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Rapporto

CESI
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CESI Via R. Rubattino 54 Capitale sociale 8 550 000 Euro Registro Imprese di Milano
Centro Elettrotecnico 20134 Milano - Italia interamente versato Sezione Ordinaria
Sperimentale Italiano Telefono +39 022125.1 Codice fiscale e numero N. R.E.A. 429222
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Cliente: RdS
Oggetto: Fondazioni di turbo-alternatori - Metodologie per la verifica del
comportamento strutturale e per gli eventuali interventi di ripristino
Ordine: Contratto CESI n 71/00300
Note: ASISGEN/DEGRADO/2003
senza l'autorizzazione scritta del CESI questo documento pu essere riprodotto solo
integralmente
N. pagine: 63
Data: 15/05/2003
Elaborato: CESI - SFR IDS Franco Bettinali, Maria Elena Gobbi
Verificato: CESI - SFR IDS Guido Mazz
Approvato: CESI SFR IDS Guido Mazz
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Copyright 2003 by CESI. All rights reserved - Activity code 34751U
Keywords: 12035F, 20110I, 20220B, 20222X, 21320J, 21621J, 29320H, 41030F, 51250F, 60430A
Indice
EXECUTIVE SUMMARY....................................................................................................................................... 3
INTRODUZIONE..................................................................................................................................................... 4
LE FONDAZIONI DI TURBOALTERNATORI - TIPOLOGIE....................................................................... 4
1.1 CAVALLETTI DI TIPO RIGIDO........................................................................................................................... 5
1.2 CAVALLETTI CON SUPPORTI ELASTICI ............................................................................................................. 6
PROGETTO E VERIFICA DELLE FONDAZIONI DEI TURBO ALTERNATORI....................................... 7
1.3 ANALISI DINAMICA......................................................................................................................................... 7
1.4 ANALISI STATICA............................................................................................................................................ 7
CARATTERIZZAZIONE DI FONDAZIONI ESISTENTI ................................................................................. 8
1.5 ACCERTAMENTO DI UN EVENTUALE DEGRADO FISICO-CHIMICO DEL CALCESTRUZZO..................................... 9
1.5.1 Reazione alcali-aggregato .................................................................................................................. 10
1.5.2 Attacco solfatico.................................................................................................................................. 10
1.5.3 Altri tipi di degrado............................................................................................................................. 11
1.6 CARATTERIZZAZIONE MECCANICA E DEFORMATIVA DEL CALCESTRUZZO E DEL TERRENO ........................... 12
1.7 CARATTERIZZAZIONE DELLA FONDAZIONE (IDENTIFICAZIONE STRUTTURALE) ............................................ 13
INTERVENTI SU FONDAZIONI ESISTENTI .................................................................................................. 14
1.8 RIPRISTINO DEL CALCESTRUZZO AMMALORATO........................................................................................... 15
1.9 MODIFICHE DEGLI ANCORAGGI..................................................................................................................... 16
1.10 INTERVENTI SU ELEMENTI STRUTTURALI. ................................................................................................. 16
1.11 MODIFICHE ALLO SCHEMA STRUTTURALE DELLA FONDAZIONE................................................................ 18
COLLAUDO E MONITORAGGIO DI FONDAZIONI ..................................................................................... 19
BIBLIOGRAFIA..................................................................................................................................................... 20
FIGURE................................................................................................................................................................... 23
ALLEGATI ............................................................................................................................................................. 34
ALLEGATO A.................................................................................................................................................... 36
ALLEGATO B.................................................................................................................................................... 47
ALLEGATO C.................................................................................................................................................... 52
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STORIA DELLE REVISIONI
Numero
revisione
Data Protocollo Lista delle modifiche e/o dei paragrafi
modificati
EXECUTIVE SUMMARY
Tra gli impianti di produzione di energia elettrica installati in tutto il mondo, oltre un terzo ha
pi di 30 anni ed quindi piuttosto comune il caso in cui necessario procedere alla
sostituzione delle macchine, ormai obsolete o giunte al termine della loro vita utile. Questo
problema si presenta anche per i turboalternatori di elevata potenza, in particolare per quelli
montati a quote superiori al livello del suolo, e comporta in generale una approfondita revisione
delle loro strutture di fondazione.
Tali strutture, correntemente chiamate cavalletti, sono generalmente realizzate in c.a.
(cemento armato), hanno una struttura massiccia e sono piuttosto complesse, non tanto per lo
schema strutturale, ma a causa dei requisiti, spesso contrastanti, cui devono rispondere.
I cavalletti, in analogia a quanto si pu verificare a tutte le strutture in c.a., possono essere
soggetti nel corso della loro vita a condizioni o eventi che determinano il degrado delle
caratteristiche dei materiali o delle prestazioni strutturali. In tale evenienza, e in relazione al
grado di declassamento, sono necessari interventi di crescente entit.
Nel caso limite di una eventuale sostituzione delle macchine va verificata la possibilit di un
riutilizzo delle fondazioni. In questo caso va valutato lo stato di conservazione dellopera e, in
funzione di questo e dei carichi forniti dal nuovo macchinario, va verificato lo stato tensio-
deformativo e il comportamento dinamico del cavalletto.
Nel rapporto vengono descritti i principali metodi e le tecniche per la caratterizzazione di una
fondazione esistente e come sia possibile individuare le possibili fonti di un degrado in atto.
Vengono inoltre riportati esempi di ripristino del calcestruzzo danneggiato, di modifiche al
sistema degli ancoraggi e di interventi sugli elementi strutturali.
In allegato viene riportato un articolo che descrive le caratteristiche, le modalit dimpiego
nonch i vantaggi, rispetto ai metodi tradizionali di misura delle deformazioni delle strutture,
del metodo del livello idrostatico, messo a punto ed utilizzato da decenni dallENEL.
Tra le poche informazioni disponibili in letteratura sono stati selezionati due articoli che
descrivono come si pu procedere nel caso si debba riadattare un vecchio cavalletto o ripararne
uno severamente danneggiato dal fuoco.
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INTRODUZIONE
Oltre un terzo degli impianti di produzione elettrica al mondo ha pi di 30 anni. Nella maggior
parte dei casi diventa necessario, per ragioni varie, modificare questi impianti operando una
sostituzione di macchine, ormai obsolete o giunte al termine della loro vita utile. Questo
problema si presenta anche per i turboalternatori di elevata potenza e comporta in generale una
approfondita revisione delle loro strutture di fondazione.
Queste strutture, nel caso di turboalternatori sistemati, per esigenze impiantistiche, a quote
superiori rispetto al livello del suolo, sono correntemente chiamate cavalletti. Si tratta di
opere, in generale in c.a., piuttosto massicce e che risultano complesse non tanto per lo schema
strutturale, quanto per i requisiti, spesso contrastanti, cui devono rispondere.
Da un lato infatti, la geometria fortemente condizionata dalla disposizione degli impianti, dal
passaggio di tubi ecc., con apertura di vuoti e vani interni (vedi fig. 1,2,3) che riducono la
rigidezza degli elementi, dallaltro va garantita una sufficiente indeformabilit dei piani di
appoggio delle macchine per evitare disallineamenti dellalbero che, nei turboalternatori di
potenza elevata, devono essere mantenuti entro limiti estremamente ridotti per consentire il
regolare funzionamento.
La geometria del cavalletto condiziona, inoltre, in modo sostanziale il comportamento
vibrazionale del complesso macchina/fondazione e quindi anche i relativi sforzi, sia in
funzionamento normale sia, soprattutto, in caso di incidente.
La necessit di evitare gravi fenomeni di risonanza, di limitare le ampiezze di oscillazione dei
punti di appoggio e le eventuali interferenze con costruzioni adiacenti, rende spesso difficile sia
il progetto che la modifica di queste particolari opere.
Come per tutte le strutture in c.a. anche per i cavalletti si possono verificare, nel tempo,
condizioni o eventi che determinano un degrado delle caratteristiche dei materiali o delle
prestazioni strutturali dellopera e che richiedono interventi di crescente entit.
Un caso limite costituito dalla sostituzione delle macchine stesse che pu comportare un
significativo adeguamento di tali fondazioni: il primo passo verificare la possibilit di un loro
riutilizzo limitando al massimo le modifiche e le demolizioni.
A tal fine necessario valutare lo stato di conservazione dellopera e, in funzione di questo e
dei carichi forniti dal nuovo macchinario, ricalcolare, con appropriate analisi numeriche, lo
stato tensio-deformativo e il comportamento dinamico del cavalletto.
LE FONDAZIONI DI TURBOALTERNATORI - TIPOLOGIE
I sistemi di fondazione dei turboalternatori, sia a vapore sia a gas, cui ci si riferisce, sono
chiamati a sostenere e a mantenere in posizione il gruppo del turboalternatore e gli organi
ausiliari ad esso direttamente connessi e a trasmettere al terreno i carichi statici e dinamici del
macchinario sostenuto.
Tali fondazioni devono sopportare, durante il funzionamento delle macchine, azioni di diverso
tipo, in particolare le azioni dinamiche prodotte dagli squilibri delle masse rotanti. Devono
inoltre rispettare, durante il normale esercizio, particolari limiti di deformabilit richiesti per il
buon funzionamento della macchina e, nello stesso tempo, garantire la resistenza in condizioni
accidentali quali, ad esempio, lo spalettamento (rottura delle palette della turbina).
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Il progetto deve assicurare che il funzionamento dinamico della macchina a regime non
trasmetta vibrazioni indesiderate ad altre parti dellimpianto e allesterno.
Per contro, si dovranno considerare le eventuali vibrazioni naturali (ad es. sisma) o quelle
indotte dallambiente circostante da altre sorgenti di oscillazioni. Criteri importanti per valutare
ladeguatezza del supporto sono le ampiezze di oscillazione in punti significativi delle
fondazioni.
In caso di incidente, la struttura deve essere predisposta per minimizzare i danni e consentire un
rapido riavviamento del gruppo.
Negli anni, in funzione anche dellevoluzione delle macchine e della loro potenza, si sono
sviluppate diverse filosofie di progettazione degli impianti che hanno comportato, per i
cavalletti, soluzioni strutturali assai differenti. Nel seguito vengono riportati i criteri informatori
e le caratteristiche salienti delle principali tipologie di cavalletto esistenti in Italia e al mondo, e
riconducibili a due grosse categorie: cavalletti di tipo rigido e cavalletti con supporti elastici.
1.1 Cavalletti di tipo rigido
In Italia i cavalletti sono realizzati, nella maggior parte dei casi, in cemento armato. Le
dimensioni dipendono dalla potenza del gruppo e dalle macchine installate cio turbine,
alternatori e condensatori.
I cavalletti pi grandi (660 MW) presenti in Italia hanno lunghezze superiori ai 50 metri e
larghezze superiori ai 15 m che possono arrivare a pi di 20 m per gruppi con due alberi su uno
stesso cavalletto.
Laltezza , in generale, dettata dalle dimensioni dei condensatori posti sotto le turbine di bassa
pressione, ed dellordine dei 16 18 m.
Il peso di un gruppo turboalteratore di elevata potenza, compresa la piastra di base, pu essere
anche dellordine dei 2.000 kN (gruppi da 660 MW).
Strutturalmente queste opere sono costituite da una piastra superiore in c.a. monolitica,
chiamata deck, costituita da grosse travi longitudinali e trasversali sulle quali sono installate,
con dispositivi che consentono le dilatazioni termiche, le macchine e lalbero rotante supportato
da cuscinetti.
Il deck sostenuto da colonne tra cui vengono posizionati, in generale al di sotto delle turbine
di bassa pressione, i condensatori, usualmente di dimensioni notevoli, dettate dalla necessit di
minimizzare il salto termico dellacqua del circuito di raffreddamento.
Al piede delle colonne , in generale, presente una robusta piastra di fondazione, chiamata
mat, con la funzione di trasferire i carichi al terreno (o alla palificata) e di limitare gli
eventuali cedimenti differenziali del suolo (fig. 1a).
In alcuni cavalletti non recenti, si ritrovano ulteriori e massicci collegamenti orizzontali tra le
colonne, a quota intermedia, detti mezzanini. Questi particolari cavalletti rigidi, frequenti
negli impianti di progettazione americana di qualche decennio fa e comunemente denominati
cavalletti di tipo americano, sono caratterizzati non solo dalla presenza dei mezzanini, ma
anche da una straordinaria robustezza delle colonne (fig. 1b).
