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IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE DELLACQUA NEGLI EDIFICI

SISTEMI DI ABBONAMENTO mente sovraccarico. Tale schema zione possa essere facilmente e comLa somministrazione d'acqua agli utenti consigliabile per quelle installazioni pletamente smaltita. avviene o col sistema a quantit fissa importanti nelle quali la richiesta d'ac- Inoltre si deve poter isolare e svuotare

condotta stradale

condotta stradale

condotta stradale

scarico

scarico

scarico

Fig. 1 - Schemi di distribuzione. A, a ramificazioni; B, ad anello inferiore; C, a gabbia (lente idrometrica) o a misuratore qua su uno o su alcuni montanti pu qualunque tratto di tubazione mediante (contatore). L'unico sistema razionale di raggiungere punte molto elevate, ma rubinetti di arresto e di scarico opportudi breve durata (v. fig. 1). namente disposti. Anche gli impianti a lente idrometrica L con serbatoio superiore possono avere cassetta di ripartizione lo schema ramificato o ad anello, con V sopravanzo solo distributore di alimentazione delle L colonne discendenti. al piano dellaterL razza. V sopranzo L Negli impianti a lente idrometrica vencolonna gono principalmente adottati due tipi montante V L di distribuzione: la distribuzione diretta e quella semidiretta. II primo tipo si V adotta nel caso di utente unico di tutto L ledificio (caserme, uffici, collegi ecc.). valvola l V Si ha un rubinetto idrometrico princisaracinesca pale L per i serbatoi e tante lentisecondarie l quante sono le prese ai piani. l V presa stradale Con la distribuzione semidiretta ogni Fig. 2 - Schemi di distribuzione diretta utente ha un suo serbatoio alimentato (a serbatoi comunicanti) da una cassetta di ripartizione dell'acl valvola abbonamento, universalmente adot- qua in arrivo dalia condotta stradale tato, quello a contatore. II sistema a (v. figg. 2 e 3). quantit fissa esige, con l'installazione Le diramazioni debbono risultare Fig. 3 - Schemi di distribuzione semidiretta dei serbatoi, un impianto pi complesso ascendenti, con lieve pendenza verso i (a serbatoi indipendenti) e costoso, igienicamente meno protetto, punti di erogazione, affinch attraverso che non assicura leffettiva erogazione detti punti l'aria che si libera nellatubadella quantit d'acqua in concessione. 2/3 cm altezza sopra in pavimento rivestimento con betume pavimento RETI E SCHEMI Dl DISTRIBUZIONE malta di cemento Una rete di distribuzione costituita da tubi orizzontali distributori, tubi verticali o colonne e da diramazioni che collegano le colonne e i distributori ai rubinetti di erogazione. Lo schema a gabbia assicura una pi equilibrata distribuzione, funzionando guaina riempita con cemento a asfalto l'anello superiore come un regolatore destinato ad alimentare dall'alto un Fig. 4 - Passaggio di tubazioni attraverso muri e pavimenti tubo punto di attingimento momentanea-

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MATERIALI DELLE RETI E LORO INSTALLAZIONE I tubi pi indicati per le reti interne sono quelli di acciaio dolce trafilati con processo Mannesmann (tubi gas). Detti tubi sono forniti grezzi (neri) o zincai sulle loro superfici interne ed esterne. Sono sconsigliabili i tubi di piombo e quelli di materie plastiche: questi ultimi per la rilevante dilatazione termica (per il cloruro di polivinile, ad esempio, l'allungamento in mm per metro di tubo circa volte quello dell'acciaio), per la non elevata temperatura di rammollimento che ne impedisce l'uso per la distribuzione di acqua calda, per la possibilit di essere facilmente forati da chiodi, e per la fragilit che pu subentrare nel materiale col tempo (invecchiamento). Le tubazioni debbono essere installate in modo che siano smontabili e dilatabili, protette dagli urti e dai contatti corrosivi.

Tubi gas commerciali serie normale (tabella UNI 3824)


Indicazione convenzionale per la designazione 3/8 1/2 3/4 1 1 1/4 1/ 1/2 2 2 1/2 3 3 1/2 4 Riferimento al diametro nominale di tubazione 10 15 20 25 32 40 50 70 80 90 100 Diametro esterno massimo mm 17,4 21,7 27,1 34,0 42,7 48,6 60,7 76,3 89,4 101,8 114,9 minimo mm 16,7 21,0 26,4 33,2 41,9 47,8 59,6 75,2 87,9 100,3 113,0 Spessore S mm 2,00 2,35 2,35 2,90 2,90 2,90 3,25 3,25 3,65 3,65 4,05

Non consigliabile murare le condotte: se indispensabile, murarle solo con malta di cemento escludendo nel modo pi assoluto l'uso del gesso (v. fig. 4). I collari o le mensole di sostegno delle tubazioni vanno posti alle seguenti distanze: tubazioni di piombo orizzontali . . . . . . m 0 ,40 verticali m 0,50 di ferro: per 20 mm , . . . . . m 1,25 per >20mm e 40mm m2,25 per0>40. . . . . . . . mm m 3.00 m 1. Tubi di ghisa, grs, cemento amianto: 1 braccia-letto per ogni elemento Particolare attenzione va prestata alle condizioni fisiche delle tubazioni.

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CONDIZIONI FISICHE DELLE TUBAZIONI Dilatazione. - All'atto dell'installazione si preveder l'allungamento per dilatazione e si eviter in conseguenza di creare dei punti fissi lungo la canalizzazione, lasciando che questa possa liberamente scorrere dentro i braccialetti di sostegno, o dentro le tracce a muro o i fori di attraversamento dei solai e delle pareti.
Aumento di temperatura in gradi cent. 10 20 40 60 80 100 Aumento di lunghezza in mm per metro di tubo Acciaio Ghisa Rame 0,12 0,12 0,16 0,25 0,22 0,32 0,50 0,44 0,63 0,75 0,66 0,85 1,00 0,88 1,27 1,25 1,11 1,60

Capacit l

C B
Fig. 6 - Presa stradale A, collare semplice con diramazione filettata: B, strettoio con valvola di chiusura; C, saracinesca installata nel sottosuolo con tubo di protezione e chiusino.

Dimensioni d'ingombro in cm Recipiente Recipiente Peso circolare quadrangolare kg diametro altezza lung. largh. altezza 100 53 66 56 56 46 1822 150 58 77 66 56 59 2630 200 64 85 86 56 59 2936 300 73 95 106 66 59 4251 300 --86 76 64 50 400 77 111 ---55 420 --107 77 67 69 420 --77 67 111 56 500 87 111 102 102 68 6774 750 98 126 102 102 97 94110 1000 113 126 102 102 127 120144

Congelamento. - L'acqua, trasformandosi in ghiaccio, aumenta di volume di circa il 9%. Se, come avviene nelle condotte, l'aumento di volume e impedito o l'acqua in pressione, il punto, di congelamento si abbassa al di sotto di 0C. La pressione sulle pareti del tubo sale allora di circa 60 kg/cm per ciascun grado di abbassamento del punto di congelazione. Per evitare che, gelandosi l'acqua, le tubazioni scoppino, queste si dispongono con una pendenza di 23 mm per m in modo che possano essere tempestivamente svuotate, oppure si crea una perdita permanente d'acqua. La protezione conavvolgimento isolante pu soltanto ritardare il congelamento in una condotta esposta. Condensazione. - Si evita la condensazione del vapor d'acqua contenuto nell'aria, al contatto delle tubazioni fredde, isolando opportunamente queste ultime. II miglior isolante termico l'aria in riposo in strati sottilissimi. Tra le sostanze coibenti impiegate per rivestire

tubazioni ricordiamo il carbonato di magnesio, la terra d'infusori, la polvere di scorte d'alto forno, l'amianto, il su-

un apposito apparecchio foratubi. La valvola o la saracinesca, a valle del collare di presa, si rende accessibile dalla strada attraverso un chiusino e

1.00

sopravanzo

0.50

scarico

ai rubinetti di erogazione Fig. 8 - Schema di funzionamento di un contatore a trubina a getto ripartito.

Fig. 7 - Schema di installazione di un serbatoio

ghero espanso, la lana di vetro.

C A B

Fig. 6 - Presa stradale A, condotta distributrice; B, saracinesca comandata dalla straada; C, rubinetto d'arresto; D, contatore.

PRESE STRADALI Le diramazioni per uso privato (v. figg. 5-6) da eseguire su una condotta distributrice gi posata si realizzano forando la condotta stessa dopo averne interrotto il servizio o, anche, mentre essa in pressione . Nel primo caso, dopo aver praticato il foro, viene stretto sul tubo (con l'interposizione di una guarnizione di gomma o di piombo) una cravatta o collare che porta una diramazione. SERBATOI Per la presa in pressione, si serra sul La capacit dei serbatoi va commisutubo da forare uno speciale collare, rata alle particolari esigenze della loro detto strettoio, poi si esegue il foro con destinazione. Ai serbatoi destinati ad

pu essere manovrata soltanto dalla societ concessionaria per dare o togliere l'acqua allabbonato . L'acqua viene consegnata all'utente immediatamente a valle del contatore generale della rete, ove viene inserito un rubinetto d'arresto. A monte del contatore un altro rubinetto d'arresto, ordinariamente piombato, consente alla societ concessionaria di chiudere laderivazione senza manovrare il rubinetto stradale.

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assicurare l'esercizio continuo dell'impianto, anche quando vi fosse unatemporanea interruzione di flusso nella condotta stradale (serbatoi di riserva), si assegna una capacit almeno eguale al consumo giornaliero: per serbatoi destinati a sopperire alla maggiore richiesta nelle ore di punta (serbatoi di compenso) la capacit non dev'essere minore di 1/3 del consumo medio giornaliero. Nelle case di abitazione si usa installare un serbatoio di 300400 litri per famiglia (v. fig. 7). MISURATORI DI PORTATA Di norma per impianti domestici si usano contatori a turbina (v. fig. 8) a quadrante bagnato (tutto il congegno immerso nell'acqua),- i quali esprimono la portata in funzione dellavelocit dell'acqua che li attraversa. La potenzialit di erogazione di un contatore, oltre che col valore del calibro, si indica con la cosiddetta caratteristica, valore convenzionale che esprime la portata, in m/h, che attraversa il contatore con la perdita di carico di m 10.

Tabella per l'accettazione e l'impiego dei contatori a turbina a quadrante bagnato (UNI e CNR) Caratteristica in m/h 3 5 7 10 20 30 Calibro o del bocchettone di 15 20 25 30 40 50 giunzione del contatore, in mm Minima portata registrata con errore compreso 35 50 65 90 150 200 tra 5% (1 portata di precisione) in l/h Minima portata registrata con errore compreso 150 250 350 500 1000 1500 tra 2% (2 portata di precisione) in l/h Portata di avviamento (sensibilit) in l/h 17 22 30 40 70 95 Erogazione max giornaliera (m/g) da non 6 10 14 20 40 60 superare per il regolare funzionamento

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La scelta di un contatore va fatta in base al regime probabile dell'erogazione (Q max /h, Qmin /h, Qmax /giorno) tenendo presente che il valore della portata massima oraria (portata di esercizio) non deve superare il 50 %, della portata caratteristica, con la corrispondente perdita di carico ai m 2,5 da monte a valle del contatore. Tale perdita di carico dovr essere compatibile con il carico disponibile. Il campo di normale utilizzazione dei contatori compreso tra la seconda portata limite di precisione ed il 50 % della portata caratteristica. Per la misura di grandi portate e per diametri maggiori di mm 50 si Fig. 9- Schema di funzionamento di un contatore Woltmann adottano misuratori a mulinello (Woltmann), di montaggio semplice e piccola perdita di carico interna (v. fig. 9). Per portate variabili entro limiti molto distanti si possono impiegare contatori combinati (un Woltmann e un contatore a turbina in parallelo, con valvola automatica deviatrice della corrente dall'uno all'altro a seconda della portata). CONSUMO MEDIO GIORNALIERO per usi privati (bisogni domestici): Pulizia personale (lavabo) Vitto e lavaggio stoviglie Usi igienici Bagno (una volta per settimanaI 200) Lavaggio domestico biancheria Totale l/persona 30 10 30 30 20 l/persona 120 Alberghi Il cat. per persona Alberghi llI cat. per persona Uffici - per persona Stabilimenti di bagni - per ogni bagno in vasca (compresa pulizia) - per ogni doccia Lavanderie civili - per ogni kg di biancheria secca Lavanderie di ospedali - per ogni kg di biancheria secca Lavatoi pubblici - per ogni posto di lavandaia 1200 Macelli-per ogni capo di bestiame grosso macellato Mercati - per ogni m di superficie Orinatoi pubblici: a lavaggio intermittente - per posto e per ora a lavaggio continuo - per posto e per ora 300 10 50 150 200 150 50 300 60 3550 6080

per usi pubblici (abitazioni collettive e bisogni pubblici): Scuole - per ogni allievo Caserme - per persona Prigioni - per persona Ospizi, orfanotrofi, manicomi - per persona Ospedali e case di cura (esclusi innaffiamento e lavanderia) per persona Alberghi I cat. per persona litri 50 300 50 300 600 300

SOLLEVAMENTO ACQUA
Il sollevamento dell'acqua si effettua, in enere, a mezzo di elettropompe. Si ammette che la pompa debba poter fornire in 3 ore l'intera portata del consumo giornaliero. Di conseguenza la portata oraria della pompa 1/3 del consumo giornaliero. Rendimento medio per pompe centrifughe di serie normale, accoppiate a motori veloci (2 poli - 2850 giri/min) Hm in m Q in l/min 5 10 25 50 0,40 0,51 0,44 0,40 0,34 0,64 0,55 0,48 0,44 0,58 0,52 0,47 0,65 0,57 0,51 <5 0,66 0,58 0,55 5 10 0,68 0,62 0,60 10 50 0,65 0,70 0,68 50 100 30 60 120 180 240 300 420 600

Potenza media assorbita dalla pompa in Cv Coefficiente per il quale conviene moltiplicare la potenza assorbita dalla pompa per scegliere la potenza del motore (H=cost.)...............................................................

1,25

1,18

1,15

1,12

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Potenza nei motori asincroni trifasi in kW 1 = rendimento del motore..................................... 0,25 0,70 0,5 0,73 1 0,77 5 0,84 10 0,86 25 0,89 50 0,90

Di normale impiego nella maggior parte dei casi della pratica sono le pompe - centrifughe. L'altezza massima pratica di aspirazione di una pompa, al livello del mare, di m 8. sempre vantaggioso ridurre al minimo possibile l'altezza manometrica di aspirazione (nelle installazioni non superare i m 6). L'altezza di aspirazione diminuisce di circa m 0,12 QHm per ogni 200 metri di altitudine s.l.m. N La po- = 270 tenza assorbita sull'asse della pompa (cio la potenza utilizzata pi quella corrispondente alle varie perdite) espressa in Cv :
ai rubinetti di erogazione

dove Q = portata in m/h; Hm - prevalenza manometrica in metri (perdite di carico comprese); = rendimento della pompa. Il rendimento delle pompe centrifughe pu variare tra valori sensibilmente distanti (0,40 0,75). Consultare le tabelle delle ditte costruttrici. La potenza del motore dovr essere sensibilmente superiore alla potenza assorbita. La potenza in Cv si pu esprimere in kW tenendo conto della relazione 1 Cv = 0,736 kW. Potenza M assorbita dal motore elettrico accoppiato alla dove 1 il rendimento del motore. Espressa in kW : Il consumo di energia elettrica per m d'acqua sollevata :
3

quadro

allo scarico saracinesca valvola di ritenuta

Fig. 10- Schema di instaallazione di una pompa centrifuga

QHm M =0,736 N 1 = 367 1


E=

pompa di potenza

N: M = N/ 1

H kWh 367 1

La messa in marcia e l'arresto della pompa possono realizzarsi mediante un congegno automatico d'inserimento e di distacco, a seconda che l'acqua nel serbatoio raggiunga un livello minimo o massimo prestabilito (v. Fig. 10). CALCOLO DELLE RETI Il calcolo delle reti interne si basa sui seguenti elementi, i cui valori variano in funzione l'uno dell'altro, legati come sono da una relazione tra loro: a) P r e s s i o n e . - La pi conveniente quella che supera di 10 15 m l'altezza del rubinetto pi alto. Tale margine serve a compensare le perdite di carico ed a lasciare al disopra dell'ultimo rubinetto 2 5 m di pressione. Con pressioni pi elevate sono possibili colpi di ariete e rotture, nonch fastidiosi rumori. Si pu ridurre la pressione con speciali apparecchi regolatori. Se la pressione insufficiente, prevedere serbatoi o il sollevamento a mezzo di pompe. b) L u n g h e z z a d e l l e t u b a z i o n i . - Interviene nel calcolo della perdita di carico, con lo stesso valore per ciascun diametro, sia per tubazioni orizzontali che verticali. c) P o r t a t a normalmente richiesta per il comodo impiego di ciascun apparecchio: fontanella acqua da bere l/sec 0,10 lavandino 0,20 lavabo 0,12 bid 0,12 vaso a cassetta 0,10 vaso con rubinetto a passo rapido o flussometro docce vasca da bagno orinatoio a lavaggio comandato idrante di autorimessa 1,50 0,20 0,25 0,10 0,60

opportuno alimentare i rubinetti a passo rapido ed eventuali (ma sconsigliabili) flussometri con una rete indipendente.

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APPARECCHI MINIMI PRESCRITTI
Vasi Appartamenti 1 per appartamento Persone Vasi m. f. 115 1 1 1630 1 2 3155 2 3 Scuole 5680 3 4 81110 4 5 111150 5 6 151190 6 7 Oltre i 190 aggiungere un vaso per ogni ulteriori 40 persone Perssone Vasi 115 1 1635 2 3655 3 Uffici pubblici 5680 4 e privati 81110 5 111140 6 141170 7 Oltre i 170 aggiungere un vaso per ogni ulteriori 50 persone Perssone Officine e stabilimenti 19 1024 2549 50100 Vasi 1 2 3 5 Lavabi 1 per appartamento Ragazzi o uomini Bagni e docce 1 per appartamento Orinatoi Lavandini 1 per appartamento Persone Lavabi 515 2 1655 3 56100 4 Oltre i 100 aggiungere 1 lavabo per ogni ulteriori 50 persone

Fontanelle per bere (1) 1 ogni 50 persone

115 1 1630 2 3155 2 5680 3 81110 3 111150 4 151190 5 Oltre i 190 aggiungere un vaso per ogni ulteriori 40 persone Orinatoi Dove per gli uomini vengono adottati, per ogni orinatoio si pu ridurre di altrettanto il numero dei vasi prescritti, non per al di sotto di 2/3 di quelli specificati nella colonna precedente

Persone Lavabi 515 2 1635 3 3660 4 6190 5 91125 6 Oltre i 125 aggiungere 1 lavabo per ogni ulteriori 30 persone

Fontanelle per bere (1) 1 per ogni 75 persone

Orinatoi Come per gli uffici

Posti lavabo (2) 1100 1 ogni 10 persone Oltre i 100 aggiungere un lavabo ogni 15 persone (3) Persone

Persone

Vasi

Uomini

Orinatoi

Persone

Bagni o docce 1 ogni 15 persone esposte ad eccessivo calore od alla azione sulla pelle di polveri velenose infettive od irritanti Lavabi

Fontanelle per bere (1) 1 per ogni 50 persone

Fontanelle per bere (1) 1 per ogni 100 persone (1)

Teatri e luoghi di pubblico raduno

m. f. 50100 1 2 50200 2 101200 2 3 201400 4 201400 3 4 401600 5 Oltre i 400 aggiungere Oltre i 600 aggiungere 1 ogni 1 vaso ogni ulteriori ulteriori 200 uomini 500 uomini ed 1 ogni 300 donne

1200 1 201400 2 401750 3 Oltre 750 aggiungere un lavabo ogni 500 ulteriori persone

NOTE (1) Le fontanelle per bere non devono essere installate nei locali servizi. (2) Dove la pelle esposta a materiali velenosi, infetivi od irritanti, deve essere previsto un lavabo ogni 5 persone. (3) 60 cm di lavabo a canale o 45 cm di circonferenza esterna di lavabo circolare, quando, provvisti di erogazione, sono considerati equivalenti a un lavabo.

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p e r c e n t u a l e d i c o n t e p o r a n e i t 100 90 80 70 60 50 40 30 uffici scuole ospedali 20 2) la perdita di carico globale non deve essere maggiore del carico disponibile. Il calcolo si effettua in due tempi. Col calcolo di massima si assegna ad ognuno dei tronchi di portata costante, in cui suddiviso lo schema dimpianto, un diametro che soddisfi alla condizione 1). Col calcolo di verifica si determinano tutte le perdite di carico continue e localizzate e si verifica se rimane soddisfatta le condizione 2). Per impianti di scarsa importanza pu essere sufficiente limpiego del grafico riportato nella fig. 12. PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DELL'ACQUA CALDA PRODUZIONE DELLACQUA CALDA La produzione di acqua calda proviene da generatori a combustibile solido, liquido, gassoso o a resistenza elettriche. Il sistema di produzione di acqua calda va scelto a seconda delle diverse esigenze da soddisfare Converr un generatore a gas per una produzione istantanea e per una portata illimitata; converr uno scaldacqua elettrico o a gas quando la sua capacit sar ritenuta sufficiente a soddisfare l'esigenza prevista; si ricorrer ad una caldaia a gas o a carbone quando si tratter di bisogni rilevanti. I generatori di acqua calda si dividono in due classi: apparecchi istantanei ed apparecchi ad accumulazione.
serpentino in rame partenza acqua calda

10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

edifici d' abitazione

10

20

30 40 50 70 90 100 60 80

200

300

400

numero degli apparecchi Fig. 11- Grafico della simultaneit

500 700 900 600 800 1000

S i m u l t a n e i t d e g l i a t t i n g i m e n t i . Previsione tanto pi difficile, e nello stesso tempo pi importante, quanto pi numerosi sono gli apparecchi installati. Si ricava moltiplicando la somma della portata degli apparecchi installati per un coefficiente dato da un grafico in funzione del numero degli apparecchi e del tipo del fabbricato (v. fig. 11). e) V e l o c i t . - Dovr essere compresa tra 0,50 e 2,00 m/s. Negli appartamenti non si dovr supe rare m/s 1,50. f) P e r d i t a d i c a r i c o . - Quella delle tubazioni (perdita continua) si rileva generalmente da una tabella o da un abaco: le perdite di carico causate dagli apparecchi, dai rubinetti, dai pezzi speciali, ecc. (perdite Iocalizzate), possono essere in parte rilevate da tabelle sperimentali, fornite per taluni apparecchi dalle ditte costruttrici, ed in parte valutate empiricamente con larga approssimazione. g) D i a m e t r i . - Sono possibili diversi metodi di calcolo. Il pi semplice e il pi pratico, nell'uso corrente, quello che pone a base del calcolo stesso le seguenti condizioni: 1) la velocit di ogni tronco deve essere compresa tra i limiti di 0,50 e 2,00 m/s: 20 18 16 14 p 12 o 10 r 9 t 8 a 7 6 t 5 a 4 i n 3

blocco si sicurezza arrivo acqua fredda

attizzatoio

arrivo del gas

Fig. 13 - Shema di uno scaldabagno a gas Gli apparecchi a produzione istantanea sono in genere costituiti da un serpentino in rame che circonda o attraversa una camera di combustione (v. fig. 13). L'apertura del rubinetto di erogazione provoca il flusso dell'acqua nel serpentino e contemporaneamente, attraverso una valvola automatica, il flusso del gas al bruciatore. Il riscaldamento dell'acqua avviene soltanto durante l'erogazione. La potenzialit di questi apparecchi si esprime in cal/min e in l/min. Per cucine o docce sufficiente uno scaldacqua istantaneo di 5 l/min (125 cal/min); per un bagno occorre un apparecchio di 10 l/min (250 cal/min). Gli a p p a r e c c h i a d a c c u m u l a z i o n e sono costituiti da un serbatoio in lamiera, alimentato da acqua fredda in pressione, esposto all'azione di una debole sorgente di calore bruciatori a gas o resistenze elettriche) che eleva lentamente la temperatura della massa d'acqua contenuta nel serbatoio (v. fig. 14).
rivestimento isolante

l/s 2 1 0.5
valvola di ritenuta e di sicurezza

termostato elementi scaldati rubinetto di scarico

messa a terra

3/8

1/2

3/4

1"

1/4 1 1/2 1

2"

1/2 1/2 4" 2 3"

acqua fredda acqua calda

alla scarico

Fig. 12- Grafico sulla determinazione dei diametri

Fig. 14 - Shema di uno scaldabagno ad accumulazione elettrico

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Un dispositivo importante di sicurezza il termostato, che negli apparecchi a gas regola la portata dei bruciatore in funzione della temperatura dell'acqua, e negli apparecchi elettrici interrompe automaticamente la corrente quando la temperatura dell'acqua raggiunge un scarico di troppo pieno vaso di espansione
acqua

quello indiretto col quale tale acqua non viene erogata, ma torna in caldaia a circuito chiuso dopo aver ceduto calore all'acqua fredda di un apposito serbatoio, attraverso le pareti di un riscaldatore a serpentino. L'apparecchio ove avviene questo scambio di

Con la distribuzione a circuito chiuso si ha, anche a rubinetti chiusi, una debole circolazione che sostituisce l'acqua raffreddatasi con altra calda. CALCOLO DELL'IMPIANTO a) Si stabilisce la temperatura alla quale

alimentazione

acqua calda

serbatoio a pressione

arrivo acqua fredda rivestimento isolante caldaia caldaia serbatoio riscaldatore

Fig. 15 - Schema di produzione centrale diretta con serbatoio a pressione certo valore massimo stabilito. Tale temperatura generalmente di 80; per acque molto calcaree limitata a 65. La produzione centrale di acqua calda si adotta per alimentare gruppi di alloggi, alberghi, ospedali ecc. Per il riscaldamento dell'acqua vi sono

Fig. 16 - Schema di produzione centrale indiretta si vuole portare l'acqua. b) Si determina la quantit d'acqua da scaldare: tale quantit risulta dai bisogni reali e da cifre fissate dalla pratica. Esempi: per le case di abitazione: 200 l/h a 40 per ogni vasca da bagno 25 l/h a 40 per ogni lavabo o acquaio 50 l/h a 40 per ogni doccia per gli alberghi: 75 l/h per ogni lavabo per i bagni pubblici: 400 l/h a 40 per ogni camerino. Le suddette quantit possono essere ridotte se la temperatura a cui si porta l'acqua supera i 40. c) Potenzialit delle caldaie P = (T-t) Q P espresso in cal/h T = temperatura cui si vuole portare l'acqua t = temperatura dell'acqua da riscaldare Q = quantit d'acqua in l/h L'espressione (T - t) Q va maggiorata del 10%+20 % per tener conto delle perdite di calore attraverso il serbatoio e i tubi di distribuzione. d) Superficie del riscaldatore Nel caso di caldaia ad acqua calda:

calore, detto serbatoio-riscaldatore, di forma cilindrica e disposto per lo pi con l'asse orizzontale (v. fig. 16). preferibile l'uso di caldaia a vapore dove la richiesta d'acqua piuttosto importante e sufficientemente regolare, e dove si vuole acqua calda a temperatura superiore ai 60.

DISTRIBUZIONE DELL'ACQUA CALDA La rete di distribuzione pu essere del tipo aperto (ramificato), consistente in tubazioni che partendo dolla parte superiore del serbatoio-riscaldatore fluiscono ai rubinetti di erogazione (v. fig.17) o a circuito chiuso (a circolazione). Con quest'ultimo tipo i tubi di distribuzione sono collegati, come negli impianti di termosifone, con una tubazione di ritorno al serbatoio (v. fig. 18). V La distribuzione di tipo aperto adottata nei casi poco importanti e quando Fig. 17 - Schema di distribuzione ramificata i rubinetti di erogazione sono molto V, valvola di ritenuta. vicini al serbatoio, ma presental'inconveniente che all'apertura di un rubidue sistemi: quello diretto col quale si netto occorre attendere che si scarichi adopera l'acqua stessa che passa e si prima tutta l'acqua raffreddatasi nella riscalda nella caldaia(v. fig. 15), e tubazione.

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IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE DELLACQUA NEGLI EDIFICI

S=P/5000 S espresso in m 5000 = numero medio di cal/h trasmesso per m. Nel caso di caldaia a vapore: S=P/ 15000 15000 = numero medio di cal/h trasmesso per m. e) Capacit del serbatoio: va fissata in relazione agli altri dati del problema. Per forti erogazioni solo in determinate ore di punta, grande serbatoio e piccolo riscaldatore. Per consumo continuativo abbastanza regolare (lavanderie, stabilimenti bagni, ecc.) piccolo serbatoio e potente riscalda-

tore. il calcolo si effettua come per un'instalCriteri di dimensionamento: lazione di riscaldamento centrale. - per le case di abitazione: 2/3 oppure 1 volta il consumo orario; - per ville, case di campagna: idem c.s.; - per alberghi: 1 volta il consumo orario; - per collegi, ospedali, caserme: 2 volte il consumo orario; - per bagni: 1 volta il consumo orario. CALCOLO DELLE TUBAZIONI Una rete di distribuzione di tipo ramificato si calcola come per l'acqua fredda: nel caso di rete a circolazione V V Fig. 18 - Schema di distribuzione a circolazione V, valvola di ritenuta.

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IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NEGLI EDIFICI


Materiali e loro installazione. -Per la distribuzione interna. tubi di ferro nero o zincato e rubinetti di ottone o bronzo di sezione libera di passaggio uguale a quella del tubo. Consumi medi per appfrecchi di uso comune: Fornello ad un fuoco.......... Cucina con forno piccolo.... Cucina con forno grande.... Scaldabagno istantaneo (13 l/min)........................... Scaldabagno ad accumolo rapido (80 l)........................ Scaldabagno ad accumolo lento (80l).......................... Stufa o radiatore per un ambiente........................... 2000 6500 13000 25000 4500 1000 cal/h

condotta d' evacuazione

presa d' aria esterna

Fig. 1 - Principio di ventilazione di un locale


l tubi debbono essere posati in vista od essere facilmente accessibili e al riparo da possibili sollecitazioni meccaniche o da ogni causa di corrosione. La tubazione deve avere pendenza continua non inferiore all'1% per consentire ai prodotti della condensazione di defluire nei punti pi bassi della rete ove sar installato un dispositivo di scarico. Nell'attraversamento dei muri non dovranno esservi giunti: i fori dovranno essere sigillati con malta di cemento, i pezzi speciali di giunzione in posizione accessibile e non sottoposti a sforzi meccanici. Le tubazioni di gas dovranno essere distanti dai conduttori di elettricit non meno di cm 3. Ventilazione. - Nei locali ove funziona un apparecchio a gas indispensabile assicurare in modo continuo una sufficiente ventilazione per la combustione del gas e per allontanare i prodotti di tale combustione. Per il rifornimento d'aria occorre avere una sezione libera totale minima di 100 cm, da portare a 150 cm se nell'ambiente installato un apparecchio della potenzialit maggiore di 25000 cal/h (v. figg. 1 e 2). Tutti gli apparecchi a gas dovranno essere inoltre collegati direttamente o tramite apposite cappe ad efficienti canne fumarie, la cui importanza esige debita considerazione da parte dei progettisti e dei costruttori. Aumento della pressione del gas con l'altezza. La densit del gas generalmente compresa tra 0,40 e 0,50. Assumendo come densit media 0,50, la pressione si eleva di mm 0.647 per ogni metro di maggiore altezza tra la sommit del tubo distributore e la base dello stesso.

1500 5000

Contatori. - Sono di tre tipi: idraulici, a secco, a olio. l contatori a secco e ad olio sono di impiego pi comune ed adatti sia per paesi molto freddi che molto caldi. La portata di un contatore si esprime in m/h o in becchi. Ciascun becco ha una portata minima teorica di 140 l/h, ma praticamente pi elevata. La posizione dei contatori dovr essere prefissata in sede di progettazione del fabbricato. Le societ fornitrici generalmente richiedono che i contatori siano collocati all'interno degli appartamenti, con esclusione dei gabinetti, dei bagni e delle camere da letto. Il luogo d'installazione dev'essere asciutto, bene aerato, accessibile in ogni momento, protetto dal gelo. In linea generale i contatori debbono essere collocati a m 1,50 dal pavimento. Le dimensioni minime interne di una nicchia per contatori a secco da 1020 becchi sono le seguenti: altezza cm 60 larghezza cm 40 profondit cm 25 Calcolo dei diametri. diametri . - Si stabiliscono le portate degli apparecchi di utilizzazione in cal/h e si risale alle portate in m/h di gas dividendo le calorie per il potere calorifico del gas erogato (circa 4500 cal/m). l diametri da adottarsi dovranno essere tali che la perdita di carico massima tra l'uscita del contatore ed uno qualsiasi degli apparecchi di utilizzazione non deve superare 5 mm di colonna d'acqua; il valore della perdita di carico va aumentato o diminuito di mm 0,65 per ogni metro di maggiore o minare altezza dell'apparecchio utilizzatore rispetto alla quota di partenza del tronco in esame. Per le canalizzazione comuni nell'interno degli edifici, in caso di funzionamento non simultaneo degli apparecchi, si assume come portata massima la portata massima della pi importante delle installazioni servite, aumentata della semisomma della portata massima delle altre installazioni servite.

80

80

200

Feritoia cm 50x 24

cm 1,3/2,5 taglio della parte inferiore della porta

Fig 2 - Afflusso dell' aria da un locale vicino attrverso apposite fessure fra porta e pavimento
TABELLA PER LA SCELTA DEI DIAMETRI Distanza in metri dell'apparecchio dal contatore
10 pollici 0,50 3/8 1/2 3/4 1 1 1/4 1 1/2 2 2 1/4 2 1/2 3 4 0,333 0,25 15 20 25 0,20 30 0,166 35 1,143 40 0,125 45 0,111 50 0,10 60 0,084 80 0,063 100 0,05 130 0,039 160 0,031 200 0,025

Perdita di carico in mm d'acqua per ogni metro di tubazione Portata di gas in m/h
0,300 0,200 0,150 0,120 0,100 0,090 0,075 1,750 1,325 0,975 0,770 0,635 0,545 0,475 3,090 2,500 2,125 1,900 1,570 1,350 1,170 5,600 4,500 3,850 3,400 3,075 2,810 2,625 11,550 9,300 7,950 7,100 6,400 5,900 5,600 19,000 15,400 13,250 11,750 10,600 9,700 9,200 34,250 27,800 23,500 20,800 18,800 17,250 16,500 56,000 45,000 38,000 34,000 30,250 28,000 26,350 82,500 66,500 57,000 51,000 45,500 42,000 38,500 118,000 94,500 81,000 72,000 65,000 60,000 55,000 222,000 178,000 153,000 135,000 122,500 113,000 105,000 0,425 1,040 2,500 5,300 8,800 15,700 25,000 37,000 52,000 98,500 0,380 0,940 2,350 4,900 8,500 15,200 24,000 34,500 49,000 93,000 0,320 0,785 1,915 4,370 7,250 13,000 21,000 31,500 45,000 84,000 0,240 0,590 1,435 3,740 6,200 11,500 18,000 26,800 39,000 72,000 0,195 0,470 1,150 3,315 5,500 10,000 16,000 24,000 35,000 64,000 0,150 0,360 0,085 2,685 4,750 8,600 13,800 21,200 32,000 55,500 0,125 0,295 0,720 2,180 4,260 7,900 12,300 19,000 26,500 49,500 0,325 0,575 1,745 3,675 6,750 11,000 16,500 23,500 44,000

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IMPIANTI SANITARI
SCHEMI DI IMPIANTI
colonna in ghisa mm 80 colonna scarico in ghisa corda calafatata sottofondo asfalto soletta coversa in piombo mattonelle

lavandino A sifone mm 40

bocchettone in piombo scatola sifonata vasca da bagno mm 100 lavabo w.c. mm 80 fogna mm 100

Particolare A bagno Pianta

curva mm 80

cucina

Impianto sanitario di casetta ad un solo piano La lunghezza del bocchettone pu essere qualsiasi per i vasi a caduta,mentre per i vasi ad aspirazione deve essere di almeno cm 60 onde ottenere l'aspirazione dovuta. colonna di ventilazione colonna in ghisa La lunghezza di fuoruscita della colonna di ventilazione al mm 80 in ferro =2''
disopra della copertura deve essere di m 2 se la colonna sbuca su terrazzo praticabile, di cm 50 se sbuca su tetto. Pendenza minima per tubi di scarico: in grs 0,5% in piombo 1 % in ghisa 1 % in eternit 1,5% in cemento 2 % valevoli per tubi di diametro interno da 30 a 150 mm

lavandino sifone mm 40 spostamento lavandino

vasca da bagno mm 100 lavabo mm 40 w.c. mm 35

scatola sifonata

bocchettone piombo mm 80 w.c vasca bagno lavabo scatola sifonata curva da mm 80/100 bagno cucina Pianta del 1 piano
Schema di installazione di 45 apparecchi sanitari posti in colonna collegati ad una sola tubazione verticale di scarico In ghisa. 1, colonna principale di scarico in ghisa ( 100 mm) dove vanno ad innestarsi isolate o raggruppate in un collettore le diramazioni di scarico degli apparecchi. Le tubazioni di scarico dei vasi sono isolate da quelle di altri apparecchi perch buona norma dividere il pi possibile le acque di rifiuto bianche da quelle nere e gialle; 2, colonna di ventilazione in ghisa (od in ferro 80 mm); 3, seconda colonna di ventilazione per gli orinatoi; 4, mitra di ventilazione girevole munita di una specie di iniettore mediante il quale per la forza del vento si produce un'aspirazione nella colonna di ventilazione; 5, lavabi comuni;6, orinatoi; 7, lavandini; 8, vasi igienici normali; 9, docce; 10, vuotatoi; 11, bagni; 12, bid; 13, lavabi a colonna; 14, vasi igienici ad aspirazione; 15, scarichi a terra; 16, vasi alla turca; 17, diramazioni di ventilazione; 18, presa d'aria; 19, valvola a chiusura automatica; 20, canna di ventilazione ambientale ( indispensabile nei locali privi di finestre e nei quali siano posti in opera apparecchi ad acque di scarico nere o gialle; 21, bocche di aspirazione;22, bocche a gas per riscaldare l'aria nell'interno della canna promuovendone l'ascensione; 23, campana di aspirazione del sistema di ventilazione per gli orinatoi; 24, sifoni da pavimento (usati per vasche da bagno e bid); 25, piatto di lastra di piombo per impedire che eventuali infiltrazioni vengano assorbite dalla muratura; 26, collettore di scarico degli apparecchi; 27, tappo all'estremit per permettere la pulizia del collettore; 28, pozzetto in muratura; 29, sifone.

sifone colonna di scarico imbraga ridotta mm 80/100

fogna mm 100 Impianto sanitario di casa a due appartamenti su due piani colonna di ventilazione colonna in ghisa mm 80 in ferro 11/2'' bocchettone in piombo mm 80 vasca da bagno w.c. lavabo mm 100 scatola sifonica piombo lavandino sifone in piombo mm 40

cucina

bagno

Pianta del piano terra

bagno Pianta del 1 piano

l'una o l'altra connessione

cucina

curva da mm 80 / 100 fogna mm 100 Impianto sanitario di una casa su due piani

Pianta del piano terra

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IMPIANTI SANITARI
SCHEMI DI IMPIANTI
presa d'aria mm 100 sifone in ghisa 50 50 ventilazione valvola d'aria scarico A in muratura con intonaco interno liscio in cemento

coperchio in ferro o ghisa a doppia chiusura ermetica ispezione 3050 tubo ferro aperto superiore Particolare del pozzetto in muratura alla base delle colonne di scarico A, pianta; B, sezione. alla fogna B

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
PREPARAZIONE DEL RUSTICO Per evitare le demolizioni delle murature, cos costose e dannose, consigliabile, prima di iniziare una costruzione, avere le piante esecutiveaggiornate degli impianti con le indicazioni delle tracce da lasciare nelle strutture murare per il passaggio delle tubaintercapedine SEZIONE A A rustico solaio gabinetto rustico solaio piano generale ventilazione 40

scarico ventilazione C C scatola sifonata piombo 100 doccia alta a snodo SEZIONE C C rubinetto doccia rubinetto vasca scarico

12

14

12

25 41.5

orinatoi a stallo verticale o vuotatoi. VASCHE DA BAGNO


A A

Particolare orditura dei solai per ottenere una intercapedine lungo i muri esterni longitudinali

zioni. Nelle costruzioni a solai in c. a., od a travetti armati le difficolt di ricavare le incassature per la posa in opera delle diramazioni degli impianti igienici vengono spesso superate adottando l'accorgimento di eseguire il rustico dei solai dei gabinetti sanitari a quotainferiore rispetto a quella del piano generustico solaio gabinetto A rustico solaio piano generale

Le vasche da bagno sono generalmente eseguite in ghisa smaltata, acciaio smaltato od in gres porcellanato (queste ultime poco usate per il loro eccessivo peso e costo). La forma pi corrente quella allungata con dimensioni in pianta variabili da m 1,70 X 0,70 a m 1,80 X 0.80; la profondit media ordinariamente di m 0,40 0,45. Le capacit corrispondenti possono stimarsi in media da 120 a 150 litri per normale altezza d'acqua. Le vasche vengono lasciate al naturale quando non vi sono prevalenti ragioni estetiche: nella maggior parte dei casi esse vengono rivestite dai lati liberi con marmo, mattonelle smaltate o ceramiche, lastre di opalina, mosaico ceramico o vetroso, ecc. Nelle cosiddette vasche a grembiale il rivestimento esterno dello stesso materiale che costituisce la vasca e che nasconde la conca interna; questo rivestimento pu essere esteso su di un solo lato (per posa in nicchia), su due lati (per posa d'angolo), o su tre lati (per posa a parete). Nei locali da bagno per degenti in ospedale la vasca preferibilmente libera da tutti i lati; inoltre buona norma eseguire uno zoccolo rientrante nella parte inferiore per agevolare l'opera dell'infermiera. Sono ottime per l'utilizzazione e l'aspetto vasche basse e quelle incassate nello spessore del solaio, ma la loro installazione involge notevoli

200 troppo pieno con comando chiusura

scarico 40 > 1%

20

deviatore vasca doccia L/2 L/3

attacco a baionetta L

Gruppo per vasca con deviatore vasca-doccia doccia a mano con tubo flessibile, attacco alto porta doccia a baionetta, disposizione laterale.

problemi di evacuazione delle acque e di struttura. Rubinetterie a) Scarico: pu essere a catenella oppure del tipo rigido comandato da pomolo o da leva. Ormai sono poco usati gli scarichi a catenella. Si applicano generalmente i sistemi rigidi, che possono avere lo scarico con tappo smerigliato azionato da saltarello comandato da una leva generalmente disposta sulla rosetta del troppo-pieno, oppure possono avere lo scarico del tipo a colonna; in questo caso manca l'orifizio del troppo-pieno sulla parete interna della vasca perch la colonna stessa che agisce come organo per mantenere il livello. Lo scarico del tipo

SEZIONE B B

rale. A = 10 cm se nei gabinetti non vi sono che lavabi, bid, fontanelle; = 15 cm se vi sono orinatoi sospesi a parete, lavandini o vasche da bagno; = 25 cm se vi sono vasi a scarichi a pavimento; = 40 cm se vi sono vasi alla turca,

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
a colonna con troppo-pieno interno presenta per Iinconveniente di trattenere al suo interno sudiciume che accumulandosi durante un bagno pu poi contaminare l'acqua per unsuccessivo servizio. b) Erogazione: regolata da un gruppo di rubinetterie a muro generalmente incassato. La miscelazione dell'acqua fredda e calda pu essere regolata manualmente agendo sui due rubinetti, oppure automaticamente attraverso un regolatore termostatico. Quando esiste anche la doccia (del tipo a telefono o a braccio fisso) si possono avere due gruppi di rubinetterie indipendenti, oppure un solo gruppo con deviatore vasca-doccia. La bocca di erogazione pu essere a muro, esternamente alla vasca, oapplicata internamente alla vasca nella parete di estremit; in quest'ultimo caso necessario che vi sia un sufficiente dislivello tra la bocca di erogazione e lo scarico del troppo-pieno per evitare qualsiasi possibilit di contaminazione.

Accessori Sulla parete laterale si applica di solito un portasapone incassato nel muro, generalmente eseguito in porcellana dura vetrificata; pu essereanche installata una maniglia di appoggio per facilitare, l'entrata e l'uscita dalla vasca.

70 80

75 80

64

170 180 170 180 60 42 46 56.5 107

A, vasca da rivestimento in ghisa o in acciaio smaltato; B, vasca a grembiale (tipo ad angolo) in ghisa smaltata o gres porcellanato (fire clay); C, vasca a sedile in ghisa o acciaio smaltato.

