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Luigi Manfrin
L'immagine spettrale del suono e l'incarnazione del tempo allo stato puro:
la teoria della forma musicale negli scritti di Gérard Grisey
§ 1 Dalle immagini sonografiche dello spettro sonoro alla concezione della forma
musicale come immagine-suono
1
Stando alla definizione proposta da Hugues Dufourt nel '79, «Musica spettrale» indica un "lavoro di
composizione musicale" che si esercita direttamente sulle "dimensioni interne della sonorità", ossia sul
timbro o spettro del suono. «Spettralismo» o «Movimento spettrale» sono le denominazioni solitamente
impiegate per contraddistinguere le musiche prodotte da un gruppo di compositori usciti dalla classe di
Olivier Messiaen al Conservatorio di Parigi, e formatosi intorno alla metà degli anni '70. Fondatori
dell'Itinéraire (1973), un'ampia formazione tutt'ora attiva che si avvale di strumenti tradizionali ed elettronici,
il riferimento all'elettroacustica è stato un tratto distintivo del gruppo, motivato dalla volontà di comporre in
senso innovativo a partire direttamente dalle proprietà acustiche dello spazio sonoro. Tra i principali
protagonisti, possiamo ricordare, oltre a Grisey, Tristan Murail, Roger Teissier, Michaël Lévinas e lo stesso
Dufourt che si è aggiunto in seguito. Grisey ha sempre ritenuto che «Spettralismo» fosse un'etichetta riduttiva
e approssimativa; avrebbe sicuramente preferito, per ragioni che vedremo più avanti, «Musica liminale».
2
Si tratta di un ciclo di sei composizioni, scritte tra il 1974 e il 1985: Prologue, per viola sola, Périodes per
sette strumentisti, Partiels per 16 o 18 strumentisti, Modulations per 33 strumentisti, Transitoires per grande
orchestra e Epilogue per 4 corni soli e grande orchestra.
3
Nei suoi scritti, il filosofo francese si occupa soprattutto dell'immagine visiva (la pittura e il cinema);
nondimeno, egli prende in considerazione anche la musica, ma in modo circoscritto con l'obiettivo di chiarire
gli elementi individuati in ambito figurativo. Ad esempio, nel suo studio su Francis Bacon, egli ricorre ai tre
ritmi di Olivier Messiaen - il ritmo attivo, il ritmo passivo e il ritmo testimone – per chiarire il significato
riposto nei trittici del pittore: come il compositore francese effettua una tripartizione per mostrare che i ritmi,
anziché riferirsi a dei personaggi, costituiscono essi stessi dei veri e propri personaggi ritmici, così la loro
applicazione ai trittici di Bacon permette di stabilire che qui il ritmo non dipende dalla figura, ma costituisce
esso stesso la figura (G Deleuze, Francis Bacon Logica della sensazione, Quodlibet, 1995, Macerata, pag.
136-137). Oppure, in Percetto, affetto e concetto, l'esempio XIII mostra che pure nella musica si ritrovano
quegli stessi elementi viventi colti dapprima nelle arti figurative (in particolare nella pittura) e nella
letteratura (G. Deleuze, Percetto, affetto e concetto, Einuadi, Torino, 2002, pag. 192-193). Infine, un altro
accostamento significativo è quello tra il cinema di Godard e la musica di Boulez, per evidenziare in
entrambi la presenza del pensiero serializzato come cronosegno (G Deleuze, L'immagine-tempo, Ubulibri,
Milano, 2001, pag.304). Si tratti di ravvicinamenti chiarificatori che consentono di intravedere come le
concezioni del filosofo possano applicarsi all'ambito musicale; ciò è quanto ci proponiamo di fare con Grisey
che è stato un attento lettore delle opere di Deleuze. Per quanto riguarda il tema del virtuale in Deleuze, si
veda il testo di Michele Bertolini, L'estetica di Bergson, Mimesis, 2002, in particolare il paragrafo 7, Vitalità
dell'estetica bergsoniana: il rapporto virtuale-attuale fra Deleuze e Bergson, pag. 100 – 120.
4
Grisey, ci descrive l'oggetto sonoro come formazione complessa che di per sé spinge il
compositore a dilatarlo per creare un processus formel. L'oggetto è un processus contracté
che può essere ricreato su scala umana nella misura in cui la forma lo rispecchia
ampliandolo, attraverso delle deformazioni che lo rendono percepibile nella sua
dimensione temporale interna microfonica. Vi sono così due piani: lo spazio naturale («un
espace naturel microphonique») e lo schermo artificiale e immaginario («écran artificiel et
imaginaire»). Artificio e natura s'intersecano, mantenendosi sia nella loro differenza, sia
nella loro inseparabilità. Essi rimandano a due tempi che in realtà sono il medesimo e il
raccordo non può che essere immagine-suono, è quanto emerge dalle descrizioni ottiche-
acustiche impiegate dal compositore: la forma rispecchia la profondità del suono sul piano
immaginativo e l'immagine funge, implicitamente, da connettivo con cui qualcosa passa
dall'uno all'altro.6
I presupposti di questa problematica musicale sono riposti nelle concezioni sviluppate
da Emile Leipp sulle pratiche di conversione ottico-acustica del suono, derivate dall'analisi
sonografica. Non a caso, Grisey – insieme a Dufourt – ha avuto modo di seguire, agli inizi
degli anni '70, i suoi corsi di acustica all'università di Jussieu. Leipp, nel suo trattato sui
rapporti tra acustica e musica, attribuisce all'invenzione del sonografo «la méthode pour
photographoer, puor filmer les êtres sonores» direttamente in se stesso.7 Si tratta di un
apparecchio, che convertendo un qualsiasi fenomeno acustico in un'immagine chiamata
sonogramma, permette di rendere conto visivamente della realtà sonora in tutto «il
brulicare della sua vita interna», con lo stile esecutivo di un musicista, il suo modo di
emettere le note, e così via 8; perciò «la possibilité de transformer del la musique en
images est donc devenue une réalité». 9 Ciò ha comportato il superamento definitivo
dell'idea di suono come «objet» fisso e immobile: cogliendolo nella sua complessità
interna, il suono assume le sembianze di un «être vivant» che cambia evolvendo in
4
G. Grisey, La musique: le devenir des sons in "Darmstädter Beiträge zur Neuen Musik", XIX, 1984, pag.
16-23, trad. it. La musica: il divenire dei suoni, in "I Quaderni della Civica Scuola di Musica, Anno 15, n. 27,
giugno 2000, pag. 29-34.
5
G. Grisey, La musica: il divenire dei suoni, op. cit., pag. 32-33.
6
Grisey definisce la propria musica "une dialectique entre le délire et la forme" (Presentazione di Prologue,
in Quaderni della Civica Scuola di Musica", op. cit., versione francese a pag. 83-84). Si tratterebbe, quindi, di
fabulazione creativa intesa come fabbricazione di percetti telescopici o microscopici. Bergson, nel II capitolo
di Le due fonti della morale e dalla religione (Edizione Laterza, Bari, 1998, pag. 77-80), definisce la
fabulazione una funzione allucinatoria nascente, prodotta dalla natura stessa per trattenere lo sviluppo troppo
rapido dell'intelligenza nelle conseguenze che ricava dall'esperienza vera. Da questa funzione dipenderebbero
dapprima le religioni mitiche, successivamente le arti e la letteratura. Deleuze riprende da Bergson la
funzione fabulante per farne l'attività di lavorazione della sensazione in cui consisterebbero tutte le arti.
7
E. Leipp, Acoustque et Musique, Paris 1971, Cap. VII, pag.86.
8
Ibidem, La représentation sonographique, pag. 90.
9
Ibidem, pag.92.
5
10
Ibidem, La représentation physique du son: l'objet sonore, pag. 86,«Bref, la méthode nous montre qu'un
son musical n'est pas un “objet”, mais un “être vivant” qui change continuellement.».
11
Ibidem, La représentation sonographique, pag. 88.
12
Ibidem, La représentation sonographique, pag. 89-90, "nous savons maintenant que le sonagramme est le
document de choix pour l'acoustique musìcale parce que cette image correspond tout à fait à l'image mentale
que nous suggére un son et tout ce qu'on entend, on le voit sur sur le document.".
13
Tutti i grafici proposti sono derivati dal sito dedicato a Grisey: http: //www.acamiens.fr/internotes/
Bac/bac2001/ Grisey/GriseyListe.htm
6
dei raggi spettrali armonici, rappresentati dai tratti principali disposte orizzontalmente. Le
tracce costituiscono l'elemento rumoroso irregolare presente nel suono.
