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verso
P g i n a |3
Crtica da
Razo
Tradutora
Sobre a dificuldade de traduzir Kant
P g i n a |4
verso
Crtica da
Razo
Tradutora
Sobre a dificuldade de traduzir Kant
Alessandro Pinzani
Valrio Rohden
(Organizadores)
Nefiponline
Florianpolis
2010
6|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Ncleo de tica e Filosofia Poltica
Campus Universitrio Trindade Florianpolis
Caixa Postal 476
Departamento de Filosofia / UFSC
CEP: 88040-900
http://www.nefipo.ufsc.br/
Capa
Foto: Alessandro Pinzani
Design: Leon Farhi Neto
Diagramao/editorao: Daniel Schiochett
Licena de uso Creative Commons:
(http://creativecommons.org/licenses/by-nc/3.0/deed.pt)
NEFIPO
Coordenador:
Prof. Dr. Alessandro Pinzani
Vice-coordenador:
Prof. Dr. Darlei Dall Agnol
SUMRIO
Apresentao ................................................................................... 9
Sobre a gnese da distino crtica
entre Schein e Erscheinung
Adriano Perin ...................................................................................... 11
Un pensiero al lavoro: tradurre (in italiano)
la Critica della ragion pura di Kant
Costantino Esposito ............................................................................... 35
A fuso de campos semnticos: o exemplo
de einsehen - verstehen - begreifen
Christian Hamm .................................................................................. 53
A crtica de Schopenhauer s Crticas de Kant
Ou como reverenciar um mestre distanciando-se dele
Jair Barboza ........................................................................................ 75
Consideraes em torno da traduo de
Bedrfnis na obra kantiana
Joel Thiago Klein ................................................................................... 87
Lateinische Strukturen in Kants Stil. Mit besonderer
Bercksichtigung der Erklrung des Begriffes vom
Gegenstand in KrV A 104
Mario Caimi ..................................................................................... 109
8|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Pela traduo mais literal que liberal
e invariabilidade dos termos tcnicos em Kant
Olavo Calbria P. .............................................................................. 123
O Conceito de Klugheit em Kant
Robinson dos Santos ............................................................................ 141
Justificao das Iluses da Metafsica
consideraes sobre Krv B 294-295
Valerio Rohden .................................................................................. 161
APRESENTAO
O presente livro tem uma dupla origem, um Anla e
uma Ursache, como se diria em alemo. O Anla, a origem
imediata e ocasional, foi um evento organizado pelo Centro
de Investigaes Kantianas da UFSC em maio de 2009, even-
to que reuniu pesquisadores cuja relao com Kant no
simplesmente a de interpretes e comentadores, mas tambm
de tradutores. A Ursache ou causa propriamente dita, que le-
vou em primeiro lugar organizao do prprio evento, pode
ser identificada num incmodo compartilhado por todos os
que se cimentaram com a traduo de textos filosficos em
geral e de textos kantianos em particular. Tal incmodo nasce
da dificuldade de transpor para outro idioma (no nosso caso:
o portugus, o castelhano e o italiano, ento trs idiomas neo-
latinos) toda a complexidade e as nuances do alemo usado
por Kant.
Ora, o trabalho do tradutor fundamentalmente um
trabalho solitrio, feito de longas horas passadas vasculhando
dicionrios bi- e monolnges e consultando outras tradues
na busca de uma iluminao, de uma ajuda, de uma inspira-
o. Destarte, o tradutor quase que obrigado no somente a
resolver sozinho seus problemas lingsticos, como tambm a
operar de forma monolgica, por assim dizer. Achamos que
fosse o momento de enfrentar tais problemas de forma dial-
gica, oferecendo um foro de discusso no qual os tradutores
pudessem debater com seus colegas, trocando reflexes e
relatando suas experincias (inclusive suas inevitveis frustra-
es). O resultado deste debate est condensado nas contribu-
ies deste volume, que representa a tentativa de desmentir o
10|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
conhecido ditado italiano traduttore: traditore. Estamos
convictos de que seja possvel traduzir um texto filosfico,
inclusive um texto complexo e s vezes polissmico como o
kantiano, sem por isso trair o esprito e o contedo do origi-
nal. Os textos contidos neste livro pretendem fundamentar tal
convico.
Os organizadores
Florianpolis, abril de 2010
P g i n a |11
UN PENSIERO AL LAVORO
TRADURRE (IN ITALIANO) LA CRITICA
DELLA RAGION PURA DI KANT
Costantino Esposito
De nobis ipsis silemus: De re autem, quae agitur, peti-
mus di noi meglio tacere: quello che ci interessa la cosa
stessa. Questo celebre motto, tratto dallInstauratio magna di
Francis Bacon e posto da Kant in esergo alla sua prima Critica,
mi permette di entrare nel vivo della questione sulla necessit
o utilit di tradurre e ritradurre un classico. Il mio lavoro, in-
fatti, ha avuto per me stesso innanzitutto il significato di una
riscoperta dellopera kantiana non per nel senso
dellapplicazione o della verifica di un paradigma storiografico
precostituito, come se il testo fosse soltanto il pretesto di
unoperazione ermeneutica; e neppure nel senso di
unimprobabile attualizzazione di esso, come se si tentasse di
leggerlo con gli occhiali della nostra contemporaneit. Ci di
cui si trattato, invece, stato di far parlare la cosa, ingaggi-
ando una specie di corpo a corpo con la scrittura di Kant. E
se questoperazione potr forse tornare a far riflettere sulla
ricezione dello filosofia kantiana in Italia, credo soprattutto
possa offrire lopportunit come lha offerta a me di sco-
prire qualcosa proprio l dove si credeva di aver compreso
tutto, in quella vera e propria esperienza di un testo che la
sua traduzione. questa la ragione per cui potr forse avere
36|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
un qualche interesse raccontare che cosa mi accaduto tradu-
cendo la Critica
1
.
Il lavoro del traduttore rispetto a un autore come Kant
messo particolarmente alla prova per il fatto che quello kan-
tiano esso stesso un pensiero al lavoro. La Critica della ragion
pura, presentata abitualmente come un testo standard nella
storia della filosofia moderna, contiene, al tempo stesso,
larchivio lessicale di unintera tradizione e la conquista di un
vocabolario concettuale che ancora oggi risulta determinante
per il nostro lavoro filosofico (e determinante proprio in
quanto esso va ogni volta riconquistato e ripensato nei suoi
diversi campi di significazione). Basti pensare ad esempio ai
concetti di fenomeno, di dato percettivo, di categoria, di
spazio o a quello plurivoco di trascendentale. ancora a
Kant per fare solo due esempi che bisogna tornare per
capire cosa significhi trascendentale quando Karl Otto Apel
parla di universalit dellorizzonte comunicativo o quando
Jacques Derrida tenta una critica decostruttiva delloriginario.
Ma questa esigenza sempre ritornante di significazione non
vale solo per chi consideri la storia degli effetti di un pensiero
come quello kantiano, ma riguarda in primo luogo la stessa
costituzione e la stessa emergenza storica di questo pensiero.
Il lavoro linguistico dellopera di Kant non solo il suo
orizzonte semantico, ma anche la sua struttura grammaticale e
sintattica la documentazione in atto di una lunga scoperta:
questo laspetto che la rende cos interessante. Non un caso
che, in una lettera del 1772 a Marcus Herz riguardante il pro-
getto di scrivere la Critica, Kant affermi: Per quanto concerne
la prima parte [dellopera], la pubblicher entro tre mesi cir-
ca
2
. Passarono invece nove anni dalla lettera, e undici dalla
Dissertazione latina De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et
1
I. KANT, Kritik der reinen Vernuft (A 1781, B 1787), introduzione, tradu-
zione, note e apparati [tra cui un Lessico della ragion pura e una Bibliogra-
fia] di C. Esposito, testo tedesco a fronte (ed. Weischedel), Bompiani,
Milano 2004; nuova edizione riveduta e corretta, ivi 2007.
2
I. KANT, Briefwechsel, Akademie-Ausgabe Bd. 10/1, p. 132 (lettera a M.
Herz del 21 febbraio 1772).
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 37
principiis undici anni di silenzio, tanto che si parlato gius-
tamente di uno schweigender Kant
3
, un Kant silente, da cui
nascerebbe la Ragion pura. Cos successo in questi anni, tra il
1770 e il 1781, data della pubblicazione della Critica? Sono gli
anni del corpo a corpo, cio della lotta serrata dello stesso
Kant con il suo problema, quello che egli enunciava sinteti-
camente in un altro famoso passo della stessa lettera a Marcus
Herz: Mi chiesi [...]: su quale fondamento poggia la relazione
di ci che in noi si chiama rappresentazione con loggetto?
4
.
Problema classico di ogni filosofia trascendentale.
Questopera non soltanto contiene la soluzione standard al
problema ragion per cui si tratta di un testo considerato
giustamente come classico , ma tale che in essa si pu
anche scorgere in qualche modo tutto il lavoro teoretico
compiuto da Kant per giungere a quella soluzione. E a chi
faccia attenzione, tale percorso appare come dicevo nel
modo stesso in cui egli scrive, ed rintracciabile sin nelle pie-
ghe del suo linguaggio.
Ora, il grande problema di Kant quello di ridefinire il
campo della metafisica tenendo conto dellinsoddisfacente
risoluzione di questa scienza da parte della filosofia
allepoca dominante nellUniversit tedesca, la Schulmetaphysik,
ovvero la filosofia di ascendenza leibniziana, declinata, ripen-
sata e sistematizzata in modo particolare nellopera di Wolff e
di Baumgarten. Essa costituiva poi la filosofia che si studiava
sui manuali di metafisica, manuali che secondo un decreto
regio i professori erano tenuti a commentare nel far lezione:
e questo costituiva un formidabile esercizio di confronto criti-
co. Anche Kant, quindi, era tenuto ad insegnare su quei ma-
nuali, ed interessante a questo proposito vedere come molte
parti della Critica siano una ri-traduzione del latino settecen-
tesco della Scuola metafisica tedesca: proprio da qui che
Kant trae i concetti con cui lavora, forgiando un nuovo lessi-
co filosofico latino-tedesco. In tal modo si comprende come il
3
W. CARL, Der schweigende Kant. Die Entwiirfe zu einer Deduktion der
Kategorien von 1781, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen 1989.
4
I. KANT, Briefwechsel, Akademie-Ausgabe Bd. 10/1, p. 130.
38|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
percorso critico di Kant non vada nella direzione di un sem-
plice rifiuto dellimpalcatura della scuola dogmatica prefe-
risco denominarla cos, come la chiamava lo stesso Kant, piut-
tosto che scuola razionalista, poich la stessa soluzione di
Kant, come vedremo, resta una soluzione razionalista , ma
segua piuttosto la traiettoria di unappropriazione dei termini
di quella tradizione, collocandoli in un altro contesto e usan-
doli in maniera tale da forzarli, quasi curvarli, facendo assu-
mere loro un significato differente.
Leggere cos la Critica permette quindi di comprendere
che lopera di Kant una soluzione di continuit nella tra-
dizione della metafisica moderna: ma se normalmente nella
nostra lingua si intende per soluzione di continuit un mo-
mento di interruzione o di rottura, qui invece vorrei prendere
questa espressione alla lettera, poich si fa riferimento ad una
tradizione che continua, anche se attraverso una netta discontinu-
it, a partire da una ben precisa ridefinizione dei termini. In tal
modo questopera non costituisce soltanto linaugurazione di
qualcosa di nuovo nella storia del pensiero, ma testimonia
anche del modo in cui tutta unantecedenza storica stata
recepita e riformulata. Per questo affermo che la stessa novit
kantiana non consiste nella pura e semplice invenzione di una
nuova filosofia, ma in un preciso ripensamento del problema
della metafisica tradizionale.
Un esempio tipico la genealogia ormai standard che
peraltro lo stesso Kant ha contribuito in maniera rilevante a
formulare, sin dalle prime pagine della Critica secondo la
quale il pensiero critico-trascendentale costituirebbe una per-
fetta sintesi fra il miglior dogmatismo razionalista e la critica
anti-metafisica dellempirismo: come si pu leggere in ogni
manuale, dal razionalismo Ksant avrebbe acquisito i giudizi
analitici a priori, dallempirismo i giudizi sintetici a posteriori,
unificandoli poi nella nuova formulazione dei giudizi sintetici
a priori. Ma le cose non stanno propriamente cos. Dal mio
angolo visuale Kant non il punto di confluenza di due cor-
renti: egli tutto interno al razionalismo, certo innestandovi
istanze anglosassoni, come peraltro gi accadeva nella tradizi-
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 39
one anti-wolffiana si pensi ad esempio a Crusius, che negli
stessi anni aveva introdotto nellAufklrung tedesca elementi
tipici di una filosofia dellesperienza di tipo empirista. Tuttavi-
a, il genio di Kant sta proprio nel non seguire strade gi per-
corse, ma nel riattraversare il problema stesso.
Mantenendo viva e valorizzando la sua tradizione, il ra-
zionalismo dogmatico, egli non ha scelto una corrente sto-
riografica del pensiero, ma ha codificato un gesto filosofico:
quello di concepire in maniera irreversibile lidentit piena tra
il razionale e la priori. Si tratta di una formula che diverr ca-
nonica: quel che razionale senzombra di dubbio a priori,
vale a dire ci che una funzione della nostra mente ha prede-
terminato indipendentemente dallesperienza empirica. Da
questo punto di vista il gesto kantiano di appartenenza al ra-
zionalismo inequivocabile. per altrettanto evidente che la
sua riformulazione del razionalismo messa in moto da Hu-
me, per sua stessa ammissione colui che mi ha risvegliato dal
sonno dogmatico. Questo non significa che Hume lo abbia
tratto fuori dal razionalismo, ma che certamente gli ha per-
messo di passare da un razionalismo di tipo dogmatico ad un
razionalismo di tipo critico. Hume e lempirismo infatti, pur
costituendo unistanza ineliminabile e un elemento decisivo
per capire la prima Critica, non forgiano tuttavia il suo lin-
guaggio, che invece nasce dal rapporto generativo con la tra-
dizione della Schulmetaphysik: paradossale, quindi, la funzione
di Hume, che sveglia Kant dal sonno dogmatico per consen-
tirgli poi di permanere desto allinterno dello stesso raziona-
lismo.
Nellarmamentario linguistico di Kant non esiste infatti
una compresenza semantica delle due correnti filosofiche. La
stessa fisica newtoniana (pensiamo per esempio a tutto il lavo-
ro di Kant sulle Analogie dellesperienza, allinterno
dellAnalitica dei principi) consente a Kant di affermare che
quel che essa permette di cogliere empiricamente in realt il
frutto di unintelaiatura concettuale a priori, per cui la nostra
mente funziona in modo tale che universalmente si possa
cogliere loggettivit di cui parla la fisica newtoniana. Per far
40|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
questo Kant spiega, sulla base di un linguaggio preso in presti-
to dalla Scuola ma curvato in senso critico-trascendentale, la
condizione di possibilit del fatto empirico. Pertanto, vi
sicuramente un innesto problematico formidabile da parte
della critica empirista nella metafisica, ma questo non significa
mai una fuoriuscita di Kant dal razionalismo bens una sua
rigorosa riformulazione dallinterno.
Come Kant stesso afferma esplicitamente, la Critica della
Ragion Pura non un testo di epistemologia ma di metafisica:
resta, per, il problema di stabilire cosa significhi per lui me-
tafisica. Senza dubbio, la mia sensibilit rispetto a questa
problematica deriva dal mio interesse che data sin
dallesordio del mio lavoro di storico della filosofia per la
riapertura della questione della metafisica ad opera di Martin
Heidegger e in particolare per la sua accesa disputa con il ne-
okantismo, cio contro quella scuola che negli anni Venti (gli
anni in cui Heidegger cominciava a pubblicare), dominava
nelle Universit tedesche, e mirava a ritrovare in Kant una
formulazione standard di tipo trascendentale per tutti i pro-
blemi filosofici non soltanto i problemi noetici, ma anche
quelli etici, estetici, sociali, culturali (pensiamo a Cassirer, ad
esempio) , i quali possono essere ripensati e quindi risolti
riconducendoli a precise funzioni della mente umana. Rispet-
to a questo programma Heidegger, con la veemenza che lo
caratterizza, afferma che la Critica della ragion pura essenzial-
mente, se non esclusivamente, un trattato di metafisica della
metafisica, riprendendo una celebre locuzione usata da Kant
in una lettera a Marcus Herz
5
. La lettura che Heidegger pro-
pone di Kant ha avuto a mio parere (o almeno lo ha avuto per
la mia storia personale) il grande merito di riaprire il problema
della metafisica, non come problema ideologico n tanto me-
no confessionale: in unepoca in cui ad occuparsi di metafisica
erano soprattutto i filosofi idealisti o i teologi cattolici, mentre
5
Cfr. M. HElDEGGER, Kant und das Problem der Metaphysik (1929),
Gesamtausgabe Bd. 3, hrsg. v. F.- W. von Herrmann, Klostermann,
Frankfurt am Main 1991, pp. 230-231. La lettera di Kant a Marcus Herz
dell11 maggio 1781, in Akademie-Ausgabe Bd. 10/1, p. 269.
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 41
gli altri avevano come obiettivo fondamentale quello di realiz-
zare piuttosto unantimetafisica, che significava apertura alla
concretezza storica e allesperienza della vita, Heidegger inve-
ce riapre la questione della metafisica proprio come problema
storico-epocale. Questo significa riconoscere che il nostro
pensiero e il nostro linguaggio sono attraversati da certe strut-
ture fondamentali, presenti anche in visioni antimetafisiche: ci
sono cio opzioni di fondo riguardanti lesistenza o lessere
che, sebbene in alcuni casi non siano tematizzate, o addirittura
siano osteggiate, determinano tuttavia la pre-comprensione di
tutti i nodi problematici del pensiero.
Senza dubbio, la lettura heideggeriana di Kant ha orien-
tato il mio approccio a questo testo; e tuttavia io non ho mai
inteso applicare o verificare Heidegger nel tradurre Kant, poi-
ch quella heideggeriana stata soprattutto una sollecitazione
problematica a ricollocare lopera kantiana nel posto preciso
che le spetta nella storia (e nella problematica) della metafisi-
ca.
Ma c un altro autore, da me studiato in altre occasioni,
che ha avuto, anche se indirettamente, un ruolo decisivo nel
mio lavoro di traduzione, ed stato il teologo gesuita Francis-
co Surez, autore delle Disputationes metaphysicae (1597)
6
, il
primo trattato autonomo di metafisica, non pi concepito
come commento all'opera aristotelica, ma come sistema archi-
tettonico di questioni. Surez stato un pensatore di punta
della Riforma cattolica, addirittura impegnato nella politica
della Santa Sede, e tuttavia il suo manuale di metafisica, desti-
nato inizialmente a chi avrebbe studiato la filosofia come pro-
pedeutica alla teologia cattolica, in brevissimo tempo diventa
il manuale pi diffuso nelle Universit europee del Seicento,
6
F. SUAREZ, Disputationes metaphysicae, Salmanticae 1597, in Opera Omnia
(ed. Vivs), voll. 25-26; ristampa anastatica, Georg Olms, Hildesheim
1998
2
; trad. it. parziale: Disputazioni metafisiche I-III, a cura di C. Esposito,
con il testo latino a fronte, Rusconi, Milano 1996, nuova edizione riveduta
e ampliata, Bompiani, Milano 2007.
42|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
soprattutto in quelle protestanti, e di l tracima per cos dire
sin negli avamposti del razionalismo settecentesco.
In questo testo Surez inaugura una nuova concezione
della metafisica, intesa come ontologia neutra, cio come pura
scienza di alcune nozioni fondamentali, a partire da quella
generalissima di ente in quanto ente: e si tratta di una con-
cezione che non sar difficile rintracciare, paradossalmente,
proprio in unopera anti-scolastica come la Critica. Surez par-
te dallidea che possiamo conoscere gli enti come cose a
partire e in virt della loro essenza, a prescindere dunque dalla
loro esistenza effettiva, considerata in sede teologica opera di
Dio, ma che in sede metafisica risulta in definitiva accidenta-
le rispetto alla nostra capacit di pensare i principi dellente
sulla base di alcuni principi noetici fondamentali, primo fra
tutti il principio di non contraddizione. La novit dirompente
introdotta da Suarez che la si voglia giudicare positivamente
o meno che la metafisica non ha pi come oggetto quel
che c, le cose che incontriamo nel mondo, bens la loro
semplice possibilit concettuale; da ci deriva che la metafisica
non risulta pi legata necessariamente al concetto di esistenza,
che invece qualcosa che si aggiunge allessenza, come gi
diceva Avicenna
7
. Lesistenza dunque un accidente, accidit,
ci che accade dopo rispetto all'essenza, la quale pu invece
essere pensata a prescindere dallesistenza.
singolare poi il fatto che il teologo Surez parli
dellessenza dellens come di una nozione che precede onto-
logicamente tutto, persino Dio: una mossa concettuale, ques-
ta, che si pone in diretta assonanza con la soluzione univo-
cista di Duns Scoto, per cui il concetto unico e neutro di
ente sarebbe quello primario ed essenziale nella nostra conce-
zione della realt, e comprenderebbe al suo interno la grande
divisione tra lente infinito, Dio, e gli enti finiti, ossias le cea-
7
Cfr. AVICENNA, Metafisica, a cura di O. Lizzini e P. Porro, testo arabo
e latino a fronte, Bompiani, Milano 2002, trattato V, sez. II, p. 467: Di-
cemus ergo quod naturae hominis, ex hoc quod est homo, accidit ut habe-
at esse.
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 43
ture
8
. chiaro che, prima dellente infinito, non vi nulla in
senso fisico (o anche in senso teologico), ma in senso concet-
tuale s: prima di Dio vi almeno il concetto di ente. Si tratta di
quel concetto che io devo possedere gi per poter affermare
che Dio un ente determinato, vale a dire lente supremo: il
supremo, linfinito sono laggettivazione del sostantivo, ma il
quid, il sostantivo ente devo gi possederlo. Surez stesso dice
di Dio che un inferior rispetto allente, anche se Dio il crea-
tore degli enti, proprio perch noeticamente il nostro concet-
to di ente superiore o almeno anteriore allo stesso concetto
di Dio.
Tutto ci di grande importanza se si pensa al fatto
che, contrariamente allintento suareziano, le Disputationes so-
no stare fatte proprie anche (e forse soprattutto) da coloro
che non avevano interessi teologici: unontologia neutra
stata fatta valere fino alla scuola metafisica tedesca. In un pas-
so della sua Philosophia prima sive ontologia Wolff afferma che il
suo sistema, di per s frutto di una rigorosa deduzione razio-
nale, pu trovare tuttavia un significativo precedente storico
proprio nel pensiero di Surez
9
. Il mio itinerario ha seguito
quindi questa filiazione storico-teoretica di Wolff ed giunto
a ritrovare le sue tracce fin nella Critica kantiana, che pure
sembrerebbe aver interrotto nettamente la linea genealogica
wolffiana. Certo, Kant liquida questa tradizione di ascendenza
suareziana, chiamandosi fuori da essa. Ma le cose non sono
cos facilmente schematizzabili.
Prendiamo il caso della nozione di esistenza. Nor-
malmente con il termine esistenza si segnala il punto di rottu-
ra di Kant con la scuola dogmatica: nota la celebre tesi kan-
8
Cfr. JOHANNES DUNS SCOTUS, Ordinatio I, Dist. 3, pars I, q. 1-2, in
Opera Omnia III, Roma, Civitas Vaticana, 1954, p. 18: Secondo dico quod
non tantum in conceptu analogo conceptui creatura e concipitur Deus,
scilicet qui omnino sit alius ab illo qui de creatura dicitur, sed in conceptu
aliquo univoco sibi et creaturae.
9
Ch. WOLFF, Philosophia prima sive ontologia (1729), 1736
9
, in Gesammelte
Werke, hrsg. v. J. cole, II, Bd. 3, Georg Olms, Hildesheim 1962, 169.
44|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
tiana secondo cui lessere, in questo caso lesistenza (il Dasein),
non un predicato reale ma la semplice posizione di una
cosa
10
. Ci significa che lessere non un concetto, cio
qualcosa che seguendo il metodo che parte da Surez e arri-
va fino a Wolff si possa ricondurre ad un contenuto noeti-
co: lessere o c o non c. Come dice il famoso esempio,
avere cento talleri nella mia tasca, invece che non averli, non
aumenta in nulla i loro attributi, poich essi permangono cen-
to come quiddit, sia che vengano soltanto pensati, sia che
vengano realmente posseduti
11
. Lesistenza non un cosa in
pi che si aggiunga rispetto allessenza, ma ci dice semplice-
mente che una cosa posta, oppure non posta. Questo dif-
ferisce da ci che sostenevano Wolff e Baumgarten.
Questultimo ad esempio affermava che lesistenza ci che
completa la possibilit, che perfeziona la serie degli attributi,
cui si aggiunge come ultimo attributo
12
. In sintesi, per la tradi-
zione dogmatica lesistenza qualcosa che si pu dedurre.
Nel classico caso dellesistenza di Dio e di quella di-
mostrazione che lo stesso Kant ha chiamato per primo prova
ontologica o ontoteologia dobbiamo necessariamente
ammettere che Dio esiste, poich non sarebbe possibile (cio
sarebbe contraddittorio) affermare che Dio lens perfectissimum
o lomnitudo realitatis, lente che coincide con la totalit degli
attributi tra i quali rientrerebbe anche lesistenza e al tem-
po stesso negargli di esistere. Secondo Kant invece le cose
non stanno cos, poich lesistenza non un attributo in man-
canza del quale sarebbe contraddittorio dire che Dio omnitu-
do realitatis: lesistenza non in generale un attributo deducibi-
le da una nozione un gesto, questo, che riecheggia Hume e
10
Sein ist offenbar kein reales Prdikat, d. i. ein Begriff von irgend etwas,
was zu dem Begriffe eines Dinges, hinzukommen knne (I. KANT,
Kritik der reinen Vernunft, A 598-B 626, trad. it. cit., p. 869). Si veda anche I.
KANT, Der einzig mgliche Beweisgrund zur einer Demonstration des Daseins
Gottes, Akademie-Ausgabe, Bd. II, pp. 72 ss.
11
Cfr. I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, A 599-B 627, trad. it. cit., pp.
869-871.
12
A.G. BAUMGARTEN, Metaphysica (1739), 1779
7
, ristampa anastatica,
Georg Olms, Hildesheim 1963, 55.
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 45
lempirismo. Pi precisamente, lesistenza dei fenomeni, af-
ferma Kant, non pu essere conosciuta a priori: dunque c
qualcosa che pu accadere senza che io labbia predetermina-
to (Ci sono pi cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne
sogni la tua filosofia, come Shakespeare faceva dire ad Amle-
to); e se da un lato questo sembrerebbe limitare il nostro po-
tere, dallaltro lato ci fornisce la possibilit di incontrare qual-
cosa di diverso o addirittura di pi grande di noi.