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
DOCCE Gli apparecchi per le docce constano di un piatto di raccolta con lo scarico dell'acqua e del complesso di distribuzione e rubinetterie. Il piatto pu essere costruito sul posto nei pi vari materiali a seconda delle esigenze economiche (cemento, graniglia, ecc.) o lussuose (mosaico ceramico, ecc.), oppure pu esserecostituito da una vaschetta in ghisa o acciaio porcellanati, in gres porcellanato o in porcellana dura vetrificata. Le dimensioni del piatto sono ordinariamente di cm 70 80 per lato se di forma quadrata o rettangolare e di cm 80 90 di diametro se di forma circolare: viene pure usata la forma a settore circolare per la posa d'angolo. La vaschetta presenta di solito una profondit netta di cm 12 15. Il fondo presenta una leggera pendenza verso il foro di scarico, che libero e munito di griglia. Per evitare qualsiasi eventuale infiltrazione di acqua nella struttura attraverso i giunti di posa buona norma sistemare al disotto del piatto una lastra di piombo con i bordi rialzati. Rubinetterie a) Scarico: libero con griglia. b) Erogazione: pu essere regolata da un gruppo miscelatore con due rubinetti, oppure da un miscelatore a leva o a volantino ruotando il quale si regola l'afflusso miscelato dell'acqua fredda e calda. Infine si pu ottenere automaticamente la miscelazione per mezzo di regolatori termostatici. L'efflusso dell'acqua avviene mediante il cosiddetto soffione, che pu essere alto (a circa m 2) per avere un'aspersione a pioggia oppure intermedio su braccio snodato a parete per avere un getto obliquo: quest'ultimo si usa quando si vuote evitare che la doccia bagni i capelli. Alcuni soffioni hanno un dispositivo per modificare il getto che pu passare dalla pioggia al getto pieno. Oltre al soffione pu essere sistemata la cosiddetta doccia a telefono . Quando le docce sono riunite in batteria per usi collettivi, i miscelatori, automatici o manuali, sono centralizzati e regolati da una sola persona. Accessori Sulla parete si applica generalmente un portasapone del tipo da incasso, normalmente eseguito in porcellana dura vetrificata. Per evitare che la acqua fuoriesca al di fuori del piatto della doccia si applica una tenda in materiale impermeabile il cui bordo deve cadere all'interno del piatto stesso. VASI Si distinguono anzitutto i vasi o sedile ed i vasi alla turca. Per le case di civile abitazione sono adoperati unicamente i vasi a sedile, che vengono generalmente costruiti in porcellana comune o in porcellana dura vetrificata: per le sue caratteristiche tecniche ed igieniche quest'ultima viene reputata preferibile. Esistono numerosissimi tipi di vasi, variabili a seconda della forma, delle dimensioni, del funzionamento, delle caratteristiche dello scarico, ecc. Nei riguardi della forma i vasi
soffione doccia centrale

soffione doccia a parete con snodo

gruppo miscelazione doccia

doccia centrale H= 200 doccia laterale H=189,5 piatto doccia in acciaio smaltato lastra di piombo scarico acqua infiltrata scarico 30 130 ventilazione

scarico con griglia

ventilazione

gruppo miscelatore spostato verso l' esterno rispetto all' asse del soffione per poter miscelare l' acqua senza scottarsi

tubi in ferro zincato 1/2''

piano pavimento finito

lastra di piombo

piano rustico

possono essere normali, a becco, a feci visibili, sospesi, a sella. Le dimensioni usualmente adottate danno una larghezza da cm 35 a cm 37,5, una lunghezza da cm 45 cm 65, ed un'altezza da cm 37 a cm 41. da notare come si tenda attualmente a ridurre, per finalit fisiologiche, l'altezza dei vasi fino a cm 30, particolarmente negli ospedali (per i quali sono adatti vasi a sella e quelli a feci visibili). l vasi dell'altezza di cm 30 sono anche impiegati nelle scuole elementari, con una larghezza media di cm 31 ed una lunghezza di circa cm 37. Dal punto di vista del funzionamento da fare a fondamentaledistinzione tra i tipi a caduta ed i tipi ad aspirazione. Sono a caduta quando la sezione la forma del condotto e del sifone interni al vaso sono tali da per-

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
mettere l'espulsione delle feci per il solo effetto dell'acqua di lavaggio proveniente da una speciale cassetta situata in alto. Sono ad aspirazione quando alla completa espulsione delle feci concorre, oltre che il getto d'acqua di lavaggio, anche il risucchio provocato dall'aspirazione che si forma attraverso il sifone ed il condotto di scarico, di conformazione speciale. Per ripristinare alla fine della aspirazione il livello di sicurezza al fondo del vaso per la chiusura idraulica, un dispositivo speciale scarica automaticamente una piccola quantit di acqua supplementare. Servono bene a questo scopo le cosiddette cassette o zaino od a schienale le quali forniscono una quantit d'acqua superiore a quella occorrente per i vasi a caduta. La diramazione in piombo che collega il vaso con la colonna di scarico deve essere lunga almeno cm 60 e di diametro nonmaggiore di mm 70. Questi vasi non vanno muniti di ventilazione, la quale impedirebbe l'auto-sifonaggio. In rapporto ala posizione dell'uscita di scarico i vasi possono essere ad uscita verticale centrale, verticale po-

63 tubo caduta 30
piano pav. finito

34 36

comando scarico ventilazione

4850
180200

piano rustico ~ 20

coperchio sedile

38

5862 4549

120 150 37 41

54
4560

3537.5

vaso ad aspirazione con cassetta bassa

Vaso a caduta con cassetta alta A, scarico a pavimento; B, scarico a parete

steriore, obliqua posteriore, verticale anteriore. Se al posto delle cassette per il lavaggio si applicano i flussometri, questi possono essere adatti sia per i tipi a caduta che per i tipi ad aspirazione.

l vasi alla turca, maggiormente adoperati per installazioni collettive, possono essere costruiti con qualsiasi dei materiali per apparecchi sanitari. Le misure pi usuali sono le seguenti: tipo grande cm 75 X 65, tipo medio cm 65 X 60, tipo piccolo cm 60 X 50. Ilsifone staccato dall'apparecchio. buona norma situare sotto l'apparecchio una lastra di piombo di 2 3 mm. Il dispositivo di lavaggio puessere a cassetta alta o a flussometro.

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
Lo scarico avviene attraverso l'adescamento di un sifone scaricatore. lmeccanismi di scarico pi diffusi sono quelli del tipo ad aspirazione con campana o del tipo ad immissione di acqua nel sifone per provocarne l'autoadescamento. Gli organi di manovra sono del tipo a tirante con catena, a pulsante, a rubinetto a molla, a pedale.
Schemi del flusso nei vasi ad aspirazione 1, uscita attraverso gli ugelli sul bordo; 2 e 3, uscita dagli ugelli sul bordo e dal getto a valle del sifone (scarico silenzioso); 4 vaso con sifone anteriore; 5, uscita dagli ugelli sul bordo e dal getto nel sifone (efficiente ma rumoroso).

L'alimentazione avviene attraverso tubi di diametro relativamente grande, normalmente 1 1/4". A causa del forte assorbimento i flussometri sono sconsigliabili per edifici collettivi o comunque per installazioni numerose, dove uno scarico simultaneo di molti apparecchi pu ridurre notevolmente il carico nella rete.

scatola sifonata tubo ventilazione

BID

36

Rubinetterie

a) Diramazione di scarico: consta ordinariamente di tre parti: la frangia, il bocchettone, la virola. - La flangia l'organo di collegamento tra vaso e bocchettone. Generalmente in ottone, viene avvitata o imbullonata, con l'interposizione di una guarnizione di gomma, al vaso. La parte che si collega al bocchettone viene saldata a stagno su questo. - Il bocchettone un tratto di tubazione di piombo che mette in comunicazione il vaso con la colonna di scarico. - La virola l'organo di collegamento tra bocchettone e colonna di scarico. costituita da un anello di rame che viene saldato a stagno sul bocchettone e porta ad un'estremit unasvasatura che ne permette la impiombatura sul giunto a bicchiere della colonna di scarico in ghisa. b) Organi di lavaggio: sono costituiti dalle cassette alte, da quelle basse e dai flussometri. - Cassette alte: normalmente eseguite in ghisa o in porcellana hanno una capacit da 12 a 15 litri; sono collocate in modo che il livello inferiore della cassetta risulti a m 1,802,00 dal pavimento. La alimentazione delle cassette avviene attraverso un tubo da 3/4"1/2" munito di rubinetto diarresto.

55 65

38 40

34 39

- Cassette basse: possono essere del tipo a schienale separato o incorporato nel vaso. La capacit delle cassette varia da 15 a 20 litri . Alimentazione e regolazione sono analoghe a quelle delle cassette alte. La manovra di scarico viene generalmente effettuatamediante la rotazione di una levetta . FIussometri: sono in sostanza rubinetti a chiusura automatica che permettono lo scarico di acqua direttamente dalla rete di distribuzione. Per il funzionamento necessario che la pressione dell'acqua non sia inferiore ad 1 atmosfera.

l bid possono essere costruiti con qualsiasi materiale per apparecchi sanitari, ma preferibilmemte vengono usate la porcellana comune o la porcellana dura vetrificata. Sonoapparecchi la cui forma pressoch costante con profiIi al quanto arrotondati. Le dimensioni esterne pi usuali sono le seguenti: lunghezza cm 5565, larghezza cm 3439, altezza cm 3840. Questi apparecchi si possono distinguere per il fatto di avere o no la doccia centrale verticale. La alimentazione normale avviene di solito mediante la corona superiore, per questo sistema pu presentare qualche possibilit di comunicazione tra l'acqua di alimentazione e il contenuto del bid qualora il troppopieno non funzioni o sia situato troppo in alto. Alcuni bid hanno pertanto l'alimentazione attraverso un becco a sfioratore alquan to al disopra del troppopieno.

sifone

beviatore doccia-bid

pomolo comando scarico

piletta scarico

mensola tubo ventilazione 30 (piombo) tubo scarico (piano)

erogaz. tubo di cacciata innesco borchia

avvio acqua calda e fredda

asta comando tappo scarico doccia

sifone a bottiglia piano finito piletta scarico piano rustico 1/2'' Ferrozincato erogazione acqua

rubinetto a molla Batteria cassetta alta. Innesto idraulico. Comando con rubinetto a molla

Gruppo a miscela per bid (prese e scarico a pavimento)

Lavabo a mensola

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233a

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI

Rubinetterie

a) Scarico: pu essere del tipo a catenella o del tipo rigido con tappo smerigliato comandato da pomolo o da leva. Dalla piletta le acque possono andare alla tubazione di scarico conl'interposizione di una scatola sifonata a pavimento. b) Erogazione: bisogna distinguere due tipi di erogazione: con o senza doccia centrale. Nel primo caso sono necessari due gruppi miscelatori indipendenti oppure un solo gruppo con deviatore doccia-bid; nel secondo caso necessario un solo gruppo miscelatore. In corrispondenza dell'allac ciamento con i tubi di alimentazione possono essere inseriti due rubinetti di arresto a volantino fisso oppure a cappellotto. La rubinetteria d'erogazione pu essere a parete o sull'apparecchio stesso.
Accessori

Generalmente applicato alla parete un porta -sapone del tipo ad incasso, normalmente eseguito in porcellana dura vetrificata.
LAVABI

I lavabi possono essere costruiti con qualsiasi dei materiali per apparecchi sanitari; normalmente usati per case di civileabitazione sono i lavabi in porcellana dura vetrificata. Si ha una grande variet di tipi e di modelli. Le dimensioni esterne pi usuali sono approssimati vamente: tipo grande cm 75 X 60, tipo medio cm 65 x 50, tipo piccolo cm 55 x 40. Le maggiori differenziazioni si hanno in dipendenza della forma e configurazione del bacino e del sistema di attacco o appoggio. In linea generale da impiegare il bacino ovoidale con bordi arrotondati, che d maggiore possibilit di pulizia. Generalmente oggi vengono usati i tipi staccati dalla parete, ed a questa categoria appartengono i lavabi senza spalliera. Essi possono essere sostenuti da mensole (di solito di ghisa smaltata) visibili o invisibili, oppure da colonna o ancora da gam bette. l lavabi su colonne o a gombette vanno sempre fissati alla parete mediante speciali mensoline in ghisa smaltata.

Il tipo a spalliera va applicato contro il muro con leggero incastro della spalliera nell'intonaco, ed sostenuto da speciali zanche in ghisa greggia. Esistono anche modelli recenti di lavabi nei quali la faccia posteriore conformata in modo da evi tare l'impiego di mensole. l lavabi vanno installati ad un'altezza di circa cm 80 o poco meno dal pavimento se per uso pri vato; per quelli di uso pubblico conviene attenersi ad un minimo di cm 82, per renderne meno agevole l'uso per altri scopi poco igienici. Quando occorrono molti lavabi in batteria, convenientel'adozione dei lavabi a canaloneoppure circolari con diametro di circa 1 m o pi, particolarmente adatti per collettivit. Rubinetterie a) Scarico: pu essere a catenella o del tipo ri gido con tappo smerigliato comandato da pomolo o da leva, oppure ancora pu essere libero (ospedali, servizi pubblici) quando si vogliono obbligare gli utenti a lavarsi solo con acqua corrente. Dalla piletta le acque passano alla tubazione di scarico attraversando il sifone generalmente del tipo ad 5 o a bottiglia : quest'ultimo preferibile per la facile ispezionabilit e pulizia. b) Erogazione: regolata da un gruppo di rubi netteria che pu essere installato a muro o sul bordo del lavabo; quasi sempre la bocca di erogazione unica ed alimentata da un gruppo miscelatore. In corrispondenza dell'allacciamento con i tubi di alimentazione possono essere applicati due rubinetti di arresto, che possono essere a volan tino fisso oppure con cappellotto e chiave levabile. Accessori Sulla parete ai due lati del lavabo generalmente si applicano un portasapone ed un porta bicchieri da incasso eseguitinormalmente in porcellana dura vetrificata.

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233b

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
bocca di erogazione rubinetto
erogazione intermittente (automatica) o con comando (continuo a flussometro) tubo Ferro zincato 3/4" 2040

rubinetto di arresto

7981

sifone a battiglia 12
5065 100130 pavimento finito lastra di piombo

Lavabo a colonna 2,5

4060

piano rustico

scatola sifonata scarico piombo 60

Orinatoio a stallo. A, pianta; B, sezione


32

VUOTATOI Questi apparecchi servono per lo scarico di materie liquide e solide che ostruirebbero le comuni diramazioni di scarico; a tal fine il diametro del foro di scarico deve essere almeno di mm 80, e, nel caso di ospedali, almeno di mm 100. Possono essere costruiti in porcellana comune, in porcellana dura vetrificata, in ghisa smaltata e, per i tipi pi grandi, in gres porcellanato. Le dimensioni usuali sono: lunghezza cm 5060, larghezza 4250, altezza 5055, per i tipi pi comunemente adoperati con piede di sostegno. La rubinetteria pressappoco quella dei vasi con l'avvertenza che la cassetta alta deve avere una capacit non inferiore ai 16 litri e il flussometro deve essere da 1/14". Possono essere muniti di apposita griglia ribaltabile per l'appoggio dei secchi; in tal caso occorrono due rubinetti di attingimento a muro per acqua fredda ed acqua calda. l vuotatoi possono anche essere a due bacinelle, una per lo scarico dei recipienti e l'altra per il loro lavaggio; negli ospedali possono essere muniti di due zampilli verticali per il lavaggio dei pappagalli e dei vasi o padelle.

5575 Pianta lavabo


ORINATOI Gli orinatoi si distinguono anzitutto in orinatoi a stallo verticale ed in orinatoi sospesi. Gli orinatoi a stallo verticale vengono normalmente costruiti in gres porcellanato e in ghisa porcellanata. Le dimensioni pi usualmente impiegate sono le seguenti: tipo piccolo, altezza cm 110, larghezza cm 50, profondit cm 20; tipo medio, altezza cm 120, larghezza cm 60. profondit cm 30: tipo grande, altezza cm 140, larghezza cm 65, profondit cm 40. Ordinariamente vengono. montati con una pedana antistante a piano pavimento dello stesso materiale dell'apparecchio; si esegue in tal caso il pavimento con un leggero declivio verso la pedana stessa in modo da convogliare nello scarico dell'orinatoio anche le acque di lavaggio del locale. Questo sistema involge la necessit di incassare l'apparecchio in uno spazio libero nello spessore della soletta. Quando ci non risulta possibile, gli apparecchi si montano con le pedane sopraelevate rispetto al pavimento del locale con un gradino di 1215 cm; in tal caso occorre una griglia sifonata di scarico nei pavimento del locale. Nei riguardi della posa in opera da prescrivere l'adozione di una lastra di piombo di 23 mm di spessore sul piano di posa dell'orinatoio, estesa oltre la pedana da un lato e lungo la parete per un certo tratto dall'altro. GIi orinatoi si montano il pi delle volte in batteria: in tal caso bene che siano separati l'uno dall'altro di 30 40 cm, preferibilmente con una paratia di divisione di marmo, di gres porcellanato o di metallo smaltato. Se la spazio limitato essi possono essere accostati con i giunti ricoperti da pezzi speciali dello stesso materiale dell'apparecchio, detti coprigiunti ; in tal caso gli apparecchi, per questioni di decenza, devono essere della massima profondit. Gli orinatoi sospesi si fabbricano in porcellana comune, porcellana dura vetrificata, in ghisa porcellanata ed anche in gres porcellanato (per tipi grandi), Le dimensioni normali sono le seguenti: sporgenza cm 3037,altezza cm 4580, larghezza cm 3245. Si costruiscono pure per installazione ad angolo. Possono altres essere fabbricati del tipo ad aspirazione con sifone incorporato nell'apparecchio. Il lavaggio degli orinatoi pu essere automatico o manuale. Con il primo sistema una cassetta alta si scarica automaticamente ad intervalli; l'intermittenza regolata mediante rubinetto a chiave asportabile. Il comando manuale pu consistere in un rubinetto a volantino od a chiave asportabile o in un flussometro comandato da un pulsante o meglio da un pedale a pavimento.
37 51

42

altezza bordo dal pavimento

60

B Orinatoio a parete. A, pianta; B, sezione

50 griglia ribaltabile

entrata acqua per il lavaggio da cassetta o Flussometro LAVAPIEDI Questi apparecchi sono generalmente usati per stadi, palestre, caserme, collegi, ecc. Constano di una bacinella di porcellana dura vetrificata, di gres porcellanato o di ghisa porcellanata, di forma rettangolare con lunghezza di cm 4550 e larghezza di cm 4045. La profondit normalmente sui cm 20. Possono essere dotati di poggia piedi. Le rubinetterie di scarico e di erogazione sono simili a quelle descritte per i bid.

53

B Vuotatoio ad aspirazione. A, pianta; B, sezione

4045

4550

2025

FONTANELLE Possono essere costituite da una speciale vaschetta munita di bordo per il fissaggio al muro, oppure possono consistere in colonnette isolate la cui sommit conformata a vaschetta. Il materiale solitamente la porcellana comune o la porcellana dura vetrificata. Le dimensioni d'ingombro del beverino a muro sono usualmente di cm 4045 di larghezza per cm 3840 di sporgenza, con altezza di cm 2526 La rubinetteria preferibile quella che presenta il bocchino di erogazione con getto parabolico ad uso anticontatto per la massima igiene. Il rubinetto normalmete a molla a chiusura automatica per evitare eccessivo spreco di acqua; vi pu essere inoltre una valvola di riduzione delle pressione sul tubo di apporto. Lo scarico libero e munito di griglia.

Lavapiedi. A, pianta; B, sezione.

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IMPIANTI SANITARI
APPARECCHI ED INSTALLAZIONI
gruppo rubinetteria con doccetta

3840 135156 4045


uscita a getto

5055

tubo ferro zincato 1/2''

sifone 30

rubinetto a molla regolazione valvola riduttrice di pressione

85-90

B
Lavandino in gres porcellanato (fire clay) a due bacini e scolatoio per installazione su armadietto o su banco. Rubinetterie a) Scarico: la chiusura pu essere con tappo a caenella, oppure pu aversi lo scarico libero protetto da griglia. Dalla piletta le acque passano alla tubazione di scarico attraverso il sifone che normalmente del tipo ad S , a bottiglia, o ad orologio. Talvolta inserito nella piletta a scarico libero un dispositivo meccanico di triturazione dei rifiuti alimentari chiamato dissipatore, che permette l'immissione nella tubazione di scarico, previa opportuna diluizione, delle sostanze immesse e specialmente di quelle organiche rapidamente fermentabili. b) Erogazione: avviene attraverso un solo rubinetto oppure attraverso un gruppo miscelatore quando esiste la distribuzione di acqua calda per il lavandino. Il gruppo pu essere installato a muro oppure sul bordo del lavandino. Talvolta fa parte del gruppo una doccia, collegata con tubo flessibile al miscelatore, per facilitare il lavaggio delle stoviglie con getto spostabile. Recentemente si sono diffusi rubinetti di regolazione a passo rapido che permettono la manovra completa del volantino con una frazione di giro.

Beverino. A, pianta; B, sezione. LAVANDINI l lavandini normalmente usati per case di civile abitazione possono essere di gres porcellanato, ghisa o acciaio porcellanati, acciaio inossidabile; per i tipi pi piccoli pu essere anche impiegata la porcellana dura vetrificata. Le dimensioni normali sono approssimativamente per il tipo piccolo cm 45 x 40, per il tipo medio cm 60 x 45, per il tipo grande cm 80 x 45 se il lavandino ad una bacinella; per il tipo piccolo cm 80 x 40, per il tipo medio cm 90 x 45 e per il tipo grande cm 110 x 50 se il lavandino a due bacinelle. Il modello pi semplice costituito da un bacino rettangolare, provvisto di accessori di rubinetteria e di scarico; ma il pi delle volte si adopera unito ad uno scolatoio per la deposizione delle stoviglie o vetrerie dopo il lavaggio. Alcuni tipi hanno lo scolatoio incorporato in un sol pezzo con il lavandino propriamente detto, mentre altri l'hanno staccato ed applicato lateralmente per sovrapposizione. Lo scolatoio pu avere lunghezze variabili da cm 50 a cm 75. In questi ultimi tempi si sono molto sviluppati i lavandini a due scompartimenti di capacit diversa, di cui l'uno (con tappo di chiusura) adibito al lavaggio e l'altro (con scarico libero) destinato al risciacquo. In ogni caso i fori di scarico devono essere sempre protetti da griglia. 4580 5075

USO DEI COLORI CONVEN CONVENZIOZIONALI NEI PROGETTI DI IMPIANTI conveniente adottare negli scherni facenti parte del progetto degli impianti sanitari gli stessi colori che vengono generalmente usati negli impianti tecnologici e industriali con tubazioni in vista. Com' noto, non vi ancora uniformit nella scelta di tali colori. In riferimento ai pi recenti criteri unificativi della lnternational Organization for Standardization , Ente di unificazione per la zona europea, consigliabile ricorrere a pochi colori base (dei quali parecchi gi in uso) per i fluidi fondamentali; su questi si potranno applicare a giusti intervalli alcune strisce di altro colore in relazione alle necessarie sottodistinzioni del fluido di base (indicazioni del Colorificio Max Mayer): Acqua Colore base: verde Potabile: verde continuo Non potab.: verde con strisce nere Riscald.: verde con strisce gialle Raffredd.: verde con strisce bianche Calda: verde con strisce rosse Distillata: verde con strisce blu Aria Colore base: blu Condizionamento: blu continuo Compressa: blu con strisce rosse Vuoto: blu con strisce bianche Vapore Colore base: rosso Bassa pressione: rosso continuo Alta pressione: rosso con strisce gialle Riscaldamento: rosso con strisce verdi Di scarico: rosso con strisce nere Gas Colore base: giallo Di citt: giallo continuo Ossigeno: giallo con strisce bianche Azoto: giallo con strisce verdi Metano: giallo con strisce brune

4045

gruppo rubinetteria per cucina con braccio girevole installa parete

8590

Lavandino in gres porcellanato (fire clay) ad un bacino con scolatoio per installazione su mensole

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IMPIANTI SANITARI
SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA
SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA PER PICCOLI AGGLOMERATI
Per lo smaltimento dei liquami luridi provenienti dagli impianti di scarico interni di ristretti agglomerati edilizi (in genere di non pi di 300-400 anime), in mancanza di fognatura dinamica e con un approvvigionamento idrico medio di 80-100 litri/ab giorno, attualmente vengono presi in considerazione, in linea generale, la fossa settica ad uno o pi comparti e la vasca di tipo lmhoff speciale, quali trattamenti primari, ed il pozzo perdente, la subirrigazione ed il letto percolatore, quali trattamenti secondari. Pozzetto di deposito per le sostanze grasse. - Gli impianti di trattamento e smaltimento dei liquami luridi, provenienti da abitazioni o piccole industrie, possono presentare inconvenienti nel loro funzionamento per la presenza di sostanze grasse, la maggior parte delle quali provengono dalle cucine o da lavorazioni artigiane. quindi opportuna l'adozione di scatole e pozzetti condensagrasso o nei vari ambienti dove si scaricano dette sostanze (cucine) o all'uscita della tubazione di scarico interno. Funzione della fossa settica. - Il liquame proveniente dagli scarichi ed immesso nella fossa presenta un flusso molto lento, in modo da poter distinguere nettamente tre strati: il crostone superficiale formato da detriti vegetali, grassi ed altre sostanze galleggianti, la strato di fondo dove si depositano i materiali pi pesanti ed i solidi sedimentabili non decomponibili, e quello intermedio costituito da un liquido chiaro e giallastra, Il tempo di detenzione va in genere assunto normalmente di 24 ore. Costituzione della fossa settica. Si tratta in genere di una vasca di forma rettangolare con pareti di mattoni e malta di cemento oppure di getto in conglomerato ar26 15 X 40 110 220 26 aeratore 8 30 193 125 155 h 30 30 H 15 wc - cucina 35 X X 5 15 26 40 15 l

mato, impostate su una platea in conglomerato cementizio. Le pareti interne ed il fondo sono rivestiti con intonaco di cemento a doppio strato lisciato: gli spigoli sono notevolmente arrotondati.

15 uscita X

A
38 40 3

20

Fig. 2 Tipo di fossa settica ad un camera A,pianta; B, sezione X-X. Capacit fino a 10 persone o vani utili 7 Consumo medio giornaliero litri 1000 Volume utile 3025 Volume totale 3750
5 40 X a 15 26 c

Fig. 3 Tipo di fossa settica a due camere A, pianta; B, sezione X-X aeratore

30 45 5 30 h 20 H

40

10

15 b 10 lavatoio X

Fig. 4 Tipo di fossa settica a tre camere. A, pianta; B, sezione X-X


30

gres

15 W.C.-cucina

N N. vani utili persone

Consumo medio giornal. in litri 1000 1500 2000 2500

Dimensioni suggerite Lunghezza 1 camera a 160 190 240 260 2 camera b 80 95 120 130 Lunghezza l 100 100 110 110 Altezza liquido h 140 150 150 150 Altezza totale interna H 170 180 180 180
10

Volume utile in litri 1 camera 2240 2850 3960 4290


56 10

Volume totale in litri 1 camera 2720 3420 4750 5150 2 camera 1360 1700 2380 2570

2 camera 1120 1430 1980 2140

7 10 14 17

10 15 20 25

con un contenuto minimo di solidi sedimentabili o sospesi. Per mezzo di un attivo processo di fermentazione anaerobica putrida si ha una progressiva solubilizzczione delle sostanze che costituiscono i due strati, superficiale e profondo, e si avviano verso la mineralizzazione le sostanze organiche disciolte nello strato intermedio. Pertanto il liquido di questo strato non presenta i caratteri, torbidi e maleodoranti dei liquami del deprecato pozzo nero, ma ancora putrescibile e va considerato come un liquame ancora bisognoso di un ulteriore depurazione (Puntoni).
Consumo N vani utili N. persone medio giornal in litri 7 10 14 17 20 27 40 54 10 15 20 25 30 40 60 80 1000 1500 2000 2500 3000 4000 6000 8000 1 camera a 150 160 190 200 230 270 290 300 Lunghezza 2 camera b 75 80 95 100 115 135 145 150

7.5 45 15 30 30

70

grasso

50mm

PIANTA

15 SEZIONE

B
Fig. 1 Tipi di pozzetti condensagrasso A, in calcestruzzo; B, scatola metallica.
Dimensioni suggerite 3 camera Lunghezza l 100 120 120 125 125 150 160 180 Altezza liquido h 140 140 145 150 150 150 180 200 Altezza totale interna H 170 170 175 180 180 180 210 230 1 camera 2100 2680 3300 3750 4300 6070 8350 10800 2 camera 1050 1340 1650 1870 2150 3030 4170 5400 3 camera 1050 1340 1650 1870 2150 3030 4170 5400 Volume utile Litri

10

A
Volume totale Litri 1 camera 2550 3260 3990 4500 5180 7300 9740 12400 2 camera 1270 1630 1990 2250 2590 3650 4870 6200 3 camera 1270 1630 1990 2250 2590 3650 4870 6200

c
75 80 95 100 115 135 145 150

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IMPIANTI SANITARI
SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA
Il fondo viene conformato leggermente a tramoggia per agevolare il deposito e la raccolta del fango. La copertura costituita generalmente da solette in cemento armato gettate fuori opera, munite di chiusini a tenuta. controversa la questione se il tubo di caduta debba essere prolungato nella massa del liquido per fare una chiusura idraulica contro il ritorno dei gas, oppure debba essere tenuto alto per rompere periodicamente il crostone. Una soluzione quella di munire il tubo di caduta, immerso per un buon tratto nella parte mediana, di un prolungamento di aerazione terminante al disopra della falda del tetto. l tubi di afflusso e di efflusso del liquame o di comunicazione tra una camera e l'altra debbono essere di gres, con conformazione preferibilmente ad U con bocche ad una profondit di circa cm 40 dal livello libero, in modo da evitare l'eventuale trascinamento della schiuma superficiale o dei fanghi. L'immissione del liquame viene protetta da apposita solettina armata fungente da paraschiuma. Nei riguardi delle caratteristiche, delle dimensioni e dei campi di applicazione delle fosse ad uno o pi compartimenti, si presentano nelle figg. 2, 3, 4 i tipi di fosse settiche studiati da Buonomini, Noccioli, Braccini. Nei tipi a pi compartimenti la capacit ripartita seguendo il criterio di assegnare alla prima camera, destinata prevalentemente alla decan
10
* Questo numero viene fissato per una dotazione di liquido di 80 l / persona / giorno e per abitazione continua ** Queste profondit possono essere aumentate con opportuna inserzione di anelli Tipo Ager A A1 B B1 B2 B3 B4 D D1 D2 D3 D4 E ed F normale con aggiunta di 1 anello normale con aggiunta di 1 anello 2 3 4 normale con aggiunta di 1 anello 2 3 4 da costruirsi in opera monoblocco N. persone Capacit Diametro utile interno D in litri in metri Altezza Altezza di totale H un anello in metri A in metri Profondit Profondit min. di entrata h in metri ** 0,25 min. di uscita k in metri

* 710 15 20 25 30 40 50 60 80 100 125 150 da 180 in poi 650 900 1100 1500 1900 2300 2700 2900 4000 5100 6200 7300 da 8000 in poi 0,80

1,00

Tipo K

1,50

1,65 2,15 1,90 2,40 2,90 3,40 3,90 2,20 2,80 3,40 4,00 4,60

0,50

0,30

0,50

0,33

0,40

0,60

0,35

0,42

da 2,00 a 2,70

Per forti capacit tipi rettangolari da 3,10 in opera con eventuale regolatore a 5,00 di portata, dissabiatore, grigliatura e scaricatori automatici dei fanghi.

tazione e digestione dei fanghi, un volume doppio della seconda. In commercio esistono molti tipi di fosse settiche particolarmente intese come fosse biologiche , costruite con cementi prefabbricati. In considerazione del fatto che il liquido di dette vasche presenta una certa quantit di solidi sedimentabili, la rimozione dei fanghi dovrebbe essere effettuata a pi brevi intervalli di tempo: comunque, il liquido deve essere sempre sottoposto ad ulteriori trattamenti secondari prima di essere immesso in corsi d'acqua con minima diluizione.

a
D h
0,901,00

2 3 k camera di chiarificazione min. 2,31 media 3,16 max 5,41

Vasca d tipo lmhoff. - da prendere in considerazione la possibilit del suo impiego quando il numero di utenti da servire alquanto consistente (> 50 secondo Buonomini), per consentire una maggiore regolarit del flusso: detto impiego per subordinato, secondo alcuni autori (Buonomini e Coli.), all'adozione di un letto percolatore come trattamento secondario o ad una sufficiente diluizione nel recipiente finale, non essendo adatti i procedimenti di smaltimento nel terreno per il forte potere di intasamento dei liquami chiarificati nelle vasche lmhoff, i quali sono ricchi di solidi sospesi e possono ancora contenere solidi sedimentabili. Secondo altri, il liquame chiarificato affluente dalla vasca di tipo lmhoff potrebbe egualmente essere smaltito sia con i letti percolatori sia con i sistemi a disperdimento nel terreno, sotto determinate condizioni. La vasca del tipo lmhoff simile a quella adottata nei grandi impianti, per con l'aggiunta di particolari caratteristiche atte a renderla idonea a piccoli impianti, quali l'aumento del periodo di detenzione a 12 ore.

7 8 H 6

7 8 A camera dei fanghi

b
Fig. 5 Fossa settica prefabbricata (tipo K-Caser)

min. 0,90 media 1,35 max 1,60 Fig. 6 Fossa settica cilindrica prefabbricata (Ediltecnica)

Dati di massima per il dimensionamneto delle vasche di tipo Imhoff Abitanti 40 60 80 100 125 150 f 2,40 2,40 2,40 2,40 3,00 3,00 Compartimento di sedimentazione m A B E L 1,60 1,10 1,10 0,20 2,50 2,40 1,25 1,25 0,28 3,00 3,20 1,40 1,40 0,28 3,30 4,00 1,50 1,50 0,28 3,50 5,00 1,65 1,65 0,30 3,70 6,00 1,70 1,70 0,30 4,00 Compartimento di digestione m C D L 4,00 1,60 1,10 2,50 6,00 1,90 1,20 3,00 8,00 1,90 1,30 3,30 10,00 2,00 1,40 3,50 12,50 2,15 1,50 3,70 15,00 2,25 1,70 4,00

a, sezione orizzontale; b, sezione verticale. 1, inserzione anelli per maggiori profondit tubazioni; 2, chiusino; 3, vano di raccolta e ossidazione del fango galleggiante; 6, vano di raccolta e digestione del fango pesante; 7, percorso fanghi galleggianti; 8, percorso fanghi pesanti; 9, percorso prodotti di digestione dei fanghi; 10, percorso acque durante la chiarificazione.

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237

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IMPIANTI SANITARI
SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA
carta imballo 70 30 carta imballo

60

26 100200 26

60

60

40

100200 40

60

Fig. 8 - Tipi di pozzo pendente A, in muratura di mattoni; B, in muratura di pietrame a secco (da Buonomini, Noccioli, Braccini). 300450
PIANTA

100mm 100mm 100mm Pozzo perdente. - E un impianto di trattamento secondario del liquido effluente dalla fossa settica mediante unopportuna dispersione nel terreno. Appare particolarmete utile la sua adozione quando la quantit di liquame modesta e non si dispone di notevoli estensioni di terreno. Capacit preferibile pari ad almeno la met del volume di liquame da smaltire giornalmente. I pozzi perdenti hanno una forma normalmente circolare con diamentro interno non superiore ai m 2,00. La struttura e le caratteristiche principali di alcuni tipi di pozzi sono visibili nelle fig. 8 e 9. Il dimensionamento di massima pu ricavarsi dalla tabella seguente che indica per i vari terreni la superficie laterale utile da assegnare. pozzetto distributore 300450 pozzo assorbente

25

aeratore 80
-60

SEZIONE A-A

200 25 70 25

60

SCHEMA DI ALLLACCIO

carta imballo 100mm 165

140 200 40

40 65 20 25

80

12 100680
20

30 30 6
25 130 25 20 70 110 20 40 90 20

12 60 60 25 150 320

6 12

120700

POZZETTO DISTRIBUTORE

pietrame disposto a mano Fig. 9 - Tipo di pozzo assorbente o pendente

25 60

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238a

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IMPIANTI SANITARI
SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA
20 90 20 210 100mm L40x40 20 90 20 30 20 45 75mm T60x60 30 A 125
5 40 20 30 L

20 20 40

280

80 L40x40 100mm

108 12 110 15

20 1

250 20 25 53 7 28 E 20
10

28 240 f 80

178 125 B 40 30 20 D

T 60x30 20 Tavole legno catramato 20 30 110 220 40

C 180

120 40 20

30

100mm

28 20 28 93 93

12 100mm 178

T60x30 410

T60x30 93 L40x30

40 75mm 80 120 40 20 3

320

Fig. 7 - Tipo di vasca Imhoff per i piccoli impianti 1, pianta; 2, sezione longitudinale; 3, sezione trasversale.

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238b

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SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA
Tab. 1 Dimensionamento della superficie laterale dei pozzi perdenti in relazione alla natura del terreno.
Natura del terreno Sabbia grossa o pietrisco Sabbia fine..................... Argilla sabbiosa............. Argilla com molta sabbia o pietrisco..................... Argilla con poca sabbia o pietrisco..................... Superfici laterali in m per persona Abitazioni Scuole Camping (100 l/g/ab.) (40 l/g/al.) (50 l/g/camp.) 0,50 0,20 0,25 0,75 0,30 0,40 1,25 0,50 0,60 2,00 4,00 0,80 1,50 1,00 2,00
La sub-irrigazione semplice consiste nell'immissione del liquame proveniente dalla fossa settica in una rete variamente ramificata di tubi distributori in calcestruzzo o in gres o in cemento amianto, disposti a circa m 0,500,70 di profondit in trincee scavate nel terreno e circondati da strati di ghiaia in modo da evitare l'intasamento per via della terra. l tubi sono lievemente accostati l'un l'altro e la zona di giunzione viene coperta superiormente da manicotti di protezione. Il liquame si distribuisce e si disperde quindi nel terreno ossidandosi completamente. La rete di canali distributori alimentata mediante un sifone di cacciata del tipo di quelli normalmente adottati nelle fognature. In fig. 11 si presenta un sifone del tipo ADAMS. Per stabilire quale debba essere la lunghezza complessiva dei tubi distributori in funzione del numero di utenti e della natura del terreno, ci si pu basare in via di primo orientamento sui dati della Tabella 2. Per un dimensionamento pi preciso occorre basarsi su prove di permeabilit del terreno (test di percolazione). Sub-irrigazione drenata. - Se il terreno risulta poco permeabile si pu adottare il sistema della sub-irrigazione drenata, situando nella trincea, al disotto della tubazione immittente, una tubazione di minore diametro che raccoglie il residuo liquame non disperso per convogliarlo alla fine in un pozzo perdente, oppure in un fosso od in un solco del terreno.

Quando si istituiscono pi pozzi (il che buona norma), essi verranno alimentati a mezzo di un pozzetto distributore, che presenta la possibilit, mediante la manovra di saracinesche, di inviare il liquame alternativamente nei vari pozzi. Sub-irrigazione. - Rappresenta il trattamento secondario elettivo per un liquame uscente dalla fossa settica, quando vi sia spazio abbondante presso l'edificio od il gruppo di edifici e la falda idrica abbia un livello alquanto profondo. A questo proposito le prescrizioni della distanza tra il massimo livello della falda e il fondo della trincea drenante variano alquanto secondo le indicazioni dei vari autori: in Italia si ritiene sufficiente che essa sia superiore a m 1,00.

Tab. 2 Lunghezza dei tubi distributori per sub-irrigazione


Natura del terreno Lunghezza di tubazione per persona Abitazioni Scuole Camping (100 l/g/ab.) (40 l/g/al.) (50 l/g/camp.) 3 1,2 1,5 4 1,6 2 5 2 2,5 7 10
80

20

230 190

20 20

1
30-50

35 35 sifone di cacciata

110

70 20

A
20 15 35 12 80 25 30
7 40 15

60 15

30-50 30 30 30

15 20

Sabbia grossa o pietrisco Sabbia fine..................... Argilla sabbiosa............. Argilla com molta sabbia o pietrisco..................... Argilla con poca sabbia o pietrisco.....................

2,8 4

3,5 5

75

100

15

sifone di cacciata 120-180 137

30

50

10

15 110 60 80 mm 65 80

Fig. 11 Sifone di cacciata per reti di sub-irrigazione A, pianta; B, sezione.

2
in terreno compatto

in terreno sabbioso o molto sciolto


80 50 15

60

40

40

p = 23%

45

carta imballo 100 mm

30

p = 23%
15

p = 23%
30 15 40 40 15 40 40

40

40

Fig. 10 Reti di canali distributori per sub-irrigazione semplice


1, campi di dispersione: A, in terreni piani; B, in terreni inclinati; 2, trincea in terreno permeabile; C, sezione trasversale; D, sezione longitudinale (De Martino e Passaro).

Fig. 12 Sub-irrigazione drenata. Trincea in terreno poco permeabile


A, sezione trasversale; B, sezione longitudinale

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IMPIANTI SANITARI
SMALTIMENTO LIQUAMI DI FOGNA
Letto percolatore. percolatore . - Per il trattamento secondario dei liquami luridi di piccoli agglomerati pu ben adoperarsi il letto percolatore, quando non si possa ricorrere alla dispersione nel terreno e ci sia disponibilit di carico (circa m 2,50-3,00). Qualora il trattamento primario avvenga in una vasca tipo lmhoff, il numero di utenti che pu servire pu essere raddoppiato nei rispetti della fossa settica. Nel letto percolatore il liquame chiarificato subisce una intensa ossidazione, attraversando una massa di pietrisco o di scorie d'alto forno, dimensionata in ragione di ml 1 di letto per ogni 4 abitanti. L'affluente del letto percolatore pu scaricarsi direttamente in un piccolo corso d'acqua, a meno che il numero di utenti superi il centinaio, nel qual caso occorre l'istituzione di una seconda vasca lmhoff di decantazione finale. Nella Fig. 13 sono rappresentate la costituzione e la struttura, nonch le caratteristiche e le dimensioni di un letto percolatore proposto da Buonomini e coll. per un liquame di fossa settica e per un numero di utenti fino a 50. uscita 20 10
C

Schemi d'impianto. In relazione ai tipi di trattamenti precedentemente citati si indicano nella seguente tabella 3 alcuni dei princi-

pali schemi d'impianto che possono essere usualmente adottati, insieme con le corrispondenti condizioni di applicazione.

N.

Denominazione dell'installazione Fossa settica ad una camera ed uno o due pozzi perdenti

Schema

Utenti Condizioni serviti di applicazione In relazione ad una normale permeabilit del terreno e ad una adeguata profon 25 dit della falda freatica.

10

Fossa settica a due camere ed uno o due pozzi perdenti Fossa settica a due camere e subirrigazione Fossa settica a tre camere e subirrigazione Due fosse settiche a tre camere e e sub-irrigazione irrigazione Fossa settica a tre camere e sub-irrigazione drenata Due fosse settiche a tre camere e e sub-irrigazione irrigazione drenata Fossa settica a tre camere e letto percolatore Vasca Imhoff e letto percolatore Vasca Imhoff-letto percolatore-vasca Imhoff

26 A

b
gres

a
B 15 26 entrata lastra forata ondulata
ghiaia del 5 D

3 4 1 5

60 80

In relazione ad una normale permeabilit del terreno e ad una sufficiente super-

80 10 120 30

bascula

160 ficie disponibile. In relazione ad una normale permeabilit del

ghiaia dell' 8

6
pillore del 1520 entrata bascula in legno

80

2 7

tubo fibrocem 4 con anima in ferro e malta cementizia

terreno e ad una 160 sufficiente superficie disponibile. In relazione ad un suffic. dislivel. tra quota di immissione e quota di scarico, ed alla 100 scarsit di superficie disponibile 50 c.s. quando il numero di utenti 200 supera il centinaio Vasca tipo Imhoff Rete di canali Pozzo perdente Letto percolatore

uscita

3
SEZIONE LONGIT. SEZIONE TRASVERS. in legno pitch-pine catramato

10

lastra ondulata e forata perno con supporto in bronzo


3

Fossa settica ad una camera 4 Fossa settica ad due camere Fossa settica ad tre camera Vaschetta di partizione o di cacciata

Fig. 13 Tipo di letto percolatore per piccoli impianti 1, pianta; 2, sezione A-B; sezione C-D; 4, particolare Per capacit fino a 50 persone a= m 3,70; b = m 1,70 Per capacit fino a 25 persone a= m 2,60; b = m 1,20 Per capacit fino a 15 persone a= m 1,85; b = m 0,85

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
TERMOSIFONE
DATI GENERALI DI CALCOLO Il calore fornito artificialmente ad un ambiente deve compensare, per ogni intervallo di tempo, in condizioni di regime, le perdite per trasmissione attraverso le pareti che delimitano l'ambiente medesimo ed attuare il riscaldamento ed, eventualmente, l'umidificazione dell'aria di ventilazione (cio della quantit d'aria introdotta, nello stesso tempo, dall'esterno all'interno del locale). La determinazione della quantit di calore trasmessa, ogni ora, attraverso una parete piana che divide due ambienti a temperatura diversa, si effettua mediante l'espressione: Q = C S (T - t) ove Q rappresenta la quantit di calore cercata, S l'area della superficie della parete, T e t le temperature dei due ambienti. Qualora la S venga espressa in m, T e t in C e Q in grandi calorie per ora (kcal/h), i valori del coefficiente C (coefficiente di trasmissione della parete) risultano dallo specchio che segue, riferito alle strutture pi frequenti nell'edilizia civile. Nel caso si avesse a che fare con strutture diverse da quelle riportate nello specchio suddetto, se ne potr calcolare il coefficiente di trasmissione C con la: l coefficienti di conduttivit termica interna sono desumibili dalla tabella seguente. Qualora la parete comprenda delle intercapedini di aria, se la larghezza dell'intercapedine inferiore a 1,52,5 cm si tien conto dell'effetto contemporaneo del passaggio di calore per adduzione tra parete e aria, e di quello per conduttivit interna nell'aria stessa (coefficiente c di quest'ultima 0,02 kcal/m h C); se la larghezza dell'intercapedine maggiore di 2,5 cm circa, ed questo il caso pi frequente, si trascura la conduttivit interna dell'aria: nell'espressione di C vengono cosi ad aggiungersi semplicemente, al denominatore, due termini del tipo 1/k in cui k si usa assumere di solito uguale a 10 kcal/m h C. La resistenza termica dell'intercapedine diventa, in questo caso, praticamente indipendente dallo spessore. La quantit di calore occorrente ogni ora per riscaldare laria di ventilazione si pu calcolare con la formula: Qv=0,3 V (Tt) essendo V il volume di aria introdotto ogni ora espresso in mllh, T e t le temperature interna ed esterna in IC. Il volume V viene di solito messo in relazione al volume Va dell'ambiente ponendo: V= Va ad si possono attribuire, per ventilazione naturale, i seguenti valori: = 0,51 per stanze di abitazione, di ufficio ecc; = 12 per atri, ingressi, mostre, officine, ecc. =2 3 per gabinetti, cucine ecc. Qualora si trattasse di ventilazione forzata i valori di sarebbero generalmente diversi: ma la questione rientra allora nel campo degli impianti di termoventilazione o di condizionanento ai quali si accenner in seguito. Il calore per l'umidificazione dell'aria si pu ritenere pari, in media, a 23 kcal/m di aria di rinnovo. Per quanto riguarda i valori da assegnare a T e t che compaiono in tutte le formule sopra riportate si pu dire che: a) per la scelta del valore di T si seguono i seguenti criteri: se si tratta di ambienti destinati al riposo o ad attivit che non implichi lavoro fisico oltre il normale movimento (ad es.: abitazioni, uffici), si potr assumere T= 1822 C; per ambienti in cui si pu presumere normale movimento delle persone ma abbigliamento delle stesse corrispondente alle condizioni esterne, si sceglier T =14 18 C; nel caso di locali in cui si pu presumere che venga svolto un lavoro fisico o che le persone siano in intenso movimento T =1218 C. Nello scegliere i valori di T fra i limiti sopraccennati bisogner tener presente diversi fattori come: modalit di cessione del calore da parte dei corpi scaldanti, estensione delle superfici vetrate, ecc. b) per t si sceglie un valore convenzionale variabile con la localit: nelle pubblicazioni speciali sono normalmente riportati tali valori per le diverse citt d'Italia.

