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Torquato Tasso

Il Cataneo
overo de le conclusioni amorose
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana
ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
Edizioni di riferimento
elettroniche
Liz, Letteratura Italiana Zanichelli
a stampa
Torquato Tasso, Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958
Design
Graphiti, Firenze
Impaginazione
Thsis, Firenze-Milano
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Op. Grande biblioteca della letteratura italiana
ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
Torquato Tasso Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
Interlocutori: Danese Cataneo, Paulo Sanminiato, Torquato Tasso.
D.C. Voi ancora, signor Torquato, non contento davere acquistato in questa
giovenile et grandissima lode ne la poesia, avete voluto ne le quistioni
filosofiche contendere co filosofi medesimi; e per quel chio nintesi dal
signor Paulo, molti giorni difendeste publicamente alcune conclusioni: ne
la quale azione io estimo chesponeste la vostra riputazione a gran pericolo,
potendo di leggieri un frate o uno scolare con larmi dialettiche astringere
un poeta a cederli il campo.
P.S. Se l campo fosse quel de la verit, non malagevolmente il poeta sarebbe
vinto dagli aversari; ma nel campo damore chi poteva superar un poeta
innamorato, e con quali armi, sedendo ivi fra gli altri, quasi giudice, la sua
donna medesima, da la quale poteva assai cortesemente riportar la palma ne
lamorose questioni?
T.T. Il signor Sanminiato ha voluto prevenir la mia risposta, e io son contento che
mi vinca di velocit; ma egli a me nel campo damore fu non picciolo avver-
sario, ma in quel de la verit poteva esser meco daccordo: nondimeno facem-
mo insieme lunga contesa, egli con armi incognite, da le quali io peraventura,
come poco esperto, non sapeva ben difendermi, io con quelle che merano
prestate dal signor Antonio Montecatino, valorosissimo tra i peripatetici e tra
i platonici filosofanti: perch sue erano le conclusioni per la maggior parte, e
io, da lui ammaestrato, volsi difendere. Ma ebbi brevissimo spazio dapparec-
chiarmi a la difesa, e fu da me conceduto lunghissimo a chi voleva oppugnar-
mi; a quali non tenni occulta alcuna de le mie ragioni, ma da loro fui assalito
quasi a limproviso; laonde non sarebbe maraviglia cha giudicio de la mia
donna medesima io ne riportassi il peggio. Ma io vorrei che le mie ragioni
fossero considerate con animo quieto e senza lo strepito e lapplauso di quello
quasi teatro di donne e de cavalieri: per, non mi contentando de la viva voce
o del parlare, nel quale per limpedimento de la lingua fui poco favorito da la
natura, pensai di scrivere la mia opinione.
P.S. Voi ne le conclusioni platoniche sete contrario a Platone medesimo,
avegnach Platone nel suo dialogo de la Bellezza, nel quale introduce Fedro
con Socrate a ragionare in riva de lIlisso, loda la viva voce e biasima lin-
venzione e linventore de le lettere con ragioni, sio non sono errato,
irrepugnabili.
D.C. Gi io lessi quel che dal Caro, stanco dellofficio suo, fu scritto in questo
argomento, nel quale egliessercit le forze del suo maraviglioso ingegno;
ma volentieri intenderei le ragioni di Platone.
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
Torquato Tasso Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
P.S. Disse Platone, o Socrate pi tosto, chessendo Tamo re de lEggitto in una
grandissima ed ampissima citt, chi Greci e gli Egiz similmente chiamaro-
no Tebe, sotto la protezione del dio Amone, venne a trovarlo un demone,
nominato Teut, a cui fu consecrato luccello Ibi; e questi li dimostr larti
da lui ritrovate perch dal re fossero a popoli de lEggitto distribuite: furo-
no larti chegli ritrov quella del numerare e del far conto, la geometria,
lastrologia, il giuoco de dadi e le lettere. Ma essendo Teut addomandato
dal re de lutilit di ciascuna, gli mostrava partitamente a che fossero buone
e giovevoli; e il re a lincontro lodava o biasimava le cose da lui dette come
pi le pareva conveniente: laonde in ciascuna de larti ritrovate molte cose
furono dette da luna parte e da laltra. Ma descendendo a ragionar de le
lettere, disse il demonio Teut: Questa disciplina, o re, far gli Egiz pi savi
e pi pronti di memoria, peroch linvenzione un remedio de la memoria
e de la sapienzia. Ma il re rispose: O artificiosissimo Teut, altri atto a far
gli artifici, altri a giudicarne; ma tu, nuovo padre de le lettere, per soverchia
benevolenza tinganni nel darne giudizio: percioch luso de le lettere, per
la negligenza che ciascuno user ne limparare a mente, generer pi tosto
oblivione che memoria ne lanimo: il quale, confidandosi in questo segno o
artificio esteriore, non rivolger fra se medesimo le cose che sono dentro
lanimo. Laonde non hai trovato un rimedio per la memoria ma per
loblivione, e insegni pi tosto a tuoi discepoli lopinione de la sapienza che
la sapienza medesima: perch, avendo lette molte cose senza laiuto del
maestro, parranno dotti a gli uomini volgari, quantunque non siano; e
saranno oltra acci molesti, s come coloro che non fieno sapienti ma pre-
suntuosi per lopinione de la sapienza; e da questa arroganza nascer un
disprezzo de maestri negli uomini moderni, a quali sar molesto ascoltarli,
l dove a gli antichi non era grave, per saper la verit, ascoltare le quercie
che ragionavano e predicevano i fati e le venture de miseri mortali. Sciocco
adunque ciascuno il qual porti opinione daver ferma scienza per arte
scritta e raccomandata a le lettere. Oltre acci per autorit di Socrate me-
desimo le lettere sono simili a la pittura, le quali, essendo addomandate,
nulla rispondono, e dove sia chi le biasimi, non sanno difendersi, ma han-
no bisogno de laiuto del padre che le difenda, perch da se stesso non
possono far contrasto a laversario; e non distinguono i tempi, i luoghi e le
persone, ma sempre dicono a tutti le medesime cose, l dove il parlare
saccomoda a loccasioni e a gli uomini co quali si ragiona. Ma il parlare,
ch quasi leggitimo fratello de le lettere, di lor molto migliore e pi
possente e pu dare aiuto a se stesso, e intende appresso chi parla, e quando
sia tempo da parlare e da tacere; per il parlare di chi sa vivo e animato,
ma le lettere sono a guisa dun simolacro muto e sordo e privo dogni sen-
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timento. Diceva ancora Socrate che luom dotto non devrebbe esser men
savio de lagricoltore, il quale non sparge que semi che gli son carissimi, e
da quali aspetta preziosissimi frutti negli orti dAdone, per coglierne fiori
caduchi, la cui bellezza dura a pena otto giorni, o se mai solito di ci fare,
ha risguardo ad alcuna solenne festa: per altro semina in campi fecondissimi,
da quali ne lo spazio dotto mese possa raccogliere i suoi frutti. Similmente
luomo chabbia la scienza de le cose giuste e de lingiuste, non dee seminar
con la penna i suoi concetti ne lacqua negra, non potendo n darli aiuto
contra il gielo o la tempesta n raccoglierne a bastanza la verit, ma dee
spargere pi tosto i semi de la sua dottrina negli animi gentili de ben dispo-
sti ascoltatori, i quali contra loblivione de la sopravegnente vecchiezza fa-
ranno quasi preciosa conserva de preziosissimi, nobilissimi tesori. Questa,
o signor Danese, lopinione del re dEggitto, anzi di Socrate medesimo, il
quale nulla scrisse, ma molto ragion e con molti: e ne lanimo di Platone e
di Senefonte e degli altri semin quella dottrina la quale nudrisce ancora i
nobilissimi intelletti di Grezia e dItalia e di tutta lEuropa.
T.T. Tuttavolta, se Platone o Senefonte non avessero scritta la sua opinione, noi,
quasi digiuni e famelici del cibo intellettuale, saressimo privi del debito
nutrimento. Fu dunque il parlar di Socrate necessario in quel secolo, non
utile; ma pi necessario lo scrivere di Platone o di Senefonte, perch la voce
ha sempre bisogno de la scrittura; ma la scrittura basta a se medesima senza
la voce: la voce mobile imagine del concetto, le lettere sono quasi statue
esimolacri saldissimi. Laonde io assomigliarei la voce ad un vento che non
lassi alcun vestigio, o ad una nuvola che, portata da venti, tosto sparisca, o
pure ad una velocissima nave in alto mare; ma le scritture sono a guisa
dancora che possa fermarla: e chi edifica con le parole senza lettere, fa uno
edificio ruinoso ne larena; ma sovra le lettere sedifica quasi in saldissima
pietra. Oltre acci la voce afferma e niega, e spesse volte contraria a se
medesima e commossa per timore e per amore e per odio e per misericor-
dia, e da tutte le passioni agitata; ma le lettere, che sogliono esser scritte
con animo quieto e vacuo da le perturbazioni, dimostrano non lanimosit
ma la verit, e sempre sono conformi a se stesse: quel chaffermarono una
volta affermano continuamente, usano nel negare la medesima costanza,
fanno presenti i lontani e quasi vivi i morti: e questa vince ogni altra
maraviglia. Incerte, leggiere, vane, discordi, tumultuose, agitate sono le
parole; certe, gravi, stabili, concordi a se medesme e vacue dogni perturba-
zione le scritture: amiche de lopinione, de lo strepito e de lapplauso del
volgo sono le parole, e co l favore e quasi con laura popolare sono portate
in alto e poi caggiono a guisa di foglie levate dal vento o pur di minuta
polvere sovra i capi e sovra le corone ancora de gli altissimi re; ma spesso da
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le bocche de gli uomini plebei, quasi da piedi, sono calpestate: ma le lettere
amano la sapienza, la quiete, la solitudine e quel dottissimo silenzio il quale
supera tutte larguzie e i sofismi de quistionanti. E sio parlassi daltra paro-
la che di quella dIddio, affermarei senza dubbio che tutte le parole sono
transitorie; ma le lettere sono quasi eterne e possono far eterna la memoria
e la gloria de mortali: nondimeno ne le sacre lettere il figliuolo dIddio
chiamato non solamente Verbo ma imagine e carattere del padre: per mio
aviso adunque il primo onore si dee a le lettere, il secondo a le parole uma-
ne. Per de le cose de le quali parlai, scriverei pi volentieri, amando me-
glio daver per giudice de la mia opinione il consenso de letterati e la poste-
rit di tutti i secoli chun mirabil teatro di belle donne e di cortesi cavalieri,
a quali mal pu sodisfare un uomo impedito di lingua, debile di memoria
e dingegno tardo anzi che no. Ma voi, signor Paulo, che sete toscano ed
eloquentissimo fra Toscani, mavete colto la seconda volta in questo quasi
arringo del ragionare.
