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Dipartimento di Chimica

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI


Mauro Rustici
Dipartimento di chimica, Via Vienna 2, 07100 SASSARI
email rustici@uniss.it
Elementi di Chimica Generale e Inorganica
Anno Accademico 2008/2009
2
Indice
1 PREFAZIONE 5
1.1 Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2 Materia ed Energia 7
2.1 Materia ed Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.1.1 Elementi e composti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.1.2 Teoria atomica di Dalton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.1.3 Particelle fondamentali dellatomo . . . . . . . . . . . . . . 11
2.1.4 Numero atomico, numero di massa. Isotopi . . . . . . . . . 11
2.1.5 Pesi atomici e unit`a di massa atomica . . . . . . . . . . . . 12
2.1.6 Mole. Numero di Avogadro . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3 Teorie Atomiche 17
3.1 Modello atomico di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.1.1 Dualismo onda particella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.1.2 Modello quantomeccanico dellatomo . . . . . . . . . . . . 24
3.1.3 Atomi polielettronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.2 struttura elettronica e tavola periodica degli elementi . . . . . . . 28
4 Legame Chimico 33
4.1 Legame Chimico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4.1.1 Legame Ionico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
4.1.2 Legame Covalente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.1.3 Legami covalenti polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
5 Geometria molecolare 39
5.1 Geometria molecolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
5.1.1 Strutture di Lewis a legame singolo . . . . . . . . . . . . . 39
5.1.2 Eccezioni alla regola dellottetto . . . . . . . . . . . . . . . 40
5.1.3 Teoria VESPR e forma molecolare . . . . . . . . . . . . . . 41
5.1.4 Forma molecolare e polarit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
4 INDICE
6 Legame covalente 47
6.1 Teoria del legame covalente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
6.1.1 Teoria del legame di valenza . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
6.1.2 legami singoli e doppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
6.1.3 Teoria Orbitale molecolare MO . . . . . . . . . . . . . . . 50
6.1.4 legame metallico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
7 Stati di aggregazione della materia 55
7.1 Stati di aggregazione della materia . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
7.1.1 Forze intermolecolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
7.2 Stato gassoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
7.3 Stato liquido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
7.4 Stato solido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
8 Soluzioni 67
8.1 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
8.2 Propriet`a colligative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
8.2.1 Abbassamento della tensione di vapore . . . . . . . . . . . 68
8.2.2 Innalzamento ebullioscopico . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
8.2.3 Abbassamento crioscopico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
8.2.4 Pressione osmotica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
9 Equilibrio chimico 73
9.1 Equilibrio chimico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
9.2 Equilibri eterogenei implicanti fasi gassose . . . . . . . . . . . . . 75
9.3 Equilibri di solubilit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
9.4 Equilibri acido base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
9.4.1 Prodotto ionico dellacqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
9.4.2 Acidi e basi deboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
9.4.3 Acidi poliprotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
9.4.4 Equilibri idrolitici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
9.4.5 Soluzioni tampone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
10 Processi elettrochimici e reazioni redox 97
10.1 Processi elettrochimici e reazioni redox . . . . . . . . . . . . . . . 97
10.1.1 Serie dei potenziali normali . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
Capitolo 1
PREFAZIONE
1.1 Prefazione
La chimica studia la costituzione dellintero universo e in particolare possiamo
dire che studia la materia, le sue propriet`a le trasformazioni ad essa associate.
Cercheremo pertanto di introdurre alcuni concetti fondamentali per arontare lo
studio di tale disciplina.
In particolare attraverso lo studio della chimica riusciremo a correlare le pro-
priet`a macroscopiche di una sostanza mediante le sue propriet`a microscopiche. In
altre parole si cercher` a di comprendere le propriet`a osservabili mediante le pro-
priet`a non osservabili. Possiamo cos` chiederci perch`e un liquido bolle? Perch`e i
metalli fondono a dierenti temperature? Perch`e il metano brucia?
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
6 PREFAZIONE
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 2
Materia ed Energia
2.1 Materia ed Energia
La materia costituisce la sostanza che ci circonda e che presenta una massa e un
volume. In particolare la chimica `e interessata alla composizione della materia e
ai tipi e alle quantit`a di sostanze semplici che la costituiscono. Una sostanza `e un
tipo di materia con composizione denita e costante.
Per conoscere la materia `e necessario conoscere le sue propriet`a che possiamo
distinguere in propriet`a siche e propriet`a chimiche, le prime sono quelle
propriet`a che una sostanza ha di per se come il colore, il punto di fusione, la
densit`a la polarizzabilit`a e cos` via. Le propriet`a che invece sono relative alla
capacit`a che ha la materia di cambiare la propria composizione appartengono
alla seconda categoria.
La materia come `e noto si trova in tre forme siche denite come stato gassoso,
stato liquido e stato solido. Vedremo che questi tre stati della materia sono in
relazione tra loro attraverso la temperatura e attraverso le forze di coesione che
sussistono tra i vari elementi che la costituiscono.
Cercheremo di capire le propriet`a macroscopiche di una sostanza (osservabili)
mediante le propriet`a microscopiche che non sono direttamente osservabili.
Le trasformazioni chimiche e siche sono accompagnate generalmente da vari-
azione di energia cercheremo pertanto di capire in che modo lenergia permette il
vericarsi di questi processi sici o chimici.
2.1.1 Elementi e composti
La materia si presenta in stati di aggregazione diversi a seconda della temperatura
e della pressione, `e costituita da particelle elementari piccolissime, dette atomi che
si dierenziano per le loro propriet`a. Gli atomi con le stesse propriet`a costituiscono
gli elementi. Attualmente si conoscono 118 elementi di cui solo 90 presenti in
natura mentre tutti gli altri sono ottenuti articialmente. I 90 elementi naurali
si trovano in natura in percentuali diverse. Mentre gli elementi sono costituiti da
atomi della stessa specie, i composti sono costituiti da due o pi` u atomi di specie
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
8 Materia ed Energia
diverse presenti in proporzioni denite e costanti. Un aggregato di pochi atomi
costituisce una molecola.
La concezione atomistica della materia (bench`e si faccia risalire a Democrito)
risale in realt`a al 1800 in cui lo scenziato inglese John Dalton propose una teoria
atomica basata sullesperienza.
La prima delle leggi storiche della stechiometria si deve al chimico Lavoiser
il quale alla ne del 1700 ebbe lintuizione di seguire il decorso delle reazioni
chimiche utilizzando la bilancia come metodo quantitativo di controllo. Fino ad
allora si pensava che i metalli scaldati allaria perdessero il cosiddetto ogisto
trasformandosi in calce. Fu lavoiser che controllando il peso della massa prima
della reazione e dopo si accorse che il peso aumentava dopo il riscaldamento. I
numerosi esperimenti eettuati portarono alla legge empirica della conservazione
della massa.
In una trasformazione chimica la massa dei reagenti `e uguale a quella dei
prodotti, in altre parole nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma
2.1.2 Teoria atomica di Dalton
La legge di Lavoiser e le altre che seguirono condussero Dalton ad esprimere la
sua teoria atomica:
a La materia `e costituita da particelle indivisibili dette atomi.
b Gli atomi sono caratterizzati da una loro massa. Gli atomi di uno stesso ele-
mento hanno la stessa massa e le stesse propriet`a; elementi diversi hanno
propriet`a e masse diverse.
c I composti sono formati dalla combinazione chimica di atomi di dierenti
elementi in un rapporto espresso da numeri piccoli e interi.
d nel corso di una reazione chimica gli atomi non si creano ne si distruggono e
mantengono la loro individualit`a.
La teoria atomistica formulata da Dalton oltre ad interpretare in modo sod-
disfacente molte osservazioni sperimentali ha costituito un approccio euristico per
individuare nuove speculazioni tra cui la determinazione delle masse atomiche.
Secondo Dalton ogni atomo aveva una massa (peso atomico): prendendo come
unit`a di misura il peso dellidrogeno pari a 1 costru` nel 1803 la prima tabella dei
pesi atomici.
Il chimico Avogadro nel 1811 sulla base di osservazioni sperimentali ipotizz`o
che le particelle ultime che costituiscono gli elementi allo stato gassoso fossero
costituiti da raggruppamenti atomici dette molecole. In particolare enunci` o il
seguente postulato
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 9
volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di temperatura e pressione
contengono lo stesso numero di molecole
In questo modo si poteva comprendere dai dati sperimentali perch`e 1 mole di
cloro mescolata con una mole di idrogeno potesse dare 2 moli di acido cloridrico
e non solo 1 mole di acido cloridrico.
infatti se la reazione fosse stata
H + Cl = HCl
i rapporti stechiometrici sarebbero stati 1:1:1 dato che sperimentalmente si
ottenevano rapporti stechiometrici di 1:1:2 si doveva assumere che la reazione
avesse luogo tra molecole
H
2
+ Cl
2
= 2HCl
analogamente per la reazione di produzione dellammoniaca a partire dai suoi
elementi ci si sarebbe attesi
3H + N = NH
3
un rapporto stechiometrico del tipo 3:1:1. Viceversa sperimentalmente si ot-
tenevano rapporti stechiometrici 3:1:2 Che potevano essere perfettamente spiegati
attraverso lipotesi di Avogadro, ipotizzando cio`e lesistenza delle molecole quindi
3H
2
+ N
2
= 2NH
3
Unimmediata applicazione pratica dellipotesi di Avogadro `e data dalla deter-
minazione delle masse molecolari ed atomiche relative delle varie sostanze allo
stato gassoso. Supponiamo che w
A
e w
B
siano le masse di volumi uguali di gas
contenenti un ugual numero di molecole. Il rapporto w
A
/w
B
costituisce il rappor-
to delle masse delle molecole dei due gas. Sia inoltre
r
la densit`a relativa (cio`e
il rapporto tra la densit`a di una sostanza rispetto ad una sostanza di riferimento
entrambe nelle stesse condizioni di temperatura e pressione),
A
e
B
le densit`a
dei gas A e B e inne w
A
e w
B
i pesi dei due gas occupanti un uguale volume V
nelle stesse condizioni di pressione e temperatura allora

A
=
w
A
V

B
=
w
B
V
(2.1)
la densit`a relativa del gas A rispetto al gas B sar`a
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
10 Materia ed Energia

r
=

A

B
=
w
A
w
B
(2.2)
poiche w
A
e w
B
contengono lo stesso numero di molecole il loro rapporto deve
essere uguale al rapporto tra i rispettivi pesi molecolari M
A
e M
B
intesi come
sommatoria dei rispettivi pesi atomici degli atomi costituenti le molecole. Quindi:

r
=

A

B
=
M
A
M
B
(2.3)
In questo modo il chimico italiano calcola con buona approssimazione il peso
atomico dellossigeno e lo valuta circa 15 volte quello dellidrogeno anzich`e 8 volte,
come allora si riteneva.
Se infatti si esegue il rapporto tra le masse di un litro di ossigeno e un litro di
idrogeno, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, si hanno i seguenti
risultati:
massa di un litro di ossigeno
massa di un litro di idrogeno
=
1.429
0.089
= 16
Considerando valido il principio di Avogadro, il valore 16 rappresenta quante
volte la massa di una molecola di ossigeno supera quella di una molecola di
idrogeno.
Ripetendo la stessa esperienza per altri gas, si potranno determinare le masse
molecolari relative di tutti gli elementi allo stato gassoso (per lazoto 14, per
lelio 2 ecc). Ponendo, per convenzione, la massa molecolare dellidrogeno pari a
2 (perche la molecola di idrogeno `e biatomica) e conoscendo il rapporto tra le
masse di ossigeno ed idrogeno, si attribuir`a alla molecola di ossigeno una massa
pari a 32, a quella dellazoto 28, a quella dellelio 4 ecc).
La sua ipotesi, per`o, non venne accettata dai due chimici pi` u autorevoli del
tempo: Berzelius, che non riusciva ad immaginare come due atomi simili potessero
legarsi tra loro, e Dumas. Passer`a quasi mezzo secolo prima che i chimici possano
rivalutare le ipotesi di Avogadro.
Fu grazie allopera di un altro chimico italiano, che lipotesi di Avogadro venne
rilanciata; Stanislao Cannizzaro comprese che proprio quelle idee costituivano la
base per spiegare buona parte dei risultati di laboratorio conseguiti negli ultimi
anni.
Se B `e lidrogeno per il quale Cannizzaro assunse il peso atomico 1 e quindi
peso molecolare 2 per la molecola biatomica la densit`a relativa sar`a allora espressa
come

r
=
M
A
2
M
A
= 2
r
(2.4)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 11
I pesi molecolari ottenuti da misure di densit`a permisero a Cannizzaro di de-
terminare, attraverso lanalisi chimica, la quantit` a con cui un elemento era con-
tenuto in una quantit` a di composto numericamente uguale al suo peso molecolare.
Cannizzaro ritenne che
il peso atomico di un elemento `e dato dalla pi` u piccola quantit`a in peso con
cui lelemento si ritrova nei pesi molecolari dei suoi vari composti
I pesi molecolari cosi determinati sono dei pesi realtivi e peratanto adimen-
sionali.
2.1.3 Particelle fondamentali dellatomo
Gli atomi contrariamente a quanto indicato dalletimologia della parola non sono
particelle indivisibili. Sono approssimativamente sferici con un raggio dellordine
di 10
10
m cio`e di 1

A con un volume quasi completamente vuoto e una massa
concentrata nel nucleo atomico che varia intorno ai 10
14
- 10
15
m. Il nucleo pur
essendo circa 10000-100000 volte pi` u piccolo dellatomo contiene numerosissime
particelle elementari legate tra loro da interazioni estremamente forti. Le princi-
pali particelle nucleari (responsabili della massa atomica) sono i protoni (cariche
positivamente) e i neutroni (neutri) indicati generalmente con il nome di nucle-
oni. I neutroni hanno massa circa uguale a quella dei protoni. Lo spazio attorno
al nucleo `e `e occupato da elettroni (carichi negativamente) particelle di massa
trascurabile rispetto a quella dei nucleoni. Il valore assoluto della carica di un
elettrone `e pari a 1.602210
19
coulomb (C) assunto come valore della carica ele-
mentare. Latomo nel suo complesso `e assunto elettricamente neutro. Quando ad
un atomo sono sottratti elettroni abbiamo i cationi mentre se un atomo assume
elettroni abbiamo gli anioni.
2.1.4 Numero atomico, numero di massa. Isotopi
Il numero dei protoni (o degli elettroni) caratterizza latomo e le sue propriet`a.
Esso viene chiamato numero atomico e rappresentato con la lettera Z. Il numero
totale di nucleoni, vale a dire la somma di protoni e neutroni costituisce il numero
di massa e rappresentato con il simbolo A. In altre parole
A = Z +N N = A Z
Dove N rappresenta il numero di neutroni.
Il numero atomico e il numero di massa caratterizzano in maniera univoca
non solo i nuclei degli elementi, ma qualsiasi particella atomica o subatomica,
mediante la notazione
A
Z
X X= simbolo della particella (2.5)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
12 Materia ed Energia
ad esempio
12
6
C;
1
1
p;
1
0
n; dove abbiamo indicato il carbonio, il protone e il
neutrone. Gli elementi sono sostanze costituite da atomi chimicamente identici e
quindi con lo stesso numero atomico Z Gli atomi di uno stesso elemento possono
avere un diverso numero di neutroni, in altre parole un diverso numero di massa
A e sono chiamati isotopi.
Una ventina degli elementi stabili non presenta isotopi (come il sodio o il
uoro). La maggior parte degli elementi `e costituita da pi` u isotopi. Esistono
inoltre numerosissimi isotopi instabili come quelli radioattivi e in un tempo pi` u
o meno breve si trasformano in altri nuclei. Le quantit` a in cui gli isotopi sono
presenti nella miscela isotopica vengono espresse con abbondanza percentuale o
come abbondanza relativa (frazione con la quale lisotopo si trova nella miscela).
2.1.5 Pesi atomici e unit`a di massa atomica
Non potendo pesare gli atomi direttamente si `e convenuto assegnare ad un atomo
un peso atomico arbitrario. Si denisce allora
peso atomico =
massa dellatomo considerato
massa dellatomo di riferimento
(2.6)
Si `e assunta come unit`a di massa atomica (u) ununit`a di massa pari alla
dodicesima parte della massa dellisotopo
12
6
C del carbonio. Cos` il peso atomico
del carbonio-12 viene per denizione essere pari a 12. In base a questo campione
la massa dellidrogeno `e 1.008 u. Se ad esempio si ottiene che il rapporto tra le
masse del
28
Si e quella del
12
C `e pari a 2.331411 allora il peso del
28
Si risulter`a
essere pari a 27.97693. Misurando inoltre la percentuale isotopica del silicio si
possono ottenere i pesi atomici dei singoli isotopi. Possiamo allora pesare il singolo
contributo isotopico in base alla sua percentuale e attraverso una media pesata
si determina il peso atomico medio che risulter`a essere nel caso del silicio pari a
28.09 u.
Abbiamo evidenziato che i nuclei atomici sono pi` u o meno stabili, questa
stabilit`a viene rappresentata dallenergia di stabilit`a nucleare e tanto maggiore `e
lenergia di legame nucleare e tanto maggiore risulta la stabilit`a del nucleo.
Ad esempio consideriamo gli isotopi
1
1
H e il deuterio
1
2
H che si forma per ad-
dizione di un neutrone allisotopo pi` u abbondante dellidrogeno secondo lo schema
di reazione
1
1
H +
1
0
n
2
1
H (2.7)
si misura lesistenza di una variazione di massa m (cio`e la dierenza tra la
massa dei nucleoni legati rispetto a quella della somma dei nucleoni liberi ) pari
a 3.926 10
30
Kg. Tale quantit` a `e nota come difetto di massa.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 13
Figura 2.1.
Applicando la relazione di Einstein E = mc
2
si calcola che a questa perdita di
massa corrisponde un energia di 3.533 10
13
J. Ricordando che 1 eV `e lenergia
acquistata da un elettrone in quiete sottoposto ad una dierenza di potenziale di
1 V `e pari a 1.602 10
19
J e che quindi un megaelettronvolt MeV corrisponde a
1.602 10
13
J questo implica che lenergia espressa in MeV nella formazione del
deuterio da un protone e da un neutrone `e:
E = 3.533 10
13
/1.602 10
13
= 2.206 MeV
Lenergia sviluppata `e di un milione di volte superiore allenergia che si svilup-
pa nella formazione della molecola di idrogeno. Se si divide lenergia di legame per
il numero di nucleoni in esso contenuti si ottiene lenergia di legame per nucleone.
che nel caso del deuterio `e pari a -1.103 MeV.
Lenergia di legame per nucleone corrisponde alla perdita media di massa di
ogni nucleone che entra a far parte di un nucleo e misura la forza con cui il
nucleone `e legato al nucleo e rappresenta una misura quantitativa della stabilit`a
del nucleo stesso.
Dalla Figura 1 si evince che lenergia di legame per nucleone dapprima au-
menta rapidamente con laumentare del numero di massa per poi raggiungere un
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
14 Materia ed Energia
massimo di circa 8.8 MeV in prossimit`a del ferro per poi diminuire. Questo im-
plica che tutti gli elementi sono pi` u instabili rispetto al ferro. I nuclei pi` u leggeri
tendono a formare elementi pi` u pesanti attraverso un processo di fusione mentre
quelli pi` u pesanti del ferro tenderanno a formare elementi pi` u leggeri attraverso un
procedimento di ssione. Sia i processi di fusione che quelli di ssione avvengono
con sviluppo di energia.
2.1.6 Mole. Numero di Avogadro
Un concetto fondamentale relativo allutilizzo pratico della chimica e in parti-
colare necessario per quanticare i processi chimici come ad esempio la resa di
una reazione chimica `e il concetto di mole. La mole `e denita come la quantit`a
di sostanza di un sistema che contiene tante entit`a elementari quanti sono gli
atomi contenuti in 0.012 Kg di carbonio-12. Questo numero `e detto Numero di
Avogadro. Esattamente una mole contiene un numero di entit`a pari a 6.022 10
23
.
Sulla base del concetto di peso atomico e peso molecolare possiamo a sua
volta dire che una mole corrisponde al numero di atomi o molecole contenuti nella
quantit` a espressa in grammi pari al peso atomico o molecolare di una sostanza
Sulla base di questa semplice denizione il calcolo stechiometrico risulta par-
ticolarmente semplice.
Supponiamo ad esempio di voler calcolare quanti grammi di ossigeno sono
necessari per ossidare completamente 10 grammi di polvere di ferro assumendo
che la reazione di ossidazione sia la seguente
4Fe + 3O
2
2Fe
2
O
3
(2.8)
La reazione chimica ci dice che 4 atomi di ferro reagiscono con 3 molecole di
ossigeno per dare due molecole ossido ferrico. Nello stesso modo possiamo dire
che 4 moli di ferro reagiranno con 3 moli di ossigeno per dare 2 moli di ossido
ferrico. Possiamo pertanto sulla base della denizione di mole andare a calcolare
quante moli sono contenute in 10 grammi Fe. In base alla denizione di mole e al
fatto che il peso atomico del Fe `e 55.845 possiamo scrivere che
n =
grammi
peso atomico
=
10
55.845
= 0.179
Tenendo allora presente che 4 moli di ferro vengono ossidate da 3 moli di
ossigeno il numero di moli di ossigeno necessarie per unossidazione completa
sar`a pari a 3/4 delle moli di ferro. In altre parole
n
O
2
=
3
4
0.179 = 0.134
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 15
da cui i grammi di ossigeno necessario per la completa ossidazione saranno
ottenibili moltiplicando il risultato ottenuto per il peso molecolare della ossigeno.
g
O
2
= 0.134 16 = 2.149
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 3
Teorie Atomiche
3.1 Modello atomico di Bohr
La teoria atomica moderna nasce sulla base di una serie di problemi relativi alla
natura della luce. Dobbiamo per prima cosa ricordare che nei primi anni del 900 il
sico Max Plank fornisce un modello teorico per spiegare alcuni comportamenti
anomali relativi alla radiazione elettromagnetica. A quel tempo la luce veniva
interpretata come un onda elettromagnetica e attraverso questo modello venivano
interpretati con successo fenomeni quali la riessione e la rifrazione della luce.
Senza entrare nel dettaglio possiamo ricordare che il mondo dei sici in quegli
anni non riusciva ad interpretare, attraverso la teoria ondulatoria della luce, lo
spettro del corpo nero, leetto fotoelettrico e gli spettri atomici.
La radiazione emessa da un emettitore perfetto riscaldato ad una temperatura
T detto corpo nero suscitava dei grossi problemi. Max Plank riusc` ad interpretare
perfettamente i dati introducendo una teoria completamente nuova e in partico-
lare ipotizz`o che un corpo a temperatura elevata sia in grado di emettere o di
assorbire solo quantit`a discrete di energia denita dalla relazione
E = nh (3.1)
dove h `e una costante di proporzionalit`a detta costante di Plank, `e la fre-
quenza della radiazione emessa, E `e lenergia associata ed n un numero intero.
In altre parole la quantit` a di energia emessa o assorbita poteva essere solo un
multiplo della quantit` a minima di energia detta h. Questo implicava che len-
ergia associata alla radiazione emessa non poteva assumere qualunque valore. In
altre parole lenergia risultava quantizzata e il numero n vaniva chiamato numero
quantico. Si poteva pertanto aermare che se un atomo poteva emettere solo
quantit` a discrete di energia lenergia stessa dellatomo doveva risultare quantiz-
zata. Ogni pacchetto di energia `e detto quanto e la sua energia `e espressa da
h. In altri termini un atomo passa da uno stato energetico allaltro assorben-
do o emettendo uno o pi` u quanti di energia. Lenergia della radiazione emessa o
assorbita dallatomo sar`a esprimibile come
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
18 Teorie Atomiche
Figura 3.1.
E = nh (3.2)
Nello stesso periodo leetto fotoelettrico costituiva un altro problema da risol-
vere. In particolare tale eetto era associato alla capacit`a da parte di un metallo,
sottoposto ad una dierenza di potenziale, di emettere elettroni quando questo
fosse soggetto ad una radiazione elettromagnetica. Secondo la teoria ondulatoria
qualunque radiazione luminosa purch`e sucientemente intensa avrebbe dovuto
essere capace di emettere un usso di elettroni. Infatti londa luminosa avrebbe
dovuto far oscillare lelettrone no a farlo strappare dallatomo stesso. Tuttavia
lesperienza mostrava che solo oltre una frequenza di soglia era possibile lemis-
sione di elettroni. Oltre questa frequenza il usso di corrente emesso dal metallo
era regolabile con lintensit` a luminosa.
Nel 1905 Einstein prende il premio Nobel per aver interpretato leetto fo-
toelettrico sulla base di una teoria corpuscolare della luce. In particolare Einstein
propose che la luce fosse costituita da quanti luminosi (fotoni) privi di massa e
solo quei fotoni che possedevano un energia superiore alla forza con la quale lelet-
trone risultava legato al nucleo potevano essere espulsi dal metallo e generare la
corrente fotoelettrica.
Un altro problema da risolvere concerneva linterpretazione degli spettri atom-
ici, in altre parole linterpretazione dellenergia elettromagnetica emessa da atomi
vaporizzati ed eccitati. Losservazione sperimentale mostrava che la luce emessa,
una volta analizzata, nelle sue componenti non formava uno spettro continuo ma
uno spettro discreto, in particolare uno spettro a righe;
dove le frequenze che si generano sono caratteristiche dellelemento chimico
che si studia. Le varie righe spettrali generate potevano essere messe in relazione
attraverso lequazione di Rydberg
1

