciso. Ele tambm considera como uma conseqncia lgica dessa posio que a cada sujeito corresponde um objeto. Isso significa que ao mesmo tempo em que o prprio eu se coloca para si como eu, coloca-se um objeto divino. A cada sujeito pertence um Deus. A separao e distino que tem lugar com o ingresso do especfico no somente a separao ou distino entre tu, eu e coisa. Quando o sujeito, enquanto liberdade doada, surge num mundo,

surge igualmente uma liberdade dada no mundo, distinta do sujeito, como um objeto exterior, ou seja, como um Deus. Jaspers entende que se isso no acontecesse no poderamos tampouco aproximar-nos dessa liberdade, uma vez que compreenso exige um sujeito e um objeto. Que liberdade no pode ser objetivada, isso no significa que ela no possa dar surgimento ao objeto. Deus, deuses ou o divino so objetos que nos permitem pensar nossa prpria possibilidade de liberdade, nossa passividade e dependncia. Os deuses so assim igualmente co-originrios com o nosso eu, sendo verdadeiro tanto dizer que ns colocamos nosso deuses para depois imit-los como o que nos oposto, como dizer que os deuses que nos colocam como sujeitos. Jaspers leva esse pensamento ainda mais adiante quando interpreta, a partir de seu horizonte protestante, cifra como o Deus nico e pessoal. * Jaspers entende a relao entre Deus e homem como a demarcao de um limite entre o que o homem entende como prprio e o que entende como estranho, como outro. O homem o dado. O que d Deus. Essa separao desenvolve-se mais detalhadamente quando Jaspers aprofunda o entendimento de Deus como um Deus nico e pessoal. No Deus nico, o indivduo deixa espelhar sua prpria unidade. O eu torna-se assim uma continuidade mais forte, acentuando a sua identidade consigo mesmo. Num mundo politesta, acentua-se, ao contrrio, um entendimento multifacetado do indivduo, uma compreenso nem sempre concordante ou unificada do eu. O Deus pessoal igualmente condio e resultado de um enfoque no desenvolvimento da personalidade do homem. atravs do Deus pessoal que, para Jaspers, o homem pode tornar-se pessoa. Jaspers considera que quando o homem encontra a transcendncia como um eu encontra-se com um tu, a cifra da transcendncia assume a forma do Deus pessoal. Um eu pessoal torna-se ainda mais pessoal, ou seja, ainda mais especfico, o que possibilita, por sua vez, que um Deus pessoal e especfico possa tornar-se mais prximo. Esse processo da pessoa tambm cria as condies para distncia e proximidade. Tanto o eu pessoal como o Deus pessoal tornam-se mais nitidamente delimitados, tornandose assim mais facilmente compreensveis. Deus pode chegar mais perto porque existe um outro que est bem distante. Enquanto pessoa especfica, eu posso distinguir-me e tornar-me consciente de uma responsabilidade pessoal, acoplada a uma liberdade pessoal, que exige uma conscincia mais elaborada do eu e um foco nas diferenas. medida que o transcendente torna-se cada vez mais pessoa, o homem torna-se, na mesma medida, mais pessoa. O carter assumido pelo Deus pessoal, forma-se pelo sujeito pessoal. Jaspers entende, dessa forma, que Deus pode assumir tantas personalidades quanto existem seres humanos. O homem se sente assim pessoalmente chamado pelo Deus pessoal, ficando espera de uma resposta pessoal. A partir da leitura do conceito de cifra, proposto por Jaspers, podemos relacionar uma cultura com forte foco num Deus nico e pessoal com uma cultura que focaliza indivduos fortes, com personalidade caracterstica. Em nvel de sociedade, o Deus pessoal e nico possui uma outra

funo. Enquanto um e pessoal, ele haver de ter algumas pessoas mais prximas e outras mais distantes. Formulando-se a personalidade de Deus como uma e comum para todos os homens, Deus haver de criar uma hierarquia entre as pessoas. Talvez possamos encontrar aqui um motivo para a tendncia ocidental e dogmtica de por eu entender o eu especfico, ativo e egosta. Ou com outras palavras: a tendncia de s permitir que o conceito eu abarque uma certa parte de seu ser. O Deus nico enfoca um indivduo coeso e contnuo que com isso se distingue e separa radicalmente de seu mundo circundante. O Deus pessoal e o homem pessoal enfocam a unicidade especfica e a especificidade do indivduo, ou seja, tanto que ele se separa como o modo como ele se separa. No processo de secularizao do Ocidente, esse processo parece ter sobrevivido na forte crena em indivduos independentes e de que os limites do indivduo so demarcados na sua pessoa. Aceitamos com isso apenas um dos sentidos de partilhar. Aceitamos que nos separamos uns dos outros, mas no o ponto de convergncia simultneo que est sendo pressuposto e ao mesmo tempo criado nessa separao. O conceito Deus foi muitas vezes entendido, no seio da tradio crist, como causa comum da qual todos dependemos, mas que distinto e separado do eu humano. Como pessoa, esse Deus constitui o mximo de toda caracterstica positiva. O que est alm da extenso humana ou do eu constitui a sua personalidade especfica. No cristianismo, a vontade do ego pessoal humano traz quase sempre a conotao de pecado, apresentando-se como uma reduo em relao personalidade de Deus. Deus o que doador e o homem o modo especfico desse que, o seu o que. Na secularizao, ou melhor, na profanao do cristianismo, o conceito de pessoa tem uma conotao bem positiva, pois a ser-pessoa est ligado auto-realizao em sua especificidade independente e autnoma. Que a personalidade coincida com o uno no Deus cristo, isso implica um forte individualismo e culto da personalidade, que tanto positivo como nefasto. O Deus pessoal e nico confere limites mais estreitos ao eu porque espelha a especificidade e personalidade humanas mas no a no-especificidade de sua passividade. Mediante essa estreita identificao, ela se v por outro lado ainda mais separada e extrada do Deus pessoal. provavelmente um processo semelhante que resulta numa filosofia substancialista, uma filosofia que no capaz de ver o acontecimento da partilha, podendo apenas apartar o que doador, o fundo da vida e do ser em categorias rgidas, estritamente distintas uma das outras. A filosofia substancialista aquela que define substncias em seu ncleo e no a partir de seu relacionamento com outras, ou seja, no a partir de seus limites. A exceo seria o pensamento das tradies influenciadas pela religiosidade dos chamados msticos que, em sua grande extenso, buscam aproximar-se do processo de partilha, como por exemplo, a filosofia de Heidegger. Se essa tradio de carter substancialista enfocou o ncleo do eu o que diferencia o eu e que podemos objetivar e compreender como uma substncia , a tradio baseada na religiosidade mstica apresenta uma compreenso oposta.

Aqui, investigam-se sobremaneira os limites e relaes entre Deus e o homem, entre sujeito e objeto. Nela, investiga-se o acontecer da partilha, do a-partar-se fazendo parte. Tanto o conceito Deus como o conceito eu descobrem um sentido radicalmente distinto. Msticos como Erigena, Mechtild von Magdeburg ou Mestre Eckhart investigam mais agudamente o eu pessoal dependente e a passividade e, assim, a liberdade doada em que a pessoa no mais se coloca como sendo um eu mas como o no-ser do eu no no-eu do ser. A questo sobre ser-pessoa assim central para culturas que vivem a partir do paradigma do Deus uno, nico e pessoal. central na criao das felicidades e infelicidades, das fortunas e dos infortnios dessas culturas e no que se define como fortuna e infortnio. O foco no modo da pessoa e a colocao de seu que para alm do eu, num deus distanciado, v-se fortalecido no processo de secularizao, j que esse que a se torna invisvel e esquecido. Essa invisibilizao resulta em que, cada vez mais facilmente, assumimos uma atitude objetivante com relao a ns mesmos, com relao ao mundo e vida em torno de ns, negligenciando assim o acontecer da vida ela mesma. Jaspers afirma que no h alternativa. No seio da religio do Deus pessoal existe contudo um fluxo que, ao contrrio do que assume Jaspers, no quer negar a vida, mas quer se movimentar o mais prximo possvel do apartar nascivo e nascente, dos limites parturientes. Reflexo final De acordo com sua etimologia, a palavra pessoa vem da palavra latina persona, que significa mscara. Se ser-pessoa significa de algum modo uma mscara, ento deve-se perguntar mscara de qu? No deve ser mscara de algo especificamente distinto, pois nesse caso haveramos de chamar justo esse outro de pessoa real e verdadeira. Deve-se entender pessoa como uma imagem do que no se deixa imagear, uma cifra especfica que sempre apenas existe como uma cifra multifacetada, como uma cifra da possibilidade de liberdade. Isso no significa que o conceito de eu se estreite, passando a corresponder apenas ao modo da pessoa. Na verdade, o que acontece que passamos a ouvir eu no tanto como um conceito dotado de extenso rgida, mas como o ponto em que a extenso se forma. Tanto o conceito pessoa quanto eu passam ento a exprimir uma abertura e no limites definitivos. As questes se o eu existe ou se Deus existe tornam-se assim questes ambguas quando os conceitos se aproximam de seus limites e mostram-se como um intercmbio dinmico, nascivo e intenso. Nossa pessoa expresso da liberdade, um movimento vivo, um acontecer que, como demarcante de limites, de-marca limites que se enrijecem e so compreendidos como substncias. Se entendemos por pessoa uma caracterizao que pode ser colocada na rede de universalidades, ento falamos de sedimentos rgidos de um acontecer vivo. Mas possvel, no obstante a rede de universalidades, sempre ainda vislumbrar a rigidez do limite sob o prisma da vitalidade sem limite do limite.

Referncias JASPERS, Karl. Chiffren der Transzendenz. Mnchen: R. Piper & Co. Verlag, 1970.

COMENTRIOS
ARISTTELES E A METBASE
Carlos Arthur Ribeiro do Nascimento*

Os textos que compem o Organon foram ordenados em funo da analtica, isto , o estudo ou anlise do silogismo. Tal estudo pode ser feito tanto do ponto de vista da coerncia, isto , do ponto de vista formal, quanto do ponto de vista do rigor ou preciso, isto , do ponto de vista da matria. Esta indicada pelo modo de conexo entre o predicado e o sujeito nas proposies com as quais o silogismo construdo. Os Primeiros Analticos estudam o silogismo do ponto de vista formal e os Segundos Analticos, do ponto de vista da matria. De modo mais particular este tema abordado nos captulos 4 a 12 do Livro I dos Segundos Analticos. Sendo a cincia, para Aristteles, o conhecimento necessrio, o silogismo cientfico, isto , que produz cincia, dever constar de proposies necessrias. Para apresentar esta necessidade caracterstica das proposies que compem um silogismo cientfico ou demonstrao, Aristteles recorre noo de universal. Tal universalidade (Segundos Analticos, Liv. I, cap. 4) se caracteriza, para Aristteles, atravs de trs noes referentes maneira de o predicado convir ao sujeito nas proposies de uma demonstrao. Essas noes so progressivamente restritivas e a relao do predicado com o sujeito deve satisfazer s trs para que se tenha uma demonstrao. Nas proposies da demonstrao, o predicado deve convir ao sujeito kat panths (de omni de todos), kathaut (per se por si) e t kathlou (ut universale como universal). A primeira expresso considera o sujeito do ponto de vista da extenso. O predicado deve convir a todos os elementos da classe designada pelo sujeito. A segunda considera o sujeito do ponto de vista de sua compreenso. Ele est ligado ao que o sujeito , ao que o define, sua essncia. Finalmente, a terceira noo indica que o predicado convm a tal sujeito, no apenas porque se aplica a todos os seus inferiores, nem porque est implicado no que ele , mas convm-lhe precisamente na medida em que tal sujeito, isto , em primeiro lugar. Por exemplo, ter a soma dos ngulos igual a dois retos um predicado t kathlou do tringulo porque convm-lhe em primeiro lugar, precisamente pelo tringulo ser
Professor titular, IFCH, UNICAMP (aposentado); professor assistente-doutor, Departamento de filosofia, PUC-SP (instituio em que trabalha atualmente). carlos-arthur@ajato.com.br
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tringulo. No se trata de um t kathlou nem da figura, embora o tringulo seja uma figura, nem do tringulo issceles, embora este seja um certo tipo de tringulo. Ter a soma dos ngulos igual a dois retos convm figura e ao tringulo issceles, no na medida em que so figura ou tringulo issceles, mas na medida em que so tringulo. Se assim , as demonstraes dizem sempre respeito a um determinado gnero-sujeito. Esta uma decorrncia imediata da maneira como Aristteles concebe a demonstrao ou silogismo cientfico. O prprio Aristteles parece ter se dado conta do extremo rigor implicado em sua caracterizao da demonstrao. Com efeito, podemos ter um silogismo em que as premissas e concluses so kat panths e kathaut, mas no temos certeza se se trata de um t kathlou (cf. Segundos Analticos, Liv. I, cap. 9, 76a26-30). De todo modo, se as demonstraes dizem respeito sempre a um determinado gnero de sujeito, segue-se que no se pode usar num gnero, a demonstrao pertencente a outro gnero. Fica, portanto, interdita a transferncia de demonstraes entre os gneros, isto , fica proibida a metbasis. Tal proibio no uma espcie de capricho. Trata-se de uma conseqncia absolutamente necessria da prpria definio da demonstrao que a restringe a um determinado gnerosujeito. Alis, o prprio Aristteles quem, ao iniciar o captulo 7 do Liv. I dos Analticos Posteriores, indica essa conexo: Assim, pois, no possvel provar transgredindo a partir de um outro gnero por exemplo, o geomtrico pela aritmtica (75a38). No entanto, como indicado em uma passagem da Fsica (II, 2, 193b22194a11)1, a transferncia de demonstraes era praticada em algumas disciplinas como a tica, a harmnica e a astronomia, s quais Aristteles acrescenta (Segundos Analticos, 9, 76a25) a mecnica. De fato, demonstraes geomtricas eram usadas na tica, astronomia e mecnica e, por outro lado, demonstraes aritmticas na harmnica. Aristteles considera, tanto na Fsica como nos captulos 7 e 9 dos Segundos Analticos, esses exemplos como conhecidos. Ora, tais exemplos poderiam parecer, pelo menos primeira vista, contradizer sua doutrina a respeito da restrio das demonstraes ao gnero-sujeito respectivo. Diante desses casos, longe de modificar sua doutrina, Aristteles reafirmaa:
A demonstrao aritmtica sempre envolve o gnero a respeito do qual demonstrao e tambm semelhantemente as outras demonstraes. Por conseguinte, se a demonstrao houver de

Utilizamos as seguintes tradues: Aristteles, Fsica I-II, Trad., rev. e notas L. ANGIONI. Campinas: Inst. de Fil. e Cinc. Humanas Unicamp, 2002 (Clssicos de Filosofia: Cadernos de Traduo, 1); Segundos Analticos I, trad., intr. e notas L. ANGIONI. Campinas: Inst. de Fil. e Cincias Humanas Unicamp, 2004 (Clssicos de Filosofia: Cadernos de Traduo, 7).

transgredir, necessrio que seja o mesmo gnero ou simplesmente sem mais, ou de algum modo (Segundos Analticos, 75b7).

