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. Era un esercito molto diverso da quello riorganizzato da Mario nel I secolo a. c.

Quello aveva dovuto rinunciare a reclutare i soli cittadini romani dando l avvi o ai primi soldati di professione, l esercito imperiale invece, era costituito in massima parte da schiavi, stranieri e barbari che peggioravano sempre pi la quali t media del soldato romano. Al principio del II secolo d.c., durante l impero di Ad riano, l esercito era composto da una coorte di mille uomini (coorte miliaria) e d ietro di lei serravano le altre nove coorti, armate con lunghe lance e pesanti s cudi. Con Alessandro Severo III sec. d.c. delle legioni rimase sempre pi solo il nome. Armamento sempre pi pesante, grande dispiego dell artiglieria, baliste, cata pulte, e un uso delle cavalleria pesante (catafratti) sempre pi frequente. L esercito di Ezio era dunque solo un lontano parente delle legioni condotte da Ce sare a conquistare la Gallia e sempre pi simile ad un esercito medievale, anche s e pi nutrito e pi disciplinato. Se questa era la situazione da parte romana andiamo ora a vedere come si present ava lo schieramento Unno. Le poche notizie che sappiamo degli Unni ci vengono dalla Cina. Erano un popolo nomade del deserto della Mongolia che viveva in moltissimi minuscoli gruppi. L ari dit delle terre che erano abitate dagli Unni era tale che veniva loro consentita solo la pastorizia e, ancor pi, la pratica del brigantaggio. Ma se era tanto rozz a la loro vita di tutti i giorni altrettanto, se non di pi, era la loro cultura, limitata all etica della guerra, ovunque e contro chiunque, per la pura sopravvive nza del proprio gruppo. Il solo reale segno lasciato dalla civilt, si fa per dire , unna il terrore che veniva suscitato nei popoli che si apprestavano a rimanern e vittima. Nessuno scritto, nessuna opera architettonica, nulla, solo morte e di struzione dietro di loro. Negli anni antecedenti il 370 d.c. li troviamo ancora a terrorizzare la Cina, ma poi definitivamente respinti e probabilmente ricaccia ti ancora pi a ovest dagli Avari si affacciarono in Europa. E il 375 d.c. e gli Un ni assoggettarono rapidamente le popolazioni che abitavano lungo il corso del Da nubio ( alani, ostrogoti ..). Neanche le legioni romane erano riuscite a fermarl e e sotto il comando del loro nuovo capo Attila si affacciarono via via anche v erso le opulente provincie della Gallia e verso l Italia. Ma chi era Attila? Certo non era un semplice barbaro ignorante come tanti capi del suo popolo. Le sole fonti peraltro ci vengono da cronisti e poeti latini, bi zantini e germanici che ci dipingono un uomo non comune per coraggio e ferocia. Attila addirittura un eroe in alcune saghe nordiche ( Le sue gesta, quelle del s uo cavallo e della sua spada magica sono protagoniste dell ultima parte della saga Niebelungen Lied ambientata nella capitale del suo regno Etselenburg (l odierna B uda). E interessante notare come il cavallo ( Bucefale-Alarico) e la spada (Excal ibur-Art, Durlindana-Orlando), siano tratti comuni di molte saghe medievali tese ad esaltare oltre che le virt dell eroe anche quelle dei suoi principali compagni d a vventura, il cavallo e la spada. Proprio la spada era stata per Attila, diremmo oggi, un ottimo veicolo pubblicit ario per rivendicare il suo primato sul popolo unno. Ci riferisce un cronista ro mano, allora ambasciatore presso la sua corte, che in una delle sue prime campag ne il re si era mostrato a tutte le sue truppe brandendo un antica spada di ferro che pretendeva essergli stata donata dal Dio della guerra come prova del fatto che lui, Attila, era una sua reincarnazione. Un abile mossa, non c che dire, sopratt utto se si tien conto che il popolo unno adorava fin dai tempi pi antichi una spa da nuda come loro dio. Nel 445 Attila dominava su un territorio che approssimativamente corrisponde all a zona che va dal nord del Danubio e del Mar Nero sino ad Est del Caucaso e part e dell antica Tracia e dell odierna Ungheria. In quell anno fonda Etselenburg, sulle r ive del Danubio, dopo essersi liberato del fratello Bleda che sino ad allora ave va gestito insieme a lui il potere. Interessante citare una leggenda abbastanza diffusa all epoca anche in ambiente romano nella quale si diceva che l omicidio di B leda da parte di Attila era stato modellato su quello di Romolo ai danni di Remo affinch proprio Etselenburg fosse la nuova Roma. Probabilmente un altra buona oper a di marketing oppure la materializzazione di un timore che da tempo correva pre