= R
_
1
n
2
1

1
n
2
2
_
(3.3)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 19
dove R `e la costante di Rydberg (1.096776 10
7
m
1
, n
1
e n
2
sono numeri
interi piccoli. Questequazione era di tipo sperimentale e nessuno era in grado di
derivarla dalla teoria corrente.
Dobbiamo attendere Niels Bohr con la sua formulazione di un nuovo modello
atomico per poter interpretare gli spettri atomici.
1. Latomo di idrogeno possiede solo livelli energetici permessi detti stazionari
dove lelettrone ruota attorno al nucleo atomico seguendo orbite circolari.
Ad ogni livello stazionario `e associato un numero detto quantico che pu`o
assumere solo valori interi.
2. Lelettrone durante il suo moto sullorbita stazionaria non emette ne irradia
energia.
3. Il momento angolare dellelettrone mvr `e quantizzato e pu`o assumere solo
un numero denito di valori.
4. Latomo assorbe o irradia energia quando un elettrone passa da un orbita al-
laltra assorbendo o cedendo un fotone la cui energia `e uguale alla dierenza
di energia tra i due stati E = E
A
E
B
= h.
Le orbite permesse allelettrone di massa m e di velocit`a v in ogni stato
stazionario sono quelle in cui il raggio r `e tale che il prodotto mvr `e un multiplo
di h/2.
possiamo cos` scrivere che
mvr = n
h
2
n = 1, 2, 3 (3.4)
e ponendo = h/2 possiamo scrivere
mvr = n n = 1, 2, 3 (3.5)
il numero n `e detto numero quantico principale. In meccanica classica lenergia
pu`o essere espressa come la somma tra lenergia cinetica e lenergia potenziale.
Pertanto possiamo scrivere che lenergia di un elettrone che si muove in un orbita
circolare `e
E =
1
2
mv
2

kZe
2
r
(3.6)
dove k `e la costante di Coulumb, Ze la carica dellelettrone.
Ricordando inoltre la seconda legge di Newton F = ma possiamo sostituire
in questa equazione laccelerazione centripeta a = v
2
/r e la forza di attrazione
coulumbiana. Otteniamo allora
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
20 Teorie Atomiche

kZe
2
r
2
= m
v
2
r
(3.7)
Il primo termine `e relativo alla forza di attrazione coulombiana dove abbiamo
un segno negativo a causa del prodotto tra una carica negativa (elettrone) e una
carica positiva (protone). Il secondo termine invece `e quello relativo alla massa
per laccelerazione centripeta.
da cui si ricava che
1
2
mv
2
=
1
2
kZe
2
r
(3.8)
cio`e che lenergia cinetica `e esattamente la met`a dellenergia potenziale.
Se inoltre ricaviamo dalla 3.7 lespressione della velocit`a otteniamo che
v =
_
kZe
2
mr
(3.9)
sostituendo questa espressione nella 3.5 otteniamo

mkZe
2
r = n (3.10)
elevando tutto al quadrato e risolvendo in r otteniamo
r =
n
2

2
Ze
2
m
= a
0
n
2
(3.11)
dove a
0
`e il cosiddetto raggio di Bohr e vale 0.529 10
10
m.
Lenergia del livello n-esimo `e regolata dal raggio di Bohr e sostituendo le-
spressione 3.8 nella 3.7 possiamo scrivere
E =
Zke
2
2r
=
(Zke
2
)
2
m
2
2
1
n
2
=
13.6eV
n
2
(3.12)
dove abbiamo inoltre sostituito al posto del raggio r la sua espressione (3.11).
Cos` la formula di Rydberg, conosciuta empiricamente prima di quella di Bohr
`e ora contenuta nella teoria di Bohr capace di descrivere le energie di transizione
o i cosiddetti salti quantici tra un livello energetico ed un altro. La formula di
Bohr conduce al valore numerico empirico della costante di Rydberg in termini
di costanti fondamentali includenti la carica dellelettrone e la costante di Plank.
Quando un fotone si muove da un livello energetico allaltro viene emesso un
fotone e usando la formala di Bohr per i livelli dellatomo di idrogeno si pu`o
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 21
calcolare la lunghezza donda. Lenergia del fotone emessa dallatomo di idrogeno
`e esprimibile come la dierenza di energie tra i due livelli energetici
E = E
i
E
f
= R
E
_
1
n
2
f

1
n
2
i
_
(3.13)
Si noti come le energie dei livelli energetici siano sempre pi` u vicine tra loro
con il crescere del numero quantico n.
Nonostante il grande successo nello spiegare le righe spettrali dellatomo di
idrogeno, il modello di Bohr non era in grado di prevedere lo spettro di nessun
altro atomo, neppure quello dellelio, lelemento successivo pi` u semplice.
3.1.1 Dualismo onda particella
Il passo successivo capace di superare i problemi associati allatomo di Bohr si
devono al sico francese De Broglie il quale nella sua tesi di dottorato propone
che la materia possa avere una natura ondulatoria. Sulla base del postulato di
Bohr, per il quale lelettrone pu`o occupare solo orbite discrete di energia, De
Broglie pens`o quali siano gli altri sistemi noti che posseggono solo un certo tipo
di moti permessi. Se noi ad esempio pensiamo alle onde che si trasmettono su
una corda (vedi chitarra) ssata a due estremit`a osserviamo che sono possibili
solo un certo tipo di frequenze di vibrazione. La gura 3.2 mostra un esempio
di onde stazionarie che si possono stabilire quando la corda risulta ssata alle
due estremit`a. In questo caso non tutte le frequenze sono possibili ma solo alcune
saranno permesse e ci`o dipender`a dalla lunghezza della corda.
Le lunghezze donda permesse sono dei multipli interi della lunghezza della
corda secondo la relazione:
n = 2L n = 1, 2, 3 (3.14)
la gura 3.2 mostra inoltre i nodi che sono deniti come quei punti in cui la
funzione donda cambia di segno. La frequenza pi` u bassa `e detta fondamentale o
prima armonica e non possiede nodi. la frequenza successiva `e la seconda armonica
e possiede un nodo ed `e doppia della frequenza fondamentale.
Sulla base di quanto detto De Broglie ipotizz`o che gli elettroni, benche aventi
massa, si muovessero di moto ondulatorio e fossero limitati ad orbite di raggi ssi.
Questipotesi spiegherebbe allora perche gli elettroni possono avere solo certe
frequenze e certe energie. Nasce cos` lidea che una particella sucientemente
piccola possa avere una natura sia corpuscolare che ondulatoria.
Ricordando che la quantizzazione dellenergia veniva descritta dallequazione
E = h e tenendo presente che la frequenza `e esprimibile come il rapporto tra la
velocit`a della luce rispetto alla lunghezza donda possiamo allora scrivere che
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
22 Teorie Atomiche
Figura 3.2.
E = h E =
hc

(3.15)
Applicando lequazione di Einstein E = mc
2
otteniamo che
=
h
mc
(3.16)
allora per una particella generica che si muove con velocit`a v possiamo scrivere
che
=
h
mv
(3.17)
Analogamente alla 3.14 possiamo scrivere, nel caso il vincolo sia espresso da
una circonferenza, che
2r = n n = 1, 2, 3 (3.18)
Questequazione signica che la circonferenza dellorbita circolare dellelet-
trone deve essere un multiplo intero della lunghezza donda di de Broglie in altre
parole le onde dellelettrone dovranno essere continue. Se la circonferenza dellor-
bita circolare non fosse un multiplo intero della lunghezza donde, le onde non
potrebbero essere continue.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 23
Figura 3.3.
La gura 3.3 mostra il caso in cui londa non si sovrappone con se stessa a
causa del fatto che non `e un multiplo intero della lunghezza donda. Questa onda
non rappresenta pertanto una corretta onda di de Broglie. Le onde di de Broglie
giocano cos` un ruolo essenziale per la comprensione della teoria quantistica di
Bohr. In particolare il postulato di Bohr relativo al momento angolare diventa
deducibile dalla ipotesi primaria di considerare una particella subatomica, quale
lelettrone, come un onda. Sostituendo allora a il valore espresso dalla 3.17
otterremmo il vecchio postulato di Bohr dellequazione 3.4.
Linterpretazione ondulatoria dellelettrone costituisce la base della cos` detta
meccanica ondulatoria di Schr odinger o meccanica quantistica.
Se le particelle si muovessero di moto ondulatorio, gli elettroni dovrebbero pre-
sentare dirazione e interferenza e gli esperimenti sugli elettroni mostrano proprio
le gure classiche di interferenza associate a i fenomeni ondulatori. Possiamo allo-
ra aermare che materia ed energia presentano sia il comportamento ondulatorio
che particellare. In alcuni esperimenti osserviamo una faccia della medaglia e in
altri laltra faccia. Questa caratteristica duale della materia e dellenergia `e noto
come dualismo onda-particella.
Nel mondo macroscopico una particella `e ben localizzata nello spazio dalle
sue coordinate, viceversa unonda non `e localizzata ma sparpagliata nello spazio.
Se lelettrone `e unonda come possiamo localizzarlo allinterno dellatomo? Nel
1927 il sico tedesco Werner Heisemberg formul` o il principio di indeterminazione,
secondo cui `e impossibile conoscere simultaneamente la posizione esatta di una
particella. Nel caso di una particella con quantit`a di moto p, il principio di
indeterminazione `e espresso matematicamente dalla relazione
xp
h
2
(3.19)
dove x `e lincertezza nella posizione e p lincertezza nella quantit` a di moto.
Non abbiamo pertanto la possibilit`a di assegnare, alle particelle in movimento,
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
24 Teorie Atomiche
Figura 3.4.
una traiettoria ben denita ma come vedremo possiamo solo conoscere la sua
probabilit`a.
3.1.2 Modello quantomeccanico dellatomo
Sulla base di quanto visto in precedenza il sico Schr odinger formul` o una teoria
ondulatoria per latomo di idrogeno in cui lelettrone, supposto di natura on-
dulatoria, era sottoposto ad un campo di forze centrali di natura elettrostatica
associate al nucleo atomico. Sulla base di questo schema dedusse le caratteris-
tiche dellatomo di idrogeno risolvendo una complessa equazione dierenziale le
cui incognite erano lenergia e la cosiddetta funzione donda . In questo corso
cercheremo di fornire solo i risultati ottenuti da Schrodinger a causa della com-
plessit`a matematica del problema. La funzione non ha signicato sico e solo il
quadrato di tale funzione
2
rappresenta la probabilit`a di trovare lelettrone in
una regione dello spazio. La funzione prende anche il nome di orbitale atomico
e nel suo stato fondamentale `e rappresentato dalla gura 3.4. e prende il nome di
orbitale 1s.
Come possiamo vedere dalla gura si tratta di un orbitale a simmetria sferica.
Nello stato fondamentale lelettrone `e descritto dallorbitale detto 1 s. e la densit`a
elettronica `e massima in corrispondenza del nucleo.
Un orbitale atomico `e specicato da tre numeri quantici, uno `e in relazione
alla distribuzione di probabilit`a radiale dellorbitale, un altro alla sua forma e il
terzo al suo orientamento nello spazio.
1. Il numero quantico principale (n) `e un intero positivo (1,2, 3 . . . ). Tale nu-
mero quantico specica il livello energetico dellatomo di idrogeno e mag-
giore `e il suo numero, maggiore `e lenergia posseduta dallelettrone. Quando
n=1 lelettrone si trova nel suo stato fondamentale (orbitale 1s). Se n=2
lelettrone si trover` a nel primo stato eccitato.
2. Il numero quantico angolare (l) `e un numero intero compreso tra 0 e n-1.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 25
Figura 3.5.
Esso `e in relazione alla forma dellorbitale. Quando n=1 l pu`o avere solo il
valore 0, per n=2 l pu`o avere i valori 0 e 1.
3. Il numero quantico magnetico (m) `e un numero intero compreso tra l e
+ l passando per 0. esso impone lorientamento dellorbitale. Pertento per
l=1 possiamo avere tre possibili orbitali.
Abbiamo visto che lorbitale dellatomo di idrogeno nel caso pi` u semplice ha
una simmetria sferica e prende il nome di orbitale 1s. Nel momento in cui passiamo
al livello eccitato n = 2 abbiamo che l pu`o assumere i valori 0 e 1. Nel caso in
cui n = 2 e l = 0 abbiamo ancora un orbitale a simmetria sferica pi` u grande del
precedente che prende il nome di orbitale 2s e che mostra una superce nodale
al suo interno, in altre parole una zona con densit`a di probabilit`a nulla. Il caso
invece rappresentato da n = 2, l = 1 e m = 1, 0 +1 `e rappresentato dalla gura
3.5 che mostra 3 orbitali noti come orbitali 2p
x
, 2p
y
e 2p
z
.
Come si osserva dalla gura 3.5 lorbitali p sono caratterizzati da due lobi
di alta probabilit`a situati in parti opposte rispetto al nucleo. Il nucleo giace sul
piano nodale. A dierenza dellorbitale s gli orbitali p hanno un orientamento
specico nello spazio. I tre orbitali hanno la stessa energia (sono degeneri) e sono
identici in dimensione ma sono diversamente orientati. In particolare sono tra
loro ortogonali e orientati nello spazio secondo gli assi ortogonali.
Un orbitale con l = 2 `e detto orbitale d per il quale sono possibili 5 valori di m
(-2,-1,0,+1,+2) Per tale motivo ogni orbitale d pu`o avere 5 diverse orientazioni.
come mostrato in gura 3.6. Tre di questi giacciono nei piani mutualmente or-
togonali xy, xz, yz con i lobi tra gli assi e sono denotati con i simboli d
xy
, d
xz
e
d
yz
. Un quarto orbitale denotato d
x
2
y
2 giace nel piano xy ma con i lobi orientati
lungo gli assi. Il quinto orbitale `e il d
z
2 formato da due lobi orientati lungo lasse
z e una regione a forma di ciambella circonda il centro. Gli orbitali con l = 3
sono gli orbitali f.
3.1.3 Atomi polielettronici
La risoluzione dellequazione di Shrodinger per gli atomi polielettronici non `e
risolubile esattamente, tuttavia la risoluzione approssimata mostra che gli orbitali
atomici sono simili a quelli monoelettronici dellatomo di idrogeno e pertanto
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
26 Teorie Atomiche
Figura 3.6.
continueremo a chiamarli con lo stesso nome. In questo caso lenergia non dipende
solo pi` u dal numero quantico principale n ma anche dal numero quantico l a causa
della repulsione elettronica. La disposizione degli elettroni nei singoli orbitali per
quanto concerne lo stato fondamentale si basa su semplici principi ottenuti in
modo rigoroso da considerazioni teoriche ed energetiche. Il meccanismo attraverso
il quale si costruisce tale la congurazione elettronica dello stato fondamentale `e
detto aufbau (dal tedesco costruire) e si basa sulle seguenti regole
principio di minima energia per il quale lelettrone occuper`a sempre solo
stato disponibile ad energia pi` u bassa
principio di esclusione di pauli per il quale in un atomo non possono esistere
due elettroni con gli stessi numeri quantici. Tenendo presente che oltre ai
numeri quantici introdotti precedentemente, dobbiamo anche tener conto
del numero quantico di spin m
s
che pu`o assumere i valori di +1/2 e -
1/2. Questo principo implica a sua volta che ogni orbitale pu`o al massimo
contenere due elettroni e questi devono essere tra loro antiparalleli
regola di Hund: se due elettroni occupano orbitali degeneri si deve raggiun-
gere al massima molteplicit`a di spin in altre parole gli spin devono essere
paralleli.
Per prima cosa prima di poter applicare le regole dellaufbau dobbiamo avere
unidea della disposizione energetica degli orbitali. La gura 3.7 ci fornisce unidea
della sequenza dei livelli energetici. Sulla base di quanto detto non `e dicile
iniziare a costruire le congurazioni elettroniche degli elementi dalla conoscenza
del numero atomico.
Per H (che ha Z=1), n=1, l=0, non c`e molta scelta: dobbiamo usare lorbitale
a pi` u bassa energia, 1s; la congurazione elettronica potr`a venire indicata con 1s
oppure, sinteticamente, con 1s
1
.
Per He (Z=2), n = 1, l = 0, occorre applicare il principio di Pauli: poiche due
numeri quantici sono eguali, occorre che almeno uno degli altri due sia diverso
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 27
Figura 3.7.
perch`e il secondo elettrone possa stare col primo; poiche l = 0, anche m = 0; resta
solo la possibilit`a di avere diverso m
s
: `e necessario che se un elettrone ha ms =
+1/2, laltro abbia m
s
= -1/2. Devono perci`o essere antiparalleli: la congurazione
verr` a indicata con 1s
2
. Continuiamo ora da Z=3 a Z=11, lo schema rappresentato
in gura 3.8 mostra le congurazioni elettroniche associate ai primi elementi della
tavola periodica a partire dallatomo di Li no ad arrivare al gas nobile Ne.
Nella prima colonna sono indicati i numeri atomici Z.
Nella seconda, la congurazione elettronica secondo Lewis: sui quattro lati del
simbolo sono evidenziati i doppietti e gli elettroni spaiati (del guscio esterno).
Nella terza, una rappresentazione che d`a il guscio (shell) gi`a completato, come
(He) o (Ne), seguito dal nome degli orbitali disponibili ed occupati; quando il gus-
cio `e completato (solo per s e p), cambia il simbolo del gas nobile corrispondente;
sono evidenziati anche gli spin accoppiati nel caso di doppietti o, nel caso di
elettroni spaiati, gli spin paralleli degli elettroni che occupano orbitali degeneri
diversi, secondo la regola di Hund. In una analoga rappresentazione (He) `e sos-
tituito dal nome del guscio, K; (Ne) da KL (sono completi ambedue i gusci)
etc.
Nella quarta una rappresentazione completa della congurazione, che non ev-
idenzia per`o se gli elettroni si trovano nello stesso orbitale o in orbitali degeneri
diversi; ricordando per`o la regola di Hund, `e ovvio, per esempio, che N ha tre
elettroni 2p a spin paralleli e in tre orbitali degeneri diversi; lesponente dei vari
tipi di orbitali degeneri indica il numero di elettroni che li occupa.
Finora, nellaufbau, abbiamo esaminato solo gli orbitali no al 3p. Infatti,
nella tabella dellE degli orbitali, la sequenza `e:1s, 2s, 3p, 3s, 3p.
A questo punto, proseguendo il riempimento, poiche i 3d sono a energia leg-
germente superiore ai 4s, riempiremo prima i 4s e poi i 3d, anche se fanno parte
del guscio inferiore.
La gura 3.9 mostra le congurazioni elettroniche relative al riempimento
degli orbitali d
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
28 Teorie Atomiche
Figura 3.8.
Si possono osservare delle piccole anomalie come nel caso del cromo per il
quale invece della congurazione 3d
4
4s
2
si ha la congurazione 3d
5
4s
1
. Questo
avviene perch`e la congurazione elettronica che comporta una serie completa di
orbitali degeneri completamente piena o piena a met`a (cio`e con un elettrone in
ogni orbitale) `e energeticamente favorita, tanto da utilizzare uno degli elettroni
4s per completare il quintetto.
La stessa cosa avviene con Cu, che si trova con tutti i 3d completi, utilizzando
1 elettrone 4s (congurazione 3d
10
4s
1
). Avremo perci`o due atomi con 5 elettroni
3d, Cr e Mn, e due atomi con 10 elettroni 3d, Cu e Zn.
Cr e Cu, avendo un solo elettrone s, avranno perci`o comportamento chimico
diverso (diverse valenze) rispetto ad altri atomi con Z vicino al loro.
3.2 struttura elettronica e tavola periodica degli
elementi
Eseguendo le operazioni dell aufbau si possono notare alcune caratteristiche co-
muni ad alcuni atomi ed evidenziare una periodicit`a nelle congurazioni elettron-
iche degli atomi.
Per esempio, alcuni atomi hanno il guscio corrispondente completo e, dal punto
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 29
Figura 3.9.
di vista chimico-sico, sono tutti gas monoatomici a temperatura e pressione
ambiente; sono molto stabili chimicamente (questa mancanza di reattivit`a ha
reso molto dicile la loro scoperta), hanno energia di ionizzazione alta e anit`a
elettronica quasi nulla. (Il termine chimicamente, per la stabilit`a, `e stato usato
poiche, in eetti, Rn lo `e dal punto di vista della reattivit`a chimica, ma non lo `e
dal punto di vista nucleare: infatti `e radioattivo). Sono stati perci`o chiamati gas
nobili.
Gli atomi che seguono direttamente i gas nobili costituiscono il gruppo dei
metalli alcalini (litio Li con 2s
1
, sodio Na con 3s
1
, potassio K con 4s
1
, rubidio Rb
con 5s
1
, cesio Cs con 6s
1
, francio Fr con 7s
1
) hanno ognuno 1 elettrone nellorbitale
s del guscio superiore, ed hanno anchessi caratteristiche molto simili tra loro:
analogo comportamento chimico, hanno energia di ionizzazione molto bassa e
anit`a elettroniche paragonabili tra loro.
Gli elementi chimici, molto prima dellavvento della meccanica quantistica,
furono raggruppati sotto forma di una tabella nota come tavola periodica degli el-
ementi sulla base delle anit`a chimiche riscontrate da il chimico russo Mendeleev.

