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Indice

1 Funzioni 1.1 Propriet delle funzioni . . . . . . . . . 1.2 Limiti di una funzione . . . . . . . . . . 1.3 Funzioni continue . . . . . . . . . . . . . 1.3.1 Punti di discontinuit . . . . . . 1.3.2 Limiti notevoli . . . . . . . . . . 1.3.3 Teoremi sulle funzioni continue 2 Inniti e innitesimi 2.1 Funzione innita . . . . . 2.2 Funzione innitesima . . 2.3 Principi di sostituzione . 2.4 Asintoti di una funzione .

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3 9 12 21 22 24 25 28 28 30 32 34 38 41 42 43 45 48 50 51 53

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3 Successioni numeriche 3.1 Il numero di Nepero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Progressioni aritmetiche e geometriche . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Serie numeriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Le derivate 4.1 Operazioni con le derivate 4.2 Interpretazione geometrica 4.3 Teoremi sulle derivate . . . 4.4 Massimi e minimi . . . . .

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4.5 Punti di esso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


5 Graco di funzione 5.1 Dominio di una funzione . . . . . . . 5.2 Simmetrie ed intersezioni con gli assi 5.3 Segno e asintoti della funzione . . . . 5.4 Studio delle derivate . . . . . . . . . . 5.5 Graco della funzione . . . . . . . . . 5.6 Radici reali di un'equazione . . . . . 5.7 Sistema parametrico misto . . . . . . 5.8 Problemi di massimo e minimo . . . 6 Funzione in due variabili 6.1 Graco per punti . . . . . . . . . . . 6.2 Linee di livello . . . . . . . . . . . . 6.3 Derivate parziali . . . . . . . . . . . 6.4 Punti critici . . . . . . . . . . . . . . 6.4.1 Massimi e minimi vincolati

61
67 68 69 71 73 75 76 78 81 82 84 86 87 93 97 102 102 104 110 113 115 116

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7 Gli integrali 7.1 Integrali indeniti . . . . . . . . . . . 7.1.1 Calcolo di integrali . . . . . . 7.2 Integrali deniti . . . . . . . . . . . . 7.2.1 Calcolo di integrali deniti . . 7.2.2 Aree di gure piane . . . . . . 7.2.3 Volume dei solidi di rotazione

8 Equazioni dierenziali 118 8.1 Equazioni dierenziali del primo ordine . . . . . . . . . . . . . 119 8.2 Equazioni dierenziali del secondo ordine . . . . . . . . . . . . 120 9 Calcolo combinatorio 122 9.1 Coecienti binomiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122

9.1.1 Binomio di Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 9.2 Disposizioni, permutazioni, combinazioni . . . . . . . . . . . . 127


10 Elementi di probabilit 10.1 Unione di eventi . . . . . 10.2 Probabilit condizionata 10.3 Intersezione di eventi . . 10.4 Schema di Bernoulli . . . 10.5 Teorema di Bayes . . . .

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134 137 139 140 141 141

Capitolo 1 Funzioni
Il concetto di funzione uno dei pi importanti per la matematica: l'utilit di una funzione, infatti, quella di mostrare il legame che esiste fra cose diverse. Diamone la denizione generale.
Denizione 1.1 (FUNZIONE).

Dati due insiemi non vuoti A e B , si chiama funzione di A in B una qualsiasi legge che fa corrispondere ad ogni elemento di A uno e un solo elemento di B . In simboli:

fA B
Nello specico, se l'insieme di partenza A un sottoinsieme dei numeri reali e l'insieme di arrivo B coincide con R, allora si parla di funzione reale. In simboli:

fAR R
Deniamo ora alcuni elementi di una funzione reale:
ogni elemento l'elemento

x di A detto variabile indipendente;

y =f (x ), associato a x dalla funzione f, detto, invece, variabile dipendente;


5

l'insieme

A detto dominio della funzione f e si indica con D ; f e si indica

l'insieme di arrivo R detto codominio della funzione

con C ;
l'insieme f(A) = {f(x) R

x A} dei valori della funzione relativi a tutti gli elementi x A si dice immagine della funzione.

Come si pu osservare nella gura sottostante, l'immagine della funzione un sottoinsieme del codominio, quindi tali insiemi possono anche essere diversi tra loro.

Una qualunque funzione ad una sola variabile si pu rappresentare come una curva nel piano cartesiano, detta graco della funzione. Questo formato da tutti i punti che hanno come ascisse i valori x appartenenti all'insieme A e come ordinate i corrispondenti valori f (x ) della funzione. In generale, dal graco di una funzione si pu desumere il suo dominio, proiettando il graco sull'asse delle ascisse, e il suo codominio, proiettando il graco sull'asse delle ordinate. Un esempio riportato di seguito.

Descriviamo ora alcune funzioni molto comuni, dette per questo funzioni elementari.
Funzioni polinomiali: una funzione si dice

polinomiale se del tipo:

f(x) = an xn + an1 xn1 + + a0 , con an 0, n N n rappresenta il grado del polinomio; sulla base di questo valore avremo diversi casi:
 n=0  n=1  n=2
f(x) = k retta orizzontale. retta. parabola. f(x) = ax + b

f(x) = ax2 + bx + c

Per tutti i casi si ha: D = R e C = R


Funzioni razionali: una funzione

razionale una funzione che si presenta come rapporto di due polinomi: f(x) = A(x) , con B(x) 0 B(x)

Banalmente, una funzione razionale ha i seguenti dominio e codominio:

D = {x R B(x) 0} ; C = R
7

Funzioni irrazionali: una funzione

irrazionale una funzione in cui presente (una o pi volte) l'operazione di estrazione di radice. f(x) =
 se n pari
n

B ( x)

C = R+ {0} ;
 se n dispari

D = {x R B(x) esiste e B(x) 0} e

D = {x R B(x) eiste} e C = R .

Funzione esponenziale: una funzione

esponenziale una funzione del

tipo:
f (x) = ax , a > 0

In base al valore della base a della funzione si ha:


 a=1  0<a<1  a>1
funzione costante f (x) = 1 funzione decrescente. funzione crescente.

In ogni caso si ha: D = R e C = R+ .

Funzione logaritmica: una funzione

logaritmica una funzione del

tipo:
f (x) = loga x, a > 0

Come per la funzione esponenziale, anche per quella logaritmica si ha:


 0<a<1  a>1
funzione decrescente. funzione crescente.

In tal caso, per, si invertono dominio e codominio rispetto alla funzione esponenziale, ossia D = R+ e C = R .

Ricordiamo che il logaritmo in base e = 2, 7182818 . . . , noto come numero di Nepero, viene detto logaritmo naturale e si indica con:
f (x) = ln x
Funzioni goniometriche: le principali funzioni goniometriche sono:

 seno: f (x) = sen x ;  coseno: f (x) = cos x ;

D=R C = [1, 1]

 tangente: f (x) = tanx


D = + k, + k 2 2 C=R

Funzione valore assoluto: la funzione valore assoluto fa corrispondere

a ogni numero x il numero stesso, se esso positivo o nullo, il suo opposto, se negativo.
se x 0 x f ( x) = x = x se x < 0

Il dominio risulta essere R, mentre il codominio , ovviamente, l'insieme dei numeri reali non negativi R+ . 10

1.1 Propriet delle funzioni


Deniamo ora le seguenti caratteristiche di una funzione. Una funzione reale a variabile reale f A B detta:
iniettiva: se x, x A, x x , si ha f (x) f (x ) . suriettiva: se y B x A f (x) = y . biiettiva: se sia iniettiva che suriettiva, ossia

y B !x A f (x) = y

A livello pratico, dato il graco di una funzione, per vericare la sua natura, tracciando rette parallele all'asse x e passanti per i punti del codominio, essa risulta:
iniettiva: se una qualsiasi di queste rette interseca il graco al pi in

un solo punto.
suriettiva: se una qualsiasi di queste retta interseca il graco in almeno

un punto.
biiettiva: se ogni retta interseca il graco solo in un punto.

Nel caso di funzione biiettiva, si pu dire che esiste una corrispondenza biunivoca fra gli elementi dell'insieme A e gli elementi dell'insieme B e la funzione f risulta essere invertibile. La funzione inversa di f si indica con f 1 ed la funzione che ad ogni y B fa corrispondere il solo valore di x per cui f (x) = y .
f 1 B A

Attenzione: non confondere f 1 (y ) con f (y )1 .

Elenchiamo ora alcune funzioni invertibili, specicandone gli intervalli di invertibilit e le loro inverse. 11

funzione arcoseno : l'inversa della funzione seno, invertibile in ; , 2 2

ed cos denita :

arc sen [1; 1] ;

2 2

funzione arcocoseno: l'inversa del coseno, invertibile in [0; ], ed

cos denita:

arc cos [1; 1] [0; ]


funzione arcotangente : l'inversa della funzione tangente, invertibile in ; , ed cos denita: 2 2

arc tan R ;

2 2

Vi sono altre propriet che possono caratterizzare una funzione reale a variabile reale. In particolare:
Una funzione f [a; b]

R si dice strettamente crescente nell'

intervallo [a, b] se, comunque presi due punti appartenenti all'intervallo, con x1 < x2 , si ha che
f (x1 ) < f (x2 )

Similmente, f si dice crescente se


f (x1 ) f (x2 )
Una funzione f [a; b] R si dice strettamente decrescente nell'

intervallo [a, b] se, comunque presi due punti appartenenti all'intervallo, con x1 < x2 , si ha che
f (x1 ) > f (x2 )

Similmente, f si dice decrescente se


f (x1 ) f (x2 )

12

La funzione f [a; a] R pari nell' intervallo [a, a] se:

x [a; a] si ha f (x) = f (x)


La funzione f [a; a] R dispari nell' intervallo [a, a] se:

x [a; a] si ha f (x) = f (x)

A livello pratico, una funzione pari se risulta essere simmetrica rispetto all'asse delle y , mentre dispari se risulta essere simmetrica rispetto all'origine degli assi cartesiani.

Figura 1.1. Funzione dispari

Figura 1.2. Funzione pari

La funzione f [a; b] R periodica di periodo

k se:

x [a; b] t.c. (x + k ) [a; b] si ha f (x) = f (x + k )

13

La funzione f A R limitata superiormente se:

M R t.c. x A si ha f (x) M
La funzione f A R limitata inferiormente se:

K R t.c. x A si ha f (x) K
La funzione f A R si dice limitata se lo sia inferiormente che

superiormente, cio:
K, M R t.c. x A si ha K f (x) M

1.2 Limiti di una funzione


Prima di denire cosa si intende per limite di una funzione, introduciamo due concetti necessari a priori:
Considerato un numero reale x0 , si dice intorno di x0 ogni intervallo

I (x0 ) del tipo (x0 , x0 + ), dove un numero reale positivo.


Dati l'insieme A R e il punto x0 R (non interessa che x0 appartenga

ad A o meno), si dice che x0 punto di accumulazione per l'insieme A se:


I ( x0 ) x A x x0

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A questo punto diamo la seguente denizione.


Denizione 1.2 (LIMITE).

Dati una funzione f A R e un punto x0 di accumulazione per A, diremo che il numero l il limite della funzione f nel punto x0 se:
> 0 > 0 t.c. x A , 0 < x x0 < l < f (x) < l +

In simboli si scriver:
l = lim f (x)
xx0

Nella gura sottostante riportato un graco che chiarisce il signicato della denizione di limite.

Ovviamente, il limite di una funzione pu assumere valore nito o innito e pu essere calcolato anche agli estremi . Vediamo i vari casi:
limite innito: quando limxx0 f (x) = +

() , che, secondo la

denizione, signca che:


M > 0 > 0 x A , 0 < x x0 < f (x) > M (f (x) < M ) (limx f (x) = l) , l < f (x) < l +
limite nito all'innito: se limx+ f (x) = l

ossia, secondo la denizione, se


> 0 k > 0 t.c. x A , x > k (x < k )

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limite innito all'innito: se limx f (x) = + , ossia se

M > 0 k > 0 t.c. x A , x > k (x < k )

f (x) > M

Finora sembra tutto semplice e lineare...ma consideriamo il seguente graco.

Osserviamo che la funzione in esame assume dei valori molto grandi a destra della retta verticale x = 1 e molto piccoli a sinistra di essa, mentre nel punto x = 1 la funzione non denita. In tal caso, secondo la denizione data in precedenza, non possibile denire il limite della funzione. Introduciamo, quindi, due nuovi tipi di limite, calcolabili anche nel caso della funzione appena considerata.
Il valore

l detto il limite destro della funzione f nel punto x0 se:


l < f (x) < l +

> 0 > 0 t.c. x A , 0 < x x0 <


Il valore

l detto il limite sinistro della funzione f nel punto x0 se:


l < f ( x) < l +

> 0 > 0 t.c. x A , < x x0 < 0

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Enunciamo ora, senza dimostrare, alcuni importanti teoremi riguardo i limiti di funzione.
Teorema 1.2.1 (TEOREMA DELL'UNICIT DEL LIMITE).

Sia data una funzione f A R , con x0 punto di accumulazione per A. Allora, se esiste il limite l di f per x x0 , allora questo unico.

Teorema 1.2.2 (TEOREMA DEL CONFRONTO (O DEI DUE CARABINIERI)).

Siano date tre funzioni f, g e h denite nello stesso intervallo I, tranne al pi un punto x0 R, e tali che in ogni punto x I x x0 si abbia
f (x) g (x) (x)

Allora, se xlim f (x) = lim h(x) = l si ha che lim g (x) = l. x xx xx


0 0 0

Teorema 1.2.3 (TEOREMA DELLA PERMANENZA DEL SEGNO).

Sia data una funzione f I R , con x0 punto di accumulazione per I. Se f ammette limite nito non nullo, ossia xlim f (x) = l 0 , allora esiste x0 un intorno di x0 , escluso al pi il punto x0 , in cui la funzione assume lo stesso segno del limite l. Come ultimo aspetto interessante circa i limiti di funzione, analizziamo le possibili operazioni tra di essi e gli eventuali casi notevoli. Date due funzioni f e g denite in uno stesso intervallo I, con x0 punto di accumulazione per I, si hanno i seguenti casi.