D.C. Io mi rallegro daver data ocasione a vostri ragionamenti, e non vorrei tra
voi cos tosto alcuna concordia.
T.T. Saremo adunque discordi per non discordar dal vostro desiderio: ma di
qual cosa, signor Paulo, debbiam di nuovo contendere o quistionare?
P.S. Fra le vostre conclusioni alcune in quel tempo che le sosteneste furono lascia-
te quasi non tocche: e tra queste quella in cui si contiene la definizione de
lamore: Amore esser desiderio dunione per compiacimento di bellezza.
T.T. A questa non fu opposta cosa alcuna che mi sovvenga, perch la definizione fu
data dal signor Montecatino inalcuni trattati damore, a la cui autorit tutti
cedevano: laonde poteva bastare in vece di fondamento e di prova e di risposta
a ciascuno; e sio lavessi difesa, lavrei difesa come opinione altrui e con le
ragioni dagli altri apparate: ma la mia propia opinione peraventura diversa.
D.C. Altro dunque credete, altro vofferiste di sostenere; ma non vi sia grave di
manifestarci la vostra opinione ancora.
T.T. Io credo che non ogni amore sia desiderio dunione: o se pur tutti gli amori
sono desideri dunione, non sono causa dunione, ma alcuni di seperazione
pi tosto. E inquesta credenza mindusse lautorit di Dionisio Areopagita,
il qual nel libro de Nomi divini, ovegli tratta damore, chiama lamor
corporeo dividuo o diviso: perciochegli non vero amore, ma imagine del
vero amore, a la quale sappigliano coloro che sono caduti dal vero amore
quasi duno altissimo principio: e per sua opinione de lamore divino
solamente propria la congiunzione e lunit, la qual da la moltitudine non
pu esser ricevuta. Direi dunque che, se lamore sensuale desiderio dunio-
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ne, desiderio di cosa impossibile, e per consequente vanissimo desiderio:
e facendo due amori, luno de le cose divine e intelligibili, laltro de le
sensibili e umane, quello direi che fosse cagione dunit, non solamente
dunione, questo di separazione e di moltitudine pi tosto.
P.S. Dunque quegli amanti de quali si legge in Lucrezio non vi paiono uniti? O
potete trovar congiunzione o vero unione pi stretta e pi tenace di questa?
T.T. Lunione de corpi non vera unione n stretta unione: ma quella degli
animi, la quale solamente vera unione. Ma questa fu sentenza de teologi,
perchalcuni filosofi portarono peraventura opinione diversa da questa: e si
legge negli Ammaestramenti del matrimonio scritti da Plutarco che, s come
de corpi alcuni sono di cosedisgiunte e separate, quale larmata e lessercito,
altri di cose congiunte, come la casa, ne la quale la pietra a la pietra e il
legno al legno tenacemente congiunto, altri corpi sono uniti e quasi nati
insieme, e di ci potremo addur per essempio le membra di ciascuno ani-
male, cos ancora negli abbracciamenti degli amanti lamore di persone
unite e quasi nate insieme; ma nel matrimonio e ne congiungimenti ne
quali si ricerca la procreazione de figliuoli si congiungono le persone con-
giunte, ma coloro channo solamente per fine il diletto son fatti de disgiunti,
i quali possono pi tosto abitare che vivere insieme. In tutti questi modi
nondimeno si desidera lunione, ma non si pu fare perfettamente.
D.C. Qual similitudine o diversit dopinione fra Dionigi e Plutarco raccogliete
voi da queste parole?
T.T. Grandissima, sio non sono errato: perchestim Dionigi che solamente
lamore divino fosse desiderio di vera unione o causa dunione; Plutarco a
lincontra mostra dicreder che l desiderio dunione sia negli uomini carnali
e pieni di concupiscibile appetito. Perciochil desiderio dunione non pu
esser in quelli che sono uniti dal nascimento o dapoi per accidente, ma in
quelli solamente che sono disgiunti, avegnachi disgiunti desiderino di
ricongiungersi e i congiunti sogliano desiderare di separarsi: dal quale desi-
derio, tutto che sia naturale, procede la morte e la dissoluzione de le cose
composte da la natura; e quinci aviene chogni materia cupida di nuova
forma e ogni forma o desidera di seperarsi da la materia o almeno dar per-
fezione a non ignobile soggetto. Laonde non mi par verisimile che lanima
di quel Grillo descritto da Plutarco non desiderasse altro corpo migliore e
non avesse preso volentieri, per esser purgato da venefici di Circe, tutte le
medicine dacqua o di fuoco, con le quali gli spirti sono purgati. Ma
peraventura quelli che furono gi uniti, secondo la favola dAristofane de-
siderano di ricongiungersi: per si legge in alcun de nostri che poet a
guisa di gentile:
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
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Per che noi non siamo cosa integra,
N voi; ma ciascun del tutto il mezzo:
Amore poscia quel che ne rintegra
E ne congiunge come parte al mezzo.
E quantunque la favola sia profana e duomo licenzioso e lascivo anzi che
no, tutta volta chi volesse illustrarla e co l lume de le Scritture e con
lessempio de nostri primi parenti, non errarebbe di soverchio.
D.C. Non confondiamo, vi prego, le cose sacre con le profane; perchio schivarei
questo difetto non solamente ne poeti e ne gli istorici, ma ne lopere ancora
de pittori e degli scoltori: per non potei mai esser persuaso chio volessi
dar per sostegno a la sepoltura di quel signore mio amico un Marte e una
Minerva.
T.T. Consideriam dunque, se vi piace, listorie de gentili, e particolarmente de
Greci e de Romani, ne le quali si legge chi matrimoni fra le diverse nazioni
sono stati assai volte cagione di pace e damicizia e di congiunzione, come
prima avvenne fra i Latini e i Troiani per lo matrimonio di Lavinia maritata
ad Enea, poi fra medesimi Romani e i Sabini, le cui figliuole e le sorelle
rapite da Romani divennero loro spose legitime e posero fine a la guerra e
a le discordie. Altre volte furono causa e origine de le guerre e de le discordie:
per lEuropa da lAsia non fu tanto separata da quel breve spazio di mare
ch detto Ellesponto, quanto per lodio che nacque da la rapina de le don-
ne ne luna parte e ne laltra, come si legge nel primo libro di Erodoto;
avegna che da quelli de Creti fu prima rapita a gli Asiatici Europa, che
diede il nome a la pi nobil parte del mondo, e lo fu poi rubbata da gli
abitatori de lEgitto, a la quale, tutto che fosse greca di nazione, furono
dirizzati altari e tempi in una nobilissima e assai remota parte de la terra;
Elena fu allincontra presa per forza a gli Asiatici, e da quel rapto deriv la
divisione degli animi, assai maggiore che quella de continenti: e ne deriva-
rono similmente, quasi da alto e fatal principio, lespugnazioni, gli incendi
e le ruine de le citt e le distruzioni degli imperi e de regni e le peregrinazioni
e gli essil e le morti de principi e de gli eroi e dinfinita multitudine de
genti. Lamor dunque corporeo, come fu quello il qual costrinse gli uomini
dAsia e di questa regione da noi abitata al rapto dEuropa e dIside e dEle-
na, causa di grandissima seperazione. E quantunque negli amori o ne
matrimoni di Lavinia e de le Sabine appaia il contrario, tutta volta non
vera e propia unione quella la qual non sia unione degli animi: laonde, se l
matrimonio fosse union de corpi solamente, come quel de le fiere, le
quali sogliono avere comuni i pascoli e laltre maniere di nudrimento, il
covile, il nido, i figliuoli e i pericoli de la caccia, non sarebbe vera unione o
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
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vero matrimonio, perch lamor ferino e bestiale non participa di quella
divinit la quale solamente capace di vera unione. Ma perch ricerchiamo
ne le cose esteriori quella concordia o quella discordia che suole esser cagio-
nata da lamor sensuale, potendola ciascuno ritrovar dentro a se medesimo?