O texto continua, relembrando que, se os extremos e os meios no silogismo no forem do mesmo gnero, ter-se- uma predicao por acidente (75b10). Seguem-se dois exemplos de demonstraes impossveis no mbito da geometria por se tratar de proposies estranhas ao sujeito da geometria (75b12), encadeando-se imediatamente a regra geral e os exemplos das aparentes excees:
Nem tampouco cabe a uma cincia provar o que de outra, a no ser para todos aqueles itens que assim se comportam reciprocamente de modo que um est sob o outro, tal como, por exemplo, a tica se comporta em relao geometria e a harmnica em relao aritmtica (75b 15-16).

Supe-se que os exemplos citados representem casos em que o gnerosujeito das disciplinas envolvidas o mesmo de algum modo. O captulo 9 (76a4-15) acrescenta uma outra considerao. O pargrafo relembra a regra de que a demonstrao procede a partir dos princpios de algo considerado precisamente como tal. Dessa regra deriva a necessidade de que o termo mdio seja homogneo com os extremos, isto , esteja no mesmo gnero que eles. Vem ento uma observao no apresentada at agora:
E, se no estiver, necessrio [que se conhea] como os itens harmnicos a partir da aritmtica. Pois tais itens se provam pela mesma maneira, mas comportam uma diferena: pois [conhecer] o qu pertence a outra cincia (pois o gnero-sujeito diverso), ao passo que [conhecer] o por qu pertence cincia de cima, da qual so as afeces por si mesmas. Por conseguinte, inclusive a partir disso manifesto que no possvel demonstrar cada item simplesmente sem mais, a no ser a partir dos princpios de cada um. Mas os princpios destes [itens harmnicos] comportam o comum.

Aristteles situa a harmnica sob a aritmtica que lhe superior como j o fizera antes no cap. 7 (75b15-16) e acrescenta que cabe cincia superior conhecer o por qu, pois as afeces demonstradas so propriamente do sujeito desta. A cincia que est sob esta conhece apenas qu. Apesar de ter dito que esta ltima cincia tem gnero-sujeito distinto do gnero-sujeito da primeira, Aristteles v no que ocorre uma indicao de que no possvel demonstrar simplesmente sem mais, a no ser a partir dos princpios de cada um. o que ocorre aqui, pois os princpios dos harmnicos comportam o comum com os do sujeito da aritmtica. O pargrafo parece ento dirigido no sentido de reduzir a aparente exceo regra comum.

Comparativamente com a passagem do cap. 2 do Livro II da Fsica2 mencionada anteriormente, os captulos 7 e 9 do Livro I dos Segundos Analticos se apresentam como menos estruturados. Talvez essa caracterstica redacional seja devida ao fato de que a impossibilidade da metbase uma conseqncia de tal modo evidente da concepo aristotlica de demonstrao, que fica difcil argumentar discursivamente a respeito. Aristteles parece ento reiterar sua tese sob formulaes variadas ou, em outros termos, enfileirar uma srie de consideraes, exemplos e argumentos que reafirmam a mesma tese. A preocupao bsica dos captulos 7 e 9 do Livro I dos Segundos Analticos seria ento sustentar a inexeqibilidade da metbase e mostrar que aqueles casos que aparentemente se apresentam como efetivao desta, em vez de propugnarem a favor da metbase, so de fato evidenciaes de que a demonstrao est restrita a um gnero-sujeito. Como se pode observar ainda, o texto dos dois captulos em questo abusa das elipses (ANGIONI, 2004, cap. 9, nota 1), estando tambm ausente do texto uma terminologia mais explcita posterior. Por exemplo, no se fala de cincia subordinante ou subalternante e subordinada ou subalternada. Diz-se apenas que uma est sob a outra ou melhor que seus gneros-sujeitos esto um sob o outro. A associao do conhecimento de qu e de por qu com a cincia que est sob a outra e com a que est acima da primeira no desenvolvida. A ela se voltar no cap. 13. A impresso final que resta do percurso desses dois captulos do Livro I dos Segundos Analticos a de que Aristteles no menciona as disciplinas do tipo da tica, harmnica, astronomia e mecnica por si mesmas. Ele as encontra em seu percurso como possveis excees a sua restrio das demonstraes ao gnero-sujeito pertinente. isto que ele pretende ressaltar. No parece haver interesse em dar relevo ou abrir um lugar para tais disciplinas. O que est em foco a tese de que se houver transferncia de demonstraes, necessrio que o gnero seja o mesmo, pura e simplesmente ou pelo menos de um certo modo (75b7). O captulo 13 do Livro I dos Segundos Analticos dedicado distino entre conhecer qu e conhecer por qu. Aristteles comea por distinguir duas situaes em que esta distino ocorre: na mesma cincia e em cincias distintas. A primeira situao subdivide-se em dois modos: um primeiro quando o conhecimento se d, no pela causa prxima, mas pela causa remota; o segundo, quando o conhecimento ocorre atravs do efeito, embora Aristteles no use este termo. Em cincias distintas, Aristteles fala da distino entre o conhecimento de qu e do por qu tanto em cincias que esto uma sob a outra (subordinadas) como em cincias que no esto uma sob a outra. Poder-se-ia propor o seguinte esquema:
Para uma anlise de Fsica II, 2, 193b22-194a12, ver nosso trabalho Physique et mathmatique daprs un passage de la Physique dAristote (NASCIMENTO, 2005, p. 4954).
2

Pelo que no causa X pela causa (1) Na mesma cincia Pela causa longnqua X causa prxima (2) Conhecimento de qu e de por qu Uma estando sob a outra (3) Em cincias distintas Uma no estando sob a outra 4)

Cada uma dessas possibilidades ilustrada por meio de exemplos. No primeiro caso (1) temos o exemplo dos planetas que esto prximos por no cintilarem. Mas tal conhecimento apenas de qu, assumindo-se a afirmao de que o que no cintila est prximo, por induo ou como resultado da percepo sensorial. O conhecimento de qu e no de por qu, pois no por no cintilarem que esto prximos, mas antes por estarem prximos que no cintilam. , ento, possvel construir tambm um silogismo do por qu. Os dois silogismos se apresentam da seguinte forma: a) silogismo de qu os planetas no cintilam; ora, o que no cintila est prximo; logo, os planetas esto prximos; b) silogismo de por qu os planetas esto prximos; ora, o que est prximo no cintila; logo, os planetas no cintilam. Um exemplo equivalente a prova da esfericidade da Lua pelo fato de esta apresentar crescentes. Aqui tambm se pode construir um silogismo de qu e de por qu, pois apresentar crescentes e ser esfrico se reciprocam, mas no devido aos crescentes que a Lua esfrica, mas antes por ser esfrica que assume crescentes de tal tipo. O segundo caso (2) ilustrado pelo exemplo da parede que no respira porque no animal. Ora, esta no a causa de no respirar por que h, segundo Aristteles, animais que no respiram. Quer dizer, no h

reciprocidade entre ser animal e respirar como h entre o equilbrio do quente e do frio e a sade. O silogismo, no caso, assume a seguinte figura: tudo que respira animal; ora, a parede no animal. Logo, a parede no respira. As causas desse tipo, diz Aristteles, so hiperblicas, isto longnquas, como o dito de Ancarsis (sc. VI a.C.) de que entre os Citas no h flautistas, pois tampouco h vinhas. Estes dois casos ocorrem como Aristteles relembra dentro da mesma cincia e conforme a posio (thsis) do termo mdio. Aristteles menciona tambm um caso como que intermedirio entre o primeiro e o segundo em 78b11, antes de tratar do caso (2): mas naqueles casos em que os termos intermedirios no se contrapredicam e em que mais familiar aquele que no causa, se prova o qu, mas no o por qu. Tem-se, portanto, um caso que participa da condio de remoto e de efeito. O terceiro (3) e o quarto (4) casos vo nos interessar mais de perto pois a Aristteles, sobretudo no terceiro (3), menciona as disciplinas que j tinham sido citadas nos captulos 7 e 9 do Livro I dos Segundos Analticos e no captulo 2 do Livro II da Fsica. O professor Lucas Angioni publicou um artigo3 que percorre essa parte do texto dos Segundos Analticos. No se pretende aqui discutir em detalhe o texto do professor Lucas. Se for permitido emitir uma opinio geral, dir-se- que suas anlises e consideraes parecem exatas e pertinentes. Se alguma discordncia h em relao a seu texto, diz esta respeito ao enfoque proposto pelo artigo que tenderia a reverter para Aristteles uma posio que no estaria explicitada nos textos deste e s veio a ser formulada de maneira mais explcita no decorrer de um longo percurso histrico que o presente estudo no se prope a retraar (NASCIMENTO, 2005, p. 49, n. 2 e p. 54, n. 6). Aristteles introduz esta parte do captulo 13, contrapondo o que vai dizer ao que precede; mas, de um outro modo, o por qu diferente do qu porque se considera cada um deles atravs de uma cincia diversa. Isto ocorre, continua o texto do captulo 13, quando um est sob o outro tal como, por exemplo, o que tico em relao geometria, o que mecnico em relao estereometria, o que harmnico em relao aritmtica e o que observado em relao astronomia. Algumas dessas cincias chegam a ter o mesmo nome, pois astronomia, tanto a matemtica como a nutica e harmnica, tanto a matemtica como a de ouvido. Relembrando o que j tinha sido indicado no cap. 9, Aristteles enuncia que conhecer o qu pertence aos que observam, ao passo que conhecer o por qu pertence aos matemticos: pois estes possuem as demonstraes das causas. Ocorre mesmo que muitas vezes no conhecem o qu, tal como aqueles que consideram o universal muitas vezes no conhecem alguns dos particulares, devido falta de inspeo.

Aristteles e o uso da matemtica nas cincias da natureza (WRIGLEY; SMITH (orgs.), 2003, p. 207-37).

A observao em 79a7-10 parece extremamente relevante por que relembra o texto da Fsica no que se refere definio matemtica e definio fsica e tambm por que parece fazer uma referncia ao modo de proceder das cincias que esto sob outras, referncia esta que se conectaria com a encontrada no cap. 7 (75b15-16). Se esta leitura adequada, Aristteles estaria dizendo que os que se colocam sob um outro (o que tico, harmnico etc.) so distintos quanto sua essncia, mas se utilizam das formas (ede), pois as matemticas so a respeito de formas, j que no so de algum subjacente, pois, ainda que o que geomtrico seja de um subjacente, no obstante, no deste enquanto de um subjacente. Esta passagem nada explcita, verdade, parece dizer que nas disciplinas que se colocam sob as disciplinas matemticas utilizam-se as consideraes formais das matemticas e que, portanto, so as disciplinas matemticas as que esto aptas a demonstrar as propriedades em questo. As linhas seguintes (79a10-13) alargam o relacionamento entre disciplinas em termos de uma estar sob outra: assim como a tica se relaciona com a geometria, uma outra se relaciona com ela, o estudo que se ocupa com o arco-ris. Declara-se inclusive que este ltimo do domnio do fsico ou estudioso da natureza. Este conhece qu, ficando o por qu por conta do tico puro e simples ou do tico matemtico. As linhas finais do captulo 13 ocupam-se com o caso (4) das cincias que no esto uma sob a outra, mas que tm um comportamento semelhante ao das disciplinas que esto uma sob a outra, quanto ao conhecimento do qu e do por qu. Com efeito, cabe ao mdico saber que as feridas circulares se curam mais lentamente e ao gemetra conhecer por qu. Aqui tambm conhecer qu cabe ao que observa e conhecer por qu ao matemtico (cf. 79a3). O centro de interesse do cap. 13 a distino entre a demonstrao de qu e de por qu. Assunto este que recebe um tratamento bastante detalhado, sendo apresentado de modo sistematizado e claramente estruturado, pelo menos nas linhas gerais. As disciplinas matemticas mais naturais (na terminologia da Fsica) ou que esto sob outras (na terminologia dos Segundos Analticos) so evocadas por constiturem um dos casos, o terceiro, em que ocorre a distino entre conhecimento de qu e de por qu. verdade que Aristteles neste captulo um pouco mais explcito sobre essas disciplinas, mencionando que elas comportam um aspecto observacional e que se servem tambm das formas prprias da matemtica. O percurso dos textos de Aristteles aqui proposto nos permite enunciar algumas concluses. 1) Nenhum deles parece ter as disciplinas do tipo da tica, harmnica, astronomia e mecnica como objeto direto de estudo. Estas disciplinas so

mencionadas a propsito de um outro problema (distino entre matemtica e fsica, (na Fsica) impossibilidade de transferncia de demonstraes de um gnero-sujeito para outro, distino entre demonstrao de qu e de por qu (nos Segundos Analticos)) que constitui, este sim, o objeto central do estudo. 2) Aristteles no faz uma exposio detalhada das caractersticas e do modo de proceder dessas cincias. Mesmo o captulo 13 do Livro I dos Segundos Analticos bastante parco a esse respeito. 3) Tais cincias no recebem uma denominao prpria, traduzida num termo que as designe. So elas denominadas a partir das disciplinas matemticas como as matemticas mais naturais (na Fsica) ou como as que esto sob outras (nos Segundos Analticos). 4) Estas prprias expresses parecem indicar duas orientaes diversas. A primeira parte das matemticas e se dirige (desce) para a fsica. A segunda parte dessas disciplinas e se dirige (sobe) para as matemticas (aritmtica e geometria). 5) Aristteles demonstra nesses textos que conhece tais disciplinas e tomaas como testemunhas do que est dizendo (texto da Fsica; Segundos Analticos, Livro I, cap. 13) ou ento procura desfazer uma possvel dificuldade que elas constituiriam (Segundos Analticos, Livro I, cap. 7 e 9). 6) No parece haver em Aristteles um tratamento unificado e menos ainda sistematizado de tais disciplinas. Talvez se possa construir um tal tratamento, mas h justamente que constru-lo. Ele no est feito pelo prprio Aristteles.

