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0 del 20/1/2006)
Insegnamento: TECNOLOGIA DEI POLIMERI A
Docente: MASSIMO MESSORI


Appunti di:

ELEMENTI DI VISCOELASTICIT LINEARE
REOLOGIA E REOMETRIA




BIBLIOGRAFIA:

M. Guaita, F. Ciardelli, F. La Mantia, E. Pedemonte, Fondamenti di Scienza dei Polimeri,
Pacini Editore, Pisa (I), 1999
Capitoli 10 e 11

S. Brukner, G. Allegra, M. Pegoraro, F. La Mantia, Scienza e Tecnologia delle Materie
Plastiche, Ed. Edises, Napoli (I), 2001
Capitolo 8

ELEMENTI DI VISCOELASTICIT LINEARE
La teoria della viscoelasticit lineare costituisce il fondamento necessario per la comprensione
del comportamento reologico e meccanico dei materiali polimerici. La teoria costituisce una
generalizzazione della meccanica dei corpi perfettamente elastici e di quella dei fluidi
puramente viscosi, comprendendole come casi limite.
Sforzo, deformazione, flusso, moduli e viscosit
Per illustrare i principi della teoria della viscoelasticit lineare si richiamano i concetti
findamentali di sforzo, deformazione, modulo elastico e coefficiente di viscosit
(generalmente detto viscosit). Ci si definisce, per semplicit, a materiali omogenei ed
isotropi. Lo stato di sollecitazione di un corpo posto in un campo tensionale definito dal
tensore degli sforzi.


Figura 1 Componenti del tensore degli sforzi

Considerando un cubetto elementare di volume unitario e prendendo gli assi 1, 2 e 3 del
sistema di riferimento paralleli agli spigoli del cubetto (Figura 1), il tensore degli sforzi
definito da:

!
"
ij
=
"
11
"
12
"
13
"
21
"
22
"
23
"
31
"
32
"
33


dove le componenti agenti normalmente alle facce hanno indici uguali, e le componenti
tangenziali hanno indici diversi: il primo indice si riferisce alla direzione della normale al
piano sul quale agisce lo sforzo, ed il secondo alla direzione dello sforzo. Si assumer nel
seguito che le componenti normali siano positive per la trazione e negative per la
compressione. Allo stesso modo lo stato di deformazione viene descritto da un tensore delle
deformazioni che rappresenta le variazioni dimensionali dei lati, rapportate alle dimensioni
iniziali (la deformazione dunque un numero puro), o le variazioni degli angoli fra i lati. In
modo analogo definito il tensore delle velocit di deformazione. Alcune delle componenti dei tre
tensori possono essere nulle, a seconda della geometria della sollecitazione e della relazione
costitutiva scelta (si intende per relazione costitutiva lequazione che mette in relazione il
tensore degli sforzi con quello delle deformazioni e delle velocit di deformazione). Verranno
di seguito esaminati alcuni tipi semplici di deformazione e le relazioni fra sforzo e
deformazione o velocit di deformazione.
Solidi elastici

Si consideri in primo luogo un materiale che nella comune accezione considerato un solido
elastico. Esistono due tipi semplici di deformazione: la deformazione a taglio, o distorsione, a
volume costante (Figura 2-a), e la compressione a volume variabile e senza variazione di forma
(Figura 2-b). Altre deformazioni, come la trazione uniassiale (Figura 2-c) e la flessione sono pi
complesse, in quanto comportano la variazione contemporanea di volume e forma.


Figura 2 Deformazione di taglio semplice (a), di volume (b) e conseguente ad una sollecitazione
uniassiale di trazione (c)

Nella deformazione a taglio, ad un cubetto elementare di materiale appoggiato su di un piano
viene applicata una forza F tangenziale alla superficie superiore di area A. Tale superficie si
sposta, rispetto a quella inferiore, di una quantit L1 e langolo alla base risulta distorto di una
quantit !. Rimanendo uguale ogni altra cosa, lo spostamento L1 tanto pi grande quanto
pi grande F, diminuisce allaumentare dellarea A ed aumenta con lo spessore L2.
Introducendo un coefficiente di proporzionalit G si pu quindi scrivere:

!
"
21
= tan# =
L
1
L
2
=
1
G
F
A


dove tan ! la misura della deformazione a taglio "21 che, per angoli molto piccoli di identifica
con !. F/A rappresenta lo sforzo tangenziale o di taglio, #21, e la relazione fra sforzo di taglio e
deformazione :

!
G =
"
21
#
21
Equazione 1

dove G il modulo di rigidit a taglio. Leq. (1) unespressione della legge di Hooke, valida per
corpi elastici ideale, per i quali G indipendente dallo sforzo. Spesso essa si trova scritta nella
forma:

!
" = G # $

in cui per comodit si omettono gli indici alla deformazione e in cui lo sforzo di taglio
indicato con il simbolo $.
Nella compressione si applica una forza idrostatica F sulla superficie A dellelemento di
volume V. Lo sforzo, cio il rapporto tra F e A, risulta uniformemente distribuito (#11 = #22 =
#33) e provoca una contrazione di volume !V senza variazione di forma. Seguendo uno
schema di ragionamento identico al caso precedente si definisce un coefficiente di
proporzionalit K, chiamato modulo di rigidit di volume, tale che:


!
"
#V
V
=
1
K
F
A


Una tensione uniassiale (Figura 2) produce una deformazione tridimensionale, mentre una
deformazione uniassiale prodotta da una tensione tridimensionale. Anche nel caso di una
tensione uniassiale si pu definire un coefficiente di proporzionalit E fra sforzo #11 e
deformazione %11 (in tal caso la deformazione infinitesima d% definita come dL/Lo, essendo Lo
la lunghezza originale). La legge di Hooke assume la forma:

!
"
11
= E #$
11


ed il coefficiente E detto modulo di Young. Anche questultima relazione solitamente
espressa utilizzando i simboli # e % senza indici.
I moduli G, K e E sono tra loro correlati mediante il coefficiente di Poisson &:

!
" = 0.5 1#
1
V
dV
d$
%
&
'
(
)
*

Il coefficiente di Poisson tiene conto della variazione di volume del materiale ed una
costante intrinseca del materiale alla pari dei moduli. ovvio che, quando non si ha
variazione di volume, & = 0.5. i materiali polimerici allo stato vetroso hanno & < 0.5, mentre
allo stato liquido (a T > Tg per i polimeri amorfi e a T > Tm per i polimeri semicristallini). Le
relazioni fra G, K, E e & sono le seguenti:

!
E = 3K 1" 2#
( )
= 2G 1+#
( )


da cui evidente che, conoscendo due parametri di un materiale isotropo ed omogeneo, si
possono calcolare gli altri due ed il comportamento elastico risulta definito.
Fluidi viscosi
Lo studio del comportamento sforzo-deformazione dei fluidi loggetto della reologia, i cui
principi verranno trattati di seguito. In questo paragrafo vengono enunciate alcune
definizioni fondamentali.
Si chiama flusso viscoso un processo di deformazione in cui lenergia meccanica applicata al
materiale viene, interamente o parzialmente, dissipata sotto forma di calore; quando lenergia
meccanica viene interamente trasformata in calore si parla di flusso puramente viscoso. Tra i
sistemi che danno luogo, con buona approssimazione, a flussi viscosi si trovano liquidi
costituiti da molecole semplici, soluzioni diluite di macromolecole, ed anche soluzioni
moderatamente concentrate o polimeri fusi se lo sforzo applicato piuttosto modesto. La
grandezza che caratterizza il fenomeno la viscosit, ossia la resistenza opposta dal materiale
a fluire sotto lazione dello sforzo. La viscosit viene espressa quantitativamente mediante
due parametri fondamentali: lo sforzo e la velocit di deformazione. Si applichi alla superficie
superiore di area A di un cubetto elementare costituito da un fluido ideale puramente viscoso
una forza tangenziale F che metta in moto gli strati di fluido nella direzione x, allo stesso
modo di carte da gioco che scorrano le une sopra le altre. Lo strato superiore si muover con
la massima velocit, la quale andr progressivamente decrescendo con laumentare della
profondit y (Figura 3).
La deformazione indotta dalla forza " = dx/dy, ed in seno al liquido esiste un gradiente di
velocit du/dy, dove du = dx/dt. Il gradiente di velocit
!