Per mio parere quel cinto che da Latini detto septum transversum e da
Greci diaphragma non tanto separa la parte concupiscibile da lirascibile o
pur da la ragionevole che non sia assai maggiore la disunione che suol esser
effetto de lamore sensuale: perch egli cagione del tumulto e de la sedi-
zione e de la discordia e quasi de la guerra de lanima ribellante, ne la quale
una virt nemica de laltra e una potenza par contra laltra congiurata non
pur a morte e destruzione de soggetti, ma de la ragione medesima. Lappe-
tito concupiscibile combatte con lanimoso, e luno e laltro contende con
la ragione e niega di prestarle ubidienza; mille altre passioni a guisa donde
maritime sono sollevate: limaginazione perturbata, i fantasmi a guisa di
larve notturne si appresentano con sembianza orribile e spaventosa, i tesori
de la memoria sono depredati e limagini guaste e gittate per terra come le
statue e i simolacri duna citt tumultuosa; la reina medesima e imperatrice
de lanimo o precipitata dal suo seggio, o costretta a patteggiare con la
morte e a concedere al senso, gi lusinghiero, ora tiranno, gran parte de la
signoria. In questa guisa lamore sensuale suole divider lanimo, anzi lace-
rarlo: laonde niuno Atteone fu mai cos da cani sbranato, niun Mezio da la
quadriga, come lanima da le sue cupidit e da suoi innamorati pensieri;
n solamente per lamore sensuale in se stessa e da se stessa divisa, ma
separata da Iddio: la qual separazione la morte de lanima.
D.C. Voi avete corso questo arringo senza contrasto, perch non qui alcun di
noi chardisca di contradire a lopinione de lAreopagita: per, se non volete
esser sicuro dogni contesa, non cercate di ripararvi sotto la sua protezione,
ma procurate altra difesa e da altre ragioni, da le filosofiche, dico, contra le
quali il signor Paulo addurr le sue o quelle daltro filosofante.
T.T. Di qual conclusione volete che facciamo tra noi quistione, di questa o daltra?
P.S. Di quella pi tosto che nel numero duodecima, se ben mi soviene, con la
quale affermate che lodio non contrario a lamore ma seguace: contra la
quale in questa guisa argomento. I contrari sono quelli che vicendevolmen-
te si distruggono; lodio distrugge lamore e a lincontra da lamore di-
strutto: dunque lodio e lamore sono contrari.
T.T. Nego che mai lodio distrugga lamore.
P.S. Questa minore proposizione peraventura non ha bisogno di prova, percha
tutti noto per listorie e per le favole de poeti che spesso succeduto odio
grandissimo in luogo di grandissimo amore. Sia per essempio lamor di
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
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Fedra portato al figliastro e quello di Medea verso Iasone: luno e laltro de
quali in fiero e terribile odio si trasmut; e lamor de fratelli, come fu
quello fra Atreo e Tieste e fra Eteocle e Polinice, similmente si convert in
odio: e de lamore che nasce fra gli amici avenuto tante volte il somiglian-
te ch peraventura soverchio il ricercarne essempi.
T.T. Lamore o si considera ne particolari o in universale: negli amori particolari
suole avenire quel che voi dite, perch lamore de la cupidit o quel de
lamicizia assai volte suol ceder a lodio sopravegnente; ma considerandosi
lamore in universale, non pu essere mai estinto o discacciato dal propio
soggetto: perch non alcuna cosa fra tutte quelle che sono, la quale a fatto
sia priva de lamore, anzi spesso luno amore succede a laltro, come a lamor
del piacere suol succedere quel de lutile o de lonesto, e a quel de lonesto
la cupidigia del diletto o de lavere. Ma dove tutti gli amori desser luogo a
lodio o a lira o a lo sdegno o ad altra passione, almeno in ogni soggetto si
ritrova sempre lamore di se stesso: per fu scritto dal famoso filosofo
chamore era passione o propiet de lente; e se vi soviene di que versi del
vostro poeta Dante, i quali si leggono nel canto XVII del Purgatorio, cono-
scerete la mia opinione non esser falsa. I versi son questi:
N creator n creatura mai,
Cominci ei, figliuol, fu senza amore,
O naturale o danimo, e tu l sai.
Perch, se lamore nel creatore e in tutte le creature, necessariamente in
tutti gli enti.
P.S. N il fuoco distrutto ne la sua sfera n lacqua nel suo elemento, ma luno
e laltro eterno; nondimeno sono contrar, perchuna parte de lacqua
distrugge una parte del fuoco e suol a lincontra ricever la morte da lei: in
questo medesimo modo lamore particolare distrutto da lodio particola-
re, e per questa ragione contrario.
T.T. Voi presupponete quel che fra molti dubbioso, cio che l fuoco non
debba distruggere tutti gli altri elementi; ma io risponderei che l fuoco pu
consumar per sua natura tutta lacqua, e la consumer quando che sia,
come fu opinione dEraclito: e se pur non la consumer, ci avverr non
per natura de contrari, de quali lun sarebbe a fatto vincitore e laltro
distrutto e ridutto in nulla, ma per volont dIddio, comestim Platone: il
quale, avendo composto questo mondo soggetto a la morte e a la corruzio-
ne, s come quello ch mescolato de contrari, volle nondimeno chegli non
avesse mai fine; laonde corruttibile per natura, eterno per la benignit del
suo fattore, che perpetuamente il conserva. Cos rispondo a la vostra oppo-
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
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sizione o con lautorit di Platone, la quale per lo pi ho seguita in questa
conclusione, e non di minore stima di quella di Aristotele medesimo, o
pur con quella dEraclito, conforme, se non minganno, a la sentenzia de
nostri teologi, i quali non concedono a gli elementi o al mondo leternit.
P.S. Io non macqueto gran fatto ne le vostre risposte; ma per non parer troppo
importuno in un argomento medesimo, replicher in questo altro modo,
argomentando pur da la diffinizione de contrari. I contrari son quelli che
son grandissimamente opposti; ma lamore e lodio sono cos fatti: dunque
lamore e lodio son contrari.
T.T. Nego che lamore e lodio sian grandissimamente opposti: perch questa
oppossizione si dee considerare o in un genere medesimo o in due generi
diversi, o dir che lamore e lodio sian contrari come due contrari generi. In
niun di questi tre modi lamore e lodio sono contrari: e prima non lamo-
re a lodio grandissimamente opposto in uno istesso genere, perch lamore
non contenuto in un sol genere; anzi, essendo, come disse il maestro di
color che sanno, passione e propriet di quel che , passa per tutti i generi
e non patisce desser rinchiuso in alcuno. Per listessa cagione non contra-
rio lamore a lodio, come sian grandissimamente opposti in due generi
diversi; per la medesima non si posson dir contrar, perch sian due generi
contrar, luno de lamore, laltro de lodio. Dunque la contrariet non n
pu trovarsi propiamente fra lodio e lamore, perch la contrariet convie-
ne a quelle nature che possono esser ridutte in alcuno ordine de le cose. Ma
lamore non sta ne gli ordini, ma tutti gli trapassa e gli trascende in quella
stessa guisa che suol fare lente, di cui passione: percioch a tutti noto che
lente non in alcun predicamento.
P.S. Io non intesi dir giamai che lamore fosse un de trascendenti, come lente e
l bene e gli altri di cui si legge.
T.T. Amore non trascende per se stesso lordinanze, o i predicamenti che vogliam
dir pi tosto, ma insieme co l bene o con quel ch solito di trapassarli e
di scorrer per tutti, non lasciando vacua alcuna parte di s. Ma la contrarie-
t che si trova in quelle cose che sono determinate e circonscritte, non si
ritrova in amore: conchiudiamo dunque chamore sia interminato,
smoderato, smisurato, infinito, e che per ci non abbia contrari; e se voi
non rimanete pago a questa risposta, io naddurr unaltra, ch di Plotino e
di Marsilio suo interprete. Tutte le cose accidentali si riducano ad alcune
sustanziali con una debita proporzione e convenienza; laonde necessario
che gli amori, i quali son affetti e passioni venuti altronde negli animi, sian
ridutti a quelamore che nasce ne la sua sostanzia con maravigliosa veemen-
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za: e questo amore almeno, il quale ne la essenzia de lanima a guisa
datto, non ha contrario, percha la sostanza niuna cosa contrario; tuttoch
gli altri amori, che sono passioni mobili e accidentali degli animi nostri,
possono aver contrariet. Diciamo adunque con gli istessi autori che tale
sia lamore per rispetto de lodio, quale il bene opposto al male o la forma
che soppone a la privazione: laonde, se quel ch, o l bene, non ha
propiamente contrario, non pu averlo lamore. Non si pu esprimer con
lingua, n pur co l pensiero imaginare, quanto sian poderose le forze damo-
re, quanto la sua potenza e la veemenza superi quella di ciascuno altro: e
per poco non pu intenderlo il medesimo intelletto, chintende tutte laltre
cose che sono pi malagevoli ad esser comprese; laonde non si trova contra-
riet a la infinita potenza damore. Non dunque lodio contrario ad amo-
re, s come colui challe maravigliose forze damore non pu far resistenza,
non contrasto: che si dissolve al suo foco, che si dilegua al suo lume e che
sparisce incontanente a lapparire del suo divino spirito; ma lodio segua-
ce damore, cio effetto: perch da lamore de le virt nasce lodio de viz,
e da lamor che ciascun porta a se stesso son cagionati gli od co quali sono
odiate laltre cose che possono impedir e ritardar la sua felicit. In quella
guisa adunque che lombra nasce da la luce per interposizione del corpo
opaco, lodio procede da lamore, l dove qualchimpedimento si fraponga
fra lamore e lobietto che desiderato: e questo amore, il quale per opinio-
ne di Plotino atto de lanima che desidera il bene, non solamente ne
lessenzia sua, ma quasi lessenzia sua e la sostanza medesima: laonde for-
ma e vita de lanima, e s come egli nasce inanzi a tutti gli altri amori, cos
nato avanti a tutti gli od, laonde primo per et e per natura e per
dignit, e pi temuto per potenza e pi risguardevole per maest. Non
dunque lodio contrario a lamore; anzi il far due contrari e quasi due princpi
de lamore e de lodio, eresia simile a quella di coloro chintroducevano
due princpi del bene e del male e due quasi fattori de le cose.
D.C. Assai bene mi pare chabbiate difesa la vostra opinione, la quale io prima
stimava malagevole da sostenere.
T.T. Mia no, ma de Platonici, da quali io in alcune cose non soglio discordare.