COEFFICIENTI DI CONDUTTIVIT TERMICA INTERNA in kcal/m h C MATERIALI E DESRIZIONE C Acqua............................................ 0,52 Alluminio...................................... 180,00 Amianto (p. spec. 700 kg/m).... 0,20 Amianto (p. spec. 580 kg/m).... 0,15 Aria......................................... 0,02 Ardesia................................. 1,2 Asfalto....................................... 0,5 Calcare da costruzione................ 1,22,5 Cartone...................................... 0,2 Cotone................................... 0,054 Farina fossile in polvere................. 0,08 Feltro................................ 0,07 Ferro (e acciaio)........................... 5060 Fibre organiche alla rinfusa...... (p. spec. 100 kg/m)....................... 0,03 Fibre organiche alla rinfusa (p. spec. 200 kg/m)....................... 0,04 Fibre organiche in lastre (tipo trefex).......................... 0,09 Fibre organiche in lastre (tipo populit).......................... 0,05 Gesso in piastrelle per rivestimenti........................... 0,25 Granito, gneiss...................... 2,73,5 Lana di scorie d'alto forno............ 0,1 Lana di vetro (alla rinfusa)......... 0,06 Legno asciutto................... 0,12 Legno bagnato................... 0,18 Linoleum.................... 0,16 Magnesia (carbonato e amianto)... 0,05 Magnesite refrattaria...................... 1,1 Marmo.......................... 23 Ottone..................................... 70100 Paglia tritata................................ 0,070,08 Piombo.................................. 2629 Pomice (p. spec. 300 kg/m).... 0,08 Pomice (p.spec. 600 kg/m)..... 0,016 Rame.......................................... 300340 Schiuma di gomma..................... 0,027 Segatura di legno.................... 0,06 Sabbia asciutta................... 0,5 Sabbia bagnata....................... 2,0 Seta (cascami)................... 0,048 Stuoie isolanti (p.spec. 250 kg/m) 0,04 Sughero greggio...................... 0,15 Sughero in granelli......................... 0,04 Sughero agglomerato con asfalto in lastre............................................ 0,050,08 Terra.......................................... 2,0 Tufo............................................ 0,30,4 Vetro............................................. 0,65 Zinco.......................................... 95,0

C=

1 1 + S1 + S2 + ..... 1 c1 c2 k2 k1

in cui S1, S2...., sono gli spessori, in metri, dei vari strati di materiali diversi costituenti la parete, C1, C2. . . , corrispondenti coefficienti di conduttivit termica interna, K1, il coefficiente di adduzione tra la parete e l'esterno e K2, l'analogo coefficiente tra la parete e l'interno. Si pu ritenere numericamente: K1 = 1015 kcal/m. h. C K2 = 7 kcal/m. h. C Tali valori valgono per temperature tra 0 e 2030 C, pareti di tipo normale e, per quanto riguarda K1, velocit del vento di circa 15 km/h. Per tener conto dell'influenza che in casi diversi le velocit del vento possono avere sul valore di K1, si usa aumentare empiricamente i valori di C a seconda delle esposizioni e delle localit. Si consiglia cos di aumentare C delle seguenti percentuali: per pareti esposte a Nord 2035% a seconda della localit: per pareti esposte a Est 1025% a seconda della localit; per pareti esposte a Ovest 1020% a seconda della localit; nessun aumento per le pareti sposte a Sud. Naturalmente per esposizioni intermedie si assumono valori intermedi. Si fa notare che i valori di aumento sopra riportati tengono conto oltrech dell'effetto dei venti predominanti nella zona, come gi detto, anche di quello della diversa insolazione alla quale sono sottoposte le varie pareti a seconda della loro esposizione. Non sono per considerati i casi limite di localit in cui si producono frequentemente venti a velocit particolarmente elevate (la bora nelle localit dell'alto Adriatico, per esempio), poich le valutazioni vanno fatte allora caso per caso.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
TERMOSIFONE
La somma delle quantit di calore anzidette (occorrenti per compensare le trasmissioni di calore e per adeguare alte condizioni interne quelle dell'aria esterna di ventilazione) estesa a tutti gli ambienti del fabbricato e diminuita eventualmente delle quantit di calore che ogni ora potrebbero essere prodotte in alcuni ambienti, (per la presenza di numerose persone, di grandi lampade o di qualsiasi altra notevole sorgente di calore) rappresenta la quantit totale di calore che deve essere fornita, ogni ora, al fabbricato stesso. Un'idea dell'ordine di grandezza di questa quantit di calore si pu avere ritenendo che ad un fabbricato le cui caratteristiche costruttive non si differenzino molto da quelle normalmente adottate in edifici civili (rapporto tra area delle finestre ed area totale delle pareti intorno a 0,3: muri usuali senza particolari accorgimenti isolanti, infissi semplici ad un sola vetro, ecc.) debbano essere fornite 0,9 kcal/'h m di costruzione (vuoto per pieno) e per ogni C di differenza tra le temperature esterna ed interna. necessario ricordare, a questo punto, che i calcoli finora indicati si riferiscono a condizioni di regime. In realt un impianto di riscaldamento non funziona nelle cennate condizioni, sia perch la temperatura esterna in continua e sensibile variazione, sia perch, nella generalit dei casi, l'esercizio degli impianti non continuo, ma viene interrotto per alcune ore della giornata (case di abitazione, uffici, aule scolastiche, ecc.) o addirittura per alcuni giorni della settimana (sale di riunione, aule per conferenze. ecc.). Esistono pertanto dei periodi di avviamento nei quali l'impianto sar chiamato a fornire agli ambienti una quantit di calore maggiore di quella occorrente a regime. Di questo si tien conto empiricamente aumentando di un congruo valore percentuale le quantit di calore da fornire ai singoli ambienti, calcolate come sopra specificato. L'entit di questa aumento dipende da molteplici fattori, quali: la durata del funzionamento e quella dell'interruzione, il periodo di tempo nel quale si vuole che si raggiungano le temperature desiderate, le caratteristiche costruttive del fabbricato per quanto si riferisce alla sua inerzia termica , ecc. Un valore di aumento che d buoni risultati, applicato al caso di edifici per case di abitazione o uffici con orari di funzionamento normali (10 ore di interruzione su 24) dell'ordine di grandezza del 15%. Il fabbisogno di calore cos calcolato pu essere fornito ai locali da riscaldare in modi diversi, che danno luogo ad altrettanti tipi di impianti di riscaldamento. Una classificazione dei diversi tipi viene

PORTE, FINESTRE, LUCERNARI Porta esterna di legno senza vetri... Porta interna di legno senza vetri... Porta interna di legno a vetri... Finestra a 1 vetro con telaio in ferro... Finestra a 1 vetro con telaio in legno Finestra a 2 vetri con telaio unico in ferro.......................................... Finestra a 2 vetri con talaio unico in legno.......................................... Doppia finestra con telai in ferro... Doppia finestra con telai in legno... Lucernai semplici.......................... Lucernai doppi............................. Vetrine........................................

Coeffic. di TRASMISSIONE C 3 2 3 6 5 3,5 2,5 2,5 2 5 2,5 4

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241b

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
TERMOSIFONE VALORI DEL COEFFICIENTE C RIFERITI ALLE STRUTTURE PI FREQUENTI NELL'EDILIZIA CIVILE
MURATURE
Spessore della parete

C = kcal/m h C
muratura rustica mur. finita intonaco ~ 1 cm

SOLAI, SOFFITTI E PAVIMENTI

C = kcal/m h C
Spessore della parete
Senza soffitto inferiore

Pavimento Cemento di nudo(senza mattonella soffitto o pavimento) sul cemento

Pavimento di legno

Pavimento di linoleum

Muratura di mattoni pieni

0,12 0,25 0,38 0,50 0,65 0,80 0,20 0,30 0,40

0,12 0,25 0,38 0,50 0,65 0,80 1,96 1,47 1,22

0,12 0,25 0,38 0,50 0,65 0,80 1,47 1,1 0,91

10 15 20 25 10 15 20 25

3,16 2,87 2,58 2,38 1,70 1,60 1,52 1,46 5 4,21 3,70 3,28

2,96 2,72 2,48 2,28 1,60 1,55 1,46 1,41 1,64 1,54 1,50 1,41

1,95 1,80 1,70 1,60 1,26 1,22 1,17 1,12 4,60 3,93 3,46 3,08

2,14 2,00 1,85 1,75 1,36 1,26 1,21 1,17 2,81 2,53 2,34 2,15

solaio del tipo misto con pavimento

Senza di intonaco su leggera armatura

pavimento poggiante direttamente sul terreno senza materiale isolante

10 15 20 25

Muratura di mattoni forati

Muratura di pietrame

0,40 0,50 0,60 0,70 0,80 1,00 0,05 0,08 0,10 0,15 0,20 0,30 0,40 0,60 0,80 1,00

2,1 1,9 1,8 1,6 1,5 1,3 4,2 3,7 3,4 2,9 2,6 2,2 2,0 1,96 1,69 1,41 1,22

1,93 1,76 1,70 1,52 1,44 1,25 3,7 3,5 3,0 2,7 2,4 2,1 1,81 1,60 1,35 1,18

10 20
pavimento poggiante direttamente sul terreno con materiale isolante

0,56 0,56

0,46 0,45

0,56 0,56

0,51 0,51

Calcestruzzo di cemento (per cemento armato il coefficiente aumenta del 10%)

Solaio in legno composto di travicelli e solaio di tavolo

Strato di tavolo su travicelli di legno 1,5 1,8

Muratura di pietrame con parametro di mattoni di ~ 6 cm di spessore

Solaio composto di doppio strato di tavolo e intonaco di soffittatura

Doppio strato di tavolo su travicelli di legno 0,7 1,1

Muratura di pietrame con parametro pietra da taglio di ~ 5 cm di spessore

0,50 0,60 0,70 0,80 1,00

1,74 1,68 1,50 1,41 1,22

1,65 1,59 1,44 1,35 1,17

COPERTURE
(per le coperture piane vedere soli ecc.) Coperture in cotto ardesia artificiale o lamiera

Senza soffittatura (capriate in vista)

Con soffittatura applicata alle capriate

Muratura di mattoni con parametro in pietra da taglio di ~ 5 cm di spessore

0,25 0,38 0,50 0,65 0,80

1,60 1,22 1,03 0,85 0,75

1,48 1,13 0,94 0,78 0,70

8 14

2 2,5

su travicelli Coperture in cotto o ardesia naturale o artificiale Senza materiale isolante 5 1,5 2

Muratura di mattoni forati con parametro in pietra da taglio di ~ 5 cm di spessore

0,20 0,25 0,30 0,40

1,76 1,68 1,37 1,15

1,65 1,59 1,27 0,86


su fondo continuo in tavolo Coperture in cotto o eternit con soffittatura orizzontale

Con materiale isolante tra tavolato e tegole 2 2,5 0,6 0,8

di cemento

0,20 0,30
Blocchi forati di scorie

2,72 2,39

2,53 2,23

0,20 0,30

2,04 1,80

1,89 1,70

Il sottotetto pu essere considerato come un ambiente non riscaldato che si trova ad una temperatura intermedia fra linternna e lesterna e che pu assumersi con sufficiente approssimazione uguale alla media fra le due. Si pu cos calcolare la quantit di calore che passa dallambiente ricaldato al sottotetto attraverso il soffitto al quale si attribuisce un coefficiente di trasmissione compreso fra 4 e 6.

formante ampio sottotetto

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TERMOSIFONE
tubo d'aria vaso d'espansione tubo sicurezza caldaia rete di sfogo d'aria
la mezzeria delle stufe all'incirca allo stesso livello di quella della caldaia. L'alimentazione effettuata sempredall'alto, cio con la tubazione orizzontale di andata disposta subito sotto il soffitto: quella di ritorno pu essere sistemata al disotto del pavimento o riportata anch'essa al soffitto: si hanno cos due tipi di impianto a livello, il secondo dei quali detto anche a sifone per l'andamento particolare che assume in tal caso la tubazione di ritorno. La circolazione, determinata in linea generale dalle differenze di pressione che si stabiliscono in seguito alle diverse densit del fluido nelle tubazioni, dovuta, in particolare, al progressivo raffreddamento dell'acqua nelle tubazioni orizzontali di andata: perci quest'ultime non debbono mai essere rivestite con isolanti termici, mentre in linea teorica sarebbe conveniente isolare il trattoverticale di salita disposto in partenza dalla caldaia. IMPIANTI Dl RISCALDAMENTO AD ACQUA CALDA A CIRCOLAZIONE FORZATA Sono simili ai precedenti a meno del sistema di circolazione, che in questo caso viene provocata da un mezzo meccanico, consistente generalmente in un'elettropompa centrifuga inserita nel circuito del fluido riscaldante, (fig. 4) normalmente sulla tubazione di ritorno subito a monte della caldaia. Il sistema particolarmente indicato per impianti in edifici estesi ed indispensabile nei casi in cui sia necessario disporre una o pi stufe a livello inferiore rispetto a quello della caldaia. La sua applicazione si sta ora diffondendo,comunque, anche in edifici di modeste dimensioni nei quali venivano prima installati, quasi esclusivamente, impianti a circolazione naturale. Ci dovuto a ragioni sia economiche che tecniche. II costo complessivo della installazione, infatti, in molti casi leggermente inferiore a quello degli impianti a termosifone; inoltre le pi elevate differenze di pressione in giuoco liberano da molte incertezze riguardanti difficolt di circolazione dell'acqua e consentono una maggiore adattabilit dell'impianto alle varie esigenze di distribuzione del fluido scaldante. Naturalmente si rimane vincolati al funzionamento dell'elettropompa, sicurezza pressoch assoluta,

andata

ritorno

valvola d'intercettazione con rubinetto di scarico Fig. 1 - Schema di impianto e termosifone a circolazione naturale
di solito fatta in base allo stato del fluido che circola nell'impianto ed alle modalit secondo le quali il fluido stesso viene fatto circolare. Si hanno cos: a) gli impianti ad acqua calda a circolazione naturale (o a gravit o a termosifone propriamente detti); b) gli impianti ad acqua calda a circolazione forzata (o accelerata o rapida); c) gli impianti a vapore. IMPIANTI Dl RISCALDAMENTO AD ACQUA CALDA A CIRCO CIRCOLALAZIONE NATURALE In questi impianti (fig. 1), la circolazione del fluido dovuta alla diversa densit dell'acqua nei circuiti di andata e ritorno, conseguente alle diverse temperature assunte dall'acqua stessa, che riceve calore in caldaia e lo cede nei corpi scaldanti.L'alimentazione delle stufe fatta generalmente sistemando i tronchi principali delle tubazioni orizzontali, sia di andata che di ritorno, nello scantinato (distribuzione dal basso). Le colonne montanti sono collegate alle estremit superiori con una tubazione (rete d'aria) che normalmente fa capo al vaso d'espansione e che ha lo scopo di eliminare le sacche d'aria che possono formarsi durante il riempimento dell'impianto o nel corso del suo funzionamento. Per questa ragione necessario dare alla rete di distribuzione cosiddetta orizzontale una pendenza del 510 per mille in un senso prestabilito (normalmente a salire partendo dalla caldaia e procedendo verso le varie colonne montanti). Bisogner inoltre aver cura di evitare cambiamenti di pendenza (contropendenze) che darebbero luogo a zone di accumulo dell'aria dannosissime agli effetti della circolazione dell'acqua, a meno di non far coincidere tali cambiamenti con punti di innesto con tubazioni verticali o di munirli di adatti dispositivi per lo sfogo dell'aria (automatici o manuali). Un altro schema frequentemente adottato e che permette forse una pi sicura circolazione dell'acqua nelletubazioni (specialmente nel periodo di avviamento) quello cosiddetto con distribuzione dall'alto costituito da una colonna montante generale, una rete orizzontale di andata al soffitto dell'ultimo piano disposta nel sottotetto o in un controsoffitto, da colonne discendenti verticali e infine da una rete orizzontale di ritorno al soffitto dello scantinato. In tutti i casi gli impianti sono muniti di un vaso d espansione il cui compito di permettere la libera dilatazione del fluido e quindi di evitare sovrappressioni pericolose; esso in comunicazione con l'atmosfera negli impianti ad acqua calda normale, mentre a tenuta d'aria in quelli cosiddetti ad acqua surriscaldata , nei quali, volendo far superare all'acqua la temperatura di 100 necessario mantenere in tutto l'impianto una pressione superiore a quella atmosferica. II volume in litri del vaso d'espansione pu determinarsi empiricamente dividendo per 600700 la potenza massima dell'impianto espressa in kcal/h. Un caso particolare degli impianti di riscaldamento a gravit quello degli impianti a livello, (fig. 2 e 3) cui si ricorre per il riscaldamento autonomo di singoli appartamenti. In tale sistema

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TERMOSIFONE
da questo punto di vista, si pu per ottenere disponendo due di tali apparecchi, uno di riserva all'altro. Per qanto riguarda la disposizione delle tubazioni si pu dire che quasi esclusivamente adottata la distribuzione dal basso, con i soliti accorgimenti per quello che riguarda l'eliminazione dell'aria dall'interno dell'impianto. pianto (caldaia e tubazioni principali) a media o ad alta pressione: questa viene abbassata a qualche decimo di atmosfera a mezzo di riduttori prima che il vapore entri nei corpi riscaldanti. La circolazione dovuta alla differenza tra la pressione del vapore in caldaia e quella nelle stufe; il vapore percorre cos le tubazioni di andata, si condensa nelle stufe e torna in caldaia sotto IMPIANTI DI RISCALDAMENTO forma di acqua. Con particolare riferiA VAPORE mento agli impianti a bassa pressione Si costruiscono impianti a bassa pres- (fig. 5), si accenna che gli schemiadotsione(qualche decimo di atmosfera di tati per la distribuzione del vapore pressione effettiva in caldaia), a media dalle caldaie alle singole stufe e per la (2-3 atmosfere) e ad alta pressione sistemazione delle tubazioni di con(8-10 atmosfere): generalmente inque- densa possono essere diversi: si pu sti ultimi casi solo una parte dell'im- avere cosi, per quanto riguarda il vasfogo d'aria pore, la distribuzione dall'alto (meno usata) e quella dal basso (vedi caso analogo negli impianti di gravit); per quanto riguarda la condensa, la disposizione con tubazioni asciutte o quella con tubazioni annegate: si ottiene l'una o l'altra di queste ultime a seconda che le tubazioni medesime siano disposte sopra o sotto il livello (indicato con n-n in fig. 5) ottenuto aggiungendo a quello dell'acqua incaldaia (indicato con m-m in fig. 5) un'altezza pari alla pressione effettiva di

andata

ritorno Fig. 2 - Schema di impianto a livello con ritorno in basso sfogo d'aria tubo d'aria ritorno a sifone

Fig. 3 - Schema di impianto a livello con ritorno a sifone

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TERMOSIFONE
rete di sfogo d'aria

vaso d'espansione

andata

ritorno

valvole d'intercettazione delle colonne

idrometro valvole d'intercettazione

Fig. 4 Schema di impianto a termosifone a circolazione accellerata partenza del vapore espressa in m (o mm) di colonna d'acqua. Una particolarit caratteristica delle tubazioni di vapore che sono disposte sempre con una leggera pendenza nel senso del moto del fluido, per permettere all'acqua di condensa che inevitabilmente si forma in tali tubazioni, anche se sono bene isolate, di procedere verso punti prestabiliti di eliminazione, senza creare gravi disturbi alla circolazione del vapore e senza produrre rumori fastidiosi. In tali punti si stabilisce un collegamento tra le tubazioni di vapore e quelle di condensa in modo di permettere all'acqua formatasi nelle prime di passare nelle altre. Questi collegamenti si realizzano, appena possibile, mediante sifoni scaricatori (occorre per che l'altezza del sifone sia perlomeno uguale alla sovrappressione di caldaia espressa in metri di colonna fluida, per evitare il passaggio diretto del vapore nelle tubazioni di condensa) oppure per mezzo di appositi apparecchi (scaricatori di condensa) che permettono il passaggio della acqua, ma non quello del vapore. L'installazione di sifoni o di scaricatori indispensabile, per la medesima ragione sopra esposta, ai piedi delle colonne montanti: inoltre gli scaricatori vengono di solito sistemati sulle uscite di tutti gli apparecchi utilizzatori (radiatori, scambiatori, ecc.). Il ritorno dell'acqua di condensa in caldaia pu avvenire in generale, semplicemente

per gravit qualora la quota della stufa pi bassa rispetto alla caldaia stessa sia maggiore della pressione effettiva di partenza del vapore, espressa in altezza di colonna fluida, Se questo non avviene, come generalmente negli impianti a media e ad alta pressione, occorre disporre, in una parte bassa del fabbricato, un serbatoio di raccolta della condensa in comunicazione con l'atmosfera, dal quale l'acqua viene poi inviata in caldaia a mezzo di pompe accoppiate a motore elettrico o mosse direttamente dal vapore che agisce nell'impianto. Per il calcolo delle tubazioni nei diversi casi si rimanda ai trattati speciali. La scelta dell'uno o dell'altro tipo d'impianto, e dello schema da adottare deve essere fatta in base a condizioni particolari che vanno esaminate caso per caso. Si pu dire per che gli orientamenti generali recenti conducono alla progressiva eliminazione del riscaldamento diretto con vapore ed a limitare l'impiego degli impianti a gravit alle piccole applicazioni in appartamenti o in edifici di limitatissima estensione. La tendenza ad eliminare il riscaldamento diretto con vapore dovuta a ragioni igieniche e tecniche. Alla base delle prime l'alta temperatura (anche superiore a 100 C) dei corpi scaldanti, che produce, sembra per l'arrostimento della polvere, impressioni di eccessiva secchezza dell'aria e che provoca anche un irraggiamento molesto; entrata vapore andata valvola di sicurezza

scarico ritorno uscita condensa tubi in rame (o ottone) ad U con estremit in una piastra di ferro

Fig. 6 Scambiatore di calore per impianti di riscaldamento ad acqua calda a mezzo vapore e per la preparazione di acqua calda per usi sanitari le ragioni tecniche si identificano essenzialmente nel relativamente rapido deperimento dei materiali (in particolare tubazioni e scaricatori di condensa, valvole riduttrici di pressione, ecc.), nelle maggiori perdite di calore per i disperdimenti dalle tubazioni, nell'impossibilit di una efficace regolazione centrale (ed anche locale) del calore fornito agli ambienti. Si pu pertanto affermare che il riscaldamento diretto con vapore viene ormai limitato a casi specialissimi come quelli di impianti in cui si abbiano a temere forti pericoli di gelo (ai quali si pu per ovviare, nel riscaldamento ad acqua, aggiungendo a questa opportuni additivi, quali il glicol etilenico, che ne abbassano il punto di congelamento), e in cui sia necessaria una piccola inerzia termica: per esempio, il riscaldamento di un fabbriccato di alta montagna abitato solo saltuariamente. L'uso del vapore rimane comunque indispensabile quando si debba ottenere il riscaldamento di grossi complessi, costituiti magari da pi edifici, viste le notevoli distanze che in questi casi il fluido deve compiere per arrivare dalla centrale termica fino ai diversi corpi scaldanti: per queste situazioni per, si ricorre a sistemi misti, installando una distribuzione primaria di vapore (a media o ad alta pressione) che alimenta degli scambiatori di calore locali (fig. 6), disposti per esempio uno per edificio, in cui il vapore cede calore all'acqua che poi agisce in singoli impianti, per i quali, in sostanza, gli scambiatori funzionano da caldaie.

aria n n h m

sifoni scaricatori

c m m

aria

sifoni scaricatori

Fig. 5 Impianto a vapore a bassa pressione (2/10 atm) A, con tubazioni di condensa asciutte; B, con tubazioni di condensa annegate; C, scaricatore di condensa; m-m, livello dellacqua in caldaia; h, altezza di colonna liquida corrispondente alla sovrapposizione di caldaia.

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CALDAIE La superficie di scambio delle caldaie si pu de terminare dividendo la quantit di calore oraria occorrentenell'impianto - aumentata del 510 per tener conto delledispersioni di calore lungo i tubi - per la quantit di caloretrasmessa ogni ora attraverso 1 m di superficie di caldaia. Per i tipi di caIdaie normalmente usati negli impianti di riscaldamento (prescindendo cio dalle caldaie a vapore di grossa potenzialit, usate in impianti di grandi complessi) si pu ritenere prudenzialmente che attraverso 1m disupercie vengano cedute ogni ora al fluido agente nellimpianto circa 8000 kcal. Le caldaie usate negli impianti diriscaldamento appartengono in sostanza a due diverse categorie: caldaie in ghisa e caldaie in acciaio. Si pu intanto dire che le prime possono essere impiegate per

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piccoli e medi impianti mentre le seconde possono coprire tutto il fabbisogno occorrente, fino alle caldaie per grosse produzioni di calore centralizzate. Le caldaie in ghisa possono essere in un sol pezzo fino a 2 m circa di superficie oppure, per superfici maggiori, ad elementi unibili gli A+46 uni agli altri mediante nipples biconici. Le case A costruttrici fabbricano normalmente gli elementi in quattro o cinque dimensioni diversecorrispondenti a diverse classi di caldaie: conl'accoppiamento di un differente numero dielementi si realizzano caldaie con varie superfici. li numero di elementi riuniti in una sola unit si suole tenere tra un minimo di quattro-cin que ed un massimo di quindicisedici. A titolo di esempio si riportano, (fig. 7), le caratteristiche di alcuni tipi di queste caldaie. Le caldaie in acciaio variano anch'esse la loro conformazione a seconda della potenzialit: si pu dire a tale proposito che si adopeB L

a Fig. 7 Caldaie in ghisa ad elementi. a, vista frontale; b, vista laterale.

TIPI DI CALDAIE IN GHISA AD ELEMENTI


Dimensioni Serie I II III IV V VI A mm 1065 1316 1530 1630 1052 1560 dell'elemento B mm 730 1000 1250 1550 846 1070 C mm 152 110 152 152 140 175 Superficie dell'elemento m 0,9 1,32 2,20 2,94 0,95 2,2 Numero di elementi Lunghezza totale di caldaia l mm 6101360 6801450 8801930 12002400 5051485 8052380 NOTE

49 613 613 816 411 514

per acqua calda id. c. s. e vapore

rano, di regola, caldaie in un sol pezzo per piccoli impianti (fino a 3-4 m), caldaie tipo Marina per medie potenzialit (fino a 50-60 m), caldaie tipo Cornovaglia e derivate a tubi di fumo per potenzialit superiori ed infine caldaie a tubi d'acqua per grosse produzioni di vapore. In figura 8 sono riportate le rappresentazioni schematiche di un tipo di caldaia Marina. La scelta tra caldaie in ghisa e caldaie in acciaio, a parte le considerazioni giaccennate sul campi d'impiego talvoltadiversi, andrebbe decisa tenendo presenti le caratteristiche essenziali dei duemateriali, e precisamente: le scadenti qualit meccaniche e l'alta resistenza alla corrosione della ghisa, e per conto le ottime qualit meccaniche e la relativa aggredibilit dell'acciaio da parte di agenticorrosivi. Potranno essere per determinanti, volta per volta, i fattori d'ingombro, di costo, di facilit di trasporto e di posa in opera (si tenga presente, per esempio, ove le caldaie in ghisa possono montarsi in loco elemento per elemento, mentre le caldaie in acciaio sicostruiscono, ai massimo, di vise in due o tre parti.

LOCALI CALDAIE La previsione della superficie da assegnare a tali ambienti pu essere fatta sulla base dei dati seguenti valevolinaturalmente in senso indicativo: per fabbricati fino a 3000 m (vuoto per pieno) da 3000 a 6000 da 6000 a 10000 da 10000 a 20000 per ogni 1000 m oltre i 20000 aumentare di 10 m 15 20 30 1

Superficie riscaldata m 5 8 10 15 20 30 40 60 100

DIMENSIONI D'INGOMBRO INDICATIVE A B C D mm mm mm mm 1400 1000 650 1050 1600 1150 750 1250 1700 1100 860 1300 1900 1200 920 1500 2100 1400 1000 1550 2600 1800 1100 1700 2800 1900 1250 1950 3200 2400 1300 2000 3700 2800 1600 2600

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DEPOSITO COMBUSTIBILI Il volume della carbonaia pu essere previsto sulla base di 2 m per ogni 5000 m di fabbricato e per ogni giornata di approvvigionamento. I dati valgono per combustibile ad elevato potere calorifico, tipo coke da gas e antracite inglese. Nel caso di combustibili liquidi, dato il pi elevato potere calorifico ed il migliore stivaggio di questi, la cubatura del deposito combustibili pu essere ridottanotevolmente; si pu cos considerare mediante un volume di serbatoio di circa 200 litri per ogni 5000 ml di fabbricato e per ogni giornata di fun zionamento. Nelle progettazioni occorre comunque tener presenti le disposizioni per la sicurezza dei depositi di combustibili liquidi emanate coi Decreto Ministeriale 31 luglio 1934 (Gazzetta Ufficiale n. 228) e le prescrizioni locali dei Vigili del Fuoco. CAMINI Da tenere ben presenti nell'installazione di una centrate termica, e anche sovente in quella pi modesta di una caldaia per riscaldamento di piccoli complessi (appartamenti, villini ecc.), sono le que stioni connesse con la costruzione del camino occor rente per lo smaltimento dei fumi. Gli aspetti pi rilevanti di tali questioni sono: 1) le dimensioni da dare al camino: 2) la sua pi opportuna ubicazione: 3) le sue caratteristiche costruttive. Relativamente al punto 1) si accenna che nellageneralit dei casi, prescindendo cio dalle realizzazioni a carattere tipicamente industriale o relative a grossicomplessi (ad. Es. centrali per riscaldamento di interi quartieri), laltezza del camino sempre imposta a priori poich legata a quelle dell'edificio in cui deve essere installato. Si avr cura, comunque, che la sommit del camino superi sempre nella massima possibile entit il livello della copertura delfabbricato per evitare disturbi agli occupanti di questo o degli edifici vicini. E' da rilevare anzi, a tal proposito, come si vada ormai diffondendo, e perch suggerita dal buon senso crei progettisti e degli installatori, e perch imposta da alcuni Regolamenti Comunali, l'adozione dei depuratori di filmo , che tendono a liberare i pro dotti della combustione dalle particelle che questi trasportano insospensione e che sono presenti in copia anche notevole, quando la combustione mal condotta. Fissata l'altezza H rimane stabilito il tiraggio del camino e cio la depressione che esso crea alla sua base e che si pu valutare mediamente con la formula: h - 0,45 H (H in metri, h in mm di colonna d'acqua), supponendo la temperatura media dei fumi di circa 200C quella dell'aria esterna di circa 10C. Ovviamente il fattore 0,45 aumenta all'aumentare della temperatura dei funi e al dimi nuire di quella dell'aria esterna. Per avere un buon tiraggio necessario che h abbia valori da 8 a 12 mm per caldaie semplici con camino diretto e da 12 a 18 mm per caldaie con pi giri di fumo.

A B C

b Fig. 8 Caldaia in acciaio tipo Marina. a, sezione longitudinale; b, sez. trasversale.

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L'area S della sezione del camino si potr calcolare conoscendo le caratteristiche del combustibile adoperato e la quantit di esso che occorre bruciare ogni ora. A titolo di esempio si citano le formule seguenti (Rumor): S= P 64 H P 69 H (per carbone) Quanto all'ubicazione da dare al camino, visti i piccoli valori di differenza di pressione che provocano il moto dei fumi, chiaro che debba essere scelta in modo da poter collegare le caldaie al camino medesimo con i percorsi pi brevi e con il minor numero possibile di cambiamenti di direzione e di sezione: si avr cura anzi di eseguire le curve con ampi raggi, di raccordare con gradualit le sezioni diverse, di limitare, insomma, al massimo tutte le cause che possano turbare ed ostacolare il moto dei fumi. Sar bene inoltre prevedere l'installazione di portelli d'ispezione e di pulizia nei punti dove si presume possano maggiormente accumularsi le particelle solide trasportate dai fumi: opportuno poi, a questo proposito, evitare tratti di condotto, orizzontali troppo lunghi. Riferendosi infine alla costruzione dei camini, si accenna che essa viene fatta di solito in muratura e in casi particolari mai troppo importanti, in eternit o in lamiera. La muratura, intonacata e lisciata nella parte interna, deve essere di conveniente spessore, oltrech per eventuali ragioni statiche, per consentire un buon isolamento termico, poich il raffreddamento dei fumi nel camino si ripercuote negativamente sul tiraggio: in qualche circostanza (camini esterni in localit molto fredde ad es.) si potr anche ricorrere all'adozione di doppie pareti con intercapedine, e nel caso di costruzioni in eternit o in lamiera alla ricopertura con materiali coibenti. Qualche volta si fanno anche camini con canne in eternit o in lamiera rivestite di muratura. CORPI SCALDANTI l corpi scaldanti usati attualmente negli impianti di riscaldamento vengono in sostanza distinti in normali radiatori o termoconvettori o pannelli radianti . RADIATORI Sono costituiti da elementi verticali in ghisa od in acciaio stampato che vengono tra loro accoppiati, mediante manicotti filettati esternamente, in numero adatto a formare le singole stufe. La forma e la costituzione degli elementi sono studiati in modo da agevolare al massimo la trasmissione di calore per convezione e irraggiamento dall'interno all esterno degli elementi stessi. A tale fine anche opportuno che i radiatori siano verniciati in tinta non lucida: da escludere in ogni caso la loro nichelatura. Per una buona efficienza delle singole stufe bene che esse non siano costituite di pi di 1520 elementi. In alcuni casi, specialmente in ambienti di piccole dimensioni (bagni, w. c., ecc.), le stufe possono essere costituite da piastre radianti liscie o leggermente nervate costruite anch'esse in ghisa o in acciaio. Nella fig. 9 disegnato di frorte e di fianco un normale radiatore a 9 elementi. La determinazione della superficie di scambio di un radiatore si fa semplicemente calcolando il rapporto tra la quantit di calore oraria che questo deve fornire all'ambiente e l'efficienza del radiatore stesso, cio la quantit di calore che viene 2 scambiata in un'ora da 1 m della sua superficie. Questa efficienza dipende da molteplici fattori, come: forma e dimensioni degli elementi, tipi di impianto (a circ. naturale o forzata o a vapore), temperatura media del fluido nell'interno del radiatore, temperatura ambiente ecc. Si pu ritenere, mediamente, che essa si aggiri sulle 400 kcal/m2 h per gli impianti ad acqua (minore per gli impianti
Altezza B mm 871 721 665 559 1015 871 721 665 559 402 289 Larghezza E Spessore mm elemento F mm 142 55 142 55 142 55 142 50 219 219 219 219 219 219 333 60 55 55 55 50 50 60 Superficie elemento m 0,30 0,24 0,23 0,19 0,60 0,46 0,38 0,34 0,28 0,20 0,23

S= con:

(per nafta)

S area della sezione normale del camino in m P kg/h di combustibile da bruciare. Nelle tabelle 1 e 2 sono riportati i risultati che si ottengono con dette formule riferendole a diverse altezze del camino e a diverse produzioni di calore delle caldaie: si tenga presente che nel trarre dette tabelle sono stati assunti per il carbone e per la nafta rispettivamente i poteri calorifici medi di 4900 e 8500 kcal. Determinata l'area S si stabiliranno le dimensioni lineari della sezione una volta fissatane la forma: a questo riguardo si accenna che, per quanto sia consigliabile l'adozione delle sezioni circolari, ragioni costruttive impongono molto spesso il ricorso a sezioni rettangolari; bene pero che, in questo caso, il rapporto tra i lati non superi il valore di 1,5.

F
1/2E+20

1
1/2E+20

Fig. 9 Tipo di radiatore in ghisa a colonne a nove elementi. 1, vista frontale; 2. vista di fianco.
Altezza camino in metri 12 15 18 20 22 25 28 30 32 35

66 O 75

Tabella N 1 CAMINI PER COMBUSTIONE A CARBONE


Sezione netta del camino in dm per una produzione oraria di calorie 30000 40000 50000 60000 70000 80000 90000 100000 110000 120000 130000 140000 150000 2,8 3,7 4,6 5,6 6,5 7,4 8,3 9,3 10,2 11,1 3,3 4,1 5,0 5,8 6,6 7,4 8,3 9,1 10,0 10,7 3,8 4,6 5,3 6,1 6,8 7,6 8,3 9,1 9,8 10,6 3,6 4,3 5,0 5,7 6,4 7,2 7,8 8,6 9,3 10,0 10,7 3,4 4,1 4,8 5,5 6,2 6,8 7,5 8,2 8,9 9,6 10,2 3,8 4,5 5,1 5,7 6,4 7,0 7,6 8,3 8,9 9,5 3,7 4,3 4,9 5,5 6,1 6,7 7,3 7,9 8,5 9,1 3,5 4,1 4,7 5,3 5,8 6,4 7,0 7,6 8,2 8,7 3,4 4,0 4,5 5,1 5,6 6,2 6,8 7,3 7,9 8,5 3,8 4,3 4,9 5,4 5,9 6,5 7,0 7,5 8,1

Tipo

A 4 colonne....

A 6 colonne....

Tabella N 2 CAMINI PER COMBUSTIONE A NAFTA


Altezza camino in metri 12 15 18 20 22 25 28 30 32 35 Sezione netta del camino in dm per una produzione oraria di calorie 30000 40000 50000 60000 70000 80000 90000 100000 110000 120000 130000 140000 150000 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0 1,8 2,3 2,8 3,2 3,7 4,2 4,6 5,0 5,5 6,0 2,2 2,6 3,0 3,5 3,9 4,2 4,6 5,0 5,5 6,0 2,0 2,4 2,8 3,3 3,6 4,0 4,4 4,8 5,3 5,8 6,0 1,9 2,2 2,7 3,1 3,4 3,8 4,2 4,6 5,1 5,6 5,8 2,1 2,5 2,9 3,2 3,6 4,0 4,4 4,9 5,4 5,6 2,0 2,4 2,8 3,1 3,5 3,8 4,2 4,7 5,2 5,4 1,9 2,3 2,7 3,0 3,4 3,7 4,1 4,5 5,0 5,2 1,8 2,2 2,6 2,0 3,2 3,5 3,9 4,3 4,8 5,0 2,1 2,5 2,7 3,0 3,4 3,8 4,2 4,6 4,8

A 9 colonne....

Fig. 10 Schemi di montaggio dei radiatori

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a gravit, maggiore per quelli a circolazione accelerata) e sulle 600 kcal/m h per gli impianti a vapore. l radiatori (fig. 10) di solito vengono sistemati contro le pareti, sospesi su mensole a 10 15 cm da terra. Presenta dei vantaggi, dal punto di vista della distribuzione delle temperature negli ambienti, la installazione sotto i davanzali delle finestre. Talvolta vengono disposti in nicchie e dissimulati da uno schermo frontale sul quale sono praticate superiormente ed inferiormente delle aperture per permettere la circolazione dell'aria. Conquesta disposizione, per, l'efficienza del radiatore normalmente diminuisce, anche in modo abbastanza cospicuo. TERMOCONVETTORI Sono costituiti da tubi, preferibilmente di rame, sui quali sono fissate delle alette di alluminio o da tubi di acciaio alettati con nastro sempre di acciaio; vengono sistemati entro nicchie chiuse parzialmente da uno schermo normalmente metallico (fig. 11). L'aria che entra dall'apertura inferiore dello schermo, attraverso il termoconvettore si riscalda ed escedall'apertura superiore; la nicchia in cui disposto il termoconvettore viene cos a comportarsi come un piccolo camino, attivando la circolazione dell'aria; con l'aumentare dell'altezza della nicchia aumenta la circolazione dell'aria attraverso il termoconvettore e di conseguenza la quantit di calore oraria che questo pu fornire. I termoconvettori vengono montati di preferenza sotto i davanzali delle finestre, per quanto sia frequente anche la sistemazione in nicchie ore disposte su pareti interne. L'efficienza dei termoconvettori, al pari e forse pi di quella dei radiatori, dipende dalle caratteristiche costruttive e di funzionamento (con particolare riferimento alla temperatura dei fluido in essi circolante). A titolo di esempio, nella tabella che segue, vengonoriportati i valori di efficienza di un tipo di termoconvettore abbastanza diffuso, al variare delle condizioni di funzionamento.
controsoglia in legno griglia ad alette in ottone lamiera nera 15 mm +78

lamiera copritermoconvettore schermo termovettore

schermo

zoccolo

1.5 5 12 6x20 -5 0.00

1 2

A A

Fig. 11 - Tipo di termoconvettore 1, vista frontale; 2, pianta; 3, sezione trasversale

Quantit oraria di calore trasmessa da un termoconvettore per m di lunghezza in un ambiente a 18 h = altezza del vano mm Tipo Tipo Tipo dell'impianto del termoconvettore ad acqua calda (Tm = 75 C) a 2 tubi a 3 tubi a4 tubi a 2 tubi a 3 tubi a4 tubi 220 596 894 1192 821 1231 1641 450 736 1104 1472 1223 1858 2435 600 821 1234 1644 1384 2075 2767 700 874 1311 1749 1486 2228 2970 800 909 1363 1818 1373 2350 3123 900 934 1401 1846 1636 2454 3272

a vapore (Tm = 101 C)

PANNELLI RADIANTI Sono costituiti, nella norma originaria che poi, ancora, la pi diffusa, da serpentine di tubazioni del diametro da 1/2" a 1", disposte annegate nelle strutture murarie delle varie pareti orizzontali o verticali. Si possono avere cosi: pannelli a soffitto, pannelli a pavimento o pannelli a parete (fig. 12). La disposizione a parete viene usata solo in caso di necessit; delle altre due preferibile quella a soffitto, specialmente nei locali ove si presume che le persone possano soggiornare a lungo. Una particolare cura va posta nella posa in opera delle serpentine che, prima di essere incorporate nel getto di calcestruzzo vanno provate ad una pressione di almeno 50 atm. La temperatura dell'acqua di alimentazione di questi pannelli non deve normalmente superare i 45-50 C per evitare che le sollecitazioni termiche possano danneggiare le strutture murarie. La loro efficienza dipende

da diversi fattori, dei quali i pi evidenti sono: temperatura media dell'acqua circolante, temperatura ambiente, posizioe del pannello come gi accen nato, interasse tra i tubi, conducibilit dello strato di materiale che li ricopre ecc. Come ordine di grandezza si pu ritenere che tale efficienza oscilli intorno alle 100 1 50 kcal/h per ogni m di superficie vista del pannello. Recentemente si cominciato ad installare dei pannelli interamente metallici costituiti, normalmente, da una rete di tubi sospesa al disotto del soffitto, alla quale sono applicati degli elementi di lamiera di alluminio o, pi raramente, di acciaio. Questi pannelli presentano, rispetto agli altri, notevoli vantaggi, quali la pi elevata efficienza (particolarmente sentita nel caso che si volessero usare anche per raffrescamento estivo; vedi impianti di condizionamento); la maggiore semplicit di posa in opera (che pu essere effettuata anche a fabbricato completamente costruito), la minore inerzia ter-

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laterizio

1/2''

intonaco

getto in calcestruzzo che ricopre tubi per almeno 2 cm

pavimento

malta

intonaco elementi metallici con superficie forata per il 10%

soffitto rustico isolante termico e acustico tubi 1/2''

Fig. 12 - Tipi di installazioni di pannelli radianti 1, a soffitto; 2, a pavimento; 3, a parete; 4, metallici.

mica, che pu consentire una pi efficace regolazione della temperatura, la maggiore accessibilit in caso di guasti ecc. Il loro costo, per, ancora sensibilmente superiore a quello degli altri, ne ha alquanto ostacolato la diffusione. La scelta dell'uno o dell'altro tipo di corpo scaldante va fatta, tra l'altro, in base a considerazioni di economia, di possibilit di posa in opera e di estetica che possono avere, volta per volta, valore differente. Dal punto di vista tecnico i pregi ed i difetti di un tipo o dell'altro risultano abbastanza evidenti, dopo quanto detto sopra, dalla loro stessa costituzione; si vuole tuttavia accennare al criterio informativo dei pannelli radianti che ne rende le prestazioni un po' diverse da quelle degli altri corpi scaldanti. Con i pannelli radianti, in-

fatti, si pu influire, oltrech sulle trasmissioni di calore per convezione tra corpo umano e ambiente, anche su quelle per irraggiamento, data la presenza di un'estesa superficie a temperatura relativamente elevatarispetto alle altre. Questo pu, entro certi limiti, beneficamente influenzare le sensazioni e permettere di diminuire anche di 2 o 3 C la temperatura cui si deve mantenere l'aria dell'ambiente. RISCALDAMENTO A RAGGI INFRAROSSI Per migliorare le condizioni delle persone che debbono soggiornare a lungo in ambienti direttamente esposti al clima esterno, o in situazioni simili, si introdotto, negli ultimi tempi, un sistema di riscaldamento

basato sull'impiego di particolari corpi scaldanti che hanno la caratteristica di emettere una notevole quantit di calore per irraggiamento. Si tratta di apparecchi consistenti, nelle forme pi comuni, in elementi tubolari, costituiti da una resistenza elettrica disposta a spirale alloggiata in materiale ceramico e protetta da guaina di acciaio inossidabile o di quarzo artificiale. Gli elementi raggiungono temperature superficiali variabili da 400 a circa 1000 C ed emettono potenze di qualche watt per ogni cm di superficie, sotto forma di radiazioni la cui parte preponderante caratterizzata da lunghezze d'onda di qualche micron. Essi sono dotati di un riflettore, quasi sempre di lamiera lucida di alluminio, atto a convogliare le radiazioni nelle zone, pi o meno ristrette, che interessano. La potenza dei singoli elementi pu variare, nelle produzioni normali, da qualche centinaio a qualche migliaio di watt (500 3000 W); essi possono essere anche uniti a formare dei pannelli di diverse dimensioni e potenze. Vengono di solito montati in maniera tale che le radiazioni investano le persone dall'alto. A titolo orientativo si pu ritenere che per riscaldare completamente una zona col ricorso a questi apparecchi occorre una potenza di 150 200 W per ogni metro quadrato di area: ma naturalmente il sistema si presta anche a riscaldamenti localizzati pi o meno intensi. Con l'impiego di queste sorgenti si pu quindi fornire alle persone, sotto forma di energia raggiante, una quantit di calore che possa compensare almeno in buona parte quella ceduta dalle stesse all'esterno, che, in caso di sfavorevoli condizioni ambientali,risulta maggiore di quanto strettamente indispensabile per mantenere il corpo umano in accettabili condizioni di benessere .

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TERMOVENTILAZIONE
Gli impianti di riscaldamento tendono a portare, l'aria degli ambienti occupati dalle persone a certi valori ottimi di temperatura, influendo cos sugli scambi di calore tra corpo umano e ambiente che avvengono per convezione: con l'adozione dei pannelli radianti si tende poi ad influenzare, agendo sulla temperatura delle pareti, anche gli scambi di calore per irraggiamento. Le sensazioni di maggiore o minore benessere che le persone possono provare dipendono per, oltrech dalle temperature nominate, dalla purezza, dalla velocit e dalla umidit relativa dell'aria (vedere impianti di condizionamento d'aria ). Con gli impianti di condizionamento, si cerca di controllare tutte le grandezze suddette, sia in inverno che,in estate; con gli impianti di termoventilazione, che si possono considerare un qualcosa di intermedio tra quelli di semplice riscaldamento e quelli di condizionamento integrale, si agisce (ma solo in inverno) sulla temperatura, sulla velocit e sulla purezza dell'aria. Si constatato come il solo mezzo efficace ed economico per controllare quest'ultima sia quello di introdurre negli ambienti dei quantitativi di aria esterna, convenientemente filtrata, commisurati al numero di persone presenti nella ragione di 20 - 50 m/h per persona. bene per che tale ricambio non risulti mai inferiore ad I volume-ambiente. conveniente inoltre, appena possibile, centralizzare i trattamenti dell'aria, per cui un impianto di termoventilazione, (fig. 1), sar generalmente costituito da: un gruppo centrale, costruito inmuratura o in lamiera d'acciaio zincata o verniciata, collegato, mediante una condotta anch'essa in muratura o in lamiera d'acciaio zincata, ad una presa di aria esterna, da sistemare in luogo opportuno. Nel gruppo saranno contenute: una serranda per la regolazione delle portate d'aria; un filtro d'aria (a secco o in bagno d'olio);
condotta di reecupero condotta di espansione

giunto antivibrante batteria riscaldante ventilazione di espulsione adduzione acqua calda o vapore

condotta aria esterna portello d'ispezione serrande accoppiate sezioni filtranti ventilatore di mandata

condotta di immissione

Fig. 1 Sistemazione schematica di un grupo centrale di termoventilazione

Fig. 2 Aerotermo con prese d'aria esterna ed ambiente C B

A 2

Fig. 3 Aerotermo. 1, vista di fianco; 2, vista posteriore.

una batteria a tubi alettati per il riscaldamento dell'aria alimentata con acqua calda o con vapore: un ventilatore (di solito centrifugo) accoppiato a motore elettrico. Dalla bocca del ventilatore partir una rete di condotte, costruite come detto, che raggiungeranno i diversi ambienti da servire, nei quali l'aria verr immessa attraverso adatte bocchette, che bene vengano provviste di serranda di regolazione e di doppia serie di alette possibilmente orientabili. Qualora i ricambi orari d'aria siano sensibili occorrer disporre una rete di condotte di aspirazione che far capo ad un ventilatore di espulsione; inoltre se il fabbisogno di calore dell'ambiente elevato rispetto alla portata di aria di rinnovo, considerando che conveniente che la differenza tra la temperatura dell'aria all'uscita delle bocchette e

la temperatura ambiente non superi i 15 C, sar necessario introdurre nei locali anche dell'aria ricircolata. Lamiscela tra questa e l'aria esterna potr essere effettuata subito all'ingresso nel gruppo. Il dimensionamento dei canali viene effettuato, di solito, prefissando i valori della velocit dell'aria. Tali valori vengono scelti tra i 7 e i 3 m/s partendo con velocit pi elevate nei tronchi principali e diminuendo nelle derivazioni e in prossimit delle bocchette. Quest'ultime, che bene siano pronunciatamente rettangolari con base almeno doppia dell'altezza per ottenere un buon effetto di trascinamento tra aria immessa e aria ambiente, vengono dimensionate stabilendo la velocit apparente dell'aria nel loro attraversamento. l valori consigliati vanno da 3 a 1 m/s a seconda della distanza delle

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TERMOVENTILAZIONE
bacchette dalla zona occupata dalle persone, nella quale la velocit dell'aria non deve superare i 1520 cm/s per non creare correnti fastidiose. Anche le dimensioni trasversali del gruppo di trattamento centrale vengono stabilite fissando (intorno ai 2 m/s) la velocit dell'aria in una se zione trasversale libera del gruppo stesso. Lo schema con trattamento centrale, fin qui il lustrato, viene spesso sostituito con altri di pi facile attuazione, che prevedono l'installazione, nei locali medesimi da servire, di diversi piccoli gruppi, detti aerotermi , costituiti, (figg. 2 e 3) da un ventilatore, di solito del tipo elicoidale, che soffia laria attraverso una batteria riscaldante a tubi alettati. In gruppi possono esseresingolarmente dotati di una presa di aria esterna o di aria ambiente: occorre per normalmente rinunciare alfiltraggio dellaria poich i ventilatori hanno prevalenze troppo scarse. Ragioni di ingombro, in relazione alla resa termica, consigliano poi di adottare piccoledimensioni trasversali quindi forti velocit di uscita dell'aria. Questo obbliga ad avere una parti colare cura nella scelta della posizione da assegnare agli apparecchi (specialmente quando nello stesso locale ne va installato pi di uno), poich si corre il rischio di creare correnti d'aria fastidiose. Spesso gli aerotermi non vengono dotati nemmeno di presa d'aria esterna,rinunciando cos alla ventilazione artificiale dei locali. In questo caso per, pi che di impianti di termoventilazione, si pu parlare di impianti di riscaldamento con corpi scaldanti speciali a convezione forzata. A titolo di esempio, nella tabella che segue sono riportate le dimensioni e le rese in kcal/h di un tipo di aeroterma abbastanza diffuso in commercio. Gli impianti di termoventilazione si prestano specificamente per ambienti ove cause particolari rendanoindispensabile un efficace, costante e sicuro ricambiodell'aria, oltre all'ottenimento di determi nati valori di temperatura. Potranno ad esempio essere adottati in locali a forte affollamento (semprech non si voglia ricorrere ai veri e propri impianti di condizionamento) oppure in ambienti scarsamente dotati di finestre (e quindi con deficiente aerazione naturale: seminterrati, scantinati ecc.) ed ancora in locali costituzionalmente umidi. Per quanto riguarda le applicazioni degli ultimi tipi di impianto accennati, quelli con aerotermi in ambiente, si pu affermare che esse vengono di solito effettuate in locali a grande cubatura con forti carichi termici, con il vantaggio di poter installare poche sorgenti di calore a forte potenzialit e con notevole raggio d'azione:un'applicazione tipica quella in capannoni d'officina.