E interessante notare che la tavola periodica degli elementi organizzata alla ne


dell800 sulla base delle propriet`a chimiche risulta a sua volta coincidente con
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
30 Teorie Atomiche
Figura 3.10.
quella che possiamo organizzare sulla base della congurazione elettronica. Possi-
amo allora individuare le famiglie o gruppi di atomi con propriet`a chimiche simili
hanno la stessa congurazione elettronica esterna. I metalli alcalino terrosi (beril-
lio Be, magnesio Mg, calcio Ca, bario Ba, stronzio Sr, radio Ra) ad esempio hanno
congurazione esterna ns
2
. Il gruppo degli alogeni (uoro F, cloro Cl, bromo Br,
iodio I, astato At), ha congurazione esterna ns
2
np
5
.
Gli elementi che invece si trovano lungo un periodo sono gli elementi che chimi-
camente si dierenziano gradatamente mano a mano che si allontanano lungo il
periodo.
La gura 3.10 mostra ad esempio come varia lenergia di prima ionizzazione
per i rispettivi atomi.
Si pu`o notare come i gas nobile che posseggono lottetto completo mostrano
la pi` u forte stabilit`a nel senso che `e pi` u dicile rimuovere un elettrone da un
gas nobile rispetto ad un altro elemento. I metalli alcalini invece hanno lenergia
di ionizzazione pi` u bassa. Avendo questi elementi una congurazione elettronica
ns
1
si trovano in una condizione di bassa stabilit`a e se consideriamo lesistenza di
un ottetto completo come caratteristica della stabilit`a si capisce perch+ sia pi` u
semplice rimuovere un elettrone ad un metallo alcalino. In questo modo infatti
raggiungiamo la congurazione elettronica del gas nobile che lo precede.
La gura 3.11 mostra invece le propriet`a periodiche associate al raggio atomico
degli atomi in funzione del numero atomico. Si osserva che generalmente il raggio
diminuisce lungo il periodo no al gas nobile e poi aumenta bruscamante no al
metallo alcalino successivo.
Unaltra interessante propriet`a periodica osservabile tra gli elementi `e lanit`a
elettronica denita come lenergia sviluppata da una mole di un atomo quando
acquisisce una mole di elttroni per diventare un anione. La gura 3.12 mostra
le propriet`a di periodicit`a di questa grandezza. Possiamo vedere che lanit`a
elettronica diminuisce nellambito dei gruppi mentre cresce lungo il periodo per
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 31
Figura 3.11.
Figura 3.12.
raggiungere il suo massimo con gli alogeni.
Nella tavola periodica inoltre si distinguono gli elementi tra metalli e non
metalli.
Resta ancora in uso una tradizionale classicazione degli elementi in metalli
e non-metalli. In breve, sono chiamati: metalli gli elementi con un numero di
elettroni esterni basso, minore o, talvolta, eguale a quello degli orbitali esterni
s e p, e con energia di ionizzazione bassa. Perci`o gli elementi di transizione,
i lantanoidi e gli attinoidi, avendo 1 o 2 elettroni s, sono considerati metalli.
Il carattere metallico aumenta scendendo lungo ogni gruppo (infatti diminuisce
lenergia di ionizzazione);
non-metalli: gli elementi con numero di elettroni esterni maggiore del numero
di orbitali esterni s e p e con energia di ionizzazione alta.
semimetalli: elementi che possono comportarsi da metalli o da non-metalli in
situazioni particolari; sono quelli di conne tra i due tipi.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 4
Legame Chimico
4.1 Legame Chimico
Il capitolo sul legame chimico `e probabilmente largomento centrale di tutto il
corso di Chimica. Comprendere il legame e la sua natura `e di fondamentale
importanza per comprendere la dierenza sostanziale fra composti ionici e co-
valenti. Da tale comprensione dipende anche la capacit`a di prevedere le propriet`a
chimico-siche dei composti e il loro comportamento chimico (reattivit`a).
`
E importante tener presente n dallinizio che alla base della formazione del
legame chimico vi `e il tentativo di raggiungere una condizione di stabilit`a: un
composto o una molecola sono sempre pi` u stabili degli atomi isolati che li costi-
tuiscono. Il concetto di stabilit`a, in chimica come in sica, `e sempre associato ad
un minor contenuto di energia potenziale. Sappiamo gi`a che fra gli elementi vi `e
un gruppo (lo zero) i cui componenti, i gas nobili, sono caratterizzati da una con-
gurazione elettronica eccezionalmente stabile: questa congurazione elettronica,
in cui il guscio esterno contiene otto elettroni, pu`o essere considerata la forma
necessaria per raggiungere la stabilit`a.
`
E proprio la ricerca del raggiungimento di
tale congurazione elettronica che spinge gli atomi a formare il legame chimico.
Quando due atomi sono a grandissima distanza tra loro le forze di interazione
fra le nuvole elettroniche sono nulle e lenergia potenziale del sistema E `e pari a
0. Se i due atomi si avvicinano si possono avere due possibilit`a come evidenziato
dalla gura 4.1. Se allavvicinarsi dei due atomi prevalgono le forze repulsive
tra le nuvole elettroniche lenergia del sistema aumenta. Le condizioni di energia
minima si hanno quando gli atomi sono lontani tra loro, praticamente quando gli
atomi sono isolati. Questo `e il caso dei gas nobili che non manifestano nessuna
tendenza a legarsi e rimangono nello stato monoatomico. Se allavvicinarsi dei
due atomi si ha uninterazione attrattiva fra le nuvole elettroniche e i nuclei,
lenergia E diminuisce nche la distanza non diventa cos` piccola che prevalgono
le forze repulsive sulle attrattive con conseguente aumento dellenergia potenziale.
La distanza associata al minimo di energia `e detta distanza di legame. In tal caso
tra gli atomi si `e formato un legame chimico. Nei vari tipi di legami sono coinvolti
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
34 Legame Chimico
Figura 4.1.
gli elettroni periferici, detti anche elettroni di valenza. Le interazioni attrattive
responsabili del legame hanno origine diversa a seconda della natura degli atomi
interessati al legame.
4.1.1 Legame Ionico
Il legame ionico `e un legame di natura elettrostatica ed `e il tipico legame che si
stabilisce tra elementi con basso potenziale di ionizzazione ed elementi con alta
anit`a elettronica. Ricordando landamento di queste due propriet`a periodiche,
possiamo aspettarci che i pi` u semplici composti ionici binari siano costituiti quasi
esclusivamente dagli elementi dei primi tre gruppi e dei metalli di transizione
(che posseggono basso potenziale di ionizzazione) e da elementi del 6 e 7 gruppo
(caratterizzati da alta anit`a elettronica).
Lelemento con bassa energia di ionizzazione trasferisce elettroni al guscio di
valenza dellaltro caricandosi positivamente e diventando un catione lelemento
che invece acquista gli elettroni diventa un anione. Tra i due ioni aventi carica
opposta si instaura un legame di natura elettrostatica. Ad esempio il comune
sale da cucina con formula NaCl `e costituito da cationi Na
+
e anioni Cl

. Come
vedremo meglio in seguito il sistema ione positivo e ione negativo non raggiunge
la massima stabilit`a con la formazione di una singola coppia di ioni, ma nella for-
mazione di un solido cristallino in cui ogni ione attrae il maggior numero possibile
di ioni di segno opposto in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica. Nel
caso del cloruro di sodio la formula indica semplicemente che il rapporto tra gli
ioni sodio e gli ioni cloruro `e di 1:1 mentre ad esempio per il BaBr
2
il rapporto
tra gli ioni bario e gli ioni bromuro `e di 1:2.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 35
Figura 4.2.
Nella formazione dei legami ionici, la maggior parte degli elementi dei blocchi
s e p raggiunge, nel caso di ioni positivi, la congurazione del gas nobile che li
precede e, nel caso degli ioni negativi, quella del gas nobile che li segue. Come
evidenziato nel caso della formazione del cloruro di sodio dalla gura 4.2.
4.1.2 Legame Covalente
Quando si incontrano due atomi uguali o con potenziale di ionizzazione e anit`a
elettronica simili, non vi pu`o essere ovviamente un trasferimento completo di
elettroni dalluno allaltro, come avviene nella formazione del legame ionico. In
questo caso i due atomi possono tuttavia raggiungere la congurazione elettronica
stabile del gas nobile, mettendo in compartecipazione i propri elettroni spaiati.
Questo `e quanto avviene nella formazione del legame covalente. Il legame covalente
`e formato da una coppia di elettroni condivisa fra due atomi.
`
E attraverso questo tipo di legame che si formano le molecole, aggregati
atomici stabili, capaci di esistere come unit`a indipendenti in tutti gli stati di
aggregazione della materia.
Lipotesi del legame covalente come doppietto elettronico condiviso fra due
atomi fu suggerita dal chimico americano Gilbert Newton Lewis (1874-1946) nel
1916 che svilupp`o, la teoria dellottetto.
Lewis propose anche di rappresentare le congurazioni elettroniche esterne
degli elementi, ponendo dei punti attorno al simbolo elementare stesso, che di per
se aveva lo scopo di indicare il nocciolo, ovvero i gusci elettronici completi pi` u
interni. Similmente, il legame nelle formule si sarebbe rappresentato con i due
punti ( : ).
Attualmente, anziche i due punti, si preferisce usare un trattino; il trattino
che si usa nelle formule di struttura non `e quindi un semplice formalismo, ma ha
il preciso signicato di doppietto elettronico, sia esso di legame o solitario.
In altre parole ogni trattino che compare in una formula di struttura rappre-
senta una coppia di elettroni: questa pu`o essere una coppia di legame, quando `e
in compartecipazione tra due atomi, o un doppietto solitario.
Il simbolismo di Lewis per indicare gli elettroni di valenza, unitamente alle
sue due ipotesi centrali:
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
36 Legame Chimico
Figura 4.3.
Figura 4.4.
legame covalente (doppietto condiviso)
teoria dellottetto
Ad ed esempio nel caso dellidrogeno, in cui abbiamo due atomi con un elet-
trone spaiato, quando questi si avvicinano formeranno un legame covalente per
compartecipazione elettronica. In altre parole la descrizione energetica oerta
mediante la gura 4.1 si adatta perfettamente alla descrizione della formazione
del legame covalente, che rappresentato mediante le formule di Lewis sar`a H-H e
simboleggato come H
2
.
Quello che avviene nella formazione della molecola di idrogeno pu`o essere es-
teso, con le opportune precisazioni, a molte altre molecole biatomiche. Gli alogeni
ad esempio, che hanno congurazione elettronica esterna ns
2
np
5
, possono met-
tere in compartecipazione lelettrone spaiato di uno degli orbitali p e raggiungere
la congurazione elettronica stabile del gas nobile successivo come mostrato in
gura 4.3.
Il legame covalente non `e esclusivo di molecole formate da atomi uguali (omonu-
cleari). Idrogeno e uoro, ad esempio, possono mettere in compartecipazione una
coppia di elettroni (1s dellH e 2p del F), raggiungendo entrambi la congu-
razione elettronica stabile dellHe e del Ne, rispettivamente (Fig.4.4). In questo
caso parleremo di legami eteronucoleari.
Il legame covalente nelle molecole di H
2
, F
2
o HCl `e un legame singolo, cos-
tituito cio`e da una singola coppia di elettroni di legame. Si dice che un legame
singolo ha ordine di legame 1 dove lordine di legame indica il numero di coppie
condivise tra due atomi legati. Molte molecole presentano doppi o tripli legami
cio`e legami multipli. un legame doppio `e costituito da due coppie di legame, quat-
tro elettroni condivisi tra due atomi e lordine di legame `e 2, un legame triplo `e
invece costituito da tre legami (Fig 4.5).
La forza di legame dipende dalla mutua attrazione tra i nuclei legati e gli
elettroni condivisi e deniamo lenergia di legame lenergia necessaria per vincere
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 37
Figura 4.5.
questa attrazione. Tale energia risulta a sua volta correlata con la lunghezza di un
legame e dipende prima di tutto dalle dimensioni atomiche; tuttavia, a parit`a di
dimensioni atomiche, la lunghezza di un legame `e funzione dellordine di legame:
in particolare, come si pu`o facilmente intuire, la lunghezza di legame diminuisce
allaumentare dellordine di legame. Quindi `e ovvio che un legame triplo sia pi` u
forte del doppio che a sua volta `e pi` u forte del singolo.
Un importante concetto nel legame chimico `e quello di elettronegativit`a cio`e
la capacit`a di un singolo atomo legato di attrarre gli elettroni condivisi.
Il chimico statunitense Linus Pauling propose una scala arbitraria, basata su
calcoli di energia di legame, nella quale il uoro `e il primo, cio`e lelemento pi` u
elettronegativo, seguito dallossigeno. I metalli alcalini sono gli elementi meno
elettronegativi. Sono state proposte anche scale di tipo diverso, basate su altre
propriet`a atomiche, ma, in ogni caso, lordine relativo degli elementi rimane lo
stesso. La dierenza in elettronegativit`a fra due elementi determina il carattere
ionico o covalente del legame che si pu`o instaurare fra di loro. Come vedremo
lelettronegativit`a trova un impiego importante per la determinazione del numero
di ossidazione di una atomo che viene denito come la dierenza tra il numero
degli elettroni di valenza meno la somma tra il numero degli elettroni condivisi
e non condivisi. Ad esempio nellHCl il cloro ha 7 elettroni di valenza al cloro,
essendo lelemento pi` u elettronegativo si assegnano 8 elettroni (2 condivisi e 6 non
condivisi) quindi il suo numero di ossidazione `e 7-8=-1 ovviamente allatomo di
idrogeno non esssendo assegnato nessun elettrone ed avendo 1 elettrone di valenza
risulta che il suoi numero di ossidazione sar`a pari a +1.
4.1.3 Legami covalenti polari
Quando atomi con diversa elettronegativit`a formano un legame, la coppia di
legame viene condivisa in modo disuguale, pertanto il legame ha un polo parzial-
mente negativo e uno parzialmente positivo. Questo legame si ottiene a causa del
fatto che il baricentro delle cariche negative non coincide con quello delle cariche
positive e ci`o implica la formazione di una polarit`a di legame(g 4.6).
Se ci chiediamo se il legame tra una molecola XY sia ionico o covalente la
risposta `e quasi sempre parzialmente ionico e parzialmente covalente.
Per dipolo si intende un sistema costituito da due cariche elettriche dello
stesso valore assoluto e di segno contrario, poste a distanza r fra di loro. Ogni
dipolo `e caratterizzato da un momento dipolare, denito da = qr, dove q indica
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
38 Legame Chimico
Figura 4.6.
lintensit` a della carica. Il momento dipolare `e una grandezza vettoriale, il cui
verso `e per convenzione dalla carica negativa a quella positiva.
Nel caso delle molecole poliatomiche, per valutarne la polarit`a occorre consid-
erare la geometria molecolare.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 5
Geometria molecolare
5.1 Geometria molecolare
Prima di comprendere meglio le basi teoriche del legame chimico attraverso la
teoria del legame di valenza e dellorbitale molecolare conviene arontare il prob-
lema della geometria molecolare a tale scopo vedremo che possiamo sfruttare la
teoria della repulsione elettronica che fornisce un utile metodo per la costruzione
della geometria molecolare. La teoria VSEPR (Valence Shell Electron Pair Repul-
sion) proposta da Gillespie permette di spiegare in modo semplice la forma delle
molecole. Tuttavia prima di passare alla vera e propria geometria molecolare `e
utile rappresentare la molecolare nella formula di Lewis corrispondente.
5.1.1 Strutture di Lewis a legame singolo
Esaminiamo allora le varie tappe per il raggiungimento delle strutture di Lewis
che possiamo schematizzare come segue.
Collocare gli atomi uno rispetto allaltro. Per molecole aventi formula AB
n
si colloca al centro latomo avente il numero di gruppo pi` u basso
determinare il numero totale di elettroni di valenza disponibili
disegnare un legame singolo da ciascun atomo circostante allatomo centrale
e sottrarre due elettroni di valenza per ciascun legame
distribuire gli elettroni restanti in coppie in modo che ogni atomo ottenga
otto elettroni o due nel caso dellidrogeno.
Le gura 5.1 mostra come si possono realizzare tali strutture per le molecole
del metano CH
4
, dellammoniaca NH
3
e dellidruro di boro BH
3
. Siamo spesso in
grado di scrivere pi` u di una formula di struttura di Lewis, ciascuna con la stessa
posizione relativa degli atomi per molecole o ioni con legami doppi adiacenti ai
legami singoli. La gura 5.2 mostra le due possibili strutture di Lwies associate
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
40 Geometria molecolare
Figura 5.1.
Figura 5.2.
alla molecola dellipoazotide NO
2
. In realt`a nessuna delle due strutture rappre-
senta accuratamente la molecola in questione. Le misure mostrano ad esempio
che le lunghezze di legame sono identiche con propriet`a intermedie ad un doppio
legame e ad un singolo legame. La molecola `e rappresentata pi` u correttamente
da quello che si chiama ibrido di risonanza e le due strutture si dicono in risonan-
za tra loro. Le strutture di risonanza non sono reali rappresentazioni del legame
diciamo che il doppio legame `e in questo caso delocalizzato su tutta la molecola.
Un altro tipo esempio `e rappresentato dallo ione carbonato. La gura 5.3
mostra le strutture di risonanza e librido di risonanza ad esso associato.
5.1.2 Eccezioni alla regola dellottetto
La regola dellottetto `e un utile guida per la maggior parte di molecole con atomi
centrali del periodo 2 ma `e sempre valida.
A partire dai non metalli del 3 periodo (Si, P, S, Cl), la regola dellottetto
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 41
Figura 5.3.
pu`o essere superata. Lespansione dellottetto si giustica supponendo che questi
elementi, disponendo di orbitali d nello strato di valenza, possano sfruttare questi
orbitali per disaccoppiare i loro elettroni, in modo da utilizzare ciascuno di essi
per formare un legame covalente.
Dobbiamo comunque sottolineare che la possibilit`a di espandere lottetto si
manifesta generalmente solo quando si formano legami con elementi molto elet-
tronegativi, come gli alogeni o lossigeno. In pratica, non incontreremo mai com-
posti tipo PH
5
o analoghi.
Per eetto della promozione degli elettroni negli orbitali d, gli elementi del 3
periodo potranno presentare covalenze diverse (vedi gura 5.4):
Si deve fare attenzione a non confondere il concetto di covalenza (numero di
coppie elettroniche, o numero di legami, che un atomo pu`o condividere con altri
atomi) con il numero di atomi che un elemento pu`o legare. Ad esempio, in H
3
PO
4
(acido fosforico) il fosforo `e pentacovalente, ma lega solo quattro atomi; in CO
2
il carbonio `e tetracovalente, ma lega solo due atomi.
Un atomo espande il suo guscio di covalenza per formare pi` u legami e lunico
modo in cui ci`o `e possibile `e quello di usare orbitali d esterni
5.1.3 Teoria VESPR e forma molecolare
Tramite la teoria VSEPR (dallinglese Valence Shell Electron-Pair Repulsion cio`e
repulsione delle coppie di legame dello strato di valenza) `e possibile spiegare la
forma di un certo numero di molecole applicando il concetto che: gli elettroni
di valenza di ogni singolo atomo, sia quelli utilizzati nei legami sia quelli non
utilizzati, tendono a respingersi in quanto di carica uguale e a occupare le posizioni
pi` u distanti nello spazio.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
42 Geometria molecolare
Figura 5.4.
Tramite la teoria VSEPR (dallinglese Valence Shell Electron-Pair Repulsion
cio`e repulsione delle coppie di legame dello strato di valenza) `e possibile spiegare
la forma di un certo numero di molecole applicando il concetto che:
gli elettroni di valenza di ogni singolo atomo, sia quelli utilizzati nei legami sia
quelli non utilizzati, tendono a respingersi in quanto di carica uguale e a occupare
le posizioni pi` u distanti nello spazio
Gli elettroni di valenza vengono considerati a coppie e siccome ogni atomo
tende, di norma, a circondarsi di otto elettroni nel livello pi` u esterno, saran-
no quattro le coppie di elettroni in gioco. Esaminiamo come primo esempio la
molecola dellanidride carbonica CO
2
In questa molecola esistono due legami doppi (ogni legame doppio `e costituito
da quattro elettroni in comune) tra il carbonio e gli atomi di ossigeno; tutte
quattro le coppie di elettroni di legame sono dunque impegnate in legami chimici.
La posizione in cui questi due gruppi di elettroni sono il pi` u distante possibile `e
quella mostrata in gura, con un angolo di legame tra gli atomi di 180
0
; in questo
caso la repulsione `e minima e la molecola acquista una disposizione lineare (vedi
gura 5.5).
Nella molecola BH3 invece le tre coppie di elettroni di valenza del boro per
stare alla maggior distanza reciproca possibile si collocano ai vertici di un trian-
golo equilatero. La molecola assume quindi una disposizione planare triangolare
con angoli di legame di 120
0
. Osservate che in questa molecola gli elettroni di
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 43
Figura 5.5.
Figura 5.6.
valenza sono soltanto sei e dunque la regole dellottetto non `e rispettata (vedi
gura 5.6).
Osserviamo invece come si dispongono gli atomi nella molecola del metano
CH
4
(vedi gura 5.6).
In questo caso la massima distanza possibile tra le coppie di elettroni `e rag-
giunta con la disposizione di queste ai vertici di un tetraedro. Gli angoli di legame
sono di 109,5
0
e la molecola assume una disposizione tetraedrica.
Anche nella molecola dellacqua H2O la situazione `e analoga (vedi gura 5.8),
ma mentre nel metano le coppie di elettroni sono tutte di legame, nell acqua due
coppie sono libere e sono pi` u vicine allatomo di ossigeno di quanto non lo siano
le altre due impegnate nei legami con lidrogeno. Tutto questo fa s` che le coppie
di legame siano spinte un po pi` u vicine luna allaltra e giustica il minor angolo
di legame (105
0
) presente nellacqua rispetto al metano. La molecola dellacqua `e
dunque caratterizzata da una disposizione angolata degli atomi che ne determina
lelevata polarit`a.
Quando abbiamo 5 gruppi di elettroni la disposizione geometrica `e di tipo
bipiramide trigonale. Un esempio di tale struttura `e quella del pentacloruro di
fosforo PCl
5
. Se ci sono coppie solitarie a causa del fatto che le coppie solitarie
danno luogo ad una maggiore repulsione si trova in generale chge tali coppie si
posizionano nella bipiramide trigonale nelle posizioni equatoriali come nel caso
del tetraoruro di zolfo SF
4
nel caso che le coppie solitarie siano due la tendenza
a posizionarsi nelle posizioni equatoriali genera una forma a T come nel caso
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
44 Geometria molecolare
Figura 5.7.
Figura 5.8.
trioruro di bromo BrF
3
. Le molecole con tre coppie solitarie genarano invece
una struttura lineare `e il caso dello ione I