Dunque, lesistenza dei fenomeni non pu essere co-
nosciuta a priori. E se anche per questa via noi potessimo
giungere a dedurre una qualche esistenza, non potremmo
conoscerla in maniera determinata, vale a dire non potremmo
anticipare ci per cui la sua intuizione empirica si distingue
dalle altre
13
. Noi potremmo, vero, conoscere lesistenza in
modo nebuloso e vago, ma questo significherebbe in termi-
ni kantiani non conoscerla affatto, poich si conosce solo in
modo preciso, necessario, universale: com noto, per Kant
conosce propriamente solo la scienza. Tuttavia, se vero che
lesistenza dei fenomeni non pu essere conosciuta a priori, e
che se anche lo fosse non si tratterebbe di una conoscenza
determinata (costituita cio a priori nello spazio e nel tempo, e
unificata attraverso le categorie dallIo penso), Kant rileva che
nella possibilit dellesperienza, la cui forma essenziale con-
siste nellunit sintetica della percezione di tutti i fenomeni [si
noti: ci che interessa a Kant non la singola esperienza, ma la possibili-
t stessa dellesperienza: il lavoro di unificazione del mio intelletto la
possibilit a priori che permette di conoscere l'oggetto, di unificare cio le
percezioni sensibili nella determinazione di un oggetto] noi troviamo le
condizioni a priori della determinazione temporale completa e
necessaria di ogni esistenza di ci che appare
14
.
Ci che emerge, pertanto, una vera e propria curvatu-
ra essenziale, se non essenzialista dellesistenza. Si inizia
infatti col rifiutare nettamente la concezione secondo la quale
lesistenza sarebbe un attributo, ma poi questa stessa conce-
zione ad essere in qualche modo ripresa e radicalizzata: se
13
I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, A 178-B 221, trad. it. cit., p. 359.
14
I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, A 217-B 264, trad. it. cit., p. 415.
46|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
vero in effetti che lesistenza non pu essere dedotta il che
implicherebbe la possibilit di conoscere le cose in s , tutta-
via noi possiamo conoscere i fenomeni esistenti determinando
preliminarmente la loro datit in base alla possibilit a priori
dellesperienza. Se innegabile, dunque, che in questa posizi-
one viene rifiutata una struttura della tradizione metafisica,
altrettanto evidente che questo rifiuto cede il posto ad una
radicale riacquisizione di quella stessa struttura in chiave criti-
co-trascendentale. Lempirismo, in definitiva, non prende il
posto del dogmatismo, ma permette di riformulare la metafi-
sica dogmatica in una metafisica critica, non per questo meno
impegnata in una rigorosa pretesa razionalista.
Mi resta da dire qualcosa sulla gloriosa storia delle tra-
duzioni in italiano della Critica della ragion pura, almeno per
individuare un buon motivo per cui valesse la pena tentarne
unaltra! Tutte le traduzioni esistenti sono delle imprese a loro
modo straordinarie: la prima (ad eccezione di quella ottocen-
tesca di Vincenzo Mantovani, oggi non pi circolante) la
celebre traduzione del 1909 di Giovanni Gentile e Giuseppe
Lombardo-Radice, edita da Laterza
15
la traduzione classica
, che rappresenta un importante documento della cultura del
neo-idealismo italiano, cui i due traduttori facevano riferimen-
to. A mio giudizio, e nonostante i lamenti che si suole riversa-
re su di essa, questa traduzione, eccezion fatta per alcune sue
scelte linguistiche improntate alla matrice filosofica dei suoi
traduttori una fra tutte, la resa di Gemt con spirito, anzi-
ch con atto mantiene una sua corrispondenza alle inten-
zioni profonde del testo originale. Basti pensare al fatto che
negli stessi anni in cui Kant scriveva le sue Critiche, Fichte gi
le interpretava e le curvava in un certo suo modo, e che dun-
que una vera e propria tendenza o gravit idealistica non
poi del tutto estranea al testo kantiano, ma piuttosto la sot-
tende come un impulso sotterraneo, a volte riassorbito, a vol-
te a stento trattenuto dalla vigilanza della critica. Resta il
fatto per che Gentile e Lombardo Radice la enfatizzano in
15
Questa traduzione era stata poi rivista nel 1959 da Vittorio Mathieu, il
quale vi aveva aggiunto un Glossario nel 1966 e unIntroduzione nel 1975.
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 47
una maniera che, pur cogliendo fedelmente una sua linea in-
terna, finisce tuttavia per tradire il testo. pur vero daltra
parte che questa traduzione ci costringe a vedere il filo teso
ma sottile sul quale Kant procede, tra criticismo e idealismo, e
che porta gi in s la cognizione degli strappi futuri.
La seconda, importante traduzione quella curata da
Giorgio Colli per Einaudi nel 1957
16
, il cui grande merito di
aver operato una versione fedele in modo millimetrico al testo
originale, anche in polemica distanza rispetto alle ambiguit
idealizzanti della versione precedente. Ma si tratta di una fe-
delt che spesso rischia di ingessare il testo italiano fino a ren-
derlo un calco del tedesco, utilizzando in non pochi casi una
struttura grammaticale e sintattica che, se adeguata e precisa
nella lingua originale, risulta spesso artificiosa nella sua traspo-
sizione in italiano. Naturalmente, se questo accade per la sin-
tassi e la costruzione delle frasi, a maggior ragione si verifica
per la resa terminologica, in alcuni casi felice per precisione, in
altri appesantita dalla volont di esplicitare tutte le componen-
ti lessicali: per esempio Grundsatz, cio principio, per Colli
va sempre reso, alla lettera, come proposizione fondamenta-
le, ed Erscheinung, vale a dire il fenomeno o ci che appa-
re, per Colli va inteso sempre come apparenza, sebbene in
italiano questo termine rischia di non far vedere adeguatamen-
te che per Kant il fenomeno (ossia lapparire a noi) indica
sempre anche un dato oggettivo dellesperienza.
Nellitaliano (o nel tedesco italianizzato) di Colli, assai difficile
da seguire, custodita comunque unistanza metodologica di
grande rilievo, e cio quella di una fedelt al testo come crite-
rio principe per la comprensione di unopera filosofica.
Vi poi la traduzione del 1967 di Pietro Chiodi per la
Utet
17
. Al contrario di Colli, Chiodi come se avesse fatto
levitare il testo italiano della Critica. Solo che, come spesso
16
Nel 1976 la traduzione Colli passata ad Adelphi, nel 1987 a Bompiani,
e nel 1995 ritornata ad Adelphi.
17
La traduzione Chiodi stata ristampata nel 1996 a Milano dalleditrice
Tea, con una Nota bibliografica di Alberto Bosi.
48|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
succede nelle pur meritorie traduzioni di Chiodi (analogamen-
te a quanto dato vedere nelle sue versioni di opere heidegge-
riane) la difficolt di certi passaggi viene risolta ellitticamente
con una scelta certamente funzionale ed elegante, ma non
sempre capace di ridarci il lavoro della prosa kantiana. Una
traduzione scorrevole e chiara, ma non sempre aderente, al
pari di una quarta traduzione, uscita da Rizzoli nel 1998, a
cura di Anna Maria Marietti, che costituisce un buono stru-
mento esplicativo del testo (ricapitolato didascalicamente in
parafrasi raccolte alla fine del secondo volume), ma che pena-
lizza notevolmente anche a motivo di una certa resa linguis-
tica un po datata rispetto allitaliano in uso lincontro vivo e
diretto con il testo kantiano.
Da parte mia, ho tentato di restituire il pi possibile con
questa nuova traduzione (accompagnata dal testo tedesco a
fronte), i caratteri tipici della prosa e del periodare kantiano,
fornendo un testo che fosse semplicemente in lingua italiana,
rinunciando alla costruzione di una lingua inesistente come
pure ad una illeggittima anche se comoda stilizzazione. Essere
fedeli al testo, anche nelle sincopi della prosa kantiana, d
lidea di un pensiero a lavoro. E questo in particolar modo
nellAnalitica, dal momento che nella Dialettica Kant si preoc-
cupa di contestare le pretese della psicologia, della cosmologi-
a, della teologia razionali (quelle cio propugnate dai manuali
della scuola razionalista che adoperava), per cui la sua prosa
qui pi semplice, riprende i termini tedeschi e latini e li cur-
va in senso critico-trascendentale, usando le stesse formule
nitide con tono quasi definitorio anche se in senso critico-
regolativo, non pi ontologico. La difficolt nasce dove il
linguaggio si fa pi sperimentale, e cio nellEstetica e, come si
detto, nellAnalitica, in particolare nella Deduzione trascen-
dentale dei concetti puri dellintelletto, in cui appunto Kant si
forgia una sua nuova lingua. Non potevo rompere questo
ritmo n riformulare sintatticamente la prosa di Kant (come
molti sono tentati di fare spezzando in pi frasi i periodi spes-
so lunghi e involuti) ma ho cercato di renderla intelligibile
nella struttura della nostra lingua, perch proprio quel lavoro
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 49
linguistico la prova speculare del procedimento in atto della
sua ricerca (e il fatto che in nota e in appendice si possano
verificare le differenze tra la prima e la seconda edizione,
sempre nel doppio testo italiano e tedesco, permette di verifi-
care non solo le evoluzioni linguistiche e concettuali che at-
traversano il testo in senso longitudinale, ma anche quelle che
lo tagliano in senso latitudinale, nel passaggio tra le due edizi-
oni).
Ad essere pi precisi, ci che ho voluto seguire nella
mia traduzione, rintracciandolo sin nella struttura e nel ritmo
della sintassi, il fatto che Kant in ogni momento del suo
discorso, quale che sia lelemento o il fattore che sta analiz-
zando, mira sempre e riconquistare lintero piano
dellindagine, giacch proprio in questa unificazione di piani
che egli riguadagna continuamente lo specifico della sua im-
presa trascendentale (dal momento che questultima non
appena un presupposto dottrinale, ma consta esattamente di
una unificazione in atto). Per questo la struttura della frase, gli
incisi, i giri e i collegamenti costituiscono non una difficile
traduzione del suo pensiero, bens una necessaria attestazione
dellimporsi di quel pensiero stesso. Quando Kant per esem-
pio parla del fenomeno, di ci che appare, dicendo che l'indice
dei dati della sensibilit, deve ogni volta recuperare la prospet-
tiva secondo cui esso , al tempo stesso, il costrutto a priori
della mente umana (dal momento che spazio e tempo sono
intuizioni pure). E cos pure, ogni volta in cui parla del soggetto,
deve far capire che non si tratta dellanima o della res cogitans di
Cartesio, ma di unoperazione funzionale che costituisce
loggetto e che solo in tale costituzione unificante raggiunge la
sua possibile identit. Il soggetto cio devessere sempre ri-
identificato non in senso metafisico (meglio: sostanzialistico),
ma come trascendentale (meglio: ontologico, nellaccezione
moderna del termine) per il fatto che esso costitutivo o
produttivo di esperienza; e di converso ogni volta che parla
dei dati dellesperienza si deve sempre richiamare al fatto che
non ci si ci riferisce alle cose ma ai fenomeni, cio al come il
soggetto li rappresenta. Tutte queste implicazioni devono
50|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
tenersi anche nella struttura sintattica: laffanno linguistico di
Kant , come dicevo, quello di riconquistare sempre,
allinterno del suo sistema, la questione critica fondamentale,
riafferrare ogni volta tutti i termini del problema, nel timore
che isolando un singolo elemento esso possa essere interpre-
tato nel vecchio modo.
Ma come sempre succede nei grandi autori, la lingua
non solo esprime, ma porta dentro di s e custodisce
lintenzione del pensiero, registrandone i guadagni, le esitazio-
ni e i problemi aperti. La metafisica della tradizione per Kant
non pi perseguibile, ma proprio per questo la Critica della
ragion pura il nuovo nome che il filosofo d alla metafisica.
La critica una propedeutica della metafisica (intesa come
sistema della ragion pura)
18
, come una purificazione che
tratta dei confini e dei limiti della ragion pura, ma anche e
allo stesso tempo la messa in opera di quella stessa metafisica,
il nome dato allintero sistema della ragion pura
19
, cio la pos-
sibilit a priori dellesperienza oggettiva e la necessit a priori
delle idee della ragione. La filosofia critica quella che segna i
veri confini della ragione e, allinterno di questi ultimi, i suoi
limiti. I traduttori italiani ci hanno finora presentato Kant
come il filosofo dei limiti della ragione. Ma Kant usa il termine
Grenze, che non limite (Schranke), bens confine, come
chiarisce nei Prolegomeni ad ogni futura metafisica che si presenter
come scienza del 1783
20
. Il limite qualcosa di negativo con cui
sintende ci che delimita e circoscrive un campo determinato
(in questo caso lmbito dei fenomeni, cio degli oggetti
dellintelletto); confine invece la linea che congiunge due
campi (in questo caso il campo fenomenico e quello noume-
nico). Kant dice che la metafisica (intesa qui ormai come Criti-
ca) ci porta esattamente ai confini, e permane sui confini, realiz-
zando cos precisamente quello che gi nel 1766, ancora in
18
Cfr. I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, A 11-B 25, trad. it. cit., p. 103.
19
I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, A 841-B 869, trad. it. cit., p. 1181.
20
I. KANT, Prolegomena zu einer jeden kunftigen Metaphysik, die als
Wissenschaft wird auftreten konnen, Akademie-Ausgabe Bd. IV, pp.
354-357.
C o s t a n t i n o E s p o s i t o | 51
una fase pre-critica, egli aveva intuito come il suo compito
fondamentale, cio di essere una scienza dei confini della
ragione umana
21
, quella che ci permette di conoscere ci che
oggettivamente dato ma anche ci che si pu solo pensare
(indipendentemente dalla sua esistenza), e che non si trova
semplicemente fuori dalla ragione, ma al di l dellintelletto
entro la ragione stessa. Perci egli parla non dei limiti della ragi-
one ma dei limiti nella ragione, perch nella ragione si trova sia
il noumeno che il fenomeno, sia la scienza che la morale. In
questi termini la metafisica dogmatica si trasforma in metafisi-
ca critica, e il linguaggio della scolastica diviene trasparente
come lo strumento principale del pensiero moderno
22
.
21
I. KANT, Trume eines Geistersehers, erlutert durch Trume der Metaphysik,
Akademie-Ausgabe Bd. II, p. 367.
22
Su questa costellazione di significati si pu vedere il Lessico della ragi-
on pura che ho incluso (assieme ad unampia Bibliografia) tra gli apparati
al volume della traduzione della Critica della ragion pura presso Bompiani,
pp. 1335-1437.
P g i n a |52
P g i n a |53
A CRTICA DE SCHOPENHAUER S
CRTICAS DE KANT
OU COMO REVERENCIAR UM MESTRE
DISTANCIANDO-SE DELE
Jair Barboza
I.
A minha vivncia com a traduo de conceitos kantia-
nos, do alemo para o portugus, se deu, em parte, pela mi-
nha traduo do Ensaio para introduzir a noo de grandezas negati-
vas em filosofia (So Paulo: Unesp 2005), feita em companhia de
Vinicius de Figueiredo, em parte pela minha traduo da obra
mxima de Schopenhauer O mundo como vontade e como represen-
tao (So Paulo: Unesp 2005). Poderia, neste sentido, assumir
que traduzir Schopenhauer ao mesmo tempo traduzir Kant;
e isso por dois motivos: 1) primeiro porque Schopenhauer se
considerava o autntico herdeiro de Kant, e, para dar prova
desta assero, faz todo a sua obra principal ser atravessada
pela distino kantiana entre coisa-em-si e fenmeno; e 2)
segundo porque essa assumida filiao a Kant apaixonada-
mente destacada, em meio a amor e dio, na chamada Crtica
da filosofia kantiana, Apndice a sua obra principal, em que o
autor passa em revista o pensamento de Kant.
Assim, os quatro anos que duraram a traduo da obra
principal de Schopenhauer tambm foi um lapso de tempo
em que, de algum modo, traduzi Kant, que, para Schope-
nhauer, uma das suas grandes inspiraes, ao lado da obser-
76|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
vao da natureza, do ensinamento sagrado dos textos vedas e
de Plato.
No entanto, o que aqui proponho pensar um outro
tipo de traduo, vale dizer, a leitura e interpretao que S-
chopenhaur faz de alguns temas kantianos, pois, ao mesmo
tempo em que efetua a crtica s obras de Kant, apropria-se
no entanto do que acredita ser o esprito da letra das mesmas,
assimilando-o para assim construir a sua prpria filosofia.
Destaco dois tpicos dessa crtica e assimilao de Kant por
Schopenhauer :
Primeiro: a diferena kantiana entre conhecimento intui-
tivo e conhecimento abstrato;
Segundo: a distino kantiana entre coisa-em-si e fen-
meno.
Trata-se aqui da encarnao do esprito de uma filosofia
em outra, a tal ponto que o seu autor considera ter entendido
o seu mestre melhor do que o prprio mestre entendeu a si
mesmo. Por mais que isso soe estranho, diga-se, Kant d azo
a essa ousadia, em especial na Crtica da razo pura, pp. A 313/
B 370, na qual encontramos a conhecida e curiosa passagem,
em que Kant declara ter entendido melhor a noo platnica
de Ideia do que o prprio Plato a havia entendido.
Eu cito Kant:
Observo apenas que no nada de absolutamente incomum,
nem em conversa corriqueira, nem em escritos, entender um
autor at melhor do que ele prprio se entendeu, mediante a
comparao dos pensamentos que externou sobre seu assun-
to, quando no tenha determinado suficientemente seu con-
ceito e, com isso, falado ou mesmo pensado por vezes contra
sua prpria inteno.
Sabe-se que Kant, ao dizer que compreendeu melhor a
noo de Ideia platnica que Plato mesmo, o faz porque a
privou de seu carter ontolgico, tornando-a, na Crtica da
razo pura, um mero foco imaginrio oferecido pela facul-
dade de razo s investigaes do entendimento. Assim, a
teologia tem por foco imaginrio Deus, a fsica tem por foco
imaginrio a totalidade do mundo, a psicologia tem por foco
J a i r B a r b o z a | 77
imaginrio a alma etc. Mas tais ideias so vazias nelas mesmas,
sem experincias possveis. Com isso, Plato, ao afirmar o
contedo de Ideias universais e arquetpicas, teria sido uma
espcie de pomba que corta em voo livre o espao, cuja resis-
tncia sente, porm erroneamente acha que teria melhor xito
de voo no espao vazio e sem resistncia. Plato teria se aven-
turado para alm da resistncia do mundo da sensibilidade,
arriscando-se para alm dele nas asas das Ideias, no espao
vazio do entendimento puro. (A 5/ B 7). Quer dizer, Kant
traduz o conceito de Ideia de Plato, ou seja, l o esprito
dele e o incorpora na letra de sua primeira Crtica como um
excesso racional no cabvel em limites intuitivos, cuja funo
para o conhecimento meramente regulativa.
Ora, Schopenhauer ir fazer com Kant, o que Kant fez
com Plato; e destaco isto aqui em relao aos dois tpicos
antes mencionados.
II
1) distino entre conhecimento intuitivo e conhecimen-
to abstrato
Schopenhauer reconhece que a esttica transcenden-
tal, primeira parte da Crtica da razo pura, que possibilitar a
afirmativa de que todo conhecimento comea pela experincia
mas nem todo conhecimento deriva da experincia, uma das
obras mais revolucionrias e permanetes do conhecimento
humano, que modificou a percepo humana sobre si e o
mundo. Espao e tempo no esto nos objetos, no so abso-
lutos, mas encontram-se a priori na subjetividade, na sensibili-
dade e permitem assim que os objetos girem em torno do
sujeito, em vez de o sujeito girar em torno deles. O conheci-
mento intuitivo dado nessa sensibilidade espao-temporal.
Em vez de ns estarmos no espao e no tempo, o espao e o
tempo que esto em ns. No espao e no tempo como for-
mas puras a priori da sensibilidade so dados formados fen-
menos, intuies sensveis, objetos que aparecem diante de
ns, mas no os objetos mesmos, a sua coisa-em-si. Entre ns
e a coisa-em-si esto o espao e o tempo, que nos impedem
78|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
de conhec-la, ela coisa-em-si permanecendo portanto um
x desconhecido como limite do conhecimento intuitivo ou
emprico. a sentena de morte, pois, da metafsica dogmti-
ca, que se ocupava com questes ltimas e para alm da expe-
rincia como: o mundo como totalidade, a imortalidade da
alma, o incondicionado, a liberdade, Deus, entre outras. Na
primeira crtica tais conceitos so ditos vazios, so excessos da
razo que no cabem em limites intuitivos. Querer afirma a
sua realidade como tentar voar parecido quela pomba de
Plato, que acha que a resistncia do ar atrapalha o seu voo,
quando em verdade o possibilita. Como Plato, assim foi a
metafsica clssica e dogmtica.
At aqui Schopenhauer tem s elogios a esse Kant
demole-tudo do dogmatismo transcendente. Entretanto, as
coisas comeam a lhe irritar com o que vem logo em seguida
teoria da sensibilidade, ou seja, a teoria dos conceitos puros
do entendimento da chamada lgica transcendental. Causa-
lhe estranheza uma tbua de doze conceitos puros do enten-
dimento necessrios para pensar as intuies da sensibilidade.
Uma intuio uma viso emprica, algo dado pela experin-
cia, por que ento um conceito para lhe atribuir uma realida-
de, como o queria Kant? Sabe-se que Kant explcito nisso.
Ele diz em alto e bom som, em A 51/ B 75, que intuies
sem conceitos so cegas. Ora, isto causa espcie em Schope-
nhauer, pois um grande problema dividir, como se faz na
lgica transcendental, o processo do conhecimento em re-
ceptividade, justamente a sensibilidade com suas formas pura
do espao e do tempo, e espontaneidade, isto , o entendi-
mento com seus conceitos puros ou categorias, para chegar
concluso de que s do concurso de ambas se tem a represen-
tao de objetos empricos, ou seja, na linguagem kantiana,
conhecimento de fenmenos. Noutros termos, pela recep-
tividade das impresses o objeto dado, e pela espontaneida-
de dos conceitos ele pensado, tendo-se ao fim o conheci-
mento do mundo efetivo, a percepo dele. Da, podemos
lembrar, a famosa frase de Kant cuja segunda metade foi
mencionada acima: Pensamentos sem contedo so vazios,
J a i r B a r b o z a | 79
intuies sem conceitos so cegas. Ou, como Kant prosse-
gue em A 51/ B 75, O entendimento nada pode intuir, e os
sentidos nada podem pensar. S da unio de ambos nasce o
conhecimento. Mas assim, segundo Schopenhauer, o objeto
da experincia se torna um hbrido. Eu cito:
Seu objeto da experincia, sobre o qual fala constantemen-
te, o objeto propriamente dito das categorias, no a repre-
sentao intuitiva, mas tambm no o conceito abstrato,
diferente de ambos, e, no entanto, os dois ao mesmo tem-
po, vale dizer, um completo disparate (Schopenhauer 2005:
p. 549)
Ao falar da receptividade da impresso, assim o l
Schopenhauer, Kant no diz como se chega intuio empri-
ca nela mesma, ou seja, como se d o processo de sua apre-
sentao, mas apenas se contenta em dizer que o emprico
da intuio DADO de fora (Schopenhauer 2005, p. 551).
Ora, argumentar assim, segundo o autor, como dizer que a
impresso, aquilo que DADO de fora, j seria uma repre-
sentao, um objeto colocado diante do sujeito; por conse-
guinte apareceria para ser pensado, adquirindo assim realida-
de. Todavia, com isso, muito pouco explicado sobre como o
estofo da experincia se torna mundo objetivo. Por conse-
guinte, Kant precisa de um complemento terico, para que o
esprito da letra de seu texto melhor se exprima. Nesse senti-
do veremos em Schopenhauer um esforo para separar niti-
damente intuio de conceito, detendo-se na explanao do
processo de construo mental do objeto da experincia.
Para isso, sensibilidade e entendimento, que em Kant
so vistos como separados, em Schopenhauer so uma nica
e mesma coisa, com o nome de crebro. Assim, se espao e
tempo, em Kant, so formas puras a priori da sensibilidade de
um lado, que fornecem snteses fenomnicas para o entendi-
mento pens-las com suas doze categorias puras, j radicadas
nele; em Schopenhauer, diferentemente, o espao e o tempo
so detectados no prprio entendimento ou crebro, que fi-
cou com apenas uma categoria, em vez de doze como em
Kant, justamente a categoria de causalidade. O entendimento
80|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
em Schopenhauer tem, desse modo, apenas trs formas origi-
nrias e inatas: espao, tempo e causalidade. Ele intuitivo,
um crebro animal, espcie de parasita dor corpo que rece-
be sensaes e impresses, ainda sem sentido algum. Depois
de dadas e trabalhadas inconscientemente pelo entendimento
e suas formas inatas, as impresses geram uma imagem ou
representao, Vorstellung. Assim, diz o autor, a sensao, que
nela mesma no significa nada, recebida pelo corpo e seus
sentidos, por via de efeito sensrio; em seguida, o crebro
remonta esse efeito sua causa exterior, num processo em
que entra em cena o tempo, para se ir do efeito causa; ao
fim, a causa situada no espao como figura, objeto. E assim
se tem a percepo de todos os objetos do mundo, da realida-
de, que seria mais apropriada chamada de um fazer-efeito do
sujeito, ou, efetividade, Wirklichkeit em alemo, que vem de
wirken, fazer-efeito, e que portanto melhor traduz o mundo
enquanto criao cerebral, em vez do termo latino realida-
de, Realitt. Ter-se-ia assim o processo de surgimento da
assim chamada representao submetida ao princpio de razo
suficiente (princpio de fundamentao suficiente, Satz vom
zurreichenden Grund), isto , algo colocado, Stellug, diante
de, Vor, da justamente Vorstellung (cf. o ttulo da obra princi-
apal de Schopenhauer: Die Welt als Wille und Vorstellung). Tra-
ta-se da percepo do mundo. Assim, Schopenhauer acredita
separar nitidamente impresso sensria de intuio, separar
estofo e representao da experincia, que, ele pensa, estariam
confundido no objeto da experincia de Kant. Portanto, em
Schopenhauer, o conhecimento intuitivo independente do
pensamento, que uma atividade da faculdade de razo, que,
trabalhando em cima das representaes intuitivas do crebro,
transforma-as em conceitos, tendo-se ento as representaes
de representaes. Estas tomam luz emprestada da intuio,
como a lua toma luz emprestada do sol, por isso mesmo se
dizendo que ela reflete a luz solar. No toa se usa o termo
reflexo para mencionar a atividade racional, pois tal ativi-
dade apenas reflete a luz do que intuitivo, podendo desse
modo fazer algo estranho intuio, ou seja, unir numa noo
J a i r B a r b o z a | 81
o que diferente na efetividade, ou separar em noes o que
igual na efetividade.