Dimensioni in mm Tipo di aerotermo (vedi schema)

Potenza assorbita dal mot.

Temp est.

Tipo d'impianto ad acqua calda entr. 80 entr. 90 entr. 85 usc. 60 usc. 70 4900 5300 10400 11200 19000 21000 usc. 75 5650 6200 13100 14400 22700 25400 7100 10000 23800 4000 4500 8500 9400 15400 17100 6350 11200 23100 bassa press. 9900 10400 20500 21500 41600 43500 8700 14000 38500 a vapore media press. 11100 11600 23100 24000 46700 48600 9100 15800 41700 alta press. 14700 15200 30500 31500 61700 63600 12000 20800 55000

A
480 Tubi in rame e alette d'alluminio 729 548

B
385 503 664

C
410 570 510 1/40 0,13 0,13 0 5 0 5 0 5 0 0 0

Tubi in accaio ed alette in acciaio riportate

400 460 570

330 380 460

430 430 470

1/40 1/20 1/7

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CAMINETTI
Intercapedine di tegole parete da cm 25 II tiraggio avviene quando, accendendo la fiamma, in comuapertura per pulizia nicazione con l'esterno per parete intonacata mezzo della canna, si viene a esterno formare una circolazione naturale d'aria fra la colonna calda che sale e l'afflusso d'aria fredda semplice tubo di lamiera verso il vuoto creatosi conseguentemente. apertura per pulizia stufa Questo tiraggio proporzionato canna con rivestimento alla sezione ed all'altezza della a= 1 testa incombustibile canna, la quale, a sua volta, deve essere rapportata alle diFig. 1 - Distanze minime del camino da pareti in legno e simili Fig. 2 - Distanze minime per canne fumarie e camini mensioni del focolare ed alla forma ed al tipo della cappa: non bisogner nemmeno dimenticare di proporzionare il camino al locale che lo deve ospitare, e ci non solo per ragioni di equilibrio decorativo, ma anche per evitare di porre, ad esempio, un camino troppo grande in un ambiente in cui non sia possibile far affluire la quantit d'aria necessaria (Domus). Le canne fumarie, siano esse in eterFig. 4 - Schema corretto. Il moto del fumo favorito dalla Fig. 3 - Schema errato. Il moto del fumo ostacolato nit, in laterizio od altro materiale comancanza di bruschi cambiamenti di sezioni e direzioni di dalla presenza di notevoli variazioni nelle direzioni e percorso. nelle sezioni della canna fumaria. munque incombustibile, vanno particolarmente curate e protette, per tutta Cappa metallica la loro lunghezza, onde evitaredispersione di calore. Le sezioni preferibili sono quelle circolari, leggermente ellittiche, quadrate o rettangolari con rapporto dei lati 1,5/1, in tal caso opportuno smussare gli angoli. Esse vanno poste preferibilmente nell'inLastre refrattarie terno della casa, affiancate se pi di una, verticali con pendenza massima Lastre refrattarie di 45 se non praticabili, di 60 se praticabili. La muratura delle canne deve essere Fig. 5 - Camino a cappa metallica radiante. In tale caso la Fig. 6 - In questo schema la lastra refrattaria inclinata che compatta a giunti ben stuccati di spescappa riscaldandosi rapidamente favorisce anche l'avviamento riscaldandosi a contatto con la fiamma incrementa il tiraggio nella fase iniziale. sore 1 testa: in camini centrali per del tiraggio. pi impianti 2 teste intonacata a fino valvole di regolazione due stufe. tiraggio e lisciata a colla nell'interno ed intonaPossibilmente disporre di una canna cata all'esterno (spostare di almeno fumaria per le stufe di ogni piano. Le cm 30 in alto l'immissione delle sincanne non praticabili avranno, se i gole canne fumarie). Portare il camino laterizi sono di formato normale, le sufficientemente in alto al disopra del seguenti dimensioni: 14 x 14=cm tetto, possibilmente sopra il colmo. A 196; 14 x 21= cm 294; 21 x 21= causa del raffreddamento pi rapido, cm 441; 14 x 27 = cm 378; 21 x 27 le facce al disopra del tetto, possibil= cm 567; 27 x 27 - cm 729. mente a due teste; e cos per quelle Lastre refrattarie Le canne praticabili debbono avere che danno su pareti esterne; eventualuna sezione cm 43 x 43. Se di sezioni mente anche parete doppia con intergriglia per mensola sostegno cenere maggiori, murare in esse pioli in ferro legna capedine. Ad una canna fumaria di scatola in ad intervalli di cm 50 e ci richiede cm 215 di sezione possono essere lamiera per cenere pareti di almeno due teste. inserite tre stufe comuni. Per ogni stufa Le canne da stufa in ferro devono in pi occorre un aumento di sezione Fig. 7 - Sezione di camino senza cappa esterna pi distare almeno cm 25 da soffitti in comunemente usato. di cm 75. Una cucina conta come

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CAMINETTI
legno intonacati, ed almeno cm 50 da soffitti in legno in vista. Per tubi fissi, rivestiti, bastano cm 12. Le parti in legno debbono essere a distanza cm 50 dalle aperture per la pulizia; se con rivestimenti incombustibili cm 30 (Neufert) (v. figg. 1 e 2). Per facilitare il naturale deflusso del fumo necessario che la cappa non sia troppo bassa rispetto all'altezza del focolare: inoltre questa va raccordata alla canna fumaria con linea dolce ed ascendente, priva di angoli vivi e senza presentare improvvisi cambiamenti di sezione per tutto il percorso del fumo (v. figg, 3 e 4). Gli schemi rappresentati in fig. 5 e 6 illustrano sezioni di camini la cui applicazione pu presentarsi sovente. Nel primo caso la cappa stessa che assolve la funzione di raccogliere il calore e di irradiarlo nel locale. II leggero tavolato sovrapposto, protegge dal contatto diretto con la superficie metallica arroventata. II secondo disegno rappresenta una variante dello schema fondamentale, il cui calore irradiato in parte direttamente dalla superficie riflettente inclinata, in parte raccolto da una lastra metallica che limita superiormente la bocca. Questo tipo di camino specialmente indicato per muri a forte spessore ed adatto anche per bruciarvi carbone (Domus). La pianta del focolare, per lo pitrapezoidale, con la base minore volta verso il fondo, per dare maggior larghezza alla bocca, pu essere pure rettangolare. L'esperienza e la tecnica hanno ormai indicato la sezione qui a fianco (v. fig. 7) come la pi conveniente e la pi largamente usata, specie per i camini senza cappa esterna. L'inclinazione in avanti della parte superiore della parete di fondo, presenta due vantaggi fondamentali, riscaldandosi rapidamente a contatto con i lembi superiori della fiamma, facilita il tiraggio, inoltre convoglia l'irradiazione del calore verso la bocca ed evita le correnti d'aria dirette provenienti dall'alto. II materiale di rivestimento deve essere scelto fra i refrattari che immagazzinano a lungo il calore. Una piccola lastra riflettente in ghisa inserita nel tratto verticale scaldandosi pi rapidamente, facilita l'accensione del fuoco, I ceppi debbono esseresempre sollevati dal piano del focolare, o per mezzo di alari, o di mensole a parete o di un'intera griglia. Per la raccolta della cenere, assai consigliabile pure una griglia in ferro, a cerniera, sotto la quale posta una cassetta di lamiera asportabile. Quando il camino si trovi al piano terreno dell'abitazione, potr essere fornito di un condotto di scarico diretto, accessibile dalla cantina (Domus) (v. fig. 11). Quando si voglia migliorare il rendimento del caminetto, occorre aumentare le correnti d'aria con bocche supplementari di immissione e di emissione a circolazione naturale. L'aria entra dalle griglie poste in basso ed esce riscaldata dall'alto. Se la cappa ben studiata, verr certo evitata ogniinfiltrazione di fumo (Domus) (v. fig. 8). Qualora poi le suddette bocche di immissione fossero comunicanti con l'esterno, se ne trarrebbe il vantaggio di avere nell'ambiente una circolazione di aria calda, evitando cosi correnti fredde provenienti da corte e finestre (v. fig. 10).

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CAMINETTI
canna fumaria wc=superficie sezione canna fumaria w1=w2 superficie sezioni prese d'aria wc wc=w1+w2 valvola

Valvola di tiraggio

Aria calda

Prese d'aria sotto il pavimento nel vespaio per locali terreni griglia del cinerario e presa d'aria

Uscita dell'aria w1

presa d'aria cinerario Prese d'aria poste all'esterno w2 Tubazioni d'immissione aria poste sotto il pavimento A

Aria fredda Porta del cinerario Ingresso dell'aria Fig. 8 - Caminetto in lamiera, murato, con riscaldamento dell'aria

portello del cinerario B

controcappa eseguita con mattoni in foglio e intonaco di cemento all'interno

foro di comunicazione fra cappa e controcappa canna fumaria in eternit

Fig. 10 - Soluzione di caminetti con presa d'aria all'esterno per evitare failtraggi di aria fredda all'interno A, prese d''aria all'esterno con tubazioni poste sotto il pavimento, nel vespaio (per locali terreni); B, prese d'aria attraverso il cinerario, quando vi a disposizione un locale sottostante. P N valvola di tiraggio

H A B

muro

F E

Fig. 11 - Camino americano A, prospetto; B, pianta; C, sezione verticale. valvola di tiraggio valvola per fuliggine F porta del cinerario filo parete interna chiusura frontale della cappa con mattoni in foglio intonacati da ambo le parti con malta di cemento mattoncini o lastre refrattarie E G L C

Fig. 9 - Camino incassato nella parete dell'ambiente con controcappa in aggetto. La controcappa pu essere utile per ricondurre nella canna fumaria quei prodotti della combustione che dovessero defluire all'esterno durante la fase iniziale del tiraggio.

apertura per pulizia

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CAMINETTI
INDICAZIONI AMERICANE PER CAMINETTI CON MISURE IN CM (Neufert)
Ampiezza Altezza A 61 71 76 86,5 91,5 101,5 106,5 122 137 152,5 183 B 71 71 76 76 76 76 76 84 91,5 99 101,5 Profondit C 40,5 40,5 40,5 40,5 40,5 40,5 40,5 40,5 51 56 56 Parete Parete di Parete di di sfondo fondo verticale fondo inclinata D E F 28 35,5 45,5 38 35,5 45,5 43 35,5 50,5 53,5 35,5 50,5 58,5 35,5 50,5 68,5 35,5 50,5 73,5 35,5 50,5 84 35,5 58,5 94 35,5 66 106,5 35,5 73,5 137 35,5 76 Valvola Inclin. camera Camino Ampiezza Profondit Cappa Bocca Lunghezza Larghezza da fumo rettangolare G H I K L M N O P 20,5 44 10,5 94 50,5 61 35,5 21,5x21,5 20,5 59 10,5 106,5 50,5 63,5 36,5 24,5x33 20,5 74,5 10,5 106,5 50,5 63,5 36,5 21,5x33 20,5 89,5 10,5 117 50,5 71 42 21,5x33 20,5 105 10,5 117 50,5 71 42 33x33 20,5 108 17,5 127 50,5 81 47 33x33 20,5 125,5 17,5 137 50,5 89 52 33x33 20,5 153,5 17,5 150 56 101,5 58,5 33x33 30,5 186,5 17,5 170 51 106,5 61,5 33x45,5 30,5 216,5 17,5 180 66 114,5 67,5 45,5x45,5 30,5 ----211 66 142 82,5 45,5x45,5 Camino circolare Q 25,5 25,5 30,5 30,5 30,5 38 38 38 45,5 45,5 45,5

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CONSIDERAZIONI PRELIMINARI L'influenza delle condizioni ambientali sulle sensazioni di maggiore o minore benessere fisico delle persone stata oggetto di diversi studi di carattere sperimentale tendenti a determinare quali fossero i pi importanti fattori da prendere in considerazione ed a stabilirne i limiti accettabili di variabilit. Alla base dei fatti da esaminare una constatazione di carattere fisiologico: lo svolgersi delle funzioni vitali dell'organismo umano porta sempre alla produzione da parte di questo di una certa quantit di calore. L'entit di questa produzione pu variare in funzione di numerosi fattori, entro limiti abbastanza ampi, tra l'altro essa dipende fortemente dal grado di attivit (in senso propriamente materiale) del corpo. A titolo di esempio, nella tabella 1 sono riportati i valori in kcal/h della produzione oraria media di calore di individui sottoposti a sforzi fisici diversi. Comunque, quale che sia l'entit del calore prodotto, necessario, permantenere la temperatura del corpo costantemente intorno ai 37 C (condizione fondamentale per la vita), che il calore venga ceduto dal corpo stesso all'ambiente. Ma la quantit di calore scambiata tra corpo ed ambiente dipende anche dalla situazione termica di quest'ultimo: e non detto che questa sia tale da determinare una cessione di calore esattamente pari alla produzione. Nel caso in cui il calore smaltito tenda ad essere maggiore di quello prodotto si avvertir sensazione di freddo; nel caso contrario vi sar sensazione di caldo. II corpo umano dotato di un preciso sistema di termoregolazione che interviene appunto quando si determinano queste situazioni di squilibrio termico tra esso e l'ambiente; particolari stimoli tendono a far produrre pi calore ed a disperderne meno oppure a diminuire la produzione ed aumentare la dispersione a seconda delle esigenze Questo sistema di termoregolazione per efficace solo entro certi limiti, del resto abbastanza ristretti e, ancherimanendo tra questi non vi benessere se non quando l'autoregolazione avviene in forma normale senza sforzo e naturalmente senza l'intervento dei mezzi di emergenza (brividi, sudorazione). Ci evidentemente delimita in

Fig. 1 - Scala normale della temperatura effettiva modo pi restrittivo le condizioni che favoriscono il prodursi delle sensazioni di benessere. II problema dell'influenza delle condizioni ambientali sul grado di benessere delle persone quindi principalmente, anche se non esclusivamente, come si vedr appresso, un problema di scambio termico tra gli individui e l'ambiente. Tale scambio pu avvenire in quattro modi: 1) per convezione con l'aria in cui il corpo immerso; 2) per conduzione con i corpi con i quali l'organismo eventualmente in contatto; 3) per irraggiamento verso gli oggetti e le pareti circostanti; 4) per evaporazione di acqua sulla pelle (traspirazione) e nell'interno dei polmoni (con la respirazione). La quantit di calore scambiata per convezione pu procedere dal corpo all'aria o dall'aria al corpo a seconda che la temperatura dell'uno sia maggiore o minore di quella dell'altra: il suo valore dipende essenzialmente dalla differenza tra le due temperature (e quindi dalla temperatura del fluido es-

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TABELLA 1 Grado di attivit Individuo seduto a riposo Individuo seduto in attivit moderata Individuo che passeggia Individuo in moto alla velocit di 6,4 Km/h Individuo in corsa moderata Individuo in massima attivit fisica Calore totale Kcal/h 95 120 140 350 580 7501200

sendo come si visto quella del corpo pressoch costante) e dalla velocit dell'aria. La quantit di calore scambiata per conduzione in genere trascurabile rispetto alle altre. Lo scambio di calore per irraggiamento pu avvenire in entrambi i sensi a seconda dei valori relativi tra temperatura del corpo e temperatura media radiante

delle pareti e degli oggetti circostanti e la sua entit fortemente influenzata dal valore assoluto della temperatura media radiante suddetta. La quantit di acqua che evapora dalla pelle e nei polmoni e quindi il calore conseguentemente sottratto al corpo che proporzionale a detta quantit attraverso il calore di evaporazione di liquido, funzione dell'umidit relativa 1 dell'aria ( ): pi precisamente detta quantit tende a diminuire man mano che aumenta l'umidit relativa. Da tutto quanto sopra risulta evidente che per controllare gli scambi di calore tra corpo umano ed ambiente occorre agire sulle seguenti quattro grandezze: temperatura dell'aria; velocit dell'aria; temperatura delle pareti; umidit relativa dell'aria.

Lo studio sperimentale degli effetti prodotti da questi quattro fattori considerati sia separatamente che globalmente sul le sensazioni ha mostrato la convenienza di introdurre un indice che potesse riassumere detti effetti. Si e arrivati cos alla definizione della cosiddetta temperatura effettiva: questa tiene conto delle conseguenze prodotte sul( ) Umidit relativa di un miscuglio ariavapor dacqua il rapporto tra la massa di vapor dacqua contenuta nella miscela e quella che vi sarebbe in condizioni di saturazione alla stessa temperatura. Detto rapporto viene di solito espresso percentualmente.
1

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T E M P E R A T U R A T E R M O M E T R O U M I D O C
36 34 32 30 28 26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 zona di benes. invernale 100 90 80 70 60 zona benes. estivo 50 24 23 percentuale di soggetti 40 22 che provano benessere 30 21 20 20 19 10 18 17 16 15 14 13 12 11 25 26 28 29 31 32 34 33 36 35 100% 90% 80% 70% umidit relativa 60% 50% 40% temperatura effettiva 30% 20% 10%

30

27

10 20 30 40 50 60 70 80

percentuali di soggetti che provano benessere

90 100 29 30 31 32 33

34 35

36 37 38

39 40

TEMPERATURA DEL TERMOMETRO SECCO IN C


zona di benessere estivo linea del benessere ottimo estivo zona di benessere invernale linea del benessere ottimo invernale
Persone, a 0,250,30 m/s provocano gi fastidiose sensazioni di corrente d'aria e poich anche conveniente che l'aria a contatto delle persone non sia immobile per evitare, specialmente in estate, che si formino, vicino a queste, delle zone di aria cald-3 e umida, si conclude che i valori di velocit dell'aria accettabili nella zona occupata dalle persone, si aggirano sui 0,100,15 m/s: per essi appunto valida la carta di fig. 2. Le zone indicate sulla carta come zona di benessere estivo e zona di benessere invernale corrispondono a condizioni ambientali per cui pi dei 50 % delle persone ha dichiarato di trovarsi a proprio agio. Una constatazione interessante pu farsi esaminando le linee di benessere estivo ed invernale corrispondenti alle condizioni per le quali la massima percentuale di soggetti si sentita a proprio agio: rilevabile infatti come possono aversi situazioni equivalenti di benessere passando dal 30 % al 70 % di umidit relativa purch a ci corrisponda una diminuzione di temperatura di 2 o 3 C. E qualora si considerino oscillazioni di umidit relativa del 20 %, dal 40 % al 60 %, si osserva come queste siano compensate da variazioni della temperatura di appena 1 C. Si tenga per presente che: nei valori forniti dalla carta sono di certo insite delle indeterminazioni; che essa stata ricavata in particolari condizioni sperimentali (persone a riposo, abituate al clima del Nordamerica, vestite secondo le consuetudini locaIi e in stato di completo acclimatamento nell'ambiente), condizioni necessariamente non sempre riprodotte: pertanto ai dati della carta va attribuito soltanto carattere indicativo: che ormai bene accertata l'opportunit che l'umidit relativa non scenda mai al disotto del 3540%

Fig. 2 Carta del benessere


l'organismo simultaneamente dalla temperatura, dall'umidit relativa e dalla velocit dell'aria, in quanto si ritenuto di poter ragionevolmente trascurare l'effetto della temperatura delle pareti poich, salvo casi particolari (impianti a pannelli, locali con vaste superfici vetrate), essa pu essere ritenuta poco diversa da quella dell'aria. La temperatura effettiva stata ricavata, come tutte le grandezze che si vogliono mettere in relazione alle sensazioni provate dall'uomo, mediante esperienze condotte con metodo statistico, sottoponendo cio un certo numero di soggetti a determinate condizioni ambientali e considerando il giudizio della maggioranza corrispondente alla sensazione provata dallo individuo medio.Tralasciando la descrizione del particolare metodo usato nel caso in esame, si riporta, in fig. 1, il diagramma che riassume i risultati ottenuti: esso si riferisce al caso di persone normalmente vestite ed noto come scala normale della temperatura effettiva. Il diagramma si legge nel modo seguente: fissati il valore della temperatura del termometro a bulbo secco e del termometro a bulbo umido, il che equivale ad aver stabilito i valori della temperatura dell'aria e della sua umidit relativa, (1) si traccia il segmento che unisce i punti rappresentativi delle due temperature sulle due scale riportate sul diagramma: si dedermina quindi il punto di intersezione di tale segmento con la linea corrispondente al valore fissato di velocit dell'aria; su questo punto si legger direttamente o per interpolazione la temperatura effettiva, ricorrendo alle linee tracciate sul diagramma e relative a diversi valori di questa grandezza. Come si vede, quindi, ad ogni terna di valori (temperatura, umidit relativa, velocit dell'aria) corrisponde un ben determinato valore della temperatura effettiva: viceversa, allo stesso valore di temperatura effettiva possono corrispondere diverse terne di valori delle grandezze suddette. Ci significa che la stessa sensazione di caldo o di freddo pu essere provocata

da diverse condizioni ambientali. Questo corrisponde al fatto che, ferma restando la quantit di calore complessivamente scambiata tra corpo e ambiente, possono aversi, entro certi limiti che verranno meglio precisati in seguito, delle forme di compenso tra le quantit di calore scambiate nei diversi modi senza che l'organismo ne risenta apprezzabilmente. Nel caso in cui si debba tener conto dell'effetto di irraggiamento delle pareti, perch la temperatura media radiante di queste sensibilmente diversa da quella dell'aria, la temperatura effettiva sopra definita viene sostituita da parametri analoghi come la temperatura equivalente la temperatura operativa ecc. Una volta stabilita sperimentalmente la correlazione esistente tra questi indici e i parametri dai quali dipendono, necessario determinare quali valori essi debbano assumere perch negli ambienti si producano le condizioni che consentono alle persone di trovarvisi a proprio agio. Con una tecnica sperimentale sempre basata su rilievi di carattere statistico si arrivati a costruire il grafico riportato in fig. 2, la cosiddetta carta del benessere, nella quale sono indicati; i campi di variabilit delle singole grandezze in relazione, a quelli delle altre perch si possano realizzare delle condizioni ambientali accettabili. Vengono cos individuate sulla carta delle zone di benessere che corrispondono a differenti condizioni d'ambiente ritenute buone da una certa percentuale di soggetti. l parametri assunti per il tracciamento della carta fatta la solita ipotesi semplificatrice per quello che riguarda la temperatura delle pareti, sono la velocit, la temperatura e l'umidit relativa dell'aria, A proposito della prima si deve rilevare che ogni, grafico del tipo di quello di fig. 2 riferito ad un suo particolare valore. per da tener presente che la velocit dell'aria pu variare entro limiti piuttosto ristretti, essendo provato che valori di essa superiori, nella zona occupata dalle

metro . (1) Se si dispongono in un ambiente due termometri di cui uno normale atto a garza bagnata, dalle indicazioni ottenute in condizioni di equilibrio si pu risalire particolare strumento di misura detto psicro stituiscono un misurare la temperatura dell'aria ambiente e l'altro con il bulbo ricoperto da una alla umidit relativa dell'aria: i due termometri cos impiegati co

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40 %, e non salga mai al disopra del 6065 %, e questo per diverse ragioni le pi importanti delle quali sembrano essere: la maggior percezione degli odori nel caso di valori troppo alti, cosa che pu riuscire sgradevole specialmente in locali molto affollati, e l'eccessivo fastidioso e poco igienico essiccamento delle mucose, quando l'umidit relativa troppo bassa, Ci restringe evidentemente il campo di variabilit dell'umidit relativa rispetto a quanto riportato nella carta. Considerato tutto ci, si pu affermare che allo stato delle attuali conoscenze in materia si debbono ritenere accettabili, dal punto di vista del benessere delle persone, temperature ambientali di 2021 C in inverno e di 2526 C in estate con umidit relativa intorno al 50 %, tenendo inoltre presente che oscillazioni di quest'ultima dal 45 % al 55 % non producono variazioni apprezzabili di sensazione. Un'ulteriore considerazione va per fatta a proposito della temperatura estiva e cio che conveniente per favorire l'acclimatamento delle persone che entrano in un ambiente condizionato, evitando loro fastidiose sensazioni iniziali, che detta temperatura sia inferiore soltanto di 68 OC rispetto alla temperatura esterna. Si gi accennato che le condizioni termoigrometriche dell'ambiente, e quindi gli scambi di calore del corpo con questo, pur avendo un'influenza assai importante sulle sensazioni da benessere degli individui, non sono i soli fattori che le determinano: un'importanza notevole, infatti, va anche attribuita alla purezza dell'aria. Si tratta, in questo caso, di un parametro certo non facilmente definibile; n semplice, in ogni circostanza, individuare i fattori che hanno influenza su di esso e la loro importanza. Come fatto generale comunque accertato che la presenza delle persone negli ambienti uno degli elementi che pi contribuisce al viziamento dell'aria: e questo non tanto come conseguenza dell'aumento del tasso di anidride carbonica per effetto della respirazione, dato che in circostanze normali tale aumento non sembra condurre a condizionifisiologicamente dannose, quanto per effetto dei cattivi odori prodotti dalle sostanze organiche che vengono emesse dal corpo. Non sembra invece ancora bene accertata l'emissione, che avverrebbe tramite la respirazione, di sostanze tossiche, le cosiddette tossine. Ma da rilevare che sono quasi sempre presenti anche altri fattori che determinano inquinamento dell'aria: le polveri, che possono avere varia provenienza e diverse caratteristiche; i fumi prodotti da varie combustioni, in particolare da quella del tabacco dei fumatori; i germi patogeni, spesso apportati da persone malate. Ed inoltre chiaramente rilevabile un viziamento dell'aria anche in ambienti disabitati e isolati dall'esterno i quali, dopo un certo tempo, acquistano il caratteristico odore di chiuso , sembra per effetto delle sostanze aromatiche emesse dagli oggetti diarredamento. Per purificare l'aria, si sono tentati diversi si stemi che vanno dall'impiego di speciali filtri ad alto potere filtrante all'uso di carboni attivi per assorbire alcuni gas, dall'aggiunta all'aria di sostanze antisettiche e con effetto mascherante sui cattivi odori quali l'ipocloruro di sodio e l'ozono, all'impiego di lampade germicide a vapore di mercurio; ma i risultati ottenuti consigliano di applicare questi sistemi soltanto in casi particolari, per cui il loro interesse per il condizionamento d'aria di edifici civili trascurabile. Si infatti avuto modo di constatare come, allo stato attuale della tecnica e delle conoscenze in materia, il mezzo pi efficace e pi economico per evitare il viziamento dell'aria sia quello di introdurre negli ambienti adeguati quantitativi di aria prelevata dall'esterno: con ci si ottiene un effetto di diluizione di tutte le sostanze e particelle (batteri compresi) causa di inquinamento, effetto in genere sufficiente a garantire le adatte condizioni di purezza dell'aria. I quantitativi di aria da introdurre vengono di solito posti in relazione al numero di persone che si presume possano soggiornare con una certa continuit nel locale considerato, anche se, come si visto, la presenza delle persone non sia, in linea generale, la sola causa di viziamento dell'aria. GENERALIT Gli impianti di condizionamento daria sono impianti che permettono normalmente il controllo di quattro delle cinque grandezze dalle quali si visto che dipendono in modo precipuo le condizioni di benessere delle persone, e cio della temperatura, dell'umidit relativa, della velocit, e della purezza dell'aria. Per quanto riguarda la quinta grandezza fondamentale, la temperatura media radiante delle pareti, si accennato come possa essere, in parecchi casi, considerata non molto diversa da quella dell'aria e che quindi si possa ritenere controllata indirettamente una volta stabilito il valore di questa ultima. Comunque si vedr in seguito che esistono alcuni tipi di impianti di condizionamento (quelli misti a pannelli ed aria ) che consentono anche di agire, entro certi limiti, sulla temperatura media radiante suddetta. Un impianto di condizionamento si compone di una serie di apparecchiature e canalizzazioni che permettono di trattare e didistribuire l'aria ai vari ambienti da condizionare, in quantit ed in condizioni tali da permettere il mantenimento in questi dei valori voluti per le grandezze pi volte menzionate. la disposizione e la conformazione di tali apparecchiature ecanalizzazioni diversa a seconda del tipo diimpianto. Si vedr infatti che si possono realizzare impianti basati su criteri di funzionamento ecostruttivi differenti: la necessit di creare diversi tipi di impianti derivata dalle differenti esigenze che possono prodursi in relazione alle varie caratteristiche costruttive e funzionali dei fabbricati in cui gli impianti debbono essere installati. Prima di procedere ad una rassegna sia pur rapida dei vari tipi di impianto, opportuno premettere alcune indicazioni generali sui criteri di dimensionamento. ELEMENTI PRINCIPALI DI DIMENSIONAMENTO In linea generale si pu affermare che gli scopi che ci si prefigge di raggiungere con gli impianti di condizionamento vengono di solito ottenuti introducendo negli ambienti convenienti quantitativi d'aria in condizioni e i ' n modi opportuni. La purezza dell'aria viene normalmente assicurata ricorrendo come gi detto, all'immissione di aria prelevata dall'esterno in quantit generalmente commisurate al numero di persone presenti. Sui valori da adot tare non tutti i pareri sono concordi: anzi sono fa cilmente rilevabili le notevoli differenze che sussi stono molto spesso tra testi diversi. Ci evidente mente dovuto all'indeterminazione di molti dei fattori che interessano ed ai quali si gi avuto mo do di accennare. tuttavia comune il far dipendere i valori consi gliati dalla destinazione degli ambienti che si consi derano. Nella tabella Il sono riportati alcuni valori di impiego abbastanza frequente. Un impianto di condizionamento avr quindi, in ogni caso, una presa d'aria esterna dalla quale l'aria verr prelevata e poi portata ad un gruppocondizionatore in cui, dato un opportuno filtraggio, sar trattata in maniera conveniente. Mediante una rete di condotte di mandata l'aria verr quindi indi rizzata fino ai diversi punti di introduzione negli ambienti. Da altri punti dei locali essa verr poi prelevata attraverso una rete di condotte di estrazione ed avviata al canale di espulsione, nel caso degli impianti a circuito aperto , o di nuovo al gruppo condizionatore, qualora una parte dell'aria debba essere ricircolata per le ragioni che si accenneranno in seguito. Il controllo della velocit dell'aria negli ambien ti, ed in particolare nella zona occupata dalle per sone, si effettua disponendo in modo opportuno le bocchette di immissione e quelle di estrazio ne (o di ripresa) e graduando in modo conve niente la velocit dell'aria nel loro attraversamento. La soluzione da adottare non comunque facilmente individuabile in ogni caso, poich il moto dell'aria nell'interno degli ambienti condizionati dipende da numerosi parametri, motti dei quali sfuggono ad un'esatta valutazione: per cui risulta arduo ed in fecondo qualsiasi tentativo di impostazione generale e di risoluzione analitica del problema. Solo l'espe rienza, in questo caso, pu fornire i dati ed i sugge rimenti atti a permettere di fissare almeno dei criteri orientativi. D'altra parte la questione di im portanza tutt'altro che marginale: anzi, si pu sicuramente affermare che in un impianto di condizionamento la distribuzione dell'aria negli ambienti assume un ruolo talmente importante da influire in modo decisivo sulla bont ed efficienza complessiva dell'installazione. Una distribuzione d'aria non riuscita pu annullare completamente qualsiasi favorevole qualit di un impianto di condizionamento : Un aspetto del problema appare comunque ormai abbastanza decisamente risolto: si era infatti parecchio discusso se convenisse disporre in alto le bocchette di mandata e in basso quelle di ripresa o viceversa. Con l'introduzione e la progressivadiffusione del condizionamento estivo il sistema di distribuzione dall'alto apparso senz'altro pi opportuno in quanto risulta pressoch

TIPI DI AMBIENTI Appartamenti...... Uffici..................... Alberghi............. Ristoranti............... Cinematografi...... Grandi Magazzini.. Aule scolastiche....

Aria esterna in m/h per persona Valore Valore consigliato minimo 40 25 50 25 50 40 25 20 25 15 15 10 40 20

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900 impossibile introdurre aria a temperatura pi bassa, di quella ambiente, come necessariamente deve avvenire in estate, in vicinanza delle persone, senza produrre fastidiose correnti d'aria. Inoltre la disposizione delle bocchette di mandata in alto, e quindi lontane dalle persone, permette di adottare, senza inconvenienti, pi forti velocit di uscita dell'aria: questo d la possibilit di controllarne meglio la distribuzione, in quanto consente di indirizzare i getti e di farne sentire gli effetti anche a distanza dalle bocchette. Questo sistema pu dare qualche inconveniente in inverno poich in qualche caso si possono formare delle sacche di aria calda nella zona superiore dell'ambiente, specialmente se questo di considerevole altezza: ci pu essere comunque evitato disponendo delle bocchette supplementari di estrazione in detta zona. l valori adottati normalmente per la velocit dell'aria nell'attraversamento delle bocchette variano da 2 a 5 m/s circa per le bocchette di mandata e da 0,5 m/s (bocchette a pavimento) a 1,5 m/s (bocchette a parete) per quelle di ripresa. Le bocchette sono in genere di forma rettangolare, quelle di immissione bene che siano munite di una doppia serie di alette magari orientabili (orizzontali e verticali) e di una serranda di taratura. Tra le lunghezze dei due lati deve sussistere un rapporto abbastanza elevato (anche di 1 a 10) in modo da ottenere un buon effetto di trascinamento e quindi di miscela tra l'aria immessa e quella dell'ambiente: tale effetto invero aumenta con il rapporto suddetto. Ci utile per ridurre gli squilibri di temperatura e attenuare gli effetti di eventuali correnti d'aria. Per disposizione a soffitto sono particolarmente usate delle bocchette speciali, dette anemostati, costituite da una serie di tronchi di cono coassiali che hanno la caratteristica di guidare il getto in modo da distribuirlo abbastanza uniformemente nello spazio circostante e di produrre un forte effetto di miscela con l'aria ambiente. Il controllo della temperatura e dell'umidit relativa presuppone la conoscenza e la determinazione sufficientemente precisa di tutti i fattori che tendono a far variare queste grandezze, tali fattori si possono distinguere in esterni ed interni . Nel caso della temperatura quelli esterni sono: il calore che penetra negli ambienti (o che esce dagli stessi) per effetto della differenza di temperatura esistente tra l'aria esterna e quella interna; il calore che passa all'interno per effetto dell'irradiazione solare: il calore apportato (o sottratto) dall'aria esterna di rinnovo;e quelli interni: la quantit di calore ceduta dalle persone presenti; la quantit di calore ceduta da lampade, apparecchiature elettriche ecc. Per l'umidit relativa vanno annoverate come causa esterna il vapor d'acqua che viene apportato (o assorbito) dall'aria di rinnovo e come causa interna la quantit di vapore emessa dalle persone. ORIZZONTALE 800 700 OVEST EST S-E N-E S-O 400 N-O 300 200 4 5 6 7 8 9 10 11 12 ora solare Fig. 3 Valori dell'insolazione per le varie esposizioni al 31 di luglio (latitudine 40) Senza scendere in dettagli relativi al calcolo delle quantit suddette, si accenna alle circostanze pi importanti che occorre considerare al riguardo. La quantit di calore scambiata per differenza di temperatura tra l'aria interna e quella esterna determinabile, in modo abbastanza agevole, stabilite le condizioni esterne e supposto di trovarsi in condizioni di regime, sia nel caso estivo che in quello invernale (v. Impianti di riscaldamento ). Il calore che penetra negli ambienti per effetto dell' irraggiamento solare non viene preso in considerazione in inverno mentre ha un'importanza decisiva in estate. La sua determinazione peraltro piuttosto complicata poich occorre tenere presenti diversi fattori non tutti esattamente valutabili. Detta quantit di calore dipende infatti: dall'entit dell'irraggiamento solare che, riferendosi all'unit di area e all'unit di tempo, a sua volta funzione del giorno e dell'ora considerati, della latitudine del luogo e della posizione delle superfici che interessano; dalla natura della parete e pi precisamente dai suoi coefficienti di rinvio, trasparenza e assorbimento, dalla sua conduttivit termica interna e dalla sua conduttivit termica esterna sia verso l'interno del locale che verso l'ambiente esterno: dall'influenza che possono avere, con il loro eventuale effetto schermante, superfici vicine a quella in esame come le pareti di fabbricati adiacenti a quello che interessa; nel caso si tratti di superfici trasparenti come quelle vetrate, dalla presenza e dalla posizione di schermi protettivi quali tapparelle, tende alla veneziana o di stoffa ecc. di particolare rilievo il fatto che l'effetto schermante di tali protezioni risulta ben maggiore (anche del 3040 %) nel caso in cui siano installate all'esterno, che quando vengano poste all'interno. Inoltre qualora si prendano in esame ambienti che abbiano pi di una superficie esposta all'irraggiamento solare, occorre tener presente che il valore massimo della quantit di calore che penetra nel loro interno per effetto dell'insolazione dipende dagli effetti concomitanti di questa sulle diverse pareti. Per la determinazione di detto valore massimo occorre tenere presente che questi effetti possono essere notevolmente sfalsati nel tempo: dal diagramma della fig. 3, risulta, ad esempio, che per una parete esposta ad Est il massimo dell'insolazione si ha alle otto del mattino mentre per una esposta a Sud o per una superficie orizzontale (un solaio di copertura, ad es.) si verifica a mezzogiorno. Fin qui comunque la questione parrebbe agevolmente risolubile trattandosi semplicemente di sommare, nei vari istanti, le quantit di calore che penetrano attraverso le diverse pareti e prendere il valore massimo tra quelli ottenuti: ma in realt il problema complicato in misura notevolissima dal fatto che tra il momento in cui l'energia raggiante colpisce la parete e quello in cui passa nell'interno intercorre un tempo che dipende dalle caratteristiche della parete, (natura del materiale, spessore ecc.) e che pu andare da valori praticamente nulli (superfici vetrate) a valori piuttosto elevati (fino a 10 - 15 ore). L'apprezzamento di questo ritardo sempre abbastanza difficoltoso ed introduce quindi un elemento di sensibile incertezza n,-1 calcolo della quantit di calore che si introduce negli ambienti per effetto dell'irraggiamento solare. Il calore apportato o sottratto dall'aria esterna di rinnovo dipende, una volta fissata la portata dell'aria stessa secondo quanto visto sopra, dalla temperatura di questa e dal suo calore specifico; ma quest'ultimo si pu riguardare come noto e costante. La temperatura invece variabile in maniera anche rapida e sensibile in funzione delle condizioni meteorologiche e della localit: i calcoli vengono pertanto riferiti a dei valori convenzionali variabili da citt a citt (per i quali si potranno consultare le pubblicazioni specifiche o le norrne emanate dal Comitato Termotecnico Italiano) desunti in genere da valori medi relativi alla decade pi calda per l'estate ed alla decade pi fredda per linverno; a titolo di esempio si citano i valori che vengono assunti per Roma: temperatura esterna estiva 32 C temperatura esterna invernale 0 C Sul calore ceduto dalle persone si sono gi fornite delle notizie: qui si vuole precisare che la proporzione sotto cui si ripartisce nelle diverse forme gi accennate dipende da parecchi fattori, tra cui abbastanza importante la temperatura ambiente. 13 14 15 16 17 18 0 19 600 500

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TABELLA III Temperatura C 28 27 26 24 21 20
Riferendosi al caso pi comune delle persone in moderata attivit fisica o in riposo, si riportano nella tabella llI i valori della quantit di calore ceduta per convezione e per irraggiamento (calore sensibile ) e di quella ceduta tramite l'evaporazione d'acqua (calore latente ), in funzione della temperatura ambiente. Naturalmente dalla conoscenza del calore latente si potr risalire facilmente a quella della massa di vapor d'acqua, potendosi riguardare come noto e costante il calore di trasformazione dell'acqua (pari a circa 600 kcal/kg). L'aria esterna di rinnovo ha un contenuto specifico di vapor d'acqua che dipende dalla sua ternperatura e dalla sua umidit relativa; esso in genere diverso da quello dell'aria nelle condizioni interne. Pi precisamente, in estate si ha un maggior contenuto di vapor d'acqua nell'aria esterna mentre in inverno avviene il contrario. Ci porta di conseguen za che l'introduzione negli ambienti dell'aria prelevata dall'esterno provocherebbe in estate un aumento ed in inverno una diminuzione dell'umidit relativa ambientale in quanto equivale all'apporto o, rispettivamente, alla sottrazione di un certo quantitativo di vapor d'acqua. I contenutispecifici di vapor d'acqua nelle miscele aria-vapore d'acqua, in determinate condizioni di temperatura e di umidit relativa, possono essere desunti da tabelle o ricavati da appositi diagrammi, quali i cosiddetti diagrammi psicrometrici, che sono di vasto impiego nello studio e nella progettazione degli impianti di condizionamento. Da tutto quanto sopra risulta che per mantenere i valori voluti di tempera-

Calore sensibile kcal/h 50 55 60 65 74 80

Calore latente kcal/h 50 45 40 35 26 20


mento estivo ed una centrate termica per quello invernale. La potenza di dette centrali sar commisu rata ai fabbisogni complessivi di freddo e di caldo occorrenti per tutti gli ambienti, secondo le esigenze sopra chiarite: poich per le richieste massime dei diversi ambienti di unfabbricato possono non essere contemporanee specialmente in estate (si pensi, per es., all'andamento dell'insolazione sulle varie pareti) tale potenza massima non sar sempre data semplicemente dalla somma di quelle occorrenti per tutti i singoli ambienti; la sua determinazione dovr allora divenire oggetto di accurato esame. l fattori che concorrono a determinare le potenze frigorifera e termica complessivamente occorrenti per un impianto di condizionamento sono molteplici e vari e riguardano le caratteristiche costruttive del fabbricato, la posizione e la localit in cui sorge ed anche la sua destinazione: una previsione in tal senso che non sia preceduta da accurati calcoli quindi soggetta a forti indeterminazioni. Tuttavia si vuoi dare qualche indicazione di larga massima, valevole soltanto a titolo orientativo, ma che in qualche caso pu tornare utile. Per fabbricati a struttura costruttiva normale, destinati ad uso civile di ufficio o di abitazione, che sorgano in localit a clima mediterraneo pu ritenere che il fabbisogno frigorifero si aggiri sulle 1520 frig/h e quello termico sulle 3035 cal/h per ogni m di ambiente condizionato. Questi fabbisogni sono destinati ad aumentare in maniera notevolissima quando si tratti di fabbricati con

tura e di umidit relativa negli ambienti condizionati occorre provvedere: a) in estate: - ad asportare il calore che proviene dall'esterno per effetto della differenza di temperatura tra aria esterna e aria interna e dell'irraggiamento solare; - ad asportare il calore ceduto dalle persone o da altre eventuali sorgenti poste nell'ambiente; - a raffreddare l'aria esterna di rinnovo; - ad asportare il vapor d'acqua emesso dalle persone; - a deumidificare l'aria di rinnovo; b) in inverno: - a fornire la differenza tra la quantit di calore che passa all'esterno per effetto della maggior temperatura interna e quella ceduta dalle persone e dalle altre sorgenti ; questa differenza in genere positiva: pu esistere per qualche caso (ad es. una sala cinematografica al massimo affollamento) in cui diviene negativa, in cui cio occorre asportare anzich fornire calore all'ambiente: - a riscaldare l'aria di rinnovo; - a fornire la differenza tra la quantit di vapore occorrente per umidificare l'aria esterna introdotta per la ventilazione e quella emessa dalle persone: tenute presenti le condizioni interne ed esterne in genere considerate ed i quantitativi di aria di rinnovo in relazione al numero delle persone di solito adottati, si pu affermare che tale differenza risulta sempre positiva. Un impianto di condizionamento deve quindi comprendere una centrale frigorifera per il funziona-

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ampie pareti vetrate come quelli che l'architettura moderna sta attualmente proponendo a ritmo sempre pi intenso. Senza voler sminuire l'importanza delle particolari esigenze estetiche che conducono a simili realizzazioni, si vuol per far rilevare che esse comportano degli aggravi notevolissimi nelle spese di impianto e di esercizio degli impianti di condizionamento, in quanto le superfici vetrate sono delle vere e proprie voragini di calore e di freddo ed inoltre determinano, come si vedr meglio in seguito, delicati problemi di regolazione che si risolvono, e con difficolt, solo con l'installazione di complessi e costosi sistemi automatici. Nella progettazione di un edificio che debba essere provvisto di impianto di condizionamento occorre avereparticolare riguardo nel destinare lo spazio occorrente per la sistemazione delle diverse apparecchiature e, in particolare, delle centrali termica, frigorifera e condizionatrice e delle condotte d'aria. Per quanto riguarda le centrali bene che sia previsto un unico locale oppure due o tre ambienti tra loro direttamente comunicanti. L'altezza dei locali nondovrebbe essere inferiore ai 3,54 metri mentre la loro superficie deve variare sia in funzione della grandezza che del tipo di impianto: in linea di massima si pu considerare che essa debba essere pari a 0,61,2 m per ogni 100 m di ambiente condizionato, passando dai grandi ai piccoli impianti. La posizione da dare alle condotte d'aria ed il loro ingombro possono assumere conformazione e dimensioni precise soltanto in seguito ad uno studio completo dell'impianto: come si vedr le dimensioni possono poi variare notevolmente passando dai sistemi a bassa velocit a quelli ad alta velocit . Le condotte possono essere realizzate con materiali differenti (in muratura, in gesso, in lamiera zincata, in materia plastica): attualmente viene data lapreferenza alla lamiera, specialmente negli impianti ad aita velocit. Un'altra questione generale particolarmente importante, relativa al condizionamento estivo, riguarda la disponibilit d'acqua per il raffreddamento del condensatore della macchina refrigerante (prescindendo dal caso di impianti piccoli, e cio fino a 2000030000 frig/h, che possono essere serviti da frigoriferi con condensatore raffreddato ad aria).

locale condizionato

Ua Ta

4 5

7 8

Fig. 5 - Schema di impianto a tutta aria con relativa regolazione automatica 1,aria esterna; 2, aria di ricircolo; 3 ,aria condizionata; 4, filtri; 5,, batteria raffreddante e deumidificante in estate e riscaldante in inverno; 6, apparato umidificatore invernale; 7, serranda di by-pass della batteria Post-riscaldante; 8, batteria di Post-riscaldamento; T, termostato per la regolazione in estate del punto di rugiada ed in inverno della temperatura dellaria uscente dalla batteria 5; Ua, igrostato ambiente per la regolazione dellumidit relativa in inverno; Ta, termostato ambiente per 1a regolazione della temperatura dellaria condizionata in estate ed in inverno agente sulla serranda di by-pass della batteria di post rircaldamento.

