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Agostino,

Esegesi biblica
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Introduzione generale
Bertrand de Margerie sostiene che, alla base del pensiero di Ambrogio, ci sia la convinzione che lesegesi biblica sia lattivit principale del cristiano, lattivit umana per eccelenza1. Tale giudizio sarebbe confermato da due grandi esponenti del V secolo: Cirillo di Alessandria e Agostino dIppona. I. Condizioni generali dellesegesi cristiana verso il 400: 1. Testo base. Il testo base usato in questo periodo in Oriente la versione della Settanta (LXX). Gi da tempo circolavano probabilmente altre versioni greche, che avevano nomi ebraici, riportati da Origene e da Eusebio. Il testo greco della LXX considerato ispirato, alla pari della parola di Dio. In Occidente la situazione notevolmente diversa. San Girolamo il primo autore latino che affronta il problema della traduzione e valorizza la ueritas hebraica. 2. Scopo dellinterpretazione. Fin dallantichit si interpretano i testi poetici, filosofici e storici a partire da una doppia prospettiva: a. Dal punto di vista estetico (retorico): delectare; b. Sotto il profilo morale: prodesse. Ladagio delectare et prodesse risponde ai canoni della retorica ed finalizzato, da un lato, a difendere tramite lallegoria la religione mitica, posta a fondamento della vita morale; dallaltro, ad attirare la curiosit e lammirazione dellascoltatore (Studer). Luso del linguaggio figurato in ambito scritturistico, secondo gli esegeti del V secolo, serve ad aumentare la delectatio da parte dellinterprete e del lettore. In effetti, pi ci si diletta del testo, pi si cerca di scoprirne il significato nascosto, al fine di individuare lintenzione dellautore sacro e il contenuto morale soggiacente, cio il prodesse (lutilitas), che serve a perfezionare lanima di chi legge o studia la sacra Scrittura. A questa duplice finalit corrisponde per certi versi, in ambito cristiano, linteresse dogmatico e morale. Lesegeta cerca infatti di scoprire nei testi sacri il mistero divino, la bellezza del Logos, la ratio sacramenti, e, al tempo stesso, di ricavarne un esempio (paradeigma, exemplum) di vita. Sotto questo profilo, lesegesi cristiana si propone di consolare e di edificare. Si tratta, in ogni caso, di interpretazioni mirate, volte cio a difendere e a chiarire la fede in Dio, il quale ha parlato nei profeti, negli apostoli, e soprattutto in Cristo. La stessa aspirazione alla salvezza, mediante la gnosi, incentiva la meditazione della Bibbia. Va per notato che ogni lettura del testo sacro interessata, in quanto mira, almeno tendenzialmente, ad attualizzarlo. 3. Metodo interpretativo Conformemente ai canoni della filologia antica, il metodo interpretativo (ermeneutica) rimasto immutato fino al V secolo. Esso comprende quattro elementi costitutivi:
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Cf. B. de Margerie, Introduction lhistoire de lxgse, vol. 2, p. 140.

a) Emendatio, b) Lectio, c) Interpretatio, d) Iudicium. Questi diversi aspetti dellinterpretazione biblica sono analizzati dal Maruou in funzione della formazione intelletuale di Agostino. Sulla base dei dati raccolti, egli si convince che linterpretazione dei testi biblici, finalizzata al giudizio estetico e morale, non pu fermarsi alla lettera. Lesegesi tenderebbe infatti ad attualizzare il testo, cio a sottolineare limportanza che esso ha per noi e per la nostra salvezza, e, quindi, a individuare il senso profondo, non sempre coincidente con quello inteso dallautore sacro. In tale prospettiva, gli esegeti dei primi secoli hanno individuato quattro metodi interpretativi, che ritroviamo, almeno in parte, nel V secolo: Il metodo sinagogale dei testimonia (dimostrazione basata sulle testimonianze di persone autorevoli; lutilizzo delle auctoritates o della testimonianza dei martyres dei primi secoli); Il metodo tipologico (si basa sul confronto tra due avvenimenti, dei quali il secondo ripete in qualche modo il primo). Un tipico esempio rappresentato dallistituzione veterotestamentaria del sabato, che simboleggia e prefigura la requies escatologica (il riposo eterno); La dimostrazione profetica (dice relazione con il compimento di una predizione); Lesegesi allegorica (la ricerca, dietro le affermazioni storiche o mitiche, delle verit fondamentali sulla vita, sullanima, sulla cosmologia).

Non facile trovare raggruppati tutti questi metodi, in modo da metterli a confronto tra loro e da giungere cos a una sintesi unitaria. Origene, ad es., considera metodi dinterpretazione della Scrittura il senso storico, il senso morale e il senso mistico, e, in maniera analoga, procede anche il vescovo di Milano, Ambrogio. Esegeti moderni oppongono la lettera al senso cristologico e antropologico; da parte nostra, noi possiamo distinguere fra lettera (senso ovvio, o, comunque, quello inteso dallautore sacro), e spirito (senso nascosto, pi profondo), finalizzato allattualizzazione del testo. Basil Studer ha suggerito di tralasciare la distinzione tra lettera e spirito e di procedere con un metodo interpretativo unitario, che preveda comunque il passaggio dalla lettera allo spirito. 4. Generi letterari seguiti in ambito esegetico Sotto linflusso della filologia classica, gli esegeti cristiani hanno generalmente seguito quattro generi letterari, che sopravvivono fino alla prima met del V secolo: a. Quaestiones et responsiones Sono quesiti che intendono rispondere alle difficolt che si ricavano dai testi sacri e che possono provenire sia sia dagli avversari della fede cristiana, come Celso e Porfirio, sia dagli autori cristiani, come Origene e Agostino (vedi, Schublin 51-55). b. Scholia 3

Si tratta di spiegazioni brevi, non continue, scritte a margine delle colonne o delle pagine del testo. Cicerone stesso testimonia la presenza di scholia, ossia osservazioni e/o spiegazioni. c. Commenti o Hypomneumata Sono spiegazioni continue, trasmesse in libri separati. Gi in epoca imperiale, si stillano estratti di testi antichi di poeti o filosofi, divulgandoli poi sotto forma di nuovi commenti. Gli esegeti cristiani, a partire da Origene, riprendono questo genere letterario e lo applicano alla spiegazione della Bibbia. Sulle orme degli antichi, si fanno precedere i commenti da una o pi introduzioni, in cui, secondo le regole comuni, viene spiegato il titolo, largomento, lo scopo che lautore si prefigge, il numero dei libri, la struttura dellopera e lutilit che essa si prefigge di raggiungere sul piano spirituale (vedi, Schublin 66-72). Segue quindi la spiegazione, frase per frase, anzi, parola per parola. Tali interpretazioni di tipo analitico vengono poi completate da excursus (Akolouthia o coerenza logica del testo) di carattere storico, letterario e soprattutto dogmatico-apologetico. Si fa qui prevalentemente riferimento a spiegazioni fatte in precedenza (vedi, Girolamo e Cirillo), che entreranno, pi tardi, nel genere delle catenae. d. Trattati metodologici Si predispongono, a partire da Origene, trattazioni di carattere metodologico, che fungono da introduzioni allesegesi, oppure si esaminano i diversi aspetti dellermeneutica. Autori greci coevi ci ragguagliano sui titoli di alcune opere perdute: Diodoro, Sulla differenza fra theoria ed allegoria; Teodoro di Mopsuestia, Contro gli allegoristi (contro Origene). Tali titoli si basano essenzialmente sulla distinzione fra scuola alessandrina e scuola antiochena, e attestano, indirettamente, lesistenza di un dibattito sul piano ermeneutico. Segnalo, in proposito, il titolo di unopera significativa: Adriano: Introduzione alle Scritture Sacre (PG 98.1273-1312), trattato risalente probabilmente alla prima met del V secolo (vedi, Schublin 138-222). Siro di nascita, Adriano, noto anche come esegeta della scuola di Antiochia, verosimilmente da identificare con lomonimo destinatario di tre lettere, inviate da San Nilo. Il suo nome inserito da Cassiodoro tra gli introductores scripturae diuinae, dopo Ticonio e Agostino, e prima di Eucherio e Giuliano. Il medesimo inoltre autore di una introduzione alla Sacra Scrittura in lingua greca, che costituisce una sorta di ermeneutica biblica. Il termine eisagogh, che compare qui per la prima volta come titolo di un libro, indica il significato superiore del testo sacro. In tre sezioni, Adriano raggruppa gli antropomorfismi catalogandoli sulla base di alcune figure retoriche: parola, costrutto, completate da una breve recensione sul genere letterario dei tropi. Lopera, che rivela profonda conoscenza della lingua e singolare originalit nella distinzione delle figure retoriche, costituisce un interessante strumento dinterpretazione della Scrittura. e. Subsidia Analogamente agli autori profani, gli scrittori cristiani dispongono, gi da secoli, di lessici, cio di glossari e dizionari di realia, strumenti utili per spiegare il significato dei termini, dei nomi di persone e di luoghi, la geografia, le piante, gli animali, ecc. Da punto di vista storico, si fa 4

ricorso alle opere di Giuseppe Flavio, di Erodoto, e di altri. Al V secolo risale il cosiddetto Glossario di Cirillo, ripreso da Esichio nel suo Dizionario.

II. Prassi esegetica di Cirillo dAlessandria A. Formazione intellettuale


Nipote di Teofilo, vescovo di Alessandria, Cirillo riceve una completa formazione intellettuale, come risulta dalle sue opere, soprattutto quelle composte prima del 429, e dal Contra Julianum. 1. Formazione retorica Cirillo si forma sui classici, conosce il latino e mostra grande padronanza della lingua greca, soprattutto del vocabolario (ma meno dello stile). I suoi scritti abbondano di citazioni classiche e testimoniano la predilezione per il genere letterario del dialogo. Tenendo conto di questi fattori, si pu meglio valutare la sua innata avversione nei confronti dellarte retorica. 2. Formazione filosofica Alcune prese di posizione negative nei confronti della filosofia si spiegano a partire dalla sua avversione verso gli eretici e i pagani in genere. Si tratta per lo pi di luoghi comuni, ripresi dalla tradizione precedente, come ad esempio le invettive contro Epicuro e contro Aristotele. Ma nei suoi scritti non manca lesaltazione della filosofia, raffigurata da Agar, simbolo dellancella; si veda anche il richiamo al tema dei tesori asportati dagli ebrei durante la fuga dallEgitto. Per ragioni polemiche quindi (soprattutto, anti-eunomiane), Cirillo fa ricorso alla filosofia gi prima del 429 e, nella caratterizzazione della filosofia, segue sostanzialmente Origene, il quale se ne serve solo per ragioni polemiche, quando costretto. 3. Formazione teologica Cirillo si mostra prevenuto nei confronti di Didimo, esponente di spicco della teologia alessandrina dellepoca. Ci dovuto principalmente allantiorigenismo di Teofilo, che esprime un giudizio di condanna nei confronti della filosofia e della cultura classica in genere. Formatosi in ambienti monastici, privilegia, sotto il profilo scritturistico, gli scritti di Paolo e a Giovanni; legge i commentari biblici dei suoi predecessori, che per non nomina. E, solo dopo il 429, approfondisce lo studio dei Padri. Manifesta scarso senso critico, poich non sa riconoscere le falsificazioni apollinariste. La sua formazione teologica appare per, tutto sommato, soddisfacente e completa.

B. Esegesi
Cirillo eccelle pi come teologo, che come esegeta. Sotto il profilo ermeneutico, egli si serve di tutti i mezzi a sua disposizione: argomentazione scritturistica, filosofica e patristica, mostrandosi cos un vero e proprio innovatore. Approfondisce, infatti, lo studio della Bibbia come Parola di Dio, in funzione delle sue dimostrazioni di carattere teologico. 1. Opere esegetiche Le opere esegetiche di Cirillo appartengono principalmente al primo periodo dellattivit letteraria, caratterizzata da una presa di posizione polemica contro gli ebrei, i pagani e gli ariani. Lautore difende il mistero di Cristo e, mediante 5

un nutrito dossier di testi vetero e neo-testamentari, confuta le obiezioni contro il VT e dimostra che Cristo vero Dio, escludendo cos la teoria dei due figli. Da un punto di vista generale, lesegesi di Cirillo appare per pi vicina a quella degli antiocheni che non a quella di Didimo. Composte in una grande metropoli dellimpero romano, le sue opere esegetiche attestano lo spirito ecumenico dellautore. Parimenti ad Eusebio e a Girolamo, Cirillo ricorre alla prova profetica per dimostrare che ci che stato preannunciato dai profeti si compie nella Pax romana. Pur contrapponendo sistematicamente la propria interpretazione della Bibbia a quella degli antiocheni, egli si mostra in realt pi vicino a questi ultimi di quanto a prima vista non possa sembrare. Segnaliamo, in proposito, una triplice serie di opere: a. De adoratione et cultu in spiritu et ueritate, in 17 libri: si tratta di uninterpretazione allegorico-tipologica di testi veterotestamentari, di tipo moraleggiante. Vi si esaminano le prefigurazioni della vera adorazione, che trovano compimento nel Nuovo Testamento. b. Glaphyra o commenti eleganti: sono interpretazioni tipologiche di passi scelti dellAntico Testamento (secondo lordine dei libri), letti e interpretati secondo i principali avvenimenti della vita di Ges. Potrebbe essere intitolato: Il mistero del Cristo prefigurato (PG 69.317). c. Commenti su Isaia e sui profeti minori. uninterpretazione del libro di Isaia secondo la storia e secondo lo spirito. Cirillo segue le orme dei suoi predecessori. Vi si trovano anche frammenti di altri commenti a libri profetici. d. Sulla Trinit e Commento al vangelo di Giovanni, di tendenza dogmatica, in funzione polemica contro gli ariani. Il secondo scritto databile presumibilmente al 425. In ogni caso, sembra sia stato composto prima del 429, per cui sarebbe contemporaneo al commento di Agostino sul Vangelo di Giovanni. 2. Principi di esegesi Alla base dellesegesi di Cirillo c la nota distinzione tra historia e theoria, che corrisponde allaltro parametro di confronto tra interpretazione letterale e spirituale. Cirillo usa una terminologia specifica: lhistoria linterpretazione terrestre, materiale, quindi, di qualit inferiore; la theoria , invece, quella vera e spirituale, di ordine superiore. La medesima distinzione si ritrova in Agostino e sta alla base della sua contrapposizione tra i signa e le res. Due sono i modi di conoscenza, conformemente allo schema platonico: le cose sensibili e quelle intellegibili. Questo stesso schema ripreso da Agostino e da altri padri greci e latini del periodo aureo dellet patristica. Linterpretazione storico-letterale corrisponde alla conoscenza sensibile, visibile, uditiva, e rispecchia, quindi, lesperienza ordinaria. Linterpretazione spirituale, invece, quella riservata ai perfetti, ai pi dotati intellettualmente, e riguarda la conoscenza del mistero di Cristo. Pur prediligendo la theoria come senso superiore, Cirillo esige che si valorizzi il senso storico. Possiamo dunque dire che il modo, con cui egli giustifica il senso spirituale, dimostra che ha capito, meglio dei suoi predecessori alessandrini, il valore fondante della storia, presupposto indispensabile per giungere ad una interpretazione adeguata della Scrittura come parola di Dio. 3. Fonti dellesegesi 6

Nellinterpretazione della Sacra Scrittura, Cirillo segue normalmente le orme dei suoi predecessori, di cui tuttavia, conformemente alla prassi del tempo, non indica i nomi. Ma, pur ignorando le fonti patristiche di riferimento, possibile, in taluni casi, risalire agli autori da cui attinge: Eusebio, Basilio, Girolamo, Teodoreto. Non compare quasi mai Didimo, che Cirillo cita in genere solamente per contestarlo. Confronta inoltre tra loro le diverse opinioni (vedi, Kerrigan 351-61). Lorigine della theoria invece pi difficile da dimostrare. Lermeneutica di Cirillo , in effetti, molto complessa. Analogamente alla visione alessandrina del mondo, il duplice senso della Scrittura fondato sulla distinzione fra le cose sensibili e quelle intellegibili, delle quali le prime acquistano valore di segno. Sulle orme degli Alessandrini, Cirillo riferisce le istituzioni e gli eventi veterotestamentari al mistero di Cristo, senza per collegarli con i singoli fatti della vicenda di Ges, prendendo in questo le distanze Origene. Possiamo dunque dire che nellesegesi di Cirillo sono presenti anche elementi non tipicamente alessandrini, come linsistenza sullo scopo inteso dallautore (vedi, Kerrigan 87-108).