Por tudo isso, em contraste, porm j assimilando um
Kant reinterpretado na teoria do conhecimento, Schopenhau-
er diz:
... Kant traz o pensamento j para a intuio e, assim, assenta
a fundao para a mistura nociva entre conhecimento intuiti-
vo e abstrato, a qual aqui estou ocupado em condenar. Ele
deixa a intuio nela mesma incompreensvel, puramente
sensvel, portanto inteiramente passiva, e s pelo pensamento
(categorias do entendimento) permite que um OBJETO seja
apreendido. Com isso, repita-se, traz O PENSAMENTO
PARA A INTUIO. Mas eis que, de novo, o objeto do
PENSAMENTO um objeto particular, real; com isso o
pensamento perde o seu carter essencial de universalidade e
abstrao e, em vez de conceitos universais, recebe coisas in-
dividuais por objeto, com o que leva de novo A INTUIO
PARA O PENSAMENTO. (Schopenhauer 2005, pp. 551-
2)
Toda a teoria do conhecimento de Schopehauer, expos-
ta na primeira parte de sua obra mxima, uma tentativa de
resolver esse problema deixado por Kant, e, assim, separar
nitidamente conhecimento intuitivo de conhecimento abstra-
to. Porm, com isso, vimos, teve de confundir, unir, o que em
Kant era nitidamente separado, ou seja, a sensibilidade e o
entendimento.
E assim as filosofias vo se fazendo, por clareamento
de questes confusas, e pela confuses de questes claras.
Pergunta: a filosofia como terra de ningum, ou simples
nota de rodap nica filosofia que j existiu, a de Plato?
Particularmente penso a filosofia como terapia pela lingua-
gem. No deve ser levada a srio, como se fosse cincia, mas
deve ser levada a srio como se fosse sabedoria de vida.
Um retorno, pois, ao conhece-te a ti mesmo mesmo de Scra-
tes.
82|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
2) distino entre coisa-em-si e fenmeno
Sobre a distino kantiana entre fenmeno e coisa-em-
si Schopenhauer claro.
Eu cito:
O MAIOR MRITO DE KANT A DISTINO EN-
TRE FENMENO E COISA-EM-SI com base na de-
monstrao de que entre as coisas e ns sempre ainda est o
INTELECTO, pelo que elas no podem ser conhecidas con-
forme seriam em si mesmas. (Schopenhauer 2005, p. 526)
Essa distino, ao postular que s conhecemos fen-
menos dados na experincia, teria sido a sentena de morte
definitiva da metafsica dogmtica. O incondicionado trans-
cendente se torna uma fantasmagoria sem consistncia algu-
ma. Entretanto Schopenhauer critica a maneira como Kant
introduz a coisa-em-si, mediante uma concluso conforme a
lei de causalidade, porque desse modo uma intuio emprica
de fenmeno tomado como efeito, ou seja, sua sensao da
qual ele procede, deveria nos levar coisa-em-si. Na expres-
so de Kant, o fenmeno, como efeito na sensibilidade, nos
levaria sua origem, ou causalidade da causa. Porm, ob-
serva Schopenhauer, em Kant, de acordo com sua prpria e
acertada descoberta, a lei de causalidade de funo mera-
mente subjetiva, assim como o espao e o tempo. Portanto,
toda intuio emprica permanece por inteiro assentada em
fundao subjetiva, como um simples processo em ns, e
nada por completo diferente e independente disso pode ser
trazido como uma COISA-EM-SI, ou exibido como um pres-
suposto necessrio. (Schopenhauer 2005, p. 548). De resto,
fora essa introduo errnea, a distino maravilhosa e S-
chopenhauer a mantm em todo o seu pensamento, como a
distino entre Vontade (tornada coisa-em-si) e representao
(fenmeno). Representao, como vimos, aos cuidados do
entendimento intuitivo. J a Vontade como coisa-em-si in-
troduzida em seu pensamento no por uma raciocnio que usa
a lei de causalidade, algo apontado como errneo em Kant,
J a i r B a r b o z a | 83
mas por uma concluso analgica a partir do prprio corpo.
Noutros termos, o meu corpo um corpo entre outros cor-
pos, e, como estes, est submetido causalidade, que entre os
animais se chama motivo e conduz s aes. Ora, a partir de
mim mesmo, do meu corpo animal, posso inteligir por dentro
a minha ao, isto , posso observar de dentro a causalidade
fenomnica. Ora, como a causalidade igual para todos os
demais corpos, seja em sua caracterstica de excitao entre os
vegetais ou de causa em sentido estrito no mundo inorgnico,
concluo analogicamente, ao inteligir o meu corpo em seu n-
timo, e senti-lo como vontade em suas aes (motivos), que
os outros corpos tm de ser pensados tambm em seu ntimo
como vontade, pois a causalidade no muda em toda a natu-
reza, ou seja, dado o fundamento suficiente segue-se a conse-
quncia.
III.
Como se v, a coisa-em-si traduzida em Vontade, e o
fenmeno em representao submetida ao princpio de razo
suficiente. Da justamente o ttulo, kantiano, da obra principal
de Schopenhauer, ou seja, O mundo como vontade (coisa-em-si) e
como representao (fenmeno).
Contudo cabe observar que todo esse trabalho de inter-
pretao leva Schopenauer a algo completamente outro que o
suspeitado por Kant, e isso constitui a sua novidade para a
histria da filosofia. Noutros termos, Schopenhauer despo-
tencia a razo em sua filosofia. A vontade como coisa-em-si,
princpio do mundo, sem-fundamento, grundlos. Ela um
impelir abafado, obscuro, distante de qualquer capacidade
imediata de conhecimento. A vontade como coisa-em-so
um mpeto cego, blinder Drang; ela um esforo contnuo e
destitudo de alvo. Nessa perspectiva, a razo secundria,
no s em referncia Vontade mas tambm em referncia
ao entendimento, pois ela s pode formar conceitos aps
receber intuies. A coisa-em-si um irracional puro.
Schopenhauer dir que o conhecimento algo aciden-
tal e exterior, por conseqncia a obscuridade no uma
84|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
mancha escura casual em meio regio da luz, ao contrrio, o
conhecimento uma luz em meio obscuridade originria e
sem limites, na qual o conhecimento se perde. (Schopenhau-
er 1985, p. 273)
A vontade a coisa-em-si do mundo que se manifesta
em graus crescentes de distino e completude, sendo o ho-
mem o mais elevado deles: porm em si mesma a vontade
originria e csmica apenas um mpeto cego e irresistvel,
que de vida, pois o que ela sempre quer a vida. Vontade
de vida uma expresso pleonstica, pois onde h vontade
haver vida.
O homem no conhece e depois quer o que conhece,
mas antes quer e s depois conhece o que quis; conseqente-
mente s depois conhece a ao e o alvo aos quais levou a sua
volio despertada por motivos. O querer absolutamente
primrio e inconsciente, o conhecimento secundrio, adi-
cionado como instrumento pertencente ao fenmeno da
Vontade. Cada homem o que mediante sua vontade. O
homem se CONHECE, portanto, em conseqncia e em
conformidade ndole de sua vontade, em vez de, segundo a
antiga viso, QUERER em consequncia e em conformidade
ao seu conhecer. (Schopenhauer 2005, p. 379)
Schopenhauer, assim, despotencia a razo em sua filo-
sofia, servindo-se no entanto da distino kantiana entre coi-
sa-em-si e fenmeno. Ao assumir todas as conseqncias do
despotenciamento da razo, leva a cabo a descoberta do irra-
cional, tornando-o em definitivo princpio do mundo e a ra-
zo um mero momento dele. Quando digo com todas as
conseqncias no sentido de que admitir um tal princpio
do mundo acarreta ao mesmo tempo assumir um pessimismo
metafsico, ou seja, o mau radical impera nos seres. Em Scho-
penhauer h uma obscuridade primria no cosmos. O seu
pessimismo metafsico no admite conciliaes e por ele des-
cortina um mundo de dor e tdio como plos opostos do
sofrimento, portanto constituintes do nervo mesmo da finitu-
de. A Vontade, como coisa-em-si, uma auto-discrdia es-
sencial e essa auto-discrdia faz-se presente em toda parte, no
J a i r B a r b o z a | 85
seu espelho que o mundo, em lutas incessantes, guerras de
todos contra todos, com alternncia da vitria sim, mas nunca
o fim da batalha. A razo no consegue erradicar esse mau
radical; ao fim, pode inclusive, sem sab-lo, arquitetar fria-
mente um espao de irrupo desse irracional. A arquitetura
da destruio vaza o poder destrutivo da Vontade autofgica e
a razo apenas trabalhou para isso, foi mais uma vez instru-
mento, sem conseguir claramente mensurar um poder de des-
truio que se volta contra ela mesma.
Note-se, portanto, em que termos foi dar a traduo do
par conceitual coisa-em-si x fenmeno. No presente caso,
numa filosofia pessimista da vontade, que desconfia e faz a
critica da razo, faculdade to cara tradio ocidental de
pensamento, inclusive a Kant. nesses termos que Schope-
nhauer venera o seu mestre, porm distanciando-se dele.
Num movimento constitutivo da prpria originalidade do seu
olhar filosfico.
Bibliografia
KANT. Kritik der reinen Vernunft. Hamburg: Felix Meiner,
1998.
SCHOPENHAUER. O mundo como vontade e como
representao. Trad. Jair Barboza. So Paulo: Unesp, 2005.
______. Metaphysik der Sitten. Muenchen: Piper, 1985.
P g i n a |86
P g i n a |87
CONSIDERAES EM TORNO DA
TRADUO DE BEDRFNIS NA
OBRA KANTIANA
Joel Thiago Klein
O que poderia parecer apenas uma questo de estilo de
traduo envolve, na verdade, uma questo de interpretao,
preciso conceitual e de limites e possibilidades oferecidos
por uma lngua natural. Neste trabalho, pretende-se apresen-
tar o resultado da comparao de diferentes tradues junto
com uma anlise filosfica e lingstica a respeito de um im-
portante conceito da filosofia kantiana, o conceito de Bedrf-
nis. Para isso, apresenta-se inicialmente alguns textos de Kant
nos quais o termo Bedrfnis empregado e indica-se a instabi-
lidade terminolgica presente nas tradues portuguesas e
espanholas. Na segunda parte do trabalho procura-se apresen-
tar algumas notas centrais dos conceitos de Bedrfnis e Notwen-
digkeit no intuito de demarcar claramente suas diferenas. Na
terceira parte, faz-se uma anlise filosfica do conceito Bedrf-
nis no interior da filosofia Kantiana. Na quarta e ltima seo,
esboa-se uma anlise lingustica com o objetivo de sugerir
uma nova possibilidade de traduo.
1. Problematizao: instabilidade terminolgica
Para introduzir as questes que envolvem a traduo do
termo Bedrfnis nada melhor do que apresentar alguns casos
em que o problema se coloca e a soluo encontrada pelos
tradutores. No intuito de facilitar a leitura sublinha-se as pala-
88|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
vras que se quere chamar a ateno e, em alguns casos, segue-
se tambm o texto em original.
Exemplo 01:
(...) pois a razo humana, impelida por exigncias prprias [ei-
genes Bedrfni], que no pela simples vaidade de saber muito,
prossegue irresistivelmente a sua marcha para esses proble-
mas, que no podem ser solucionados pelo uso emprico da
razo nem por princpios extrados da experincia. Assim, em
todos os homens e desde que neles a razo ascende especu-
lao, houve sempre e continuar a haver uma metafsica. E,
por conseguinte, tambm acerca desta se pe agora a pergun-
ta: como possvel a metafsica enquanto disposio natural? ou seja,
como que as interrogaes, que a razo pura levanta e que,
por necessidade prpria [eigenes Bedrfni], levada a resolver
o melhor possvel, surgem da natureza da razo humana em
geral? (KrV, B 21-22, Trad. Santos e Morujo)
1
Nessa traduo de Santos e Morujo, o mesmo termo
Bedrfnis traduzido ora por exigncia, ora por necessidade.
Exemplo 02:
(...) mediante o conceito de liberdade proporcionada reali-
dade objetiva s idias de Deus e de imortalidade e < pro-
porcionada> a faculdade, antes, a necessidade subjetiva (ca-
rncia da razo pura) de admiti-las, sem que com isso, toda-
via, a razo seja ampliada no conhecimento terico (...). E es-
ta carncia no , por assim dizer, uma necessidade hipottica
de um objetivo qualquer da especulao (...) mas uma neces-
sidade legal de admitir algo, sem a qual no pode ocorrer o
que se deve pr incessantemente como objeto de sua conduta.
(...) vermittelst des Begriffs der Freiheit objective Realitt und
Befungi, ja subjective Notwendigkeit (Bedrfnis der reinen
Vernunft) sie anzunehmen verschafft wird, ohne da dadur-
1
As citaes dos textos de Kant so sempre feitas a partir da Edio da
Academia Gesammelte Schriften (GS). Berlin: Walter de Gruyter, 1900
(AA). As referncias procedem do seguinte modo: sigla do texto (indicado
respectivamente na bibliografia e em conformidade com o que foi estabe-
lecido pela Academia), AA nmero do volume: nmero da pgina. Exclu-
sivamente para a Crtica da razo pura, as citaes seguem tambm a segun-
da edio da obra, nesse caso indicado por B, sucedendo o nmero da
pgina.
J o e l T h i a g o K l e i n | 89
ch doch die Vernunft im theoretischen Erkenntnisse erwei-
tert (...). Und dieses Bedrfni ist nicht etwa ein hypotheti-
sches einer beliebigen Absicht der Speculation, da man etwas
annehmen msse, wenn man zur Vollendung des Ver-
nunftgebrauchs in der Speculation hinaufsteigen will, son-
dern ein gesetzliches, etwas anzunehmen, ohne welches nicht
geschehen kann, was man sich zur Absicht seines Thuns und
Lassens unnachlalich setzen soll. (KpV, AA 05: 4-5, Trad.
Valrio Rohden)
A escolha de Rohden em traduzir Bedrfnis por carn-
cia fez com que ele tivesse de mudar o texto para que no
gerasse estranheza, isto , ao invs de traduzir Bedrfnis ist
nicht ein hypothetisches (...) sondern ein gestzliches (...) por carncia
hipottica e carncia legal, ele optou por reintroduzir a
noo de necessidade, assim que no texto aparecem as
construes necessidade hipottica e necessidade legal.
Exemplo 03:
Ora, era para ns um dever fomentar o soberano bem, por
conseguinte, no s um direito, mas tambm uma necessida-
de conexa como exigncia ao dever, de pressupor a possibili-
dade deste soberano bem, o qual, uma vez que s tem lugar
sob a condio da existncia de Deus, liga indissoluvelmente
a pressuposio do mesmo com o dever, quer dizer, mo-
ralmente necessrio admitir a existncia de Deus. Deve aqui
observar-se que esta necessidade moral subjectiva, isto , um
requisito, e no objectiva, quer dizer, no o prprio dever;
com efeito, no pode existir dever algum de admitir a exis-
tncia de uma coisa (porque isso diz unicamente respeito ao
uso terico da razo).
[Nun war es Pflicht fr uns das hchste Gut zu befrdern, mithin nicht
allein Befugni, sondern auch mit der Pflicht als Bedrfni verbundene
Nothwendigkeit, die Mglichkeit dieses hchsten Guts vorauszusetzen,
welches, da es nur unter der Bedingung des Daseins Gottes stattfindet,
die Voraussetzung desselben mit der Pflicht unzertrennlich verbindet, d.
i. es ist moralisch nothwendig, das Dasein Gottes anzunehmen. Hier ist
nun wohl zu merken, da diese moralische Nothwendigkeit subjectiv, d.
i. Bedrfni, und nicht objectiv, d. i. selbst Pflicht, sei; denn es kann gar
keine Pflicht geben, die Existenz eines Dinges anzunehmen (weil dieses
blos den theoretischen Gebrauch der Vernunft angeht).] (KpV, AA
05: 125, Trad. Artur Moro)
90|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Nessa traduo de Moro tambm h uma variao
terminolgica, num primeiro momento, Bedrfnis traduzido
por necessidade a qual se liga uma exigncia [Notwendigkeit],
isto , para dar coerncia a sua escolha, o tradutor teve que
modificar a traduo de Notwendigkeit, que teria como seu
primeiro sentido o significado de necessidade. Em outras
palavras, ele fez o possvel para escapar da seguinte formula-
o uma necessidade conexa com uma necessidade. Mais a
frente, para evitar o mesmo problema, ele muda sua escolha e
opta por traduzir Bedrfnis por requisito. Novamente, se ele
ficasse com sua primeira escolha, ele teria de escrever algo
como uma tautologia: esta necessidade moral subjetiva, isto
, necessidade que no objetiva (...).
Exemplo 04:
Ao contrrio a pura f racional nunca pode transformar-se
em um saber, mediante todos os dados naturais da razo e da
experincia, porque o motivo da admisso da verdade [Fr-
wahrhaltens] nesse caso puramente subjetivo, ou seja, uma
exigncia necessria da razo [ein notwendiges Bedrfnis der Ver-
nunft] (e existir sempre, enquanto ns homens existirmos)
somente supor, mas no demonstrar, a existncia de um ser
supremo. Esta necessidade da razo [Bedrfnis der Vernunft],
que satisfaz o seu uso terico, no seria outra coisa seno
uma pura hiptese racional, isto , uma opinio que seria su-
ficiente para ser aceita como verdade [Frwahrhalten] por mo-
tivos subjetivos. (WDO, AA 08: 341, Trad. Floriano de Sousa
Fernandes)
Nesse texto O que significa orientar-se no pensamento? o tra-
dutor tambm precisa realizar uma variao na sua escolha
para manter a coerncia. Assim que, se ele tivesse mantido
nos dois casos a opo por necessidade, ele teria de dizer
no primeiro caso algo como uma necessidade necessria da
razo.
Exemplo 05:
Una exigencia de la razn pura [ein Bedrfnis der reinen Vernunft]
en su uso especulativo, conduce solo a hiptesis, la de la razn
J o e l T h i a g o K l e i n | 91
pura prctica, empero, conduce a postulados; (KpV, AA 05:
142, Trad. E. Miana Y Villagrasa y Manuel Garcia Morente)
Nesta passagem os tradutores de lngua espanhola obta-
ram pelo termo exigncia. Em relao a essa mesma passa-
gem, Rohden adota o termo carncia, Moro opta por ne-
cessidade seguida pelo original alemo (necessidade (Bedrf-
nis)), a traduo para o italiano de Francesco Capra utiliza o
termo bisogno, enquanto que a verso francesa de Ferry e
Wismann adota o termo besoin. J a edio da Cambridge
com traduo de Mary Gregor emprega o termo need.
Como j se percebeu acima, s vezes o prprio Kant
oscila no emprego da terminologia. Assim, por exemplo,
mesmo depois dele j definir Bedrfnis como uma subjektive
Notwendigkeit, ao invs de usar simplesmente Bedrfnis, ele
escreve, no contexto da escolha terminolgica do termo pos-
tulado, que: no consegui encontrar nenhuma expresso
melhor para esta necessidade subjetiva, contudo verdadeira e
incondicionada, da razo [Ich wute fr diese subjektive, aber doch
wahre und undbedingte Vernunftnotwendigkeit keinen besseren Aus-
druck auszufinden]
2
. Por outro lado, quando Kant no qualifi-
ca o termo Notwendigkeit com o adjetivo subjekive e ainda em-
prega o termo Bedrfnis, isso indica claramente que existe uma
distino semntica importante. Veja, por exemplo, a seguinte
passagem da Crtica da razo pura onde est em jogo a prova
cosmolgica da existncia de Deus:
Tratava-se de algo totalmente inatural, e de uma simples ino-
vao da sutileza de escola, de uma idia projetada de modo
totalmente arbitrrio querer tirar a existncia do objeto a ela
correspondente. De fato, no se teria jamais tentado tomar
esse caminho se no o tivesse precedido a necessidade da
nossa razo [Bedrfnis unserer Vernunft] admitir, para a existn-
cia em geral, algo necessrio [etwas Notwendiges] (no qual pu-
dssemos deter-nos na ascenso) se a razo, visto esta neces-
sidade [diese Notwendigkeit] ter que ser incondicionada e certa a
priori, no tivesse sido constrangida a procurar um conceito
que na medida do possvel satisfizesse uma tal exigncia e
2
KpV, AA 05: 11, n., Trad. Valerio Rohden.
92|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
desse a conhecer uma existncia de modo inteiramente a pri-
ori. (KrV, B 631, Trad. Valerio Rohden)
Noutro lugar, Kant escreve:
Com isso, explica-se tambm porque necessitamos (bedrfen),
com referncia quilo que dado existindo aos sentidos, idia
de um ente originrio em si necessrio (nothwendigen), mas sem
jamais ter o mnimo conceito dele e da sua necessidade absoluta
(absoluten Nothwendigkei). (KrV, B 707, Trad. Valrio Rohden)
Observe-se que nas passagens acima a traduo esconde
uma distino conceitual importante para a compreenso do
texto. Enquanto que o termo Bedrfnis faz referncia facul-
dade do sujeito do conhecimento e a um impulso oriundo
dela, os termos Notwendigkeit e notwendig se referem ao tipo de
relao lgica presente no conceito de Deus.
2. Investigao histrico-filosfica dos termos Bedrfnis
e Notwendigkeit
Segundo Historisches Wrterbuch der Philosophie, Bedrfnis
indica num sentido subjetivo o sentimento de uma carncia,
de uma falta, junto com o esforo de sua eliminao e, num
sentido objetivo, indica o meio para a eliminao da carncia
sentida
3
. Em geral, Bedrfnis apresenta um estado de carncia
corporal, isto , psquico ou o vivenciar desse estado de ca-
rncia; s vezes ambos os aspectos conceituais esto presen-
tes. Na medida em que Bedrfnis empregado numa funo de
motor da ao, o conceito de Bedrfnis entra em grande pro-
ximidade semntica com os conceitos de motivo e impul-
so. Se o estado de Bedrfnis entendido como um estado de
tenso, ento impulso e Bedrfnis so compreendidos como
sinnimos. O termo Bedrfnis encontrado no debate da mo-
tivao do agir humano j no sculo XVIII. Todavia, seu em-
prego se tornou usual apenas no sculo XIX, predominante-
3
Cf. RITTER, Joachim; GRNDER, Karlfried; GABRIEL, Gottfried.
Historisches Wrterbuch der Philosophie. Basel: Schwabe Verlag, 2007, verbete
Bedrfnis.
J o e l T h i a g o K l e i n | 93
mente nos tratados de teoria do valor e filosofia da economia.
O termo entra nos princpios terico-sistemticos da psicolo-
gia motivacional no incio do sculo XX.
O que mais pode nos ajudar a entender o significado de
Bedrfnis seu conceito oposto, Bedrfnislosigkeit, que repre-
senta um ideal cujo significado foi forjado pela filosofia grega
e indica uma propriedade dos deuses sobre a qual descansa
sua felicidade. Bedrfnislosigkeit fundamentalmente concebida
como a constituio e o estado de seres, no qual no lhes falta
nada ( ) e por isso no sentem qualquer desejo ou
nsia () em relao a algo. Nesse sentido, segundo a
descrio de Xenophonte, Scrates teria derivado da noo de
Bedrnislosigkei dos deuses conselhos para os homens alcan-
arem a felicidade: a saber, buscar a felicidade seria se apro-
ximar tanto quanto possvel da condio dos deuses e como,
ser divino nichts bedrfen ( ), o homem
deveria buscar se aproximar desse estado. Tanto os cnicos,
quanto os esticos mantiveram esse ideal como orientao em
sua filosofia prtica.
Kant seguiu as linhas gerais desse pensamento grego.
Nesse horizonte l-se na Crtica da razo prtica:
todos os trs conceitos, o de motivo, o de interesse e o de mxi-
ma, s podem aplicar-se a entes finitos. Pois eles pressupe
no seu conjunto uma limitao da natureza de um ente, uma
vez que a condio subjetiva do seu arbtrio no concorda
por si mesma com a lei objetiva de uma razo prtica; uma
carncia [Bedrfnis] de ser impelido por algo atividade, por-
que um obstculo interno contrape-se a ela. Portanto eles
no podem aplicar-se vontade divina.
4
Note-se que na passagem acima Kant afirma claramente
que o estado representado por uma Bedrfnis pertence essenci-
almente a entes finitos, por conseguinte, a entes imperfeitos,
4
KpV, AA 05: 79. Trad. Valrio Rohden. Tambm em KpV, AA 05: 34
Kant afirma que a Bedrfnis da felicidade alheia no pode ser atribuda a
todo ente racional, tal como o caso de Deus.
94|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
que no sejam auto-suficientes, a entes que por sua natureza
possuem carncias.
Ainda na Crtica da razo prtica, Kant define Bedrfnis
como uma necessidade subjetiva [subjective Nothwendigkeit]
5
.
Ora, ao se referir ao termo Bedrfnis como envolvendo uma
necessidade, mas que se refere unicamente ao sujeito, mais
especificamente a uma faculdade do sujeito e no ao objeto
mesmo, nesse sentido indica essencialmente algo que caracte-
riza a natureza do sujeito e que, por isso, no pode ser evita-
da.
J o conceito de Notwendigkeit significa necessidade
num sentido lgico e objetivo. Kant define necessidade em
sentido estrito como sendo uma das caractersticas do conhe-
cimento a priori, o qual indica algo que inevitavelmente precisa
ser de um certo modo. Nesse sentido, a experincia emprica
jamais pode nos oferecer um conhecimento necessrio em
sentido estrito, pois ela nos indica que algo de uma determi-
nada forma, mas no tem como garantir que ele no possa ser
de outra. De uma perspectiva lgico-formal, seja da relao
lgica em silogismos, seja da relao conceitual nos juzos
analticos, a necessidade do mero pensamento tomada como
oposta a noo de algo impensvel, ou seja, de algo que fere o
princpio de no-contradio.
De uma perspectiva lgico-transcendental, a necessi-
dade se apresenta como uma categoria do entendimento cujo
par conceitual expresso pela noo de contingncia, isto ,
algo que simplesmente casual. Como uma categoria, a ne-
cessidade funciona como uma regra de sntese das intuies
empricas. Nesse sentido, a necessidade se refere, por exem-
plo, ao modo como a categoria da causalidade aplicada aos
fenmenos de modo que se possa estabelecer necessariamen-
te a lei geral da natureza de que para tudo aquilo que acontece
existe uma causa. O conceito oposto ao de necessidade nesse
sentido material o de impossibilidade, isto , a algo que sob
5
KpV, AA 05: 4.
J o e l T h i a g o K l e i n | 95
qualquer condio no pode ser, na medida em que contradiz
as leis gerais da natureza. Um exemplo disso seria o milagre.
A noo de necessidade [Notwendigkeit] no empregada
apenas no mbito terico, mas tambm no mbito prtico.
Nesse sentido, algo que praticamente necessrio algo que
para Kant expressa a obrigao do dever e nesse contexto
tm-se os conceitos de obrigatoriedade, de imperativo categ-
rico, de mandamento e de dever.