Referncias ARISTTELES. Fsica I-II. trad., rev. e notas L. ANGIONI. Campinas: Inst. de Fil. e Cinc. Humanas Unicamp, 2002 (Clssicos de Filosofia: Cadernos de Traduo, 1). ARISTTELES. Segundos Analticos I. trad., intr. e notas L. ANGIONI. Campinas: Inst. de Fil. e Cincias Humanas Unicamp, 2004 (Clssicos de Filosofia: Cadernos de Traduo, 7). NASCIMENTO, C.A.R. do. Physique et mathmatique daprs un passage de la Physique dAristote, In: MEIRINHOS, J. E. (ed.) Intinraires de la raison. tudes de philosophie mdivale offertes Maria Cndida Pacheco. Louvain-la-Neuve: Fdration Internationale des Instituts dtudes Mdivales, 2005 (Textes et tudes du Moyen ge, 32). WRIGLEY, M.B.; SMITH, P.J. (orgs.). O filsofo e sua histria. Uma homenagem a Oswaldo Porchat. Campinas: Centro de Lgica, Epistemologia e Histria da Cincia UNICAMP, 2003 (coleo CCLE, 36).

Agradeo ao CNPq o apoio, atravs do programa de bolsas de pesquisa, para a preparao deste artigo.

PEQUENO COMENTRIO DE UM TRECHO DE DE DIVISIONE NATURAE DE JOO ESCOTO ERIGENA*

Frei Hermgenes Harada** Textos 1. No livro De divisione naturae, I, 1, 441 B diz Joo Erigena: Videtur mihi divisio naturae per quatuor differentias quatuor species recipere: quarum prima est in eam, quae creat et non creatur, secunda in eam, quae creatur et creat, tertia in eam, quae creatur et non creat, quarta, quae nec creat nec creatur.1 2. E no mesmo De divisione naturae, II, 2, 526 C ss. continua: prima namque et quarta unum sunt, quoniam de Deo solummodo intelliguntur; est enim principium omnium, quae a se condita sunt, et finis omnium quae eum appetunt, ut in eo aeternaliter immutabiliterque quiscant. Causa siquidem omnium propterea dicitur creare, quoniam ab ea universitas eorum, quae post eam ab ea creata sunt, in genera et species et numeros, differentias quoque ceteraque, quae in natura condita considerantur, mirabili quadam divinaque multiplicatione procedit. Quoniam vero ad eandem causam omnia, quae ab ea procedunt, dum ad finem pervenient, reversura sunt, propterea finis omnium dicitur, et neque creare neque creari perhibetur. Nam postquam in eam reversura sunt omnia, nil ulterius ab ea per generationem loco et tempore generibus et formis procedet, quoniam in ea omnia quieta erunt et unum individuum atque immutabile manebunt. Namque in processionibus naturarum multipliciter divisa atque partita esse videntur, in primordialibus causis unita atque unum sunt, ad quam unitatem reversura, in ea aeternaliter atque immutabiliter manebunt.2

De divisione naturae (per phsews merismmo), dilogo em 5 volumes. I: Deus causa suprema; II: Idias primordiais; III (e parte do IV): coisas criadas; IV (uma parte) e V: retorno de todas as coisas ao seu fim, Deus; e de ltimas coisas. cf. Minge, PL t. 122, 441-1022. Joo Erigena nasceu na Irlanda (denominada at o sculo XI Scottia maior) entre os anos 800 e 815; a data da sua morte no conhecida.
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Membro do Ifan, e Professor de filosofia no IFTEG.

Parece-me que a diviso da natureza no permeio de quatro diferenas acolhe quatro espcies: das quais a primeira a que cria e no criada, a segunda a que criada e cria, a terceira, a que criada e no cria, e a quarta, que nem cria nem criada. E pois, a primeira e a quarta so um, porque elas so inteligveis acerca e a partir somente de Deus; ele, pois, o princpio de todas as coisas que so dadas com ele, dele a partir de si, e o fim de todas as coisas que o apetecem, para que nele se aquietem eterna e imutavelmente. Por ser causa de todas as coisas, pois, se diz criar, porque por uma maravilhosa multiplicao divina, dessa causa procede a uni-versidade das coisas que depois dela, por ela, so criadas, em gneros e espcies e nmeros, diferenas e tambm em outras coisas, que so consideradas dadas com

3. E ali mesmo, no III, 23, l.c., 689 A diz: iam desiit creare, omnibus in suas aeternas rationes, in quibus aeternaliter manebunt, et manent, conversis, appellatione quoque creaturae significari desistentibus; Deus enim omnia in omnibus erit, et omnis creatura obumbrabitur, in Deum videlicet conversa, sicut astra sole oriente.3

Comentrios 4. Quando falamos de diviso, de imediato nos vem mente o ato de ordenar a multiplicidade dos entes, classificando-os conforme maior ou menor abrangncia quantitativa dos termos, em gnero, espcie e indivduo. Essa diviso de classificao lgica dos entes, presumivelmente, seguiria ou teria seu fundamento na ordenao existente na realidade em si, anterior ao nosso ato de conhecimento. Uma observao como essa ao falarmos de diviso classificatria dos entes implica logo problemas usuais da teoria do conhecimento, que aparecem sob a denominao como a de realismo, conceptualismo e nominalismo, como a do problema dos universais, in re, in ratione cum fundamento in re, ou apenas como ens rationis e com a definio tradicional da verdade, atribuda aos medievais, a saber veritas est adaequatio rei et intellectus.4 sabido que, nessa definio para os medievais o termo intellectus significava duas coisas bem diferentes, a saber, intellectus divinus e intellectus humanus. Assim, conforme a diferena na acepo do termo intellectus, a definio veritas est adaequatio rei et intellectus dizia: Veritas est adaequatio rei ad Intellectum divinum ou veritas est adaequatio intellectus humani ad rem. Verdade concordncia da coisa ao Intelecto divino ou Verdade concordncia do intelecto humano coisa. Intelecto divino matriz-fonte, onde esto concebidas as idias de todas as criaturas, que foram no passado, que so hoje atualmente existentes e possveis no futuro. As coisas (criaturas) existentes, na sua essncia, se conformam a essas idias primordiais, arche-tpicas; e o Homem ao conhecer as
ela na natureza. Porque, porm, todas as coisas que dela procedem, sero revertidas mesma causa, enquanto se aportarem ao fim, causa dita por isso o fim de todas as coisas, e no se apresenta nem como criar, nem como ser criada. Pois, depois que todas as coisas sero revertidas a ela, dela nada mais procede pela gerao em lugar e tempo, gneros e formas, pois, nela todas as coisas sero aquietadas e permanecero um, indivduo e imutvel. E assim, aparecem multiplamente divididas e repartidas em processes das naturezas, e unidas a causas primordiais so um, e sero revertidas a esta unidade, nela permanecero eterna e imutavelmente.
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J deixou de criar, todas as coisas conversas para dentro das suas razes eternas nas quais permanecero e permanecem, eternamente, desistindo tambm de serem designadas pelo nome de criaturas; Deus, pois ser todas as coisas, em todas as coisas, e toda criatura ser obumbrada, conversa para dentro de Deus, quais astros ao surgir o sol. Na nossa interpretao talvez forada que segue na concluso, essa imagem do sol que obumbra, colocando em sombra os astros, seria assim: quando o sol surge, toda a Criao aparece no seu esplendor, de tal modo que o sol, seu calor e sua luz que a impregnam se tornam sua incandescncia, na medida em que o sol ele mesmo se retrai para dentro do abismo da escurido. Verdade concordncia da coisa e do intelecto.

coisas se conforma a elas que se lhe tornam vestgios de Deus. Essa presena prvia das criaturas atuais e possveis nas idias do intelecto divino lembra o processo da produo de obras artsticas. Mas na entonao da acepo, na qual esse processo se d, refere-se no tanto produo das obras, mas antes concepo de um filho, presente na me antes da concepo, no seu desejo, e depois da concepo, no ventre materno, onde cercado de cuidado e carinho, antes do nascimento.5 Trata-se, portanto aqui, no de uma causao no sentido geral, digamos, fsico-material de uma factualidade causa-efeito, nem uma relao entre o produtor e sua obra, mas sim de Filiao. Aqui surge a idia da criao eviterna das criaturas na mente de Deus, portanto, surge uma compreenso do tempo criado, de durao eviterna, inteiramente diferente in-esupra-temporalidade, i. , da eternidade, prpria de Deus. Percebemos logo que para os medievais a definio entoa a dinmica da doutrina teolgica da criao, entendida como filiao divina. dentro da tonncia dessa dinmica da criao que deve ser entendida a diviso no texto de Erigena. Trata-se pois, do ato pelo qual Deus se exprime e se revela a si prprio, mediante a criao de uma srie hierarquicamente ordenada de seres (BOEHNER; GILSON, 1970, p. 236)6. E essa expresso e desvelamento de Deus a si prprio, na realidade no outra coisa do que doao generosa e gratuita de Deus, de si mesmo, criando, dando se a si em, por, atravs de e com as criaturas, criadas ou melhor conditas,7 cujo lao, cuja ligao de Deus criador com elas, a de gerao, i. , de filiao. 5. Nessa perspectiva a palavra natureza deve ser lida primaria e originariamente na conotao do nascer, do nascimento, portanto tudo quanto procede, se origina de Deus, isto , todas as criaturas; todas as coisas da criao, desde as mais sublimes at as nfimas, devem ser compreendidas na ambincia do relacionamento de filiao. Como seria ento a compreenso do que diz Erigena: Parece-me que a diviso da natureza no permeio de quatro diferenas acolhe quatro espcies: das quais a primeira a que cria e no criada, a segunda a que criada e cria, a terceira, a que criada e no cria, e a quarta, que nem cria nem criada? Parece-me: Em latim videtur. Usualmente se l como expresso de uma opinio subjetiva pessoal. Posso, porm, forando a especulao ler literalmente: v-se, visto. E, forando ainda mais a situao da leitura, pode-se entender a forma 5

Desde eviternidade, estar na mente de Deus significa: desde sempre estar sob o carinho e cuidado da preocupao do Pai (Me).

No jargo filosfico podemos dizer que aqui se trata de uma questo ntico-ontolgica de uma especulao, na qual o positum da realidade ntica chamada Deus cristo e seu ato de criao o ontologicum, a pr-compreenso do sentido do ser dos entes na sua totalidade. No se trata pois dos problemas da teoria de conhecimento. Aqui surge a questo, como ler, pois, adequadamente esses pensadores medievais?
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condo, didi, ditum, ere = cum + do.

tur, o reflexivo v-se e o passivo visto no sentido medial, um modo que no nem ativo, nem passivo, nem re-flexivo, mas permeio vivo, o mdium na liberdade, i. , na soltura positiva de ser anterior a esse modo de ser da ao e reao: ativo, passivo, reflexivo, portanto um modo de ser em sendo. a dinmica da presena qual luzir, incandescer, toar, percutir, aparecer a partir de si, em si mesmo, e-videri. a ao originria, inocncia e alegria de ser que podemos escutar quando usamos o verbo ser no gerundivo: em sendo, ens,-tis, n tos: ente, o ser. o que poderamos chamar de dinmica, potncia da identidade de cada coisa no seu ser. Essa presena e identidade no seu ser, esse tnus e nimo do fundo, que impregna tudo que ali dito no texto, evidncia: videtur. O que surge e aparece ajuntado e colhido clareira desse nimo do fundo? As quatro espcies: a que cria e no criada (Deus); a que criada e cria (causas primordiais ou idias arche-tpicas na mente de Deus); a que criada e no cria (criaturas criadas pelas idias e de acordo com elas); a que nem cria nem criada (unidade final, prprio Deus e retorno de todas as criaturas nele, na quietude da serenidade-consumao). Espcie aqui no seria um termo da classificao de abrangncia da quantidade de indivduos-algo, mas sim densidade destacada na intensidade qualitativa do em sendo.8 Assim sendo, as quatro espcies acima mencionadas formam diferentes esferas das ordenaes do ser dos entes do universo medieval. Essas esferas que, conforme outras colocaes posteriormente elaboradas por outros pensadores medievais, podem variar em nmero e em detalhes, seriam como crculos concntricos formados pela percusso de irradiao da luz, cujo foco de origem nascividade (natura) creans non creata, a que mais tarde algum como Alexandre de Hales denomina de Bonum diffusivum sui, e o pensamento medieval em geral denomina de ens a se, o ser na plenitude da dinmica comunicativa absoluta e fontal, do qual em cascata de cadncia e de-cadncia participativa seguem as nascividades (naturae) que criadas criam; criadas no criam; no criadas no criam. Para que beleza e esplendor do todo e cada qual dessas quatro espcies no permaneam numa representao formal e vazia, necessrio vivamente fazer presente a seqncia de ordenaes da intensidade do ser a partir de Deus, ens a se, em cadncias e de-cadncias dos entia ab alio quais hierarquias de coros dos anjos, homem em diferentes nveis de densidade da sua perfeio, os animais, as plantas, coisas fsicas no vivas, e por fim a matria-prima, na variedade multifria de sua apresentao. H nessa escalao, vista a partir do ens a se, uma escalao descendente de comunicao, na qual a identidade de doao de si repetida nas variedades dos degraus de ordenaes, que de imediato parece decrescente, mas se olharmos mais para dentro da dinmica da ordenao, agora vista a partir da esfera, a mais longnqua do centro de irradiao (matria-prima), na participao da intensidade do ser, h escalao de densidade da recepo. E isso de tal modo que em cada graduao das ordenaes ou esferas do ser, se d a identidade proporcional da doao e recepo, qual coincidncia viva da expanso e recolhimento, por assim dizer

Species significa propriamente aspecto, esplendor da face, Gestalt, brilho da beleza.

formando o concreto, a concrescida entificao de cada ente como em sendo. Esse modo de ordenao no opera na formalidade de coisas e fatos abstratos, isolados em si como este algo e aquele algo, e posteriormente como que relacionados a partir de fora, mas so como que repercusso das repercusses da percusso do nico toque, que, ao eclodir em percusses e repercusses de mil e mil diferenas do desdobramento da sua difuso, tudo recolhe e acolhe no uno da auto-identidade presente em todos os momentos do desdobramento, como abismo de fundo, retrado e ao mesmo tempo, no retraimento, presente de modo discreto, na cordialidade cheia de modstia e pudor da gratuidade. O que denominamos de identidade em processes dessas nascividades em espcies, se denomina diferenas, no sentido de dis-tino da nitidez do destaque do esplendor especioso, mas ao mesmo tempo no sentido de dia-ferncia, isto , no ductus de portamento de uma tonncia, cuja presena a conduta do retraimento. O encontro da doao e recepo, da presena e retraimento no fluir das diferenas concretas na identidade da mesma con-criao participativa, comunicativa, discreta se chama diviso.9 Essa diviso sentida na sua dinmica se chama permeio (per em latim). Assim diz Erigena: Aparece-me a diviso da natureza no permeio de quatro diferenas a se ajuntar e se expandir, a se recolher e se difundir em ordenaes dos entes que esplendem em quatro espcies: das quais a primeira a que cria e no criada, a segunda a que criada e cria, a terceira, a que criada e no cria, e a quarta, que nem cria nem criada. 6. de interesse nessa paisagem de fundo da compreenso medieval do mundo (Deus, homem e universo), em Erigena, observar alguns momentos, dando-lhes aqui, embora de modo ligeiro e superficial, certo realce. Cada uma dessas esferas de ordenao dos entes no seu ser, como participao da vigncia criativa do ser por excelncia, Deus, uni-versal. Universal no significa, pois geral, em oposio ao particular, mas sim versus, virado, con-centrado no uno. Trata-se da compreenso da totalidade, no no sentido quantitativo somativo, mas como crculos concntricos. Quanto mais essa con-centrao no uno se estrutura como todo um mundo de sentido estruturante do ser, tanto mais universal. O sentido estruturante do ser dizemos no termo mundidade. Assim, a densidade da entificao no seu ser no diz acmulo quantitativo, mas, digamos, qualificao do ser. H assim uma escalao ascendente da densidade de ser enquanto qualificao do ser, comeando pelo nvel mais baixo de entificao na matria-prima, aumentando no mundo das coisas fsicas sem vidas, no mundo da vida vegetativa, no da vida animal, no homem, nos espritos, nos anjos, para alcanar a sua excelncia qualificativa suprema em Deus. Em outras palavras, quanto mais ser, tanto mais mundidade, e quanto mais mundidade, tanto mais uni-versalidade, e quanto mais uni9