" = d"/dt dunque uguale alla velocit
di deformazione di taglio:

!

" =
d"
dt
=
d
dt
dx
dy
#
$
%
&
'
(
=
du
dy
Equazione 2

Il coefficiente di proporzionalit fra sforzo tangenziale, o di taglio ($ = F/A), e gradiente di
velocit (
!

" ) la viscosit ':


!
" =
F
A
du
dy
#
$
%
&
'
(
)1
=
*

+
Equazione 3

Leq. (3) la legge di Newton. Se ' costante, cio indipendente da $ e da
!

" , il liquido viene
detto newtoniano.


Figura 3 Sforzo e velocit di deformazione di taglio

Si definisce inoltre flusso viscosimetrico il moto di un fluido in cui la direzione del flusso e
quella del gradiente di velocit, corrispondenti rispettivamente agli assi x e y di Figura 3,
sono fra loro perpendicolari. La terza direzione, corrispondente allasse z, viene detta neutra,
in quanto non coinvolta nel movimento del fluido. I problemi di flusso viscosimetrico
possono pertanto essere trattati in due sole dimensioni (ad esempio, usando le derivate totali
anzich parziali per definire la deformazione " e la viscosit '.
Corpo viscoelastico
Per entrambi i materiali ideali considerati, solido di Hooke e fluido di Newton, valgono
relazioni lineari fra sforzo e deformazione e fra sforzo e velocit di deformazione: i
coefficienti di proporzionalit (moduli e viscosit) sono indipendenti sia dallo sforzo che
dalla deformazione/velocit di deformazione. Quando questo vale anche per i materiali
viscoelastici, cio quelli che manifestano contemporaneamente la natura di solidi elastici e di
liquidi viscosi, si parla di viscoelasticit lineare.
In Figura 4 mostrato il comportamento di deformazione di un materiale quando viene
applicato istantaneamente uno sforzo # ad un tempo to, che insiste sino ad tempo t1 e quindi
viene tolto istantaneamente. Nel caso del fluido ideale (Figura 4-a) si osserva che la
deformazione cresce linearmente con il tempo, in accordo con leq. (2) da cui si ricava
facilmente che la deformazione ad un tempo t data da " = (t to)"#/', e rimane costante per
t > t1. La deformazione finale irreversibile e dipende dal tempo di applicazione e dal valore
dello sforzo; il lavoro di deformazione viene dissipato sotto forma di calore. Nel caso del
solido elastico (Figura 4-c) la reazione, in termini di deformazione, istantanea; la
deformazione indipendente dal tempo fra to e t1 ed del tutto reversibile; il lavoro di
deformazione conservato sotto forma di energia elastica. Il corpo viscoelastico (Figura 4-b; il
caso rappresentato solo uno dei tanti possibili) partecipa alla natura di entrambi i corpi
ideali prima descritti. Ripetendo lidentico esperimento si osserva che la deformazione varia
con il tempo, ma non linearmente, e che essa pu essere parzialmente o totalmente recuperata
nel tempo. Il lavoro di deformazione in parte dissipato ed in parte conservato elasticamente.
Si conduca ora un altro esperimento, deformando istantaneamente ad un tempo to il corpo
elastico e quello viscoelastico e misurando la forza necessaria per mantenere costante nel
tempo la deformazione (Figura 5). Per il corpo elastico il comportamento del tutto simile a
quello precedentemente osservato: lo sforzo costante ed indipendente dal tempo di

applicazione della deformazione. Nel caso del corpo viscoelastico si osserva invece che lo
sforzo decade nel tempo. Si arriva pertanto alle seguenti conclusioni:
- Il grado di generalit del corpo viscoelastico superiore a quello dei due casi limite del
corpo elastico e del fluido ideale.
- Non sembra pi possibile definire in modo univoco i coefficienti di proporzionalit fra
sforzo e deformazione; il loro valore dipende infatti dal tempo di osservazione.
- Il comportamento osservabile dipende dalla storia meccanica; esso infatti differente a
seconda che si imponga una forza costante (esperimento di creep) o una deformazione
costante (esperimento di rilassamento).
- Non sembra ben definito il confine fra comportamento di un corpo solido e di un corpo
liquido.


Figura 4 Deformazione, causata dallapplicazione istantanea di una forza, di un fluido ideale (a), di un
corpo viscoelastico (b) e di un corpo elastico ideale (c).


Figura 5 Risposta di un corpo viscoelastico (a) e di un corpo elastico ideale (b) sottoposti
allapplicazione istantanea di una deformazione.


REOLOGIA E REOMETRIA
Liquidi non newtoniani
La legge di Newton per i fluidi, espressa dall'eq. (2) del Capitolo precedente:

!
" = #$

% Equazione 4

stabilisce la proporzionalit diretta tra lo sforzo di taglio
!
" e la velocit di deformazione di
taglio o gradiente di velocit
!

" . Il fattore di proporzionalit
!
" la viscosit, che quindi una
misura della difficolt di far scorrere un fluido: questa grandezza ha le dimensioni di uno
sforzo moltiplicato per un tempo. L'unit di misura SI Pa!s, mentre nel sistema cgs il poise
(dine!s!cm
-2
). Molti fluidi costituiti da molecole semplici, e spesso anche soluzioni diluite di
macromolecole, obbediscono a questa legge. Quando
!
" costante e non dipende da
!
" e da
!

" ,
i fluidi sono detti newtoniani.
Si chiamano curve di flusso i diagrammi in cui lo sforzo o la viscosit (o i loro logaritmi) sono
riportati in funzione della velocit di deformazione (o del suo logaritmo). Le curve di flusso
in scala lineare (Figura 6) sono rette passanti per lorigine degli assi, mentre in scala
logaritmica sono rette con pendenza unitaria.
Molti liquidi non seguono leq. (3) e sono generalmente indicati come non newtoniani. Per essi
la viscosit varia con l'intensit dello sforzo: se essa aumenta si hanno i liquidi dilatanti,
mentre se diminuisce i liquidi sono detti pseudoplastici. A questa seconda categoria
appartengono invariabilmente i polimeri fusi ed in soluzione concentrata. Come mostrato in
Figura 6, le curve di flusso in scala lineare dei liquidi dilatanti presentano una concavit verso
l'alto, mentre quelle dei liquidi pseudoplastici hanno concavit verso il basso. Le curve di
flusso in scala logaritmica hanno pendenza rispettivamente maggiore e minore di 1.


Figura 6 Curve di flusso. N: fluidi newtoniani; P: fluidi pseudoplastici; D: fluidi dilatanti

Il comportamento non newtoniano dei liquidi dilatanti e pseudoplastici non dipende dal
tempo di applicazione dello sforzo, nel senso che, se questo costante nel tempo, si registrano
una velocit di deformazione ed una viscosit costanti. Alcuni liquidi, tuttavia, manifestano
una dipendenza delle propriet reologiche dal tempo. In certi casi una prolungata
applicazione dello sforzo determina una riduzione, ed in altri casi un aumento, della
viscosit. Sembra logico ipotizzare che la variazione della viscosit rifletta certe modificazioni
strutturali, che peraltro possono essere soltanto temporanee: interrompendo lo sforzo, la
viscosit ritorna al valore iniziale. Si chiamano tixotropici i liquidi nei quali si ha una
diminuzione reversibile della viscosit all'aumentare del tempo di azione dello sforzo, e
reopectici quelli in cui avviene il contrario.
Il comportamento pseudoplastico dei liquidi polimerici pu essere compreso facendo
riferimento alle curve schematizzate in Figura 7. Si osserva che per velocit di deformazione
molto piccole o molto grandi la viscosit costante e contemporaneamente lo sforzo ha un
andamento lineare con pendenza unitaria, in accordo con leq. (3). Il fluido pertanto
newtoniano, secondo due regimi caratterizzati da due diversi valori della viscosit,
!
"
o
e
!
"
#
,
dove gli indici segnalano l'entit della sollecitazione di taglio. Per velocit di deformazione
intermedie la viscosit diminuisce progressivamente da
!
"
o
a
!
"
#
.
I simboli
!
",
!
"
o
e
!
"
#
vengono chiamati come segue:

!
", viscosit apparente;
!
"
o
, zero-shear viscosity, viscosit newtoniana massima, viscosit newtoniana iniziale;
!
"
#
, viscosit newtoniana limite, viscosit newtoniana minima.