3. Reflexes sobre o conceito de Bedrfnis na filosofia
kantiana
3.1 Diferenas de contexto: o emprico e o transcen-
dental
Kant emprega o termo Bedrfnis para se referir a uma
condio que pertence tanto s faculdades superiores de co-
nhecimento, quanto condio do homem como um ser sen-
svel e empiricamente determinado. Pode-se nomear ambos
os usos como um uso transcendental e o outro como um uso
emprico do termo Bedrfnis. O uso emprico encontrado na
maioria dos casos na Antropologia e na Fundamentao da metaf-
sica dos costumes
6
. Na Antropologia Kant fala, por exemplo, que
o francs no corts por interesse, mas pela Bedrfnis ime-
diata do gosto de se comunicar
7
, ou ainda que algumas incli-
naes so fundamentais, como as Bedrfnisse naturais e ani-
mais
8
. Note-se que nesse contexto emprico a noo de Be-
drfnis empregada em relao com a noo de inclinao
6
Cf. Assegurar cada qual a sua prpria felicidade um dever (pelo menos
indiretamente); pois a ausncia de contentamento [Mangel der Zufriedenheit]
com o seu prprio estado num torvelinho de muitos cuidados e no meio
de necessidades insatisfeitas [unbefriedigten Bedrfnissen] poderia facilmente
tornar-se numa grande tentao para transgresso dos deveres (GMS, AA 04:
399); O que se relaciona com as inclinaes e necessidades gerais do
homem [allgemeinen menschlichen Neigungen und Bedrfnisse] tem um preo ve-
nal. (GMS, AA 04: 434).
7
Athr, AA 07: 313.
8
Athr, AA 07: 267.
96|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
(Neigung), a qual representa uma tendncia fsica e psicolgica
do sujeito em direo a um determinado objeto ou estado.
Na Crtica da razo prtica encontra-se duas notas que in-
dicam claramente a distino do uso transcendental e do uso
emprico de Bedrfnis. Ali, Kant afirma que excetuando-se os
problemas fundamentais da razo terica pura e da razo pr-
tica pura, todas as Bedrfnisse restantes pertencem inclina-
o
9
. Algumas pginas adiante ele discute uma crtica feita por
Wizenmann que contesta a legitimidade de deduzir de uma
Bedrfnis a realidade objetiva de seu objeto. Kant responde
novamente com base na distino entre uma Bedrfnis que se
assenta sobre uma inclinao (Bedrfnis auf Neigung) e uma
Bedrfnis da razo (Vernunftbedrfnis)
10
.
3.2. Bedrfnis como uma caracterstica de todas as fa-
culdades superiores de conhecimento
Na seguinte passagem da Crtica da razo pura, Kant in-
dica que a razo humana sente mais do que apenas um tipo de
Bedrfnis:
Plato observou muito bem que a nossa capacidade cognitiva
sente uma necessidade (Bedrfnis) bem mais alta do que sim-
plesmente soletrar fenmenos segundo uma unidade sinttica
para poder l-los como experincia (...).
11
Se existe uma Bedrfnis bem mais alta, significa que exis-
te outra ou outras que no sejam. De fato, se procurarmos em
outros lugares encontramos referncias que corroboram essa
leitura. Na introduo Crtica da faculdade do juzo Kant escre-
ve:
Em conseqncia e porque a unidade legtima numa ligao,
que na verdade reconhecemos como adequada a uma inten-
o necessria (uma necessidade do entendimento [einem
Bedrfni des Verstandes]), mas ao mesmo tempo como contin-
9
KpV, AA 05: 142, n..
10
KpV, AA 05: 143, n..
11
B370-371
J o e l T h i a g o K l e i n | 97
gente em si, representada como conformidade a fins dos
objetos (...).
12
Alm de uma Bedrfnis relacionada ao entendimento, a-
inda na KU em AA 05: 347 Kant fala de uma Bedrfnis da fa-
culdade do juzo e em AA 05: 364 l-se que o acordo do obje-
to com a Bedrfnis das regras do entendimento provoca admi-
rao.
Na Crtica da razo pura, Kant no menciona explicita-
mente a existncia de uma Bedrfnis do entendimento, entre-
tanto, aceitando-se que o verbo bedrfen ocupa o mesmo cam-
po semntico que o substantivo Bedrfnis, pode-se inferir a
partir de passagens como B 138, B 291 e B 572 que mesmo a
aplicao das categorias s intuies sensveis se refere a uma
Bedrfnis do entendimento. Isso tambm fortemente indica-
do numa seo das antinomias da razo pura intitulada Do
interesse da razo pura neste seu conflito. Ali Kant fala dos interes-
ses que se colocam a favor seja da tese, seja da anttese. Para
ele, do lado da anttese, posio caracteristicamente empirista,
apresenta-se um interesse especulativo da razo em se manter
dentro do campo da experincia possvel, atendo-se ao co-
nhecimento claro e seguro. Entendo que esse interesse se
refere ao interesse do entendimento, j que o interesse espe-
culativo da razo em sentido estrito se direciona para a tese, a
qual permite, a partir do uso das idias transcendentais, abar-
car de maneira inteiramente a priori a cadeia total das condi-
es e conceber a deduo do condicionado enquanto se co-
mea do incondicionado
13
. Ora, se aceitamos a premissa de
Kant na Crtica da faculdade do juzo de que todo interesse pres-
supe ou produz uma Bedrfnis
14
, ento ao dizer que o enten-
dimento possui um interesse, pode-se aceitar que ele tambm
movido por uma Bedrfnis.
Falar de uma Bedrfnis aplicada faculdade congnosciti-
va humana significa levar em conta trs propriedades funda-
12
KU, AA 05: 183-184.
13
KrV, B 494/495.
14
KU, AA 05: 210.
98|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
mentais da razo humana, a finitude, a discursividade e o car-
ter ativo das faculdades superiores de conhecimento. Numa
razo que fosse infinita e intuitiva, tal como se pensa no mo-
delo de um intellectus archetypus
15
atribudo a Deus, no faz sen-
tido falar de necessidades, visto que o simples fato de pensar
o objeto j implicaria em sua existncia, juntamente com to-
das as suas propriedades. Tratar-se ia de uma razo auto-
suficiente e supostamente inativa. Assim, atribuir diversas
Bedrfnisse razo humana significa aceitar que ela viva e, tal
como um ser vivo, ela precisa se esforar para satisfazer de
algum modo essas Bedrfnisse.
A partir disso, pode-se colocar trs questes: primeira,
por que a figura de uma Bedrfnis se torna evidente e argumen-
tativamente relevante ao se tratar da razo em sentido estrito
e parece ficar oculta quanto se trata do entendimento?; se-
gunda, como interpretar essa linguagem segundo a qual a ra-
zo sente uma Bedrfnis, ou seja, deve-se interpretar isso me-
taforicamente ou simbolicamente? E ainda, qual o status te-
rico dessa figura para a filosofia crtica? No tenho uma res-
posta satisfatria para esses problemas, mas gostaria de esbo-
ar o incio de uma resposta.
No texto O que significa orientar-se no pensamento encontra-
se a seguinte passagem:
No , portanto, o conhecimento da razo mas a necessidade sen-
tida da razo* [gefhltes Bedrfnis der Vernunft], aquilo que
Mendelssohn se orientava (sem sab-lo) no pensamento es-
peculativo. E como este meio de direo no um princpio
objetivo da razo, um princpio da inteleco, mas um prin-
cpio puramente subjetivo (isto , uma mxima), um uso uni-
camente permitido a ela por seus limites [Schranken], uma
conseqncia da necessidade [Bedrfnisses] que constitui para
ela prpria o fundamento total da determinao de nosso ju-
zo sobre a existncia do ser supremo (...).
* A razo nada sente. Compreende sua deficincia e realiza
pela tendncia ao conhecimento o sentimento de necessidade
15
Cf. KrV, B 135 e B138; KU, AA 05: 407-408.
J o e l T h i a g o K l e i n | 99
(...) [Die Vernunft fhlt nicht; sie sieht ihren Mangel ein, und wirkt
durch den Erkenntnistrieb das Gefhl des Bedrfnisses (...)]
16
Ora, dizer que a razo nada sente e, ao mesmo tempo,
realiza o sentimento da Bedrfnis s pode fugir contraditori-
edade se se acentua que esse sentimento realizado unica-
mente atravs do impulso ao conhecimento (durch den Er-
kenntnistrieb). Mas ento, o que esse impulso inerente razo
e que gera esse sentimento? Kant afirma na seqncia que se
trata de um princpio subjetivo da razo, isto , uma mxima.
Qual seria essa mxima? Na Crtica da faculdade do juzo, Kant
afirma que a razo uma faculdade dos princpios e caminha
para o incondicionado na sua condio mais extrema
17
. Isso
tambm muito claro na Crtica da razo pura, quando Kant
afira que tanto no uso lgico formal, quanto no uso puro, a
razo supe o princpio de que preciso encontrar para o
conhecimento condicionado do entendimento o incondicio-
nado, mesmo que a validade objetiva do uso transcendental
acabe sendo rejeitado pela filosofia crtica
18
. A partir disso,
pode-se dizer que para Kant a razo a faculdade que atua
segundo o princpio da busca pelo incondicionado. Por ser
um princpio oriundo da prpria constituio da razo, ele
no pode ser desprezado. Ao mesmo tempo, esse princpio
no pode ser legitimado objetivamente, logo, lhe cabe apenas
o status de uma mxima. No horizonte dessa constituio ine-
rente razo que podem ser lidas as afirmaes de Kant no
prefcio da Crtica da razo pura de que existe uma metafsica
como disposio natural e na introduo de que
Justamente nestes ltimos conhecimentos, que se elevam a-
cima do mundo sensvel, onde a experincia no pode dar
nem guia nem correo, residem as investigaes de nossa
razo que pela sua importncia consideramos muito mais e-
minentes e pelo seu propsito ltimo muito mais sublimes
do que tudo o que o entendimento pode aprender no campo
dos fenmenos; mesmo sob o perigo de errar, nisto arrisca-
16
WDO, AA 08: 139-140, Trad. Floriano de Sousa Fernandes.
17
KU, AA 05: 401.
18
Cf. KrV, B 364.
100|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
mos antes tudo a dever desistir de to importantes investiga-
es por uma razo qualquer de escrpulo, de menosprezo
ou indiferena, Esses problemas inevitveis da prpria razo
so Deus, liberdade e imortalidade.
19
tambm pelo fato dessa mxima fundamental ser ine-
rente razo humana e impossvel de ser absolutamente ne-
gada, que surge a figura da iluso transcendental, isto , quan-
do, mesmo aps a crtica, a razo ainda tende a assumir seus
princpios como objetivos, mesmo sabendo que eles no o
so. Trata-se da dialtica natural e inevitvel da razo pura
20
.
Mas se isso for assim, ento a iluso transcendental tem, no
fundo, origem na Bedrfnis. Talvez por isso que a iluso trans-
cendental tenha passado desapercebida pelos metafsicos tra-
dicionais e mesmo que j tenha sido descoberta pela filosofia
crtica, jamais pode ser completamente eliminada.
Ora o que fazer com essa Bedrfnis? Ela poderia sim-
plesmente no ser satisfeita, como sugerem e defendem os
empiristas. Mas antes dessa questo, pode-se fazer outra: seria
legtimo satisfazer essa Bedrnis, visto que ela se funda sim-
plesmente sobre uma mxima?
Na Metafsica dos costumes Kant escreve o seguinte:
Se algum no pode provar que algo , pode tentar provar
que algo no . Mas se no consegue de nenhuma das formas
(coisas que acontece muitas vezes), pode todavia perguntar se
lhe interessa aceitar (como hiptese) uma coisa ou outra, e is-
to com um propsito terico ou prtico, isto , ou bem para
explicar um certo fenmeno (...) ou bem para alcanar um
determinado fim, que pode ser por sua vez pragmtico (um
simples fim tcnico) ou moral, isto , um fim tal que a mxima
de prop-lo um dever.
21
Essa passagem explica mais ou menos o que acontece
em Que significa orientar-se no pensamento?, por exemplo, no pos-
so provar que Deus existe, nem que ele no existe. Porm, na
19
KrV, B 6-7, Trad. Valrio Rohden
20
Cf. KrV, B 354.
21
MS, AA 06: 354.
J o e l T h i a g o K l e i n | 101
medida em que posso pensar a existncia de Deus, da liberda-
de e da imortalidade da alma, visto que me legtimo pensar o
conceito de noumeno, logo, posso pensar esses objetos da razo
pura sem que me contradiga nem logicamente, nem no nvel
transcendental. Agora, se ainda tenho uma mxima da razo
que me conduz a pens-los, ento posso assentir de modo
legtimo com a realidade dessas idias. As conseqncias sis-
temticas desse assentimento no so alvo de considerao
neste trabalho.
Ora, esta breve anlise j suficiente para indicar o ta-
manho da problemtica que subjaz a legitimidade da figura de
uma Bedrfnis der Vernunft na obra de Kant e mostrar a impor-
tncia que envolve a discusso a respeito da traduo desse
termo.
4. Investigao lingstica e delimitao do campo se-
mntico
Valerio Rohden justifica a escolha de carncia como
traduo de Bedrfnis da seguinte forma:
Distintamente de Notwendigkeit (necessidade em sentido lgi-
co, formal, emprico, etc.), Bedrfnis tem sentido de carncia,
significando de modo geral uma necessidade prtica subjeti-
va. De acordo com isso e na linha do que observou H. Paul,
de que o termo at o sculo XIX significou Drftigkeit (indi-
gncia), F. G. Born traduziu o termo kantiano para o latim
por indigentia, L.W.Beck para o ingls por need, e Ferry e
Wismann para o francs por besoin.
22
Entretanto, ainda que a indicao de Paul e Born em es-
tabelecer um paralelo semntico entre Bedrfnis e indigentia
possa ser correto, o que ainda questionvel, a escolha de
Rohden por carncia problemtica, pois segundo Bueno
(1988) e Silva (1954) carncia, assim como o verbo care-
cer tem como origem latina os termos carentia e carecere e
no indigentia. Ambos os termos latinos, carentia e carecere,
22
Crtica da Razo Prtica, 2002, p.227, nota 225.
102|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
segundo Houaiss (2009) tem sua raiz no radical care-(o, es, ui,
itum) cujos significados segundo Ferreira (1996) seriam: 1. ter
falta de, no ter, carecer de, estar isento de // carere virtute
(carecer de talento), carere morte (ser imortal), carere errore (no
cair no erro); 2. estar privado de, sentir falta de; 3. passar sem,
abster-se de // carere foro, senatu, publicu (no aparecer no foro,
no Senado, em pblico). Isso tambm corroborado por Al-
meida (1998), em seu Dicionrio de questes vernculas:
O verdadeiro significado do verbo carecer estar falto, no
ter. Prova-nos esse significado o seu timo latino carescere,
forma incoativa do verbo carere, que significa estar privado,
ter falta de alguma coisa. Carere hoc significat egere eo quod ha-
bere velis (carere significa ter falta daquilo que quisramos ter).
Assim que no latim encontramos frases como estas: Carere
consuetudine amicorum (Estar privado da convivncia dos ami-
gos); carere sensu (ser privado de sentir). (...). Igualmente, o
particpio carecido quer dizer falto: carecido de bens, careci-
do de dinheiro, coraes carecidos de virtude. O real sen-
tido evidencia-se em carente, carncia; a extenso de significado
para necessitar, precisar destri o sentido legtimo do verbo.
No se justifica, etimologicamente e pelo uso clssico, o em-
prego de carecer com o significado de necessitar, precisar.
Deveramos empregar o verbo carecer na sua legtima signifi-
cao de no ter, estar falto. Ex. a lmpada carece de azei-
te, a sala carece de uma poltrona, ou ainda, o pas carecia
de governo. Entre os verbos carecer e necessitar pode haver,
conforme o caso, a mesma diferena que h s vezes entre
carncia e necessidade, Carncia pode indicar simplesmente
no existncia, ao passo que necessidade tem sempre sen-
tido mais forte; implica, com a idia de no existncia, a de
preciso: Ex. carecemos de tempo (no temos tempo); ne-
cessitamos de tempo (precisamos de tempo).
23
Ainda que a escolha de Rohden esteja amparada por um
uso da palavra carncia como sinnimo de necessidade, tal
como se encontra registrado por dicionrios como o Aurlio
24
23
Almeida, 1998: 84.
24
Cf carecer: [do lat. Vulg. Carescere, incoativo de carere, ter falta de algo
que se deseja]1. no ter, no possuir (...); 2. precisar, necessitar (...). ca-
J o e l T h i a g o K l e i n | 103
e o Houaiss
25
, o termo carncia tem, em seu campo semnti-
co, originaria e prioritariamente um sentido negativo, a saber,
ser ou estar falto de. Na antiga Grande enciclopdia portuguesa e
brasileira encontra-se uma indicao a respeito desse uso do
termo carecer adotado por Rohden:
Embora condenada pelos mestres, tem-se modernamente
propagado a significao de precisar para ste verbo; assim o
encontramos debaixo da pena dos melhores escritores: ste
verso no carecia de nota, Garrett, Dona Branca, nota I, p.228;
eu carecia de ter agora em mim (isto , eu precisava agora de
ter em mim), em vez de um, dois ou mais coraes para lhe
oferecer, Castilho, Primavera, p.164.
26
Comparando-se com as opes utilizadas por traduto-
res de outras duas lnguas latinas modernas, o francs e o itali-
ano, percebe-se que h um consenso em torno da traduo de
Bedrfnis por besoin, no primeiro caso, e por bisgno, no segun-
do. Segundo o Grande dizionario della lngua italiana, bisgno tem
origem no germnico medieval
27
. Isso tambm apontado
pelo Dictionnaraire encyclopdique quillet a respeito de besoin
28
.
Ora, com base nisso, pode-se levantar a hiptese de que o
termo alemo e os termos do francs e do italiano possuem
uma mesma raiz, a qual por sua vez no se encontra na lngua
espanhola e portuguesa. J no caso da lngua inglesa se passa
algo curioso, o termo correspondente a Notwendigkeit neces-
sary, cuja origem o latim necessarius, enquanto o correspon-
rncia: [do lat. vulg. carentia, do lat. carere, ter falta de], 1. falta, ausncia,
privao; 2. necessidade preciso (...) (Aurlio, 2009: 405).
25
Cf. carecer: 1. no ter, no possuir; ser ou estar falto de (...); 2. ter
necessidade de, precisar de (...). carncia: 1. falta de algo necessrio, pri-
vao; 2. fig. Necessidade afetiva (...) (Houaiss, 2009: 404-405).
26
Grande enciclopdia portuguesa e brasileria, s/d.: 916.
27
Cf. = Fr. besoin e besoigne (cfr. BISOGNA E BISOGNARE), assai
probab. dal francone bisunnia (comp., forse, dal lat. bi(s)- e il francone
sunnia cura, precauzione (fr. soin accanto a besoin); si crf. il verbo del ger-
man. mediev. bisnjn andare attorno per vigilare, accudire, aver cura"
(Battaglia, 1971: 257).
28
Cf. besogne (orig. dout.; probabl. germ.) () (Dictionnaire Encyclopdi-
que Quillet, 1934: 432.)
104|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
dente a Bedrfnis need, palavra que tem a mesma raiz que
Notwendigkeit
29
, a saber, Sax: nead, neod, nyd e G. noth
30
.
Quanto possibilidade de traduzir Bedrfnis por exigncia
ou requisito, pode-se dizer que se trata de uma opo pouco
justificada, pois ambos os termos possuem um carter positi-
vo forte demais, isto , pressupe um fundamento objetivo
sob o qual se fundam. Em outras palavras, quando se requer
ou se exige algo, faz-se uma solicitao que supe ter uma base
prescritiva objetiva, a qual implica, por sua vez, o aspecto de
algo que pode ser comprovado e a partir do qual a aceitao
pode ser imposta. O que no o caso de Bedrfnis, que indica
algo que sempre ser subjetivo, ainda que no contingente e
arbitrrio.
A partir de tudo o que foi dito at agora, sugere-se a
adoo de um termo que no foi adotado por nenhuma das
tradues portuguesas ou espanholas consultadas, mas qued
conta da semntica de Bedrfnis e do verbo bedrfen, qual seja, o
substantivo preciso com seu correspondente verbo precisar.
Veja-se a seguinte caracterizao oferecida a esses verbetes
pelo Grande dicionrio Etimolgico-prosdico da lngua portuguesa:
Preciso s. f. Necessidade, falta de alguma cousa indispen-
svel, pobreza, urgncia. Exatido. Lat. praecisionem. Precisar
v. t. Ter necessidade de alguma cousa, sentir-se privado de
29
Isso pode ser inferido a partir da semelhana indicada pelo dicionrio
dos Irmos Grimm: NTHEN, NTEN, verb., goth. naujan (bizein
und nagkzein), ahd. ntjan, ntten, ntan, nten, mhd. nten, nten,
alts. ndian, mnd. nden, nl. nooden, altfries. neda. nhd. nthen, nten
(frher auch ntten, notten, noten und netten Zimm. chron. 1, 555, 25,
nethen sterr. weisth. 1, 235, 24, entsprechend dem heutigen mundartli-
chen neten, neaten), noch bei STIELER neben ntigen, durch welches
sodann das ltere nten aus der nhd. schriftsprache fast ganz verdrngt
worden ist, whrend umgekehrt die oberd. mundarten an nten festhalten,
s. SCHM.2 1, 1774. HFER 2, 294. LEXER 199. SCHPF 473. HINT-
NER 175. SCHMID 408. STALDER 2, 244. Das von noth abgeleitete
nthen bedeutet im allgemeinen in noth bringen, noth anthun; es wird
transitiv (mit persnlichem oder sachlichem objecte), reflexiv und absolut
gebraucht .
30
Cf. American Dictionary of the english language. 4.ed. So Francisco:
Fondation for American Christian Education, 1985.
J o e l T h i a g o K l e i n | 105
algo indispensvel. Ser exato, determinar com exatido algu-
ma cousa, esclarecer, explicar assunto ou problema cientfico,
social, descrever mincias. De preciso e suf. ar. Nota: praecisus
part. pass. de praecdere, cortar em pedaos, talhar veio a idia
de explicar, de ser exato, esclarecendo ponto por ponto um
problema, uma idia. Desta idia de cortado, separado, de-
corre a segunda semntica do verbo: ter necessidade de al-
guma cousa da qual se acha privado, separado, terminando
por significar ser necessrio, ter necessidade de.
31
A semntica do verbo e do substantivo dupla, mas a
distncia entre elas faz com que o seu emprego seja inequvo-
co, isto , o contexto deixa claro quando preciso est sendo
usada como sinnima de necessidade subjetiva ou de exatido.
Ainda que o uso de preciso no sentido de necessidade subjetiva
no seja to comum e em alguns casos at um pouco estra-
nho, o uso do verbo precisar nesse sentido de aceitao un-
nime. Assim, ainda que seja pouco habitual falar que algum
tenha uma preciso de algo, essa forma gramaticalmente corre-
ta e utilizada literariamente. Alm disso, em contraposio a
opo de Rohden, pode-se dizer que enquanto carncia possui
originria e prioritariamente um significado de falta de algo
e apenas secundaria e modernamente o significado de neces-
sidade, o termo preciso j traz consigo imediatamente o signi-
ficado de um impulso que tende a ser satisfeito. Em suma,
Bedrfnis traz em j no primeiro plano de sua semntica uma
positividade sobre um movimento que se assenta tanto sob a
falta de algo, quanto sob um impulso para sua satisfao. A-
credita-se que essa positividade do impulso para satisfao
expressa de forma muito mais clara em preciso e precisar do
que em carncia e carecer.
Ora, no se trata aqui de estabelecer definitivamente o
que certo ou errado, at por que isso no parece ser possvel
no campo da traduo, entretanto, acredita-se que o significa-
do da expresso Bedrfnis der Vernunft expresso mais adequa-
damente por preciso da razo do que por carncia da razo. Afi-
nal, a inteno de Kant no acentuar o aspecto de que
31
Bueno, 1988: 3164.
106|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
razo humana lhe falta algo, mas assinalar que razo perten-
ce um impulso natural e legtimo de satisfazer suas precises.
A razo no exige, no requer, nem simplesmente s carece, ela
precisa satisfazer-se. Alm do que no apenas razo em
sentido estrito que possui uma preciso, mas todas as faculda-
des superiores do conhecimento, mesmo que ela possa ser
satisfeita, com no caso do entendimento.
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P g i n a |109
LATEINISCHE STRUKTUREN IN KANTS
STIL.
MIT BESONDERER
BERCKSICHTIGUNG DER ERKLRUNG
DES BEGRIFFES VOM GEGENSTAND IN
KRV A 104.
Mario Caimi
1. Einleitung. Die doppelte Verneinung.
Dass sich die lateinische Sprache im deutschen Univer-
sittsleben des 18. Jahrhunderts eines intensiven und tief ein-
gewurzelten Gebrauchs erfreute, braucht wohl kaum eigens
unter Beweis gestellt zu werden. Wir wollen hier nur kurz
einige Tatsachen in Erinnerung rufen, um fr das Argument
des vorliegenden Vortrags den Boden zu ebnen.
Bis Ende des 17. Jahrhunderts fand der Unterricht an
den deutschen Hochschulen auf Latein statt. Als einer der
ersten unterrichtete Christian Thomasius, Professor fr Jura
in Leipzig, seit 1687 auf Deutsch. In Preuen durften zudem
aufgrund einer Regierungsverfgung die Vorlesungen nicht in
freiem Vortrag gehalten werden;
1
der Lehrer hatte seinem
Vortrag ein bewhrtes und zugelassenes Handbuch zugrunde
1
Nach einem Erlass vom Minister von Zedliz vom 16. Oktober 1778
(siehe Mara Jess Vzquez Lobeiras: Metafsica y Crtica in: Immanuel
Kant: Metafsica Dohna. Salamanca, Sgueme, 2007, S. 124).
110|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
zu legen. Die Sprache solcher Handbcher war meistens Late-
in.
Zu Kants Zeit wurden dann zwar schon etliche Univer-
sittsveranstaltungen auf Deutsch abgehalten, als die Sprache
der Hochschule galt jedoch nach wie vor Latein.
2
So verfasste
Kant selbst bekanntlich seine Doktorarbeit ber das Feuer,
seine Habilitationsschrift, seine Inauguraldissertation und
noch manche andere Schriften auf Latein. Und als es galt, der
Kritik der reinen Vernunft zu einer breiteren Wirkung zu verhel-
fen, wurde sie zuallererst ins Lateinische bersetzt.
3
Es ist
wohl mglich, da Kant diese Arbeit persnlich berwachte;
schon frhzeitig erklrt er, dass es sich um eine freie berset-
zung handeln wird;
4
er spricht seine Besorgnis darber aus,
dass der Stil zu literarisch ausschlgt und er bemht sich, dem
Text die Strenge des trockenen akademischen Lateins zu si-
chern.
5
Man darf also sagen, dass das Lateinische im deutschen
akademischen Leben des 18. Jahrhunderts und insbesondere
bei Kant noch sehr lebendig ist. Unsere Erfahrung beim
bersetzen von Kantischen Texten lsst uns aber ber diese
allgemeine Feststellung noch hinausgehen und etwas poin-
tiert behaupten, dass Kant auf Latein denkt. Nicht, dass er
das immer tut, aber wohl, dass dies bei entscheidenden Passa-
gen seiner Werke der Fall ist.
6
Darauf macht er uns selber
2
Siehe Stillings Bericht ber die Jubilumsfeier an der Universitt Heidel-
berg im Jahre 1786: Alle Reden wurden im grossen Saal der Universitt,
und zwar lateinisch gehalten, dazu war es grimmig kalt, und alle Zuhrer
wurden des ewigen Lateinredens und Promovirens mde. Johann Hei-
nrich Jungs genannt Stilling: Lebensgeschichte. Stuttgart, 1835, S. 422.
