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Curva in una deformazione elasto-

plastica ideale
COMPORTAMENTO PLASTICO
deformazione plastica: deformazione permanente, che non viene
cio recuperata al cessare della sollecitazione.
p p R T
E

+ = + =
Curva in una deformazione elasto-
plastica reale
sforzo di snervamento, s
y
: sforzo necessario per passare dalla fase di deformazione elastica
a quella di deformazione plastica.
Generalmente lo snervamento non netto. Si definisce perci lo sforzo di snervamento
come quello al quale si ha una prefissata deformazione plastica permanente residua, pari
solitamente allo 0.2%. Si ottiene tracciando, da un valore pari a 0.002, una linea parallela
alla porzione di curva lineare.
a) Tipica curva sforzo deformazione per un metallo
b) Comportamento sforzo deformazione per alcuni acciai per i quali il fenomeno dello snervamento
ben evidente
MECCANISMO DI DEFORMAZIONE PLASTICA
Sotto l'azione di forze esterne il cristallo pu deformarsi permanentemente
(plasticamente). Infatti, l'azione di una forza tangenziale produce, dopo la massima
deformazione elastica, lo slittamento del piano reticolare.
La deformazione plastica originata dallo scorrimento dei piani cristallini, cio dallo
spostamento degli atomi o delle molecole che costituiscono il materiale da una
posizione di equilibrio stabile ad un'altra equivalente.
MECCANISMO DI DEFORMAZIONE PLASTICA
Se si assume che lo sforzo tangenziale una funzione periodica di x, si pu
calcolare il valore max di , critico per lo slittamento del piano.
a
x
a
x
k x f

2
sin
2
sin ) (
max
= = =

max
lo sforzo massimo da compiere per produrre lo scorrimento di interi
piani atomici uno rispetto allaltro (resistenza allo scorrimento), e verr
indicato con
cr
.
Con questo modello risulterebbe
cr
G/6 ( E/20). Un modello pi raffinato
fornisce:
a
x
a
x


2 2
sin
max max
= =
a/4
S
f
o
r
z
o

max
a/2
d
Gx
=
a
x
d
Gx

2
max
=
d
Ga

2
max
=
Legge di Hooke

cr
G/30 ( E/100)
(in assenza di dislocazioni)

Ruolo delle dislocazioni nella deformazione plastica di un cristallo:
per un metallo monocristallino puro lo sforzo teorico di taglio
cr
calcolato in
assenza di dislocazioni 1000-10000 volte pi grande di quello realmente misurato
per piccole deformazioni il seno si confonde con largomento
Ruolo delle dislocazioni nella
deformazione plastica di un cristallo:
E(GPa) E/100 (E/20)
(GPa)


(GPa)
Acciaio dolce
200 2.0 (10) 0.6
Acciaio inox
93 0.9 (4.6) 0.2
Al
70 0.7 (3.5) 0.15
Lega Ni
179 1.8 (9) 0.28

cr
G/30 ( E/100)
(in assenza di dislocazioni)

Ruolo delle dislocazioni nella
deformazione plastica di un cristallo:
per un metallo monocristallino puro lo sforzo teorico di taglio
cr
calcolato in assenza di
dislocazioni 1000-10000 volte pi grande di quello realmente misurato
E(GPa)


(MPa)
R
%
Acciaio dolce 200 600 17
Acciaio inox 93 205 22
Al 70 145 8-16
Lega Ni 179 283 39.5
DEFORMAZIONE NEI METALLI
Avviene sempre per scorrimento dei piani cristallografici e vi sono piani in cui questo scorrimento
avviene pi facilmente.
Questi piani sono quelli in cui limpaccamento atomico pi denso ossia in cui vi il massimo
addensamento di atomi.
n
Ah A h
n
h
v
s
= = = =
atomi
volume
atomi atomi 1
Sistema di scorrimento in una
cella unitaria CFC. Sono indicate
tre direzioni di scorrimento
possibili entro quel piano
i piani di massimo addensamento sono tra loro maggiormente distanziati di quelli a minore
addensamento e sono piani di pi facile scorrimento
I metalli aventi strutture CFC e CCC hanno un numero di sistemi di scorrimento
relativamente alto e sono quindi duttili.

(a)
(b)
Nei piani compatti lo scorrimento atomico risulta facilitato poich necessaria una
forza minore per muovere gli atomi da una posizione ad unaltra adiacente (a).
I piccoli segmenti tra atomi adiacenti corrispondono alle tangenti ai punti di contatto
la cui pendenza maggiore nei piani poco compatti (b) rispetto a quelli compatti (a).
Generalmente lo sforzo applicato ad un provino non ha una orientazione tale da
essere parallelo allo sforzo di taglio che provoca lo scorrimento dei piani cristallini.
Dal punto di vista del cristallo si pu avere deformazione plastica solo se essi sono
favorevolmente orientati rispetto alla forza applicata. Se la componente tangenziale
dello sforzo applicato supera il valore
max
di un piano di facile scorrimento si potr
avere la deformazione plastica (deformazione non recuperabile).
Gli scorrimenti nei cristalli sono causati dallazione di tensioni tangenziali. Le
tensioni normali al piano di scorrimento non influenzano lo scorrimento. In caso di
applicazioni di tensioni non tangenziali bisogna trattare il problema in termini di
tensione tangenziale risolta sul piano di scorrimento.
Deformazione plastica in un monocristallo
Deformazione plastica in un monocristallo
DEFORMAZIONE PLASTICA IN UN MONOCRISTALLO PERFETTO
A
S
F
t
A
0
Lo sforzo di trazione = F/A
o
produce uno sforzo critico
di taglio sul piano di scorrimento
di sezione darea A
s
.
F
t
=Fcos
F
A
s
A
0
=A
s
cos
Ho scorrimento quanto
rs
MAX supera un certo
rs
crit
A
o
= A
s
cos F
t
= F cos

cos cos
cos
o s s
t
rs
A
F
A
F
A
F
= = =
cos cos = m
-1
m
rs

=
m determinato dallorientazione del sistema
(piano e direzione) di scorrimento rispetto allasse
di trazione
Il valore massimo dello sforzo di taglio risolto sar proprio quello per
cui m minimo (ovvero cos cos massimo), gli angoli e
corrispondenti individuano pertanto il sistema di scorrimento pi
favorevole, ossia quello per il quale inizier la deformazione plastica.
Il valore critico dello sforzo di taglio risolto,
rs
(crit),
per cui si ha scorrimento sar legato al carico di snervamento