II quantitativo d'acqua occorrente pu essere determinato, in prima larga approssimazione, dividendo per 810 il numero che esprime la potenzafrigorifera della macchina in frig/h: si otterr cos la portata occorrente in l/h nell'ipotesi che si tratti di condensatore raffreddato con acqua fluente. Qualora questa quantit risultasse eccessiva, si potr ricorrere all'adozione dei condensatori evaporativi o delle torri refrigeranti: ci porta un aumento delle spese di primo impianti e di esercizio ma il quantitativo d'acqua necessario scende a circa 1/10 dei valore indicato in precedenza.

La quantit di aria da introdurre dipende dalla richiesta di freddo e di caldo dell'ambiente e dalla temperatura di introduzione: questa temperatura, salvo casi eccezionali, minore di quella ambiente in estate e maggiore in inverno e, ovviamente, tanto maggiori saranno le relative differenze e tanto minori risulteranno i rispettivi quantitativi d'aria. La temperatura di introduzione dell'aria nel funzionamento estivo per soggetta a delle limitazioni poich in genere la sensibilit delle persone alle correnti di aria fredda (cio di aria a temperatura inferiore di quella ambiente) piuttosto notevole e quindi impedisce di adottare per detta tempeIMPIANTI A TUTTA ARIA ratura valori inferiori di pi di 7 o 8 C rispetto a quella dell'aria ambiente. S'intendono con tale locuzione gli im- Per questa ragione il dimensionamento pianti che permettono il raggiungi- estivo delle portate d'aria porta in gemento negli ambienti delle condizioni nere a valori maggiori del caso invervolute per mezzo dell'introduzione in nale. Inoltre molto spesso i quantitativi questi di appropriati quantitativi d'aria d'aria occorrenti risultano superiori alle in determinate condizioni di tempera- portate d'aria esterna necessarie per la tura e di contenuto igrometrico. ventilazione degli ambienti; bisogne-

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rebbe quindi aumentare quest'ultime, ma ci comporterebbe un onere notevole per le spese di esercizio: esso pu essere evitato impiegando, al postodell'aria esterna, aria ripresa dagli ambienti, che viene cio ricircolata . Questa, trovandosi gi nelle condizioni di temperatura e di umidit relativa volute, non ha necessit di alcun trattamento e non comporta quindi alcun aumento delle potenze frigorifera e termica necessarie: la sua funzione soltanto quella di variare, per effetto di miscela, la temperatura di introduzione dell'aria negli ambienti. Un impianto di condizionamento a tutta aria si comporr quindi essenzialmente di: una condotta di presa d'aria esterna: un gruppo condizionatore per i trattamenti dell'aria, che si riassumono normalmente nel filtraggio (con filtri a secco o in bagno d'olio, od in casi speciali, con filtri elettrostatici) nel riscaldamento e nell'umidificazioneinvernale e nella deumidificazione e nel raffreddamento estivi. Quasi sempre in estate occorre anche operare un postriscaldamento poich la temperatura che occorre raggiungere per la deumidificazione in genere inferiore a quella necessaria per avere alla fine le opportune condizioni di introduzione in ambiente: un ventilatore di immissione ed un ventilatore di espulsione: una rete di condotte di mandata una rete di condotte di ripresa una condotta di espulsione. Naturalmente si far in modo di porre le griglie di presa e di espulsione (alle quali fanno capo le relative condotte) lontane tra loro ed in posizioni opportune. Uno schema di tale tipo di impianto rappresentato in fig. 4. In questo genere di impianti viene di solito adottato il sistema di distribuzione dell'aria a bassa velocit: le condotte vengono cio dimensionate con valori di velocit che vanno dai 3 ai 7 m/s (raramente di pi) adottando quelli maggiori per i tratti principali e via via decrescendo verso gli ultimi tronchi che fanno capo alle bocchette. I canali sono quasi sempre realizzati a sezione rettangolare per la maggiore semplicit costruttiva rispetto a quelli circolari, che vengono invece spesso adottati negli impianti ad alta velocit per i vantaggi che presentano relativamente alle perdite di carico. Come gi accennato, il dimensionamento delle varie parti di un impianto viene fatto con riferimento a determinate condizioni interne ed esterne che per sono soggette a variazioni anche piuttosto sensibili. Ci pu determinare oscillazioni della temperatura e dell'umidit relativa all'interno dei locali, le quali si discosterebbero quindi dai valori ottimi stabiliti. Per evitare questo necessario procedere ad una regolazione. Si pu per subito notare che tale regolazione pub essere evitata per quanto riguarda i fattori interni che tenderebbero a far variare l'umidit relativa poich questi si riassumono in sostanza nel vapor d'acqua emesso dalle persone: considerato che per ogni persona conveniente introdurre almeno 20 m/h di aria esterna, si pub vedere che possibile centralizzare il trattamento di questa per quanto riguarda il suo contenuto di vapor d'acqua, in modo che sia atto a determinare negli ambienti oscillazioni dell'umidit relativa non superiori al 10% (ad es. dai 45 % al 55 %) malgrad l'emissione di vapor d'acqua da parte delle persone. La regolazione continua della temperatura e invece indispensabile e si sono gi viste le cause interne ed esterne che possono provocarne delle variazioni: !a regolazione deve quindi intervenire ogni volta che una o pi di tali cause tendono a determinare oscillazioni oltre i limiti consentiti. Se l'impianto serve un solo ambiente possibile centralizzare tale regolazione e renderla automatica installando nel locale dei corpi sensibili che trasmettono agli organi regolanti della centrale le richieste man mano che mutano le esigenze. Se l'impianto serve per pi ambienti e se le cause che tendono a far variare la temperatura nei locali non hanno la stessa intensit o non agiscono in sincronismo, si determina la necessit di provvedere ad una regolazione singola della temperatura per ogni ambiente, o quanto meno per ogni gruppo di locali in cui si manifestano le stesse esigenze. L'impianto a tutta aria non permette evidentemente una regolazione di tal genere poich l'aria viene inviata in tutti gli ambienti nelle stesse condizioni termoigrometriche: al massimo pu consentire una regolazione per zone con l'adozione dei condizionatori multizone, i quali cio hanno pi di una partenza da cui l'aria pub essere avviata agli ambienti in condizioni di temperatura diverse (v. fig. 5). Ma quando si debbano condizionare edifici con

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numerosi ambienti (uffici, scuole,ospedali ed anche abitazioni) tale regolazione non pi sufficiente; si sono perci studiati nuovi tipi di impianto che tendono a risolvere il problema
Ta1 Ta2 Ta3

zione a zone o addirittura per singoli ambienti per la temperatura sono: sistema a pannelli pi aria primaria sistema a mobiletti con ventilatore pi aria primaria sistema ad riduzione sistema a doppio condotto IMPIANTI A PANNELLI E ARIA PRIMARIA

7 7 2 U 1 T 4 5 6 3

Fig. 5 - Schema di condizionatore multimultizone con relativa regolazione. 1, aria esterna; 2, aria di ricircolo; 3, aria condizionata; 4, filtri; 5, batteria raffreddante e deumificante in estate e riscaldante in inverno; 6, apparato umidificatore invernale; T, termostato per la regolazione in estate del punto di rugiada ed in inverno della temperatura dellaria uscente dalla batteria 5; U, igrostato sul recupero per la regolazione dellumidit relativa in inverno; 7, batterie di post-riscaldamento per la regolazione della temperatura dellaria inviata nelle singole zone: Ta1, Ta2, Ta3, termostati ambiente in ogni zona per la regolazione della temperatura.

della regolazione della temperatura nei singoli ambienti, mentre le altre grandezze vengono regolate centralmente mediante l'introduzione di una portata d'aria fissa almeno sufficiente per il rinnovo ed opportunamente trattata per quanto riguarda il contenuto di vapor d'acqua ( aria primaria ). Inoltre si cercato di ridurre al minimo la sezione delle condotte aumentando la velocit dell'aria nel loro interne, per renderne pi agevole la installazione; si sono cos sviluppati i sistemi di distribuzione dell'aria ad alta velocit in cui si raggiungono valori di velocit anche di 25 m/s; le condotte vengono in queste caso realizzate in lamiera metallica o in materie plastiche e quasi sempre a sezione circolare con accurati raccordi. Le velocit vengono poi opportunamente ridotte con diversi accorgimenti prima dell'immissione dell'aria negli ambienti. I principali sistemi che permettono il condizionamento di numerosi ambienti con regolazione centralizzata per i ricambi e l'umidit relativa e conregola-

Nei singoli ambienti da condizionare vengono disposti, a soffitto, dei pannelli i quali hanno principalmente l'ufficio di realizzare e mantenere negli ambienti stessi le adatte condizioni di temperatura. L'aria esterna viene trattata in un gruppo condizionatore centrale per quanto riguarda il suo grado igrometrico e quindi inviata negli ambienti; vengono cos assicurati i necessari ricambi e controllata l'umidit relativa nel modo giaccennato. per da rilevare che in certi casi la presenza del pannello non sufficiente a garantire il mantenimento della temperatura voluta nel funzionamento estivo poich la temperatura dell'acqua di alimentazione non pu scendere al disotto di certi limiti per evitare condensazioni di vapor d'acqua sulla superficie del pannello medesimo. In questi casi occorrer pertanto affidare all'aria anche parte del compito relativo al mantenimento in ambiente delleadeguate condizioni di temperatura. La rete di distribuzione dell'aria di solito realizzata a bassa velocit. Esiste per anche qualche caso di distribuzione ad alta velocit; prima della introduzione negli ambienti l'aria deve allora passare in un dispositivo che diminuisca la velocit e attenui i rumori. l pannelli possono essere di tre tipi: incorporati nella struttura dei solai; sospesi al solaio e realizzati con lamine metalliche ripartitrici ed intonaco; di tipo metallico, forati e sospesi ai solai. Senza scendere in ulteriori dettagli costruttivi e di funzionamento si accenner ai principali pregi e difetti di

questo sistema. Esso intanto rappresenta un'installazione in genere pi economica (tranne che per il tipo a pannelli metallici) degli altri sistemi cui si far cenno in seguito. Rispetto al sistema a tutta aria presenta il vantaggio di ridurre la sezione delle canalizzazioni di mandata, di non richiedere in genere l'installazione della rete di recupero in quanto l'aria primaria pu essere espulsa in perdita per sovrapressione dagli ambienti, di permettere una regolazione di temperatura per zone, variando la temperatura dell'acqua di alimentazione di ogni gruppo di pannelli, ed, entro certi limiti, anche individuale. La presenza dei pannelli permette di agire anche sugli scambi di calore per irraggiamento tra corpo ed ambiente: ci consente di mantenere, a parit di condizioni di benessere, temperature dell'aria ambiente in inverno leggermente pi basse ed in estate pi alte che con gli altri sistemi. La diminuzione della differenza di temperatura tra organismo ed aria ambiente aggiunta alla riduzione dei quantitativi di aria in movimento nell'interno dei locali attenua sensibilmente il pericolo che si producano fastidiose correnti d'aria. Tra gli inconvenienti pi importanti che presenta questo sistema vasenz'altro considerato quello conseguente alla sua inerzia termica . Questa dipende dalla capacit termica della massa che funziona da pannello: tanto maggiore tale capacit tanto pi grande sar il ritardo con cui vengono risentiti negli ambienti gli effetti della regolazione automatica che agisce sulla temperatura dell'acqua calda o fredda che alimenta il pannello. Tale ritardo pu arrivare a frustrare completamente gli effetti della regolazione perch le variazioni di temperatura del pannello non sono in sincronismo con le richieste degli ambienti. Naturalmente il pericolo in tal senso sar tanto maggiore quanto pi rapida lavariazione delle cause che provoca l'intervento della regolazione. Questi impianti non sono quindi adatti per fabbricati in cui sia molto sentito l'effetto dell'irraggiamento solare (per es. per la presenza di ampie superfici vetrate) dato che questo rapidamente variabile nel tempo, oppure quando si prevda la presenza di numerose per-

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sone che possono in breve tempo ridursi a pochissime (sale di riunione e spettacolo), ecc. L'inconveniente molto attenuato con i tipi a pannelli metallici, i quali presentano anche il vantaggio dideterminare, con la loro superficie forata, qualora vi sia sovrapposto uno strato di materiale poroso, un sistema assorbente per l'energia sonora che contribuisce a ridurre il livello dei rumori ed realizzare nei locali condizioni soddisfacenti per una buona udibilit. l tipi con pannelli sospesi non metallici presentano dal punto di vista dell'inerzia caratteristiche intermedie tra quelli immersi e quelli completamente metallici. Comunque si pu affermare che tutti questi tipi di impianti si prestano a realizzare un soddisfacente condizionamento in fabbricati che non presentino estese superfici vetrate, in cui non si prevedano eccessivi affollamenti e che si trovino in localit non troppo calde (Italia Centrale e Settentrionale). Uno schema di questo tipo di impianto riportato in fig. 6. IMPIANTI A MOBILETTI E ARIA PRIMARIA Questo sistema prevede, come nel caso dei pannelli, il trattamento e la distribuzione a bassa velocit di una portata d'aria esterna (primaria) sufficiente a mantenervi adattecondizioni di purezza e di umidit relativa. Il controllo della temperatura affidato a mobiletti installati nei singoli ambienti. I mobiletti sono dotati di un filtro, di un ventilatore e di una batteria a tubi alettati alimentata in estate con acqua fredda ed in inverno con acqua calda. Il mobiletto aspira l'aria dall'ambiente e la rinvia nello stesso dopo averla filtrata e trattata termicamente: l'aria ambiente viene quindi fatta circolare in circuito chiuso. In estate la temperatura dell'acqua fredda regolata in modo da non provocare condensazioni allo scopo di non influire sull'umidit relativa che viene stabilita dall'aria primaria. Le prestazioni termiche del mobiletto possono essere variate entro limiti molto pi ampi di quelle dei pannelli. La regolazione individuale pu essere fatta a mano o automaticamente agendo sul funzionamento del ventilatore; la regolazione per zone si fa agendo sulla temperatura dell'acqua di alimentazione, realizzando naturalmente vari circuiti per le diverse zone. Il sistema permette quindi una regolazione di temperatura indipendente e rapida per ogni locale e quindi adatto per ambienti in cui le cause sia interne che esterne abbiano forte intensit e varino rapidamente coi tempo. Tra gli inconvenienti vanno segnalati: le correnti cui pu dar luogo l'aria complessivamente in circolazione nei locali il cui quantitativo molto maggiore che nel caso degli impianti con pannelli; il numero elevato di elettroventilatori che occorre installare che sono tanti quant' il numero dei mobiletti; lamoltiplicazione delle apparecchiature in moto rappresenta una complicazione per la manutenzione ed anche undisturbo per i rumori che nascono. Occorre per dire che nei tipi recenti di mobiletti la rumorosit stata assairidotta; comunque pu ancora rappresentare un inconveniente

M3

T2

M2

Aria esterna T1 1 2 3 4 U 5 T3

Fig. 6 - Schema di impianto ad aria e pannelli 1, serranda; 2, filtri; 3, batteria refrigerante e riscaldante; 4, complesso umidificatore; 5, batteria di post-riscaldamento; 6, pannelli; 7, scambiatore di calore; U, igrostato; T1, termostato per la regolazione del punto di rugiada estivo e della temperatura di riscaldamento invernale; T2, termostato per la regolazione della temperatura dellacqua del circuito pannelli; T3, termostato per la regolazione della temperatura dellaria primaria; M3, ed M2, Master esterni per la regolazione del punto di taratura dei relativi termostati.

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Ma
alla zona EST

alla zona OVEST

Ta

Ta

T3
Aria esterna

T1 M2

T2

T4
6 5

scinata. Quindi, qualora gli ambienti abbiano carichi termici rilevarti, occorre aumentare laria primaria per poter avere a disposizione una maggior portata complessiva. Ci antieconomico poich obbliga ad aumentare le portate daria esterna oltre quello che sarebbe strettamente indispensabile per le esigenze di ventilazione degli ambienti. Inoltre come altro inconveniente pu essere segnalato quello che deriva dall'inevitabile fruscio che accompagna la fuoriuscita dell'aria primaria dagli ugelli. IMPIANTI A DOPPIO CONDOTTO Questo sistema prevede una doppia distribuzione d'aria a temperature inferiori e superiori a quella che si vuole mantenere negli ambienti (v. fig. 9). Prima dell'introduzione nei locali le due portate d'aria a temperature diverse vengono miscelate in un'apposita scatola: la proporzione della miscela regolata da una serranda che si muove automaticamente dietro il comando di un termostato posto in ambiente. Variando tale proporzione varia la temperatura d'introduzione dell'aria (le cose sono disposte in modo che la portata invece rimanga costante) e si pu pertanto ottenere una rapida ed efficace regolazione della temperatura ambiente. L'aria introdotta contiene sempre una frazione fissa di aria esterna opportunamente deumidificata in estate e umidificata in inverno, in modo da mantenere le desiderate condizioni di umidit relativa e di purezza. L'altra parte di aria occorrente proviene dal ricircolo che, con questo tipo di impianti, necessario effettuare perch gli stessi funzionino in modo economico. Occorrono quindi tre reti di condotte; due di mandata ed una di ripresa. Le due reti di mandata sono quasi sempre ad alta velocit; la scatola di miscela assume allora anche la funzione di riduttrice di velocit e di silenziatrice. Poich le due reti sono percorse da portate variabili in relazione alle esigenze termiche dei singoli locali, occorre prevedere un sistema automatico di regolazione della pressione atto a mantenere costanti le portate alle erogazioni, Il sistema presenta due pregifonda-

Fig. 7 - Schema di impianto ad aria e mobiletti 1, batteria refrigerante e riscaldante; 2, complesso umidificatore; 3, batteria di post-riscaldamento con relativa serranda di by-pass; 4, mobiletti locali con filtro batteria e ventilatore; 5, scambiatore di calore per il circuito acqua mobiletti zona Est; 6, scambiatore analogo per la zona Ovest; T1, termostato per la regolazione del punto di rugiada estivo e della temperatura di riscaldamento invernale; T2, termostato di regolazione della temperatura di mandata dell'aria asservito al Master M2 ed agente sul by-pass della batteria di post-riscaldamento; T3 e T4 termostati per la regolazione della temperatura dell'acqua dei circuiti mobiletti rispettivamente per le zone Est ed Ovest; C, compensatore solare che regola i punti di taratura dei termostati T3 e T4; T5, termostati ambiente agenti sui ventilatori dei mobiletti (regolati dal Master M2).

per ambienti con speciali esigenze acustiche. In fig. 7 riportato uno schema di riportato di questo tipo. IMPIANTI AD INDUZIONE Questo impianto , dal punto di vista funzionale, analogo a quello a mobiletti pi aria primaria. Esso per permette: leliminazione de, ventilatori nei mobiletti; la riduzione delle sezioni delle condotte poich l'aria viene distribuita ad alta velocit. L'aria priaria che, al solito, assicura, ricambi e le adatte condizioni di umidit relativa, parte dal gruppo condizionatore centrale e attraverso una rete di condotte ad alta velocit raggiunge i mobiletti disposti nei singoli ambienti, l'aria entra dapprima in una scatola (plenum) in cui ridotta la velocit e sono smorzati eventuali rumori, poi attraversa una serie di ugelli nell'interno del mobiletto e trascina con s, per effetto detto di induzione una portata d'aria ambiente pari a tre o

quattro volte la propria. L'aria ambiente richiamata dall'aria primaria attraversa una batteria alimentata in inverno con acqua calda e in estate con acqua refrigerata (v. fig. 8). L'energia occorrente per far circolare l'aria ambiente attraverso la batteria del mobiletto quindi fornita, in questo caso, anzich da un elettroventilatore, dall'effetto di trascinamentoprodotto dall'aria primaria. La regolazione della temperatura ambiente si pu fare a mano o automaticamente agendo sulla portata d'acqua che attraversa la batteria del mobiletto; la regolazione per zone si pu fare, come nel caso precedente, agendo sulla temperatura della acqua di alimentazione delle batterie dei mobiletti. Gli impianti ad induzione rappresentano certo un notevole progresso poich consentono una forte riduzione degli ingombri e l'abolizione di molti oneri di esercizio e di manutenzione. Hanno pero una limitazione nel loro impiego derivante da fatto che non si riesce normalmente ad aumentare oltre 3-4 il rapporto tra aria primaria e aria tra-

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mentali: la pratica assenza di inerzia termica e quindi la rapida ed efficace regolazione della temperatura ambiente, e la possibilit di fornire contemporaneamente del
9 9

Zona EST 9 M2 9 M2 E

2 T2 1

3 4 5

6 T3 V V1

T4

V3 T5 8

7 V5

V4 T6 8

7 V6

Fig. 8 - Schema di impianto ad induzione 1, batteria di post-riscaldamento; 2, batteria raffreddante e deumidificante in estate; 3, complesso umidificante; 4, batteria di pre-raffreddamento estivo ad acqua di pozzo; 5, batteria di riscaldamento invernale; 6, aria esterna; 7, scambiatori di calore (uno per zona); 8, pompe di circolazione nel secondario degli scambiatori e nei mobiletti; 9, mobiletti locali ad induzione; T1, termostato per la regolazione in estate del punto di rugiada ed in inverno della temperatura dell'aria agendo rispettivamente sulle valvole V e V1; T2, termostato di regolazione della temperatura di mandata dell'aria comandato dal Master sull'aria by-pass della batteria di post-riscaldamento; M2, Master esterni con deviatori estivo (E) ed invernale (I); T3 T4, termostati regolanti in inverno la temperatura dell'acqua del circuito secondario di zona, mediante azione sulle valvole V3; e V4; T5 e T6, termostati regolanti in estate la temperatura dell'acqua del circuito secondario di zona mediante azione sulle valvole miscelatrici V5 e V5.

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18 18

Ta

Ta

17 6 D2 D1
2 1

5 17 H1

D3

H2

12

V2

16 3

17 9 10 T2 7 11 T1 V3 13 14 15 16

R1

M1

V1

R2 4

T3 Fig. 9 Schema di impianto a doppio condotto 1, aria esterna minima; 2, aria esterna massima; 3, condotto caldo; 4, condotto freddo; 5, aria di ricircolo; 6, aria di espulsione; 7, ventilatore di mandata; 8, ventilatore di ricircolo; 9, batteria di pre-riscaldamento; 10, batteria di pre-raffreddamento; 11, filtro; 12, batteria di riscaldamento; 13, umidificatore; 14, batteria raffreddante e deumidificante; 15, separatore di gocce; 16 e 17, serrande; 18, scatole di miscela; T1 termostato che controlla, attraverso V1, la temperatura di preriscaldamento; T2, termostato che controlla, attraverso V2, la temperatura del condotto caldo (con asservimento al Master M1); T3, termostato che controlla, in inverno, la temperatura del condotto caldo attraverso V2; Ta; termostati ambiente; R1 e R2, apparecchiature per il controllo della pressione statica nei condotti. ELEMENTI DI COSTO Si vuoi concludere questa breve rassegna degli impianti di condizionamento dando alcuni elementi indicativi sul costo d'installazione e su quello di esercizio dei vari tipi di impianto. l dati relativi sono riportati nella tabella IV: si deve per tener presente che le cifre riportate valgono solo a titolo di orientamento, poich su di esse hanno molta influenza alcune caratteristiche specifiche quali le modalit esecutive dell'edificio e la sua destinazione. CONDIZIONATORI AUTONOMI Si accenna infine alle possibilit che offrono i cosiddetti condizionatori autonomi d'ambiente: si tratta di apparecchi costituiti essenzialmente da una presa d'aria con relativa sezione filtrante da una batteria refrigerante, da un frigorifero di cui detta batteria costituisce l'evaporatore, e da un ventilatore; il tutto racchiuso in un involucro metallico. Hanno normalmente potenzialit tali da sopperire al fabbisogno frigorifero estivo di un ambiente dalle caratteristiche normali di una stanza di abitazione o di ufficio. Essi consentono di agire direttamente sulle temperature estive e sui ricambi d'aria; il controllo dell'umidit indiretto e un po' approssimativo. Non permettono di solito i trattamenti invernali: in qualche tipo vi tuttavia la possibilit di riscaldare l'aria facendo in modo che questa attraversi, prima di essere immessa nell'ambiente, la batteria che funge da condensatore del frigorifero. Il riscaldamento ottenuto in questo modo comunque nettamente antieconomico e non esiste mai la possibilit di controllo dell'umidit relativa. Tra gli inconvenienti pi vistosi presentati da questi condizionatori, oltre all'incompletezza dei trattamenti gi accennata, vanno annoverati: 1) la necessit di praticare un foro di dimensioni abbastanza ampie (all'incirca quelle della sezione frontale del mobiletto) sulla parete dove viene montato il condizionatore, per dotarlo di presa d'aria esterna: ci non tanto per garantire la ventilazione del locale quanto per permettere la sottrazione di calore da parte dell'aria esterna, al condensatore del frigorifero (i tipi con condensatore raffreddato ad acqua presentano d'altronde l'inconveniente di richiederne un quantitativo notevolmente superiore alle normali disponibilit); 2) la complicazione dovuta al moltiplicarsi di delicate apparecchiature, quali i piccoli frigoriferi, nel caso in cui si debba provvedere ai condizionamento di numerosi ambienti: ci particolarmente importante nei riguardi della manutenzione; 3) l'aumento delle spese di esercizio rispetto agli impianti centralizzati. Tuttavia, in casi di limitata importanza in cui si debba provvedere al raffrescamento ed alla ventilazione di qualche ambiente di ufficio o di abitazione, questi condizionatori possono trovare giustificato impiego.

calore in alcuni ambienti e di sottrarne in altri, con una gamma di regolazione quindi assai pi vasta che con gli altri sistemi. Altro vantaggio quello di eliminare del tutto le reti di tubazioni d'acqua. D'altra parte per necessario costruire tre reti di canali: ci porta un onere sensibile sia per il costo che per le possibilit di installazione. Il sistema inoltre diviene antieconomico quando per esigenze igieniche (ospedali, ad es.) non opportuno effettuare il ricircolo e quindi occorre introdurre tutta aria prelevata dall'esterno. In definitiva questo tipo di impianto si presta in special modo per edifici che presentino particolari esigenze dal punto di vista della regolazione, in quanto possono essere interessati da oscillazioni notevoli e rapide delle cause atte a far variare la temperatura degli ambienti.

TABELLA IV
TIPO DI IMPAINTO Condizionamento parziale a pannelli immersi pi aria Condizionamento a pannelli sospesi pi aria primaria Condizionamento a pannelli metallici pi aria primaria Condizionamento a mobiletti con ventilatore pi aria primaria Condizionamento a induzione Condizionamento a doppio condotto Costo di installazione a m vuoto per pieno di edificio 1500/2500 lire 2000/3000 lire 3000/4000 lire 3500/4500 lire 3500/4500 lire 3500/5000 lire Costo di esercizio annuale a m vuoto per pieno di edificio 350/500 lire 350/600 lire 350/500 lire 350/500 lire 350/500 lire 300/600 lire Durata di esercizio giorni 120invernali 120 invernali 120 estivi id. c.s. id. c.s. id. c.s. id. c.s.

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CLASSIFICAZIONE Gli impianti di sollevamento che trovano impiego nei fabbricai ad uso civile possono essere classificati, in base al servizio che sono chiamati a svolgere nella maniera seguente: a) Ascensori propriamente detti, intendendo in tal modo gli impianti destinati al trasporto esclusivo di persone. b) Montacarichi, destinati genericamente al trasporto di cose con o senza accompagnamento delle persone. I montacarichi possono avere spesso un uso particoalre ed allora assumono specifiche denominazioni, come: - i montacarte, per il trasporto didocumenti, fascicoli, posta, libri, di largo impiego negli uffici, archivi, biblioteche ecc; - i montavivante ed i montastovigkie usati nei ristoranti e negli alberghi; -i montabiancheria, impiegati negli alberghi, ospedali, ecc.; - i montautomobili, destinati alle autorimesse a pi piani ed anche, in qualche caso, alle abitazioni con garage privati nel piano scantinato. c) Montalettighe, per il trasporto degli infermi da un piano allaltro degli edifici destinati a casa di cura. Si tratta, in questo caso, di ascensori con caratteristiche particolari derivanti dallo soecifico compito che sono chiamati a svolgere. Nella loro esecuzione normale tutti questi impianti sono attualmente costituiti, in linea di principio, da una cabina, in cui trova posto il carico utile, collegata ad un estremit di un sistema di funi speciali di acciaio, le quali portano allaltreestremit un contrappeso: il tutto mosso, di solito, da un argano collegato ad un motore elettrico ( si prescinde, in questa sede dagli impianti idraulici e pneumatici poich la loro applicazione nei fabbricati civili e limitatissima). opportuno per far menzione di due tipi di impianti di sollevamento che per la loro destinazione rientrano tra gli ascensori, che sono sempre mossi da motori elettrici, ma la cui conformazione completamente diversa dallo schema sopra accennato. d) Gli ascensori paternoster, il cui impiego, mai rilevante, si va in realt facendo raro, costituiti da una serie di

cabine disposte luna di seguito allaltro ed animate da moto continuo. e) Le scale mobili e i piani incliinclinati la cui diffusione, viceversa va aumentando: ma naturalmente il loro impiego conveniente quando occorre far superare, ad un grande numero di persone, dislivelli relativamente diversi. Listallazione degli impianti di sollevamento rilevata da particolari norme di legge che sono contenute nel D.L. n. 600 del 31-81945; si ritiene quindi opportuno riportare la classificazione degli impianti che viene fatta in dette norme. Poich in essa sono tenute in particolare evidenza le questioni riflettenti la sicurezza delle persone, gli impianti vengono suddivisi nelle seguenti cinque categorie: - categoria A: ascensori adibiti al trasporto di sole ersone e montalettiche; - categoria B: ascensori adibiti al trasporto di cose accompagnate da persone; - categoria C montacarichi adibiti al trasporto di cose con cabina accessibili alle persone solo per le operazione di carico e scarico; - categoria D: montacarichi di portata non inferiore a Kg 25, adibiti al trasporto di sole cose con cabina non accessibile alle persone. Laltezza libera della cabina dovr essere non inferiore a m. 1,20 oppure essere munita di ripiani intermedi inamovibili disposti in posizioni tali che gli spazi liberi risultanti non siano di altezza superiore a m. 1,20. defimita come non accessibile anche una cabina che, alle fermate abbia il bordo inferiore dellapertura di carico ad unaltezza di almeno m. 0,80 sul pavimento del piano di accesso. - categorie E: ascensori a cabine multiple a moto continuo (paternoster) adibiti al trasporto di persone. Le norme del D.L. 600 sono in corso di aggiornamento: comunque nel progetto delle nuove norme tale classificazione rimane invariata a parte il limite superiore di Kg. 250 fissato per la ortata degli impianti di cat. D. Ilcontrollo della rispondenza degli impianti alle norme del D. L. 600 demandato allENPI (Ente Na-

zionale Prevenzione Infortuini) o allIspettorato del Lavoro che eseguono pertanto un collaudo ad installazione ultimata: ed in base ai risultati di questo viene rilasciata, o meno, la necessaria licenza di esercizio.

Gli elementi principaliatti a caratterizzareun impianto di sollevamento del tipo di quelli ( che qui interessano) di cui ai punti a) b) c) del paragrafo precedente, sono: la portata; la corsa; il numero delle fermate; la velocit di esercizio; il sistema di manovra. Portata. Si intende in tal modo il carico che pu con sicurezza trovar posto nella cabina ed essere da questa trasportato: nel caso degli ascensori tale carico proporzionale al numero delle persone il cui peso viene convezionalmente valutato in Kg 80 per persona. Per gli ascensori i valori di portata normalmente adottati sono i n 3 persone pari a Kg 240 s 4 320 e 5 400 g 6 480 u 8 640 e 10 800 nt 13 1040 i: Per i montacarichi le portate possono variare, ovviamente, entro limiti e con modalit pi ampi: sono per abbastanza comuni le portate di kg 250, 600, 1000, 15000, 2000. Per i montalettighe si sta tentando ununificazione su due tipi, uno comune della portata di kg 630 ed uno speciale in cui la portata elevata a kg 1000: questi valori sono stabiliti, per ragioni di sicurezza, in relazione allampiezza delle cabine e non al carico normalmente trasportato. La portata delle singole cabine degli ascensori paternoster non deve essere superiore a due persone (D.L. 600)

CARATTERISTICHE PRINCIPRINCIPALI DEGLI IMPIANTI DI SOLLEVAMENTO

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Corsa. Con questo termine si indica la distanza esistente tra il piano della prima e quello dellultima fermata dellimpianto: essa coincide evidentemente con la lunghezza del massimo percorso che pu compiere la cabina. Numero delle fermate. Dipende ovviamente dal numero dei piani da servire: come nel caso della corsa si tratta quindi di una caratteristica che discende allimpianto direttamente dalla geometria del fabbricato cui esso destinato. Si fa per presente che, oltre al numero delle fermate, ha anche importanza quello dei servizi, intendendo in tal modo io numero complessivo degli ingressi in cabina dei vari piani. Per un ascensore con un ingresso ad ogni piano, come caso normale, il numero dei servizi coincide con quello delle fermate; un ascensore che servisse invece, ad esempio, sei piani con due accessi in due piani ed uno negli altri quattro verrebbe ad avere otto servizi. Velocit di esercizio. uno degli elementi pi importanti di un ascensore e le diverse velocit che possono essere adottate determinano, tra i vari impianti, una distinzione che pu essere fatta convenzionalmente come segue: impianti lenti, in cui la velocit di traslazione della cabina in fase di moto uniforme inferiore a 0,40 m/s; impianti normali, con velocit compresa tra 0,40 e 0,85 m/s; impianti semiveloci, con velocit compresa tra 0,85 e 1,20 m/s; impianti veloci, nei quali la velocit supera 1,20 m/s. bene avvertire subito che nel campo delle alte velocit, che vengono adottate con sempre maggiore frequenza, si sono raggiuntii valori anche di 7 m/s (ascensori del grattacielo della R.C.A. a New York), e che i limiti in tal senso sono ormai imposti non da ragioni tecniche inerenti alla costruzione ed al funzionameto dei diversi apparati dellascensore ma dai dannosi effetti fisiologici che possono provvocare sullorganismo umano le forti accelerazioni e le rapide variazioni di pressione atmosferica (queste ultime conseguenti alle variazioni di quota della cabina durante la sua corsa). La scelta della velocit di esercizio da assegnare ad un ascensore dipende da molteplici fattori dei quali si vogliono qui accennare i pi importanti: destinazione dellimpianto (abitazione di lusso o normale, ufficio, magazzino ecc.); corsa; numero delle fermate; distanza media tra le pi probabili fermate successive; tempi consentiti per lattesa ai piani e per leffettuazione del percorso; numero e portata degli ascensori con i quali si vuol provvedere allo smaltimento del traffico. In linea generale evidente come laumento della velocit di esercizio consenta di ridurre il numero di ascensori occorrenti per un determinato edificio e di diminuire altres il tempo di salita o di discesa: nel contempo, per, aumenta il costo di installazione il quale, entro certi limiti, si mantiene, grosso modo, proporzionale alla velocit. Occorre per considerare che ladozione delle pi forti velocit non produce una diminuizione proporzionale del tempo complessivo occorrente per effettuare completamente una corsa poich in questo bisogna conteggiare anche il tempo necessario per lapertura e la chiusura delle porte e per lentrata e luscita della cabina. Orientativamente si pu ritenere che il tempo occorrente perlentrata o luscita della cabina sia, al minimo, di unsecondo, e di due secondi e mezzo circa quello necessario per lapertura o la chiusura delle porte. In totale, quindi, la somma dei tempi occorrenti per il carico o lo scarico della cabina sar pari, al minmo, acirca 7 secondi; si noti che questo tempo gi paragonabile a quello che impiega, ad esempio, una cabina muoventosi alla velocit di 1 m/s per spostarsi di 10 m, effettuando quindi una corsa che pu essere considerata abbastanza spesso ricorrente nei fabbricati normali, poich corrisponde in media, a tre piani di dislivello. pertanto evidente che i vantaggi derivanti dalladazione delle elevate velocit tendono a diminuire sempre di pi man mano che si riduce la corsa dellimpianto e che aumenta, a parit di questa, il numero delle fermate. Anzi, a questultimo riguardo occorre aggiungere che potrebe addirittura verificarsi il caso di un ascensore che, passando tra due fermate successive, non riesce a raggiungere la velocit di regime. Per evitare fastidiosi o addirittura dannosi effetti agli occupati la cabina, infatti necessario che laccelerazione caratterizzante il moto di questa fase di partenza ed in fase di fernata, sia inferiore ad un limite prefissato che pu individuarsi in 1,31,5 m/s. bene per chiarire, onde evitare incertezze, che questo non va considerato come un limite assoluto di resistenza del corpo umano alle accelerazioni. Anche nel campo degli ascensori, invero, i valori di accelerazione ammessi per i casi di emergenza ( per esempio in fase di arresto della cabina sugli apparecchi di sicurezza in seguito alla rottura delle funi di trazione) sono notevolmente superiori a quello sopra detto: ma si tenga presente che lentit degli effetti prodotti sullorganismo dalle accelerazioni aumenta, a parit di altre circonstanze, con il tempo in cui il tempo in cui il coorpo sottoposto alle accelerazioni stesse e che la durata delle fasi di emergenza estremamente piccola (1/10 1/20 di secondo). In conseguenza, quindi, del limite imposto alle accelerazioni pu verificarsi che la somma degli spazi percorsi dalla cabina in fase di moto accellerato e di moro ritardato risulti superiore alla distanza che c tra un piano e il successivo qualora questa sia picoola e la velocit di regime della cabina, in relazione, troppo grande. Si avrebbe pertanto in questo caso, evidentemente, un impianto che, nelle corse pi brevi, non raggiungerebbe mei la piena velocit. I fattori che influenzano dunque la determinazione della velocit ottima da assegnare ad un ascensore sono numerosi e certo non tutti facilmente valutabili: inoltre la loro importanza pu essere di volta in volta diversa per cui, volendo stabilire dei criteri generali, si incontrano notevoli difficolt ed incertezze.

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A titolo orientativo, tuttavia, si possono dare le indicazioni di seguito riassunte, secondo le quali la velocit viene messa in relazione al numero dei piani da servire: N. dei piani...fino a 5 610 1015 Veloc. in m/s....0,50,8 0,81,5 1,52 Questi valori possono per essere aumentati, fino a 34 m/s, nei fabbricati a traffico particolarmente intenso come uffici, grandimagazzini, ecc. Per quanto riguarda i montacarichi si pu affermare che le esigenze relative alle velocit sono in genere meno complesse di quelle degli ascensori. Normalmente si tratta di impianti lenti rispetto a questultimi, e, secondo la tendenza generale, la loro velocit vien diminuita allaumentare della portata. Orientitavimente si possono tener presenti i dati che seguono:

principali di manovra: la manovra automatica singola o manovra universale: la manovra registrata collettiva-selettiva. Nella manovra automatica singola vengono disposti una pulsantiera in cabina munita di tanti pulsanti quanti sono i piani serviti dallelavatore (oltre i pulsanti di arresto e di allarme prescritti dalle norme di legge) ed un pulsante di chiamata ai piani con le segnalazioni presente (necessaria quando la cabina non visibile) occupato ed, evenSpesso, ai piani viene anche disposto un pulsante di rinvio che serve per rimandare la cabina ad un piano prestabilito (di solito il piano terreno): ma questo pulsante, salvo casi particolari, pi dannoso che utile per un rapido ed economico esercizio dell'impianto, specialmente quando il numero delle fermate supera le 5 o 6. Con la manovra automatica universale l'ascensore risponde ad un solo comando per volta e, pi precisamente, al primo tra tutti quelli che gli vengono impartiti prima che si metta in moto. Poich per questo pu condurre a interferenze con conseguenti disservizi, tra i comandi impartiti dai vari piani e quelli. provenienti dalla cabina, a questi ultimi viene data precedenza sugli altri. Questo tipo di manovra presenta vari inconvenienti che divengono sempre pi rilevanti aumen tando l'intensit del traffico e quindi la portata e la velocit dell'ascensore. Tra di essi sono tipici ed evidenti: -la necessit che gli utenti che entrano in cabina insieme e sono diretti a piani diversi si accor dino preventivamente per azionare i pulsanti nelI'ordine in cui si succedono le fermate di destina zione: -la difficolt di riuscire a chiamare I'ascensore nei periodi di traffico pi intenso : e nel caso in cui la cabina trasporti sempre delle persone a piani in cui ce ne

da 1000 da 100 Portata in Kg fino a 100 a 1000 a 10000 ed oltre Velocit in m/s 0,70,4 0,50,2 0,70,1

Naturalmente, in applicazioni magari fuori dallordinario, i valori adottati possono anche essere profondamente diversi da quelli citati. La velocit degli ascensori paternoster deve essere, per legge, eguale al massimo a 0,2 m/s; valore in verit assai modestomaimposto da ragini di sicurezza poich, in questi ascensori, la slita e la discesa dei passeggeriavvengono con le cabine in moto. Sistemi di manovra IL sistema di manovra o, pi semplicemente, la manovra di un ascensore riguarda il modo secondo cui esso viene comandato ed in base al quale soddisfa ai comandi ricevuti. Prescindendo dagli impianti con manovratore in cabina, si possono considerare due sistemi

delle persone a piani in cui ce ne sono in attesa delle altre, questa difficolt pu poi diventare addirittura impossibilit per chi si trovi a chiamare lascensore da un piano al quale nessuno debba arrivare. A questi inconvenienti riflettanti la praticit e la reapidit del servizio si aggiunge poi il maggior consumo di energia che sicuramente si verifica in conseguenza del fatto che le corse della cabina si susseguono senza alcun ordine logico: ma su questo argomento si torner pi diffusamente in seguito . L'eliminazione degli inconvenienti citati si pu ottenere con l'adozione della manovra registrata collettiva-selettiva. Con questo tipo di manovra vengono registrati tutti i comandi impartiti alla cabina, sia che provengano da questa che dai diversi piani: si opera poi una, selezione di detti comandi nel senso che vengono soddisfatti non nell'ordine in cui sono stati impartiti ma in quello in cui si susseguono i piani interessati secondo il senso di marcia della cabina. L'ascensore, cio, eseguir tutti i comandi che implicano un certo senso di marcia, per poi soddisfare a tutti quelli per i quali il moto deve svolgersi in senso opposto: in sostanza, viene data la precedenza ai comandi che non determinano la modificazione del senso di marcia della cabina riducendo quindi al minimo le corse inutili. Cosi durante una corsa in salita la cabina si arrester successivamente ai piani cui debbano scendere dei passeggeri o dai quali siano stati impartiti dei comandi per salire , mentre passer senza fermarsi davanti a quelli da cui siano pervenute chiamate per scendere : il contrario avverr durante la successiva corsa in discesa. Poich dai piani intermedi ci si pu muovere nei due sensi, occorre che vi sia installata una bottoniera con due pulsanti: uno per la chiamata atta a prenotare un servizio in discesa, I' altro per i servizi in salita. Ai piani estremi, dai quali ci

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si pu muovere in un solo senso, viene sistemato un solo pulsante. Inoltre, ai piani intermedi, vengono anche poste delle segnalazioni, come frecce direzionali o scritte del tipo arriva per salire , e arriva per scendere , o sale , scende , ecc., per permettere, agli utenti in attesa. Di individuare, nei casi in cui la cabina non visibile (ascensori in vano proprio), se questa, quando arriva, abbia o meno il senso di marcia desiserato. Ci allo scopo di evitare corse inutili ai passeggeri e occupazioni non necessarie della cabina. Quando un ascensore deve provvedere, per determinati periodi, a smistare il traffico quasi esclu sivamente in un solo senso predeterminato, come avviene ad esempio nei fabbricati per uffici nelle ore di entrata e di uscita degli impiegati, si pu modifi care la manovra facendo in modo che, in questi periodi, vengano effettuati iservizi soltanto nel senso che interessa: completata una corsa, cio, la cabina ritorner automaticamente e senza fermate intermedie al plano di partenza. Quando un solo ascensore non sia sufficiente allo smaltimento del traffico previsto per un determinato edificio si possono installare due elevatori in un unico vano o in vani affiancati: in questo caso la manovra collettivapermette, con il cosiddetto co mando duplex , I'unificazione dei comandi esterni dei due ascensori in modo da smistare il traffico a quell'impianto che, all'atto della prenotazione del servizio, si trova nella posizione pi conveniente per eseguirlo. Per questa manovra vengono instal lati un'unica coppia di pulsanti, comune ai due impianti, ai piani intermedi, ed un solo pulsante, sempre comune ai due impianti, ai piani di estremit. Vengono inoltre sistemate delle segnalazioni che permettono di individuare la posizione delle due cabine e quindi quale delle due sia eventualmente in arrivo ad un determinato piano, e con quale senso di marcia . Perch il servizio venga svolto in modo veramente efficiente, necessario che i comandi siano impartiti alle cabine razionalmente e in maniera da conciliare, nel modo migliore, le diverse esigenze degli utenti occupanti le cabine e di quelli in attesa ai piani che vorrebbero tutti, naturalmente, essere serviti nel pi breve tempo possibile. Le soluzioni adottate a questo proposito sono diverse ed ancora in evoluzione: si vuol tuttavia accennare brevemente a quella forse pi diffusa, che si identifica nel sistema detto a cabina percorrente e a cabina stazionante . Secondo tale sistema, una cabina staziona di solito ad un piano prestabilito, quasi sempre il piano terreno, mentre laltra sta effettuando una corsa : le richieste provenienti dai vari piani vengono, in linea di massima, ricevute tutte dalla cabina in moto la quale soddisfa a tutte quelle che interessano piani da essa non ancora raggiunti nel proprio ciclo di marcia, e passa, per cos dire, tutte le altre alla cabina stazionante che si mette quindi in moto per eseguire questi ultimi comandi. Cos, ad esempio, se la cabina percorrente in fase di salita risponder a tutte le chiamate per salire provenienti dai piani che non ha ancora raggiunto ed a tutte le chiamate per scendere, (cui soddisfer nella successiva corsa di discesa), mentre la cabina stazionante risponder a tutte le richieste per salire provenienti dai piani che l'altra cabina ha gi oltrepassati. Ultimati tutti i servizi, la cabinastazionante torna al plano prestabilito e quella percorrente rimane disponibile al piano dove ha effettuato l'ultima fermata . II criterio di ripartizione diviene naturalmente pi complesso per i comandi impartiti quando en trambe le cabine sono in moto: senza scendere in ulteriori dettagli che esulerebbero dai compiti di questa breve rassegna, si vuol accennare comunque al fatto che, contrariamente a quanto potrebbe a prima vista sembrare, non conviene quasi mai far rispondere alla richiesta proveniente da un certo piano dalla cabina che si trova a questo pi vicina poich in tal modo potrebbe accadere che determi nati comandi vengono soddisfatti velocemente mentre altri rimangono in attesa per un periodo relativamente lungo. Sono stati anche realizzati vari impianti con manovra collettiva triplex interessante cio tre ascensori in batteria: questo tipo di manovra ha per bisogno, per poter rispondere in maniera effciente come la manovra duplex, di apparecchiature notevolmente complesse. Sia la manovra duplex che la triplex possono essere predisposte, al pari della manovra collettiva semplice (detta anche simplex ), in modo tale che in certi periodi di punta gli ascensori svolgano il servizio prevalentemente in un senso prestabilito: inoltre gli impianti possono essere dotati di dispositivi che permettono, quando sia necessario, di far funzio nare i vari ascensori disposti in batteria indipendemente l'uno dall'altro: Le manovre collettive-selettive duplex e triplex possono presentare qualche inconveniente abbastanza importante: si consideri, ad esempio, che in determinate circostanze, le cabine possono partire una dietro l'altra per andare verso i piani pi alti a svolgere dei servizi interessanti magari poche persone, mentre si determina un affollamento ai piani inferiori. Per evitare questa ed altre incongruenze che possono verificarsi, si sono introdotti, specialmente negli Stati Uniti, altri sistemi di manovra, alcuni dei quali sono attualmente ancora in fase sperimentale. Essi ricorrono, per esempio, ad intervallare regolarmente nel tempo, indipendentemente cio dai comandiricevuti, le partenze delle cabine nelle ore di punta, facendo inoltre effettuare le fermate nel caso in cui il traffico sia prevalentemente uni direzionale, solo quando le cabine stesse si muovono nel senso opportuno: oppure all'impiego di sistemi elettronici che permettono addirittura di attribuire, ai vari comandi, un'importanza diversa a secondo del tempo trascorso dall'istante in cui essi sono stati impartiti: e naturalmente tale importanza viene fatta aumentare al crescere del tempo.