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Somma:

lim f (x) = l1 < x Se x0 lim g (x) = l2 < xx0

xx0

lim [f (x) + g (x)] = lim f (x) + lim g (x) = l1 + l2


xx0 xx0

Se

lim f (x) = l1 x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim [f (x) + g (x)] =

Se

lim f (x) = x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim [f (x) + g (x)] =

Se

lim f (x) = x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim [f (x) + g (x)] =

forma indeterminata

Prodotto:

lim f (x) = l1 < x Se x0 lim g (x) = l2 < xx0

xx0

lim [f (x) g (x)] = lim f (x) lim g (x) = l1 l2


xx0 xx0

18

Se

lim f (x) = x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim [f (x) g (x)] =

dove il segno dell'innito si ottiene semplicemente applicando la regola del segno.

lim f (x) = l1 0 x Se x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim [f (x) g (x)] =

dove il segno dell'innito denito sempre applicando la regola del segno.

Se

lim f (x) = 0 x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim [f (x) g (x)] = 0 forma indeterminata

Quoziente:

lim f (x) = l1 < x Se x0 lim g (x) = l2 < l2 0 xx0

lim f (x) l f (x) x x0 1 = = xx0 g (x) lim g (x) l2 lim


xx0

Se

lim f (x) = l1 < x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim

f (x) l1 = =0 g (x)

19

Se

lim f (x) = l1 0 x x0 lim g (x) = 0 xx0 lim f (x) = 0 x x0 lim g (x) = xx0

xx0

lim

f (x) l1 = = g (x) 0

Se

f (x) 0 = =0 xx0 g (x) lim

Se

lim f (x) = x x0 lim g (x) = 0 xx0

f ( x) = = xx0 g (x) 0 lim

lim f (x) = 0 x Se x0 lim g (x) = 0 xx0


Potenza:

f ( x) 0 = forma indeterminata xx0 g (x) 0 lim

Se n N xlim f (x) = l 0, x
0 0

xx0

lim f (x)n = ln lim f (x)n = 0,

Se n N, n 0 xlim f (x) = 0, x Se n = 0 xlim f ( x) = 0 x


0

xx0

xx0

lim f (x)n = 00 0 forma indeterminata

Se n = xlim f ( x) = 1 x
0

xx0

lim f (x)n = 1 forma indeterminata

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Riassumiamo adesso, in un elenco, le forme indeterminate da ricordare e a cui porre attenzione.


Forme indeterminate
+ 0 1 00 0

0 0

A questo punto, consideriamo un esempio in cui ci si trova di fronte ad una forma indeterminata e vediamo come si risolve.

21

Esempio: Calcolare il seguente limite:

lim

Calcoliamo i limiti:

x3 1 x1 x4 1

lim(x3 1) = 0
x1

lim(x4 1) = 0
x1

Applicando la propriet del limite del quoziente si ottiene la forma indeterminata:


lim x3 1 0 = x1 x4 1 0

Per eliminare questa forma indeterminata, bisogna scomporre i polinomi presenti al numeratore e al denominatore:
x3 1 (x 1)(x2 + x + 1) (x 1)(x2 + x + 1) x2 + x + 1 3 = = = = 2 2 2 2 x1 x4 1 (x 1)(x + 1) (x 1)(x + 1)(x + 1) (x + 1)(x + 1) 4

lim

22

1.3 Funzioni continue


Introduciamo il concetto di funzione continua, per poi determinarne alcune propriet.
Denizione 1.3 (FUNZIONE CONTINUA).

Dati una funzione f A R e un punto x0 A, si dice che la funzione continua nel punto x0 se
xx0

lim f (x) = f (x0 )

ossia, necessario che il limite destro e sinistro in x0 risultino uguali a f (x0 ). Una funzione che non continua nel punto x0 si dice discontinua in x0 . I graci sottostanti rappresentano una funzione continua e una funzione non continua. Osserviamo che una funzione continua se il suo graco si pu tracciare senza "staccare la penna dal foglio".

Figura 1.3. Funzione continua

Figura 1.4. Funzione non continua

23

Una funzione risulta, quindi, continua se si vericano le seguenti condizioni:


la funzione deve essere denita nel punto x0 ; deve esistere nito il limite della funzione per tale limite deve essere uguale a f (x0 ).

x che tende a x0 ;

1.3.1 Punti di discontinuit


I punti di singolarit o di discontinuit sono i punti in cui la funzione non continua. In particolare, possono essere di tre specie:

prima specie: se lim+ f (x) = l1


xx0

; l1 l2

xx 0

lim f (x) = l2

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seconda specie: se il limite destro e/o sinistro o non esiste oppure, se

esiste, innito.

terza specie (o eliminabile): quando

 f non denita in x0 oppure se lo , risulta f (x0 ) l.

f ( x) = l ;  esiste ed nito xlim x


0

25

La discontinuit di terza specie detta eliminabile perch possibile attribuire alla funzione, nel punto x0 , il valore del limite.

1.3.2 Limiti notevoli


I limiti notevoli sono quei limiti, costituiti da tutte forme indeterminate, che servono come supporto per la risoluzione di limiti in generale. Di seguito li elenchiamo, omettendone la dimostrazione.
lim

1 cos x =0 x0 x 1 x
x

lim 1 +
x

=e ; a>0

lim

ax 1 = ln a x0 x
x0

lim lim
x0

loga (1 + x) = loga e ; a > 0 x

1 cos x 1 = x0 x2 2
1

lim(1 + x) x = e lim lim

ex 1 =1 x0 x

ln(1 + x) =1 x0 x sen x lim =1 x0 x

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1.3.3 Teoremi sulle funzioni continue


Ricordiamo che se una funzione f A B biiettiva, allora esiste la funzione inversa di f, che indicata con f 1 B A. A tal proposito, enunciamo il seguente teorema.

Teorema 1.3.1 (TEOREMA SULLA CONTINUIT DELLA FUNZIONE INVERSA).

Sia data una funzione f A B , con A, B R. Se f continua e strettamente crescente (o strettamente decrescente) in A, allora esiste la sua funzione inversa f 1 , denita in f (A), che risulta continua e strettamente crescente (o strettamente decrescente).

A questo punto, proponiamo tre teoremi fondamentali relativi alle funzioni continue in un intervallo chiuso e limitato.
Teorema 1.3.2 (TEOREMA DI WEIERSTRASS).

Sia f una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b]. Allora la funzione f ammette massimo e minimo assoluto in [a, b].

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Detti M e m rispettivamente il massimo assoluto e il minimo assoluto di f in [a, b], il teorema aerma che il codominio della funzione risulter essere l'intervallo chiuso e limitato [m, M ]. Se il dominio non dovesse essere un intervallo chiuso e limitato, il teorema risulta essere, ovviamente, non vericato.
Teorema 1.3.3 (TEOREMA DI ESISTENZA DEGLI ZERI).

Sia f una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b] e tale che f (a) f (b) < 0. Allora esiste almeno un punto c (a, b) in cui la funzione si annulla.

Osservando la gura, dal punto di vista geometrico, il teorema aerma che il graco della funzione taglia l'asse delle ascisse in almeno un punto compreso tra gli estremi a e b. Anche in questo caso se non tutte le ipotesi sono vericate, il teorema non valido.

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Teorema 1.3.4 (TEOREMA DEI VALORI INTERMEDI).

Sia f una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b]. Allora f assume tutti i valori compresi tra il suo minimo e il suo massimo assoluto.

Il teorema dei valori intermedi aerma che tutti i valori f (x), al variare di x nell'intervallo [a, b], apparterranno all'intervallo chiuso e limitato [m, M ], con M e m rispettivamente il massimo assoluto e il minimo assoluto di f in [a, b].. Questo vuol dire che, scelto un qualsiasi valore k strettamente compreso tra m e M, esiste almeno un punto x0 appartenente all'intervallo di denizione della funzione per cui risulta f (x0 ) = k.

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Capitolo 2 Inniti e innitesimi


Cosa sono gli inniti e gli innitesimi? Iniziamo introducendo i due concetti di funzione innita e innitesima.

2.1 Funzione innita


Denizione 2.1 (FUNZIONE INFINITA).

Sia f una funzione denita in un intorno di x0 , tranne al pi il punto x0 . Si dice che la funzione f innita per x x0 se
xx0

lim f (x) =

Lo stesso vale se f denita in un insieme illimitato superiormente o inferiormente. In tal caso si scrive:
x

lim f (x) =

Nelle applicazioni della teoria degli inniti molto importante stabilire quale, tra due funzioni, tende a innito "pi rapidamente". 30

Se consideriamo due funzioni f e g innite per x x0 e supponiamo che f ( x) . Allora si possono distinguere i seguenti casi: esista il xlim x
0

g ( x)

lim

xx0

f (x) = + g ( x)

f innita di ordine superiore rispetto a g ;

lim

xx0

f ( x) =l , l0 g ( x) f (x) =0 g ( x)

f e g sono innite dello stesso ordine;

lim

xx0

f innita di ordine inferiore rispetto a g.

Introduciamo a questo punto il concetto di ordine degli inniti.


Denizione 2.2 (INFINITO DI ORDINE ).

Sia f una funzione innita per x x0 e sia R+ . Allora se


f ( x) lim =l0 xx0 g (x)

con

1 x x se x x0 0 g (x) = x se x

si dice che f un innito di ordine rispetto a g per x x0 .

Esempio:
f (x) = 1 + x3 per x + un innito di ordine = 3 perch: ( 1 + x3 ) 1 x3 = lim + 3 =1 x+ x+ x3 x3 x lim

31

In generale, ogni polinomio di grado n > 0 una funzione innita di ordine n per x +.

2.2 Funzione innitesima


Denizione 2.3 (FUNZIONE INFINITESIMA).

Sia f una funzione denita in un intorno di x0 , tranne al pi il punto x0 . Si dice che la funzione f innitesima per x x0 se
xx0

lim f (x) = 0

Analogamente a quanto visto per le funzioni innite, si pu denire una funzione innitesima anche su un insieme illimitato superiormente o inferiormente, ossia:
x

lim f (x) = 0

Anche per gli innitesimi molto importante stabilire quale tra due funzioni tende a zero "pi rapidamente". Se consideriamo due funzioni f e g innitesime per x x0 e supponiamo che f ( x) esista il xlim . Allora si possono distinguere i seguenti casi: x
0

g ( x)

lim

xx0

f (x) =0 g ( x)

f innitesima di ordine superiore rispetto a g ;

32

lim

xx0

f (x) =l , l0 g ( x) f ( x) = g ( x)

f e g sono innitesime dello stesso ordine;

lim

xx0

f innitesima di ordine inferiore rispetto a g.

Valutiamo anche in questo caso l'ordine di innitesimo di una funzione.


Denizione 2.4 (INFINITESIMO DI ORDINE ).

Sia f una funzione innitesima per x x0 e sia R+ . Allora se


f (x) lim =l0 xx0 g (x)

con

x x0 se x x0 g ( x) = 1 se x x

si dice che f un innitesimo di ordine rispetto a g per x x0 .

Esempio:
f (x) = ln(1 + x3 ) per x 0 risulta essere un innitesimo di ordine = 3, in

quanto:

lim

ln(1 + x3 ) =1 x0 x3

grazie ad uno dei militi notevoli visti in precedenza.

33

2.3 Principi di sostituzione


Per il calcolo dei limiti vi sono due teoremi di rilevante importanza: il principio di sostituzione degli inniti e degli innitesimi.
Teorema 2.3.1 (TEOREMA DI SOSTITUZIONE DEGLI INFINITI).

Siano f1 , f2 , g1 , g2 tutte funzioni innite per x x0 . Si supponga che f1 sia un innito di ordine superiore a f2 e che g1 sia un innito di ordine superiore a g2 , allora se esistono i seguenti limiti:
xx0

lim

f1 (x) + f2 (x) g1 (x) + g2 (x)

xx0

lim

f 1 ( x) g1 (x)

tali limiti sono uguali tra loro, ossia:


f1 (x) + f2 (x) f1 (x) = lim xx0 g1 (x) + g2 (x) xx0 g1 (x) lim

In altre parole, nel calcolo del limite, possibile "cancellare"gli inniti di ordine inferiore.
Teorema 2.3.2 (TEOREMA DI SOSTITUZIONE DEGLI INFINITESIMI).

Siano f1 , f2 , g1 , g2 tutte funzioni innitesime per x x0 . Si supponga che f1 sia un innitesimo di ordine inferiore a f2 e che g1 sia un innitesimo di ordine inferiore a g2 , allora se esistono i seguenti limiti:
f1 (x) + f2 (x) xx0 g1 (x) + g2 (x) lim

f 1 ( x) xx0 g1 (x) lim

tali limiti sono uguali tra loro, ossia: 34

xx0

lim

f1 (x) f1 (x) + f2 (x) = lim x x 0 g1 (x) g1 (x) + g2 (x)

quindi possibile "cancellare"gli innitesimi di ordine superiore.


Esempio:
lim
x0

1 + ln(1 + x2 ) 0 . assume la forma indeterminata 0 3 x + x2

Calcoliamo l'ordine di innitesimo delle funzioni presenti nel rapporto:


x2 e ln(1 + x2 ) sono innitesimi di ordine 2 rispetto a x ; e
x

1 1 e 3 x sono innitesimi di ordine rispetto a x. 2

Applichiamo quindi il principio di sostituzione degli innitesimi trascurando le funzioni innitesime di ordine maggiore:
1 1 e x1 1 lim = lim = x0 3 x x0 3 3 x e
x

dove lim
x0

1 = 1 un limite notevole. x

35

2.4 Asintoti di una funzione


"Asintoto" una parola che deriva dal greco e signica "che non tocca"; la sua denizione specica la seguente:
Denizione 2.5 (ASINTOTO).

Una funzione di equazione y = f (x) ammette la retta r come asintoto se la distanza del generico punto P della curva dalla retta r tende ad annullarsi. Possono presentarsi tre tipi di asintoti:
verticale: quando la funzione tende all'innito avvicinandosi ad una

retta verticale, cio del tipo x = h;

Figura 2.1. Asintoto verticale Formalmente: una funzione di equazione y = f (x) ha un asintoto verticale di equazione x = h quando
lim f (x) = + () oppure lim f (x) = + ()

xh+

xh

36

Segue che se una funzione non presenta discontinuit e non esistono punti in cui non denita, non potr avere asintoti verticali.
orizzontale: quando la funzione tende ad una retta orizzontale, cio

del tipo y = k, per x che tende a pi innito o meno innito;

Figura 2.2. Asintoto orizzontale Formalmente: una funzione di equazione y = f (x) ha un asintoto orizzontale di equazione y = k quando
lim f (x) = k

Risulta evidente che una funzione pu avere un asintoto orizzontale soltanto se denita in un intervallo illimitato, da cui segue che gli asintoti orizzontali possono essere al massimo due, per x .

37

obliquo: quando la funzione tende all'innito avvicinandosi ad una

retta obliqua, cio a una retta del tipo y = mx + q .