Ma queste conclusioni furono proposte da scherzo, anzi che no e quasi per
un essercizio damore, il quale (come dicono) eccitatore de gli adormentati
ingegni. Ma io per altro sono usato pi tosto desseguir la dottrina de
Peripatetici: e filosofando per ritrovar la verit in quel modo cha filosofo
conveniente, non ardisco di partirmi da lautorit dAristotele e de suoi
seguaci; e quantunque assai spesso, da non usato piacer preso, mi vada
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
Torquato Tasso Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
avolgendo ne le cose scritte da Platone e quasi per le sue vestigia medesime,
nondimeno ci maviene pi tosto per vaghezza de leloquenzia che per
amor de la sapienzia.
D.C. Se difendete cos bene lopinioni non vostre, il contrastar con esso voi ne le
vostre medeseme niente monterebbe. Ma ditemi, vi prego, se fra tante
conchiusioni ve ne sia alcuna ne la quale parliate e scriviate a vostro senno,
o pur in tutte contra il vostro piacer medesimo avete voluto quistionare.
T.T. Io, s come colui chaveva alcune volte sentito le pungenti sollecitudini damo-
re, avrei manifestata e difesa la mia opinione, se mi fosse stato conceduto;
ma, avedendomi di non poter ragionare in grado, seguii laltrui autorit:
nondimeno in alcune poche cose scrissi quel che mi pareva, e in quelle volli
esser peripatetico anzi che no, s veramente chio potessi accordare insieme
Platone con Aristotele, i quali sono alcuna fiata concordi, ma il pi volte
contrari: ma pi nel suono de le parole che ne la verit de la sentenza.
D.C. Manifestateci adunque la vostra opinione, poich questa sar impugnata
dal signor Paulo.
P.S. Non da me, ma pi tosto dagli altri, i quali non ricuseranno di far prova del
propio ingegno e de la propia scienza.
T.T. Non vogliate far di me nuova esperienza, n procurar chio sia quasi un
segno a le saette de la dialletticafaretra, le quali il signor Sanminiato sa
adoperare.
D.C. Non potrete partirvi senza manifestarci il vostro parere.
T.T. Dunque per timor di violenza debbo pi tosto far prova de la debilezza del
mio ingegno; non vi negher davere scritta la mia propia opinione in quel-
la conclusione: Amore non presuporre lelezione, n per seguire che si
conceda il destino, ma presupporre necessariamente similitudine fra lamante
e lamata.
D.C. Ecco il segno degli acuti sillogismi: in questo, signor Paulo, dimostrate
lartificio del saettare.
P.S. Il mio parere, o l dubbio, manifester pi tosto che lartificio del quistionare,
del qual son privo: e parlo anzi per natural che per dialettico ammaestra-
mento. Ma mi parve nondimeno sempre vera e indubitata quella proposi-
zione, che di ciascuna cosa saffermi o si nieghi necessariamente la verit, e
che ne la contradizione non vi sia alcun mezzo, come volle Protagora: dico
adunque chogni amore con elezione o senza elezione, e che lamore del
qual voi parlate conviene che sia ne lun modo o ne laltro.
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ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli
Torquato Tasso Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
T.T. Questo vi fia da me conceduto di leggieri: consento dunque chegli si faccia
senza elezione.
P.S. Ma non essendo per elezione, sar per destino; anzi, quantunque fosse per
elezione, sarebbe per destino, perchil destino ci sforzerebbe ad eleggere.
T.T. Di questo argomento, cha quasi due parti e quasi due corna, lasciam luna,
se vi pare, e non vogliate ferirmi con ambeduo in un medesimo tempo, ma
prima con luno, poi con laltro, se cos vaggrada.
P.S. Questo cercher prima di provare, che, non essendo per elezione, per
destino.
T.T. Nego quel che seguita.
P.S. Il provo in questa guisa. Tutte loperazioni o le passioni de lanimo nostro
sono o per elezione o per destino o per fortuna e a caso; ma quel che si fa a
caso per accidente, e si dee ridurre a qualche causa per s, come voi
dicevate pur dianzi. Laonde o si dee ridurre a lelezione o al destino; ma
riducendosi al destino o allelezione, abbiamo lintendimento nostro: n
potrebbe essere in altro modo.
T.T. Di questo argomento negherei la maggiore proposizione, che tutte le cose
fatte da noi si facciano per elezione o per destino o per fortuna.
P.S. A la proposizione non mancano prove, percioch tutto quel che da noi si fa
ha causa interiore o esteriore: interior cagione lelezione, esteriore la for-
tuna e il destino.
T.T. Per mio aviso ne lannoverar le cagioni intrinseche de le nostre operazioni
siete difettoso anzi che no, perch non solo lelezione causa intrinseca de
le nostre azioni o de le passioni, ma la natura, larte o labito e la volont: e
molte cose sono volontarie, che non sono per elezione, fra le quali a mio
giudicio lamore; percioch lelezione presuppone necessariamente la de-
liberazione fatta con determinato consiglio. Laonde ella un desiderio con-
sigliato o desiderio congiunto con qualche consiglio; ma ne la volont o ne
lazioni volontarie non necessaria la deliberazione o il consiglio, e possono
esser fatte senza luno e senza laltro e quasi a limprovviso, come si legge in
quel verso:
Ut vidi, ut perii, ut me malus abstulit ardor.
Anzi, se lincontinente ama, non ama con elezione ma con volont; per di
lui si legge:
Io veggio il meglio ed al peggior mappiglio.
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Op. Grande biblioteca della letteratura italiana
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Torquato Tasso Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
E lappigliarsi al peggio non possibile che ne lincontinente sia effetto de
lelezione: perch lincontinente non elegge, come cinsegna Aristotele ne
suoi libri de Costumi; ma nondimeno lincontinente opera volontariamen-
te, non a forza o per violenza. Dunque la divisione non bastevole, chogni
amore sia o per elezione o per destino, potendo esser per volont, e in
questa guisa n per elezione n per destino: e sio non volessi usurparmi la
parte dattore, lasciando quella di reo, proverei con altre ragioni la medesi-
ma opinione.
D.C. Sio fossi giudice de le vostre contese, vi concederei non solamente il ripro-
vare ma il provare: e provate a me la vostra opinione, se non volete provarla
al signor Paulo.
T.T. Dir quel che mi sovviene per dichiarare questa conclusione. Aristotele ne
libri ad Eudemo divide tutte le passioni e gli affetti co l volontario e con
linvolontario: laonde, parlandosi damore come daffetto o di passione,
non devrebbe esser diviso altramente. Oltre acci per autorit de listesso
Aristotele la volont del fine, lelezione de mezzi che servono a qualche
fine; dunque, se amore per ellezione, non fine ma mezzo, e segli
mezzo, sar mezzo di quel ch fine, e non sar alcuna felicit ne lamore,
perch la felicit fine o del fine. Ogni amor dunque sar non felice: anzi
ogni amore sar servo e servile; perch servile tutto ci che sadopera per
altrui cagione. O ignobilissimo amore, se non solamente costringi a servire
i miseri amanti, ma tu medesimo sei servo, e servile la tua signoria, e
servile limperio nel quale il servo comanda a servi e i servi dal servo sono
signoreggiati.
D.C. Odi malizia. Chi non se navedesse non sarebbe fornito di sottile avedimento.
Voi volete condurci, quasi a grandissimo inconveniente, a quello che, se non
minganno, vostro propio parere, cio che lamore sia servit e miseria.
T.T. Se libero colui ch in grazia di se stesso, come dice Aristotele, servo a
lincontro quello che si adopera per gli altri, in qualunque modo sia ado-
perato; ma ogni mezzo per gli altri adoperato: dunque ogni mezzo ser-
vo. Sia dunque amore o nostra passione, come piacque ad Aristotele, o
demone, come volle Platone: ne luno e ne laltro modo servo, s veramen-
te chegli sia mezzo. E di questa sentenza io son forte contento, sella pu
spogliare Amore degli abiti trionfali e gittarlo dal carro e condurlo dal trionfo
ne la servit e ne la prigionia di Baia e di Linterno. Ma quel che per mia
opinione non sconvenevole nondimeno contra il parere degli aversari, i
quali, volendo formare un amore felice, il fanno per elezione; ma io estimo
che sia vero il contrario: perch, segli per elezione, mezzo; s mezzo,
servo; segli servo, infelice: dunque esser felice e per elezione non pu in
un medesimo tempo.
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Torquato Tasso Il Cataneo overo de le conclusioni amorose
P.S. Altri stato felice ne la servit: laonde potrebbe lamore esser felice ne la
servit de la donna amata ed esser mezzo fra lamante e lamata, ne la qual
fosse riposto il fine de la nostra beatitudine.
T.T. E in questa guisa la natura demonica sarebbe men nobile de lumana, la
qual, parlando come platonico filosofo, superiore a lordine de gli eroi;
ma sio volessi difender questa conclusione come peripatetico, direi con
Alessandro Afrodiseo chil propio demone est mos uniuscuiusque. Nondime-
no i nostri costumi hanno altro oggetto per fine che l piacere duna donna;
e torto si farebbe a la nostra felicit, se, cacciandola da lazione o da la
contemplazione quasi da propio seggio, si riponesse ne gli occhi o nel seno
duna bella e delicata giovine; e quantunque ella sia il piacere o nel piacere
almeno collocata, come piacque ad Eudosso, ad Epicuro, a Metrodoro e a
quel Torquato del quale io porto il nome, nondimeno ella sarebbe nel pia-
cere doperare virtuosamente o del contemplare le cose divine e immortali.