3
.
Le forme molecolari con sei gruppi di elettroni generano una disposizione ot-
taedrica questo `e il caso dellesaoruro di uoro SF
6
. Quando compare una coppia
solitaria come nel caso del pentaoruro di iodio (IF
5
), dato che ogni posizione `e
equivalente, non esiste una posizione privilegiata per la coppia solitaria e si rag-
giunge cos` una struttura a forma di piramide a base quadrata. Nel caso in cui le
coppie solitarie siano 2 esse giacciono sempre in vertici opposti per evitare le pi` u
forti repulsioni e questo genera struttura planare quadrata. Questo `e il caso del
tetraoruro di xeno (XeF
4
).
In generale possiamo sfruttare lo schema rappresentato dalla Figura 5.9 per
la determinazione delle geometrie molecolari.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 45
Figura 5.9.
5.1.4 Forma molecolare e polarit`a
La conoscenza della struttura molecolare `e essenziale per comprendere il suo com-
portamento chimico-sico. Uno degli eetti pi` u importanti `e quello della polarit`a
molecolare. Nelle molecole biatomiche, come lHF in cui c`e soltanto un legame,
la polarit`a di legame implica a sua volta una polarit`a molecolare. Nelle mole-
cole con pi` u atomi sia la forma che la polarit`a di legame determinano la polarit`a
molecolare. Se prendiamo ad esempio la molecola del biossido di carbonio CO
2
,
il cui legame C-O `e fortemente polare, essa risulta apolare a causa del fatto che
la molecola `e lineare e le identiche polarit`a si controbilanciano perfettamente e
conferiscono alla molecola un momento dipolare nullo ( = 0 D).
Anche nella molecola dellacqua vi sono atomi identici legati allatomo centrale
ma essa ha un rilevante momento dipolare ( = 1.85 D). In questo caso infatti le
polarit`a di legame non si controbilanciano perch`e la molecola dacqua `e angolata.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 6
Legame covalente
6.1 Teoria del legame covalente
La teoria moderna del legame chimico viene spiegata attraverso due teorie quan-
tomeccaniche entrambi capaci di spiegare le propriet`a delle molecole a partire
dale propriet`a atomiche. Si tratta della teoria del legame di valenza e quella
dellorbitale molecolare.
6.1.1 Teoria del legame di valenza
Il principio fondamentale che sottende alla teoria del legame di valenza (VB) `e
relativo al fatto che un legame chimico si denisce tale quando gli orbitali dei
due atomi si sovrappongono e sono occupati da una coppia di elettroni che hanno
la massima probabilit`a di trovarsi tra i due nuclei. Da questo principio possiamo
derivare tre temi centrali
1. la coppia di elettroni che formano il legame covalente deve essere costituita
da elettroni antiparalleli per soddisfare il principio di esclusione di Pauli
2. Maggiore `e la sovrapposizione degli orbitali e maggiore `e la forza di legame.
Quesultima `e infatti regolata dallattrazione esercitata dai nuclei sugli elet-
troni condivisi.
3. Gli orbitali atomici nella molecola sono diversi da quelli atomici a causa
del fatto che gli orbitali atomici possono mescolarsi (ibridazione) generando
nuovi orbitali diversamente orientati nello spazio. La teoria dellibridazione
spiega molto bene la geometria molecolare.
Abbiamo visto nel capitolo precedente come sia possibile derivare la strut-
tura di una semplice molecola attraverso la teoria delle repulsioni elettroniche.
Vogliamo analizzare ora come la teoria dellibridazione permette di fornire una
semplice teoria quantomeccanica per la spiegazione della geometria molecolare.
Una volta nota la geometria molecolare possiamo ipotizzare i tipi di orbitali
ibridi. Ad ogni ibridazione corrisponde infatti una particolare geometria.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
48 Legame covalente
sp La teoria VB mostra che quando si ha un mescolamento tra un orbitale p
e un orbitale s si ottengono due nuovi orbitali ibridi equivalenti separati
da 180
0
(Figura 6.1). Questa struttura corrisponde a quella quando lato-
mo centrale `e circondato da due gruppi di elettroni, in tal caso si osserva
una struttura lineare. Inoltre, la forma e lorientamento dei nuovi orbitali
massimizzano la sovrapposizione degli orbitali. Questo implica a sua volta
una minimizzazione dellenergia della molecola. Come esempio molecolare
possiamo pensare allHCl o al BeCl
2
gassoso.
sp
2
Per spiegare la disposizione trigonale planare di coppie di elettroni si ricorre
allibridazione sp
2
in cui latomo centrale mescola due orbitali p con un
orbitale s generando a sua volta tre orbitali orientati a 120
0
uno rispetto
allaltro (Figura 6.1). Ad esempio secondo tale teoria latomo centrale del B
nella molecola BF
3
`e ibridato sp
2
. Un altro caso `e rappresentato dallozono
O
3
in cui latomo centrale di O `e ibridato sp
2
e una coppia solitaria riempie
uno dei sui tre orbitali e quindi lozono ha una forma molecolare piegata.
sp
3
Il caso tipico di questa ibridazione `e quello della molecola del metano CH
4
in
cui gli atomi di idrogeno si trovano ai vertici di un ideale tetraedro. Quando
infatti latomo centrale mescola tre orbitali p con un orbitale s si ottengono
4 orbitali ibridi con geometria tetraedrica. Altri esempi tipici sono quelli
della molecola dellammoniaca NH
3
con struttura di tipo piramidale dove
una orbitale ibrido `e occupato da una coppia solitaria o analogamente nella
molecola dellacqua H
2
O dove due orbitali ibridi sono occupati da due coppie
solitarie generando una struttura piegata.
sp
3
d Le forme molecolari con disposizione bipiramidali trigonali od ottaedriche si
ottengono mediante ragionamenti simili. Ad esempio per spiegare la forma
trigonale bipiramidale del PCl
5
si ipotizza che lorbitale 3s si mescoli con tre
orbitali 3p e 1 orbitale 3d dellatomo di fosforo. Cos` si ottengono 5 orbitali
equivalenti sp
3
d orientati secondo i vertici di una piramide trigonale.
sp
3
d
2
Per spiegare la forma della molecola SF
6
il modello VB ipotizza che lor-
bitale 3s si mescoli con 3 orbitali 3p e con 2 orbitali 3d in questo modo
si generer`a un insieme di 6 orbitali ibridi con geometria corrispondente a
quella di un ottaedro.
Non sempre la teoria risulta necessaria per spiegare la geometria. Se prendiamo
ad esempio la molecola dellacido soldrico H
2
S si osserva che langolo di legame
tra gli atomi di idrogeno `e dellordine di 92 in questo caso langolo di legame
risulta pi` u vicino a quello degli atomi non ibridati che rispetto a quelli ibridati.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Legame covalente 49
Figura 6.1.
6.1.2 legami singoli e doppi
Come abbiamo visto precedentemente le molecole possono formare legami sem-
plici, doppi e tripli. Nel caso in cui la sovrapposizione tra orbitali ibridi generi
una densit`a elettronica concentrata lungo lasse di legame parliamo di legami
(Figura 6.2). Viceversa quando abbiamo una sovrapposizione di anco si parla di
legame (gura 6.3).
Per comprendere meglio questo legame possiamo riferirci alla molecola del
delletilene. I due atomi centrali di carbonio sono ibridati sp
2
e pertanto langolo
tipico di legame `e di 120
0
. I due atomi di carbonio sono legati tra loro tramite un
legame e ogni atomo di carbonio lega a sua volta sempre mediante legami 2
atomi di H. Tuttavia cos` facendo rimangono ancora su ogni atomo di carbonio due
orbitali p puri contenenti un elettrone ciascuno. Il legame permette tuttavia
una forte vicinanza tra i due atomi di carbonio che a sua volta permette una
sovrapposizione dei due orbitali p. Cos` facendo si generano due regioni di densit`a
elettronica una al di sopra laltra al di sotto dellasse formato dal legame . Un
legame contiene due elettroni che si muovono attraverso entrambe le regioni di
legame. Un legame doppio `e sempre costituito da un legame e un legame .
Un legame triplo quale quello che si forma nella molecola dellacetilene `e cos-
tituito da un legame e da due legami . Questo tipo di sovrapposizione genera
una simmetria cilindrica della molecola.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
50 Legame covalente
Figura 6.2.
Lentit` a della sovrapposizione inuenza la forza di legame. La sovrapposizione
generata dal legame `e meno pronunciata di quella del legame per tale motivo
il legame `e pi` u debole del legame .
6.1.3 Teoria Orbitale molecolare MO
La teoria del legame di valenza descrive in modo semplice i legami chimici e le
strutture molecolari ma `e del tutto insoddisfacente quando si tratta di giusticare
lesistenza di molecole a numero dispari di elettroni, come ad esempio lo ione H
+
2
,
e specialmente gli stati energetici delle molecole. la teoria assegna gli elettroni
di una molecola ad una serie di orbitali, detti orbitali molecolari, che apparten-
gono allintera molecola. Come gli orbitali atomici sono funzioni matematiche
che descrivono il comportamento di un elettrone in un atomo analogamente gli
orbitali molecolari sono funzioni matematiche che descrivono il comportamento
di un elettrone in una molecola. Il quadrato di queste funzioni corrisponde alla
probabilit`a di trovare un elettrone in una determinata regione della molecola.
Nellapprossimazione pi` u semplice queste funzioni sono combinazioni lineari di
orbitali atomici. Si ottiene in tal modo una serie di orbitali molecolari, che si
estendono su tutti gli atomi della molecola, che vengono ordinati secondo energie
crescenti; gli elettroni, in numero uguale al totale di elettroni vengono assegnati
a questi orbitali seguendo il principio di Pauli e le regole di Hund.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Legame covalente 51
Figura 6.3.
Nella molecola dellatomo di H
+
2
i due orbitali atomici 1s dei due atomi di
idrogeno interagiscono allavvicinarsi dei due nuclei e generano due orbitali mole-
colari indicati con
1s
orbitale di legame e

1s
orbitale di antilegame. Allorbitale
di legame corrisponde lenergia pi` u bassa e lelettrone in tal caso andr`a ad occu-
pare lorbitale di legame ad energia pi` u bassa. I due orbitali sono ti tipo perche
la nuvola elettronica si concentra lungo lasse. internucleare.
La formazione degli orbitali molecolari, il cui numero `e uguale a quello degli
orbitali atomici combinati, richiede che gli orbitali atomici soddisno i seguenti
requisiti:
1. gli orbitali atomici che si combinano devono avere energie simili.
2. le superci limite devono sovrapporsi il pi` u possibile: maggiore `e la sovrap-
posizione minore `e lenergia dellorbitale molecolare risultante.
3. gli orbitali atomici che si combinano devono possedere unopportuna sim-
metria
La gura 6.4 mostra uno schema generico relativo alla combinazione di orbitali
atomici per la generazione di orbitali molecolari per il numero quantico principale
n=2. Gli orbitali atomici di tipo 2s si combinano nel modo analogo a quelle degli
orbitali 1s come abbiamo precedentemente descritto. In questo caso genereranno
gli orbitali 2
2s
e 2

2s
di legame e antilegame.
La combinazione lineare degli orbitali p pu`o essere ottenuta solo per le coppie
p
x
p
x
, p
y
p
y
e p
z
p
z
. Nel primo caso si otterranno orbitali 2
2p
x
e 2

2p
x
di
legame e antilegame. Nel secondo ( combinazione p
y
p
y
) e terzo caso (combi-
nazione p
z
p
z
) gli orbitali molecolari che si formano si dicono , in particolare
gli orbitali
2p
y
e
2p
z
sono di legame mentre gli orbitali