Figura 2.3. Asintoto obliquo Formalmente: una funzione f ha un asintoto obliquo di equazione y = mx + q , con m 0, quando esistono niti i due limiti
f (x) =m x+ x lim

x+

lim (f (x) mx) = q

Anche in tal caso, l'asintoto obliquo pu esistere solo se la funzione denita in un intervallo illimitato.

38

Esempio:

Determinare gli eventuali asintoti della funzione:


y= x2 4 x+1

Il dominio della funzione risulta essere R {1}, quindi cerchiamo l'asintoto verticale nel punto x = 1:
x1

lim+

x2 4 = ; x+1

x1

lim

x2 4 = + x+1

Quindi la funzione ha un asintoto verticale di equazione x = 1. Poich la funzione denita in intervalli illimitati, occorre vericare l'eventuale presenza di asintoti orizzontali o obliqui. Iniziamo con gli asintoti orizzontali, calcolando il limite della funzione per x che tende all' innito:
x2 4 = x x + 1 lim

non esiste asintoto orizzontale.

Per quanto riguarda gli asintoti obliqui, calcoliamo i seguenti limiti:


x2 4 1 x2 4 = lim 2 =1 x+ x + 1 x x+ x + x lim lim m=1 q = 1

x2 4 x2 4 x2 x x = lim = 1 x+ x + 1 x+ x

Pertanto la funzione ha un asintoto obliquo di equazione y = x 1.

39

Capitolo 3 Successioni numeriche


Denizione 3.1 (SUCCESSIONE NUMERICA).

Una funzione a N R che associa ad ogni numero naturale n un valore an una successione numerica.

n detto indice della successione;

an l'ennesimo termine della successione.

Una successione, essendo una sequenza di valori ordinati e inniti, deve essere individuata da una legge che ad ogni intero n fa corrispondere un numero an .
Esempio: Successione dei numeri pari: an = 2n

Una successione pu essere rappresentata gracamente in due modi:


disegnando nel piano cartesiano in corrispondenza di ogni valore n N

il valore di an ;

40

considerando come una rappresentazione della successione il graco

della funzione g (x) = an per x [n; n + 1).

Poich N un insieme illimitato, possibile studiare il limite di una successione per n +. Si hanno le seguenti denizioni.
La successione an converge verso il limite l R per n + se

> 0 n N t.c. n > n si ha l < an < l + .

41

Si scrive

n+

lim an = l

la successione an diverge positivamente per n + se

k > 0 nk N t.c. n > nk si ha an > k .

Si scrive

n+

lim an = +

La successione an diverge negativamente per n + se

k > 0 nk N t.c. n > nk si ha an < k .

Si scrive:

n+

lim an =

La successione an indeterminata se non n convergente n diver-

gente.

Esempio:

Consideriamo la successione dei numeri dispari


an = 2n + 1

Calcoliamo il limite:
n+

lim 2n + 1 = +

la successione positivamente divergente, cio 2n + 1 > k n > k1 2

42

3.1 Il numero di Nepero


Consideriamo la successione
an = 1 + 1 n
n

Tale successione crescente e limitata sia inferiormente che superiormente, in particolare


2< 1+ 1 n
n

< 3.

Infatti, alcuni suoi valori sono riportati nella tabella di seguito.


1 n
n

n
1 2 10 20 50 100 1000

1+

2 2, 25 2, 59374246 2, 65329770 2, 69158802 2, 70481382 2, 71692393

La successione convergente poich esiste il limite per n + ed nito. Questo viene indicato con la lettera e si chiama numero di Nepero. Esso un numero irrazionale e vale circa 2,718281...

43

3.2 Progressioni aritmetiche e geometriche


Due importanti successioni sono la progressione aritmetica e la progressione geometrica. Diamone le denizioni.
Una progressione aritmetica una successione denita dal termine

iniziale a0 e da un numero d tale che i successivi termini si possono ottenere dalla somma
an = an1 + d

Il numero d detto ragione e da esso dipende il limite delle progressioni aritmetiche.


 Se d = 0 la successione risulta essere costante e convergente al suo primo valore a0 .  Se d > 0 la successione crescente e divergente a +.  Se d < 0 la successione decrescente e divergente a .
Una progressione geometrica una successione denita dal termine

iniziale a0 e da un numero q tale che i successivi termini si possono ottenere dal prodotto
an = an1 q

Il numero q detto ragione e, anche in questo caso, il comportamento della successione dipende da tale valore. Supposto a0 0:
 se q > 1 la successione divergente;  se 1 < q 1 la successione convergente;  se q 1 la successione indeterminata.

La somma dei primi n termini di una successione geometrica vale:


Sn =
n1 i= 0

ai = a0 +

1 qn 1q

(q 1)

44

3.3 Serie numeriche


Strettamente legato al concetto di successione il concetto di serie numerica.
Denizione 3.2 (SERIE NUMERICA).

La somma degli inniti termini di una successione prende il nome di serie numerica e si indica con
+ n=0

an = a0 + a1 + a2 + + an + . . .

I termini della successione si dicono termini della serie. Consideriamo la successione i cui termini sono le somme parziali dei termini della serie, cio:
S 1 = a1 S 2 = a1 + a2 S 3 = a1 + a2 + a3

.....
S n = a1 + a2 + a3 + + an

..... allora si hanno i seguenti casi:


se lim Sn = S =
n+ + n=0

an allora la serie convergente al valore S, detto

somma della serie.


n+

se lim Sn = + allora la serie divergente. se la successione delle somme parziali indeterminata allora anche la

serie indeterminata. Per calcolare il valore di una serie bisogna "costruire" la successione delle somme parziali. Mostriamone un esempio. 45

Esempio: Studiare il carattere della serie


3 3 3 3 3 =3+ + + + + ... n 2 4 8 16 n=0 2
+

I termini della serie sono quelli di una progressione geometrica di ragione 1 q = e primo termine a0 = 3. La somma dei primi n termini :
2 Sn =
n1

1 qn 3 1 = a =6 1 n 0 k 1q 2 k=0 2

da cui, passando al limite per n +, si ha:


S= 3 1 = lim 6 1 n = 6 n n+ 2 n=0 2
+

La serie quindi convergente.

46

Capitolo 4 Le derivate
Il concetto di derivata di una funzione ha a che fare con la rapidit con cui una data grandezza varia rispetto ad un'altra. Sia y = f (x) una funzione denita nell'intervallo aperto (a, b) e siano x0 e x = x0 + h due punti dell'insieme di denizione.
La dierenza: x = x x0 = (x0 + h) x0 = h si dice incremento della

variabile indipendente x .
La dierenza: y = f (x) f (x0 ) = f (x0 + h) f (x0 ) si dice incremento

della variabile indipendente y o della funzione f .


Si denisce rapporto incrementale della funzione

f il rapporto:

y f (x) f (x0 ) f (x0 + h) f (x0 ) = = x x x0 h

Dal punto di vista geometrico il rapporto incrementale il coeciente angolare della retta passante per i punti di coordinate:
(x0 , f (x0 )) e (x0 + h, f (x0 + h))

47

Figura 4.1. Rapporto incrementale di una funzione


Denizione 4.1 (DERIVATA).

Sia y = f (x) una funzione denita nell'intervallo aperto (a, b) e sia x0 un punto di (a, b); se esiste nito il limite del rapporto incrementale
xx0

lim

f (x0 + h) f (x0 ) f (x) f (x0 ) = lim h0 x x0 h

allora tale limite si chiama derivata di f in x0 e si dice che la funzione f derivabile in x0 . La derivata si indica con le seguenti notazioni equivalenti:
f (x), df , dx Df (x).

Una funzione f pu ammettere anche solo derivata destra (o sinistra) se esiste ed nito il solo limite destro (o sinistro) del rapporto incrementale. Inoltre, se la funzione derivata a sua volta derivabile in x0 , allora diremo che tale derivata la derivata seconda di f e la indicheremo con i seguenti simboli:
f (x), d2 f , dx2 D2 f (x).

48

Ma che relazione sussiste tra continuit e derivabilit di una funzione?


Teorema 4.0.1 (Continuit delle funzioni derivabili).

Sia f derivabile in x0 , ossia esiste ed nito il limite


xx0

lim

f (x) f (x0 ) = f (x0 ). x x0

Allora f anche continua in x0 , ovvero:


xx0

lim f (x) = f (x0 )

Vi sono delle funzioni che sono sicuramente derivabili: le funzioni elementari. Di seguito ne elenchiamo le derivate, utili a calcolare in maniera immediata i valori di derivate pi complesse.
costante: D(k ) = 0 ; potenza: D(xn ) = nxn1 logaritmo: D(loga (x)) =

in particolare: D(x) = 1 ;

1 loga e (x > 0) x 1 x ( x > 0) ;

in particolare: D(ln(x)) =
esponenziale: D(ax ) = ax ln a seno: D(sen x) = cos x ; coseno: D(cos x) = sen x .

in particolare: D(ex ) = ex ;

49

4.1 Operazioni con le derivate


A partire dalle derivate delle funzioni elementari, si pu eettuare la derivata di una generica funzione seguendo alcune regole. Elenchiamo di seguito le regole per le operazioni principali.
Somma o dierenza: Prodotto:

(f (x) g (x)) = f (x) g (x)

f (x) g (x) = f (x) g (x) + f (x) g (x) f (x) f (x) g (x) f (x) g (x) = g (x)2 g (x) 1 g (x) = g (x)2 g (x) f 1 ( y ) =

Quoziente:

Reciproca:

Inversa: Composta:

1 f ( x)

1 f (f 1 (y ))

D[f (g (x))] = f (g (x)) g (x)

50

Esempi:
f (x) = sen x ln x f (x) = x ln x

1 f (x) = D(sen x) D(ln x) = cos x . x

f (x) = D(x) ln x + x D(ln x) = 1 = ln x + x = ln x + 1 x f (x) = D(sen x) x sen x D(x) = x2 cos x x sen x 1 = x2

f ( x) =

sen x
x

f ( x) =

cos x
y

f (x) =

sen x D(cos x) = 2 2 (cos x) cos x

x = f 1 ( y ) =

y = f ( x) = x2 f 1 (y ) =

1 1 1 = = 2 D(x ) 2x 2 y

(f g )(x) = sen(x2 )

(f g ) (x) = D[sen(x2 )] D[x2 ] = = cos(x2 ) 2x = 2xcos(x2 )

51

4.2 Interpretazione geometrica


Data una funzione f , abbiamo gi visto che, considerando la retta secante il graco nei punti di coordinate (x0 , f (x0 )) e (x0 + h, f (x0 + h)), il coeciente angolare di questa retta il rapporto incrementale della funzione f. Al tendere dell'incremento h a 0 i due punti di intersezione tra la retta e la funzione tenderanno a coincidere e la retta diventer tangente il graco nel punto x0 . La derivata f nel punto x0 il coeciente angolare della retta tangente al graco di f nel punto x0 .

Figura 4.2. Derivata Nel graco 4.2 sono stati rappresentati in blu la funzione f, in giallo la retta secante il graco in (x0 , f (x0 )) e (x0 + h, f (x0 + h)) e in rosso la retta tangente il graco in x0 .

52

Esempio: L'equazione della retta tangente al graco della funzione f (x) = x2 + 2x 3 nel punto x0 = 1 data dalla formula:
y = f (x0 ) + f (x0 )(x x0 ) f (x0 ) = f (1) = 1 + 2 3 = 0 f (x) = 2x + 2 f (x0 ) = f (1) = 2 + 2 = 4

L'equazione della retta tangente sar, dunque:


y = 0 + 4(x 1) = 4x 4

4.3 Teoremi sulle derivate


Teorema 4.3.1 (DI ROLLE).

Sia f una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile nell'intervallo aperto (a, b). Se f (a) = f (b), allora esiste un punto x0 appartenente ad (a, b) per cui f (x0 ) = 0.

Teorema 4.3.2 (DI LAGRANGE (O DEL VALOR MEDIO)).

Sia f una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile nell'intervallo aperto (a, b). Esiste almeno un punto x0 appartenente ad (a, b) per cui:
f (x0 ) = f (b) f (a) ba

53

Teorema 4.3.3 (DI CAUCHY).

Siano f e g due funzioni continue nell'intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabili nell'intervallo aperto (a, b). Se g (x) 0 x (a, b) allora esiste almeno un punto x0 (a, b) per cui:
f (x0 ) f (b) f (a) = g (x0 ) g (b) g (a)

Teorema 4.3.4 (DI DE L'HOPITAL).

Siano f e g due funzioni derivabili nell'intervallo aperto (a, b), tranne al pi nel punto x0 (a, b) e tali che:
xx0

lim f (x) = lim g (x) = 0


xx0

Se g (x) 0 x [a, b] {x0 } e se esiste il limite: xlim x allora esiste anche il limite per x x0 di
lim

f (x) 0 g (x)

f e in particolare g

f ( x) f ( x) = lim xx0 g (x) xx0 g (x)

Quest'ultimo teorema vale anche nei casi in cui:


si considerano i soli limiti destri o sinistri; i limiti di

f e g tendono a innito invece che a zero;

f e g sono derivabili in intervalli illimitati e si considera il limite per x +.


54

Esempio:
lim
x0

sen x
x

assume la forma indeterminata .

0 0

Sia il numeratore che il denominatore soddisfano le ipotesi del teorema di De L'Hopital, quindi:
lim
x0

sen x
x

= lim
x0

D(sen x) cos x = lim =1 x0 D(x) 1

4.4 Massimi e minimi


Sia f una funzione denita nell'intervallo [a, b].
Un punto x0 un punto di massimo relativo per

f nell'intervallo [a, b], se esiste un intorno di x0 per cui f (x0 ) il pi grande dei valori che f assume in tale intorno.
se esiste un intorno di x0 per cui f (x0 ) il pi piccolo dei valori che f assume in tale intorno.

Un punto x0 un punto di minimo relativo per f nell'intervallo [a, b],

Nell'immagine sottostante punti x1 e x3 sono punti di minimo relativo, mentre il punto x2 un punto di massimo relativo.

55

possibile individuare i massimi e i minimi relativi di una funzione derivabile grazie al seguente teorema.
Teorema 4.4.1 (TEOREMA DI FERMAT).

Sia f una funzione denita nell'intervallo [a, b] e sia x0 un punto di massimo o di minimo relativo a [a, b]. Se f derivabile in x0 , risulta che:
f (x0 ) = 0

Esempio:

La funzione f (x) = x2 una parabola con concavit rivolta verso l'alto e il minimo nel suo vertice di ascissa x0 = 0. In tale punto la derivata vale
f (x) = 2x f (0) = 0

quindi la tesi del teorema di Fermat confermata.