Tale aspetto generale per tutti i cavalletti rigidi, in quanto dimensionati per consentire
linstallazione di condensatori fissati rigidamente alla base e collegati alle turbine con un giunto
elastico.
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Questa disposizione impiantistica comporta che sulla struttura venga a gravare lazione del
vuoto del condensatore: pertanto le colonne devono essere sufficientemente robuste per
evitare che si verifichino deformazioni e disallineamenti di entit tale da compromettere il
corretto funzionamento delle macchine.
Questi cavalletti sono inoltre caratterizzati da una buona resistenza alle azioni sismiche e, anche
in assenza di specifici provvedimenti geotecnici, sono in grado di assorbire cedimenti
differenziali del terreno di fondazione, sia di origine statica sia dinamica, che potrebbero
determinare disallineamenti della macchina.
Va osservato, infine, che si possono talvolta incontrare, specie allestero, cavalletti costituiti da
piastra superiore e piastra di fondazione molto rigide e collegate da colonne molto snelle.
Questo tipo di fondazione non riconducibile al caso dei cavalletti rigidi ora descritti in quanto
non progettato per resistere allazione di condensatori fissati rigidamente alla base.
Infatti in questi cavalletti, leggeri o di tipo francese (fig. 1c), le colonne, molto deformabili
a causa dellelevata lunghezza e della ridottissima sezione (in acciaio o in c.a. e, a volte, cave
allinterno), svolgono la funzione di veri e propri supporti elastici. Tali opere ricadono pertanto
nella categoria di cui al punto 2.2.
1.2 Cavalletti con supporti elastici
Analoghe ai cavalletti rigidi per dimensioni e disposizione generale, tali opere si distinguono da
quelli per il fatto che la piastra superiore in c.a. sostenuta da elementi elastici interposti fra la
stessa e la struttura sottostante.
Il disaccoppiamento fra la piastra superiore e il terreno, che in tal modo si realizza, consente di
limitare la propagazione nellambiente delle vibrazioni generate dalle macchine e di ridurre
lentit di quelle provenienti dallesterno come, ad es. quelle sismiche.
Tale soluzione consente inoltre di recuperare gli eventuali cedimenti differenziali che dovessero
verificarsi nella parte inferiore della fondazione.
Attualmente i supporti elastici pi utilizzati sono costituiti da molle dacciaio (fig. 1d). Nei
cavalletti su molle i supporti, per la loro elevata deformabilit, si comportano, in prima
approssimazione, come molle a carico costante.
Pi precisamente, anche nel caso in cui le strutture sottostanti subiscano cedimenti differenziali,
le molle continuano a esercitare le stesse reazioni sulla piastra superiore che pertanto resta
indisturbata.
Nelleventualit che, in tempi lunghi, i cedimenti differenziali raggiungano valori elevati, le
molle sono predisposte per essere facilmente spessorate, anche a macchina funzionante, in
modo da ristabilire lassetto iniziale della piastra superiore.
Dal punto di vista dinamico la presenza delle molle determina un completo disaccoppiamento
fra la piastra superiore e le strutture sottostanti, evitando ogni propagazione di vibrazioni.
Pertanto le strutture che sostengono le molle non devono essere dimensionate per le azioni
dinamiche indotte dalle macchine.
Questo tipo di fondazione, assai affidabile e presente da tempo in molte centrali estere e
italiane, risulta di concezione simile a quella di un cavalletto con colonne molto snelle e,
pertanto, richiede condensatori non collegati rigidamente alla base ma sostenuti da un sistema
elastico.
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Peraltro, a differenza dei cavalletti leggeri con colonne snelle, quelli su molle sono
efficacemente utilizzati in condizioni geotecniche difficili e in zone sismiche. In questultimo
caso, infatti, possibile inserire agevolmente alcuni semplici smorzatori accoppiati in parallelo
alle molle.
PROGETTO E VERIFICA DELLE FONDAZIONI DEI TURBO ALTERNATORI
Il progetto della fondazione viene definito mediante una procedura iterativa che comprende, in
sequenza, il dimensionamento della struttura, lanalisi dinamica globale, la verifica delle
ampiezze di oscillazione, la definizione delle combinazioni di carico, lanalisi statica globale, la
definizione delle armature e, infine, la verifica delle sezioni in c.a. e della sottofondazione.
Il dimensionamento della struttura consiste nel definire (o ridefinire, in funzione dei risultati del
calcolo) la geometria esterna del cavalletto. Poich tale geometria dipende notevolmente dalle
caratteristiche delle macchine, essenziale in questa fase una collaborazione stretta e
tempestiva tra il progettista strutturale, quello impiantistico e i fornitori del macchinario
(turbina, alternatore e condensatore).
1.3 Analisi dinamica
Sulla base del suddetto pre-dimensionamento si effettua lanalisi dinamica su di un modello
tridimensionale. Il grado di dettaglio della modellazione dipende, oltre che dalla potenza del
gruppo, anche da quanto prescritto dalle norme specifiche (si veda [13 ] e in particolare, per
lanalisi dinamica, il paragrafo 5.2).
Il modello dinamico deve rappresentare opportunamente il cavalletto, le macchine ed,
eventualmente, anche la sottofondazione secondo quanto specificato, in merito, dalle norme
citate.
In generale, scopo primario dellanalisi dinamica il calcolo delle ampiezze di vibrazione del
cavalletto a regime e in fase di avviamento.
La verifica dellammissibilit di tali ampiezze si effettua, in generale, in conformit con quanto
prescritto dalle norme specifiche (vedi ad esempio [1517 ] [1824 ]) .
Se i valori calcolati non sono soddisfacenti, si ritorna alla fase iniziale di dimensionamento
geometrico, si modifica il modello di riferimento e si ripete lanalisi dinamica.
E opportuno che queste fasi vengano effettuate prima che il progetto impiantistico sia
consolidato.
1.4 Analisi statica
Quando le ampiezze di vibrazione risultano soddisfacenti si procede allanalisi statica
predisponendo uno specifico modello di calcolo tridimensionale a cui si applicano, di norma,
tutte le seguenti condizioni elementari di carico:
Peso proprio
Peso macchine
Carichi dimpianto
Peso proprio del condensatore
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Carichi variabili generali
Aspirazione vuoto condensatore
Massimo carico acqua condensatore in funzionamento
Minimo carico acqua condensatore in funzionamento
Carico acqua condensatori in prova idraulica
Momento turbina in funzionamento normale
Momento di cortocircuito dellalternatore
Azioni per errata sincronizzazione e altri incidenti elettrici
Condizioni di carico termico dassieme, in varie condizioni
Gradienti termici verticali e orizzontali nelle travi
Spinte trasversali e longitudinali per dilatazioni termiche delle macchine
Azioni dovute al calore di idratazione del cemento e al ritiro del calcestruzzo
Spinte delle tubazioni
Azioni dinamiche in funzionamento normale per diverse condizioni di sbilanciamento
Azioni dinamiche dincidente in varie condizioni
Cedimenti differenziali del suolo per diverse condizioni
Condizioni di carico sismico probabile
Condizioni di carico sismico massimo
Condizioni di carico significative in fase di costruzione
Le condizioni elementari vengono combinate in funzione dei possibili scenari di carico
prevedibili in fase di costruzione, esercizio o in situazioni anomale (cortocircuito, collaudo
idraulico del condensatore, spalettamento, terremoto ecc.) e in conformit con quanto prescritto
dalle norme specifiche ( [13] - cap.6), da quelle nazionali e da eventuali altre indicate dallo
stesso Committente.
Nel considerare tali combinazioni si associano, alle singole condizioni di carico, coefficienti
amplificativi o riduttivi stabiliti sulla base di considerazioni di carattere probabilistico.
In funzione delle sollecitazioni interne (Momenti, Tagli e Azioni Assiali) calcolate in alcune
sezioni significative, vengono definite, per tutti gli elementi strutturali, le armature di primo
tentativo, sulla base anche delle procedure esecutive previste in cantiere.
A questa fase di pre-dimensionamento delle armature, segue la verifica di tutte le sezioni per le
diverse combinazioni di carico: in particolare viene controllata la conformit delle deformazioni
agli specifici limiti preventivamente concordati e lammissibilit delle sollecitazioni con
riferimento ai regolamenti indicati dal Committente.
Nel caso di sezioni non verificate possibile che, modificando le sole armature si riesca a
soddisfare i requisiti richiesti.
In caso contrario, necessario intervenire anche sulla geometria dellopera (cio sul suo
dimensionamento iniziale) e ripetere, in funzione delle modifiche apportate, le analisi e le
verifiche dinamiche e statiche.
CARATTERIZZAZIONE DI FONDAZIONI ESISTENTI
Come gi detto, per un corretto funzionamento della macchina necessario garantire nel tempo
una ridotta deformabilit del piano dappoggio: nella prassi usuale tale controllo affidato a
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misure sistematiche degli spostamenti di alcuni punti significativi della struttura, contrassegnati
da appositi capisaldi posti sotto controllo dal primo allineamento del gruppo.
Tale attivit, fondamentale per la resa dellimpianto, richiede lutilizzo di strumentazione di
elevata precisione e, nello stesso tempo, di facile impiego: nellAllegato A riportata una
sintesi dellesperienza, pi che decennale, maturata in ambito ENEL nel controllo delle
deformazioni strutturali, in particolare di cavalletti.
Nel caso si verifichino deformazioni superiori a quelle ammissibili, possibile intervenire sui
cuscinetti delle macchine operando alcuni aggiustamenti gi previsti in fase progettuale.
Tuttavia, qualora tale soluzione si rivelasse insufficiente a risolvere il problema, sarebbe
necessario operare sul sistema macchina-basamento con un approccio pi globale.
Lintervento sulle parti fisse dei dispositivi di appoggio delle macchine, anche se limitato a
zone particolari, pu risultare comunque impegnativo poich richiede, in generale, opere di
tipo civile che possono comportare tempi lunghi di esecuzione e, di conseguenza, di fuori
servizio dei gruppi.
Se poi risulta necessario apportare alcuni cambiamenti al macchinario o, addirittura, sostituire
delle macchine con altre diverse, facilmente ne conseguono modifiche strutturali di entit tale
da non poter prescindere da una valutazione del comportamento globale del cavalletto nella sua
mutata configurazione, valutazione che comporta la riesecuzione delle analisi dinamiche e
statiche considerate in fase progettuale.
Tali analisi presuppongono la conoscenza dei nuovi carichi applicati, la definizione delle
eventuali variazioni geometriche e strutturali del cavalletto, quali linserimento o leliminazione
di travi, setti ecc., e la valutazione delle principali caratteristiche meccanico-deformative dei
materiali, caratteristiche che possono aver subito, nel tempo, modifiche non trascurabili.
A questo scopo viene suggerita una metodologia di approccio globale, orientata a caratterizzare,
nel modo pi affidabile e complessivo, lo stato di una struttura esistente.
1.5 Accertamento di un eventuale degrado fisico-chimico del calcestruzzo
La valutazione delle condizioni di una struttura esistente presuppone, da un punto di vista
metodologico e, comunque, in presenza di evidenti segni di deterioramento dei materiali,
laccertamento di eventuali processi di degrado chimico-fisico in atto.
A questo proposito le relative manifestazioni che possono risultare pi critiche per le strutture
in oggetto sono rappresentate dalla presenza di fessurazione superficiale del calcestruzzo e di
rigonfiamento della sua massa.
Tali fenomeni in generale non arrivano a pregiudicare la stabilit globale dellopera, anche se in
alcuni casi, in presenza di elevata iperstaticit della struttura, variazioni volumetriche modeste
possono generare stati di coazione di significativa entit e, di conseguenza, fessurazioni di
notevole importanza.
Il tipo di struttura in esame, comunque, a motivo dei particolari requisiti funzionali cui deve
rispondere, pu risultare molto sensibile anche alle minime variazioni geometriche causate da
un rigonfiamento del calcestruzzo, che si traducono alla fine in deformazioni del piano e
disallineamenti degli appoggi delle macchine capaci di compromettere il corretto
funzionamento dellimpianto.