sso il popolo romano. Il 445 infatti aveva chiuso il XII secolo di vita dalla fo ndazione di Roma e tanti dovevano essere i secoli di vita riservati all urbe dai 1 2 avvoltoi visti da Romolo in occasione della sua gara con Remo per decidere chi dovesse essere il padrone della citt che stavano per fondare . Si diceva anzi ch e proprio l uccisione del fratello fosse il prezzo pagato da Romolo per i dodici s ecoli di grandezza di Roma e non una semplice disputa di confine. Sorprendente a nche pensare come gli stessi romani cristiani ritenessero possibile l avverarsi d ella profezia che riguardava Attila. Anche il re barbaro stesso forse fin per crederci tanto vero che dopo cinque anni (450 d.c.) mosse con un consistente esercito verso l Impero Orientale mettendolo a ferro e fuoco, saccheggiando le provincie pi vicine al suo regno e poi dirigend o verso il cuore dell impero d occidente, la Gallia. Ottenuta la collaborazione di uno dei tanti re franchi che da tempo coabitavano la provincia insieme ai governatori imperiali, Attila riusc a passare tranquillam ente il Reno poco al di sotto dell odierna Coblenza con un esercito di forse 700.0 00 uomini (il dato, riferito dai cronisti dell epoca, da ritenersi eccessivo). Sconfisse il re dei Burgundi che si opponeva al passaggio delle sue truppe, quin di divise le sue forze in due gruppi. Il primo si diresse a Nord ovest verso le odierne Torres ed Arras mentre il grosso dell esercito sotto il suo comando distru sse i paesi della zona dell odierna Besancon, nella regione dei Burgundi, e si acc inse ad attraversare la Loira. Il piano (simile a quello che gli Alleati userann o contro Napoleone nel 1814 per conquistare Parigi !!!!) prevedeva che l ala destr a a nord proteggesse i franchi alleati, che l ala sinistra a sud impedisse ai Burg undi di riorganizzarsi bloccando i passi alpini mentre il centro si dirigeva ve rso Orlans. Davanti a lui ormai rimanevano solo il re dei Visigoti Teodorico e l ul timo grande erede della tradizione militare romana, il generale Ezio. Orlans resistette valorosamente per diversi giorni consentendo ai due eserciti di Ezio e di Teodorico di riunirsi nei pressi del fiume Marna. Saputo dell avvenuto ricongiungimento Attila richiam immediatamente le sue due ali e lasci l assedio di O rleans concentrando l intero esercito nella piana dei Campi Catalunici, l odierna Ch alons-sur-Marne. Si narra che proprio durante la ritirata da Orleans un eremita cristiano, visto Attila marciare in testa al suo esercito, si avvicinasse al re unno dicendogli: Tu sei il flagello di Dio per il castigo dei cristiani . Attila, sempre pronto a cogliere queste opportunit di marketing, adott prontamente quell app ellativo e con esso pass alla storia. Il campo di battaglia scelto con oculatezza da Attila era particolarmente favore vole alle manovre della cavalleria, il nerbo dell esercito unno. Ezio e Teodorico comandavano le ali dello schieramento romano mentre al centro era stato posto l es ercito degli Alani comandati del re Sangibano, la cui fedelt era per dubbia. Di fr onte a loro si schieravano gli unni di Attila al centro con sulle ali gli ostrog oti e i Gepidi di Ardarico.