y
= m
rs
(crit)

y
>
rs
(crit)
Il
rs
(crit) rappresenta il minimo sforzo di taglio risolto necessario a produrre
scorrimento plastico. Esso una propriet del materiale legata allo sforzo di
snervamento
y
, cio lo sforzo al quale cessa la deformazione elastica (reversibile)
di un materiale e comincia la deformazione plastica (irreversibile), legata allo
scorrimento dei piani atomici.
legge di Schmid
Dipende dallorientazione dei sistemi di facile
scorrimento rispetto alla direzione di
applicazione dello sforzo, che determina
l'intensit dello sforzo di taglio risolto
Deformazione plastica in un monocristallo
Moltiplicazione delle dislocazioni: il loro
moto interferisce e si ostacolano a
vicenda. Aumenta lo sforzo necessario ad
aumentare la deformazione.
Poich maggiore lo sforzo applicato, lo
sforzo di taglio indotto pu raggiungere il
valore dello sforzo critico di taglio per altri
piani in cui lo scorrimento meno facile
Le dislocazioni elicoidali iniziano a
cambiare piano di scorrimento.
Per i materiali policristallini i fenomeni legati alla deformazione plastica sono pi complessi. Infatti i
vari grani cristallini sono orientati a caso gli uni rispetto agli altri e quindi i sistemi di scorrimento che
vengono attivati non sono necessariamente gli stessi in tutti i grani, ma sono quelli per i quali lo
sforzo di taglio risolto diventa critico. Inoltre la deformazione plastica di ogni grano vincolata a
quella dei grani confinanti e avverr quando tutti i grani sono in grado di deformarsi in maniera
cooperativa.
Deformazione plastica
in un materiale
policristallino
Deformazione plastica in un materiale policristallino
E possibile dimostrare che necessaria lattivazione di almeno 5 sistemi di
scorrimento indipendenti in ogni grano del policristallo affinch si possa avere
deformazione cooperativa dei vari grani dl policristallo.
Curva
Deformazione plastica in un materiale policristallino

y
Incrudimento e ricristallizzazione
Il limite di snervamento e la durezza aumentano in seguito ad una
lavorazione a freddo a causa dellaumento della densit di dislocazioni,
durante la deformazione plastica, che tende ad ostacolare il movimento
delle dislocazioni.
Ricristallizzazione: i grani incruditi tendono a formare una nuova
configurazione di grani equiassici ed esenti da deformazione, aventi basse
densit di dislocazioni. Ci avviene quando la temperatura
sufficientemente alta da consentire fenomeni di nucleazione ed
accrescimento. Tipicamente ci avviene a
T=0.3-0.5 T
f
Micrografia degli stadi di crescita del grano in una lega di ottone
a-d: ricristallizzazione
e,f: crescita del grano
Curve sforzo-deformazione: prove di trazione
Deformazione plastica nei materiali policristallini
Durante la deformazione elastica e fino ad una modesta deformazione plastica lallungamento
del campione accompagnato da una piccola contrazione omogenea lungo tutta la lunghezza
del campione. A deformazioni maggiori di quella corrispondente al massimo valore di sforzo
nominale della curva , la contrazione del campione diventa rilevante in una zona localizzata
del campione (formazione del collo).
Tipica curva sforzo deformazione
per un metallo
Confronto tra la curva sforzo-
deformazione nominale e il
comportamento reale.
Generalmente i risultati della prova di trazione sono espressi in termini di sforzo nominale e non del valore reale. (ossia il
carico applicato diviso per la sezione iniziale del provino, curva ingegneristica). I valori reali di sforzo e quindi la resistenza
intrinseca del materiale cresce continuamente fino a rottura. Il punto massimo della curva dello sforzo nominale il risultato
della formazione del collo di strizione che decresce la sezione del provino. La forza necessaria per deformare il campione
quindi minore nonostante la resistenza del provino sia maggiore a causa del fenomeno dellincrudimento.
PROVE A FLESSIONE
PROVE IN TRAZIONE
O COMPRESSIONE
PROVE DI TAGLIO
O TORSIONE
Propriet meccaniche ottenibili da una prova di trazione
La prova di trazione consente di ottenere informazioni sulle pi
importanti propriet meccaniche di un materiale
1. modulo di elasticit (rigidit - stiffness)
2. carico di snervamento (yield strength)
3. resistenza a trazione
4. deformazione a rottura (duttilit)
5. tenacit
DUTTILITA
Elongazione totale del provino a
rottura: una misura della
deformazione plastica che un
materiale pu subire
Allungamento
percentuale
Duttilit =
R
= 100x (l
f
l
o
)/l
o
l ll l
f
= lunghezza dopo frattura
l ll l
o
= lunghezza iniziale
Si misura mediante la percentuale della deformazione plastica a rottura
(la deformazione elastica a rottura viene recuperata)

R
Deformazione plastica nei solidi amorfi:
comportamento viscoso dei fluidi newtoniani
I materiali amorfi si deformano con un meccanismo di flusso viscoso in determinati
campi di temperatura analogamente a come si deformano i liquidi.
Se essi sono soggetti ad uno sforzo di taglio esiste una relazione lineare tra lo sforzo
e la velocit di deformazione attraverso la viscosit (in tal caso essi sono detti
fluidi Newtoniani).
dt
d
=
Nel caso di deformazione elastica, invece, la relazione di linearit
si ha tra lo sforzo e la deformazione (=E).
Se sollecitati in compressione idrostatica anche i fluidi, per i quali
E=G0, hanno un comportamento elastico (
h
= -K V/V
o
, K>>0).