Figura 7 Curve di flusso di un liquido polimerico in un ampio intervallo di velocit di deformazione

Analizzando il comportamento di flusso di un fluido polimerico pseudoplastico si pu vedere
che a basse sollecitazioni lagitazione termica cui sottostanno i segmenti delle macromolecole
prevale sulleffetto orientante del campo di forze di taglio, e le macromolecole stesse
mantengono la forma di gomitolo statistico che loro compete allo stato di quiete. Esse sono
fortemente aggrovigliate le une con le altre (elevata densit di entanglements), e questo spiega
la resistenza che oppongono a fluire, ossia lelevato valore di viscosit (
!
"
o
). Aumentando
lintensit della sollecitazione le macromolecole tendono ad allinearsi nella direzione dello
sforzo e a liberarsi dagli aggrovigliamenti (diminuisce la densit di entanglements): la
resistenza al flusso diminuisce gradualmente e conseguentemente si manifestano le
caratteristiche di pseudoplasticit. A sollecitazioni estremamente intense le macromolecole si
distendono completamente e si liberano del tutto dagli aggrovigliamenti (densit di
entanglements nulla) e la viscosit raggiunge un valore minimo (
!
"
#
) determinato dallattrito
presente fra le diverse macromolecole in assenza di entanglements.
Per trattare quantitativamente il flusso non newtoniano necessario disporre di relazioni tra
lo sforzo e la velocit di deformazione sostitutive delleq. (3), dette relazioni costitutive. Come
gi detto, nei liquidi non newtoniani la viscosit dipende da
!

" (o da
!
" ), ma tale dipendenza
in generale troppo complessa per stabilire delle relazioni analitiche sufficientemente
maneggevoli. quindi pratica comune fare ricorso a relazioni empiriche nelle quali, mediante
lintroduzione di un adeguato numero di parametri, si riproducono con sufficiente precisione
gli andamenti sperimentali. Tali parametri non hanno un significato fisico ben definito, ma
consentono di trattare matematicamente i fenomeni.
Il pi semplice modello del flusso puramente viscoso non newtoniano la legge di potenza a
due parametri (nota anche come equazione di Ostwald de Waele):

!
" = K #

$
n
Equazione 5

in cui
!
K e
!
n sono costanti indipendenti dallintensit della sollecitazione chiamate,
rispettivamente, consistenza e indice di flusso. Leq. (5) non chiaramente in grado di
riprodurre lintera curva di flusso mostrata in Figura 7, estesa su un campo eccezionalmente
ampio di sollecitazioni di taglio, ma pu rappresentare segmenti della stessa curva mediante
la scelta degli adatti valori di
!
K e
!
n. Ad esempio, per i tratti dei regimi newtoniani inferiore e
superiore si ha
!
n = 1 e la consistenza
!
K si identifica con le viscosit a sollecitazione di taglio
zero (
!
"
o
) ed infinita (
!
"
#
). Valori di
!
n < 1 caratterizzano il tratto del regime pseudoplastico. In
questi casi, secondo leq. (5), le dimensioni della consistenza dipendono dal valore della

costante adimensionale
!
n. Per ovviare a questo inconveniente leq. (5) pu essere riscritta
nella forma:

!
" = K #

$
n%1
#

$

dove
!

" rappresenta un numero puro il cui valore uguale a
!

" . In tal modo la consistenza
!
K
pu essere espressa con le stesse unit di misura della viscosit [m!l
-1
!t
-1
], pur differendone
numericamente.
Daltra parte, la grandezza:

!
"

#
= K $

#
n%1


corrisponde a tutti gli effetti alla viscosit del fluido non newtoniano per ogni coppia di valori
di
!
" e
!

" , ed nella pratica ingegneristica identificare numericamente la consistenza, le cui
dimensioni sono [m!l
-1
!t
n-2
], con la viscosit del fluido a
!

" = 1 s
-1
.
Leq. (4) ha il pregio di una notevole semplicit matematica ed utilizzabile in molte
applicazioni ingegneristiche potendo sostituire la legge di Newton nelle varie equazioni
fluidodinamiche. Naturalmente, per i casi in cui devono essere considerati intervalli molto
ampi di gradienti di velocit, occorre utilizzare pi relazioni con diversi valori di coppie
!
K e
!
n. Nel tentativo di ovviare a questo inconveniente, in letteratura sono state proposte diverse
altre equazioni empiriche capaci di descrivere lintero andamento delle curve di flusso
utilizzando un solo set di parametri empirici. Ad esempio:

Equazione di Cross:
!
" =
"
o
1+ # $
m


Equazione di Carreau:
!
" =
"
o
1+ #

$
( )
2
[ ]
% p


Equazione di Yasuda et al.:
!
" =
"
o
1+ #

$
( )
a
[ ]
( n%1)/ a


in cui
!
" e
!
"
o
rappresentano rispettivamente la viscosit apparente e la viscosit newtoniana,
mentre tutti gli altri simboli sono dei parametri empirici o semi-empirici. La struttura delle
suddette equazioni simile, differendo essenzialmente nel numero di parametri (due per le
equazioni di Cross e di Carreau e tre per lequazione di Yasuda at al.). Le caratteristiche
peculiari di queste equazioni sono:
- a bassi valori di gradiente di velocit (
!

" # 0) il valore di viscosit apparente tende a quello
di viscosit newtoniana (
!
" #
!
"
o
);
- a valori intermedi di gradiente di velocit tutte le equazioni assumono una forma analoga
allequazione di potenza (eq. (4));
- ad elevati valori di gradiente di velocit (
!

" # $) il valore di viscosit apparente tende a zero
(
!
" # 0); naturalmente questultimo valore non ha significato fisico visto che nella realt la
viscosit raggiunge un valore minimo (
!
"
#
) non nullo. Il risultato dellequazione va quindi
inteso come un valore di viscosit molto pi basso (al limite trascurabile) rispetto a quello
della viscosit newtoniana
!
"
o
.
Dipendenza delle propriet di flusso da parametri fisici
La dipendenza dalla temperatura della viscosit newtoniana
!
"
o
, per temperature fino ad un
centinaio di gradi superiori alla temperatura di transizione vetrosa (Tg), pu essere espressa
dalla seguente equazione di Williams Landel Ferry (WLF):


!
log
"(T )
"(T
o
)
= #
C
1
(T #T
o
)
C
2
+T #T
o


che considera il rapporto tra la viscosit ad una generica temperatura
!
T e ad una temperatura
di riferimento
!
T
o
(ad esempio la temperatura di transizione vetrosa) ed in cui
!
C
1
e
!
C
2
sono
costanti universali indipendenti dalla natura del materiale, i cui valori sono rispettivamente
17.44 e 51.6.
Sono per largamente utilizzate equazioni empiriche del tipo:

!
"
o
= A exp
E
RT
#
$
%
&
'
(

in intervalli di temperatura di qualche centinaio di gradi al di sopra di Tg, che peraltro non
deve necessariamente essere nota.
Equazioni analoghe possono essere ritenute valide, per lo stesso intervallo di temperature,
anche per le viscosit non newtoniane. Operando a
!
" costante oppure a
!