Nelle prime ore della mattina Ezio fece occupare le colline che dominavano il ca mpo di battaglia da una forte schiera di sagittarii (arcieri) e da altre truppe scelte conquistando cos un decisivo vantaggio strategico, la possibilit di dominar e il campo di battaglia. Resosi conto dell importanza delle posizione acquisita da i romani Attila condusse una serie di furiose cariche di cavalleria con l intendim ento di riconquistare la posizione. Tutto fu inutile e le cariche vennero respin te con un consistente perdita di uomini da parte unna. L azione degli arcieri di E zio sar uno dei fattori di questa battaglia anche in altre fasi dello scontro. Ora i romani disponevano del vantaggio strategico di poter aspettare l attacco unn o da una solida posizione difensiva, mentre la grande massa di cavalleria unna a veva dalla sua parte la forza d urto.

CAMPI CATALUNICI Mosa Fiume

Fiume Marna

Attila, di solito molto deciso questa volta attese, forse quasi presagisse, da i nguaribile superstizioso, la sconfitta. Neanche il sole sorto dalle nebbie ad illuminare il campo di battaglia fece deci dere uno dei due contendenti a muoversi. Ezio prefer conservare il vantaggio del la sua posizione e decise di non sfruttare il sole che splendeva negli occhi del nemico. Questa tattica attendista fu ben ripagata dal nervosismo che cominciava a diffon dersi sempre pi fra le truppe a cavallo unne. L esercito romano non era forse all altezza dei legionari di Cesare ma certo, sia le truppe di Ezio che quelle dei due re gallo-romani Teodorico e Sangibano, sapeva no come rimanere a pi fermo incuranti del caldo e del nervosismo. Fu la chiave di volta della battaglia. Come un abile giocatore che non ha fretta di prendere l a decisione giusta ma attende il momento opportuno per sfruttare l errore nemico, cos Ezio e le legioni attesero che Attila facesse la prima mossa. Alle tre del pomeriggio, finalmente col sole alle spalle, Attila decise di lanci are i suoi all attacco. Il tratto di terreno che separava i due schieramenti venne percorso d un fiato dai barbari mentre i romani rinserravano i ranghi coprendosi con i larghi scudi ret tangolari. Dietro questi scudi gli arcieri presero a bersagliare le schiere nemi che mietendo vittime mentre le prime linee lanciato i giavellotti contro l avangua rdia unna si disponevano a reggerne l urto. I morti da parte unna si contavano gi a centinaia. Il cozzare delle armature dei soldati dei due eserciti fu terribile e per lungo tempo la polvere, le urla e il sangue impedirono di avere chiara la situazione. Gli unni per, perso il vantaggio della forza d urto della cavalleria, si videro imp rigionati in un corpo a corpo che premiava la pesantezza dell equipaggiamento dife nsivo e offensivo romano. Questi ultimi infatti potevano disporre di corazze che coprivano tutte le parti vitali del corpo ed erano addestrati a combattere fian co a fianco come un uomo solo mentre gli unni con armature pi leggere e armi meno potenti faticavano ad infliggere perdite consistenti allo schieramento di Ezio. Visto che il centro-destra dello schieramento ben conteneva le orde unne, i Visi goti sulla sinistra si lanciarono sull ala destra unna. Teodorico, che combatteva in testa a tutti, venne ucciso ma i Visigoti anzich sbandare dopo aver perso il loro capo raddoppiarono gli sforzi mettendo in fuga gli Ostrogoti ed attaccando sul fianco gli stessi Unni di Attila. Rotta la foga dell attacco unno avevano preso ad avanzare compatte ed ordinate anc he le forze di Ezio ed il re unno rischiava di trovarsi accerchiato in balia del nemico. L ala destra era stata sbaragliata e Attila, resosi conto che la battagli a era perduta, decise di radunare l ala sinistra del suo schieramento e gli Unni r imastigli nell accampamento per cercare di riorganizzare una difesa durante la not te. Aspettandosi un attacco per la mattina successiva fece disporre alla meglio tutt i i carri attorno all accampamento e vi fece appostare i suoi migliori arcieri . Aveva deciso che nessuno avrebbe potuto vantarsi di averlo preso vivo e dopo ave r fatto accatastare tutte le ricchezze che aveva razziato durante la campagna vi fece disporre le mogli attorno e lui si mise in cima, pronto a darsi fuoco e mo rire in mezzo ai suoi uomini piuttosto che cadere in mani romane.