A questo aumento della deformabilit si possono associare ulteriori fenomeni di degrado
pregiudizievoli per lesercizio: per esempio, uno stato fessurativo diffuso pu ridurre lefficacia
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dellancoraggio di armature poste in prossimit della superficie, favorire il distacco di elementi
superficiali di conglomerato (spalling) e, nel caso di elementi fortemente compressi, innescare
fenomeni di instabilit locale; inoltre pu costituire una via di penetrazione per gli agenti
aggressivi allinterno dello spessore protettivo del copriferro, facilitando cos i diversi fenomeni
di degrado del calcestruzzo e delle armature.
La presenza di rigonfiamento della massa del calcestruzzo e di fessurazione pu essere
ricondotta a diverse cause: alcune sono connesse al materiale stesso quali, per esempio,
linnesco di reazioni alcali-aggregato, lespansione del cemento dovuta a formazione di calce
libera o di ettringite, o quella di aggregati contenenti argille rigonfianti; altre sono correlate
allambiente esterno, quali i cicli di gelo-disgelo o lattacco di acque aggressive come possono
risultare quelle pure, acide o a forte tenore in solfati.
Alla base di questi fenomeni vi sono diverse reazioni chimiche cui conseguono per analoghe
manifestazioni fisiche.
1.5.1 Reazione alcali-aggregato
La reazione alcali-aggregato essenzialmente una reazione chimica tra alcune forme di silice
presenti negli aggregati e gli alcali contenuti nel cemento; il prodotto della reazione un gel
espansivo che provoca linsorgere di stati coattivi, di fessurazioni, in alcuni casi anche di
notevole estensione e apertura, e di un rigonfiamento che pu arrivare a vistose distorsioni di
tutta la struttura.
Il fenomeno, che si manifesta in genere dopo anni dal getto, ma talvolta anche nel corso della
prima fase di vita, richiede il verificarsi contemporaneo di alcune condizioni relative ai
componenti del calcestruzzo e allambiente esterno. In particolare, deve essere presente nel
cemento una quantit sufficiente di alcali (sodio e potassio), generalmente contenuti nel clinker
di Portland come impurit dei materiali impiegati per la sua produzione e nei combustibili
utilizzati nella cottura del clinker stesso.
Sono inoltre necessari, in quantit significativa, aggregati reattivi, costituiti prevalentemente da
silice, soprattutto quella amorfa e quella imperfettamente cristallizzata, quale lopale e la selce.
Infine lambiente deve essere caratterizzato da elevata umidit relativa ( 75%).
Peraltro, poich lavvio alla reazione dato dallacqua di impasto, i calcestruzzi confezionati
con elevati rapporti acqua/cemento sono pi esposti a questo tipo di degrado.
La diagnosi viene condotta svolgendo delle indagini di laboratorio su campioni di calcestruzzo
prelevati dalle zone di massimo rigonfiamento.
Si tratta sostanzialmente di analisi chimiche e diffrattometriche ai raggi X per confermare la
presenza della reazione alcali-aggregato e di indagini mineralogiche, su sezioni sottili del
calcestruzzo, per individuare la presenza di aggregato reattivo.
Un'ulteriore conferma pu aversi analizzando il contenuto di alcali della pasta cementizia
intorno all'inerte.
1.5.2 Attacco solfatico
L'attacco solfatico si pone in relazione soprattutto con le caratteristiche dellambiente in cui il
manufatto collocato: in particolare si verifica in presenza di acque selenitose, di terreni con
tenore di solfato superiore allo 0,2%, di acque marine e di ambienti industriali che emettono
nell'atmosfera vapori o gas ricchi di SO
2
e/o SO
3
.
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Le normative dei diversi Paesi indicano generalmente, per terreni e acqua, i tenori di solfato
pericolosi per una struttura in calcestruzzo [25].
Peraltro lattacco solfatico pu verificarsi anche in presenza di solfati allinterno del
calcestruzzo dovuta a un errato mix-design (ad esempio: aggregati contenenti anidrite - solfato
di calcio).
Il processo di degrado ripercorre le manifestazioni gi evidenziate per la reazione alcali-
aggregato: in una prima fase si presenta sotto forma di una fessurazione diffusa, priva di una
direzione preferenziale; successivamente la fessurazione accompagnata da rigonfiamenti dello
strato corticale che alterano la planarit delle superfici e aumentano l'ampiezza delle fessure;
infine si verificano distacchi e sfaldamenti dello strato corticale.
Anche in questo caso per laccertamento del fenomeno necessario effettuare indagini di
laboratorio su campioni sani e ammalorati prelevati dalla struttura e su campioni di acqua ecc.
per valutare se il solfato proviene dall'ambiente esterno o se gi contenuto nel calcestruzzo.
Analisi chimiche e diffrattometriche ai raggi X su elementi di calcestruzzo degradati
permettono di definire il tipo di sostanza che si formata a seguito dell'attacco dello ione
solfato (gesso biidrato, l'ettringite e la thaumasite) e valutare la gravit del degrado in atto.
Come simulare il fenomeno della reazione alcali-aggregato e valutarne le conseguenze a livello
strutturale oggetto, allo stato attuale, di studi svolti nellambito della Ricerca di Sistema. Per
maggiori particolari al riguardo far riferimento a [26-27]
1.5.3 Altri tipi di degrado
Analoghe considerazioni valgono per altri tipi di attacco chimico-fisico (carbonatazione, cicli
gelo-disgelo, ecc.) che possono interessare i cavalletti nel caso si verifichino particolari
condizioni ambientali: ancora, per valutare se tali processi siano in atto e per individuarne la
natura, necessario eseguire prove specifiche su campioni prelevati in sito.
Caso a parte rappresentato dal verificarsi, in prossimit della struttura, di un incendio che pu
determinare, in un arco di tempo molto ristretto, un danneggiamento del calcestruzzo cos
elevato da ridurre notevolmente la stessa capacit portante degli elementi strutturali.
Il fenomeno maggiormente responsabile di questo tipo di degrado strutturale costituito dal
cosiddetto spalling esplosivo.
Lo spalling caratterizzato dalla separazione netta di porzioni di calcestruzzo, accompagnata da
un tipico rumore esplosivo. Esso normalmente avviene entro i primi 30 40 minuti di
esposizione al fuoco e presenta natura stocastica. Assegnate opportune condizioni ambientali in
termini di carico e di attacco termico, tutti i calcestruzzi hanno potenzialmente la capacit di
soffrire lo spalling.
Tale fenomeno pu manifestarsi come singola esplosione o come serie di esplosioni, ciascuna
delle quali accompagnata dalla rimozione di un sottile strato di calcestruzzo di lunghezza
compresa fra i 100 mm e i 300 mm e spessore variabile fra 15mm e 20mm.
In molti casi lo spalling confinato alla parte non armata della sezione e usualmente non
procede oltre il primo strato di armatura (per esempio, la rete metallica di una piastra o la
gabbia di barre in una trave o in una colonna). In alcuni casi, tuttavia, possibile che si verifichi
unimprovvisa e completa rottura della membratura di calcestruzzo: in tal caso la significativa
perdita di sezione pu compromettere la capacit portante dellelemento strutturale interessato.
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Lo spalling esplosivo pu anche aprire cavit allinterno del calcestruzzo, facilitando cos
lazione diretta della fiamma e minando lintegrit della zona interessata dal fenomeno.
Lanalisi di incidenti avvenuti in edifici mostra che lo spalling avviene, in molti casi, in
corrispondenza del soffitto dei solai e degli spigoli di travi e di colonne. Possono tuttavia essere
interessate dal fenomeno anche le facce laterali di tali elementi.
Un inquadramento sistematico di queste problematiche effettuato nellambito della Ricerca di
Sistema e orientato a valutare la riduzione di resistenza meccanica di elementi di calcestruzzo
armato danneggiati dal fuoco, contenuto in [28].
1.6 Caratterizzazione meccanica e deformativa del calcestruzzo e del terreno
Le caratteristiche fisico-meccanico-deformative dei materiali con cui realizzata unopera e il
suo terreno di fondazione devono essere note prima di poter procedere alle analisi tensio-
deformative.
Calcestruzzo
Di norma la resistenza e la deformabilit di un calcestruzzo integro e non armato vengono
determinati, con buona affidabilit, mediante prove sperimentali su campioni confezionati
allatto del getto. Inoltre, grazie alla numerosa documentazione disponibile in letteratura,
possibile ottenere una valutazione sufficientemente approssimata di tali caratteristiche sulla
base di relazioni teoriche espresse in funzione di alcuni parametri quali il rapporto
acqua/cemento, la dimensione massima degli aggregati, ecc.
Tuttavia possibile che, a seguito di condizioni ambientali non ottimali e di unesecuzione del
getto non accurata, le caratteristiche del calcestruzzo messo in opera risultino inferiori a quelle
attese.
Per esempio, aggiunte non previste di acqua dimpasto per far fronte, ad esempio, a problemi di
fluidit del getto, possono determinare riduzioni della resistenza del calcestruzzo, mentre un
intervento poco efficace di compattazione pu causare formazioni di vespai in alcune zone.
A queste condizioni iniziali si aggiungono poi i fenomeni di invecchiamento del materiale
sottoposto a stati eccessivi di sollecitazione (per esempio variazioni termiche) cui conseguono
fessurazioni diffuse, o a condizioni ambientali aggressive.
Una verifica dello stato di una struttura esistente presuppone quindi la conoscenza, il pi
possibile accurata, delle reali caratteristiche del calcestruzzo messo in opera e lindividuazione
delle eventuali zone di disomogeneit del materiale dovute alla presenza di fessurazioni, vespai
ecc.
Per questo ci si avvale di indagini sperimentali in sito e in laboratorio: per il primo ambito, per
esempio, alcuni metodi non distruttivi, quali le prove sclerometriche, forniscono una
valutazione della resistenza a compressione del calcestruzzo approssimata che per, estesa alla
struttura, pu fornire una mappatura delle zone disomogenee.
Il successivo carotaggio di campioni in alcune zone significative e lesecuzione di prove a
compressione, a trazione diretta e brasiliana ecc. consentono di ottenere una quantificazione pi
realistica dei parametri caratteristici del calcestruzzo da utilizzare per ulteriori valutazioni
quantitative (ad es. modello numerico).
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Terreno di fondazione
La determinazione delle caratteristiche statiche e dinamiche del terreno di fondazione,
soprattutto quando siano presenti opere di sottofondazione, risulta decisamente pi complessa,
non pu prescindere dallesecuzione di indagini geognostiche approfondite e comporta
comunque lassunzione di valori con margini, anche notevoli, di sicurezza.
Questo vale soprattutto in fase di progettazione. La fase realizzativa, che costituisce di fatto una
prova di carico sul terreno in scala reale, pu fornire indicazioni sullaffidabilit dei parametri
assunti nel calcolo soprattutto nelleventualit che si verifichino cedimenti di entit non
prevista.
Peraltro laccertamento dellinfluenza del terreno sul sistema macchina-cavalletto, in relazione
soprattutto al comportamento dinamico in assenza di dispositivi di isolamento, resta comunque
difficoltoso a meno che non si ricorra a metodi di identificazione strutturale.
1.7 Caratterizzazione della fondazione (Identificazione Strutturale)
I controlli evidenziati nei paragrafi precedenti possono essere definiti di tipo locale in quanto
forniscono una valutazione puntuale delle caratteristiche di una struttura.
Il recente sviluppo di tecniche numeriche raffinate consente, allo stato attuale, un approccio
globale a tale problema: pi precisamente, viene fornita una caratterizzazione fisico-meccanica
della struttura in tutte le sue parti mediante il confronto tra prove non distruttive di tipo
dinamico, effettuate sulla struttura reale, e analisi numeriche mediante modello a elementi finiti.
Tale processo, noto con il nome di identificazione strutturale, utilizza una tecnica di diagnostica
indiretta che si basa su una progressiva calibrazione dei parametri fisici del modello strutturale
fino a simulare il reale comportamento dinamico riscontrato per le opere.
In particolare, tale confronto effettuato in riferimento alle propriet modali della struttura,
includendo in queste le frequenze, i coefficienti di smorzamento e le forme modali.
Poich ogni modo dipende dalla forma geometrica, dalle propriet dei materiali e dalle
condizioni di vincolo, se la geometria nota e riprodotta correttamente con il modello ad
elementi finiti, possibile usare i modi per ottenere informazioni sui materiali e sulle
condizioni di vincolo.