D.C. Voi sete troppo severo: laonde io credo chamareste la vostra donna, sella
fosse mezzo a qualchazione o qualche contemplazione da voi designata; ma
volendola per mezzo, la vorreste per serva per quello irrepugnabile argo-
mento chadduceste pur dianzi, e per consequente lamareste infelice; ma
per mia opinione non si pu amarla e desiderarle infelicit.
Tu non credevi chio loico fossi.
T.T. N serva n infelice desidero la mia donna, o quella a la quale si concede
questo nome; ma amo meglio di vederla libera che daver signoria ne la sua
volont, se ci fosse possibile in modo alcuno. Ma sella fosse libera e libe-
ratrice ancora, potrebbe liberare i miseri amanti da la tirrannide amorosa e
da qual altra si sia: e sarebbe in ci somigliante quel divino amore il qual
non nostra passione, non demone, ma divina sostanza.
P.S. Io non macqueto ne le vostre risposte; e poich la cortesia non ha luogo,
vagliami la ragione in vece dautorit. Dico adunque chogni amore, o sia
per elezione o per volont, per destino: perch non alcuna causa inferio-
re la qual non dipenda, a guisa danello ne la catena, da le cagioni superiori;
ma la nostra volont e lelezione similmente, essendo cagioni inferiori, deono
dependere da causa superiore com il destino.
T.T. Le cause inferiori deono dipendere da le superiori, e forse non da tutte le
superiori ma dalcuna desse; ma chil destino sia causa superiore a la volon-
t, pu esser da me revocato in dubbio: e quantunque ella fosse, non sola
causa superiore, perch ce ne son de laltre da le quali pu dipender la
volont: e di ci sono io assai securo.
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P.S. Le cose celesti senza fallo sono superiori a lumane; ma il destino un
ordine e una disposizione de corpi celesti: laonde senza alcun dubbio
superiore a la nostra umana volont. Oltre acci i secondi motori per auttorit
dAristotele medesimo non possono operare senza i primi; ma lanima no-
stra secondo motore, per non pu adoperar senza le stelle, che sono
primi motori. Non ancora ragionevole che la materia de nostri corpi, da
quali nasce la contingenza, possa resistere a le cause superiori e pi possenti,
come sono le stelle: anzi, s alcuna contingenza ne le cose terrene, caduche,
quella istessa legata da la necessit; laonde necessario che sia la materia,
quantunque ella sia cagione degli effetti che possono essere e non essere,
avenire e non avenire.
T.T. Con quattro argomenti il signor Paulo impugna la mia opinione, e per
cortesia non ha voluto con altre machine assalirmi acciochio possa difen-
dermi, s come colui cha guisa de Traci sa numerare sino a quattro: e per
fermo, se gli argomenti fossero stati in maggior numero, io me ne sarei
dimenticato. Ma rispondendo al primo, io dico chi corpi celesti sono supe-
riori a nostri senza dubbio: laonde soglion questi da quelli dipendere come
da causa; ma la nostra volont non soggetta a corpi celesti n inferiore:
anzi ella tanto pi nobile de cieli quanto lanima pi nobile de la natura
corporea, e per conseguente superiore e pu signoreggiare a le stelle. A
laltra ragione, ne la qual dicevate che i secondi motori non possono opera-
re senza i primi, laonde lanima nostra, essendo secondo motore, conviene
che ne le sue operazioni sia mossa da un motor primo, io risponderei in
questa guisa, che lanima nostra o la nostra mente non secondo motore in
questo nostro corpo e ne lumane operazioni, ma pi tosto primo motore,
s come piace ad Alessandro Afrodiseo ne le sue Quistioni.
P.S. E1 nondimeno secondo motore in rispetto de celesti motori, senza i quali
non si moverebbe.
T.T. Se lanima fosse secondo motore, non si moverebbe da se stessa, e, non
movendosi per se medesima, sarebbe mortale; ma lanima immortale:
dunque da se medesima si muove, e, movendosi da se medesima, non <>
secondo motore ma primo. Concedendo nondimeno chella sia secondo
motore, non secondo in ordine a corpi celesti, che sono i primi fra corpi,
perch lanime non sono sottordinate a corpi: non dunque sottoposta al
destino, ma si pu dire chella in guisa di secondo motore sia mossa da
lintelligenze e da Dio, ch il primo motore, il qual nondimeno, avendogli
fatto dono del libero arbitrio, lha lasciata libera ne suoi movimenti. Or, se
di questa risposta sete pago, risponder a gli altri argomenti in questa guisa,
che, s come i servi possono esser inobedienti a padroni, quando essi son
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mandati lontani, e non osservare i comandamenti e quasi ricalcitrare a le
voglie del signore, cos la materia per la distanza ch fra corpi inferiori e
superiori suole esser quasi contumace e rubbella in guisa che la necessit,
ch ne le cose celesti, non le fa violenzia, n la priva de la sua contingenza,
la quale non , come voi dite, ligata da la necessit, ma in gran parte disciol-
ta. Perch, quantunque il genere de la contingenzia sia fermo e costante,
come quello che dipende necessariamente da alcune cause necessarie, tutta
volta i particolari sono instabili e incostanti e non sottoposti ad alcuna
necessit; ma bench la materia dipendesse in qualche modo da corpi cele-
sti, lanima nostra, che non materiale n prodotta dal seno de la materia,
non soggetta a corpi celesti, ma libera ne loperare. Laonde, quantunque
si concedesse questa compagnia fra la volont e la necessit, nondimeno la
necessit non precede, n la volont segue necessariamente, come piacque a
gli Stoici; ma prima la volont e va inanzi a guisa di signora, seguta da la
necessit: il che senza dubbio vero ne la volont divina, perch non vuole
Iddio quel ch necessario chegli voglia, ma quel che vuole Iddio necessa-
rio in tutti i modi.
P.S. Sin ora con le ragioni de filosofi ho voluto provar lopinione de gli astrologi;
ma forse mi sar conceduto di far ci pi agevolmente con le ragioni de gli
astrologi medesime o pur con lune e con laltre. Dico adunque che, se son
veri i sogni, gli auguri e laltre predizioni del futuro, vero il destino o il
fato, e costante e quasi certa la sua legge; ma da le visioni degli addormen-
tati, dallinteriora degli animali, dal canto e dal volar degli ucelli molti han-
no indovinato quel che pu avenire: laonde si pu affermare che sia il
destino, il qual parimente confermato da la fisionomia, da la chiromantia,
da larte de geomanti e de gli astrologi: e lesperienza dimostra che le predi-
zioni de gli astrologi sogliono il pi volte esser vere. Ma aviene il pi volte
che, salcuno nascer avendo Marte ne langolo de loccidente, come ebbe
Romolo nel suo nascimento, sia di valore somigliante: altri, avendo Mercu-
rio ne lascendente, sar di natura varia e mutabile e simile a quella di
Mercurio, il quale , come dicono, il camaleonte de pianeti, perch ne vari
aspetti co quali risguarda or Saturno, or Giove, or Marte, or Venere, ora il
sole, or la luna, prende la similitudine e le propiet di ciascuno. Ma de
lesperienze de gli astrologi sono pieni mille volumi: laonde non se ne po-
trebbe ragionare a bastanza. Dir ancora che, se ne le cose del mondo
alcun ordine necessario, il fato, perchil fato altro non chun necessario
ordine de le cose: e soggiunger che, sa nobilissimi animali, come sono i
celesti, si conviene lazione, a gli ignobilissimi la passione, a que di mezzo,
nel quale lumana natura, si conviene il fare e il patire: per gli uomini
fanno e operano ne gli irragionevoli animali, ma patiscono da celesti e
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divini: e questa passione degli animi umani, ricevuta per influsso de le
stelle, altro non che l destino. Al fine dir con Aristotele medesimo che,
se l mondo inferiore contiguo al superiore, necessario che si governi
secondo lordine del superiore, come si conosce ne lappressarsi e nel dilun-
garsi del sole: percioch da questa cagione derivano la variet de le stagioni,
i fiori, i frutti, le nevi e le pruine e il ghiaccio, la tranquillit e la tempesta
del mare, la serenit e la turbazione de laria e de laspetto del cielo, i venti
ora tepidi, or gelati, e laure piacevoli e temperate: quinci ancora si variano
gli abiti e le condizioni de viventi, e depende la salubrit o lintemperie.
