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3 Principi ambientali degli edifici

3. PRINCIPI AMBIENTALI DEGLI EDIFICI


3.1. Edificio, luogo e clima locale
Da sempre gli edifici sono stati costruiti stretto rapporto con lambiente fisico circostante
(luogo e clima locale).
Limportanza del luogo si esprimeva anticamente attraverso la presa di possesso di un
territorio, che iniziava col riconoscimento di un intorno come luogo significante e sacro e
proseguiva con la volont di conferire al territorio stesso un ordine fisico per sfruttarne le
risorse. Gli insediamenti si sono adattati alla morfologia del terreno, hanno utilizzato i
materiali di provenienza locale acquisendone colore e tessitura, hanno sfruttato le risorse
idriche presenti, sono stati collocati nei punti di riparo o di veduta pi favorevoli. Assieme
agli edifici stato modificato il territorio al loro intorno: la struttura del paesaggio il
risultato del nuovo ordine e sfruttamento del territorio da parte delluomo.
Riguardo al clima, gli edifici sono stati sempre protetti dagli agenti atmosferici sfavorevoli
e hanno sfruttato le condizioni climatiche favorevoli. Dal punto di vista energetico,
lorganizzazione degli ambienti interni ha sempre seguito due principi: massimizzare il
guadagno di calore, se necessario, e renderne minima la perdita, se necessario.
Gli edifici sono come gli esseri viventi: con il freddo hanno bisogno di una fonte
energetica suppletiva per mantenere la temperatura interna ad un livello accettabile
(riscaldamento) e di una strategia per evitare la perdita di calore (associata non solo alla
trasmissione per conduzione ma anche alla ventilazione); con il caldo hanno bisogno
compensare il calore in eccesso durante il giorno e di una strategia per allontanarlo o farlo
assorbire dallinvolucro per evitare il picco di temperatura (raffrescamento). Se linvolucro
pesante il calore viene trasferito solo durante la notte quando la temperatura esterna pi
bassa. Se linvolucro leggero questa strategia di sfasamento dellonda termica non
possibile.
Il clima leffetto risultante dalla combinazione dei vari fattori metereologici che
caratterizzano una regione in un lungo periodo. I fattori metereologici principali sono la
temperatura dellaria, le precipitazioni (nelle varie forme), la pressione atmosferica, lumidit
relativa, lo stato del cielo, il regime dei venti, la radiazione solare.
Nei paesi occidentali il progresso tecnologico degli ultimi due secoli ha fatto in modo che
lo stretto rapporto tra caratteristiche delledificio ed ambiente si rompesse e gli edifici,
specialmente quelli di tipo specialistico, utilizzassero soluzioni tecnologiche economicamente
onerose, con grande dispendio di risorse energetiche, per contrastare le condizioni climatiche
non volute. Dopo anni recenti, in cui lo sviluppo dellimpiantistica ha fatto in modo che
venisse trascurato il rapporto tra edificio ed ambiente circostante, si sta oggi rivalutando un
approccio diverso, in maggiore sintonia con il luogo e le risorse locali. Limpiantistica si
rapidamente evoluta e si integrata meglio con ledificio.
Oggi unarchitettura particolarmente sensibile verso i problemi ambientali, in armonia con
lambiente naturale, risparmiosa di energia, si definisce architettura bioclimatica.
Si definiscono in un edificio interventi passivi (sistemi passivi), quelli che per il
raggiungimento di un obiettivo bioclimatico sfruttano solo ledificio (orientazione, forma,
rapporto superficie-volume, aperture, materiali, ecc.); interventi attivi (sistemi attivi), quelli
che coinvolgono la parte impiantistica per raggiungere gli stessi scopi di bioclimatica.
Recentemente si sono diffusi altri termini, ognuno con sfumature diverse, per definire gli
edifici in stretto rapporto con lambiente:, come quelli di bioarchitettura, architettura
ecocompatibile, ecc. Rispetto al concetto di sostenibilit ambientale, stato coniato il
termine architettura ecosostenibile.
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3.2. Benessere degli utenti