C. Valutazione dellesegesi biblica di Cirillo


1. Un alessandrino progressista Conformemente allesegesi alessandrina tradizionale, Cirillo insiste sullesegesi spirituale e sul mistero del Logos. Ma diversamente dagli alessandrini, rifiuta di considerare tutti i particolari del Antico Testamento come prefigurazione di Cristo e della Chiesa. La theoria consiste, secondo lui, in una visione profetica delle cose future (diversamente dagli antiocheni, da Girolamo e da Giuliano di Eclano). Egli dimostra, in ogni caso, maggiore interesse, rispetto agli altri Alessandrini, nei confronti delle realt storiche (realia). Per cui si mostra, per certi versi, pi vicino agli antiocheni che non agli alessandrini, suoi predecessori, perch riconosce la necessit del senso storico. Presenta inoltre interpretazioni poco originali, in quanto segue in maniera pedissequa le spiegazioni altrui. Certamente meno critico di Girolamo e Teodoreto. Infine, non valorizza la ueritas hebraica, come Girolamo. Si serve del metodo allegorico, soprattutto quando procede allinterpretazione dei testi profetici dellAntico Testamento. 2. Fortemente allegorizzante (vedi, Kerrigan 446-61) Nonostante il suo interesse per il senso storico, Cirillo rimane tutto sommato un autore fortemente allegorizzante e si mostra pi interessato dei suoi predecessori alla tipologia tradizionale, alla storia di Israele (per la spiritualizzazione progressiva, per leducazione), alla profezia. Cirillo si distingue, inoltre, per la profondit della sua teologia, pi che per la sua esegesi. Nel suo Commento a Isaia, emerge il senso della maest divina, mentre il Commento a Giovanni tutto incentrato sullunit di Cristo. Cirillo viene dunque apprezzato prevalentemente sotto il profilo teologico che (vedi, Fatica).

III. Introduzione allesegesi biblica di Agostino dIppona


Non serve ribadire qui quanto Agostino abbia influito sulla storia del pensiero teologico e della spiritualit cristiana occidentale. opportuno invece richiamare due fatti che, a prescindere dallingegno straordinario del vescovo di Ippona, ci aiutano a comprendere il posto di primo piano, che egli occupa nel panorama storico della Chiesa latina. 1. In primo luogo, in quanto erede della teologia africana e figlio spirituale di Ambrogio, mediatore fra Occidente e Oriente greco, il grande pensatore riunisce in s due mondi diversi, ma altrettanto profondi. 2. In secondo luogo, collocato in un momento cruciale della Chiesa dOccidente, tra la fine dellantichit e la nascita della civilt medievale, egli esercita un influsso notevole sulla vita e sulla teologia della Chiesa cattolica occidentale. Tale influenza incide soprattutto sullesegesi latina del Medioevo, che dal suo pensiero riceve i suoi impulsi pi decisivi. Esaminando lesegesi agostiniana, ci rendiamo conto che non possibile esaurire questo argomento estremamente vasto e non ancora sufficientemente esplorato dagli studiosi contemporanei. Non esiste infatti alcuna monografia che affronti in maniera completa ed esaustiva tutti i vari aspetti dellesegesi di Agostino. Occorre pertanto far riferimento a una grande quantit di studi, spesso dispersivi e molto settoriali. Inoltre, per quanto concerne lopera di Agostino, non sufficiente consultare i trattati strettamente esegetici, poich la sua esegesi si traduce in forme diverse, sia per quanto concerne il contenuto sia per quanto riguarda il metodo. NellEp 138, ad es., egli affronta pi che nel De doctrina christiana il problema dellinterpretazione dei passi biblici apparentamente contradittori (vedi, confronto tra AT e NT), una questione che risale alla controversia manichea e che Agostino risolve con lapplicazione della dottrina retorica dellaptum (una uirtus dispositionis in linea con la retorica classica). inoltre di fondamentale importanza lanalisi che egli fa nel De Trinitate (libri, 2-4) delle teofanie veterotestamentarie, e la stessa considerazione del Christus totus nelle Enarrationes in Psalmos. Nel Sermo II dellEnarratio in Psalmos 90,1, come in altri luoghi, Agostino espone la sua dottrina del Christus totus, riguardante cio il Cristo e la Chiesa in tutta la storia della salvezza. Afferma in particolare: Da quella citt, lungi dalla quale viviamo pellegrini, ci sono giunte delle lettere: sono le Scritture che ci esortano a vivere bene - Et de illa ciuitate unde peregrinamur, litterae nobis uenerunt: ipsae sunt scripturae quae nos hortantur ut bene vivamus (NBA XXVII,158s; PL 37,1159). Secondo il santo Dottore, la Scrittura, oltre allIncarnazione, la via che conduce alla citt eterna. I testi sacri ci esortano infatti a vivere bene, e questa la condizione per giungere allunione con Dio. La Scrittura qui definita il discorso di Dio (litterae), pronunciato per mezzo di Cristo, per cui, per certi versi, pu essere considerato anche il nostro discorso, poich noi apparteniamo al corpo di Cristo, il Christus totus. Da questo celebre passo emerge limportanza che Agostino attribuisce alla lettura e allintelligenza della parola di Dio, ma anche quanto il suo modo di leggere e di interpretare la Scrittura dipenda dalla sua concezione teologica. La Bibbia il fondamento imprescindibile della teologia agostiniana. Certamente neppure la Parola necessaria ad salutem, poich appartiene allo stato post-lapsario. Infatti, se luomo 8

non avesse peccato, avrebbe potuto godere, anche senza Scrittura, della visione diretta del Verbo, anticipando cos la visione beatifica. Essenziali, quindi, ai fini della salvezza sono semmai le virt della fede, della speranza e della carit (cf., De doctrina christiana 1.39.43). Daltra parte, pur vero che per poter acquisire le virt evangeliche, attraverso le quali si giunge alla visione di Dio, non si pu prescindere dalla Bibbia. Per cui, come si evince dal passo citato, la Bibbia necessaria, in quanto funzionale alla prospettiva storica della teologia agostiniana. Inoltre, coloro che credono in Cristo costituiscono, insieme con gli angeli, la citt di Dio. Cos mentre quelli, cio gli angeli, godono della verit eterna e aspettano il ritorno degli uomini, questi ultimi sono ancora pellegrini e si affaticano sulla terra. proprio questa fatica che rappresenta la exercitatio mentis, con cui luomo passa dallo studio attento della Bibbia alla conoscenza della caritas dei. Luomo, in effetti, non rimane senza consolazione, poich la Scrittura lo invita a cercare Dio, anzi, la stessa Parola di Dio incarnata,che gli indica la via verso la patria eterna. Ne consegue che la dottrina dellIncarnazione rappresenta per Agostino il fondamento della ratio scritturistica. Essa ci fa capire che Dio si serve dello strumento (letteratura, lettera, signa, segno), cio dellaspetto materiale della Scrittura, analogo a quello assunto dal Verbo, per rivelarsi al mondo. Lunica differenza costituita dal fatto che nella Sacra Scrittura Dio si serve non solo della parola ma anche della stessa struttura letteraria del linguaggio umano e, quindi, degli aspetti figurativi (metafore, enigmi), per invitare luomo a ricercare le verit eterne, che sono difficili da comprendere. Se consideriamo tutti questi aspetti, comprendiamo come non sia sufficiente spiegare linsegnamento esegetico di Agostino e il suo metodo interpretativo. Dobbiamo infatti partire dalla sua teologia, anzi, dallinsieme delle sue esperienze umane, cristiane e sacerdotali. A tutto questo accenneremo, sia pur brevemente, nel contesto storico dellesegesi agostiniana. 1. Contesto storico dellesegesi di Agostino a) Esperienze di vita. Lopera letteraria di Agostino strettamente legata alle vicende della sua vita. Quasi tutti i suoi scritti infatti riflettono le sue ansie e preoccupazioni, le sue lotte e conquiste. Da questo punto di vista, si pu dire che la fase cruciale della sua vita, la sua conversione alla fede in Cristo, Verbo Incarnato, ha influenzato tutta la sua opera e, soprattutto, la sua attivit di carattere esegetico. b) Ricerca della propria identit. In seguito alla lettura dellHortensius di Cicerone, Agostino si sente arso dal desiderio di ricercare la sapienza, che si trova nella beatitudo della ueritas, e non nella uoluptas. La ricerca filosofica non ancora rivolta a Cristo, ma allo studio della filosofia, in continuit con la tradizione antica attestata fin dai tempi di Aristotele. E, quando egli si accosta per la prima volta alla Bibbia, rimane deluso dalla semplicit del linguaggio. La sua stessa adesione al manicheismo dettata dal suo desiderio di trovare una verit certa. In questa prima fase del cammino verso la conversione, il giovane retore rimane profondamente deluso dagli antropomorfismi e dallimmoralit presenti nella Bibbia; professa il razionalismo manicheo e, al tempo stesso, sprofonda nello scetticismo.

c) Conversione. Lincontro con il neoplatonismo milanese, la scoperta della retorica e dellesegesi allegorica di Ambrogio, la lettura di Paolo e di Giovanni, diventano esperienze decisive che contribuiscono alla soluzione della crisi e lo aiutano a trovare alcune risposte certe: - Lauctoritas fidei, come via di salvezza per tutti; - Il valore dellesegesi dellAntico Testamento; - La necessit della purificazione morale per mezzo di Cristo, sulle orme di Paolo. In questa fase cruciale e travagliata della sua esistenza, Agostino deve molto ad Ambrogio e alla sua esegesi biblica, pi di quanto non emerga dagli studi recenti (vedi, Rollero). d) Ministero sacerdotale Dopo la conversione, Agostino approfondisce il tema della fede e affronta, da un lato la polemica antimanichea, dallaltro lo studio della Bibbia e dei commentari biblici. A partire dal 388, egli incomincia a familiarizzarsi con le citazioni bibliche, che diventano pi frequenti nelle sue opere. La svolta biblica si ha tuttavia solo dopo lordinazione sacerdotale (391; cf., Ep 21.3-4). A partire da questo momento, il neoconvertito si dedica con interesse allo studio della Bibbia e, forse, anche dei commentari biblici di Ambrogio. e) Ministero episcopale Durante lepiscopato, Agostino perfeziona lo studio biblico in funzione della predicazione e dellesegesi pratica e kerigmatica. Si dedica inoltre la ricerca teologica, per rispondere alle provocazioni dei pelagiani, e cerca di approfondire le grandi verit di fede, come appare dal trattato De Trinitate. il tempo della maturit.

2. Fonti dellesegesi agostiniana


2.1. Formazione retorica.

Dopo lo studio della grammatica e della retorica, Agostino assume la veste di retore, che gli diventa congeniale a tal punto da caratterizzare tutta la sua opera. Per cui, poco importa se, un anno prima del battesimo, egli rinuncia alla cattedra di retorica a Milano, poich, dentro di s, continua a comportarsi come un retore romano. Questo aspetto va tenuto in debita considerazione, quando si studia lesegesi agostiniana, ed ci che spinge gli studiosi a investigare la sua opera alla ricerca di tracce e principi retorici nella sua ermeneutica e nel suo metodo esegetico. Da questo punto di vista, si pu dire che limpatto retorico nel metodo esegetico di Agostino non stato ancora sufficientemente esplorato, anzi ci che finora si conosce non sono che timidi indizi sullinfluenza del metodo retorico nella sua esegesi. Particolare attenzione stata invece rivolta allallegoria, allo studio delle locuzioni figurate, alla tematica sacramentum et exemplum e al campo figurativo e metaforico. Lambito, che merita di essere meglio approfondito comunque quello riguardante linflusso retorico dellaptum, del decoro, e il concetto della Scritture come eloquia dei, discorso di Dio. In effetti, Agostino adotta per linterpretazione della Bibbia metodi e procedimenti propri dei grammatici e dei retori latini. Anzi, nel De Doctrina christiana, egli presenta 10

una vera e propria teoria cristiana dellinterpretazione biblica. Questopera un trattato di cultura cristiana, orientata non pi verso i classici antichi, ma verso le Sacre Scritture. La pratica e la teoria dellesegesi agostiniana comprendono i seguenti elementi: a. Preparazione remota Per linterpretazione dei testi sacri si richiede la conoscenza della filosofia (la dialettica), delle artes, comprese le scienze e, soprattutto, la conoscenza delle lingue, della storia, della geografia. La retorica, in quanto ars dicendi, serve solo in parte allinterpretazione e, soprattutto, allesposizione dei contenuti dellesegesi, nelle omelie e nei commentari. Terminologia esegetica La scienza biblica di Agostino condizionata dalluso della terminologia retorica latina: historia, ordo rerum, gesta, facta et dicta, exemplum, auctoritas, persona, ecc. (vedi, de Luis). Anche in questo ambito, tuttavia, Agostino non il primo ad introdurre questi termini nellesegesi cristiana. Metodo interpretativo Agostino segue in genere lo schema dinterpretazione classico: lectio, emendatio, enarratio, iudicium (vedi, quanto stato precisato sopra). Linteresse per la frase, anzi, per ogni singola parola, un metodo che caratterizza la stessa esegesi giudaica, che si contradistingue per il suo letteralismo. Conoscenza storica Nellinterpretazione dei testi biblici Agostino cerca di coniugare la cognitio uerborum con la cognitio rerum. Questultima riguarda gli aspetti di carattere storico, che assumono grande rilevanza sia presso i romani, sia presso gli autori biblici, che si servono appunto di exempla. Daltra parte, occorre notare che linteresse storico suppone anche una certa critica. Concezione della Bibbia Agostino considera la Bibbia come Parola di Dio, da comprendersi in senso retorico, cio come discorso, che segue determinate regole di carattere letterario. Torneremo sulle conseguenze di questo modo particolare dintendere la Scrittura. Sfondo neoplatonico La visione neoplatonica del mondo, che ha favorito la conversione di Agostino, esercita la sua influenza lungo tutto il corso della sua opera teologica, e, in particolare della sua esegesi. Emerge qui quel modo tipico di pensare che caratterizza soprattutto i primi scritti, e, a prescindere dal quale, non si riesce a comprendere le opere posteriori. Il testo pi significativo, per capire quanto lesegesi agostiniana sia debitrice dello schema platonico e neoplatonico, il De genesis contra manicheos 2.4.5, un passo molto interessante e ricco, che presenta la Scrittura come Parola di Dio e descrive la condizione delluomo decaduto, che ha bisogno di segni, immagini, e figure per comprendere i misteri divini e le verit eterne contenute nella Sacra Scrittura.
Prima del peccato [], avendo Dio gi creato gli arbusti dei campi e le erbe termini questi che simboleggiano, come abbiamo gi detto, la creatura invisibile - la irrigava con la sorgente interiore, parlando cio alla sua intelligenza; in tal modo essa non riceveva le parole solo esteriormente come una pioggia discendente dalle suddette nubi, ma

b.

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veniva saziata con lacqua sgorgante dalla sua propria sorgente, ossia dallintimit del proprio spirito Quando per lanima veniva irrigata da questa sorgente, non aveva ancora gettato via lintimo del proprio cuore a causa della superbia. Poich l'inizio della superbia dell'uomo allontanarsi da Dio (Eccli 10,14). E poich, gonfiandosi per superbia verso l'esterno, non fu pi irrigato dalla sorgente intima, giustamente l'uomo viene schernito con le parole d'un profeta e gli viene detto: Perch mai s'insuperbisce chi terra e cenere? Nella sua vita infatti gett via il proprio intimo (Eccli 10,9-10). Orbene, che cos'altro la superbia se non abbandonare l'intimo segreto della coscienza e desiderare d'apparire ci che non si ? Ecco perch, affannandosi ormai nella coltivazione della terra, l'uomo ha bisogno delle piogge cadute dalle nubi, cio dell'insegnamento impartito con parole umane, al fine di potere anche, in tal modo, rinverdire sottraendosi all'aridit e diventare di nuovo verzura dei campi. Ma volesse il cielo che accogliesse volentieri dalle stesse nubi anche la pioggia della verit! Poich per farla piovere nostro Signore si degn di assumere la nube della nostra carne, sparse la pioggia del santo Vangelo in larghissima abbondanza e promise altres che, se uno berr dell'acqua di lui, torner a quell'intima sorgente, per non cercare la pioggia al di fuori. Poich egli afferma: Diventer in lui sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14). questa - penso io - la sorgente che sgorgava dalla terra prima del peccato e irrigava tutta la superficie della terra, poich era interiore e non aveva bisogno dellaiuto delle nubi2.

