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Minori in prima pagina

Tornare da scuola con mamma per provvedimento del giudice


di Paolo Sceusa Signori: Jurisprudentia! E se non juris, almeno prudentia! Dunque ecco un nuovo caso di bambino che la scuola si rifiuta di far tornare a casa sua da solo, come vorrebbero i suoi genitori. Stavolta succede a Buja, paesino carnico (siamo in Friuli), in precedenza nominato dalle cronache solo per qualche sagra folkloristica e, purtroppo, quando fu colpito dal sisma del 1976. Consueto scalpore mediatico: La scuola elementare di Buja non permette a un bambino di Va di andare a scuola da solo. I genitori ricorrono al giudice che d ragione alla scuola. Il giudice di Tolmezzo, investito dai genitori per un provvedimento di urgenza ex art. 700 cod. proc. civ., rimette il ricorso al Tribunale ordinario di Trieste per via del foro erariale, essendo resistente la scuola pubblica, difesa dallavvocatura dello Stato. Lesito lo conosce tutta Italia dai titoli dei giornali, simili a quello sopra riportato. Avverso lordinanza del giudice monocratico triestino, pende attualmente reclamo al collegio. E vedremo come andr a finire. Intanto direi che la questione giuridica, ad onta di quanto titolato dalla stampa, non attiene affatto allandare a scuola, ma, se mai, al tornare da scuola: infatti evidente che listituto scolastico pu fondatamente porsi il problema della propria responsabilit da custodia dei suoi allievi solo dopo che sono entrati, ogni giorno, nella sua sfera di controllo e protezione. Tale momento segnato dallarrivo del bambino a scuola, dove i genitori possono tranquillamente decidere di mandarlo da solo senza chiedere permessi a nessuno (ne risponderanno solo loro, perch dalla loro custodia che il bambino dipende, quando esce da casa). Viceversa, quando il bambino deve rincasare esce, per cos dire dalle braccia della scuola per tornare tra quelle dei suoi genitori. Ed qua che si scatena lappassionante (?) tematica. Possono i genitori liberare la scuola da ogni sua responsabilit formalizzando la loro volont di far tornare a casa da solo il loro pargolo? Sappiamo che, fino ad un certo punto, la risposta stata sempre: s! (anche perch mancava la domanda). Poi diventata: no! Anzi, a voler fare proprio i giuristi, diventata: n! (cio: dipende. Classica risposta leguleia). Adesso mi spiego: quel certo punto fino al quale nessuno aveva ancora immaginato di frapporre ostacoli o di sindacare le decisioni genitoriali sul rientro del bimbo, ha ricompreso tutta linfanzia mia e quella degli altri giovanotti come me, che a scuola siamo sempre andati e tornati da soli, fin dalle elementari. E magari anche in bicicletta. Peraltro nessun genitore si sognava di domandar permessi (ecco, appunto, mancava la domanda) o di rilasciare liberatorie. N alcuna scuola di far problemi di

Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste.