3
Immanvelis Kantii Critica rationis pvrae. Latine vertit Fredericvs Gottlob
Born. Lipsiae, MDCCLXXXXVI; wir zitieren nach der Ausgabe Frank-
furt, 1969.
4
Brief an Schutz vom 3. November 1786, AA X, 469, 32.
5
Brief an Schutz vom 25. Juni 1787, AA X, 490.
6
So weit wir es wissen ist Ernst Bloch unter den vielen Forschern von
Kants Stil der einzige, der auf Kants lateinisches Deutsch hinweist. Er
tut das aber nur in der Absicht, die Klarheit von Kants literarischem Stil
hervorzuheben. Ernst Bloch: Neuzeitliche Philosophie II: Deutscher Idealismus,
M a r i o C a i m i | 111
aufmerksam, in einer Funote, in der er zugibt, dass ihm die
lateinische Formulierung manchmal prziser vorgekommen
sei als die deutsche, auch wenn beide Redeweisen gleichbe-
deutend oder gar quivalent waren. Er schreibt: brigens
habe ich wegen der lateinischen Ausdrcke, die statt der
gleichbedeutenden deutschen wider den Geschmack der gu-
ten Schreibart eingeflossen sind, sowohl bei diesem Absch-
nitte, als auch in Ansehung des ganzen Werks zur Entschuldi-
gung anzufhren: da ich lieber etwas der Zierlichkeit der
Sprache habe entziehen, als den Schulgebrauch durch die
mindeste Unverstndlichkeit erschweren wollen.
7
Das Latei-
nische bot einerseits die Vorteile einer eindeutigen philoso-
phischen Sprache, whrend die entsprechenden, zum Teil
noch schwankenden deutschen Ausdrcke vielleicht Anlass
zu Unverstndlichkeiten geben mochten. Andererseits
knnen wir aber auch in manchen Fllen (nmlich da, wo es
sich um gleichbedeutende Ausdrcke handelt, und ganz
besonders da, wo syntaktische Strukturen im Spiel sind) an-
nehmen, dass Kant gelegentlich das Lateinische ganz subjek-
tiv dem Deutschen vorgezogen hat.
Diese Hypothese gibt, wie wir zeigen werden, Aufsch-
luss ber einige Merkwrdigkeiten des Textes der Kritik der
reinen Vernunft. Sie erlaubt uns auch was ergiebiger ist,
gewisse Ungenauigkeiten bei der Abfassung des Textes zu
erklren, die man meist der Unachtsamkeit des Autors zu-
zuschreiben pflegt, sofern man sie nicht einfach ignoriert.
Wir wollen uns zunchst mit einer syntaktischen Struk-
tur befassen, die hufig vorkommt, nmlich der der doppelten
Verneinung. Wie immer man sie vom Standpunkt der Gram-
matik aus erklren mag, vom logischen Standpunkt her gese-
hen hat die doppelte Verneinung wenig Sinn. Die Logik ver-
langt, dass die zweite Verneinung die erste Verneinung auf-
hebt (hnlich wie es in der Mathematik der Fall ist). Diese
Frankfurt, 1985. Angefhrt von Willi Goetschel: Kant als Schriftsteller, Wien:
Passagen, 1990, S. 158.
7
B 403 Anmerkung.
112|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Regel gilt normalerweise auch in der deutschen Grammatik.
Bei Kant aber finden wir mitunter Stze wie diesen:
[ich habe] dadurch verhindern wollen, da man nicht, wie
sonst unvermeidlich geschieht (durch transscendentale Sub-
reption), einer Idee, welche blo zur Regel dient, objective
Realitt beimesse. (Kritik der reinen Vernunft, A 509, B 537).
Hier haben wir ein Verb (verhindern) dessen Bedeutung
eine negative ist, das sich aber auf einen negativen Satz be-
zieht, so dass eine Art doppelter Verneinung vorliegt. Aus
dem so gebauten Satz scheint sich gerade die Behauptung des
in negativer Form erscheinenden Nebensatzes zu ergeben (als
ob Kant htte verhindern wollen, dass man unterliee, der Idee
objektive Realitt beizumessen). Diese Behauptung ist offen-
sichtlich widersinnig, die doppelte Verneinung legt sie aber
nahe. Woher kommt dieses nicht der doppelten Vernei-
nung?
Dieser fr den aufmerksamen Leser verwirrende Satz
lsst sich erklren, wenn wir davon ausgehen, dass Kant beim
Schreiben die lateinische Struktur der doppelten Verneinung
vorschwebte.
Auf Latein knnen jene Verben, die eine negative Ab-
sicht ausdrcken (Verben wie verhindern, sich wnschen,
dass etwas nicht geschieht, frchten, verbieten) eine
Objektergnzung nach sich ziehen, die ihrerseits negativ aus-
gedrckt wird (wohl um der negativen Absicht zustzliche
Kraft zu verleihen). Wir wollen diese Struktur nach einem
ihrer Sonderflle als die Struktur impedire quominus bezeich-
nen. Diese syntaktische Struktur liegt dem oben angefhrten
Satz Kants zugrunde, wie es schon Born aufgefallen ist, als er
den Satz bersetzte:
"volui [...] eaque re impedire, quo minus, vti alias necessario accidit (ex
subreptione transcendentali), ideae cuidam, quae solum instar regulae
est, realitas obiectiua tribuatur."
M a r i o C a i m i | 113
Betrachten wir noch ein Beispiel der gleichen Satzbil-
dung bei Kant:
wodurch allein es verhtet werden kann, da es nicht selbst
dem Gesetze der Zuflligkeit und Abhngigkeit aller Er-
scheinungen unterworfen werde. (Kritik der reinen Vernunft, A
561, B 589)
(das zweite es steht fr das notwendige Wesen, um das es
hier geht). Will man den Satz richtig verstehen, so muss man
in Gedanken das nicht streichen. Natrlich muss ein ber-
setzer sich die Sache lange berlegen, bevor er gerade ein
nicht in einem Satz weglsst. Fr Born aber stellt das kein
Problem dar, denn er kann die doppelte Verneinung beibehal-
ten; er bersetzt:quo quidem solo poterit euitari, vt ne ipsa lege for-
tuiti dependentiaeque phaenomenorum omnium subiiciatur.
8
Born
deutet also den kantischen Satz als einen Fall der lateinischen
doppelten Verneinung, die durch das Verb verhten, euita-
ri, ausgelst wird, welches das verneinende Wort nicht (lat.
ne) verlangt oder zumindest gestattet. Auch hier hat Kant
demnach bei der deutschen Satzbildung eine lateinische syn-
taktische Struktur bemht.
2. Die Erklrung von Gegenstand in KrV A 104.
Die dargestellte Verwendung lateinischer Strukturen der
doppelten Verneinung in deutschen Stzen wre nichts weiter
als ein Kuriosum des kantischen Sprachgebrauchs, htte sie
nicht zumindest in einem Fall eine bedeutende Interpreta-
tionsschwierigkeit verursacht, die einen wichtigen Punkt der
Theorie betrifft. Diesem Fall wollen wir uns nun zuwenden.
In der bekannten Stelle der Kritik der reinen Vernunft A
104, in der Kant den Begriff eines Gegenstandes erklrt, heit
es:
[] da nmlich dieser [d. h. der Gegenstand] als dasjenige
angesehen wird, was dawider ist, dass unsere Erkenntnisse
8
Born, a. a. O., S. 390.
114|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
nicht aufs Geratewohl, oder beliebig, sondern a priori auf
gewisse Weise bestimmt sein [].
In ihrer franzsichen Fassung bersetzen Tremesaygues
und Pacaud mhsam: attendu [...] que cet objet est considr
comme ce qui est pos devant la connaissance, et que nos
connaissances ne sont pas dtermines au hasard ou arbi-
trairement.
9
Die portugiesischen bersetzer verfahren in hnlicher
Weise: pois este objecto considerado como aquilo a que se
faz face; os nossos conhecimentos no se determinam ao
acaso ou arbitrariamente, mas a priori....
10
(Leider verfgen wir ber keine Version dieser Stelle bei
Born, denn er bersetzt die Kritik nach der dritten Ausgabe).
Die bersetzer whlen dieses Verfahren, weil sie nicht
glauben, in einem deutschen Satz eine doppelte Negation
annehmen zu knnen. Sie lassen demnach eine der beiden
Verneinungen fallen, und zwar die erste, die ja als Verneinung
weniger auffllt. Das dawider ist wird also in eine Behaup-
tung verwandelt als ob Kant geschrieben htte: was da
gegenber steht.
Dieses Problem stellt sich aber nicht nur den berset-
zern in romanische Sprachen, sondern auch und ganz be-
sonders den Auslegern.
Manche von ihnen behaupten, dass das Objekt sich ge-
wissermaen der Erkenntnis gegenber aufhlt und ihr (der
Erkenntnis) somit nicht angehrt. Aus seiner Selbstndigkeit
her bestimmt das Objekt die Erkenntnis und leiht dieser ihre
Regelmigkeit. So aber wird das Objekt als etwas angenom-
men, was von der Erkenntnis unabhngig ist. Wir befinden
9
Critique de la raison pure par Emmanuel Kant. Traduction Franaise avec
notes par A. Tremesaygues et B. Pacaud. Paris, Presses Universitaires de
France, 1950, S.117.
10
Immanuel Kant: Crtica da razo pura. Traduo de Manuela Pinto Dos
Santos e Alexandre Fradique Morujo. Lisboa, Fundao Calouste Gul-
benkian, 1997, S. 144.
M a r i o C a i m i | 115
uns damit am Gegenpol der kopernikanischen Wendung.
11
Denn im Grunde wird so nichts anderes als der nave Realismus
des Objekts behauptet.
12
Die Spannung zwischen der in Frage stehenden Stelle
und den Prinzipien der Kantischen Lehre ist Riehl schon
1876 aufgefallen, wenn er auch nicht auf die linguistische Ur-
sache dieser Spannung gekommen ist. Riehl schreibt: Die
Beziehung der Wahrnehmungen auf ein Objekt bringt in ihre
Verbindung Notwendigkeit und Bestimmtheit hinein. Und
zwar ist es der Gegenstand, welcher diese Vereinigung zu
einer notwendigen macht. Der Gegenstand wird als dasjenige
angesehen, was dawider ist, dass unsere Erkenntnisse nicht
aufs Geratewohl, oder beliebig, sondern a priori auf gewisse
Weise bestimmt sein. Die dem Denken gegebene Verbin-
dung von Eigenschaften und Vorgngen ist der objektive
Grund einer bestimmten Bewutseinsvereinigung in bezug
auf diese Eigenschaften und Vorgnge.
Dann aber macht Riehl vor der Unhaltbarkeit der Kon-
sequenz kehrt; denn was er eben geschrieben hat, bedeutet,
dass das Denken sich vom Gegenstande leiten lsst (also ge-
rade das Gegenteil von dem, was die Kopernikanische Wende
behauptet). Sollte der Ursprung der Einheit in einem dem
Subjekte fremden Gegenstand liegen, so wre diese Einheit
nur a posteriori erkannt. Sie wre alsdann nur zufllig und nicht
notwendig. Ganz in diesem Sinn fhrt Riehl denn auch fort:
Nun kann diejenige Einheit, die der Gegenstand notwendig
11
Die Notwendigkeit in der Beziehung von Vorstellungen auf einen
Gegenstand ist quivalent mit der Notwendigkeit in der bereinstimmung
dieser Vorstellungen untereinander (Gnter Zller: Theoretische Gegens-
tandsbeziehung bei Kant. Berlin / New York, W. de Gruyter, 1984, S. 124).
Professor Carl bietet eine andere Deutung der Kopernikanischen Wende
in: Carl: Kants kopernikanische Wende, unverffentliches Manuskript
12
Im Vergleich zur ontologischen Naivitt der Korrespondenztheorie
des Gegenstandserkennens als htten wir ausser der Erkenntnis noch
den gegenstand legt Kants reduzierter Gegenstandsbegriff eine
kohrenztheoretische Interpretation des Gegensatndes nahe (Gnter
Zller, op. cit. S. 125).
116|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
macht, nichts anderes sein als die formale Einheit in der
Verknpfung des Mannigfaltigen der Vorstellungen.
13
1902 besprach Vaihinger dieselbe Stelle, aber nur in der
Absicht, sie einer frheren Schicht der Textgestaltung der A-
Deduktion zuzuschreiben. Eben diese Absicht enthebt ihn
der Aufgabe, den unbequemen Satzbau zu rechtfertigen.
14
Einige Jahre spter stie Birven bei seinem Kommentar
der A-Deduktion auf dasselbe Problem. Birven fiel immerhin
die Unregelmigkeit im Satzbau auf; seine Lsung des Prob-
lems bestand darin, dass er die zweite Verneinung als Fehler
deutete und als solchen ausklammerte. Er schreibt: was
dawider ist, da unsere Erkenntnisse {nicht} aufs Gerate-
wohl, oder beliebig, sondern a priori (etc.).
15
Das stellt allerd-
ings einen etwas gewagten Eingriff in den Text dar. Als Rech-
tfertigung dafr gibt Birven blo an, der Satz htte nicht so
gebildet werden drfen, wie er von Kant tatschlich gebildet
wurde.
Der einzig mgliche Weg, den hier vermeintlich vorlie-
genden Realismus des Objekts mit der gesamten Lehre der
Transzendentalphilosophie (insbesondere mit der kopernika-
nischen Umnderung der Denkart, Kritik der reinen Vernunft,
B XXII Anm.) in Einklang zu bringen, wrde darin bestehen,
das Objekt fr ein Ding an sich selbst zu nehmen. So geht es
aus den Erluterungen De Vleeschauwers hervor, der aber
diese Lsung des Problems zurckweist. Gerade De Vlee-
schauwers Besprechung der uns interessierenden Textpassage
lsst die eigentmlichen Schwierigkeiten, die dem Text anhaf-
ten, deutlich erkennen. De Vleeschauwer rumt zunchst die
Gegenberstellung des Objekts ein (was im Effekt nichts an-
deres ist, als den Ausdruck was dawider ist im Sinne von
was gegenber steht zu deuten):
13
Alois Riehl: Der philosophische Kritizismus. Geschichte und System. (1876-
1887). Wir zitieren nach der dritten Ausgabe, Leipzig, 1924, S. 504.
14
Hans Vaihinger: Die transzendentale Deduktion der Kategorien in der 1. Auflage
der Kr.d.r.V. Halle, 1902, S. 29 (51).
15
Henri Clemens Birven: Immanuel Kants Transzendentale Deduktion. Berln,
Reuther, 1913, S. 23. Die geschweiften Klammern stammen von Birven.
M a r i o C a i m i | 117
Le rapport que Kant envisage ici est le rapport de la
reprsentation avec un objet rel ou intentionnel, distinct, das
les deux cas, de la conscience.
16
Er behauptet sodann, dass es
zwei mgliche Deutungen dieser Stelle gibt. Die eine besagt,
die Stelle beziehe sich auf das Ding an sich; wir bildeten un-
sere Vorstellungen nur deswegen nicht beliebig, weil sie eine
Notwendigkeit bei sich fhrten, die auf dem Ding an sich
grnde. Die andere mgliche Deutung besagt, die Stelle be-
ziehe sich nur auf die Notwendigkeit unserer Vorstellungen;
diese Notwendigkeit sei es blo, was wir unter Objekt vers-
tehen. Schlielich spricht sich der Ausleger fr diese zweite
Deutung aus: nous ne voyons pas comment la chose en soi
les dterminerait [d. i. die Vorstellungen, M.C.] dune manire
a priori.
17
Wre der Gegenstand etwas, was gegenber steht, so
wrde die Zusammensetzung der Vorstellungen alsdann nur a
posteriori geschehen. Das aber schliesst die Notwendigkeit der
Synthesis aus. berhaupt sollte man den Ausdruck dawider
nicht so auslegen, als ob er sich auf etwas beziehen sollte, was
gegenber steht und somit dem Subjekte Fremdes ist. Der
Ausdruck dawider besagt Widerstand, nicht bloss Ge-
genbersein. Der Gegenstand steht eben nicht dem Subjekt
gegenber. Die Neuheit, die die Kopernikanische Wende
einfhrt, besteht eben darin, dass der Gegenstand nicht
selbstndig bzw. vom Subjekt unabhngig ist. Er kann es
nicht sein; er ist nicht etwas, was dem Denken gegenberste-
hen kann, sondern er erhlt vielmehr vom Denken seine Ob-
jektivitt.
16
Hermann Jean De Vleeschauwer: La dduction transcendantale dans luvre de
Kant. Antwerpen, Paris, sGravenhage, 1937. Wir zitieren nach der Aus-
gabe von Lewis White Beck, New York - Londres, Garland, 1976, Band
II, S. 272. Auch Professor Carl scheint in seinem vortrefflichen Kommen-
tar zur Deduktion dieser Meinung zu sein. Siehe Wolfgang Carl: Die Trans-
zendentale Deduktion der Kategorien in der ersten Auflage der Kritik der reinen Ver-
nunft. Ein Kommentar. Frankfurt: Klostermann, 1992, S. 170.
17
De Vleeschauwer, loc. cit..
118|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
3. Ergebnis. Die Lsung der Schwierigkeit unter An-
wendung der Hypothese.
Wenden wir nun hier unsere Hypothese an, nach der
Kant, auch wenn er auf Deutsch schreibt, sich gelegentlich
nach den Regeln der lateinischen Syntax richtet, so knnen
wir die Funktion des Ausdrucks dawider ist in Analogie zu
derjenigen setzen, die im Lateinischen einem Satzteil zu-
kommt, der eine negative Absicht bzw. eine negative Erwar-
tung zum Ausdruck bringt.
Der Ausdruck dawider ist sollte insofern als gleich-
bedeutend mit dem lateinischen Verb prohibet angesehen
werden. Er verlangt eine verneinende Ergnzung oder lsst
sie zumindest zu. Diese Verneinung hngt blo von der latei-
nischen Struktur ab und braucht weiter nicht wrtlich ge-
nommen zu werden. Wir deuten den Satz mit seiner doppel-
ten Verneinung also als einen Fall der Struktur impedire quo-
minus, wodurch sein Sinn klar hervorleuchtet: da nmlich
dieser [d. h. der Gegenstand] als dasjenige angesehen wird,
was verhindert [(prohibet, dawider ist, M.C.)], dass unsere
Erkenntnisse aufs Geratewohl, oder beliebig, bestimmt sind,
und macht, dass unsere Erkenntnisse a priori auf gewisse
Weise bestimmt sind.
Letzteres (nmlich die Erkenntnisse a priori zu bestim-
men) knnte kein gegenberstehendes Objekt leisten, und sollte es
auch ein Ding an sich sein. Der Gegenstand steht ja gar nicht
der Erkenntnis gegenber. Er besteht vielmehr in dieser not-
wendigen apriorischen Einheit des Mannigfaltigen der Er-
kenntnis; in der Struktur nmlich, durch die das Mannigfaltige
nach dem Gesetz der Apperzeption bestimmt wird.
Bei dieser Auslegung, auf die wir durch die Anleitung
der lateinischen Struktur hingewiesen wurden, wird das Ob-
jekt durch seine Funktion gekennzeichnet und bestimmt. Hier
wird nichts ber das gesagt, was auerhalb der Erkenntnis liegt.
Das Objekt wird einer inneren Notwendigkeit der Erkenntnis
gleichgesetzt; durch diese innere Notwendigkeit gestaltet sich
die Mannigfaltigkeit der Erkenntnis eben nicht aufs Gerate-
M a r i o C a i m i | 119
wohl und beliebig, sondern regelmig und a priori notwendig.
Wir haben also keinen transzendentalen Realismus, sondern
den transzendentalen Idealismus, wie es in der Kritik der reinen
Vernunft zu erwarten war. Da wir nur mit Vorstellungen zu
tun haben, ist das Objekt nichts anderes als eine Funktion der
Regelmigkeit und der Notwendigkeit in der Synthesis
solcher Vorstellungen. Das lehrt der Text von A 104: dass wir
nmlich auer unserer Erkenntnis doch nichts haben,
welches wir dieser Erkenntnis als korrespondierend gegen
ber setzen knnten. Auf diese Weise ist es ohne jedes
Paradoxon und ohne Widerspruch klar dass, da wir es nur
mit dem Mannigfaltigen unserer Vorstellungen zu tun haben,
und jenes X, was ihnen korrespondiert (der Gegenstand), weil
er etwas von allen unseren Vorstellungen Unterschiedenes
sein soll, vor uns nichts ist, die Einheit, welche der Gegestand
notwendig macht, nichts anders sein knne, als die formale
Einheit des Bewusstseins in der Synthesis des Mannigfaltigen
der Vorstellungen.
18
Die Hypothese, nach der in Kants Satz
eine lateinische Struktur waltet, hat uns zu diesem Resultat
gefhrt, ohne dass wir uns (wie Birven) gentigt sahen, einen
Fehler im Text anzunehmen; ebensowenig mussten wir (wie
De Vleeschauwer) die unzulssige Deutung einrumen, mit
Gegenstand seien die Dinge an sich gemeint; doch brauch-
ten wir auch nicht (wie Riehl) beim ungelsten Paradox des
Textes haltzumachen.
4. Zwei alternative Lsungen des Problems der doppel-
ten Verneinung.
4.a. Wolfgang Carl.
Im Zusammenhang mit seinem Kommentar zur trans-
zendentalen Deduktion deutet Professor Carl die angefhrte
Stelle von A 104 in dem Sinne, dass der Satz was dawider ist,
dass ... ein konsekutives dass enthlt. Wenn es sich so
verhlt, kann man den Satz verstehen, ohne das lateinische
18
A 105.
120|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Vorbild der doppelten Verneinung zu bemhen.
19
Diese Auf-
fassung des dass als konsekutiv zwingt uns aber, den
Ausdruck was dawider ist als Existenzaussage, nmlich als
Aussage ber Etwas zu verstehen, was da gegenber ist.
20
Der Satz hiee also: Gegenstad ist, was uns gegenbersteht,
so dass unsere Erkenntnisse nicht aufs Geratewohl oder be-
liebig, sondern a priori auf gewisse Weise bestimmt sind.
Insofern wre das, was uns gegenbersteht, der Grund dafr,
da die Synthesis unserer Erkenntnisse a priori und notwen-
dig ist.
4. b. Paulo Licht dos Santos.
Paulo Licht dos Santos teilt die formale Auffassung des
transzendentalen Objektes als notwendige synthetische Ein-
heit der Vorstellungen, die ihre Begrndung von der Einheit
der Apperzeption erhlt.
21
Er deutet aber zugleich die an-
gefhrte Stelle A 104 derart aus, als ob das Objekt uns ge-
genber stnde.
22
Dadurch entstehe eine Schwierigkeit im
Text der Kritik selbst. Denn einerseits werde das selbstndige
Dasein des transzendentalen Objektes behauptet, andererseits
werde die Objektivitt formal-synthetisch aufgefasst. Beide
Auffassungen seien jedoch vereinbar, sofern man sie als un-
umgngliche Momente einer komplexen Reflexion ber das
Objekt nehme: Das Objekt msse als Etwas genommen wer-
den, das sich vom Bewusstsein unterscheide und dem Subjekt
gegenberstehe, damit die endgltige Auffassung vom Objekt
(d. i. diejenige Auffassung, die das Objekt als notwendige
formale Einheit der Vorstellungen darstellt) die Beziehung auf
Etwas bewahre und dadurch Erkenntniswert erreiche. Das
19
Wolfgang Carl, persnliche Mitteilung am Verf. .
20
Denn das da = so da wird vom da des dawider entkoppelt.
Der Dasatz ist alsdann nicht mehr die Antwort auf die Frage wider
was?.
21
Paulo Licht dos Santos: A teoria do Objeto Transcendental in: O que
nos faz pensar Nr. 19, Rio de Janeiro, 2006, S. 109-148.
22
Licht, S. 130.
M a r i o C a i m i | 121
transzendentale Objekt wird somit als Bezugsziel der Vorstel-
lung aufgefasst.
23
5. Weitere Anwendungen der Hypothese.
Wie immer man angesichts der soeben angefhrten al-
ternativen Deutungen von A 104 unseren Lsungsvorschlag
der doppelten Verneinung beurteilen mag, erweist sich unsere
Hypothese, dass nmlich Kant zuweilen auf Latein denkt,
nicht nur in diesem wichtigen Fall als fruchtbar. Durch di-
eselbe Hypothese lassen sich auch andere vermeintliche Mis-
sgriffe des Kantischen Satzbaus erklren. So z. B. in A 660, B
688, wo Kant von dem neutralen Hauptwort das Gesetz
spricht: er bezieht sich auf dieses Hauptwort unrichtigerweise
durch ein weibliches Frwort. Die Akademieausgabe verbes-
sert den Fehler und setzt ein schliches Frwort anstatt des
unrichtigen weiblichen. Vermittelst unserer Hypothese
knnen wir diesen Fall erklren, indem wir darauf hinweisen,
dass das Gesetz auf Latein ein weibliches Hauptwort ist:
lex. Deswegen (wegen des weiblichen lex) hat Kant, indem er
sich auf das Neutrum Gesetz bezog, ein weibliches Frwort
benutzt.
24
Ebenso auf A 67/68: die Art, wie das Gemt durch
eigene Ttigkeit, nmlich dieses / Setzen ihrer Vorstellung,
mithin durch sich selbst affiziert wird (Hervorhebung von
mir). Die Akademieausgabe korrigiert: seiner Vorstellung.
Kant denkt wohl an mens, was auf Latein ein weibliches
Hauptwort ist.
23
Licht, S. 146.
24
Vollstndiger Text: Das erste Gesetz also verhtet die Ausschweifung
in die Mannigfaltigkeit verschiedener ursprnglichen Gattungen und emp-
fiehlt die Gleichartigkeit; das zweite schrnkt dagegen diese Neigung zur
Einhelligkeit
wiederum ein und gebietet Unterscheidung der Unterarten, bevor man
sich mit seinem allgemeinen Begriffe zu den Individuen wende. Das dritte
vereinigt jene beide, indem sie bei der hchsten Mannigfaltigkeit dennoch
die Gleichartigkeit durch den stufenartigen bergang von einer Species
zur anderen vorschreibt (Hervorhebung von mir).
122|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
hnliches finden wir in A 758, B 786. Dort verwendet
Kant das weibliche Frwort, um sich auf das schliche
Hauptwort Bewusstsein zu beziehen. (Hier ist die Lage
insofern schwieriger, als noch ein weibliches Hauptwort im
selben Satz steht). Die Akademieausgabe verbessert und setzt
das schliche Frwort anstatt des weiblichen. Kants Wortwahl
erklrt sich, wenn man, unserer Hypothese zufolge, beachtet,
dass dem Neutrum Bewusstsein das weibliche Hauptwort
conscientia auf Latein entspricht (so auch bei Born).
25
Diese Beispiele, die wir hier angefhrt haben, sind nur
ein Muster aus einer umfangreichen Sammlung von hnlichen
Fllen. Ich glaube, dass die Hypothese stichhaltig ist und dass
ihre Fruchtbarkeit bei der Auslegung von Kantischen Texten
ihre Richtigkeit besttigt.
Anmerkung
Der Verfasser mchte Herrn Professor Wolfgang Carl
fr die eingehende Diskussion dieses Aufstzes danken.