In base alla Direttiva CE 89/106 le esigenze primarie degli utilizzatori di un bene edilizio
sono quelle di sicurezza, fruibilit e salute.
La sicurezza riguarda innanzitutto lassicurazione che ledificio abbia resistenza
meccanica e stabilit. Comprende inoltre la sicurezza in caso dincendio e nelluso (o
impiego). Sono le Norme tecniche per le costruzioni (DM 14-01-2008) a definire i criteri
generali di sicurezza, precisando le azioni che devono essere utilizzate nel progetto,
definendo le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e, pi in generale, trattando gli aspetti
attinenti alla sicurezza strutturale delle opere. Essi definiscono i principi per il progetto,
lesecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in
termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilit, anche in caso di incendio, e
di durabilit.
La fruibilit degli spazi dipende dalla presenza di spazi minimi per le funzioni richieste e
dal livello di accessibilit agli spazi stessi.
La salute legata allassenza di sostanze nocive emesse dai materiali e alla qualit
dellaria negli ambienti (compreso il grado di ventilazione). inoltre legata strettamente alla
regolazione della temperatura e dellumidit interne. Fattore di salute e sono la protezione del
rumore ed il grado di illuminazione delledificio. La salute dunque strettamente legata al
concetto di comfort o benessere.
La parola igiene, di origine pi antica (la parola salute oggi la comprende) riguarda pi
specificamente la qualit dellaria e dellacqua. Ancora oggi la si usa per definire, per
esempio, gli impianti di smaltimento delle acque di scarico (impianto igienico-sanitario).
Sono i regolamenti edilizi ed i regolamenti digiene comunali che trattano i problemi di
igiene e salute negli ambienti degli edifici.
Il primo problema da porsi nel progetto di un edificio quello di soddisfare le esigenze
degli utenti. Lesigenza primaria di sicurezza viene soddisfatta attraverso la scelta di una
struttura efficace ed efficiente, in accordo con la disponibilit economica della committenza.
Questo porta alla concezione strutturale della costruzione, che si fonda su principi strutturali
individuati.
Allo stesso tempo, bisogna far in modo che lambiente interno sia utile, fruibile e
confortevole, individuando i principi ambientali che lo caratterizzano. Lambiente interno di
un edificio deve fornire allutente un determinato livello di comfort ed una buona
organizzazione degli spazi (funzionalit), consentire la loro fruibilit (adattabilit, visitabilit,
accessibilit) e la loro arredabilit ed inoltre favorire la sicurezza e la facilit nelluso. La
confortevolezza degli spazi legata alla specifica condizione psico-fisica di comfort o
benessere.
Trascurando laspetto psicologico, il benessere propriamente fisico si pu distinguere in un
benessere igrotermico, un benessere visivo e un benessere acustico. Una progettazione
corretta mette quindi in gioco da subito tutti questi fattori (o principi) appena menzionati.
Il comfort (o benessere) in un ambiente interno deriva dalle prestazioni che in grado di
fornire la parte edilizia dellorganismo (in particolare linvolucro insieme allorganizzazione
degli spazi), associata alla parte impiantistica.
Il concetto di comfort in un edificio dipende inoltre in modo decisivo (ed sempre dipeso
nella storia) dai fattori climatici locali e dalle condizioni culturali ed economiche di chi lo
usa. Assicurare certi livelli di comfort significa oggi affrontare correttamente il problema
dello scambio energetico tra lambiente interno e lambiente esterno alledificio, tenendo
conto del luogo dove si opera.

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Figure 3.1 e 3.2: condizione di benessere termoigrometrico allinterno di un ambiente e


fruibilit degli spazi interni (accessibilit agli arredi).