" costante si ha:

!
" = B exp
E
#
RT
$
%
&
'
(
)
!
" = C exp
E
#
RT
$
%
&
'
(
)

in cui
!
E
"
e
!
E
"
sono rispettivamente le energie apparenti di attivazione a sforzo di taglio e a
velocit di deformazione di taglio costanti. Ad esempio, per il polietilene ad alta densit
(HDPE) e a bassi valori di sforzo,
!
E
"
% 5-7 kcal"mol
-1
; si calcola facilmente che un aumento di
circa 30C comporta un dimezzamento della viscosit. La temperatura quindi il parametro
principale con cui si pu realizzare un efficace controllo delle operazioni di trasformazione
dei materiali polimerici. Ovviamente occorre tenere in considerazione i costi e le difficolt del
trasferimento di energia termica a materiali generalmente scarsamente conduttori, oltre alla
possibilit che si verifichino indesiderate reazioni di degradazione termica.
La viscosit di tutti i fluidi aumenta allaumentare della pressione, ossia con la diminuzione
del volume libero necessario allo scorrimento relativo delle molecole. Tuttavia, a causa della
relativa incomprimibilit dei liquidi, compresi quelli polimerici, gli effetti diventano
apprezzabili soltanto a pressioni elevate. Anche la dipendenza della viscosit dalla pressione
pu essere espressa da relazioni esponenziali del tipo:

!
" = A exp BP
( )


in cui
!
A e
!
B sono costanti.
Dipendenza delle propriet di flusso da parametri molecolari
Per mezzo della teoria di Flory
1
possibile determinare il contributo alla viscosit di una
macromolecola in soluzione in funzione delle sue caratteristiche molecolari. Attraverso
semplici considerazioni, questa teoria pu essere estesa anche ai fluidi polimerici puri e
fornire la loro viscosit newtoniana
!
"
o
, considerando una singola macromolecola dispersa in
un solvente costituito da macromolecole ad essa identiche. In queste condizioni si pu
verificare che il contributo alla viscosit di una macromolecola, e quindi la viscosit stessa del
polimero fluido, dovrebbe essere direttamente proporzionale al peso molecolare, attraverso la
dipendenza dal peso molecolare del numero N di segmenti di una catena completamente
snodata:

!
" = KM Equazione 6

1
Vedi Capitolo 5 in Fondamenti di Scienza dei Polimeri di M. Guaita, F. Ciardelli, F. La Mantia, E.
Pedemonte - Pacini Editore - 1998 Pisa (I)

Sperimentalmente si ottiene invece che, come mostrato in Figura 8, la dipendenza della
viscosit dal peso molecolare in accordo con leq. (6) soltanto per bassi pesi molecolari,
inferiori al valore critico
!
M
c
. Per pesi molecolari superiori la viscosit dipende da una
potenza del peso molecolari pari a 3.4.
Landamento di Figura 8 stato interpretato da Bueche come conseguenza del fatto che la
precedente eq. (6) stata derivata considerando la dissipazione di energia da parte di una
singola macromolecola trascinata in un moto di traslazione e di rotolamento da un solvente
che fluisce in regime laminare senza considerare che, in un polimero in massa, la
macromolecola fortemente aggrovigliata con altre (presenza di entanglements). Nei punti di
aggrovigliamento le diverse molecole possono scorre in una certa misura le une sulle altre,
ma la resistenza opposta al movimento da ogni macromolecola certamente maggiore di
quella che si verificherebbe in assenza degli aggrovigliamenti (entanglements). Per tenere
conto formalmente di ci, si pu sostituire N (numero di segmenti di una catena
completamente snodata) con un numero maggiore N* che rappresenti il numero effettivo di
segmenti che vengono messi in movimento dallazione di trascinamento del solvente su una
macromolecola. La previsione di N* un problema complesso che stato risolto
approssimativamente da Bueche, secondo il quale
!
M
c
, caratteristico del tipo di polimero, il
peso molecolare del tratto di una macromolecola mediamente compreso tra due punti di
aggrovigliamento consecutivi. Se il peso molecolare inferiore a
!
M
c
, ossia se vi meno di un
punto di aggrovigliamento per macromolecola, N* = N, leq. (6) risulta valida e si ha il tratto
rettilineo inferiore della Figura 8. Al contrario se il peso molecolare superiore a
!
M
c
e sono
quindi presenti pi punti di aggrovigliamento per macromolecola (per il polietilene,
!
M
c

stimato intorno a 2000 e quindi in un campione a peso molecolare 200000 vi sono mediamente
100 aggrovigliamenti per macromolecola), N* proporzionale, secondo Bueche, alla potenza
3.5 del peso molecolare, in buon accordo con la pendenza riscontrata per la retta degli alti
pesi molecolari di Figura 8.


Figura 8 Dipendenza della viscosit dei fluidi polimerici dal peso molecolare

Una interpretazione alternativa della forte dipendenza della viscosit dei polimeri allo stato
fuso stata suggerita da de Gennes sulla base, anzich degli aggrovigliamenti, del modello
della reptazione. Secondo tale modello la viscosit deve essere considerata proporzionale al
tempo necessario affinch una macromolecola, diffondendo allinterno di un tubo tortuoso
generato dagli ostacoli frapposti dalle altre macromolecole, percorra una distanza pari alla
sua lunghezza, tempo che, a sua volta, viene calcolato proporzionale alla terza potenza di N.

Pertanto la teoria di de Gennes sottostima leggermente la dipendenza della viscosit dal peso
molecolare.
Vale la pena di sottolineare come un gran numero di effetti non newtoniani possano essere
descritti in termini di variazione di densit di aggrovigliamenti. In un polimero fuso, il flusso
provoca lo scorrimento delle catene polimeriche le une rispetto alle altre e quindi lo
scioglimento di alcuni aggrovigliamenti; simultaneamente ha luogo un processo di
formazione di nuovi aggrovigliamenti cos come avviene in stato di quiete. In ciascuna
situazione di flusso la densit degli aggrovigliamenti determinata dallequilibrio dinamico
tra la velocit di formazione e la velocit di distruzione. Se il flusso lento tale densit tende a
quella di quiete e la viscosit tende al valore newtoniano
!
"
o
; se invece il flusso veloce la
densit degli aggrovigliamenti diminuisce e con essa la difficolt di far scorrere le molecole le
une rispetto alle altre. In altre parole la viscosit passa da un valore costante a valori inferiori,
come mostrato in Figura 7.
La forma della curva della viscosit legata alla dinamica di formazione e di distruzione
degli aggrovigliamenti, ma dipende anche dalle caratteristiche molecolari del polimero. In
particolare giocano un ruolo determinante la distribuzione dei pesi molecolari e la struttura
della catena polimerica. Leffetto della distribuzione dei pesi molecolari qualitativamente
mostrato in Figura 9, dove sono confrontate le curve di viscosit di un polimero
monodisperso e di un polimero avente una distribuzione ampia di pesi molecolari. Al
crescere della distribuzione dei pesi molecolari aumenta il comportamento non newtoniano
del polimero.