Lo spettro acustico di un suono è, dunque, formato dall'integrazione delle sue
componenti, di cui ogni parziale costituisce un singolo raggio spettrale. Per meglio
comprendere questo fenomeno, stabiliamo un’analogia con l’ottica: quando un raggio di
luce attraversa un prisma, ogni radiazione di differente frequenza è deviata con angolo
leggermente diverso, cosicché il raggio che emerge dal prisma si presenta come un
ventaglio luminoso in cui si differenziano tutti i colori dello spettro. È noto come alcuni
colori, detti fondamentali, siano puri, in quanto non ulteriormente scomponibili. Essi sono
il rosso, il giallo e il blu o violetto, ai quali corrisponde una certa lunghezza d’onda del
raggio luminoso. Il prisma permette così di scomporre la luce bianca nei vari colori dello
spettro luminoso, in modo da mostrare una determinata componente. La medesima cosa
avviene con l'analisi del segnale acustico. Ad una certa lunghezza d’onda del suono
corrisponde una precisa altezza percepita. Se non è presente contemporaneamente
nessun’altra componente, il suono è puro o sinusoidale, altrimenti si tratterà di un segnale
complesso. La sinusoide corrisponde al colore fondamentale non ulteriormente
analizzabile.
Dalla decomposizione spettrale di un raggio luminoso mediante prisma è possibile
ricomporre la luce bianca dall'insieme dei raggi che formano lo spettro, facendoli passare
attraverso un prisma simile al primo ma orientato diversamente. In modo simile si procede
nell'ambito dell'elettroacustica, cercando di ricostruire una sintesi delle parziali nello
spettro sonoro complessivo.
La figura successiva illustra un esempio di rappresentazione grafica di uno spettro
complesso periodico. Il diagramma è definito spettro a righe o discreto
risultante non è periodica, è opportuno usare il termine "armonica" solo per i segnali
strettamente periodici. Alcuni suoni, come quelli percussivi, consistono di frequenze che
non sono multipli interi della frequenza più bassa. Gli esempi seguenti mostrano la forma
d'onda di un suono aperiodico con il suo spettro inarmonico .
Le frequenze non sono più equidistanti come nello spettro armonico, e i rapporti di
frequenza con la più bassa non sono interi, ma irrazionali. Le frequenze di un'asta o sbarra
vibrante "libera" (appoggiata, ma non fissata) potrebbero essere le seguenti: f, 2.756f,
5.450f, 8.933f, ecc.15 Definire queste frequenze superiori "armoniche non armoniche"
sarebbe contraddittorio; perciò è meglio chiamarle "parziali non armoniche". La loro
numerazione procede sempre dalla frequenza più bassa, che rappresenta la prima parziale,
alle successive frequenze superiori, che costituiscono la seconda parziale, la terza, ecc.16
Si distinguono pertanto due tipi di spettri sonori: armonico, in cui le frequenze delle
componenti sono multiple (armonici) del suono fondamentale e l'onda sonora complessiva
è periodica o regolare e l’inarmonico, in cui le parziali non sono multipli interi della
fondamentale e l'onda sonora complessiva è irregolare.
Nel primo caso, siamo dinanzi ad un fenomeno acustico le cui componenti si fondono
unitariamente insieme da giustificare l'impiego del termine "armonico"; indica il "suono
musicale" in senso proprio, con un'altezza definita, come i suoni degli strumenti musicali
ad altezza determinata o i suoni vocalici nella voce umana. Nel secondo caso, manca il
senso di fusione e di compattezza dei suoni parziali che contraddistingue lo spettro
armonico, perciò esso è definito "inarmonico" per indicare una sonorità instabile che si
approssima al rumore, priva del senso dell'altezza definita; al massimo è possibile
individuare una gamma o banda di frequenza in cui c’è un addensamento di componenti
dotate di ampiezza rilevante, come ad esempio i suoni degli strumenti musicali ad altezza
non definita (piatti, gong, triangolo) o i suoni consonantici della voce umana.
15
J. R. Pierce, The Science of Musical Sound, New York, Scientific American Books, 1983, tr. it. La scienza
del suono, Bologna, Zanichelli, 1987, pag. 56.
16
Ibidem, pag. 56.
8
L'apporto del calcolatore, da questo punto di vista, è stato decisivo per la comprensione
intrinseca, microfonica, dello spazio acustico, con l'esplorazione di «aree di timbri fino ad
17
G. Grisey, Structuration des timhres dans la musique instrumentale, in "Le timbre: Metaphore pour la
composition", testi riuniti e presentati da Jean-Baptiste Barrière, Christian Bourgois Editeur - IRCAM,
[Paris] 1991, pag. 352-385, trad. it. Strutturazione dei timbri nella musica strumentale, in "I Quaderni della
Civica Scuola di Musica", op. cit., pag. 47.
9
oggi inauditi e l'analisi raffinata della loro composizione18», prospettando così nuove
possibilità per la scrittura musicale.
L'acquisizione di questo nuovo campo acustico ancora vergine ha rinfrescato il nostro ascolto e
determinato nuove forme: è finalmente diventato possibile esplorare l'interno del suono, distendendo la sua
durata, e viaggiare dal macro-fonico al micro-fonico secondo velocità variabili.
18
Ibidem
19
Ibidem, pag. 47. Dufourt ha sintetizzato il senso di questo cambiamento, assimilabile secondo lui ad
una vera e propria rivoluzione concettuale, nei termini di un passaggio da un'acustica delle altezze verso
un'acustica del timbro (H. Dufourt, Altezza e timbro, in "Harmoniques", 3, marzo 1988, pag. 44-69, trad. it.
Musica, Potere, Scrittura, pag. 261). In questa nuova ottica, non solo non è più possibile separare
nettamente, come avveniva in Helmholtz, il suono dal rumore, visto che quest'ultimo è parte
inseparabile e costitutiva del timbro, ma vi è la necessità di conoscere l'evoluzione del contenuto
spettrale nel tempo, poiché esso è contraddistinto da una morfologia instabile con funzione formativa,
ossia capace di generare rapidamente un'autoregolazione dinamica/temporale che conferisce al suono la
sua apparente stabilità quasi periodica. Se l'acustica tradizionale presupponeva l'indipendenza delle
componenti parametriche del suono (la durata, l'intensità, il timbro e l'altezza), ora confluiscono in una
concezione che le equipara a una correlazione tra fattori multipli, che supera definitivamente la fisica
geometrica passata per una formalizzazione che esplica in termini funzionali gli stati transitivi
temporali, riconosciuti essenziali dal punto di vista musicale. Risset ha sintetizzato il tutto in una frase
divenuta canonica: “Un suono musicale non si riduce a un suono periodico e si potrebbe quasi dire che è
musicale solo nella misura in cui non è periodico” (J. C. Risset, Son musicale et perception auditive, in
Pour la science, n. 109, 1986, pag. 34). Grisey avrebbe detto, probabilmente, "nella misura in cui non è
regolarmente periodico, ma solo in senso sfumato e provvisorio"; infatti, nel 1973, per un'opera musicale
intitolata Périodes, Grisey utilizza, nella presentazione iniziale che precede la partitura, la nozione di
"périodicité floue": indica la necessità di caratterizzare ogni ripetizione di un evento sonoro con qualche
minima sfasatura temporale, per assimilarla alla quasi-periodicità dei ritmi biologici viventi.
10
20
G. Deleuze, L'immagine-movimento, Milano, Ubulibri, 2000, pag. 23.
21
Ibidem, pag. 44-45.
22
Ibidem, pag. 33.
23
Ibidem, pag. 33. Il corsivo è nostro.
24
Ibidem, pag. 33. Deleuze riprende la tesi fondamentale del L'Evolution créatrice del 1907: il movimento
reale è una traslazione nello spazio, o di parti nello spazio, che tuttavia esprime un cambiamento qualitativo
del tutto, come mostra il celebre esempio della preparazione di un bicchiere d'acqua zuccherata (H. Bergson,
L'evoluzione creatrice, R.Cortina Editore, Milano, 2002, pag. 14).
25
Ibidem, pag. 30-31.
26
Ibidem, pag. 32.
11
27
Ibidem, pag. 51.
28
G. Deleuze, L'immagine-tempo, Milano, Ubulibri, 2001, pag.82, I cristalli di tempo.
29
G. Deleuze, L'immagine-tempo, op. cit., pag. 82.
30
Ibidem, pag. 302.
12
non presenta più il corso empirico del tempo come successione di presenti, né la sua
rappresentazione indiretta, ma la presentazione diretta o la forma trascendentale del
tempo; perciò, i segni-cristallini "devono essere chiamati specchi o germi del tempo".31
Nell'immagine-movimento, la doppiezza era data dall'ambivalenza generata dalla tensione
irrisolta tra l'inquadratura e il montaggio; essa, come sezione mobile, rinviava a un "Tutto"
oltre l'immagine. La doppiezza nell'immagine-tempo è, invece, dentro all'immagine stessa,
poiché essa diviene "reciproca" o a due facce (attuale e virtuale)32, volge verso la
coincidenza con il "Tutto" del montaggio essendo dequadrata al proprio interno o
divenendo il "fuori campo" di se stessa.
L'immagine-cristallo è contemporaneamente attuale (presente) e virtuale (passato), è
«l'immagine allo specchio»33.