56

Ricordando che una retta tangente al graco di una funzione in un suo punto x0 ha equazione
y = f (x0 ) + f (x0 )(x x0 )

dal teorema di Fermat possiamo dedurre che i punti di massimo e di minimo relativo sono punti a tangente orizzontale.

Figura 4.3. x0 punto di massimo relativo.

Figura 4.4. x0 punto di minimo relativo.

Possono esistere, per, anche altri punti del graco di una funzione aventi tangente orizzontale, che non siano per dei punti di massimo o di minimo. Essi vengono chiamati essi orizzontali e saranno analizzati successivamente. Prima di denire quali sono le tecniche per determinare i massimi e i minimi relativi di una funzione, diamo le seguenti denizioni. Sia f una funzione continua nell'intervallo [a, b] e derivabile in (a, b), allora:
f (x) 0 x (a, b) f (x) 0 x (a, b)

f crescente in [a, b]; f decrescente in [a, b];

57

Grazie al teorema di Fermat, per ora sappiamo che, se x0 un punto di massimo o di minimo per la funzione f, allora si ha f (x0 ) = 0. Ma possiamo dire anche il contrario? Ovvero, sapendo che f (x0 ) = 0, possiamo stabilire se x0 un punto di minimo o di massimo per f ? Per fare ci dobbiamo studiare il comportamento della funzione nell'intorno di x0 . Supponiamo f (x0 ) = 0 ed elenchiamo i casi che si possono presentare.
se la funzione cresce a sinistra di x0 e decresce a destra, allora il punto

x0 un massimo.

f ( x0 ) = 0 f (x) > 0 x (x0 , x0 ) f ( x) < 0 x ( x0 , x 0 + )

x0 massimo

58

se la funzione decresce a sinistra di x0 e cresce a destra, allora il punto

x0 un minimo.

f ( x0 ) = 0 f (x) < 0 x (x0 , x0 ) f ( x) > 0 x ( x0 , x 0 + )

x0 minimo

se la funzione cresce o decresce sia a sinistra che a destra di x0 allora

il punto x0 non n un massimo n un minimo per f. In tal caso x0 un esso orizzontale, concetto che approfondiremo in seguito. Vediamo con un esempio come individuare massimi e minimi di una funzione attraverso lo studio del segno della derivata.

59

Esempio:

Trovare massimi e minimi della funzione f (x) = x2 2x + 2. Calcoliamo la derivata e vediamo dove si annulla:
f (x) = 2x 2 f (x0 ) = 0 x0 = 1

Verichiamo adesso il segno della derivata:


f ( x) > 0 f ( x) < 0

2x 2 > 0 2x 2 < 0

x > 1; x < 1;

La derivata positiva, e quindi cresce, a destra di x0 ed negativa, quindi decresce, a sinistra di x0 . Il punto x0 = 1 un punto di minimo.

A questo punto, consideriamo il caso in cui la funzione f ammetta derivate di ordine superiore al primo, ossia derivate delle derivate. In particolare, data una funzione f che ammette derivata prima, si hanno le seguenti denizioni.
Se f (x) a sua volta derivabile, allora diremo che la funzione

f am-

mette derivata seconda ed essa si indica con:


f (x) , d2 f (x) , dx2 D2 f (x).

Se a sua volta la derivata seconda derivabile, parleremo di derivata

terza, che si indicher con:


f (x) , d3 f (x) , dx3 D3 f (x).

60

In generale, se una funzione derivabile

n volte, la sua derivata n Dn f (x).

esima sar cos indicata:


f (n) (x) , dn f (x) , dxn

Un metodo per distinguere i punti di una funzione con derivata nulla, richiede proprio l'uso delle derivate di ordine superiore al primo.
CRITERIO PER MASSIMI E MINIMI Se esistono le derivate sottoindicate della funzione f nel punto x0 , vale il seguente schema.

Supponiamo f (x0 ) = 0 allora:


se f (x0 ) > 0 allora x0 un punto di minimo relativo; se f (x0 ) < 0 allora x0 un punto di massimo relativo; se f (x0 ) = 0 allora si calcola la derivata successiva:

- se f (3) (x0 ) 0 allora x0 un esso orizzontale; - se f (3) (x0 ) = 0 allora si calcola la derivata successiva:
se f (4) (x0 ) > 0 allora x0 un minimo relativo; se f (4) (x0 ) < 0 allora x0 un massimo relativo; se f (4) (x0 ) = 0 allora si calcola la derivata successiva...

61

Esempio:

Calcolare i punti di eventuale massimo o minimo della funzione f (x) = x4 .


f (x) = 4x3 f (x) = 12x2 f (3) (x) = 24x f (4) (x) = 24

f ( x0 ) = 0

x0 = 0 ;

f (x0 ) = f (0) = 0 ; f (3) (x0 ) = f (3) (0) = 0 ; f (4) (x0 ) = f (4) (0) = 24 > 0 .

La derivata quarta positiva in x0 , quindi il punto x0 = 0 un punto di minimo relativo.

62

4.5 Punti di esso


Il concetto di punto di esso, gi accennato in precedenza, strettamente legato ai concetti di convessit e concavit di una funzione. Data una funzione f denita in [a, b], essa si denisce:
convessa in tale intervallo se, per ogni coppia di punti x1 , x2 [a, b], la

curva si trova al di sotto del segmento che unisce i punti di coordinate (x1 , f (x1 )) e (x2 , f (x2 )). In simboli:
f (x1 + (1 )x2 ) f (x1 ) + (1 )f (x2 ) [0, 1]

Figura 4.5. Funzione convessa

concava in tale intervallo se f (x) convessa, ossia se, per ogni coppia

di punti x1 , x2 [a, b], la curva si trova al di sopra del segmento che unisce i punti di coordinate (x1 , f (x1 )) e (x2 , f (x2 )). In simboli:
f (x1 + (1 )x2 ) f (x1 ) + (1 )f (x2 ) [0, 1]

63

Figura 4.6. Funzione concava Nel caso di funzioni derivabili, l'eventuale convessit o concavit pu essere espressa in altra maniera. Una funzione f derivabile in [a, b] :
convessa se, per ogni punto x0 [a, b], il graco della funzione si trova

al di sopra della retta tangente al graco della funzione nel punto di coordinate (x0 , f (x0 )).

Figura 4.7. Funzione derivabile convessa

concava se, per ogni punto x0 [a, b], il graco della funzione si trova

al di sotto della retta tangente al graco della funzione nel punto di coordinate (x0 , f (x0 )). 64

Figura 4.8. Funzione derivabile concava


Denizione 4.2 (PUNTO DI FLESSO).

Un punto di esso un punto in cui la funzione cambia concavit.

Figura 4.9. Punto di esso

65

In particolare, un punto di esso si dice orizzontale se la tangente al graco della funzione passante per tale punto una retta orizzontale, ossia se in tale punto la derivata prima della funzione vale zero. In tal caso, si pu determinare la natura del punto in esame studiando il segno della derivata prima in un suo intorno.
Se la funzione cresce o decresce sia a sinistra che a destra di x0 allora

il punto x0 un esso orizzontale. Simbolicamente e gracamente:

f ( x0 ) = 0 f (x) < 0 x (x0 , x0 ) f ( x) < 0 x ( x0 , x 0 + )

f (x0 ) = 0 f (x) > 0 x (x0 , x0 ) f ( x) > 0 x ( x0 , x 0 + )

Se, invece,

f cresce a sinistra di x0 e decresce a destra, allora, come visto in precedenza, il punto x0 un massimo. f decresce a sinistra di x0 e cresce a destra, allora, come visto in precedenza, il punto x0 un minimo.
66

se

Per stabilire la convessit o la concavit di una funzione, invece, necessario lo studio del segno della sua derivata seconda:
se la derivata seconda della funzione strettamente positiva in [a, b],

allora la funzione convessa in tale intervallo, ossia:


f (x) > 0 x [a, b] funzione convessa in [a, b]

se la derivata seconda della funzione strettamente negativa in [a, b],

allora la funzione concava in tale intervallo, ossia:


f (x) < 0 x [a, b] funzione concava in [a, b]

Dalla denizione di esso e dal criterio appena enunciato, deduciamo che:


condizione necessaria e suciente anch un punto x0 sia un esso per la funzione f che la derivata seconda di f in x0 sia nulla e che f abbia concavit dierenti a destra e a sinistra di x0 , ossia:
f (x0 ) = 0 f (x) < 0 x (x0 , x0 ) f ( x) > 0 x ( x0 , x 0 + ) f (x0 ) = 0 f (x) > 0 x (x0 , x0 ) f (x) < 0 x (x0 , x0 + )

oppure

67

Esempio:

Trovare eventuali essi della funzione f (x) = x3 x


f (x) = 3x2 1 f (x) = 0 f (x) > 0 f (x) < 0

f (x) = 6x

x0 = 0 x>0 x<0

il punto x0 = 0 un punto di esso.

Nel caso in cui la funzione f ammette derivate di ordine superiore al secondo, per denire se un punto x0 di esso o meno, si considera il seguente schema. Supponiamo f (x0 ) = 0 , f (x0 ) = 0 allora:
se f (3) (x0 ) 0 allora x0 un esso orizzontale; se f (3) (x0 ) = 0 allora si calcola la derivata successiva:

- se f (4) (x0 ) 0 allora x0 non un esso; - se f (4) (x0 ) = 0 allora si calcola la derivata successiva:
se f (5) (x0 ) 0 allora x0 un esso orizzontale; se f (5) (x0 ) = 0 allora si calcola la derivata successiva...

68

Capitolo 5 Graco di funzione


Per studio di una funzione reale si intende l'insieme di tutte le procedure utili alla determinazione delle principali caratteristiche di una funzione y = f (x). Lo schema da seguire il seguente:
determinare il dominio di esistenza della funzione; riconoscere eventuali simmetrie o periodicit; individuare le intersezioni della funzione con gli assi cartesiani; studiare il segno della funzione; studiare il comportamento della funzione alla frontiera del dominio ed

individuare gli eventuali asintoti;


studiare la crescenza o decrescenza della funzione ed individuare gli

eventuali massimi e minimi relativi, tramite lo studio della derivata prima;


studiare la concavit della funzione e gli eventuali essi, tramite l'analisi

della derivata seconda.

69

5.1 Dominio di una funzione


Per la determinazione del dominio di una funzione dobbiamo imporre le condizioni di esistenza della funzione stessa. In generale, ci si pu ricondurre in modo opportuno ai tre casi fondamentali:
funzioni fratte: bisogna imporre che il denominatore sia diverso da

zero;
funzioni con radicali di indice pari: il radicando deve essere mag-

giore o uguale a zero;


funzioni logaritmiche: l'argomento del logaritmo deve essere mag-

giore di zero. Al di fuori di questi tre casi e di tutte le loro possibili combinazioni, il dominio di una funzione reale tutto l'insieme R dei numeri reali.
Esempio: 1 Il dominio della funzione f (x) = 2 si denisce imponendo che il denomix 4 natore sia diverso da zero.

x2 4 0 x 2 D = R {2}

70

5.2 Simmetrie ed intersezioni con gli assi


Le simmetrie da vericare sono:
funzione pari: funzione dispari:

f (x) = f (x) f (x) = f (x)

Inoltre, per la periodicit della funzione, bisogna considerare la seguente denizione:


funzione periodica di periodo T: se

f ( x) = f ( x + T )

Nel caso f presenti una di queste regolarit, possibile studiare il comportamento della funzione solo in un intervallo pi ristretto del dominio. Inne, per l'individuazione delle eventuali intersezioni con gli assi, bisogna imporre:
f (x) = 0 : per l' intersezione con l'asse x ; y = f (0) :per l' intersezione con l'asse y .

71

Esempio:

Vericare la parit e le intersezioni con gli assi della funzione f (x) =


1 1 = = f (x) (x)2 4 x2 4 1 =0 4 1 4

x2

1 4

Funzione pari: f (x) =

pari

intersezione con l'asse x : f (x) = 0

x2

impossibile

intersezione con l'asse y : y = f (0)

y=

72

5.3 Segno e asintoti della funzione


Per determinare il segno di una funzione, ossia gli intervalli in cui essa positiva o negativa, bisogna imporre
f (x) > 0 o equivalentemente f (x) < 0

Per l'individuazione di eventuali asintoti, ossia di quelle rette verso le quali si avvicina il graco della funzione, necessario studiare il comportamento della funzione sulla frontiera del dominio di denizione. In particolare:
asintoto orizzontale:

y = l asintoto orizzontale

lim f (x) = l

asintoto verticale:

x = x0 asintoto verticale

xx 0

lim f (x) =

73

Esempio: 1 Calcolare il segno e gli asintoti della funzione f (x) = 2 x 4 Il dominio della funzione D = R {2}.
Segno: f (x) > 0

x2

1 > 0 x2 4 > 0 x < 2 x > 2 4

la funzione positiva in (, 2) (+2, +)

.
asintoto orizzontale: lim f (x) = lim
x x

x2

1 =0 4

la retta y = 0 un asintoto orizzontale.


asintoto verticale: calcoliamo i limiti nei punti di non denizione della

funzione.
1 1 = lim+ 2 = + x2 4 x+2 x 4 1 1 lim+ 2 = lim 2 = x2 x 4 x+2 x 4 lim x2 le rette x = 2 sono asintoti verticali.

74

5.4 Studio delle derivate


Attraverso il segno della derivata prima, studiamo la crescenza:
f (x) > 0

la funzione f cresce; la funzione f decresce; la funzione f ha un massimo o un minimo relativo o

f (x) < 0

f (x0 ) = 0

un esso orizzontale in x0 .

Attraverso il segno della derivata seconda, studiamo la concavit della funzione:


f (x) > 0

la funzione f ha la concavit rivolta verso l'alto,

quindi convessa;
f (x) < 0

la funzione f ha la concavit rivolta verso il basso,

quindi concava;
f (x0 ) = 0

la funzione f pu avere un esso in x0

75

Esempio: Calcolare massimi e minimi relativi, essi e concavit della funzione


f ( x) = x2 1 4

Il dominio della funzione risulta essere D = R {2}, mentre la derivata 2x prima : f (x) = 2 2
(x 4) f ( x0 ) = 0 f ( x) < 0 f ( x) > 0 x0 = 0 x>0 x<0

la funzione ha un massimo relativo in x0 = 0.

Studiamo ora la derivata seconda della funzione:


f (x) = f (x) < 0 f (x) > 0 2(x2 4)2 8x2 (x2 4) 6x4 16x2 32 = (x2 4)4 (x2 4)4 funzione concava funzione convessa

2 < x < 2

x < 2 x > 2

la derivata seconda si annullerebbe in x = 2, valori non appartenenti al dominio, quindi la funzione non ha punti di esso.