F
A
dv
dy
= =
v
dx
dt
=
|
|

\
|
=
|

\
|
=
dy
dx
dt
d
dt
dx
dy
d

dx/dy = (deformazione tangenziale unitaria)



=
d
dt
Si crea un gradiente di velocit dv/dy perpendicolare ai piani su cui agisce la forza
legge di Newton
Reologia
Reologia
Viscosit a temperatura ambiente
di alcune sostanze comuni
VISCOSIT
RT
E
Ae =
unespressione dellattrito interno che esiste tra le particelle di fluido in moto tra loro e
determina una resistenza al flusso viscoso.
La viscosit si esprime in poise (P) o Pa sec; 10 P = 1 Pa-sec. I liquidi hanno viscosit
abbastanza basse: quella dellacqua a temperatura ambiente circa 10
-3
Pa-sec.
Mentre per i moduli elastici la
diminuzione con la temperatura
molto lenta, la diminuzione della
viscosit con la temperatura molto
rilevante. Inoltre, mentre in una
deformazione elastica pura il lavoro
speso viene immagazzinato nel
materiale e viene restituito al cessare
della sollecitazione, in un materiale
viscoso il lavoro di deformazione
spesso viene completamente dissipato
in calore e non recuperabile.
processo termicamente attivato
Comportamento viscoelastico
Solidi di Hooke relazione lineare sforzo-deformazione
Fluidi di Newton relazione lineare sforzo-velocit di deformazione.
I materiali VISCOELASTICI manifestano contemporaneamente la natura di solidi elastici
e di fluidi viscosi. Se i coefficienti di proporzionalit (modulo elastico e viscosit) sono
indipendenti da sforzo e deformazione si parla di VISCOELASTICIT LINEARE.
dt
d
=



Legge di Hooke
=G
Comportamento viscoelastico
Esperimento di RILASSAMENTO: applicazione di una deformazione (istantanea) e
misura dello sforzo necessario per mantenere la deformazione costante nel tempo


Comportamento viscoelastico
Nel caso di corpi viscoelastici:
Non possibile definire univocamente i coefficienti di proporzionalit fra sforzo e
deformazione (il loro valore dipende dal tempo di osservazione)
Il comportamento dipende dalla storia meccanica ed diverso a seconda che venga
imposto uno sforzo costante (esperimento di CREEP) o una deformazione costante
(esperimento di RILASSAMENTO)
Non appare ben definito il confine fra comportamento di un solido elastico e di un
liquido viscoso: comportamento viscoelastico!
I polimeri organici (termoplastici o debolmente reticolati) ed i vetri ad una
temperatura vicina alla Tg, i metalli ed i ceramici ad alte temperature possono
avere un comportamento viscoelastico.
Queste sostanze esibiscono un comportamento intermedio tra quello dei solidi
elastici e dei fluidi viscosi che costituiscono i due casi limite.
Il fenomeno principale che distingue il comportamento dei materiali
viscoelastici da quello dei fluidi viscosi la loro capacit di rilassare la tensione
che ha determinato una deformazione mentre questultima viene mantenuta
costante, fenomeno detto di rilassamento: risposta (tensione) dipendente dal
tempo ad una deformazione costante.
La caratteristica principale che distingue il comportamento dei materiali
viscoelastici da quello dei solidi elastici la loro capacit di fluire (creep) se
sottoposti ad uno sforzo costante ossia manifestare una risposta
(deformazione) dipendente dal tempo.
Comportamento viscoelastico
La risposta viscoelastica (deformazione) ad uno sforzo possiede
generalmente tre componenti:
deformazione elastica (istantanea)
e
deformazione viscosa (dipendente dal tempo)
v
deformazione elastica ritardata
r
G
e

=
dt
d
v

=
Modello di Maxwell (Viscoelasticit lineare)
0
t

= =
e v
sollecitazione istantanea e
costante nel tempo: poich i due
elementi sono in serie, lo sforzo lo
stesso per la molla e il pistone
deformazioni risultanti (diverse e
distribuite tra i due elementi):
elastica (Hooke)
viscosa (Newton)
G
e

=
deformazione totale:
|
|

\
|
+ = + = + =



t
G
t
G
v e tot
1
la molla si deforma istantaneamente della quantit /G
l'ammortizzatore si deforma lentamente e linearmente
nel tempo fino a quando il carico non viene tolto
Elemento
viscoso
(Stantuffo)
G
Elemento
elastico
(Molla)

e
= /G
recupero elastico

v
= (/)t
deformazione viscosa
0
t
t d dt
dt
d
v v
v


= = =

e
= /G
(recupero elastico)

v
= (/)G
(deformazione viscosa)

Elemento viscoso
(Stantuffo)
Elemento elastico
(Molla)
(a)
t
0

Scarico
0

e
= /G
(b)
(c)
IL MODELLO DI MAXWELL

e
=
e
/G deformazione elastica tangenziale
(elemento elastico = molla)

v v
dt
d
velocit di deformazione tangenziale
(elemento viscoso = stantuffo)
Istante iniziale t=0

v
(0) = 0 (0) = 0 (0) = 0 (0) = 0

e
(0) = (0) = (0) = (0) =
e
(0)/ (0)/ (0)/ (0)/G
Poich i due elementi sono in serie, lo sforzo lo stesso per la molla e
lo stantuffo mentre la deformazione totale risulta distribuita tra i due elementi.
=
e
=
v

tot
=
e
+
v

G
1
dt
d
dt
d
dt
d
dt
d
v e tot
la velocit di deformazione totale del sistema molla stantuffo in serie

G
1
dt
d
dt
d
dt
d
dt
d
v e tot
Integrando tra 0 e t:

t
0
t
0
t
0
' tot
dt
1
dt
dt
d
G
1
dt
dt
d
( ) ( ) [ ]

+ =
t
0
'
tot tot
dt
1
0 t
G
1
) 0 ( ) t (
poich
tot
(0) = (0)/G:
( )

=
t
0
'
tot
dt
1
G
t
) t (
e se lo sforzo costante nel tempo:
t
G
) t (
tot

=
|
|

\
|

= t
G
1
G
) t (
tot
0
1
= + = + =


G dt
d
dt
d
dt
d
dt
d
v e tot


=
G dt
d 1
dt
G d

o
t
0
dt
G d
t
G
ln ln
o

=
ril
t
t
o
t
G
o
e e

= =

Dopo un intervallo di tempo pari al tempo di
rilassamento t
ril
= /G lo sforzo diminuito a 1/e del
suo valore iniziale. Il tempo di rilassamento descrive il
decadimento di uno sforzo (a deformazione costante).
TEMPO DI RILASSAMENTO (mantengo costante la deformazione)

tot
= = = =
e
+
v
=costante d
tot
/dt = 0

Rilassamento delle tensioni secondo il modello di Maxwell

0 t
G
e

=
t
v

=
Modello di KELVIN-VOIGT
sollecitazione istantanea e
costante nel tempo: poich i due
elementi sono in parallelo lo sforzo
ripartito tra i due elementi =
e
+
v
e la deformazione risultante uguale
=
e
=
v