2p
y
e
2p
z
sono di
antilegame.
Gli orbitali p erano degeneri mentre gli orbitali ottenuti per combinazione
lineare non sono pi` u tutti degeneri. Abbiamo due orbitali degeneri.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
52 Legame covalente
Figura 6.4.
6.1.4 legame metallico
I metalli che costituiscono circa due terzi della tavola periodica hanno basse en-
ergie di ionizzazione e bassa elettronegativit`a come abbiamo gi`a visto in preceden-
za. Ricordiamo inoltre che i metalli sono caratterizzati da unelevata conducibilit`a
elettrica e termica da una buona malleabilit`a e duttilit`a da una struttura com-
patta opacit`a e lucentezza caratteristiche. Il legame metallico viene interpretato
da unestensione della teoria dellorbitale molecolare che prende il nome di teoria
delle bande. Quando la teoria dellorbitale molecolare viene impiegata per un nu-
mero elevato di orbitali atomici a seguito dellinterazione degli orbitali di valenza
si ottiene un numero di orbitali molecolari ad energia ravvicinata con inttimento
dei livelli energetici tanto maggiore quanto aumenta il numero di orbitali atom-
ci interagenti. Questa interazione genera tanti orbitali molecolari di energia cos`
simile tra loro da dar luogo ad una banda praticamente continua di energia.
1. la distribuzione di elettroni in una banda avviene dapprima nei livelli infe-
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Legame covalente 53
riori e via via in quelli superiori. Poiche in un livello della banda possono
stare due elettroni una banda formata da N livelli pu`o ospitare 2N elettroni.
2. quando sono interessati gli orbitali atomici di valenza si parla di banda di
valenza.
3. se le energie degli orbitali atomici di partenza sono molto diverse le bande
di energia rimangono distinte, altrimenti si sovrappongono
Per avere conduzione elettrica occorre che la banda di valenza oppure la banda
che si sovrappone a quella di valenza satura sia vuota o parzialmente occupata.
in modo da costituire una banda di conduzione.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 7
Stati di aggregazione della
materia
7.1 Stati di aggregazione della materia
Gli stati di aggregazione della materia sono lo stato gassoso, liquido e solido.
Uno stato di aggregazione `e caratterizzato da ununica fase cio`e da una regione
omogenea in cui le propriet`a chimico siche del sistema sono costanti. Lo stato di
aggregazione o la fase della materia `e denito dalla somma di due forze che agis-
cono in modo opposto. Queste due forze hanno origine nelle forze intermolecolari
e nellenergia cinetica delle molecole o atomi.
Come `e noto `e possibile passare da uno stato della materia allaltro fornen-
do calore al sistema. Essendo il calore un usso di energia che esiste in virt` u
di un gradiente termico tale usso provoca la variazione della temperatura del
sistema e pertanto aumenta (quando la temperatura aumenta) lenergia cinetica
delle molecole.
`
E ovvio che se lenergia cinetica prevale sullattrazione molecolare
avremo lo stato solido se vale il viceversa avremo lo stato gassoso. La situazione
intermedia possiamo classicarla come stato liquido. Ovviamente si tratta di una
rozza spiegazione ma nonostante tutto d`a una prima indicazione dellesistenza
degli stati della materia. Un fenomeno importante che possiamo osservare `e che
durante una transizione di fase la temperatura del sistema rimane costante. Du-
rante tale periodo siamo in presenza di due fasi in equilibrio tra loro e lenergia
fornita al sistema serve, non per aumentare lenergia cinetica delle molecole, ma
per assorbire il calore latente associato alla transizione di fase. La temperatura
inizier`a nuovamente a salire quando sar`a scomparsa una delle due fasi.
Consideriamo ad esempio il diagramma di stato dellacqua (gura 7.1). Pos-
siamo vedere che lo stato di aggregazione dellacqua dipende dalla pressione e
della temperatura e al variare di questi due parametri si pu`o passare da uno stato
allaltro.
Le linee di separazione tra le fasi indicano gli stati in cui due fasi sono in
equilibrio tra di loro. Ogni punto lungo la curva rappresenta la temperatura e la
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
56 Stati di aggregazione della materia
Figura 7.1.
pressione in cui le due fasi coesistono in equilibrio. Il punto di intersezione delle
tre curve si chiama punto critico e indica quella particolare situazione in cui le
tre fasi sono in equilibrio tra di loro.
7.1.1 Forze intermolecolari
Come abbiamo detto la natura delle fasi della materia `e principalmente dovuta
alle forze che si esercitano tra le molecole (forze intramolecolari). Queste forze
sono molto pi` u deboli delle forze intermolecolari ma a sua volta sono abbastanza
forti da spiegare le fasi di aggregazione della materia. Queste forze possono essere
suddivise in base alla loro forza
ione-dipolo Quando uno ione e una molecola polare vicina si attraggono mutua-
mente, si origina una forza ione-dipolo. Un importante esempio si manifesta
ad esempio quando un sale si scioglie in acqua. Gli ioni si separano perche
le attrazioni tra gli ioni e i poli opposti delle molecole vincono le attrazioni
tra gli ioni stessi.
dipolo-dipolo Quando le molecole polari sono vicine luna allaltra, come nei
liquidi e nei solidi le loro cariche parziali agisono da minuscoli campi elettrici
e danno origine a forze dipolo-dipolo.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Stati di aggregazione della materia 57
Figura 7.2.
legame ad idrogeno Le forze dipolo-dipolo non sono sucienti a spiegare il
comportamento di certo liquidi. Ad esempio se confrontiamo i punti di ebol-
lizione di sostanze analoghe si possono trovare delle anomalie. In generale si
osserva che il punto di ebollizione aumenta con laumentare del peso moleco-
lare, tuttavia se noi proviamo a confrontare i punti di ebollizioni di sostanze
come H
2
O, H
2
S, H
2
Se, H
2
Te dovremmo aspettarci, dato che i pesi atomici
degli elementi del VI gruppo sono in ordine crescente Te>Se>S>O, che il
punto di ebollizione cresca scendendo nella tavola periodica (gura 7.2).
Questo non accade, anzi, il punto di ebollizione dellacqua come `e noto `e
di 100
0
C e quello dellacido soldrico `e intorno a -70
0
C. In questo caso e in
tutti gli altri casi si parla allora del legame ad idrogeno. Questo particolare
tipo di legame si origina tra molecole che hanno un atomo di H legato ad
un atomo di piccole dimensioni, fortemente elettronegativo, con coppie di
elettroni solitarie. La gura 7.3 mette in evidenza il legame a idrogeno nel
caso di due molecole di acqua.
carica-dipolo indotto Le nuvole elettroniche di legame o di non legame non
sono sse ma sono sempre in continuo movimento. Questo implica che si
possano originare dei dipoli istantanei che a sua volta possono indurre la
formazione di dipoli. La facilit`a con cui una nuvola elettronica pu`o essere
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
58 Stati di aggregazione della materia
Figura 7.3.
distorta `e detta polarizzabilit`a. Questa propriet`a aumenta con le dimensioni
atomiche o molecolari.
forze di London Nel caso di molecole apolari possiamo chiederci in che modo
queste sostanze possono liquefarsi o solidicare. Nel caso di sostanze apo-
lari la principale forza che `e responsabile dei fenomeni di condensazione `e
nota come forza di dispersione o forza di London. Le forze di dispersione
sono causate da oscillazioni momentanea della carica elettronica. In ogni
istante la carica pu`o non essere distribuita uniformemente e cos` si vengono
a generare dei dipoli istantanei, capace a sua volta di inuenzare gli atomi
vicini inducendo negli atomi vicini un dipolo indotto. Le forze di dispersione
sono allora forze istantanee dipolo-dipolo indotto. Queste forze sono deboli
ma si esercitano in qualsiasi tipo di particella.
7.2 Stato gassoso
Il concetto di gas ideale acquister`a un signicato sempre pi` u chiaro a mano a mano
che si proceder`a nel corso del libro. Vogliamo comunque introdurre inizialmente
il concetto del gas ideale per mezzo di una denizione microscopica.
1. Un gas `e costituito da un numero enorme di molecole o atomi che saranno
dellordine del numero di Avogadro.
2. Le molecole di un gas ideale vengono considerate come particelle puntiformi
rigide, impenetrabili, indeformabili, e che si muovono seguendo traiettorie
casuali.
3. Le molecole di un gas ideale non esercitano ne forze attrattive ne forze
repulsive sulle altre molecole.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Stati di aggregazione della materia 59
4. Gli urti che tali particelle eettuano contro le pareti del recipiente sono
perfettamente elastici.
5. In assenza di forze esterne le molecole sono uniformemente distribuite e la
densit`a molecolare `e costante.
6. La velocit`a di una molecola non ha direzioni privilegiate e il suo modulo
sar`a distribuito su un intervallo di velocit`a.
Da un punto di vista macroscopico `e necessario invece, per poter denire lo
stato e le sue propriet`a di un gas, denire due concetti fondamentali che stanno
alla base di tutta la termodinamica: temperatura e pressione.
La temperatura pu`o essere denita macroscopicamente facendo uso del con-
cetto di equilibrio termico. Consideriamo un sistema descritto dalle coordinate
macroscopiche X e Y . Si chiama equilibrio quello stato in cui X e Y assumono
determinati valori e non cambiano nel tempo. Supponiamo di avere un sistema A
ed un sistema B in equilibrio caratterizzati rispettivamente dalle coordinate X, Y
e X

, Y

, separati da una parete adiabatica. Sostituiamo la parete adiabatica con


una parete conduttrice; osserveremo allora che i valori X, Y, X

, Y

, cambieranno
spontaneamente no a che non si raggiunger`a uno stato di equilibrio del sistema.
Si dice allora che i due corpi sono in equilibrio termico. In particolare se due
sistemi sono entrambi in equilibrio termico con un terzo allora sono in equilibrio
termico tra loro. Questo costituisce il principio zero della termodinamica. Chi-
ameremo temperatura la propriet`a che determina se un sistema sia o non sia in
equilibrio termico con altri sistemi.
Come `e noto la pressione viene denita come la forza normale alla supercie
sulla quale si esercita divisa per larea della supercie medesima. Per un uido vale
il principio dellisotropia delle pressioni, per il quale la pressione che si esercita su
un punto di un uido non varia al variare della supercie sulla quale si esercita.
Gli esperimenti di Boyle, Gay-Lussac e quelli dei loro successori eettuati sui
gas hanno permesso di inferire una legge, nota oggi come legge dei gas ideali, che
assume la forma
PV = nRT (7.1)
dove R `e una costante universale indipendente dal tipo di gas considerato e
P, V, n e T sono rispettivamente la pressione, il volume, il numero di moli, e
la temperatura. Questa equazione `e una legge limite per i gas reali.
Consideriamo ora una miscela di gas ideali inerti a temperatura T, volume
V , e a pressione P; allora si pu`o facilmente dimostrare, utilizzando lespressione
dei gas ideali, che la pressione totale `e esprimibile come somma delle pressioni
parziali
P = p
1
+p
2
+ +p
c
(7.2)
Questa relazione `e nota come legge di Dalton.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
60 Stati di aggregazione della materia
Figura 7.4.
1.2 Gas reali
Il comportamento dei gas reali pu`o facilmente essere evidenziato per mezzo del
fattore di compressibilit`a Z denito come il rapporto tra la pressione esercitata
da un gas reale e quella esercitata dallo stesso gas nelle medesime condizioni di
temperatura e pressione. Per un gas ideale evidentemente Z `e costante ed `e uguale
ad 1, mentre per un gas reale si ha uno scostamento pi` u o meno pronunciato da
tale valore. A basse pressioni i gas hanno un fattore di compressibilit`a vicino ad
1 e sono cos` pi` u vicini ad un gas perfetto. Ad alte pressioni tutti i gas hanno
Z > 1, questo signica che i gas reali sono meno comprimibili degli ideali. A basse
pressioni e a temperature non elevate Z pu`o essere negativo. Le propriet`a dei gas
reali, alla luce di questi dati sperimentali, possono essere spiegate per mezzo
delleetto contrastante di due fattori: il covolume e le forze di interazione.
Il covolume rappresenta il volume proprio delle molecole - pertanto un gas
occupa in realt`a un volume inferiore rispetto a quello del gas ideale. Quando il
fattore predominante `e questultimo Z risulter`a maggiore di 1, viceversa quando
dominano le forze di interazione Z risulter`a minore dellunit`a.
Un utile equazione per la descrizione dei gas reali `e lequazione di van der
Waals. Lesistenza di un volume proprio delle molecole fa s` che le particelle si
muovano eettivamente in un volume inferiore V nb rispetto al volume V del
recipiente, dove nb `e approssimativamente il volume totale occupato dalle mole-
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Stati di aggregazione della materia 61
Figura 7.5.
cole. Questo suggerisce che la legge dei gas perfetti dovrebbe essere modicata
nella seguente
P(v nb) = nRT (7.3)
Le interazioni attrattive, viceversa, dovrebbero ridurre la pressione da loro
esercitata e, introducendo un termine di riduzione per la pressione a(n/V )
2
,
lequazione assumer`a la forma
P =
nRT
V nb
a
_
n
V
_
2
(7.4)
dove a/V
2
`e chiamata pressione interna.
Le isoterme di Andrews rappresentate in Fig. 7.5 mettono bene in evidenza
le deviazioni dal comportamento ideale.
Ad alte pressioni il gas segue lisoterma di Boyle mentre a temperature pi` u
basse si osserva lesistenza di una regione in cui al diminuire del volume non
si registra nessuna variazione della pressione. In questa regione il gas in realt`a
non `e pi` u denibile come tale e per questo motivo viene chiamato vapore. Esiste,
infatti, una temperatura detta critica, T
C
, sotto la quale un gas per compressione
si trasforma nella fase liquida: deniamo tale gas vapore. Un aeriforme che si trova
ad una temperatura inferiore alla temperatura critica, e perci`o liquefa per solo
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
62 Stati di aggregazione della materia
compressione, viene chiamato vapore. La pressione corrispondente viene detta
pressione di vapor saturo.
7.3 Stato liquido
Lo stato liquido `e uno stato con caratteristiche intermedie tra lo stato solido e lo
stato gassoso. Possiamo riassumere le principali propriet`a dei liquidi
hanno un volume proprio grazie alle forze coesive ma non hanno forma
propria
presentano ordine a corto raggio. Le molecole si raccolgono in grappoli,
limpacchettametno non `e regolare.
Hanno densit`a minore rispetto a quella dei solidi lacqua `e un eccezione.
non sono comprimibili
si espandono allaumentare della temperatura a causa dellaumento del dis-
ordine molecolare causato dallaumento dellenergia cinetica.
diondono in genere luno nellaltro
sono isotropi
la loro viscosit`a `e legata alla dimensione molecolare e dalla forma delle
molecole costituenti.
Tendono ad avere la minore area superciale possibile. Questo fenomeno `e
dovuto al fatto che le molecole al centro del liquido sono esposte a forze
simmetriche quelle alla supercie a forze asimmetriche. Questo genera sulla
supercie del liquido la cosiddetta tensione superciale.
bagnano la supercie in dui sono messi a contatto solo se si spargono su di
essa sotto forma di lm sottile
7.4 Stato solido
Possiamo suddividere i solidi in due categorie generali sulla base del grado di
ordine delle loro forme, che a sua volta si basa sul grado di ordine delle par-
ticelle che lo costituiscono. I solidi cristallini hanno generalmente una forma
ben denita in quanto le particella esistono in una disposizione ordinata. I solidi
amor hanno forme mal denite perche sono privi di un vasto ordine delle loro
particelle a livello molecolare. Comunque in genere la parola solido si riferisce allo
stato cristallino. Lo stato cristallino `e caratterizzato dalla distribuzione ordinata
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Stati di aggregazione della materia 63
Figura 7.6.
e periodica della materia costituente. Tale ordine, come abbiamo detto, `e ricon-
ducibile ad un ordine a lungo raggio delle molecole o atomi che lo costituiscono.
In particolare gli atomi o molecole si distribuiscono, almeno in una congurazione
ideale, in un reticolo cristallino. Ovviamente questo reticolo non `e identico per
tutti i cristalli ma dipende dalla dimensioni atomiche e molecolari. In natura si os-
servano 7 sistemi cristallini e 14 tipi di cella elementare, questultima rappresenta
la pi` u piccola parte del cristallo che se ripetuta genera tutto il cristallo.
Nel reticolo cristallino metallico, gli atomi tendono a impacchettarsi nel modo
pi` u compatto possibile, secondo tre tipi di celle elementari. In alcuni cristalli, il
numero di coordinazione `e 8 e la struttura `e cubica a corpo centrato (Li, Na, K);
pi` u frequentemente il numero di coordinazione `e 12 e si possono avere due tipi
di impacchettamento: cubico compatto (a facce centrate) ed esagonale compatto
(gura 7.6).
Per meglio comprendere questi due tipi di organizzazione, immaginiamo di
disporre delle sfere su un piano nella maniera pi` u compatta possibile. Si ottiene
uno strato in cui ogni sfera `e circondata da 6 sfere. A questo si pu`o sovrapporre un
secondo strato, in modo da disporre le sfere nelle cavit` a del primo strato. Un terzo
strato pu`o, a questo punto, essere sovrapposto solo in due modi diversi: o in modo
da ricalcare il primo strato e si ottiene limpacchettamento esagonale compatto o
in modo da non ricalcare il primo strato e si ottiene limpacchettamento cubico
compatto (gura 7.7).
Nei solidi ionici le particelle sono costituite da ioni di carica opposta che si at-
traggono per azione elettrostatica. Limpacchettamento dei cristalli ionici dipende
dalle dimensioni del catione e dellanione. Nel caso del cloruro di cesio CsCl (gu-
ra 7.8) la cui cella elementare contiene gli ioni clorurio ai vertici e lo ione cesio al
centro abbiamo una cella elementare con un impacchettamento cubico semplice.
Nel caso invece del cloruro di sodio in cui lo ione sodio `e molto pi` u piccolo dello
ione cesio il cristallo assumer`a una struttura diversa. In particolare possiamo im-
maginare la struttura cristallina che si origina quando due disposizioni di ioni si
compenetrano in modo tale che gli ioni Na
+
pi` u piccoli niscano nei buchi tra gli
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
64 Stati di aggregazione della materia
Figura 7.7.
Figura 7.8.
ioni Cl

pi` u grandi. Ogni ione Na


+
`e circondato da 6 ioni Cl

e viceversa, dove
gli ioni cloruro e gli ioni sodio sono organizzati in una disposizione cubica a facce
centrate (gura 7.9).
I solidi covalenti invece sono organizzati secondo una struttura reticolare di
tipo covalente. Le due forme comuni del carbonio elementare sono esempi di solidi
covalenti reticolari, diamante e grate. Come `e noto le propriet`a chimico siche
dei due solidi sono completamente diverse e questo `e direttamente legato proprio
a causa della diversa struttura elementare. La grate si presenta sotto forma di
strati piani impilati da anelli esagonali di atomi di carbonio con legami e . Gli
strati piani interagiscono tra loro mediante forze di dispersione. La presenza di
elettroni delocalizzati su tutto il cristallo fanno s` che il cristallo sia un buon
conduttore di elettricit`a. Nel diamante invece ogni atomo di carbonio `e ibridato
sp
3
e ogni atomo di carbonio `e legato ad un altro mediante legami secondo
una struttura tetraedrica. Il diamante cristallizza in un sistema cubico a facce
centrate , in cui ciascun atomo `e circondato tetraedricamente da altri quattro
atomi ci carbonio in una disposizione pressoche illimitata. Legami singoli forti in
tutto il cristallo fanno del diamante la sostanza pi` u dura che si conosca. Quando
elementi esistono in forme dierenti a causa del modo in cui gli atomi si legano
tra loro si parla di allotropia. Quando invece una stessa specie chimica, o allo
stato elementare o allo stato composto, si presenta in pi` u forme cristalline che
dieriscano per il tipo di impacchettamento, si parla di polimorsmo. Ad esem-
pio il carbonato di calcio cristallizza come aragonite(sistema rombico) o calcite
(sistema romboedrico). Intendiamo invece per isomorsmo il fenomeno per cui
sostanze chimicamente diverse danno luogo a cristalli simili.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Figura 7.9.
Capitolo 8
Soluzioni
8.1 Soluzioni
Una soluzione `e una miscela sicamente omogenea, cio`e un insieme di due o pi` u
componenti che costituiscono ununica fase. Se un componente della soluzione `e in
eccesso si dice solvente, mentre gli altri componenti sono detti soluti. Le soluzioni
possono essere gassose, liquide o solide anche se le soluzioni liquide sono le pi` u
comuni. Anche un soluto possa sciogliersi in un solvente `e necessario che le forze
di interazioni tra le molecole e il solvente siano dello stesso tipo.
Quando si parla di soluzioni `e necessario denire quale sia la concentrazioni
della soluzione stessa. Un modo per rappresentare una concentrazione `e quello di
denirla attraverso la percentuale in massa di un componente. Se con w
i
indichi-
amo la massa del componente iesimo e con

w
i
la massa totale della soluzione
la concentrazione espressa come percentuale in masse `e denita come
Percentuale in massa =
w
i

w
i
100
un altro modo per rappresentare la concentrazione `e la percentuale in volume.
Se con V
i
indichiamo il volume del componente iesimo e con

V
i
il volume totale
totale della soluzione la concentrazione espressa come percentuale in volume `e
denita come
Percentuale in massa =
V
i

