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G.

Reale, dalla Introduzione alla Metafisica di Aristotele


III. CHE COS LESSERE 1. Lessere non ha uno solo ma molti significati La dottrina dellessere ha una storia che risale a Parmenide e al suo poema filosofico Per physeos (Della Natura), che resta una pietra miliare nella storia dellontologia e, anzi, segna il cominciamento stesso dellontologia. Lessere, per Parmenide, il puro essere, vale a dire il puro positivo che si contrappone al puro negativo (il non-essere). Orbene, dice il nostro filosofo, lessere e il non-essere non , il che significa: se c lessere, non pu esserci il non-essere. Il nonessere, infatti, impensabile (pensare sempre e solo pensare lessere) e indicibile (dicibile sempre e solo qualcosa che ). Potremmo correttamente denominare, questa di Parmenide, concezione integrale ed univoca dellessere, poich ammette una sola accezione dellessere, una accezione assoluta, la quale comporta una corrispettiva accezione altrettanto univoca e assoluta del non-essere. Tutti gli attributi che il grande maestro di Elea riconosce come propri dellessere non sono se non unesplicitazione di questa assolutezza: lessere ingenerato ed incorruttibile; perch, altrimenti, bisognerebbe supporre un non-essere da cui dovrebbe derivare o in cui dovrebbe finire, il che assurdo, posto che il nonessere assolutamente non . Per la stessa ragione, senza passato e senza futuro, ma sempre attualmente presente (non fu e non sar, ma ora) ed anche immutabile e immobile (mutamento e immobilit implicherebbero, in ogni caso, un assurdo non dellessere). Orbene, questa concezione dellessere comporta necessariamente una distruzione dei fenomeni ed una negazione dellesperienza che li attesta, dato che i fenomeni sembrano implicare, in vario modo, il non-essere. Sicch la logica delleleatismo implica la dichiarazione dellillusoriet dei fenomeni e la proclamazione della non validit dellesperienza che li attesta: tesi, questa, dedotta con lucida coerenza dai discepoli di Parmenide, Zenone e Melisso. La realt, per gli Eleati, solo come noi la pensiamo con il logos e non come la sperimentiamo con i sensi1. Gi Platone aveva sentito il bisogno di riformare lontologia eleatica. Egli aveva, infatti, compreso che, mantenendo ferma la concezione univoca ed integrale dellessere, che comportava altres lunivocit dellessere stesso, si cadeva in difficolt insormontabili. Era dunque necessario, secondo Platone, spezzare questo monolitico blocco dellessere parmenideo, concependo lessere come molteplicit di Forme o Essenze (Idee in senso ontologico). Ma, appunto per essere molteplici, le Idee devono essere ciascuna diversa dallaltra, ossia non essere laltra. Dunque, bisognava ammettere il non-essere almeno in questa accezione di diverso. E cos, nellessere, venivano incluse le differenze ideali, che permettevano di concepirlo come molCfr., per un approfondimento di questo punto, la nostra Storia della filosofia antica cit., vol. I, pp. 119 e seguenti.
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teplice, pur mantenendo tutti gli attributi parmenidei2. Platone non riusc tuttavia, malgrado questa riforma, a salvare anche i fenomeni e lesperienza. Infatti, se lintroduzione del non-essere come diverso spiega la molteplicit, non spiega per il divenire (il nascere, il morire, lalterarsi, il crescere e decrescere, ecc). Ma proprio il divenire che costituisce il carattere peculiare dei fenomeni e del mondo empirico e, dunque, proprio il divenire che va salvato, ossia spiegato. Per la verit, Platone tent in vario modo di salvare il mondo sensibile. Tuttavia i suoi tentativi non sono stati coronati da successo. Pi di tutti significativo il tentativo che egli comp nella Repubblica3, dove si dice che, se il mondo sensibile non il vero essere (lessere che veramente ), non per questo esso il non-essere: esso costituisce, piuttosto, un intermedio (metax) fra essere e non-essere. Ora, questo intermedio fra essere e nonessere (che significa non altro che una sorta di mescolanza di essere e non-essere) precisamente quel monstrum che il grande principio di Parmenide dichiara assurdo e, quindi, impossibile. Del resto, Platone stesso riconobbe questa caratteristica di monstrum dell intermedio fra essere e nonessere , dicendo, con una delle sue immagini pi splendide, che esso assomiglia a quelle tali cose cui allude questo celebre indovinello greco: c un uomo che non un uomo, che tira una pietra che non una pietra, ad un uccello che non un uccello, il quale sta su una pianta che non una pianta. Le cose cui allude lindovinello sono: un eunuco (che appunto uomo e non-uomo), il quale getta una pomice (che appunto pietra e non-pietra), ad un pipistrello (che ha le ali ma non uccello), che sta su una canna (che ha fusto e foglie, ma non una pianta). Questa fondamentale ambiguit attribuita alla realt del mondo sensibile esprime perfettamente la incompletezza della riforma platonica4. Solamente sullo sfondo di questa complessa problematica si pu comprendere loriginalit e il significato dellontologia aristotelica. Mentre Parmenide e Platone (sia pure in modo diverso) avevano negato, in tutto o in parte, dignit di essere a ci che non rientrava nella loro delimitata concezione dellessere, Aristotele, al contrario, tenta una operazione opposta, cercando di ampliare la concezione dellessere e di articolarla in modo tale da poter far rientrare in essa qualsiasi realt si presenti, sia alla ragione sia allesperienza. Resta vero anche per Aristotele (cos come lo per Parmenide) che solo lessere e il non-essere non . Ma altrettanto vero e questa la grande riforma che lessere ha non uno ma molti significati e che anche il non-essere non ha uno solo ma molti significati, E lessere ha molti significati non solo e non tanto perch include molte Idee, ossia molti enti dello stesso genere, come voleva Platone, ma perch esso si rivela originariamente differenziato in generi o sfere o piani diversi, e poi ancora in modi e in maniere diverse e molteplici
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Cfr. ivi, vol. II, pp. 33 e seguenti. Cfr. PLATONE, Repubblica, V,478 e 479d. Cfr. il nostro Concetto d filosofia prima... cit., pp. 99-142.