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ELEMENTI COSTITUTIVI Tra gli elementi costitutivi di un ascensore o di un montacarichi, quelli che principalmente possono qui interessare, considerate le finalit di queste note sono : il macchinario; la cabina; le porte ai piani. Macchinario. - Si intende di solito per macchinario di un ascensore o di un montacarichi l'insieme del motore di trazione dell'argano di sollevamento. Gli argani di sollevamento ora adottati sono quasi esclusivamente del tipo con tamburo a frizione, nel quale la cabina ed il contrappeso sono collegati alle due estremit di un sistema di funi che vengono avvolte, per angoli spesso minori di 180, sulla puleggia motrice la quale porta apposite scanalature aventi adeguato profilo e sufficiente profondit. Lo sforzo tra puleggia e funi viene trasmesso per attrito. Sono ormaiassolutamente in disuso gli argani con tamburo ad avvolgimento, che pure furono largamente impiegati fino a 20-30 anni fa, nei quali la cabina ed il contrappeso vengono fissati ciascuno ad unestremit di un proprio tratto di fune che ha laltra estremit ancorata al tamburo, su cui, quindi, le funi stesse si La trasmissione del moto dal motore alla puleggia dell'argano pu avvenire in due modi: -indirettamente tramite un riduttore di velocit costituito di solito da una coppia vite senza fine ruota elicoidale; -direttamente, ed allora motore e puleggia sono montati sullo stesso asse: I' impiego di questo accoppiamento diretto, introdotto del resto abba stanza recentemente, richiede per l'uso di un motore a basso numero di giri (al massimo 150 200 giri/min). I motori che vengono utilizzati per l'azionamento dell'argano possono essere di diversi tipi ed alimen tati sia a corrente alternata che a correntecontinua: in questo secondo caso correr evidentemente dotare l'impianto di un gruppo convertitore che provveda a trasformare in corrente continua la corrente alternata prelevabile dalle reti cittadine. I motori a corrente alternata possono essere di due tipi e cio sempiice o I motori a semplice polarit hanno, in genere, quattro o sei poli e quindi funzionano, alla frequenza normale di 50 Hz, con velocita di circa 1425 o 950 giri/min rispettivamente. -II disporre per di una sola velocit di rotazione del motore e, quindi, di una sola velocit di traslazione della cabina conduce automaticamente ad ammettere dei dislivelli alle fermate, tra il pavimento di cabina e quello di piano, che sono funzioni, tra l'altro, della velocit della cabina all'atto dell'intervento del freno e delle condizioni di carico (si tenga presente che il contrappeso equilibra di so lito il peso della cabina pi il 50% circa della portata): e si pu constatare che detti dislivelli aumentano rapidamente oltre quanto ragionevolmente tollerabile allorch la velocit supera i 0,700,80 m/s. Volendo quindi operare con velocit maggiore necessario che questa venga convenientemente ridotta all'atto della frenatura. Ci si pu ottenere mediante l'impiego di motori a doppia polarit, che possono cio funzionare con due diversi numeri di poli: un'opportuna commutazione inserisce il numero di poli maggiore quando inizia la frenatura, riducendo cosi la velocit nel rapporto che esiste tra 4 due numeri di poli. II rapporto di solito adottato di 1 a 4 (quattro e sedici poli, ad esempio).Se per necessario che i dislivelli abbiano valori particolarmente piccoli (mm 510 al massimo, per esempio), il sistema suddetto pu essere adottato fino a velocit di circa 0,80 m/s; per velocit superiori e fino al limite di circa 1,20 m/s si ricorre all'impiego di due motori, uno che funziona per la velocit di regime e l'altro in fase di livellamento, facendo avvenire la trasmissione del moto da quoto secondo motore alla puleggia di trazione attraverso una doppia riduzione divelocit. Superando il limite di 1,20 m/s occorre impiegare metodi completamente diversi; si ricorre, di solito, alla cosiddetta frenatura elettrica . Ci pu essere ottenuto mediante l'impiego di giunti elettro magnetici a coppia variabile, oppure di motori a corrente continua alimentati a tensione variabile: questi sistemi consentono addirittura di far avvenire in modo continuo i passaggi di velocit sia in diminu zione che in aumento. E poich i motori a corrente continua consentono anche l'accoppiamento diretto tra motore e puleggia di trazione, possono aversi due tipi di macchine con motore a corrente con tinua alimentato a tensione variabile: la macchina a trazione diretta, detta gearless (impiegata per le pi alte velocit), e quella con riduttore, denomi nata geared . L'impiego di queste macchine, che si va estendendo anche verso le velocit minori, consente inoltre, come sar meglio illustrato in seguito, un minor consumo di energia elettrica a parit di prestazioni. Cabine.- Per ragioni di sicurezza le dimensioni della cabina vengono messe in relazione alla portata dell'impianto, dato che gli argani a frizione, i quali, come gi detto, sono ormai pressoch generalmente adottati, consentono sovraccarichi limitati. Nelle norme del D. L. 600 non esistono tuttavia prescrizioni tassative al riguardo : secondo il progetto delle nuove norme invece larea del pavimento di cabina non dovrebbe essere, per gli ascensori, superiore al valore risultente
A= 20+

6P -500 60

)2

in cui : A la superficie interna utile del pavimento di cabina, espressa in metri quadrati; P e la portata in kg. Nei montalettighe la portata non dovrebbe essere minore di:
P= 2 3 ( 600A 400 A + 150)

avendo adottato gli stessi simboli della relazione precedente . Negli ascensori di categoria B e neimontacarichi di categoria C, infine, tra la portata e la massima superficie del pavimento di cabina dovrebbe sussi stere la relazione seguente: P= 150A

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In pratica vengono attualmente adottate delle dimensioni che sono pi o meno rispondenti a quanto riportato nelle tabelle I e 11 (quelle della tabella I sono anzi consigliate dall'ENPI). Le cabine possono essere costruite con l'impiego di diversi materiali: i pi usati sono il legno, i profilati di alluminio anodizzato, la lamiera d'acciaio e, qualche volta, il cristallo. Le cabine in legno si costruiscono con struttura tamburata o in paniforti e con rivestimento in compensato impiallicciato nelle parti in vista, oppure in spessore di legno eventualmente doghettato. In questi ultimi tempi si sono anche molto diffusi i rivestimenti in laminati plastici. Le cabine in profilati d'alluminio anodizzato hanno trovato frequente impiego per il loro gradevole aspetto estetico: sono per piuttosto costose, oltre a presentare qualche volta dei difetti nell'anodizzazione. Ma in questo campo si sono fatti ulti mamente sensibili progressi. Tabella I. Ascensori La costruzione delle cabine in cristallo (con la struttura portante metallica, beninteso) viene qualche volta adottata per ascensori in vano scala cui si voglia dare una certa impronta di lussuosit: ma si incontrano diverse difficolt di realizzazione per dare alla cabia sufficiente robustezza, silenziosit nella marcia, ecc. Le porte delle cabine sono in genere di tre tipi : porte a battente a doppia anta, logicamente apribili verso linterno ; porte scorrevoli a doppia anta ; porte scorrevoli ad anta semplice. debbono infatti esservi applicate per legge esigono, per funzionare correttamente senza provocare inconvenienti, che non si determinino spostamenti apprezzabili tra porta e telaio. Le porte in profilati e lamiera d'acciaio sono quindi, evidentemente, quelle che danno le maggiori garanzie: e, in realt, la loro diffusione opportunamente assai aumentata negli ultimi tempi. Relativamente alle dimensioni da assegnare alle portate di piano c' da rilevare che, mentre l'altezza non deve essere, secondo il regolamento, inferiore a m 1,90, (salvo casi particolari), la larghezza pu essere fissata liberamente. Per ascensori a piccola portata, e cio fino a 78 persone, si adottano di solito valori tra m 0,60 e 0,75, presupponendo che non debba uscire od entrare pi di una persona per volta; per forti portate, fino a 20 persone, si installano porte con luce netta di circa m 1,10 permetten do l'entrata e l'uscita di due persone per volta e cosi via. Per quanto riguarda il loro funzionamento le porte ai piani possono essere: -ad apertura manuale; semiautomatiche -automatiche. Le porte d apertura manuale sono di solito a battente ad un'anta, raramente di tipo scorrevole. Quelle semiautomatiche sono pure quasi sempre a battente ad unanta : esse vengono sempre aperte a mano ma dispongono, per la chiusura, di un dispositivo di richiamo ; ci utile, se non altro, ad evitare le chiusure troppo violente, che dannegerebbero la porta, e quelle incomplete, che provocano larresto del funzionamento dellimpianto. Le porte automatiche sono quasi sempre di tipo scorrevole : un motore sistemato sul tetto della cabina, che viene comandato dalla posizione della cabina stessa, provoca il movimento delle porte di questa le

Tabella II. Montacarichi

Portata kg

Portata Persone Persone Persone Persone Persone Persone Persone 3 4 5 6 8 10 13

Dimensioni cabina mm m 0,72 0,94 1,12 1,35 1,65 2,05 2,45

900x800 1180x800 1180x950 1425x950 1425x1180 IL primo tipo viene usato quasi sempre negli 1725x1180 impianti con porte ad apertura manuale, a 1725x1425 meno che il limitato spazio a disposizione

250 400 600 1000 1600 2000 Montautomobili kg 1600 11,00 2500x4400 kg 2000 18,90 3000x6300 Montacarte, ecc. kg 24 (*) 0,25 500x500 kg 50 0,42 700x600 kg 90 0,56 800x700 (*) Non soggetto al collaudo ENPI

Dimensioni cabina m mm 1,12 1180x950 1,65 1425x1180 2,65 1180x2240 4,27 1425x3000 7,00 2000x3500 11,00 2500x4400

Montalettighe degli altri due tipi che tro vano invece uni kg 630* 2,65 1180x2240 versalmente applicazione negli ascensori kg 1000 3,55 1425x2500 con porte automatiche. Si vuole infine accennare che si propugna (*) Con le nuove norme per A = 2,65 da pi parti, gi da tempo, per evidenti dovrebbe essere P 730
Le cabine in lamiera d'acciaio verniciata non hanno finora incontrato eccessivo favore per le critiche mosse al loro aspetto estetico; ma non v' dubbio che si tratta delle costruzioni pi robuste e razionaii e che possono anche raggiungere vantaggiosi livelli onomici, specialmente se si arriver all'unificazione delle dimensioni delle cabine consentendone cos la produzione in serie. Del resto i nuovi tipi di verniciature, recentemente introdotti, permettono ora l'ottenimento di migliori effetti estetici.

per la cabina non co stringa ad adottare uno

ragioni economiche e di semplicit di manovra l'impiego, almeno per gli ascensori a velocit normale, di cabine senza porte: impiego del resto consentito dai regolamenti purch la conformazione del vano corsa e la posizione della cabina in esso corrispondano a determinate condizioni di sicurezza. P o r t e a l p i a n i . -Dal punto di vista costruttivo le porte ai piani sono analoghe alle cabine: ma per le porte, forse ancor pi che per le cabine, si rav visa la necessita che siano costruite con materiali robusti ed indeformabili. Le serrature di sicurezza che

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quali trascinano quelle di piano con cui si accoppiano durante la fase di livellamento. Particolari dispositivi di sicurezza come costole mobili, cellule fotoelettriche ecc. determinano larresto e linversione del moto quando le porte, durante la chiusura, incontrano un ostacolo. ll vantaggio principale che deriva dalladozione delle porte automatiche, oltre allindubbia comodit che esse rappresentano per gli utenti dellimpianto, consiste nella riduzione dei tempi di chiusura e di apertura delle porte stesse che determina un miglior sfruttamento dellascensore . Il loro impiego pertanto assai opportuno anzi, quasi indispensabile, negli impianti veloci, per forte traffico, con portata magari non troppo elevata.

puleggia motrice

eventuale puleggia di rinvio

puleggia di rinvio

Fig. 1-Disposizione schematica di un ascensore con macchinario in alto

DINENSIONAMENTO E CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DEL VANO CORSA E DEL LOCALE MACCHINA Di interesse fondamentale per il progettista di un fabbricato la conoscenza sufficientemente pre cisa, sin dall'inizio della progettazione, delle dimensioni e delle caratteristiche costruttive che debbono avere il vano di corsa dell'impianto e l'ambiente destinato ad accogliere il macchinario. Ma opportuno premettere qualche considerazione sull u bicazione pi conveniente da assegnare al vano nell'interno dell'edificio e sulla posizione relativa pi vantaggiosa tra vano e cabina motori. Non v' dubbio che in genere la posizione del vano condizionata a quella della scala (o delle scale) potendosi anzi sistemare l'ascensore, come stato fatto spessissimo in passato, addirittura nel vano della scala. Questa soluzione non per consigliabile per diversi motivi che si possono individuare nelle difficolt che essa crea dal punto di vista estetico, nella necessit di munire la scala di ripari ampi e relativamente costosi, nei problemi che spesso comporta

puleggia di rinvio

puleggia di rinvio

puleggia motrice

puleggia motrice

Fig. 3 - Disposizione schematica di un ascensore con macchinario Fig. 2 - Disposizione schematica di un di fianco ascensore con macchinario in basso l'ancoraggio delle guide, ecc.

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l'esistenza in un edificio di pi scale progettate o per dare una certa differenziazione al traffico (scale principali e scale di servizio) o per esigenze di smistamento dello stesso negli orari di punta (entrata ed uscita del pubblico in un palazzo per uffici o in un grande magazzino, ad esempio) comporta automaticamente, Sl potrebbe dire, I' installazione di un numero di ascensori almeno pari a quello delle scale. Si vuol per richiamare l'attenzione sulla convenienza della concentrazione degli ascensori, appena possibile e cio quando non si hanno esigenze nettissime di differenziazione o di smistamento, in un'unica zona o addirittura in un' unico vano; ci infatti consente un miglior sfruttamento degli impianti e una maggiore rapidit di servizio in quanto ogni utente pu disporre di tutti gli ascensori. La posizione che deve avere il macchinario, o meglio la cabina motori, nei confronti del vano di corsa dell'ascensore o del montacarichi riveste particolare importanza: e non inopportuno far rilevare, a questo proposito, come ancora oggi si vedano molto spesso prescelte delle infelici soluzioni che si sarebbero potute evitare con un pochino pi di interesse e di accortezza all'atto della progettazione degli edifici. In linea di principio possono essere adottate tre disposizioni: -macchinario in alto (rappresentazione schematica in fig. 1): -macchinario in basso (fig. 2): -macchinario di fianco (fig. 3). Di queste tre possibili dislocazioni quella di gran lunga preferibile la prima. Essa presenta, rispetto alle altre, i seguenti principali vantaggi: -minor lunghezza delle funi di trazione: -minor numero di pulegge di rinvio: -carico sulle strutture portanti del vano solitamente pi piccolo. Si ottiene quindi, adottando la disposizione con macchinario in alto, un minor costo di installazione ed anche un pi piccolo costo di esercizio : si tenga infatti presente che la minor lunghezza delle funi, che circa un terzo di quella necessaria con le altre soluzioni, implica una pi piccola spesa per la loro sostituzione (che va fatta con una certa frequenza, anche ogni due tre anni) e che riducendo il numero delle pulegge di rinvio si ottiene un miglior rendimento dell'impianto (e, quindi, un minor consumo di energia a parit di prestazioni) ed un logorio pi lento delle funi di trazione. La disposizione del macchinario in alto consente inoltre, con facilit, di aerare ed illurninare naturalmente la cabina motori: questo un particolare che non va trascurato. Questa disposizione pu, per, in qualche caso. incontrare delle difficolt poich necessita, sopra livello dell'ultima fermata, di un'altezza minima dl m 5,70 per impianti a velocit normale (fino a 0,85 m/s) ed anche superiore per impianti veloci. Considerando, infatti, che sono imposte per regolamento: -un altezza minima di m 2 per la cabina: -un altezza minima di m 2 per il locale macchina: e che, per soddisfare alle disposizioni del D L. 600, relative all'estracorsa superiore (vedi appresso) necessaria una distanza minima di circa m 1,70 tra il soffitto della cabina e Iintradosso del solaio del locale macchina (solo per gli impianti, lenti questa distanza pu essere ridotta di 2030 cm), si vede che occorre appunto disporre di un'altezza minima di m 5,70 tra il piano dell'ultima fermata e la copertura del locale motori. Installando, invece, il macchinario in basso poich il regolamento non impone decisamente una altezza minima per l'ambiente destinato ad accogliere le pulegge di rinvio, studiando volta per volta qualche accorgimento per rendere ispezionabili con sufficiente facilit e comodit le pulegge stesse, si pu contenere l'altezza necessaria sopra il calpestio del plano dell'ultima fermata entro i m 4,80 5,00. Un accorgimento che bisogna poi tener presente quando si installano ascensori con macchinario in alto riguarda il buon isolamento dell' impianto dal punto di vista della trasmissione di rumori e vibrazioni: questo in special modo quando ci si trova in edifici a struttura portante in cemento armato. In conclusione, tuttavia, poich le dlfficolt conseguenti alla maggiore altezza di testata del vano sono, in genere, facilmente superabili in fase di progettazione dell'edificio e considerato che un sufficiente isolamento acustico del macchinario e, il solito, agevolmente ottenibile, I'installazione in alto della macchina di trazione di un ascensore senz'altro da preferire alle altre due soluzioni, la cui applicazione dovrebbe rimanere ormai confinata ai pochi specialissimi casi in cui particolari esigenze e difficolt la impongano in modo perentorio . La cabina dl un ascensore pu correre come gi detto, in un vano proprio oppure in un vano scala . Le dimensioni in pianta del vano dipendono -dalle dimensioni della cabina e quindi dalla portata dell impianto: dalla presenza o meno del contrappeso nello stesso vano della cabina. La tendenza attuale di disporre appunto cabina e contrappeso nel medesimo vano: bisogna allora distinguere, per quanto riguarda le dimensioni del vano, se il contrappeso guidato con guide rigide (del tipo di quelle per la cabina, e cio costituite da profilati a T ) oppure da funi spiroidali; -dal numero delle aperture di cabina, che comunque non possono evidentemente essere pi di due la loro disposizione pu interessare due lati opposti o due lati contigui: in questo secondo caso occorre sistemare le guide in due angoli opposti della cabina, con una conseguente complicazione costrut tiva . Esaminando il caso normale dl cabina con una sola porta e di contrappeso sistemato posteriormente alla cabina stessa, le dimensioni da assegnare al vano si possono ricavare riferendosli alla fig. 4 e tenendo presente che: -A pu variare da 5 a 10 cm, valore questultimo secondo le norme non superabile: -B pu essere compreso tra 15 e 20 cm; -C deve essere: maggiore di 5 cm se il contrappeso non corre nello stesso vano della cabina; maggiore di 20 cm se si trova nello stesso vano dalla cabina ed guidato con guide rigide. Nel caso che il contrappeso sia guidato con funi occorre tener presente che la sua distanza dalla cabina e dalle pareti o dalle protezioni del vano corsa deve variare con la lunghezza libera L delle funi (e quindi con la corsa dell'impianto): pi precisamente deve essere, sempre con riferimento alla fig. 4:

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D= L x 0,4+5 dove D espresso in cm, L in m. Se per la parete o la protezione del vano continua e senza sporgenze la distanza tra essa e il contrappeso pu essere ancora di 50 mm: Per concludere questi brevi ragguagli sulledimensioni da assegnare in pianta al vano di corsa di un ascensore si riportano, in tabella III, quelleraccomandate dall'ENPI
Tabella III

Portata kg Persone 3 Persone 4 Persone 5 Persone 6 Persone 8 Persone 10 Persone 13 Montalettighe kg 630 kg 1000
D

Dimensioni cabina Dimens. vano m mm mm 0,72 0,94 1,12 1,35 1,65 2,05 2,45 900x800 1180x800 1180x950 1425x950 1425x1180 1725x1180 1725x1425 1300x1300 1500x1300 1500x1500 1800x1500 1800x1800 2100x1800 2100x2100

2,65 3,60

1180x2240 1425x2500
C

1800x2600 2100x2800

Fig. 4 Dimensioni vano di corsa

Nella realizzazione del vano di cors.1 di unascensore bisogna tener ben presenti le esigenze : relativi agli spazi di extracorsa superiore ed inferiore, cio agli: spazi che debbono rimanere sopra il soffitto e sotto il pavimento della cabina quando questa e ferma rispettivamente all'ultima ed alla primafermata. Dice infatti il Regolamento al riguardo: Nellafossa sotto la cabina devono essere disposti arresti fissi per ottenere in qualsiasi condizione uno spaziolibero di altezza non minore di m. 0,50 fra il fondo del vano e la parte pi sporgente della cabina. Al disotto del pi basso livello normale di esercizio della cabina deve essere garantito un margine di corsa tale da consentire larresto libero della cabina sotto lazione del freno per linterventodellinterruttore di fine corsa, a meno che non si provvedaallinstallazione di appropriati ammortizzatori.

Analogo margine di corsa deve essere garantito al disopra del pi alto livello normale di esercizio, al meno che non si provvedaallinstallazione di appropriati ammortizzatori sotto il contrappeso. Oltre questo margine deve essere sempre assicurato sopra il tetto della cabina uno spazio libero di almeno cm.50. A questaposizione della cabina deve corrispondere lappoggio del contrappeso su arresti fissi. Gli ammortizzatori di cui sopra devono in ogni caso essere installati quando la velocit di eserecizio superi 1,50 m/s Ci significa che gli spazi di extracorsa superiore ed inferioredebbono esser funzioni della velocit di esercizio dellimpianto, poich da questa dipende lo spazio necessario per la frenata diemergenza, e, quindi, per lappoggio sugli arresti fissi o sugliammortizatori. Per ascensori a velocit normale ormai pressoch stabilito, anche per l'indirizzo seguito dall'ENPl che detti spazi debbano essere pari a m 3,70 per l'extracorsa superiore ed a m 1,50 per quellainferiore (V fig. 5); solo nel caso in cui la realizzazione delIa fossa incontri gravi difficolt sar possibile e consentitopurch siano impiegati particolari dispositivi dl sicurezza ridurnealquanto l'altezza che comunque non potr mai essere inferiore a m 1,10 circa. Per gli ascensori veloci le altezze di testata e di fossa devonoessere maggiorate fino a raggiungere ad esempio i valori dl m 6.80 e di m 4,60 rispettivamente per un impianto con velocit di 4 m / s ; ci va comunque fatto secondo le indicazioni dei costruttori. Quando si ha a che fare con ascensori o montacarichi installati in vano scala si deve avere particolare riguardo nella costruzione dei ripari. Nel D. L. 600 riportato infatti: Per ascensori o montacarichi installati nel vani delle scale per tutte le parti che distano dagli organi mobili meno di cm 70devono essere applicate per un altezza di m 1,70 a partire dal piano di calpestio del ripiani e da! ciglio dei gradini robuste difese di materiale incombustibile in modo tale che resti impedita la possibilit di sporgersi conqualunque parte del corpo entro i vari stessi nei sopraddetti limiti dl distanza dagli organi mobili. Difese dello stesso tipo devono essere applicate alle porte degli accessi al vano quando queste sono rappresentate da cancelli. Le difese possono essere costituite da rete rnetallica solidamente intelaiata con maglie di ampiezza non superiore a cm 3 oppure da riquadri di vetri di sicurezza che debbono corrispondere aiseguenti requisiti minimi: Il vetro non deve rompersi con distacco di frammenti per la caduta libera su di esso di una sfera di acciaio levigato del peso di kg 0,760 da una altezza non inferiore a cm 50; la prova viene eseguita su un campione di dimensioni cm 30 X 30 intelaiato da cornice in legno dello spessore di cm 9 ed avente un'apertura quadrata di cm 28 di lato: tollerato che il punto d'urto venga a trovarsi in un cerchio di raggio cm 2 con centro nel baricentro del telaio. II vetro non deve rompersi n presentare screpolature se sottoposto a flessione mediante un carico di 200 kg/m concentrato lungo l'asse mediano. La lastra si considera appoggiata sui quattro lati ed il campione non deve avere dimensioni inferiori e quelle delle lastre da porre in opera. Le prove debbono essere eseguite con temperatura ambiente fra 15 e 25C . Secondo il progetto delle nuove norme questeprescrizioni dovrebbero subire qualche variazione; poich si tratta di variazioniabbastanza importanti verso le quali l'ENPI gi orientato, si reputa opportuno riportare anche il nuovo testo:

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Per ascensori e montacarichi installati nei vani delle scale tutte le parti che distano dagli organi mobili meno di cm 70 devono essere segregate con robuste pareti o protezioni dimateriale incombustibile di altezza non minore di m 1,70 dal calpestio deiripiani e dal ciglio dei gradini se ladistanza dagli organi mobili maggiore o uguale a m 0,30, e di altezza non minore di m. 3,50 se la distanza inferiore a m 0,30. Le difese posono essere costituite da rete metallica solidamente intelaiata con maglie di ampiezza tale che non permetta il passaggio di una sfera di diametro di mm 25 se la distanza dagli organi mobili maggiore o uguale a m 0,30 e di una sfera di mm 12 di diametro se la distanza dagli organimobili minore di m 0,30. La rete non potr avere un filo di sezione minore di mm 2,5. ammessa anche lalamiera traforata, ma in tal caso lo spessore non dovr risultare inferiore a 12/10. La rete non potr avere un filo disezione minore di mm 2,5. ammessa anche la lamiera traforata. ma in tal caso lo spessore non dovr risultare inferiore a 12/10. Ferme restando le disposizioni relative alle altezze dei ripari in funzione della distanza dagli organi mobili, i ripari in cristalli di sicurezza sono consentiti: le lastre debbono corrispondere ai requisiti richiesti dalle norme del D. L 600 . Si tenga presente infine che tassativamenteprescritto che nel vano di corsa di un ascensore o di un montacarichi corrano in ogni caso esclusivamenteapparecchiature e linee riguardanti l'impianto dl sollevamento Un'ultimo accenno relativo alle dimensioni del locale macchina. Stabilita per legge Ialtezza minima di m 2, per quanto riguarda la superficie in pianta ci si pu basare sui datiseguenti: -per ascensori comuni a velocit normale l'area del locale macchina dev'essere pari a circa 23 volte quella del vano: -per ascensori veloci il rapporto deve essere compreso, al minimo, tra 3 e 4. Anche in questo caso sl vogliono per riportare nella tabella IV le dimensioni raccomandate dall l'ENPI per un'opportuna unificazione; nella stessa tabella, che si riferisce ad impianti normali, sono anche indicati i

locale apparato motore min 2000

altezza restata 3700

vano di corsa

Portata kg Persone 3 Persone 4 Persone 5 Persone 6 Persone 8 Persone 10 Persone 13 Montalettighe kg 630 kg 1000

Fossa 1500 Fig. 5 Sezione del locale apparato motore e del vano di corsa A, particolare delle

Carico su Dimens. locale macchina soletta portante mm Kg. 2000 x 2500 6500 id. id. id. id. 2500 x 3000 9000 id. id. 3000 x 3500 12.500 id. id. 3000 x 3500 3500 x 4000

max 100

9000 12500

max 30 min 160 min 160

CONFRONTI - CRITERI Dl SCELTA Le pi importanti innovazioni introdotte negli ultimi anni nella tecnica degli ascensori consistono nella manovra collettiva e nel sistema dl azionamento con motore a corrente continua alimentato a tensione variabile. quindi opportuno soffermarsi ancora su questi argomenti facendo rilevare le differenze dl prestazioni che si possono ottenere tra questi impianti moderni e quelli, per cos dire,

tradizionali Per chiarire i vantaggi che pu offrire la manovra collettiva rispetto a quella automatica semplice ci si pu riferire a qualche casospecifico. Si supponga ad esempio che ai vari piani di un fabbricato siano in attesa delle persone che debbano scendere al piano terreno: con la manovraautomatica semplice la cabina deveeffettuare tante corse quanti sono i piani

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dai quali deve prelevare i passeggeri; con la manovra collettiva, invece, pu bastare una sola corsa poich la cabina si porta inizialmente al piano pi alto tra quelli da cui sono pervenute le chiamate e, nella discesa, effettua tutte le fermate necessarie .II numero di corse occorrenti con la manovra collettiva deve essere aumentato se il numero complessivo di persone da trasportare e superiore alla portata dellimpianto ; comunque solo nel caso limite in cui ad ogni piano siano attese tante persone quant la capacit della cabina, sarebbe necessario lo stesso numero di corse con i due sistemi. quindi indubbio che nella gran parte dei casi il servizio che svolge lascensore con manovra collettiva assai pi rapido ed economico di quello dellimpianto con manovra automatica normale. Quantitativamente mente si riscontrato che con impianti di identiche caratteristiche (a parte la manovra, naturalmente), dovendo prelevare una persona da ogni piano di un fabbricato, e trasportarla al piano terreno, con un ascensore a manovra collettiva il servizio viene svolto in un tempo e con un consumo dl energia che sono all'incirca la met di quelli occorrenti con un impianto a manovra automatica normale. Potrebbe apparire che il caso dellesempio precedente sia quello limite pi favorevole per la manovra collettiva: in realt si potrebbe facilmente vedere che esistono altre possibilit in cui Ia convenienza della manovra collettiva ancora pi sentita ed inoltre; si tenga presente che anche nei tra: due tipi dl manovra non dovrebbero esistere differenze, a vantaggio della manovra collettiva rimane sempre il risparmio di tempo che si consegue per leliminazione della necessit di preventivi accordi tra gli II sistema di azionamento con motore a corrente continua alimentato a tensione variabile , come gi detto, di introduzione abbastanzarecente: ma la sua diffusione andata rapidamente aumentando anche nel campo delle velocit non elevate. La ragione di ci sta nel fatto, che oltre al vantaggio di permettere notevole precisione nei livelli di fermata, I'impiego di queste macchine consente una forte riduzione dei consumi, dovuta principalmente al minor assorbimento di energia durante le fasi di avviamento e di frenatura. II vantaggio sar quindi tanto pi sensibile quanto maggiore il numero delle fermate, a parit di altre condizioni. Per avere un'idea dell'ordine digrandezza del risparmio, si consideri ad esempio che il consumo di un ascensore con motore a corrente continua a tensione variabile pu ridursi anche di 1/3 di quello di un ascensore con motore a doppia polarit di caratteristiche analoghe. pur vero che il costo di installazione degli impianti a corrente continua notevolmente superiore rispetto a quello degli altri: ma tenendo conto del risparmio dei consumi, il bilancio complessivo pu sempre chiudersi a favore del sistema di azionamento a corrente continua, e tanto pi nettamente quanto pi intenso il traffico. Inoltre l'adozione dei motori a corrente continua a tensione variabile consente anche di avere rapporti di intermittenza del 100%, cio impianti che possono funzionare continuamente senza interruzioni; negli ascensori a corrente alternata, invece, viene considerato, di solito, un rapporto di intermittenza del 40 60% (cio l'impianto pu funzionare 24-36 minuti all'ora), poich i forti assorbimenti di corrente allo spunto provocano dei notevoli surriscaldamenti del motore . La scelta del numero e del tipo di impianti da installare in un fabbricato deve tenere conto, come si visto, di numerosi fattori la cui importanza pu anche essere diversa di volta in volta. Comunque si pu intanto affermare, in base alla vasta esperienza ormai fatta, che in edifici, per abitazione con numero di piani limitato (7-8) pu essere sufficiente un solo ascensore (a meno che ilfabbricato non sia di lusso e richieda quindi l'impianto padronale e quello di servizio) con velocit di 0,70,8 m/s. Quando si tratta di edifici per uffici, grandi magazzini e comunque ove si possa prevedere traffico intenso, diventa praticamente impossibile dare un valido indirizzo generale: anzi in questi casi occorre un vero e proprio studio preliminare che va condotto partendo dalla conoscenza del numero di persone che occorre trasportare in un determinato tempo, naturalmente nelle condizioni pi gravose. Si procede poi per tentativi fissando portata e velocit e, tenendo conto del numero pi probabile di fermate, si calcola il tempo che impiega un imoianto ad effettuare una corsa completa e quindi la capacit di trasporto dellimpianto stesso nel periodo di tempo considerato: facile allora determinare il numero di ascensori occorrenti. Si ripete poi il calcolo per varie combinazioni portata-velocit fino a detrminare quelle pi conveniente. Volendo riferirsi a qualche dato dimassima si tenga presente che gli ascensori per forte traffico hanno in genere portate che vanno da 10 a 20 persone e che le velocit adottate, come si gi avuto occasione di dire, vengono fatte variare in relazione al numero delle fermate(e quindi, grosso modo, alla corsa): pi precisamente si adottano velocitintorno ad 1/50 m/s fino a 10 piani, intorno ai 2 m/s fino a 15 piani e velocit superiori (34 m/s) perfabbricati ancora pi alti.

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IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE
RICHIAMI Dl FOTOMETRIA Vengono di seguito ricordate le definizioni delle grandezze fotometriche di cui si fara uso nelle note seguenti . Quantit di luce. -Simbolo Q: la quantit di energia raggiante emessa da una sorgente (supposta monocromatica) in un certo tempo, moltiplicata per un fattore V (visibilit della radiazione) dipendente principalmente dalla lunghezza d'onda della radiazione medesima ed atto a caratterizzare I'attitudine di questa ad impressionare l'occhio. In fig. 1 riportato l'andamento del coefficiente di visibilit definito come rapporto tra la visibilit di una determinata radiazione e il valoremassimo della visibilit stessa. Tale andamento indicato per diverse grandezze della radianza (vedi appresso): da notare che il massimo della visibilit si sposta verso lunghezze d'onda minori al diminuire della radianza considerata . Flusso luminoso. -Simbolo f: e la quantit di luce che una sorgente luminosa emette per unit di tempo: sar perci il prodotto della visibilit per la potenza della radiazione. Unit di misura ne il lumen internazionale. Illuminamento. -Simbolo E: I'illuminamento (o illuminazione) in un punto di una superficie il rapporto fra il flusso luminoso ricevuto da un ele mento di superficie infinitesimo intorno a detto punto e l'area dell'elemento stesso. L'illuminamento medio Em di una superficie S investita da un flusso risulta perci Em=/S Unit di misura dell'illuminamento il lux , definito come l'illuminazione di una superficie che riceve il flusso, uniformemente ripartito, di un lumen per ogni m di area. Suo multiplo e il phot (10000 lux: 1 lumen per cm). Luminosit o radianza. -Simbolo H: la luminosit di un punto di una superficie il rapporto fra il flusso emesso da un elemento infinitesimo di superficie intorno a detto punto e l'area dell'elemento stesso. La luminosit media lm di una superficie S emittente un flusso f risulta quindi lm = (f/S. Unit di misura di luminosit il lux su bianco (lux s. b.) definito come la luminosit di una superficie che emette uniformemente un lumen per ogni m di area. Suo multiplo il phot s. b. pari a 1000 lux s. b. Intensit luminosa. -Simbolo : I' intensit luminosa, in una data direviola indaco blu verde giallo arancione rosso

0,8
10 lux s.b. 2 lux s.b. 0,01 lux s.b.

coefficiente di visibilit 0,4 0,2

0,6

4000

5000

UA

6000

7000

Fig. 1 Diagramma dell'andamento del coefficiente di visibilit zione, di una sorgente puntiforme definita dall'espressione l= df/dW ove df (P il flusso emesso dalla sorgente entro un angolo solido infinitesimo avente per asse la direzione considerata e dW l'ampiezza dell'angolo stesso. Unit di misura dell'intensit luminosa la candela internazionale (c. i.) definita mediante campione. Dalla definizione di c. i. deriva quella di lumen internazionale come il flusso emesso entro l'angolo solido unitario da una sorgente puntiforme che, entro detto angolo, abbia intensit luminosa costante e uguale ad una candela internazionale. Splendore o brillanza. -Simbolo B: lo splendore di una sorgente in una determinata direzione il rapporto tra la sua intensit luminosa in quella direzione e l'area della sua superficie apparente (proiezione della superficie effettiva della sorgente su di un piano normale alla direzione considerata). Naturalmente, perch la definizione non perda completamente significato, necessario che le dimensioni della sorgente siano piccole rispetto alle distanze che interessano. In tutte le definizioni precedenti ci si riferiti aradiazioni monocromatiche. L'estensione delle definizioni stesse al caso pi generale delle radiazioni policromatiche si pu fare tenendo presente che, entro certi limiti, si pu ammettere che l'effetto prodotto su l'occhio da un fascio di radiazioni sia pari alla somma degli effetti che le radiazioni componenti il fascio produrebbero singolarmente : pertanto si pu considerare come visibilit di un fascio di luce policromatico la media ponderale della visibilit delle singole radiazioni componenti (assumendo come pesi le potenze con queste compaiono nel fascio) ed avvalersi di tutte le definizioni sopra riportate, considerando per la visibilit il valore medio ponderalesuddetto. GENERALITA SUI PROGETTI Dl ILLUMINAZIONE I progetti di illuminazione vengono di solito condotti seguendo il criterio generale di arrivare a determinare gli elementi tecnici dell'installazione che principalmente interessano, partendo daalcuni dati, magari di massima, sullecondizioni che si vogliono realizzare. Riferendosi al caso pi significativo della illuminazione artificiale (anche sull' illuminazione naturale diurna si dar comunque in seguito qualche notizia) tali elementi comprendono essenzial mente: il tipo, la potenza e il numero delle sorgenti luminose, la loro posizione (altezza di sospensione e distanza fra i vari centri) il tipo di apparecchio di illuminazione da adoperare. bene chiarire subito che il calcolo diretto non conduce mai ad una determinazione univoca di detti elementi, ma soltanto a stabilirne alcuni avendo fissato gli altri con criteri suggeriti dall'esperienza: e inoltre da aver ben presente che in problemi di questo genere hanno molto spesso importanza criteri estetici che potrebbero suggerire soluzioni talvolta addirittura contrastanti con le esigenze tecniche. Nell'impostazione dei progetti di illuminazione occorre distinguere due

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zione di ambienti aperti (strade, piazze, ecc.) e l'altro dell'illuminazione di ambienti chiusi. La ragione della distinzione sta nel fatto che, mentre negli ambienti aperti l'illuminazione degli oggetti dovuta quasi esclusivamente alla luce che giunge ad essi direttamente dalle sorgenti, potendosi ragionevolmente trascurare quella rinviata dalle diverse superfici (ad esempio le pareti verticali dei fabbricati), nel caso degli ambienti chiusi il contributo dovuto a tale luce rinviata spesso preponderante o addirittura esclusivo (illuminazione indiretta ). I due casi verranno quindi trattati separatamente: si far per precedere una breve esposizione riguardante le caratteristiche fondamentali delle lampade normalmente impiegate e dei relativi apparecchi di illuminazione. LAMPADE Dal punto di vista tecnico-economico le caratte ristiche pi significative di una lampada sono:1)La potenza luminosa, rappresentata dal flusso f (espresso in lumen) o dallintensit luminosa mediasferica Ims (espressa in candele internazionali) : le due grandezze, per definizione, sono legate dalla eguaglianza f =4p Ims 2)La curva fotometrica, sezione della superficie fotometrica con un piano passante per lasse di simmetria del sistema ( da notare che, nella generalit dei casi, la distribuzione nello spazio del flusso emesso da una lampada ammette un asse di simme tria). La superficie fotometrica concepita come il luogo degli estremi di infiniti vettori staccati dalla lampada (supposta puntiforme) in tutte le direzioni e aventi ciascuno lunghezza proporzionale all'intensit luminosa nella direzione considerata. Evidentemente, con la simmetria supposta, la superficie fotometrica sar una superficie di rivoluzione della quale la curva fotometrica rappresenta una linea meridiana. 3) L'efficienza specifica e cio il flusso luminoso emesso per unit di potenza elettrica assorbita dalla lampada. Essa viene normalmente misurata in lu men per
(1) Si rammenta che per corpo nero si intende un corpo avente coefficiente di assorbimento costante uguale ad uno, capace cio di assorbire integralmente tutte le radiazioni che lo investono.

Per definire il colore della luce emessa da una lampada stato introdotto l'uso della cosiddetta temperatura colore e cio della temperatura che dovrebbe assumere il brillanza a corpo nero (1) per emettere 100 1000 luce dello stesso colore di quella considerata, La tem peratura colore di una lampada che emettesse luce bianca 50 sarebbe di 5200 K: le sorgenti brillanza cand./cm efficienza specifica di luce artificiale usualmente impiegate hanno temlampade per perature-colore da 3000 (luci proiettori con preponderanza di radiazioni rosse) a 6500 K (abbondanza di blu violetto, sempre rispetto alla luce bianca). 5) La durata economica e cio il tempo in cui 10 100 conveniente usare la lampada lampade in gas inerte tenuto conto che la sua efficienza diminuisce col tempo. lampade a vuoto Le lampade attualmente ado5 perate nelle pi frequenti applicazioni della tecnica dell'illuminazione appartengono a due grandi categorie: lampade ad a incandescenza e lamlampade a filamento di carbone pade a scarica o ad elettroluminescenza . 1 2000 2200 2400 2600 2800 3000 3200 3400 3600 temperatura del filamento K Fig. 2 Effetto della temperatura del filamneto sull'efficienza e la brillanza delle lampade a filamento di tungsteno.

a)Lampade ad incandescenza. -Sfruttano l'emissione di energia raggiante per temperatura da parte dei corpi solidi. Sono costituite, in linea di principio, da un'ampolla di vetro contenente un filamento di materiale conduttore dell elettricit, che, fatto percorrere da una corrente elettrica di valore opportuno, viene portato ad una temperatura convenientemente elevata in modo che l'emissione di energia raggiante da parte di esso comprenda, nella massima possibile entit, radiazioni di lunghezze donda comprese tra i limiti dello spettro visibile (40007000 A allincirca). La tecnica costruttiva delle lampade ad incandescienza, ormai notevolmente perfezionata, decisamente orientata, almeno per lampade di potenze non troppo piccole, verso i tipi a filamento di tungsteno doppiamente spiralato in gas inerte , nei quali, appunto, il corpo emittente un filamento di tungsteno disposto secondo una doppia spiralatura e contenuto in unampolla di vetro riempita con

II riempimento gassoso fatto allo scopo di ridurre la velocit di sublimazione dei tungsteno e quindi di aumentare a parit di durata la temperatura di funzionamento della lampada ottenendo una maggioreefficienza specifica. La doppia spiral atura consente di ridurre le perdite di calore per convezione. La temperatura del filamento di queste lampade varia normalmente da 2600 a 3000K (il tungsteno fonde a 3700 K circa) in fig. 2 riportato landamento dell effcienza specifica e della brillanza del filamento in funzione della tempera tura per diversi tipi di lampade a tungsteno. Lefficienza specifia varia inoltre in funzione della potenza. Si riportano a titolo di esempio i seguenti dati: Potenza assorbita in watt 100 200 500 1000 Effeienza specifia in lumen/wat 14 16 18 5 20. II colore della Iuce emessa caratterizzato dalla abbondanza di radiazioni rosse (si noti nel diagramma relativo ail emissione del tungsteno a 2850K riportato in fig. 3, come questo presenti il massimo nettamente nella zona dell ultrarosso).La durata economica di tali lampade si aggira intorno alle 1000 ore. Essa per fortemente influenzata dallecaratteristiche di funzionamento, in particolare dalla tensione: in fig. 4 riportata a titolo di

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altre caratteristiche di una lampada a tungsteno da 100 W in funzione della tensione. b)Lampada a scarica. Sfruttano lemissione di energia raggiante da parte degli aeriformi che si verifica quando questi, in particolari condizionivengono attreversati da corrente elettrica. Sono costruite, schematicamente, da un tubo di vetro o di quarzo riempito con un gas o con un vapore e alle cui estremit sono disposti due elettrodi tra i quali viene mantenuta una adeguata differenza di potenziale alternata o continua. I fenomeni fsici che caratterizzano la scarica negli aeriformi sono abbastanza complessi e la ioro interpretazione si basa sulle cognizioni relative alla struttura intima della materia nelle presenti note ci si limiter ad accennare ai fatti piu importanti, prescindendo dalle loro interpretazioni. Una caratteristica fondamentale dell emissione per luminescenza degli aeriformi la discontinuita dello spettro nel senso che in esso compaiono soltanto determinate frequenze i valori di queste e la loro importanza energetica dipendono dalla natura dell aeriforme e, per uno stesso aeriforme, dalle condizioni in cui si verifica la scarica (pressione temperatura dimensioni dei tubo ecc..). Per esempio, il vapore di Na alla temperatura di circa 200C emette energia quasi esclusivamente in corrispondenza di alcune lunghezze donda comprese entro la zona centrale dello spettro visibile; il vapore di Hg alla pressione di circa 0,002 atm emette energia raggiante prevalentemente nella zona delIuitravioletto ed aumentando la pressione tale emissione si sposta verso lunghezze donda maggiori. Le lampade a scarica di pi diffuso impiego nella tecnica dellilluminazione, prescindendo da quelle adoperate a scopi decorativi, per insegne luminose ecc.., sono: le lampade a vapore di Hg a bassa pressione con strato fluorescente; le lampade a vapore di Hg a media ed alta pressione con o senza strato fluorescente; le lampade a vapore di Na. Lampade a vapore di Hg a bassa pressione con strato flurescente Lemissione per luminescenza del vapore di Hg a bassa pressione comprende, come gi detto, im massima parte radiazioni ultraviolette: soltanto l1,5% dell energia emesso in corrispondenza dello spettro visibile. Il colore blu lefficienza specifica molto bassa. Limpiego della scarica nel vapore di mercurio a bassa pressione per la normale illuminazione e reso per possibile dall uso di particoiari sostanze dette fluorucenti le quali investite di radiazioni di determinate lunghezze donda manifestano la singolare propriet di emetterne altre di lunghezze donda superiori in particolare certe sostanze inorganiche quali ossi-solfuri tungstati e silicati emettono energia compresa nella zona dello spettro visibile se colpite da radiazioni ultraviolette Per ogni sostanza esiste una caratteristica banda di eccitazione la banda di emissione invece dipende non solo dalla natura della sostanza ma anche dalla presenza in questa di particolari impurit costituite da particelle di metalli pesanti (manganese, bismuto, rame, oro, antimonio, ecc..). Limpiego di queste sostanze permette evidentemente di sfruttare al massimo la scarica nel vapore di mercurio a bassa pressione convertendo gran parte dell energia emessa nell ultravioletto in energia luminosa lefficienza specifa aumenta fortemente ed il colore pu essere entro certi limiti variato nella maniera pi opportuna. Si arriva cos, con queste lampade. a valori di efficienza specifica di circa 35 lumen/watt.
visibile 60 ultravioletto infra-rosso

energia relativa
% efficienza specifica potenza corrente flusso emesso

50 40 30 20 10
3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000 11000 12000 13000

lunghezza d'onda in Angstrom

Fig. 3 Distribuzione dell'energia emessa da un filamento di tungsteno a 280 k

140 120 100 potenza 80 60 40 flusso corrente

durata

L
effic. spec. L/W

W I

V 20 100 105 110 115 120 125 130 Fig.4 Variazione delle caratteristiche di una lampada a tungsteno in funzione della tensione

Il colore, come si detto, pu essere diverso: riferendosi alla produzione di una nota ditta si riportano, a titolo di esempio, le caratteristiche delle quattro tonalit fondamentali da essa usate: Daylight (luce diurna): temperatura-colore 6500K: colore corrispondente a quello della luce diurna proveniente dal cielo nuvoloso: distribuzione spettrale di energia rappresentata in Fig. 5: Cool White (bianco freddo): temperatura-colore 4500K; distribuzione spettrale dellenergia rappresentata in fig. 6: White (bianco): temperatura colore 3500K; spettro diemissione relativo in fig. 7: la tonalit tende ad avvicinarsi a quella delle lampade ad incandescenza; Warm White (bianco caldo): temperatura-colore 3000K: tonalit calda vicina a quella delle lampade a filamento. Nella tabella I poi riportata, per i tipi Daylight, Cool White e White, la distribuzione percentuale dell'energia emessa nei diversi intervalli di lunghezza d'onda (bande di colore). Lo splendore delle lampade fluorescenti a vapore di mercurio a bassa pressione piccolo (0,30.6 candele/cm) e quindi esse non producono fenomeni di abbagliamento rilevanti.