3.2.1. Benessere igrotermico


Lequilibrio termico del corpo umano si pu esprimere con la formula:
MC-E=0
dove
M il calore prodotto dal corpo umano nellunit di tempo nel processo metabolico,
C il calore assorbito o dissipato nellunit di tempo per conduzione (Ca), convezione (Cv) e
irraggiamento (R),
E il calore dissipato per evaporazione.
Il diagramma bioclimatico di Szokolay mette in relazione quantitativamente i fattori che
determinano il benessere delluomo dal punto di vista igrotermico.
Il diagramma tiene conto dei seguenti fattori fondamentali per il benessere igrotermico (o
termoigrometico):
1. tipo di attivit svolta,
2. tipo di vestiario
3. condizioni dellambiente in cui ci si trova:
a. umidit relativa,
b. radiazione solare diretta
c. velocit dellaria,
d. temperatura media radiante delle superfici e temperatura dellaria.
A temperature basse larea di comfort, rappresentata dal parallelogramma centrale, si
amplia con la radiazione (linee orizzontali in basso); a temperature alte larea si ingrandisce
con la ventilazione (linee ondulate in alto).
Anche se non rappresentato dal diagramma, ai fini del benessere igrotermico,
fondamentale la temperatura delle superfici interne delledificio.

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Un ambiente con la temperatura dellaria di 18C e pareti a 16C pu essere considerato


confortevole, mentre potrebbe non esserlo con temperatura dellaria a 22C e le pareti a 14C.
Negli spazi chiusi dellorganismo edilizio deve essere, pertanto, assicurata, nella stagione
fredda, una temperatura dellaria interna idonea allo svolgimento delle attivit previste
(benessere termico). La temperatura dellaria deve essere contenuta entro opportuni valori,
oltre a non presentare eccessive disuniformit allinterno dello spazio. Nella stagione fredda,
se gli spazi chiusi sono riscaldati con un impianto termico, la temperatura dellaria deve
essere opportunamente limitata al fine di contenere i consumi energetici.
In base alla normativa italiana deve essere garantita una temperatura dellaria interna ti con
i seguenti valori:
18C < ti < 22 per spazi chiusi per attivit principale e secondaria,
ti > 4c per spazi di pertinenza destinati al deposito (cantine e simili):,
t i > 7C per spazi chiusi di circolazione e di collegamento ad uso comune.
Inoltre, la temperatura non dovrebbe presentare, nei punti lungo la verticale dellambiente,
ad unaltezza compresa entro 1.8 m dal pavimento ed a una distanza dalle pareti superiore a
60 cm, una disuniformit superiore a 2C.
Nel caso di edifici adibiti ad attivit industriali ed artigianali, la temperatura dallaria non
deve superare 18 C + 2C di tolleranza durante la stagione fredda, dovendo soddisfare anche
le esigenze connesse al risparmio energetico.
Anche le temperature delle superfici interne vanno contenute entro opportuni valori, al
fine di limitare i disagi dovuti sia ad irraggiamento sia ad eccessivi moti convettivi dellaria.
Inoltre, devono essere opportunamente contenute le temperature superficiali di qualunque
parte accessibile con cui lutenza possa accidentalmente venire a contatto, al fine di garantire
lincolumit degli utenti.
In base alla normativa, negli interventi di nuova costruzione e ristrutturazione globale, per
le superfici interne opache la temperatura i deve essere contenuta, nel periodo di
funzionamento dellimpianto, entro i limiti seguenti:

i superiore alla temperatura di rugiada e in ogni modo non inferiore a 14C, per le
partizioni e chiusure, (compresi i ponti termici), degli spazi per attivit principale (il
valore della temperatura di rugiada in funzione della temperatura dellaria interna e
dellumidit relativa). Per le pareti interne ed esterne consigliato che la temperatura
delle pareti sia compresa in un intervallo di 3 C rispetto alla temperatura dellaria;
opportuno provvedere alla coibentazione delle superfici nelle quali possono formarsi
ponti temici, quali colonne, montanti, velette, punti dangolo ecc.
i 27C (+ 2C di tolleranza) per pavimenti a pannelli radianti in spazi per attivit
principale, secondaria e per spazi di circolazione e collegamento interni allunit
immobiliare.

Per i pavimenti nei bagni ammessa una tolleranza di 5C.