allinterno di questi piani. Insomma: lessere, per Aristotele, la totalit delle cose pensabili ed esperibili, senza eccezioni. Anche le cose pi umili e pi vili, di fronte alle quali Platone si sentiva in crisi (come un capello, una macchia, una sporcizia e simili), hanno dignit di essere o, meglio, hanno una certa dose di essere. Ma allora - si obietter - se, da un lato, Parmenide ha commesso un errore per eccesso, concependo lessere come univoco (avente un solo senso), Aristotele non commette forse un errore per eccesso opposto, non concepisce forse lessere come equivoco? Non c il pericolo che, volendo far rientrare nellessere tutta la realt, lessere perda qualsiasi connotazione unitaria e, dunque, finisca per diventare un nome vano, senza oggetto? Come vedremo leggendo il libro quarto, Aristotele vide chiaramente questa difficolt, e la sciolse in maniera brillante. Fra univocit ed equivocit c una via di mezzo. Infatti un termine pu indicare un solo genere di cose (termine univoco), o molti generi di cose diverse che non hanno fra loro alcuna relazione (termine equivoco), oppure (e questo il caso che ci interessa) generi di cose fra loro diversi ma aventi tutti quanti una comune relazione con un termine unico5. Facciamo un esempio. Il termine salutare pu riferirsi a cose diverse: ad un colorito, ad un cibo, ad una medicina, allaria di montagna o di mare, e cos via. Orbene, il colorito salutare perch sintomo di salute, il cibo che ha determinate sostanze perch produce salute se lo si mangia, una medicina e laria di montagna e di mare perch ridonano salute, e cos via. Come si vede, le varie cose elencate sono salutari a diverso titolo, ma sono tutte salutari e tali possono correttamente essere dette perch hanno tutte quante relazione con un termine unico, ossia appunto con la salute. Anche lessere si dice in molti sensi, ma tutti quanti i sensi implicano un comune riferimento ad un termine unico, che Aristotele chiama sostanza (ousa = essentit). Anche a questo proposito giover fare un esempio. Essere ad esempio un uomo, poniamo Socrate, e lo a pieno titolo. Ma essere anche lessere musico di Socrate; tuttavia, lessere musico si riferisce allessere di Socrate e non ci sarebbe senza questo. Essere anche il correre di Socrate; ma, anche in questo caso, lessere del correre non ci sarebbe se non ci fosse lessere di colui che corre. Lessere di un determinato peso o di una determinata statura un modo dessere, che, per, suppone lessere di unaltra cosa; per stare al nostro esempio, presuppone Socrate che ha quel peso e quella statura. E cos di seguito. Allora evidente che i molteplici significati dellessere si configurano come diversi fra loro e, ad un tempo, come aventi un comune legame con un termine unico, che , appunto, la sostanza (nel caso che abbiamo fatto, Socrate). In breve, lessere o sostanza oppure implica sempre un riferimento alla sostanza, al punto che, se fosse tolta la sostanza, resterebbero tolti anche tutti gli altri significati dellessere.
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Pertanto, lindagine sullessere dovr incentrarsi, se non esclusivamente, certo prevalentemente sulla sostanza, e lindagine sugli altri significati dellessere dovr configurarsi, in ogni caso, oltre che come unindagine su questi significati di per s considerati, anche come un esame della precisa relazione che li lega alla sostanza. Ma, prima di passare allesame della sostanza, vediamo quanti e quali sono in generale questi molteplici significati dellessere. 2. La tavola aristotelica dei significati dellessere. Su questa tavola dei significati dellessere (che Aristotele stabilisce nel libro quinto e che poi illustra soprattutto nel sesto) e sullimportanza della medesima ha richiamato lattenzione per primo Franz Brentano, in un libro che ha fatto epoca6. In effetti, questa tavola offre il filo di Arianna per districarci nella selva dellontologia aristotelica, in modo sicuro. I significati dellessere sono quattro o, meglio, quattro gruppi fondamentali e sono i seguenti: 1) lessere accidentale, 2) lessere nel senso di vero, 3) lessere secondo le figure delle categorie, 4) lessere come potenza e atto7. 1) Lessere accidentale esprime meri accadimenti. Ad esempio, quando si dice Socrate musico, oppure pallido, lessere musico o lessere pallido esprime non una propriet essenziale ma un essere che tocca o accade a Socrate senza alcun nesso di necessit. Lessere accidentale una forma di essere fortuito. Nel libro sesto vien definito come quel modo di essere che non n sempre n per lo pi: e questo , appunto, il fortuito8. 2) Lessere come vero esprime, invece, lessere del giudizio vero, ossia un essere pensato, un essere mentale. Vedremo, sempre nel libro sesto, che Aristotele considera questo essere una mera affezione della mente9. 3) Lessere delle categorie considerato da Aristotele come un essere in senso forte, un senso dellessere per s, anche se egli distingue, poi, nettamente la prima categoria da tutte le altre. Come noto, Aristotele ha elencato talora dieci categorie, talora solamente otto. Ecco la tavola completa:. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Sostanza o essenza Qualit Quantit Relazione Azione o agire Passione o patire Dove (luogo) Quando (tempo) Avere Giacere (ousa, t esti) (poin) (posn) (prs ti) (poien) (pschein) (po) (pot) (chein) (kesthai)