G
dt
d
e v
+ = + =
[ ]
t G
e
G
) / (
1


=
Deformazione graduale nel tempo: la deformazione dell'elemento elastico ritardata
dall'elemento viscoso e avviene completamente in un tempo t . Dopo un tempo pari
al tempo di ritardo (t
rit
=/G) la deformazione raggiunge un valore pari al 63% (1-1/e)
del valore finale
t

0
0
t
t
= /G
Quando la sollecitazione viene rimossa, la molla determina il recupero della
deformazione che richiede per un certo tempo per la presenza dellelemento
viscoso(pistone). Il tempo necessario a raggiungere lequilibrio il tempo di
ritardo t
rit
= /G = [sec] che ha la stessa espressione del tempo di rilassamento
t
ril
che descrive il decadimento di uno sforzo a deformazione costante (modello
di Maxwell).
[ ]
(
(

= =

rit
t
t
t G
e
G
e
G
1 1
) / (


TEMPO DI RITARDO
equazione che descrive il fenomeno di creep (ossia un
ritardo di una deformazione sotto carico costante)
caratterizzata da un tempo di ritardo
Equazione che descrive il decadimento di uno sforzo
(a deformazione costante) - caratterizzata da un
tempo di rilassamento
ril
t
t
o
t
G
o
e e

= =

= =
e v

0 t
IL MODELLO A QUATTRO ELEMENTI
modelli Maxwell e Kelvin-Voigt in serie
Modello pi generale di viscoelasticit. Lo stato di tensione ad un certo istante dipende non solo
dallo stato di deformazione allo stesso istante, bens anche dallo stato di deformazione passato.

tot
=
e
+
v
+
r

r
: deformazione ritardata (Kelvin-Voigt)

e
+
v
: modello di Maxwell
[ ]
t G
r
e
G
) / (
1


=
[ ]
t G
tot
e
G
t
G
) / (
1


+ + =
|
|

\
|
+ = +


t
G
v e
1
Tipo di
deformazione
Risposta nel
tempo
Recupero
della
deformazione
Relazione tra
e
Elastica pura istantanea reversibile lineare
Elastica non
lineare
istantanea o
ritardata
reversibile non lineare
Plastica istantanea permanente non lineare
viscoelastica Dipendente dal
tempo
Ritardata
permanente
non lineare
Piccole deformazioni (<0.1%): i materiali ad alto E si comportano in modo
elastico puro. Per deformazioni maggiori si ha deformazione plastica nei metalli
o frattura nei materiali ceramici.
Deformazioni e loro caratteristiche principali
In generale esistono 4 diversi meccanismi di frattura
Frattura fragile
avviene cio in campo elastico
tipica dei materiali ceramici a T non elevate
avviene in modo rapidissimo e spontaneo
Frattura duttile
avviene in seguito a deformazione plastica
tipica della maggior parte dei materiali metallici (si verifica dopo lo
snervamento)
estensione lenta della cricca con considerevole deformazione plastica in
prossimit della fenditura
Frattura per creep
avviene in seguito a deformazione dipendente dal tempo determinata
dallapplicazione di un carico costante (nei metalli e nei ceramici al di sopra di
una certa temperatura)
Frattura per fatica
avviene in seguito allapplicazione di un carico di intensit limitata ma
variabile e ripetuto nel tempo
Lavvento delluno o dellaltro tipo di frattura dipende:
dalla struttura del materiale interessato
dalla temperatura
dalla velocit di applicazione del carico (cio del tempo concesso al materiale
per deformarsi)
FRATTURA FRAGILE
LA RESISTENZA TEORICA DI DECOESIONE
Lavoro compiuto dalla sollecitazione per creare due nuove superfici di frattura:
W = 2
s
Lavoro necessario a rompere tutti i legami su una superficie: dallo sforzo da applicare per vincere
la forza di legame

=
c
x
sin
2
0
2
a
x
E
x
c
=

Piccoli
spostamenti
= E = E(x/a
0
)
0
2 a
E
c


c s
= 2

=
2
s
c
0
a
E
s
c

=
Per ricavare calcoliamo il lavoro di frattura per unit di superficie:

/
= =
2
0
2 /
0
2
sin

dx
x
dx W
c
[ ]
[ ]

c c
x
c
d =

= = 0 cos cos
2 /
0
2
2
cos
2
Assumendo i seguenti valori
E = 100 GPa; a
0
= 300 pm (3 x 10
-10
m) ; = 1 Jm
-2
GPa
m
Nm Pa
m
m J Pa
c
3 . 18
10 3
1 10 100
10 3
/ 1 10 100
3 10
9
10
2 9
=


Questa discrepanza si spiega con la presenza di difetti (fessurazioni, cricche,
discontinuit) mediante due modelli: 1) modello della concentrazione dello sforzo;
2) modello energetico di Griffith
Resistenza teorica E/10
Resistenza reale E/1000
0
a
E
s
c

=
Lo stato di sforzo monoassiale sul
campione si trasforma, in
corrispondenza dell'apice del difetto, in
uno stato biassiale di sforzo, con una
componente verticale ed una
orizzontale.
F
F
F
F
L
2 2 2 2L
L L<all.<2 L
FRATTURA FRAGILE
Criterio della concentrazione di sforzo
Lincremento del valore dello sforzo allapice
dipende dal rapporto c/b.
Nella zona del taglio lo sforzo non ripartito equamente su tutta la sezione della barra intera
ma si accumula in corrispondenza dell'apice dell'intaglio. Le linee di sforzo immaginarie
deviano in corrispondenza del taglio per poi riallinearsi lontano da esso


c c
b
c
2 2 1 ) 2 1 (
max

+ = + =
Per cricche di forma circolare c = b e
max
= 3, mentre cricche affilate determinano alti
valori dello sforzo locale. Introducendo il raggio di curvatura = b
2
/c allapice della cricca
ellittica si ha che