Secondo Agostino, il primo uomo, Adamo, creato ad immagine di Dio, gode nel Paradiso terrestre di una illuminazione immediata di Dio. Incontra cio Dio come amico. Ma il peccato di superbia lo allontana dalla fonte della vita. E, in questa condizione di alienazione, conseguente alla caduta, trovandosi ormai separato dal Verbo divino, finisce per ricercare unicamente il proprio bene egoistico, invece del bene comune, ed esercita lextravisione invece dellintrospezione (corruptio intellectus), desidera cio le cose inferiori invece di quelle superiori (corruptio uoluntatis). Luomo decaduto, e schiavo del peccato, non desidera pi la conoscenza delle verit eterne in se stesse e si diletta (si distrae) delle cose del mondo. Egli non pi in grado di guardare in alto. Locchio del suo cuore guarda ormai verso il basso, verso la terra. Il ritorno al paradiso, al mondo intellegibile, gli precluso ed egli si ritrova privo dellilluminazione. Affinch possa rialzarsi, necessario che Dio lo richiami e lo inviti a ritornare a Lui mediante lintervento/lautorit di Cristo, della Scrittura e della Chiesa (nubes). Oltre al Verbo Incarnato, che rivela le cose divine, diventano per lui fondamentali lautorit della Bibbia e la predicazione della Chiesa, che lo sollecitano a convertirsi e a rientrare in se stesso, per ritrovare, nel proprio cuore, la verit eterna. La Scrittura e la predicazione generano e nutrono la fede, che mediante la carit lo conducono allincontro con Dio. Tale ascesa, che comporta una purificazione continua della mente, non si compie in maniera completa su questa terra. Soltanto in cielo, dove si trova in compagnia degli angeli, luomo potr godere della visione della verit eterna. Egli non pu dunque giungere per mezzo della scienza alla sapienza; solo purificandosi riesce ad unirsi al Cristo-Dio, tramite il Cristo-Uomo. Ritroviamo qui gli elementi neoplatonici, adattati e integrati nella prospettiva cristocentrica, che Agostino elabora, ponendola al vertice del processo epistemologico e del passaggio dalle cose terrene e caduche a quelle eterne. 2.2. Tradizione cristiana

Appartengono alla tradizione cristiana le seguenti verit di fede: Cristo, fonte di illuminazione per la mente; Cristo unico maestro, sia sul piano interiore, nel cuore umano, sia su quello esteriore, riguardante lautorit della Chiesa e la
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De genesis c. manicheos 2,4.5-5.6 (NBA

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bellezza del creato; Cristo, fonte di grazia che mostra la via dellesempio. Anche qui, occorre notare che gli elementi platonici non sono ripresi da Agostino unicamente dalle fonti filosofiche, essendo rinvenibili in tutta la tradizione cristiana (vedi, i contatti con lo gnosticismo in autori come Origene, Ambrogio, Mario Vittorino e altri), nei confronti della quale debitore anche di tutto un retaggio filosofico e retorico. A noi qui interessa evidenziare linflusso di questa tradizione soprattutto per quanto concerne lesegesi. Vedremo in un secondo momento il suo rapporto con Ambrogio, Girolamo, Ticonio, i Padri, il paolinismo del IV secolo e la stessa Bibbia. a. Influsso di Ambrogio e dellambiente milanese La scoperta del senso spirituale della Bibbia e il superamento dellavversione nei confronti del Vecchio Testamento sono dovuti in gran parte ad Ambrogio. Dal vescovo milanese Agostino impara ad interpretare la Bibbia seguendo i criteri dellermeneutica scientifica del tempo e lo fa approfondendo la visione neoplatonica del mondo, e attingendo filoni interpretativi dallesegesi di Basilio, di Origene, di Didimo e di altri. Le tematiche bibliche che maggiormente lo affascinano sono: il Sermone della montagna, i Salmi, il Cantico dei Cantici e il Vangelo di Giovanni. b. Influsso di Girolamo Nonostante i forti contrasti con Girolamo, tra il pastore danime e il filologo erudito si sviluppa un profondo interesse per linterpretazione biblica, ciascuno ovviamente da punti di vista differenti: sulla storicit degli episodi biblici (vedi, il caso dellincidente di Antiochia); sulla veritas hebraica (la LXX non sarebbe ispirata). Cos Agostino impara molto da Girolamo, per quanto concerne le questioni filologiche e storiche, la traduzione e i nomi biblici. c. Influsso di Ticonio Nel De Doctrina christiana Agostino fa riferimento al Liber regularum di Ticonio, donatista e laico molto colto. Ne riprende le regole ermeneutiche, secondo cui, nei testi dellAntico Testamento e, soprattutto, nei Salmi, si possono individuare le persone che parlano, a seconda che se si tratti del Cristo-capo o del Cristo-corpo, e lidea delle duae civitates. d. Incidenza del paolinismo nellesegesi del IV secolo , con particolare riferimento a Mario Vittorino, allAmbrosiaster e a Pelagio. 3. Chiave interpretativa: Deus auctor Scripturarum Agostino segue il principio, ereditato dal giudaismo e dalla tradizione apostolica, che Dio lunico autore delle Scritture, e lo utilizza come argomento polemico soprattutto contro i manichei. E questa sua presa di posizione lo porta a precisare alcuni fondamentali capisaldi dal punto di vista esegetico: 13

a. Inerranza della Bibbia, per cui lesegeta deve spiegare le difficolt e le apparenti contraddizioni; b. Senso del mistero, secondo cui occorre pulsare, et aperietur vobis, additato come principio universale. In base a questo criterio, tutto ci che serve alledificazione della carit stato previsto da Dio, unico autore della Bibbia e della creazione; c. Unit della Bibbia, per cui un testo scritturistico va interpretato alla luce di altri e di tutto il messaggio rivelato. La mancanza di senso storico pertanto compensata da una conoscenza allargata di testi paralleli; d. Bibbia come Parola di Dio, come propedeutica alla fede (auctoritas) e via maestra che conduce allincontro con Cristo e alla conoscenza delle verit eterne (pistis, gnosis, agape).

4. Linee direttrici dellesegesi agostiniana


Tra i fattori dellesegesi di Agostino va considerato in primo luogo lincontro con la cultura filosofica e la retorica. Infatti, se si considera che Agostino stato un retore di formazione, ma un filosofo dingegno, cio che ha operato dentro di s un confronto sistematico e continuo fra aspirazioni filosofiche (suscitate dalla lettura dellHortensius) e impronte della cultura retorica, allora si possono meglio comprendere origine e sviluppi della sua esegesi. Lesito di tale confronto quasi secolare e fecondo, si riscontra soprattutto nel De Doctrina cristiana; quindi, nel De utilitate credendi; inoltre, nel De catechizandis rudibus, nei commenti Sulla Genesi, nel De Trinitate (libri 12 e 13); infine, in alcune lettere (vedi, lEp 55). Si capisce allora perch gli studiosi, che esaminano questi scritti, forniscano elementi/ testimonianze di primo piano sui caratteri della sua esegesi. Da queste ricerche emergono alcune direttrici: a. Senso storico e figurato. Come emerge dal De Genesi ad litteram 1.1.1, e da altri passi della stessa opera, nella narratio rerum (cio nei racconti storici) si possono distinguere due significati: luno secundum rerum gestarum proprietatem e laltro secundum figurarum intellectum, che pu essere figurativo/misterico (mysterium Christi et Ecclesiae) o spirituale (insegnamento morale). Facendo leva su questa distinzione, Agostino sinserisce a pieno titolo nella tradizione cristiana dei sensi della Scrittura. Tuttavia, nel De Genesi ad litteram, Agostino sottolinea, pi chiaramente dei suoi predecessori, che la narratio rerum possiede in s un significato pi profondo, che oltrepassa la storicit dei fatti narrati e riguarda le stesse azioni divine. Quando invece lautore umano racconta un evento o un prodigio di natura divina, non si deve intenderlo in modo semplicemente umano, cio antropomorfico. Tale principio si applica, in modo particolare, al racconto della creazione, in cui, secondo Agostino, si parla della prima creazione del cosmo e del primo uomo, compiuta da Dio in un solo istante (= creazione ideale). Daltra parte, Agostino colloca il senso misterico in prospettiva storicosalvifica, in modo pi ampio di quanto non sia stato fatto dalla tradizione precedente. Egli inserisce cio il mysterium Christi nella prospettiva del Christus totus, e delle duae ciuitates. La testimonianza pi eloquente di questa interpretazione si trova nelle Enarrationes in Psalmos. b. Res et signa 14

Il rapporto delle res narratae con la realt divina, ossia con il mistero di Cristo, un rapporto, basato essenzialmente sul passaggio dal signum alla res. Lo stesso passaggio dai signa alle res basilare nellinterpretazione biblica. La rivelazione di Dio nella storia della salvezza comprende, infatti, facta e dicta, ed consegnata ai uerba della Scrittura. Facta/dicta costituiscono per certi versi una cosa sola con i uerba, che li esprimono. Ora tutta linterpretazione della Bibbia consiste nel passaggio dai signa alle res: dobbiamo cio cercare il senso delle parole e dei fatti della storia della salvezza, espressi attraverso il racconto biblico. Questo passaggio facile nel caso dei signa aperta, in cui la regula fidei offre la chiave interpretativa per comprendere i testi oscuri. Ma tale operazione diventa difficile in presenza di signa obscura, cio ignota, come le lingue straniere, oppure gli ambigua, propri del linguaggio metaforico. Nel primo caso infatti si devono studiare le lingue antiche; nel secondo, invece, si devono studiare i metodi dei grammatici e dei retori. Da ultimo, occorre rifarsi al principio evangelico della fede, che opera mediante la carit. c. Mundus sensibilis et mundus intellectualis. Il rapporto fra signum e res, fra espressione e contenuto, con cui Agostino approfondisce la dottrina tradizionale dei significati della Bibbia, si capisce ulteriormente sullo sfondo filosofico (neoplatonico) del contrasto fra mundus sensibilis, al quale i signa appartengono, e mundus intellegibilis, al quale appartengono le res perfectae. In ambito esegetico, tale contrasto include due problematiche: La prima riguarda limpossibilit per luomo di raggiungere Dio, oppure il mondo intellegibile, soltanto con la ratio. Ci sarebbe, in tal caso, una sola via per luomo, quella della fides, intesa come affidamento a Dio. Per ovviare a questa difficolt relativa alla conoscenza religiosa, Agostino fonda tutto il lavoro esegetico sullamore di Dio e del prossimo. Lesegesi deve essere pertanto utile (utilis, utilitas), per poter comunicare quelle cose di cui dobbiamo godere (frui). Nessun criterio dunque pi importante delledificazione dellamore (vedi, De catechezandis rudibus 4.8; De doctrina christiana 1.35ss). La seconda problematica, pi specificamente esegetica, riguarda il rapporto tra verit eterna e parola scritta. La questione fondamentale riguarda il problema del come la verit eterna e immutabile possa esprimersi nei fatti e nelle parole della rivelazione, e, quindi, nel linguaggio umano della Bibbia. Tentando di rispondere a questo quesito, cruciale per limpostazione platonica non solo dellesegesi ma di tutta la sua teologia, Agostino sviluppa la sua dottrina della dispensatio temporalis: lautorit divina si resa presente in questo tempo, nella storia dIsraele, nellIncarnazione, nella Bibbia, nella Chiesa (nella sua predicazione e nella liturgia), cio si resa presente nel Cristo annunciato, incarnato e sempre presente. E, dal momento che il Cristo, sapienza eterna, si fatto scienza, noi conosciamo la via sicura ed universale per giungere alla verit eterna. In tale prospettiva, secondo cui il Verbo eterno sidentifica con la Scrittura (autorit temporale), si comprende il modo con cui Agostino parla dellinerranza biblica, dellaccordo fra Antico e Nuovo Testamento, del nesso intimo tra Bibbia e tradizione ecclesiastica, e, soprattutto, la sua particolare maniera di rappresentare il Cristo in tutta la Bibbia. Infatti, dal momento che Dio 15

stesso ha parlato per mezzo del suo Verbo nella storia, noi, per poterlo conoscere, disponiamo di un sicuro punto di partenza. d. Quaedam eloquentia. Queste conclusioni poggiano sulla considerazione che la Bibbia per Agostino un discorso (quaedam eloquentia), pronunciato dal pi grande retore, Dio. Infatti, la convinzione che Dio, rivelandosi nella storia e consegnando la sua manifestazione alla testimonianza della Bibbia, ha composto un discorso grandioso ed armonioso, aiuta Agostino non soltanto a superare il contrasto fra mundus sensibilis e mundus intellegibilis, ma anche a spiegare alcune caratteristiche particolari della Bibbia

5. Valutazione conclusiva dellesegesi agostiniana


a. Orientamento pastorale. Globalmmente considerata, lopera esegetica di Agostino presenta un carattere eminentemente pastorale. La sua ricerca in funzione della predicazione, delle risposte da trovare alle difficolt dei fratelli e della ricerca religiosa in generale. In tale ambito, Agostino si lascia guidare da due principi fondamentali: delectare e prodesse: niente che sia indegno di Dio (delectare), e tutto per ledificazione della carit (prodesse). Limiti Difetti di carattere teorico: sono legati alla visione platonica, non del tutto superata, del modo di concepire la presenza di Dio nella storia. Difetti di carattere pratico: sono dovuti a carenze linguistiche, allignoranza dellebraico e allinsufficiente conoscenza del greco (diversamente dalla lingua latina in cui mostra di avere grande padronanza), e alle troppe concessioni allallegorismo. Pregi Agostino elabora una teoria esegetica tutto sommato completa; indica inoltre le regole generali per la recezione del canone della Bibbia e riprende, adattandoli, i criteri dellermeneutica antica, avvalendosi in questo della filosofia della lingua. Infine, approfondisce la visione dellunit della storia della salvezza, dellunit della Bibbia e dellunit dei due Testamenti. 6.

Visione della Scrittura


La Scrittura comprende linsieme dei libri sacri dellAntico e del Nuovo

Testamento.
Nessuno ignora osserva Agostino che la sacra Scrittura costituita da linsieme dei libri della Legge, dei Profeti e dei Vangeli e degli scritti apostolici , ai quali riconosciamo autorit canonica (auctoritate canonica praeditis). Quindi, precisa: le

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leggi, ivi contenute, sia nellAntico che nel Nuovo Testamento, stabiliscono norme per una vita conforme alle esigenze della vera religione (ad vitam piam moresque)3.

La Bibbia parla di Cristo, della sua Chiesa e delle altre verit riguardanti la fede, la vita e il destino delluomo4. Essa insegna alluomo a ricercare il sommo bene (summum bonum), a vivere bene (bene vivere) praticando lamore di Dio e le quattro virt cardinali (giustizia, fortezza, prudenza e temperanza), che culminano nel duplice comandamento della carit.
Questa e lunica perfezione delluomo (una perfectio), con la quale soltanto egli ottiene di godere della pura verit; questa cantano ad una voce i due Testamenti, questa ci raccomandano luno e laltro. A che scopo accusate ancora le Scritture, che non conoscete? Ignorate con quanta incompetenza ve la prendete con Libri che criticano soltanto quelli che non li comprendono e che non possono comprendere solo quelli che li criticano? Poich essi sono tali che a nessuno che li odia consentito di conoscerli e chi li conosce non pu che amarli5.

Dal punto di vista pedagogico-spirituale, la sacra Scrittura si rivolge al cuore delluomo e lo aiuta a riflettere sulle verit eterne e sul senso da dare alla propria esistenza.
[ ] Essa parla in modo da schernire i superbi con la sua sublimit ( altitudine), da atterrire con la sua profondit (profunditate) gli studiosi che riflettono, da saziare gli spiriti grandi con la sua verit (veritate) e nutrire i piccoli con la sua affabilit (affabilitate )6.

Sotto il profilo ermeneutico, la parola di Dio va interpretata. Linterpretatio assume significato di spiegazione letterale e, in tale accezione, diventa sinonimo di traduzione letterale e grammaticale del testo. Questo primo livello interpretativo chiede di essere completato dallexplanatio, che consiste nellintelligenza (intellegere) e nella comprensione (comprehendere) profonda della citazione o pericope biblica, letta nel suo contesto. Conseguentemente lermeneutica si configura come una disciplina, che appartiene da un lato alla filologia, dallaltro al metodo e allarte di interpretare7.

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De Scrip. s. spec. Praef. (NBA X/3,210s). Contr. litt. Petil. 3,6,7 (NBA XV/2,282s). De mor. Eccl. cath. 1,25,46 (NBA XIII/1,74-77). De Gen. ad litt. 5,3,6 (NBA IX/2,238s). Cf. Conf. 12,27,37 e 28,38 (NBA I,438s.440s). Sullargomento si veda: M. Brito Martins, Le projet hermneutique augustinien. I. Hermneutique et interprtation, in Augustiniana 48 (1998) 255-268, soprattutto 264-267.

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7.

Fondamenti dellermeneutica agostiniana: autorit, inerranza e veridicit biblica


Dopo lesperienza manichea8, Il primo passo del giovane Agostino verso la

Chiesa costituito dalla scoperta dellutilit del credere e dellautorit della sacra Scrittura, che lo ha aiutato a reimpostare il rapporto fede-ragione9.
La sacra Scrittura lautorit che occupa il pi alto posto nel cielo anzi la sommit stessa del cielo (in summo et coelesti auctoritatis culmine) e io la legger assolutamente certo e sicuro della sua veridicit10.