76

5.5 Graco della funzione


Una volta denite le caratteristiche elencate in precedenza, possibile disegnare il graco della funzione. 1 Qui verr mostrato il graco della funzione presa in esempio f (x) = 2
x 4
Dominio: D = R {2} Simmetrie: funzione pari

f (x) = f (x)
Intersezioni con gli assi:

0,

1 4

Segno: funzione positiva in

(, 2) (+2, +)
Asintoti: x = 2, y = 0. Crescenza, massimi e minimi:

funzione crescente per x < 0, 1 punto di massimo in 0, .


4
Concavit: concava in (2, 2)

Figura 5.1. Graco della funzione


f ( x) = x2 1 4

convessa in (, 2) (+2, +).

Con l'ausilio dello studio di funzioni, possono essere risolti alcune tipologie di problemi.

77

5.6 Radici reali di un'equazione


La determinazione delle radici reali di un'equazione algebrica o trascendente f (x) = 0 immediata nel caso di equazioni di primo e secondo grado, semplici equazioni di grado superiore al secondo e semplici equazioni trascendenti. In tutti gli altri casi, per determinare il numero di radici reali di un'equazione e darne una soluzione approssimata possibile sfruttare una delle seguenti maniere alternative:
considerando l'equazione f (x) = 0 come intersezione di due curve:

y = f (x) y = 0
scrivendo l'equazione f (x) = g (x) h(x) = 0 (

g (x) = h(x)) e

studiando l'intersezione delle curve y = g (x) e y = h(x):


y = g (x) y = h(x)

Nella pagina successiva ne vediamo subito un esempio.

78

Esempio:

Determinare il numero delle radici reali dell'equazione ex + x2 2 = 0. Utilizziamo il secondo dei metodi esposti e riscriviamo l'equazione come sistema di due funzioni:
x y = e 2 y = x + 2

Tramite lo studio di funzione possiamo disegnare le due curve in uno stesso piano cartesiano.

Dal graco possiamo individuare due punti d'intersezione che corrispondono alle due soluzioni del problema: una soluzione negativa per 2 < x < 1; una soluzione positiva per 0 < x < 1. 79

5.7 Sistema parametrico misto


Un sistema parametrico misto un sistema formato da un'equazione che contiene un parametro ed una o pi disequazioni, che rappresentano delle restrizioni ai valori che pu assumere la variabile. In simboli:
f (x, k ) = 0 x D

dove f (x, k) l'equazione parametrica in x con parametro k, mentre la condizione x D rappresenta l'insieme di condizioni sulla variabile x (generalmente descritte mediante disequazioni). Lo schema generale per risolvere problemi di questo tipo :
riscrivere l'equazione parametrica f (x, k ) = 0 come intersezione dell'e-

quazione di un fascio di rette e di quella di una curva;


f (x, k ) = 0 x D y=k y = g (x) x D

studiare l'andamento della curva e disegnarne il graco; considerare solo la parte di graco che soddisfa le condizioni imposte

dalle disequazioni;
trovare e disegnare le rette del fascio che passano per gli estremi del

graco;
trovare e disegnare le rette del fascio tangenti alla curva; per ogni intervallo individuare il numero di soluzioni del problema.

80

Esempio: Determinare il numero di soluzioni del sistema:


2 x kx + k = 0 1 3 x 3

Il sistema dato equivalente al sistema:


y=k x2 y = x1 1 x3 3

La funzione y = , limitata all'intervallo imposto dalla disequazione, x1 cos ragurata.

x2

Agli estremi del nostro intervallo la funzione assume valori ( , ) e (3, ), 2 2 2 quindi le rette del fascio passanti per tali punti risultano essere
y= 1 2 y= 9 2

81

Troviamo le rette del fascio tangenti alla curva:


=0 k 2 4k = 0 k=0 k=4

Tuttavia la retta di equazione y = 0 tangente alla curva in un punto al di fuori dell'intervallo considerato e quindi non la prenderemo in esame.

Osservando il graco deduciamo che:


k

1 9 k=4 k 2 2 9 2

una soluzione;

4<k<

due soluzioni.

82

5.8 Problemi di massimo e minimo


Innanzitutto, stabilita qual la grandezza che si vuole rendere massima o minima, occorre indicarla con la variabile dipendente y. La x rappresenta, invece, un'opportuna grandezza variabile del problema da scegliere di volta in volta.
Esempio: Tra tutti i rettangoli di perimetro ssato 2p, determinare quello di area massima.

y = area del rettangolo; x = uno dei lati del rettangolo (da cui l'altro lato sar p x)

L'area in funzione dei due lati sar:


y = x(p x) = x2 + px p la cui derivata y = 2x + p si annulla in x = . 2 2

Inoltre si ha: p y > 0 per x <


y < 0 per x >

p 2

quindi x =

In conclusione, il rettangolo di area massima quello di lato x = , ossia 2 un quadrato.

p risulta essere un massimo. 2

83

Capitolo 6 Funzione in due variabili


Ricordiamo dapprima che, dati due insiemi A e B, il prodotto cartesiano di A e B l'insieme
A B = {(a, b) a A, b B }

A questo punto, dati A, B e C tre sottoinsiemi dei numeri reali, si denisce funzione di due variabili ogni applicazione f che associa ad ogni elemento di A B uno e un solo elemento dell'insieme C. In simboli:
f AB C (x, y ) z = f (x, y )

Gli elementi che caratterizzano una funzione a due variabili sono elencati di seguito.
Il dominio della funzione f (x, y ) il sottinsieme di A B denito dai

punti del piano per i quali la funzione f risulta ben denita.

Per determinare il dominio necessario che siano soddisfatte tutte le condizioni di esistenza della funzione, rappresentate di solito da disequazioni o sistemi di disequazioni.
Il codominio (anche detto insieme di arrivo) , a rigore, l'insieme

tramite cui la funzione stessa denita. 84

L'insieme immagine l'insieme che contiene solo gli elementi che

sono immagine di x e y tramite f ; l'insieme immagine , evidentemente, sottoinsieme del codominio.


Le variabili La variabile

x e y sono le variabili indipendenti. z la variabile dipendente.

Il graco una supercie nello spazio tridimensionale.

Esempi:
Il dominio della funzione f (x, y ) =

x + y l'insieme per cui x + y 0

ossia
D y x
Il codominio della funzione f (x, y ) = x2 + y 2

C = [0, +)

in quanto la funzione la somma di due numeri positivi, x2 e y 2 , che possono quindi assumere solo valori da zero a +.
L'insieme immagine della funzione f (x, y ) =

sen(xy) risulta essere

l'intervallo
Im = [1, 1]

dato che la funzione seno restituisce tutti e solo i valori in tale intervallo.

85

Anche per disegnare il graco di una funzione di due variabili bisogna studiarne le caratteristiche peculiari. La dicolt ulteriore sta nel fatto che si deve rappresentare una supercie nello spazio tridimensionale. Vediamo alcuni metodi utili a tal ne.

6.1 Graco per punti


La procedura la seguente:
disegnare il sistema di riferimento con gli assi x,

y e z, in prospettiva;

disegnare sul piano xy un reticolo di punti. Pi tto il reticolo, migliore

la precisione del graco, rendendo per il procedimento pi laborioso;


calcolare i valori della funzione solo nei punti del reticolo; unire i punti cos ottenuti.

86

Esempio: Disegnare per punti la funzione f (x, y ) = (x 5)2 + (y 5)2 + 1

Disegniamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale in prospettiva

Tracciamo un reticolo su tale sistema

x
Calcoliamo i valori della funzione f corrispondenti ai punti del reticolo
0 0 1 2 ...

y
0 1 0 0 ...

f(x, y)
51 42 42 35 ...

Uniamo i punti e otteniamo il graco della funzione

87

6.2 Linee di livello


L'idea base quella di tagliare la supercie di equazione z = f (x, y ) con piani paralleli ai piani coordinati xz , yz e xy . Se tagliamo la supercie con dei piani paralleli al piano xy , otteniamo una famiglia di curve dette curve o linee di livello, che possono essere rappresentate su un unico piano.
Esempio: Determinare le curve di livello della funzione f (x, y ) = x2 y 2

Intersechiamo la supercie di equazione z = f (x, y ) con i piani paralleli al piano xy aventi equazione z = k, dove k un parametro che individua i vari piani.
2 2 z = x y z = k

x2 y 2 = k

Quindi le curve di livello, per k 0, risultano essere delle iperboli equilatere di equazione x2 y 2 = k. Nel caso limite in cui k = 0, le curve di livello sono le due bisettrici, rispettivamente del primo e terzo quadrante e del secondo e quarto quadrante; esse avranno equazioni y = x e y = x.

88

6.3 Derivate parziali


Il concetto di derivata parziale la naturale estensione alle funzioni di pi variabili della derivata ordinaria per le funzioni di una variabile. Premettiamo alcune nozioni.
Dato P (x0 , y0 ) un punto nel piano, si chiama intorno circolare di

centro P e raggio > 0 l'insieme dei punti del piano la cui distanza da P minore di , ossia l'insieme delle coppie ordinate (x, y) tali che:
(x x0 )2 + (y y0 )2 <
2

Figura 6.1. Intorno circolare di centro P e raggio

Si chiama intorno rettangolare di centro P (x0 , y0 ) e dimensioni 2h

e 2k l'insieme dei punti del piano che soddisfano le seguenti condizioni:


x x0 < h y y0 < k x0 h < x < x0 + h y 0 k < y < y 0 + k

89

Figura 6.2. Intorno rettangolare di centro P e dimensioni h, k


Osservazione: per ogni intorno circolare di P sempre possibile trovare un intorno rettangolare di P che lo contenga, e viceversa.

Anche il concetto di punto di accumulazione per le funzioni di due variabili la naturale estensione a tali funzioni del concetto esaminato nel caso di quelle in una variabile. Premesso ci, consideriamo una funzione di due variabili f (x, y ) e sia (x0 , y0 ) un punto di accumulazione per il dominio di f.
Il valore l R denito limite della funzione f (x, y ) per (x, y )

che tende ad (x0 , y0 ) se:


> 0 > 0 t.c. (x, y ) (x x0 )2 + (y y0 )2 < 2 f (x, y ) f (x0 , y0 ) < l +

si ha

Si scrive:

(x,y )(x0 ,y0 )

lim

f (x, y ) = l

90

Considerato il vettore v = (v1 , v2 ), si dice che il numero reale l il

limite di f lungo la direzione v se esiste ed nito il limite


lim f (x0 + hv1 , y0 + hv2 ) = l
h0

In particolare:
 se v = (1, 0) allora il limite lungo l'asse x  se v = (0, 1) allora il limite lungo l'asse y
lim f (x0 + h, y0 ) lim f (x0 , y0 + h)
h0 h0

Osservazione: se la funzione ammette limite, questo non deve dipendere dalla direzione scelta.

Un ultimo concetto necessario alla denizione delle derivate parziali quello di continuit di funzioni in due variabili.
Una funzione f (x, y ) si dice continua in (x0 , y0 ), punto di accumula-

zione del dominio di f, se esiste


lim

(x,y )(x0 ,y0 )

f (x, y ) = f (x0 , y0 )

Esempio: La funzione f (x, y ) =

x2

xy non continua nell'origine, in quanto + y2


x0

lungo l'asse x : lim f (x, 0) = lim


x0

x0 =0 x2 + 0

lungo una generica retta passante per l'origine y = mx (con m 0) :

lim f (x, mx) = lim


x0

x mx mx2 m = lim = x0 x2 + m2 x2 x0 x2 (1 + m2 ) 1 + m2

Il limite direzionale non unico, ossia la funzione non ammette limite, quindi non continua in quel punto. 91

Denizione 6.1 (DERIVATA PARZIALE).

Siano z = f (x, y ) una funzione di due variabili e (x0 , y0 ) un punto del suo dominio. Se esiste ed nito
lim f (x0 + h, y0 ) f (x0 , y0 ) h0 h

allora tale limite si chiama derivata parziale di f lungo l'asse x valutata nel punto (x0 , y0 ) e si indica con i simboli:
f x
(x0 ,y0 )

, x f (x0 , y0 ) , fx (x0 , y0 )

Dal punto di vista geometrico, la derivata parziale lungo l'asse x nel punto (x0 , y0 ) rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla curva determinata dall'intersezione della supercie z = f (x, y ) con il piano y = y0 . Allo stesso modo la derivata parziale lungo l'asse y vale:
f y
(x0 ,y0 )

= lim

f (x0 , y0 + k ) f (x0 , y0 ) k0 k

e rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla curva determinata dall'intersezione della supercie z = f (x, y ) con il piano x = x0 . A dierenza di quanto accade per le funzioni di una variabile, se una funzione di due variabili ammette derivate parziali in un punto, non detto che in tale punto la funzione sia continua.

92

Figura 6.3

Figura 6.4

In gura 6.3 in blu rappresentato il graco di una generica funzione z = f (x, y ), in verde il piano y = y0 e in rosso la curva individuata dalla loro intersezione e la retta tangente alla curva nel punto (x0 , y0 ), il cui coeciente angolare proprio la derivata parziale lungo l'asse x. In gura 6.4, invece, in blu vi la supercie z = f (x, y ), in verde il piano x = x0 e in rosso la curva individuata dalla loro intersezione e la retta tangente alla curva nel punto (x0 , y0 ), il cui coeciente angolare proprio la derivata parziale lungo l'asse y.

93

Figura 6.5 Inne, in gura 6.5 vediamo il piano individuato dalle due rette ricavate nelle gure 6.3, 6.4 e che risulter essere tangente alla supercie z = f (x, y ) nel punto (x0 , y0 ). Tramite l'uso delle derivate parziali possibile scrivere l'equazione di tale piano, che risulta essere:
z = f (x0 , y0 ) + fx (x0 , y0 )(x x0 ) + fy (x0 , y0 )(y y0 )

94

Esempio: Scrivere l'equazione del piano tangente nel punto (0, 0) delle supercie:
z = f (x, y ) = x2 y 3 + sen(xy 2 ) + x 4y
f (0, 0) = 0 ;

f x f y

(0,0)

= (2xy 3 + cos (xy 2 ) y 2 + 1)(0,0) = 1 ; = (3x2 y 2 + cos (xy 2 ) 2xy 4)(0,0) = 4 ;

(0,0)

Sostituendo i valori trovati nella formula del piano tangente, si ottiene:


z = 0 + 1 (x 0) 4 (y 0) z = x 4y

6.4 Punti critici


Denizione 6.2 (GRADIENTE).

