Sunteți pe pagina 1din 2

In riferimento alla citazione di Papert S.

“Fatti non foste


a vivere come bruti,
ma per seguire
virtude e conoscenze”.

Così scriveva il sommo poeta ed il tempo e la storia hanno sempre più confermato quanto è stato
vera la citazione appena espressa, appena ricordata. Infatti, l’uomo, in quanto essere dotato di
razionalità, di intelligenza, non ha mai abbandonato la sua ansia, la sua “sete” di conoscere.
Ogni sua conoscenza, ogni sua conquista non è stata mai un punto d’arrivo, bensì sempre e soltanto
un punto di partenza per nuove conquiste, per nuove conoscenze sempre più affascinanti, perché
sempre più complesse se non addirittura impensabili o inimmaginabili.
Un semplice, rapido e succinto excursus storico ci permette di incontrare l’uomo cacciatore,
pescatore, agricoltore, “l’homo faber”, “l’homo sapiens”, che, con la sua intelligenza e con il suo
tenace lavoro è passato da una società agricola ad una società industriale, da una società industriale
ad una società post industriale e tecnologica.
Quello stesso uomo che è stato capace di uscire dai suoi confini terrestri per esplorare e conquistare
altri mondi, altri pianeti. Ha conquistato la luna, ha esplorato con i suoi mezzi Marte, Giove,
Venere, Saturno ecc. ecc. Conquisterà cos’altro? Dove arriverà? Fin dove potrà e saprà spingersi?
Mistero. Tutto è divenire. Noi viventi gustiamoci le conquiste sin qui raggiunte in questa era
spaziale, in questa società telematica dove la nostra stessa comunicazione, il nostro stesso modo di
relazionarci e di apprendere hanno avuto un profondo cambiamento, segnando una rivoluzione vera
e propria. La stessa scuola è stata toccata da questa rivoluzione. Infatti, siamo passati nel tempo, da
un apprendimento “uditivo” ad un apprendimento “visivo” sino ad arrivare ai nostri giorni ove la
comunicazione e l’apprendimento avvengono sempre più tramite l’uso del computer, di Internet,
frutto di quella società tecnologica cui sopra facevo riferimento.
Un tempo apprendevano ed imparavamo sfruttando la nostra memoria uditiva, ascoltando i nostri
nonni, i nostri genitori, i nostri fratelli, insomma ascoltando tutti i nostri simili, tra cui un ruolo
primario e fondamentale per la nostra formazione e per la nostra informazione era esercitata dal
maestro.
Ci avvicinavamo al sapere, al suo sapere ascoltando le lezioni, prestando attenzione a quanto ci
propinava. E, tanto più intensa era la nostra partecipazione, quanto più immediata era la sua
comunicazione, quanto più capacità espositiva aveva.
L’avvento della televisione e di altri mezzi visivi, poi, hanno fatto in modo che anche nella scuola
entrasse l’immagine e si sviluppasse sempre più la memoria visiva. Lo stesso maestro è stato così
portato a servirsi sempre più spesso di sussidi didattici visivi, onde rendere più partecipativa e
partecipata la sua lezione. Oggi, nella scuola è entrato e si va sempre più diffondendo l’utilizzo del
computer. E’ l’era dell’informatica con tutti i suoi vantaggi ma dirò anche con i suoi pericoli. Il
tutto dipende non tanto dallo strumento in sé, quanto dalla sua utilizzazione ed in modo particolare
dalla oculata scelta del software, proprio perché è il software l’aspetto predominante della nuova
didattica nella scuola italiana. Secondo il mio modestissimo punto di vista, il computer deve avere
nella scuola la stessa funzione del libro di testo perché un programma per computer a livello
scolastico non è diverso per complessità alla qualità del lavoro delle pratiche necessarie per
l’elaborazione di un buon libro di testo. Così come il compito di un insegnante è anche quello di
saper adottare dei buoni testi per i suoi allievi, nel caso del software, il docente deve essere capace
di scegliere i migliori “testi elettronici”. Dico questo, perché resto convinta che non esiste il
problema di un primato del computer e dei programmi elettronici rispetto al docente e alla sua
stessa lezione tradizionale, atteso che nessuno ha osato affermare e ha dimostrato in modo
definitivo che l’insegnamento cosiddetto “tradizionale” è inferiore o meno efficace se messo a
confronto con una strategia didattica computerizzata.
Usare il computer con buoni programmi scientifici significa, prima di tutto, mettersi in contatto con
i modelli informatici della comunicazione, con i percorsi logici e le tecniche della simulazione
scientifica dei problemi e con la più aggiornata metodologia della ricerca; tutto ciò comporta
l’apprendimento dei nuovi linguaggi informatici che accanto alle lingue straniere più diffuse stanno
occupando i primi posti nel mondo del lavoro e della scienza. Perciò dico: c’è un futuro che è già tra
noi e parla la lingua dei computers.
Per me, dunque, è un grave errore pensare al computer nella scuola esclusivamente come macchina
ma esso è e deve diventare, sempre più, utile ausilio nei programmi personali dei docenti, strumento
per “pensare”, per abituare gli allievi a “sperimentare”, “simulare”, “strutturare”, i problemi e
risolverli, con propria diretta partecipazione. Resto, oltremodo, convinta che l’uso del computer non
isola affatto i ragazzi, ma li avvicina fra loro, perché con la moderna tecnologia dell’informazione
essi possono imparare molto di più facendo ricerca di gruppo. Il che, però, non esclude che possano
imparare anche facendo ricerca da soli, scoprendo da soli. Resto, altresì, convinta che, all’interno
della scuola, il docente non deve essere più l’unica fonte di informazione a cui attingono i ragazzi.
Il suo ruolo, insomma, non è quello di fornire tutte le parti della conoscenza, bensì quello di creare
delle situazioni in cui i ragazzi seguono le loro passioni col cuore, portano avanti progetti a cui sono
veramente interessati, fanno scoperte prendendo da Internet le informazioni di cui hanno bisogno,
lavorano insieme, realizzano cose difficili. Il docente deve sapere consigliarli, deve sapere guidarli.
“Tutto è divenire”, dicevo poco avanti. Ebbene, non riesco a prefigurarmi il mondo di domani, di un
domani ancora lontano, dal momento che viviamo continue rivoluzioni tecnologiche e non solo.
Tra i tanti dubbi che assillano lamia mente, una certezza è forte in me: “l’uomo è arbitro delle
proprie azioni, egli è arbitro del suo stesso destino”. Con la sua ragione, con la sua intelligenza, con
un uso corretto, saggio e pacifico della tecnologia che si è data e che saprà ancora darsi, potrà
esplorare e creare scenari ancora più impensabili ed inimmaginabili, facendo compiere all’umanità
intera ulteriori grandi passi in avanti, verso un mondo decisamente migliore. Viceversa, se si lascerà
guidare dall’egoismo, dall’uso distorto di una sana moralità, se annullerà nel suo stesso “io”, ogni
umano sentimento, scriverà allora soltanto pagine di distruzione e di morte, come fu già per
Hiroshima e Nagasaki e segnerà per sempre la fine dell’intera umanità.
Così è anche per l’utilizzo del computer. Un suo uso corretto ed oserei dire etico uso, può formare
ed informare intere generazioni. Al contrario, un suo uso distorto, può farci cadere nella più
squallida depravazione o perversione, se non addirittura nella morte civile anche di giovani
generazioni.

Giannotti Adelaide

S-ar putea să vă placă și