Nei corpi scaldanti, per tutte le parti calde con cui lutenza possa accidentalmente venire a
contatto, ammessa una temperatura superficiale inferiore od uguale a 70C ( consigliata
non superiore a 65C); sono ammesse temperature superiori per le superfici non accessibili o
protette.
Nelle superfici vetrate e infissi - I valori della temperatura superficiale devono essere tali da
evitare fenomeni di condensa non momentanea, relativamente agli spazi per attivit
principale, secondaria e spazi di circolazione e collegamento interni allunit immobiliare.

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Figura 3.3: rapporto uomo-ambiente termico e diagramma bioclimatico di Szokolay, 1984 (da
Cuppini)
Per valutare tecnicamente le condizioni termoigrometriche di un ambiente si usa di norma
il diagramma psicrometrico. Ogni punto del diagramma individua una condizione
termoigrometrica interna: umidit relativa (curve inclinate, con valori da 0 a 100%),
temperatura a bulbo secco (ascissa), umidit specifica, o quantit di vapor acqueo nellaria
(ordinata), entalpia (rette inclinate). Il diagramma psicrometrico ha un uso variegato nella
valutazione delle condizioni termoigrometriche; si utilizza, per esempio, per dimensionare un
impianto meccanico di condizionamento (importanti le trasformazioni ad entalpia costante).
In generale, le trasformazioni negli ambienti avvengono anche a umidit assoluta costante
(riscaldamento, raffrescamento), a temperatura costante (umidificazione, deumidificazione),
ad umidit relativa costante.

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Figura 3.4: diagramma psicrometrico.


Allinterno del diagramma psicrometrico possibile determinare delle aree entro cui, in
ragione delle condizioni climatiche esterne (temperatura, umidit, ventilazione, irraggiamento
solare), della tipologia muraria, della presenza di un impianto di climatizzazione e dellora
della giornata, vi comfort igrotermico.
La figura 3.6 mostra una zona di comfort (CE), tra il 30 e il 70% di UR, e tra i 21C e i
30C; una zona di comfort invernale (CI), tra il 30 e l80% di UR e tra i 18C e i 23C.
Queste zone di comfort possono estendersi se si utilizzano sistemi naturali e meccanici di
ventilazione (vmas, vmec, V1, V2), se si sfrutta lirraggiamento solare (A, B, C), o si usano
sistemi di raffrescamento evaporativo (RE), naturali o meccanici.
Sono varie le operazioni che possono essere svolte allinterno del diagramma, variando le
condizioni dellambiente interno o valutando le quantit di vapor acqueo necessarie per
contenere lumidit relativa entro certi parametri.
Dalla misura strumentale della temperatura a bulbo asciutto e a bulbo umido si ricava, per
esempio, lumidit relativa.
Al fine di mantenere, allinterno di un ambiente, una quantit di vapor dacqua, e cio una
determinata umidit relativa, necessario sia verificata la seguente espressione:
Qp = Qu Qe
dove:
Qu = quantit di vapore dacqua che viene espulsa in unora dallambiente considerato [Kg/h]
Qe = quantit di vapore dacqua che viene immessa in unora nellambiente considerato [kg/h]
Qp = quantit di vapore dacqua che viene prodotta in unora allinterno dellambiente
considerato [kg/h].

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Figura 3.5: individuazione delle zone di comfort.


La quantit di vapor dacqua espulsa Qu, data dalla somma della quantit di vapor
dacqua che viene espulsa con il ricambio dellaria e di quella, modesta, espulsa attraverso le
pareti. Se questultimo fattore pu essere trascurato, risulta:
Qu = n V i Xi
dove:
n = numero di ricambi daria orario,
V = volume dellambiente considerato,
i = peso specifico dellaria secca allinterno dellambiente che, per gli scopi di un calcolo
semplificato si pu assumere pari a 1,2 kg/m3,
Xi = umidit assoluta, cio quantit di vapor dacqua contenuta nellunit di peso di aria
secca allinterno dellambiente considerato, ricavabile, come sotto indicato, dal
diagramma psicrometrico in funzione della temperatura dellaria interna (ti) e
dellumidit relativa interna (UR).
La determinazione di Xi mediante luso del diagramma psicrometrico, per esempio,
avviene individuando il punto dintersezione tra la retta verticale corrispondente al valore
della temperatura dellaria e la curva corrispondente al grado igrometrico.
La quantit di vapor dacqua Qe pari alla quantit di vapor dacqua immessa
nellambiente con il ricambio dellaria. Quindi:
Qe = n V e Xe
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Figura 3.6: determinazione