sorta: era semplicemente una cosa normale e, pertanto, indifferente al mondo del diritto. Comera normale che nei pomeriggi si giocasse nel cortile condominiale o per strada. Ma mica i nostri genitori erano incoscienti, n noi eravamo pi svegli dei bambini di oggi. Solo che non erano ancora accaduti certi fatti e tutti i pedofili (allora si diceva i sporcaccioni) vivevano rintanati nei cinema di terzordine. O forse quel tipo di fatti erano anche gi accaduti, ma erano stati trattati alla stregua di semplici, dannate, fatalit. Fu, come spesso avviene, un fatto purtroppo grave, accaduto nel marzo del 1980 in provincia di Bologna, a porre chiaramente il problema: un bambino delle elementari, lasciato attraversare da solo la strada in assenza dei genitori alla fermata dello scuolabus venne investito e riport gravi lesioni. Fatti molto simili si sono poi ripetutamente posti allattenzione della giurisprudenza (provate a scrivere scuolabus su una qualsiasi banca dati di giurisprudenza e troverete la strage degli innocenti). Tra laltro, lennesimo caso si purtroppo di recente ripetuto, proprio qui nella Venezia Giulia. Solo che in questo caso il bambino ha perso la vita, da cui i nervi scoperti e le antenne tese della magistratura giuliana. Siccome ho promesso al direttore di questa rivista di non fare la solita nota a sentenza, non scender nei dettagli e nei distinguo delle sottili questioni giuridiche che operano le sentenze di merito e di legittimit che affrontarono quel caso e gli altri successivi, in sede civile e penale (pur molto interessanti, vi assicuro 1), ma mi limiter a ricordare ci che diede la stura allapproccio di ipercautela ormai corrente. Come sappiamo, in questi gravi casi, avvocati e giudici fanno tutto il possibile per ampliare sia il titolo giuridico delle possibili responsabilit civili, che il ventaglio degli obbligati solidali al risarcimento, cos da poter garantire alla vittima e/o ai suoi parenti il massimo delle aspettative verso soggetti privati e pubblici, questi ultimi sicuramente solvibili. Tutti ricordiamo lavvento in giurisprudenza della responsabilit contrattuale c.d. da contatto sociale, nata a proposito dei danni da malasanit (mi si perdoni il gergo colloquial-giornalistico, ma gi che ci sono) e via via estesa proprio ai danni verificatisi in ambito scolastico, con puntate applicative (meno sorprendenti) nellambito della responsabilit professionale di avvocati, notai, mediatori, ecc. Questo contatto sociale non altro che una forma speciale di affidamento (nel senso di fiducia nella affidabilit di una certa struttura professionale) che costituisce una moderna declinazione del concetto di buona fede contrattuale. Orbene, la conseguenza eminente della sussunzione di tali casi nella responsabilit di tipo contrattuale (cio da inadempimento), oltre alla elevazione dei termini di prescrizione, senza dubbio linversione dellonere della prova. Infatti nella responsabilit contrattuale, per effetto della presunzione di cui allart. 1218 cod. civ., il danneggiato sollevato dallonere di provare la colpa del danneggiante, onere che, secondo il principio ordinario (art. 2697 cod. civ.) vigente in tema di responsabilit aquiliana (artt. 2043 cod. civ.), diversamente sarebbe tutto suo, con le conseguenti (a volte insormontabili) difficolt.
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da ultimo Cass. 23464/2010

Certo, anche la responsabilit extracontrattuale dei precettori (cio, per farla breve, della scuola) conosce il tema dellinversione dellonere probatorio per effetto di presunzione di colpa (art. 2048, co. II, cod. civ.), ma la norma copre solo i casi di danni cagionati dagli allievi a terzi. Scusate, sono scivolato senza accorgermene nel giuridichese spinto, il che potr risultare ostico ai lettori non giuristi. Insomma, quel che vorrei far apparire chiaro il fatale precipitato finale di questa giurisprudenza: ogni volta che un bambino si fa male a scuola, o in ambito spazio/temporale scolastico (compreso il cortile e i tempi pre e postaccoglienza), lo Stato e listituzione scolastica sono presunti responsabili fino a prova contraria (piuttosto diabolica, a legger lart. 1218 cit.) a loro carico. Il personale scolastico (insegnanti, personale ATA, dirigenti) potr esser chiamato a rispondere del suo operato soltanto dallo Stato in una fase successiva di eventuale, separata, rivalsa (art. 61, l. n. 312/1980). Su questo sfondo di responsabilit presunta, la Cassazione ha pi volte ribadito che la scuola ha un dovere di custodia e protezione suo proprio, non derivato dai genitori, che si conclude solo quando il bambino viene rimesso nella diretta sfera di custodia di uno di loro. Dunque, sarebbero inefficaci le liberatorie che tanti genitori chiedono (a volte pretendono) di rilasciare alla direzione scolastica 2, pur di ottenere che il proprio figliuolo se ne possa tornare a casa da solo, il che magari gli risolverebbe tutti i problemi organizzativi dipendenti dal fatto di non aver modo di presentarsi personalmente a ritirare la prole al suono del campanello duscita. Mi constano svariate circolari di dirigenti scolastici, emanate anche sulla scorta di pareri pro-veritate stilati dalle varie sedi distrettuali dellavvocatura dello Stato, improntate al massimo della prudenza al fine di evitare ogni possibile addebito di responsabilit alle scuole (atteggiamento nazionale tipico: con la scusa della tutela del minore, intanto mi tutelo io da ogni possibile rischio di responsabilit). Questo ha prodotto il frequente automatico e apodittico diniego di qualunque richiesta di autorizzazione a lasciar tornare soli a casa gli alunni delle scuole primarie di primo grado (le elementari). E ci perfino di fronte alle minacce di denuncia per sequestro di persona, che alcuni genitori avevano cominciato a ventilare nei confronti di insegnanti, presidi (dirigenti) e bidelli (personale ATA). Anzi mi consta che almeno in un caso ne sia stata effettivamente presentata una, peraltro risoltasi con archiviazione. Fin qui le tinte forti della questione. Ma attenzione, la giurisprudenza il regno dei distinguo. Infatti, a ben guardare, la stessa Corte suprema che, laddove ha coniato i suddetti principi, ha anche introdotto dei saggi temperamenti. Solo che essi, pur chiaramente improntati al diritto e al buon senso, hanno evidentemente lasciato minor traccia. E allora ecco che i responsabili degli istituti scolastici, a volte refrattari alla elaborazione dei principi mediata dalla realt, perch tutti presi, soprattutto, a schivare possibili proprie responsabilit, spesso trascurano di considerare i distinguo specificati proprio dalle sentenze cui si appellano. Ad esempio: il subentrare dei
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La pi recente in tal senso: Cass., III, 2380/2002