Si veda soprattutto Metafisica, IV,2.

6 F. BRENTANO, Von der mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles, Friburgo i.B. 1862 (ed. 2, Darmstadt 1960). 7 Cfr. Metafisica, V,7 e VI,2. 8 Ivi, VI,2-3. 9 Ivi, VI,4.

Le ultime due categorie sono, in realt, sussumibili in altre, e in effetti Aristotele nella Metafisica (cos come nella Fisica)10 non menziona le ultime due. La tavola di dieci, che si incontra nelle opere di logica, , probabilmente, ispirata solo dal desiderio di raggiungere il numero perfetto della decade11. Le categorie ridanno i significati fondamentali dellessere in quanto ridanno le originarie distinzioni su cui si appoggiano gli altri significati. Lasciando stare, per il momento, la questione della sostanza, di cui diremo pi oltre, notiamo che ogni realt (sensibile) deve avere determinate qualit, una determinata quantit, deve intrattenere determinate relazioni con le altre realt, deve agire e patire, deve essere in un luogo e in un tempo. Le categorie hanno, dunque, una loro necessit, in quanto non ci sono cose sensibili che non siano determinate secondo queste figure categoriali. 4) Essere secondo la potenza e latto indicano, rispettivamente, lessere come possibilit e capacit, da un lato, e lessere come realizzazione di quella possibilit e capacit, dallaltro. in potenza veggente colui che tiene gli occhi chiusi (perch pu vedere, ma non sta vedendo); veggente in atto chi li tiene aperti. in potenza statua un blocco di marmo che lo scultore sta scalpellando, in atto la statua gi scolpita12. Abbiamo detto che la tavola delle categorie fa da fondamento agli altri significati. Infatti, laccidente pu aver luogo solo secondo una delle categorie, il vero pensato sempre unione o separazione secondo lo schema delle categorie ed anche la potenza e latto hanno luogo secondo le figure delle categorie. Ma, come abbiamo gi accennato, le categorie non esprimono un unico significato dellessere ma, piuttosto, un gruppo di significati dellessere, in cui lessere della prima sporge decisamente su quello di tutte le altre in quanto costituisce il loro stesso fondamento. Nessuna delle altre categorie sarebbe, se non esistesse la prima, la sostanza. La qualit sempre e solo di una sostanza e lo stesso vale per tutte le altre. dunque evidente che la dottrina aristotelica dellessere presenter, s, un esame di tutti i significati dellessere sopra elencati, ma dovr privilegiare lesame della sostanza, appunto perch, tolto lessere della sostanza, sarebbe tolto lessere di tutte le categorie e, quindi, anche gli altri modi di essere che si riferiscono alle categorie. Allora chiaro che il problema che cosa lessere, nella sua formulazione ultimativa, equivarr al problema che cos la sostanza13. Che cos, allora, la sostanza? 3. I significati della sostanza in generale. Aristotele risponde al problema tenendo conto di tutto quanto era stato detto prima di lui a questo proposito.
10 Sul problema delle categorie si vedano gli studi fondamentali che indichiamo nellIntroduzione alla nostra edizione maggiore della traduzione con commentario della Metafisica cit., vol. I, p. 35, nota 76. 11 Si veda soprattutto il trattato di Aristotele espressamente dedicato a questo tema e che reca come titolo, appunto, Le categorie. 12 Cfr. ARISTOTELE, Metafisica. IX, passim. 13 Cfr. ivi,VII,l.