Ma Il moto diurno cagione ancora de grandissimi effetti, perci chegli
muta le qualit de laria e riscalda e disecca pi e meno nel mattino, nel
meriggio, ne la sera. La luna ancora, come pi vicina, ha grandissima forza
ne le cose inferiori, e, ascendendo e descendendo, move il mare e quasi il
toglie e l rende a la terra: percioch da lei procede il flusso e il reflusso e
linondazioni de loceano e per poco la ritirata; da lei ne le conche e ne gli
animali, quasi imprigionati in un carcer naturale, gran mutazione; da lei i
giorni critici osservati da medici; da lei il movimento de venti e de le
tempeste: laonde i pastori, gli agricoltori, i naviganti, i soldati sogliono
osservare i moti de la luna, co quali s fatta una varia esperienza conferma-
ta in molte migliaia danni. Ma se la luna ha tanto virt e tanta forza ne le
cose inferiori, come potremo persuadere a noi stessi che laltre stelle stiano
oziose e quasi scioperate nel mondo? Non si pu negare che le mutazione
de laria, le serenit, le tempeste, i diluvi, i terremoti e le varie maniere di
morbi e dinfermit, le pestilenze ne le greggie e negli armenti non proce-
dano da la varia qualit de le stelle; e se noi siamo corpi de listessa qualit
composti, di caldo, dico, di freddo, di secco e dumido, sentiamo in noi le
medesime alterazioni e le passioni istesse: perch possono le stelle concitare
o raffrenare gli umori e linchinazioni a lira o a la mansuetudine, e
perchaguzzando la colera, potranno irritar gli animi a le liti e a le risse e a le
contese e al fine a larmi e a le sanguinose battaglie, da le quali nascono le
morti, gli incendi, le ruine e le distruzione de le citt, de regni e degli
imperi. Queste cose, sio non sono errato, in questa guisa sono raccolte da
Claudio Tolomei, principe degli astrologi, il qual prova la forza channo le
stelle doperar ne le cose inferiori da lefficienza, per cos dire, de le prime
qualit, percioch Saturno pianeta <secco e> freddo, Giove caldo e umi-
do, Marte, secco e fervido; fredda e umida <la> luna: e in questo modo
ciascuno degli altri pianeti participa de le qualit medesime. E la istessa
opinione porta de le stelle non erranti: perciochegli giudica da la natura de
le stelle erranti quella de le fisse; ma altri potrebbe da le prime qualit
ricorrere a le propiet occulte, le quali non si pu dubbitare che non sian ne
le stelle efficacissime, avegna che tutte le rare e maravigliose doti che noi
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consideriamo ne le cose terrene sogliano essere esistimate doni del cielo,
perch conseguiscono pi tosto la virt infusa da corpi celesti che le qualit
elementari di cui sono composte. E gi non ragionevole che que nobilis-
simi corpi cos chiari di luce, cos vasti di mole e di grandezza, cos rapidi
nel movimento, cos ordinati ne la velocit, sian privi di queste propiet, le
quali a gli uomini e a le cose mortali sono concedute. E da quale altra parte
possono esser trasfuse che dal cielo? A quale altra cagione possiamo recar la
variet degli ingegni, la diversit de gli offici, la discordia de voleri e la
mutazione de la fortuna? Per qual cagione costui sprezza le ricchezze, colui
in guisa venale che non ricusa di vender lanimo a prezzo, altri sobrio,
altri dissoluto, e molti sono timidi e molti audaci, e molti sacerdoti, molti
archittetti? Onde procede tanta dissimilitudine ne costumi, ne gli esserciz
e ne la fortuna? Alessandro vinse lOriente inanzi chegli avesse let di
trenta anni, Cesare gi di quaranta non aveva fatto guerra alcuna. Chi con-
cesse ad Aristotele, maestro de luno, ed a Cicerone, nemico de laltro, tanta
forza dingegno e tanta potenzia dopere e di sermone? Chi rivel a Pitagora,
a Talete, a Democrito, ad Eraclito i secreti de la natura? chi a Socrate, a
Timeo, a Parmenide i misteri de le cose divine? Non tale questa virt o s
bassa questa ragione chella possa germogliar da la terra a guisa di pianta
silvestre. Non si pu ancora non attribuire al corso de le stelle che linno-
cente sia condennato, il colpevole co premi onorato, che lindustria de
molti, lavedimento, la prudenza, la dottrina vada a guisa di mendico
limosinando, e la sciocchezza e la malizia e lignoranza de gli altri sia arrichita:
il corsaro, bruttatosi del sangue altrui tra mille pericoli del mare e de la
terra, al fine muore fra suoi domestici in una quieta e placida vecchiezza,
un uomo giustissimo e mansuetissimo spesso ucciso da ladroni. Quanti
sono i miracoli e quasi i portenti de lingegno, quanti mostri de la natura,
che sono testimoni duna necessit quasi fatale? Queste sono le cose, de le
quali essendo ripiena la vita de mortali, persuadono a molti queste vicissi-
tudine di beni o di mali, meritate o non meritate, con tanta violenza de le
stelle che non quasi possibile che la forza o lavedimento degli uomini
possa in modo alcuno ripugnarvi. Molto ancora importa in qual parte del
cielo siano i pianeti e n qual guisa si muovano o si riguardino, avegnach
sogliono mutar natura co movimenti, co luoghi e con gli aspetti: e gran
diversit fra quelli che fanno ritroso corso da linferiore parte de lepiciclo
verso occidente e sono, come si dice, retrogadi, e gli altri diretti, i quali si
movono da la superior parte de lepiciclo verso oriente. Alcuno sallegra
quando negli angoli, e si duole quando declina, fra quali Marte e Saturno:
altri incrudelisce ne loriente, ma ne loccaso mansueto; ma uno fra gli
altri migliore quando declina. E grandissima variet fanno per la diversit
degli aspetti, i quali son cinque, come prova Tolomeo: la congiunzione, che
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si fa quando un pianeta sotto laltro per linea dritta e perpendiculare;
lopposizione, ch ne la grandissima distanza; laspetto sestile, quando fra
luno e laltro interposta la sesta parte del Zodiaco, cio la mesura di due
segni, come avverebbe se l sole fosse in mezzo de lAriete e la luna in mezzo
de Gemini; e laspetto quadrato, nel qual fra due pianeti compresa la
quarta parte de segni; e laspetto trino, quando quattro de segni sono in-
terposti: oltre i quali aspetti niuno altro pu esser per la dimostrazione di
Tolomeo, coma me darebbe il cuore di provarvi cos chiaramente che non
vi rimanesse luogo a dubbio alcuno.
T.T. Molte e molto maravigliose sono le ragioni addotte dal signor Paulo, a le
quali io volendo rispondere, mi confondo ne lingegno e ne la memoria
parimente: e m avenuto come a que pochi aventurosi che vanno a caccia,
i quali, avenendosi in molte fere, lasciano la prima per la seconda che lor si
para dinanzi e la seconda per la terza, in modo che niuna n presa e niuna
nincappa: cos io, ripensando a lultime ragioni, mi son dimenticato de le
prime e senza vostro aiuto non potrei di leggieri ridurlemi a memoria.
P.S. Il primo argomento fu questo, che, serano veri i sogni e laltre predizioni
del futuro, era vero il destino.
T.T. Largomento , come si dice, condizionale: laonde io potrei argomentare ne
listesso modo che, si sogni e laltre predizioni del futuro sono false e falla-
ci, falso per necessit quel che safferma del destino. Ma de la vanit e de
la falsit de sogni non alcuno di buon giudizio che possa dubitarne; e
quantunque alcuni de sogni e de laltre predizioni fosser vere, nondimeno,
perch son false in gran parte, non pu essere alcuna certezza nel destino o
alcuna determinata verit de le cose future. N pi certo argomento quel
che poi adduceste, se ben mi sovviene, preso da lesperienza fatta de lastro-
logia e de laltre arti congetturali o pi tosto indovinatrici: perch lespe-
rienza de gli astrologi molto pi fallace di quella de medici: e se i giudic
de medici sono alcune volte fallaci, quanto pi saranno quelli degli astrologi.
Non parlo de laltre arti de gli indovini, ne le quali non alcuna verit n
alcun saldo fondamento; ma lastrologia medesima, la quale pi confor-
me a la scienza de la natura, fu da Tolomeo, principe di questo ordine,
fondata sovra falsi princip: percioch, se ciascuno pianeta, come dicono,
avesse il suo eccentrico e lepiciclo, ne seguirebbe necessariamente chegli
non si movesse intorno al centro del mondo, e, non movendosi intorno al
centro, il moto de pianeti non sarebbe perfettamente circolare; e ci sareb-
be inconveniente grandissimo, dal qual procederebbe la ruina del mondo e
il guastamento di questo ordine maraviglioso de luniverso, contra lopinio-
ne di Tolomeo istesso, il qual port opinione chil mondo fosse eterno. Ma
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concedendovi ancora che vi sia alcuna predizione del futuro, fatta per osser-
vazione de le stelle, non per vi concedo che ci sia alcuna violenza o necessit
fatale, avegna che le stelle, come disse il gran platonico Plotino e alcuni de
nostri cristiani teologi, non fanno, ma significano, e la significazione basta a
la predizione; ma non facendo, non vi alcuna forza e necessit impostaci da
le stelle. E sio non sono errato, il cielo a guisa dun grandissimo libro scritto
da la mano infallibile di Dio, le stelle sono le sue lettere e i suoi caratteri, i fati
le cose nel libro segnate e ordinate, da le quali andiamo argomentando per
analogia quel che fra mortali sia determinato; e s vera questa opinione, il
nostro antiveder le cose future non altro chun conoscere la proporzione fra
le cose celesti e le terrene. Ma qual proporzione pu essere fra le divine e le
caduche? E se pur vi pu esser, chi pu conoscerla e giudicarla? Pi secura
opinione adunque mi pare quella che non solamente toglie la violenza de
fati, ma la cognizione de le cose fatali. Ma io non rispondo a gli argomenti, n
so qual fosse in ordine il terzo.
P.S. S ordine necessario, il fato; ma lordine necessario: adunque il fato.
T.T. Questo argomento altro non prova se non che sia il fato: il che non fu
negato da Platonici, chintrodussero le Parche e il fuso della Necessit per
cui inteso il circuito de cieli, n da Peripatetici medesimi, appresso i
quali il fato e la natura listesso; laonde, sio concedessi che fosse il fato,
non concederei cosa contra la dottrina de Platonici e de Peripatetici.
P.S. S ordine necessario ne le cose, non v contingenza; e non vessendo con-
tingenza, non v<> elezione, perch lelezione de le cose che si possono
fare e non fare, avenire e non avenire.
T.T. Se lordine necessario fosse in tutte le cose cos eterne come caduche e
mortali, sarebbe peraventura vero quel che voi dite; ma lordine necessario
non in tutte le cose ma ne le celesti solamente, perch ne lelementari pu
esser molta variet e incostanza: e quale ordine possono dar gli astrologi de
venti e del mare?
P.S. Ordinato il flusso e il reflusso, ordinato il movimento de letesie, de lornitie
e degli altri venti, come si raccoglie da Aristotele, da Plinio e da Strabone e
da altri scrittori de le cose naturali.