2
c

= fattore di
concentrazione dello sforzo
0
2
a
E c
s

=
Quando lo sforzo locale all'apice della
cricca uguale alla resistenza teorica
del materiale
max
=
c
si ha:

c
E
ca
E
s s
f
4 4
0

=
FRATTURA FRAGILE: Criterio energetico (teoria di Griffith)
La propagazione di una cricca in un materiale determina:
1) rilascio di energia elastica
2) aumento di energia superficiale
Lenergia elastica immagazzinata per unit di volume pu essere calcolata dallarea della curva
nella zona lineare
La zona di rilascio della tensione elastica pu essere approssimata con un cilindro la cui sezione
circolare ha il raggio coincidente con la semilunghezza c della cricca. La creazione di una cricca
di lunghezza 2c determina quindi il rilassamento dello sforzo in un volume V= c
2
e (e lo
spessore del pezzo considerato, che supponiamo unitario) ed il rilascio di energia elastica
quindi pari a
E
e c
W
e
2 2

=
c c
cr

=
E
e c
W
e
2 2
2
1
E
U
e
2 2
1
2

= = w
e
e c W
s
4 =
E
e c
e c W
2 2
4

=
Lenergia superficiale acquistata in seguito alla creazione di due superfici di frattura
invece pari a
Sommando lenergia superficiale richiesta per la formazione della cricca con lenergia elastica rilasciata
si ottiene lenergia di formazione della cricca che ha un massimo per c = c
cr
.
Per c < c
cr
la cricca quindi stabile, per valori maggiori invece
instabile e si propaga spontaneamente, poich la sua propagazione
accompagnata da una diminuzione di energia del sistema (la
liberazione di energia di deformazione elastica maggiore
dell'energia consumata per la formazione di nuove
superfici).
Dalla dW/dc=0 si ottiene il valore di c
cr
per un dato sforzo
0
2
4
2
=
E
c

2
2

E
c
cr
=

c
E
f

2
= Lo sforzo critico invece
Cricche stabili: hanno una dimensione inferiore a c
cr
Cricche instabili: hanno una lunghezza superiore a c
cr
e si propagano spontaneamente
Uno sforzo applicato che superi lo
sforzo critico
f
provoca una
propagazione rapida dei difetti con
conseguente frattura del pezzo.
Affinch possa avvenire la frattura di un materiale devono essere
soddisfatte le seguenti condizioni necessarie e sufficienti:
c
E
ca
E
s s
f
4 4
0

=
c
E
f

2
=
Criterio energetico
Criterio della concentrazione di sforzo
Confrontando le due relazioni si pu notare che la prima controlla la
frattura se >3a
0
. Tuttavia per materiali che si fratturano in maniera
fragile a partire da cricche pre-esistenti (come ad esempio i vetri a
temperatura ambiente) si pu considerare il raggio di curvatura
allapice delle cricche molto piccolo e dello stesso ordine di
grandezza delle distanze interatomiche, per cui le due relazioni si
equivalgono.
I due diversi approcci che portano alle due relazioni precedenti sono
due modi diversi ma complementari di definire un criterio per la
frattura.
ESEMPIO
un vetro piano ha una resistenza che si aggira tra 80 e 100 MPa (valore medio
del carico di frattura a flessione, E 70GPa), mentre fibre di vetro di diametro
dellordine del micron possono arrivare ad avere resistenze a frattura di 3000-
3500 MPa (visto che il massimo difetto perpendicolare allasse della fibra non
pu mai essere di dimensioni maggiori del suo diametro, perci al diminuire del
diametro cresce in generale la resistenza).
Anche materiali ceramici praticamente esenti da
difetti quali whiskers o fibre possiedono
fr

c
:
fibre di Al
2
O
3
o SiC, il cui modulo elastico E
400 GPa, possono arrivare ad avere
fr
15-20
GPa.
Nella teoria di Griffith si assume che quando il tasso di energia rilasciata durante la propagazione della
cricca maggiore delle forze che si oppongono alla rottura dei legami, allora si ha la frattura del
materiale. Nel caso di materiali totalmente fragili (come ad esempio i vetri) il termine di resistenza alla
frattura dato dallenergia superficiale.
La teoria di Griffith pu essere generalizzata considerando il fatto che la diminuzione di energia elastica
immagazzinata conseguente al rilascio degli stress deve raggiungere un valore critico affinch la cricca si
propaghi e tale diminuzione pu avvenire non solo per laumento di energia superficiale ma anche grazie
ad altri meccanismi di dissipazione di energia favoriti in altri tipi di materiali (es. deformazione plastica nei
metalli). Nei materiali che si deformano plasticamente allenergia di frattura contribuisce anche la
deformazione plastica che si sviluppa allapice della cricca, e che pu essere ordini di grandezza pi
grande di
S
Cricca acuta in
materiale fragile
Regione
deformata
plasticamente
Cricca in
materiale
duttile
c
E
p S
f

) 2 ( +
=
c
E
f

2
=
Criterio energetico
Lapproccio legato allintensificazione dello sforzo, considera invece che la frattura
avviene quando lo sforzo allapice delle cricche raggiunge un valore critico.
Indipendentemente dalla forma dellapice e dalla presenza o meno di deformazione
plastica, si ha che , cio lo sforzo che si sente allapice della cricca (
max
)
proporzionale allo sforzo applicato () e alla radice quadrata della semilunghezza
della cricca. Se si definisce (fattore di intensit dello sforzo) il
criterio di intensit dello sforzo dice che la frattura ha inizio quando K assume un
valore critico cio quando
Criterio di intensificazione dello sforzo
c
E
ca
E
s s
f
4 4
0