Divisio, no ttulo grego per phsews merismo, merisms. Ali ocorre a palavra mers, meros, que significa parte, mas no tanto no sentido de parte e todo, mas muito mais no sentido de poro, mrito, herana, sorte e destino que me prprio, portanto no sentido da minha histria a que participo. Divisio naturae seriam ento os mritos, o que cabe a cada um, na participao do ato da criao.

versalidade, tanto mais unicidade, que na sua excelncia suprema se chama o Uno, o Um, Simples. E essa densidade una e simples recebe o nome de esprito. Assim, quanto mais uni-verso, uno e simples, tanto mais esprito, e tanto mais densidade, concentrao como qualificao do ser, ou dito de outro modo, tanto mais nico, singular. Essa escalao de densificao da qualificao do ser percorre, subindo da matria para vida, da vida para sensibilidade, da sensibilidade para racionalidade (a saber: inteligcia, vontade, sentimento como manifestaes da liberdade), da racionalidade para diversas variantes de intensificaes da liberdade como esprito, para adentrar na participao da vida divina que se denomina: pessoa. Todas essas dimenses, embora tenham, de modo autnomo, sua prpria diferena, pulsam simultaneamente no permeio de todas as outras dimenses, de modo que as mais intensas sustentam as menos intensas: esse modo de dar-se com, em latim, recebe o nome de con-dere, i. , dar-se na concreo da comunicao e participao de todas as escalas das esferas das ordenaes do ser: a con-criatividade da criao. Por isso conditus sinnimo de creatus. O que aparece no esplendor da mundidade especiosa e uni-versa em 4 nascividades: 1. natura non creata, creans (Deus); 2. natura creata, creans (esprito: idias eviternas em Deus, anjos, homem); 3. natura creata, non creans (vida-corprea: animal, planta, coisas sem vida); 4. natura non creata, non creans (descanso na serenidade do nada da pura materialidade como pura receptividade)10 constitui o todo da criao, o ente no seu todo do pensamento medieval. Segundo Erigena, a nascividade primeira e a quarta coincidem no mesmo. Essa coincidncia diz: antes, agora e depois, passado, presente e futuro: Deus antes da criao; na criao e depois da criao como sempre renovada presena criadora como providncia e continuada criao; depois da criao como a consumao final da criao, quando todas as coisas e suas possibilidades repousam em Deus, como quando estavam nele eviternamente antes da criao, portanto como quando ainda no eram in genera et species et numeros, differentias quoque ceteraque, quae in natura condita considerantur; com outras palavras, como quando ainda no apareciam, no se viam, no tinham tomado forma, seja sensvel, seja inteligvel. Nessa exposio eriugenana da criao em antes, agora e depois como histria do amor de Deus difusivo de si na ternura e vigor da paternidade de gerao como de filiao, o que se d, segundo Erigena como theophainia (Deus origem, Deus cuidado providente, Deus repouso-consumao), revelando-nos proximidade, intimidade de unio entre Deus e criatura, to intensa que toca as raias do pantesmo. O pantesmo, porm, evitado, no porque Erigena nega ou diminiu o excesso de proximidade do per-

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O nada da pura receptividade da matria-prima no idntico com a serenidade do repouso de todas as coisas no seu fim ltimo. Como tal, esse nada, a matria-prima criada e retorna, revertida tambm ela ao repouso da serenidade final que o prprio Deus. Cf. De divisio naturae, III, 5; 634 C.ss. Mundus siquidem de matria informi factus est; matria informis de omnino nihilo; ac per hoc et mundus de omnino nihilo (ibidem, III, 22; 687 A). O mundo, pois, feito de matria sem forma; matria sem forma, totalmente, de nada; e, por isso, tambm o mundo feito totalmente de nada.

meio Deus-criatura, mas porque a faz mais densa e qualificada de modo prprio e sui generis, ao fazer coincidir a primeira nascividade com a quarta nascividade, dizendo: prima namque et quarta unum sunt, quoniam de Deo solummodo intelliguntur; est enim principium omnium, quae a se condita sunt, et finis omnium quae eum appetunt, ut in eo aeternaliter immutabiliterque quiscant. Causa siquidem omnium propterea dicitur creare, quoniam ab ea universitas eorum, quae post eam ab ea creata sunt, in genera et species et numeros, differentias quoque ceteraque, quae in natura condita considerantur, mirabili quadam divinaque multiplicatione procedit. Quoniam vero ad eandem causam omnia, quae ab ea procedunt, dum ad finem pervenient, reversura sunt, propterea finis omnium dicitur, et neque creare neque creari perhibetur. Nam postquam in eam reversura sunt omnia, nil ulterius ab ea per generationem loco et tempore generibus et formis procedet, quoniam in ea omnia quieta erunt et unum individuum atque immutabile manebunt. Namque in processionibus naturarum multipliciter divisa atque partita esse videntur, in primordialibus causis unita atque unum sunt, ad quam unitatem reversura, in ea aeternaliter atque immutabiliter manebunt. E aumenta ainda mais a intensidade dessa coincidncia do per-meio Deus-criatura no ltimo texto citado no incio: iam desiit creare, omnibus in suas aeternas rationes, in quibus aeternaliter manebunt, et manent, conversis, appellatione quoque creaturae significari desistentibus; Deus enim omnia in omnibus erit, et omnis creatura obumbrabitur, in Deum videlicet conversa, sicut astra sole oriente. Mas tudo isso no confirma cada vez mais a suspeita de que, no fundo, Erigena no seu assim chamado realismo exagerado, defende a tese do pantesmo, como se as criaturas fossem emanaes, manifestaes, modos como Deus aparece e se torna concreto? Mas talvez tudo isso fosse diferente, a saber, a intensificao da proximidade inaudita do permeio Deus-criatura, indica sim a ternura e o vigor da intimidade da familiaridade Deus-criatura, mas justamente isso, nos afasta da compreenso desse permeio a modo pantesta e emanacionista. Em que sentido? De um lado o prprio Erigena nos diz claramente no livro De divisione naturae, II 1, 523 D: Deus siquidem non est totum creaturae, neque creatura pars Dei, quomodo nec creatura est totum Dei neque Deus pars creaturae11. Por outro lado, porm, afirma: Ac sic ordinate in omnia proveniens facit omnia, et fit in ominibus omnia, et in se ipsum redit, revocans in se omnia, et dum in omnibus fit, super omnia esse non desinit (De divisione naturae, III, 20; 683 B)12. E (ibidem, III, 17, 678 B) diz: Nil (non) enim extra eam (divinam naturam) subsistunt. Conclusum est, ipsam solam vere ac proprie in omnibus esse et nihil vere et proprie esse,

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Conquanto, Deus no o todo da criatura, nem a criatura parte de Deus, assim do mesmo modo criatura no o todo de Deus nem Deus parte da criatura. E assim procedendo ordenadamente em todas as coisas, faz todas as coisas, e se faz todas as coisas em todas as coisas, e retorna em si mesmo, chamando de volta para dentro de si todas as coisas, e enquanto se faz em todas as coisas, no deixa de ser sobre todas as coisas.

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quod ipsa non sit. Proinde non duo a se ipsis distantia debemus intelligere Dominum et creaturam, sed unum et id ipsum. Nam et creatura in Deo est subsistens, et Deus in creatura mirabili et ineffabili modo creatur, se ipsum manifestans, invisibilis visibilem se faciens, et incomprehensibilis comprehensibilem, et occultus apertum, et incognitus cognitum, et forma et specie carens formosum ac speciosum, et superessentialis essetialem et supernaturalis naturalem, (...) et omnia creans in omnibus creatum, et factor omnium factum in omnibus.13 Ao lermos por cima esses e outros textos similares, nos quais Erigena expe sobre o relacionamento Deus-criatura na dinmica da criao, observamos que por um lado se afirma nitidamente a distino diferencial entre Deus e criatura. Mas por outro lado se descreve como o criador se imiscui com criaturas e criao, de tal modo que tudo parece resultar, queiramos ou no, numa fuso inadequada que sabe a pantesmo, numa mistura de duas dimenses que j a partir das suas prprias definies no suportam conjuno. Assim ficamos confusos e nos resignamos a aceitar a opinio corrente de que apesar de tudo, h no pensamento de Erigena uma grande dose de pantesmo. Diante de tal impasse, observa Boeher-Gilson (1970, p. 236): Diante disso, a existncia de alguns textos obscuros, susceptveis de s interpretao, no justifica a acusao de que Ergena haja confundido o ser divino com o ser criado.

Concluso A seguir, concluindo esse comentrio, que como em nossos outros comentrios, publicados na Scintilla, mais como uma hiptese facilitada, para no dizer chutao, sem o trabalho srio de estudos mais exatos e acurados da historiografia, tentemos sugerir uma possibilidade fugaz e superficial de uma interpretao, assim lanada em algumas rpidas interrogaes, sem averiguar se elas viabilizam interpretao s para a susceptibilidade dos textos obscuros do pensamento de Erigena. No poderia ser assim que para o pensamento medieval de Erigena a errncia do pantesmo no est em aproximar demasiadamente Deus e criatura, mas em

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Nada, pois, subsiste fora dela (da natureza divina). Conclui-se que somente ela, verdadeira e propriamente, em todas as coisas e nada verdadeira e propriamente , que no seja ela. Assim, no devemos compreender como duas coisas distantes, a eles, Senhor e criatura, mas como um e o mesmo. Pois, tanto a criatura subsistente em Deus, quanto Deus de modo admirvel e inefvel criado na criatura, manifestando-se a si mesmo; invisvel, fazendo-se visvel, e incompreensvel, fazendo-se compreensvel, e oculto, fazendo-se aberto, e incgnito, conhecido, carente de forma e aspecto, fazendo-se formoso e especioso, e sendo sobre-essencial, fazendo-se essencial, e sendo sobre-natural, fazendo-se natural, (...) e todas as coisas criando, criado em todas as coisas, e sendo fator de todas as coisas, feito em todas as coisas.

no os aproximar de modo mais intensa e intimamente real, a ponto de aparecer ali nitidamente a diferena ontolgica entre o ser de Deus e o ser da criatura, de tal modo que do tinir da intensidade da identidade dessa diferena, possa saltar a real identidade do ser do encontro Deus-criatura? E isto no como do ser da causao, nem como do ser do rendez-vous intersubjetivo, seja vivencial-pessoal somtico-nmico-psicolgico, seja mstico la participation mystique, mas sim como a realizao optimal da realidade da identidade ela mesma do ser da filiao divina, onde a decidida e extremada maneira de ser da diferena na identidade e identidade na diferena entre Deus e criatura como Pai e filho(a), portanto como entre eu e tu, no faz outra coisa do que conduzir e intensificar essa diferena para a interioridade abissal da identidade de amor de benevolncia, para o real do a priori, cuja fala insiste, diz sempre novo e de novo intempestivamente: Ele nos amou primeiro? (1Jo 4,19). Mas... se atentamente observamos o processo assim colocado de surgimento e consumao da criao em Erigena, podemos perceber nele um aspecto digamos estranho. A maneira como Erigena descreve o processo, a saber, a concepo eviterna da criao na mente divina, o eclodir da criao, o todo do universo em 4 esplendores das nascividades, contendo possibilidades de milhares de paisagens variegadas, diferenciadas em intensidade de ser, em grandes e riqussimas nuanas de mundidades de infindos mundos em infinitas regies e sub-regies do ente, e por fim, o aquietar-se de todas as coisas em Deus, de tal sorte que a expresso Deus, todas as coisas em todas as coisas nos acena para um imenso, profundo silncio do nada, onde tanto o criar como conservar e consumar so serenados em...??! No se poderia dizer que em Erigena, o que inicia, cresce e chega ao seu apogeu como plenitude, vitalidade, vigor de Tudo, do Ser, se consuma e se esvai no profundo silncio do nada? De repente, sentimos que toda essa grandiosa entoao da sinfonia da criao, antes, durante e depois da criao, se nos aparece envolta e impregnada num profundo silncio do nada, mas de um nada que facilmente nos conduz nihilidade que nos faz sem mais delonga esquecer todo o toque criativo, toda sua percusso e suas mil e mil repercusses das repercusses, de tal modo que o que nos resta de todo o esplendor do ser no outra coisa do que o simples fato da ocorrncia do nada, esquecido tambm de ter sido criado, crescido e se ter consumado, portanto o puro ser-a do nada nadificado? Com outras palavras, o Deus de Erigena, anterior a Deus criador com suas idias eviternas criativas, a saber, o nada anterior natura non creata creans, anterior natura creata, creans, anterior creata, non creans: anterior e posterior a Deus criador como nada, cuja nascividade non creata, non creans14, esse Deus antes e depois da criao, antes do prprio durante e fim da criao, esse Deus, de tudo separado, mesmo da prpria possibilidade de ser criador e criatura, que nem sequer pode ou quer se
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Deus que j deixou de criar, todas as coisas conversas para dentro das suas razes eternas nas quais permanecero eternamente, desistindo tambm de serem designadas pelo nome de criaturas; Deus pois ser todas as coisas, em todas as coisas, e toda criatura ser obumbrada, conversa para dentro de Deus, quais astros ao surgir o sol.

dizer que nada profundo, abissal das possibilidades de ser, de si e dos seus produtos, nem sequer silncio de tudo..., esse Deus, de tudo separado, de si, do ser, do nada, esse Deus nada do nada, essa deidade da Ab-geschiedenheit (Mestre Eckhart), no esse Deus o Deus que todas as coisas em todas as coisas, do qual nem se quer se pode pensar que seja pantesta, pois to nada, to oculto, na pobreza e humildade do seu retraimento que Ele mesmo nem sequer ousa no seu pudor e modstia, no vigor de sua ternura e cuidado, pensar em ser senhor, mas apenas se puder e cada vez que puder ser servo de toda e qualquer criatura? O que h ento com o deus da metafsica, seja ela de que teor for, se esse Nada do nada e ser for o ontologicum da existncia medieval, a aberta hermenutica do ser do ente na totalidade? Diz pois Erigena: ...ineffabilem et incomprehensibilem divinae bonitatis (naturae) inacessibilemque claritatem omnibus intellectibus sive humanis sive angelicis incognitam superessentialis est enim et supernaturalis eo nomine (nihili) significatam crediderim (De divisione naturae, III, 19, 680)15. Mas... se essa tagarelice acerca do ser e nada de alguma forma tem sentido, seria possvel interrogar: o que acontece conosco e com os deuses de nossas crenas, se esse modo da Abgeschiedenheit para dentro da interioridade do nada silenciado Ele que nos amou primeiro?