della quantit di umidit
assoluta.
dove:
n = numero di ricambi daria orario
V = volume dellambiente considerato
e = peso specifico dellaria secca allesterno, che per gli scopi di un calcolo semplificato pu
assumere un valore compreso tra 1,25 kg/m3 e 1,30 kg/m3
Xe = umidit assoluta dellaria esterna, cio quantit di vapor dacqua contenuta nellunit di
peso di aria secca, ricavabile, come indicato sopra, dal diagramma psicrometrico in
funzione della temperatura dellaria esterna (te) e dellumidit relativa esterna.

3.2.2. Ventilazione
Legata al ricambio daria, la ventilazione degli spazi chiusi uno dei requisiti che
concorrono al mantenimento dellequilibrio omeostatico delluomo ed in particolare al
soddisfacimento dellesigenza del benessere termoigrometrico e del benessere respiratorioolfattivo. La ventilazione pu essere di tipo meccanico o naturale.
La ventilazione finalizzata a:
controllare il grado di umidit relativa, per garantire adeguati livelli di benessere
igrotermico invernale, contenere gli effetti della condensa del vapore ed evitare la
formazione di colonie microbiche;contribuire al raggiungimento di un sufficiente
benessere igrotermico estivo;
assicurare le condizioni di benessere respiratorio olfattivo;
assicurare un adeguato ricambio daria, per evitare la presenza di impurit dellaria e
di gas nocivi;assicurare lafflusso dellaria richiesta dalla combustione nei locali in cui
sono installati apparecchi a combustione.
Il livello di prestazione espresso in numero di ricambi daria orario n [m3/hm3]. Il numero
di ricambi d'aria orario n rappresenta il rapporto tra il volume dello spazio e il volume daria
rinnovato in unora allinterno del medesimo spazio.
I ricambi daria si distinguono in: continui, se ottenuti attraverso la permeabilit degli
infissi e attraverso le prese daria esterne; discontinui, se avvengono con il controllo da parte
dellutente, ad esempio, tramite lapertura delle finestre, oppure tramite la ventilazione
meccanica comandata dallutente. Qualora la permeabilit degli infissi e le prese d'aria esterna

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non riescano a garantire il raggiungimento dei ricambi daria continui prescritti, occorre
ricorrere anche alla ventilazione continua meccanica.
Vi sono metodi di calcolo per ricami daria continui, che tengono conto del tipo di
serramento e delle sue propriet di tenuta allaria; per il calcolo dei ricambi discontinui, si ha
una formula proposta dal Reg. Ed. Tipo, valida per infissi schematizzabili come rettangolari:
n=

SL h
10 3
2,5 V

dove
SL = base della superficie libera x altezza della superficie libera h [m2]
V = volume dellambiente considerato [m3]
In base alla normativa, negli edifici di nuova costruzione e nelle ristrutturazioni edilizie si
hanno i seguenti valori:
Spazi per attivit principale:
superficie apribile > 1/8 della superficie di pavimento (ricambio discontinuo),
n > 0,5 m3/hm3,
in particolare per le cucine, comprese quelle in nicchia, o zona cottura:- superficie
apribile > 1/8 della superficie di pavimento (compresa la superficie della zona cottura).n > 0,5 m3/hm3 e, in aggiunta, n > 3 m3/hm3 (ricambio discontinuo) da ubicare in
corrispondenza dei punti di cottura, con collegamento esterno tramite canna di
esalazione.
Bagni, servizi igienici:
n > 0,5 m3/hm3 se dotati di apertura allesterno,
n > 5 m3/hm3 se non dotati di apertura allesterno, assicurata da di impianto di
estrazione forzata (ricambi discontinui).
Spazi di circolazione e collegamento ad uso comune:
n > 0,5 m3/hm3,
nelle scale i ricambi discontinui devono essere garantiti dalla presenza di finestre
apribili ovvero devono essere garantite adeguate condizioni di sicurezza e di igiene
Nei locali in cui sono installati apparecchi a gas di tipo A o B o apparecchi di cottura deve
affluire tanta aria quanta ne viene richiesta dalla combustione (punto 3.1 della UNI 7129).
Tipo A sono gli apparecchi previsti per non essere collegati a un condotto o a un dispositivo di evacuazione
dei prodotti della combustione verso lesterno del locale.
Tipo B sono gli apparecchi previsti per essere collegati a un condotto o a un dispositivo di evacuazione dei
prodotti della combustione verso lesterno del locale; laria comburente prelevata direttamente nellambiente
dove gli apparecchi sono installati.