Il falso riconoscimento, la «paramnesia» o l'illusione della déjà-vu di Bergson,
testimonia la coesistenza tra passato e presente, ossia che vi è un ricordo del presente
simultaneo e aderente al presente stesso:
La nostra esistenza attuale, man mano che si svolge nel tempo, è così anche un'esistenza virtuale,
un'immagine allo specchio. Ogni movimento della nostra vita presenta dunque questi due aspetti: è attuale e
virtuale, percezione da un lato e ricordo dall'altro…Colui che avrà coscienza del continuo sdoppiamento del
suo presente in percezione e ricordo…si paragonerà all'attore che recita automaticamente la propria parte,
34
ascoltandosi e guardandosi recitare. .
deformabile, situato ai confini o persino oltre i movimenti del mondo stesso. La totalità è
data dalla capacità del tutto di amplificarsi tra i due estremi del germe e dell'universo; essa
comprende tutte le memorie, i sogni e i mondi stessi come circuii relativi che, a loro volta,
dipendono dal variare di questo tutto. L'attuale è il virtuale del primo circuito, e il virtuale
volge verso l'espansione in circuiti sempre più profondi; il piccolo circuito comunica
all'interno con i circuiti più profondi, direttamente e attraverso quelli relativi.37
L'immagine-cristallo esprime l'operazione fondamentale del tempo, il suo sdoppiarsi in
ogni istante in presente e passato simultanei, aderenti ma differenti per natura, aprendo a
due direzioni eterogenee o getti asimmetrici: lo slancio verso l'avvenire che fa passare il
tutto il presente e la conservazione del passato che mantiene il tutto.38 Il tempo è, quindi, la
scissione che si riflette nel cristallo dell'immagine; l'immagine-cristallo lascia vedere
l'eterna fondazione del tempo non cronologico o la potenza della vita non organica che
rinserra il mondo.
Il visionario/veggente è colui che vede nel cristallo "lo zampillio del tempo come
sdoppiamento, come scissione".39 Il cristallo non cessa mai di scambiare le due immagini
che lo formano – quell'attuale del presente che passa e quella virtuale che si conserva -,
esse sono distinte ma indiscernibili, vale a dire, non si sa mai qual è l'una o l'altra; è il
limite sfuggente tra passato e avvenire immediato o "lo specchio mobile che riflette senza
posa la percezione del ricordo".40 Nel cristallo, dunque, si vede uno sdoppiamento che esso
continua a far girare su di sé, un perpetuo distinguere Sé nel suo farsi, che riprende sempre
in sé i due termini per rilanciarli incessantemente.41
§ 3. Dalla modulazione continua della sensation spectrale allo spettro verticale dei
flussi temporali
Torniamo a Grisey. Abbiamo visto come egli faccia riferimento alla lente
d'ingrandimento, allo specchio deformante e alla cinepresa per esprimere l'immagine
distesa del suono, come duplicatore creativo della sua virtualità microfonica interna.
Deleuze, esaminando l'immagine-movimento, la definisce analogica, poiché è
"l'oggetto" o "la cosa stessa colta nel movimento come funzione continua"; essa
coincide con "la modulazione dell'oggetto stesso" quale "messa in variazione" dello
stampo a ogni istante dell'operazione.42 Grisey, a sua volta, impiega i procedimenti di
modulazione del suono, come la modulazione ad anello dei sintetizzatori analogici. Un
modulatore modula una frequenza portante con un'altra frequenza definita modulante,
producendo la loro somma e differenza.43
37
Ibidem, pag. 95.
38
Ibidem, pag. 96.
39
Ibidem, pag. 96.
40
Ibidem, pag. 96.
41
L'errore fondamentale dell'interpretazione di Bergson è stato – secondo Deleuze - quello di voler far
coincidere la durata soggettiva con la nostra vita interiore; ciò è forse valido solo per il primo Bergson.
L'attualità è oggettiva mentre la virtualità è soggettiva, ma l'unica vera e sola soggettività è il tempo non
cronologico colto nella sua fondazione. Siamo noi, pertanto, ad esseri interni al tempo e non viceversa, e la
soggettività non è nostra, è il tempo o il virtuale: dapprima come affetto, ossia come ciò che proviamo nel
tempo; poi il tempo stesso, pura virtualità che si sdoppia nell'affettare e nell'essere affetta, «l'affezione di sé
per sé» come definizione del tempo distinto dal sentimento soggettivo, eccedente ogni vissuto quale essere
indipendente che esiste per sé.
42
G. Deleuze, L'immagine-tempo, op. cit., pag. 40.
43
Ad esempio, date due frequenze di base x e y ascoltate simultaneamente, derivano dei suoni risultanti
chiamati differenziali; la frequenza del primo suono differenziale corrisponde a y - x, ed è solitamente il più
udibile. I suoni risultanti - differenziali o addizionali (calcolabili a partire dall'addizione di frequenze di base)
– non hanno rilevanza nella musica strumentale convenzionale, in quanto percettibili solo sotto determinate
14
Per la presentazione di Modulations44, egli scrive che "il materiale non esiste più in sé,
ma è sublimato in un puro divenire sonoro" senza sosta nel mutamento e inafferrabile
nell'istante: "tout est en mouvement".45
La forma consiste "nella storia stessa dei suoni" attraverso un orientamento dei
parametri, indirizzati per creare processi di modulazione che rispecchiano ampiamente le
scoperte dell'acustica: spettri di armonici, spettri di parziali, transitori, formanti, suoni
addizionali, suoni differenziali, rumore bianco, filtraggi, e così via.46
Sia in Partiels (seconda sezione) che in Modulations (dal n. 23 al n. 30), Grisey applica
un "immaginario modulatore ad anello".47 In entrambi, «l’espace sonore se dédouble»48
pur producendo un'estrema fusione nella «sensation spectrale» d'insieme49: un'evoluzione o
un cambiamento timbrico graduale in cui la forma, man mano che avanza, sintetizza la
«limpidezza» acustica dei suoni generatori con l’opacità dei suoni di combinazione
(differenziali, addizionali, e armonici) calcolati a partire dai primi, e che, raggruppati,
gerarchizzati e orchestrati secondo il loro grado d'ordine, creano una «sensation de
profondeur»50.
I due piani distinti divengono indiscernibili nella misura in cui l'uno riflette l'altro come
ombra; perciò lo sdoppiamento produce, analogamente allo ialosegno di Deleuze, uno
specchio mobile in cui l'immagine-suono diviene insieme attuale e virtuale.
L'attenzione di Grisey si rivolge, in primis, alla correlazione tra la modulazione del
suono quale evento acustico e la percezione del tempo come differenza. L'ampio ciclo
di composizioni Les Espaces Acoustiques è incentrato sul problema del tempo
musicale.
Non a caso, Grisey definisce la "musica spettrale" differenziale, poiché il divenire
incessante della forma musicale rimanda all'immagine di un qualcosa in continua
formazione, che dura differenziandosi costantemente in se stessa. Grisey non si limita a
riporre nella modificazione costante del suono il senso del suo procedere incessante.
Ritiene, piuttosto, che sia la musica come processo ad essere fecondata dal tempo.51 Ciò
implica l'apertura alla dimensione ontologica del "Tutto" come universo/durata o come il
divenire non umano dell'uomo, descritto da Deleuze a proposito dell'immagine artistica.
Nel periodo strettamente spettrale (1973-'86), Grisey propende per un'organizzazione
lineare del tempo: qui il virtuale rappresenta il movimento della differenziazione timbrica
o della differenza sonora che non cessa di modulare, attualizzandosi per generazione
reciproca dei suoni. L'immagine bergsoniana dello spettro dalle mille sfumature
insensibilmente digradanti, utilizzata per illustrare la durata interna della coscienza, è
perfettamente adeguata ad esprimere la lenta transitorietà del divenire sonoro, dal processo
circostanze. Tuttavia, la modulazione ad anello, praticata nello studio elettronico, fa chiaramente emergere i
differenziali cancellando quasi interamente le frequenze di base x e y. Grisey riproduce nella musica
strumentale una sonorità elettronica. I suoni risultanti sono certamente dei fenomeni naturali, ma isolabili e
analizzabili solamente in studio. Ciò che funge da modello è una "natura" accessibile unicamente per il
tramite degli apparecchi elettronici.
44
I Quaderni della scuola civica, op. cit., pag. 83.
45
Ibidem, pag. 84 della versione in francese.
46
Ibidem, pag. 83.
47
G. Grisey, La musica: il divenire dei suoni, op. cit., pag.32.
48
G. Grisey, Strutturazione dei timbri nella musica strumentale, op. cit., pag.52 della versione in francese.
49
Ibidem, pag. 52.
50
Ibidem, pag. 52.
51
G. Grisey, Tempus ex machina, versione tedesca in "Neuland Jahrbuch", III, 1982-83. Versione inglese
rivetduta e completata in "Contemporary Music Review. Music and Phsychology: a mutual regard", vol. 2,
part. 1, Harwood Academic, 1987. Versione francese riveduta e completata in "Entretemps", n. 8, 1989, pag.