Il processo di identificazione usa in genere pochi modi, i quali sono selezionati opportunamente
basandosi sul concetto di energia modale. La differenza tra i dati sperimentali modali e quelli
numerici minimizzata avvalendosi di un procedimento iterativo volto a correggere sia la parte
reale che immaginaria delle frequenze e delle forme modali, parametri che influenzano la
soluzione.
Questo approccio, che costituisce laspetto pi avanzato della ricerca in questo campo,
rappresenta unestensione dellanalisi di identificazione modale classica, poich si basa su
unanalisi modale di tipo complesso. Infatti, nel problema numerico di determinazione degli
autovalori si include esplicitamente la matrice generale di smorzamento, rimuovendo cos i
limiti precedenti dei modelli di smorzamento modale.
Dal punto di vista operativo, il processo di identificazione richiede una modellazione della
struttura a Elementi Finiti di livello sufficientemente accurato; in particolare tale modello deve
rispettare la reale geometria della struttura, adottare una discretizzazione con elementi di
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dimensioni opportune e individuare gruppi di elementi caratterizzati da uguali propriet di
materiale.
Laspetto sperimentale risulta particolarmente delicato in quanto la qualit dei dati sperimentali,
in termini di stabilit delle misure dal punto di vista statistico, e di loro rappresentativit del
comportamento reale della struttura, fondamentale per unidentificazione attendibile.
Inoltre, poich il numero di sensori disponibile in generale limitato e lacquisizione dei dati
costosa, risulta fondamentale ottimizzare la loro localizzazione per garantire misure il pi
possibile efficaci.
Esistono allo stato attuale, strumenti in grado di fornire una pianificazione dellacquisizione dei
dati, cos da selezionare, in modo automatico, la migliore posizione di un dato numero di
sensori in funzione dei modi da misurare. Tali moduli si basano sulla tecnica dellEffective
Independence Distribution Vector. [29-30]
La risposta dinamica pu essere misurata in termini di accelerazione, velocit o spostamenti nel
tempo, a seconda dei sensori disponibili ((accelerometri, trasduttori di velocit sismometri - e
trasduttori di spostamento), degli intervalli di frequenza di interesse, dellampiezza delle
vibrazioni attese, ecc.
In presenza di fessure o giunti vengono impiegati particolari trasduttori di spostamento che
consentono una misura del movimento relativo delle superfici.
Si pu ottenere leccitazione della struttura in diversi modi, a seconda delle risorse disponibili,
delle dimensioni della struttura stessa e degli obiettivi da raggiungere. Nel caso dei cavalletti,
per esempio, possibile avvalersi di attrezzature particolari quali gli eccitatori meccanici
(vibrodine) ecc. o delle azioni indotte dalla macchina nella fase di spegnimento o di avviamento
dellimpianto.
In ogni caso la tipologia di test, lentit delle azioni indotte e le modalit di prova devono essere
selezionati in modo tale da poter garantire che non venga indotto alcun danno nella struttura
esistente.
Lelaborazione dei segnali provenienti dai sensori, installati sullopera nel corso delle indagini
sperimentali in sito, consente di ricavare le caratteristiche modali della struttura. Speciali
algoritmi consentono infatti di estrarre frequenze naturali, smorzamenti ad esso associati e le
forme modali da storie temporali come quelle registrate dai sensori citati. Si ottengono in tal
modo le componenti reali e immaginarie delle frequenze naturali e delle forme modali.
La fase finale del processo consente di identificare i parametri fisici del materiale della struttura
(rigidezza, massa e smorzamento) minimizzando la differenza tra i dati sperimentali modali e
quelli ottenuti per via numerica. In tal modo possibile individuare quelle parti dellopera che
presentano delle caratteristiche disomogenee rispetto al resto.
INTERVENTI SU FONDAZIONI ESISTENTI
A causa dellampia casistica in cui ci si pu normalmente imbattere, diventa difficile analizzare
in modo esaustivo i vari interventi possibili su cavalletti esistenti; pertanto, in un quadro di
riferimento metodologico generale, verranno individuati alcuni livelli di intervento, di entit
crescente, evidenziandone i criteri operativi e indicando alcune soluzioni particolari o
innovative.
Tali soluzioni sono il frutto di studi ed esperienze sviluppate in ambiti diversi dellingegneria
strutturale ma costituiscono valide risposte anche alle problematiche mostrate dai cavalletti di
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turbo-alternatori: ad esse si far riferimento in modo sintetico rimandando lapprofondimento
dei diversi aspetti alla specifica documentazione bibliografica.
1.8 Ripristino del calcestruzzo ammalorato
Qualora si evidenzino problemi di degrado superficiale del calcestruzzo tali da comprometterne
la sua funzione di protezione delle armature, con possibili conseguenze negative anche sulle
prestazioni strutturali, si rende necessario un intervento di ripristino di tipo non strutturale:
questa tra le pi comuni operazioni di manutenzione di unopera e lesperienza accumulata
negli anni ha determinato unevoluzione sia delle tecniche che dei materiali utilizzati.
Allo stato attuale, oltre alle malte di cemento speciali, addittivate con plastificanti, antiritiro,
fibre rinforzate ecc., esiste una vasta gamma di materiali sintetici in grado di rispondere a
qualsiasi requisito di prestazione meccanica e di tempistica e localizzazione dellintervento. In
generale sono richiesti elevata resistenza meccanica, indurimento rapido, ritiro pressoch nullo,
porosit contenuta e tixotropia.
Ladesione tra il materiale esistente e il nuovo resta una condizione essenziale per il successo
dellintervento e presuppone unadeguata preparazione della superficie di supporto, in
particolare la completa eliminazione dello strato di calcestruzzo ammalorato e delleventuale
presenza in esso di strati di olio, grassi, di polveri nonch di ruggine sulle armature.
Questa fase viene realizzata in genere mediante la tecnica di idrodemolizione (acqua ad alta
pressione), o con sabbiatura a secco o a umido.
A titolo di esempio, si riporta, in allegato, la descrizione di un intervento di ripristino del
calcestruzzo effettuato su un cavalletto di turbo alternatore fortemente danneggiato da un
incendio di vaste proporzioni [Allegato B]. Tale soluzione, nonostante la complessit operativa,
venne preferita a una demolizione parziale dellopera in considerazione dei minori tempi
richiesti per la sua realizzazione e, di conseguenza, del pi rapido ristabilimento della massima
potenza produttiva dellimpianto.
Lincendio, causato da olio in pressione fuoriuscito da una guarnizione e infiammatosi al
contatto con tubi roventi, si svilupp per tre ore raggiungendo temperature superiori ai 700 C:
ne risultarono danneggiati sia elementi strutturali, sia impianti meccanici ed elettrici. Le
fiamme, sprigionatesi alla quota del mezzanino intermedio, interessarono inizialmente le
colonne e la parte inferiore del deck, per poi coinvolgere anche il generatore e determinare il
crollo di parte della copertura. Il danno pi consistente si verific immediatamente sotto i
supporti del generatore in corrispondenza degli spigoli e dei lati inferiori delle travi della
piastra: si riscontrarono fessurazioni e distacchi del calcestruzzo di spessore variabile dai 51 ai
610 mm, dovuti sia al contatto diretto del calcestruzzo con le fiamme, sia allinstabilizzazione
delle barre di armatura.
Le operazioni di ripristino del calcestruzzo ammalorato si sono svolte secondo gli usuali schemi
previsti per questo tipo di intervento: tuttavia la complessit del problema ha richiesto la messa
a punto di accorgimenti operativi ad hoc e di una organizzazione di cantiere notevolmente
articolata al fine comprimere al massimo i tempi di esecuzione del lavoro.
Uno studio relativo ad alcune problematiche connesse al calcestruzzo degradato, con
riferimento particolare alla reazione alcali-aggregato, contenuto in [31].
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1.9 Modifiche degli ancoraggi
La necessit di garantire una corretta trasmissione delle sollecitazioni indotte dalla macchina
alla struttura di supporto, non solo in campo statico ma anche dinamico, richiede specifiche
disposizioni costruttive delle armature e adeguate lunghezze di ancoraggio dei ferri. Inoltre, il
sistema armature della struttura, e in particolare del deck, dovendo rispondere
correttamente a severi requisiti statici e deformativi, risulta in generale particolarmente
complesso e implica elevate percentuali di armatura. Pertanto, zone di forte concentrazione di
ferri, anche di grosso diametro, possono essere localizzate proprio in prossimit dei supporti
delle macchine. E chiaro che, nel caso si renda necessaria una modifica proprio al sistema di
ancoraggio delle macchine, un eventuale intervento di demolizione, anche solo di tipo locale,
pu risultare di notevole impegno operativo ed economico. Diventa pertanto importante
minimizzare limpatto di tale intervento anche se lo stesso rappresenta la soluzione comunque
pi vantaggiosa.
Lutilizzo di speciali disposizioni costruttive, che richiedono minori lunghezze di ancoraggio e
che sono progettate per facilitarne linserimento in calcestruzzi esistenti, pu rappresentare una
soluzione a questo problema. Studi sperimentali e numerici, svolti nellambito della ricerca [32,
33, 34], hanno confermato lefficienza di particolari dispositivi di collegamento a trasferire
forze elevate anche in presenza di ancoraggi di ridotta dimensione.
1.10 Interventi su elementi strutturali.
Nel caso sia richiesto un incremento di resistenza e di deformabilit di alcune parti della
fondazione, oppure, per esigenze impiantistiche si renda opportuna una modifica della
geometria di alcuni suoi elementi, necessario intervenire con un rinforzo strutturale. In genere
una soluzione rappresentata dallapplicazione alla struttura esistente di piatti, lastre o profilati
metallici (beton plaqu o placcaggio) cui conseguono una riduzione delle deformazioni ai
carichi di servizio, un aumento della capacit portante e una limitazione degli stati fessurativi.
Tale tecnica, pur dando ottimi risultati, presenta alcuni inconvenienti dovuti ai costi di
installazione, al peso non trascurabile degli elementi metallici che va a gravare sulla struttura, ai
problemi di durabilit dovuti al rischio di corrosione degli elementi stessi.
Nel caso dei cavalletti poi, i vincoli rappresentati dalla presenza di macchine e tubazioni e
dallinterferenza con altre strutture, possono condizionare pesantemente le soluzioni operative e
rendere necessario il ricorso allimpiego di materiali fibro-rinforzati, soluzione pi costosa ma
operativamente pi flessibile e di elevata efficacia strutturale.
Materiali fibro-rinforzati
I materiali fibro-rinforzati sono costituiti da un tessuto di fibre continue, che determina il
comportamento meccanico e da una matrice di resina epossidica che lega le fibre e garantisce
l'adesione del tessuto al supporto e il trasferimento dei carichi; il risultato finale un materiale
che combina alti valori di resistenza, anche alla fatica, e di rigidezza con ottime caratteristiche
di leggerezza e buona durabilit, associate a unelevata facilit di applicazione, alla sua
reversibilit e alladattabilit a qualunque forma, anche complessa, del supporto. Questi
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materiali sono disponibili o come tessuti di fibre ad alte prestazioni da impregnare in opera
oppure come lamine preformate prodotte in stabilimento.
Lutilizzo di differenti fibre consente di ottenere materiali con caratteristiche adeguate agli
specifici requisiti delle strutture da rinforzare.
Per esempio per il rinforzo strutturale di elementi in calcestruzzo sono molto adatte le fibre di
carbonio per via del loro elevato modulo elastico (il carbonio maggiormente utilizzato quello
ad Alta Resistenza che presenta un Modulo di elasticit pari a 230 GPa e resistenza caratterista
alla rottura a trazione f
fk
=40005000 MPa).
I materiali compositi sono anisotropi e quindi le caratteristiche meccaniche dipendono
dall'angolo tra la direzione delle sollecitazioni e l'asse delle fibre.
Per sforzi ortogonali alla tessitura delle fibre, la resistenza e la rigidezza del materiale sono
notevolmente ridotte e coincidenti con quelle della resina.
In s questa caratteristica non costituisce un inconveniente, ma va attentamente valutata in fase
progettuale al fine di disporre i rinforzi secondo direzioni che ottimizzino la loro prestazione
strutturale e lefficacia dellintervento.
Peraltro, sono disponibili sul mercato tessuti pluridirezionali caratterizzati da un
comportamento pressoch isotropo. Questo tipo di materiale viene in genere utilizzato per
elementi strutturali sottoposti a sforzi di taglio, torsione o sollecitazioni con orientamento
multiplo e complesso, mentre tessuti unidirezionali si applicano a strutture sottoposte a
compressione assiale o a flessione semplice.