Eu teria gostado de crer que a claridade inefvel e incompreensvel da bondade divina <natureza> e inacessvel, incgnita a todos os intelectos, sejam humanos, sejam anglicos , pois, sobre-essencial e sobrenatural significada por aquele termo <nada>.

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Referncias BOEHNER, Philoteus; GILSON, Etienne. Histria da filosofia crist. Desde as origens at Nicolau de Cusa. Trad. de Raimundo Vier, Petrpolis: vozes, 1970. ERIGENA, J.E. De divisione naturae (per phsews merismmo). Minge, PL t. 122, 441-1022.

TRADUES
INSTRUES DIDTICAS*
Hugo de So Vtor No descobri isso no Livro didtico, mas quase como um apndice dele: pois trata da meditao pela qual, atravs do conhecimento das coisas visveis, chegamos tambm ao conhecimento da invisvel divina Trindade. CAP. I As trs coisas invisveis de Deus das quais tudo emana, que so o poder, a sabedoria e a benignidade Tendo contemplado o mundo, percebe-se a boa palavra e a vida sbia que fez o mundo. A palavra, porm, no pde ser vista; e fez o que pde ser visto e foi vista por aquilo que fez. De fato, desde a criao do mundo, as coisas invisveis de Deus tornaram-se visveis inteligncia pelas coisas criadas (Rm 1,20). A coisas invisveis de Deus so trs: o poder, a sabedoria e a benignidade. Destas trs tudo procede, nestas trs tudo existe e por estas trs tudo se governa. O poder cria, a sabedoria governa, a benignidade conserva. Todavia, como em Deus estas trs so inefavelmente um, assim na ao simplesmente no podem ser separadas. O poder cria sabiamente por meio da benignidade. A sabedoria benignamente governa por meio do poder. A benignidade poderosamente conserva por meio da sabedoria. A imensidade das criaturas manifesta o poder; a beleza, a sabedoria; a utilidade, a benignidade. A imensidade das criaturas [est] na grande quantidade e na grandeza. A grande quantidade, nas coisas semelhantes, nas diferentes e nas mistas. A grandeza, no volume e no espao. O volume, na massa e no peso. O espao est no comprimento, na largura, na profundidade e na altura. A beleza das criaturas est na localizao, no movimento, no aspecto e na qualidade. A localizao est na composio e na ordem. A ordem est no lugar, no tempo e na propriedade. O movimento est dividido em quatro partes: local, natural, animal e racional. O local est frente e atrs; para o lado direito e para o lado esquerdo, acima, abaixo e ao redor. O natural est no aumento e na diminuio. O animal est nos sentidos e nos instintos. O racional est nos fatos e nos conselhos. O aspecto a forma visvel, que se percebe pelo olho, como as cores e as figuras dos corpos. A qualidade uma propriedade interior, que se percebe pelos outros sentidos, como o canto no som ouvido pelas orelhas, a doura no sabor sentido pela garganta, a fragrncia no odor cheirado pelas narinas, a maciez no corpo tocado pelas mos. A utilidade se estabelece no agradvel, no apto, no vantajoso e no necessrio. Agradvel o que apraz, apto o que convm, vantajoso o que til, necessrio aquele sem o qual algo no pode existir. Agora, voltemos s divises propostas no
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Extrado de HUGO DE S. VICTORE. Patrologiae. Tomus CLXXVI. Paris: Garnier Fratres, editores et J.-P. Migne, PL, 1879. pars II, Dogmtica. Liber VII, p. 811-838. TRADUO de Frei Ary Estevo Pintarelli.

comeo; e em cada tipo de diviso investiguemos como, pela universalidade das criaturas, manifesta-se o poder do Criador, ou pela beleza, a sabedoria, ou pela utilidade, a benignidade. E porque a imensidade foi a primeira na diviso, deve ser a primeira na continuao. CAP. II A imensidade do poder divino, que percebemos pelo grande nmero das criaturas Por isso, ouvi diligentemente e considerai o que estou para dizer. Quando nada estava feito, para que algo existisse, que poder existia? Algum sentido pode compreender que fora capaz de fazer do nada uma nica coisa, embora pequena? Portanto, se para fazer do nada uma nica coisa, embora pequena, existe tanto poder que no pode ser compreendido, quanto poder deve-se supor para fazer tantas coisas? Que tantas coisas? Quantas so? Calcula as estrelas do cu, a areia do mar, o p da terra, as gotas da chuva, as penas dos pssaros, as escamas dos peixes, os pelos dos animais, as ervas dos campos, as folhas ou os frutos das rvores e calcula as inumerveis coisas das outras inumerveis. As inumerveis nas semelhantes, as inumerveis nas diferentes, as inumerveis nas mistas. Quais so as semelhantes? As que esto contidas na mesma espcie: como um homem e outro; um leo e outro; uma guia e outra; uma honoruscopa e outra: cada uma destas e outras coisas assim so semelhantes em seus gneros. Quais so as diferentes? As que so formadas por diversas diferenas, como o homem e o leo, o leo e a guia, a guia e a honoruscopa so diferentes entre si. Quais so as mistas. Todas as coisas consideradas ao mesmo tempo. Portanto, como so infinitas nas semelhantes? Como so infinitas nas diferentes, como so infinitas nas mistas? Escuta. O homem uma espcie, mas um homem no . Quem pode calcul-los? O leo uma espcie, mas um leo no . Quem pode calcul-los? A guia uma espcie, mas uma guia no ; quem pode calcullas? E assim, nas outras inumerveis espcies de inumerveis coisas existem infinitas espcies de coisas, e em cada espcie existem infinitas coisas semelhantes. Ao mesmo tempo, porm, todas as infinitas espcies so inumerveis... CAP. IV Sua beleza [aparece] em quatro [modos] Embora a beleza das criaturas seja perfeita por muitos e variados modos, todavia so especialmente quatro nos quais se fixa sua beleza. Isso , na localizao, no movimento, no aspecto e na qualidade... Dissemos quatro: a localizao, o movimento, o aspecto e a qualidade. Em primeiro lugar, portanto, discutamos o primeiro. A localizao existe na composio e na ordem, isto , na composio e na disposio. A composio deve ter duas coisas: adequao e firmeza, isto , para que de forma apta e competente se unam as coisas que devem ser ajuntadas; e, as coisas ajuntadas se fixem firmemente: tal composio louvvel. A adequao considerada na quantidade e na qualidade. Na quantidade, para que no seja demasiadamente fina e delgada nas coisas grossas e corpulentas. Na qualidade, para que no seja demasiadamente molhada nas coisas secas, demasiadamente quente nas frias, demasiadamente leve nas pesadas; pois se as coisas forem assim, unem-se de forma desordenada. V se algo disso falta beleza das obras divinas, e se vires

que nada falta, j ters algo pelo qual tambm nisso deves te admirar. Mas se antes de mais nada fores observar a inveno deste conjunto: vers com que admirvel disposio e sabedoria a composio de todas as coisas seja perfeita, quo apta, quo conveniente, quo bela, quo absoluta seja em todas as suas partes, na qual no s as coisas semelhantes conservam a concrdia, mas tambm as coisas que puderam aparecer pelo poder criador diferente e contraditrio, por fora da sabedoria, unem-se numa espcie de amizade e aliana. O que mais contraditrio pode existir do que a gua e o fogo? E todavia, na natureza das coisas, a prudncia de Deus misturou-os de tal forma que no s no desfaam mutuamente o comum vnculo da sociedade, mas tambm forneam a todos os que nascem o alimento vital para que possam subsistir. Que direi da construo do corpo humano, onde as ligaes de todos os membros conservam tanta harmonia entre si, que simplesmente no pode ser encontrado um membro, cuja tarefa no parea prestar auxlio ao outro? Assim, toda a natureza se ama e, de uma certa maneira admirvel, a concrdia de muitos dessemelhantes e dos reunidos produz uma harmonia em todos. Portanto, a composio de todas as coisas apta e conveniente; mas como firme? Quem no v? Quem no se admira? Eis os cus, que encerram todas as coisas em seu mbito, como so slidos e, como que fundidos no ar, de cima so estendidos para frente em toda a volta. No meio, porm, equilibrada por seu peso, a terra permanece sempre imvel, para que as outras coisas que flutuam no meio, de um lado a solidez dos cus e de outro a estabilidade da terra, forcem e obriguem a unio, e as coisas espalhadas aqum dos legtimos limites quebrem a harmonia da universalidade. Eis como os drages das guas espalhados internamente pelas entranhas da terra e levados para fora por suas cavidades para diversos lugares, internamente colam aquele que se racha para no se dissolver e, externamente, regam o que ressequido para no se rachar. Eis como na construo do corpo humano, os liames dos nervos ligam as junes dos ossos e, pelas medulas espalhadas internamente pelos canos das tbias, levam os canais e tambm o sangue vital para todo o corpo; e depois, a cobertura da pele envolve a delicadeza das carnes, para que tanto o rigor dos ossos sustente intrinsecamente o corpo, quanto a defesa da pele proteja defendendo por fora. Quem capaz de expor a dureza das pedras, quem a solidez dos metais, quem a nodosidade dos carvalhos, quem a tenacidade das colas, quem as outras inumerveis coisas? Disso fica claro quo firmes so os laos das coisas, j que todas as coisas criadas defendem com tanto esforo a natureza e seu ser, e, ao mesmo tempo, todas as coisas simplesmente no permitem que se dissolva a harmonia de sua sociedade. CAP. V A localizao e a disposio das coisas no lugar Depois da composio, segue-se que consideremos qual seja a disposio das coisas. E, se algum observar diligentemente, no cause a mnima admirao que a divina providncia distribuiu suas razes em todos os lugares, em todos os tempos e em todas as coisas, para que simplesmente em nada se perturbe a ordem das coisas. Eis que o cu est acima e a terra, abaixo. Colocou as estrelas e os luzeiros no cu, para iluminarem todas as coisas abaixo. No ar, fez um caminho para os ventos e as nuvens, a fim de que, espalhadas por seus pensamentos, embaixo fundissem a chuva. Mandou que o volume das guas

fosse reunido no seio da terra, para que, por seus redemoinhos, corressem para c e para l, e assim se cumprisse a vontade daquele que manda. Suspendeu os pssaros no ar, imergiu os peixes nas guas, encheu a terra de animais, serpentes, outros rpteis e espcies de vermes. Enriqueceu algumas regies com a fecundidade dos cereais, algumas com a riqueza das vinhas, outras com a fertilidade das hortalias, outras com a fecundidade das ovelhas, outras com poderosas ervas, outras com pedras preciosas, outras com animais e feras monstruosas, outras com cores variadas, outras com esforos das diversas artes, outras dos metais, outras com diversas espcies de incensos, para que, em relao s outras, no haja nenhuma regio que no possua algo de novo e especial; e tambm nenhuma que no consiga receber algo novo e especial das outras. Tambm as coisas que so necessrias aos usos humanos, a prpria providncia do Criador as formou para a comum abundncia dos homens; com efeito, as coisas que a natureza no desejou por causa da necessidade, mas a cobia procurou por causa da aparncia, escondeu-as nas secretas dobras da terra, para que aquele que o amor da virtude no castiga pelo desejo imoderado, ao menos, o alimento acalme pelo cansao do trabalho. CAP. VI A disposio dos tempos Dissemos isso sobre a disposio dos lugares, o que diremos sobre a disposio dos tempos? Quem pode admirar suficientemente com que maravilhosa razo a providncia divina distinguiu o curso dos tempos? Eis que depois da noite vem o dia, para que o trabalho exercite os que esto adormecidos pelo repouso; depois do dia segue-se a noite, para que o descanso receba os cansados para o restabelecimento. No sempre dia, no sempre noite, o dia e a noite no so sempre iguais, para que o trabalho imoderado no quebre os fracos, o descanso contnuo no enfraquea a natureza ou a perptua repetio gere tdio ao esprito. E mais, como a mudana dos dias e das noites renova os seres animados, assim os quatro tempos do ano que, ordenadamente, se sucedem, mudam o aspecto de todo o mundo. Primeiramente, pelo calor tpido da primavera, o mundo nasce para uma certa renovao. A seguir, pelo calor do vero, fortifica-se como numa juventude. Depois disso, chegando o outono, atinge a maturidade. Finalmente, aproximando-se o inverno, inclina-se para o fim. Mas sempre acaba para que, depois do fim, sempre possa se renovar, porque se antes as coisas velhas no carem de seu estado, as coisas novas no conseguiriam brotar para como que ocupar aqueles lugares. Nessa disposio, distingue-se tambm algo bastante admirvel: que os prprios tempos guardam a vez de sua mutabilidade por uma lei to imutvel, para que, s vezes, no acabem de cumprir seu ministrio nem as coisas que correm diferentemente confundam a ordem da primeira instituio. CAP. VII A ordem que em cada coisa considerada pela disposio das partes Sobre a disposio dos tempos, bastem as coisas ditas como exemplo. Agora sigamos a ordem que se considera em cada coisa segundo a conveniente disposio das partes. Com efeito, ora a ordem intrnseca, ora extrnseca, conforme o lugar e o tempo. E aqui tambm a eficcia da sabedoria no menos admirvel, pois de tal forma distribuiu adequadamente as coisas na