Figura 9 Viscosit di polimeri a distribuzione stretta (curva continua) e larga (curva tratteggiata)


Figura 10 Viscosit di polietileni a diversa architettura molecolare: a) HDPE; b) LDPE; c) LLDPE


Leffetto delle ramificazioni invece mostrato in Figura 10. Se le macromolecole sono lineari,
come nel polietilene ad alta densit (HDPE), o ramificate come nel polietilene a bassa densit
(LDPE), oppure hanno ramificazioni corte su di una catena essenzialmente lineare come per il
polietilene lineare a bassa densit (LLDPE), la curva di viscosit mostra scostamenti dal
regime newtoniano a valori di versi di velocit di deformazione. In particolare allaumentare
delle ramificazioni aumenta il comportamento non newtoniano.
Sforzi normali
Nel flusso di liquidi non newtoniani determinato da sforzi di taglio si originano anche
componenti non isotrope di sforzi normali. Facendo riferimento al tensore degli sforzi
introdotto in precedenza ed identificando lo sforzo di taglio
!
" con
!
"
21
, nei liquidi polimerici
(e non soltanto in essi) in flusso viscoso risultano attive anche le tre componenti normali
!
"
11
,
!
"
22
e
!
"
33
, aventi valori diverse le une dalle altre. Gli sforzi normali, assenti nei fluidi
newtoniani, sono da attribuire alla componente elastica dei materiali viscoelastici. In
particolare, nel flusso generato dal moto relativo di due piastre parallele tra le quali di trova il
liquido, come schematizzato in Figura 3, lo sforzo
!
"
22
tende ad allontanare le piastre.
La presenza degli sforzi normali permette fra laltro di spiegare il cosiddetto effetto
Weissemberg.


Figura 11 Effetto Weissemberg

Quando un liquido newtoniano (non viscoelastico) contenuto in un recipiente cilindrico
messo in movimento dalla rotazione di unasta cilindrica verticale, esso viene spinto verso le
pareti del recipiente dalla forza centrifuga e la sua superficie assume un profilo parabolico
con il minimo in corrispondenza dellasta. Al contrario, un liquido viscoelastico tende a salire
lungo lasta (vedi Figura 11). Il flusso del liquido nel recipiente un esempio di flusso
viscosimetrico di Couette, come si vedr pi avanti, ed il liquido stesso pu essere
immaginato come costituito da fasce elastiche cilindriche e concentriche, entro le quali le
macromolecole sono forzate ad assumere conformazioni allungate lungo la superficie
cilindrica e nella direzione del flusso. Le fasce sono quindi in tensione e reagiscono
elasticamente esercitando uno sforzo radiale diretto verso il centro sul materiale ad esse
interne (si pensi cosa succede quando ci si avvolge un elastico attorno ad un dito). Poich il
materiale non pu muoversi verso il centro di rotazione perch incontra la resistenza
dellasta, esso deve salire lungo lasta stessa originando leffetto Weissemberg. Naturalmente
tutto ci non significa che non si abbia anche lazione di forze centrifughe, ma che queste
sono superate dagli sforzi elastici normali al flusso.
Tra gli sforzi normali si hanno due differenze indipendenti:

!
"
1
(

# ) ="
11
$"
22
"
2
(

# ) ="
22
$"
33


dette, rispettivamente, prima e seconda differenza degli sforzi normali. Il valore di
!
"
1
(

# )
sempre positivo e maggiore di
!
"
2
(

# ).
Rigonfiamento dellestruso e instabilit di flusso
Quando un fuso polimerico fuoriesce da una filiera si osserva un aumento delle dimensioni
dellestruso rispetto a quelle della filiera, che pu anche raggiungere valori molto elevati. Il

rigonfiamento viene in genere espresso mediante il parametro
!
B, ossia con il rapporto tra il
diametro
!
D dellestruso e il diametro
!
d della filiera, e pu spiegarsi con la riorganizzazione
del profilo di velocit, come mostrato in Figura 12. Il profilo curvilineo nella filiera (come si
vedr successivamente) e deve diventare piatto quando lestruso non pi confinato dalle
pareti del capillare. La presenza degli sforzi normali permette il recupero parziale delle
dimensioni che il materiale aveva prima di entrare nella filiera.


Figura 12 Rigonfiamento dellestruso

Il valore del rigonfiamento dipende, oltre che dalla natura del polimero e dalla temperatura,
dal rapporto L/d tra lunghezza e diametro della filiera e dallo sforzo di taglio $ agente sul fuso
nella filiera. In Figura 13 sono riportati i valori del rigonfiamento B dellestruso in funzione
dello sforzo di taglio $, per prove effettuate a varie temperature e con quattro capillari di pari
diametro e diversi valori di L/d. Si nota che B cresce notevolmente al diminuire di L/d ad
indicazione che questo fenomeno legato alla memoria del fluido: i polimeri fluidi tendono a
riprendere la forma che avevano prima di transitare attraverso la filiera, ma la loro memoria
evanescente. Ci implica un recupero delle dimensioni molto elevato solo se il tempo trascorso
nella filiera piccolo (rispetto al tempo di rilassamento), ossia se la filiera stessa corta. Ci
significa anche che il rigonfiamento, a parit di portata, diminuisce al crescere della
temperatura, Dal diagramma di Figura 13 sembra invece che non ci sia alcuna influenza della
temperatura. Naturalmente ci dovuto al fatto che le curve isoterme del rigonfiamento, in
funzione del gradiente di velocit vengono traslate di quantit diverse, proporzionali alla
viscosit e quindi al tempo di rilassamento.


Figura 13 Rigonfiamento in funzione dello sforzo di taglio dellestruso da quattro capillari dello stesso
diametro e di diversa lunghezza: a) L/d = 1; b) L/d = 5; c) L/d = 20; d) L/d = 40

Al di sopra di un determinato valore della velocit di deformazione, detto gradiente critico,
lestruso perde la sua regolarit ed uniformit ed esibisce vari tipi di distorsioni (Figura 14).

Questo fenomeno, noto come instabilit di flusso (melt fracture), pu essere correlato con
diversi meccanismi come lo scivolamento del polimero dalla parete della filiera o con disturbi
al flusso nelle zone morte della stesa filiera.
Come si nota dalla Figura 14, il fenomeno pu presentarsi sia come opacit superficiale
accompagnata da moderata irregolarit, che come severa distorsione o rottura con perdita
della forma cilindrica. La severit della distorsione cresce con laumentare della velocit di
deformazione e del rapporto L/d e con il diminuire della temperatura. Da un punto di vista
tecnologico il gradiente critico molto importante in quanto rappresenta il valore massimo di
velocit di deformazione a cui poter lavorare senza avere fenomeni di instabilit. Tuttavia il
fenomeno, pi che dalla velocit di deformazione, dipende dallo sforzo applicato sul
polimero fuso. In particolare si osservato che tutti i polimeri, estrusi in qualsiasi condizione,
presentano fenomeni di instabilit di flusso quando lo sforzo di taglio raggiunge valori di
circa 1-2"10
5
N"m
-2
.


Figura 14 Estrusi deformati per instabilit di flusso

Flusso elongazionale
In molte operazioni di trasformazione il polimero fuso viene in qualche modo allungato in
una o pi direzioni. Ad esempio, nella produzione di fibre (filatura) si ha un allungamento
nella direzione dellasse della fibra stessa, nella filmatura in bolla (blowing extrusion) si ha
un allungamento simultaneamente nella direzione della macchina ed in quella tangenziale
alla bolla (cio trasversale alla direzione della macchina). I flussi in cui si ha allungamento,
diversi dai flussi viscosimetrici, sono abitualmente detti flussi elongazionali. Tra questi, il caso
pi ampiamente studiato quello uniassiale che si realizza in una comune prova di trazione.
Si consideri un provino di polimero fuso di lunghezza L, vincolato ad una estremit e
sottoposto ad una prova di trazione nella direzione x. La velocit nulla al punto di vincolo
ed pari a u allestremit in cui applicata la forza elongazionale; in posizioni intermedie, a
valori di x compresi fra 0 e L, la velocit :


!
u
x
=
u
L
x

da cui, differenziando rispetto a x, si ottiene il gradiente di velocit elongazionale
!