Quando il mattino successivo illumin la scena dei 165.000 caduti, prevalentemente Unni, per ordine di Ezio i romani e i Visigoti non si mossero lasciando che Att ila riconducesse il suo esercito sconfitto verso il suo regno. Molto si discusso sul perch Ezio non prosegu la battaglia. Probabilmente, oltre a voler evitare nuove ingenti perdite con l attacco ad un campo seppur malamente for tificato, all astuto generale romano non sfuggiva il pericolo che avrebbe corso l e sercito latino, solo un terzo delle forze di cui disponeva Ezio, nel caso che i barbari alleati si fossero accordati per tradirlo e poi per attaccarlo. Teodori co era morto infatti e il principe Torrismundo che si era distinto in battaglia ed era stato nominato suo successore sul campo poteva non essere un alleato fida to come il primo. Gli assalti di Attila contro l impero d Occidente non tardarono a rinnovarsi , ma no n furono mai pi cos pericolosi come quello che aveva minacciato l intero Impero prim a della sconfitta dei Campi Catalunici. Appena due anni pi tardi infatti (452 d.c.) Attila scese in Italia dove saccheggi Vicenza, Verona, Bergamo e Brescia e dove distrusse completamente, fra le altre, la fiera Aquileia che gli aveva resistito per diversi giorni. Giunto fino a Pavia si ferm improvvisamente. Le cause non furono mai note. C chi dice che superstizioso com era non volesse procedere oltre per paura di fare l a stessa fine di Alarico. Chi dice che fu l incontro con il papa Leone I con il qu ale si era incontrato sulle rive del Mincio. Molto pi probabilmente fu la notizia di due eserciti, uno raccolto da Ezio e l altro dall imperatore d Oriente Marciano ch e marciavano verso il nord con l intenzione di intrappolarlo che lo fecero precipi tosamente abbandonare la penisola. Ritornato ad Etselenburg mor poco dopo in circostanze misteriose. Fu infatti trov

ato morto affogato nel proprio sangue di fianco alla giovane moglie, appena sops ata, dopo un banchetto nel quale aveva bevuto e mangiato in eccesso. Avvelenamento? Regicidio? Pi semplicemente si tratt forse dell ennesima, pi grave emorragia di quelle che gi in passato l avevano colpito. La fine di Attila fu anche la fine del regno Unno che si disgreg in brevissimo t empo poco dopo la morte del suo artefice. In chiusura vale forse la pena di riportare integralmente due deliziosi brani tr atti da L Italia dei secoli Bui di Indro Montanelli e Robeto Gervaso: Giordane ci ha lasciato testimonianza di come i Gioti videro gli Unni quando quest i apparvero nei loro territori: Quando il re Filimer egli scrive ebbe condotto il n ostro popolo dalla Svezia in Scizia, trov in mezzo alla popolazione del luogo cer te streghe che egli scacci per via dei loro malefizi. Esse si persero nel deserto dove incontrarono gli Spiriti del Male che errano in quei paraggi e che se le p resero come concubine. Dalla loro unione nacquero gli Unni, creature giallognole di odio, piccole, ferocissime, e incapaci perfino di articolare i loro pensieri . . Giordane, da buon goto, aveva ragione di fornire un ritratto cos malevolo degli U nni: i suoi antenati erano stati, dopo gli Alani, le loro prime vittime in Europ a . Se questa era la visione del goto Giordane, altrettanto interessante la descrizi one riportata da Ammiano Marcellino nel 395 c.d. di un ufficiale di una armata i periale di guarnigioni in Tracia: Raccont la terrificante apparizione, sulle rive del Danubio, di certi uomini piccol i e tozzi, imberbi come eunuchi, con orribili volti i cui tratti umani sono appe na riconoscibili. Piuttosto che uomini si direbbero bestie a due zampe. Portano una casacca di tela con guarnizione di gatto selvatico e pelli di capra intorno alle gambe. E sembrano incollati ai loro cavalli. Vi mangiano, vi bevono, vi do rmono reclinati sulle criniere, vi trattano i loro affari, vi prendono le loro d eliberazioni. Vi fanno perfino cucina, perch invece di cuocere la carne di cui si nutrono, si limitano a intiepidirla tenendola fra la coscia e la groppa del qua drupede. Non coltivano i campi e non conoscono la casa. Scendono da cavallo solo per andare a trovare le loro donne e i bambini, che seguono sui carri la loro e rrabonda vita di razziatori .

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