83-119, trad. it. Tempus ex Machina, in "I Quaderni della Civica Scuola di Musica", Anno 15, n. 27, giugno
2000, pag. 43.
15
graduale e continuo che sfuma attraverso minime differenze, e in cui i vari momenti si
connettono gli uni con gli altri.
Dall''86, il compositore avverte la necessità di contrapporre al flusso ininterrotto e
dilatato del tempo, l'interruzione e la velocità, aspetti del discorso musicale da cui le
ricerche sulla sintesi strumentale, sulla microfonia e sulle trasformazioni adiacenti, lo
avevano allontanato.52 Da qui il procedimento per "linee di eventi discreti" che si
"presentano in rapida successione", come "granulosità emergenti da un continuo".53 Talea
per violino, violoncello, flauto, clarinetto e piano, rappresenta l'inizio di una nuova e
rigorosa organizzazione del tempo musicale, in cui si palesa un'espansione e un
potenziamento dell'idea differenziale di durata come molteplicità dei tempi. Sullo sfondo
vi è il IV capitolo di Matière et mémoire di Bergson, che teorizza l'intuizione di una
pluralità dei ritmi o una stratificazione dei flussi temporali attraverso cui si manifesta la
durata.
In realtà la durata non ha un unico ritmo; si possono immaginare molti ritmi differenti che, più lenti o più
veloci, misurerebbero i gradi di tensione o di rilassamento delle coscienze, e fisserebbero così i loro rispettivi
54
posti nella serie degli esseri.
52
G. Grisey, Note di programma in "I Quaderni della Civica Scuola di Musica", op. cit., pag. 87.
53
A. Orcalli, Fenomenologia della musica sperimentale, Sonus Edizioni Musicali, Potenza, 1993, pag. 274.
54
H. Bergson, Materia e materia, op cit., pag. 302.
55
H. Bergson, Durata e Simultaneità, Pitagora Editrice, Bologna, pag. 46.
16
Punto d'avvio della poetica musicale di Grisey è la netta distinzione tra lo spazio e il
tempo, nonostante l'impossibilità effettiva di scindere i due termini contrapposti. Ammesso
che per parlare del tempo è sempre necessario ricorrere all'ausilio di metafore visive con il
pericolo di suscitare confusione, va riconosciuta l'esistenza di tale differenza basilare. Ciò
determina una despazializzazione liberatoria del tempo in sé, rendendolo operativo allo
stato puro: solo in questo modo è possibile pervenire all'auscultazione diretta del suono in
tutta la sua "prodigiosa ed affascinante complessità".56 Nel momento stesso in cui il
compositore francese definisce nei suoi scritti la "musica spettrale" come differenziale,
sottende lo smistamento dei due termini – lo spazio e il tempo –, che formano la
condizione concreta della nostra esperienza percettiva diretta dell'universo
acustico/musicale in divenire.
Ciò non significa negare l'intervento sullo spazio; anzi, Grisey afferma con risolutezza
che considera essenziale "agire non sulla sola materia ma sullo spazio, sulla differenza che
separa i suoni", ossia accogliere il simile e il diverso come base stessa della composizione
musicale.57 Tuttavia, l'operazione compositiva vera e propria si costituisce a partire dal
riconoscimento che "nell'incavo di questa differenza o di questa assenza di differenza" si
annida il «Tempus ex machina», ossia il tempo non cronometrico autenticamente
musicale.58 Vi sono, dunque, due concetti di differenza impiegati da Grisey, distinti ma
inseparabili l'uno dall'altro.59
Utilizzando il linguaggio di Bergson, affermeremo che lo spazio rappresenta l'ambito
delle quantità intensive o delle "differenze di grado", mentre il tempo è qualità e forma
progressivamente i "gradi della differenza". Si tratta di due tendenze o "linee" convergenti
della medesima concezione differenziale del suono.
Come Bergson, anche Grisey implicitamente pone una differenza di natura che
consente lo smistamento tra differenza di grado e grado di differenza; ma questa
differenziazione assume un significato dinamico/unitario: infatti, se l'avvio parte da uno
stato di confusione iniziale delle due "linee" per procedere ad una loro separazione assoluta
benché teorica, in realtà vi è l'obiettivo di ritrovare la convergenza in un punto d'incontro
che non può che essere virtuale.
Da una parte il compositore francese si richiama alla psicoacustica e alla teoria
dell'informazione, quindi ai criteri di misurazione della sensazione uditiva della psicofisica
e al calcolo delle soglie differenziali; dall'altra, coglie il dinamismo interno del suono nella
sublimazione della materia "a favore del puro divenire sonoro".60
Quest'ultima considerazione rivela la profondità compresa nella nozione di differenza,
vale a dire l'apertura alle potenze o alle forze inudibili del suono: la forma sorge insieme
alla genesi del suono, distinguendosi e al contempo confondendosi con esso, affinché si
possa percepire ciò che altrimenti resterebbe sottratto alla possibilità d'ascolto. Di
conseguenza, per dirla con Deleuze e Bergson, l'udibile è lo specchio mobile dell'inudibile.
Grisey, nel definire lo spettralismo "musica liminale", delinea l'esistenza di soglie
differenziali ambigue che consentono di costruire dei processi di deformazione, riflettenti
56
Intervista rilasciata a F. Leprino, pubblicata in "Ricordi oggi", anno VI, n. l, aprile 1992, pag. 7-23.
57
G. Grisey, La musica: il divenire dei suoni, op. cit., pag.29.
58
Ibidem, pag. 30.
59
Ciò somiglia alla distinzione tra inquadratura e montaggio di Deleuze, a proposito dell'immagine-
movimento.
60
Ibidem, pag. 29.
17
61
Ibidem, pag. 30–32. Limen deriva dal latino e significa soglia. Grisey osserva che in psicologia esiste il
concetto di subliminale e che riguarda ciò che è di sotto alla coscienza ordinaria: è un invito ad esplorare
ulteriormente le possibilità della percezione uditiva, cioè, lo sforzo di cogliere ciò che sfugge normalmente ai
suoi modi abitudinari, di prenderne in considerazione i punti estremi o le situazioni limite.
62
Sul tema dei battimenti, J. R. Pierce, op cit., Cap. 4.
63
G. Grisey, Ibidem, pag. 26.
18
Abbiamo appena creato un essere ibrido per la nostra percezione, un suono che, senza essere ancora un
timbro, non è già più del tutto un accordo, una sorta di mutante della musica d' oggi, nato da incroci compiuti
64
tra le nuove tecniche strumentali e le sintesi additive realizzate col computer.
Ciascun suono o gruppo di suoni possiede uno specifico grado d’ombra o luminosità, il
terzo liminale. La ripartizione degli armonici, l’intensità relativa delle singole parziali, i
suoni di combinazione, i battimenti e le varie fluttuazioni formano un’aura caratteristica.
Il fenomeno genera una prospettiva di ricerca vertente sulla soglia minima di transizione
tra un evento acustico e il seguente, un metodo compositivo definito da Grisey principe de
génération instantanée: si seleziona una componente potenziale che, posta in risalto,
diventa il nuovo oggetto radiante da cui partire per ripetere di nuovo il processo (una sorta
di effetto matriosca).
In tutti i tre casi, le zone liminali formano un divenire ambiguo e polimorfo che unisce
differenze prive di somiglianza: i parametri, il timbro e l' armonia, l' evento sonoro generato
con quello generante. Esse, inoltre, prendono origine dalla dimensione interna del suono a
partire dalla pratica elettronica in studio.
La correlazione psicoacustica tra i parametri deriva dall' analisi microfonica, l' ambiguità
irrisolta tra timbro e armonia è la conseguenza della trasposizione sul piano macrofonico
della sintesi spettrale, e la soglia di modulazione è data dai suoni di combinazione.
Tutto questo riflette – per Grisey – l' apertura a una "vita" superiore meta-umana la (
splendeur du On) sul piano della sensazione uditiva: le fluttuazioni liminali rimandano alle
zone d' indeterminazione che Deleuze attribuisce all' affetto superante le affezioni
(psicologicamente intese).
Soltanto la vita crea tali zone in cui turbinano i viventi e soltanto l' arte può raggiungerle e penetrarle
nella sua impresa di co-creazione. Il fatto è che l' arte vive di queste zone di indeterminazione, non appena il
65
materiale passa nella sensazione…
Per quanto riguarda l’applicazione della sintesi dei suoni agli ensemble strumentali,
Grisey precisa che non si tratta di fare della musica con quarti o terzi di tono, o di ampliare
il sistema temperato con l’uso raffinato e artificiale di microintervalli.
È la proiezione, sul piano armonico/melodico, di quanto è costitutivo in termini
dinamici della realtà sonora, il dispiegamento di ciò che è temporalmente contratto.
