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23 maggio 2005 - rev.

3 settembre 2005 (sintesi del 27 ottobre 2009)

S U L L A C H I M I C A FA R M A C O L O G I C A D E L L E
S O S TA N Z E N AT U R A L I O Z O N I Z Z AT E
- prime osservazioni -
Gualtiero A.N. Valeri
Valeri Consulenza Industriale – Via Besso, 59 – 6906 Lugano
e-mail: valeri@valericonsulenza.eu

L’ O Z O N O

L’ozono è una forma allotropica dell’ossigeno, formata da molecole triatomiche anziché


biatomiche come l’ossigeno ordinario, ottenuto per la prima volta da Schöembein nel 1839,
identificato chimicamente da Soret nel 1863, e che da circa un secolo ha iniziato a trovare
applicazione industriale con il trattamento delle acque potabili (Nizza 1906).
É un gas instabile (gassoso, a 20°C ha un tempo di dimezzamento di tre giorni, in soluzione
acquosa di 20 minuti), ed allo stato liquido è esplosivo. Non può dunque essere conservato, e deve
essere prodotto al momento dell’uso.
Ha odore caratteristico, pungente (il suo nome deriva dal greco όζω, aver odore), è molto
irritante per le mucose.
La sua importanza pratica è collegata al suo altissimo potenziale ossidante (secondo solo a
quello del fluoro, al quarto posto se consideriamo anche il radicale ossidrile e l’ossigeno nascente),
e, correlatamente, ad essere un forte vettore d'energia chimica.
La produzione d'ozono si attua prevalentemente tramite scariche silenziose in celle che
ricalcano il brevetto di Werner Von Siemens del 1857 ed i generatori d’ozono progettati da
Welsbach nel 1950.

LE REAZIONI CHIMICHE PRODOTTE DALL'OZONO

Come già detto, l'ozono è caratterizzato per avere un altissimo potenziale ossidante, sì che sia
allo stato di miscele gassose, sia in soluzione acquosa.
Le molecole organiche possono essere completamente degradate dall'ozono: per questo, a
livello industriale, l'ozono è utilizzato per eliminare inquinanti difficili da acque reflue.
A concentrazioni controllate esso può produrre l'ossidazione di vari gruppi funzionali, alla pari
d'altri ossidanti forti.
Reazione particolarmente importante è quella d'addizione ai doppi legami, con formazione di
gruppi ciclici - molozonuri ed ozonuri - che poi possono aprirsi per frammentare la catena originaria
generando nuovi gruppi aldeidici e carbossilici.

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Gualtiero A.N. Valeri "Sulla chimica farmacologica delle sostanze naturali ozonizzate - prime osservazioni" – 23/5/2005 - rev. 3/9/2005 (sintesi del 27/10/2009)
In letteratura si fa cenno anche alla formazione di gruppi idroperossido.
Si osserva che se l'interesse farmacologico si dimostri particolarmente collegato ai gruppi
idroperossido - e ad acidi perossicarbossilici -, essi potrebbero derivare non solo da sostanze in cui
siano presenti doppi legami, ma anche da sostanze contenenti gruppi ossidrilici, aldeidici e
carbossilici.
Allo stato attuale, sebbene l'ossidazione d'oli insaturi prodotta dall'ozono sia un processo
applicato da più di un secolo allo scopo, però, di ottenere un'ossidazione spinta per la produzione
d'oli ossidati per l'industria delle vernici, l'ossidazione d'oli insaturi a scopo farmacologico si può
far risalire al 1960÷1970, principalmente per opera di medici cubani, più o meno
contemporaneamente agli inizi dell'uso d'ossigeno ozonizzato in terapia.
L'ozonizzazione è generalmente condotta, nei paesi dell'America Centrale e Meridionale in
condizioni blande, con una corrente d'aria sottoposta all'azione di raggi ultravioletti.
In tali condizioni si può ipotizzare che prevalga la formazione di molozonuri ed ozonuri,
perossidi e sembrerebbe anche idroperossidi.
Lo studio dei prodotti d'ozonizzazione degli oli insaturi deve essere, tuttavia, ad avviso dello
scrivente, ancora molto approfondito.