T.T. E1 qualchordine nel flusso e reflusso, qualchordine similmente ne gli aqui-
loni e ne zefiri che producono le rose, e negli altri similmente, ma non
certo e costante come si presuppone che sia il fato. Ma quale ordine si dar
de fulmini, de le procelle, de le tempeste, de linnondazioni, de terremoti,
se non incertissimo e fallacissimo? E1 lasciato adunque il luogo a le cose
contingenti in questa infima regione del mondo, nel quale, come piace a
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Platonici, il regno de la fortuna; ma il regno del fato ne cerchi celesti e
ne corpi luminosi del sole e de le stelle: pi su regna la providenza ne le
cose divine e intelligibili, come parve a Platonici, non perch sia ne luni-
verso alcuna parte non governata da la providenzia, ma perchella per loro
opinione avr voluto lasciare qualche parte a la necessit del fato e a linco-
stanza de la fortuna: in quella guisa nondimeno che sogliono i pontefici e
gli imperatori, i quali concedono i regni e i principati in governo a principi
minori. Nondimeno pi sicuro laffirmare che non si mova fronda senza
la divina providenzia.
P.S. Lasciamo, se vi pare, le questioni de nostri teologi da parte, perch fra noi
contesa academica anzi che no.
T.T. Come vi pare; ma io posso dire con gli Academici e co Platonici che, quan-
tunque fosse il fato, lanima non soggetta al fato, o non ogni anima
soggetta: perch lanime, divenute intellettuali, sono liberate da la sogge-
zione del fato, e salcuna ve nha che sia legata ne la necessit fatale quasi
con nodi adamantini, se ne pu discioglier, perch operazione degli angeli
il discioglierla, come de demoni il ligarla. Anzi lanima per se stessa, s
come colei ch creata da Dio, superiore al fato ne lordine de le cose e ha
maggior forza; e quantunque savolga nel fato, o quando discende nel cor-
po o quando incappa ne lacciuoli de le nostre cupidit, nondimeno, sepa-
randosi da le passioni corporee, libera se medesima da la servit del fato e
diviene quasi collega de lanime celesti. Cos rispondo co Platonici e co
Peripatetici; che se fosse alcuna necessit nel fato, vano sarebbe il consi-
gliarsi e il deliberare, vani i giudici, ingiuste le leggi, inique e crudeli le pene
proposte a malfattori. Ma con Tolomeo medesimo potrei rispondere che le
cose procedono da Dio ne corpi celesti necessariamente, ma da corpi cele-
sti negli inferiori non con egual necessit: perch la materia de le cose infe-
riori non capace dordine certo e necessario, com quella de cieli, e l
savio secondo il medesimo autore signoreggia a le stelle.
P.S. Io non voglio tanto affaticarvi in ciascuno argomento che non possiate
passare avanti.
T.T. Era il quarto, se ben mi sovviene, cha gli animali nobilissimi si conviene il
fare, a gli ignobilissimi il patire, a quelli di mezzo fra luna e laltra natura,
com luomo, il fare e il patir per diversi aspetti: il chio non niego. Ma
quantunque luomo sia sottoposto a le passioni, de le quali son causa i corpi
celesti, come lo scaldarsi e l raffredarsi e laltre s fatte, nondimeno patisce
nel corpo, non patisce ne lanima: e se patisce ne lanima mortale, non
patisce ne la divina e immortale, la qual non soggetta al patire, o non
patisce da corpi celesti ma da lintelletto agente, il quale co l suo lume pu
illustrarla: ma questa passione che fa perfetta lanima.
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P.S. Se patiscono gli instrumenti co quali lanima suole operare, lanima alme-
no per difetto degli instrumenti sar impedita ne loperazione.
T.T. Lintelletto non ha organo alcuno corporeo: laonde non pu da linstrumento
essere impedito, e, dovendo avere propia operazione, conviene che quella
operazione sia libera, altrimenti non sarebbe propia; laonde per opinione di
Plotino il libero arbitrio la propia operazione de luomo: luomo dunque
o ha elezione o non ha propia operazione.
P.S. Io avrei creduto pi tosto che propia operazione de luomo fosse lintende-
re, perch leleggere appertiene pi tosto a la volont cha lintelletto.
T.T. Io parlo alcuna volta secondo la dottrina de Platonici; ma lintelletto ancora
libero ne le sue operazioni: laonde per opinione de seguaci dAristotele la
libert pi tosto ne lintelletto che ne la volont, e ne linteletto almeno
come in cagione e in origine. Ma Plotino, come pi somigliante a nostri
teologi e particolarmente ad Origene, del qual fu discepolo e compagno,
assegna per propia operazione de luomo quella de la volont, perch propia
operazione devrebbe esser quella per la quale meritiamo e demeritiamo: ma i
nostri meriti e i demeriti procedono pi tosto da la volont che da lintelletto.
P.S. Scendiamo, se vi pare, al mondo inferiore dal superiore con largomento
derivato da le parole di Aristotele medesimo.
T.T. Io non niego che lordine inferiore si governi secondo il superiore, perch
appare negli elementi e in tutte quelle cose che da voi furono dette con
tanto ornamento e con tanto splendore di parole: nondimeno lordine de le
cose celesti, o il cielo, cagione universale per cui non si distinguono gli
effetti particulari, i quali non possono esser conosciuti da chi non ricorre a
le cause propie e vicine; laonde vana la scienza degli astrologi, chadducono
le cause comuni e lontanissime. Oltre acci lordine in queste cose inferiori
non sempre certo, ma alcuna volta fallace, come io dissi rispondendo agli
argomenti quasi medesimi; ma non posso concedervi in modo alcuno che
ne pianeti siano le prime qualit, io dico la calidit, la frigidit, lumidit e
la siccit, o almeno non vi posso ci concedere come peripatetico: perch,
sessi fossero composti di qualit contrarie, sarebbono corruttibili e soggetti
a la mutazione; e io in questa conclusione fui aristotelico anzi che no. Non-
dimeno, sio vi concedessi come platonico che ne pianeti si trovassero que-
ste qualit, non posso concedere quel che volete che ne seguiti, chin lor sia
alcuna malizia o alcuna malignit: perch sconvenevole che ne la natura
de corpi celesti, la qual buona e conserva la bont del suo creatore, sia
malignit o malizia. La malignit senza dubbio ne corpi inferiori per
cagione de la materia, la quale malefica: non dunque Mercurio variabile
a guisa di camaleonte, non maligno Marte e Saturno; perch non mali-
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gnit ne corpi celesti, e molto meno negli animi: e posto chin lor fosse
alcuna malignit, come possono perderla per mutazione di luogo o a lin-
contro diventar maligni, essendo buoni? Ne la natura umana, ch molto
inferiore a la celeste, luomo buono buono in ogni parte, cos in Scitia
come in Etiopia o fra que popoli che sono nuovamente ritrovati; e ne la
celeste non sar buono il pianeta in tutte le parti del cielo? E Marte negli
angoli sar terribile oltramisura e, declinando, dagli angoli non porger
tanto spavento? Molto pi incostante dunque sarebbe la natura celeste de
lumana e terrena: e di questa niuna cosa pi inconveniente posso
imaginarmi. Oltre acci quali odii o quali amori, qual tirannide vandate
imaginando nel cielo? Come pu esser odio dov somma concordia? come
tirannide in un regno che non violento n crudele, ma eterno, com
quello de cieli?
P.S. Voi opponete a le cose che non sono state dette da me, perchio non parlai
dodio n damore n di tirrannia celeste.
T.T. Perdonate a la debilezza de la mia memoria, sio attribuisco a voi alcuna di
quelle cose che sono molto conformi a quelle che poco dianzi adduceste;
ma senza fallo fu vostra opinione, e tenuta da voi, chi corpi celesti fossero
composti de le prime qualit, da le quali procedesse ogni loro efficienza: e
parimente fu vostra opinione quella e degli influssi e de locculte qualit.
P.S. E1 vero quel che voi dite.
T.T. Ma io in questo modo argomenterei contra la vostra opinione. Tutti i corpi
luminosi, in quanto luminosi, son caldi: tutte le stelle son luminose, adunque
tutte le stelle son calde; e ci si prova per autorit dAristotele, il qual ne
libri del Cielo afferma che la luna, la qual dagli astrologi riputata fredda,
sia calda, come appare ne plenilun, ne quali le notte sono pi calde.
P.S. Voi disprezzaste pur dianzi le leggi del disputare co l non rispondere a tutti
i miei argomenti: ora le trapassate con attribuirvi le parti di argomentatore,
dove le vostre propie devevano esser di respondere.
T.T. Queste leggi sono state confuse per comun parere e per volont del signor
Cataneo particolarmente, a la qual io non intendo di provar alcuna de le
cose dette o pur de giorni critici o del flusso e del reflusso del mare, il qual
voi attribuite al moto de la luna: e io non voglio ci negare, perch opinio-
ne di san Tomaso nel libro de lOpere occulte che loceano per un tacito
consentimento di natura accompagni il suo movimento; quantunque i
Saracini e Adelando portassero opinione che l sito de la terra fosse cagione
di questo movimento: deriv nondimeno questa opinione da Strabone e
da Greci pi antichi. Alcuni esistimarono che fosse un moto de lelemento
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non in quanto acqua, ma in quanto elemento desideroso di tornare al suo
luoco; alcuni altri a laltre cagioni aggiunsero il rivolgimento de venti; altri,
fra quali fu Alpetragio, nassegn per causa il moto diurno; Ruggiero di
Baccone lobliquit e rettitudine de raggi; Aboasar la differenza del lume
molto o poco crescente o decrescente: ma in qualunque modo ci adivvenga,
nulla importa a la libert del nostro volere; per io non sosterr pi luna
che laltra opinione. Ma se le stelle, oltre il sole e la luna, hanno qualche
forza ne le cose inferiori, il chio non niego n confesso, lhanno certo mi-
nore: laonde il principato ne la generazione, o ver nascimento de luomo,
non si pu attribuire ad altri che al sole. Voi nondimeno devete provare che
nabbian alcuna simile a quella de gli struzzi, i quali covano lova con lo
sguardo; e, avendola, come le stelle possono esser fredde e luminose, essen-
do ogni lume causa di calore.