Occorre introdurre una differenza importante: un conto è lo spettro di uno strumento che
è microfonico o virtuale, di cui non cogliamo le singole parziali ma, in virtù di una
percezione globale, un timbro preciso (è significativo, ad esempio, che il suono di un
flauto, pur essendo un correlato di timbri diversi da perdere nell’acuto il suo spettro
caratteristico, sia riconosciuto e chiamiato sempre con lo stesso nome); altro è lo spettro
eseguito da un ensemble, macrofonico o attuale, di cui denominiamo le singole
64
G. Grisey, La musica: il divenire dei suoni, op. cit., pag. 31.
65
G. Deleuze, Percetto, affetto e concetto, in Che cos' è la filosofia
?, Torino, Einuadi, 2002, pag. 173.
19
1 rappresenta il suono fondamentale Mi. Gli altri numeri corrispondono alle parziali armoniche in quanto le
loro frequenze sono multiple della frequenza di 1. La fondamentale corrisponde al suono udibile; le parziali
sono implicite, non direttamente percepibili, e conferiscono pienezza timbrica al suono fondamentale.
Dello spettro armonico, Grisey seleziona le componenti dispari distribuendole tra sette
strumenti: il suono fondamentale 1 (Mi) viene eseguito dal trombone, l'armonico 2 (mi) dal
contrabbasso (inizialmente attacca con uno sforzatissimo sul ponticello all'unisono con il
trombone); s'aggiungono l'armonico 3 (si) del clarinetto, l'armonico 5 (sol #) del
violoncello, gli armonici 7 e 9 delle viole, l'armonico 11 del flauto piccolo, e
successivamente gli armonici superiori dai violini; è una simulazione strumentale delle
parziali armoniche contenute implicitamente nel Mi del trombone e del contrabbasso.
Non solo c'è la simulazione dello spettro, ma anche la sua genesi: dalle analisi
sonografiche, risulta che un suono di trombone o di contrabbasso non è un oggetto statico,
ma un complesso fenomeno dinamico; dopo l'attacco del suono, che si ha soffiando e
66
Partiels apparteine al secondo periodo della produzione di Grisey in cui si trovano le composizioni
"spettrali" vere e proprie, come il ciclo Les Espaces Acoustique e altre opere quali Dérives del 1973, Sortie
vers la lumière du jour, e Jour, contre- jour (1978/79), Solo pour deux (19819 e Anubis-Nout (1983).
All'interno di questo periodo, tenendo conto del materiale impiegato, vanno distinte tre fasi. Nella prima, il
modello spettrale è ancora generico, ossia non originato dalle analisi sonografiche e spettrografiche di un
suono strumentale (Dérives e Périodes eccetto l'ultima pagina). Nella seconda fase, Grisey si concentra
sull'assimilazione dei modelli strumentali basati sulla sintesi ottenuta nello studio elettronico; ad esempio,
l'impiego dei suoni addizionali e differenziali, la modulazione ad anello, ecc. (PartieIs, Modulations, Jour,
contre- jour e Sortie vers la lumière). Infine, in opere come Transitories ed Epilogue, s'aggiunge la tecnica
dello spostamento della lente d'ingrandimento analitica: focalizzando l'oggetto sonoro secondo diverse scale
temporali legate a percetti differenti, si determina una contrapposizione prospettica tra la vicinanza e la
profondità del suono trasposta nella partitura, restando sempre all'interno del mondo acustico dilatato che
contraddistingue tutto il secondo periodo del compositore. Per un'analisi dettagliata di Partiels, si veda di
Peter Niklas Wilson, Vers une "ecologie" du sons. Parteils di Gerard Grisey et l'esthétique du groupe de
l'Itinéraire, versione francese in "Entretemps", n.8, 1989, pag. 56-81 (ver. tedesca in "Melos", n.2, 1988).
20
Fondamentale Mi 1 Trombone f
decrescendo
Armonico 2 Mi 2 Contrabbasso ff
Armonico 3 Si 3 Clarinetto f
Armonico 9 Fa # 9 Viola mp
Sono questi i processi che definiscono il timbro: ciò che si effettua nello spazio di circa
200millesimi di secondo (il Mi reale), è dilatato temporalmente su una durata di diversi
secondi, e dunque reso udibile. Grisey chiama questo procedimento di simulazione
spettrale "sintesi strumentale": un processo microfonico naturale viene ampliato in modo
da formare un'immagine-suono che fa da specchio a quanto accade al proprio interno
(prima si sente il Mi iniziale del contrabbasso e del trombone, poi entrano le parziali, già
virtualmente presenti nell'attacco iniziale, esplicitanti un processo che attualizza
immediatamente dopo il virtuale, continuando a coesistere con esso); violoncello, viola,
violini, trombone, clarinetto e flauto piccolo, che rappresentano i diversi costituenti dello
spettro strumentale, hanno a loro volta delle armoniche con processi d'attacco altrettanto
complessi, perciò il processo di base è qui moltiplicato a una potenza infinita e la sintesi
strumentale appare più complicata rispetto al suo modello.
La simulazione iniziale è ripetuta diverse volte con delle minime variazioni; in ogni
ripetizione, l'immagine-suono fa da specchio deformante: un processo globale - diviso in
12 gradi - che termina con la trasformazione dello spettro armonico (puro o liscio)
dell'inizio, in uno spettro inarmonico dalla sonorità aspra (rumorosa o ruvida), instabile e
priva di un centro tonale reperibile.
La modificazione è prodotta dal calcolo delle trasformazioni parziali: gli altri strumenti
dell'ensemble (secondo flauto, oboe, secondo clarinetto, clarinetto basso, corno, secondo
violino, fisarmonica e percussioni) vengono uniti ai primi aumentando cosi la quantità
degli elementi disponibili simultaneamente, e le parziali non armoniche sono trasposte
verso il basso; avviene un restringimento della regione sonora verso il grave, con una
densità crescente e un suono sempre più impuro. Grisey definisce l'intero processo "una
deriva immaginaria" verso uno spettro totalmente artificiale.67
La forma generale è data dall'alternanza ciclica di due fasi respiratorie: dapprima, si fa
avanti un processo di modulazione del suono complessivo dell'ensemble strumentale a
partire da un'organizzazione consonantica, costruito sullo spettro armonico, verso una
deriva spettrale dissonantica/inarmonica (fase di tensione e condensazione analoga allo
sforzo dell'inspirazione). Successivamente, emerge il processo di distensione e rarefazione,
con modulazione del suono che riconduce alla ricostituzione variata della configurazione
spettrale consonantica/armonica (il seguito della prima fase che porta alla calma
dell'espirazione, prima che il ciclo ricominci di nuovo).
67
G. Grisey, Strutturazione dei timbri nella musica strumentale, op. cit., pag. 48.
21
Il grafico illustra il ciclo respiratorio che funge da modello per Partiels. Le parti estreme in
violetto rappresentano le fasi di riposo corrispondenti allo spettro armonico, mentre la parte
centrale in rosso mostra le fasi di attività inarmonica. Tra il violetto ed il rosso si collocano le
gradazioni che indicano la trasformazione progressiva dello spettro, suddivisibile in due fasi:
inspirazione (da armonico ad inarmonico), espirazione (da inarmonico ad armonico).
68
Peter Niklas Wilson, Vers une "ecologie" du sons., op. cit., pag. 58.
22
percorsi erratici, il polo dell'opera musicale o il punto d'ancoraggio del processo non è
posto all'inizio della partitura, ma viene distribuito dalle scelte che il compositore va
effettuando rispetto al materiale e misurato dal grado di preudibilità o di attesa rispetto a
ciò che può accadere nel decorso del brano, decorso dall’autore stesso.
Nel caso di una transizione non erratica, dove i punti di ancoraggio si trovano, al
contrario, proprio all'inizio e alla fine dello svolgimento. Il compositore, così, opera nello
stesso tempo su tutta la durata del brano, poiché in tutti i momenti, ciascun gesto può
determinare una reazione a catena, della quale si deve controllare potenza ed effetti 69. In
fondo, tutte queste indicazioni ci condurrebbero in direzione di una elaborata
drammatizzazione del rapporto fra materia sonora e pratica compositiva.
Riposo Riposo
Sezione 1 Sezione 2 Sezione 3 Sezione 7
69
Ibidem, pag. 32.
70
G. Grisey, Zur Entstehung des Klanges in "Darmstädter Beiträge zur Neuen Musik", XVII, 1978, pag. 73-
79, trad. it. Per una genesi del suono in "I Quaderni della Civica Scuola di Musica", Anno 15, n. 27, giugno
2000, pag. 26.
23
stesso virtuale che sublima il materiale nel puro divenire, lasciandone trasparire la propria
potenza inudibile o nascosta.71
Abbiamo visto che Grisey, attribuendo valenza creativa al processo, distingue tra
"transizione" (transition) ed "erranza" (errance). Nel primo caso, i punti formalmente
importanti si situano all'inizio e alla fine di un processo. Mentre nel secondo caso, il punto
di riferimento del processo non è più all'inizio della partitura (o del processo), ma traluce
da ogni scelta ed è misurato dal grado di preudibilità.72
L'idea di preudibilità proviene a Grisey dalla teoria dell'informazione di Abraham
Moles. Egli la utilizza in Tempus ex Machina per costruire una strutturazione astratta di
categorie ritmiche (lo scheletro del tempo), tra il perfettamente prevedibile e il
perfettamente imprevedibile.