=
La presenza di una cricca in un materiale determina una ridistribuzione
degli sforzi nello stesso che portano ad un valore massimo in
corrispondenza all'apice della cricca stessa. Facendo uso della teoria
dell'elasticit possibile calcolare gli sforzi in ogni punto, identificato
con le coordinate polari r e nelle vicinanze della cricca. Le
componenti dello sforzo sono dipendenti dalla posizione (r e ) rispetto
allapice della cricca e direttamente proporzionali ad un fattore K
c = K
) ( f(r)f K
'
ij
=
Fattore di intensit dello sforzo
K
I
, K
II
e K
III
a =
Modalit di carico ed effetti della geometria del
materiale
Modalit di carico ed effetti della geometria
del materiale
Modo I. Una forza di trazione agisce normalmente alla superficie
della cricca e la fa propagare in una direzione ad essa ortogonale.
Modo II. Uno sforzo di taglio applicato normalmente al bordo della
cricca che si propaga in una direzione parallela al senso dello sforzo
applicato.
Modo III. Lo sforzo di taglio viene applicato parallelamente al bordo
della cricca che si propaga normalmente rispetto alla direzione di
applicazione dello sforzo di taglio.
Quando K
I
raggiunge un valore critico pari a
detto fattore critico di intensit di sforzo (o tenacit a frattura) si ha la
propagazione della frattura.
K
Ic
dipende solamente dalle propriet intrinseche del materiale.
S
S
cr Ic
E c
c
E
c K

2
2
= = =
f
vetri : K
IC
0.7 MPam
1/2
materiali ceramici policristallini : K
IC
5 MPam
1/2
ATTENZIONE
La resistenza (lo sforzo di frattura) dipende invece dalle dimensioni del difetto pi
grande presente nel pezzo.
sulla di frattura ma non
strizione in un provino cilindrico di acciaio
FRATTURA DUTTILE
Per i materiali duttili la presenza di
fori, intagli, ecc. non causa
concentrazione degli sforzi tali da
portare a rottura. Ci avviene perch
ogni concentrazione degli sforzi viene
eliminata dalla deformazione plastica.
Cricca acuta in
materiale fragile
Regione
deformata
plasticamente
a) Metalli estremamente teneri (Au puro, Pb a T amb., vetri, metalli e polimeri a T
elevate). S% fino al 100% virtualmente, strizione fino al punto di rottura
b) Pi comune: la rottura preceduta da modesta strizione.
c) Frattura fragile, avviene senza apprezzabile deformazione plastica
b) Iniziata la strizione si formano microvuoti allinterno della sezione trasversale.
Continuando la deformazione questi microvuoti si allargano e coalescono formando una
cricca ellittica c) il cui asse maggiore risulta perpendicolare alla direzione dello sforzo. La
cricca continua a crescere (sempre per coalescenza dei microvuoti) e alla fine si ha rottura
a causa della rapida propagazione della cricca lungo il perimetro esterno della parte
strizionata (d) dovuta ad una deformazione di taglio avente un angolo di circa 45
rispetto allasse di trazione (angolo al quale lo sforzo di taglio massimo)
La parte centrale interna della superficie appare di forma irregolare e fibrosa (deformazione
plastica).
TENACIT: Capacit di un materiale di assorbire energia
prima di arrivare alla frattura
RESILIENZA: energia assorbita durante la deformazione
elastica, indica la capacit di un materiale di assorbire
energia se sottoposto a deformazione elastica e di
rilasciarla nella fase di scarico
In condizioni statiche si pu
determinare dalla curva -
(Unit di misura: J
.
m
-3)
In un materiale fragile la frattura
avviene in campo elastico la
resilienza coincide con la tenacit,
mentre per un metallo che prima di
rompersi subisce una importante
deformazione plastica, resilienza e
tenacit sono assai diverse.
Si aumentano le probabilit
che la frattura avvenga in
campo elastico (fragile) anche
per materiali duttili.
La sollecitazione impulsiva,
il provino intagliato (ed
eventualmente la temperatura
abbassata).
una misura che consente di
valutare la resilienza ma in
generale diversa dallarea
della curva .
Misure dellenergia dimpatto (tenacit allintaglio)
Il test dipende molto dalle condizioni in cui
effettuato: geometria del provino e velocit di
applicazione del carico.
Si misura lenergia assorbita nella frattura.
Cosa posso ricavare da una prova di trazione (curve )?
Cosa posso ricavare da una prova di trazione (curve )?
PROVE DI FATICA
PROVE DI FATICA
Un materiale sottoposto ad un carico costante anche non elevato, al di
sopra di una certa temperatura si deforma nel tempo in modo continuo e
permanente (T>0.3-0.4T
f
per i metalli, T>0.4-0.5T
f
per i ceramici, TT
g
per i
materiali amorfi).
Creep primario: velocit di deformazione d/dt decrescente nel tempo ad es.
per effetto dellincrudimento.
Creep secondario: velocit di deformazione d/dt costante, oltre
allincrudimento si ha anche il ripristino della struttura (grazie a meccanismi
diffusivi).
Creep terziario: velocit di deformazione d/dt crescente, fino a rottura. La
formazione di pori, cavit e collo di strizione determina la diminuzione della
sezione effettiva.
Scorrimento viscoso a caldo (creep)
Scorrimento viscoso a caldo (creep)
DUREZZA
Misura della resistenza di un materiale alla
deformazione plastica
Le misure di durezza non sono assolute, ma dipendono dal tipo di tecnica utilizzata
per la misura: la durezza non rappresenta quindi una vera e propria propriet del
materiale
prova semplice e poco costosa
misura non distruttiva
possibilit di correlare la misura ad altre propriet di interesse
ingegneristico: ad esempio, nei metalli, con la resistenza a trazione,
nei materiali ceramici con la tenacit a frattura.
Si misura forzando un identatore sulla superficie del materiale in condizioni controllate di velocit di
applicazione e intensit del carico (F). Si misurano quindi la profondit e le dimensioni geometriche
dellimpronta e si esprime la durezza come H=F/A, in cui A larea totale della superficie
dellimpronta ottenuta.
I valori pi elevati di microdurezza si ottengono per alcuni materiali ceramici (diamante 9000
Kg/mm
2
, allumina 2400 Kg/mm
2
). Per materiali policristallini in cui sono presenti diverse fasi
importante distinguere tra durezza media e durezza delle varie fasi: spesso infatti con la
microindentazione non si riesce ad avere una misura della durezza media.
materiale
Durezza
knoop
Diamante 7000
B
4
C 2800
SiC 2500
WC 2100
Al
2
O
3
2100
SiO
2
800
vetro 550
TS (MPa) = 3.45 x HB
Esiste correlazione
empirica tra carico di
rottura (cio il carico
massimo a trazione, quello
per cui si ha la formazione
del collo di strizione) e la
durezza
Nanoindentazione
PROPRIET TERMICHE DEI MATERIALI
La foto dimostra che si pu afferrare a mano nuda un
cubetto di materiale isolante, costituito da fibre di silice,
appena estratto dal forno ove stato riscaldato al calor
bianco. Data infatti la bassissima conduttivit termica di
questo materiale, la superficie disperde rapidamente il
calore, e si mantiene relativamente fredda a causa della
lentissima trasmissione di calore dallinterno,
nonostante si trovi alla temperatura di circa 1250C.
Questo materiale stato sviluppato in particolare per le
mattonelle che rivestono gli Space Shuttle Orbiters per
proteggerli ed isolarli dal calore di rientro
nellatmosfera. Questo materiale che isola le superfici
dalle alte temperature completamente riutilizzabile,
(HRSI, hightemperature reusable surface insulation) e
possiede altre caratteristiche particolarmente
interessanti, quali bassa densit e basso coefficiente di
espansione termica.
PROPRIET TERMICHE DEI MATERIALI
Risposta di un materiale ad una sollecitazione termica
Dilatazione: Quando un corpo assorbe energia sottoforma di
calore la sua temperatura cresce e generalmente esso si dilata
Energia potenziale in funzione
della distanza interatomica. La
curva parabolica
unapprossimazione che vale
solo nella parte pi profonda
della curva (a), generalmente
del tipo :
Solo nel caso (a) allaumentare
della temperatura cresce la
distanza media tra gli atomi.
m n
r
b
r
a
U + =
Un aumento della vibrazione atomica attorno alla posizione di equilibrio causa un
aumento della separazione media. Questa una conseguenza dellasimmetria della
curva U(r) che responsabile della dilatazione termica di un materiale.
T
l
l
l
=