NOTA SULLA BIBLIOGRAFIA DISPONIBILE CIRCA LE SOSTANZE NATURALI OZONIZZATE

La letteratura sino ad oggi acquisita è prevalentemente quella disponibile in siti Web,


soprattutto d'organizzazioni scientifiche cubane.
Le pubblicazioni sull'argomento sono perlopiù comparse su "Revista CENIC Ciencìas
Quìmicas" e "Revista CENIC Ciencìas Biologicas", irreperibili in Italia; materiale meno specifico è
comparso anche su altre pubblicazioni, al momento presente in fase di reperimento.
In fase di reperimento sono anche dei brevetti in qualche modo correlati all'argomento.

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Tuttavia, le seppur apparentemente non precise ed approfondite informazioni acquisite, hanno
fornito una base sufficiente a formulare delle ipotesi sul chimismo dell'ozonizzazione d'oli insaturi.
Su questa si è impostato il lavoro sperimentale, preferendo un riesame sistematico del fenomeno
all'operare sulla base d'informazioni incerte e non sempre attendibili sul piano chimico.

STATO DELLE CONOSCENZE CIRCA LA CHIMICA FARMACOLOGICA DEI COMPOSTI OZONIZZATI

Le ricerche (in particolare a Cuba) si sono sinora concentrate in particolare sull'olio di girasole
ozonizzato ("Oleozòn®") poiché l'olio di girasole è un prodotto facilmente disponibile nell'America
Centrale e particolarmente ricco d'acidi grassi insaturi. Si rammenta come l'olio di girasole sia
composto per il 97÷98% di trigliceridi degli acidi oleico, stearico, palmitico, linoleico, laurico,
miristico e linolenico.
Secondariamente in letteratura si cita l'olio d'oliva, assai raramente altri oli (olio di ricino, burro
di cacao) o composti (acido sorbico ozonizzato come germicida).
Appare curioso il riferimento trovato in un sito italiano ad "Olio extravergine d'oliva biologico"
ed "Olio extravergine d'oliva", cui segue la citazione dell'olio di jojoba, dell'olio di germe di grano,
dell'olio d'iperico, dell'olio di mais. Affiora una scarsa chiarezza sul fatto che l'ozonizzazione non
apporta "ulteriori" proprietà farmacologiche agli oli di per se con note proprietà dermocosmetiche,
ma ne modifica in modo importante la struttura chimica con la formazione di composti con un tipo
d'attività farmacologica affatto diversa.
L'ozono è particolarmente solubile nei grassi, quindi anche il burro di karitè (Shea Butter) o lo
stearato di glicerile potrebbero trattenere disciolte delle piccole quantità d'ozono libero, ma questo
non sarebbe stabilizzato che in minima misura dalla formazione di ozonoderivati organici.
È da osservare che tale concetto è perfettamente chiaro ai ricercatori dell'America Latina, che
mirano particolarmente all'impiego d'oli con un alto grado d'insaturazione, più suscettibili di
formare elevati quantitativi d'ozonuri. Il concetto, a quanto si è potuto dedurre, è stato recepito bene
dalle farmacopee statunitense e britannica, che comprendono questi composti, arrivando a scegliere
alcuni degli stessi parametri da noi impiegati per una caratterizzazione macroscopica dell'attività
degli oli ozonizzati (gli studi, ripetiamo, sono, tuttavia, in stragrande maggioranza d'autori
dell'America Latina, mentre il mondo medico occidentale è finora stato pressoché esclusivamente e
sporadicamente fruitore di tali ricerche, senza aggiungervi alcun contributo originale, diversamente
dal caso dell'ozonoterapia).
A questo punto, è bene ritornare sul fatto che gli ozonuri si spezzano formando un gruppo
aldeidico ed un gruppo carbossilico, come noto dalla chimica analitica organica, se sottoposti
all'azione dell'acqua e di un riducente. È pure intuibile come la cinetica di decomposizione dei
derivati ozonizzati sia accelerata dalla presenza d'acqua. Da ciò deriva che preparati contenenti
ozonizzati, debbono sempre escludere l'acqua e composti riducenti, chimicamente incompatibili con
gli ozonizzati.
È pure bene rammentare che molti composti farmacologicamente attivi presenti nelle sostanze
di partenza possano essere distrutti dalla violenta azione ossidante dell'ozono, che, come visto, può
distruggere anche fenoli e composti aromatici.
Questi dati ci orientano in maniera sufficiente sulle sostanze che possono produrre composti
farmacologicamente interessanti per ozonizzazione e quali invece no.
Si riassumono, desumendole dalla letteratura, le patologie contro cui gli oli ozonizzati sono
utilizzati o, perlomeno, sono stati sperimentati (non si entra, per ora, nel merito di dove vi sia stato,