Si tratta di una scala arbitraria di complessità che dalla periodicità (massima
preudibilità, con senso dell'ordine) giunge all’assoluta irregolarità degli eventi
(massima imprevedibilità o assenza di preudibilità, con senso del disordine); tra essi si
trovano disposti i gradi intermedi in modo da lasciare intravedere una continuità".73
Per creare una forma elementare connessa, è necessario – secondo Abraham Moles -
garantire al messaggio una ridondanza o una prevedibilità, nel senso di un vedere avanti,
quantificabile in modo statistico.
… La prevedibilità è la capacità del ricevitore di sapere, partendo da ciò che è già stato trasmesso e
nell'ordine temporale o spaziale di svolgimento del messaggio, ciò che seguirà: la sua capacità di estrapolare
la serie temporale o spaziale degli elementi del messaggio [...] e di immaginare I’ avvenire di un fenomeno
partendo dal suo passato. Evidentemente questa prevedibilità non può essere che di natura statistica, e perciò
essa non ha aspetto assoluto ma bensì un aspetto quantitativo: esiste cioè un grado di prevedibilità, che altro
non é che un grado d coerenza o del fenomeno, o un tasso di regolarità. 74
71
L'esempio proposto da Grisey è tratto da Partiels, dove coppie di suoni generatori generano degli armonici
o dei suoni risultanti che divengono, a loro volta, suoni generatori e così via. Concependo il possibile come
derivazione del virtuale, Grisey s'avvicina al virtuale di Bergson. In Il possibile e il reale (1930), il filosofo
ricorre all'arte per chiarire il rapporto tra logica del possibile e creazione. Nessuno – scrive Bergson – può
sapere come sarà la grande opera drammatica del domani, pensare questo significherebbe rinchiuderla in un
armadio dei possibili di cui cercare la chiave per effettuarne la previsione; semmai essa lo sarà stato giacché
ci vuole prima il talento o il genio che crea l'opera e poi, solo dopo la realizzazione, retrospettivamente o
retroattivamente diventa possibile. Lo stesso vale per quell'opera d'arte che si compie costantemente sotto i
nostri occhi, la realtà stessa nel suo progressivo farsi imprevedibile e sempre nuovo. Essa produce
costantemente dietro da sé, nell'istante medesimo della sua realizzazione, una riflessione o una propria sintesi
immaginativa in cui si ritrova ad essere possibile in ogni tempo. Il possibile è dunque l'effetto di un miraggio
del presente nel passato che si crea senza soste e che ci spinge ad affermare che l'immagine del domani è già
contenuta nel presente anche se non ne abbiamo mai coscienza. È evidente allora che "è il reale che si fa
possibile e non il possibile che diviene reale", così come è l'artista a creare "il possibile nello stesso tempo del
reale, quando esegue la propria opera"; l'arte tende a liberare in sé il virtuale esprimendone la potenza
invisibile oltre la forma compiuta della rappresentazione.
72
G. Grisey, La musica: il divenire dei suoni, op. cit., pag. 32.
73
G. Grisey, Tempus ex Machina, op. cit., pag. 37.
74
A. Moles, Teoria dell' informazione e percezione estetica , Lerici, Roma 1969, pag. 102.
75
G. Grisey, Strutturazione dei timbri nella musica strumentale, op. cit., pag. 52.
24
Mi pare che questo tipo di controllo quantitativo fosse l'unico possibile per organizzare i timbri
76
strumentali, qualitativi per eccellenza.
….. stiamo appunto cercando di raffigurarci chiaramente un continuum di suoni nel quale ciascuno di essi
vive attraverso e a partire dai suoni che lo circondano che lo precedono e che lo seguono. Il discontinuo verrà
in seguito, quando queste relazioni saranno divenute sufficientemente chiare.77
Resta ancora il tempo, il tempo di questa trasformazione, che è la forma stessa della sua oscillazione.78
È questa oscillazione, il variare temporale del suono nella tensione di durata, a generare
la preudibilità; essa deriva dal confronto differenziale tra gli eventi acustici successivi.
Includo non solo il suono ma, a maggior forza, le differenze percepite tra i suoni, la vera materia del
79
compositore diventa il grado di prevedibilità, o meglio "il grado di preudibilità".
La nostra percezione è relativa: ininterrottamente essa confronta l’oggetto nel quale si trova con un
altro oggetto – percepito prima o ancora virtuale - che è localizzato nella nostra capacità di
80
memorizzare.
Dinanzi a un'opera musicale, non ci poniamo come di fronte a uno spazio qualsiasi, quasi osservatori
passivi collocati in un punto di osservazione immobile. Il punto fermo della percezione è al contrario, dal
76
Ibidem, pag. 52.
77
G. Grisey, Per una genesi del suono, op. cit., pag. 26.
78
G. Grisey, Per una genesi del suono, op. cit., pag. 25. Il corsivo è nostro.
79
G. Grisey, Tempus ex machina, op. cit., pag. 41.
80
G. Grisey, Per una genesi del suono, op. cit., pag. 25.
81
G. Grisey, Tempus ex machina, op. cit., pag. 41-43.
25
canto suo, perennemente in movimento. Si muove sempre nel presente. Penso inoltre che abbiamo
esperienza del tempo musicale, anche attraverso l'esperienza di un altro tempo che è quello del ritmo della
nostra vita. Deve esistere qualcosa come una prospettiva, una linea di fuga che deformi i suoni secondo il
82
modo in cui essi sono stati impressi nella nostra memoria.
La deformazione è data dal modo con cui i suoni sono stati impressi nella nostra
memoria ("sont gravés dans notre mémoire").83 Qui incide sulla percezione anche la
nostra durata interna ("le rythme de notre vie"): infatti, la comparazione originata dalla
differenza tra i suoni si avvale dell'ipotesi che la connessione tra percezione e memoria
formi un circuito elastico, che può così assumere diverse estensioni temporali. In
questo modo, il compositore - legato all'impostazione di Moles e di Bergson -,
prospetta diversi gradi di presenza del suono, dall'intervallo minimo di percezione allo
spessore del presente alla quale s'aggiunge la memoria immediata, fino al passato più o
meno lontano della memoria cognitiva 84; si possono avere due approcci nel modo di
comporre e di percepire il tempo: privilegiare l'istante e la memoria immediata
dell'evento sonoro – lo spessore del presente -, oppure affidarsi alla memoria cognitiva
dell'ascoltatore che si suppone sia in grado di confrontare e operare una
gerarchizzazione degli elementi del discorso musicale esteso in un periodo temporale
lungo. L'uno e l'altro approccio possono essere strutturali, ma nel primo caso la
macroforma è un'irradiazione dell'istante, nel secondo tutto è formulato a priori poiché
l'istante non trattiene più l'attenzione se non come conseguenza dell'insieme.85 Grisey
presuppone la possibilità di costruire correlazioni formali coerenti, comportanti
modificazioni prospettiche di percezione dell'ascoltatore corrispondenti a diversi livelli
di tensione o distensione del circuito.
Immaginiamo un avvenimento sonoro A seguito da un altro avvenimento B. Tra A e B esiste ciò che
si chiama spessore del presente, spessore che non è una costante ma che si dilata o si contrae in
funzione dell'evento. Infatti, se la differenza tra A e B è quasi nulla, ovverosia se il suono B è
perfettamente prevedibile, il tempo sembra scorrere a una certa velocità. Al contrario, se il suono B è
86
radicalmente diverso, se è quasi imprevedibile, il tempo scorrerà ad un'altra velocità.
82
G. Grisey, Per una genesi del suono, op. cit., pag. 28. Il corsivo è nostro.
83
In francese, graver significa incidere, intagliare o scolpire. Esso è sostituibile col verbo imprìmere e
rimanda all'idea d'impressionare, nel senso di esercitare una pressione che imprime qualcosa.
84
Ibidem, pag. 44. Moles attribuisce alla percezione una durata istantanea o un tempo minimo, una soglia
calcolabile nell’ordine di 1/10 o di 1/20 di secondo; essa deve essere necessariamente integrata con la
memoria, la facoltà "che esprime l'influenza della storia dell'individuo sul suo comportamento attuale",
ossia "l'influenza del passato sul presente" (A. Moles, Teoria dell'informazione e percezione estetica,
op. cit., pag. 146). Le funzioni della memoria si differenziano per la diversa estensione temporale. Oltre
al tempo minimo di percezione, vi una forma di memoria necessaria per cogliere le strutture temporali -
una sorta di fosforescenza delle percezioni immediate che produce la presenza delle sensazioni e che
assicura "la continuità dell'essere" -; essa determina la percezione di durata della sensazione datando gli
avvenimenti nella coscienza, e consentendo la percezione dell'auto-correlazione. Infine, c'è la memoria
propriamente detta, una funzione di ritenzione permanente non suscettibile di essere datata dalla
coscienza: anche se soggetta a degradazioni materiali accidentali, essa "crea l'influenza dell'esperienza
passata dell'individuo sul suo comportamento presente". 84 Dunque, troviamo qui – come osserva
giustamente Orcalli -, nell’ambito della teoria informatica e di una psicologia aggiornata,
un'impostazione che richiama esplicitamente le distinzioni bergsoniane tra percezione, ricordo-
immagine e ricordo puro o virtuale (A. Orcalli, Fenomenologia della musica sperimentale, op. cit., pag.