I Fisici avevano parlato di quello che Aristotele, con termine nuovo, chiama materia, ossia, avevano parlato di terra, aria, acqua, fuoco, omeomerie e atomi, e in questi avevano creduto di ritrovare lessentit, il fondo dellessere, ci che fa essere tutte quante le altre cose. Invece Platone e i Platonici avevano puntato la loro attenzione sulle Forme e sulle Idee, e in queste avevano indicato il vero essere, quello che fonda tutte le altre cose. Ma evidente, anche a livello di costatazione empirica, che i veri esseri sembrano le cose individue concrete. Chi ha ragione? Intanto, bene precisare subito che le cose singole concrete sono dei composti di elementi materiali tenuti insieme da una forma, sono sinoli, ossia un tutto insieme degli uni e dellaltra e dunque sono alcunch di posteriore, alcunch di causato e principiato. Pertanto, bisogner risalire dal sinolo alle sue cause e ai suoi principi. I principi delle cose sono esattamente la materia, da un lato, e la forma, dallaltro. La materia ha funzione di sostrato, e non diverrebbe le varie cose se non ci fosse, appunto, la forma che la differenzia e la determina. Ma la materia, senza la forma, non pu esistere (mentre, come vedremo, certe forme senza materia possono esistere), e lattuarsi della materia in una data cosa dipende dalla forma. La forma , allora, non solo essere ma causa dellessere, anzi, dice Aristotele, causa prima dellessere14. Su questi problemi ritorneremo soprattutto nella prefazione al libro settimo. Ora dobbiamo, invece, porre una domanda, la cui risposta ci riveler linscindibile nesso fra lonto-usiologia aristotelica e la sua teologia e, quindi, la valenza meta-fisica della dottrina dellessere e della sostanza. Tutte le cose (le cose che cadono sotto la nostra esperienza sensibile) sono strutturate, come abbiamo detto, di materia e di forma. Ora, la materia desiderio della forma, ossia positiva capacit di assumere la forma (, per sua natura, fatta per essere realizzata dalla forma) e, quindi, essere-inpotenza. La forma, invece, determinazione della materia, principio attuante le potenzialit della materia. I mattoni sono la materia della casa, nel senso che sono la potenzialit della casa, mentre la forma quella struttura in funzione della quale linsieme dei mattoni non resta un mero coacervo, ma diventa un alcunch di organizzato e attuato, appunto la casa concreta. Ebbene, si domander, che cos che fa s che la materia assuma la forma, o, detto in altro modo, che cos che fa s che la forma si imprima nella materia e determini la materia medesima? Nelle cose artificiali lartefice, che funge da causa agente o efficiente. E negli enti naturali? il padre, per esempio, che genera il figlio, trasmettendo la forma o specie attraverso il seme che feconda lovulo. E cos avviene in tutti i viventi. Ma se consideriamo linsieme del cosmo fisico? Platone aveva parlato di un Demiurgo che plasma una chora (o materia) informe secondo il modello o paradigma eterno delle Idee. Ma Aristotele non accetta la dottrina del Demiurgo, che ritiene, pro14

Cfr. ivi, VII,17 e VIII,2.

babilmente, mitica. Per lo Stagirita tutti i fenomeni della sfera del mondo terrestre sono spiegati dal movimento delle sfere celesti, in particolare dal movimento del sole, che produce le stagioni e quindi tutti i fenomeni e le forme ad esse connessi. I moti dei cieli sono dunque causa (efficiente) di tutti i fenomeni celesti o terrestri. A loro volta, tutti i moti dei cieli dipendono dal moto del primo cielo, che, secondo la cosmologia di allora, era quello delle stelle fisse. Ma ecco un problema imporsi come veramente ultimativo. Questo movimento del primo cielo lAssoluto stesso, spiega tutti gli altri fenomeni e anche s medesimo, oppure spiega tutti gli altri fenomeni ma non s medesimo? proprio nel rispondere a questo problema che Aristotele costretto a introdurre laltra sostanza, quella metafisica, quella meta-sensibile. Quella che, a pieno titolo, pu essere chiamata (e Aristotele la chiama) Dio. Ma questa sostanza non agisce come il platonico Demiurgo, pur essendo la ragione ultima per cui la materia assume la forma, ogni cosa tende come a proprio fine a realizzare pienamente questa forma, il mondo si struttura gerarchicamente, il cosmo intero dispiega la pi perfetta armonia. Vediamo, in sintesi, le linee essenziali della teologia aristotelica. IV. LESISTENZA SOPRASENSIBILE.
DI UN ESSERE O DI UNA SOSTANZA