Va inoltre ricordato che sono disponibili sul mercato fibre di natura differente come ad es. le
aramidiche, normalmente impiegate nelle applicazioni a elementi in muratura, di modulo
elastico pi basso ma con una resistenza a trazione cinque volte superiore a quella dell'acciaio,
un'elevata resistenza all'urto, alla fatica e alle alte temperature.
Sono inoltre disponibili sul mercato anche materiali costituiti da fibre di vetro, di propriet
meccaniche inferiori rispetto alle precedenti ma con buona deformabilit ed ottima
compatibilit con le resine, e da fibre di polivinilalcool che, rappresentando una soluzione di
compromesso tra un buon livello di leggerezza e costi relativamente bassi, sono caratterizzati da
una ridotta resistenza a trazione ma da un'alta deformabilit e un'ottima compatibilit con i
supporti cementizi.
Mentre la conoscenza del comportamento strutturale di questi materiali si avvale di numerosi
studi sperimentali e numerici, dal punto di vista della durabilit nel tempo molti aspetti restano
ancora da approfondire.
A questo riguardo, nellambito della Ricerca di Sistema sono state effettuate alcune indagini
sperimentali volte alla valutazione del decadimento delle caratteristiche fisico-meccaniche di
questi materiali, con particolare riferimento ai compositi rinforzati con fibre di carbonio
(CFRP) incollati mediante resine epossidiche.
In particolare sono stati studiati gli effetti della temperatura, dell'umidit, delle condizioni di
applicazione del composito e dell'esposizione ad alcune soluzioni saline. Per maggiori
particolari vedere [35, 36, 37 ].
Applicazioni
Le applicazioni dei materiali fibro-rinforzati a cavalletti esistenti possono essere molteplici. Il
loro utilizzo pu rendersi necessario ad esempio nel caso si debba procedere a dei rinforzi
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essenzialmente di tipo flessionale, finalizzati cio a incrementare la resistenza e la rigidezza
delle zone della struttura soggette a trazione (ad es. a causa di un incremento dei carichi agenti).
Unulteriore applicazione quella che prevede la realizzazione di un effetto di confinamento,
mediante la fasciatura, di elementi compressi o presso-inflessi come ad esempio pilastri o
colonne. In questo modo viene conferita agli elementi strutturali una maggiore capacit
portante, una maggior resistenza ai carichi dinamici ed impulsivi e, in particolare, una maggiore
resistenza e duttilit nei confronti delle sollecitazioni sismiche.
1.11 Modifiche allo schema strutturale della fondazione
Linevitabile evoluzione dellingegneria termo-elettro-meccanica ha comportato negli anni
modifiche significative ai nuovi turbo-alternatori con non trascurabili ricadute sul
dimensionamento delle strutture di supporto.
Pertanto, nel caso si renda necessario sostituire una di queste macchine, sono possibili
interventi tra loro anche molto differenziati.
La scelta finale il risultato di accurate analisi di fattibilit tecnica e di convenienza economica
che risentono sensibilmente delle specifiche caratteristiche del sito, del tipo ed esigenze di
impianto ecc.
Di conseguenza non possibile individuare una soluzione ottimale, anche facendo ricorso
allesperienza del passato, e ogni nuova situazione va considerata come un caso a s.
Sostituzione di macchine
A titolo di esempio in [Allegato C] viene riportata la descrizione delle attivit connesse alla
sostituzione (impianto di generazione elettrica americano) di una turbina ormai obsoleta con
una pi piccola, ma di maggiore potenza ed efficienza, che ha richiesto necessariamente
unestesa modifica del cavalletto.
Le soluzioni progettuali prospettate per adeguare le strutture di supporto alle esigenze della
nuova macchina, elencate nel seguito, hanno fatto riferimento a differenti alternative:
1) costruzione di un grosso telaio metallico poggiato direttamente sul deck esistente;
2) adeguamento del piano mediante linserimento di nuove travi di supporto;
3) costruzione di un nuovo deck in calcestruzzo sopra quello esistente;
4) demolizione del deck e sua ricostruzione secondo i nuovi requisiti e facendo affidamento
sui pilastri esistenti.
Nel caso in esame fu scelta lultima soluzione che comport la messa a punto di speciali
procedure di demolizione che risultassero compatibili con la contemporanea funzionalit del
resto dellimpianto.
Va sottolineato che, con riferimento alle tecniche di demolizione, notevoli esperienze si stanno
sviluppando nel delicato settore del decomissioning di impianti di generazione nucleare.
Indicazioni assai interessanti si ritrovano in [38, 39].
In generale, e a prescindere dal tipo di impianto, tutti gli interventi che si possono ipotizzare
richiedono necessariamente una loro verifica per mezzo di unanalisi complessiva delle
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strutture di supporto e di fondazione, considerando le modifiche geometriche apportate o
ipotizzate, i nuovi carichi agenti e i loro differenti punti di applicazione.
In relazione a questo aspetto, non si tratta solo di considerare le nuove componenti orizzontali e
verticali delle forze esercitate dalla macchina, dovute ad esempio alla coppia frenante o
allattrito agli appoggi, ma anche quelle indotte dalla dilatazione termica della macchina (auto-
tensioni di origine termica non equilibrate allinterno della cassa).
Come ricordato in precedenza, la verifica strutturale di unopera esistente presuppone la
conoscenza, il pi possibile approfondita, delle sue caratteristiche meccanico-deformative dopo
anni di funzionamento.
Nel capitolo 4 sono riportati i principali criteri e metodi per accertare lo stato fisico-chimico-
meccanico degli elementi strutturali.
Tenendo conto dei risultati delle indagini e delle variazioni geometriche imposte dalle nuove
esigenze impiantistiche, necessario calcolare lo stato di sforzo e di deformazione della
struttura per i nuovi carichi assegnati mediante analisi a Elementi Finiti, statiche e dinamiche,
del tutto analoghe a quelle eseguite in fase di progettazione.
Sulla base dei risultati ottenuti possibile orientare le successive scelte operative, per esempio
verificare se sia sufficiente un intervento limitato ad alcune zone, atto a rinforzare gli elementi
strutturali deficitari, o se sia indispensabile una modifica globale del funzionamento del
cavalletto.
COLLAUDO E MONITORAGGIO DI FONDAZIONI
Collaudo
La metodologia di identificazione strutturale pu fornire indicazioni preziose anche a valle della
fase di ricostruzione della struttura. I risultati delle prove dinamiche (ad es. mediante eccitatore
meccanico fissato al cavalletto prima dellinstallazione delle macchine) consentono di verificare
i parametri meccanici assunti nella modellazione numerica e quindi la validit del progetto.
Risultato aggiuntivo quello di controllare la bont dellesecuzione degli interventi attraverso
lidentificazione di eventuali zone di disomogeneit nel calcestruzzo e nel terreno.
Monitoraggio
Ripetute nel tempo, utilizzando come forzante leccitatore meccanico o, eventualmente, la
macchina stessa, le misure vibrazionali consentono un monitoraggio delle caratteristiche
meccanico-deformative del cavalletto, con la possibilit di individuare le eventuali zone
interessate da fenomeni di degrado.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia lIng. Edoardo Parvis, progettista delle pi rilevanti opere strutturali di questo tipo
in ambito Enel, per il suo prezioso contributo, offerto con grande disponibilit, alla stesura del
presente rapporto.
Rapporto
CESI
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A1/039169
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29) Ricerca di Sistema Progetto SISIGEN Sottoprogetto SIVAL (Sicurezza delle Vallate
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identificazione per la diagnostica strutturale Histride: un ambiente integrato per
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cemento armato) Prestazioni statiche e dinamiche di sistemi di ancoraggio nel
calcestruzzo normale ed ad alte prestazioni 2000
33) Ricerca di Sistema Progetto ASISGEN Sottoprogetto DEGRADO (Valutazione del
danno, previsioni della sua evoluzione e metodologie di ripristino nelle infrastrutture in
cemento armato) Valutazione del comportamento degli ancoraggi nel calcestruzzo
normale ed ad alte prestazioni: risultati sperimentali e modellazione numerica 2000
34) Ricerca di Sistema Progetto ASISGEN Sottoprogetto DEGRADO (Valutazione del
danno, previsioni della sua evoluzione e metodologie di ripristino nelle infrastrutture in
cemento armato) Valutazione della capacit portante di sistemi di ancoraggio strutturali
2001
35) Ricerca di Sistema Progetto ASISGEN Sottoprogetto DEGRADO (Valutazione del
danno, previsioni della sua evoluzione e metodologie di ripristino nelle infrastrutture in
cemento armato) Durabilit degli interventi di consolidamento del calcestruzzo mediante
C.F.R.P. (materiali polimerici compositi rinforzati con fibre di carbonio) 2001
36) Ricerca di Sistema Progetto ASISGEN Sottoprogetto DEGRADO (Valutazione del
danno, previsioni della sua evoluzione e metodologie di ripristino nelle infrastrutture in
cemento armato) Indagini su materiali innovativi: durabilit nel tempo di materiali
polimerici 2001
37) Ricerca di Sistema Progetto ASISGEN Sottoprogetto DEGRADO (Valutazione del
danno, previsioni della sua evoluzione e metodologie di ripristino nelle infrastrutture in
cemento armato) Studi sull'applicazione di materiali compositi con fibre di carbonio per
il consolidamento di elementi in cemento armato contaminati da cloruri 2003
38) James M. Hylco Nuclear operators weigh decommissioning, relicenging options Power
Magazine Mar/Apr 2002
39) The Maine Yankee decommissioning project Camracorder Vol. 9, Issue 3 Sept 2001
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FIGURE
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ELENCO FIGURE
Fig. 1 (a) Cavalletto rigido (in alto a sinistra), (b) Cavalletto di tipo americano (in basso a
sinistra), (c) Cavalletto di tipo francese (in alto a destra) e (d) Cavalletto con supporti
elastici (in basso a destra)
Fig. 2 Esempio di cavalletto di tipo americano
Fig. 3 Vista generale dellimpianto
Fig. 4 Esempio di cavalletto di tipo rigido (660MW)
Fig. 5 Esempio di cavalletto su supporti elastici e stopper sismici
Fig. 6 Particolare di supporto elastico
Fig. 7 Cavalletto su molle in fase di completamento
Fig. 8 Esempio cavalletto (200 MW) con deck e condensatore su supporti elastici
(fondazione su travi)
Fig. 9 Esempio cavalletto (200 MW) di tipo rigido e platea di fondazione
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Fig. 1 a) Cavalletto rigido (in alto a sinistra),
b) Cavalletto di tipo americano (in basso a sinistra)
c) Cavalletto di tipo francese (in alto a destra)
d) Cavalletto con supporti elastici (in basso a destra)
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Fig. 2 Esempio di cavalletto di tipo americano
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Fig. 3 Vista generale dellimpianto
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Fig. 4 Esempio di cavalletto di tipo rigido (660MW)
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Fig. 5 Esempio di cavalletto su supporti elastici e stopper sismici
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Fig. 6 Particolare di supporto elastico
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Fig. 7 Cavalletto su molle in fase di completamento
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Fig. 8 Esempio cavalletto (200 MW) con deck e condensatore su supporti elastici (fondazione su travi)
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Fig. 9 Esempio cavalletto (200 MW) di tipo rigido e platea di fondazione
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ALLEGATI
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ELENCO ALLEGATI
A. G. Alcetta, G.Corti La livellazione geometrica realizzata con livello idrostatico per il
controllo dei cavalletti dei turboalternatori LEnergia Elettrica n.7-8 1990
B. David Dorsch Repairing a Fire-Damaged Concrete Turbine Pedestal - Concrete
International June 1991
C. Earl J. Pember, Jr DTE Energy Detroit, Michigan Foundation Retrofit for
Turbine/Generator
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ALLEGATO A
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Estratto dal fascicolo n. 7-8, Volume LXVII, 1990 della Rivista L'Energia Elettrica
La livellazione geometrica realizzata con livello idrostatico
per il controllo dei cavalletti dei turbo alternato
G. ALCETTA, G. CORTI (ENEL-DCO, Unit Laboratorio Piacenza)
SOMMARIO
Il controllo delle deformazioni dei cavalletti dei turboalternatori riveste particolare importanza,
non solo a macchine ferme, ma anche con l'impianto in esercizio.