100

energia relativa

80 60 40 20
4000 4400 4800 5200 5600 6000 6400

lunghezza d'onda in Angstrom

Fig. 5 Distribuzione spettrale di energia della lampada Daylight

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Tabella 1 Distribuzione dell'energia per alcune Tonalit di colore
100 80 60 40 20
4000 4400 4800 5200 5600 6000 6400

Intervallo Angstrom 2800-4300 4300-4900 4900-5600 5600-5900 5900-6300 6300-6800

Bande di colore violetto bleu verde giallo arancione rosso

Fig. 6 Distribuzione spettrale di energia della lampada Cool White

lunghezza d'onda in Angstrom

TIPO DI LAMPADA Daylight Cool White White % % 14,71 11,89 9,94 24,01 17,58 12,93 27,83 26,84 25,39 14,62 19,19 21,90 12,81 16,74 20,69 6,02 7,76 9,15 diante lo starter e con preriscaldamento dei catodi: -le lampade ad accensione istantanea. In fig. 8 sono rappresentati i tipi di elettrodi carratteristici di ciascuna delle categorie di lampade accennate: per le lampade a catodo freddo un elemento metallico tubolare, per quelle a catodo caldo con preriscaldamento un filamento metallico a doppia spiralatura con due uscite, ed infine, per quelle a catodo caldo ad accensione istantanea , un filamento.

100 80 60 40 20

lunghezza d'onda in Angstrom


Fig. 7 Distribuzione spettrale di energia della lampada White

4000 4400 4800 5200 5600 6000 6400

La loro durata economica media pari a circa 3000 ore di funzionamento (tre volte quella delle lampade ad incandescenza). Qualche breve cenno, ora, sulle caratteristiche costruttive e di funzionamento di queste lampade e sulla classificazione che da esse deriva. Si distinguono due grandi categorie: -lampade a catodo freddo; -lampade a catodo caldo. Queste ultime a loro volta, comprendono: -le lampade ad accensione me-

Tabella II Lampada rettilinee a catodo caldo Corrente Tensione Flusso luminoso in lumen Potenza Lunghezza Potenza Diametro nella alla nominale (escluso effettiva mm lampada lampada Daylight Cool White White W W spine mm) A V 4 136 16 4 0,125 35 100 6 212 16 6,1 0,145 47 210 220 8 288 16 7,9 0,160 58 330 340 10 470 26 10 0,170 65 390 440 14 360 38 14 0,390 37,5 500 540 570 15(T8) 437 26 15 0,300 55 680 730 760 15(T12) 360 38 14,1 0,330 45,5 570 620 650 20 590 38 19,7 0,380 56 920 1000 1030 25 818 38 26 0,490 60 1470 1600 30 895 26 30 0,355 98 1740 1890 1930 40(T12) 1200 38 39 0,430 99 2300 2500 2600 40(T17) 1500 54 41 0,425 104 2500 80 1500 38 80 0,800 110 3600 4000 90 1500 54 82 1,550 62 4800 5150 5300 100 1500 54 99 1,520 68 4890 Tabella III Lampada curve a catodo caldo Potenza nominale W 16 22 32 40 40 Diametro Dimensioni Potenza Corrente Tensione Flusso luminoso alla in lumen del tubo ingombro effettiva nella lampada lampada Cool White Warm mm mm W A V White ad U 26 82x370 16 0,200 90 800 circolare 28 210 21 0,390 60 930 960 circolare 32 305 31,5 0,435 82 1550 1600 ad U 38 130x610 40 0,440 100 2050 circolare 34 411 40 0,440 100 1900 Forma

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metailico rinforzato (tripla spiralatura) con una sola uscita. Sugli elettrodi vengono posate delle sostanze a facile emissione termoionica. Le lampade fluorescenti a catodo freddo (temperatura di funzionamento a regime degli elettrodi: 100,150C) sono in genere lunghe e sottili, con possibilit, quindi, di essere fabbricate secondo le forme pi svariate: si accendono istantaneamente, possono funzionare ad intensit di corrente variabili e quindi con diversi valori di emissione per unit di lunghezza e di brillanza (che sono per, di solito, inferiori a quelli delle lampade a catodo caldo); hanno in genere una pi lunga durata ma un'efficienza specifica leggermente pi bassa delle lampade a catodo caldo. Vengono fabbricate normalmente nei diametri di 15, 20 e 25 mm e nella lunghezze di 1,22 -1,52 -1,83 -2,03 -2,36 -2,54 -7,45 metri, ma il tipo di gran lunga pi diffuso quello di diametro 25 mm e lunghezza 2,36 m. Le lampade a catodo caldo (temperatura di funzionamento a regime degli elettrodi: 9001000C) sono, di solito, di maggior diametro, pi corte e funzionanti a tensioni piu basse. Le grandi ditte costruttrici hanno normalizzato, in questo campo, la loro produzione che sintetizzata nelle tabelle II, lIl e IV, i cui dati sono stati ricavati da quelli di listino di una casa produttrice. Le tabelle II e lIl si riferiscono ai tipi normali per accensione mediante lo starter con preriscaldamento dei catodi e la tabella IV ai tipi ad accensione stantanea (di cui fanno parte, quasi esclusivamente, le lampade slimline). da notare per che anche nelle lampade normali possibile eliminare lo starter e provocare l'accensione pressocch immediata mediante particolari accorgimenti di carattere elettrico (circuiti Tachistart Trigger-Start Quick-Start ecc.).

Tabella IV Lampade ad accensione istantanea Corrente Tensione Flusso luminoso in lumen Lunghezza Diametro Potenza nella alla effettiva (escluso mm lampada lampada Daylight Cool White White W spine mm) A V 42 T6 1000 19 25 0,200 145 1480 1570 48 T12 1150 38 38 0,425 97 2150 2300 2400 64 T6 1560 19 37 0,200 225 2450 2550 72 T8 1760 26 36,5 0,200 210 2550 2650 72 T12 1760 38 55 0,425 145 3600 3700 96 T8 2370 26 49 0,200 285 3250 3550 3600 96 T12 2370 38 74 0,425 192 4650 5050 5100 Tipo
Tale reattore assume per anche l'ufficio di autotrasformatore in salita nel caso delle lampade a catodo freddo e delle lampade ad accensione istantanea. A Si pu inoltre disporre un condensatore di rifasamento per migliorare il fattore di potenza del complesso. opportuno, a questo punto, richiamare l'attenzione sul fatto che i reattori, sia dal punto di vista econoB mico che da quello della facilit d'installazione dei complessi di lampade fluorescenti hanno un'importanza tutt'altro che marginale, come potrebbe erroneamente credersi: il loro costo infatti, a seconda del tipo, pari a 26 volte quello delle relative lampade, e la loro installazione qualche volta alquanto C difficoltosa, almeno per alcuni tipi, visti i loro pesi e Fig. 8 Tipi di catodi. A, catodo freddo; dimensioni e tenuto conto che, in qualche caso, il B, catodo caldo ad accensione istantanea loro funzionamento accompagnato da un fastiC, catodo caldo a preriscaldamento. dioso ronzio. A titolo di esempio si riportano in tabella V le caratteUn cenno, infine, sugli equipaggiamenti ristiche costruttive di qualcuno dei tipi pi diffusi. elettrici ausiliari di cui queste lampade neInoltre da rilevare come certi inconvenienti di cessitano. funzionamento dei complessi fluorescenti siano Uno di essi , come gi accennato, per spesso da ascrivere proprio al difettoso funzionaalcuni mento dei reattori e degli eventuali condensatori di pi di lampade lo starter , apparecchio rifasamento. Una soluzione talvolta adottata, che che prooca l'accensione. consente di risolvere abbastanza agevolmente i proInoltre, tutte queste lampade (come qualblemi della sistemazione dei reattori e della loro siasi sorgente luminosa ad elettroluminefacile accessibilit in caso di guasti quella di centrascenza) hanno una caratteristica elettrica lizzarne la installazione in speciali armadi contenitori negativa e quindi, per poter limitare la convenientemente ventilati per la dispersione del corrente che le attraversa necessario insecalore prodotto e posti nei luoghi ritenuti pi opporrire nel circuito un particolare organoche tuni. pu essere una reattanza induttiva (detta A ci si prestano meglio i tipi slimline ed a catodo reattore ) nel caso si operi in corrente freddo che non avendo la necessit del preriscaldaalternata, o una resistenza, in quello owia-

Tabella V Reattori per lampade fluorescenti


Potenza Tipo Per lampade a catodo preriscaldato, non rifasati.............. c.s. rifasati........ Per circuitoTachustart non rifasati c.s. rifasati........... Per lampade slimline rifasati.................... 75 110-220 1-0,50 25 316 96 72 5,50 40 40 110-220 1,00-0,50 110-220 0,54-0,27 13 13 210 295 63 67 51 51 1,95 2,45 40 40 110-125 0,86-0,77 110-130 0,53-0,47 10 10 158 295 65 67 46 45 1,30 1,90 lampada W Tensione linea V Corrente linea A Perdite W Dimensioni mm Lunghezza Larghezza Altezza Peso kg

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Lampade a vapore di Hg a media ed alta pressione. pressione. -Linnalzamento della pressione di esercizio un altro dei sistemi usati per aumentare l'efficienza specifica delle lampade che sfruttano l'emissione per elettroluminescenza del vapore di mercurio. Infatti, aumentando la pressione, tale emissione si modifica spostandosi verso lunghezze d'onda superiori, cio il grosso dell'energi emessa passa dalI'ultravioletto al visibile: le sottili linee nel visibile, caratteristiche dello spettro di emissione del vapore di mercurio a bassa pressione, tendono ad allargarsi e ad aumentare di intensit mentre vanno attenuandosi quelle dell'ultravioletto. II colore tende ad avvicinarsi al bianco e l'efficienza specifica aumenta fortemente. Le dimensioni della sorgente di luce diminuiscono: anzi esistono delle lampade ad altissima pressione (f,no a 200 atmosfere, usate per solo per scopi speciali come la proiezione cinematografica), che si possono praticamente considerare sorgenti puntiformi . Si costruiscono ormai lampade a vapore di Hg a medie ed alte pressioni per diversi valori di potenza (in genere per non inferiori agli 80 W) e con diverse pressioni di funzionamento (1 30 atmosfere): la loro efficienza specifica pu variare dai 35 ai 45 lumen/watt: la brillanza pu raggiungere anche le 10000 candele/cm (brillanza del sole: 165000 candele/cm). Queste lampade possono quindi provocare fenomeni di abbagliamento. La durata economica si aggira instorno alle 2000 ore . II colore della luce emessa bianco ma deficiente rispetto alla luce diurna di radiazioni rosse. Un discreto miglioramento si per ottenuto in questi ultimi tempi con l'impiego, anche in questo caso, di sostanze fluorescenti che convertono l'energia ancora emessa dal vapore nell'ultravioletto in una luce di colore rosso, contribuendo cosi ad attenuare la deficienza sopra accennata. In questo caso le lampade debbono essere costituite da un doppio involucro, uno interno di quarzo in cui avviene la scarica, ed uno esterno di vetro: sulla superficie interna di quest'ultimo sono stratificati i sali fluorescenti. Una di queste lampade rappresentata in fig. 9: come si vede la forma si avvicina molto a quella delle lampade ad incandescenza. Un inconveniente piuttosto rilevante delle lampade a media ed alta pressione rappresentato dal tempo che richiede la loro accensione, che va dai 5 ai 10 minuti: ci perch si debbono raggiungere le condizioni di pressione e di temperatura del vapore di mercurio adeguate a che la scarica in questo avvenga con le modalit accennate (all'inizio la scarica si fa avvenire,con l'impiego di un elettrodo ausielettrodi di torio non attivati bulbo interno di quarzo

bulbo isotermo

strato fluorescente (superficie interna)

Fig. 9 Lampada a vapore di Hg da 400 W a bulbo fluorescente

Anche queste lampade, come quelle a bassa pressione, richiedono che sia inserito nel loro circuito elettrico un reattore che limiti la corrente assorb ita. Lampade a vapore di sodio. -Come gia accennato, la scarica nel vapore di sodio accompagnata da emissione di energia principalmente per alcune frequenze centrali dello spettro visibiie: si ottiene cosi una luce di caratteristico colore giallo. Per avere la massima emissione occorre che la lampada funzioni ad una temperatura di circa 220C, cui daltronde corrisponde una pressione molto bassa del vapore di sodio. Il mantenimento della tempeeratura accennata impone particolari esigenza di limitazione della quantit di calore che la lampada pu cedere allesterno: ed esse vengono soddisfatte disponendo la lampada vera e propria nell'interno di un vaso tipo Dewar nell'intercapedine del quale e fatto d vuoto . L'efficienza specifica di queste lampade di 50-70 lumen/watt e cio ia pia alta di quelle viste: si tenga presente, a questo riguardo, che la loro emissione avviene quasi completamente per le lunghezze d'onda per cui la visibilit assume i pi grandi valori . Anche queste lampade necessitano, per la accensione, di un elettrodo ausiliario e della scarica di un gas di accompagno, che in questo caso di solito neon. Ne vengono costruite di diversi tipi e potenze: in tabella Vl sono riportate le caratteristiche di una serie di corrente produzione. Per concludere questa breve rassegna dei tipi di lampade pi usati negli impianti di illuminazione, si vuol accennare alle novit pi recenti e cio all'alimentazione in alta frequenza delle lampade 2 scarica, con aumento della loro efficienza specifica del 1520% e alla realizzazione di lampade allo Xenon (in realt impiegabili finora pi che altro per usi industriali) ad ele-

potenza assorbita e con colore molto simile a quello della luce diurna. La scelta dei tipi di lampade da adottare in un determinato impianto di illuminazione deve essere fatta tenendo presenti molteplici fattori tecnici, economici ed estetici: non quindi possibile fissare con sicurezza dei criteri che possano assumere sufficiente generalit. Si ritiene per opportuno porre in rilievo, relativamente ai differentl tipi di lampade precedentemente illustrati, particolari caratteristiche la cui importanza nella scelta pu qualche volta essere determinante. Le lampade ad incandescenza hanno, rispetto alle altre, una pi piccola efficienza specifica ed anche una minor durata: il bilancio economico chiude quindi normalmente a loro sfavore pure se il disavanzo mitigato da un notevole minor costo di primo impianto. Presentano per una grande semplicit di installazione e di fiunzionamento ed il loro colore in genere giudicato pi gradevole (luce pi calda ) probabilmente in conseguenza del fatto cne l'occhio e stato finora abituato ad associare alle basse luminosit luci di colore pi tendente al rossogiallo. Ci giustifica l'impiego ancor vasto che re vien fatto, pur se si deve innegabilmente riconoscere il progressivo affermarsi delle altre sorgenti di luce. Le lampade fluorescenti a catodo caldo presentano, rispetto a quelle a catodo freddo, a parit di condizioni realizzate, un minor costo di installazione le differenze per si attenuano passando dai tipi normali ad accensione con lo starter a quelli ad accensione istantanea. Anche il consumo di energia eiettrica delle lampade a catodo caldo risulta, a parit di lumen forniti, inferiore, sia pure di poco, a quello dei tipi a catodo freddo: per contro la durata di questi ultimi maggiore e non influenzata dal numero delle accensioni, diversamente da quanto avviene per gli altri. II funzionamento delle lampade a catodo caldo diviene irregolare alle basse temperature; il loro impiego per illuminazione di esterni presenta quindi delle difficolt. Le lampade a vapore di mercurio a media ed alta pressione hanno delle buone caratteristiche di efficienza e di durata ma il costo di installazione abbastanza elevato ed il colore troppo freddo (a proposito di questultimo si sono per realizzati, negli ultimi tempi, confortanti progressi).

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Esse hanno rispetto alle altre lampade a scarica, favorevoli caratteristiche di limitato ingombro; presentano per l'inconveniente grave del lungo tempo richiesto per l'accensione; per questo il loro impiego stato finora praticamente limitato all'illuminazione di esterni. Le lampade a vapori di sodio si distinguono dalle altre per due caratteristiche essenziali: I'elevato valore di efficienza specifica ed il colore della luce nettamente giallo. Mentre la prima ne consiglia la diffusione, la seconda evidentemente la ostacola attualmente la loro installazione circoscritta ad alcuni esempi di illuminazione di ambienti aperti. APPARECCHI Dl ILLUMINAZIONE Le sorgenti di luce vengono quasi sempre adoperate non da sole, ma accoppiate con opportuni apparecchi che hanno normalmente due funzioni: modificare la distribuzione nello spazio del flusso luminoso emesso dalla lampada in modo da convogliarlo verso le zone che pi interessano e diminuire la brillanza della superficie illuminante vista dall'occhio in modo da attenuare i fenomeni di abbagliamento . La conformazione di tali apparecchi viene ora studiata, molto pi di quanto non si facesse in passato, in relazione alle esigenze tecniche dell'installazione, cercando di ottenere una giusta armonia tra queste e i criteri estetici ed da rilevare con soddisfazione che, negli ultimi tempi, la produzione di apparecchi per lampade fluorescenti lineari ha assunto anche aspetti molto pi gradevoli che in precedenza, permettendo l'impiego di queste lampade pure in ambienti con particolari esigenze estetiche. Detti apparecchi sono quasi sempre costituiti da una parte metallica portante, che pu essere sagomata in modo da permettervi l'alloggiamento del reattore e che mostra verso la lampada una superftcie il pi possibile rinviante per la luce, e da uno schermo in materiale plastico (perspex, plexiglass, polistirolo, ecc.) o in elementi di vetro: lo schermo ha l'ufficio di diffondere l'energia luminosa e di mostrare all'occhio una superficie di brillanza ridotta in modo da diminuire gli eventuali effetti abbaglianti. Le plafoniere a tubi fluorescenti sono asparecchi illuminanti di dimensioni gi notevoli: negli ultimi tempi, tuttavia, si ancor pi accentuata la tendenza ad aumentare la grandezza delle sorgenti di luce arrivando anche ai soffitti interamente luminosi o a delle zone di soffitto illuminanti: i risultati ottenuti sono da ritenere soddisfacenti, anche perch si possono realizzare interessanti combinazioni come, ad esempio, quelle di pannelli luminosi con panne!li fonoassorbenti.

Tabella VI Lampade a vapore di sodio Potenza assorbita W Flusso luminoso Diametro Lunghezza totale mm(b) lumen mm(a) Lampada Compreso reattore 45 65 2700 50 247 60 80 4300 50 309 85 105 6800 50 424 140 165 11000 65 522
ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE Dl AMBIENTI APERTI Le caratteristiche principali cui deve soddisfare un impianto di illuminazione artificiale di un ambiente aperto riguardano: I'illuminazione media che si vuole ottetenere sulla superficie da Illuminare (il piano stradale o, come si usa convenzionalmente, il piano parallelo a quello stradale e innalzato di un metro rispetto a questo): il valore del coefficiente di disuniformit e cio del rapporto tra il massimo ed il mino valore dellillminamento su detto piano; la probabilit che si verifichino fenomeni di abbagliamento e la loro entit. a) I valori ottimi dellillminamento medio da realizzare dipendono principalmente dallimportanza del traffico che si presume debba svolgersi sulla strada o sulla piazza considerata, essi possono indicativamente desumersi dai seguenti dati: strade e piazze di importanza secondaria............. E = 1 5lux strade e piazze di traffico moderato ....................... E = 5 10lux strade e piazze di traffico intenso E = 10 20lux strade e piazze di speciale importan tanza . . . . . . . . . .E = 20 50lux b) Per i valori del coefficiente di disuniformit esistono dei limiti superiori che bene non siano superati per non creare dei contrasti di luminosit tali da influire dannosamente sulle caratteristiche della visione: anche questi valori vengono stabiliti non in senso assoluto ma in relazione all'importanza della strada o della piazza considerata. Essi possono oscillare da 1012 a 46 passando dalle strade e piazze secondarie a quelle con traffco impegnativo. c) Sui fenomeni di abbagliamento hanno influenza in modo particolare, come si vedr meglio in seguito, la brillanza nelle varie direzioni delle sorgenti impiegate e la loro posizione rispetto al piano stradale. Richiamandosi al criterio generale di impostazione dei progetti accennato in precedenza, nel caso in esame si potranno inizialmente stabilire, riferendosi in linea di massima a quanto sopra indicato i valori dell'illuminamento medio E e del coefficiente di disuniformit. Si condurr poi un primo calcolo orientativo nel modo che segue. Sia S Iarea della superficie da illuminare, espressa in m: il flusso utile e cio il flusso che deve investire detta superficie per dar luogo all'illuminamento medio Em sar dato da u= Em S. Non tutto il flusso uscente dagli apparecchi illuminanti raggiunger per la superficie da illuminare poich una frazione di esso potr andare dispersa nel senso che finir per Illuminare delle zone che non interessano, circostanti detta superficie. Occorre pertanto considerare un certo coeffciente di utilizzazione del flusso luminoso che viene definito come rapporto tra il flusso utile e quello emesso dagli apparecchi. II suo valore, evidentemente sempre minore di uno, varia in funzione di numerosi fattori, come: andamento della curva fotometrica delle sorgenti luminose prescelte (intendendo per sorgente luminosa l'insieme lampada + apparecchio), altezza di sospensione delle medesime e loro posizione planimetrica sulla superficie da illuminare, dimensioni di quest'ultima ecc. Come si vede, si tratta di parametri non tutti noti a priori e non tutti esattamente valutabili: il valore di tale coefficiente potr quindi essere fissato solo con larga indeterminazione: mediamente esso pu ritenersi pari a 0,50,7 (si noti che la utilizzazione effettiva del flusso rispetto a quello emesso dalle lampade ancora inferiore perch una parte viene assorbita dall'apparecchio). Si porr quindi, indicando con , jl flusso emesso dagIi apu = 0,50,7 parecchi:

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II flusso , potr essere ripartito fra un certo numero di centri luminosi, tenendo presente che moltiplicare il numero dei centri utile per ottenere una maggiore uniformit di illuminazione ma aumenta le spese di impianto e di esercizio. La loro posizione verr poi fissata considerando le particolari caratteristiche geometriche, urbanistiche ed edilizie della strada o della piazza considerata. L'altezza di sospensione dei centri luminosi sar infine stabilita tenendo presente che il suo aumento favorisce l'uniformit dell'illuminazione e diminuisce l'entit dei fenomeni di abbagliamento, ma diminuisce altres il coefficiente di utilizzazione. Le altezze di sospensione normalmente adottate variano dai 5 ai 10 metri in funzione della potenza dei centri luminosi prescelti; esiste poi una certa tendenza recente ad aumentare il valore superiore in relazione all'entrata in uso di lampade di elevata potenza luminosa unitaria, come quelle a vapore di mercurio a media ed alta pressione. Stabiliti quindi il numero dei centri luminosi e le loro caratteristiche (potenza, curva fotometrica ecc.) e la posizione di essi rispetto alla superficie da illuminare, si potr condurre un calcolo di verifica che permetta di controllare se, con la soluzione prescelta, alla quale si arrivati in base a criteri di massima, si ottengano o meno le condizioni desiderate .Si puo intanto cominciare a calcolare, per avere un primo risultato orientativo, I'illuminamento Iungo particolari linee della superficie considerata quali potrebbero essere l'asse di una strada o le direttrici di marcia a traffco pi intenso nel caso di una piazza. Considerando che nell'illuminazione di ambienti aperti l'illuminamento in un punto pu riguardarsi come dovuto al solo flusso luminoso che arriva direttamente in quel punto dalle sorgenti luminose, e che l'illuminamento prodotto da pi sorgenti pu ottenersi come somma di quelli che le sorgenti provocherebbero singolarmente, il problema si riconduce al calcolo dell'illuminamento prodotto direttamente in un punto da un centro luminoso di date caratteristiche. Con riferimento alla fig. 10, considerando, come quasi sempre ammissibile, la sorgente puntiforme, si pu dimoL curva fotometrica

C h LUX
30 25 20 15 10 5

curva di illuminazione

T P curve isofote o isolux

30 LUX

25 20 LUX LUX

15 LUX

5 10 LUX LUX

Fig. 10 Determinazione dell'illuminazione diretta prodotta da un solo centro luminoso

Ep= I LP cos LP
che permette appunto di calcolare detto illuminamento. Si effettuer il calcolo per un numero sufficientemente elevato di punti delle linee considerate e per tutti i centri luminosi, fino ad arrivare a determinare una curva

di illuminazione che rappresenti graficamente I'andamento dell'illuminamento lungo dette Iinee. Se i risultati ottenuti sono in buona armonia con quanto voluto, si estender senz'altro il calcolo di verifica a tutte le altre zone della superficie e, una volta determinato l'illuminamento in un numero sufficientemente

Campi visuali specifici Per leggere: per periodi prolungati (caratteri piccoli) ...................................... per brevi periodi (caratteri grandi) ...................................... per leggere musica per pianoforte: a) per musica complessa ...................................................... b) per musica elementare ...................................................... Per scrivere: ...................................................................... Per cucire: per cucire a mano: a) su tessuti scuri (particolari accurati, tenuti contrasti) ...................... b) per periodi prolungati (tessuti di tono medio) c) per periodo brevi (tessuti chiari) d) per periodi brevi (tessitura grossa, larghe strisce con contrasti chiari) per cucire a macchina: a) tessuti scuri ...................................................................... b) tessuto di tono medio ...................................................... c) tessuti chiari ...................................................................... In musei, mostre ecc. su statue ...................................................................... su dipinti ...................................................................... In sale operatorie: sul campo operativo...................................................................... su altre superfici di lavoro ......................................................

Lux nel campo (valori raccomandati) 300 lux 150 lux 300 lux o pi 100 lux 150 lux

1000 lux o pi 600 lux 300 lux 150 lux 1000 lux o pi 300 lux 150 lux 1000 lux 300 lux 20000 lux 1000 lux o pi

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elevato di punti, si potranno disegnare, eventualmente ricorrendo a delle interpolazioni, le linee isofote o isolux, e cioe le linee caratterizzate dallo stesso valore di illuminamento. Con l'ausilio di queste curve, che hanno tra l'altro il pregio di rappresentare, in modo chiaro e sintetico, I'andamento dell'illuminazione della superficie considerata, sar abbastanza agevole determinare l'illuminamento medio e il valore del coefficicnte di disuniformit. Se le condizioni ottenute risulteranno abbastanza prossime a quanto richiesto, il progetto si potra ritenere ultimato: in caso contrario si dovr modificare qualcuno dei parametri-base assunti (tipo dei centri luminosi, loro altezza di sospensione, distanza tra di cssi) e ripetere il calcolo di verifica: il senso delle differenze riscontrate suggerir su quali parametri agire e in che modo. Per quanto riguarda la probabilit che con la soluzione adottata abbiano a verificarsi fenomeni di abbagliamento e la loro presumibile entit, si dovranno tener presenti i principali fattori che influenzano detti fenomeni, non nascondendosi tuttavia che la previsione e tutt'altro che agevole e che molto pertanto deve essere lasciato all'esperienza del progettista. I fenomeni di abbagliamento, per i quali si riducono in sostanza tutte le capacit dell'occhio ad assolvere le proprie funzioni, (si riduce cio il coefficiente di percettibilit, I'acuit visuale, la velocit di percezione ecc.), dipendono da parecchi fattori relativi sia alle caratteristiche del corpo abbagliante che alla sua posizione. Per oggetti abbaglianti di grandi dimensioni accertato che l'entit del fenomeno funzione essenzialmente del rapporto tra la radianza dell'oggetto e quella dei corpi circostanti. Nel caso dei corpi di piccole dimensioni interviene, oltrech la loro luminosit in confronto a quella di fondo, I'angolo solido sotto cui sono visti dall'occhio (per cui l'effetto abbagliante cresce con i'avvicinarsi dell'oggetto all'occhio) e l'angolo che I'asse visuale fa con la direzione occhio-centro luminoso (I'effetto abbagliante diminuisce all'aumentare di quest'angolo). Nel caso dell'illuminazione stradale ci si trover senz'altro di fronte a sorgenti di piccole dimensioni. Considerato pertanto quanto sopra detto evidente che particolare cura dovr essere posta nella scelta dei corpi illuminanti e nella determinazione della loro altezza di sospensione: si bader ad adottare apparecchi muniti, se necessario, di schermi diffusori onde contenere la loro radianza ed il loro splendore nelle varie direzioni, entro giusti limiti, ed a collocarli ad altezze non troppo piccole rispetto al piano stradale. ILLUMINAZIONE DI AMBIENTI CHIUSI I requisiti che debbono caratterizzare lilluminazione artificiale di un ambiente chiuso sono i seguenti: valore sufficiente dellilluminamento nelle zone che interessano; illuminazione sufficientemente uniforme sia nello spazio che nel tempo; assenza di fenomeni di abbagliamento; soddisfacente colore dellilluminazione; giusta proporzione tra luce diretta e luce diffusa. a) I valori ottimi di illuminamento locale in campi ristretti dipendono dalle particolalri funzioni che locchio deve svolgervi; a titolo di esempio, nella tabella VII, sono riportati alcuni dei valori consigliati in relazione a particolari funzioni o necessit. Per quanto riguarda l'illuminazione generale degli ambienti in rapporto alle attivit generiche che vi si possono svolgere, si considerino, a titolo orientativo, i valori di illuminamento medio Em dela tabella Vll. Gli illuminamenti consigliati per i compiti specifici sono logicamente maggiori, anche di molto, a quelli relativi all'illuminazione complessiva degli ambienti: sar quindi necessaria, in molti casi, una illuminazione piu intensa in certe zone limitate: questa pu essere ottenuta o elevando l'illuminazione generale o, pi economicamente, con l'impiego di sorgenti apposite da usare zona per zona. Attualmente si riscontra una certa tendenza ad elevare l'entit dell'illuminazione generale; ci viene fatto ormai quasi dappertutto, ad esempio, nei locali ad uso di ufficio in cui va scomparendo l'impiego di lumi da tavolo anche perch la disposizione moderna con gli impiegati raggruppati in grandi saloni con numerosi posti di lavoro, crea dei particolari problemi, anche estetici, qualora si vogliano installare delle sorgenti luminose locali o addirittura individuali. Nelle case di abitazione prevale tuttavia ancora, e giustamente, il criterio delle due diverse illuminazioni, locale e di fondo: e ci non tanto per ragioni economiche, quanto per creare degli interessanti giuochi di luci e di omtre evitando di cadere in un'illuminazione eccessivamente piatta. C' comunque da rilevare al riguardo una confortevole tendenza a realizzare, anche nelle case di abitazione, delle illuminazioni molto pi razionali di quanto non fosse fatto in precedenza, eliminando l'impiego dei pretenziosi ed irrazionali lampadari cos largamente usati in passato in omaggio ad un senso estetico non sempre bene interpretato. b) Relativamente all'uniformit di illuminazione nello spazio si dir qualcosa di specifico trattando dei fenomeni di abbagliamento: per quanto riguarda la costanza del tempo c' da rilevare che occorre evitare variazioni notevoli e rapide di illuminazione poich, considerata la relativa lentezza di adattamento dellocchio a luminosit diverse, si potrebbero produrre disturbi alla visione. Inoltre se dette variazioni sono suffcientemente rapide e portano, sia pure per brevi intervalli di tempo, ad un annullamento dell'illuminazione, possono prodursi fenomeni particolari come il noto effetto stroboscopico . Esso assume sensibile importanza nel caso dell'illuminazione di ambienti industriali in cui possono trovarsi macchinari o apparecchiature con parti in movimento periodico con periodo paragonabile a quello della corrente alternata che alimenta le lampade: se queste sono di tipo tale che il flusso luminoso si annulla quando la corrente che le attraversa zero, le parti in movi, mento potrebbero apparire ferme, con evidente pericolo per le persone. L'impiego delle lampade ad incandescenza, il cui flusso luminoso non si annulla quando la corrente zero poich la temperatura del filamento rimane sufficientemente elevata, evita questo inconveniente; esso potrebbe invece presentarsi con le lampade a scarica: occorre allora far ricorso a particolari accorgimenti di carattere elettrico che permettono di eliminarlo (distribuzione sulle tre fasi, impiego di reattori bilampada). c) Si constatato sperimentalmente che la vista diretta di una lampada ad incandescenza produce sempre l'abbagliamento relativo; ci non avviene normalmente con le lampade fluorescenti lineari, ma chiaro comunque che ogni precauzione va presa in ogni caso per evitare che le superfici in vista dei corpi illuminanti assumano valori di brillanza troppo elevati: limite superiore pu essere considerato a tal proposito il valore di 2 cand/cm. Anche per una differenza di radianza tra due zone sottoposte all'occhio pu produrre senso di fastidio e peggiorare notevolmente le condizioni della visione per una particolare funzione: questa possibilit va evidentemente considerata con maggiore attenzione nel caso della doppia illuminazione, locale e generale.

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Quando infatti si presenta all'osservazione, per un compito specifico, una superficie magari di limitate dimensioni, I'occhio in realt non vede solo questa ma anche tutta la zona ad essa circostante compresa nellangolo visuale normale che di circa 60; esiste poi anche una terza zona , rappresentata da tutto il resto dellambiente che pu cadere nel campo di vista dellocchio. Valori di radianza della seconda zona superiori a 10 volte quelli della prima, o inferiori ad 1/10, producono gi in senso di fastidio. Ed bene che anche per la terza zona tali limiti non vengono oltrepassati. d) L'effetto cromatico prodotto da un oggetto di determinato colore dipende oltrech da questo, dal colore della luce che lo illumina: a titolo di esempio, nella tabella IX sono indicate le modificazioni che subiscono diversi colori passando da/la luce diurna a quella di una lampada ad incandescenza. Trattando degli ambienti chiusi occorre tener presente che all'illuminazione degli oggetti in essi contenuti non concorre soltanto la luce emessa dalle lampade ma anche quella rinviata dalle pareti: ed evidentemente il tono di quest'ultima dipende dal colore delle pareti medesime. Per esempio, in una stanza con illuminazione indiretta e con un soffitto giallo-verde la pelle assumer un colorito pallido e gialliccio. Inoltre va rilevato che l'aspetto delle superfici colorate dipende anche dal livello di illuminazione: per bassi valori dell'illuminamento molti colori tendono a sfumare verso il grigio. A ci dovuto il fatto che molti oggetti colorati, scelti alla luce diurna, e quindi con forti valori di illuminazione (qualche migliaio di lux), assumono un aspetto diverso, in genere pi scialbo, una volta osservati nell'interno degli ambienti, alla luce artificiale, Come si vede, dunque, parecchi sono i fattori oggettivi che occorre tener presenti dovendo stabilire il colore delle sorgenti da adoperare per la illuminazione di un ambiente e quello delle sue pareti: a questi fattori bisogna poi aggiungere tutti quelli di natura soggettiva relativi alle preferenze individuali, mai come in questo campo pronunciate e diverse da individuo ad individuo. Tutto ci impedisce evidentemente di poter dare degli indirizzi sufficientemente generali, tranne forse quello di cercar di realizzare fin dove possibile, per permettere una visione buona e non faticosa, un tono di luce prossimo a quello medio della luce diurna: a questo proposito si vuol far rilevare che le lampade fluorescenti presentano un eccesso di
Tabella VIII Valori in lux dell'illuminazione media consigliabile nei principali tipi di ambienti

Stanze d'abitazione

corridoi, stanze secondarie........................ camere da letto, da toletta, da bagno.......... stanze da pranzo, studio, ricevimento......... cucine.....................................................

30 50 5080 80 2030 3050 50100 20 5080 100 20 50 5080 100 50 20 50 100 500

corridoi, locali secondari............................ Alberghi (a seconda camere da letto, da bagno......................... della categoria) ingressi, sale, stanze da pranzo................. corridoi, vestiboli....................................... aule per lezioni o conferenze...................... aule disegno, sale di lettura.......................

Scuole biblioteche, ecc.

corridoi.................................................... Amministrazioni sale aspetto............................................. (uffici, banche, studi stanze ufficio, copisteria............................ industriali, ecc.) stanze disegno, non meno di..................... locali in cui ammesso il pubblico, non meno di............................................. corridoi.................................................... corsie, stanze malati, non meno di............. laboratori.................................................. sale operatorie, non meno di......................

Ospedali, cliniche

Negozi, caff, trattorie, ecc.

locali di vendita........................................ 100150 mostre, stanze da esposizione.................. 100200 trattorie,caff, grandi sale da trattenimento.. 100150 locali ingresso.......................................... platea, palchi............................................ foyer, non meno di.................................... 50100 30100 50

Teatri

Locali industriali

locali di passaggio, depositi materiale grosso, ecc................................ 20 locali per lavorazioni grossolane................. 30 locali per lavorazioni media finezza............. 50100 locali lavorazioni fini.................................. 100150 Tabella IX Modificazione dei colori
Coefficiente Aspetto con illumin. a lampade ad incandescenza Arancio e giallo Arancione rosso Rosso arancione Giallo verde Giallo rosso smorzato Marrone rosso cupo Bleu profondo Bleu porpora Coefficiente di rinvio in % 56 28 20 14 33 7 6 4

Norme del colore Giallo cadmio Arancione cromo Rosso vermiglio Verde foglia Marrone bruciato Cremisi Bleu cobalto Bleu mare

Aspetto alla luce diurna Giallo freddo Arancione Rosso arancione pastello Verde Marrone tendente al rosso Bleu rosso profondo Bleu chiaro Bleu purpureo scuro

di rinvio in % 50 25 17 15 32 7 7 4

Si tenga presente, infine, che le deviazioni verso il verde sono, in genere, le meno gradite.

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reattore soffitto 200 schermo metallico verniciato in bianco

180 120

220

100

70 80 120

60

55

200

riflettore

vetro satinato o perpex

Fig. 11 Cornici o gole luminose. Dimensioni in mm.


luce nello spazio; ed oltre a ci si presen- superflcie (il cosiddetto piano di lavoro e tano spesso negli sviluppi delle notevolis- cio un piano orizzontale a m 0,80 dal sime complessit di ordine matematico pavimento) e il flusso emesso dalle lamche rendono il problema praticamente pade I. Questo legame pu venire riassunto in un insolubile. Le diffcolt possono essere facilmente su- coefficiente di utilizzazione K definito perate nel caso in cui si ammetta che l come rapporto tra il flusso utile u=ES sul illuminamento delle pareti sia abbastanza piano di lavoro e quello emesso dalle lamuniforme ed uguale da parete a parete: in pade: tal caso detto Em tale illuminamento a il u= K l flusso emesso dagli apparecchi illuminanti Tra i diversi metodi proposti per la determiSi e ai rispettivamente l area ed il coeffi- nazione del coeffciente di utilizzazione se ciente di assorbimento di una generica ne vuol qui accennare uno che ha almeno parete dellambiente considerato si pu il pregio di essere abbastanza generale: scri ver = Em S = Em S e g =flusso emesso dagli apparecchi illuminati = a flusso emesso dalle lampade infatti per il principio di conservazione dell l energia:

e) Laspetto pi o meno gradevole dell illuminazione di un ambiente dipende anche come gi accennato da una giusta proporzione tra luce diretta (proveniente cio dai corpi illuminanti) e luce diffusa (dalle pareti dal soffitto). Un eccesso di luce diretta produce ombre molto nette e d rilievo ai contorni degli oggetti: per contro le ombre create possono rendere difficoltosa la visione in certe zone. Un eccesso di luce diffusa appiattisce i contorni ed elimina le ombre dando scarso rilievo agli oggetti. Occorre quindi mantenere una giusta proporzione tra le due: anche in questo caso risulta per difficile stabilire dei criteri generali poich molti fattori contingenti la cui importanza va apprezzata caso per caso possono influire in un senso o nellaltro sulla soluzione da adottare. Negli ultimi tempi si molto diffuso parallelamente all impiego delle lampade fluorescenti lineari il sistema di illuminazione mediante gole luminose incassate nelle pareti: si e anche arrivati con disposizion come quelle di fig. 11 a realizzare illuminazioni completamente indirette. In questo caso necessario curare al massimo che la superficie interna della gola e quella del soffitto siano fortemente rinvianti per la luce poich altrimenti il rendimento dell installazione rischia di divenire troppo basso: va inoltre effettuata una continua manutenzione per evitare che i depositi di polvere diminuiscano lefficienza delle lampade. Per quanto detto sopra poi conveniente in genere integrare lilluminazione con una parte di flusso diretto magari ottenuto realizzando la gola in modo opportuno. I problemi di illuminazione di ambienti chiusi sono sempre difficilmente risolubili dal punto di vista quantitativo anche ammettendo larghe approssimazioni poich come gi accennato in questo caso occorre tener conto nei calcoli anche del flusso luminoso rinviato dalle pareti che ha importanza sempre notevole e in qualche circostanza addirittura predominante. Daltronde la determinazione dell illuminamento prodotto dalle pareti richiede la conoscenza della loro luminosit nei vari punti e del modo in cui esse rinviano la

flusso sul piano di lavoro = u f =flusso emesso dagli apparecchi illuminati a


non senza avvertire per che queste determinazioni sono sempre soggette a notevoli incertezze. II valore di K dipende da molti parametri; comunque si pu intanto porre: K= g f con e quindi: u=g f l Il valore di g dipende evidentemente dalle caratteristiche del tipo di apparecchio iluminante che si intende usare; quello di f pu variare: a) con la distribuzione del flusso emesso dallapparecchio; b) con i coefficienti di rinvio delle pareti; c) con la forma geometrica dellambiente.

relazione che permette di calcolare a conoscendo il valore di illuminamento che si vuol realizzare oltrech la geometria delle pareti (Si) e la loro natura (calcolo di progetto); oppure di ricavare Em note le altre grandezze (calcolo di verifica). Per i coefficienti di assorbimento ai si tengano presenti i valori della tabella X, riferiti alla luce bianca ma adoperabili con buona approsimazione anche per quella delle sorgenti artificiali pi usate. Il flusso a va poi messo in relazione con quello l emesso dalle lampade onde avere notizie precise sulla consistenza dell installazione e sulla potenza ellettrica che limpianto richiede. Anche questa correlazione non per agevole da stabilire poich involge elementi costruttivi degli apparecchi illuminanti non sempre ben determinati vista la notevole variet di apparecchi impiegati nellilluminazione di ambienti interni. Nel caso in cui lilluminamento delle pareti molto diverso passando dalluna all altra il procedimento qui indicato non evidentemente pi applicabile. E da notare per che in genere non interessa la soluzione del problema nella sua generaiit ma solo la determinazione del legame tra Iilluminamento su di una certa

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Le dipendenze di f dai parametri di cui ai punti b) e c) sono riassunte nei grafici delle fig. 12,1314 tracciati nelle seguenti ipotesi: 1) che per le pareti ad eccezione del soffitto si possa assumere un coeffciente di rinvio medio rp; rs aar il coefficiente di rinvio dei soffitto; 2) che lambiente sia di forma parallelepipeda con a e b lati di base ed h altezza: per esso allora si pu introdurre un coeffciente di forma Kp definito dalla reiazione:

Tabella X Coefficienti di assorbimento


Coefficiente di Natura della superficie Superfici bianche (latte di calce recente, carta bianca ecc.)...... Superfici molto chiare, tendenti all'avorio, al giallo, al grigio.... Superfici chiare (grigio perla, avorio, giallo limone e tinte affini, rosa chiaro).. Superfici di tinta media (verde prato, azzurro chiaro, salmone, marrone non troppo scuro, ecc.).......................................................................... Superfici scure (verde oliva, rosso cremisi, grigio scuro, bruno, ecc.)...... circa circa 0,50,7 0,7'0,9 circa circa circa assorbimento 0,2 0,3 0,40,5

Kp=

h 0,9 a+ 0,1 b

(a il lato minore). Per quanto riguarda il punto a) si noti che i grafici delle fig. 12,13,14 contemplano tre casi e cio: illuminazione diretta (fd): flusso inviato dagli apparecchi verso il basso; illuminazione indiretta (fi): flusso verso lalto; illuminazione semidiretta cio con flusso inviato prevalentemente in senso orizzontale e quindi direttamente sulle pareti verticaii (f0). Spesso per gli apparecchi usati per i illuminazione di interni inviano il flusso in quasi tutte le direzioni: in tal caso si potr considerare Iapparecchio come formato da tre apparecchi che emettono complessivamente il flusso a suddiviso in tre parti: flusso orizzontaie tiusso diretto d nusso indiretto i. Si potranno allora definire tre coefficienti g nel modo seguente:

fd

0,9 0,8
rs=0,8

go= o gd= d gi = i l l l
essendo il flusso emesso dalla lampada disposta nellapparecchio e porre pertanto:

0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 Fig. 12 Valori del rapporto tra flusso, sul piano di lavoro e flusso emesso dagli apparecchi illuminanti in fnzione del coeffiiente di forma dellambiente nel caso di illuminazione diretta per vari valori di rp e per re =0,80.

rp=0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,0

K = go fo + gd fd + gi fi
I valori dei fattori f si ricavano dai diagrammi delle fig. 12,13 e 14: quelli dei coeffcienti g delle relazioni di definizione scritte sopra e dalla conoscenza dell andamento della curva fotometrica delI apparecchio illuminante (o del suo solido fotometrico se lapparecchio non presentasse caso per impro-

0,5

1
Fig. 12

1,5

2,5 kp

A.P.I.C.E. S.r.l.