" :

!
du
x
dx
=
u
L
=

"

A differenza di quanto avviene nel flusso viscosimetrico, nel flusso uniassiale il gradiente
parallelo al flusso e, poich L aumenta continuamente, diminuisce nel tempo, a meno che la
velocit u dellestremit mobile del provino non cresca proporzionalmente a L.
Lallungamento in direzione x compensato da un assottigliamento nelle due direzioni
trasversali; se il flusso incomprimibile (coefficiente di Poisson & = 0.5) come generalmente
avviene nei fluidi polimerici, si ha:

!
du
y
dy
=
du
z
dz
= "
1
2

#

La viscosit elongazionale, 'el, viene definita dalla relazione:

!
"
el
=
F
A
du
y
dy
#
$
%
&
'
(
)1
=
*
11

+
Equazione 7

dove F la forza applicata e A la sezione attuale del provino. Tale viscosit, per un fluido
newtoniano, costante, viene chiamata viscosit Troutoniana ed pari a tre volte la viscosit
newtoniana:

!
"
el
= 3"


Figura 15 Curve tipiche di fenomeni transitori di viscosit elongazionale: a) HDPE a basso peso
molecolare e basso
!

" ; b) HDPE ad alto peso molecolare ed alto
!

" ; c) LDPE ad alto
!

"

Leq. (7) dipende dal tempo: negli istanti iniziali con laumentare della deformazione &
aumentano lo sforzo e, a velocit di deformazione
!

" costante, la viscosit. In tempi successivi
si hanno due situazioni differenti a seconda del valore di
!

" : se esso basso, 'el raggiunge un
valore di regime (in particolare, per
!

" tendente a zero, 'el = 3'o); se
!

" elevato, la crescita di
'el generalmente molto marcata, ed il provino si rompe prima di raggiungere un valore
costante. Questi comportamenti sono esemplificati nella Figura 15, che mostra anche come la
viscosit elongazionale sia fortemente influenzata dalla struttura del polimero.

Elementi di reometria
La reometria il capitolo della reologia che si occupa della misura delle propriet e delle
costanti reologiche, ossia della determinazione delle curve di flusso. A tal fine si utilizzano i
viscosimetri o reometri, nei quali il materiale da esaminare viene generalmente sottoposto ad
un flusso viscosimetrico, riconducibile allo schema della Figura 3. Con tali strumenti si
determinano quelle caratteristiche in regime di taglio (tipicamente la viscosit ') mentre per
quelle in regime elongazionale bisogna ricorrere ad apparecchiature specifiche che
consentono la misura di 'el.
Il flusso laminare (o di Poiseuille) che si realizza nei viscosimetri convenzionali anche
importante dal punto di vista tecnologico, perch i polimeri allo stato fuso o in soluzione
concentrata sono generalmente trasferiti e manipolati in questo modo. Il flusso laminare
quello pi frequente per i fluidi polimerici, causa delle loro elevatissime viscosit, mentre il
flusso turbolento si pu riscontrare soltanto con soluzioni diluite, a concentrazioni inferiori a
qualche unit per cento.
Flusso in un capillare
Per comprendere come, mediante la reometria, si possono determinare le curve di flusso dei
materiali, utile esaminare quali siano le grandezze rilevanti e le relazioni tra di esse nel caso
relativamente semplice del flusso di un fluido attraverso un capillare.
Il regime laminare che si instaura in un tubo a sezione cilindrica un tipico esempio di
regime viscosimetrico. La geometria del sistema impone luso di coordinate cilindriche: il
moto del fluido nella direzione x lungo lasse del tubo, il gradiente di velocit in ogni
punto nella direzione r dallasse del tubo verso lesterno, e la direzione neutra langolo (
attorno allasse (Figura 16).


Figura 16 Geometria di un elemento cilindrico di fluido in un capillare

Se la pressione del fluido solo funzione della coordinata x, la forza di taglio che agisce sulla
superficie cilindrica di un elemento di fluido di raggio r e di lunghezza dx equilibra la forza
risultante dalla differenza tra le pressioni P e P-dP che agiscono sulle basi dellelemento:

!
"
rx
# 2$r # dx = $r
2
P % $r
2
(P % dP)
"
rx
# 2$r # dx = $r
2
dP


La dipendenza dal raggio dello sforzo di taglio, $(r), pertanto:

!
" (r) =
r
2
dP
dx
#
$
%
&
'
(
Equazione 8

Per un capillare di raggio interno R, lo sforzo di taglio sulla parete, $w, :

!
"
w
=
R
2
dP
dx
#
$
%
&
'
(
Equazione 9

e quindi leq. (8) assume la forma:

!
" (r) =
r
R
"
w
Equazione 10


Leq. (10) mostra che lo sforzo di taglio varia linearmente con il raggio da 0, in
corrispondenza dellasse del tubo, al valore massimo $w sulla parete. importante osservare
che questo risultato del tutto indipendente dalla natura del fluido, e che $w pu essere
facilmente misurato determinando il gradiente della pressione lungo il tubo (dP/dx).
Il secondo aspetto del problema del flusso in un capillare riguarda ovviamente la velocit di
deformazione di taglio o gradiente di velocit
!

" . La velocit del fluido u solo funzione della
posizione radiale, u = u(r); si pu dunque scrivere:

!
du(r) =
du
dr
"
#
$
%
&
'
dr

ed integrare con la condizione u(R) = 0 (il fluido aderisce alla parete del tubo):

!
u(r) = du(r)
0
u( r )
"
=
du
dr
#
$
%
&
'
(
R
r
"
dr

Poich, daltra parte, (du/dr) il gradiente di velocit lungo il raggio del tubo, esso si
identifica con la velocit di deformazione di taglio
!

" (a meno del segno negativo, per cui
!

" =
(du/dr)), e quindi si ha:

!
u(r) =

" #
r
R
$
dr Equazione 11

Se nota la dipendenza di
!

" da $ che, come risulta dalleq. (10), dipende a sua volta da r, si
pu valutare u(r), cio il profilo della distribuzione radiale delle velocit del fluido nel
capillare. In particolare, se si conosce la curva di flusso (questo procedimento , naturalmente,
il contrario di quello che deve essere seguito in reometria) leq. (11) pu essere integrata
mediante la seguente procedura:
a) calcolo di $ ai diversi valori di r mediante leq. (10);
b) determinazione dalla curva di flusso di
!

" per i vari valori di $;
c) costruzione del diagramma di
!

" in funzione di r;
d) integrazione grafica o numerica tra R e r, che fornisce il valore di u a r.
Se disponibile una relazione analitica della curva di flusso, leq. (11) direttamente
integrabile. Ad esempio, se vale una legge di potenza come leq. (5) si ottiene:

!
u(r) =
nR
n +1
"
w
K
#
$
%
&
'
(
1/ n
1)
r
R
#
$
%
&
'
(
1/ n+1
*
+
,
,
-
.
/
/
Equazione 12

In Figura 17-a sono mostrati i profili delle velocit u(r) calcolati secondo leq. (12) per alcuni
valori di n. Per i fluidi newtoniani (n = 1 e K = ') si ha un profilo parabolico, mentre il profilo
risulta tanto pi appiattito quanto minore n, ossia quanto maggiore la pseudoplasticit
che, come gi detto, caratteristica dei fluidi polimerici.
Mediante la velocit u(r) si calcola la portata Q. Con riferimento alla Figura 17-b, larea
dellanello di raggio r e di spessore dr :

!
" (r + dr)
2
# " $ r
2
% 2" $ r $ dr

e la portata infinitesima attraverso questo anello data da:

!
dQ = 2" # r # dr # u(r)

La portata complessiva si calcola integrando su tutta la sezione del capillare:

!
Q = 2" r # u(r)
0
R
$
# dr Equazione 13

Introducendo leq. (12) si ottiene:


!
Q =
" # n # R
3
1+ 3n
$
w
K
%
&
'
(
)
*
1/ n
Equazione 14

in cui la portata espressa in unit di volume al secondo. Per un capillare di lunghezza L ai
cui estremi si riscontra una caduta di pressione )P, dalleq. (9) si ha:

!
"
w
=
R
2
#P
L
Equazione 15

che, introdotta nelleq. (14) riferita ad un fluido newtoniano (per cui n = 1 e K = ') conduce
alla nota equazione di Poiseuille:

!
Q=
" # R
4
# $P
8# %# L
Equazione 16


Figura 17 a) Profili di velocit di un fluido in un capillare calcolati mediante leq. (11) con i valori di n
indicati. b) Dimensioni della sezione di un capillare rilevanti ai fini del calcolo della portata

Viscosimetro capillare
Le relazioni sviluppate nel precedente paragrafo tra gradiente di pressione, profilo di velocit
e portata in un capillare si basano sulla conoscenza delle curve di flusso dei fluidi che vi
scorrono. pertanto evidente che la misura di gradienti di pressione e di portate attraverso un
capillare consente, in linea di principio, la determinazione delle curve di flusso, che
lobiettivo della reometria.
Nel caso in cui sia possibile ipotizzare a priori che per un dato liquido la relazione costitutiva
una legge di potenza come leq. (5), due misure di Q e di $w in un capillare di raggio R sono
sufficienti per ottenere, tramite leq. (14), i parametri K e n caratteristici del liquido. In
generale non per prevedibile la forma della relazione costitutiva per cui occorre operare
come segue.
Integrando per parti leq. (13) si ottiene:

!
Q= 2"
r
2
2
u(r)
0
R
#
r
2
2
du(r)
dr
dr
0
R
$
%
&
'
'
(
)
*
*


Il primo termine in parentesi nullo poich u(R) = 0, e quindi, ricordando che (du/dr) =
!

" , si
ha:

!
Q= " r
2
0
R
#
$ % (r)$ dr

sostituendo mediante leq. (10) la variabile r con la variabile $, tenendo presente che $ = 0 a r =
0 e $ = $w a r = R, si ottiene:


!
"
w
3
# Q
$R
3
= "
2
0
"
w
%
# & (" )# dr

e differenziando entrambi i membri dellequazione rispetto a $w secondo la regola di Leibnitz
risulta:

!
1
"R
3
#
w
3
dQ
d#
w
+ 3#
w
2
Q
$
%
&
'
(
)
= *
w
+ #
w
2
Equazione 17

dove
!
"
w
il gradiente di velocit alla parete del tubo. Leq. (17) pu essere riscritta nelle
seguenti forme equivalenti:

!
"
w
=
4Q
#R
3
3
4
+
1
4
d lnQ
d ln$
w
%
&
'
(
)
*
Equazione 18

!
"
w
= "
app
3
4
+
1
4
d ln "
app
d ln#
w
$
%
&
'
(
)
Equazione 19

dove:

!
"
app
=
4Q
#R
3
Equazione 20

Le eq. (17), (18) e (19) sono forme diverse della cosiddetta equazione di Rabinowitsch. ora
possibile delineare una procedura, corrispondente a quella descritta nelle pagine precedenti
per determinare la curva di flusso di un fluido quando non si conosce la forma dellequazione
costitutiva:
a) per il capillare di raggio R e di lunghezza L si determinano le portate Q a valori diversi di
)P;
b) con le eq. (15) e (20) si calcolano rispettivamente i valori di $w e
!
"
app
;
c) dal diagramma di ln
!
"
app
in funzione di ln$w si calcola il rapporto (dln
!
"
app
/dln$w) e quindi il
valore in parentesi delleq. (19) e quindi
!
"
w
;
d) la curva di flusso cercata il grafico di $w in funzione di
!
"
w
.
Da quanto precede si comprende che il fattore in parentesi delle eq. (18) e (19), noto anche
come correzione di Rabinowitsch, trasforma il gradiente di velocit apparente in gradiente reale.
Il significato del fattore di correzione risulta chiaro se la portata Q delleq. (20) pu essere
espressa mediante leq. (14), ossia se la relazione costitutiva assume la forma di una legge di
potenza. In tal caso leq. (19) diventa:

!
"
w
= "
app
3n +1
4n
#
$
%
&
'
(

da cui risulta che
!
"
app
, cos come definito dalleq. (20), il gradiente di velocit che si avrebbe
se il fluido fosse newtoniano (n = 1), e che il fattore di correzione tiene conto del fatto che,
come illustrato in Figura 17-a, per un fluido polimerico pseudoplastico il gradiente di velocit
alla parete del capillare maggiore che per un fluido newtoniano, in quanto il profilo di
velocit non parabolico.
Nelle apparecchiature di misura il liquido spinto dal serbatoio ad un capillare a sezione
cilindrica, scorre nel capillare e poi fuoriesce allatmosfera. La caduta di pressione
generalmente misurata tra il serbatoio a monte del capillare e latmosfera a valle. Occorre
quindi anche tenere conto della caduta di pressione connessa con lingresso al capillare e con
luscita allatmosfera. Delle due, la seconda in spesso trascurabile, mentre la prima produce
effetti che occorre tenere in conto. Questi si possono riassumere nel fatto che il gradiente di

pressione (dP/dx) diventa costante solo dopo che un certo tratto del capillare stato percorso
dal fluido, come illustrato in Figura 18. I motivi per cui allingresso nel capillare si osserva
una caduta di pressione sono molteplici:
a) lenergia cinetica del fluido deve essere incrementata per consentire laccelerazione dalle
basse velocit nel serbatoio alle velocit maggiori nel capillare;
b) una ulteriore dissipazione di energia dovuta al riarrangiamento del profilo di velocit
dalle lamine cilindriche;
c) il fluido viscoelastico accumula una certa quantit di energia elastica nel passaggio dal
serbatoio, dove scarsamente sollecitato, al capillare (questa energia verr in parte restituita
alluscita dal capillare in fenomeni di rigonfiamento dellestruso e instabilit di flusso).


Figura 18 Andamento della pressione di un fluido in un capillare di lunghezza L

Per tenere conto di tutto questo, la lunghezza L del capillare deve essere aumentata di una
quantit Le che provoca una caduta di pressione equivalente a quella che si ha allentrata nel
capillare (vedi Figura 18). La determinazione di Le pu essere fatta se si dispone di una serie
di capillari dello stesso diametro ma di lunghezza L diversa. Con lapplicazione di opportune
pressioni si realizza per il fluido in esame la stessa portata e quindi, in accordo con le eq. (14)
e (15), riportando )P in funzione di L si dovrebbe ottenere una retta passante per lorigine. In
pratica, in presenza degli effetti dovuti allentrata del fluido nel capillare, la retta interseca
lasse delle ascisse ()P = 0) ad un valore negativo che corrisponde a Le. Questa procedura
nota come correzione di Bagley per lingresso del fluido nel capillare.
Viscosimetro di Couette
Un dispositivo un tempo alquanto diffuso per misurare le propriet dei fluidi il viscosimetro
di Couette, schematicamente rappresentato in Figura 19. Attualmente non viene pi impiegato
in reometria ( invece utilizzato nella viscosimetria delle soluzioni diluite di macromolecole)
e viene quindi brevemente descritto per completezza di informazione.
Il fluido (schematizzato in colore grigio) confinato tra le pareti di due cilindri concentrici,
uno dei quali si muove rispetto allaltro con velocit angolare costante. Si misura il momento
torcente creato dal movimento del fluido viscoso, il quale un tipico esempio di flusso
viscosimetrico in cui la direzione del flusso tangenziale alle pareti cilindriche, il gradiente di
velocit diretto lungo il raggio e la direzione neutra parallela allasse dei cilindri.
Trascurando gli effetti che si manifestano in prossimit degli estremi dei cilindri, il
movimento del fluido quello di una serie di lamine cilindriche concentriche. Assumendo
che il cilindro rotante sia quello esterno, di raggio Ro, questo esercita unazione di
trascinamento sulla lamina di fluido con esso a contatto, la quale trascina la lamina
immediatamente pi interna, e cos di seguito fino alla lamina a contatto con il cilindro
interno stazionario, di raggio Ri. Allequilibrio, il momento torcente M(Ri) che si instaura sul
cilindro stazionario deve essere uguale al momento torcente su qualsiasi lamina di raggio r
compreso fra Ro e Ri (in caso contrario si avrebbe unaccelerazione angolare):