Risulta evidente l'importanza di disporre di uno strumento idoneo al rilievo delle deformazioni
anche con macchine in funzione e quindi in presenza di vibrazioni, cosa quanto mai
problematica e molto spesso impossibile con livelli ottici.
La memoria espone le caratteristiche, le modalit d'impiego nonch i vantaggi dell'uso del
livello idrostatico nei confronti dei metodi tradizionali, nelle misura di controllo delle
deformazioni dei cavalletti dei turboalternatori.
INTRODUZIONE
Nella presente memoria vengono illustrate le caratteristiche, le modalit d'impiego nonch i
vantaggi nei confronti dei metodi tradizionali di misura delle deformazioni delle strutture
dell'uso del livello idrostatico, messo a punto ed utilizzato da circa 20 anni dall'ENEL/DCO -
Unit Laboratorio di Piacenza.
Concentrando subito l'attenzione sulle applicazioni pi importanti e, in particolare, sulla misura
delle deformazioni dei cavalletti dei turboalternatori, chiara l'esigenza di disporre di un
sistema di misura che, pur consentendo un'elevata precisione, sia, allo stesso tempo, di facile
impiego, cos da non richiedere l'utilizzazione di personale altamente specializzato, e concepito
in modo da consentire la misura anche con macchine in funzione (cosa quanto mai problematica
e molto spesso impossibile con livelli ottici a causa delle vibrazioni).
1. DESCRIZIONE DELL'APPARECCHIATURA E SISTEMA DI MISURA
Basandosi sul principio dei vasi comunicanti, il funzionamento del livello idrostatico risulta
intuitivo ed elementare. L'attenzione stata quindi rivolta ad ottenere un'alta precisione di
misura dei dislivelli, precisione che potesse risultare perfettamente paragonabile a quella
ottenibile con la livellazione geometrica di alta precisione.
Il livello idrostatico messo a punto costituito da due cilindri uguali in acciaio inox (bicchieri)
(Fig. 1) collegati fra loro da un tubo in plastica flessibile e trasparente, riempiti con acqua
colorata.
I bicchieri vengono appoggiati su capisaldi a piastra (Fig. 2) anch'essi in acciaio inossidabile,
preventivamente installati sulla struttura, nei punti fra i quali interessa misurare il dislivello.
Il dislivello fra due capisaldi viene ottenuto dalla misura dei dislivelli fra il bordo superiore dei
bicchieri ed i rispettivi peli liquidi come illustrato nella figura 3, mediante un micrometro
centesimale di profondit a lettura digitale.
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La lettura si ottiene appoggiando un micrometro digitale al bordo superiore del bicchiere e
portando l'astina del micrometro a contatto con il pelo liquido, posizione che viene evidenziata
dall'apparire, per tensione superficiale, di un vistoso menisco attorno alla punta dell'astina
stessa.
Per comodit e praticit d'uso, il livello dotato di un dispositivo elettronico, che permette di
evidenziare il contatto dell'astina del micrometro con il pelo liquido mediante l'accensione di
una spia luminosa.
Analogamente al metodo usato con la due dislivelli misurati, invertendo la livellazione
geometrica, in cui il posizione dei bicchieri.
Dislivello tra due capisaldi viene inoltre, come con la livellazione ottenuto mediando i due
dislivelli geometrica dal mezzo si eliminano alcuni misurati in andata e ritorno, con la errori,
cos con la livellazione idrolivellazione idrostatica il dislivello statica, l'inversione dei bicchieri
sui fra due capisaldi ottenuto mediando i capisaldi permette di eliminare la loro diversa
altezza, nonch di rendere quasi nullo, dati i tempi brevi necessari per le letture, l'errore dovuto
a modeste diversit termiche o di densit dell'acqua contenuta nei bicchieri stessi (Fig. 4).1
Ancora In analogia alla livellazione geometrica si opera sempre per circuiti chiusi (Fig. 5) e si
procede alla compensazione delle quote relative dei singoli capisaldi, curando che l'errore di
chiusura sia inferiore alla tolleranza in millimetri.
2. CAUSE D'ERRORE ED ACCORGIMENTI PER LA LORO RIDUZIONE OD
ELIMINAZIONE
Fra le cause d'errore della livellazione idrostatica di alta precisione. Quelle che maggiormente
possono influenzare negativamente le misure sono:
2 1 La presenza di bolle d'aria nel tubo di collegamento dei bicchieri.
2.2 La differenza di temperatura tra i due punti di misura.
2.3 La differenza di pressione atmosferica fra i due punti di misura.
2.4 Il tempo di smorzamento delle oscillazioni nel circuito idrostatico.
2.5 La tensione superficiale sui peli liberi.
2.1 La presenza di bolle d'aria nel circuito particolarmente nociva in quanto altera le
condizioni di equilibrio idrostatico e, a causa della possibilit di queste bolle d'aria di spostarsi
lungo il circuito, rende precaria la ripetitivit e la stabilit di una misura.
Particolare cura andr quindi posta nella eliminazione delle bolle d'aria che si vengono a
formare durante le operazioni di riempimento del circuito con acqua.
Per facilitare questa operazione devono essere adottati alcuni accorgimenti ed in particolare:
2.1.1 L'uso di una tubazione di collegamento dei bicchieri in plastica trasparente che,
unita all'uso di acqua colorata, facilita l'individuazione delle bolle d'aria stesse.
2.1.2 L'adozione di una tubazione flessibile e di diametro non troppo piccolo (il 9
ideale si dimostrato di 10 + 12 mm) per facilitare l'eliminazione delle bolle.
2.2 La differenza di temperatura lungo il circuito idrostatico, grazie alla sensibile dilatazione
dei liquidi e in particolare dell'acqua, varia da punto a punto il peso specifico del liquido e altera
la posizione di equilibrio dei peli liberi e quindi la determinazione del dislivello.
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Per mantenere la semplicit del sistema non sono previste (anche se possibili) la misura delle
temperature nei bicchieri (tratti verticali del circuito) e le relative correzioni alle misure di
dislivello.
L'esperienza pratica ha dimostrato che per rendere minima questa causa d'errore consigliabile
sviluppare in piano il tubo di collegamento dei bicchieri s da ridurre al minimo i tratti verticali
del circuito idrostatico, eseguire la misura rapidamente per ridurre l'effetto del riscaldamento e,
nei casi di temperature particolarmente elevate, isolare il pi possibile il tubo di collegamento
dalla struttura.
L'eliminazione praticamente totale di questa influenza negativa la si ottiene, infine, mediando i
dislivelli misurati con bicchieri invertiti eseguendo rapidamente le letture (Fig.4).
2.3 Anche modeste differenze di pressione atmosferica sui peli liquidi dei due bicchieri
influenzano negativamente la misura poich alterano la condizione di equilibrio dei peli liquidi
stessi.
Si dovr quindi aver cura di operare. possibilmente, in ambienti chiusi ed in assenza di correnti
d'aria.
Nel corso dell'applicazione prevalente del sistema alla misura di deformazione dei cavalletti dei
turboalternatori. si notato che i suddetti accorgimenti sono sufficienti a garantire la correttezza
delle misure (nella Fig. 6 riportata la statistica delle .chiusure" degli anelli di 200 livellazioni
e nella Fig. 7 il confronto delle deformate rilevate mediante catena clinometrica e livellazione
tradizionale di alta precisione con livello tipo Wild N3).
2.4 Trattandosi di un impianto mobile e, d'altro canto, dovendo operare rapidamente per
ridurre l'effetto negativo del riscaldamento disomogeneo del circuito, essenziale che la
condizione di equilibrio idrostatico, conseguente ad una qualsiasi perturbazione dell'equilibrio
stesso, venga raggiunta nel pi breve tempo possibile.
Il tempo di smorzamento collegato al periodo di oscillazione proprio del circuito idraulico ed
al suo effetto smorzante, elementi tutti collegati, a loro volta, alle dimensioni ed alle
caratteristiche idrauliche del circuito stesso.
A pari energia propria della perturbazione, il tempo di smorzamento aumenta con l'aumentare
della lunghezza del tubo di collegamento dei bicchieri ed aumenta pure al diminuire del
diametro del tubo stesso.
In pratica, tenuto anche conto di altri fattori, quali le dimensioni d'ingombro, la praticit ecc., si
sono ottenuti buoni risultati con tubazioni non superiori ai 10 metri di lunghezza e diametro di
12 mm (tempi di smorzamento dell'ordine dei 2).
2. 5 L'effetto di capillarit che si presenta in corrispondenza dei peli liquidi agli estremi del
circuito idrostatico, diminuisce sensibilmente all'aumentare della sezione del tubo.
Per questo le sezioni dei bicchieri sono state ampiamente aumenta . e rispetto alla sezione del
tubo di collegamento.
Inoltre l'errore della misura del dislivello, imputabile alle alterazioni dei singoli peli liquidi per
effetto di capillarit, essendo questo dislivello ottenuto per differenza delle letture al due
bicchieri, viene completamente eliminato usando
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3. PRECISIONE DELLE MISURE
Come gi stato accennato precedentemente, la precisione della misura fornita da questo livello
idrostatico veramente elevata e del tutto paragonabile se non superiore a quella ottenibile con
i pi precisi metodi di livellazione geometrica, quali il livello a lente pianparallela e stadia in
invar.
Il singolo dislivello pu essere misurato con la precisione di + 1/100 mm, mentre la quota
relativa di un caposaldo battuto pu essere determinata con una precisione che ovviamente
collegata al numero dei capisaldi compresi nell'anello di livellazione la cui chiusura deve
risultare non maggiore della tolleranza indicata al paragrafo 1.
Nelle nostre applicazioni in cui gli anelli di livellazione comprendono circa 20 capisaldi, la
suddetta precisione risulta molto elevata ( 3/100 mm).
Fin dalle prime applicazioni sperimentali i risultati ottenuti sono stati molto interessanti e
superiori alle nostre aspettative.
A titolo illustrativo nella Fig. 7 sono state riportate alcune deformate del cavalletto 1 gruppo
della centrale di La Casella rilevate con livellazione geometrica, con livellazione idrostatica
nonch mediante una catena clinometrica. Dall'esame di queste deformate, nonch dalle misure
e dagli errori di chiusura dei circuiti di livellazione, si nota chiaramente che i risultati ottenuti
con la livellazione idrostatica sono perfettamente paragonabili' a quelli dei sistemi tradizionali
pi precisi.
4. PREGI
Questo livello, nel suo campo di applicazione, oltre a conservare tutti i principi fondamentali
della livellazione geometrica, offre particolari vantaggi che lo rendono preferibile al livello
ottico in alcune applicazioni quali le misure di controllo delle deformazioni dei cavalletti dei
turboalternatori.
In questa applicazione il livello idrostatico senz'altro preferibile anche al clinometro di
precisione, sia per l'incomparabile minor onere di costo di posa e d'ingombro dei capisaldi, sia
per la sensibile maggior rapidit ed elementarit delle misure e delle relative elaborazioni.
Volendo elencare i pregi del livello idrostatico nei confronti del livello ottico, da rilevare, in
primo luogo, che l'uno consente di operare con precisione e sicurezza anche in presenza di
vibrazioni (macchine in moto), mentre con l'altro la misura risulta sempre difficile ed imprecisa
e, molto spesso, impossibile.
E' stata fatta in proposito una sperimentazione presso la centrale di La Casella effettuando
campagne di lettura su punti in analoghe condizioni termiche prima e dopo l'avviamento delle
macchine e quindi in condizioni di assenza prima e presenza poi di vibrazioni (Fig.7).
L'uso, poi, del livello idrostatico non richiede l'impiego di operatori particolarmente esperti, ma
per usare correttamente questo strumento, basta conoscere l'elementare principio della
livellazione geometrica, saper leggere un micrometro ed aver assistito all'esecuzione di non pi
di una misura.
Anche il tempo necessario per l'esecuzione di una misura inferiore a quello occorrente alla
livellazione geometrica ottica.
Altro pregio non trascurabile il fatto che questa apparecchiatura non richiede revisioni e le
spese di manutenzione sono molto ridotte (sostituzione del tubo di collegamento dei bicchieri,
delle pile di alimentazione del circuito di segnalazione del livello ecc.). Infine il costo di
costruzione del livello idrostatico risulta contenuto.