atto pura forma, ossia forma senza materia. La sostanza che Aristotele postula come principio di tutti i movimenti dunque una sostanza immateriale, una sostanza che non n fisica n sensibile, ma, appunto, meta-fisica. 2. La causalit della sostanza soprasensibile. Abbiamo detto che questa sostanza deve essere immobile e, nello stesso tempo, che principio ultimo di movimento, proprio perch immobile. Ma come pu limmobile produrre movimento? Aristotele, come abbiamo detto, non mostra di apprezzare in alcun modo la soluzione platonica del Demiurgo; ma, daltra parte, non guadagna il concetto creazionistico, che nellarea della cultura occidentale entrer solo con la filosofia mosaica di Filone Alessandrino. Per Aristotele, infatti, Dio non , per sua essenza, lessere, ma il primo della serie degli esseri, ossia la prima delle sostanze. Come pu, dunque, questa sostanza agire sulle altre cose? La risposta aristotelica la seguente. La causalit del Primo Motore non del tipo di quella di un genitore che produce un figlio, n quella di uno scultore che plasma una materia, n quella di una mano che muove un corpo. Dio muove come lintelligibile muove lintelligenza, e il bello e il buono muovono il desiderio. Dio muove come oggetto di amore. La sua causalit efficiente-finale. Come suprema perfezione, Dio attrae. E lanelito alla perfezione sollecita, attraverso il cielo delle stelle fisse, che il primo ad essere attratto, tutte quante le cose. Da Dio, dunque, cielo e natura dipendono. I cieli si muovono, i fenomeni si realizzano, i cieli delle cose terrestri si attuano: in una parola, il cosmo si costituisce in virt di questo anelito alla perfezione15. 3. La natura del soprasensibile. Abbiamo gi detto che, per Aristotele, la sostanza soprasensibile non , per sua essenza, lEssere e meno che mai infinito Essere. Qual , allora, la sua natura? la pi alta forma di Vita che sussiste, vale a dire la Vita dellIntelligenza, Vita ottima ed eterna di una Intelligenza ci che di pi alto esiste. E poich ci che di pi alto esiste , appunto, essa Intelligenza, il Dio aristotelico Intelligenza di Intelligenza, Pensiero di Pensiero. Scrive Aristotele in un passo divenuto celeberrimo: II pensiero che pensiero per s, ha come oggetto ci che di per s pi eccellente, e il pensiero che tale in massimo grado ha per oggetto ci che eccellente in massimo grado. Lintelligenza pensa se stessa, cogliendosi come intelligibile: infatti, essa diventa intelligibile intuendo e pensando s, cosicch intelligenza ed intelligibile coincidono. Lintelligenza , infatti, ci che capace di cogliere lintelligibile e la sostanza, ed in atto quando li possiede. Pertanto, pi ancora che quella capacit, questo possesso ci che di divino ha lintelligenza; e lattivit contemplativa ci
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1. La dimostrazione dellesistenza del soprasensibile. Abbiamo detto che, staticamente considerate, le singole cose sono un sinolo o un insieme di materia e di forma. Dinamicamente considerate, invece, esse richiedono altre due cause: il fine o scopo cui tendono nel loro divenire, che coincide, per lo pi, con lattuazione piena della loro forma, e lagente o la causa efficiente, che quella che spiega il loro generarsi. Abbiamo inoltre visto che nella serie delle cause efficienti Aristotele (sulla base della cosmologia di allora) giunge fino al movimento del primo cielo e poi pone questo problema. Perch, dunque, non basta lassunzione di un movimento eterno per spiegare il cosmo? Appunto perch, anche se eterno, pur sempre movimento. Il movimento, infatti, sussiste solo nella misura in cui prodotto da un principio motore. Ci che si muove , infatti, sempre mosso da altro. Ora, questo principio motore deve essere innanzitutto eterno, essendo eterno il movimento che produce. Inoltre deve essere immobile, giacch altrimenti, daccapo, richiederebbe un ulteriore principio che ne spiegasse il movimento. Infine, deve essere atto puro, perch, se non fosse tale, avrebbe potenzialit, il che significa che potrebbe anche non muovere in atto, cosa, questa, assurda, perch siamo partiti appunto dal movimento eterno del cielo. Pertanto, per essere idonea a spiegare un movimento eterno la causa deve essere essa stessa eterna, immobile, atto puro (in atto per sua stessa natura). A questo punto, guadagnato un principio che atto puro, si guadagnato un principio che non ha materia, dato che la materia potenza, Tatto forma e il puro 4

Si veda, in modo particolare, Metafisica, XII,6-9.