Fin dal suo primo approdo alla Chiesa cattolica, egli si mostra assolutamente convinto della indiscussa autorit della sacra Scrittura e della sua inerranza.
Chi non sa che la santa Scrittura, canonica del Vecchio e del Nuovo Testamento contenuta entro limiti ben definiti, e che talmente superiore a tutte le successive lettere dei vescovi, che non assolutamente possibile dubitare e discutere se ci che dice vero e se ci che vi si trova giusto (utrum verum vel utrum rectum )?11. Quindi, aggiunge: [ ] questo timore riverenziale (hunc timorem honoremque deferre) per cui credo in modo fermissimo che nessun autore ha potuto sbagliare nello scrivere, ho imparato ad averlo solamente per i libri della sacra Scrittura ( solis eis Scripturarum libris). Se, quindi, mimbatter in qualche passo di questi libri, che mi dia limpressione dessere in contrasto con la verit, non avr alcun dubbio che ci dipenda dal fatto che o scorretto il manoscritto (mendosum codicem) o il traduttore non ha centrato il senso (interpretem non assecutum) o sono io che non ho capito (me minime intellexisse)12.

La fede non gli appare pi un fatto assurdo, come gli sembrata a 19 anni, n in antagonismo con la ragione. Una luce di certezza ormai sorta nel suo animo: meglio credere in attesa di vedere, piuttosto che restare nelloscurit dellignoranza. Ma la fede suppone unautorit cui affidarsi, e questa autorit Agostino la riconosce nella Scrittura.
Essendo dunque gli uomini troppo deboli (infirmi) per trovare la verit con la sola ragione (liquida ratione), e avendo perci bisogno dellautorit di testi sacri (auctoritate sanctarum Litterarum), io avevo incominciato a credere ormai che non avresti attribuito

Agostino aderisce per ben nove anni alla setta dei Manichei (cf. Conf. 3,6,10: NBA I,64-67; Serm. 51,5,6: NBA XXX/1,12s) e ne condivide i presupposti dottrinali: rigetto dellAntico Testamento, considerato come retaggio del Dio creatore della materia, dominato dal principio del male e infetto di antropomorfismo, e riconoscimento dellautorit del Nuovo. Fautori diretti o indiretti di questo cambiamento sono stati il vescovo Ambrogio di Milano (autunno del 384) e il presbitero Simpliciano e il filosofo Mario Vittorino, che lo ha iniziato alla lettura dei libri dei neoplatonici. Lett. 82,2,5 (NBA XXI,678s). Cf. De ordine 2,9,26 (NBA III/1,322s): [] in ordine di tempo viene prima lautorit (=fede), in ordine di importanza la ragione. De bapt. c. Donat. 2,3,4 (NBA XV/1,318s). Ep. 82,1,3 (NBA XXI,674-677). Cf. De nat. et gratia 61,71 (NBA XVII/1,468s): [ ] Solo agli scritti canonici debbo un assenso incondizionato (solis canonicis debeo sine ulla recusatione consensum).

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unautorit cos eminente (tam excellentem auctoritatem) presso tutti i popoli della terra a quella Scrittura (illi Scripturae), se non avessi desiderato che luomo per suo mezzo credesse in te (per ipsam tibi credi) e per suo mezzo ti cercasse (te quaeri). Dopo le molte spiegazioni accettabili che ne avevo udito, ormai attribuivo le assurdit (absurditatem) che mi solevano urtare in quei testi alla sublimit dei simboli ( ad sacramentorum altitudinem). La loro autorit (auctoritas) mi appariva tanto pi venerabile e degna di fede pura (fide dignior), in quanto si offrivano a qualsiasi lettore (omnibus in proptu), ma serbavano la maest dei loro misteri (secreti sui dignitatem) a una penetrazione pi profonda (in intellectu profundiore). Lestrema chiarezza del linguaggio (verbis apertissimis) e umilt dello stile (humilimo genere loquendi) li rendevano accessibili a tutti, eppure stimolavano lacume (intentionem) di coloro che non sono leggeri di cuore (cf. Eccli 19,4); e se accoglievano nel loro seno aperto lumanit intera, lasciavano passare per anguste fessure (per angusta foramina) fino a te un numero piccolo di persone (cf. Mt 7,13s), molto pi grande tuttavia di quanto non sarebbe stato, se fosse mancato loro un prestigio cos eminente (tanto apice auctoritatis) e una santit cos umile, da attrarre nel proprio grembo le turbe (turbas gremio hauriret)13. Cos mi convincesti che non merita biasimo chi crede nelle tue Scritture, di cui hai radicato tanto profondamente lautorit in quasi tutti i popoli, ma piuttosto chi non vi crede14.

Lincapacit di giungere per via razionale alla conoscenza delle realt invisibili postula lautorit dei testi sacri (auctoritas sanctarum Litterarum), carichi di simbolismo e di prefigurazioni del mistero di Cristo15, in grado di guidare luomo sulla via della verit e della salvezza. Tale convinzione lo porta ad affermare senza mezzi termini la veridicit della Scrittura, che dichiara ormai nessuno, tranne gli infedeli e gli empi, mette in dubbio (quam nemo dubitat)16, e a impegnarsi ad esporla con lintento apologetico di dimostrane linerranza.
Noi ci sforzeremo, nei limiti della nostra capacit e con laiuto [di Dio], di non dar motivo a pensare che nelle Sacre Scritture vi sia qualche assurdit ( aliqua absurditas) o contraddizione (repugnantia) che urti il sentimento del lettore (opinionem lectoris) che, reputando impossibili certi fatti narrati dalla Scrittura, sallontani dalla fede o non vi si accosti17.
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Conf. 6,5,8 (NBA I,154s). Conf. 6,5,7 (NBA I,152s). Cf. L.F. Pizzolato, Studi sullesegesi agostiniana. II. S. Agostino Explanator , in Rivista di storia e letteratura religiosa 4 (1968) 503-548, soprattutto 533-534. De Gen. ad litt. 7,28,42 (NBA IX/2,382s). Si possono legittimamente fare congetture su ci che la Bibbia tace, purch sia messa in evidenza la veridicit della Scrittura (verax ista Scriptura), che senza dubbio verace (procul dubio verax) anche se ci non del tutto chiaro (etiamsi non monstretur) (ib. 5,9.24 (NBA IX/2,256s): De Gen. ad litt. 5,8,23 (NBA IX/2,256s). Cf. De doctr. chr. 3,27,38 (NBA VIII,174-177); Conf. 7,21.27 (NBA I,212s); C. Faustum Man. 11,5 (NBA XIV/1,108-111); Serm. 23,3 (NBA XXIX,.439s): la Scrittura non pu essere smentita, anche se luomo, non comprendendola, devia dalla retta strada.

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Per questo, egli fonda il suo insegnamento sulla parola di Dio, che non solo veritiera, ma nei confronti delluomo si esprime sempre in modo chiaro e franco, avvertendolo del pericolo che corre, quando trasgredisce i comandamenti e si allontana da Dio.
In effetti, la Parola di Dio non ci inganna ( non seducit); una Parola che non tace, non risparmia, non inganna con adulazioni (ulla adulatione). Perci lApostolo dice anche altrove: Sappiatelo e mettetevelo bene in mente: nessun fornicatone o impuro o avaro, che come un idolatra, erediter il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vuote parole (Ef 5,5-6). Non c dunque motivo di lamentarci della Parola di Dio. una Parola assoluta, chiara e franca (aperte ac libere); essa dice che quanti vivono male (qui male vivunt) non appartengono al regno di Dio (ad regnum Dei non pertinere)18.

7.1. Ambiguit della sacra Scrittura (De doctrina christiana) I testi sacri, pur essendo scritti con uno stile diretto e immediato, nascondono pur sempre significati profetici profondi e serbano la maest dei loro misteri a una penetrazione pi profonda stimolando, in tal modo, la ricerca dei pi dotati, i quali, desiderosi di penetrare per le loro anguste fessure, si sforzano di esplorarne le profondit attraverso un procedimento ermeneutico che parte dalla parola, dal piano semantico, e giunge alloggetto (senso proprio) e dalloggetto alla significazione simbolica (senso traslato), dove la lettera e il significato allegorico non sono avvertiti in opposizione, ma in unit19. Linterpretazione figurata (intellegere figurate) del testo costituisce il principio esegetico fondamentale del De doctrina christiana, opera iniziata nel 397 e ripresa, dopo uninterruzione di circa trentanni, nel 42720. Nei primi due libri, Agostino distingue le res, ossia le verit di fede da ricercare nella Scrittura e da accogliere come principi etici del vivere cristiano, dai signa, cio il contenuto simbolico delle parole, le quali, in quanto segni convenzionali, rimandano ad altre realt. Nella concezione filosofica del linguaggio di Agostino, le parole si distinguono in segni propri (propria) e segni traslati (traslata)21. Infine, nel terzo libro, il medesimo affronta la questione dei segni ambigui (ambigua) o ambiguit di linguaggio, che di per s esigono il superamento del senso letterale per giungere a quello spirituale, non sovrapponibile
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De bapt. c. Donat. 4,18.25 (NBA XV/1,424s). Cf. De util. cred. 3,5 (NBA VI/1,178s); G. Ripanti, Agostino teorico dellinterpretazione (Filosofia della Religione, 3), Paideia Editrice, Brescia 1980,13-92, soprattutto 54. Cf. Ripanti, Agostino teorico dellinterpretazione,60. Sulla teoria del segno nel De doctrina christiana di Agostino e sulla distinzione tra signa propria e signa traslata, cf. lo stesso G. Ripanti, Agostino teorico dellinterpretazione,51-58.

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allunico significato inteso dallautore sacro, e, quindi, per sua natura molteplice22. In quanto segno di qualcosaltro e icona della verit che la trascende, la parola rimanda [quindi] da una parte alla verit della cosa che essa esprime, e dallaltra allintellezione della verit da parte di colui che pronuncia la parola23. ovvio quindi che la parola, in quanto segno che rimanda a significati trascendenti, trasmetta la verit significata non in modo univoco ma riflesso, per cui possibile individuare una polisemia o pluralit di significati nel testo biblico, sia dellAntico che del Nuovo Testamento, che linterprete dovr cercare di decodificare, individuando tutte le possibili indicazioni di senso sotto il velo della lettera24. Nellinterpretazione del testo rivelato, occorre in primo luogo ricercare con diligenza lintentio auctoris o il sensus auctoris, ma qualora non si riesca a individuarlo con sufficiente chiarezza, si potr legittimamente accedere a una pluralit di significati, purch si proceda con metodo rigoroso confrontando i passi oscuri con quelli pi manifesti della Scrittura.
Meravigliosamente (magnifice) quindi e salutarmente (salubriter) lo Spirito Santo ha modellato (modificavit) le sante Scritture in modo che con i passi pi manifesti (locis apertioribus) si ovviasse alla fame (fami) [del ricercatore], con i passi pi oscuri (obscurioribus) se ne dissipasse la noia (fastidia). Dai passi oscuri infatti non si ricava altro dico per approssimazione allinfuori di quello che altrove si trova detto in maniera completamente manifesta25.

il metodo seguito da Agostino nel De peccatorum meritis et remissione (412), per rispondere alle difficolt sollevate dai Pelagiani contro il peccato originale.
Anche se non riuscissi a confutare gli argomenti di costoro, io vedo tuttavia che bisogna rimanere attaccati alle verit che nelle Scritture sono evidentissime ( his quae in Scripturis apertissima), perch partendo da queste si svelino le verit oscure ( ex his revelentur oscura)26.

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Cf. V. Grossi, Leggere la Bibbia con S. Agostino [Interpretare la Bibbia oggi, 3.4], Editrice Queriniana, Brescia 1999,78s. G. Mura, Ermeneutica e verit. Storia e problemi della filosofia e dellinterpretazione , Citt Nuova Editrice, Roma 1990,85. Per la particolarit del suo linguaggio, caratterizzato dalla presenza in esso, accanto ad espressioni proprie, di altre metaforiche o traslate (cf. De doctr. christ. III,1,1: NBA VIII,138s), la Scrittura si presta a varie interpretazioni e sollecita pertanto lesegeta a ricercarne il significato nascosto. Daltronde, la stessa scoperta di una molteplicit di significati va considerata positivamente, secondo lIpponense, poich costituisce un nutrimento prezioso per linterprete. De doctr. christ. 2,6.8 (NBA VIII,66s). Sullutilit che si pu ricavare dai passi oscuri della sacra Scrittura, cf. De civ. Dei 11,19, e passim; M. Beuchot, La hermenutica en san Augustin y en la actualidad, in Revista Agostiniana 38 (1997) 139-156, soprattutto 144-147. De pecc. mer. et rem. 3,4,7 (NBA XVII/1,212s).

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La variet delle interpretazioni, dovuta in taluni casi al testo adottato (ebraico, LXX, ecc.), legittima e degna di essere perseguita, purch si armonizzi con la regola di fede27. Infatti, mentre le verit palesi, contenute nella Scrittura e alla portata di tutti, costituiscono una medicina atta a curare le malattie dellanima, in quanto presentano senza veli ci che indispensabile al conseguimento della salvezza, loscurit, che caratterizza molte sue parti, soprattutto dellAT, rientra nel disegno provvidenziale di Dio, volto a suscitare negli spiriti pi versatili il desiderio di scrutarne le profondit:
Tutte le cose nella Scrittura sono cos, ma ce ne sono alcune che vengono maggiormente nascoste e celate (secretius absconduntur) affinch il ricercatore vi si eserciti (ut quaerentes exerceant); altre invece sono poste alla portata immediata (in promptu) come cose palesi (in manifestatione), affinch costituiscano una medicina per quanti lo desiderano (ut desiderantes curent)28.

Partendo dal presupposto che unico autore della Rivelazione Dio, Agostino considera quindi positiva uneventuale interpretazione del testo biblico in disaccordo con lintenzione dellautore sacro.
Chiunque di noi legge, si sforza certamente di penetrare e comprendere lintenzione dellautore che legge (quod voluit ille quem legimus), e quando lo crede veritiero (veridicum), non osa pensare che disse cosa da noi conosciuta o ritenuta falsa (falsum). Mentre, dunque, ciascuno si sforza dintendere le Sacre Scritture secondo le intenzioni del loro scrittore, che male c se vi scopre unintenzione che tu, luce di tutte le menti veritiere (lux omnium veridicarum mentium), mostri per vera, sebbene non fu lintenzione dellautore (non hoc sensist ille)? Eppure fu anchegli nel vero, pur avendo unintenzione diversa da questa29.

Egli avverte tuttavia la necessit di fissare alcune regole di carattere ermeneutico generale, per non allontanarsi dalla verit del senso biblico nei passi in cui il testo si presti a molteplici interpretazioni: anzitutto, chiarire quelli oscuri a partire da quelli chiari30; quindi, accertarsi che linterpretazione di un passo sia conforme alla retta fede.
Quando dalle stesse parole della Scrittura non si ricava un senso solo ma due o pi (non unum, sed duo vel plura), anche se rimane sconosciuto il pensiero dellautore non c' alcun pericolo [nellammettere luno o laltro di questi sensi], purch si possa dimostrare da altri passi delle stesse sacre Scritture che ciascuno conforme alla verit (congruere veritati).

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De civ. Dei 15,7.1 (NBA V/2,388s): Loscurit (oscuritas) ha dato origine a varie interpretazioni (multos sensus), sebbene ogni esegeta della sacra Scrittura (divinarum Scripturarum tractator) tenta di commentarla secondo la regola della fede (secundum fidei regulam). Serm. 32,1 (NBA XXIX,576s). Conf. 12,18.27 (NBA I,428s). Cf. De doctr. christ. 3,26.37 (NBA VIII,174s): Dai luoghi dove sono poste con maggior chiarezza (apertius) si deve comprendere come occorra intenderle nei passi oscuri (in locis obscuris).

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Tuttavia colui che investiga (qui scrutatur) gli oracoli divini (divina eloquia) deve sforzarsi di raggiungere lintenzione dellautore (voluntatem auctoris) ad opera del quale lo Spirito Santo ci ha fornito quel brano scritturale. Sia che raggiunga questa intenzione (hoc) sia che da altre parole ne ricavi unaltra (aliam sententiam) non in contrasto con la retta fede (quae fidei rectae non refragatur), egli esente da colpa in quanto ha in suo favore la testimonianza (testimonium) di un altro passo degli oracoli divini (divinorum eloquiorum)31.