universalidade, que jamais a juno das partes gere a repugnncia das qualidades. Eis, por exemplo, para que entre muitas coisas coloquemos umas poucas, na composio do corpo humano, quanta sabedoria do Criador brilha? Acima, o homem uniforme, abaixo est dividido em duas direes; porque tanto uniforme o principal da mente, isto , a razo que considera as coisas invisveis, como dupla a qualidade da alma, assim tambm a concupiscncia que est abaixo desce para as coisas terrenas. E mais, a estatura do corpo humano estende-se para o lado pelos braos e se fixa abaixo pelas pernas; porque a inteno da ao tanto estende o esprito, como fixa o afeto dos desejos. Tambm, segundo a largura de um lado e de outro, o alongamento do corpo humano termina em cinco pelos dedos dos ps; porque, quer o esprito se estenda para o lado pela inteno da obra, quer se fixe abaixo pelo desejo da afeio, h cinco sentidos pelos quais sai para fora. E mais, os dedos se distinguem por trs espaos de articulaes, que avanam de uma palma nas mos e de uma planta nos ps, porque de uma sensibilidade saem cinco sentidos, nos quais, na primeira distino, primeiramente encontra-se o sentido, depois o sentir, em seguida, o sensvel. Finalmente, em cada um dos dedos, encontram-se as cabeas das ltimas articulaes, cobertas por unhas como se fossem capacetes, para que, onde quer que a mo estendida ou o p avanado encontrar um obstculo, protegidos por essa sua defesa, possam permanecer ilesos. De forma semelhante, as coisas terrenas que, semelhana das unhas, esto ligadas aos sentidos externos, fortificam-nos na necessidade; mas naquilo que no se refere necessidade, podem ser cortados como algo sem sensibilidade fora da carne. Eis com que racional diferenciao so colocados na face humana os instrumentos dos sentidos. A viso ocupa o lugar mais alto nos olhos. A seguir, a audio nas orelhas; depois desta, o olfato nas narinas e, depois deste, o gosto na boca. Sabemos, porm, que todos os outros sentidos vem de fora para dentro, somente a viso sai de dentro para fora e, colocada distncia, percebe com admirvel agilidade mais do que os outros. Portanto, como um bom observador, obteve um lugar mais eminente do que todos, para que, diante do perigo, possa prever aquilo que vier a acontecer aos outros sentidos. Depois deste, a audio o segundo sentido, tanto pelo lugar quanto pela nobreza. A seguir, o olfato. O gosto, porm, que nada pode sentir a no ser aquilo que toca, com razo (mais tardiamente do que os outros sentidos) fica no fim. O tato no tem um lugar especial e, por isso, universal, porque coopera com todos os sentidos. Da tambm nos dedos o polegar, que percebe o tato, s ele corresponde a todos os dedos reunidos, porque sem o tato no pode haver nenhum dos sentidos. V tambm como no corpo humano os ossos so colocados internamente, a ponto de sua dureza sustentar o corpo; a seguir, a carne reveste os ossos, para que sua dureza possibilite o tato com tranqilidade. Por ltimo, a pele veste a carne, para que, por sua resistncia, de alguma forma proteja o corpo dos incmodos que acontecem por fora. Prestai ateno como aquilo que mole e fraco, colocado no meio, como num lugar mais protegido, para que no caia por falta de um apoio interno ou se quebre por no ter uma proteo externa. Ora, o que foi exemplificado num ser, pode ser encontrado em todas as espcies de coisas. Pois, assim como a casca protege a rvore, as penas e os bicos, os pssaros, as escamas, os peixes, a providncia do Criador criou protees para cada coisa

segundo a necessidade de sua natureza. At aqui falamos da localizao, passemos agora para o movimento... CAP. IX O aspecto e as figuras das coisas Por causa da brevidade, bastem essas palavras sobre o movimento. Segue-se, depois, o aspecto. O aspecto a forma visvel, que contm duas coisas, as figuras e as cores. Ora, as figuras das coisas aparecem admirveis de muitos modos. s vezes pela grandeza, s vezes pela pequenez, s vezes porque raras, s vezes porque belas, s vezes, por assim dizer, porque de algum modo convenientemente inbeis, s vezes porque so uma em muitas, s vezes porque diferentes em uma; sigamos cada coisa por sua ordem. A figura se percebe segundo a grandeza, quando alguma coisa ultrapassa em quantidade a medida de seu gnero; assim, admiramos o gigante entre os homens, a baleia entre os peixes, a guia entre os pssaros, o elefante entre os quadrpedes, o drago entre as serpentes. Considera-se a figura segundo a pequenez quando alguma coisa no pode ser comparada pela quantidade de seu gnero, como o piolho no cabelo, a traa na roupa, vermezinhos, mosquitinhos e semelhantes que vivem entre os outros animais, mas so diferentes de todos os outros pela exigidade do corpo. V, pois, o que mais te admira: os dentes do javali ou da traa, as asas da guia ou do mosquitinho? A cabea do cavalo ou do gafanhoto? Os ossos do elefante ou o gorgulho, o focinho do porco ou do piolho, a guia ou a formiga, o leo ou a pulga, o tigre ou a tartaruga? L admirars a grandeza, aqui admirars a pequenez; um corpo pequeno criado com grande sabedoria. Uma grande sabedoria na qual no se introduziu nenhuma negligncia. Deu olhos queles que apenas o olho pode compreender; e em to minsculos corpos distribuiu abundantemente, de tal forma, adequados traos em todas as direes de sua natureza, para que nos menores deles todos no vejas faltar nada que a natureza formou nos grandes. CAP. X As coisas que devem ser admiradas porque so raras Agora resta falar das coisas que so raras e, por isso, parecem mais admirveis. Nas coisas criadas, existem algumas que, pelo fato de serem vistas, so mais admirveis, porque raramente chegam ao conhecimento dos homens, quer porque em seu gnero so criadas puras, quer porque esto escondidas em lugares distantes e em secretas dobras da natureza. Mas, a providncia do Criador quis coloc-las separadamente, para que a sociedade humana no seja prejudicada pela participao das coisas que so nocivas, a cobia humana seja provada pelo aspecto das coisas que so preciosas, a lentido humana aprenda a admirar pela exercitada novidade das coisas que so raras; por fim, para que estas coisas, ao mesmo tempo boas e ms, como que colocadas ao longe, de alguma forma exortem o homem a prestar ateno com quanto esforo deve fugir dos males eternos e desejar os bens eternos, j que suporta tantos trabalhos para atingir esses bens temporais e evitar os maus. CAP. XI As coisas que so admirveis porque belas A seguir, trata-se das coisas que so admirveis por causa da beleza. Admiramos a apresentao de algumas coisas porque so belas de modo especial e

convenientemente adaptadas, de forma que, de modo algum, a prpria disposio da obra parece indicar uma especial diligncia do Criador empregada nelas. Admiramos ainda outras coisas porque so monstruosas ou extravagantes; certamente o canto delas, quanto mais estranho razo humana, tanto mais facilmente pode forar o esprito humano admirao. Por que, ao comer, o crocodilo no move o maxilar inferior? E como a salamandra permanece ilesa no fogo? Quem deu espinhos ao ourio e lhe ensinou a se enrolar nos frutos espalhados pelo turbilho e caminhando carregado com eles estridula como um carroo de duas rodas? E por que a formiga, sabendo que o inverno est por vir, enche seus celeiros de gros? Por que a aranha une os fios de suas vsceras para pegar a presa? Eles so testemunhas da sabedoria de Deus. Existe ainda outro verdadeiro e evidente argumento da divina sabedoria, que toda a espcie procria algo semelhante a si e, em tantas coisas, uma semelhana propagada no muda a forma da primeira origem; a ovelha no gera um bezerro, uma vaca no gera um cordeiro, a cerva no gera uma lebre, o leo no gera uma raposa, mas tudo o que existe estende seus rebentos em algo semelhante a si. Isso tambm observado pela natureza insensvel: a tlia um tipo de rvore tlia, a faia, outro, outro, o carvalho; cada um tem sua espcie e cada um conserva a semelhana de seu gnero. V como a folha se distingue pelos dentes colocados ao redor, como internamente tecida por costelas produzidas aqui e ali. Considera uma, considera outra. Toda a folha que de um gnero, tanto de uma multido como de uma semelhana, encontrars tantos dentes numa, quantos dentes na outra; tantas costelas numa, quantas costelas na outra; tal forma numa, como na outra; tal cor numa, como na outra. Eis como as amoras, como os morangos se distinguem por alguns gros unidos um ao outro em crculo; tanto um quanto o outro e toda a natureza, como se recebesse ordem de algum elemento interior, nunca presume ultrapassar seus limites. Admirvel tambm que num corpo existem tantos membros, tantas formas de membros, tantos lugares, tantos ofcios. Quantos membros existem num corpo humano? Um so as orelhas, outro os olhos, outro a lngua, outro o nariz, outro os ps, outro as mos; cada um com sua forma, seu lugar, seu ofcio, e sendo to diferentes entre si, cada um, porm, coopera com o outro em tudo. CAP. XII As vrias cores das coisas Depois da figura, segue-se a cor. Sobre a cor das coisas, no necessrio discorrer muito, j que a prpria viso prova quanta beleza se acrescenta natureza, quando adornada de vrias cores. O que mais belo do que a luz que, embora no tenha cor em si, ao iluminar, porm, de alguma forma colora as cores de todas as coisas? O que mais belo de se ver do que o cu quando est sereno, que resplende como se fosse uma safira; e por uma agradabilssima combinao de sua claridade, permite a viso e melhora o aspecto? O sol brilha como o ouro, a lua amarela quase como o mbar; algumas estrelas brilham como fogo; algumas cintilam com uma luz rsea, outras, porm, alternadamente mostram um fulgor ora rseo, ora verde, ora branco. Que direi das jias e pedras preciosas, das quais no s a eficcia til, mas tambm o aspecto admirvel? Eis a terra coroada de flores, que belo espetculo oferece, como agrada o olhar, como provoca o afeto? Vemos vermelhas rosas, cndidos lrios, purpreas

violetas, em todas elas no s admirvel a beleza, mas tambm a origem. Isto , como a sabedoria de Deus produz tal espcie do p da terra. Por fim, sobre todo o belo, como o verde arrebata os espritos dos que observam; quando os germens produzem algo realmente novo, uma nova vida, e erguidos para cima em suas pontas, como se a morte fosse calcada para baixo, ao mesmo tempo precipitamse para a luz imagem da futura ressurreio. Mas o que diremos das obras de Deus, j que tanto admiramos as artes do trabalho humano, que enganam os olhos com uma certa sabedoria adulterina? CAP. XIII As qualidades sensveis das coisas Depois do aspecto, devemos discorrer sobre a qualidade das coisas, porque a providncia do Criador indicou to diferentes qualidades s coisas, para que todos os sentidos do homem encontrem seus prazeres. A viso percebe uma coisa, a audio, outra, o olfato, outra, o gosto, outra, o tato, outra. A beleza das cores alimenta a viso, a suavidade das cantigas afaga a audio a fragrncia do odor, o olfato; a doura do sabor, o gosto; a aptido do corpo, o tato. E quem consegue enumerar todos os prazeres dos sentidos? Eles so to numerosos em cada um, para que se algum por si confiar em qualquer sentido, por si julgue estar enriquecido. Pois na variedade dos sons encontramos tantos prazeres dos ouvidos quantos prazeres dos olhos existirem na diferena das cores. Entre eles, primeiramente so doces as trocas de palavras, pelas quais os homens comunicam mutuamente suas vontades, narram as coisas passadas, indicam as presentes, anunciam as futuras, revelam as ocultas, de forma que se a vida humana carecer delas, parea ser comparada aos animais. Porm, que direi do concerto das aves, da bela melodia da voz humana, das doces medidas de todos os sons? Porque so tantas as espcies de harmonia que o pensamento no pode percorr-las nem a palavra pode explic-las facilmente; e, no entanto, todas servem ao ouvido e foram criadas para seus prazeres. A mesma coisa acontece com o olfato. Os incensos tm seu odor, os leos tm seu odor, as rosas tm seu odor; tm seu odor os prados silvestres, as regies selvagens, as florestas e as flores; e todas as coisas que oferecem uma fragrncia suave e exalam doces odores servem ao olfato e foram criadas para seus prazeres. Do mesmo modo, o gosto e o tato tm diversos prazeres que, semelhana dos anteriores, podem bem ser avaliados... CAP. XVI Que entre as trs coisas invisveis de Deus, a sabedoria a primeira que deve ser investigada Dissemos que h trs coisas invisveis: o poder, a sabedoria e a benignidade. Deve-se, pois, perguntar qual destas se apresente antes do que as outras para o conhecimento dos que contemplam. E creio que na contemplao primeiramente se compreende o invisvel que, em sua imagem visvel, se revela de forma mais expressa e mais manifesta. Mas as prprias coisas visveis so chamadas de imagens das coisas invisveis, como a imensidade das criaturas a imagem do poder invisvel. A beleza das criaturas a imagem da sabedoria invisvel; a utilidade das criaturas a imagem da benignidade. Porm, quanto mais se aproxima da semelhana do Criador, tanto mais evidentemente toda a criatura manifesta seu Criador. Portanto, a imagem visvel deve primeiramente mostrar o

exemplar invisvel que, de forma mais perfeita, conserva expressa em si a imagem da semelhana divina. Ora, a imensidade das criaturas refere-se mais essncia, a beleza, porm, mais forma. Mas a essncia considerada sem a forma informidade. Contudo, aquilo que informe, exatamente naquilo que , semelhante a Deus, mas pelo fato de carecer de forma, diferente de Deus. Portanto, aquilo que tem forma mais semelhante a Deus do que aquilo que no tem forma. Da fica claro que a mais evidente imagem a beleza das criaturas, que se refere somente essncia. E mais, a beleza das criaturas, por causa da forma natural, refere-se disposio; a utilidade, porm, funo; pois as criaturas so teis porque, submissas, servem ao homem e prestam-lhe favor. O que se refere disposio mais prprio e mais certo do que aquilo que se refere funo, porque a natureza ps a disposio, mas a organizao acrescentou a funo. Portanto, no conhecimento, a imagem precede tanto a imensidade como a utilidade da beleza e, por isso, vem antes no conhecimento, porque na manifestao mais evidente. Por isso, devemos colocar o primeiro vestgio da contemplao nessa imagem, para que, enquanto mantivermos corretamente a primeira entrada da inquirio, guiados por aquele que buscamos, com p firme prossigamos para as outras coisas. Ao pesquisar a sabedoria, porm, muito bem inicia-se a inquirio na prpria imagem da sabedoria, porque o Pai se manifestou por sua sabedoria, no s quando enviou sua sabedoria na carne, mas tambm quando criou o mundo por sua sabedoria. A beleza das criaturas, que dissemos ser imagem da sabedoria de Deus, inclui quatro coisas: a localizao, o movimento, o aspecto e a qualidade. Nessas quatro, porm, no h dvida de que o movimento ocupa o lugar mais eminente, porque as coisas mveis esto mais prximas vida do que as coisas que no podem se mover. O movimento, porm, est dividido em quatro: local, natural, animal e racional. O movimento natural supera o movimento local, porque no movimento natural no s se expressa a imagem da vida, mas, de alguma forma, inicia-se a prpria vida. Por outro lado, o movimento animal ultrapassa somente o natural, quanto ao que sente no sensvel. Por fim, o racional sobrepe-se a todos, porque nele no s se move o sentido para animar, mas tambm a razo para compreender. Nas criaturas, nada pode ser mais evidente do que essa imagem, porque aquele que experimenta mostra a invisvel sabedoria a todos de forma mais clara. CAP. XVII Como pela criatura racional mostra-se que o Criador das coisas eterno Portanto, o primeiro e principal mistrio da sabedoria a sabedoria criada, isto , a criatura racional, porque segundo alguma coisa visvel, segundo algo invisvel foi feita porta e tambm caminho da contemplao. Enquanto visvel, porta; enquanto invisvel, caminho. porta, porque abre ao esprito o primeiro acesso de entrada para a contemplao. caminho, porque conduz para o fim a alma que corre para a contemplao. porta, porque de alguma forma mostra visivelmente as coisas invisveis. caminho porque leva a ver o Criador das coisas visveis e invisveis aqueles que vo das coisas visveis para as invisveis. Isso o homem pode conhecer em si mesmo. Pois no existe ningum razoavelmente sbio que no veja que existe. E, todavia, se comear a prestar ateno que verdadeiramente existe, o homem compreende que no nada de todas as coisas