Nella UNI 7129 (norme per la sicurezza per gli apparecchi a gas per uso domestico aventi
portata termica non superiore a 35 kW) si dice che lafflusso dellaria di combustione deve
preferibilmente avvenire per via diretta tramite aperture permanenti praticate sulle pareti
esterne dei locali da ventilare o condotti di ventilazione singoli oppure ramificati.
In base al punto 3.2 della Uni le aperture su pareti esterne del locale da ventilare devono:
avere sezione libera netta di almeno 6 cm2 per ogni kW con un minimo di 100 cm2;
essere situate ad una quota prossima a quella del pavimento e, ove questo non sia
possibile, la sezione dovr essere aumentata di almeno il 50%.
Per gli apparecchi a gas privi del dispositivo di sicurezza per assenza di fiamma, le
aperture di ventilazione devono essere maggiorate del 100% con un minimo di 200 cm2.

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Figura 3.7: ventilazione naturale e morfologia degli edifici (da Cuppini).

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Figura 3.8: criteri progettuali e uso della vegetazione per il controllo del vento e della
temperatura (da Cuppini).

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Figura 3.9: flusso daria nella ventilazione naturale interna degli edifici (ventilazione
trasversale) in rapporto a posizione e dimensione delle aperture (da Cuppini).
Gli edifici rurali della pianura emiliana sono sempre stati sensibili alle condizioni
ambientali orientando i lati lunghi sullasse Est-Ovest. Per riparare dalleccessivo
soleggiamento i portici erano orientati a Sud; la ventilazione naturale dellabitazione e della
parte rustica erano controllate attraverso opportune aperture.

Figure 3.10, 3.11: orientazione sullasse Est-Ovest degli edifici rurali, disposti in tal modo
anche per favorire la ventilazione trasversale in direzione Nord-Sud; a sinistra posizione delle
ombre durante il pomeriggio. Anche oggi una progettazione sensibile allambiente dovrebbe
tenere in considerazione i movimenti naturali dellaria specifici del luogo, in modo tale che le
brezze estive agiscano in modo efficace ed i venti invernali freddi siano ostacolati.

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Figure 3.12, 3.13: ventilazione trasversale negli edifici rurali; i fori nella muratura dei fienili
(gelosie) permettono la ventilazione degli ambienti e la riduzione del tasso di umidit.

Figura 3.14: le torri del vento nellarchitettura del deserto sfruttano il differenziale di
pressione dellaria, dovuto alla velocit del vento e al calore delle torri; i canali sotterranei
permettono di aumentare il tasso di umidit relativa, contribuendo al comfort degli ambienti
interni.

3.2.4. Fenomeni termoigrometrici su pareti e coperture


Una parete o una copertura (chiusure) devono assicurare un determinato isolamento
termico e devono essere realizzate in modo da non creare situazioni termoigrometriche
critiche, riscontrabili in particolare con clima invernale quando gli ambienti interni sono
riscaldati e le temperature esterne sono ridotte. Queste situazioni, se non risolte, possono
portare alla formazione di vapor dacqua, presente negli ambienti caldi sotto la copertura o
nelle pareti verticali dei bagni o delle cucine, sia in superficie (soffitti, angoli di parete ecc.),
sia allinterno dei pacchetti murari.