25
Vollstndiger Text: Das Bewutsein meiner Unwissenheit (wenn diese
nicht zugleich als
nothwendig erkannt wird), statt da sie meine Untersuchungen endigen
sollte, ist vielmehr die eigentliche Ursache, sie zu erweck-
en.(Hervorhebung von mir).
P g i n a |123
PELA TRADUO MAIS LITERAL QUE
LIBERAL
E INVARIABILIDADE DOS TERMOS
TCNICOS EM KANT
Olavo Calbria P.
As consideraes que faremos a seguir no intuito de de-
fender que a traduo invarivel dos termos tcnicos das o-
bras de Kant, assim como mais literal que liberal, resultam de
pesquisa terminolgica que remonta ao incio de nossas inves-
tigaes sobre a Analtica Transcendental da Crtica da razo
pura, h quase duas dcadas. De l para c, sempre que encon-
tramos, nas tradues dos textos de Kant, trechos que pare-
am especialmente relevantes e cuja compreenso envolva
considervel relutncia, temos confrontado as tradues brasi-
leira e portuguesa
1
com o texto original e, a partir disto, ela-
borado um conjunto de anotaes pessoais num esboo de
dicionrio da filosofia de kantiana, para ns fonte de elucida-
es em muitos aspectos. O resultado disto so apontamentos
que sugerem estratgias que procuram evitam o mascaramen-
to ou a distoro dos sentidos originais, assim como preservar
a rica complexidade presente nos textos originais.
1
Tradues da CRP: brasileira de Valrio Rohden e Udo Baldur Moos-
burger (So Paulo: Abril Cultural) e a portuguesa de Manuela P. dos San-
tos e Alexandre F. Morujo (Lisboa: Calouste Gulbenkian). Texto original:
[1781 e 1787] (1995) Kritik der reinen Vernunft. Hrsg. von Wilhelm Weischedel.
Frankfurt am Main: Suhrkamp (STW), I / II Aufl.
124|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Este nosso empenho foi reforado recentemente por
um comentrio feito em comunicao pessoal pelo prof. Er-
nesto Perini (FAFICH/UFMG), ao elaborar uma analogia
entre a exegese de textos clssicos feita por estudiosos de
filosofia, sob a orientao dos intrpretes mais influentes e a
execuo de msicas eruditas por orquestras e corais, sob a
regncia dos maestros, alegando que uma boa interpretao
aquela que consegue preservar, com maior fidelidade possvel,
a pluralidade de elementos presentes em determinada obra.
Embora tambm tenhamos feito incurses em outros
textos kantianos, as posies que vamos apresentar esto fun-
dadas principalmente na CRP, na Lgica Jsche e nos Prolegme-
nos.
2
No obstante, sempre que buscamos avaliar estas con-
cluses com trechos de outras obras de Kant, no temos en-
contrado objees significativas que nos inclinem a abando-
nar o essencial de nosso ponto de vista.
O que consideramos justificar nossa proposta a con-
cepo de que a linguagem de Kant, ao contrrio do que reza
sua pssima fama, meticulosamente elaborada e apresenta
uma sistemtica coerncia estrutural e clareza semntica, cer-
tamente frutos de escolhas cuidadosas e conscientes. Se no
estamos equivocados neste ponto, nossa argumentao visa
evitar que nos deixemos seduzir por uma viso vulgar. De
fato, do mesmo modo que Kant no incio do 19 da Deduo
Transcendental critica a opinio comum dos estudiosos sobre o
que um juzo, afirmando que nunca se contentou com a
explicao que os lgicos do de um juzo em geral (CRP
B140), tambm nunca nos contentou a idia disseminada de
que a escrita de Kant seja horrvel ao ponto de justificar tal
difamao. Aqueles que se deixam levar por esta idia habitu-
al, mas preconceituosa, de que a escrita de Kant horrorosa,
seja no que concerne definio de conceitos e noes chave,
seja quanto impreciso e inconstncia no emprego de ter-
2
Tradues brasileiras da Lgica Jsche: Guido Antnio de Almeida [Ed.
Tempo Brasileiro] e a de Fausto Castilho [Uberlndia: EDUFU / Campi-
nas: IFCH (texto biblge)]. Traduo brasileira dos Prolegmenos: Tania
Maria Bernkopf [So Paulo: Abril Cultural].
O l a v o C a l b r i a P . | 125
mos ou mesmo devido ao modo complexo de construir sen-
tenas e pargrafos, vero seus supostos motivos desvanecer
mediante uma anlise suficientemente precisa da maioria de
seus escritos. E mesmo que tal idia parea ser corroborada
por declaraes do prprio Kant, quando admite no presu-
mir ter talento para uma apresentao luminosa (CRP B-
XLIII), isto de modo algum significa que ela seja desleixada.
Pelo contrrio, demonstra de fato um cuidado consciente
com a preciso lingstica no sentido de evitar o perigo no de
ser refutado, mas de no ser compreendido (Cf. CRP BXLII-
I). O que de fato costuma dar azo m fama da escrita de
Kant atribuir erroneamente a inegvel dificuldade de com-
preenso obscuridade da exposio, quando verdadeiramente se
deve complexidade da doutrina.
Ademais, no parece fazer sentido que um homem re-
conhecidamente to obstinado, to sistemtico e metdico,
to perspicaz e meticuloso como Kant, fosse ser imprudente,
desleixado ou desatento justamente com algo filosoficamente
to importante quanto a linguagem. Muito pelo contrrio,
acreditamos que faz sentido justamente pensar o oposto.
A ttulo de exemplo, gostaramos de citar algumas afir-
maes de intrpretes que ajudaram a desvalorizar a lingua-
gem de Kant. H. J. Paton (1936, XXXII, 39, 10) diz: A obs-
curidade da exposio de Kant coloca grandes dificuldades no
modo de interpretar; Claudio La Rocca (1990, p. 21) afirma
As pginas no esquematismo da primeira Crtica oferecem
no poucos motivos que explicam, se no legitimam, a per-
plexidade de muitos comentadores; Darius Koriako (2001, p.
286) cita a notria obscuridade [Dunkelheit] da Deduo
Transcendental e do esquematismo.
Mas h tambm algumas posies mais moderadas,
embora de certo modo tambm critiquem aspectos da lingua-
gem kantiana. M. Woods (1983, 8) diz concordar com K.
Smith que Kant introduz o problema do esquematismo de
uma maneira muito genrica e talvez confusa; Alexandre
Guerzoni (1998, p. 131), fazendo aluso CRP diz: Porm,
como todos ns sabemos, o pargrafo dezenove no exce-
126|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
o regra segundo a qual todas as passagens chaves da Crtica
so de difcil compreenso, dando margem a polmicas in-
terminveis. Marcele Hentz (2005a, p. 38) diz que a questo
acerca da natureza dos esquemas transcendentais no fcil, e
dada a reconhecida falta de clareza de suas vrias caracteriza-
es, que parecem mesmo contradizer-se umas s outras,
no h consenso entre os comentadores com respeito a esta
temtica (Pendlebury, 1995, p. 778, n. 4). impressionante
como se costuma desprezar com facilidade a alternativa, pelo
menos logicamente possvel, de que uma incompreenso de
determinado texto se deva no a supostas deformaes do
autor que as redigiu, mas a limitaes da habilidade de com-
preenso do leitor.
Mas h tambm outros importantes exemplos de quem
defende a linguagem de Kant contra tais acusaes. B. Lon-
guenesse (1998, 202), por exemplo, diz que K. Smith (1923, p.
177) critica Kant injustamente em relao ao argumento
relacionado s mesmas operaes de unidade (analtica e
sinttica) do mesmo entendimento, devido m
compreenso. Heidegger (1929, 14, al. 13) ao tratar da ima-
ginao como princpio da unidade essencial do conhecimen-
to ontolgico, declara impertinente toda queixa acerca da cla-
ridade da exposio de Kant.
Foi com satisfao que encontramos recentemente uma
entrevista concedida por Valrio Revista Educao e Filosofia,
editada pela Universidade Federal de Uberlndia, onde ele
afirma que h na filosofia de Kant uma ligao com a tradi-
o tambm relativamente formao de uma terminologia
precisa (SENEDA, 1999, 24). Acreditamos que esta convic-
o deve ter servido em boa parte como orientao de suas
valiosas tradues, mas entendemos que seria bastante provei-
toso se fssemos neste sentido ainda mais radicais
3
.
3
Constatamos, por exemplo, que na recente traduo que Valrio Rohden
faz da Crtica da razo prtica, o termo Grundsatz traduzido literal e siste-
maticamente por proposio fundamental, justamente o procedimento
que temos defendido. A propsito, apresentamos comunicao no X
Congresso Kant Internacional (Brasil: USP/2005), discutindo as distines
O l a v o C a l b r i a P . | 127
No intuito de justificar os critrios que propomos para
a traduo de Kant, vamos primeiramente apresentar alguns
exemplos em que a traduo se aproxima dos moldes que
defendemos, assim como outros que deles se afastam (parti-
cularmente em relao a determinados termos tcnicos), para
ao final fazermos uma espcie de clculo de vantagens e des-
vantagens relacionado aos modelos de traduo que esto
sendo comparados.
Exemplos de termos cuja traduo em geral j tem sido
invarivel.
O primeiro exemplo de que queremos tratar diz respei-
to na verdade a um conjunto de trs termos tcnicos intima-
mente relacionados, para os quais a traduo em geral j segue
a regra da invariabilidade que estamos defendendo, certamen-
te devido ao fato de Kant ter feito no apenas uma advertn-
cia explcita quanto a seu emprego preciso, mas tambm por
j ter por conta prpria apresentado termos latinos corres-
pondentes a cada um deles. Trata-se dos termos Verbindung
(conjunctio), Zusammensetzung (compositio), Verknpfung (nexus), em
geral traduzidos, respectivamente, por ligao, composio
e conexo (atentemos ao fato de que apenas para o primeiro
termo no seguida literalmente a sugesto latina de Kant,
utilizando-se nas tradues brasileira e portuguesa o termo
ligao ao invs de conjuno). Observemos o seginte tre-
cho onde Kant define tais termos:
Toda a ligao [Verbindung] (conjunctio) uma composio [Zu-
sammensetzung] (compositio) ou uma conexo [Verknpfung] (ne-
xus). A primeira uma sntese de elementos diversos que no
pertencem necessariamente uns aos outros, como, por exemplo, os
dois tringulos em que se decompe um quadrado cortado
pela diagonal e que, por si mesmos, no pertencem necessa-
riamente um ao outro; o mesmo acontece com a sntese do
homogneo em tudo o que possa ser examinado matematica-
semnticas que necessrio estabelecer para distinguir os termos princ-
pio, proposio fundamental, e principium.
128|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
mente (sntese esta que, por sua vez, se pode dividir em sn-
tese de agregao [Agreggation] e em sntese de coalizao [Koaliti-
on], conforme se reporta a grandezas extensivas ou a grande-
zas intensivas. A segunda ligao [Verbindung] (nexus) a sn-
tese de elementos diversos que pertencem necessariamente uns
aos outros, como por exemplo, o acidente em relao a qual-
quer substncia, ou o efeito em relao causa e que, por
conseguinte, embora heterogneos, so representados como li-
gados [verbunden] a priori.
4
Em diversas passagens relevantes, Kant continua a fa-
zer um uso terminologicamente preciso e invarivel destas
expresses, como nos seguintes trechos: a ligao (coniunctio)
de um mltiplo em geral (...) um ato da espontaneidade da
capacidade de representao (CRP B130), uma ao do
entendimento que designaremos com o nome geral de sntese
[Synthesis] (...), sendo dentre todas as representaes (...) a ni-
ca que no pode ser dada por objetos, mas constituda unica-
mente pelo prprio sujeito (...) (ibidem), Mas alm do con-
ceito de mltiplo e de sua sntese, o conceito de ligao traz
ainda consigo o conceito da unidade dele. Ligao a repre-
sentao da unidade sinttica do mltiplo (CRP B130-1), A
ligao no se encontra, porm, nos objetos (...), mas uni-
camente uma operao do entendimento, que nada mas
seno a faculdade de ligar a priori e de submeter o mltiplo das
representaes dadas unidade da apercepo. Este o prin-
cpio supremo de todo conhecimento humano (CRP B134-
5), uma nica e mesma espontaneidade que introduz, l
sob o nome de capacidade da imaginao e aqui de entendi-
mento, a ligao do mltiplo da intuio (CRP B162, n.), e
assim por diante.
No encontramos at o momento nenhum caso em que
Kant se afasta do emprego cauteloso e sistemtico destas ex-
presses nos sentidos a definidos, mas temos ratificado insis-
tentemente que ele respeita de modo deliberado as distines
4
CRP B201-2, n. Assim como em outros trechos que citaremos adiante,
os termos entre colchetes sempre indicam os utilizados no original em
alemo.
O l a v o C a l b r i a P . | 129
semnticas de tais termos ao longo de sua argumentao em
diversos textos, clara indicao da preocupao lingstica que
tem em relao a conceitos que apresentam equivalente im-
portncia terica.
Outro exemplo de conjunto de expresses cuja tradu-
o costuma apresentar considervel invariabilidade concerne
aos pares de termos opostos Spontaneitt e Rezeptivitt (ou
Empfnglichkeit)
5
, para cuja traduo so empregados respecti-
vamente os termos espontaneidade e receptividade, e o
par de termos opostos ursprnglich e ableitend , em geral tradu-
zidos por originrio e derivativo, respectivamente.
Tambm neste caso a considervel invariabilidade da
traduo destes termos parece ter sido pr-determinada no
apenas pela apresentao de termos latinos correspondentes a
eles por parte do prprio Kant, mas tambm pela prpria
construo dos termos alemes, fruto da mera germanizao
de expresses latinas. Isto acontece com maior propriedade
em relao ao primeiro par de termos, que j sugerem por si e
naturalmente uma reconverso s expresses latinas corres-
pondentes de onde derivaram.
J com respeito traduo do segundo par de termos
opostos, embora no haja tal derivao direta do latim, no
obstante sua correspondncia explicitamente sugerida por
Kant na quando trata da distino das intuies sensveis e
intelectual, indicando que a nica intuio acessvel ao ser
pensante finito aquela relacionada sensibilidade justa-
mente por ser intuio derivada [abgeleitet] (intuitus derivativus) e
no original [ursprnglich] (intuitus originarius) (CRP B72).
Tambm na Antropologia, 28, Kant ratifica explicitamente esta
correspondncia, dizendo que A faculdade de imaginao
(...) produtiva (...) (exhibitio originaria), (...) ou reprodutiva
(...) (exhibitio derivativa) (...).
5
Na Antropologia (19), Kant indica o termo latino receptivitas como cor-
respondente de Empfnglichkeit.
130|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Exemplos de termos cuja traduo no costuma ser in-
varivel, mas deveria.
Vamos passar agora anlise de alguns exemplos do
modo de proceder que estamos criticando pelo fato de no
seguirem o critrio de invariabilidade da traduo. Para cada
caso mostraremos que tal liberalidade na traduo no faz jus
ao emprego cauteloso e sistemtico seguido por Kant na utili-
zao desta terminologia.
Comecemos nossas consideraes em relao a dois
termos de extrema importncia para a argumentao de Kant,
a saber, Vernderung e Wechsel, que podem ser traduzidos de
modo satisfatrio por mudana e variao, respectiva-
mente. Neste caso, cabe alertar que apenas a edio portugue-
sa no segue com rigor a invariabilidade da traduo, enquan-
to que a brasileira, a nosso ver bem mais precisa neste ponto,
j a segue com bastante cuidado.
Na Primeira Analogia da Experincia, ou Princpio da
permanncia da substncia, Kant trata de algo que ele afirma
parecer um paradoxo: o fato de que quantidade da substncia
permanece na natureza apesar da variao observada nos apare-
cimentos [Erscheinungen]
6
, e consiste num caso exemplar onde
a traduo liberal e descuidada consegue comprometer no
apenas a reputao de Kant, mas, sobretudo, a compreenso
do assunto tratado, e ainda de quebra contrariar o objetivo do
argumento que foi elaborado justamente para refutar um apa-
rente paradoxo, acabando ao contrrio por dar motivos para
legitim-lo. Neste caso, onde notrio o cuidado com que
Kant utiliza a linguagem tcnica, fica patente como o proce-
dimento mais simples, que consiste na mera uniformidade da
traduo, obtm um resultado incomparavelmente superior.
6
Consideraes que seguem a mesma ndole que defendemos no presente
trabalho e dizem respeito traduo sistemtica e invarivel dos termos
Erscheinung por aparecimento e Phaenomenon por fenmeno podem ser
encontrados em nosso artigo na Revista Kant e-Prints (2006), onde mos-
tramos que tambm o emprego destes termos feito por Kant meticuloso
e invarivel.
O l a v o C a l b r i a P . | 131
Os termos chave em questo so Vernderung, que cabe
traduzir sempre por mudana, e Wechsel, que cabe sempre
traduzir por variao. Infelizmente isto no seguido risca
pela traduo portuguesa, que se torna um triste exemplo de
traio letra e ndole do texto original. O que est em jogo
neste contexto da CRP a explicao das conseqncias obje-
tivas da aplicao do primeiro par de categorias do ttulo da
relao, isto , substncia e acidente, no domnio das altera-
es sofridas pelos objetos da experincia no decorrer do
tempo. Kant quer mostrar como a substncia pode permane-
cer como substrato das alteraes sofridas pelos acidentes e
para isto distinguiu criteriosamente os termos que se referem
a um e ao outro: enquanto os acidentes surgem e desapare-
cem, ou seja, na linguagem tcnica de Kant, variam (Wechseln),
a substncia permanece como suporte destas alteraes, isto
, apenas muda (verndert).
Confrontemos as tradues portuguesa com a brasileira
de dois trechos vizinhos e decisivos para a elucidao do as-
sunto em questo, para notarmos quanta diferena faz a utili-
zao do critrio que defendemos de invariabilidade, seguido
rigorosamente no primeiro caso e que permite, bastando certa
dose de empenho e ateno por parte do leitor, uma clara
compreenso dos sentidos precisos e distintos associados aos
referidos termos, mas que ignorado no segundo caso, levan-
do a uma exposio incompreensvel. Comecemos pela tradu-
o portuguesa:
Sobre essa permanncia se funda, tambm, a legitimidade do
conceito de mudana [Vernderung]. Nascer e morrer no so
mudanas [Vernderungen] do que nasce ou morre. Mudar
[Vernderung] um modo de existir, que se sucede a outro
modo de existir de um mesmo objecto. Por conseguinte, tu-
do o que muda permanente e s o seu estado se transforma [wech-
selt]. E como essa mudana [sic!] [Wechsel] atinge apenas as de-
terminaes que podem cessar ou comear, -nos lcito dizer,
em expresso que parece um tanto paradoxal, que s o per-
manente (a substncia) muda [verndert]; o varivel [Wandelba-
re] no sofre qualquer mudana [Vernderung], apenas uma
transformao [Wechsel], pois que algumas determinaes ces-
sam e outras comeam (CRP A187/B230-1).
132|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Julgo que, em todas as pocas no s o filsofo, mas tambm
o prprio entendimento comum, pressupuseram esta perma-
nncia, como um substrato de toda mudana [sic!] [Wechsel]
dos fenmenos [Erscheinungen] e que, como indubitvel, em
todo o tempo a admitiro; somente o filsofo exprime-se a
este respeito mais precisamente, ao dizer que em todas as
mudanas [Vernderungen] que ocorrem no mundo, permane-
ce a substncia e s os acidentes mudam [sic!] [wechseln] (CRP
A184/B227).
Somado ao fato de que inadvertidamente o termo Wech-
sel traduzido acima ora por transformao, ora por mu-
dana, sendo que o termo mudana est sendo tambm
utilizado para traduzir Vernderung, consideramos que tambm
que a escolha do termo transformao bastante inoportu-
na, visto que para Kant no uma alterao na forma dos obje-
tos que est em jogo (o que poderia muito bem ser inferido
caso se considerasse literalmente a constituio etimolgica
do termo), mas sim o surgir/nascer e o perecer/morrer de
determinaes em algo que permanece.
Como podemos observar, a proximidade destas passa-
gens no texto kantiano aprofunda sobremaneira os prejuzos
que a falta do critrio de invariabilidade acarretam para a
compreenso das explicaes pretendidas por Kant.
A seguir, apresentamos a traduo brasileira para os
mesmos dois trechos reproduzidos acima, o que constitui um
exemplo inequvoco de como o critrio da invariabilidade e
literalidade que estamos propondo como regra geral evita tais
prejuzos e proporciona um ganho valioso na qualidade da
traduo
7
:
Ora, sobre essa permanncia funda-se tambm a correo do
conceito de mudana [Vernderung]. Surgir e perecer no so
mudanas [Vernderungen] daquilo que surge ou perece. A
mudana [Vernderung] um modo de existir que resulta num
7
Observe que, no obstante, consideramos haver em ambos os trechos
aqui reproduzidos um equvoco na utilizao do termo fenmenos, e no
do termo aparecimentos, para traduzir Erscheinungen. [Para maiores escla-
recimentos, vide texto indicado acima na nota 6].
O l a v o C a l b r i a P . | 133
outro modo de existir precisamente do mesmo objeto. Por
isso, tudo o que muda estvel, e somente o seu estado varia
[wechselt]. Portanto, visto que esta variao [Wechsel] toca ape-
nas as determinaes que podem cessar ou tambm comear,
numa expresso aparentemente um tanto paradoxal podemos
dizer: s o permanente (a substncia) muda [verndert], o ins-
tvel [Wandelbare] no sofre nenhuma mudana [Vernderung]
mas uma variao [Wechsel], visto que algumas determinaes
cessam e outras comeam (CRP A187/B230-1).
Creio que em todos os tempos no somente o filsofo, mas
mesmo o entendimento comum pressups esta permanncia,
como um substrato de toda variao [Wechsel] dos fenmenos
[Erscheinungen] e tambm sempre o admitir como indubit-
vel, apenas com a diferena de que o filsofo se exprime
mais determinadamente a respeito ao dizer que em todas as
mudanas [Vernderungen] no mundo a substncia permanece e
apenas os acidentes variam [wechseln] (CRP A184/B227).
O segundo trecho acima em cada traduo tem para
ns a vantagem de reforar a posio que defendemos, por
mostrar que Kant considera ser justamente o filsofo quem se
exprime [ausdrckt] com maior preciso ou mais determinada-
mente [bestimmter] com respeito a esta questo. No nos pare-
ce restar dvida de que Kant compreende, concorda e se pre-
ocupa com a preciso e o rigor da linguagem na argumentao
filosfica.
Passemos agora para outro exemplo de termos cuja tra-
duo no invarivel, mas que entendemos que deveria ser.
Trata-se dos termos deutlichen, unterscheiden e unterschieden, que
sugerimos ser traduzidos respectivamente por distinguir,
discernir e diferenciar.
A caracterizao precisa destes termos na CRP decisi-
va quando Kant, no Apndice da Analtica Transcendental inti-
tulado Da anfibolia dos conceitos de reflexo, trata da rela-
o entre o primeiro par de conceitos que podem se ligar uns
aos outros, a saber: identidade [Einerleiheit] e diversidade
[Verschiedenheit]. Neste contexto Kant sustenta, polemizando
com Leibniz, que este filsofo considerava os aparecimentos
[Erscheinungen] como coisas em si, portanto como intelligibilia,
134|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
isto , objetos do entendimento puro (...) e, sendo assim, a sua
proposio dos indiscernveis [Satz des Nichtzuunterscheidenden]
(principium identitatis indiscernibilium) no podia certamente ser
afastado; todavia, como os aparecimentos [Erscheinungen] so
objetos da sensibilidade e em relao a eles o entendimento
no tem um uso puro, mas apenas emprico, a pluralidade
[Vielheit] e a diversidade [Verschiedenheit] numricas j so da-
das pelo prprio espao como condio dos fenmenos ex-
ternos (CRP A264/B320).
O que est em jogo aqui pode ser bem avaliado luz de
uma questo fundamental presente no domnio da Fsica
quntica e relacionada natureza das partculas subatmicas
como os eltrons, por exemplo. comum perguntar se, sob o
ponto de vista da fsica ps-newtoniana, cada eltron continua
ou no sendo discernvel, ainda que idntico aos demais, ou
seja, a questo saber se mesmo com o princpio de indeter-
minao (a impossibilidade de determinar rigorosamente e
sem interferncia do observador a situao de partculas ele-
mentares) cada eltron continua sendo distinguvel dos de-
mais embora de fato no tenha em sua constituio prpria
nenhuma diferena em relao aos outros. Em resumo, embora
no sejam diferentes, ainda so discernveis? Curiosamente a
resposta que dada a esta questo continua fundada na mes-
ma justificativa que subjaz ao argumento de Kant, isto ,
mesmo que no haja nenhum elemento que diferencie tais
objetos, pelo menos sua distribuio espacial, no podendo
ser exatamente a mesma, permite distingui-las.
Constitui, por isso, um equvoco danoso no respeitar a
diversidade semntica de tais expresses e os empregos preci-
sos que Kant lhes dedicou, no preservando a invariabilidade
de sua utilizao feita por Kant. Da porque sustentamos ser
imprescindvel manter sistematicamente o termo diferena
para traduzir Unterschied e o termo distino para traduzir
Unterscheidung.
De novo esta invariabilidade no respeitada freqen-
temente apenas na traduo portuguesa. A seguir reproduzi-
mos um trecho onde a liberalidade da traduo portuguesa
O l a v o C a l b r i a P . | 135
mutila o texto kantiano que foi meticulosamente elaborado
convertendo-o numa argumentao grosseiramente absurda
(apresentamos somente a traduo portuguesa, pois a brasilei-
ra segue integralmente, neste trecho, o critrio que estamos
defendendo):
A clareza no , como dizem os lgicos, a conscincia de
uma representao, pois deve encontrar-se um certo grau de
conscincia, que porm no suficiente para a recordao,
mesmo em muitas das representaes obscuras, porque, se
no houvesse conscincia, no faramos nenhuma diferena
[Unterschied] na ligao das representaes obscuras, (...). Pelo
contrrio, uma representao clara, quando a conscincia que
dela temos basta para que tenhamos tambm conscincia da di-
ferena [Unterschiedes] entre essa e as outras. Se essa conscincia
basta para a distino [Unterscheidung], mas no para a consci-
ncia da distino [sic!] [Unterschiedes], a representao deve
ainda chamar-se obscura (CRP B414-5, n).
Antes de passarmos anlise de mais um caso, gostar-
amos de fazer uma ressalva importante a ser feita em relao
ao termo distino, isto , indicando que ele apresenta dois
sentidos muito utilizados na lngua portuguesa, um na acep-
o do que discernvel ou distinguvel e que corresponde,
como indicamos acima, a Unterscheidung e outro na acepo de
nitidez (antnimo de embaado, embaciado). Como sus-
tentamos desde o incio, isto d ensejo para meramente apon-
tar, quando adequado, que esta outra acepo j corresponde
ao termo Deutlichkeit, tambm bastante utilizado por Kant (Cf,
p. ex., CRP A43/B61).