Il gradiente di una funzione f (x, y ) denito come il vettore che ha per componenti le derivate parziali della funzione.
f (x, y ) gradf (x, y ) = f (x, y ) f (x, y ) , x y

In quanto vettore, il gradiente ha le seguenti caratteristiche:


direzione: indica, punto per punto, il verso di maggiore crescita della

funzione;
modulo: indica l'intensit di tale crescita

95

Denizione 6.3 (PUNTO CRITICO).

Si dice punto stazionario o punto critico di una funzione f (x, y ) un punto in cui il gradiente si annulla:
f (x, y ) = 0 f (x, y ) f (x, y ) =0= x y

Supponiamo che la funzione f (x, y ) sia derivabile rispetto a x in un intorno di (x0 , y0 ). Se x f a sua volta derivabile in (x0 , y0 ) rispetto a x, allora diremo che f ammette in (x0 , y0 ):
derivata parziale seconda pura: se si deriva due volte nella stessa

variabile, ossia
2f f ( x , y ) = (x0 , y0 ) = xx f (x0 , y0 ) = fxx (x0 , y0 ) 0 0 x2 x x
derivata parziale seconda mista: se si deriva nelle due dierenti

variabili:
2f f ( x0 , y 0 ) = (x0 , y0 ) = yx f (x0 , y0 ) = fyx (x0 , y0 ) yx y x

Si procede in modo analogo se la funzione f derivabile rispetto ad y in un intorno di (x0 , y0 ).

96

Denizione 6.4 (MATRICE HESSIANA).

La matrice Hessiana di una funzione di due variabili, che ammette tutte le derivate parziali seconde, la matrice quadrata 2 2 delle derivate parziali seconde della funzione:
2 f x2 H (f ) = 2f yx

2f xy 2 f 2 y

Osservazione: le derivate parziali seconde miste possono essere uguali quando l'ordine di derivazione viene invertito? La risposta a tale domanda il seguente teorema: Teorema 6.4.1 (TEOREMA DI SCHWARZ).

Se una funzione ammette entrambe le derivate miste in un intorno di (x0 , y0 ) e se queste sono continue in tale intorno, allora esse sono uguali tra loro:
2f 2f (x0 , y0 ) = ( x0 , y 0 ) xy yx

Siamo ora in grado di descrivere i diversi punti stazionari, che possono individuare un massimo relativo, un minimo relativo o un punto di sella.
se det H (f )(x0 , y0 ) > 0 se det H (f )(x0 , y0 ) > 0 se det H (f )(x0 , y0 ) < 0 se det H (f )(x0 , y0 ) = 0

e fxx (x0 , y0 ) < 0 e fxx (x0 , y0 ) > 0


punto di sella.

massimo relativo; minimo relativo;

non si sa nulla sul punto critico.

97

Esempio:

Trovare eventuali punti di massimo, minimo o di sella della funzione:


f (x, y ) = x2 + y 3 xy

Cerchiamo i punti in cui si annullano le derivate prime:


fx (x, y ) = 2x y = 0 2 fy (x, y ) = 3y x = 0 y = 2x 2 12x x = 0 1 1

, . Le soluzioni del sistema sono i punti: (x, y ) = (0, 0) e (x, y ) = 12 6 A questo punto calcoliamo le derivate seconde e deniamo l'Hessiano della funzione: fxx = 2 ; fxy = 1 fyx = 1 ; fyy = 6y

det H (f ) =

1 6y

= 12y 1

Valutiamo quanto vale il determinante dell'Hessiano nei punti critici e deniamo il tipo di punto:
det H (f )(0, 0) = 1 < 0 det H (f ) (0, 0) punto di sella; 1 1 , 12 6

1 1 , = 1 > 0 e fxx > 0 12 6

minimo relativo.

98

6.4.1 Massimi e minimi vincolati


Un vincolo per una funzione f (x, y ) una qualunque restrizione che si impone ai valori che pu assumere la funzione stessa sul proprio dominio. Esso pu essere rappresentato algebricamente da una relazione tra le due variabili x e y del tipo: g (x, y ) 0. Problemi di massimo e minimo vincolato, quindi, sono problemi di ricerca di massimi e minimi di una funzione sul sottoinsieme del suo dominio che soddisfa l'equazione del vincolo. Sono rappresentati da sistemi del tipo:
max f (x, y ) g (x, y ) 0 min f (x, y ) g (x, y ) 0

Per la risoluzione di massimi e minimi vincolati esistono tre diversi metodi.


Il metodo di sostituzione:

utile quando il vincolo del tipo g (x, y ) = 0 pu essere riscritto in forma esplicita e semplice y = y (x) oppure x = x(y ) . Tale espressione la si sostituisce poi nella funzione di cui si vuole calcolare il massimo o il minimo vincolato, che diventa cos ad una sola variabile e di cui, quindi, facilmente si individuano massimi e minimi liberi.
max f (x, y ) g (x, y ) = 0 max f (x, y ) y = y ( x) max f (x, y (x)) y = y (x)

99

Esempio:

Massimizzare la funzione f (x, y ) = x2 y 2 + 5y 5 sotto il vincolo g (x, y ) = 2x y = 0.

g (x, y ) = 2x y = 0 2 2 f (x, y ) = x y + 5y 5

y = y (x) = 2x 2 2 f (x, y ) = x 4x + 10x 5

y (x) = 2x 2 f (x, y (x)) = 5x + 10x 5

Troviamo il massimo della funzione ad una variabile f (x, y (x)) :


d (5x2 + 10x 5) = 0 dx 10x + 10 = 0 x=1

Il punto di massimo (1, y (1)) = (1, 2).


Il metodo delle curve di livello:

Per determinare i punti critici vincolati che non annullano il gradiente (e non tutti gli altri) della funzione si pu applicare il metodo delle linee di livello. I punti in cui le linee di livello sono tangenti alla curva che esprime il vincolo sono punti critici vincolati per la funzione considerata, e quindi candidati ad essere massimi o minimi vincolati. possibile ottenere questi punti considerando un sistema tra le equazioni delle linee di livello, il vincolo ed un'equazione che esprima la condizione di tangenza.

100

Esempio:

Cercare massimo e minimo della funzione f (x, y ) = x + y sotto il vincolo g (x, y ) = x2 + y 2 1 = 0.

Le linee di livello della funzione data in questo esempio sono le rette y = x + k, e il vincolo dato una circonferenza di raggio 1 con centro nell'origine degli assi.

A questo punto richiediamo che il vincolo e le linee di livello siano tangenti:

Lasciamo al lettore i passaggi denitivi, osserviamo solo che la soluzione con k minore corrisponde al minimo di f, mentre quello con k maggiore corrisponde al massimo.

y = x + k 2 x + y 2 = 1 = 0

y = x + k 2x2 2kx + k 2 1 = 0 2 k 2 = 0

101

Il metodo dei moltiplicatori di Lagrange:

Data una funzione f (x, y ) ed un vincolo g (x, y ) = 0, si denisce funzione Lagrangiana: L(x, y, ) = f (x, y ) + g (x, y ) R dove la nuova variabile si chiama moltiplicatore di Lagrange. Tutti i massimi ed i minimi vincolati della funzione sono da ricercare tra i punti stazionari della Lagrangiana:
Lx (x, y, ) = 0 Ly (x, y, ) = 0 L (x, y, ) = 0 fx (x, y ) + gx (x, y ) = 0 fy (x, y ) + gy (x, y ) = 0 g (x, y ) = 0

Trovati tali punti, per determinare la loro natura bisogna valutare la matrice Hessiana della Lagrangiana .
L (x, y, ) L x (x, y, ) L y (x, y, ) H (x, y, ) = Lx (x, y, ) Lxx (x, y, ) Lxy (x, y, ) Ly (x, y, ) Lyx (x, y, ) Lyy (x, y, )

 se det H (x0 , y0 , 0 ) > 0  se det H (x0 , y0 , 0 ) < 0  se det H (x0 , y0 , 0 ) = 0

(x0 , y0 , 0 ) massimo; (x0 , y0 , 0 ) minimo;

nulla si pu dire.

102

Esempio: Consideriamo di nuovo il problema:

cercare massimo e minimo della funzione f (x, y ) = x + y sotto il vincolo g (x, y ) = x2 + y 2 1 = 0.


L(x, y, ) = x + y + (x2 + y 2 1) Lx (x, y, ) = 1 + 2 x = 0 Ly (x, y, ) = 1 + 2 y = 0 2 2 L (x, y, ) = x + y 1 = 0 0 2x 2y H (x, y, ) = 2x 2 0 2y 0 2 2 x = 2 y = 2 2 2 = 2 2 x = 2 y = 2 2 2 = 2

det H = 8(x2 + y 2 )

2 2 2  det H , , >0 2 2 2 2 2 2  det H , , <0 2 2 2

massimo;

minimo;

103

Capitolo 7 Gli integrali


Consideriamo il problema inverso alla derivazione, ossia data una funzione f (x) vogliamo ottenerne un'altra che abbia come derivata proprio f (x).

7.1 Integrali indeniti


La funzione F (x) tale che F (x) = f (x) si dice primitiva della funzione f.

Osservazione: la primitiva di 2x x2 , perch D(x2 ) = 2x . Ma anche D(x2 + 4) = 2x , quindi la primitiva di 2x anche x2 + 4 .

104

A tal proposito si ha il seguente il risultato.


Teorema 7.1.1.

Se la funzione f (x) ammette come primitiva la funzione F (x) , allora ne ammette innite, che si ottengono aggiungendo alla funzione F (x) una qualunque costante c R , ovvero anche la funzione F (x) + c una primitiva di f (x).

Denizione 7.1 (INTEGRALE INDEFINITO).

Tutte le primitive di f (x), cio l'insieme di tutte le funzioni F (x) + c che hanno come derivata la funzione f (x), prendono il nome di integrale indenito di f e si indicano con il seguente simbolo:
f (x)dx = F (x) + c , cR

La funzione f (x) prende il nome di funzione integranda


Propriet dell'integrale indenito:
date due o pi funzioni f1 (x), f2 (x), . . . tutte continue in un intervallo,

allora si ha che
[f1 (x) + f2 (x) + . . . ]dx = f1 (x)dx + f2 (x)dx + . . .

105

data una funzione f (x) continua in un intervallo e una costante k R,

allora si ha che
k f (x)dx = k f (x)dx

7.1.1 Calcolo di integrali


Per il calcolo dell'integrale indenito si utilizzano gli integrali immediati, di seguito riportati.
Integrali noti:

x dx =

x +1 +c +1

con R , 1
1dx = x + c

In particolare, se = 0 allora

se = 1 si ha

1 dx = ln x + c x

con R , 1

ax dx =

ax + c = ax loga e + c ln a

ex dx = ex + c

sen xdx = cos x + c


1

cos xdx = sen x + c


1

cos2 x

dx = tanx + c

sen2 x

dx = cotan x + c

1 dx = arc tanx + c 1 + x2

1 dx = arc sen x + c 1 x2

106

funzioni composte:

f (g (x)) g (x) dx = f (g (x)) + c

Usando la formula di integrazione composta e a partire dalle formule precedenti, possibile ottenere nuove formule, quali:

[f (x)] f (x)dx =

[f (x)]+1 +c +1

f (x) dx = ln f (x) + c f ( x)

A questo punto deniamo le modalit di calcolo di integrali:


Integrazione del rapporto di polinomi:

Consideriamo l'integrale di una funzione razionale fratta:


P1 (x) dx P2 (x)

con P1 (x) polinomio di grado n e P2 (x) polinomio di grado m. Se n m possibile dividere tra loro i polinomi P1 (x) e P2 (x), ottenendo un polinomio quoziente Q(x) di grado n m e un polinomio resto R(x) di grado minore di m tali che:
P1 (x) = Q(x) P2 (x) + R(x)

P1 ( x ) dx = P2 ( x )

Q(x) P2 (x) + R(x) dx = P2 (x)

Q(x)dx +

R(x) dx P2 ( x )

107

dove il primo integrale mentre

Q(x)dx un semplice integrale di polinomio,

numeratore minore di quello del denominatore.

R ( x) dx l'integrale di un rapporto in cui il grado del P2 (x)

In particolare, consideriamo il caso in cui il polinomio P2 (x) di primo o secondo grado.


- se P2 ha grado 1 allora il polinomio R(x) una costante e l'integrale della forma:
k dx ax + b

risolubile tramite la formula di integrazione composta:


k k dx = ax + b a a k dx = ln ax + b + c ax + b a

- se P2 ha grado 2 allora il polinomio R(x) o una costante oppure un polinomio di grado 1, quindi l'integrale pu essere:
k dx + bx + c px + q dx + bx + c

ax2

ax2

Distinguiamo ora due casi: 1) se il polinomio px + q proprio la derivata del polinomio al denominatore ax2 + bx + c , allora si ha banalmente
ax2 px + q dx = ln ax2 + bx + c + C + bx + c

108

2) nel caso generale, invece, si deve operare in tale maniera:


- siano x1 , x2 (x1 x2 ) le radici reali del denominatore, riscriviamo ax2 + bx + c = a(x x1 )(x x2 ) ; - determiniamo A e B in modo tale, in base a quale sia la funzione integranda:
k A B = + ax2 + bx + c x x1 x x2 px + q A B = + ax2 + bx + c x x1 x x2

- si risolve il seguente integrale:


A B + dx = A ln x x1 + B ln x x2 + C x x1 x x 2

Esempio:

Calcolare:

x2

3x + 1 dx 5x + 6 3x + 1 A B + . = 5x + 6 x 3 x 2

 x2 5x + 6 = (x 3)(x 2) ;  troviamo A e B tali che:


x2

Il lettore pu vericare con semplici passaggi aritmetici che si ottiene: A = 10 ; B = 7



x2 3x + 1 dx = 10 ln x 3 7 ln x 2 + C 5x + 6

Illustriamo ora due casi particolari, dato:


 Caso particolare 1:

ax2

k dx + bx + c

Se x1 , x2 radici del denominatore coincidenti: x1 = x2

109

ax2

k dx = + bx + c

k k dx = 2 a(x x1 ) a

(x x1 )2 dx =

k a(x x1 ) + C

 Caso particolare 2:

Se il denominatore non ha radici reali, ossia = b2 4ac < 0


b c b b2 b2 c ax2 + bx + c = a x2 + x + = a x2 + x + 2 2 + = a a a 4a 4a a =a x+ b 2a
2

b2 + 4ac 4a2

ax2 + bx + c = a x +

b 2a

4a2

1 1 x+ dx = arc tan +C 2 2 (x + ) +

Esempio:

Calcolare l' integrale:


b 2a = 3 b2 4ac 8 = = =2 4a2 4a2 4

x2

dx 6x + 11 = 3 = 2

dx 1 x3 = arc tan +C (x 3)2 + ( 2)2 2 2

110

Integrazione per sostituzione:

Si eettua operando un opportuno cambio della variabile di integrazione e facendo uso della regola di derivazione delle funzioni composte:
f (x) dx = f (g (t)) g (t) dt

Esempio:

Calcolare: Poniamo
x=t

cos( x)

x = t2

e dx = 2t dt

Sostituiamo nell'integrale:

cos t
t

2t dt = 2

cos t dt = 2 sen t + C

Integrazione per parti:

La formula di integrazione per parti la seguente:


f (x)g (x) dx = f (x)g (x) f (x)g (x) dx

Esempio:

Calcolare:

ln xdx

Consideriamo f (x) = 1 e g (x) = ln x .