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Le condensazioni superficiali si possono formare quando laria, ad una certa temperatura e


con un certo tasso dumidit, si raffredda al contatto con superfici a temperature inferiori
(superfici fredde) e il vapore in eccesso rispetto alla quantit di saturazione condensa.
Sotto sono riportate le espressioni analitiche, in regime stazionario, che regolano la
trasmissione del calore attraverso una parete.
La densit di flusso termico (W/m2) data dalla formula:

(t t )
Q
= (ti te ) K = i e =
1
A
R
i

(ti te )
+

+
j =1

sj

ove
ti e te = temperature interna ed esterna,
R = resistenza termica della parete,
K (chiamata anche U)= trasmittanza termica della parete (inverso della resistenza),
j = conducibilit termica del materiale dello strato j (W/m K), sj spessore dello strato j di
parete.
1 1
e
= coefficienti di scambio liminare termico interno ed esterno, con i, e coefficienti

i e

di adduzione interno ed esterno, che misurano lo scambio termico dallaria alla superficie
della parete e dalla superficie della parete allaria per il fenomeno di adduzione, che una
combinazione tra irraggiamento e convezione.
La trasmittanza misura quindi la quantit di calore che attraversa un elemento strutturale
della superficie di 1 mq in presenza di una differenza di temperatura di 1 grado tra l'interno e
l'esterno. Pi il valore basso, migliore l'isolamento della struttura in esame.
La predisposizione di opportuni strati di isolamento termico permette di innalzare la tsi fino
a quasi il valore della temperatura interna, giocando sulla resistenza termica della parete.
La temperatura nello strato r data da:
r s
r s
1
(t t ) 1
tr = ti k (ti te ) + + j = ti i e + + j

R
j =1 j
j =1 j
i
i

La temperatura superficiale interna, invece, data da:

t si = ti

(ti te ) = ti

(ti te )
i R

Le condensazioni allinterno degli elementi edilizi dipendono dal fatto che il vapor dacqua
si diffonde attraverso i materiali edilizi, spesso porosi, o migra per effetto di moti convettivi
dellaria interna calda e umida attraverso discontinuit e fessure. Questo avviene per diversit
di concentrazione e per differenza di pressione.
Negli ambienti abitati e riscaldati, in clima invernale, si hanno pressioni parziali del vapor
dacqua maggiori di quelle esterne; nei vari strati della parete o della copertura si creano
pressioni di vapore che dipendono dalla resistenza che gli stessi presentano alla diffusione del
vapore. Quando si raggiunge il valore di saturazione si hanno condensazioni. Il fenomeno

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della diffusione del vapore attraverso una parete pu essere studiato, analogamente allo
scambio termico, accettando ipotesi semplificative analoghe a quelle relative allo scambio
termico.
La densit di flusso del vapore G vale:

G ( pi pe )
=
=
A
Z tot

( pi pe )

kg
2
mh

s
N
j j
n

j =1

1,81

R T
T
e D = 0,083
N= D

D
273

hPa

kg

dove
pi e pe = pressioni parziali del vapor dacqua dellambiente interno ed esterno (Pa),
Ztot = resistenza alla diffusione della parete (h m2 Pa/kg),
sj = spessore dello strato j di parete
j = fattore di resistenza alla diffusione del vapore (espresso in rapporto alla resistenza
dellaria: aria = 1)
R = costante caratteristica del vapor dacqua: 462 J/(kg K),
T = temperatura assoluta (K),
D = coefficiente di diffusione del vapor dacqua nellaria statica (m2/h),
In prima approssimazione, per calcoli semplificativi e procedimenti grafici si pu assumere
N= 1,5x106.
La pressione del vapore nello strato r vale:
pr = pi