Vrios outros exemplos poderiam ser elencados com as
mesmas justificativas e amparados em uma significativa quan-
tidade de trechos, no apenas da CRP, mas tambm de outras
obras de Kant, no sentido de fundamentar nossa proposta.
No entanto, para no corrermos o risco de sermos por demais
enfadonhos, acreditamos que basta indicarmos outras suges-
tes de traduo para um conjunto de importantes termos
tcnicos do idealismo transcendental.
Neste sentido, sugerimos utilizar o termo Relao
(com R maisculo) para traduzir Beziehung e relao para
136|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
traduzir Verhltnis, salvaguardando assim a distino que Kant
faz entre a relao objetiva [Beziehung] e a relao subjetiva
[Verhltnis] (Cf., p. ex., CRP B141 e B317). Como comple-
mento, indicamos a necessidade de no incorrer no equvoco,
que comumente encontramos nas tradues a nossa disposi-
o, de tambm utilizar o termo referncia para traduzir Bezi-
ehung, pois trata-se de um outro conceito chave que reclama
por um rigor lingstico. Assim, sugerimos utilizar o termo
referncia apenas para traduzir Bericht, assim como apenas o
termo significado para traduzir Bedeutung, associados a dois
conceitos intimamente relacionados ao contexto em questo.
A ttulo de mera sugesto, mas nem por isso sem estar
amparado em uma longa e detalhada investigao pessoal,
indicamos tambm mais algumas estratgias de traduo de
mesma ndole para os seguintes termos associados s faculda-
des de representao: faculdade ou fora para traduzir Kraft,
capacidade para traduzir Vermgen e aptido para traduzir
Fhigkeit.
Fizemos tambm em texto publicado recentemente
(CALBRIA, 2009) algumas sugestes para a utilizao dos
termos proposio fundamental e princpio para traduzir
respectivamente os termos Grundsatz, Prinzipien, e a utilizao
do prprio termo latino principium do mesmo modo que por
Kant utilizado.
Nosso objetivo neste artigo foi defender uma estratgia
de traduo que no se resume somente CRP, mas pode em
geral ser estendida, guardando-se algumas particularidades, a
todos os textos de Kant. Tal estratgia busca manter os traos
gerais de seu estilo com o mnimo possvel de alterao estru-
tural, isto , somente aquela que for indispensvel adaptao
do texto em alemo s especificidades sintticas da lngua
portuguesa, buscando ser o mais fiel possvel s particularida-
des lingsticas presentes nas obras de Kant. Isto significa
privilegiar o aspecto semntico, mesmo que eventualmente
sacrificando elementos de aspecto esttico da verso traduzi-
da. Nossa sugesto pressupe, mas tambm complementa, o ex-
tenso e rduo trabalho de comparao entre os campos se-
O l a v o C a l b r i a P . | 137
mnticas das duas lnguas, pois efetivamente no se trata, co-
mo poderia parecer, de petrificar os conceitos, pois notria
a predisposio da linguagem diversidade e variabilidade
semnticas das palavras.
Se pensarmos bem, concluiremos que imprecises ter-
minolgicas esto presentes nos textos de qualquer autor e
no so particularidades de Kant. O que na verdade importa
considerar a dimenso que ela assume em cada obra e em
cada autor. O que procuramos mostrar que a linguagem de
Kant apresenta um elevado grau de cuidado e que a idia ge-
neralizada de que de fato no seja assim se deve muito mais
ao modismo e leviandade do que isenta e cuidadosa avalia-
o de seus textos, de tal modo que as queixas de obscurida-
de, confuso e coisas semelhantes, levantadas contra a escrita
de Kant no procedem. Parece-nos, alis, que os tradutores
mesmo quando esto bem intencionados e buscam iluminar
trechos que lhes paream mal elaborados, sempre corremos o
risco de acabar por deturpar ainda mais o sentido original,
posto que sempre seremos guiados por meras interpretaes que
fazemos a cada momento e que consistem numa compreen-
so inevitavelmente provisria do tema. Deixemos ento o
nus de eventuais incorrees ao prprio autor e nos limite-
mos a dar nossa suposta contribuio indicando, em anexo,
aquilo que julgamos ser mais adequado.
Mesmo que levemos em conta o aspecto puramente es-
ttico, talvez nico elemento que ainda poderia dar margem a
determinadas censuras, em especial por parte dos que desejam
desfrutar alm da compreenso filosfica ainda o prazer da
leitura formalmente agradvel, antes indispensvel indagar
se o estilo de Kant ou no adequado sua doutrina, j que
seria absurdo rejeitar um estilo literrio amparado pura e sim-
plesmente no gosto pessoal ou coletivo.
Sabemos que a filosofia comporta em seu domnio uma
grande diversidade de estilos, assumindo os mais diferentes
perfis, ora aproximando-se mais ora menos de uma linguagem
potica, de um formalismo lgico ou do emprego de aforis-
mos; da estrutura de narrativas, de dilogos, ensaios e assim
138|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
por diante. Se considerarmos a questo sob este ponto de
vista da adequao entre a forma e o contedo, entre a letra e
o sentido, entre o estilo e a doutrina, tambm no nos parece
procedente considerar que justamente no caso de Kant tais
elementos no se encaixem bem. Muito pelo contrrio, talvez
sejam de fato como unha e carne. Assim, na contramo das
queixas abundantes e ruidosas que estamos acostumados a
ouvir, vemos a escrita de Kant como muito bem elaborada,
extremamente cuidadosa, precisa e sistemtica. Anlogo ao
prprio carter de Kant. Carter este que deve ter ficado ain-
da mais atento e cuidadoso depois de ter despertado do sono
dogmtico e experimentado a virada crtica empreendida na
CRP. Assim, acreditamos que verdadeiramente um horror
no a escrita de Kant, mas o modo com que se tem o costume
de avali-la.
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P g i n a |141
O CONCEITO DE KLUGHEIT EM KANT
Robinson dos Santos
Klug im Zeitalter des Konformismus sind diejenigen,
die wissen, wo und wann es klug ist,
nicht mehr klug zu sein.
1
Introduo
Klugheit (do grego phronesis, do latim prudentia), traduzido
e aceito pelos intrpretes como prudncia
2
, um conceito que
no propriedade intelectual e tampouco uma inovao de
Kant
3
. No entanto, o termo tem um longo histrico nas suas
prelees e, por mais insignificante que primeira vista possa
parecer na recepo da filosofia prtica kantiana, um dos
1
Prudentes, em uma poca de conformismo, so aqueles que sabem,
onde e quando prudente no ser mais prudente.
2
Cf. AUBENQUE, 1963.
3
As citaes dos textos de Kant sero feitas de acordo com a edio em
seis volumes organizada por Wilhelm Weischedel [KANT, Immanuel. Werke
in sechs Bnden. Hrsg. von Wilhelm Weischedel. Darmstadt, 1998]. O
nmero em romano indica o volume correspondente da edio aqui
utilizada e, aps este, a pgina do mesmo. A letra seguida do nmero
indicam respectivamente a edio e paginao nos originais. As abreviatu-
ras correspondem aos seguintes textos. KrV=Kritik der reinen Vernunft;
KpV=Kritik der praktischen Vernunft; GMS=Grundlegung zur Metapysik der
Sitten; As citaes referenciadas com as iniciais AA, referem-se edio da
Akademie-Ausgabe, tambm seguidas do nmero do volume e pgina.
142|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
conceitos-chave da mesma
4
. O emprego deste conceito, longe
de estar isento de dificuldades, envolve uma srie de
definies e reformulaes, que adquirem caractersticas
peculiares conforme a obra e a respectiva fase do pensamento
de Kant que se toma por referncia. Isso impe alguns
problemas que dificultam tanto uma compreenso sobre o
significado exato do termo, bem como do lugar que ele
ocupa no sistema e, sobretudo, de seu papel em relao
moral kantiana.
Um estudo detalhado sobre a gnese e o
desenvolvimento deste conceito em Kant e, at mesmo, sobre
uma possvel doutrina da prudncia no sculo XVIII ainda
fazem falta na Kant-Forschung
5
. A essa dificuldade quanto a
uma definio clara do conceito e do papel que cabe
prudncia, soma-se o fato de que na Grundlegung
6
o conceito
passa a ser identificado como imperativo hipottico e, com isso,
claramente rejeitado no mbito da fundamentao da
moralidade. Nas palavras de Brandt (2005, p. 98) este
problema assim caracterizado: A prudncia sucumbe em
Kant, assim podemos parafrasear sua doutrina, ao veto da
4
Neste sentido, considero apropriada a expresso utilizada por
SCHWAIGER (2002) - metamorfoses de um conceito-chave da filosofia
prtica de Kant - na medida em que possvel afirmar que Kant precisou
elaborar sua prpria definio de prudncia, para poder demarcar os
contornos de sua filosofia prtica ante as doutrinas da tradio,
especialmente com relao doutrina aristotlica. Tal elaborao, como
veremos, sofreu diversas modificaes no itinerrio filosfico kantiano.
5
Tais observaes podem ser corroboradas atravs da constatao do
nmero bastante reduzido de estudos significativos disponveis sobre o
tema da prudncia em Kant. O tema aparece, no raro, como parte da
discusso, quando o tema a questo dos imperativos, isto , quase
sempre indiretamente. Certamente constituem uma exceo, neste sentido,
os estudos de AUBENQUE (1963), citado aqui a partir da segunda edio
da traduo brasileira (2008), HINSKE (1980), SCHWAIGER (2002) e
BRANDT (2005), todos os quais indicamos nas referncias.
6
Este escrito de 1785 conhecido pela sua importncia e constitui-se
numa referncia indispensvel da tica kantiana. Antes dele Kant havia se
confrontado apenas em 1763 com questes relacionadas moral.
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 143
moral; o que prudente, mas no moral, ser soberana e
incondicionalmente eliminado, por mais prudente que seja.
No entanto, se por um lado a prudncia no pode servir
para se estabelecer um princpio incondicionalmente vlido
(necessrio e universal) para a moralidade, isso no a exclui
em definitivo, por outro lado, do mbito em que a mesma
pode e dever ser efetivada: aquele em que ser necessria a
cultura dos talentos e disposies naturais do ser humano
com vistas ao seu permanente processo de aperfeioamento
moral [moralische Vervollkommnung], isto o mbito da
antropologia pragmtica.
Neste trabalho, procuro aproximar-me do tema da
prudncia com o intuito de apontar para apenas algumas de
suas definies, em especial as definies feitas por Kant no
ao longo dos anos setenta, nas prelees de Antropologia, e
aquelas que ele oferece na Grundlegung (1785) bem como
submet-las anlise (I). Em seguida gostaria de apontar para
duas possibilidades de compreenso da prudncia em sua
relao com a moral e para alguns aspectos problemticos
decorrentes de tais modos de interpretao (II).
1. Habilidade, prudncia e moralidade
Geschicklichkeit, Klugheit e Weltweisheit so os termos
correlatos no idioma alemo, respectivamente, para habilidade,
prudncia e sabedoria. A definio da relao entre estes trs
conceitos e o posicionamento de cada um deles numa
hierarquia possvel foi, desde os primrdios da filosofia,
objeto de controvrsia. Entre os contemporneos de Kant,
especialmente aqueles que sobre ele exerceram certa
influncia, como Wolff e Baumgarten, a diferena na
definio destes termos marcante e ir repercutir nas
primeiras formulaes kantianas.
No escrito Immanuel Kants Menschenkunde oder
philosophische Anthropologie, publicado em 1831 pelo estudioso
Johann Adam Bergck, assinando com o pseudnimo Friedrich
144|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Christian Starke
7
, assim registrada a definio de Kant
quanto s doutrinas que podem contribuir para a perfeio
humana: Existem trs espcies de doutrina, todas as quais
contribuem para nossa perfeio: a primeira delas nos torna
hbeis, a segunda prudentes e a terceira sbios(AA, XXV
855). Para nos capacitar na habilidade, assim prossegue Kant,
servem as cincias da escola. As instrues nos ensinam como
devemos utilizar tais habilidades no mundo, isto , so
instrues para o mundo prtico ou da ao, ao passo que o
grau mais elevado da sabedoria o esprito da perfeio, que
raramente ser atingido.
As definies acima mencionadas remetem s prelees
de Antropologia de Kant, as quais so oferecidas a partir do
semestre de inverno de 1772-1773 e se estendem
regularmente at 1795-1796
8
. Como se pode perceber, elas
so desenvolvidas ao longo dos anos de silncio, em que
Kant realiza pacientemente suas investigaes para a
elaborao da primeira crtica. No material destinado a tais
prelees o contedo da noo de prudncia distancia-se
gradativamente da concepo originria baseada inicialmente
em Baumgarten
9
. Este concebia a prudncia no no mbito
da moralidade dos deveres para consigo mesmo, como
Wolff
10
, mas na sua relao com a sabedoria divina, isto , no
campo teolgico-metafsico. Kant assume progressivamente
uma perspectiva pragmtica ou relacionada a questes da vida
prtica
11
em sua definio de prudncia. Isso ficar mais
7
Cf. HINSKE, 1980, p. 89.
8
Cf. BRANDT, 2005, p.105. Embora existam controvrsias quanto a
datao, a Menschenkunde , conforme SCHWAIGER, 2002, p. 155, um
texto do incio dos anos oitenta.
9
Cf. BRANDT, 2005, p. 105.
10
Cf. SCHWAIGER, p. 149 et seq.
11
O ouvinte destas prelees, que no era necessariamente um erudito ou
versado em Filosofia, deveria adquirir, conforme oberva Brandt, um
conhecimento sobre si mesmo e sobre a sociedade humana, no intuito de
fazer um bom uso de suas prprias capacidades e movimentar-se no
mundo.
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 145
explcito em 1798 quando publicada a Anthropologie im
pragmatischer Hinsicht.
Habilidade, prudncia e sabedoria, longe de permanecer
na generalidade de meras qualificaes de aes segundo
determinadas regras, conforme observa Hinske (1980, p. 90),
so conceitos com os quais Kant ir se ocupar com frequncia
e cujo contedo ser sempre alvo de re-elaboraes no
sentido de demarcar claramente suas diferenas, tarefa e
finalidade, para impedir que sejam confundidos. De modo
especial, aparece em primeiro plano para Kant a diferena
entre habilidade e prudncia. Na Menschenkunde, a distino
entre ambas fica assim evidenciada: A habilidade est
direcionada para as coisas, a prudncia para a felicidade [Die
Geschicklichkeit ist auf Sachen, die Klugheit auf Menschen gerichtet]
(AA XXV 855).
Nas prelees de Antropologia Mrongovius (1785) o
conceito de prudncia diferenciado do conceito de
habilidade na seguinte perspectiva: enquanto a habilidade
[Geschicklichkeit] definida como uma capacidade de servir-se
de meios na natureza, a prudncia a capacidade ou
conhecimento de se chegar aos seus propsitos e de fazer uso
da habilidade ou servir-se de outros homens para se atingir
seus propsitos (Blatt 2). Habilidade, neste contexto, est na
relao entre as capacidades humanas e o uso das coisas,
enquanto a prudncia a pressupe e simultaneamente a
ultrapassa: ela est na relao das capacidades humanas no
trato consigo mesmo e com os demais. Neste sentido, algum
poderia ser muito hbil para produzir ou consertar algo, sem
no entanto ser suficientemente inteligente para fazer de sua
prpria habilidade ou talento um caminho para construir e
estabelecer relaes com outras pessoas, isto , desenvolver a
sociabilidade e desfrutar do prestgio e reconhecimento social.
importante notar que, at aqui, Kant nada menciona a
respeito da felicidade, o que ir aparecer claramente em outras
prelees dos anos setenta, como a Moralphilosophie Collins, por
exemplo, e em 1785 na Grundlegung.
146|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Embora haja na Menschenkunde outra distino da
prudncia, desta vez com relao sabedoria, esta feita em
poucas palavras e no ali aprofundada por Kant. Ele limita-
se a afirmar que a doutrina da sabedoria moral, assim como
a prudncia pragmtica (AA XXV 855). Apesar disso, h um
grau de diferena ntido entre a prudncia e a moral, assim
como entre a prudncia e a habilidade. nas Vorlesungen ber
Philosophische Enzyklopdie que a diferena entre prudncia e
sabedoria ir aparecer com nfase: No h nenhuma relao
natural entre o bom comportamento e a felicidade (p. 67). A
comparao de Kant entre Scrates e Csar indica uma
possvel contradio entre os dois. Quem quiser se comportar
bem, deve agir como Scrates, quem quiser a felicidade, como
Csar. Dito de outro modo, no apenas no h qualquer
relao natural entre felicidade e sabedoria, mas trata-se,
sobretudo, de uma relao de tenso.
A exitosa falta de escrpulos de Csar e a honradez sem
sucesso de Scrates trazem lume, em sua gradao e
unilateralidade incomuns, apenas uma problemtica diante da
qual, na verdade, cada indivduo se v colocado em sua
ao(HINSKE, 1980, p. 93)
pergunta de como se pode adquirir a prudncia
respondida, na Antropologia Mrongovius, atravs de trs
caminhos possveis: a) atravs da prpria experincia, embora
Kant adverte que esta , em parte, sempre tardia e, em parte,
preciso aprender por meio das prprios danos; b) atravs da
observao dos outros, que , segundo ele a mais aconselhvel
ou ainda; c) atravs do aprendizado de certos preceitos que
poderiam servir a uma preparao, os quais so possveis
atravs da experincia de outros homens (Blatt 3). Tais
consideraes permitem uma aproximao com a formulao
apresentada ao final da Anthropologie im pragmatischer Hinsicht:
O resultado final da Antropologia pragmtica com relao
destinao do homem e caracterstica de seu
aprimoramento o seguinte. O homem est destinado por
sua razo a estar em uma sociedade com homens e nela, por
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 147
meio das artes e das cincias, a cultivar-se, a civilizar-se e a
moralizar-se, por maior que seja sua inclinao animalesca a
abandonar-se passivamente aos incentivos da comodidade e
da boa vida que ele chama de felicidade, e em fazer-se
ativamente, em luta com os obstculos que o prendem
rudez de sua natureza, digno da humanidade (VI 678, B 319).
possvel perceber claramente que a antropologia
pragmtica, na medida em que se volta no ao que a natureza
faz do homem, posto que este o objeto de uma antropologia
fisiolgica, e sim ao que ele, enquanto ser livre, faz, pode e deve
fazer de si mesmo, no pode dispensar o contributo da
prudncia. Na preleo Mrongovius ele atesta claramente que a
antropologia chama-se pragmtica quando ela serve no para a
erudio mas para a prudncia. [Die Anthropologie heit pragma-
tisch wenn sie nicht zur Gelehrsamkeit sondern zur Klugheit dient.
(Blatt 3)]. Mas, ao mesmo tempo, no permitido afirmar que
nisso, propriamente, se esgota sua grande finalidade. A
antropologia visa, em ltima instncia, no a prudncia e sim
a moralidade, conforme atesta a o termo deve (VI 399, BA
4). Enquanto o termo pode confere quele ser designado
como livre, a possibilidade de escolher os fins que deseja para
si e aqui estariam considerados at mesmo fins que poderiam
contrariar sua prpria natureza racional (inclinao sensvel),
o deve estabelece um nvel para alm das possibilidades e
escolhas contingentes e independente dos impulsos e
necessidades naturais. No primeiro caso estaramos falando
de um arbitrium brutum e no segundo de um arbitrium liberum
12
.
A felicidade passa ser relacionada prudncia na
metade dos anos setenta. Ela concebida, de acordo com
Schwaiger (2002, p. 153) luz da tradio wolffiana e,
conforme mencionado anteriormente, ope-se, de certa
maneira, ao papel atribudo a ela por Baumgarten. Enquanto
para Baumgarten a prudncia tematizada no mbito
teolgico e relacionada sabedoria divina, para Wolff ela est
situada no campo dos deveres dos seres humanos para
12
Cf. KrV, B 830.
148|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
consigo mesmo e, com isso, relacionada aos fins e meios da
ao. Na Moralphilosophie Collins conferida prudncia,
portanto, uma dupla tarefa:
s regras da prudncia sero exigidas duas coisas: estabelecer
elas mesmas o fim e o uso dos meios para este fim. Pertence
a isso uma regra de julgamento daquilo que pertence
felicidade e a regra do uso dos meios para esta felicidade. A
prudncia , pois, uma capacidade de determinar o fim e
tambm os meios de modo suficiente. (AA XXVII, 246)
A passagem citada evidencia algo que Kant ir
confirmar mais tarde na GMS, isto , que a prudncia indica
uma ao interessada e este interesse no de qualquer
natureza, mas trata-se da felicidade. Outro aspecto interessante
a meno regra de julgamento. Aqui a passagem
coincide com o que Kant menciona a respeito da formao
escolstica, que visa a habilidade e a prudncia, isto , a
faculdade de julgar como habilidade aplicada aos homens (AA
XV 800, Refl. 1502a). Tambm no interior da primeira crtica
(no captulo sobre o Cnone da razo pura) a distino entre
prudncia e moralidade esclarecida:
Prtico tudo aquilo que possvel pela liberdade. Mas se as
condies de exerccio do nosso livre arbtrio so empricas,
a razo s pode ter, nesse caso, um uso regulador e apenas
pode servir para efetuar a unidade de leis empricas; assim, na
doutrina da prudncia, a unificao de todos os fins, dados
pelas nossas inclinaes num fim nico, a felicidade, e a
concordncia dos meios para a alcanar constituem toda a
obra da razo que, para esse efeito, no pode fornecer outra
coisa seno leis pragmticas da nossa livre conduta, prprias
para nos alcanarem os fins reconhecidos pelos sentidos, mas
de nenhum modo leis puras completamente determinadas a
priori. (KrV B 828).
No mbito da Grundlegung esta relao da prudncia
com a felicidade ir resultar da distino entre o imperativo
hipottico e categrico. Ali Kant os caracteriza da seguinte forma:
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 149
...todos os imperativos ordenam ou hipottica- ou
catergoricamente. Os hipotticos representam a necessidade
prtica de uma ao possvel como meio de alcanar qualquer
outra coisa que se quer (ou que possvel que se queira). O
imperativo categrico seria aquele que nos representasse uma
ao como objetivamente necessria por si mesma, sem
relao com qualquer finalidade (IV 43, BA 40)
Seguindo esta distino, Kant argumenta que os
imperativos hipotticos podem nos dizer que a ao boa
em vista de qualquer inteno possvel ou real (Idem, ibid.
BA 40). No primeiro caso trata-se de um princpio
problemtico e no segundo de um princpio assertrico-
prtico. S o imperativo categrico um princpio apodtico,
isto , assegura que a ao seja incondicionalmente necessria
e vlida, sem qualquer outra finalidade. Enquanto a destreza
ou habilidade nos possibilita julgar, num amplo espectro de
meios, quais so os melhores e mais adequados para se atingir
certos fins, h um fim, no entanto (a felicidade), que no
como os demais e, por isso requer uma destreza especial. A
destreza na escolha dos meios para atingir o maior bem-estar
prprio pode-se chamar prudncia [Klugheit] (Idem, ibid. BA
43). Mas dado que, de fato, entre os homens reina tamanha
discordncia sobre o que exatamente a felicidade e, por
conta disso, no saberem se realmente a desejam, parece que
os conselhos de prudncia so muito vagos quanto ao seu
contedo especfico. Deste modo, conforme bem observa
Brandt (2005, p. 109), parece que a prudncia, ao final, no
sabe o que realmente prudente. Com isso acentua-se a
incompatibilidade entre prudncia e moralidade.
2. Prudncia privada e prudncia mundana
Ainda no mbito da Grundlegung Kant estabelece para a
prudncia uma nova caracterizao. No rodap de BA 43 ele
afirma:
150|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
A palavra prudncia tomada em sentido duplo: ou pode
designar a prudncia nas relaes com o mundo, ou a
prudncia privada. A primeira a destreza de uma pessoa no
exerccio de influncia sobre outras para as utilizar para as
suas intenes. A segunda a sagacidade em reunir todas
estas intenes para alcanar uma vantagem pessoal durvel.
A ltima propriamente aquela sobre que reverte mesmo o
valor da primeira, e quem prudente no primeiro sentido
mas no no segundo, desse se poder antes dizer: esperto e
manhoso, mas em suma imprudente.
Pois bem, o que Kant quer dizer aqui com a afirmao
de que a prudncia privada deve ser a meta final da
prudncia mundana? Embora se poderia maliciosamente fixar
a ateno no fragmento utilizar as pessoas para suas intenes e,
com isso, censurar Kant de uma flagrante contradio com
uma das derivaes do imperativo categrico, a saber, aquela
que exige o incondicional tratamento da humanidade na
prpria pessoa e na pessoa dos outros como fim e nunca
como meio, possvel perceber que o que Kant procura
indicar que, em todas as aes e relaes que estabelecemos
de fato, a inteno deve sempre ser submetida ao crivo da
prpria vida como um todo (Lebensganze). E, aqui, a tal idia
remete totalidade de um ser que tem uma dimenso sensvel
mas tambm uma natureza racional, ou uma dimenso
inteligvel. Aquele que nas suas aes faz-se passar por
socivel e de bom trato, mas no o faz segundo um princpio
que possa ser considerado como vlido universalmente (neste
caso, se trataria da frmula da humanidade), no passa de um
farsante. No limite, se poderia afirmar que neste caso a
prudncia mundana de nada serve se no est acompanhada
da prudncia privada. E, embora at mesmo a dissimulao
seja recomendada por Kant, ou seja, enquanto decoro e
discrio, no que se refere aos nossos defeitos, ela seria, no
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 151
caso citado, sinnimo de deslealdade e seria maliciosa
13
. Na
KrV esta questo caracterizada como segue:
H na natureza humana uma certa insinceridade que, no fim
de contas, como tudo o que vem da natureza, deve conter
uma disposio para bons fins. Quero referir-me inclinao
que temos para esconder os verdadeiros sentimentos e
manifestar certos outros, considerados bons e honrosos.
muito certo que os homens por esta inclinao tanto para
ocultar os sentimentos como para tomar uma aparncia que
lhes seja vantajosa, no s se civilizam, como pouco a pouco,
em certa medida, se moralizam, pois no podendo ningum
penetrar atravs do disfarce da decncia, da honorabilidade e
da moralidade, encontra cada qual nos pretensos bons
exemplos, que v sua volta, uma escola de aperfeioamento
para si prprio. Simplesmente, essa disposio para se fazer
passar por melhor do que se , e a exteriorizar sentimentos
que no se possuem, serve apenas provisoriamente para
despojar os homens da sua rudeza e fazer-lhes tomar, pelo
menos ao princpio, as maneiras do bem que conhece;
porque seguidamente, logo que os princpios legtimos se
desenvolveram e se transformaram em modos de pensar,
essa falsidade deve, pouco a pouco, ser combatida com vigor,
pois de outra maneira corrompe o corao e abafa os bons
sentimentos debaixo da erva daninha da boa aparncia. (KrV
B 776).