236-237).
85
Ibidem, pag. 44.
86
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 42. Il corsivo è nostro.
26
Ritroviamo la dilatazione del tempo alla luce del principio di limitazione della teoria
dell'informazione: più ampliamo il nostro acume uditivo per percepire il mondo
microfonico, più restringiamo il nostro acume temporale al punto da aver bisogno di
durate abbastanza lunghe. Ma il rimando più profondo è a Bergson: penetrare
nell’intimo dell’oggetto o coglierne i minimi dettagli, coinvolge strati virtuali sempre
più profondi in virtù di un'ampia dilatazione della memoria. Il filosofo francese
illustrava il processo dell’attenzione con un diagramma di cerchi concentrici sempre
più dilatati per esplicare il duplice passaggio dalla virtualità all’attualità, dell’oggetto e
del soggetto.
In questi circuiti…… entra la memoria tutta intera, poiché quest’ultima è sempre presente: ma
questa memoria, infinitamente dilatabile grazie alla sua elasticità, riflette sull’oggetto un numero
crescente di cose suggerite, - ora i dettagli dell’oggetto stesso, ora i dettagli ad esso concomitanti che
89
possono contribuire ad illuminarlo.
87
Ibidem, pag. 44.Orcalli rileva che"sembra davvero esserci coincidenza con l'idea bergsoniana secondo
cui l'arte ritarda l'azione verso la rappresentazione, passando dalla percezione al ricordo-immagine, fino
al ricordo puro" (Fenomenologia della musica sperimentale, op. cit., pag. 236).
88
Ibidem, pag. 42.
89
Bergson, Materia e memoria, op. cit., pag. 221.Il corsivo è nostro.
90
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 39.
27
La dualità indivisa del divenire come affetto, che Deleuze coglie nell'immagine-tempo,
si ritrova anche nella sua concezione dell'arte in generale; in Percetto, affetto, concetto91,
egli individua, come nell'immagine filmica, il doppio aspetto della forma artistica, due
«elementi viventi» di cui si essa si nutrirebbe al pari della forma naturale secondo
l'equivalenza classica di arte e natura:
♣La chiusura dei composti di sensazione. È l'aspetto architettonico o la casa e che,
come tale, costituisce il cominciamento dell'arte definibile come cornice, oppure come un
incastro di cornici diversamente orientate; queste forme inquadranti «tengono» i composti
con le loro giunture, si confondono con il loro far-tenere, con la loro tenuta. Cornici o
lembi non sono delle coordinate, ma appartengono ai compositi di sensazione, sono le loro
facce e interfacce.92
♣L'apertura di "un vasto piano di composizione" non precostituito astrattamente, ma
che si produce mentre l'opera avanza, operando una sorta di dequadratura con linee di fuga
centrifughe. Essa passa attraverso il territorio per aprirlo sull'universo procedendo dalla
casa-territorio alla città-cosmo; in questo modo dissolve l'identità del luogo rendendolo
variazione della Terra secondo dei vettori che frastagliano la linea astratta del rilievo.93
Si forma, in questo modo, il ritmo nell'arte e nella natura, il suo movimento di sistole e
diastole: dalla sensazione composta al piano di composizione infinito e viceversa, e i due
elementi, nella loro rigorosa coesistenza complementare, si affermano l'uno solo in virtù
dell'altro.
Ma, in ogni caso, se la natura è come l'arte, è perché coniuga in tutti i modi questi due elementi viventi: la
Casa e l'Universo, lo Heimlich e l'Unheimlich, il territorio e la deterritorializzazione, i composti melodici
94
finiti e il grande piano di composizione infinito, il piccolo e il grande ritornello.
Il ritmo costituisce l'unità o il fondo originale dei sensi, rende conto della complessità
della sensazione non rappresentativa e della totalità del fenomeno artistico: esso – come
evidenzia la pittura di Bacon - contempera il movimento di apertura e chiusura dell'arte, "il
mondo che si appropria di me, rinchiudendosi su di me, il mio io che si apre al mondo e
che apre il mondo"95, affondando nel caos della notte di un corpo senza organi o di una vita
non organica attraversata da onde intensive, tracce manuali e segni irriducibili
all'organicità della forma compiuta.96
91
G Deleuze F Guattari, Che cos'è la filosofia?, op cit., pag. 161-201.
92
Ibidem, pag. 189.
93
Ibidem, pag. 189.
94
Ibidem, pag. 188.
95
G. Deleuze, Francis Bacon Logica della sensazione, op. cit., pag. 99.
96
M. Bertolini, L'estetica di Bergson, op. cit., pag.108.
28
La forma musicale in Grisey evidenzia una concezione analoga del ritmo. In Per una
genesi del suono, egli scrive che le figure sonore (des figures sonores), colte in sé,
sembrano contraddistinguersi per una compiutezza "fuori tempo", rappresentabile a priori
in virtù di un'astrazione che le estrapola dal contesto di cui sono parte. In realtà, queste
figure sono la risultante di un insieme di processi con cui i suoni si generano l'uno dall'altro
(“principe de génération instantanée), la forza che spinge al cambiamento incessante, il
tempo, opponendosi alla loro definitezza con il mutamento costante.97 Il processo coincide
con il piano di composizione o il montaggio cinematografico di Deleuze: esso non è mai
predeterminato, ma si crea man mano che la stesura dell'opera avanza. Grisey si chiede in
continuazione, in ogni punto della partitura che egli va via via scrivendo, "dove va? Da
dove viene? Il piano di composizione solo in apparenza genera chiusure; esso, al contrario,
consiste in una dequadratura, un fuori campo che rende le figure sonore libere e in
disequilibrio permanente. Si passa, allora, "dalla Casa al Cosmo"98, "un'immensa
campitura" formata dalla variazione continua di un suono in un altro o di un gruppo di
suoni in un altro, che fanno sì che le forze o i fasci di energia, diventate sonore, siano
ininterrottamente in movimento e flusso, trasformandosi in modo permanente.99
In Tempus ex machina, Grisey teorizza un'oscillazione formale mobilitata dalle
deformazioni relative alla plasticità del cambiamento di scala, un gioco di zoomate o
inquadrature avanti-indietro che può diventare strutturale e gestire una nuova dinamica
delle forze sonore relativa alla densità spaziale e alla loro durata.100 "L'effet de zoom" apre
ad uno spettro verticale continuo/graduale di livelli intermedi virtualmente coesistenti,
costituenti una gamma di strati temporali differenti legati a diverse forme di
percezione. Sono scale di prossimità o percetti sempre più intimi del suono, ai quali
corrispondono strutture temporali che, una volta individuate, consentirebbero un certo
controllo della profondità.
Ciò che cattura la mia attenzione è la possibilità d'immaginare ormai delle strutture che non siano
ancorate ad un solo tipo di percezione. Le strutture temporali stesse acquisiscono una plasticità relativa
al cambiamento di scala. Queste scale di prossimità del suono – alle quali si potrà sempre sostituire un
101
continuum – creano una nuova dimensione del suono: la profondità o il grado di prossimità.
L'universo sonoro, privato dal ritmo di durata della nostra coscienza, sussiste esattamente
come prima, ma gli oggetti sonori rientrano in se stessi per scandirsi in tanti momenti
quanti ne può rivelare un'analisi spettrale; le qualità sonore individuali tendono a
scomparire in una durata più estesa e il suono si risolve in una correlazione interconnessa
di molteplici vibrazioni solidali tra loro, tutte collegate in una continuità ininterrotta.102
Grisey, a partire da Epilogue103, la composizione che chiude Les Espaces Acoustiques,
amplia la distinzione tra processo e oggetto ponendola nei termini di una contrapposizione
tra la dimensione temporale umana e il tempo universale cosmico-onirico104: il primo
contrae enormi quantità di successioni vibratorie acustiche in individualità sonore discrete,
in funzione della composizione di oggetti sonori in sé discontinui che si riallaccia al gesto
strumentale e che, anche nella sua violenza più assoluta, resta sempre vicina al linguaggio
umano rafforzando l'individuo e la singolarità della sua voce105; il secondo neutralizza tutte
le discrezioni oggettuali umane oltrepassandone il proprio livello di durata:
La composizione del processo esce dal gesto quotidiano e per questo ci spaventa. E’ disumana,
cosmica e suscita il fascino del Sacro e dell’Ignoto, riallacciandosi a ciò che Gilles Deleuze definisce
106
come lo splendore del SI: un modo di individuazioni impersonali e singolarità preindividuali.