V
i
100
Questo modo di esprimere la concentrazione `e usato raramente in quanto vo-
lumi di liquidi diversi spesso non sono additivi e il volume totale non corrisponde
alla somma dei volumi.
Quando parliamo di concentrazioni molto piccole spesso si usa la concen-
trazione espressa come parti per milione ppm o parti per miliardo ppb di parti
di soluzione espresse in massa o volume.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
68 Soluzioni
ppm =
parti di soluto
10
6
parti di soluzione
La frazione molare x
i
rappresenta il numero di moli di un componente n
i
rispetto al numero totale dei componenti

n
i
x
i
=
n
i

n
i
dalla quale si ricava facilmente che

i
x
i
= 1
La molarit`a M
i
rappresenta invece il numero di moli di soluti (n
i
) per unit`a
di soluzione (in genere litro o dm
3
).
M
i
=
n
i
V
mol/l
Unaltra misura di concentrazione `e la molalit`a m
i
e rappresenta il numero di
moli di soluto n
i
presenti in un 1Kg di solvente.
Unaltra utile unit`a di concentrazione `e la Normalit`a (N) che analizzeremo
pi` u avanti quando tratteremo gli acidi, le basi e le reazioni di ossidoriduzione.
8.2 Propriet`a colligative
Si parla di propriet`a colligative quando le propriet`a della soluzione non dipendono
dal tipo di particelle ma solo dal numero di particelle contenute nella soluzione.
Tali propriet`a sono labbassamento della tensione di vapore, linnalzamento ebul-
lioscopico e labbassamento crioscopico e la pressione osmotica. Queste propriet`a
valgono comunque per soluzioni diluite.
8.2.1 Abbassamento della tensione di vapore
La tensione di vapore rappresenta la pressione esercitata dal vapore in equilibrio
con la fase liquida ad una data temperatura e pressione. Ogni solvente puro
manifesta una sua tensione di vapore specica, nelle condizioni di temperatura e
pressione costante, che subisce delle variazioni quando un soluto `e disciolto nel
solvente. In termini quantitativi la diminuzione della tensione di vapore causata
del soluto viene espressa dalla legge di Roult. Si tratta di una legge lineare in
cui la tensione di vapore del solvente `e proprorzionale alla tensione di vapore del
solvente puro P
0
s
mediante la frazione molare del solvente stesso.
P
s
= x
s
P
0
s
(8.1)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Soluzioni 69
Essendo la frazione molare un numero compreso tra 0 e 1 questo indica che
necessariamente si abbia una diminuzione della tensione di vapore in presenza
di un soluto. La relazione 8.1 pu`o essere scritta anche in funzione della frazione
molare del solvente. Ricordando infatti la propriet`a della frazione molare `e facile
scrivere che
P = x
s
P
0
s
(8.2)
dove in questo caso dobbiamo ricordarci che x
s
rappresenta la frazione molare del
soluto.
8.2.2 Innalzamento ebullioscopico
La temperatura di ebollizione di una soluzione `e pi` u alta di quella del solvente
puro. La temperatura di ebollizione rappresenta la temperatura alla quale la
tensione di vapore uguaglia la pressione esterna. La tensione di vapore di una
soluzione `e inferiore a quella del solvente puro a qualsiasi temperatura. Perci` o, alla
temperatura di ebollizione del solvente puro, la soluzione non bolle ancora. Questo
pu`o essere ben visto nella gura 7.1 in cui si osserva la sovrapposizione di due
diagrammi di fase, uno relativo allacqua pura e laltro relativo alla soluzione. La
curva gas liquido per la soluzione giace sotto quella per il solvente puro a qualsiasi
temperatura e a destra di essa a qualsiasi pressione. Il valore dellinnalzamento
ebullioscopico `e direttamente proporzionale alla concentrazione delle particelle
del soluto secondo la relazione.
T = K
eb
m (8.3)
dove m `e la molalit`a della soluzione e K
eb
`e la costante ebullioscopica.
8.2.3 Abbassamento crioscopico
In modo del tutto analogo allinnalzamento ebullioscopico parliamo di abbas-
samento crioscopico. Nella gura 7.1 possiamo osservare tale abbassamento. La
relazione quantitativa `e
T = K
cr
m (8.4)
dove m `e la molalit`a della soluzione e K
eb
`e la costante ebullioscopica.
8.2.4 Pressione osmotica
La quarta propriet`a colligativa si applica solo alle soluzioni acquose e prende il
nome di pressione osmotica. Tale propriet`a si origina ogni qual volta si mettono
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
70 Soluzioni
Figura 8.1.
in contatto attraverso una membrana semipermeabile (permeabile al solvente,
impermeabile al soluto) una soluzione acquosa con il rispettivo solvente (acqua).
Si osserva un netto passaggio di solvente dalla soluzione meno concentrata
verso quella pi` u concentrata (Figura 8.1).
La pressione che occorre applicare alla soluzione anche il passaggio del
solvente non avvenga `e detta appunto pressione osmotica ().
Il meccanismo con il quale si manifesta la pressione osmotica pu`o essere inter-
pretato considerando anzitutto che le particelle di un soluto tendono a disperdersi
uniformemente nel solvente e possiamo assumere che le particelle di soluto eserci-
tano una pressione analoga alla pressione gassosa. Se poi si considera un sistema
costituito da una soluzione e dal relativo solvente puro separati da una membrana
semipermeabile, il numero delle molecole di solvente che nellunit`a di tempo at-
traversano la membrana verso la soluzione `e superiore al numero di molecole di
solvente che la attraversano in senso opposto, perche nel primo caso le molecole
che vengono a contatto con la membrana sono tutte di solvente, nel secondo caso
invece si ha una certa percentuale di particelle di soluto, che non passano ma che
esercitano comunque con i loro urti sulla membrana una pressione, appunto la
pressione osmotica. Questa non `e direttamente misurabile, mentre `e misurabile la
pressione idrostatica che si determina nella soluzione a causa del maggior numero
di molecole di solvente che vi penetrano rispetto a quelle che ne escono.
La pressione osmotica `e direttamente proporzionale al numero delle particelle
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Soluzioni 71
di soluto in un dato volume di soluzione cio`e alla molarit`a (M). La costante di
proporzionalit`a risulta essere RT e quindi possiamo scrivere una relazione analoga
a quella della legge dei gas ideali.
= MRT (8.5)
Indipendentemente dalla natura del soluto, soluzioni aventi la stessa concen-
trazione hanno medesima pressione osmotica e si dicono isotoniche; tra soluzioni a
diversa concentrazione si dicono ipertoniche le pi` u concentrate, ipotoniche quelle
a pi` u bassa concentrazione.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 9
Equilibrio chimico
9.1 Equilibrio chimico
Consideriamo per prima cosa un sistema omogeneo e per semplicit`a una reazione
in fase gassosa. Immaginiamo che tra i componenti della miscela gassosa sia in
atto la seguente reazione chimica
aA + bB cC +dD (9.1)
Lo stato di equilibrio viene raggiunto quando la velocit`a della reazione diret-
ta uguaglia la velocit`a inversa. Si tratta di un equilibrio dinamico come si pu`o
facilmente intuire. A rigore tutte le reazioni chimiche andrebbero considerate di
equilibrio, ma nella pratica comune quelle in cui le concentrazioni di reagenti
sono irrisorie vengono tranquillamente considerate non di equilibrio (sono dette
reazioni a completamento).
Se supponiamo che i componenti dellequilibrio indicato dallo schema di reazione
9.1 siano specie gassose possiamo immaginare di denire la costante di equilibrio
come il rapporto tra le pressioni parziali dei prodotti elevate ai rispettivi coeci-
enti stechiometrici e le pressioni parziali dei reagenti sempre elevati ai rispettivi
coecienti stechiometrici.
K
P
=
(P
C
)
c
(P
D
)
d
(P
A
)
a
(P
B
)
b
(9.2)
Attraverso considerazioni termodinamiche si pu`o dimostrare che tale costante
dipende solo dalla temperatura e pertanto risulta costante a temperatura costante
e quindi indipendente dalla pressione e dal volume. Dobbiamo altres` tener pre-
sente che tale costante `e adimensionale contrariamente da quello che si potrebbe
evincere osservando la relazione 9.2. A tale risultato si arriva direttamente at-
traverso considerazioni termodinamiche, tuttavia basta ricordare che ogni pres-
sione o concentrazione `e parziale `e divisa per una pressione o concentrazione di
riferimento e ci`o rende la relazione adimensionale.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
74 Equilibrio chimico
Applicando la legge di stato dei gas alle rispettive pressioni parziali possiamo
esprimere la K
P
in funzione delle concentrazioni. Otteniamo cos`:
K
P
=
(P
C
)
c
(P
D
)
d
(P
A
)
a
(P
B
)
b
=
(C
C
)
c
(C
D
)
d
(C
A
)
a
(C
B
)
b
(RT)

= K
C
(RT)

(9.3)
dove = d+ca+b. Possiamo allora osservare che solo nel caso in cui = 0
la K
C
= K
P
.
La K
C
analogamente alla K
P
risulta costante a temperatura costante.
Risulta altres` interessante denire la costante di equilibrio in funzione della
frazione molare. Per far ci`o sostituiamo nella costante di equilibrio K
C
al posto
delle concentrazioni delle singole specie il rapporto n
i
/V
K
C
=
(C
C
)
c
(C
D
)
d
(C
A
)
a
(C
B
)
b
=
(n
C
/V )
c
(n
D
/V )
d
(n
A
/V )
a
(n
B
/V )
b
=
(n
C
)
c
(n
D
)
d
(n
A
)
a
(n
B
)
b
V

(9.4)
denendo
K
n
=
(n
C
)
c
(n
D
)
d
(n
A
)
a
(n
B
)
b
(9.5)
Otteniamo
K
C
= K
n
V

(9.6)
Applicando la legge di stato dei gas possiamo sostituire al posto di V la sua
espressione nRT/P pertanto la relazione 9.6 diventa
K
C
= K
n
_
nRT
P
_

= K
x
_
RT
P
_

= K
x
_
P
RT
_

(9.7)
dove K
x
`e la costante di equilibrio in funzione delle frazioni molari x
i
=
n
i
/

i
n
i
cos` denita:
K
x
=
(x
C
)
c
(x
D
)
d
(x
A
)
a
(x
B
)
b
(9.8)
combinando la relazione 9.3 con la 9.7 otteniamo:
K
p
= K
x
(P)

(9.9)
Questultima relazione `e importante in quanto ci permette di comprendere
come si sposti lequilibrio in funzione della pressione. Riscriviamo la 9.9 come:
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 75
K
x
= K
P
(P)

(9.10)
e proviamo ad applicare questa relazione alla reazione di produzione dellam-
moniaca.
3H
2
+ N
2
2NH
3
(9.11)
La reazione di produzione dellammoniaca che costituisce un importante proces-
so industriale avviene con una diminuzione del numero di moli = 2(3+1) =
2 Possiamo allora scrivere che nel caso specico
K
x
=
x
2
NH
3
x
3
H
2
x
N
2
K
P
=
p
2
NH
3
p
3
H
2
p
N
2
(9.12)
e inoltre
K
x
= K
P
(P)
2
(9.13)
Dato che la costante di equilibrio K
P
dipende solo dalla temperatura e quindi
`e costante a temperatura costante possiamo dedurre che un aumento di pressione
provochi un aumento della K
x
. Questo implica che anche la K
x
aumenti `e neces-
sario che il denominatore della costante espressa in funzione delle frazioni molari
diminuisca o che il numeratore aumenti. In altre parole la reazione si sposta a de-
stra verso un aumento della produzione dellammoniaca. A parit`a di temperatura
lequilibrio `e spostato, con laumento di pressione, verso la produzione dellam-
moniaca. Per questo motivo industrialmente la reazione viene fatta avvenire ad
elevate pressioni.
Generalizzando possiamo dire che le reazioni che si svolgono con una dimin-
uzione del numero di moli si spostano verso destra mediante un aumento di pres-
sione. Ovviamente la situazione opposta si vericher` a se la reazione avviene con
un aumento del numero di moli. Quando invece ci troviamo nel caso in cui = 0
non si avr`a nessuno spostamento dellequilibrio al variare della pressione.
9.2 Equilibri eterogenei implicanti fasi gassose
Un equilibrio `e detto eterogeneo quando i reagenti e i prodotti si trovano in fasi
diverse. Quando la fase gassosa `e in equilibrio con la fase condensata possiamo
applicare le leggi incontrate nel precedente paragrafo.
Consideriamo ad esempio lequilibrio eterogeneo relativo alla decomposizione
del carbonato di calcio
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
76 Equilibrio chimico
CaCO
3
CaO + O
2
(9.14)
Questa reazione avviene intorno a 800C , possiamo pensare di scrivere la
costante di equilibrio nella forma
K
P
=
p
CaO
p
O
2
p
CaCO
3
tenendo per`o presente che la tensione di vapore parziale dei solidi `e costante a
temperatura costante in realt`a tali tensioni di vapore sono inglobate nella costante
di equilibrio e pertanto possiamo esprimere la costante di equilibrio come
K
P
= p
O
2
9.3 Equilibri di solubilit`a
Gli equilibri di solubilit`a coinvolgono in genere soluzioni acquose in presenza di
sali parzialmente o poco solubili. I sali si solubilizzano parzialmente in soluzione
dissociandosi nei rispettivi ioni costituenti il sale. Dopo un po di tempo si sta-
bilisce un equilibrio tra il sale non disciolto e gli ioni in soluzione. Si dice che una
soluzione `e satura quando si `e raggiunta la concentrazione massima degli ioni in
soluzione oltre la quale gli ioni precipitano sotto forma di sale. In altre parole
quando, a temperatura costante, si osserva una soluzione in presenza del corpo
di fondo (del sale non disciolto) siamo in condizioni di saturazione.
Consideriamo ad esempio un sale poco solubile come il Cloruro di Argento
esso si dissocia in soluzione secondo la reazione
AgCl Ag
+
+ Cl

(9.15)
per il quale possiamo denire la costante di equilibrio
K =
[Ag
+
][Cl

]
[AgCl]
dove le parentesi quadre stanno ad indicare la concentrazione molare.
Se teniamo presente che [AgCl] `e costante a temperatura costante possiamo
inglobarla nella costante di equilibrio e scrivere
K
s
= [Ag
+
][Cl

]
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 77
che prende il nome di prodotto di solubilit`a. Tale costante `e ovviamente adi-
mensionale analogamente alla K
P
e alla K
C
. Nel caso ad esempio di una soluzione
satura di Cloruro di piombo il prodotto di solubilit`a sar`a:
K
s
= [Pb
2+
][Cl

]
2
Le concentrazioni molari molari degli ioni espresse nel prodotto di solubilit`a
sono collegate alla solubili`a del sale, cio`e al numero di moli di sale che passa
direttamente in soluzione. Indichiamo S la solubilit`a espressa in mol/l.
Supponiamo allora di voler risolvere il seguente questito:
Esercizio Calcolare quanti grammi di PbCl
2
si solubilizzano in 500 ml di
acqua sapendo che il suo prodotto di solubilit`a `e pari a 1.7 10
5
Se con S indichiamo la solubili`a del sale allora possiamo evincere dalla
stechiometria della reazione
PbCl
2
Pb
2+
+ 2Cl

che Pb
2+
= S e Pb
2+
= 2S
allora applicando la denizione del prodotto di solubilit`a
K
s
= [Pb
2+
][Cl

]
2
possiamo scrivere che
K
s
= S S
2
= S
3
da cui
S = (K
s
)
1/3
= (1.7 10
5
)
1/3
= 0.0257 mol/l
Tenendo presente che vogliamo sapere quanti grammi di sale si sciolgono
in 500 ml possiamo scrivere che
S =
n
l
n = S l = 0.257 0.5 = 0.013
Essendo il peso formula del PbCl
2
=278.11 i grammi del sale che possono
disciogliersi nella soluzione saranno:
massa disciolta in 500 ml di soluzione = 278.16 0.013 = 3.61 g
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
78 Equilibrio chimico
`
E interessante osservare inoltre come la solubilit`a di un sale diminuisca per
laggiunta di uno ione comune. Supponiamo ad esempio di confrontare la solubilit`a
del cloruro di argento in acqua pura e in una soluzione 1 M di HCl. In acqua pura
la solubilit`a del AgCl sar`a certamente espressa dalla relazione

K
s
dato che
[Cl

] = [Ag
+
] = S, inoltre tenendo presente che il K
s
= 1.7 10
10
otteremo che
S = 1.3 10
5
. In una soluzione 1 M di HCl luguaglianza [Cl

] = [Ag

] perde la
sua validit` a dato che la Cl

dovr`a ritenersi molto maggiore della concentrazione


[Ag
+
] e praticamente uguale a quella della concentrazione dellacido cloridrico.
Se volessimo essere rigorosi dovremmo dire che
[Cl

]
totale
= [Cl

]
AgCl
+ [Cl

]
HCl
(9.16)
ma essendo
[Cl

]
AgCl
[Cl

]
HCl
possiamo scrivere che
[Cl

]
totale
[Cl

]
HCl
Conseguentemente possiamo scrivere che
K
S
= 1.7 10
10
= [Cl

][Ag
+
] = [Cl

] S = 0.1 S
da cui S = 1.7 10
10
/0.1 = 1.7 10
9
Si osserva pertanto che la solubilit`a del
sale `e diminuita drasticamente sotto leetto dello ione a comune.
Ovviamente si dovr`a tener conto della relazione non approssimata 9.16 nel
mento in cui la concentrazione dello ione in comune `e dello stesso ordine di
grandezza della solubilit`a del sale in acqua pura.
9.4 Equilibri acido base
In chimica, le denizioni di acido e base hanno subito diverse modiche nel tempo,
partendo da un approccio empirico e sperimentale no alle pi` u recenti denizioni,
sempre pi` u generali, legate al modello molecolare ad orbitali.
Teoria di Arrhenius: un acido `e una sostanza che dissociandosi in acqua
produce ioni H
+
. Una base , invece, `e una sostanza che dissociandosi in
acqua produce ioni OH

HCl H
+
+ Cl

NaOH OH

+ Na
+
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 79
Le propriet`a acido base di una soluzione acquosa sono connesse ad un ec-
cesso di ioni H
+
eo di ioni OK

. Un acido si dice forte se `e completamente


dissociato, quando `e parzialmente dissociato. Lo stesso vale per le basi.
LHCl `e un acido forte e lNaOH `e una base forte viceversa lacido acetico
CH
3
COOH `e un acido debole. Una caratteristica essenziale degli acidi e le
basi `e quella che una volta mescolati questi si neutralizzano formando acqua
secondo lo schema di reazione
H
+
+ OH

H
2
O
Ci sono sostanze che non posseggono direttamente protoni od ossidrili ma
possono essere a loro volta chiamati acidi o basi se sono in grado di produrre
tali ioni quando vengono mescolati con acqua. Ad esempio lammoniaca
NH
3
bench`e non contenga direttamente ioni ossidrili `e una base. Infatti a
contatto con acqua d`a luogo alla reazione
NH
3
+ H
2
O OH

+ NH
+
4
La teoria di Arrhenius non `e valida per le dissociazioni che non avvengono in
acqua. Possiamo pertanto introdurre una teoria pi` u generale che comprende
la vecchia teoria di Arrhenius ma risulta pi` u generale. Si tratta della teoria
di Bronsted-Lowry.
Teoria di Bronsted-Lowry: un acido `e una sostanza capace di cedere ioni
H
+
ad unaltra specie chimica detta base. La teoria di Bronsted-Lowry es-
tende la denizione di acido a quelle sostanze di cui non `e possibile o non
`e pratico valutare il comportamento in acqua, come di fatto succede nella
denizione data da Arrhenius. Introduce anche il concetto di complementa-
riet`a tra acido e base , dato che lacido non `e tale se non in presenza di una
controparte cui cedere il proprio ione H
+
. Secondo Bronsted e Lowry, quin-
di, anche composti che non presentano un carattere evidentemente acido
nella quotidianit`a, come ad esempio gli alcoli, possono avere un compor-
tamento acido quando sono in presenza di una base sucientemente forte.
Un esempio `e la reazione tra metanolo e idruro di sodio, in cui il metanolo
si comporta da acido, secondo la denizione di Bronsted e Lowry, cedendo
allo ione idruro (la base) uno ione H
+
CH
3
OH + NaH CH
3
O

+ H
2
+ Na
+
Secondo questa teoria non esistono quindi acidi e basi a se stanti, ma solo
coppie di acido e base coniugati. Una coppia acido/base coniugata `e una
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
80 Equilibrio chimico
coppia di specie chimiche che dieriscono soltanto per uno ione H
+
. Quando
un acido cede uno ione H
+
si trasforma nella sua base coniugata; quando
una base acquista uno ione H
+
si trasforma nel suo acido coniugato.
Qualunque reazione che comporta il trasferimento di uno ione H
+
da un
acido a una base `e una reazione acido-base secondo Bronsted e Lowry. Un
acido pu`o, in determinate circostanze, comportarsi da base e viceversa.
Teoria di Lewis: un acido `e una sostanza capace di accettare un doppietto
elettronico da unaltra specie chimica (detta base).
Simile alla teoria di Bronsted-Lowry, sostituisce al trasferimento dello ione
H
+
il trasferimento in senso inverso di un doppietto elettronico. Secondo
Lewis sono quindi acidi anche composti come il cloruro di alluminio ed il
borano, che presentano nella loro struttura un orbitale vuoto capace di al-
loggiare un doppietto elettronico proveniente da una molecola donatrice, la
base e legarsi quindi ad essa tramite un legame dativo. Il legame dativo non
rappresenta altro che un legame covalente che nasce quando una doppietto
elettronico viene ceduto ad un orbitale vuoto di un atomo accettore. Nel-
lesempio qui riportato, lammoniaca `e la base ed il triuoruro di boro `e
lacido, secondo Lewis.
NH
3
+ BF
3
H
3
NBF
3
Esercizio Supponendo di mescolare 80 ml di una soluzione 1 M di NaOH con
30 ml di una soluzione 1.2 M di H
2
SO
4
dire se la soluzione nale sar`a acida o
alcalina e calcolare la concentrazione nale.
la reazione che ha luogo `e la seguente
2NaOH + H
2
SO
4
Na
2
SO
4
+ 2H
2
O
Calcoliamo allora le moli dei due componenti reagenti ricordando che
M = n/V
n(NaOH) = MV = 1 0.08 = 0.08
n(H
2
SO
4
) = MV = 1.2 0.03 = 0.036
osservando i rapporti stechiometrici della reazione chimica di neutral-
izzazione si osserva che 2 moli di idrossido di sodio necessitano una mole
di acido solforico per avere una completa neutralizzazione. Allora avendo
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 81
0.036 molti a H
2
SO
4
avremo bisogno per la completa neutralizzazione del
sale
n
NaOH
necessarie per neutralizzare lacido = 0.036 2 = 0.072
avendo a disposizione 0.08 moli di NaOH `e chiaro che rimarr`a un eccesso
di base e la soluzione risultante sar`a basica. Leccesso di base sar`a allora
n
NaOH
in eccesso = 0.08 0.072 = 0.008
Il volume nale risulta essere di 110 ml (80+30). Conseguentemente la
concentrazione nale della base sar`a pari a
M
NaOH
=
n
V
=
0.008
0.11
= 0.73 mol/l
9.4.1 Prodotto ionico dellacqua
Lacqua pura allo stato liquido `e un debole elettrolita soggetto alla seguente
dissociazione
2H
2
O OH