A prudncia mundana remete para o uso da liberdade
exterior (tal como o direito a ela se refere) enquanto a
prudncia privada a possibilidade de ligar aquela ao a um
princpio orientador da conduta, ainda que pragmtico, isto ,
relacionado a um projeto de vida pessoal. Precisamente aqui a
mencionada vantagem pessoal duradoura no seria outra
coisa que a prpria felicidade ou auto-realizao. Neste
sentido, a prudncia est diretamente relacionada ao
desenvolvimento das prprias capacidades e disposies
naturais do homem. Na preleo de Pedagogia, onde tambm
apresenta suas reflexes sobre como desenvolver as
capacidades e disposies naturais do homem, Kant afirma
13
A este respeito vale conferir algumas passagens que so apresentadas no
escrito Sobre a Pedagogia.
152|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
que a prudncia mundana concerne ao temperamento,
enquanto a moralidade diz respeito ao carter e conclui que
no possvel consolidar o carter sem antes domar as
paixes (VI 747, A 115), algo imprescindvel num ser racional
mas ao mesmo tempo sensvel. Neste sentido, as trs formas
de obrigao da vontade, conforme a caracterizao da
Grundlegung so: regras da destreza, conselhos de prudncia e os
mandamentos ou leis da moralidade
14
. Kant esclarece que o
conselho contm uma necessidade, mas que a mesma vlida
apenas subjetivamente, isto , no se aplica a todo o caso para
todas as pessoas. uma validade relativa e, portanto,
condicionada. Algum pode considerar um meio X mais
adequado que um Y para alcanar a sua felicidade. Deste
modo as trs formas de obrigao da vontade so
denominados: imperativos tcnicos (pertencentes arte);
imperativos pragmticos (dizem respeito ao bem-estar) e os
imperativos morais (que relacionam-se com a livre conduta
geral, ou seja, aos costumes). justamente porque a moral diz
respeito razo pura prtica e no apenas razo prtica em
geral, que a prudncia vista como incompatvel com ela. A
prudncia contm sempre elementos empricos e por isso
deve ser excluda como alternativa para fundamentar a
moralidade. Em torno desta questo, segue o terceiro e ltimo
ponto desta reflexo.
3. Prudncia e moralidade: compatibilidade ou
incompatibilidade?
Para demonstrar, alm do que j foi dito, porque a
prudncia contm elementos empricos de grande relevncia
seguir a explanao de Kant sobre os imperativos. Na
sequncia do esclarecimento sobre os trs tipos de
imperativos (IV 46, BA 44) Kant estabelece que os primeiros
(imperativos tcnicos ou de destreza) so analticos, isto ,
quando algum quer determinado fim, tambm quer o
respectivo meio ou o conjunto deles para alcan-lo. Os
14
Cf. IV 44, B 43.
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 153
imperativos pragmticos ou conselhos de prudncia seriam
igualmente analticos, se a felicidade fosse algo determinvel
objetivamente. Neste caso a eles tambm se aplicaria a mesma
frmula: quem quer o fim, vai querer os meios. E prossegue:
...infelizmente o conceito de felicidade to indeterminado
que, se bem que todo o homem a deseje alcanar, ele nunca
pode dizer ao certo e de acordo consigo mesmo o que que
propriamente deseja e quer. A causa disso que todos os
elementos que pertencem ao conceito de felicidade so na
sua totalidade empricos, quer dizer tm que ser tirados da
experincia, e que portanto para a idia de felicidade
necessrio um todo absoluto, um mximo de bem estar, no
meu estado presente e em todo o futuro. Ora impossvel
que um ser, mesmo o mais perspicaz e simultaneamente o
mais poderoso, mas finito, possa fazer idia exata daquilo
que aqui propriamente quer. (IV 47, BA 46).
Na passagem fica clara a impossibilidade de a felicidade
ser postulada como fim a partir do qual seria deduzido o
princpio para orientar a ao. Isso confirma o que Kant
afirma j na primeira Seo da mesma obra (IV 20, BA 4), ou
seja, se, num ser dotado de razo e vontade a verdadeira
finalidade da natureza fosse a sua conservao, o seu bem
estar, numa palavra a sua felicidade a natureza teria feito uma
pssima escolha ao colocar a razo como executora destas
intenes, pois muito mais eficazes nessa tarefa so os
instintos. De fato, considera ele que quanto mais uma razo
cultivada se consagra ao gozo da vida e da felicidade, tanto
mais o homem se afasta do verdadeiro contentamento
(Idem, ibidem).
A felicidade, portanto, passa a ser considerada
unicamente na perspectiva de um dever indireto (assegurar
cada qual a sua prpria felicidade um dever), na medida em
que a frustrao e a insatisfao duradouras poderiam
degradar o corao do homem e ao final se tornarem uma
fonte para a transgresso de todos os deveres (IV 25, BA 12).
Se h um caso em que se pode falar da felicidade enquanto
fim que tambm um dever, no o da prpria felicidade e
sim com relao ao dever de promover a felicidade dos
154|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
outros, conforme a introduo doutrina da virtude (IV 518,
A 17).
Aquilo que determina o valor moral de uma ao no
o propsito que ela visa atingir, mas unicamente a mxima
que a determina. Isso [n]o pode residir em mais parte
alguma seno no princpio da vontade, abstraindo dos fins
que possam ser realizados por uma tal ao (IV 26, BA 14).
A esta passagem podemos acrescentar outra de grande
relevncia para a rejeio da prudncia, no mbito da KpV:
O princpio da felicidade pode, sem dvida, fornecer
mximas, mas nunca aquelas que serviriam de leis da vontade,
mesmo se se tomasse por objeto a felicidade universal(IV
148, A 63). A prudncia, por seu compromisso com a
felicidade e, portanto, por se orientar a partir das inclinaes
humanas est fora de cogitao no campo da moral. Isto
porque se trataria de um princpio heternomo: no a
vontade livre (princpio da autonomia) que extrai de si mesmo
o princpio do querer, mas este viria de algo externo e, deste
modo, estranho a ela mesma. Por estas razes pode-se afirmar
a existncia de uma clara incompatibilidade entre a prudncia
e a moralidade em Kant.
Por outro lado, o que permitiria uma possvel
compatibilidade entre a prudncia e a moralidade? Para
responder a esta pergunta poderiam ser mencionados dois
tpicos. O primeiro aspecto a destacar estaria contido j na
prpria argumentao da Grundlegung e que depois retomado
na Doutrina da Virtude. Ou seja, a prudncia pode ser um fator
que contribui para o aperfeioamento moral do ser humano,
vale dizer, ela seria no algo contrrio moral, mas
concorreria para sua realizao na medida em que obedece e
orientada pela mesma. Aqui a prudncia, no seria mais
entendida exclusivamente desde o prisma dos imperativos
hipotticos e sim no mbito do dever de cultivar e exercitar os
talentos e capacidades. Neste sentido, Kant argumenta na
Doutrina da Virtude (IV 516, A 15), que:
Se da perfeio correspondente ao homem enquanto tal
(precisamente, humanidade) se diz que um dever em si
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 155
mesmo prop-la como fim, ento h que coloc-la naquilo
que pode ser efeito da sua ao, no no que apenas uma
ddiva que ele precisa agradecer natureza; pois, caso
contrrio, no seria um dever. Ela no pode, pois, ser outra
coisa que o cultivo de suas faculdades (ou das disposies
naturais), entre as quais o entendimento, enquanto faculdade
dos conceitos e, com isso, tambm daqueles que concernem
ao dever, a faculdade suprema; e tambm o cultivo da sua
vontade (modo moral de pensar) de cumprir todos os
deveres em geral.
As disposies naturais (Naturanlage) do ser humano,
que Kant tambm denomina como faculdades (Vermgen), so
descritas na primeira parte do escrito sobre a Religio (IV 672,
B 15) da seguinte maneira: 1) disposio do homem
animalidade, como ente vivo;2) disposio humanidade, como
ente vivo e ao mesmo tempo racional;3) sua personalidade,
como ente racional e ao mesmo tempo responsvel.
A primeira disposio indica a nossa constituio fisio-
lgico-mecnica que, por si s, demonstra a ao da natureza
instintiva em ns. Conservao de si, propagao da espcie e
necessidade da comunidade para defesa e fortalecimento. A
disposio para a humanidade nos permite o desenvolvimento
do senso de comparao com os demais (fundamentalmente
iguais, mas diferentes), o que implica determinada capacidade
de julgamento. Por meio da disposio para a personalidade
podemos desenvolver em ns o respeito pela lei moral, isto ,
podemos nos caracterizar como autnomos, e com isso as-
sumir o que denominamos de responsabilidade por nossas
prprias aes. E Kant complementa:
Todas estas disposies no homem no so apenas (negati-
vamente) boas (no se opem lei moral), mas tambm dis-
posio para o bem (elas promovem o seguimento do mes-
mo). Elas so originais, pois pertencem possibilidade da na-
tureza humana. O homem, verdade, pode precisar das duas
primeiras inoportunamente, mas no pode exterminar ne-
nhuma das mesmas.(IV 675, B 19)
156|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
Daqui se poderia aduzir que a prudncia, ao lado das
demais disposies humanidade, no apenas no se contrape
moral, antes seria uma disposio orientada para o bem. Mas
aqui, todavia, j se estaria tratando a prudncia como uma
capacidade, no mais como atributo ou qualidade que poderia
ser conferido ao, como a moderao, o decoro e respeito.
Isso traz algumas dificuldades na medida em que Kant no
oferece um tratamento explcito de tal questo. Na melhor
das hipteses poderamos acenar para a relao da prudncia
com a civilidade, que Kant estabelece como tarefa da educao
nas prelees de Pedagogia. A educao, de acordo com as
prelees, compreende trs nveis fundamentais, que
consistem segundo Kant: 1. na cultura escolstica ou mecnica,
a qual diz respeito habilidade: , portanto, didtica
(informator); 2. na formao pragmtica, a qual se refere
prudncia; 3. na cultura moral, tendo em vista a moralidade
(VI 712, A 35-36). Aqui, a definio do papel da formao
escolstica (habilidade) coincide, em certa medida, com aquela
realizada na Antropologia Mrongovius (citada anteriormente), isto
, a instruo possibilita ao homem a consecuo dos fins que
ele almeja e lha d um valor em relao a si mesmo. A
educao para a prudncia vista como aquela que prepara o
indivduo para tornar-se cidado e lhe confere um valor
pblico. Desse modo, assim prossegue a explicao, o
homem aprende tanto a tirar partido da sociedade civil para
os seus fins, como conformar-se sociedade (VI 713, A 37).
E, ao final, a formao moral lhe confere um valor que diz
respeito toda espcie humana em seu conjunto.
Na interpretao de Brandt a prudncia poderia ser
compreendida tambm atravs do exerccio ou cultivo da
faculdade de julgar. Se correto afirmar que a faculdade de julgar
precisa de exerccio e que sua carncia designada como
estupidez e no pode ser compensada por qualquer instruo
(s o entendimento pode ser instrudo!) poder-se-ia
estabelecer um paralelo entre a faculdade de julgar e
prudncia (KrV A 133). Nas palavras de Kant:
R o b i n s o n d o s S a n t o s | 157
...assim se manifesta que o entendimento , sem dvida,
suscetvel de ser instrudo e apetrechado por regras, mas que
a faculdade de julgar um talento especial, que no pode de
maneira nenhuma ser ensinado, apenas exercido. Eis por que
ela o cunho do chamado bom senso, cuja falta nenhuma
escola pode suprir. (KrV A 133).
A prudncia, nesta perspectiva, poderia ser educada
ou dirigida desde a moralidade, conforme Brandt. Ou seja,
se ela no proporciona o princpio para a moral ela no
impede que se a realize. Parafraseando uma afirmao do
prprio Kant, se poderia afirmar que a prudncia sem moral
cega e a moral sem a prudncia vazia
15
, o que tambm
nos remete Aristteles, quando conclui em (1144 b, 30-32)
da tica a Nicmacos que no possvel ser um homem de
bem no sentido prprio sem a prudncia, nem ser prudente
sem virtude moral
16
.
Consideraes finais
A partir das consideraes feitas acima cujo objetivo
primeiro consistia mais em apontar para algumas formulaes
e, com isso, demonstrar o problema da prudncia em relao
moral ficou claro que em Kant nos permitida a opo
entre dois caminhos principais. O primeiro que aponta na
direo de uma clara incompatibilidade entre prudncia e moral e
o segundo, pelo qual se pode postular uma compatibilidade
entre ambas, entendendo-se a prudncia enquanto
propedutica da moral, para um ser ao mesmo tempo racional
e sensvel.
Neste sentido, Aubenque (2008, p. 324) j afirmava que:
Se Kant exclui da moralidade a prudncia e se recusa a fazer
dela, como os Antigos, uma virtude ou um componente da
virtude, por outro lado, no conceber esta qualidade como
fictcia nem mesmo como negligencivel. Kant deixa aberta
15
Cf. LUCKNER, 2006, p. 208.
16
Agradeo ao meu colega Prof. Joo Hobuss pelas observaes feitas
sobre esta passagem.
158|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
esta possibilidade, quando concede Antropologia a tarefa de
aplicar a moral. Com efeito, na Grundlegung ele deixa clara esta
funo:
Desta maneira toda a moral, que para a sua aplicao aos
homens precisa da Antropologia, ser primeiro exposta
independentemente desta cincia como pura filosofia, quer
dizer como metafsica, e de maneira completa. (IV 40, BA
35)
A prudncia, no mais considerada exclusivamente na
tica dos imperativos hipotticos, compreendida enquanto
ponderao, avaliao, julgamento, numa palavra enquanto
marca caracterstica da civilidade no seria incompatvel com a
moral e, como as demais capacidades humanas, concorreria
para sua realizao num ser que a um tempo racional e
sensvel. Ela faria parte, neste sentido, de uma cultura
propedutica para a moral. A partir desta interpretao pode-
se no s reinvidicar a reabilitao da prudncia em Kant, como
Kersting (2005) e outros intrpretes da filosofia prtica
kantiana, mas tambm abre-se o caminho para explorar um
tema com o qual Kant se viu confrontado desde as primeiras
investidas no campo da filosofia prtica.
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P g i n a |160
P g i n a |161
JUSTIFICAO DAS ILUSES
DA METAFSICA
CONSIDERAES SOBRE
KRV B 294-295
Valerio Rohden
Irrende Seefahrer haben doch gereist.
1
Finitude como fonte da iluso
A crtica transcendental da primeira Crtica de Kant a
crtica de uma iluso dialtica. Em virtude dela, a Dialtica
torna-se o empreendimento total da Critica da razo pura
(KrV), cuja primeira parte, de fundamentao do conheci-
mento da experincia, constitui uma preparao a essa crtica
da razo. No se trata da crtica de um erro formal, mas de
um erro material, ou seja, de uma pretenso metafsica ao
conhecimento de objetos.
As provas ilusrias da metafsica assentam razes na es-
sncia da razo humana: Kant descobriu que as lutas seculares
entre tesmo, atesmo, naturalismo, esprito e matria, liberda-
1
Navegadores errantes, contudo, viajaram (Kant, Reflexionen zur Anthropologie. Refl
187, AA 15/1: 69). As demais abreviaturas de ttulos neste texto sero
usadas de acordo com proposta da Kant-Studien Redaktion, relativa Edio
da Academia, formalmente adotada pela Sociedade Kant Brasileira: Crtica
da razo pura: KrV; Crtica da razo prtica: KpV; Crtica da faculdade do juzo:
KU; Von einem neuerdings erhobenen vornehmen Ton in der Philosophie: VT; An-
tropologia em sentido pragmtico: Anth.
162|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
de e fatalismo tm o seu fundamento na natureza da razo. A
razo humana tem de errar em sua finitude, j no em decor-
rncia de um esprito maligno (Descartes) pois Kant acredi-
tou na capacidade cognitiva da razo humana mas sim em
decorrncia de uma errncia que mesmo depois de esclarecida
persiste como iluso natural.
2
Essa iluso no sofstica,
artificial, formal, nem meramente sobrenatural, pois envolve o
prprio estar do homem no mundo. A novidade da tese de
Kant que essas provas ilusrias radicam na finitude da razo
humana. Segundo Heimsoeth, Kant considerou sempre co-
mo sua descoberta especfica
3
que no se trata propriamente
de um engano ao nvel do supra-sensvel (p. ex., da alma), e
sim ao nvel da condio mundana do homem, portanto, bem
prximo. Por isso em relao s antinomias que melhor se
mostra o corao dessa iluso: ou seja, em relao natureza
racional existindo no mundo.
O erro, contudo, no se situa ao nvel da Erscheinung, do
objeto enquanto intudo. A iluso transcendental d-se num
tempo diverso da realidade emprica. Ela no consiste num
engano ao nvel da percepo sensorial, e sim de nossa com-
preenso. A aparncia sensorial apenas seduz a um erro, for-
mulado sempre ao nvel de um falso juzo. um erro que
comea quando a iluso tica influencia as bases objetivas do
2
Pretendo oportunamente tratar do desdobramento conceitual dessas
diversas formas de iluso (Blendwerk, praestigiae): a iluso natural (Illusion /
illusio), que emprica ou tica, ou transcendental (transzendentaler Schein),
e que jamais cessa; e a iluso artificial (Betrug, engano), cuja magia cessa ao
descobrir-se seu truque. Estes so conceitos esboados na Antropologia em
sentido pragmtico, nas Reflexes sobre a Antropologia, na Dialtica transcenden-
tal da Crtica da razo pura e, privilegiadamente, no texto latino pstumo,
conhecido como Entwurf zu einer Opponenten-Rede / Dorpater Handschrift
(Sobre engano dos sentidos e fico potica). Agradeo a Margit Ruffing e
a Patricia Schwab (Kant-Studien Redaktion) a obteno desse texto em sua
traduo alem. Agradeo igualmente a Gnter Zller (Univesitt Mn-
chen) suas esclarecedoras contribuies nas recentes discusses que man-
tivemos sobre esses conceitos.
3
HEIMSOETH, H. Transzendentale Dialektik. Ein Kommentar zu Kants Kritik
der reinen Vernunft. Berlin: Walter de Gruyter, 1966, v. 1, p. 7.
V a l e r i o R o h d e n | 163
juzo. A razo, no se satisfazendo com o conhecimento sin-
ttico da experincia, transcende-o naturalmente.
Consideraes sobre KrV B 294-295
No presente texto vou limitar-me a algumas considera-
es sobre a primeira alnea da Seo terceira da doutrina
transcendental da capacidade de julgar (ou Analtica dos prin-
cpios), da KrV: Do fundamento da distino de todos os
objetos em geral em phaenomena e noumena.
4
Nessa mesma
passagem tambm se inspirou a pintora Gladys Mariotto para
a criao do logo do Centro de Investigaes Kantianas
(CIK), promotor do presente Colquio sobre tradues de
Kant.
5
Kant escreve a que o entendimento a terra da verda-
de, uma ilha fechada pela natureza em limites imutveis, e que
para alm desses limites circundada por um tempestuoso
oceano, como a prpria sede da iluso (Schein). Esta iluso
reflete-se na imagem de nevoeiro e gelo, que d a impresso
de novas terras, enganando o navegador errante com esperan-
as vs de novas descobertas. Mas mesmo iludindo, a viagem
tem seu lado de entretenimento, pois, nas prprias palavras de
Kant, envolvem-no em aventuras. Trgico que, perdido
nesse nevoeiro espesso, devido ao qual no v claramente
objetos reais, o navegador errante acaba num beco sem sada,
pois no pode desistir da empreitada nem lev-la a termo.
Assim esse oceano da metafsica proporciona uma aventura a
navegadores errantes, que em compensao viajaram (v. a
Reflexo da epgrafe), ainda que por um tempestuoso mar de
iluses. Mas se, conforme outra Reflexo prxima, sem ilu-
so a vida perde todo o atrativo (Refl 247, AA 15/1: 94),
ento no h como em nome da vida no embarcar nesse
navio, ainda mais que ao nvel das iluses da metafsica a via-
4
Veja aqui em apndice a reproduo do pargrafo da KrV, objeto do
presente comentrio.
5
Agradecemos intensamente a Gladys Mariotto a criao e doao desse
logo ao CIF.
164|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
gem oferece atrativos sem fim. Assim a aventura da metafsica
invadida pela vida, cheia de iluses, mas uma viagem atra-
vs de idias que tentam pensar um todo do mundo, como
um alm dos limites estreitos da ilha da verdade. So muito
estreitos mesmo esses limites, j que os fsicos depois de tan-
tos sculos de pesquisa declararam recentemente conhecer at
agora apenas 4% da matria! E sabem isto! A vida da metaf-
sica ento constituda por esse duplo lado de uma tentativa
frustrada, no entanto ldica.
A iluso ento parece de um lado um jogo, que de ou-
tro lado parece enganar-nos. Contudo, como jogo no deve
enganar (betrgen), s iludir (illudere) no seu sentido original
esttico, dominante no sculo 18.
6
Na medida em que se pro-
cura conhecer o aparentemente ilimitado, ele ilude com vs
esperanas de sucesso. Se enganador, o jogo da metafsica
no se indentifica com um jogo esttico, que segundo Kant
transparente.
Primeira das artes, porque envolve todas as faculdades,
a poesia joga com a aparncia que ela produz vontade, sem
contudo enganar atravs disso, pois ela declara a sua prpria
ocupao como um simples jogo, que, no entanto, pode ser
utilizado conformemente a fins pelo entendimento e seu of-
cio (KU AA 05: 327).
7
A arte no engana, ela simplesmente
joga, entretm e estimula maximamente as foras vitais, no
s fisicamente como numa partida de futebol ou na academia,
mas tambm e sobretudo reflexivamente a arte mostra-se na
reflexo, a meia distncia no s entre sensibilidade e enten-
dimento, mas tambm entre entendimento e razo, ou seja, a
arte joga com a metafsica, no de uma forma ilusria e sim de
uma forma transparente e vital.
Na metafsica partimos de fenmenos; contudo, ao in-
vs de nos determos neles, encetamos viagem pensando lo-
grar uma determinao completa deles, ou seja, do seu em si.
6
Cf. PAUL, H. Deutsches Wrterbuch. Tbingen: Niemeyer, 1992, p.426,
sobre o termo Illusion.
7
Cf. KANT, I. Crtica da faculdade do juzo. Trad. Valerio Rohden e Antnio
Marques. Rio: Forense, 1993, p.171.
V a l e r i o R o h d e n | 165
A arte, ao invs, se entretm com fenmenos de uma maneira
que no nem a do entendimento nem a da razo terica: ela
contempla e ajuza a natureza como fenmeno segundo pon-
tos de vista que ela no oferece por si na experincia nem ao
sentido nem ao entendimento e, portanto, para utiliz-la (...)
como esquema do supra-sensvel (KU AA 05: 326, trad.
bras. p.171). De fato, os conceitos com os quais ela joga so
ideias do supra-sensvel, mas segundo a dialtica da KU esse
supra-sensvel visualizado apenas por uma pequena janela
que abrimos, e unicamente para a ideia da liberdade a partir de
um interesse prtico. Da que a ideia de liberdade nutre essen-
cialmente a arte; a partir dela que se entendem tanto o jogo
da arte quanto o jogo da metafsica, ou seja, as iluses que, se
de um lado, se frustram teoricamente enquanto nos deixamos
enganar por elas, por outro lado, constituem a prpria atrao
da viagem pelo oceano tempestuoso da metafsica. Logo, a
experincia esttica com as iluses metafsicas tem de ser de-
terminada como sublime. Desde a janela para o supra-
sensvel, que descortinamos mediante a ideia de liberdade, a
arte joga com a liberdade (cf. KU AA 05: 326, trad. bras. p.
171); a liberdade que nesse jogo fortalece o nimo, nutrin-
do-o de vida, para buscar adiante, como navegador errante, o
que teoricamente s se apresenta como iluso. um jogo
duplo: podemos dizer que a metafsica deixa-se motivar ao
mesmo tempo em perspectiva esttica e prtica, de um lado
do ponto de vista da moral, na medida em que a experincia
prtica gera problemas que a teoria no consegue solucionar
e, de outro lado, descobrindo nessa viagem os atrativos que a
ideia de liberdade deixa descortinar. Talvez com isso comea-
remos a entender melhor por que o juzo de gosto produz a
intermediao entre teoria e prtica. o prazer no jogo da
metafsica mediante as iluses que os nevoeiros de seu oceano
produzem, no permitindo visualizar claramente seus objetos,
que seduz a razo a confundir o sensvel e o intelectual, ge-
rando juzos falsos sobre a realidade em si, transgredindo os
limites que a sensibilidade impusera ao entendimento para o
fim de juzos objetivos. Descobrimos que somos literalmente
166|C r t i c a d a r a z o t r a d u t o r a
seduzidos pelas ideias metafsicas, a ponto de esta fazer ana-
logia com uma amante que no conseguimos deixar: Pode-
mos estar seguros que sempre retornaremos metafsica, co-
mo se se tratasse de uma amada com a qual nos desavira-
mos (KrV B 878). Ns amamos o jogo de suas iluses. Por-
tanto, tampouco as ideias sero capazes de atrair-nos se elas
no nos seduzem mediante a iluso de sua pretensa determi-
nao objetiva. preciso ter presente que essa experincia
esttica da seduo metafsica tem lugar na mais profunda
relao com a sensibilidade. Assim como a msica a arte que
mais vivifica os sentidos, tambm as ideias metafsicas vivifi-
cam os sentidos, numa estreita unio de alma e corpo. Se no
houvesse ideias animando os sentidos, tampouco se entende-
ria segundo o Kant da Antropologia como uma improvisao
musical inconscientemente conduzida a um completo bom
termo (cf. Anth AA 07: 136). Se no houvesse essa interpene-
trao do som pelo entendimento, tampouco entenderamos
essa extrema vivificao dos sentidos pela msica e a alma
como princpio vivificador, e sobre a qual ele diz que ela
zugleich ein freies sich selbst bestimmendes Wesen (ao mesmo tempo
um ente livre que se determina a si mesmo).
8
Por isso Kant
dir que o que Pitgoras teria tido em mente, mediante a sua
teoria da msica das esferas, era dizer que a matria em l-
tima anlise movida pela liberdade. Creio que Kant pense essa
unio de natureza e liberdade a um nvel esttico. Portanto,
ao nvel da iluso como jogo esttico que alma e corpo esto
unidos de um modo feliz de viver. Mas uma unio que inclui
reflexo, mais do que uma imediata fuso dionisaca, mstica e
ertica. A experincia esttica inclui um distanciamento refle-
xivo, e s assim consegue instalar-se como perspectiva de
mundo e de humanidade, ou seja de comunicabilidade univer-
sal, a um nvel que reunifica teoria e prtica. Se a viagem me-
tafsica invade um nevoeiro em que j no discernimos obje-
tos, ento s podemos navegar sem rumo num cenrio sem
cores para discernir e determinar os objetos.
8
KANT, I. Von einem neuerdings erhobenen vornehmen Ton in der Philosophie.
AA 08: 392.
V a l e r i o R o h d e n | 167
Ento at aqui vimos que a iluso da metafsica no
isenta de aventura. Sem isso ela no bastaria a ns entes fini-
tos, que para conhecer ou mesmo para fazer metafsica neces-
sitamos da emoo da viagem rumo s ideias, em que supo-
mos encontrar a chave do segredo do universo e do transcen-
dente em geral. Mas nem o desejo prtico, em que a faculdade
de apetio descobre a carncia da fora para tornar realidade
o objeto representado, jamais mera iluso (Kant explicou
isso no Apndice 2