che c di pi piacevole e di pi eccellente16. [...] Se, dunque, lIntelligenza divina ci che c di pi eccellente, pensa se stessa, e il suo pensiero pensiero di pensiero 17. Il vero succedaneo del platonico mondo delle Idee , in Aristotele, lIntelligenza. Questa e questa sola la sostanza separata, ossia trascendente. Purtroppo le due grandi intuizioni metafisiche di Platone e di Aristotele rimasero come divaricate. Una volta immanentizzato, il mondo delle Idee divenne il mondo delle forme nella materia, e, come tale, divenne indegno del Pensiero divino che pensa solo s. Il luogo delle forme, per Aristotele, oltre che la materia che funge da ricettacolo, poteva essere solo la mente umana che le pensa, astraendole dal sensibile, non il Pensiero divino. Ma come possa la materia, nel suo aspirare alla forma, assumere la totalit delle forme che costituiscono il cosmo Aristotele non lo ha spiegato. La sola ammissione dellanelito alla perfezione da cui lintero cosmo squassato non basta a risolvere il problema. Ma c una ulteriore complicazione su cui dobbiamo soffermarci, vale a dire laffermazione aristotelica dellesistenza di una molteplicit di sostanze analoghe a quella che abbiamo descritta. 4. La pluralit delle sostanze soprasensibili. Aristotele ha per creduto che Dio non bastasse, da solo, a spiegare il movimento di tutte le sfere dalle quali il cielo costituito. Dio muove direttamente il primo mobile il cielo delle stelle fisse ; ma fra questa sfera e la Terra vi sono molte altre sfere concentriche, digradanti e rinchiuse luna nellaltra. Chi muove tutte queste sfere? Le risposte potrebbero essere due: o sono mosse dal moto derivante dal primo cielo, che si trasmette meccanicamente dalluna allaltra, oppure sono mosse da altre sostanze soprasensibili, immobili ed eterne, che muovono in modo analogo al Primo Motore. La seconda soluzione quella abbracciata da Aristotele18. In effetti, la prima non poteva quadrare con la concezione della diversit dei vari moti delle differenti sfere. I moti delle varie sfere sono, infatti, diversi e non uniformi, al fine di poter produrre, combinandosi in vario modo, il moto dei pianeti (che non un moto perfettamente circolare). Pertanto non si vedrebbe come dal moto del primo cielo potrebbero derivare differenti moti, n come, dallattrazione uniforme di un unico Motore, potrebbero derivare moti circolari diretti in senso opposto. Ecco per quali ragioni Aristotele introdusse la molteplicit dei Motori, che pens come sostanze soprasensibili, capaci di muovere in modo analogo a Dio, vale a dire come cause finali (cause finali relativamente alle singole sfere). In base, poi, ai calcoli dellastronomia del suo tempo, e operando alcune correzioni che personalmente riteneva
ARISTOTELE, Metafisica, XII,7,1072b. Ivi, XII,9,1074b 18 Si veda soprattutto il c. 8 del libro XII e quanto a questo proposito diciamo nel nostro volume Teofrasto e la sua aporetica metafisica cit., pp. 102-134.