!
M(R
i
) = 2"rL# $(r)# r

da cui si ottiene:

!
"(r) =
M
2#r
2
L
Equazione 21



Figura 19 Schema del viscosimetro di Couette

Il problema della determinazione della velocit di deformazione
!
" alquanto pi complesso
se non si conosce la curva di flusso del fluido, cio proprio nel caso in cui tale curva deve
essere determinata mediante viscosimetria. Lostacolo pu comunque essere aggirato
rendendo molto piccola la differenza tra Ro e Ri rispetto sia a Ro che a Ri. In questo caso,
ponendo Ro - Ri = d e Ro " Ri = R, la situazione pu essere assimilata a quella di due piatti
piani e paralleli, separati dalla distanza d, ed in movimento luno rispetto allaltro con una
velocit lineare uguale alla velocit tangenziale R*+, dove + la velocit angolare del cilindo
esterno del viscosimetro. Risulta pertanto:

!
" =
R#$
d
Equazione 22

Le eq. (21) e (22) indicano la possibilit di determinare la curva di flusso di un fluido.
Ovviamente, esse non sono invece in grado di descrivere il comportamento del fluido nella
zona sottostante il cilindro interno del viscosimetro. A tal fine il fondo piatto del ciliondro
interno pu venire sostituito con una superficie conica con il vertice poggiante sulla base del
cilindro esterno, ed il comportamento del fluido essere analizzato come descritto nel suguente
paragrafo. Alternativamente, si possono eseguire le misure mantenendo il cilindro interno a
due profondit diverse ed introdurre nelleq. (21) le differenze tra i momenti torcenti e gli
sforzi, eliminando cos gli effetti del flusso non couettiano.
Viscosimetri rotazionali a piatto e disco e a piatto e cono
Il viscosimetro a piatto e disco costituito da due dischi coassiali affacciati tra i quali posto il
fluido in esame (in colore grigio nella Figura 20).
Si misura il momento torcente necessario per tenere in rotazione uno dei dischi con assegnata
velocit angolare +, quando tra essi viene messo il liquido da esaminare. La velocit del
liquido nulla sul piatto fisso, ed pari ad + sul disco rotante, alla distanza d dal piatto:
esiste dunque un gradiente di velocit
!
" lungo la direzione dellasse di rotazione, secondo la
relazione

!
" =
r # $
d
Equazione 23


dove r la distanza dallasse. Leq. (23) mostra che in questo dispositivo il gradiente di
velocit (tangenziale), o velocit di deformazione, non costante, ma aumenta dal centro
verso lesterno. Tuttavia il flusso del liquido, tangenziale al disco, perpendicolare al
gradiente, e quindi anche in questo caso si ha una flusso viscosimetrico (la direzione neutra
lungo il raggio del disco).


Figura 20 Schema del viscosimetro a piatto e disco

Si consideri sulla superficie del disco (o del piatto) un anello di raggio r e di spessore dr (vedi
Figura 21) e quindi avente area:

!
" (r + dr)
2
# " $ r
2
% 2" $ r $ dr


Figura 21 Geometria dellanello infinitesimo sulla superficie del disco (o del piatto)

Il momento torcente che agisce su tale anello :

!
dM = " # 2$rdr # r = 2$ # r
2
# " # dr

dove $ lo sforzo di taglio. Se per il fluido vale una legge di potenza del tipo delleq. (5), $,
tenendo conto delleq. (23), dato da:

!
" = K
r # $
d
%
&
'
(
)
*
n


Il momento complessivo sulla superficie del disco quindi:


!
M = 2"K
#
d
$
%
&
'
(
)
n
r
2+n
0
R
*
dr =
2"KR
3
3+ n
+
R
n
Equazione 24

dove
!
"
R
= R*+/d. Leq. (24) consente di ottenere dalla misura del momento torcente i
parametri K e n del liquido in esame, o la viscosit se il fluido newtoniano. Se la forma della
relazione costitutiva non nota, la curva di flusso pu essere ottenuta mediante uno sviluppo
del tipo di quello di Rabinowitsch per il viscosimetro capillare visto in precedenza e che porta
alla relazione:

!
"
R
=
3M
2#R
3
1+
1
3
d lnM
d ln $
R
%
&
'
(
)
*

Per ovviare allinconveniente che nel viscosimetro a piatto e disco la velocit di
deformazione, e di conseguenza la sollecitazione di taglio, non uniforme nella massa del
liquido sottoposto ad esame, il disco rotante spesso sostituito da una superficie conica molto
appiattita. Si ha cos il viscosimetro a piatto e cono schematicamente mostrato in Figura 22, in cui
si realizza un tipo di flusso viscosimetrico simile a quello del viscosimetro a piatto e disco,
con flusso in direzione tangenziale, il gradiente di velocit nella direzione azimutale , e la
direzione neutra lungo il raggio r.
Lo spessore d del provino liquido tra il piatto e il cono cresce con la coordinata radiale. Se
langolo ! tra le superfici del piatto e del cono piccolo, esso pu essere confuso con la sua
tangente e con il suo seno. In tal caso si ha:

!
d = r tan" # r $ "
u =%$ r cos" # %$ r


dove u la velocit tangenziale alla superficie del disco rotante con velocit angolare +. La
velocit di deformazione
!
" pertanto:

!
" =
u
d
=
#
$
Equazione 25

indipendente da r.


Figura 22 Schema del viscosimetro a piatto e cono

Il momento torcente dM che agisce su un anello del liquido di raggio r e spessore dr (vedi
Figura 21) assume la forma:

!
dM = " # 2$rdr # r cos% & 2$ # r
2
# " # dr

ed integrando su tutta la superficie di contatto del cono si ha:


!
M = 2" # $ r
2
0
R
%
dr =
2" # $ # R
3
3
Equazione 26

in cui lo sforzo $, funzione di
!
" e quindi costante rispetto a r, tenuto fuori dallintegrale.
Dalleq. (26) si ottiene:

!
" =
3M
2# $ R
3
Equazione 27
Le eq. (25) e (27) e quindi, in pratica la misura del momento torcente M, permettono di
costruire la curva di flusso senza la necessit di alcuna ipotesi preliminare sulla forma della
relazione costitutiva, n di trattamenti del tipo di quello di Rabinowitsch. Questo rappresenta
un evidente vantaggio del viscosimetro a piatto e cono e giustifica la sua larga diffusione.
I viscosimetri a piatto e cono permettono di determinare anche gli sforzi normali generatisi
durante il flusso di taglio ed in particolare la prima differenza degli sforzi normali #1.
Considerando un viscosimetro a piatto e cono, la forma normale esercitata dal fuso
polimerico sul cono (o sul piatto) la somma algebrica di quella dovuta alla pressione
atmosferica, -*R
2
*P, e di quella dovuta al moto, -*R
2
*#22. La prima differenza degli sforzi
normali pertanto:
!
"
1
= "
22
# P
Reometri elongazionali
Per la determinazione della viscosit elongazionale vengono impiegate apparecchiature come
quella schematizzata in Figura 23. Il provino di polimero fuso galleggia in un bagno dolio di
densit simile ed tirato ad un o a due estremi mantenendo quindi lunghezza costante.
Conservando in questo caso una velocit costante, anche il gradiente di velocit
elongazionale risulter costante. La forza misurata con una cella di carico posta su una delle
estremit del provino permette di calcolare la viscosit:
!
"
el
(t) =
F(t)
A#

$
=
F(t)
A
o
#

$
exp(

$ # t)
Infatti, poich
!

" =
dv
x
dx
=
1
L
dL
dt

L cresce con legge esponenziale
!
L = L
o
exp(

" # t )
e poich
!
A
o
" L
o
= A" L
si ha
!
A = A
o
exp(

" # t )
$1


Figura 23 Schema del reometro elongazionale

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