genitori, nella fase di riconsegna, potr anche essere potenziale o potr essere indiretto attraverso la delega a terzi maggiorenni. Inoltre, valgono comunque i principi di responsabilit decrescente del personale scolastico, in funzione inversamente proporzionale allet e al normale grado di maturazione degli alunni, in relazione alle circostanze del caso concreto. Certo, si dir che cos si relativizzano i principi e si suggella lincertezza del diritto. E ovvio che s. Ma unoperazione che proprio in ossequio al Diritto si deve fare: in adesione al doveroso adeguamento delle prescrizioni educative alla evoluzione e alla crescita della persona minorenne, che va progressivamente autoresponsabilizzata. E allora sar ovvio ed evidente che nessun genitore potr trovare secondamento nella pretesa di far tornare solo a casa il suo bambino fin dai primi anni dalla scuola materna. Una pretesa del genere, posta in termini inflessibili e indisponibili ad una soluzione alternativa, quale quella della delega a un terzo maggiorenne e compos sui, sarebbe gi di per s meritevole di sindacato sul corretto esercizio della potest genitoriale. Al contrario, un ragazzino delle scuole medie normodotato sar lasciato tranquillamente libero di tornare a casa da solo (salva, se mai, una eventuale espressa disposizione contraria dei genitori), anche se deve traversare strade o prendere mezzi pubblici. Se no come far a sviluppare la propria autonoma capacit di circolazione e movimento nella sua citt? I bambini delle elementari (ora scuole primarie di primo grado), stanno in mezzo a questi due estremi e proprio perci richiedono il maggior discernimento (da parte degli adulti). Dunque, ancora una volta, tutto dipender dal luogo e dal percorso. La soluzione cambier a seconda che si stia parlando di Milano o di Buja direi. E non si pu ragionevolmente argomentare che tutte le strade sono potenzialmente pericolose, come si legge negli atti del processo cautelare triestino. A mio avviso la soluzione corretta star nel lasciare la primaria discrezionalit al/ai genitori tutte le volte che, lapprezzamento del caso concreto, non faccia dubitare della loro normale coscienziosit. I genitori normalmente responsabili non possono esser anchessi messi sotto tutela per effetto estensivo della iperprotettivit che il personale scolastico riserva a s stesso, prima ancora che al minore. Lautorit scolastica, insomma, non potr legittimamente esimersi dal considerare questi benedetti elementi del caso concreto: let del bambino, la distanza da casa, le condizioni ambientali, quelle del traffico, le evenienze particolari e contingenti che potranno far trattenere, magari solo per quel giorno, il bambino fino allarrivo del genitore (una frana, una manifestazione di piazza). La scuola dovr saper operare i suoi distinguo, se vorr dare la giusta rappresentazione del suo, esigibile, discernimento. A quel punto stia tranquilla che la liberatoria scritta, che si sar certamente fatta rilasciare dai genitori, la terr indenne da ogni responsabilit da malaugurati occorsi dannosi eventualmente subiti o agiti dal bambino, in itinere. Tanto pi che un ottuso diniego, lo sappiano i responsabili scolastici, pu dar luogo ad altrettanti ipotizzabili addebiti di responsabilit risarcitorie.

Sappiano per anche i genitori che, essendo assolutamente pacifica la possibilit di affidare il ritiro dei loro bambini a terzi maggiorenni, debitamente e formalmente dichiarati alla scuola, gli impuntamenti sulla questione di principio tipo mio figlio viene a casa da solo e basta! saranno anchessi suscettibili di formare oggetto di sindacato sulla potest, ove non sorretti da altrettanto discernimento. Per concludere, credo che nella nostra postmoderna societ, alimentata da smisurate ansie parentali e da paure sempre nuove e non sempre razionali, vadano incoraggiate le ragionevoli tendenze di quei (rari?) genitori che non vogliano a tutti i costi ritardare oltremisura lo svezzamento dei propri figli. Che se no, poi, crescono bamboccioni

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