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o sia presumibile, un riscontro positivo al trattamento):
1. Acne juvenilis
2. Acne vulgar
3. Affezioni dermatologiche diverse
4. Affezioni reumatiche
5. Antibatterico in generale
6. Antidolorifico
7. Antimicotico in generale
8. Candidosi vaginali
9. Cheratiti
10. Cicatrici cheloidi
11. Ematomi
12. Emorroidi
13. Epidermofitosi
14. Epidermofitosi del piede
15. Fenomeni senili d'iperpigmentazione cutanea
16. Ferite infette
17. Fistole
18. Geloni
19. Gengivostomatiti
20. Gonfiori da rallentato circolo veno- linfatico
21. Herpes genitalis
22. Herpes simplex
23. Herpes zoster
24. Impurità della pelle
25. Infezioni del condotto radicolare dentale
26. Iperestesia dentale
27. Ipodermite indurativa
28. Onicomicosi
29. Otiti esterne croniche
30. Piaghe da decubito
31. Piede d'atleta
32. Riniti di varia natura
33. Smagliature della pelle

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34. Trattamento delle ferite chirurgiche
35. Trattamento d'affezioni da acari
36. Ulcera gastroduodenale
37. Ulcerazioni degli arti inferiori
38. Vaginiti
39. Vasodilatatore
40. Vulvovaginiti
Si segnalano, inoltre, impieghi di tipo squisitamente cosmetico.
I derivati naturali ozonizzati sono dunque di certo utili nella terapia di un vasto repertorio di
patologie: bisogna capire l'origine di ciò ed i meccanismi farmacologici relativi, senza cadere nella
tentazione di credere che possano esse utili per ogni cosa ed in un facile empirismo.
Senza dubbio, una delle osservazioni più interessanti è che l'uso di derivati naturali ozonizzati
(oli) apporta in forma diretta ai tessuti lo stesso tipo di composti che si potrebbero formare per
tramite dell'azione dell'ozono - come nell'ozonoterapia - sui tessuti stessi, o, quantomeno, inducono
la formazione dei medesimi gruppi funzionali.
I perossidi, inoltre, stimolano i sistemi ossido-riduttivi enzimatici, favorendo il trasporto
dell'ossigeno nella catena respiratoria mitocondriale.
Un'osservazione: i perossidi sono sì degli ossidanti, ma, come nel caso del perossido d'idrogeno
in certe reazioni della chimica analitica, possono agire anche da riducenti, nonché formare radicali
liberi che si ricombinano con i radicali liberi generati nell'attività biochimica dei tessuti.
Riassumiamo brevemente i gruppi funzionali prodotti sui composti organici per azione
dell'ozono: molozonuri, ozonuri, perossidi, idroperossidi, acidi perossicarbossilici, aldeidi, acidi
carbossilici.
Spostiamo ora la nostra attenzione ad un ambito più "biologico", riassumendo gli effetti
osservati dei composti ozonizzati:
a) Antibiotico ad ampio spettro, in grado di agire su germi e funghi come antisettico.
b) Antivirale, sebbene non riesca ad uccidere i virus, ne impedisce la moltiplicazione poiché
ne inibisce i gruppi funzionali che permettono loro di aggredire e penetrare attraverso le
membrane cellulari; ha altresì, a quanto pare, un'azione letale sulle cellule intaccate dai
virus.
c) Acaricida.
d) Apportatori d'ossigeno libero ai tessuti, con evidenti vantaggi metabolici nel meccanismo
di respirazione degli stessi.
e) Inibitori di radicali liberi, per ricombinazione di questi.
f) Riducente ove (correlatamente al punto precedente) siano in gioco ossidanti più forti ove i
gruppi perossidici possano agire da riducenti (vedi i radicali ossidrili: ne possiamo qui
ipotizzare l'uso per il trattamento d'ustioni leggere da radiazioni ionizzanti).
g) Vasodilatatore.
h) Antidolorifico, per la virtù di agire positivamente sui tessuti infiammati.