102
In Materia e memoria, l'indagine di Bergson si riversa su una mobilità che, oggetto della percezione pura,
è indipendente dalla coscienza. Questo spiega il ruolo privilegiato riservato alla vista. Dilatando l'interno di
una qualità visiva come la luce rossa, l'immagine-movimento si converte in processo avvicinandosi
all'immagine-tempo, la lunga storia della sequenza continua di vibrazioni contratte nella nostra sensazione.
Grisey, incorporando nella propria scrittura musicale la concezione del suono derivata dalle analisi
spettromorfologiche, opera uno spostamento simile in relazione alle immagini ottiche del sonografo: esse
riacquistano senso temporale nella misura in cui sono riconvertite in sensazioni uditive, costituendo una
proiezione visiva su scala variabile del dinamismo interno del suono.
103
Composizione per 4 corni solisti e 80 esecutori, eseguita la prima volta nel 1985 a Venezia, Biennale
Musica.
104
G. Grisey, Note di programma, op. cit., pag. 84.
105
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 43.
106
Ibidem, pag. 43.
107
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 45.
108
G. Grisey, La musica: il divenire dei suoni, op. cit., pag. 33.
109
Ibidem, pag. 33 della versione francese, "…de manière a créer un processus formale" (il corsivo è nostro).
30
L'arte musicale è un'arte violenta per eccellenza. Ci fa percepire ciò che Proust chiamava "un po’ di
110
tempo allo stato puro", quel tempo che presuppone l'esistenza e l'annientamento di ogni forma di vita.
Qui Grisey ripete le stesse parole impiegate da Deleuze per esprimere il rapporto tra
attualità e virtualità nell'immagine-tempo cristallo.
L'immagine-cristallo è proprio il punto d'indiscernibilità di due immagini distinte, l'attuale e la virtuale,
mentre nel cristallo si vede il tempo in persona, un frammento di tempo allo stato puro, la distinzione stessa
111
tra le due immagini che non finisce più di ricostituirsi.
Il cristallo rifletterà diversi stati secondo gli atti della sua formazione e le figure di ciò
che si vede. È la doppiezza dell'immagine.
La forma in Grisey incarna tutte le caratteristiche dell'immagine-tempo: essa è doppia e
indiscernibile nel rapporto tra attualità macrofonica e virtualità microfonica; gli aspetti
quantitativi e qualitativi sono correlati nelle differenze che si formano man mano che
procede nel suo divenire (la pre-udibilità). Perversione, creazione, possibilità e violenza
sono gli aspetti che contraddistinguono le deformazioni instabili che essa continuamente
mette in atto. L'aspetto temporale comprende l'esistenza e l'annientamento di ogni forma,
lasciando così trasparire la sua contraddittorietà. Le zone liminali rendono la forma ibrida,
complessa e anfibia nel proprio interno, essa è un intermediario che ricorda le zone
d' indiscernibilitàdi Deleuze nel piano cinematografico dell'immagine, o nella sensazione
dipinta dalla pittura (ad esempio in Cézanne e Bacon). Le strutture ritmiche del tempo
musicali derivate dalla teoria dell'informazione (le categorie formanti l'architettura del
tempo), costituiscono solo uno schema di lettura; esse devono fermarsi alla percettibilità
del messaggio in funzione dei suoni come cellule viventi, che "andranno a caricare e
sviluppare lo scheletro temporale con la loro densità e la loro complessità".112 Grisey opera
con due tipologie di cornici: l'insieme orizzontale delle strutture ritmiche che procede dalla
semplicità alla complessità113, e la scala verticale delle strutture temporali secondo la
profondità o il grado di prossimità dal macrofonico al microfonico.114
Sia nella strutturazione ritmica orizzontale che verticale, la cornice inquadrante, che
congiunge i piani dell'ossatura, è perforata da linee di fuga dequdranti. Nella loro
costituzione ritmica/formale, le opere rigorosamente "spettrali" di Grisey oscillano tra
l'organico (lo spettro armonico e la periodicità) e il disordine caotico di una «vita non
organica delle cose»115 (le derive rappresentate dallo spettro inarmonico e dalla
ripartizione casuale discontinua delle durate). Ciò può avvenire o con una modulazione
continua del suono, oppure con delle vere e proprie aberrazioni del movimento consistenti
in zoomate improvvise. In ogni caso, Grisey non è né formale né informale, egli opera
sull'intreccio indiscernibile e irrisolto tra la virtualità e l'attualità, che crea tensione tra
l'organismo della forma (il piccolo ritornello) e la disorganizzazione del caos (il grande
ritornello) o – come direbbe Deleuze - tra la necessità del composto di sensazioni di
110
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 43. Il corsivo è nostro.
111
G. Deleuze, L' immagine-tempo , op cit., pag. 96 - 97. Il corsivo è nostro.
112
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 41.
113
G. Grisey, Tempus ex Machina, op cit., pag. 35-41. Grisey impiega i concetti sviluppati nel II capitolo
della Théorie di Moles, vertente sul problema della forma secondo lo specchietto seguente a) Periodico
(preudibilità massima – ordine/semplicità: corrisponde all'onda sinusoidale dell'altezza) b) Dinamico–
Continuo (preudibilità media - accelerazione continua o decelerazione continua) c) Dinamico-Discontinuo
(preudibilità debole - accelerazione o decelerazione per gradi o per elisione/accelerazione o decelerazione
statistica) d) Statico (preudibilità nulla - ripartizione totalmente imprevedibile delle durate con discontinuità
massima – disordine/complessità: corrisponde al rumore) e) Liscio - silenzio ritmico
114
Ibidem, pag. 43.
115
G Deleuze, Che cos' è la filosofia ?, op. cit., pag. 181.
31
116
È l'ultima opera strumentale del compositore, per flauto, clarinetto, violino, viola, violoncello e
pianoforte, eseguita a Strasburgo il 5 ottobre del 1995. Per un'analisi dettagliata di Vortex temporun, si
veda Jean-Luc Hervé, "VortexTemporum" von Gérard Gris ey; Die Auflösung des Materials in die Zeit, in
"Musik & Ästhetik", n.4, ottobre 1997, pag. 51-66, trad. it., Vortex Tempoum di Gérard Grisey: abolizione
della materia musicale a favore della durata pura, Quaderni della Scuola Civica, op. cit., pag. 68-76.
117
G. Grisey, Note di programma in Quaderni della Civica Scuola di Musica, N. 27, op. cit., versione in
francese a pag. 92; versione in italiano a pag. 91. Il corsivo è nostro.
118
Ibidem, versione in francese a pag. 93; versione in italiano a pag. 91. Il corsivo è nostro.
32
durée pure" nel contesto della ricerca vertente sulla validità percettiva dell'impiego di
diversi tempi, conferisce alle figure sonore – chiamate da Grisey archétypes (ad esempio,
l'immagine dell'onda sonora in Vortex Temporum) – l'espressione del "tipico" nella sua
singolarità differenziale, agendo sia da segni quali punti di orientamento per la percezione
e memorizzazione dell'opera musicale, sia come indizi del tempo divenuto percettibile ai
sensi. Archetipo significa, allora, una tipologia temporale in quanto è il tempo stesso a
segnare la figura. La forma musicale non appare più legata esclusivamente alla
trasformazione continua di un suono complesso (armonico, inarmonico, sintetico, ecc.);
rimangono ancora gli stilemi della scrittura spettrale, ma in funzione delle variazioni delle
figure utilizzate, spesso con salti frazionari o discontinui tra i diversi campi temporali. Qui
il compositore manifesta ancora una volta la sua adesione ad una prospettiva di pensiero
vicino a Bergson, seppure attraverso la complessa mediazione compiuta da Deleuze in
relazione ai temi della differenza, dell'immagine e dell'incarnazione del tempo nell'opera
d'arte.119
119
Grisey, in sintonia con Deleuze, afferma che comporre significa organizzare le molteplici forze o tensioni
che presiedono al tessuto sonoro continuo.119 Ciò lo conduce in Tempus ex Machina a differenziare metodo-
logicamente lo "Squelette du Temps" – lo scheletro del tempo o il tempo pensato - dalla "Chair du temps" –
la carne del tempo o il tempo musicale reale -, al di là sia dell'ac-centuazione dell'organizzazione formale
incu-rante della percezione, sia della concessione al materiale sonoro con l'allentamento del calcolo
strutturante. Lo "Squelette du Temps" (l'architettura musicale) indica la ripartizione temporale delle durate
per dare forma ai suoni senza immediatezza percettiva, e di cui l'unità di misura è il tempo cronometrico o il
secondo. La "Chair du temps" è il "non detto" della composizione musicale; riguarda "la percezione
immediata del tempo nei suoi rapporti con la materia sonora", o l'incarnazione del puro divenire nei suoni
intesi "come campi di forze orientate nel tempo". Tra i due livelli, corrispondenti alla polarità forma/forza di
Deleuze, vi è un'inseparabilità che rende variabile il loro rapporto.