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5. DIFETTI
Nei confronti del livello ottico, questo livello idrostatico presenta anche degli svantaggi.
In primo luogo con questo livello si possono superare solo dislivelli singoli di modesta entit
(2--3 cm). Dislivelli maggiori possono venire superati con l'interposizione di spessori calibrati.
Anche i capisaldi a piastra sono pi complessi e costosi delle semplici borchie in acciaio inox
usate come capisaldi per la livellazione ottica.
Infine la posa dei capisaldi anch'essa pi laboriosa di quella delle borchie in quanto, per
rendere pi semplice e sicura la misura, necessario ottenere la perfetta orizzontabilit dei
capisaldi a piastra, nonch contenere in, pochi millimetri il dislivello tra i capisaldi stessi.
6. APPLICAZIONI PARTICOLARI (Capisaldi a soglia sfioratrice)
Per poter completare il rilevamento delle deformazioni dei cavalletti dei turboalternatori in
qualsiasi condizione di funzionamento delle macchine, risulta indispensabile rilevare le
deformazioni anche sotto gli appoggi dei cuscinetti delle turbine e degli alternatori *
A tale scopo, non essendo idoneo il livello idrostatico sopra descritto. sono stati utilizzati
capisaldi a soglia sfioratrice (Fig. 8). Con questo sistema possibile la determinazione dello
spostamento verticale, (deformazione) d un punto non accessibile rispetto ad un punto
accessibile e rilevato con livellazioni geometriche (ottiche ed idrostatiche).
In questo caso l caposaldo inaccessibile, incorporato nella struttura durante la costruzione,
costituito da una soglia sfioratrice, collegata con una tubazione al bicchiere di rilevamento che,
in occasione di ogni misura, viene posto sul caposaldo a piastra installato in un pozzetto
accessibile (Fig. 9 ).
Lalimentazione dell'acqua viene fatta dall'esterno attraverso il bicchiere di misura. Una
seconda tubazione scarica l'acqua sfiorata, mentre una terza tubazione assicura l'equilibrio della
pressione dell'aria. Sia il caposaldo che i tubi di collegamento incorporati nell'opera, sono in
acciaio inox, mentre il bicchiere di misura analogo a quello del livello idrostatico descritto nei
paragrafi precedenti. La quota del caposaldo inaccessibile (quota soglia sfioratrice), viene
determinata seguendo lo schema riportato nella Fig. 9. Il riempimento del circuito, fatto in
occasione di ogni misura, deve essere realizzato con molta cura; in particolare si deve evitare il
formarsi nel circuito stesso di bolle d'aria, in quanto la loro presenza altera completamente il
rilievo.
Per facilitare questa operazione devono essere adottati alcuni accorgimenti ed in particolare:
6.1 Il tubo di collegamento pozzetto-soglia sfioratrice deve essere installato con una
pendenza costante di circa il 3% in modo che il riempimento del circuito non visibile avvenga
dal basso verso l'alto.
6.2 Il tubo flessibile di collegamento al bicchiere deve essere in plastica trasparente.
6.3 A riempimento avvenuto (uscita dell'acqua dal tubo di scarico) deve essere fatta
circolare acqua in modo costante per almeno due minuti.
La misura viene eseguita a circuito stabilizzato, in modo analogo al livello idrostatico gi
descritto. e cio appoggiando il micrometro digitale al bordo superiore del bicchiere e portando
l'astina del micrometro a contatto con il pelo liquido dell'acqua. Per una corretta e sicura
esecuzione di ogni singolo rilievo, le operazioni di riempimento del circuito, della misura al
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bicchiere e del successivo svuotamento del circuito stesso devono essere eseguite almeno 3
volte mediando i valori ottenuti.
Per poter ottenere la tracmazione dell'acqua dalla soglia sfioratrice con lo stesso tipo di
menisco anche in condizioni diverse, ed in particolare in presenza di vibrazioni (macchine in
funzione), particolare cura ha richiesto la definizione delle dimensioni della soglia stessa,
nonch l'additivo da aggiungere all'acqua per diminuire la tensione superficiale.
Dopo numerose prove fatte in laboratorio, questo tipo di caposaldo (5 esemplari) nel 1978
stato installato sul cavalletto 1' gruppo della centrale di Porto Tolle. Constatata la validit del
sistema gi dai primi risultati dei rilievi eseguiti, il sistema stesso stato esteso ai rimanenti tre
gruppi. In particolare sul 4 gruppo si provveduto a verificarne ulteriormente la bont,
installando 4 capisaldi di superficie in corrispondenza dei capisaldi inaccessibili. Dal confronto
delle misure eseguite per oltre un anno (fino all'inizio montaggio delle macchine) (Fig. 10). si
nota chiaramente che, anche con questo sistema di misura, la precisione ottenibile molto
elevata, precisione che pu essere stimata sicuramente in + 5/100 mm.
7. CONCLUSIONI
Possiamo concludere questa descrizione del livello idrostatico e del caposaldo a soglia
sfioratrice, richiamando particolarmente l'attenzione sulla semplicit e praticit di questo
sistema idrostatico di rilevamento che, unito alla elevata precisione ottenibile, lo rende
particolarmente idoneo per le misure di deformazione dei cavalletti dei turboalternatori.
Attualmente il livello idrostatico viene utilizzato per controllare le deformazioni di 45 cavalletti
di 15 centrali termoelettriche ed alcuni esemplari sono stati consegnati ad altri Uffici
Topografici dell'ENEL (SOIC).
Anche il caposaldo a soglia sfioratrice utilizzato per controllare i verticali (deformazioni) delle
travi di appoggio dei cuscinetti delle macchine (turbine e alternatori) in 18 cavalletti di 5
centrali termoelettriche per complessivi 62 esemplari.
Confortati dai buoni risultati ottenuti in circa 20 anni di utilizzo, riteniamo infine conveniente
ricorrere a questo metodo di rilevamento per tutte le misure di questa natura che anche in futuro
ci verranno richieste.
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ALLEGATO B
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FOUNDATION RETROFIT for Turbine/Generator 2000 Nova
Award Nomination 7
Earl J. Pember, Jr.
DTE Energy 2000 Second Ave. Detroit, Michigan 48226 (313) 235-5075 Fax 235-5126
The carefully planned, combined use of concrete wire sawing, epoxy anchors and specialized
rigging was responsible for savings of $1,330,000 and 2 months of labor required to demolish a
major concrete structure. All technologies used on this job were existing but were employed in
unique ways to yield significant savings.
Decommissioning and removal of the 50 year old General Electric Turbine/Generator #7 at
Detroit Edison's Trenton Channel Power Plant to allow installation of a new, smaller, yet more
powerful and efficient turbine/generator required extensive modification of the existing
foundation pedestal.
The significantly smaller size of the new equipment meant several options would have to be
considered:
(1) construct an immense structural steel skid directly on top of the existing tabletop to mount
the equipment,
(2) modify the existing tabletop to build out into the existing openings enough to hold the new
equipment,
(3) construct a new concrete tabletop directly above the existing,
(4) remove the existing tabletop and construct a new one on the existing piers.
Working with Sargent & Lundy Engineers of Chicago, IL, careful functional, economic and
structural analysis of all options, and consideration of the tight schedule for this phase of the
work, showed us that option (4) was the best approach.
Demolition of the existing 30'x 75'x 8' thick concrete pedestal (approx. 710 tons) would need to
be carried out in the interior, third floor area of an operating power house with Unit 7's sister,
Unit 8, operating only 30' away.
Due to Unit 8's proximity, the elevation of the tabletop and presence of other plant equipment
below the third floor level, demolition with jackhammers and the like would be expensive and
impractical, if not impossible.
We decided to cut the concrete apart into the largest practical pieces and remove them with the
turbine house bridge crane. Sargent & Lundy prepared specifications, procedures, and detailed
drawings for removal of the tabletop showing the various horizontal and vertical cuts.
Concrete Cutting and Breaking of Grand Rapids, Ml was contracted to perform the cutting
operation. Detroit Edison prepared a scheme for lifting and removing cut pieces.
Threaded rod anchors were set with epoxy to hold specially fabricated lifting plates, and the
pieces of concrete (the largest being 130 tons) were lifted and set on a specially fitted
transformer rail car, rolled out of the building, and moved off the rail car with a mobile crane.
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Wire sawing technology has been available for years. However, we believe that this application
was unique, because it required (1) numerous cuts to make the pieces small enough to be lifted
with the available crane, (2) careful placement of cuts to allow pieces to remain in place until
all cuts were made, and (3) accurate tapering of the cuts to allow the resultant jigsaw of pieces
to be disassembled by handling each piece only one time to get it to the rail car. And when all
the cutting was done, the only cleanup necessary was to sweep the floor!
Epoxies have also been available for years. And most engineers have specified them for holding
equipment in place. However, we believe that this application was unique because this was the
first time anyone involved with the project knew of epoxy set anchors being used for lifting of
massive concrete pieces. Most of the pieces weighed over 100 tons and required 4 specially
fabricated lifting plates (base plate and padeye, welded, annealed and NDT tested), each
fastened to the top surface of the concrete with 4 " diameter x 24" long (18" embedment)
threaded B7 rods, set with high strength epoxy. All anchor bolts were set ahead of time, and the
single set of lifting plates was used successively for all lifts.
Detroit Edison uses a 12 axle depressed flat car (aka transformer rail car or Schnaubul car) for
transport of spare transformers. For this job, the rail car was fitted with special structural steel
framework that allowed all the different sizes and shapes of concrete pieces to be carried on the
car. Once on the car and rolled out of the building, the pieces were offloaded from the car to a
field on the plant grounds with a 500 ton capacity mobile hydraulic crane, the largest available
in the Detroit Area. Further demolition of the waste concrete was carried out in the field after
the new turbine/generator was operational.
Fig. 1 Isometric view of turbine/generator foundation (above ground level) showing cut lines and piece marks
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Fig. 2 Wire sawing underway. Note small segment of concrete, already removed, left of the operator
Fig. 3 Lifting of last segment, piece 1 on fig. 1 (130 tons). Note clean surfaces on top of remaining piers,
facilitating new construction
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Fig. 4 Pieces at rest in field waiting further demolition. Construction of new tabletop began the day the last piece
was removed from the building
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ALLEGATO C
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Large-Scale Repairs Restore Plant's Generating Capacity
Repairing a Fire Damaged
Concrete Turbine Pedestal
David Dorsch
(vice president of Structural Preservation Systems, Inc.. Baltimore, Md.)
An oil-fed fire broke out on May 9, 1988, at a fossil-fueled generating station owned by the
Seminole electric Cooperative in northern Florida. The fire burned for three hours, reached
temperatures possibly as high as 1300 F (704 C), and severely damaged one of the plant's two
generators and its supporting reinforced concrete pedestal. Nearby building elements and
electrical and mechanical systems also were damaged.
Despite the severity and extent of the damage, engineering tests showed that repairs could be
undertaken successfully. The owner chose this option over replacing both the generator and
supporting structure because it would restore the plant's generating capacity to full, revenue -
producing service more quickly.
The repair team was chosen and began work immediately. Structural Preservation Systems,
Inc., was retained as a specialised consultant and was involved with designing the concrete
repair program, the methods employed - including techniques for removing damaged material,
forming, concrete delivery, and cooling, and jobsite quality control and testing. The closely
associated topic of reinforcing steel repair has been described in Reference !
The damage
The reinforced concrete pedestal supporting the Seminole plant's Unit 1 generator is
approximately 50 ft (15 m) high, with columns rising from the lowest floor through a
mezzanine of metal grating at the 25 ft (7.6 m) level, to an operating floor where the generator
rests. The roof is more than 50 ft (15 m) above the operating floor.
The fire started near a column on the mezzanine when pressurised turbine seal oil escaped from
a filter, sprayed onto hot pipes, and ignited. The fire engulfed the columns and underside of the,
pedestal, and the space between the pedestal and generator served as a chimney to draw the
flames upward, enveloping the generator and bringing down part of the roof.
The concrete spalled and cracked to depths ranging from 2 to 24 in. (51 to 610 mm), due both
to direct contact with the fire and to expansion and buckling of the reinforcing steel. The
heaviest damage occurred immediately under the generator supports, at the bottom corners of
the beams on the interior of the pedestal, at the bottoms of the beams themselves, and at the
bottom and sides of the west beam (Fig. 1 and 3).