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necessarie e questo si vedr nel capitolo ottavo del libro dodicesimo Aristotele ha stabilito in misura di cinquantacinque il numero delle sfere, ammettendo, peraltro, una possibile diminuzione di esse a quarantasette. E se tante sono le sfere, altrettante dovranno essere le sostanze immobili ed eterne che producono i movimenti di quelle. Dio o Primo Motore muove direttamente la prima sfera, e solo indirettamente le altre; le altre cinquantacinque sostanze soprasensibili muovono le altre cinquantacinque sfere. , questa, una forma di politeismo? Il problema complesso, e ammette solo una risposta complessa. Ricordiamo, in primo luogo, che per Aristotele, cos come per Platone e, in genere, per il Greco, il Divino designa unampia sfera, nella quale, a diverso titolo, rientrano molteplici e differenti realt. Divine sono, per Platone, le Idee del Bene e del Bello e, in generale, tutte le Idee. Divino il Demiurgo; divine sono le anime; divini sono gli astri e divino il mondo. Analogamente, per Aristotele, divino il Motore immobile, divine sono le sostanze soprasensibili ed immobili motrici dei cieli, divini sono gli astri, le stelle, le sfere, le anime delle sfere e degli astri, e divina anche lanima intellettiva degli uomini. Divino, insomma, tutto ci che eterno ed incorruttibile. Il Greco non ha sentito lantitesi unit-molteplicit del Divino: e non a caso che mai la questione sia stata esplicitamente messa a tema in questi termini. Premesso quindi che, data la forma mentis del Greco, lesistenza di cinquantacinque sostanze soprasensibili oltre la Prima, cio oltre il Motore immobile, doveva sembrare cosa assai meno strana che a noi; ebbene, pur premesso questo, dobbiamo dire che indisconoscibile un tentativo di unificazione del Divino da parte di Aristotele. Innanzitutto egli ha esplicitamente chiamato col termine Dio in senso forte solo il Primo Motore. Nello stesso capitolo ottavo del libro dodicesimo, dove esposta la dottrina della pluralit dei motori, Aristotele ribadisce lunicit del Motore Primo Dio in senso vero e proprio e da questa unicit deduce anche lunicit del mondo. E il libro dodicesimo, come noto, si chiude con la esplicita affermazione che le cose non vogliono essere malgovernate da una molteplicit di principi, suggellata, quasi per dare maggior solennit, dal significativo verso di Omero: il governo di molti non buono, uno solo sia il comandante19. chiaro, allora, che le altre sostanze immobili che muovono le singole sfere celesti, Aristotele non pu che averle concepite come gerarchicamente inferiori al Primo Motore Immobile. E, in effetti, la loro gerarchia risulta essere la stessa di quella data dallordine delle sfere che muovono gli astri. Scrive il nostro Filosofo: Dunque, che ci siano queste sostanze, e che, di queste, una venga prima e laltra segua nello stesso ordine gerarchico dei movimenti degli astri, evidente 20. Perci le cinquantacinque sostanze motrici delle cinquantacinque sfere sono inferiori al Primo Motore e, ulte19 20