que em si se vem ou podem ser vistas. Com efeito, aquilo que em ns capaz de razo, embora, por assim dizer, seja infuso e misturado carne, todavia, pela prpria razo separa a si mesmo da substncia da carne e compreende que estranho. Por que, pois, o homem duvidar que existem coisas invisveis, se parece invisvel que ele prprio verdadeiramente homem, embora de forma alguma duvide de sua existncia. Portanto, a porta da contemplao abre-se ao homem quando ele, conduzido por sua razo, comea a se conhecer. Tendo entrado, porm, resta percorrer o caminho at o fim, isto , para que algum chegue, por sua prpria considerao, ao conhecimento de seu Criador. Porm, aquilo que em ns no tem a essncia da carne, no pode ter a matria pela carne; mas assim como diferente da carne, da mesma forma sente-se estranho origem da carne. Todavia, verdadeiramente ele reconhece que teve incio, porque, quando compreendeu que existia, no se recorda de sempre ter existido, j que o intelecto no pode no saber que existe. Portanto, se o intelecto no pode existir, a no ser entendendo, resta que conhecemos aquele que nem sempre tem entendido e nem sempre tem existido e, por isso, creiamos que s vezes tem comeado. Mas, conforme j foi dito, aquilo que tem essncia espiritual no pode ter origem corprea, porque aquilo que levado adiante de uma matria prexistente, comprova-se que corpreo. Por isso, se nosso invisvel tiver incio, resta que no feito de matria pr-existente, mas do nada. Porm, aquilo que nada , no pode dar a existncia a si: e, por isso, o que tiver incio, no resta dvida que recebeu o ser de outro. Mas o que no existe por si mesmo no pode dar o ser a outros. Por isso, todo aquele que traz as coisas ao ser no recebeu o ser de outro. E isso claramente comprovado, porque, se alguma coisa existe, cremos que criatura; nas coisas no encontramos fim algum. Portanto, nossa natureza nos ensina que temos um Criador eterno, cujo carter prprio que existe; porque, se recebesse o ser de outro, no poderia ser verdadeiramente chamado de origem das coisas. Pois se uma vez no existia, no teve incio por si mesmo, mas tambm no pode ser chamado de primeiro se recebeu o ser de outro. Por isso, se Criador, sempre existiu. E mais, porque existe por si mesmo, no pode no existir. Pois o que existe por si mesmo, a ele tambm pertence o ser, e aquilo que , tambm certo, porque nenhuma coisa pode ser dividida ou separada de si mesma. Por isso, para aquele que ser a mesma coisa que aquilo que , forosamente sempre existe: porque nada pode ser separado de si mesmo. Por isso, se algo existe por si mesmo, para ele o ser a mesma coisa; e aquilo que , que no recebeu o ser de outra parte, segue-se necessariamente sempre exista, para que no possa ser tirado de outra parte, que no seja dado de outra parte. Portanto, necessrio que confessemos que no pode ter princpio nem fim aquele que cremos ser o Criador. Pois aquele que sempre existiu no tem princpio; nem fim aquele que nunca acabou. Portanto, no eterno seno o Criador e o Criador no pode ser seno eterno... CAP. XIX Que o nico Criador das coisas imutvel nico, disse. Pois tambm a natureza ensina isso: isto , que o autor de todas as coisas um; que um o reitor. Pois se internamente houvesse diversos conselhos de presidentes, externamente, s vezes, eles se dividiriam do curso das coisas. Agora, porm, enquanto todas as coisas correm to harmoniosamente para um

fim, certamente indicam que uma a fonte e a origem da qual procedem. Mas porque o termo um compreendido de diversas maneiras, deve-se considerar como o Criador das coisas chamado de um. Pois um pela ao de recolher, um pela composio, um pela semelhana, um pela essncia e um pela identidade. um pela ao de recolher como quando dizemos que um o rebanho no qual existem muitos animais. Um pela composio, como quando dizemos que um o corpo no qual h muitos membros. Um pela semelhana, como quando dizemos que uma a voz emitida por muitos. Mas, desses todos, nada verdadeiramente um. Todavia, de certa forma so chamados de um, porque de algum modo aproximam-se da unidade. Portanto, no lcito pensarmos que o Criador das coisas um pela reunio de diferentes coisas, pela composio das partes ou pela semelhana de muitos, j que tambm aquilo que em ns racional, nada disso tudo possa encontrar-se nele. Pois aquele nosso composto que se distingue pela multido das partes, por nossa prpria razo comprova-se que no racional, mas unido ao racional. Portanto, se nosso racional verdadeiramente um, quanto mais deve-se crer que seu Criador verdadeiramente um? Mas verdadeiramente um aquilo que um por essncia, cuja totalidade ser um e simplesmente ser o que . Por isso, o que verdadeiramente um simples, e no pode ser separado em algumas partes; por isso, no admite a seco das partes, porque no recebeu a composio das partes. Por isso, ao Criador das coisas, ser um ser o que , porque totalmente um e simples ser o que . Mas agora conveniente considerarmos que se conhecem algumas coisas que so verdadeiramente um e, todavia, no so sumamente um, como as almas que so um essencialmente, mas no so um invariavelmente. Mas aquilo que verdadeira e sumamente um um essencial e invariavelmente. Portanto, se cremos que Deus verdadeiramente um, resta que perguntemos se tambm pode ser chamado de sumamente um. E mostramos verdadeiramente isso, se comprovarmos que ele totalmente invarivel. Mas porque no podemos saber como Deus invarivel se antes no compreendermos de quantas maneiras alguma coisa possa variar, em primeiro lugar necessrio descrever todas as maneiras da mutabilidade; e depois, uma por uma, mostrar como se afastam de Deus. Toda a mutabilidade acontece de trs maneiras: pelo lugar, pela forma e pelo tempo. Uma coisa muda localmente quando passa de um lugar para outro, isto , deixa de estar onde esteve e comea a estar onde no esteve. Essa mudana extrnseca e nada varia da essncia da prpria coisa, porque se deixa de estar onde esteve, todavia no deixa de ser o que foi, e embora comece a estar onde no esteve, todavia, no comea a ser o que no foi. Uma coisa muda formalmente quando, permanecendo no mesmo lugar, segundo sua essncia ou segundo o aumento recebe algo que antes no teve, ou segundo o desgaste perde algo que antes teve, ou segundo a alterao algo que antes teve comea a ter de forma diferente do que teve antes. A mudana segundo o tempo nasce das duas mudanas precedentes, porque nada pode mudar temporalmente se no mudar formalmente ou localmente. Da com evidncia se deduz que simplesmente imutvel aquilo que no pode mudar pela forma nem pelo lugar. Por isso, se constar que Deus no pode mudar de forma nem de lugar, no restar dvida de que simplesmente imutvel. Facilmente removemos dele a mudana

local, se mostrarmos que ele est em toda a parte. Pois o que est em toda a parte, est em todo o lugar. E o que est em todo o lugar, no pode mudar de um lugar para outro. Ora, h muitos indcios de que Deus est em todo o lugar. Em primeiro lugar, nossa prpria alma, que tanto a razo no duvida ser uma essncia simples, como o sentido prova que est difuso mediante tudo aquilo que vivifica o corpo. Pois qualquer parte do corpo que ferida pelas coisas animadas, um o sentido de toda a dor para o qual volta, o que simplesmente no aconteceria se um e o mesmo no fosse difundido em toda a parte. Portanto, se o esprito racional do homem, sendo simples, espalha-se por todo o corpo que ele rege, no digno que o Criador, que tudo rege e possui, seja forado a algum lugar, e antes no se creia que enche todas as coisas. Pois tambm os movimentos das coisas, que correm em toda a parte com um governo to certo e to racional, mostram que internamente existe uma vida que move. Todavia, de forma alguma deve-se crer que assim como o sentido do homem se une pessoalmente ao corpo que sensibiliza, da mesma forma tambm o esprito Criador se una pessoalmente ao corpo deste mundo sensvel, porque Deus enche o mundo de uma forma e a alma enche o corpo de outra. A alma enche o corpo e est contida nele, porque delimitado; Deus enche o mundo, mas no enclausurado pelo mundo porque, presente em toda a parte, nunca pode ser preso. No entanto, j que percebemos que nunca falta o efeito da fora divina, por que duvidaremos que a mesma fora de Deus est presente em todas as coisas? Mas se a fora de Deus est em toda a parte, j que a fora de Deus no outra coisa seno Deus, certo que Deus nunca est ausente. Pois Deus no como o homem, que precisa de fora alheia para agir; porque, muitas vezes, o homem faz com auxlio alheio o que no consegue fazer por prpria fora. Da, segundo um costume de falar, s vezes dizse que o homem age l onde no se duvida que est pessoalmente ausente, como quando se declara que um rei, que mora em sua cidade, lutou com os inimigos, venceu ou foi superado; porque seus soldados, por sua vontade e ordem, lutam, vencem e so vencidos pela fora. Assim quando algum estende uma vara ou lana uma pedra para uma coisa colocada ao longe e diz-se que ele toca aquilo que a pedra ou a vara tocarem. Com efeito, dessas coisas h muitas, mas delas todas nada diz-se propriamente, porque atribudo a um o que o outro faz. Deus, porm, que faz por si mesmo todas as coisas por prpria fora, onde quer que esteja presente pela ao, preciso que tambm esteja presente pela divindade. Porque se, talvez, algum perguntar como a divina essncia, que simples, pode estar em toda a parte, saiba que uma coisa diz-se do esprito simples, outra do corpo. Pois o corpo diz-se simples por causa da pequenez. Mas quando se diz que o esprito simples, no se refere pequenez, mas unidade. Por isso, o Criador tanto simples, porque um, como est em toda a parte, porque Deus. Existindo em todo o lugar, nunca preso; porque enchendo todas as coisas contm e no contido. Por isso, porque est em todo o lugar, no pode ser mudado localmente; e porque no pode ser compreendido por ningum, no local... CAP. XXI A partir da alma racional, pode-se mostrar a Trindade divina Porque h pouco temos andado das coisas visveis para as invisveis pelo olho da contemplao, a isso penetramos pelo caminho da investigao para no

duvidarmos que o Criador de todas as coisas sem princpio, sem fim e sem mutabilidade; e no encontramos isso fora de ns, mas em ns mesmos. Consideremos, portanto, se nossa prpria natureza nos ensina mais alguma coisa sobre nosso Criador, porque talvez mostre no s que um, mas tambm que trino. Certamente, a mente racional una e, ao mesmo tempo, gera de si um intelecto uno. s vezes, quando v quo subtil, quo verdadeiro, quo conveniente e quo belo ele , logo o ama e se compraz nele. V e tambm pasma e se admira por ter podido encontrar algo assim. Ardentemente gosta de olh-lo sempre, sempre t-lo, sempre gozar dele, sempre alegrar-se nele. Ele agrada por si, ele agrada por causa de si e no existe algo que se procure fora dele, porque nele ama-se o todo. Nele a contemplao da verdade agradvel de ver, suave de possuir, doce de gozar. Tendo-o consigo, a mente descansa e jamais atacada pelo tdio de sua solido, mas alegrada por um nico consorte, todavia no solitrio. Considera, pois, estas trs coisas: a mente, o intelecto e o amor. O intelecto nasce da mente, o amor origina-se ao mesmo tempo da mente e do intelecto. O intelecto nasce s da mente, porque a mente gera o intelecto de si. O amor, porm, nem s da mente, nem s do intelecto, porque procede de ambos. Primeiro a mente, depois a mente e o intelecto, por fim a mente, o intelecto e o amor. E isso realmente assim em ns. Na verdade, a razo convence que no Criador muito diferente. Por crermos que ele sempre existiu, necessrio confessarmos que tambm sempre teve sabedoria. Pois se se disser que uma vez era sem sabedoria, de forma alguma se encontra quem o teria feito sbio depois, ou de quem teria recebido a sabedoria, j que tanto isso absurdssimo, como estranho a toda a razo crer que ele, que fonte e origem da sabedoria, uma vez existisse sem sabedoria. Portanto, a sabedoria sempre existiu nele, a sabedoria sempre existiu por ele, a sabedoria sempre existiu com ele. A sabedoria sempre existiu nele, porque sempre teve sabedoria; sempre foi sbio. A sabedoria sempre existiu por ele, porque ele gerou a sabedoria que tem. A sabedoria sempre existiu com ele, porque, depois de gerada, no se separou daquele que a gerou. Sempre foi gerada e sempre se gera e ao ser gerada no comea, nem cessa depois de ser gerada; sempre se gera porque eterna, sempre gerada porque perfeita. E, portanto, aquele que gerou tambm aquele que gerado. Quem gerou o Pai; quem foi gerado o Filho. E porque aquele que gerou, gerou sempre, o Pai eterno. E porque aquele que foi gerado, sempre foi gerado, o Filho co-eterno com o eterno Pai. E mais, aquele que sempre teve sabedoria, sempre amou a sabedoria. Ora, aquele que sempre amou, sempre teve amor. Por isso, o amor co-eterno com o eterno Pai e o Filho. Todavia, o Pai no vem de ningum, o Filho vem s do Pai, o amor, porm, vem ao mesmo tempo do Pai e do Filho. Mas porque acima afirmamos que o Criador de tudo suma e verdadeiramente um, necessrio confessar que estas trs coisas em Deus so substancialmente uma. E mais, porque aquele que gerado, no pode ser aquele do qual gerado, nem aquele que procede daquele que gera e daquele que gerado pode ser aquele que gera ou gerado, por uma invencvel razo da verdade, somos obrigados a conhecer na divindade a trindade das pessoas e a unidade da substncia. Em relao s trs, na divindade , ao mesmo tempo, comum tanto a igual eternidade, como a eterna igualdade, porque no pode ser diferente em cada uma o que a divindade faz ao mesmo tempo comum a todas. Portanto, as trs so um s,