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Repair design
Several methods of concrete repair were considered, including gunite and preplaced aggregate
concrete. It was determined that the form and pump method would produce the best quality
repair because of the tight spacing of the reinforcing steel and the depth of material to be
replaced.
A low-shrinkage mix was designed that was suitable for all areas 2 in. (51 mm) or more in
depth. Areas between 1 and 2 in. (25 and 51 mm) deep were chipped to a minimum of 2 in. to
accommodate the mix, while areas less than 1 in. deep were formed and pumped using a
nonshrink grout.
To further minimise shrinkage of the new material and promote a strong bond with the existing
concrete, the roughly 5500 ft
2
(510 m
2
) of surface area was divided into Placements of 150 ft
2
(14 m
2
) or less, for a total of 65 placements - which ultimately grew to 126 placements.
All horizontal placements on beam bottoms had a vertical section of beam side cast in the same
form to help maintain a head pressure on the horizontal portion. All forms for horizontal
placements were pumped and pressurised.
Forms were built to be watertight to prevent settling or shrinking away from the bond line, and
vents were installed through the forms to eliminate trapped air.
The need to restore the plant to full operation as quickly as possible influenced the repair design
in many ways. For example, the fire had damaged the mezzanine floor so that it could no longer
carry its normal load.
Ideally, the floor would have been replaced before the concrete repair began, but this would
have caused a considerable delay, in restoring the pedestal, a critical path item. For this reason,
work crews operated from the damaged floor, which was tested often for safety, and its
load-bearing capacity became a factor in the choice of materials and equipment such as lifts and
scaffolds.
Removing damaged concrete
It took chipping, chipping, and more chipping to remove the damaged concrete. Repairs
required nine months to complete, and chipping continued right up until the last placement.
Most of the chipping was done with small (15 lb., 6.8 kg) pneumatic hammers with points.
Some areas grew so deep that special long bits were necessary for the chippers to get at the
concrete face through the reinforcing steel cage.
Early in the job, the heavy chipping went on around the clock, using crews of 15 to 25 men who
stopped only long enough to change shifts or shovel out the removed concrete.
Later, chipping became more focused and followed the sequence of concrete placements.
Extensive sounding of the concrete surfaces determined how much material was to be removed,
with the engineer or his designate personally sounding every inch of the exposed surface at
least once. Cores were taken to verify the soundings.
One concern was that the chipping hammers would create micro-fractures in the concrete
surface, so prepared areas were waterblasted to remove this material as well as larger flakes.
These worries were confirmed in tests of the first placements. Cores were taken through the
new concrete into the original material and pulled to failure (i.e. when the core pulled out of the
hole). On one of the first placements, the cores failed just beyond the bond line, an indication
that microfracturing may have prevented a satisfactory bond.
To overcome this problem, the 2500 psi (17 MPa) waterblaster was replaced with a 20,000 psi
(140 MPa) machine for the primary blasting. It did a better job of roughening the concrete,
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although it created undesirable wormholes around and behind the aggregate if it was aimed at
one area for too long.
Another disadvantage was that the large waterblaster was so noisy and potentially dangerous to
workers that it could only be used on the night shift and other work had to halt during blasting.
Nevertheless, its benefits made it the standard for the job.
The large-scale chipping operations were noisy and dirty. All personnel were required to wear
dust masks, ear plugs, and other safety equipment. Water was sprayed on the concrete to help
lay the dust, and later a special dust-collection system was installed.
Training was a major task for supervisors because the nature of the work created a high
turnover. Chipping without damage to the reinforcing steel required constant attention and
instruction. Given the amount of reinforcing steel in the concrete and the number of workers
chipping, the actual damage to reinforcement was minimal.
Forming system
The special challenge of this part of the job was to design a one-sided form that was not
supported from below and could contain the dead weight of the concrete plus the pumping
pressure.
The design used the existing concrete for support. Rock anchors were drilled into the concrete,
and coil rods passing through the forms carried the loads.
Originally, the rods were to be greased and removed upon completion, but ultimately they were
left in place because the engineer wanted more backup systems to support the new concrete.
The form itself was made of in. (19 mm) form ply, 2 x 4 in. (51 x 102 mm) stiffeners, and 2 x
8 in. (51 x 203 mm) whalers, all closely spaced. The nut washers on the interior of the form
acted as grade rods and allowed the form to be pulled up tight. Standard nuts and plates were
used on the exterior of the whalers to secure the form (Fig. 3 and 4).
To make the forms watertight, all the joints in the pIywood were caulked with silicone. One in.
(25 mm) diameter PVC pipes were installed through the form face on overhead forms into any
domed area of the roughened beam to eliminate any trapped air pockets that would prevent
bonding.
Bulkheads were a very important part the forming system. They were required to enclose the
sides or ends of a placement area to create the watertight box needed for the placement.
Several methods were tried, but due to the density of the reinforcing steel and the depth and
irregularity of the concrete surface, bulkheads made of dry-packed mortar proved to be the most
successful.
After the new concrete was placed and cured, the bulkhead was removed along with the main
form to minimise joints between placements (Fig. 5).
After construction, each form was filled with water, both to saturate the concrete to restore
some of the moisture it had lost in the fire and to test the form for leak.
Just before concrete placement, the form was drained and air-dried to ensure proper
microbonding between the existing and new material by bringing the existing concrete to a
saturated surface-dry condition.
Concrete placement
The concrete pedestal was in the centre of the building and the formed areas were 40 ft (12 m)
above ground level, making access difficult. The placement method was designed around a
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truck-mounted hydraulic concrete pump with a 5 in. (127 mm) steel line running into the
building at ground level and rising to the repair area above the mezzanine floor, where it was
reduced to a 2
1
/
2
in. (64 mm) rubber hose to connect directly to the valve on the form.
The concrete for each placement went first to a nitrogen cooling station about mile (0.8 km)
away where it was cooled to 50 F (10 C).
At the jobsite, it was tested for temperature and slump. The entire loading, mixing, and cooling
operation was monitored very closely to ensure the quality of the project.
A planned pumping sequence was followed, beginning at the low end of the form with all
valves open. As concrete bled out of each valve, the valve was closed. After the form was full,
the concrete would begin to rise in the 8 in. (203 mm) PVC standpipe.
As soon as this was observed, the valve at the top of the standpipe was closed and the pumping
continued at a very slow rate. The director of the placement, in radio contact with the pump
operator, monitored the pressure gages on the form. When the gage at the top of the standpipe
registered 15 to 20 psi (103 to 138 kPa), or when the form began to crack or bulge, pumping
was halted immediately and the final valve closed.
Knowing when to stop pumping to achieve the greatest pressure without blowing the form off
the beam was one of the most critical decisions that had to be made on a routine basis. When
the form was nearly full, all work in the area was stopped to allow the placement director to
hear what was happening in the form.
The stoppage usually lasted about five minutes. Of all the placements made by this method,
only one form failed and it was one of the earlier ones.
Vibrating the concrete in the form was important for air removal and consolidation. Because the
forms were closed, vibrators could not be placed inside, as is normal, so they were vibrated
from the exterior and as much as possible, even to the point of over-vibrating. But the core
samples never showed any of the segregation that would result from over-vibration.
The most difficult placements were those involving the beam bottoms and partial beam sides.
Open top forms were used for placements on the sides of beams, with concrete pumped in
through valves in the side.
It was not possible to put the hose inside the forms because of the large amount of reinforcing
steel. These forms were vibrated from both the interior and exterior.
A prepared non shrink grout was used for all placements less than 2 in. (51 mm) deep. Forming,
pumping, and pressurisation of these areas followed the methods just described.
After a placement, the form was left in place for three or four days until the concrete was strong
enough to be self-supporting, which was verified by cylinder breaks.
The form was then dismantled and the concrete was wet down several times to replace as much
moisture as possible. When the surface dried, two coats of a curing and sealing compound were
sprayed on to allow curing to continue.
Cooling
It was necessary to keep the heat of hydration as low as possible to help reduce the shrinkage
and cracking that occurs when new concrete is cast against old material. The goal was to keep
the heat of hydration to100 F (38 C) or less.
The engineer believed the best results would be obtained by keeping the placement temperature
low rather than trying to cool the concrete after it was in the form. The first method tried was to
cool the aggregates in their stockpiles at the ready mix company's yard and to replace a portion
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of the mixing water with ice at the site. This method had limited success. Temperatures finally
were kept within acceptable limits through the nitrogen cooling process, but at relatively high
cost.
Testing
From the start of the project, it was recognised that a superior quality control and assurance
program was necessary.
Few jobs have required repairs of this magnitude, so there were few established guidelines.
Many of the methods, techniques, and hardware items used on smaller repairs had to be scaled
up to meet the requirements of this project.
Many of the repair processes had to be carried out simultaneously with completion dates that
dovetailed with repairs to other systems, to meet tight deadlines.
Every aspect of the concrete repair process was tested on the jobsite and in the laboratory. The
original concrete mix design was tested by trial batches at the concrete plant and on the jobsite
with trial runs for pumpability.
Tests were even made in the form to ensure that the mix was filling in around the tightly spaced
reinforcing steel. The first vertical and horizontal placements were carried out primarily as
tests, and the information gained led to changes in procedures to overcome problems that were
discovered.
Core drilling was the most widely used testing method. Because it would be a major, ongoing
activity, drilling equipment was procured that would allow cores to be taken anywhere on the
job.
Two specially trained crews operated full time: one coring into existing concrete to check for
hidden defects, and the other coring into new concrete to check the bond to the old material.
The concrete was tested at each placement. The plastic concrete was tested at the truck for
temperature and slump. Cylinders were made for each placement and broken in the laboratory.
Ultrasonic testing was carried out over the entire finished area.
Summation
The repairs to the Seminole Electric Cooperative power plant were unusual because of the
depth and location of the damage to the concrete and reinforcing steel.
Many problems arose that presented the repair team with unique challenges. Although the basic
technology and engineering for concrete and reinforcing steel repairs is well understood,
combining them in a practical way and filling in the gaps created by the special requirements of
the project broke new ground.
Whenever an owner has a mishap of this magnitude, his first priority is to restore the facility to
operational, revenue-producing status as quickly as possible.
The fact that the initial estimate of four to five months for concrete repairs doubled to nine
months was extremely frustrating to the owner. Completion dates had to be continually pushed
back as the extent of the damage became known.
Crews worked 10 to 12 hour shifts, six to seven days a week. Physical and mental fatigue took a
toll on everyone. Craftsmen were especially affected, so there was a relatively high turnover
among the workers. This meant continual training of replacements, with the attendant loss of
productivity and longer repair schedules.
A race developed between the crews repairing the generator and the concrete. Throughout most
of the job, their schedules were very close. One of the little successes of the project was that the
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concrete repairs did end in time to allow the generator to be reset on its pedestal as soon as it
was repaired.
The major success, of course, was that the methods and materials used worked well, giving the
owner a facility comparable to the original. The rest of us have also benefitted by gaining
knowledge of large-scale repairs that can be put to good use in the future.
Reference
1. Freskakis, George; Archer, John; and Shipske, Paul, Proceedngs, Session 51 American
Power Conference, April, 1989 Illinois Institute of Technology, Chicago, 111 60616.
Owner: Seminole Electric Cooperative, Tampa, Fia.
Engineers: Burns & Roe Company, Dradell, New Jersey (original designers of the facility)
Construction Managers: Ebasco Construciors, inc , New York, N.Y.
Contractor: Fluor Daniels Inc., Ervine, Calif
Concrete supplier: Taylor Concrete Supply Green Cove Spring, Fla.
Concrete pumper: Dvnamic Concrete Purriping, Jacksonviiie, Fla.
Consultant: Structural Reservation Systems, Inc., Baltimore, Md.
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Top and bottom of north girder with damaged concrete removal in progress
N 18 bars on west face of west beam. Some bars had loads of 250 kips as result of the fire and cool-
down
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N 8 bars on east face of west beam. Note bar cut and re-spliced to check for loading caused by the fire
Underside of girder with surface preparation
partially completed and form anchors in place
Lower half of north girder showing one placement
complete and bulkheads in place for next two
placements
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Fig. 1 Generator pedestal
Fig. 2 Generator pedestal cross section, looking west
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Fig. 3 Typical anchor end form tie detail
Fig. 4 Beam bottom form detail
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Fig. 5 Bulkhead construction detail
Fig. 6 Building cross section

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