272b

Manuale dellArchitetto

IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE
Fig. 14 Valori del rapporto tra flusso, sul piano di lavoro e flusso emesso dagli apparecchi illuminanti in fnzione del coeffiiente di forma dellambiente nel caso di illuminazione semidiretta per vari valori di rp e per re =0,80.
rs=0,8

0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1

rp=0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,0

0,5

1,5

2,5 kp

Fig. 13 Valori del rapporto tra flusso, sul piano di lavoro e flusso emesso dagli apparecchi illuminanti in fnzione del coeffiiente di forma dellambiente nel caso di illuminazione indiretta per vari valori di rp e per re =0,80. 1 fi 0,9 0,8
rs=0,80

ILLUMINAZIONE DIURNA Le condizioni di illuminazione diurna di un ambiente non possono essere stabilite, come viene fatto per l'illuminazione artificiale, attraverso la indicazione di valori assoluti, per la variabilit delI'illuminazione stessa con le ore del giorno, Ie stagioni e le condizioni meteorologiche del momento. Si segue perci un criterio relativo e ci si riferisce al coefficiente d'illunninazione diurna, definito come il rapporto tra l'illuminazione effettiva dell'ambiente considerato e quella che, nello stesso momento, assumerebbe una superficie liberamente esposta, all'aperto, alla luce del cielo, escluso l'eftetto diretto del sole. Per illuminazione dell'ambiente si prende o il valore medio su tutte le pareti o quella che si verifica su di un elemento di superficie intorno ad un punto convenientemente fissato, p. es. il centro di figura della sezione piana dell'ambiente parallela al pavimento ed a quota + m 0,80 su questo. Conosciuto il valore del coefficiente di illuminazione diurna per un dato ambiente, I'illuminazione effettiva E di esso data, per definizione, dall 'espressione: E = lo x in cui il valore della luminosit del cielo lo pu es sere desunto dalle osservazioni che i vari Istituti di meteorologia hanno raccolto per le varie stagioni, ore del giorno e localit. Per i nostri climi vale il diagramma di fig. 15 nel quale sono riportate sulle ascisse le ore della giornata e sulle ordinate (in scala logaritmica) le corrispondenti luminosit medie del cielo in lux su bianco. Per quanto riguarda i valori di si tenga presente che l'illuminazione di un ambiente pu essere ritenuta: ottima per > 0,03 buona per 0,015 < < 0.03 discreta per 0,005 < < 0,815 insufficiente per < 0,005 II coefficlente di illuminazione diurna riferito all'illuminazione media dellambiente puo essere determinato in sede di progetto attraverso lespressione:

= A (1 m ) S

(1)

0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1

in cui: A la superficre della finestra, m il coefficiente di diffusione medio dell'ambiente (media pon(1) derale dei coefficienti delle sin S gole pareti, cio:

m =

rp=0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,0

S la superficie delle pareti dell'ambiente (compresi pavimento e sofftto). il rapporto tra l'illuminazione media effettiva sulla finestra e la luminosit del cielo: esso funzione delle caratteristiche geometriche della strada su cui la finestra prospetta e dei coefficienti di diffusione 1, della parete che frontegoggia la finestra considerata e 2, della superficie della strada sottostante. Nella tab. Xl a doppia entrata in cui k= h/d il rapporto tra l'altezza del fabbricato (h) e la larghezza della strada (d) mentre n rappresenta l'ordinata del baricentro della finestra, ordinata che viene misurata in decimi di altezza del fabbricato stesso a partire dalla cornice di corona-

0,5

1
Fig. 13

1,5

2,5 kp

A.P.I.C.E. S.r.l.

273

Manuale dellArchitetto

IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE
K 1 d1 d1 d1 d1 = 0,4 = 0,4 = 0,2 = 0,2 d2 d2 d2 d2 d2 d2 d2 d2 = = = = = = = = e (illuminazione diurna) Tabella XI Valori del coefficiente 0 1 2 3 4 5 6 7 8 n 0,5 0,570 0,528 0,487 0,445 0,409 0,373 0,345 0,318 0,295 0,3 0,549 0,504 0,492 0,420 0,383 0,349 0,320 0,293 0299 0,5 0,561 0,518 0,4755 0,432 0,3945 0,3585 0,326 0,2965 0,271 0,3 0,540 0,494 0,4495 0,407 0,3685 0,3335 0,301 0,2715 0,285 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,5 0,3 0,562 0,541 0,556 0,535 0,550 0,532 0,548 0,530 0,540 0,525 0,539 0,524 0,508 0,485 0,502 0,479 0,477 0,454 0,4745 0,4515 0,4425 0,4195 0,4412 0,4182 0,457 0,410 0,365 0,327 0,294 0,432 0,383 0,338 0,300 0,267 0,450 0,4015 0,335 0,3155 0,2805 0,425 0,3745 0,328 0,2885 0,2535 0,409 0,382 0,4055 0,3785 0,354 0,327 0,3525 0,3255 0,3202 0,2982 0,3231 0,2971 0,3105 0,2845 0,3097 0,2837 0,266 0,241 0,250 0,225 0,243 0,220 0,224 0,201 0,173 0,153 0,161 0,141 0,121 0,102 0,113 0,094 0,100 0,083 0,094 0,077 9 0,276 0,284 0,249 0,257 0,225 0,203 0,203 0,181 0,159 0,139 0,144 0,124 0,111 0,094 0,100 0,083 10 0,258 0,237 0,228 0,207 0,211 0,19 0,186 0,165 0,142 0,130 0,130 0,112 0,105 0,09 0,091 0,076

1,25

d1 = 0,4 d1 = 0,4 d1 = 0,2 d1 = 0,2 d1 = 0,4 d1 = 0,4 d1 = 0,2 d1 = 0,2 d1 = 0,4 d1 = 0,4 d1 = 0,2 d1 = 0,2 d1 = 0,4 d1 = 0,4 d1 = 0,2 d1 = 0,2 d1 = 0,4 d1 = 0,4 d1 = 0,2 d1 = 0,2

1,75

d2 = d2 = d2 = d2 = d2 = d2 = d2 = d2 = d2 d2 d2 d2 = = = =

0,347 0,293 0,252 0,219 0,192 0,319 0,265 0,225 0,193 0,159 0,343 0,2855 0,246 0,2115 0,1835 0,315 0,2605 0,218 0,1855 0,1595 0,281 0,227 0,1865 0,254 0,200 0,1615 0,279 0,2245 0,1832 0,252 0,1975 0,1582 0,2497 0,2227 0,2483 0,2213 0,2349 0,2079 0,2339 0,2069 0,1954 0,1694 0,1967 0,1677 0,1815 0,1565 0,1802 0,1552 0,1323 0,1103 0,1316 0,1096 0,1575 0,1335 0,1552 0,1312 0,1454 0,1224 0,1437 0,1207 0,1037 0,0847 0,1028 0,0838 0,1565 0,1335 0,1522 0,1292 0,1310 0,109 0,1218 0,106 0,1206 0,0996 0,1183 0,0973 0,0844 0,674 0,0832 0,0662 0,1355 0,1145 0,1297 0,1087 0,1135 0,0935 0,1092 0,0892 0,1036 0,0846 0,1003 0,0813 0,0717 0,0567 0,0693 0,0543

2,4

2,8

0,5365 0,4228 0,5225 0,4008 0,5357 0,4219 0,5217 0,3999 0,539 0,4132 0,521 0,3912 0,5385 0,4126 0,5205 0,3906

0,09150,088 0,07850,074 0,08270,076 0,06970,062

d2 = d2 = d2 = d2 =

0,09170,08320,079 0,07470,06820,066 0,08680,07610,069 0,06980,06110,056 0,063 0,05 0,06 0,047 0,058 0,046 0,053 0,041 0,058 0,047 0,05 0,039

d1 = 0,4 d2 = 0,5 0,5275 0,3706 0,2527 0,178 d1 = 0,4 d2 = 0,3 0,5165 0,3486 0,2277 0,154 d1 = 0,2 d2 = 0,5 0,5272 0,3703 0,2524 0,1775 d1 = 0,2 d2 = 0,3 0,5162 0,3483 0,2274 0,1535 Per i lucernari esposti direttamente alla luce del cielo: e =1 Per le finestre nelle medesime condizioni: = 1/2 4
100000 50000
V IV II VI VII VIII X XI XII

100000

3 1

lux su bianco

10000 5000

50000
1000

12 3 6 21 9 15 18 ore del giorno Fig 15 Luminosit media del cielo alle varie ore del giorno I numeri romani delle varie curve indicano i mesi

100

2 3 6 9 12 15 18 21

(1) Si rammenti chhe se a il coefficiente di assorbimento risulta a= 1

Fig. 16 Andamento, in funzione delle ore del giorno, della illuminazione di una superficie liberamente esposta al sole in in giornata serena.
La curva 1 si riferisce allilluminazione diretta del sole, la curva 2 allilluminazione prodotta dal cielo e la curva 3 allilluminazione complessiva.

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Manuale dellArchitetto

DISPOSITIVI PER LELIMINAZIONE DEI DISTURBI ALLE TELEVISIONI


La ricezione radiofonica da trasmittenti locali ed estere, con apparecchi muniti di antenne interne di fortuna o di antenne televisive, subisce spesso disturbi prodotti da correnti perturbatrici ad alta ed altissima frequenza, provenienti o da irradiazione diretta o attraverso la rete di distribuzione del I energia elettrica. Per leliminazione di detti disturbi, in base alle Norme per la protezione delle radioaudizioni del C.E.I., necessario applicare adeguati dispositivi di silenziamento su determinati organi facenti parte di impianti fissi e mobili. DlSPOSiTIVI ANTIDISTURBO SU IMPIANTI FISSI Ascensori e montacarichi Quattro sono gli organi di comando e di azionamento sugli ascensori e montacarichi ai quali deve essere applicato il dispositivo antidisturbo: a) interruttore principale: su ogniconduttore occorre applicare dei filtri del tipo come rappresentato in fig. 1A o 1B, a seconda della potenza del motore. b) Bottoniera di cabina: applicare filtri in serie (fig. 2) o singoli (F6). Possono essere di tipo come in fig. 1A o 1B. c) Invertitore dei piani: su ogni conduttore deve essere applicato un filtro come in fig. 1A. d) Invertitori di discesa: su ogni conduttore deve essere applicato un filtro come in fig. 1B. Importantissima lapplicazione dei fusibili f1 ed f2 (fig. 1) perch in caso di corto circuito del condensatore non si verifichino gravi squilibri nelle fasi di funzionamento. Usare una messa a terra comune. Schermare i cavi . Interruttori di tipo vario II sistema di fig. 3 fornisce ottimirisultati. Nei circuiti a corrente alternata il condensatore C mantiene nel circuito una piccolissima corrente di ri poso ad interruttore aperto, dipendente in prevalenza dalla capacit del condensatore. Assicurarsi che tale corrente sia tollerabile, cio non produca inconvenienti. Per lampade elettriche C ed R debbono avere valori bassi (0,01 F; 20 ): per correnti forti Gruppi convertitori rotanti (Accoppiati e convertitrici) . Dispositivo come in fig.8 o in fig.11. Suonerie ad interruzione Installare soltanto suonerie a cicala o Sullinterruttore generale applicare il di tipo senza interruzione perch dispositivo di fig. 7. quest ultimo, con lo scintillio, oltre a generare disturbi, pu provocare Gruppi elettrogeni pericolosissime esplosioni nei caso di Disturbi sui canali TV ed FM. fughe di gas. I dispositivi sono quelli Applicare sul motore a scoppio il didi fig. 4, fig. 5 ed eventualmente fig. spositivo di fig.12 od usare candele 6 nei casi in cui venga richiesta una con resistore incorporato (come nelle automobili per linstallazione di autoforte attenuazione. radio) e sul generatore cc. come in fig. 8 o fig. 11. Motori di bruciatori di nafta (Per impianti centralizzati di riscaldaInsegne luminose a tempo mento). Applicare i dispositivi rappresentati in Applicare dispositivo fig. 13. Derivare ad ogni contatto un gruppo di R e C. fig. 7 o fig. 8. Usando tubi luminescenti in sostituzione delle lampadine, studiare diElettropompe per lacqua Applicare i dispositivi rappresentati in spositivo attenuatore come in fig. 14. fig. 7 o fig. 8. Tubi luminescentl per illu illumi minanazione Studi dl radiologia e raggi X Schermare il locale con rete metal- Applicare dispositivo come in fig. 14. lica, a maglie non superiori a 5 mm elettromedicali ad anche le porte e le finestre dovranno Apparecchi usare schermate ed i loro schermi, alta frequenza alIatto della chiusura, dovranno for- Possibilmente schermare il locale ed mare un ultimo contatto con la gab- applicare un filtro di rete come rappresentato in fig. 15. bia. Applicare filtri come in fig. 6 su tutti i cavi che portano lenergia elettrica di Orologi elettromagnetici rete. Connettere a terra la gabbia Applicare il dispositivo rappresentato schermante nelle immediate vici- in fig. 3. nanze. Usare pavimenti con forte Macchinario per dentisti isolamento verso terra. Applicare dispositivo rappresentato in Dischi combinatori di apparecchi fig. 8. telefo nici automatici automatici Applicare un condensatore in deriva- Apparecchiature per elettrauto zione allinterruttore (fig. 9). I disturbi (Banchi di prova e gruppi carica batgenerali sono molto forti nel campo terie accumulatori) . delle frequenze 6000 15000 kHz, Schermare come nel caso dei raggi corrispondenti alla gamma delle X il locale dove viene installato lapparecchio per prova spinterogeni, dionde corte da 20 a 50 m. stributori, candele e carica batterie accumulatori (oltre al dispositivo di Marconiterapia. Diatermia Sistemare lapparecchiatura, il pa- fig. 8). ziente e loperatore in uno stanzino Citofoni completamente schermato. Applicare un filtro salla rete c.a. di Applicare dispositivo di fig. 3 ai circuiti di inserzione . alimentazione (fig. 6). Arco voltaico di apparecchio per proiezioni Applicare il dispositivo rappresentato in fig. 10. debbono avere valori alti (0,1 F; 300 ).

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275a

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DISPOSITIVI PER LELIMINAZIONE DEI DISTURBI ALLE TELEVISIONI


DlSPOSITIVI ANTIDISTUR80 SU IMPIANTI MOBILI MOBILI 1) Frigoriferi. Applicare il dispositivo di fig. 3. 2) Asciugacapelli. Applicare il dispositivo di fig. 8. 3) Rasoi elettrici. Applicare il filtro di fig. 6. 4) Frullini. Applicare il dispositivo di fig. 8. 5) Ventilatori. Applicare il dispositivo di fig. 8. 6) Aspirapolvere e lucidatrici. Applicare il dispositivo di fig. 8. 7) Avvisatori elettrici. Applicare il dispositivo di fig. 8 ad ogni contatto. 8) Macchine per cucire. Applicare il dispositivo di fig. 8 o il filtro di fig. 6. 9) Macchine da scrivere elettriche. Applicare il dispositivo di fig. 8 o il filtro di fig. 6. 10) Interruttori a mercurio. Applicare il dispositivo di fig. 8. 11) Registratori di cassa. Applicare il filtro di fig. 6 e quello di fig. 18. 12) Raddrizzatori di corrente alternata a lamina vibrante. Appticare filtro tipo fig. 6 sulla rete c. a, e alluscita. 13) Apparecchiature automatiche. Applicare filtri come in fig. 6. 14) Raddrizzatori con tubi a gas argon per carica accumulatori. Applicare il dispositivo di fig. 21. DISTURBI RICIPROCI FRA TELE TELEVIVISORI E RICEVITORI RADIO RADIOFOFONICI (1) Il disturbo prodotto dai televisori sui ricevitori radiofonici a modulazione di ampiezza, sotto forma di gorgoglio e fruscio ronzante ogni 15 kHz circa, riducibile al minimo soltanto con limpiego di aereo a stilo con discesa schermata in cavo coassiale e schermandoparzialmente o totalmente il ricevitore. Applicare filtro di rete al televisore come in fig. 6. Non possibile ancora eliminare il disturbo prodotto dai ricevitori FM sul video dei televisori vi cini. Si pu provare a schermare il ricevitore e ad usare un aereo lontano con cavo coassiale. Televisori distutbati dai motori a scoppio: Audio e video Usare cavo coassiale schermato fino al televisore. Applicare almotore a scoppio i dispositivi di figura 12 (serve anche per i ricevitori FM). PRESCRIZIONI E NOTE IMPORTANTI Per leliminazione o attenuazione dei disturbi, provare prima ad applicare il condensatore, indi, se necessario, completare il dispositivo con resistenze smorzatrici o induttanze in serie. Resistenze: Sono sufficienti, in genere di piccolo wattaggio, ed bene che siano di tipo antinduttivo. Condensatori: Per frequenze di disturbo da 50 kHz fino a 2000 kHz usare i tipi con dielettrico avvolto (a cartuccia o a pastiglia). Per frequenze superiori a 2000 kHz usare condensatori con dielettrico a mica (specie se le oscilla zioni elettriche hanno forma donda a fronte ripido) . Tensione di lavoro, dipende anche dall extra tensione di apertura. Per carichi fortemente induttivi e corrente continua, tali tensioni possono raggiungere anche 3000 V di punta. Per alte frequenze di disturbo, usare maggiore isolamento, Per applicazione di filtri e dispositivi: usare collegamenti brevissimi. Notevoli disturbi vengono prodotti da prese di corrente difettose dei ferri da stiro e dagli interruttori automatici necchi (molle stanche). Dimensionare convenientemente il conduttore delle induttanze dei filtri (corrente massima 2 A/mm) . La presa di terra pu essere ottenuta collegando il cavo al tubo dellacqua potabile. Quella artificiale deve essere realizzata con piastra di rame o zinco a m 1 circa, nel sottosuolo, umido, mescolando alla terra carbone cocke. Superficie della piastra cm 50 X 50 circa. Conduttore di sezione 5 mm.

(1) I problemi relativi ai disturbi reciproci fra televisori e ricevitoriradiofonici sia AM che FM vengono studiati dallI.E.N.G.F. di Torino e dal-

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Manuale dellArchitetto

IMPIANTI ANTENNE TV
IMPIANTI COLLETTIVI Dl ANTENNE PER RADIO E TELEVISIONE Nei grandi edifici limpianto di parecchie antenne autonome di vario tipo, provviste spesso di condut tori pendenti lateralmente lungo le facciate, oltre a deturpare lestetica dei fabbricati pu dar luogo talvolta a pericolosi inconvenienti per corti circuiti derivanti dal contatto dei conduttori suddetti con linee elettriche esterne. Per eliminare detti inconvenienti si rende pertanto necessario che da parte degli utenti venga effettuata una periodica manutenzione per il fissaggio dei conduttori esterni. Oltre a ci per eliminare i disturbi per sdoppiamento di immagine, che si verificano per leccessiva vicinanza delle antenne ed assicurare un ottima ricezione, si rende necessario limpianto di un unica antenna che alimenti un certo numero di televisori e ricevitori radiofonici con limpiego del preamplificatore multiplo collettivo (con miscelazione dei segnali o senza). Nella fig. 22 rappresentata unantenna multipla per la ricezione fino a 50 utenze televisive ed altret tante utenze radiofoniche locali (FMmodulazione di frequenza), nonch per un uguale numero di ricevitori a modulazione di ampiem AM (emissionieuropee su onde medie ed onde corte da tutto il mondo). Tale impianto permette: a) La ricezione delle stazioni televisive della gamma normalle (VHF), per n. 8 canali compresi nella gamma di frequenza da 52 MHz a 216 MHz (esclusa la gamma FM). b) La ricezione delle stazioni televisive UHF per n. 14 canali compresi nella gamma 470 585 MHz. c) La ricezione delle stazioni radiofoniche locali con FM da 87 a 108 MHz. d) La ricezione delle stazioni locali ed estere AM ad onde medie )200 600 m) e quelle ad onde corte (15 50 m fino a m 200). II preamplificatore multiplo P che puo miscelare i segnali AM con quelli FM, collocato su di una mensola verr alimentato dalla corrente alternata 125 V o 220 V. Accanto al predetto amplificatore verr posto quello TV VHF e di trasformazione UHF (P1) su canale adiacente collettivo in miscelazione. La rete delle canalizzazioni dovr essere realizzata con tubi Bergmann o in materie plastiche di diametro non inferiore a 1618 mm posti in opera sotto traccia predisponendo quindi le relative scanalature durante la costruzione dell'edificio (v fig. 23); sar opportuno che i montanti vengano sistemati in corrispondenza delle prese sulla verticale dei locali di soggiorno. indispensabile che una canalizzazione venga riservata anche per un cavo coassiale UHF per quegli utenti che volessero disporre di tutta la gamma (14 canali), indipendentemente dalla trasformazione di un solo programma UHF su VHF adiacente per miscelazione. Si dovr installare anche una canalizzazione per eventuali telecomandi di antenne girevoli in previsione delle numerose emissioni UHF se provenienti da punti differenti. Le prese di antenna potranno essere realizzate come in fig 24A (scatola da incasso del diametro di mm 55, di tipo semplice o doppio) o meglio come in fig. 24B. Messa a terra delle antenne. Negli stabili con oitre sei piani e numerosi appartamenti per alimentare tutte le colonne montanti, sar opportuno vengano installate due o pi antenne multiple rispondenti alle esigenze teniche atte a consentire la migliore ricezione Molto importante la loro messa a terra contro le scariche atmosferiche. Tre sono i sistemi che si possono adottare: 1) Collegare l'asta di sostegno dell'antenna con conduttore di rame di sezione non inferiore a mm15 al tubo esterno principale dell'acqua potabile. 2) Collegare l'asta dell'antenna nel modo sopra indicato interponendo fra questa ed il tubo dell'ac qua uno scaricatore a pettini o a gas. 3) Collegare l'antenna ad una presa di terra regolamentare, se vi sono gi installati parafulmini vicini e situati pi in alto dell 'antenna. II criterio per la scelta del sistema pi idoneo il seguente: -Primo e secondo nelle regioni ove si verificano pochi temporali durante l'anno ed al centro degli agglomerati urbani. -Terzo sistema, nelle regioni con frequenti manifestazioni temporalesche ed in edifici situati alla periferia di centri urbani o in edifici isolati in localit di pianura. In assenzadi parafulmini la messa a terra dovr essere fatta col sistema dello scaricatore indicato al punto 2. L'impiego di una adatta protezione schermante o antenna di guardia soprastante l'antenna collettiva ma isolata da quest'ultima e collegata convenientemente a terra rappresenta una soluzione ideale per la protezione contro le scariche atmosferiche temporalesche che possono in certi casi danneggiare irrimediabilmente l'impianto collettivo mettendo anche in serio pericolo gli utenti stessi.

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276

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IMPIANTI ANTENNE TV
C1 E F1 C1 C2 C A Fig. 5 Suoneria simmetrica C= 0,1 1 F, oppure C i = 0,01 0,1 F Fig. 9 Disco combinatore telefonico C = 0,01 0,1 F F2 U 6 7 8 5 4 3 2 1 9 0 C

E F1 C1 F2 C2

U E C

L U

C Fig. 1 Filtri per ascensori A, ad una induttanza; B, a due induttanze. I valori di C 1e C 2 variano in funzione dell'intensit della corrente F1 F2 F3 F4 F5 F6 cavo comune Fig. 2 Cabina ascensori F 6 filtri 1 .....F C R L B

L Fig. 10 Arco voltaico

Fig. 6 Filtro silenziatore C= 5000 F L=500 1000 H

L 1. L 2 = ~ 5 mH R=~ 15

C=5000 F

C m = carcassa dinamo

+ L

C1 C2 Cm

C1 C 2 =5000 10000 F

Fig. 11 Motore a corrente continua C1= 0,5 4 F R

L = 300 H (in certi casi non servono) Calcolare la sezione del filo per la corrente max di punta con motore sotto carico. Cm , carcassa del motore.

Fig. 7 Motore per ascensore C = 1 4 F R = 20 500

Fig 3. Filtro per interruttori C = 0,1 0,1 F R = 20 300 M R C Fig. 8 Motore a corrente continua di gruppo elettrogeno Fig. 4 Filtro suoneria elettrica C = 0,1 0,1 F R = 20 100 C = 5000 F L=12
mH

C R C R

L L R R R

R motore

R=~ 15

Fig. 12 Motore a scoppio di gruppo elettrogeno R=10000 0,1 M

La soluzione pi usata C=0,5 F R = 30 50

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277a

Manuale dellArchitetto

IMPIANTI ANTENNE TV
C1

R C Fig. 13 Insegne luminose R= 50 200 C=10000 100000 F


neon neon

C0

C1

C 0 = 10000

C 1= 5000 F(per c.a.) VHF

C 1 = 0,1 F (per c.c.)

50 H FM

Filtro Fig. 14 Tubi luminescenti F, filtro tipo fig. 6.

salita

discesa P1

Fig. 20 Motore trifase di ascensore M, motore; A, A1 avvolgimenti C rete c. a. C Fig. 21 Raddrizatori a gas per carica accumulatori C, C1 = 1000 10000 F t

Fig. 22 Schema di antenna multipla per ricezione dei segnali radiofonici e TV C1

apparecchi

Fig. 15 Elettromedicale ad alta frequenza A, apparecchio; F, filtro tipo fig. 6

C1

t = tubo a gas

L Ri L

C Re C

Fig. 16 Filtro di rete per apparecchi radiofonici L =3005000 H R i =ricevitori L C L Fig. 23 Schemi di circuiti di impianti collettivi realizzati in grandi edifici Leggenda per l'interpretazione delle Tavole. Fig. 17 Filtro per interruttore a forte disturbo C= 0,1 F L=1000 F =condensatore a cartuccia o a mica. =resistenza colloidale. =fusibili di valore oscillante fra 100 mA e 500 mA. C R C Fig. 18 Registrazione di cassa C= 0,1 F R= 30 100 A L =filtro tipo A) o B) fig. 1. =induttanze a nido d'api costituite da filo di rame di sezione appropriata, doppio rivestimento di cotone o materiale plastico. =contatti elettrici argentati o platinati =avvolgimrnti dello statore dei motori c.a. E, U = entrata ed uscita del filtro Cm = carcassa del motore = induttanza con nucleo di ferrocarta. TV-FM UHF 220 V 115 V UHF TV radio FM C=5000 F R e =rete

Fig. 24 Tipi di prese di antenna

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277b

Manuale dellArchitetto

AMBIENTI DI ABITAZIONE
DATI DI INGOMBRO - CUCINE - CAMERE DA PRANZO

200208 finestra 110 80 55 30 8690

200208 150 6575

8690

5060 sez.mobile

25 5,5 2,5

1 tipo shunt 41x26 56x26 canne fumarie in eternit 75 110

Pavimenti Mosaico di grs porcellanato

cm x cm 2 2 3 3 5 2,5 5 20 25 30 40 10 15 20 7,5 10 5 2 4 3 6 5 2,5 10 20 25 30 40 10 15 20 15 20 10

scarico rifiuti SGABELLO PORTA scaletta TAVOLO

LAVANDINO 1 bacinella LAVAPIATTI

CUCINA A GAS CUCINA ELETR. MOBILE

FRIGORIFERO PORTASCOPE

Litogres Marmette

35 25
p 100 x 60 m 120 x 70 1 pozzetto 50x40 scalapiatti 50-60-70 1 pozz. 1 scol80x45 100x50 60x60 h 80

1 anta 40 2 ante 55-60 p 58x57 h90 p 50x48 h86 4 ante 40 m 60x50 h86 2 ante 50-90 m 60x65 h 130 g 100x60 h90 5 ante 90-120 g 80x77 h 170

Marmettoni Greificate

68

68

15

aspiratore

LAVANDINO 2 BACINELLE p 80X45 g 110x60 m 90X50 SC 150x60

LAVATRICE p 61X60 h90 m 76X67 h90

TRITARIFIUTI 18 h 40

FORNO 60X58 h70

SCALDABAGNO ISTANTANEO 23X67

ACCUMULO p 42x80 m 42x150 g 47x150

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278a

Manuale dellArchitetto

AMBIENTI DI ABITAZIONE
DATI DI INGOMBRO - CUCINE - CAMERE DA PRANZO

275

220

320

320

220 150 240 240

Rivestimenti Mattonelle maiolicate

cm x cm 12 13,5 25 20 27 25 27 25 20 27 10 1 3 2 3 4

Grs porcellanato
350 350 300 380

5 1 1,5 2 3

Mosaico vetroso

140

240

280 290

4 Piastrelle ceramica spessore cm 0,6 15 7,5

15 15

CUCINE

60 60 130 260
80X140

100 200

75
80X140

90
80X140

330 130 105 125 105

145 290

160 320

CAMERE DA PRANZO - Ingombro tavolo per 6 persone

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278b

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
NOMENCLATURA E GENERALIT
Gli arredi fissi si differenziano dagli arredi mobili solo per il fatto di essere incorporati, parzialmente o totalmente, nei vani praticati nella muratura. L'uso sempre pi diffuso di essi e la limitata ampiezza del tema consentono di coordinare la materia in modo da ridurre la loro progettazione esecutiva alla compilazione di schemi convenzionali rimandando l'esecutore alla consultazione di apposite tabelle dove sono disegnati i dettagli elementari coi quali comporre l'arredo progettato. Generalit del metodo proposto. - Si immagini di scomporre l'arredo fisso in due parti distinte: l'attacco al muro e l'arredo propriamente detto. L'attacco al muro formato da un controtelaio in legno delle stesse dimensioni di quelli usati generalmente per l'ancoraggio di alcuni tipi di stipiti di porte. A questo fine si creduto opportuno indicare in disegno (v. pag. seguente) uno stipite, particolarmente adatto per accompagnare gli arredi fissi. l nodi di attacco, disegnati sono limitati a quattro, contrassegnati ciascuno da un numero arabo. L'arredo propriamente detto formato dal corpo del mobile con i suoi scomparti variamente disposti e dagli sportelli di chiusura. Trascurando i cassetti esterni possiamo ridurre gli scomparti a pochi tipi classificandoli in base il modo di chiusura. Negli abachi (v. pag. 282 e 283) sono disegnati i nodi di passaggio fra gli scomparti, aggiungendo a questi altri due elementi: il controtelaio (limitandone la rappresentazione grafica alla parte di contorno comune ai due tipi, a filo ed a luce parete) e il telaio di armatura di una porta con l'imposta sullo stesso piano degli sportelli dello scomparto (fig. 1). Nel caso in cui l'imposta sia sul piano della parete lo scomparto del mobile corrispondente alla porta viene considerato come il tipo a giorno (fig. 2). Formazione degli schemi . - Il progettista in possesso dei nodi di attacco e di quelli di passaggio fra gli scomparti del mobile si limiter a compilare gli schemi usando i segni convenzionali riportati nella tavola. l numeri e le lettere che designano ogni nodo si segnano di seguito per i nod orizzontali ed in colonna per i nodi vertic:ali. i nodi di attacco portano i riftrimenti delle misure che fisser il progettista. La misura in profondit composta di due parti riferite al piano della parete finita dall'ambiente, per consentire al progettista di indicare l'aggetto dell'arredo dalla parete. le misure degli scomparti vanno riferite alla mezzeria dei divisori orizzontali e verticali che delimitano gli scomparti stessi. La conformazione dell'interno degli scomparti esorbita da questa trattazione ed lasciata al progettista.

Fig. 1 - Porta sul piano degli sportelli


Nodo di attacco al fianco 1 (spalla) o in alto (architrave) nel caso che l'arredo sia a filo muro Nodo di attacco al fianco o in alto (soffitto) 2 (spalla) nel caso che l'arredo sia a luce del muro Nodo di attacco in alto (architrave) nel caso in 3 cui la parete prosegua, al disopra dell'arredo, con un tramezzo in foglio. Nodo di attacco in basso sul pavimento conformato in modo da permette4 re allo zoccolo, o battiscopa dell'ambiente, di ricorrere al disotto dell'arredo.

1 1 pianta sezione

2 C 1 A CC C 1 C 1 V V V 1 1 V S SS S S 1 S 4

2 2 pianta sezione

Fig. 2 - Porta sul piano del muro 2 1 C A C C A C 1 1 V V V V V S S


66 3 35 1

Fig. 4 - Schema dei due elementi accoppiati


2 1

3 sezione

codetta

V 150

212

sezione 4

188

Fig. 5 - Schema attacco al muro

Nella pratica possono presentarsi tutti i casi ammessi dalle combinazioni dei quattro nodi.
designazione

C C C

A V

A
3,5 164 3,5

C V V V S

1 2 3 4 5 6 7 8

Scomparto a giorno (senza sportello) Scomparto con sportello cernierato Scomparto con sportello bilicato Scomparto con sportello ribaltabile Scomparto con sportello scorrevole (in legno) Scomparto con sportello scorrevole (in cristallo) Scomparto con fodera (apertura nel rovescio) Scomparto con porta

G C B R S V F P

V S S

Fig. 3 - Esempio di schema compilato secondo le norme proposte A, pianta al piano dello scomparto con sportelli scorrevoli in cristallo.

Fig. 6 - Schema arredo propriamente detto

S egni

convenzionali da adottarsi in prospetto ed in pianta, nella compilazione degli schemi


Scomparto con sportello scorrevole (in legno) S Scomparto con sportello scorrevole (in cristallo) V Scomparto con apertura sul rovescio F Scomparto con porta P Cassetto in vista Piano scorrevole in legno (in senso orizzontale) Piano stabile in legno (in senso verticale) Piano spostabile in vetro, (in senso verticale)

Elementi e scomparti dell'arredo fisso Segni convezionali: in prospetto

Scomparto a giorno G

Scomparto con sportello: cernierato C bilicato B

Scomparto con sportello ribaltabile R

mano sinistra

mano destra

Segni convezionali: in pianta

sportello fodera

indicare il verso di apertura delle imposte

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279

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ATTACCHI AL MURO

1 2
3 intonaco rustico fianco del mobile rustico intonaco riferimento profondit dell'arredo fisso codetta guida per l'intonaco fianco del mobile 4 4 1 2 4

codetta

controtelaio

riferimento profondit dell'arredo fisso 2 1 1, arredo a filo parete; 2, arredo aluce parete. L'incisione praticata nei montanti del controtelaio evita le ondulazioni dell'intonaco lungo la linea di combaciamento aggetto piano parete al rustico

squadretta di fissaggio dell'arredo

squadretta di fissaggio dell'arredo

zoccolo

piano della parete finita

aggetto zoccolo

piano della parete finita

20

larghezza arredo

35

larghezza arredo

piano intonaco

controtelaio

cazzuolino

mostra della porta

mostrine alla stessa altezza

controtelaio squadretta di fissaggio dell'arredo 100 controtelaio aggetto riferimento profondit arredo fisso intonaco

piano della parete

fodera del mobile rustico

luce telaio porta 0 1 2 3 4 5

riferimento altezza dell'arredo fisso 10 cm pavimento

altezza zoccolo

Stipite porta. La corrispondenza di livello fra i due controtelai, della porta e dell'arredo, facilita grandemente la posa in opera dei due elemneti.

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280

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
CHIUSURA VANI A MURO
codetta a vite perret

D
Luce Telaio A B C variante degli attacchi in alto nel caso si debba realizzare una paretina al disopra del vano a muro E rustico rustico Luce Telaio

luce telaio

E
luce telaio

C
codetta a vite piastrino

zoccolo I Sportelli scorrevoli

codetta a vite

A C H I nodi A ed F si realizzano quando i vani sono a luce della parete mentre i nodi C ed H si realizzano quando i vani sono a filo della parete. Luce Telaio A F C H Gli stessi nodi valgono anche nel caso che il vano a muro sia da un lato a filo e dall'altro a luce della parete.

luce vano luce telaio

codetta a vite piastrino pavimento

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281

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ABACHI NODI ORIZZONTALI
Scala dei nodi 1:5 Attacco al muro

12

Scomparto a giorno senza sportelli

Scomparto con sportello cernierato o bilicato

C B

Scomparto R con sportello ribaltabile

Scomparto con sportello S scorrevole (in legno)

Scomparto con sportello V scorrevole (in vetro)

Scomparto visto dal rovescio (fodera)

Scomparto con porta

Controtelaio

12
Attacco al muro

1G 2G
Filo parete

1C 2C 1B 2B
Filo parete

1R 2R
Filo parete

1S 2S
Filo parete

1V 2V
Filo parete

1F 2F
Filo parete

1P 2P

Controtelaio Controtelaio Divisorio

Aggetto

Telaio porta Controtelaio Divisorio

G G1Controtelaio G2
Filo parete Scomparto a giorno senza sportelli Aggetto

GG

GC GB

Controtelaio Divisorio

GR

Controtelaio Divisorio

GS

Controtelaio Divisorio

GV

Controtelaio Divisorio

GF
Fodera

Controtelaio Fiancata

GP

Telaio porta Sportello Controtelaio

C C1 B C2 B1 B2
Filo Scomparto con sportello cernierato o bilicato parete Aggetto

CG BG

Abboccatura

A BB

Divisorio

CR BR

Divisorio

CS BS

Divisorio

CV BV Divisorio

CF BF

Fiancata

CP BP

Divisorio

CC BB
Divisorio

Fodera Telaio porta Divisorio

R1 R2
Filo parete Aggetto

RG

Divisorio

RC RB

RR RR

Divisorio

RS

Divisorio

RV

RF
Fodera

RP

Scomparto con sportello ribaltabile

Fiancata Telaio porta

S S1 S2
Scomparto con sportello scorrevole in legno

Controtelaio

SG
Divisorio Divisorio

SC SB

SR
Divisorio

SS SS
Divisorio

SV
Divisorio

SF
Fodera Fiancata

SP

Telaio porta Aggetto

V1 V2

Controtelaio

VG
Divisorio

VC VB
Divisorio

VR
Divisorio

VS
Divisorio

VV VV FV
Fodera

VF
Divisorio Fodera Fiancata

VP

Scomparto con sportello scorrevole (in vetro)

Divisorio

F
Scomparto visto dal rovescio (fodera)

Aggetto Controtelaio

Telaio porta Divisorio Fodera

F1 F2
Fodera

FG

Divisorio Fodera

FC FB

Divisorio Fodera

FR

Divisorio Fodera

FS

Divisorio Fodera

FF
Divisorio

Fiancata

FP

FF

Fodera Telaio porta

Aggetto Controtelaio Telaio porte

P1 P2

PG
Fiancata

Telaio porte

PC PB
Filo Fiancata parete

Telaio porte

PR
Filo parete

Telaio porte

PS
Fiancata

Telaio porte

PV
Filo Fiancata parete

Telaio porte

PF
Fiancata Filo parete In disegno si fatto il caso della porta apribile nello spessore del mobile. implicito che ammesso ogni altro caso.

Scomparto con porta Aggetto

Filo parete

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282

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ABACHI NODI VERTICALI
controtelaio scala dei nodi 1:5 scomparto senza sportelli (a giorno) scomparto con sportello scomparto con sportello ribaltabile scomparto con sportello scomparto con sportello scomparto visto

attacco al muro piano parete controtelaio

123

G G P

C B

R G B P P
In disegno si fatto il caso delle porte apribili nello spessore del mobile. implicito che amesso ogni altro caso.

S
scorrevole (in legno)

V
scorrevole (in vetro)

F
dal rovescio(fodera)

cernierato o bilicato

S P

F P

scomparto con porta

telaio porta

123 PPP
piano parete controtelaio

telaio porta 40x45

telaio porta 40x45

telaio porta 40x45

telaio porta 40x45

scomparto con sportello a giorno

123
GGG
piano parete controtelaio

G G

CB GG

R G

S G

V G

F G

cernierato o bilicato

C B

scomparto con sportello

CBCBCB

112233
piano parete controtelaio

GG CB

CC B B CB CB

R R C B

S S C B

V V C B

F F C B

R
scomparto con sportello ribaltabile

123
RRR
piano parete controtelaio

G R

CB R R

R R

S R

V R

F R

S
scomparto con sportello scorrevole (in legno)

123
SSS
piano parete controtelaio

G S

CB S S

R S

S S

V S

F S

V
scomparto con sportello scorrevole (in vetro)

123
VVV
piano parete controtelaio

G V

CB VV

R V

S V

V V

F V

F
scomparto visto dal rovescio (fodera)

123
FFF

G F
piano parete

CB FF
piano parete

R F
piano parete

S F
piano parete

V F

F F
piano parete

attacco allo zoccolo

4
lo zoccolo quello ricorrente nell'ambiente
zoccolo pavimento G 4

zoccolo

base

zoccolo pavimento C B 44

zoccolo pavimento base

S 4

base

zoccolo pavimento V 4

base

zoccolo pavimento F 4

base

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283

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ESEMPIO COMBINATO CON PORTA

3 G

3 C

3 C

controtelaio

1G

GC

A C1

oggetto

C 4 Porta sul piano del muro zoccolo pavimento

3 G

controtelaio

profondit imbotto

luce telaio imposta a rasare pavimento zoccolo rustico imposta a rasare controtelaio 0 10 20cm

luce controtelaio

codetta

1G

GC oggetto

C1 controtelaio codetta

luce telaio Porta nel piano del tramezzo

zoccolo

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284

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ESEMPIO COMBINATO CON PORTA 1 P

1 V 1V 1R 1F V VV R R F FC F 4 C 4 VP FP CP

1 P P2 1G

1 V

1 F F1 GF F S GS S SS S S1 1 F GF FC C1 F C 4 4

aggetto luce telaio

altezza arredo aggetto

pavimento

predella

1 V 1S SS 1 F SG
0 5 10 20cm

V R

F S
aggetto

passavivande

profondit arredo

vetro
compasso piano parete

R F S C
piano della parete piano della parete

1R 1C RF CF

FP

luce telaio

FG
piano parete

G1

imposta a bietta piano parete

F 4

C 4

1F

FC

CP

P2

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285

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ESEMPIO COMBINATO CON PORTA ARMADIO A MURO CON ANTINE A VENTOLA
A, muratura; B, intonaco; C, zoccolo 13x60; D, controtelaio 20x90; E, controtelaio 35x90; F, codetta 20x2; G, base 40x60 H, divisorio intermedio (cavalla) per pesi rilevanti consigliabile in paniforte; I, nocella riportata; L, nocella; M, abboccatura; N, coprifilo o mostrina 10x35; O, bilico; P, longheroni 40x40; Q, quadretta di rinforzo 30x30x2 per carichi rilevanti R, pavimento; S, piano parete: 5 H B

1_B

A B B B B

A B 1

2 B

B 4

aggetto

40

profondit arredo fisso

F B A D

altezza arredo 10 cm

1B
S

BB B 4
G C O P C G

C aggetto cm 4 N O

G P

ARMADIO A MURO CON ANTINE SCORREVOLI


3 S 2 S S 4 S S S 1 A, muratura; B, intonaco; C, zoccolo 13x80 D, controtelaio 20x90; E, controtelaio 35x90 F, codetta 20x2 G, base 40x80 H, bietta riportata 40x40x8 per scorrimento sportelli I, nocella riportata; N, coprifilo o mostrina 10x35; P, longheroni 40x40; H, pavimento. B A F E B D

3 S
N

H N

2S

S1

F altezza arredo

C N C N G larghezza arredo

SS

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286

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
ARMADIO A MURO CON SCAFFALI A GIORNO E ANTINE A RIBALTA
ARMADIO A MURO CON SCAFFALI A GIORNO E ANTINE A RIBALTA
1 1 G G G G G G R R 1

1 R

A, muratura; B, intonaco; C, controtelaio 20x90; E, codetta 20x2; F, coprifilo o mostrina 10x35; G, compasso;

1 G

AGGETTO

G R

R 1
F ARMADIO A MURO CON CRISTALLI SCORREVOLI E ANTINE A VENTOLA E C A, muratura; 3 B, intonaco; C, controtelaio 20x90; V E D, controtelaio 35x90; E, codetta; F, coprifilo o mostrina 10x35; H, binario per scorrimento cristalli; I, cristalli; L, zoccolo; M, base 40x50; aggetto N, antina a ventola; I H

3 2 v v v B B 4

A B E

V B

B 4
L F M

2V

aggetto

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287

Manuale dellArchitetto

ARREDI FISSI
UTILIZZAZIONE NICCHIE FINESTRE
Variante con controsoglia ribassata

cm 85 Coprifilo

Piano parete cm 8 Luce vano finestra +~ cm 28 Zoccolo ricorrente nella stanza Sguincio intonacato senza mostra di contorno. Mobile senza rivestimento interno Vetro fisso Catenaccetto Arresto Arresto 12 Fila Squadretta di rinforzo Griglia Lamiera Piano parete 1 Fila Pavimento

Piano parete Solaio

Griglia Finestra Controsoglia Griglia

Sportello cernierato Telaio asportabile con griglia Fianco Griglia

Sportello cernierato

Zoccolo Luce vano finestra +~ cm 28 Sguincio intonacato senza mostra di contorno. Mobile con termosifone incorporato

Telaio asportabile 1 Fila Zoccolo

Mostra di contorno dello sguincio Controsoglia

Filo parete B

Proiezione controsoglia NODO B Rapp. 1:3 Zoccolo

Sguincio con mostra di contorno. Mobile a giorno con rivestimento della nicchia

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288

Manuale dellArchitetto

ARREDAMENTI
MISURE E DATI RIGUARDANTI LUOMO
IL CORPO UMANO E LA SEZIONE AUREA
Sezione aurea = 5-1 2 = 0,618

Rapporto tra testa e statura Canone egiziano, statura=7 teste e 1/2; Canone greco (Politecnico), statura= 7 teste e 2/3; Canone romano (Vitruvio), statura= 8 teste; CAnone italico (Alberti), statura= 7 teste e 1/2. Canoni antropometrici medi Delluomo adulto statura = 100 parti Arti inferiori = 47,5 Testa = 13,3 Arti superiori = 42 (Tutte le miCollo = 4,2 sure sono Tronco = 35 date in cm). Larghezza spalle = 23
44 30 42 130 72 175 145 92 52 90 170 138 79 45 110 160

145

107

60

115

40

55

62

72

40

60

50

92

100

95

115

110

Respirazione (aria pura occorrente)


m ora 28 m ora18 m ora 38 m ora 32 m ora 43

Illuminazione Lavoro grossolano lux 10 Lavoro di scarsa finezza lux 20 Lavoro di media finezza lux 30 Lavoro di finezza lux 40 Lavoro di extra finezza lux 50

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289

Manuale dellArchitetto

ARREDAMENTI
MISURE DINGOMBRO DI SEDIE, POLTRONE E SDRAIE
Sedie La retta a congiunge il centro di rotazione della tibia (A) con larticolazione della tibia e lastragolo. (B). La retta b congiunge larticolazione coxo-femorale (c)con la articolazione dellatlante con loccipitte (D). Nelle sedie h = cm 45 si ha b parallela ad a. Questa rette formano un angolo di 85 con lorizzontale. Tale angolo pu assumersi come indicazione della spalliera della sedia. Il contatto tra le apofisi spinose della colonna vertebrale e la superficie di appoggio avviene in una zona larga cm 10. La mezzeria di tale zona si trova a ~ cm 35 dal piano di seduta. Poltrone Nelle poltrone 30 h 40. Per h = 40 a e b parallele. Per h generico la retta a descrive un angolo ed in corrispondenza la retta b descrive un angolo =/2 Le rette nelle posizioni cos determinate danno linclinazione della gamba e del corpo.
15 60 48 75 57 48 48 57

D regione cervicale regione toracica 12

30

regione lombare regione sacrococcigea 30 20 10 0 10 20 30

18 12 5

85 B

45 h

79 45 74 58 74

85 87 84

58 87

30 20 10 0 10 20 30 65

30 35

40 h

88 42 80 62 62

Poltrone a sdraio Nelle poltrone a sdraio 10 h 20. Per h = 20 la retta a descrive un angolo = 39 ed in corrispondenza la retta b descrive un angolo =2/3 Per h generico la retta a descrive un angolo ed in corrispondenza la retta b descrive un angolo.

40+90

65

110+170

30 20 10 0 10 20 30 65 b a

10 15 20 h

8090

60

50

90110

A.P.I.C.E. S.r.l.

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Manuale dellArchitetto

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