E, tenendo appunto conto della difficolt per linterprete di risalire allautentico significato, inteso dallautore sacro, Agostino suggerisce da un lato di valorizzare tutte le possibili interpretazioni offerte dal testo sacro, dallaltro attenersi a un principio ermeneutico generale, secondo cui in esse va ricercato sempre e comunque lamore di Dio e del prossimo32.
Il nocciolo di tutto (omnium summa) ci che abbiamo detto da quando abbiamo iniziato a trattare delle cose (de rebus) questo: comprendere come la pienezza (plenitudo) e il fine della legge (finis Legis) e di tutte le divine Scritture (omnium divinarum Scripturarum) lamore per la cosa di cui ci si ordina di godere (dilectio rei qua fruendum) e per la cosa che insieme con noi pu godere delloggetto che amiamo33.

In tale prospettiva, la carit posta a fondamento dellesegesi, non solo per quanto concerne laspetto espositivo, ma anche per quanto riguarda quello [propriamente] ermeneutico34.
venuto infatti il Signore (Dominus), maestro della carit (caritatis doctor), pieno di carit (caritate plenus), a ricapitolare come di lui era stato predetto la parola sulla terra (cf. Is 10,23; 28,22; Rm 9,28), e a mostrare che nei due precetti della carit tutta la Legge e tutti i Profeti sono riassunti (pendere) Ricordiamo insieme, o fratelli, quali sono questi due precetti. Essi infatti debbono essere ben presenti in voi: non dovete richiamarli alla mente solo quando ve li ricordiamo; anzi, mai debbono cancellarsi dai vostri cuori. Sempre, in ogni istante, dovete ricordarvi che si deve amare Dio e il

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De doctr. christ. 3,27.38 (NBA VIII,174s). Cf. Conf. 12,30,41 (NBA I,444s): In tale disparit di opinioni (in hac diversitate sententiarum) la verit sola (ipsa veritas) dovr portare la concordia (concordiam)Crediamo che nello scrivere queste parole per tua rivelazione [il tuo servitore Mos] mir a quanto in esse brilla maggiormente per luce di verit (luce veritatis) e messe di vantaggi (fruge utilitatis). Il criterio da seguire per linterpretazione dei passi oscuri dunque la conformit alla retta fede e alla sana dottrina della Chiesa. Cf. Lett. 139,3,34: NBA XXII,494s): utile daltronde che a proposito di passi oscuri delle Sacre Scritture (de obscuritatibus divinarum Scripturarum), permessi da Dio affinch fossimo indotti alla riflessione e alla ricerca (exercitationis nostrae causa), s incontrino molte opinioni ( multae sententiae ), purch la divergenza delle interpretazioni non sia in contrasto con la fede e la dottrina che ci salvano ( sanae fidei doctrinaeque concordent ). Cf. V. Grossi, Leggere la Bibbia con S. Agostino,78-80: Tale principio di conoscenza metodologica impegna linterprete delle Sacre Scritture, in ogni sua parte e parola, a parlare sempre in un certo modo: egli, cio , deve sapere, come insegnava Ambrogio, che la lettera uccide, mentre lo spirito vivifica (2Cor 3,6, cf. De doctr. christ. 3,5,9: NBA VIII,146s) De doctr. christ. 1,35,39 (NBA VIII,52s). Cf. P. Brunner, Charismatische und methodische Schriftauslegung nach Augustins Prolog zu De doctrina christiana, in Kerygma und Dogma 1 (1955) 59-69; 85-103, citato nella rassegna di L. F. Pizzolato, Studi sullesegesi agostiniana. II,531.

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prossimo(cf. Lc 10,27) . Questo ci che dovete pensare sempre, meditare sempre,


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ricordare sempre, praticare sempre, compiere sempre alla perfezione. Lamore di Dio il primo che viene comandato, lamore del prossimo il primo che si deve praticare. Enunciando i due precetti dellamore, il Signore non ti raccomanda prima lamore del prossimo e poi lamore di Dio, ma mette prima Dio ( prius Deum) e poi il prossimo (postea proximum). Ma siccome Dio ancora non lo vedi, meriterai di vederlo (promereris quem videas) amando il prossimo ( diligendo proximum). Amando il prossimo rendi puro il tuo occhio per poter vedere Dio come chiaramente dice Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (1Gv 4,20) Comincia dunque con lamare il prossimo Spezza il tuo pane con chi ha fame (Is 58,7ss). [ ] Amando il prossimo e interessandoti di lui, tu camminerai (cf. Gv 5,8). [E] quale cammino farai, se non quello che conduce al Signore Iddio, a colui che dobbiamo amare con tutto il cuore, con tutta lanima, con tutta la mente? Porta dunque colui assieme al quale cammini, per giungere a Colui con il quale desideri rimanere per sempre35.

Agostino convinto che tali difficolt di ordine esegetico, lungi dal far rigettare la Scrittura, la rendano ancor pi affascinante, poich stimolano lingegno dei pi dotati a investigarne i reconditi significati, e, nello stesso tempo, suscitano negli animi un senso di riverenza per lautorit del testo sacro36, che non inganna nessuno37 e a cui la Chiesa accorda il maggior credito38.
Ad essa dichiara noi prestiamo fede sulle verit che non si devono ignorare e che non siamo in grado di raggiungere da noi stessi39. Ed essa ha giustamente una grande autorit (mirabilem auctoritatem) presso tutte le nazioni del mondo (in orbe terrarum atque in omnibus gentibus), anche perch fra le altre verit ha predetto con divina verit che esse avrebbero creduto40.

La testimonianza della Scrittura decisiva al fine di definire le verit di fede, che sono alla base del vivere cristiano.
Perci la Chiesa crede anche ai testi che riteniamo canonici da cui ha avuto origine la fede (unde fides), della quale vive il credente e mediante la quale procediamo senza dubitare (sine dubitatione), finch siamo in cammino lontani dal Signore (quandiu peregrinamur a Domino)41. E ancora: Se dunque con il non credere ci che non
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In Io. Ev. tr. 17,7-9 (NBA XXIV,398-403). Cf. V. Grossi, S. Agostino, la Bibbia e il postomoderno, in Rassegna di Teol. 40 (1999) 857-877, soprattutto 868s. Cf. M. Pontet, lexgse de S. Augustin prdicateur [Thologie, 7], Aubier, Paris [1944-1946?], 584. De civ. Dei 21,23 (NBA V/3,268s). Anche in presenza di discordanti interpretazioni del testo biblico, non si deve mai sottrarre credibilit al testo cui la Chiesa ha assicurato lautorit di maggior credito (in auctoritatem celebriorem) (De civ. Dei 15,11: NBA V/2,402s). De civ. Dei 11,3 (NBA V/2,70s). De civ. Dei 12,9,2 (NBA V/2,166-169). De civ. Dei 19,18 (NBA V/3,64s).

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possiamo vedere croller la stessa umana societ, perch verrebbe a mancare la concordia, quanto pi necessario prestar fede alle realt divine ( rebus adhibenda divinis), sebbene siano realt che non si vedono?42.

Il ricorso alla Scrittura diventa abituale e imprescindibile per ogni aspetto normativo e veritativo della fede, come emerge da Le 8 questioni a Dulcezio (De octo Dulcitii quaestionibus liber 1), opera composta poco dopo il 425, in cui lIpponense dichiara di voler fondare le proprie convinzioni sulla verit irresistibile della sacra Scrittura.
[ ] Io desidero essere vinto dalla verit irresistibile delle sacre Scritture (ea veritate quae sacris litteris apertissimis non resistit), soprattutto le pi chiare. Se vi si oppone qualcosa, assolutamente impossibile credere o parlare di verit 43.

Ci che motiva il suo costante impegno nel ricercare le verit nascoste nel testo sacro soprattutto la convinzione di trovarsi in presenza della Parola eterna, viva e vera, che mette luomo in contatto con Dio e lo sollecita ad ascoltare e a mettere in pratica linsegnamento rivelato.
Tutte queste cose accadevano loro con valore di simboli (1Cor 10,11). Non vi sembrer pi, allora, presuntuosa la nostra ricerca di verit nascoste (quaerere aliquid absconditum) in un brano dove tutto potrebbe apparire detto in maniera semplice senza alcuna profondit di mistero. Abbiamo in effetti unautorit (auctoritatem) che ci rende attenti nel ricercare (intentos ad quaerendum), vigili nellinvestigare (vigiles ad investigandum), devoti nellascoltare (devotos ad audiendum), ossequienti nel credere (fideles ad credendum) e solleciti nel tradurre in pratica (impigros ad faciendum)44.

7.2. Straordinaria compendiosit (mirabili altitudine - mirabili humilitate)

e provvidenziale oscurit (mira profunditas) della sacra Scrittura


La Scrittura il libro della pedagogia divina, poich compendia tutti gli insegnamenti che Dio ha voluto rivolgere al suo popolo e ai suoi fedeli.
In effetti, qualunque cosa possa luomo imparare dal di fuori [delle Scritture], se nociva (noxium), in esse condannata; se utile (utile), in esse contenuta. E quando uno ha trovato nelle Scritture tutte le cose che utilmente potrebbe imparare altrove ( alibi), trover inoltre in esse, e con molto maggiore abbondanza ( multo abundantius), tante altre cose che non si trovano assolutamente altrove, mentre nelle Scritture, e l soltanto, le si apprende, data la loro mirabile altezza ( mirabili altitudine) e umilt (mirabili humilitate)45.

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De fide rerum quae non videntur 3,4 (NBA VI/1,316s). De 8 Dulcitii quaest. 1,14 (NBA VI/2,416s). Enarr. in ps. 143,1 (NBA XXVIII,650s), tenuto a Cartagine il 28 o 30 dicembre 412, oppure dopo il 412. De doctrina christ. 2,42,63 (NBA VIII,136s).

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Agostino ha unaltissima concezione, non solo dellautorit, ma anche della ricchezza e della misteriosa profondit della Scrittura, la quale, pur essendo accessibile ai piccoli, suscita un senso di reverenziale timore in chi la scruta con lintento di esplorarne i recessi e di conformare ad essa la propria esistenza.
Mirabile profondit (mira profunditas) delle tue rivelazioni! Ecco, davanti a noi sta la loro superficie (superficies) sorridente ai piccoli; ma ne mirabile la profondit (mira profunditas), Dio mio, mirabile la profondit! Un sacro terrore (horror) ci afferra a immergere in essa lo sguardo (intendere), terrore per onore (horror honoris), e tremore per amore (tremor amoris)46. E ancora: Quanto c in quelle Scritture (in Scripturis illis), credimi, profondo e divino (altum et divinum): vi si trova la pura verit (omnino veritas) e una dottrina (disciplina) adattissima a ricreare e a rinnovare gli animi e cos chiaramente predisposta che non c' nessuno che non possa trarne ci che gli sufficiente, purch vi si accosti con devozione e piet (devote ac pie), come richiede la vera religione47.

Il vescovo dIppona convinto che i misteri della Bibbia siano fonte di ricerca infinita e di progresso continuo.
[] Dio ha voluto nascondere (abscondere) sotto il velo di tali figure (talium rerum figuris) la sua sapienza (sapientiam suam), non gi per sottrarla a quanti sinceramente la desiderano (studiosis), ma occultandola a chi la trascura (neglegentibus) e svelandola a chi la ricerca (pulsantibus); e anche lo stesso nostro Signore ha voluto esortarvi per mezzo di noi a scrutare (utquaeramus) nelle realt, che si riferiscono alla natura materiale e visibile, qualcosa che vi spiritualmente nascosto (aliquid spirtaliter absconditum) e la cui scoperta motivo di gioia per noi (quo invento gaudeamus)48.

Ci spiega perch la scoperta del senso profondo della Scrittura sia motivo di gioia per il credente.
Bisogna infatti gioire se viene esposto in molti modi ( multis modis), e tuttavia in maniera non stolta (non insipienter), ci che nelle sacre Scritture, per stimolare le menti dei fedeli (ad exercendas mentes fidelium), posto in modo oscuro (oscure)49. E ancora: Le Sacre Scritture sono tanto profonde (tanta christianarum profunditas litterarum) che in esse avrei fatto ogni giorno dei progressi ( quotidie
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Conf. 12,14,17 (NBA I,418s). Agostino richiama con insistenza la funzione pedagogica della Scrittura. Si veda, a titolo di es., il testo del De doctr. christ. 2,67 (NBA VIII,64s): Quelli che leggono la Scrittura a cuor
leggero vengono tratti in inganno dalle sue molte e svariate oscurit e ambiguit ( multis et multiplicibus oscuritatibus et ambiguitatibus), e prendono una cosa per unaltra (aliud pro alio). In certi passi non riescono a trovare nemmeno la materia per false congetture: tanta loscurit con cui alcune cose sono state dette che le si debbono ritenere coperte da densissime tenebre (densissimam caliginem). Tutto questo non dubito che sia avvenuto per una disposizione divina ( provisum divinitus ), affinch con la fatica fosse domata la superbia umana (labore superbiam) e lintelletto fosse sottratto alla noia ( intelectum a fastidio), dal momento che il pi delle volte le cose che esso scopre facilmente le considera di poco conto.

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De util. cred. 6,13 (NBA VI/1,194s). Enarr. in ps. 103,s.3,2 (NBA XXVII,694s). Contr. Maximum 2,22,3 (NBA XII/2,312s).

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proficerem), se mi fossi sforzato di farne lunico oggetto del mio studio dai primi anni della puerizia sino alla decrepita vecchiaia con tutta la calma possibile (maximo otio), con la maggiore applicazione (summo studio) e con un ingegno pi vivace (meliore ingenio). Non che sia molto difficile giungere a comprendere in esse le cognizioni necessarie alla salvezza (quae necessaria saluti), ma dopo che uno ha riposto in esse la fede, senza la quale non si pu vivere bene e santamente (pie recteque), a misura che vi si fanno dei progressi (proficientibus), molte cose (tam multa) restano da capire (intellegenda) avvolte sotto il velo di numerose figure che nascondono i misteri ( multiplicibus mysteriorum umbraculis). Non solo nelle parole (in verbis) con cui questi sono espressi, ma anche nellessenz a delle cose (in rebus) da comprendere si nasconde un tale abisso di sapienza ( altitudo sapientiae), che alle persone che hanno passato pi tempo in questo studio, dotate dintelligenza pi penetrante e pi desiderose dimparare, capita quello che si legge in un passo della stessa Scrittura: Quando luomo avr finito, solo allora incomincia (Eccli 18,6)50.

La Parola rivelata nasconde un tale abisso di sapienza (altitudo sapientiae) che anche linterprete dotato di unintelligenza acuta e penetrante, di uneccezionale applicazione allo studio e di un persistente e tenace desiderio di cercare, si sente incapace di esplorarla fino in fondo e di coglierne linesauribile ricchezza; infatti, pi saddentra nella conoscenza dei suoi reconditi significati, pi sperimenta la propria inadeguatezza di fronte alla difficolt dellimpresa, per cui, nonostante i progressi fatti, si considera solamente un principiante.
[ ] Nelle sacre Scritture (in Scripturis sanctis) sono contenuti misteri profondi (profunda mysteria), che vengono celati (absconduntur) perch non perdano valore (ne vilescant). Essi debbono essere investigati (quaeruntur) perch lo spirito di continuo si alleni [nella ricerca] (ut exerceant) e alla fine vengono palesati (aperiuntur), per essere il cibo [al ricercatore] (ut pascant)51.

Agostino fermamente convinto dellutilit dei passi oscuri della Scrittura al fine di scoprire i molteplici aspetti della verit, anche se questi possono apparire a volte discordanti rispetto al pensiero dellautore sacro.
Loscurit della parola divina (divini sermonis obscuritas) utile anche perch d luogo a molteplici interpretazioni della verit (plures sententias veritatis) e porta alla luce della riflessione (in lucem notitiae), quando uno (alius) interpreta (intellegit) in un senso (sic) e laltro (alius) in un senso diverso (sic)52. Tuttavia, qualunque sia il senso ricavatone (quicumque intellectus) dallinterprete, necessario che esso non differisca

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Lett. 137,1,3 (NBA XXII,144-147). Enarr. in Ps. 140,1 (NBA XXVIII,540s). De civ. Dei 11,19 (NBA V/2,100s). Sulla molteplicit dei sensi biblici nel pensiero agostiniano, cf. G. Balestri, Bibl. Introd. Gen. Elementa, Citt del Vaticano, 1932,472ss.

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dalla regola della fede (regulae fidei congruat)53. Si pu [infatti] interpretare diversamente (diversa sentiri), sempre sul fondamento della retta fede (etiam secundum rectam fidem)54.