0
T
V
V
V
=


0
In generale maggiore lenergia di legame e pi profondo e stretto il minimo di
energia potenziale e quindi sar inferiore laumento di distanza interatomica media
allaumentare della temperatura (e quindi ).
l
0
l
0
+l
T
T+T

l
= coefficiente di dilatazione linare

V
3
l
= coefficiente di dilatazione volumetrico
) (
0
0
0
T T
V
V V
f V
f
=

) (
0
0
0
T T
l
l l
f l
f
=

TENSIONI DI ORIGINE TERMICA


T
l
l
l
=

0
T
l
=
T
l
=

T E =
vincolo monoassiale
TENSIONI DI ORIGINE TERMICA
TENSIONI DI ORIGINE TERMICA

( ) [ ]
( ) [ ]
( ) [ ]
y x z z
z x y y
z y x x
E
1
E
1
E
1
+ =
+ =
+ =
( )

2 1 =
E
Ponendo = -T e
x
=
y
=
z
(materiale isotropo si ottiene
(vincolo triassiale)

E T
1 2
Nel caso di una deformazione biassiale (relazioni precedenti con ad es.
x
=
y
e
x
= 0) si trova (vincolo biassiale)

E T
1
TENSIONI DI ORIGINE TERMICA
T =

x
=
y
e
z
= 0
( ) [ ]
( ) [ ]
( ) [ ]
y x z z
z x y y
z y x x
E
1
E
1
E
1
+ =
+ =
+ =
= -T e
x
=
y
=
z
( ) [ ] [ ] [ ] 2 1
1
2
1 1
= = + =
E E E

E T
1 2

x
=
y
e
z
= 0
[ ] [ ] [ ] = = + = 1
1 1
) 0 (
1
E E E

E T
1
Trasmissione del calore
Irraggiamento si intende il trasferimento di calore tra due corpi a
mezzo di onde elettromagnetiche. Non prevede contatto diretto tra gli
scambiatori, e non necessita di un mezzo per propagarsi. Quindi un
fenomeno che interessa ogni aggregato materiale, non importa se
solido, liquido o gassoso, e avviene anche nel vuoto.
Convezione un tipo di trasporto causato da un gradiente di pressione
e dalla forza di gravit, assente nei solidi e trascurabile per i fluidi
molto viscosi, caratterizzato da moti di circolazione interni al fluido.
Il fenomeno della convezione termica si ha quando un fluido (come
l'acqua o l'aria) entra in contatto con un corpo la cui temperatura
maggiore di quella del fluido stesso. Aumentando di temperatura per
conduzione, il fluido a contatto con l'oggetto si espande e diminuisce di
densit, e a causa della spinta di Archimede sale essendo meno denso
del fluido che lo circonda che pi freddo, generando cos moti
convettivi, in cui il fluido caldo sale verso l'alto e quello freddo scende
verso il basso.
Trasmissione del calore
Convezione Le frecce
indicano il moto
convettivo dell'aria.
Per conduzione termica si intende la
trasmissione di calore che avviene in un mezzo
solido, liquido o gassoso dalle regioni a pi alta
temperatura verso quelle con temperatura
minore per contatto molecolare diretto. Il
principio alla base della conduzione diverso a
seconda della struttura fisica del corpo: se la
conduzione termica avviene nei gas dovuta
alla diffusione atomica e molecolare, se invece
avviene nei liquidi e nei solidi a causa di onde
elastiche; nei materiali metallici il fenomeno
principalmente dovuto alla diffusione degli
elettroni liberi dato che trascurabile il
contributo dell'oscillazione elastica del reticolo
cristallino.
Conducibilit termica
Quando un corpo solido assorbe energia sottoforma di calore questenergia pu essere
trasferita a zone pi fredde del campione, ossia se esiste un gradiente di temperatura, a zone
a temperatura pi bassa. Ci avviene grazie al moto degli elettroni liberi e alle vibrazioni
reticolari. Il primo contributo, presente nei solidi che possiedono elettroni liberi come i
metalli, dominante rispetto al secondo, ma anche materiali non metallici possono possedere
una buona conducibilit termica.
Infatti in un solido gli atomi sono soggetti ad un moto vibrazionale continuo attorno alle loro
posizioni di equilibrio e lampiezza di queste vibrazioni cresce con la temperatura. Se
allestremit di un solido viene fornita energia termica in tale zona cresce lampiezza di
vibrazione degli atomi. A causa delle forze interatomiche il movimento di tali atomi influenza
quello dei primi vicini ed il movimento viene quindi trasmesso sottoforma di onde vibrazionali,
la cui energia quantizzata, nella direzione del gradiente di temperatura (verso opposto). Tale
meccanismo di conduzione del calore lunico possibile nei materiali isolanti, in cui non vi
sono elettroni liberi di muoversi.
Fononi: onde di vibrazione reticolare
Se il reticolo fosse perfettamente
armonico i fononi trasporterebbero il
calore perfettamente, senza che vi sia
resistenza opposta al flusso di calore e la
conducibilit termica sarebbe infinita.
Tuttavia lanarmonicit del potenziale di
interazione tra gli atomi, responsabile
della dilatazione termica, determina la
possibilit che avvengano collisioni
fonone-fonone, anche in assenza di
elettroni liberi.
PROPRIET TERMICHE DEI MATERIALI
Rappresentazione
schematica delle
onde reticolari in un
cristallo, generate da
vibrazioni atomiche.
Vibrazioni reticolari come onde elastiche, di bassa lunghezza donda e di
frequenza molto elevata, che si propagano attraverso il cristallo alla
velocit del suono. Lenergia termica vibrazionale di un materiale
formata da una serie di queste onde elastiche, distribuite su un certo
intervallo di frequenza. Sono consentiti solo certi valori di energia
(lenergia quantizzata) ed un singolo quanto di energia vibrazionale
definito fonone.