P.S. Se le stelle non fossero fredde, non potrebbono raffredare: oltre acci tutte
le forme de le cose sublunari non sarebbono in virt contenute <ne le>
celesti.
T.T. Le stelle e la luna raffredano per accidente, e l sole medesimo pu in questa
guisa raffredare, perch allontanandosi cagione cos del freddo come de la
morte: e questo basti al primo argomento. Al secondo io risponderei che le
prime qualit, le quali in virt sono ne corpi celesti, non gli fanno freddi
n caldi n umidi n secchi, come gli elementi, de quali la sommit nel
cielo per opinione de Platone e de Platonici. Ma bench siano nel cielo le
virt de le forme elementari, non segue che dal cielo vengano gli influssi in
altra maniera che co l lume e co l moto; ma n con luno n con laltro pu
derivar alcuna influenza fredda, per cos dire, come sarebbe il timore degli
animi, o altra passione simigliante, perchil lume per sua natura riscalda, e
il moto similmente: laonde linfluenze portate co l lume e co l moto non
possono esser cagione di freddo nel corpo o di spavento ne lanimo, se non,
come ho detto, per accidente.
P.S. Noi diciamo chuna stella riscaldi, laltra raffreddi rispettivamente e in
comperazione: perch tutte raffredano a paragone del sole, e il sole medesi-
mo freddo verso di s ne lallontanarsi; e in somma da tre cose fatto il
calore: da la grandezza de la luce, da la densit e da la propinquit. Ma qual
pi di queste condizioni, qual meno sia cagione di questo effetto, non dir
ora partitamente: ma Saturno riputato freddissimo per la lontananza,
benchegli sia maggiore de la stella di Giove, il quale temperato e caldo
anzi che noi.
T.T. Io non posso risponder cosa che non sappia il signor Paulo, perch da un
medesimo fonte egli pu derivargli argomenti, io le risposte: dir nondi-
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meno che, se la maggior lontananza fosse cagione del maggior freddo, la
stella del cor del Leone, la quale da gli astrologi riputata fervidissima,
sarebbe per la sua lontananza pi fredda di Saturno medesimo.
P.S. Cagione del suo fervore la sua propia virt.
T.T. Questo vorrei che mi fosse provato dal signor Paulo, quai virt o quai
propiet occulte siano ne le stelle, e come le propiet specifiche possano
esser men nobili de le comuni o a le comuni ripugnare o come in noi
derivare in altra guisa che co l lume e co l movimento, perch n in questo
modo n in quello pu venire alcuna influenza che raffreddi; ma venendo
co l lume, il quale, come dicono, fonte de linfluenze e carro de la virt,
non raffreder giamai: e peraventura non sar occulta, perch propio del
lume lillustrare e il manifestare tutte le cose.
P.S. Non solo il lume e l movimento, ma la densit e la rarit de corpi luminosi
pu esser cagione de linfluenze.
T.T. A mio giudicio devrebbe pi tosto il lume portar linfluenza, ch virt
quasi spiritale; ma il raro e il denso, s come il movimento, possono pi
tosto esser cagione del caldo o daltro effetto corporeo.
D.C. Se crediamo a san Paulo, luna stella differente da laltra per la chiarezza:
e con questa autorit posso anchio interponer la mia opinione: laltre diffe-
renze non sono forse di tanta importanza. Ma a voi, signor Paulo, per pro-
var le propiet occulte de le stelle, non mancheranno compagni, perch di
questa opinione ancora messer Giuseppe Salviati, il quale non solamente
pittore, ma astrologo eccelente. E se lora tarda, troveremo altro tempo
pi opportuno a questi ragionamenti, sol che luno e laltro di voi non si
sdegni di far cos grande onore a cos picciol luogo: sapparecchi il Sanminiato
dunque a gli argomenti, e il Tasso a le risposte.
T.T. Io prometter ogni cosa, purchio mi possa da voi a buon concio partire.
D.C. Finiamla ora questa contesa, se non promettete di ritornare: perchin assen-
za del Salviati non mancher chi difenda la sua opinione.
T.T. Io sono stanco e s dal camino e s dal ragionare: laonde riserber questo
ragionamento pi volentieri ad altra occasione, ne la qual mofferisco per
uditore.
P.S. E1 ben fatto che ripariamo al nostro albergo: perch di notte tempo vanno
a torno di male brigate assai; nel ritorno credo chil Tasso non ci negher di
ragionare almeno de laltre sue amorose conclusioni.
Autore Opera Pagine
Alfieri Vittorio Agamennone 52
Alfieri Vittorio Antigone 54
Alfieri Vittorio Bruto secondo 53
Alfieri Vittorio Della Tirannide 91
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Alfieri Vittorio Maria Stuarda 56
Alfieri Vittorio Merope 56
Alfieri Vittorio Mirra 52
Alfieri Vittorio Oreste 58
Alfieri Vittorio Ottavia 54
Alfieri Vittorio Saul 59
Alfieri Vittorio Vita 231
Aretino Pietro Dialogo 172
Aretino Pietro Ragionamento 115
Ariosto Ludovico I cinque canti 169
Ariosto Ludovico I Suppositi 53
Ariosto Ludovico La Cassaria 55
Ariosto Ludovico Orlando furioso - parte 1 623
Ariosto Ludovico Orlando furioso - parte 2 611
Ariosto Ludovico Rime 122
Ariosto Ludovico Satire 57
Bruno Giordano Candelaio 116
Bruno Giordano La Cena de le Ceneri 85
Beccaria Cesare Dei delitti e delle pene 92
Bembo Pietro Prose della volgar lingua 160
Bembo Pietro Rime 116
Buonarroti Michelangiolo Rime 126
Campanella Tommaso La Citt del Sole 29
Castiglione Baldassarre Il Libro del Cortegiano 276
Della Casa Giovanni Galateo 54
Della Casa Giovanni Rime 53
Della Valle Federico La reina di Scozia 89
Galilei Galileo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo 395
Goldoni Carlo Gl'Innamorati 65
Autori e opere presenti nel secondo CD
Goldoni Carlo I Rusteghi 69
Goldoni Carlo Il Campiello 91
Goldoni Carlo Il Servitore di due padroni 86
Goldoni Carlo Il Teatro comico 61
Goldoni Carlo Il Ventaglio 82
Goldoni Carlo La Bottega del caff 82
Goldoni Carlo La Famiglia dell'antiquario 82
Goldoni Carlo La Locandiera 84
Goldoni Carlo La Sposa persiana 78
Goldoni Carlo Le Baruffe chiozzotte 78
Goldoni Carlo Le Femmine puntigliose 78
Goldoni Carlo Le smanie per la villeggiatura 69
Goldoni Carlo Una delle ultime sere di Carnovale 82
Guarini Battista Il Pastor fido 228
Guicciardini Francesco Ricordi 58
Guicciardini Francesco Storia d'Italia - volume I 453
Guicciardini Francesco Storia d'Italia - volume II 522
Guicciardini Francesco Storia d'Italia - volume III 482
Machiavelli Niccol Belfagor arcidiavolo 9
Machiavelli Niccol Clizia 49
Machiavelli Niccol Dialoghi dell'arte della guerra 138
Machiavelli Niccol Discorso intorno alla nostra lingua 13
Machiavelli Niccol Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio 288
Machiavelli Niccol I Capitoli 21
Machiavelli Niccol I Decennali 26
Machiavelli Niccol Il Principe 69
Machiavelli Niccol Istorie fiorentine 352
Machiavelli Niccol L'Asino d'oro 36
Machiavelli Niccol La vita di Castruccio Castracani 24
Machiavelli Niccol Mandagrola 55
Marino Giovan Battista L'Adone - parte 1 725
Marino Giovan Battista L'Adone - parte 2 584
Metastasio Pietro Didone abbandonata 77
Parini Giuseppe Dialogo sopra la nobilt 15
Parini Giuseppe Il Giorno 166
Autori e opere presenti nel secondo CD
Parini Giuseppe Le Odi 81
Parini Giuseppe Poesie di Ripano Eupilino 77
Tasso Torquato Aminta 65
Tasso Torquato Apologia in difesa della "Gerusalemme liberata" 62
Tasso Torquato Dialogo 16
Tasso Torquato Il Beltramo overo de la cortesia 9
Tasso Torquato Il Cataneo overo de le conclusioni amorose 27
Tasso Torquato Il Ficino overo de l'arte 16
Tasso Torquato Il Malpiglio overo de la corte 16
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Tasso Torquato Il Messaggiero 55
Tasso Torquato Il padre di famiglia 41
Tasso Torquato Il Re Torrismondo 107
Tasso Torquato La Cavaletta overo de la poesia toscana 46
Tasso Torquato La Gerusalemme liberata 491
Tasso Torquato La Molza overo de l'amore 11
Tasso Torquato Rime d'amore 271
Tasso Torquato Rime d'occasione o d'encomio - parte 1 117
Tasso Torquato Rime d'occasione o d'encomio - parte 2 414
Tasso Torquato Rime d'occasione o d'encomio - parte 3 278
Tasso Torquato Rime sacre 60
Tasso Torquato Rinaldo 246
Vasari Giorgio Le Vite - parte prima 362
Vasari Giorgio Le Vite - parte seconda 291
Verri Pietro Disorso sull'indole del piacere e del dolore 57
Totale autori = 22 Totale opere = 89 13159
Autori e opere presenti nel secondo CD

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