1 ln x dx = x ln x x 1 dx = x lnx x + C x

111

7.2 Integrali deniti


Arontiamo il problema del calcolo delle aree di gure delimitate da linee curve, per giungere poi alla denizione di integrale denito. Consideriamo una funzione y = f (x) denita e continua in un intervallo [a, b], si denisce trapezoide il seguente insieme:
T = {(x, y ) a x b e 0 y f (x)}
Se f (x) una funzione lineare,

allora T un trapezio rettangolo con le basi disposte verticalmente, la cui area data dalla formula dell'area del trapezio.
T= f ( b ) + f ( a) ( b a) 2

Se y = f (x), invece, non una retta, si procede con delle approssima-

zioni sempre pi precise.


- dividiamo l'intervallo [a, b] in n sottointervalli uguali, ciascuno di ampiezza
h= ba n

 grazie al teorema di Weierstrass, per ogni i -esimo intervallo, la funzione ammette massimo e minimo:
mi = min f (x)

Mi = max f (x)

 siano

s1 , s2 , s3 , . . . , si , . . . , sn = aree dei rettangoli inscritti; S1 , S2 , S3 , . . . , Si , . . . , Sn = aree dei rettangoli circoscritti.

112

L'area del trapezoide T risulta compresa tra la somma delle aree dei rettangoli inscritti e la somma delle aree  dei rettangoli circoscritti:
sn T S n

 Per ottenere un'approssimazione di T sempre pi precisa, sar suciente aumentare il numero n dei rettangoli; si avr:
n+

lim sn = lim Sn = T
n+

Denizione 7.2 (INTEGRALE DEFINITO).

Data una funzione y = f (x) denita e continua in un intervallo [a, b], dividiamo l'intervallo [a, b] in n sottointervalli uguali di ampiezza h ed indichiamo con mi e Mi rispettivamente i valori minimi e massimi assunti dalla funzione in ciascun sottointervallo. Allora, posto:
sn =
n i= 1

h mi

Sn =

n i= 1

h Mi

deniamo integrale denito di f (x) relativo all'intervallo [a, b] la seguente espressione:


b a

f (x) dx = lim sn = lim Sn = T


n+ n+

Propriet dell'integrale denito:


se f (x) negativa, poich il suo integrale denito rappresenta la misura

di una supercie, si pone:


T =
b a

f (x) dx

113

l'area S di una supercie pia-

na come quella rappresentata in gura si calcola nel seguente modo:


b a c b c a

S = T1 + T2 + T3 =

f (x) dx +

g (x) dx

h(x) dx

se a b allora

b a

f (x) dx =

a b

f (x) dx

a a

f (x) dx = 0

propriet di linearit:

b a

k f (x) dx = k

b a

f (x) dx

kR

b a

[f (x) + g (x)] dx =

b a

f (x) dx +

b a

g (x) dx

propriet di additivit:

b a

[f (x) + g (x)] dx =

c a

f (x) dx +

b c

f (x) dx

c [a, b]

Enunciamo, senza dimostrare, un importante teorema sull'integrale denito.

114

Teorema 7.2.1 (TEOREMA DELLA MEDIA INTEGRALE).

Se y = f (x) una funzione denita e continua nell'intervallo [a, b] allora esiste almeno un punto c [a, b] tale che
b a

f (x) dx = (b a)f (c)

Figura 7.1. Tale teorema aerma che esiste sempre un rettangolo di base b a e altezza f (c) che ha la stessa area del trapezoide.

7.2.1 Calcolo di integrali deniti


Consideriamo una funzione f denita e continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b]. Consideriamo poi un punto x di questo intervallo.

Si denisce funzione integrale di

f in [a, b] la funzione F [a, b]

R tale che x [a, b] F (x) =


x a

f (t) dt

115

Il teorema che segue anche detto teorema fondamentale del calcolo integrale.
Teorema 7.2.2 (TEOREMA DI TORRICELLI - BARROW).

Se f (x) una funzione denita e continua nell'intervallo [a, b] allora esiste la derivata della sua funzione integrale F in ogni punto x [a, b]. Inoltre, tale derivata uguale proprio a f, ossia
F ( x) = f ( x)

Risulta quindi che F (x) una primitiva di f (x). Dal teorema appena dimostrato, considerando una funzione f (x) e una sua qualunque primitiva (x), si ha che:
(x) = F (x) + c =
x a

f (t) dt + c ;

(a) = F (a) + c =

a a

f (t) dt + c = c ;

116

(b) = F (b) + c =

b a

f (t) dt + (a) .

Da quest'ultima uguaglianza, si ha la seguente formula.

Formula fondamentale del calcolo integrale:


b a

f (t) dt = (b) (a)

Si soliti scrivere (b) (a) = [(x)]b a

7.2.2 Aree di gure piane


Per calcolare l'area della parte di piano compresa tra il graco di una

funzione f e l'asse x, nel caso in cui essa sia in parte sopra e in parte sotto l'asse x, bisogna trovare gli intervalli in cui il segno di f costante, calcolare gli integrali deniti e sommarli.

A=

b a

f (x) dx

c b

f (x) dx

117

Per calcolare l'area A compresa tra due funzioni f e g (denite entrambe

nello stesso intervallo [a, b]) e le eventuali rette x = a e x = b, si ha la seguente formula:


A=
b a

[f (x) g (x)] dx

supponendo f (x) g (x) x [a, b] .

7.2.3 Volume dei solidi di rotazione


Sia f (x) una funzione positiva o nulla denita su [a, b] e consideriamo

il trapezoide delimitato da f (x), l'asse x e le rette x = a e x = b .

Facendo ruotare tale trapezoide di un giro completo attorno all'asse x si ottiene un solido il cui volume dato da:

118

V =

b a

f 2 (x) dx

Sia f (x) una funzione denita per x 0 e consideriamo il trapezoide

delimitato da f (x), l'asse y e le rette y = a e y = b .

Facendo avvenire la rotazione attorno all'asse y, bisogna prima ricavare l'inversa: x = f 1 (y ) e poi il volume del solido di rotazione risulter essere:

V =

b a

[f 1 (y )]2 dy

119

Capitolo 8 Equazioni dierenziali


Denizione 8.1 (EQUAZIONE DIFFERENZIALE).

Si chiama equazione dierenziale un'equazione in cui presente una relazione tra la variabile dipendente x, la funzione y (che rappresenta l'incognita) e le funzioni derivate di vari ordini della stessa. In generale, si presenta nella forma:
F (x; y ; y ; y ; . . . ; y m ) = 0

Esempio: Consideriamo
1 y = x + 2 2

2y x = 4 , allora 1 x + 2 dx 2 1 y = x2 + 2x + c 4

y dx =

Una soluzione dell'equazione dierenziale, quindi, si chiama integrale; poich gli integrali dieriscono tra di loro per un costante c, si ha:
integrale generale: l'insieme di tutti gli integrali che sono soluzioni

dell'equazione dierenziale; 120

integrale particolare: la soluzione dell'equazione dierenziale che

si ottiene assegnando un preciso valore alla costante c.

8.1 Equazioni dierenziali del primo ordine


Un'equazione dierenziale si dice del primo ordine se la derivata di ordine pi grande che compare la derivata prima. Inoltre, un'equazione dierenziale del primo ordine lineare se la funzione incognita e la sua derivata prima sono di primo grado. Essa si presenta nella forma:
y = a(x)y + b(x)

L'integrale generale di questo tipo di equazione dato dalla formula:


y= e a(x)dx e
a(x)dx

b(x) dx + c

Esempio:
(3)dx y=e e

y = 3y + 1
(3)dx

3x 1 dx + c =e

e3x dx + c = e3x

1 3x e +c 3

121

8.2 Equazioni dierenziali del secondo ordine


Un'equazione dierenziale si dice del secondo ordine se la derivata della funzione incognita di ordine pi grande la derivata seconda. In particolare, consideriamo le equazioni dierenziali del secondo ordine che siano contemporaneamente:
lineari: se le incognite compaiono al primo grado; omogenee: se non compare direttamente una funzione dell'incognita

x;
a coecienti costanti;

Esse si presentano, quindi, nella forma:

y + by + cy = 0.

Per trovare le soluzioni, si considera l'equazione associata: 2 + b + c = 0 e se ne cercano le radici.


>0

esistono due soluzioni reali e distinte 1 2

La soluzione dell'equazione dierenziale :


y = c1 e1 x + c2 e2 x
=0

esistono due soluzioni reali e coincidenti 1 = 2

La soluzione dell'equazione dierenziale :


y = (c1 + c2 x)e1 x

122

<0

esistono due soluzioni complesse coniugate 1,2 = i

La soluzione dell'equazione dierenziale :


y = ex (c1 cos(x) + c2 sen(x))

Esempi:
Caso > 0 :

y 5y + 6y = 0 1,2 = 5 25 24 2

2 5 + 6 = 0 1 = 2 , 2 = 3

y = c1 e2x + c2 e3x

Caso = 0 :

y 4y + 4y = 0

2 4 + 4 = 0

1,2 = 2

y = (c1 + c2 x)e2x

Caso < 0 :

y 2y + 3y = 0 2

2 2 + 3 = 0 1,2 = 1 i 2

1,2 =

4 12 2 8 = 2 2

y = ex (c1 cos( 2x) + c2 sen( 2x))

123

Capitolo 9 Calcolo combinatorio


Il calcolo combinatorio studia i modi per raggruppare e/o ordinare, secondo date regole, gli elementi di un insieme nito di oggetti.

9.1 Coecienti binomiali


Innanzitutto, deniamo fattoriale di un numero intero positivo n come il prodotto del numero per tutti gli interi precedenti no ad 1, ossia:
0! = 1 n! = n (n 1)! = n (n 1) (n 2) 2 1

124

Esempio: Risolvere (x + 3)! = 12(x + 2)!

Imponiamo la condizione di esistenza dei fattoriali:


x + 3 0 x + 2 0 x 3 x 2 x 2

Risolviamo ora l'equazione:


(x + 3)(x + 2)! = 12(x + 2)! x + 3 = 12 x = 9 accettabile

Denizione 9.1 (COEFFICIENTE BINOMIALE).

Considerati due interi positivi n e k tali che n k, si denisce coeciente binomiale il seguente valore:
n n! = k k ! (n k )!

Propriet del coeciente binomiale:

n n! n! = = =1 0 0! (n 0)! n! n n! n! = = =1 n n! (n n)! n! n n! n (n 1)! = = =n 1 1! (n 1)! (n 1)! n n = k nk

legge delle classi complementari:

125

formula di ricorrenza:

n n nk = k+1 k k+1

Esempio: Risolvere la seguente equazione:

x x = 10 x3 5

Poniamo le condizioni di esistenza:


xx3 x 5 x 3 0 x5

Risolviamo l'equazione ricordando che nell'esplicitare il numeratore si arriva sempre a trovare un fattoriale pari a uno di quelli del denominatore e che questi sono semplicabili.
3 x (x 1) (x 2) (x 3) (x 4) (x 5)! x (x 1) (x 2) (x 3)! = 10 (x 3)! (x x + 3)! 5 4 3!(x 5)! x (x 1) (x 2) (x 3) (x 4) x (x 1) (x 2) = 10 3! 20 3! 3= (x 3) (x 4) 2

x2 7x + 6 = 0

x1 = 1 x2 = 6

accettabile

126

9.1.1 Binomio di Newton


Riproponiamo quanto gi noto riguardo le potenze di binomio:
( a + b) 0 = 1 ( a + b) 1 = a + b (a + b)2 = a2 + 2ab + b2 (a + b)3 = a3 + 3a2 b + 3ab2 + b3 (a + b)n = _an b0 + _an1 b + _an2 b2 + + _abn1 + _a0 bn

dove i coecienti del polinomio omogeneo e ordinato sono rintracciabili attraverso il triangolo di Tartaglia, che in relazione con i coecienti binomiali nel seguente modo:
n=0 n=1 n=2 n=3 1 1 3 1 2 3 1 1 1 1 3 0 1 0 3 1 0 0 2 1

2 0

1 1 3 2

2 2

3 3

Esempio:
(a + b)5 = 5 5 5 4 5 3 2 5 2 3 5 5 5 a + a b+ a b + a b + a b4 + b 0 1 2 3 4 5

127

Teorema 9.1.1 (TEOREMA BINOMIALE).

La potenza n -esima di un binomio data dalla seguente formula, detta anche binomio di Newton:
(a + b) =
n n k =0

n n k k a b k

Conseguenze del teorema binomiale.


(1 + 1)n = 2n =
n k =0

n n k k n n n n n n n 1 1 = = + + + + + k 0 1 2 n1 n k =0 k n n n n n + + + + + n n1 2 1 0

2n =
Formula di Stifel:

n n1 n1 = + k k1 k

ossia ogni coeciente del triangolo di Tartaglia la somma dei due coecienti della riga precedente.

Esempio 1:

Calcolare il quinto termine dello sviluppo del binomio : (x + 3)7


(x + 3)7 =
7 k=0

7 7k k x 3 k

7 74 4 7! 3 x 3 = x 81 = 2835x3 4 4!3!

128

9.2 Disposizioni, permutazioni, combinazioni


Dato un insieme S di n oggetti, si vogliono contare i possibili raggruppamenti di k oggetti di questo insieme; bisogna valutare due casi:
se l'ordinamento importante, ovvero se due congurazioni sono le

stesse a meno di un riordinamento ({x, y, z } = {z, x, y }?);


se si possono avere una o pi ripetizioni di uno stesso oggetto all'interno

di uno stesso raggruppamento.