= + =
K m
W
f e

= =
2
m
W
dx
dT
Q

Metalli
20400 W/mK

Ceramici
250 W/mK
Per conducibilit termica di un materiale si
intende la quantit di calore che attraversa una
superficie unitaria A nellunit di tempo (ossia
il flusso di calore Q) attraverso uno spessore
unitario tra le cui facce opposte c una
differenza di temperatura T di 1K. Il trasporto
di calore avviene infatti da zone ad alta T a
zone a bassa T (vedi segno -).
T
1
T
2
Q
A
x
T=T
2
-T
1
Conducibilit termica
Flusso di calore
Conducibilit
termica
Tensioni di origine termica:
gradienti termici e shock termico
A parit di salto termico T la resistenza agli shock termici
migliore nei materiali (ceramici) che hanno:
- elevata resistenza a frattura
f
- elevata conducibilit termica
- basso modulo elastico
- basso coefficiente di espansione termica
FIGURE DI MERITO


=
E
K
R
IC
H
( )
E
2 1
R
t
ST


=
Brusche variazioni di T possono determinare frattura specialmente nei materiali
fragili. La frattura determinata dalla nascita di tensioni interne al materiale dovute a
gradienti di T o anisotropicit del materiale.
Tensioni di origine termica:
gradienti termici e shock termico
Il fenomeno dello shock termico interessa principalmente i materiali fragili (e
tipicamente quelli ceramici). Per i metalli e polimeri in genere, infatti, le tensioni
indotte termicamente possono essere allentate dalla deformazione plastica.
Per i materiali fragili pi probabile che lo shock termico si instauri al raffreddamento
piuttosto che al riscaldamento, poich nel primo caso si instaurano tensioni superficiali
di trazione. Per migliorare il TSR si possono ad es. modificare le caratteristiche di un
materiale; il vetro sodalime ad es. ha un di circa 9x10
-6
C
-1
ed particolarmente
sensibile allo shock termico. Il coeff. di espansione termica pu venir ridotto a 3 x10
-6
C
-1
diminuendo il contenuto di CaO e Na
2
O e addizionando B
2
O
3
cos da formare il
vetro borosilicato (Pyrex).
Resistenza
residua
T
c
T
I test di resistenza allo shock termico si
eseguono effettuando ad esempio un
unico ciclo con una prefissata variazione
di temperatura T, dopo il quale si misura
la resistenza del provino a rottura. Si
esegue la prova per valori diversi di T e
si riporta la resistenza residua (dopo lo
shock termico) in funzione di T. T
c
indica il salto termico che il materiale pu
sopportare senza fratturarsi, ed indice
della resistenza del materiale allo shock
termico.
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Deformazione meccanica a freddo
Incremento dello sforzo di snervamento
y
, ottenibile mediante meccanismi che
ostacolano il moto delle dislocazioni:
- elevata concentrazione di dislocazioni (incrudimento)
- controllo dimensione dei grani
- aggiunta di elementi in lega: soluzioni solide o particelle di precipitati
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Deformazione meccanica a freddo
100 %
0
0


=
A
A A
LF
Diminuzione % sezione
100 %
0
0


=
l
l l
A
f
Duttilit
Lincrudimento causato dalla mutua ostruzione delle dislocazioni entro i grani,
dovuta sia allinterazione tra dislocazioni in moto su piani di scorrimento
intersecantisi, sia al fatto che il numero di dislocazioni presenti aumenta enormemente
durante la deformazione plastica (sorgenti di Frank-Read)
Deformazione
meccanica a freddo
Deformazione meccanica a freddo
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Dimensione della grana cristallina
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Dimensione della grana cristallina
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Dimensione della grana cristallina
Il controllo della grana cristallina pu avvenire in diversi modi:
- controllo della velocit di raffreddamento del fuso, agendo sulle velocit di
nucleazione ed accrescimento;
- introduzione di agenti nucleanti nel fuso, controllando la quantit di nuclei in
formazione mediante la nucleazione eterogenea;
- ricristallizzando un materiale incrudito.
Ricottura: ricupero e ricristallizzazione
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Ricottura: ricupero e ricristallizzazione
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Indurimento per aggiunta di elementi leganti (leghe)
La presenza di atomi estranei nel reticolo cristallino pu impedire il moto delle
dislocazioni. Nel caso delle leghe si pu avere che lelemento legante sia solubile nel
metallo (soluzione solida) oppure che laggiunta dellelemento legante dia origine ad
una seconda fase, finemente dispersa nella matrice (precipitazione).
Indurimento per soluzione solida
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Indurimento per soluzione solida sostituzionale
bronzo
ottone
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Indurimento per soluzione solida
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Indurimento per soluzione solida interstiziale
Indurimento per soluzione solida interstiziale
Principi di rafforzamento dei materiali metallici
Indurimento per precipitazione
Diagramma di stato Fe-cementite
Diagramma di stato Fe-cementite
Diagramma di stato Fe-cementite
Diagramma di stato Fe-cementite
Diagramma di stato Fe-cementite
Diagramma di stato Fe-cementite
Diagramma di stato Fe-cementite

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