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i) Vulnerario, per l'azione antibiotica ed atta a favorire la ripresa dei tessuti, inibendo inoltre
lo svilupparsi di fenomeni di necrosi.
j) Possiamo ancora, per quanto detto sopra, ipotizzarne l'uso nel trattamento d'ustioni (sia da
calore sia da agenti chimici), badando di depositare i preparati in strati sottili ed
adeguatamente formulati onde non sfavorire lo scambio gassoso con l'atmosfera.

PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE DEI COMPOSTI OZONIZZATI E POTENZIALI ELETTROCHIMICI

Si è soffermati sinora su aspetti "classici" della farmacologia degli oli ozonizzati (ed in parte
anche dell'ozono).
Ma mai sinora si sono osservati due aspetti elettrochimici, o, se vogliamo, di tipo biofisico:
I. I composti ozonizzati sono caratterizzati da potenziali elettrochimici di semipila elevati nel
momento che vengono a contatto con i tessuti, determinando potenziali e correnti
logicamente non trascurabili a livello cellulare.
II. La teoria dell'asepsi va reinterpretata, almeno parzialmente, secondo schemi chimico-fisici
più moderni: ogni tipo di microrganismo ha un proprio campo di vita che, riportato su
un diagramma cartesiano a quattro assi, divengono il potenziale elettrochimico, l'attività
degli ioni idrogeno, la tensione osmotica, la temperatura. Ogni microrganismo ha un
suo dominio vitale preciso in questo spazio quadridimensionale, al di fuori del quale
entra in stato di stasi o muore. Si rammenta come già Luis Pasteur aveva osservato
l'importanza del fattore pH per le fermentazioni, e del fattore temperatura per lo
sviluppo del carbonchio nelle galline. Sono inoltre noti studi sulla crescita di colonie
d'organismi marini (es. Molgula) in base alla concentrazione salina ed alla temperatura.
Sempre già Pasteur, aveva notato le differenze dello sviluppo di colonie di lievito e del
loro metabolismo in ambiente aerobico od anaerobico, indirettamente, cioè, sulla base
del potenziale elettrochimico.
Per ciò che concerne il punto I), si nota come il moto delle cariche attraverso i tessuti giochi un
ruolo importante nei meccanismi fisiologici. Nel 1930, Ugo Cerletti introdusse nella pratica della
psichiatria clinica l'elettroshock per la cura di molti disturbi, tra cui quelli a carattere depressivo. In
questo caso, possiamo pensare che una violenta depolarizzazione a livello cellulare fosse indotta dal
passaggio della corrente attraverso il tessuto nervoso. Nella metà del XX secolo, il medico e
psicanalista tedesco William Reich introdusse un particolare dispositivo di fatto agente come una
serie di condensatori posti tra l'organismo del paziente e con l'altro polo costituito dal potenziale
atmosferico, cioè la camera orgonica. Messo in funzione il dispositivo, particelle cariche - che
Reich chiama orgoni - tracciano scie luminose nel buio della camera, per il frenamento di tali
particelle attraverso l'aria. Anche con la camera orgonica abbiamo intuitivamente una
depolarizzazione dei tessuti, in seguito al quale solitamente si osserva il recupero di uno stato di
benessere nel paziente affetto da stress fisici o psichici. Intorno al 1960, nella pratica della
psichiatria clinica s'introduce l'uso dei sali di litio, sino allora noti come diuretici, estendendone, nel
giro di un paio di decenni, l'uso dalle forme schizofreniche a quelle depressive. Non sono
esattamente noti i meccanismi d'azione del litio. Ma si vuole rilevare che lo ione litio è il più
piccolo ione della tavola periodica e quello dotato del più grande rapporto carica/massa (non
possiamo contare lo ione idrogeno poiché nei sistemi biologici presente in forma di H3O+, P.F. pari a
19 Dalton, contro il 6,94 Dalton dello ione Li+). Esso dunque ha una grande mobilità nei tessuti e,
con tutta probabilità, anche attraverso le membrane cellulari, agendo come trasportatore di carica e
depolarizzante. Simili effetti possiamo attenderli dall'ozonoterapia con grande autoemotrasfusione,