Esaminando il testo evangelico, in cui il Signore risponde a Pietro che gli chiede quante volte debba perdonare al proprio fratello: Ti dico: non sette volte, ma settanta volte sette (Mt 18,22), lIpponense suggerisce di attenersi a questo criterio esegetico spirituale: fare appello non tanto alle proprie capacit quanto allaiuto dello Spirito.
Se poi in questi arcani tesori dei misteri di Dio (de his secretis et thesauris mysteriorum Dei) vi qualche altra cosa, potr essere tratta fuori da altri pi diligenti (a diligentioribus) e pi degni (dignioribus). Noi tuttavia abbiamo detto ci che siamo stati in grado di dire secondo la nostra capacit in misura dellaiuto datoci dal Signore e tenuto conto anche dello spazio limitato del tempo. Se qualcuno di voi in grado di capire di pi (amplius), bussi alla porta di colui dal quale riceviamo anche noi quanto possiamo capire e dire. Anzitutto per dovete ritenere come norma di non lasciarvi turbare (non perturbemini) quando non comprendete ancora (nondum intellectis) le Sacre Scritture (Scripturis sanctis) e, se le comprendete (intellegentes), di non insuperbirvi (non inflemini); quello che non comprendete rimandate con rispetto ad altro tempo (cum honore differatis), e quello che comprendete (quod intellegitis) ritenetelo con sentimenti di carit (cum caritate teneatis)55.

Agostino consiglia quindi al lettore di far tesoro di quello che riesce a comprendere e a custodire con sentimenti di fede ci che ancora non capisce, in attesa di poterlo penetrare alla luce dello Spirito.
Ve lho detto e ve lo raccomando vivamente: chi comprende ( qui capiunt) in grado di gustare (sapiunt), o meglio chi gusta (qui sapiunt) comprende (capiunt); e chi non ancora arrivato a gustare con lintelligenza (qui nondum intellectu sapiunt), custodisca mediante la fede (fide) ci che ancora non riesce a comprendere (quod intellegere nondum)56.

Sapientemente studiato, il linguaggio della Scrittura si adatta sia ai semplici, privi distruzione, sia ai dotti: ai primi propone le verit di fede indispensabili per la salvezza con uno stile umile e alla portata di tutti; ai secondi, invece, indica con linguaggio metaforico e figurato i significati pi profondi e difficili da investigare. Ci consente agli uni di essere pi facilmente nutriti del cibo della Parola; agli altri, ossia agli spiriti pi acuti, di esercitarsi nellapprofondimento delle verit nascoste. Agostino ad ogni

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Enarr. in ps. 74,12 (NBA XXVI,926s). Cf. De civ. Dei 18,35,2 (NBA V/3,714s). Serm. 51,24,35: NBA XXX/1,56s): In Io. ev. tr. 47,6 (NBA XXIV,936-939).

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modo convinto che loscurit del testo rivelato, lungi dal suscitare noia e f astidio nellascoltatore, aumenti in lui il desiderio di ricercarne il senso e gli procuri grande soddisfazione e gioia ogni volta che con diligenza, studio e applicazione riesce nel suo intento.
Lo stesso linguaggio (modus dicendi), in cui redatta la Sacra Scrittura, quanto accessibile a tutti (quam omnibus accessibilis), bench pochissimi possano penetrarlo a fondo (paucissimis penetrabilis)! Le verit manifeste (quae aperta), chessa contiene, le dice come un amico di famiglia (quasi amicus familiaris), senza orpello ai cuori degli indotti (indoctorum) e dei dotti (doctorum); quelle invece (ea quae) che nasconde sotto simboli e figure (in mysteriis) non le innalza con un linguaggio superbo, a cui non ardirebbe accostarsi unintelligenza piuttosto tarda e priva distruzione, come un povero non si accosterebbe a un ricco, ma invita tutti con un linguaggio umile (humili sermone), per nutrirli non solo della verit manifesta (manifesta), ma anche per esercitarli ad approfondire la verit nascosta (secreta exerceat veritate), contenendo sempre la medesima verit tanto in ci che chiaro quanto in ci che recondito. Ma acciocch le verit manifeste (aperta) non vengano a noia (fastidirentur), la Sacra Scrittura in altri passi le copre dun velo (eadem rursus operta) per farcele desiderare; il desiderio ce le presenta in certo qual modo nuove e, cos rinnovellate, simprimono con dolcezza nel cuore. Queste verit hanno il benefico effetto di correggere i malvagi (prava corriguntur), di nutrire glingegni mediocri (parva nutriuntur), dessere un godimento per quelli brillanti (magna oblectantur ingenia). Di questa dottrina nemico colui che a causa del suo errore non sa chessa la medicina pi adatta a salvarlo (saluberrimam medicinam) o lha in odio a causa della propria malattia57.

7.3. Interpretazione figurale dellAT (Legge, Profeti e Salmi) Poich la Scrittura il racconto della storia della salvezza, che si compie in Cristo, occorre ricercarne il significato profondo attraverso linterpretazione dei simboli e delle figure.
Cos avviene con coloro che ricercano il senso di quelle Scritture (Scripturarum illarum sensum) con zelo e piet (studiose ac pie) e non in modo confuso e perverso (turbide atque improbe): si mostrano loro sollecitamente lordine delle cose (ordo rerum), le cause dei fatti e delle parole (causae factotum atque dictorum) e una tale congruenza (tanta congruentia) tra lAntico e il Nuovo Testamento che in nessun dettaglio essi risultano discordanti; inoltre, si mostrano i significati nascosti delle allegorie (figurarumsecreta), i quali sono cos grandi che quanti ne diventano chiari con linterpretazione costringono a riconoscere la meschinit di coloro che vogliono condannarli prima ancora di conoscerli58.

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Lett. 137,5,18 (NBA XXII,166s). De util. cred. 3,9 (NBA VI/1,186s).

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I figurarum secreta, presenti soprattutto nei libri dellAT, fanno riferimento a Cristo, il solo in grado di togliere il velo che nasconde la verit e di rivelarci il senso profondo del testo sacro.
Ciascuno dunque deve accostarsi a Cristo perch gli venga rimosso il velo (velamen) [davanti agli occhi], come dice lApostolo (cf. 2Cor 3,16). Il velo ( velamen), in effetti, viene rimosso allorch, tolto via il velame della similitudine (similitudinis) e dellallegoria (allegoriae), si manifesta la verit nella sua schiettezza (veritas nudatur), perch possa essere vista59.

La parola, contenuta nei libri dellAntico e del Nuovo Testamento, voce di Cristo e chi lascolta ascolta Cristo.
Ora di chi se non di lui (de illo), sono state scritte quelle cose che anche noi abbiamo citato dalla Legge, dai Profeti, dai Salmi, come io ho dimostrato punto per punto?60. stato il Signore a spiegare che di Lui erano state dette (de se dicta) queste cose nella Legge (in Lege), nei Profeti (Prophetis) e nei Salmi (Psalmis)61.

Perci, quando si legge la Scrittura, occorre cercare Cristo.


Quando dunque noi ascoltiamo i salmi o le profezie o la legge (libri tutti che furono composti prima della venuta del nostro Signore Ges Cristo), tutto il nostro sforzo ( tota intentio nostra) devessere quello di vedervi Cristo (Christum ibi videre) e di comprendervi Cristo (Christum ibi intellegere)62.

Nel secondo libro Contro le lettere del donatista Petiliano (Contra litteras Petiliani), composto nel 401/402, lIpponense ripropone lo stesso criterio ermeneutico.
Ecco quanto sta scritto nella Legge, nei Profeti e nei Salmi, circa il Signore ( de Domino). Ecco ci che il Signore ha spiegato di s ( de se) e della sua Chiesa (de Ecclesia): ha mostrato s (se ostendens) e rivelato essa (illam promittens)63.

Per la sua compendiosit ed efficacia, la Scrittura pu essere paragonata al dono del vello, indicato da Gedeone agli Israeliti come prova dellintervento di Dio in loro favore (cf. Gdc 6,34-36).
Noi sappiamo infatti che una volta questo popolo (illam quondam gentem) stato irrorato dalla grazia del sacramento divino come da una rugiada celeste (tamquam caelesti rore perfusam), mentre tuttintorno, in nazioni prive di questo dono (muneris), vi era la siccit (siccitas). Quel popolo, comunque, possedeva questo dono nel vello (munus in
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De Gen. c. Man. 1,22.33 (NBA IX/1,102s). Cf. De util. cred. 3,9 (NBA VI/1,186s): In Cristo appunto non il Vecchio Testamento che viene eliminato (evacuatur), ma il suo velo (velamen eius) perch, per mezzo di Cristo (per Christum), si comprenda (intellegatur) e, per cos dire, venga reso manifesto (denudetur) ci che, senza Cristo (sine Christo), resterebbe oscuro (obscurum) e coperto (adopertum). Ep. ad cath. de s. Donat. 10,24 (NBA XV/2,434s). Ep. ad cath. de s. Donat. 10,26 (NBA XV/2,438s). Enarr. in ps. 98,1 (NBA XXVII,416s). Contr. litt. Petil. 2,14.33 (NBA XV/2,86s).

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vellere), come avvolto, cio, in un velo (in velamine) e nella nube del mistero (quasi nube secreti), perch ancora non era stato svelato (nondum revelatum). Ora invece vediamo che il mondo, svelatasi ormai la rugiada (iam revelato rore), si nutre del Vangelo (saginari per Evangelium) del Signore nostro Ges Cristo, che allora era figurato nel vello (in illo tegmine); mentre il popolo dIsraele, perso il sacerdozio che aveva, per non avere riconosciuto il Cristo nelle Scritture, rimasto come in un vello asciutto (tamquam in sicco vellere)64.

Il vello di rugiada rappresenta la grazia della Parola profetica, scesa inizialmente su Israele; ma, poich il popolo eletto, che possedeva questo munus nel vello, cio nel mistero, non ha saputo accoglierlo come segno della gratuit divina, il medesimo diventato asciutto e ha finito per rappresentare la Chiesa sparsa nel mondo, destinataria della pienezza della Rivelazione. Conseguentemente, mentre lantico popolo, incapace di riconoscere il Cristo nelle Scritture, rimasto privo della Parola, il nuovo popolo, la Chiesa radunata dalle genti, si nutre del Vangelo, prefigurato dalla rugiada, caduta fuori dal vello. Lo stesso passo ripreso nelle Esposizioni sui Salmi (Enarrationes in psalmos) 137, dove lautore identifica il vello con il popolo giudaico, che per primo riceve il dono della Rivelazione, anche se questa rimane ancora celata e avvolta nel mistero. Ma, allorch la pioggia della Parola divina esce fuori dal vello e bagna la terra circostante, ecco che tutti gli uomini hanno la possibilit di conoscere Cristo, poich le Scritture parlano di Lui e sono state composte in vista di Lui. Ed questuniversale riconoscimento che induce il popolo giudaico a interrogarsi su chi sia il vero rivelatore e realizzatore di questi eventi.
E cosa rappresenta quel vello (quid vellus)? una figura del popolo giudaico, collocato al centro del nostro mondo (in medio orbe terrarum). Esso aveva il mistero della grazia (gratiae sacramentum), sebbene non nella piena rivelazione ma celato dentro la nube (in nube secreti), come sotto un vello (in vellere): aveva la pioggia entro il vello (tamquam in velamento pluviam). Venne in seguito il tempo nel quale la pioggia si svel per tutta la superficie circostante: si manifest, non fu pi cosa celata. E allora si avver quel che era stato detto: Confessino a te, Signore, tutti i re della terra, poich hanno udito tutte le parole della tua bocca (Sal 137,4). Cosa volevi nascondere, o Israele? Fino a quando avresti voluto nasconderlo? Il vello (vellus) fu spremuto (expressum) e la pioggia (pluvia) usc fuori di te (exiit de te). Cristo solo la soavit di quella pioggia (suavitas pluviae), e tu ti rifiuti di riconoscerlo nelle Scritture, mentre le Scritture sono state composte proprio in

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Ep. ad Cath. de s. Donat. 5,10 (NBA XV/2,412s).

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vista di Lui e di Lui solo! Al contrario, che tutti i re ti confessino, Signore, poich hanno udito tutte le parole della tua bocca65.

Parimenti, nellopera Contro il manicheo Fausto trentatr libri (=Contra Faustum manichaeum), composta tra il 400 e il 402, Agostino interpreta il testo contrapponendo al popolo giudaico il nuovo popolo di Dio, costituito dalluniversalit del genere umano.
Che significa la pelle (vellus) che umida quando laria secca e secca quando laria umida (cf. Gdc 6,37-40), se non che dapprima il solo popolo ebraico (una gens Hebraeorum) possedeva nascosto (occulte) nei sacri testi il mistero di Dio (mysterium Dei), che Cristo, mentre tutti gli altri uomini ne erano privi (totus orbis vacuus); ora invece che quel mistero si manifestato (in manifestatione) tutto il mondo lo possiede (totus orbis habet) e solo il popolo ebraico ne privo (illa vacuata)66.

Infine, nello scritto antipelagiano La grazia di Cristo e il peccato originale (De gratia Christi et de peccato originali), composto nel 418, su istanza di Albina, Piniano e Melania, per controbattere le argomentazioni di Pelagio, Agostino osserva:
Anche allora dunque cera nel popolo di Dio ( in populo Dei) questa grazia dellunico Mediatore di Dio e degli uomini (gratia unius Mediatoris Dei et hominum ), luomo Cristo Ges, ma cera in modo latente ( latens) come sul vello la pioggia (tamquam in vellere pluvia), che Dio riserva, non dovuta, ma liberamente regalata, alla sua eredit (hereditati suae, cf. Sal 67,10). Adesso invece che quel vello si , per cos dire, asciugato (siccato illo vellere), ossia ora che il popolo giudaico stato riprovato (Iudaico populo reprobato), la grazia di Dio appare in modo patente (patens), come sullaia, in mezzo a tutte le genti (in omnibus gentibus, cf. Gdc 6,36-40)67.

La grazia non pu, secondo il vescovo dIppona, essere considerata come uninvenzione della Chiesa cattolica, poich gi manifesta nellAT, dove appare come la pioggia sul vello (tamquam in vellere pluvia ); ma ora, dopo il ripudio dellantico popolo da parte di Dio , quel vello si , per cos dire, asciugato (siccato illo vellere), ed essa pu manifestarsi anche fuori dIsraele, in mezzo a tutti i popoli. 8. Immagini della Scrittura

8.1. Lucerna Scripturarum68 La Scrittura una lampada, che brilla in un luogo oscuro (cf. 2Pt 1,19; Sal 118 [119],105). Essa illumina il cammino della Chiesa nel secolo presente e aiuta luomo a superare le tenebre del mondo, fino alla venuta gloriosa del Signore.
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Enarr. in ps. 137,9 (NBA XXVIII,444s). Contr. Faust. 12,32 (NBA XIV/1,164s). De gratia Chr. et de p. o. 2,25,29 (NBA XVII/2,242s). Cf. Serm. 189,1 (NBA XXXII/1,30s).

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Dopo questa notte verr dunque il giorno (dies); ma intanto in questa notte non ci manchi la lampada (lucerna). E questo forse proprio quanto noi ora stiamo facendo mediante la spiegazione delle Scritture (has litteras esponendo): rechiamo una lampada (lucernam) che ci allieti in questa notte (ut in hac nocte gaudeamus). Tale lampada deve essere sempre accesa nelle vostre case69. Effettivamente, per tutto questo tempo nel quale come se fosse una notte ( vice noctis), il secolo (saeculum istud) si viene dipanando (excurrit), la Chiesa sta sveglia finch non venga il Signore, attenta con gli occhi della fede ( oculis fidei) alle sacre Scritture (in Scripturas sanctas), come a lampade accese nella notte (tamquam in nocturna luminaria intenta)70.

La parola di Dio una lucerna (lucerna), che arde di notte (in nocte) (cf. Pr 31,18) e alimenta la nostra speranza, poich ci aiuta a credere alle cose che non vediamo e ci conferma nella certezza che Dio fedele alle sue promesse.
Se infatti speriamo cose che non vediamo (cf. Rm 8,25), notte (nox). Se poi non vediamo e non speriamo, notte (nox) e non brilla la lucerna (lucerna non ardet). Cosa c di pi infelice di tali tenebre? Per non venir meno nelle tenebre e per attendere con pazienza (cf. Pr 31,19) ci che, pur senza vedere, speriamo, brilli per tutta la notte (tota nocte) la nostra lucerna (lucerna nostra). In effetti, chi giorno dopo giorno ci annuncia la parola [di Dio], come se infondesse dellolio per impedire che la lucerna si spe nga71.