DISPOSIZIONI
Disposizioni semplici di

n elementi in classe k, con k n, sono quei sottoinsiemi ordinati di k elementi, che dieriscono tra loro per qualche elemento o per l'ordine di essi. Il numero di tali disposizioni :
Dn,k = n (n 1) (n 2) (n k + 1)

Disposizioni con ripetizioni di

n elementi in classe k sono quei sottoinsiemi ordinati di k elementi, che dieriscono tra loro solo per l'ordine di essi. Il numero di tali disposizioni :
Dn,k = nk

129

Esempio: In una famiglia di quattro persone ognuno ha il bicchiere personalizzato con la sua iniziale: i genitori si chiamano Antonio e Bruna e i gli Carlo e Diana. La nonna, non sapendo questa cosa, prende due bicchieri a caso e li mette su un vassoio in due posizioni dierenti: il primo con l'imboccatura rivolta verso il basso e il secondo con l'imboccatura verso l'alto. In quanti modi diversi la nonna pu disporre i bicchieri in questo modo?

4 bicchieri: A, B, C, D. 2 posizioni: alto, basso. Il primo bicchiere sistemato, quello con l'imboccatura verso il basso, pu essere scelto tra ciascuno dei quattro bicchieri presenti. Sistemato questo primo bicchiere, possibile disporre ciascuno dei restanti tre bicchieri con l'imboccatura rivolta verso l'alto. Se A posizionato verso il basso, possiamo disporre B, C o D verso l'alto, se B posizionato verso il basso, possiamo disporre A, C o D verso l'alto, e cos via per ciascuno dei quattro bicchieri. Schematizzando:

In sintesi, le disposizioni possibili sono dodici e sono qui di anco riportate: 130

AB BA CA DA

AC BC CB DB

AD BD CD DC

Esempio: Nelle stesse ipotesi dell'esempio precedente consideriamo il seguente problema: la nonna sabato ha portato un succo di arancia rossa a Carlo, mentre domenica ha portato un bicchiere d'acqua a Diana. La nonna ha sempre avuto a disposizione tutti i bicchieri. Quali bicchieri pu aver scelto la nonna?

4 bicchieri: A, B, C, D. 2 giorni: sabato, domenica. Il primo giorno la nonna pu scegliere tra quattro bicchieri diversi; per ogni scelta eettuata il primo giorno, la nonna avr ancora quattro possibilit di scelta il secondo giorno. Per esempio, se il primo giorno stato scelto il bicchiere A, il secondo giorno pu essere stato scelto nuovamente il bicchiere A oppure uno tra B, C e D, e cos via per ogni possibile scelta del primo giorno. Schematizzando:

AA In sintesi, le disposizioni possibili sono le seguenti: BB CC DD 131

AB BA CA DA

AC BC CB DB

AD BD CD DC

PERMUTAZIONI
Permutazioni semplici di

n elementi sono date dal numero delle disposizioni semplici di n elementi in classe n, ossia:
Pn = Dn,n = n (n 1) (n 2) 2 1 = n!

Permutazioni con ripetizioni di

n elementi, di cui k, l, ecc... ripetuti, sono date dal fattoriale di n diviso per il prodotto dei fattoriali di tutti i numeri che rappresentano i gruppi di elementi uguali. In formula:
k,l,... Pn =

n! k ! l! . . .

Esempio: In un torneo di calcetto composto da un unico girone giocano 6 squadre, quante sono le possibili classiche nali?

Ad ogni squadra viene assegnata una posizione (non consideriamo la possibilit di due squadre a pari merito) e l'unica cosa importante per la classica l'ordine. La soluzione, quindi data dalle permutazioni semplici di 6 elementi:
P6 = 6! = 6 5 4 3 2 1 = 720

Le possibili classiche nali del torneo sono 720.

132

Esempio: Si vuole anagrammare in tutti i modi possibili, senza badare al signicato della parola ottenuta, la parola RANA. Quanti sono i possibili anagrammi?

4 lettere, di cui 2 uguali: R, N, A, A. 4 posti da occupare.

Osserviamo che se fossero tutte e quattro lettere diverse avremmo 4! = 24 dierenti disposizioni; per, le disposizioni che scambiano le due A non sono diverse tra loro, quindi bisogna dividere per il numero di permutazioni delle due A.

Anagrammi possibili: RANA ARAN AANR NRAA RAAN ARNA ANRA NARA RNAA AARN ANAR NAAR

Le permutazioni dierenti sono 12.

133

COMBINAZIONI
Combinazioni semplici di

n elementi in classe k, dove k n rappresenta la cardinalit dei sottogruppi che vogliamo determinare, sono date dal numero delle disposizioni semplici di n oggetti in classe k diviso per il numero di permutazioni dei k elementi che costituiscono i gruppi. In formula:
Dn,k n (n 1) (n 2) (n k + 1) n n! = = = Pk k! k k !(n k )!

Cn,k =

Combinazioni di n elementi con ripetizione di classe k (ovvero ogni

elemento pu essere ripetuto no a k volte) sono pari al numero di combinazioni semplici di n + k 1 elementi in classe k, ossia:
= Cn+k1,k = Cn,k

n+k1 (n + k 1)! (n + k 1) (n + k 2) (n + 1) n = = k k !(n 1)! k!

Esempio: Quanti terni si possono giocare nel gioco del lotto?

Osserviamo che i terni sono uguali se si scambiano i numeri, quindi non importa l'ordine, e che dobbiamo scegliere tre oggetti da un insieme di novanta. La soluzione data dalle combinazioni semplici di 90 elementi su 3 posti:
C90,3 = 90 90! 90 89 88 87! = = = 117480 3 3!(90 3)! 3 2 1 87!

I terni possibili sono 117480.

134

Esempio: Supponiamo di voler distribuire otto caramelle tutte uguali a cinque bambini. In quanti modi diversi possiamo farlo?

Per risolvere il problema dobbiamo invertire mentalmente la questione: consideriamo i bambini come gli "elementi" da distribuire e le otto caramelle come le "estrazioni". Osserviamo poi che, essendo le caramelle tutte uguali, non importa l'ordine di estrazione, quindi si tratta di una combinazione e non di una disposizione. Un bambino, inne, pu essere assegnato come proprietario a pi caramelle, no a un massimo di otto volte. Si tratta quindi della combinazione con ripetizione di 5 elementi in classe 8.
C5 ,8 =

5+81 12 12 11 10 9 8! = = = 495 8 8 8! 4 3 2 1

Le caramelle possono essere distribuite in 495 modi dierenti.

135

Capitolo 10 Elementi di probabilit


In generale, la probabilit stabilisce il "grado di certezza" di un evento, associandogli un numero compreso tra 0 e 1. Innanzitutto, si denisce evento un avvenimento che viene descritto da una proposizione e che pu vericarsi o non vericarsi.
Evento certo: l'avvenimento che avviene con certezza, a cui asso-

ciato il valore 1. (Per esempio "dopo il mese di febbraio viene il mese di marzo") .
Evento impossibile: l'avvenimento che non pu mai vericarsi, a cui

associato il valore 0. (Per esempio "lanciando un dado esce un fante di picche").


Eventi incerti o aleatori: tutti gli altri eventi, il cui valore compreso

tra 0 e 1.

136

Denizione 10.1 (PROBABILIT).

La probabilit di un evento E, indicata con P (E ), si ottiene dal rapporto tra il numero di casi favorevoli al vericarsi dell'evento e il numero di casi possibili.
P (E ) =

casi favorevoli casi possibili

Un altro metodo per denire la probabilit il metodo statistico. Sia:


frequenza assoluta: numero di volte che un fenomeno si vericato; frequenza relativa: : il rapporto tra la frequenza assoluta e il numero

di prove fatte. Allora all'aumentare del numero di prove fatte, la frequenza relativa tende alla probabilit dell'evento.

137

Esempio: Se lanciamo una moneta, qual la probabilit dell'evento "esce testa" ?


Metodo "probabilistico"

- "Esce testa " - "Esce croce "

caso favorevole. caso sfavorevole.

Abbiamo un caso favorevole su due possibili, quindi la probabilit 1 del nostro evento P =
2
Metodo "statistico"

Lanciamo una moneta e ripetiamo l'esperimento un numero crescente di volte. Segniamo quante teste abbiamo ottenuto, e calcoliamo realmente il rapporto tra i casi che si sono manifestati favorevoli e tutte le prove eettuate. Riportiamo in una tabella i risultati ottenuti:

N umero lanci 10 100 1000 10000

N umero teste 6 54 497 4998

Rapporto teste lanci 0.6 0.54 0.497 0.4998

Notiamo che, all'aumentare del numero di lanci, il rapporto si avvicina sempre di pi al valore 0,5, che proprio la probabilit dell'evento secondo la denizione data in precedenza.

138

10.1 Unione di eventi


Deniamo:
eventi compatibili: se possono vericarsi contemporaneamente; eventi incompatibili: se non possono vericarsi contemporaneamen-

te. La probabilit dell'unione di due eventi compatibili data dalla somma delle probabilit di ciascun evento diminuita della probabilit che essi accadano contemporaneamente:
P (E1 E2 ) = P (E1 ) + P (E2 ) P (E1 E2 )

Se gli eventi sono incompatibili, la probabilit dell'unione sar semplicemente la somma delle probabilit di ciascun evento:
P (E1 E2 ) = P (E1 ) + P (E2 )

139

Esempio: Estraendo una carta da un mazzo di 52 carte, vogliamo calcolare la probabilit che esca un asso o una carta di cuori.
E1 l'evento "esce un asso"; E2 l'evento "esce una carta di cuori".

Si tratta di due eventi compatibili, di cui:


la probabilit che si verica l'evento E1 di

su 52 carte;
la probabilit che si verica l'evento E2 di

1 , infatti ci sono 4 assi 13 1 , infatti ci sono 13 carte 4

di cuori su 52.

la probabilit che si vericano i due eventi contemporaneamente, ossia 1 che esca un asso di cuori , ovviamente, . 52

Allora la probabilit dell'evento unione :


P (E ) = P (E1 E2 ) = P (E1 ) + P (E2 ) P (E1 E2 ) = 1 1 1 4 + = 13 4 52 13

140

10.2 Probabilit condizionata


La probabilit condizionata di E1 rispetto a E2 la probabilit che si verichi l'evento E1 nell'ipotesi che si sia vericato l'evento E2 . Essa vale:
P (E1 E2 ) = P (E1 E2 ) P (E2 )

Distinguiamo due possibilit:


se il vericarsi dell'evento E2 modica la probabilit dell'evento E1

allora si ha a che fare con eventi dipendenti;


altrimenti si parla di eventi indipendenti.

Esempio: Lanciando un dado calcoliamo la probabilit che esca il valore 2, sapendo che uscito un numero pari. I due eventi in oggetto, in questo caso, sono:
E1 : "esce 2"; E2 : "esce un numero pari".

L'evento che ci interessa E = E1 E2 e vale:


1 P (E1 E2 ) 6 1 = = P (E ) = P (E1 E2 ) = 1 3 P (E2 ) 2

141

10.3 Intersezione di eventi


La probabilit dell'intersezione (o evento composto) E1 E2 uguale al prodotto della probabilit dell'evento E1 per la probabilit condizionata di E2 E1 .
P (E1 E2 ) = P (E1 ) P (E2 E1 )

Se i due eventi sono indipendenti, la probabilt dell'evento composto diventa il semplice prodotto delle probabilit dei singoli eventi, ossia:
P (E1 E2 ) = P (E1 ) P (E2 )

Esempio: Estraendo una carta da un mazzo di 52 carte, ci chiediamo quale sia la probabilit di avere una gura rossa. Poniamo:
E1 : "esce una gura"ha probabilit

12 3 = ; 52 13 1 . 2

E2 : "esce una carta rossa"ha probabilit

L'evento "esce una gura rossa"si realizza quando si vericano contemporaneamente E1 ed E2 e si indica con E = E1 E2 .
P (E1 E2 ) = P (E1 ) P (E2 E1 ) = 3 1 3 = 13 2 26

142

10.4 Schema di Bernoulli


Consideriamo sempre lo stesso evento, ma in prove ripetute e indipendenti tra loro. Una situazione di questo genere si chiama schema di Bernoulli. In generale, se consideriamo un evento E con probabilit p di vericarsi e q = 1 p di non vericarsi, in n prove indipendenti, la probabilit che l'evento E si verichi k volte data da:
P(k,n) = n k (nk) p q k

Esempio: Prendiamo tre carte: un asso e due re. Per sette volte estraiamo una carta dalle tre. Qual la probabilit che cinque volte su sette riusciamo a estrarre l'asso?
p = la probabilit che esca un asso alla singola estrazione =

1 ; 3

2 q = la probabilit che non esca l'asso alla singola estrazione = . 3

Quindi la probabilit che su 7 estrazioni esca 5 volte l'asso :


P(5,7) = 7 5 1 3
5

2 3

(75)

7 6 1 4 28 = 3, 8% 2 243 9 739

10.5 Teorema di Bayes


Proponiamo il seguente problema: sapendo che un evento si vericato, si vuole sapere qual la probabilit che un altro evento ne sia stato la causa. 143

La risposta la ritroviamo nel teorema di Bayes.


Teorema 10.5.1 (TEOREMA DI BAYES).

Sapendo che si vericato l'evento E, la probabilit che come sua causa si sia vericato l'evento Ei (con i = 1, 2, . . . , n) data dalla seguente espressione:
P (Ei E ) = P (Ei ) P (E Ei ) P (E )

dove P (E ) = P (E1 ) P (E E1 ) + P (E2 ) P (E E2 ) + + P (En ) P (E En ).

144

Esempio:

Abbiamo due urne, un'urna A e una B. Nella A ci sono quattro palline bianche e due nere, mentre nella B ce ne sono tre bianche e cinque nere. Per selezionare l'urna da cui eettuare un'estrazione lanciamo una moneta: se esce testa scegliamo l'urna A, altrimenti scegliamo la B. Non sappiamo quale urna sia stata scelta, ma sappiamo che alla ne uscita una pallina bianca; qual la probabilit che sia stata scelta l'urna A? Possiamo individuare tre eventi:
P (E1 ) : probabilit che si sceglie l'urna A =

1 ; 2

P (E E1 ) : probabilit che esce una pallina bianca sapendo che si 4 2 scelta l'urna A = = ; 6 3 P (E ) : probabilit che esce una pallina bianca =

1 2 1 3 25 + = ; 2 3 2 8 48

Allora, la probabilit che la pallina bianca estratta venisse proprio dall'urna A :


1 2 P (E1 ) P (E E1 ) 16 P (E1 E ) = = 2 3 = 25 P (E ) 25 48

145

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