+ H
3
O
+
per tale equilibrio vale la legge di azione di massa per la quale
K =
[H
3
O
+
][OH

]
[H
2
O]
2
Il valore della costante `e molto minore di 1 e praticamente lacqua risulta qua-
si completamente indissociata. Possiamo pertanto inglobare la concentrazione
dellacqua nella costante in modo tale da denire il prodotto ionico dellacqua
mediante una nuova costante K
w
cos` denita
K
w
= [H
3
O
+
][OH

] = 1.0 10
14
(9.17)
a 25
0
C il prodotto ionico dellacqua `e pari a 1.0 10
14
. Nellacqua la con-
centrazioni degli ioni ossidrili `e identica a quella dei protoni. Pertanto possiamo
scrivere che
[H
3
O
+
] = [OH

]
quindi possiamo a sua volta scrivere che
K
w
= [H
3
O
+
]
2
= 1.0 10
14
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
82 Equilibrio chimico
e quindi
[H
3
O
+
] = [OH

] = 1.0 10
7
(9.18)
Le concentrazioni ioniche risultano estremamente piccole rispetto alla concen-
trazione dellacqua che risulta essere dellordine di 55.5 mol/l.
Lintroduzione del prodotto ionico dellacqua ci permette di introdurre unutile
scala dellacidit`a per le soluzioni acquose. Possiamo per prima cosa osservare che
la condizione di neutralit`a `e rappresentata dalla relazione 9.18. Nel caso di una
soluzione di HCl 1M, applicando la relazione 9.17, si ricava che la concentrazione
ionica degli ossidrili `e 110
14
essendo quella degli idrogenioni pari a 1 M Viceversa
per una soluzione 1 M di NaOH la concentrazione degli ossidrili sar`a 1 M mentre
quella idrogenionica sar`a 1 10
14
.
In altre parole per le soluzioni acquose la concentrazione idrogenionica che
per semplicit`a inizieremo ad indicare con [H
+
] bench`e sappiamo che tale ione si
trova in realt`a sotto forma di ione ossonio [H
3
O
+
] sar`a compresa nellintervallo
1 [H
+
] 1 10
14
Possiamo tuttavia utilizzare una descrizione pi` u comoda per la scala dellacid-
it`a eliminando le potenze del 10 utilizzando una scala logaritmica. A tale propos-
ito conviene denire il pH di una soluzione come il logaritmo in base 10 della
concentrazione idrogenionica cambiato di segno.
pH = log[H
+
] (9.19)
Ovviamente ci`o pu`o essere fatto solo se assumiamo che le concentrazioni idro-
genioniche siano adimensionali, dato che loperatore logaritmo `e applicabile so-
lo a quantit` a adimensionali. Tuttavia ricorderemo che tutte le concentrazioni
espresse nelle costanti di equilibrio sono quantit` a adimensionali pertanto pos-
siamo facilmente applicare tale operatore alla relazione 9.17. In questo modo
possiamo scrivere che
log[H
+
] log[OH

] = log K
w
= log(1.0 10
14
) = 14
quindi
pH + pOH = 14 (9.20)
dove abbiamo denito pOH = log[OH

]. In questo modo la nuova scala del-


lacidit`a sar`a esprimibile come 0 pH 14. Le soluzioni con pH < 7 sono
acide e quelle con pH > 7 sono alcaline. Attraverso questa denizione proviamo
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 83
a risolvere risolvere lesercizio precedente chiedendo per`o di calcolare il pH della
soluzione
Esercizio Supponendo di mescolare 80 ml di una soluzione 1 M di NaOH con
30 ml di una soluzione 1.2 M di H
2
SO
4
dire se la soluzione nale sar`a acida o
alcalina e calcolare il pH della soluzione risultante.
Il procedimento `e identico no al calcolo della concentrazione molare
dellidrossido di sodio. Ricordiamo che avevamo ottenuto che
M
NaOH
=
n
V
=
0.008
0.11
= 0.73 mol/l
Applicando allora la denizione di pOH possiamo scrivere
pOH = log[OH] = log[0.73] = 0.137
applicando la relazione 9.20 otteniamo
pH = 14 0.137 = 13.863
Pertanto il pH della soluzione `e nettamente alcalino.
9.4.2 Acidi e basi deboli
Il calcolo del pH o del pOH si complica leggermente quando dobbiamo valutarlo
nel caso di acidi e basi deboli. Come abbiamo visto un acido o una base `e detto
debole quando non `e completamente dissociato. La forza della dissociazione verr` a
valutata sulla base della costante di equilibrio. In generale se supponiamo di avere
un acido debole di formula generica HA che si si dissocia secondo lequazione
HA H
+
+ A

possiamo a sua volta scrivere la costante di equilibrio dellacido come


K
a
=
[H
+
][A

]
[HA]
Nel caso siamo interessati a conoscere il pH di una soluzione acquosa di tale
acido dobbiamo tener presente che per prima cosa `e necessario calcolare la con-
centrazione idrogenionica totale la quale risulter`a esprimibile come dovuta alla
somma degli idrogenioni provenienti dallacqua pi` u quelli provenienti dallacido.
In altre parole dobbiamo scrivere che
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
84 Equilibrio chimico
[H
+
]
tot
= [H
+
]
H
2
O
+ [H
+
]
HA
che a sua volta possiamo riscrivere come
[H
+
] =
K
w
[OH

]
+
K
a
[HA]
[A

]
Questa equazione tuttavia in generale pu`o essere enormemente semplicata a
causa del fatto che in genere si tratta di valutare il pH di una soluzione di un acido
debole con una costante di acidit`a nettamente superiore a quella dellacqua. Se
allora ci troviamo nellassunzione in cui K
a
K
w
il primo termine `e trascurabile
e lequazione si riduce
[H
+
] =
K
a
[HA]
[A

]
Allora se con C
a
deniamo la concentrazione dellacido osservando la reazione
di dissociazione possiamo anche scrivere che [HA] = C
a
[H
+
] e inoltre che
[A

] = [H
+
] Quindi
[H
+
] =
K
a
(C
a
[H
+
)]
[H
+
]
(9.21)
questa espressione risulta allora facilmente risolubile, tuttavia si pu`o ulterior-
mente semplicare quando C
a
[H]
+
che costituisce la maggior parte dei casi.
Quindi 9.21 si trasforma in una semplicissima formula per il calcolo immediato
della concentrazione idrogenionica di un acido debole.
[H
+
]
2
= K
a
C
a
(9.22)
EsercizioCalcolare il pH di una soluzione 0.1 M di acido acetico sapendo che
K
a
= 1.8 10
5
CH
3
COOH H
+
+ CH
3
COO

Questo `e il caso tipico in cui la concentrazione dellacido C


a
[H
+
] per-
tanto possiamo risolvere il problema applicando direttamente la relazione
9.22.
quindi
[H
+
] =
_
K
a
C
a
) =

1.8 10
5
0.1 = 1.34 10
3
da cui
pH = log[H
+
] = 3 log(1.34) = 2.87
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 85
Consideriamo ora un altro esempio relativo ad una base debole
Esercizio100 ml di una soluzione 0.1 M di ammoniaca K
a
= 1.810
5
vengono
diluiti con 400 ml di acqua deionizzata. Calcolare il pH della nuova soluzione
NH
3
+ H
2
O OH

+ NH
+
4
Per prima cosa `e necessario valutare la nuova concentrazione ammoni-
acale ottenuta dopo la diluizione con acqua.
n
NH
3
= MV = 0.1 0.1 = 0.01
dopo la diluizione la nuova molarit`a sar`a
M ==
n
V
=
0.01
0.5
= 0.02
[OH

] =
_
K
b
C
b
) =

1.8 10
5
0.02 = 1.9 10
4
da cui
pOH = log[OH
+
] = 4 log(1.9) = 3.72
quindi
pH = 14 3.72 = 10.28
9.4.3 Acidi poliprotici
Gli acidi che possono rilasciare pi` u di un protone si deniscono acidi poliprotici.
In questo caso `e necessario denire una costante di dissociazione per ogni stadio
di dissociazione. Ad esempio per lacido ortofosforico possiamo scrivere le seguenti
dissociazioni.
H
3
PO
4
H
+
+ H
2
PO

4
H
2
PO

4
H
+
+ H
2
PO
2
4
H
2
PO
2
4
H
+
+ PO
3
4
le tre costanti di dissociazione acida sono:
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
86 Equilibrio chimico
K
a1
=
[H
+
][H
2
PO

4
]
[H
3
PO
4
]
pK
a1
= 2.12
K
a2
=
[H
+
][HPO
2
4
]
[H
2
PO

4
]
pK
a2
= 7.21
K
a3
=
[H
+
][PO
3
4
]
[H
2
PO

4
]
pK
a3
= 12.68
Lacido fosforico si comporta cos` come un acido di media forza mentre per quanto
concerne la seconda e la terza dissociazione si tratta di acidi debolissimi. In tutti
gli acidi poliprotici le costanti acide di dissociazione diminuiscono in modo tale
che pK
a1
> pK
a2
> pK
a3
inoltre spesso si osserva che K
ai
/K
a(i+1)
10
5
questo
implica che la concentrazione idrogenionica `e data solo dalla prima dissociazione
mentre le altre dissociazioni risultano trascurabili.
Nel caso dellacido solforico invece la prima dissociazione `e quella di un acido
forte mentre nella seconda dissociazione abbiamo un acido di media forza con
una costante acida dellordine di 10
2
. In questo caso non possiamo trascurare
la seconda dissociazione. Proviamo ad analizzare il tutto mediante un semplice
esempio applicato allacido solforico.
EsercizioCalcolare il pH di una soluzione 0.2 M di acido solforico. Sapendo
che lacido `e completamente dissociato nella prima dissociazione mentre mostra
una K
a2
= 10
2
H
2
SO
4
H
+
+ HSO

4
HSO

4
H
+
+ SO
2
4
Possiamo risolvere il problema applicando per prima cosa il bilancio
di massa, attraverso il quale possiamo scrivere, assumendo che C
a
sia la
concentrazione analitica dellacido, che
C
a
= [HSO

4
] + [SO
2
4
]
questo `e dovuto al fatto che la concentrazione analitica dellacido sol-
forico deve coincidere con la somma delle concentrazioni di tutte le specie
chimiche contenenti lo zolfo presenti in soluzione.
Possiamo inoltre applicare il bilancio di carica. In altre parole per il
fatto che la soluzione nel suo complesso debba essere elettricamente neutra
possiamo scrivere che
[H
+
] = [H
+
]
Idissociazione
+ [H
+
]
IIdissociazione
+ [H
+
]
acqua
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 87
cio`e
[H
+
] = [HSO

4
] + 2[SO
2
4
] + [OH

]
Tenendo presente che il prodotto ionico dellaqua `e molto pi` u pic-
colo rispetto alla costante di dissociazione K
a2
possiamo trascurare gli
idrogenioni provenienti dallacqua e scrivere
[H
+
] = [HSO

4
] + 2[SO
2
4
]
inoltre
K
a2
=
[H
+
][SO
2
4
]
[HSO

4
]
= 10
2
Se sottraiamo allequazione relativa allelettroneutralit`a quella del bi-
lancio di massa possiamo scrivere che
[H+] C
a
= [SO
2
4
]
sostituendo questo risultato nella relazione del bilancio di massa ottengo
anche una relazione per [HSO

4
]. Cio`e
2C
a
[H+] = [HSO
2
4
]
sostituendo i risultati ottenuti nella costante di equilibrio abbiamo
K
a2
=
[H
+
]([H+] C
a
)
2C
a
[H+]
= 10
2
Abbiamo ottenuto cos` unequazione ad unincognita che possiamo riscri-
vere nella forma
[H
+
]
2
[H+](C
a
10
2
) 2C
a
10
2
= 0
Dobbiamo pertanto semplicemente risolvere unequazione di secondo
grado e quindi avremo che
[H
+
] =
(C
a
10
2
) +
_
C
2
a
+ 6 10
2
C
a
+ 10
4
2
sostituendo il valore della concentrazione C
a
otteniamo
[H
+
] =
(0.2 10
2
) +

0.2
2
+ 6 10
2
0.2 + 10
4
2
= 0.204
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
88 Equilibrio chimico
quindi
pH = log(0.204) = 0.69
Si osservi comunque che quando la C
a
10
2
la concentrazione idro-
genionica `e praticamente identica a C
a
. In questo caso si considera solo la
prima dissociazione. Quando la C
a
10
2
allora [H
+
] = 2C
a
. Se invece
0.5 < [H
+
] < 2 10
4
la concentrazione va calcolata attraverso la formula
quadratica.
In generale `e sempre possibile calcolare la concentrazione idrogenionica di
una soluzione acquosa di un acido poliprotico quando si conoscono le successive
costanti di dissociazione dellacido e la sua concentrazione totale. Per risolvere il
problema `e ovviamente necessario scrivere un sistema di equazioni indipenden-
ti pari al numero delle concentrazioni incognite. Per far ci`o `e necessario utiliz-
zare leequazioni per le costanti di equilibrio, lequazione del bilancio di massa e
quella dellelettroneutralit`a della soluzione. Di norma tali problemi a parte casi
particolari si risolvono per approssimazioni successive.
9.4.4 Equilibri idrolitici
Gli equilibri idrolitici sono gli equilibri che interessano le propriet`a acido base
degli ioni provenienti dalla dissociazione dei sali a seguito della loro reazione con
acqua.
Ci sono vari tipi di sali che possono dar luogo ad una variazione del pH a
causa della loro dissoluzione in acqua.
Sali che provengono da un acido debole e una base forte del tipo KCN,
CH
3
COONa ecc.
Consideriamo ad esempio il caso di un sale di formula generica MA che si
dissoci in acqua generando ioni M
+
e A

con una concentrazione salina pari


C
s
. Assumiamo inoltre che il sale derivi da una base forte e un acido debole.
Il catione M
+
non subir`a in acqua nessun eetto se non quello associato
alla solvatazione dello ione stesso. Viceversa lanione A

provenendo da
un acido debole in acqua dar`a luogo ad una tipica reazione di idrolisi. In
altre parole provocher`a la scissione della molecola di acqua con produzione
dellacido e necessariamente render`a la soluzione alcalina. Il tutto potr`a
essere schematizzato nel seguente modo
A

+ H
2
O HA + OH

La reazione di idrolisi sar`a ovviamente legata alla costante di idrolisi dello


ione associato A

. che possiamo scrivere nella forma


M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 89
K
b
=
[HA][OH

]
[A

]
dove abbiamo omesso la concentrazione dellacqua per il semplice fatto che
tale concentrazione possiamo assumere che rimanga costante dato che so-
lo una piccolissima quantit`a di acqua si idrolizzer`a. Possiamo inoltre es-
primere la costante di idrosi in relazione alla costante di acidit`a dellacido
coniugato. Se infatti moltiplichiamo e dividiamo per [H
+
] il numeratore e il
denominatore della precedente equazione avremo potremo osservare che
K
b
=
[HA][OH

][H
+
]
[A

][H
+
]
=
K
w
K
a
In questo tipo di problemi siamo interessati a conoscere il pH della soluzione
risultante. Per ricavare questultimo possiamo semplicemente valutarlo con
diversi gradi di approssimazione a secondo della situazione in cui ci trovi-
amo. In molti casi possiamo semplicemente assumere che [A

] = C
s
dato
solo una piccola percentuale del sale si idrolizza. Inoltre trascurando la
ionizzazione dellacqua possiamo scrivere che [HA] = [OH

]
Sostituendo allora nella K
b
otteniamo
K
b
=
[OH

]
2
Cs
=
K
w
K
a
e quindi
[OH

] =
_
K
w
K
a
C
s
Se invece vogliamo essere pi` u rigorosi, dobbiamo partire dal bilancio di
massa e dal bilancio di carica e scrivere che
C
s
= [A

] + [HA]
e
C
s
+ [H
+
] = [A

] + [OH

]
Se la concentrazione del sale `e sucientemente alta C
s
10
6
la concen-
trazione protonica `e sicuramente trascurabile e conseguentemente
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
90 Equilibrio chimico
C
s
= [A

] + [OH

] e [A

] = C
s
[OH

]
Possiamo inoltre ricavare che [HA] = [OH

] e quindi sostituendo nella


costante di idrolisi otteniamo
[OH

]
2
Cs [OH

]
=
K
w
K
a
Sali che provengono da un acido forte e una base debole del tipo NH
4
Cl,
AlCl
3
ecc.
In modo del tutto analogo possiamo ricavare le equazioni che ci permettono
di valutare le concentrazioni idrogenioniche per sali di questo tipo e che
daranno origine ad una reazione del tipo
B
+
+ H
2
O BOH + H
+
Utilizzando lo stesso procedimento possiamo scrivere in prima approssi-
mazione che
[H
+
] =
_
K
w
K
b
C
s
o altrimenti
[H
+
]
2
Cs [H
+
]
=
K
w
K
b
Sali che provengono da un acido debole e una base debole del tipo NH
4
CN,
CH
3
COONH
4
ecc.
In questo caso sia gli anioni che i cationi danno origine allidrolisi secondo
gli schemi di reazione
B
+
+ H
2
O BOH + H
+
A

+ H
2
O HA + OH

M. Rustici, Chimica Generale e inorganica


Equilibrio chimico 91
Per il bilancio di massa possiamo scrivere che
C
s
= [AH] + [A

] = [B
+
] + [BOH]
a sua volta per lelettroneutralit`a della soluzione possiamo scrivere
[H
+
] + [B
+
] = [A

] + [OH

] [H
+
] = [A

] [B
+
] + [OH

]
sostituendo in questultima le espressioni ricavabili dal bilancio di massa
possiamo scrivere
[H
+
] = C
s
[HA] C
s
+ [BOH] + [OH

] = [BOH] [HA] + [OH

]
Sostituendo i dati relativi alle costanti di equilibrio relativi allacido e alla
base coniugata abbiamo
[H
+
] =
[B
+
][OH

]
K
b

[A

][H
+
]
K
a
+ [OH

]
esprimendo tutto in funzione della concentrazione idrogenionica avremo
[H
+
] =
[B
+
]K
w
K
b
[H
+
]

[A

][H
+
]
K
a
+
K
w
[H
+
]
quindi
[H
+
]
2
K
a
K
b
= [B
+
]K
w
K
a
[H
+
]
2
[A

]K
b
+K
w
K
a
K
b
allora
[H
+
]
2
(K
a
K
b
+ [A

]K
b
) = [B
+
]K
w
K
a
+K
w
K
a
K
b
trascurando lultimo termine che risulta essere molto pi` u piccolo degli altri
termini. Possiamo scrivere
[H
+
]
2
=
[B
+
]K
w
K
a
(K
a
K
b
+ [A

]K
b
)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
92 Equilibrio chimico
a sua volta K
a
K
b
[A

]K
b
quindi
[H
+
]
2
=
[B
+
]K
w
K
a
+[A

]K
b
e tenendo inoltre presente che [B
+
] [A

]
otteniamo
[H
+
]
2
=
K
w
K
a
K
b
[H
+
] =
_
K
w
K
a
K
b
Possiamo osservare da questa espressione semplicata che in questi casi il
pH praticamente risulta indipendente dalla concentrazione del sale. Inoltre
possiamo notare che quando la costante di equilibrio dellacido e della base
sono praticamente identici (K
b
K
a
) la concentrazione idrogenionica risul-
ta uguale a 10