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e qui ipotizziamo un effetto dovuto, appunto, ai potenziali elettrochimici prodotti dal trasporto
dell'ozono e delle molecole derivate attraverso i tessuti e le conseguenti microcorrenti generatesi.
Da queste considerazioni si potrebbe estendere il caso particolare del ruolo dei potenziali
elettrochimici nell'organismo ad un generale modello fisiologico fondato sulla teoria del potenziale
chimico, che aprirebbe un terzo ramo della fisiologia: dopo lo studio fisiomeccanico dei fenomeni e
quello fisiochimico, uno studio basato su un'impostazione fisioenergetica, dove non ci limitiamo a
considerare le reazioni biochimiche in gioco, ma ne consideriamo l'aspetto termodinamico.
Queste premesse ci portano a formulare un'interpretazione più generale dell'azione
farmacologica degli ozonoderivati, ovvero l'interpretazione elettrochimica/termochimica, ossia in
termini di potenziali energetici piuttosto che considerarne verticalmente gli aspetti
chimico-organici.
Queste considerazioni danno quantomeno un'idea interpretativa dell'ampiezza dello spettro
d'azione farmacologica di questi composti.
Il numero di perossido ci dà una misura del potenziale elettrochimico capace di generare il
composto ottenuto, mentre il suo peso molecolare ed affinità con i tessuti ci dà una misura della sua
velocità di diffusione attraverso i tessuti, dunque la capacità di raggiungere, per diffusione appunto,
zone più o meno profonde.
Questo ci ha portato alla considerazione di tentare l'ozonizzazione dell'acido oleico e dei
terpeni: mentre i grassi hanno un peso molecolare di 850÷900 Dalton con un numero variabile di
doppi legami (il sito maggiormente sensibile a legarsi con la molecola d'ozono), l'acido oleico ha un
peso molecolare di 282,46 Dalton con un doppio legame per molecola, ed il limonene ha un peso
molecolare di 136,23 Dalton con due doppi legami per molecola.

CONCLUSIONI

Le sperimentazioni e le analisi finora effettuate hanno confermato le ipotesi formulate, e


dimostrata la necessità di ricerche più approfondite, in primis la determinazione almeno qualitativa
dei composti formati dall'azione dell'ozono.
Alcune prove eseguite, hanno inoltre mostrato come corrispondano a realtà le attese proprietà
farmacologiche dell'Acido Oleico e dei Terpeni ozonizzati: in modo particolare sono stati ottimi i
risultati avuti su psoriasi, dolori artrosici e per il trattamento di problemi vaginali.
Di grande interesse sarebbe verificare l'azione dell'Acido Oleico ozonizzato in forma di perle
per il trattamento delle infezioni da Elicobacter Pilori.
Sarebbe opportuno ora indagare sui prodotti dell'ozonizzazione tramite LC-MS, e chiarire la
natura chimica dei vapori bianchi evoluti nell'ozonizzazione dei terpeni, nonché del balsamo che
precipita quando detti terpeni sono diluiti in paraffina (mentre la precipitazione non ha luogo se la
diluizione di essi avviene in Acido Oleico).
Questa indagine si è già dimostrata possibile in una prova condotta presso il Dipartimento di
Chimica Farmaceutica dell'Università di Padova.
Tale ulteriore studio aprirebbe la strada sia al perfezionamento del processo di ozonizzazione,
sia a comprendere esattamente l'azione farmacologica di questi principi attivi, sia ad aprire nuove
prospettive circa le possibili applicazioni terapeutiche, sia a selezionare nuove sostanze naturali che
forniscano principi attivi interessanti tramite l'ozonizzazione.
A quanto è noto sinora, il processo ed il prodotto dell'ozonizzazione dell'Acido Oleico e dei

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Terpeni è tutelabile da brevetto d'invenzione industriale.
Sarebbe inoltre da considerarsi la possibilità di un'indagine clinica sistematica sui prodotti
ottenuti applicati in varie patologie.
Da ultimo ma non meno importante, sarebbe lo spingere più a fondo, direi capillarmente, le
ricerche bibliografiche almeno sulle fonti note ma non immediatamente reperibili od addirittura
irreperibili nel nostro Paese, per la possibilità di acquisire nuovi dati particolarmente ove le ricerche
chimiche, farmacologiche e mediche non siano state adeguatamente sviluppate dagli autori, come
appare che effettivamente sia sinora avvenuto.

Sirmione, 3 settembre 2005 G u a l t i e ro A. N. Va le r i

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