porque em trs pessoas existe uma substncia, mas as trs no so um, porque assim como a distino das pessoas no divide a unidade da divindade, da mesma forma tambm a unidade da divindade no confunde a distino das pessoas... CAP. XXV Que a ordem da criao e do conhecimento das coisas relacionam-se de forma diferente Quando h pouco, para investigar as coisas invisveis, comeamos a caminhar pelas visveis, primeiramente passamos da criatura corprea para a incorprea, isto , a criatura racional; e depois, da criatura racional chegamos at a sabedoria de Deus. Agora, porm, voltando na considerao feita, caminhamos primeiro da sabedoria da Deus para a criatura racional e, depois, da criatura racional para a criatura corprea. Aquela a ordem do conhecimento, esta da criao, porque primeiramente ocorre a criatura corprea, que visvel no conhecimento; depois da criatura corprea, o conhecimento passa para a incorprea; por fim, estando aberto o caminho da investigao, chega at o criador de ambas. Com efeito, na criao, no primeiro degrau, a criatura racional foi feita imagem de Deus; depois a criatura corprea, para que a criatura racional, fora dela, soubesse o que recebeu por dentro do Criador. Na sabedoria de Deus existe a verdade, na criatura racional, a imagem da verdade, na criatura corprea, a sombra da imagem. A criatura racional foi feita segundo a sabedoria de Deus. A criatura corprea foi feita segundo a criatura racional. Por isso, todo o movimento e converso da criatura corprea segundo a criatura racional, e todo o movimento e converso da criatura racional deve ser segundo a sabedoria de Deus, para que enquanto tambm sempre adere a seu superior pela converso, no perturbe em si a ordem da primeira criao, nem a semelhana do primeiro exemplar. Portanto, aquele que, pelo caminho da investigao, passa das coisas visveis para as invisveis deve conduzir o olhar da mente primeiro da criatura corprea para a criatura racional e depois da criatura racional para a considerao de seu criador. Mas, voltando das invisveis para a visveis, primeiramente desce do Criador para a criatura racional e, depois, da criatura racional para a criatura corprea. Todavia, na mente humana, a ordem do conhecimento sempre precede a ordem da criao; porque ns, que estamos por fora, no podemos voltar para o interior se antes no penetrarmos as coisas ntimas pelo olho da mente. Mas a ordem da criao sempre segue a ordem do conhecimento; porque, embora s vezes a fraqueza humana tenuemente for admitida a contemplar as coisas internas, muitas vezes, porm, o fluxo de sua mutabilidade no lhe permite ficar ali. CAP. XXVI Os trs dias da luz invisvel Por isso, depois que, tanto quanto Deus se dignou conceder, das coisas visveis chegamos ao conhecimento das invisveis, agora nossa mente se volte para si mesma e preste ateno que utilidade possa tirar para si desse conhecimento. Pois o que nos adianta conhecermos a altura da majestade em Deus e da no tirarmos nenhuma utilidade? Porm, quando voltamos daquele ntimo segredo da divina contemplao, o que poderamos trazer conosco? Vindo da regio da luz, o que poderamos trazer seno a luz? Pois isso, conveniente e necessrio que, se viemos da regio da luz, tragamos conosco a luz para afastar nossas trevas. E

quem poder saber que l estivemos, se no voltarmos iluminados? Aparea, pois, que l estivemos, aparea o que l vimos. Se l vimos o poder, tragamos a luz do temor divino. Se l vimos a sabedoria, tragamos a luz da verdade. Se l vimos a benignidade, tragamos a luz do amor. O poder desperte os entorpecidos para o amor; a sabedoria ilumine os cegados pelas trevas da ignorncia; a benignidade inflame os frios com o calor da caridade. Vede, peo, o que a luz seno o dia; e o que so as trevas seno a noite. E como o olho do corpo tem seu dia e sua noite, assim tambm o olho do corao tem seu dia e sua noite. Portanto, so trs os dias da luz invisvel pelos quais interiormente se distingue o curso da vida espiritual. O primeiro dia o temor, o segundo a verdade, o terceiro a caridade. O primeiro dia tem seu sol, o poder; o segundo dia tem seu sol, a sabedoria; o terceiro dia tem seu sol, a benignidade. O poder pertence ao Pai, a sabedoria, ao Filho, a benignidade, ao Esprito Santo. Uma coisa so os dias que temos exteriormente, outra, os que temos interiormente. Nossos dias exteriores, mesmo que no queiramos, passam; mas os dias interiores, se quisermos, podem permanecer para sempre. Pois se diz que o temor do Senhor permanece eternamente (Sl 18,10). Tambm no h dvida de que a verdade permanece para sempre, porque, embora comece nesta vida, todavia, em ns s ser plena e perfeita quando aquele que a verdade aparecer manifesto depois do fim desta vida. A mesma coisa dita da caridade: porque a caridade nunca h de acabar (1Cor 13,8). Bons dias so esses que nunca passam. Pois so maus os dias que no s no permanecem sempre, mas nem podem ficar um pouco. Desses dias, diz-se pelo Profeta: O homem como o feno (Sl 102,15), seus dias passaram como uma sombra (Sl 101,12). Estes so os dias que a culpa mereceu; aqueles os dias que a graa deu. Daqueles dias, o Profeta disse: Nos meus dias invocarei (Sl 114,2) aquele que em outro lugar disse: meia-noite levantei-me para te louvar (Sl 118,62). Mas chama aqueles de seus dias, porque no ama os outros dias. Como diz Jeremias: Senhor, no desejei o dia do homem, tu o sabes (Jr 17,16). Estes so os dias dos quais J esteve cheio, do qual est escrito que morreu velho e cheio de dias (J 42,16). Pois no pudera estar cheio de outros dias, que j no tinham passado. Os dias que esto por fora, s os maus os conheceram; mas os bons, que j mereceram ver os dias interiores, no s no amam os que esto por fora, mas tambm os maldizem. Diz o bem-aventurado J: Perea o dia em que nasci, e a noite em que se disse: Foi concebido um homem. Converta-se aquele dia em trevas e Deus no olhe para ele do alto do cu, nem seja iluminado pela luz (J 3,3-4). Portanto, devemos antes amar os dias que esto por dentro, onde as trevas no seguem a luz, onde os olhos interiores do corao do mundo so iluminados pelo esplendor do eterno Sol. Destes dias, o Salmista cantou: Anunciai de dia para dia a sua salvao (Sl 95,2). O que sua salvao, seno seu Jesus? Pois assim interpreta-se Jesus, isto , salvador. Assim, chamado de salvador, porque por ele o homem restabelecido na salvao. Dele fala Joo, dizendo: A lei foi dada por Moiss, a graa e a verdade foi trazida por Jesus Cristo (Jo 1,17). E mais, Paulo apstolo chama Jesus Cristo de fora de Deus e sabedoria de Deus (1Cor 1,24). Por isso, se Jesus Cristo sabedoria de Deus e por Jesus Cristo foi trazida a verdade, certo que a verdade foi trazida pela sabedoria. Portanto, a verdade o dia da sabedoria. Deste seu dia, a prpria sabedoria falou aos Judeus, dizendo: Abrao, vosso pai, suspirou por ver

o meu dia; viu-o e exultou (Jo 8,56). Ora, a verdade de Deus a redeno do gnero humano. Ele a tinha prometido antes. Certamente, quando depois a apresentou, que outra coisa mostrou seno que ele prprio veraz? Com razo, porm, esta verdade foi completada pela sabedoria, da qual provm toda a verdade. Tambm, para completar a verdade, outro no teve de ser enviado a no ser aquele no qual existe a plenitude de toda a verdade. Portanto, bem exulta Abrao pelo dia da verdade, porque deseja que se complete a verdade. Realmente, pelo esprito, viu esse dia quando conheceu que o Filho de Deus haveria de vir na carne para a redeno do gnero humano; portanto, diga-se: Anunciai de dia para dia a sua salvao. Anunciai o dia segundo, do dia primeiro para o dia terceiro: o dia da verdade, do dia do temor para o dia da caridade. Primeiramente, o dia um era o dia do temor, veio o segundo dia, o dia da verdade. Apareceu, no sucedeu, porque o primeiro no acabou. Eis dois dias; a mesma coisa acontece no dia terceiro, para o dia da caridade; mas tambm ele, quando veio, no expulsou os anteriores. Bem-aventurados esses dias. Por esses dias, os homens podem ser enchidos, quando tendo aparecido os futuros, os presentes no passam. Quando o nmero aumenta, a claridade se multiplica. CAP. XXVII Que os mencionados dias msticos primeiramente so completados no gnero humano e devem ser completados em ns, e como Primeiramente, estando em pecado, os homens foram separados pela lei e comearam a temer a Deus como juiz; porque conheceram a iniqidade. Portanto, tem-lo, j era conhec-lo; porque realmente, de maneira alguma podem temer, se de forma alguma conhecerem. O prprio conhecimento j era alguma coisa da luz; j era dia, mas ainda no claro; porque era obscurecido pelas trevas do pecado. Portanto, veio o dia da verdade, o dia da salvao, que destruiria o pecado, iluminaria a claridade do primeiro dia, e no tiraria o temor, mas mud-loia para melhor. Mas a claridade ainda no era plena at que a caridade no fosse acrescentada verdade. Pois a prpria Verdade diz: Tenho ainda muitas coisas a dizer-vos, mas vs no podeis compreend-las agora. Porm, quando vier o Esprito da verdade, ele vos ensinar toda a verdade (Jo 16,12-13). Portanto, toda a verdade, para que tanto tire as coisas ms, como restabelea as boas. Eis que existem trs dias: o dia do temor, que manifesta o mal; o dia da verdade, que afasta o mal; o dia da caridade, que restabelece o bem. O dia da verdade aclara o dia do temor; o dia da caridade aclara tanto o dia do temor, como o dia da verdade; at que a caridade for perfeita e toda a verdade se manifestar perfeitamente e o temor da pena se transformar em temor de respeito. Portanto, anunciai de dia para dia a sua salvao (Sl 95,2). Desses dias falou o profeta Osias, dizendo: Ele nos dar a vida em dois dias; ao terceiro dia nos ressuscitar (Os 6,3). Pois ouvimos e nos alegramos como nosso Senhor Jesus Cristo, ressurgindo dos mortos ao terceiro dia, vivificar-nos- em si e ressuscitar. Mas muito digno que lhe recompensemos seu benefcio; e como ressuscitamos nele que ressuscitou no terceiro, assim tambm ns, ressurgindo para ele e por ele no terceiro dia, faamos que ele ressuscite em ns. E no se deve crer que ele quisesse que ns lhe retribussemos aquilo que antes ele quis que nos fosse comunicado. Portanto, assim como para realizar por si e para si a nossa salvao ele quis ter trs dias, da mesma forma, para que realizemos a nossa salvao em

ns, ele nos deu trs dias. Mas porque aquilo que foi feito nele no foi apenas um remdio, mas tambm um exemplo e um sacramento, foi necessrio que fosse feito visivelmente por fora; de forma que significasse aquilo que teve de fazer invisivelmente em ns. Portanto, os dias dele foram exteriores; nossos dias devem ser procurados interiormente. Portanto, internamente temos trs dias, pelos quais nossa alma iluminada. A morte pertence ao primeiro dia, a sepultura, ao segundo, a ressurreio, ao terceiro. O primeiro dia o temor, o segundo a verdade, o terceiro a caridade. O dia do temor o dia do poder, o dia do Pai; o dia da verdade o dia da sabedoria, o dia do Filho; o dia da caridade o dia da benignidade, o dia do Esprito Santo. O dia do Pai, o dia do Filho e o dia do Esprito Santo um nico dia na claridade da divindade; mas na iluminao de nossa mente como se o Pai tivesse um dia, o Filho outro e o Esprito Santo outro; no que de alguma forma se deva crer que a Trindade, que inseparvel pela natureza, possa ser separada na ao; mas para que a separao das pessoas possa ser compreendida na distino das aes. Portanto, quando a onipotncia de Deus, considerada na admirao, desperta o nosso corao, o dia do Pai. Mas quando a sabedoria de Deus, vista no conhecimento da verdade, ilumina nosso corao, o dia do Filho. E quando a benignidade de Deus, dirigida ao amor, inflama nosso corao, o dia do Esprito Santo. O poder amedronta, a sabedoria ilumina, a benignidade alegra. No dia do poder, morremos pelo temor. No dia da sabedoria, pela contemplao da verdade, somos sepultados do rudo deste mundo. No dia da benignidade, ressurgimos para o amor e o desejo dos bens eternos. Assim, pois, Cristo morreu no sexto dia, ficou no sepulcro no stimo dia, ressuscitou no oitavo, para que, de forma semelhante, primeiramente, no seu dia, pelo temor o poder nos mate aos desejos carnais, depois, no seu dia, nos sepulte no interior escondido da contemplao; por fim, no seu dia, a benignidade nos faa surgir, vivificados pelo desejo do divino amor; porque o sexto dia pertence ao trabalho, o stimo ao descanso e o oitavo ressurreio.

RESENHAS
MESTRE ECKHART. Sermes alemes. vol. I. Traduo e apresentao de Enio Paulo Giachini; Apresentao de Emmanuel Carneiro Leo Edusf, Vozes, 2006, 366 p. www.sofrancisco.edu.br/edusf edusf@saofrancisco.edu.br Publicado pela Edusf em parceria com Vozes, aparece em portugus o primeiro volume dos sermes alemes do mestre renano Joo Eckhard (sermes 1-60). Em fase de reviso final est tambm o volume 2, contendo os sermes 61-104, que dever vir a pblico no ano de 2007. A traduo que ora se apresenta foi feita a partir da verso alem Die Deutschen Werke. Stuttgart: Kohlhammer, 1958, 1968, confrontando-a, sempre que possvel e necessrio, com o texto da verso do alemo medieval (mittelhochdeutsch). Os sermes alemes aqui apresentados em traduo portuguesa formam, junto com os tratados, a parte alem das obras do mestre. Tanto os tratados, como os sermes no se destinam apenas nem de preferncia a filsofos, telogos e msticos, mas ao pensamento, f e experincia de todo o povo de Deus. Pensador todo homem, crente todo homem, mstico todo homem, embora no sejam sempre da mesma maneira, nem de qualquer maneira, mas da sua maneira, da maneira de cada um. Por isso o escndalo de muitos, ao verem o Mestre Eckhart enderear suas mais profundas reflexes das profundezas de Deus na alma humana a todos os homens s se compara com o escndalo do Cristo crucificado, de que fala So Paulo na 1Cor 1,23. Escndalo no somente se d. Escndalo tambm se cria.

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