7. In altre parole la soluzione risultante `e neutra con un pH


pari a 7.
Sali che provengono da una base forte e un acido debole poliprotico del tipo
NaHCO
3
, KHS, Na
2
HPO
4
ecc.
Supponiamo di considerare un sale derivante da una base forte monoprotica
BOH e un acido debole diprotico AH
2
. In questo caso possiamo avere due
tipi di sali BHA e B
2
A.
Il primo tipo di sale genera dopo la dissociazione in acqua ioni del tipo HA

che si idrolizzeranno secondo lo schema di reazione


HA

+ H
2
O H
2
A + OH

inoltre lo ione HA

potr`a agire anche come acido dissociandosi secondo lo


schema di reazione
HA

A
2
+ H
+
Se al solito con C
s
indichiamo la concentrazione molare totale del sale, per
il bilancio di massa possiamo scrivere
Per il bilancio di massa possiamo scrivere che
C
s
= [H
2
A] + [HA

] + [A
2
] = [B
+
]
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 93
a sua volta per lelettroneutralit`a della soluzione possiamo scrivere
[H
+
] + [B
+
] = [HA

] + 2[A
2
] + [OH

] = C
s
+ [H
+
]
Sottraendo la penultima equazione dallultima, si ha
[H
+
] = [A
2
] [H
2
A] + [OH

]
inoltre abbiamo che
K
a1
=
[HA

][H
+
]
[H
2
A]
e K
a2
=
[A
2
][H
+
]
[HA

]
Utilizzando queste due espressioni assieme al prodotto ionico dellacqua
otteniamo
[H
+
] = K
a2
[HA

]
[H
+
]

[HA

][H
+
]
K
a1
+
K
w
[H
+
]
Se la concentrazione del sale non `e troppo piccola possiamo trascurare la
concentrazione di [A
2
] e [H
2
A] rispetto alla concentrazione del sale C
s
e
scrivere semplicemente che C
s
= [HA

]. Cos` facendo possiamo scrivere che


[H
+
]
2
=
K
a2
C
s
+K
w
1 +C
s
/K
a1
questequazione tuttavia pu`o essere ulteriormente semplicata ogni qual
volta si verica la condizione C
s
K
a1
. Allora in questo caso possiamo
scrivere
[H
+
]
2
= K
a1
_
K
a2
+
K
w
C
s
_
Un ulteriore semplicazione potr`a essere fatta quando K
a2
K
w
/C
s
, in
questo caso otterremo
[H
+
]
2
= K
a1
K
a2
[H
+
] =
_
K
a1
K
a2
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
94 Equilibrio chimico
Se si verica la condizione C
s
K
a1
questo implica che praticamente non si
verica lidrolisi alcalina e quindi la concentrazione di ossidrili `e trascurabile
e pertanto il pH si calcola in modo da considerare solo la dissociazione acida.
La condizione sopracitata implica infatti che
C
s
K
a1
=
[HA

]
K
a1
1
e quindi
[HA

]
K
a1
=
[H
2
A]
[H
+
]
1
Ossia che la dissociazione acida della specie [H
2
A] `e trascurabile rispetto
a quella idrogenionica, cio`o signica che la reazione di idrolisi della specie
[HA

] non avverr` a.
9.4.5 Soluzioni tampone
Si chiamano soluzioni tampone quelle soluzioni il cui pH non varia sensibilmente
per laggiunta di un acido forte o una base forte.
Consideriamo come esempio una soluzione di un acido debole che contenga
contemporaneamente il sale dellanione dellacido stesso HA/A

. Un esempio
potrebbe essere la coppia CH
3
COOH/CH
3
COO

.
Per il caso specicato possiamo al solito scrivere la costante di equilibrio
relativa allacido, in altre parole
K
a
=
[H
+
][A

]
[HA]
La presenza in soluzione dellanione dellacido provocato dalla presenza del
sale fa si che lacido sia poco dissociato. Pertanto possiamo assumere che se C
a
e C
s
sono rispettivamente le concentrazioni dellacido e del sale allora possiamo
scrivere che C
a
[HA] e C
s
[A

] allora la concentrazione idrogenionica sar`a


[H
+
] = K
a
C
a
C
s
EsercizioCalcolare la variazione di pH associata a 500 ml di soluzione 0.1 M
in CH
3
COOH e 0.1 M CH
3
COONa dopo che sono stati addizionati 100 ml di HCl
0.1 M sapendo che la K
a
=1.74 10
5
.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Equilibrio chimico 95
Possiamo valutare subito il pH della soluzione iniziale applicando le-
quazione relativa alle soluzioni tamponi.
[H
+
] = K
a
C
a
C
s
= 1.74 10
5
e quindi
pH = log(K
a
) = 5 log(1.74) = 4.76
laggiunta di un acido forte come lHCl far`a s` che una parte dello ione
acetato si trasformi in acido acetico. Ovviamente se il numero di moli di
acido forte introdotte nel sistema non supera quelle dello ione acetato la
soluzione rimanente sar`a ancora costituita dalla coppia CH
3
COOH/CH
3
COO

e possiamo pertanto supporre che il pH non subisca una grossa variazione.


Calcoliamo allora il numero di moli delle singole componenti del sistema
n
i
(CH
3
COOH) = n
i
(CH
3
COO

) = M V = 0.1 0.5 = 0.05


n(HCl) = M V = 0.1 0.1 = 0.01
laggiunta dellacido provocher`a la seguente reazione
CH
3
COO

H
+
CH
3
COOH
Allora possiamo scrivere che
n
f
(CH
3
COOH) = n
i
(CH
3
COOH) +n(HCl) = 0.05 + 0.01 = 0.06
n
f
(CH
3
COO

) = n
i
(CH
3
COO

) = 0.05 0.01 = 0.04


allora essendo il volume nale pari a 600 ml o 0.6 l avremo che
[CH
3
COOH] = n/V = 0.06/0.6 = 0.1(M)
[CH
3
COO

] = n/V = 0.04/0.6 = 0.067(M)


riapplicando lespressione per le soluzioni tamponi abbiiamo
[H
+
] = K
a
C
a
C
s
= 1.85 10
5
0.1
0.067
= 2.76 10
5
da cui
pH = log([H
+
]) = 5 log(2.76) = 4.56
la variazione di pH sar`a pertanto
pH = 4.76 4.56 = 0.2
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 10
Processi elettrochimici e reazioni
redox
10.1 Processi elettrochimici e reazioni redox
Lelettrochimica `e lo studio dei processi che implicano una trasformazione di
lavoro chimico in lavoro elettrico e viceversa.
Se immergiamo una lamina di zinco metallico in una soluzione contenente ioni
Cu
2+
, dopo un po di tempo possiamo osservare che la supercie della lamina,
venuta a contatto con la soluzione, si `e ricoperta di un sottile strato di rame
metallico, mentre nella soluzione assieme agli ioni Cu
2+
saranno presenti anche
gli ioni Zn
2+
. In altre parole `e avvenuta la reazione
Cu
2+
+ Zn Zn
2+
+ Cu (10.1)
la quale non `e altro che una reazione di ossidoriduzione che viene ottenuta dalla
somma di due semireazioni: una di ossidazione, nella quale una specie chimica
perde elettroni e una di riduzione, nella quale una specie chimica acquista elettroni.
Possiamo schematizzare il tutto nella forma
Zn Zn
2+
+ 2e (10.2)
Cu
2+
+2e Cu (10.3)
La somma di queste due equazioni ci fornisce la reazione complessiva. Questa
reazione si verica spontaneamente e questo implica che la reazione liberi una
certa quantit`a di energia. Per una legge universale tutti i sistemi spontaneamente
evolvono verso stati aventi un contenuto di energia minore e pertanto essi nel
corso delle loro trasformazioni spontanee liberano energia. Se ad esempio facciamo
avvenire questa reazione in un calorimetro (uno strumento capace di misurare le
quantit` a di calorie messe in gioco) vediamo che se utilizziamo 31.77 g di CuSO
4
e una quantit`a equivalente di polvere di Zn si svilupperanno 25700 cal.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
98 Processi elettrochimici e reazioni redox
Figura 10.1.
Questa stessa reazione pu`o tuttavia essere fatta avvenire in un modo com-
pletamente diverso in modo tale da sviluppare, invece che energia chimica sotto
forma di calore, energia elettrica.
Possiamo realizzare un dispositivo, noto come pila Daniell, formato da due
recipienti separati da un ponte salino (ponte che permette ai due recipienti di
essere in contatto elettrico tramite ioni) contenenti luno una soluzione acquosa
di ioni Zn
2+
nella quale `e immersa parzialmente una lamina di Zn metallico, e
laltro una soluzione acquosa di ioni Cu
2+
nella quale `e immersa parzialmente una
lamina di rame metallico (Figura 10.1). Se colleghiamo le due lamine metalliche
mediante un conduttore metallico nel quale `e inserito un amperometro (capace
di misurare il passaggio di una corrente elttrica), si potr`a osservare che questo
strumento misurer`a il passaggio di elettricit`a.
Se andiamo a vericare lo stato del sistema dopo che abbiamo osservato
lerogazione dellenergia elettrica, possiamo rilevare che sono avvenute le due
reazioni di ossidoriduzione 10.2 e 10.3. Osserveremo infatti che la lamina di rame
aumenter` a di peso e viceversa quella di zinco diminuir`a di peso. Le due reazioni
sommate genereranno la reazione 10.1.
Ognuno dei due elementi che costituiscono la pila sono detti semielementi.
Praticamente tutte le reazioni redox spontanee possono generare energia elet-
trica.
Se invece di sfruttare le reazioni per ottenere energia elettrica, fornissimo noi
lenergia elettrica, invertendo la direzione del usso elettronico, potremmo far
avvenire la reazione inversa.
`
E possibile perci`o far avvenire anche reazioni non
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Processi elettrochimici e reazioni redox 99
Figura 10.2.
spontanee (elettrolisi).
Chiamiamo catodo lelettrodo sul quale avviene la riduzione, anodo quello su
cui avviene lossidazione (esattamente come nellelettrolisi).
La ddp (dierenza di potenziale) generata (a circuito esterno interrotto, al-
trimenti non la potremmo misurare poiche cambierebbe continuamente) `e una
misura della tendenza della reazione ad avvenire. In realt`a non siamo in grado di
misurare il potenziale assoluto di un singolo elettrodo, tuttavia possiamo asseg-
nare per convenzione un potenziale di riferimento in modo da calcolare tutti gli
altri. Per questo motivo viene scelto come potenziale di riferimento quello relativo
alla semireazione
2H
+
+ 2e H
2
(10.4)
al quale assegnamo potenziale uguale a zero a tutte le temperature. Lelet-
trodo standard ad idrogeno `e formato da una soluzione acquosa di ioni H
+
in
concentrazione 1 M (HCl 1M) in cui pesca una lamina di platino platinato sul
quale gorgoglia idrogeno gassoso con pressione di 1 atmosfera (gura 10.2).
Si pu`o ricavare, mediante considerazioni termodinamiche, che il potenziale
dellelettrodo relativo ad una generica reazione di riduzione
aOx + ne bRid (10.5)
`e esprimibile mediante la relazione di Nerst
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100 Processi elettrochimici e reazioni redox
E = E
0
+
RT
nF
ln
[OX]
a
[Rid]
b
(10.6)
Dove E
0
`e il potenziale dellelettrodo riferito allelettrodo di idrogeno, n `e il
numero di elettroni scambiati nella semireazione, F il numero di Faraday cio`e la
carica elettrica totale uguale a 96500 C trasportata da un grammo equivalente di
ioni. Un grammo equivalente o semplicemente un equivalente di ioni monovalente
`e numericamente uguale ad una mole di atomi, e cio`e a un numero di Avogadro
di atomi. Un equivalente di ioni monovalenti trasporta una carica elettrica totale
di 96500 C. Nel caso di ioni bivalenti, un equivalente di essi `e numericamente
uguale alla met`a di una mole, e cio`e alla met`a del numero di Avogadro. Infatti
ogni ione bivalente trasporta una carica doppia di quella dellelettrone. Pertanto
la carica elettrica totale trasportata da un grammo equivalente di ioni, qualunque
ne sia la valenza ionica, `e sempre uguale a 96500 C. Questa quantit`a `e denomi-
nata Faraday (F). Inne a e b sono i coecienti stechiometrici della equazione di
ossidoriduzione.
Consideriamo ad esempio, il potenziale di riduzione di un semielemento gal-
vanico relative alla reazione
MnO

4
+ 8H
+
+ 5e Mn
2+
+ 4H
2
O (10.7)
allora il suo potenziale di riduzione sar`a esprimibile come
E = E
0
+
0.059
5
ln
[MnO

4
][H
+
]
8
[Mn
2+
]
(10.8)
se invece avessimo considerato la reazione inversa cio`e quella relativa al poten-
ziale di ossidazione avremmo avuto che
E = E
0

0.059
5
ln
[MnO

4
][H
+
]
8
[Mn
2+
]
(10.9)
10.1.1 Serie dei potenziali normali
Collegando lelettrodo standard di idrogeno con un elettrodo, nei quali le concen-
trazioni di equilibrio delle specie chimiche partecipanti alla reazione elettrodica
siano unitari, e cio`e nei rispettivi stati standard, e misurando la f.e.m. della pila
cos` formata `e possibile determinare il potenziale standard E
0
di molte reazioni
elettrodiche. Seguendo il criterio dei potenziali di riduzione della I.U.P.A.C. as-
segnamo per convenzione un potenziale negativo a quelle reazioni che tendono ad
ossidarsi rispetto alla reazione dellelettrodo standard ad idrogeno. Consideriamo
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Processi elettrochimici e reazioni redox 101
ad esempio di costruire un pila utilizzando la semireazione relativa alla riduzione
dello ione Zn
+
Zn
2+
+ 2e Zn (10.10)
accoppiata a quella della riduzione dello ione H
+
secondo lo schema 10.4. In
valore assoluto la f.e.m. misurata `e pari a 0.76 V. Sperimentalmente osserviamo
che la semireazione 10.10 andr`a in senso opposto a quello indicato cio`e andr`a nel
senso dellossidazione mentre quello della reazione 10.4 andr`a nel senso indicato
cio`e nel senso della riduzione. Assegneremo pertanto alla semireazione 10.10 un
potenziale di riduzione negativo pari a -0.76.
Da ci`o si evince che se lo zinco metallico viene trattato con un acido come lHCl
questo subir`a un attacco acido con la dissoluzione del metallo stesso e produzione
di idrogeno gassoso. In altre parole i metalli con potenziale di riduzione negativo
vengono attaccati (dissolti) dagli acidi.
Se viceversa considerassimo la pila costituita dalla semireazione
Cu
2+
+ 2e Cu (10.11)
e la reazione 10.4. Osserveremo una f.e.m pari a 0.34 V. In questo caso per`o
la semireazione 10.11 avverr`a nel senso indicato cio`e secondo la riduzione mentre
sar`a la reazione 10.4 ad avvenire in senso opposto cio`e secondo lossidazione.
Assegneremo allora al ptetenziale elettrodico 10.11 un potenziale positivo paria
a + 0.34 V.
Questo implica che il rame metallico non subisce ossidazione da parte di un aci-
do come lHCl. In altre parole se trattiamo il rame metallico con lacido cloridrico
non succede nulla non si ha cio`e dissoluzione del metallo stesso.
Tutti i metalli con potenziale positivo rispetto allidrogeno non subiscono
ossidazione da parte degli acidi.
La gura 10.3 mostra i potenziali standard di riduzione per una serie di co-
muni semireazioni a partire da potenziale pi` u positivo a quello pi` u negativo.
Ricordiamo che le semireazioni con potenziale pi` u positivo hanno la capacit`a di
ossidare quelle con potenziale pi` u basso. Dalla tabella vediamo ad esempio che la
coppia MnO

4
/Mn
2+
ha un potenziale di +1.507 mentre quella del Fe
3+
/Fe
2+
ha
un potenziale di + 0.771. Questo ci porta a concludere lo ione MnO

4
in ambiente
acido ha una capacit`a ossidante rispetto allo ione Fe
2+
. Ci aspettiamo pertanto
che abbia luogo la seguente reazione
MnO

4
+ 5Fe
2+
+ 8H
+
Mn
2+
+ 5Fe
3+
+ 4H
2
O (10.12)
I potenziali standard di riduzione ci permettono cos` di prevedere landamento
delle reazioni chimiche. Questo ovviamente vale in generale perch`e non sempre
viene rispettato quello che possiamo prevedere.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
102 Processi elettrochimici e reazioni redox
Figura 10.3.
Possiamo inoltre utilizzare la reazione di ossidoriduzione 10.12 per compren-
dere il bilanciamento delle reazioni di ossido-riduzione. Per eettuare questo tipo
di bilanciamento occorre per prima cosa riferirsi al numero di ossidazione di un
elemento in una formula chimica. Deniamo il numero di ossidazione come la car-
ica formale dellelemento assegnando agli atomi pi` u elettronegativi gli elettroni
di legame. Nello ione permanganato MnO

4
ad esempio ad ogni atomo di os-
sigeno, essendo questo pi` u elettronegativo, assegneremo una carica formale pari
a -2. Conseguentemente il manganese Mn deve possedere una carica formale o
numero di ossidazione pari a -7 anchee la carica complessiva dello ione sia -1.
Infatti avendo 4 atomi di ossigeno O scriveremo che numero di ossidazione del
manganese sar`a pari a 1 4 (2) = +7
Riscriviamo allora la reazione in questa forma
MnO

4
+ Fe
2+
Mn
2+
+ Fe
3+
(10.13)
dove il manganese nello ione permanganato avr` a numero di ossidazione -7,
per gli altri ioni la carica formale coincide con quella reale e pertanto al numero
di ossidazione.
Il bilanciamento della reazione deve seguire il seguente schema
bilanciamento elettronico
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Processi elettrochimici e reazioni redox 103
bilanciamento di carica
bilanciamento di massa
Si osserva che nella reazione 10.13 il manganese passa da +7 a +2 in altre
parole si riduce acquistando 5 elettroni. Il ferro viceversa si ossida cedendo un
elettrone. Possiamo allora bilanciare gli elettroni moltiplecando ogni atomo di
ferro per 5. Otteniamo cos`
MnO

4
+ 5Fe
2+
Mn
2+
+ 5Fe
3+
(10.14)
Tenendo presente che la reazione avviene in ambiente acido possiamo usare
i protoni (H
+
) per bilanciare le cariche. Osserviamo che a sinistra ci sono 9
cariche positive mentre a destra ci sono 17 cariche positive allora sar`a necessario
aggiungere a sinistra 8 protoni. in altre parole avremo che
MnO

4
+ 5Fe
2+
+ 8H
+
Mn
2+
+ 5Fe
3+
(10.15)
Possiamo a questo punto completare il bilanciamento delle masse, ci`o pu`o
essere fatto aggiungendo a destra un numero di molecole di acqua sucienti a
bilanciare gli atomi di idrogeno e di ossigeno in eccesso alla sinistra della reazione.
Aggiungendo cos` a destra 4 molecole di acqua otterremo la 10.12
MnO

4
+ 5Fe
2+
+ 8H
+
Mn
2+
+ 5Fe
3+
+ 4H
2
O
Supponiamo ora di considerare lossidazione in ambiente acido dellacqua os-
sigenata ad ossigeno da parte del bicromato di potassio come `e deducibile dalla
tabella 10.3.
Cr
2
O
2
7
+ H
2
O
2
Cr
3+
+ O
2
Nellacqua ossigenata ogni atomo di ossigeno (essendo tra loro legati) ha nu-
mero di ossidazione -1, Il Cr invece nello ione bicromato ha numero di ossidazione
+ 6 siamo infatti in presenza di due atomi di cromo. Ogni atomo di cromo pas-
sa pertanto da + 6 a + 3 acquistando (cio`e riducendosi) in totale 6 elettroni.
Dovremmo pertanto moltiplicare lacqua ossigenata e lossigeno molecolare per
6. Ogni atomi di ossigeno, nellacqua ossigenata, perde un elettrone ossidandosi
si dovrebbe allora moltiplicare gli ioni contenenti il Cr per 2. Essendo per`o 6
divisibile per 2 `e suciente moltiplicare gli ioni contenenti Cr per 1 e quelli con-
tenenti O per 3 fermo restando che lo ione Cr
3+
deve essere il doppio dello ione
bicromato. Allora avremo
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
104 Processi elettrochimici e reazioni redox
Cr
2
O
2
7
+ 3H
2
O
2
2Cr
3+
+ 3O
2
dato che siamo in ambiente acido possiamo usare i protoni per il bilanciamento
di carica. Essendo le cariche a sinistra della reazione -2 e quelle a destra +6
dobbiamo aggiungere a sinistra della reazione 8 protoni, cio`e
Cr
2
O
2
7
+ 3H
2
O
2
+ 8H
+
2Cr
3+
+ 3O
2
baster`a allora aggiungere a destra della reazione 7 molecole di acqua per
bilanciare le masse
Cr
2
O
2
7
+ 3H
2
O
2
+ 8H
+
2Cr
3+
+ 3O
2
+ 7H
2
O
Nel caso che le reazioni dovessero avvenire in ambiente alcalino il bilancio di
carica viene eettuato mediante laggiunta di ioni ossidrili a destra o a sinistra
della reazione.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica

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