8.2. Extendisse caelum sicut pellem72 In vari contesti, Agostino paragona la divina Scrittura al firmamento.
Firmamento (firmamentum) [] la divina Scrittura (Scriptura Dei), luminari nel firmamento (luminaria in firmamento) la comprensione della Scrittura (intellegentia Scripturarum), luci del cielo (lumina in caelo) la capacit intellettiva di penetrare la Scrittura (intellectus in Scripturis)73. Noi infatti vediamo limmensa costruzione del mondo, formata dal cielo e dalla terra, e tutte le altre cose, che sono in esse comprese; e partendo dalla grandezza e bellezza di tale costruzione, siamo gi spinti ad amare pur non vedendole ancora linestimabile grandezza e bellezza dello stesso costruttore. Se questi non pu essere ancora contemplato dalla purezza del nostro cuore, non ha cessato per di mettere sotto i nostri occhi le sue opere sicch, vedendo le cose che possiamo vedere, impariamo ad amare colui che non possiamo vedere e quindi, grazie a questo amore, possiamo un giorno vederlo. Tuttavia in

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Enarr. in Ps. 76,4 (NBA XXVI,974s). Serm. 223/D,3 (NBA XXXII/1,344-347). Serm. 37,11 (NBA XXIX,670s). Cf. Enarr. in Ps. 103,s. 1,8 (NBA XXVII,646). Sullargomento, cf. I. Bochet, Le firmament de lcriture,25-53. Serm. 229/S,1 (NBA XXXII/1,516s).

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tutte le cose, dette dal salmo si tratta di Sal 103,2 , bisogna altres ricercare il significato spirituale (intellectus spiritalis)74.

E qual il significato allegorico del firmamento, che Dio ha posto come ornamento della volta celeste, quando ha creato il mondo? Ispirandosi al simbolismo biblico, il vescovo dIppona vi vede un segno della condiscendenza di Dio che, mediante lIncarnazione, viene incontro alluomo peccatore e gli consegna la Scrittura come una pelle distesa, cio come una nuova e straordinaria possibilit di elevarsi al di sopra della propria condizione di mortalit fino alla contemplazione di Dio e delle realt eterne.
[] Dio ha disteso il cielo come una pelle (caelum sicut pellem), intendendo nellimmagine del cielo la Sacra Scrittura (caelum sanctam Scripturam). Una tale autorit (hanc auctoritatem) Dio lha posta prima di tutto nella sua Chiesa ( in Ecclesia sua), e da qui ha cominciato a svolgere le altre cose: egli ha fatto il cielo ( caelum), che ha disteso come una pelle (extendit sicut pellem), e non invano come una pelle. Prima di tutto egli ha disteso come una pelle il nome e la fama dei predicatori ( famam praedicantium), e la pelle simboleggia la mortalit (mortalitatem). per questo che i due primi uomini, nostri progenitori e autori del peccato del genere umano, Adamo ed Eva, quando nel paradiso, disprezzando il precetto di Dio e cedendo alla suggestione insinuante del serpente, trasgredirono quel che Dio aveva loro comandato, divennero mortali e furono espulsi dal paradiso: per simboleggiare questa loro mortalit ( ipsa mortalitas eorum), essi rivestirono delle tuniche di pelle (tunicis pelliceis). Si presero infatti tuniche fatte di pelle, ma le pelli non si tolgono di solito se non agli animali morti; dunque con il nome di pelle fu significata tale loro mortalit (mortalitasfigurata)75.

Liniziativa di Dio consiste nelloffrire alluomo, oltre allautorit della Chiesa, che lo guida sulla strada del Regno, anche quella della sacra Scrittura, parola divina trasmessa attraverso il linguaggio umano, e, tuttavia, sempre viva e attuale76. In tale prospettiva, si pu dire che la parola rivelata si distende come una pelle, poich, analogamente al cielo che copre la terra, anchessa risuona dappertutto e raggiunge il mondo intero.
Ma allora, se in questo passo con il nome di pelle ( pellis nomine) simboleggiata la divina Scrittura (divina Scriptura significatur), in che modo Dio ha fatto con la pelle il cielo (de pelle fecit caelum) ed ha disteso il cielo come pelle (extendit caelum sicut pellem,

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Enarr. in Ps. 103, s. 1,1 (NBA XXVII,632s). Enarr. in Ps. 103, s. 1,8 (NBA XXVII,646s). Gi a partire dagli scritti di Cassiciaco (vedi, Soliloquia, De ordine, Contra Academicos) Agostino imposta il problema fede-ragione sulla base della formula credo ut intelligam, sostenendo che la ratio attinge dallauctoritas le verit da approfondire su base razionale. Sullargomento, cf. Holte, Batitude et sapesse,303-327. Cf. I. Bochet, Le firmament de lcriture,28s. Lautorit della Scrittura rappresentata dallimmagine della tenda stesa sopra luniverso.

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Sal 103,2)? Perch quelli per mezzo dei quali stata predi cata la Scrittura furono mortali. Soltanto il Verbo di Dio rimane sempre lo stesso, sempre immutabile ed intramontabile Non invano, fratelli, il cielo qui presentato come una pelle ( pellis) e l come un libro (liber): sono immagini in cui viene prefigurato qualcosa per noi (figuratum quiddam nobis). in riferimento alla divina Scrittura (ad divinam Scripturam attinet) che si estende la parola dei morti: in questo senso essa si distende come una pelle ( tenditur sicut pellis), anzi molto pi che una pelle dal momento che quegli autori sono morti. Difatti dopo la morte divennero ben pi noti i Profeti e gli Apostoli, che non erano altrettanto noti quando erano in vita. I Profeti da vivi appartenevano alla sola Giudea, mentre da morti appartengono a tutte le genti. Infatti, quando erano in vita, non era ancora distesa la pelle n ancora disteso era il cielo s da coprire tutta quanta la terra. Per questo si dice: Ha disteso il cielo come pelle (Sal 103,2)77.

Lautorit della sacra Scrittura avvolge luomo come il firmamento, come una pelle che lo protegge. Infatti, come Dio, dopo il peccato originale (cf. Gn 1,7), ha rivestito Adamo ed Eva di tuniche di pelle, cos ha disteso sopra di noi come una pelle il firmamento del suo Libro, le cui parole, colme di sapienza, ci illuminano e ci guidano nel pellegrinaggio terreno verso la patria celeste.
Chi, se non tu, Dio nostro, cre per noi un firmamento di autorit (firmamentum auctoritatis) sopra di noi, nella tua Scrittura divina (in Scripturadivina)? Il cielo (caelum) sar ripiegato (plicabitur) come un libro (ut liber) (Is 34,4), e ora si stende su noi come pelle di tenda (sicut pellis, cf. Sal 103,2); lautorit della tua divina Scrittura pi sublime da che i mortali per cui ce lhai comunicata incontrarono la morte della carne. Tu sai, Signore, tu sai (Tb 3,16; 8,9; Gv 21,15s) come rivestisti di pelli gli uomini, allorch per colpa del peccato divennero mortali (cf. Gn 3,21). Perci hai disteso come una pelle (sicut pellem) il firmamento del tuo libro (firmamentum libri tui), le tue parole sempre coerenti, che hai posto sopra di noi con lausilio duomini mortali. Anche grazie alla loro morte il bastione dautorit delle tue parole per loro mezzo annunciate si stende eccelso sopra ogni cosa78.

In questo firmamento, dispiegato a forma di libro e comprendente sia lAntico che il Nuovo Testamento79, si trova la testimonianza, che comunica la sapienza ai piccoli (Sal 18,8). Ne prova il fatto che la Bibbia accessibile agli umili e non agli orgogliosi80.

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Enarr. in Ps. 103, s. 1,8 (NBA XXVII,646-651). Conf. 13,15,16 (NBA I,466s). Cf. Enarr. in Ps. 8,7 (NBA XXV,118). Cf. Conf. 3,5,9 (NBA I,64s)..

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Di qui laccorata invocazione, rivolta dallesegeta e predicatore al Signore, affinch conceda agli umili la grazia non solo di comprendere ma anche di vivere conformemente alla parola rivelata, fonte di conversione, di salvezza e di pace.
Completa, Dio mio, la tua gloria con la bocca degli infanti che ancora succhiano il latte (Sal 8,3). Davvero non conosciamo altri libri, che stronchino tanto bene la superbia (cf. Ez 30,6), tanto bene stronchino il nemico, il difensore (Sal 8,3; Eccli 30,6) restio a riconciliarsi con te mentre difende i propri peccati. Non conosco, Signore, non conosco altre espressioni cos pure (Sal 11,7) e capaci dindurmi alla confessione, di ammansire la mia cervice al tuo giogo (cf. Mt 11,29s), di sollecitare a prestarti un culto disinteressato. Fa che le capisca (cf. Sal 118,34; 73,144), Padre buono; concedimi questa grazia, perch mi sono sottomesso a te e tu hai stabilito saldamente quelle parole per le anime sottomesse81.

Agostino sottolinea il carattere transitorio della Scrittura, che costituisce per luomo pellegrino nel tempo verso la Gerusalemme celeste una mediazione necessaria, ma provvisoria. In effetti, essa non sar pi necessaria, quando egli avr conseguito la meta dei propri desideri e potr contemplare Dio faccia a faccia, poich lass egli potr finalmente vedere quella sapienza che riempie il cuore e la mente di chi la contempla e non avr pi bisogno della legge scritta. Il ruolo transeunte della Bibbia, che Dio ha dispiegato come una pelle/firmamento (cf. Sal 103,2), quello di aiutare luomo a sconfiggere le forze del male e a compiere il bene. Quando tale funzione sar espletata, il Libro sacro sar ripiegato su se stesso, come era stato preannunciato: Il cielo sar ripiegato come un libro (Is 34,4)
Nel cielo (caelum), cio nel firmamento (firmamentum), possiamo vedere raffigurato (intellegitur per figuram) il libro della legge (liber legis). Per cui in un passo della Scrittura si legge: Egli stende il cielo come una pelle" (Sal 103,2). Se si distende come una pelle, come un libro che si apre per leggervi (liber extentus, ut legatur). Una volta per che sia trascorso il tempo, non occorre pi leggere. In tanto infatti si legge il libro della Legge, in quanto non si ancora arrivati a quella Sapienza che riempie il cuore e la mente di chi la contempla. Allora non ci sar pi bisogno che si legga alcunch. Mentre infatti si fa la lettura, si odono sillabe che colpiscono il nostro orecchio e passano; la luce della verit, al contrario, non viene mai meno, ma fissa e inebria in maniera permanente il cuore di chi la contempla. Di lei si dice: Saranno inebriati dall'abbondanza della tua casa, e col torrente delle tue delizie li disseterai, poich presso di te, Signore, la fonte della vita. E osserva questa fonte. Dice: Nella tua luce vedremo la luce (Sal 35,9-10). La lettura necessaria nella vita presente, finch parzialmente conosciamo e parzialmente profetiamo (come dice l'Apostolo); ma quando giunger ci che perfetto, verr escluso ci che parziale (1Cor 13,9). Quando saremo in quella citt che la Gerusalemme

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Conf. 13,15.17 (NBA I,466s).Cf. V. Grossi, Leggere la Bibbia con S. Agostino, 52: Luomo rinnovato da Cristo appartiene alla verit. Lo studioso cita, in proposito, Serm. 153,8,10 (NBA XXXI/2,500s)..

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celeste, dove vivono gli angeli, non occorrer che ci si legga il Vangelo o gli scritti apostolici. Da quella citt noi siamo ora lontani come degli esuli e in quanto esuli gemiamo Orbene lass, dove vivono gli angeli, si legge il Vangelo o lApostolo? Ci si ciba della parola di Dio (Verbo Dei). La quale parola, per risuonare in maniera comprensibile a noi che siamo nel tempo, si fatta carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cf. Gv 1,14). Per anche la Legge (ipsa lex) scritta per noi un firmamento (firmamentum) e, se il nostro cuore stabilizzato in essa, non viene scosso dalle iniquit degli uomini. Per questo detto: Egli stende il cielo come una pelle (Sal 103,2). E dellepoca quando non ci sar pi la necessit dei libri, cosa sta scritto? Il cielo (caelum) sar ripiegato (plicabitur) come un libro (ut liber) (Is 34,4)82.

Pur appartenendo a unEconomia provvisoria, la Scrittura, nonostante le sue oscurit e contraddizioni, costituisce un rimedio provvidenziale per luomo peccatore e rappresenta la condiscendenza di Dio, che mette la sua Parola eterna alla portata della nostra condizione mortale83. 8.3. Specchio: speculum, ubi suam quisque vitam inspiciat Nellesordio dellopera Speculum de Scriptura sacra, un florilegio di brevi passi tratti dalla sacra Scrittura, composto intorno al 427 e rivolto al credente, che vuole compiere meglio il proprio volere, il vescovo dIppona invita il fedele a specchiarsi in questo libro, per verificare quanto cammino abbia fatto nella sequela di Cristo e nelle opere buone, e quanto ancora gliene resti da compiere.
Ci rivolgiamo [] a colui che, credendo gi in Dio, vuole compiere meglio il suo divino volere. Costui esortiamo a specchiarsi in questo libro (hic se inspiciat) per constatare quanto cammino abbia fatto nella santit della vita e nelle opere buone (in bonis moribus operibusque) e quanto invece gliene resta da percorrere (quantum sibi desit). In tal modo, egli potr ringraziare Dio per le mete conseguite (de his quae habet) e, per quanto non ha ancora raggiunto (de his quae non habet), impegnarsi per raggiungerlo, mentre lavora e prega con fede e piet per conservare quello che possiede (illa servanda) e per conseguire ci che gli manca (haec adipiscenda)84.

Nella Scrittura ciascuno pu specchiare la propria vita e, se da un lato in grado di verificare i progressi fatti nella via della virt; dallaltro, pu prendere coscienza di ci che non ha ancora conseguito e cercare di realizzarlo.
In queste parole del libro sacro potranno specchiare (in quibus inspiciat) la propria vita tutti coloro che desiderano progredire (proficere) [nella virt] In questo Specchio (in hoc Speculo) infatti vogliamo segnalare di preferenza le cose dove possano specchiarsi (ubi se inspiciant) coloro che si sono impegnati a condurre una vita buona ed encomiabile
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Enarr. in Ps. 93,6 (NBA XXVII,248s). Cf. I. Bochet, Le firmament de lcriture, 29. Speculum, Praef. (NBA X/3,212s).

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(bene ac laudabiliter vivere), ma sono ancora alla ricerca di quel che occorre desiderare per realizzarla85.

Riferendosi alla vicenda di Lot e allepisodio del peccato commesso dal patriarc a con le sue due figlie (Gn 19,30-38), il vescovo dIppona osserva:
[] Come uno specchio nitido e fedele (tamquam speculi fidelis nitor), essa (Scrittura) riflette delle persone che le si avvicinano non solo ci che bello e integro ( quae pulcra atque integra), ma anche ci che brutto e vizioso ( quae deformia vitiosaque)86.

Gli stessi racconti di crudelt, ingiustizie e vizi umani, contenuti nella Scrittura, possono diventare profezia di eventi futuri positivi.
[] nelle Scritture profetiche, che narrano degli uomini non solo le azioni buone (non tantum bona) ma anche le cattive (mala), poich la narrazione stessa a essere profetica (prophetica ipsa narratio), un bene futuro (aliquid futurorum bonorum) prefigurato (significetur) da unazione cattiva (de malibus operibus) per opera non del peccatore (non peccantis opere), ma di chi scrive (scribentis) [ ] riguardo alle azioni che vengono proposte allo scopo di imitarle o di evitarle, ha molta importanza se siano buone o cattive. Quelle invece che vengono scritte o dette perch siano un segno (ad significandum), non ha alcuna importanza se nei costumi di chi le compie meritino lode o biasimo, qualora possiedano la congruenza necessaria per prefigurare (necessariam praefigurandi congruentiam) la cosa di cui si sta trattando (de qua agitur)87.

Sia le imprese lodevoli dei personaggi biblici (vedi i Patriarchi) sia quelle deprecabili dei malvagi e degli empi assumono dunque valore profetico e sono cariche di insegnamento pedagogico, poich rappresentano i comportamenti e le inclinazioni perverse, che ognuno deve cercare di correggere, e il progresso nella virt che deve caratterizzare il cammino di ogni discepolo. Esse costituiscono, in ogni caso, un avvertimento tanto per i giusti, affinch non si gonfino di orgoglio, quanto per gli iniqui, affinch non si ostinino sulle vie del male, rifiutando il salutare rimedio della conversione88.

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Speculum: De Psalmis 108 (NBA X/3,276-279). Contr. Faustum 22,60 (NBA XIV/2,552s). Contr. Faustum 22,83 (NBA XIV/2,590-593). dunque insensato sostenere, o anche solo pensare, che la Bibbia abbia detto qualcosa di superfluo o di inutile. Cf. Contr. Faustum 22,96 (NBA XIV/2,612s): [ ] del tutto folle chiunque pensa che abbiano detto qualcosa di superfluo (superflue) o quasi di fatuo (fatue) libri ai quali vede che si sottomesso ogni genere di uomini e di ingegni, e in cui legge che una simile cosa fu da essi predetta (ab eis praedictum) e riconosce che si realizzata (perfectumque).