OMERO, Iliade, II,204. ARISTOTELE, Metafisica, XII,8,1073b.

riormente, sono gerarchizzate luna rispetto allaltra. Il che ben spiega come possano essere sostanze individue diverse luna dallaltra: sono forme pure immateriali, luna inferiore allaltra. In Aristotele c, dunque, un tentativo di guadagnare una visione monoteistica, ma incompleto, parziale, esigenziale pi che effettivo. Esigenziale, perch egli ha cercato di staccare nettamente il Primo Motore dagli altri ponendolo su un piano tutto diverso, in maniera da poterlo legittimamente chiamare unico e da questa unicit dedurre la unicit del mondo. Incompleto e parziale, perch le cinquantacinque sostanze motrici sono parimenti eterne sostanze immateriali che non dipendono dal Primo Motore quanto allessere. Il Dio aristotelico non creatore delle cinquantacinque intelligenze motrici, cos come non creatore del cosmo: di qui le difficolt di cui ragioniamo. Lo Stagirita, poi, ha lasciato completamente inspiegato il preciso rapporto sussistente fra Dio e queste sostanze

e, anche, fra queste sostanze e le sfere che esse muovono. Una notevole semplificazione si avrebbe se queste cinquantacinque sostanze fossero le anime dei cieli, come qualcuno pensa. Ma mentre altrove Aristotele parla dellanimazione dei cieli, nella Metafisica, invece, non ne fa parola. Altri studiosi pensano che queste sostanze motrici stiano, rispetto alle sfere che muovono, nello stesso rapporto che il Primo Motore ha con il cielo delle stelle fisse e che, per spiegare la sollecitazione che esercitano sulle sfere, sia necessario ammettere anche lanimazione delle sfere, ossia che ciascuna delle sfere sia dotata di unanima. Ma su tutti questi problemi il testo della Metafisica tace, ed ogni illazione risulta aleatoria. Il Medioevo trasformer queste sostanze nelle celebri intelligenze angeliche motrici, create da Dio come ogni altra cosa, e, appunto con il concetto di creazione, risolver le aporie aristoteliche non altrimenti solubili.

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