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9.

Con quali disposizioni interiori occorre accostarsi alla sacra Scrittura


La lunga e assidua consuetudine con i libri sacri, che costituiscono lanima

della sua vita, e il contatto con il popolo di cui conosce a fondo mentalit, esigenze e attese, buona volont e incostanza, debolezze e passioni89, induce Agostino a richiamare continuamente le disposizioni interiori che lascoltatore dovrebbe assumere per poter comprendere la parola di Dio e gustare la dolcezza del suo insegnamento. 9.1. Prerequisiti per la lettura testo biblico Ai Manichei Agostino suggerisce di attingere dalla Scrittura lamore per la Sapienza e la Verit, che consente loro di incontrare Cristo.
Essa, ispirata dallo Spirito Santo, conduce al Figlio, cio alla Sapienza di Dio (ad sapientiam Dei) mediante la quale il Padre stesso si conosce. La sapienza e la verit infatti, se non sono desiderate con tutte le forze dello spirito, in nessun modo possibile trovarle. Se invece si cercano come si conviene, esse non possono n sottrarsi (subtrahere sese) n nascondersi (abscondere) a coloro che le amano (a suis dilectoribus). Da ci quelle parole che anche voi siete soliti avere sulla bocca, le quali dicono: Chiedete e vi sar dato, cercate e troverete, bussate e vi sar aperto (Mt 77); Non vi nulla di nascosto che non sar svelato (Mt 10,26). Con lamore si chiede, con lamore si cerca, con lamo re si bussa, con lamore si svela, con lamore infine si rimane in quello che sar stato svelato. Da questo amore per la Sapienza e da questo zelo nel cercarla non ci distoglie il Vecchio Testamento, come voi dite sempre in modo assolutamente menzognero: esso invece ci spinge a tali disposizioni danimo con grandissimo vigore (vehementissime)90.

impossibile infatti conoscere Dio, se non lo si ama e non si aderisce a Lui con cuore puro, fede convinta e profonda umilt91. Nel Sermone 398, De symbolo ad catechumenos, tenuto in data e luogo imprecisati, Agostino esorta i candidati al battesimo a credere fermamente alle verit rivelate.
Prima credete (prius credite), poi cercate di capire (postea intellegite). un dono di Dio (Dei donum), non certo prerogativa dellumana fragilit (non humana fragilitas), poter capire subito (cito intellegat), appena creduto (cum crediderit). Tuttavia se ancora non

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Cf. M. Pellegrino, nellintroduzione a: SantAgostino. Discorsi I (1-50) sul Vecchio Testamento (=NBA XXIX), Citt Nuova Editrice, Roma 1979,XII. De mor. Eccl. cath. 1,17,31 (NBA XIII/1,58-61). Cf. Lett. 118 3,22 (NBA XXI,1156-1159); De doctr. chr. 1,10.10 (NBA VIII,22s): A tal fine occorre purificare lanima, perch possa fissare quella luce e restare attaccata a quello che ha veduto; De agone chr. 13,14 (NBA VII/2,98s): [ ] Come nella conoscenza bisogna guardarsi dallerrore, cos nellazione bisogna guardarsi dal peccato Pertanto, prima di purificare la nostra mente, dobbiamo credere quello che non possiamo ancora comprendere; poich in tutta verit fu detto per mezzo del profeta: Se non crederete, non comprenderete (Is 7,9).

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capite (si nondum intellegitis), credete (credite): In Dio unico Padre, in Cristo Dio, Figlio di Dio92.

9.2. Atteggiamenti spirituali Alla sacra Scrittura ci si deve accostare anzitutto con spirito di fede, sapendo che essa in grado di soddisfare le pi profonde esigenze dellanimo umano. Lo studio della Scrittura esige infatti, secondo il Dottore della grazia, un atteggiamento di umile sottomissione alla volont di Dio, autore della Rivelazione.
Dunque, [ ] nutriamo (pascamus) e dissetiamo (potemus), con la meditazione e lo studio delle Sacre Scritture, lanimo stanco e tormentato dalla fame e dalla sete ( fame ac siti) della vana curiosit e che inutilmente aspira a ristorarsi e saziarsi con vuote immagini, simili a cibi dipinti: istruiamoci con questa salutare occupazione, davvero liberale e nobile. Se proviamo piacere per la straordinariet degli spettacoli e per la bellezza, aspiriamo a vedere quella Sapienza che si estende da un confine allaltro con forza e governa con bont eccellente ogni cosa (cf. Sap 8,1)93.

Per giungere allintelligenza del testo rivelato, lautore suggerisce inoltre un atteggiamento di profonda umilt, sentimento contrario allorgoglio dal quale egli stesso si lasciato trasportare da giovane, quando si allontanato dalla Chiesa cattolica e, come un uccello caduto dal nido, rimasto impigliato nelle maglie del manicheismo94. La Parola di Dio va accolta con umile fiducia e mitezza, sapendo che le oscurit, presenti in alcune sue pagine, sollecitano il lettore attento a bussare alla porta del Medico celeste chiedendo che gli sia aperto. Mediante tale esercizio, egli impara gradualmente a dilatare il proprio cuore e a custodire come un dono prezioso ci che gli dato di comprendere alla luce dello Spirito.
Onora la Scrittura di Dio (Scripturam Dei), onora la parola di Dio (verbum Dei), anche se non ti palese (etiam non apertum). Animato da piet, rimandane la comprensione (intellegentiam). Non intestardirti nellaccusare la Scrittura o doscurit (obscuritatem) o di, chiamiamola cos, assurda perversione (perversitatem). Nulla di falso (perversum) c nella Scrittura. Se c' qualcosa di oscuro (obscurum aliquid), non perch ti si voglia negare la comprensione, ma perch tu ti alleni meglio e cos te ne appropri. Eventuali oscurit ivi

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Serm. 398,2.4 (NBA XXXIV,714s). Cf. R. Holte, Batitude et sagesse,227. De vera rel. 51,100 (NBA VI/1,142s). Serm. 51,5,6 (NBA XXX/1,12s). Sullimportanza della fede e delle opere buone per giungere alla visione di Dio, si veda Serm. 91,7,9 (NBA XXX/2,128s): Poich dunque difficile per noi capire questo mistero, ma non difficile crederlo (Se infatti non crederete - dice Isaia - non capirete Is 7,9, sec. LXX), finch siamo lontani dal Signore, camminiamo per mezzo della fede finch non arriveremo alla visione quando vedremo Dio faccia a faccia (2Cor 5,6-7; 1Cor 13,12). Camminando per mezzo della fede, cerchiamo di compiere il bene. Mediante le opere buone sia gratuito lamore verso Dio, sia benefico lamore verso il prossimo. Noi infatti non abbiamo nulla da dare a Dio, ma poich abbiamo di che dare al prossimo, dando a chi ha bisogno meriteremo di possedere Colui che possiede ogni bene. Cf, inoltre, M. Pontet, Lexgse de saint Augustin prdicateur,112ss.

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esistenti (quando obscurum) sono opera del medico (medicus fecit), il quale ve le ha poste per farti picchiare (ut pulses): egli ha voluto che ti allenassi a picchiare (exercereris in pulsando), per poi aprire (questo pure ha voluto) a chi picchiava (pulsanti, cf. Mt 7,7). Picchiando (pulsando) ti alleni, allenato (exercitatus) diventi pi capace (latior), reso sufficientemente capace sarai in grado di contenere il dono (quod donatur). Non irritarti quindi se qualcosa ti impenetrabile. Sii mite, sii mansueto!... Non opporre resistenza di fronte alle cose che Dio ti nasconde: sii mansueto, affinch Egli ti accolga95.

Infine, il santo dottore raccomanda ai suoi lettori di accogliere la Parola con atteggiamento di carit.
Insieme ci metteremo [ ] sui sentieri della carit, in cerca di Colui del quale detto: Cercate sempre il suo volto (Sal 104,4)96. Quindi, aggiunge: Infatti, se Dio non amato per fede, il cuore non potr purificarsi per diventare capace e degno di vederlo97.

Se la fede agisce come un collirio, che guarisce gli occhi malati delluomo e lo rende capace di vedere con maggiore acutezza98, la carit, dono dello Spirito, lo spinge a cercare Dio e gli fa gustare la dolcezza della sua Parola. Anzi, si pu dire che la Parola rivelata agisce nellanimo dellascoltatore come una dilectio, ossia come unattrattiva del Padre, non come una forma di costrizione della libert umana (cf. Gv 6,43-44: Nessuno pu venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato)99. Al credente di ogni tempo Agostino raccomanda di affidarsi alla Parola custodita dalla Chiesa, di prenderla come compagna di vita100 e di avere nei suoi confronti il massimo zelo: diligenza nellindagare (diligentia requirendi), umilt nel domandare (humilitas petendi), perseveranza nel bussare alla porta (perseverantia pulsandi, cf. Mt 7,7)101. Per trarre profitto dalla sacra Scrittura, occorre inoltre leggerla assiduamente; quindi, ricercarne i profetici significati alla luce dello Spirito Santo; infine, conformare

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Enarr. in ps. 146,12 (NBA XXVIII,784-787). Numerosi sono i testi agostiniani che trattano il tema delloscurit della Scrittura. Oltre a quelli indicati nei paragrafi precedenti, si veda De div. quaest. 83, q. 53,2 (NBA VI/2,100s). De Trin. 1,3,5 (NBA IV,12s). De Trin. 8,4,6 (NBA IV,336s). Cf. Enarr. in ps. 72,7 (NBA XXVI,832s); I. Bochet, Le firmament de lcriture,41. Cf. In Io. ev. tr. 26,2 (NBA XXIV,696s); V. Grossi, S. Agostino, la Bibbia e il postmoderno,864. De Serm. Dom in monte 1,11,32 (NBA X/2,120s): Essa infatti ci stata data per questa vita (ad hanc vitam), affinch sia con noi per via (in via) e non conviene essere in contrasto con essa affinch non ci consegni al giudice, ma conviene essere condiscendenti con essa (ei consentire) condiscendente con la sacra Scrittura chi la legge o lascolta con deferenza (pie) perch le attribuisce la massima autorit (culmen auctoritatis). Cf. De Gen. ad litt. 10,23,39 (NBA IX/2,548s).

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ad essa la propria esistenza, respingendo le tentazioni che ci rendono schiavi delle passioni e ricercando, invece, ci che ci rende interiormente liberi.
Bisogna insomma leggere la sacra Scrittura (legenda Scriptura divina), riconoscere la presenza dello Spirito Santo ( Spiritus sancti dispensatio) e percepire la profezia (intuenda prophetia); bisogna inoltre respingere la schiavit della carne (carnalis servitus) e conservare lintelligenza propria di un uomo libero (liberalis intellegentia)102.

Per la sua dimensione trascendente e veritativa, la Scrittura specchio e norma del vivere cristiano.
Specchiati nelle Scritture (adtende in Scripturis) e vedi se buona la tua condotta (si bene vivis)103. Non prendiamo bilance ingannevoli (stateras dolosas), su cui pesare ci che vogliamo e come lo vogliamo, e poi dire a nostro piacimento ( pro arbitrio nostro): Questo pesante, questo leggero. No, prendiamo la bilancia divina (divinam stateram) presa dalle sante Scritture (de Scripturis sanctis), come dai tesori del Signore (de thesauris dominicis), e con essa misuriamo per vedere ci che pi pesante (quid sit gravius). Anzi, non pesiamo noi, ma riconosciamo i pesi stabiliti dal Signore104.

Il grande dottore fermamente convinto dellinsostituibilit della Scrittura per la realizzazione del fine ultimo dellesistenza, poich osserva se non crederemo (nisi crediderimus) ad essa, non potremo n essere cristiani n salvarci (nec christiani nec salvi)105. Perci esorta i fedeli ad ascoltare, meditare e mettere in pratica la Parola, qualunque sia la condotta del predicatore che lannuncia.
Ebbene, aprano finalmente le orecchie del cuore (aures cordis) alle Scritture; la smettano di essere uomini che non capiscono n ci che esse dicono, n ci che danno per sicuro (1Tm 1,7). Ecco, notano quanto viene detto al peccatore: Perch reciti i miei
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decreti e hai sulle tue labbra la mia alleanza? (Sal 49,16). Ma non capiscono quanto gli si vuol far sapere, e cio che non gli giova a nulla pronunciare le parole di Dio solo con la bocca, se poi non le mette in pratica (si quod dicit non facit). Esse nondimeno giovano a quelli che, pur ascoltandole dai cattivi, le mettono in pratica ( faciunt). Ci che il Signore comanda, lo insegna lui stesso nel Vangelo, a proposito dei Farisei: Essi siedono sulla cattedra di Mos. Fate quello che essi dicono, ma non fate quello che essi fanno, perch dicono e non fanno (Mt 23,2-3)106. E ancora: Il seme (semen) che mi rigenera (quo regeneror) la parola di Dio (verbum Dei), che sono esortato ad ascoltare con sottomissione (obaudienter audire), anche se colui, tramite il quale lascolto, non mette in
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Contr. Adimantum 15,3 (NBA XIII/2,180s). Enarr. in ps. 128,13 (NBA XXVIII,214s). De bapt. c. Donat. 2,6,9 (NBA XV/1,326s). Contr. Faustum 26,7 (NBA XIV/2,660s). Contr. Ep. Parm. 2,9,18 (NBA XV/1,128s).

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pratica (non facit) ci che dice, poich mi rassicura la parola del Signore: Le cose che essi dicono, fatele, quelle che fanno, non le fate. Dicono infatti, ma non fanno (Mt 23,3)107.

Il fedele, che presta diligente ascolto, trae profitto dalla Parola quando, riflettendo su di essa e ruminandola dentro di s, la assimila profondamente e cerca di vivere conformemente ad essa modellando la propria condotta sugli insegnamenti del Signore.
Vi dico questo, fratelli, affinch traiate profitto ( proficiatis) dalle cose che avete ascoltate (ex eo quod audistis). Ruminatele dentro di voi (ruminetis vobiscum) e non vogliate dimenticarle (oblivisci). Ripensatele (ista recogitando) piuttosto e parlatene tra di voi (colloquendo), ma soprattutto vivete in conformit con quel che vi stato detto (ita vivendo). Difatti la vita buona (bona vita), modellata (quae agitur) sui comandamenti del Signore (ex praeceptis Dei), come uno stilo (stilus) che incide nel cuore (in corde) le cose udite. Se le si scrivesse sulla cera (in cera), si cancellerebbero facilmente. Scrivete la parola di Dio nei vostri cuori (in cordibus vestris), nei vostri costumi (moribus vestris), e non si canceller mai (numquam delebitur)108.

Mediante lascolto assiduo della Parola si attua nel cuore dei credenti una progressiva conformazione allimmagine di Dio, per cui essi non aderiscono pi alle cose temporali ma a quelle eterne. Questa profonda trasformazione possibile grazie allaiuto dello Spirito, che rafforza la loro volont e li rende capaci di compiere il bene.
Dunque colui che di giorno in giorno si rinnova progredendo ( proficiendo) nella conoscenza di Dio (in agnitione Dei) e nella vera giustizia e santit, trasporta il suo amore dalle cose temporali (a temporalibus) alle cose eterne (ad aeterna), dalle cose sensibili (a visibilibus) alle intelligibili (ad intellegibilia), dalle carnali (a carnalibus) alle spirituali (ad spiritalia) e si dedica con cura a separarsi dalle cose temporali, frenando e indebolendo la passione, e ad unirsi con la carit a quelle eterne (illisque se caritate alligare). Non gli possibile per questo (tantum facit) che nella misura in cui riceve laiuto di Dio (quantum divinitus adiuvatur)109.

Agostino assolutamente convinto che la parola rivelata efficace e opera una profonda trasformazione nel cuore delluomo, poich lo esorta a praticare le virt evangeliche, soprattutto la carit (caritas)110.
Alluomo che ama Dio e del quale parliamo [] la giustizia prescriver questa regola di vita (vitae regulam): che serva con la massima disponibilit Dio (Deo libentissime serviat) che egli ama, cio il bene sommo (summo bono), la somma saggezza (summae sapientiae), la somma pace (summae paci). Quanto a tutte le altre cose, governi quelle che gli sono soggette e abbia lardire di assoggettare le altre. Questa norma di vita (norma vivendi), come abbiamo mostrato, confermata dallautorit dei due Test amenti (utriusque Testamenti auctoritate)111.

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Contr. litt. Petil. 1,7,8 (NBA XV/2,36s). Enarr. in ps. 93,30 (NBA XXVII,302s). De Trin. 14,17.23 (NBA IV,606s). De mor. Eccl. cath. 1,33,71 (NBA XIII/1,102s). De mor. Eccl. cath. 1,24,44 (NBA XIII/1,74s).

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