( pi pe )
Z tot

s
j =1

j N

La verifica della formazione di condensa si pu attuare mediante il confronto tra i valori


delle pressioni p del vapore negli strati e il valore delle pressioni di saturazione ps che
dipendono dalle temperature degli strati stessi. Il confronto si effettua graficamente.
La diversa dislocazione degli strati con caratteristiche diverse (s, , ) influisce in modo
decisivo sul comportamento idrometrico. Quando lo strato termoisolante spostato verso
lesterno, gli strati sottostanti sono a temperature vicine a quella interna e le pressioni di
saturazione sono pi alte e pi difficilmente raggiungibili. Viceversa, con lo strato
termoisolante spostato verso linterno, gli strati ad esso esterni hanno temperature vicine a
quella esterna e le pressioni di vapore sono pi facilmente raggiungibili da parte del vapore
diffuso nella parete e copertura.
Inoltre, se si hanno verso linterno strati che si oppongono alla diffusione e allesterno
strati che permettono facilmente la diffusione, la pressione del vapore si stabilizza su valori
che difficilmente raggiungeranno quelli di saturazione, Sono validi i ragionamenti inversi. Gli
strati che si oppongono alla diffusione del vapore si chiamano barriere al vapore.
In sintesi, si ha una situazione ottimale per evitare le condensazioni quando si dispongono
lo strato di isolamento termico verso lesterno e contemporaneamente quello di barriera alla
vapore al suo interno, lasciando allesterno strati che facilitano la diffusione. Occorre notare
tuttavia che linserimento di barriere al vapore conviene venga limitato allo stretto

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indispensabile per evitare possibili ristagni di umidit da costruzione allinterno delle


strutture. Questo soprattutto quando si hanno elementi in calcestruzzo gettato in opera.
Il sistema grafico semplificato di Glaser permette di fare le valutazioni sopra riportate.

Figure 3.15, 3.16: a sinistra, diagramma di Glaser. A destra, fenomeni igrometrici allinterno
di una parete.
Dal punto di vista igrometrico una parete esterna (chiusura verticale) sottoposta agli
agenti atmosferici esterni (pioggia, neve), alle infiltrazioni di acqua dal sottosuolo, alle
condensazioni del vapor dacqua prodotto internamente. Tali fenomeni possono provocare il
deposito di sali allinterno della parete.

3.2.5. Benessere visivo

Il comfort visivo riguarda due aspetti: la qualit della luce e la qualit di veduta. Il
progettista pu intervenire sulla qualit della luce ottimizzando lo sfruttamento della luce
naturale.
I parametri esterni che intervengono nella progettazione dellilluminazione naturale sono
larea visibile del cielo e larea visibile di superficie riflettente lorientamento delle aperture.
I parametri interni di progetto sono larea vetrata in rapporto alle superfici interne
(dimensioni e distanze) e la riflettivit delle pareti (materiali, colori, ostacoli). Inoltre vi sono
fattori di correzione come il tipo di vetro (qualit e trasparenza), la presenza di schermature,
ecc.

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Il controllo dellilluminamento naturale uno dei requisiti che concorrono al


mantenimento dellequilibrio omeostatico delluomo ed in particolare al soddisfacimento
dellesigenza di benessere visivo. Lomeostasi la capacit di autoregolazione degli esseri
viventi rivolta a mantenere la stabilit delle normali condizioni dellorganismo in relazione
dinamica col contesto.
In particolare, in base alla normativa, negli interventi di nuova costruzione e di
ristrutturazione edilizia globale, per gli spazi di fruizione per attivit principale il livello del
fattore di luce diurna medio (FLDm) deve essere: 2%.
Tale valore, direttamente collegato al livello di illuminamento in lux, dato da varie
formule, basate su osservazioni sperimentali riportate in grafici.
Per semplicit si usa la seguente formula:

FLDm =

t A
S (1 rm )

dove
t = coefficiente di trasparenza del vetro, che varia in genere da 0,8 a 0,9 e dipende anche
dallubicazione delledificio, dalla giacitura della finestra e dallattivit svolta;
A = area della superficie trasparente della finestra [m2],
= fattore finestra, inteso come rapporto tra illuminamento della finestra e radianza del cielo,
che varia da 0 a 50% in base alla posizione dellapertura rispetto al cielo visibile;
= coefficiente che tiene conto dellarretramento del piano della finestra rispetto al filo
esterno della facciata e varia pure da 0,2 a 1;
rm = coefficiente medio di riflessione luminosa delle superfici interne, comprese le finestre,
che varia da 0,2 per superfici scura a 0,9 per superfici chiare;
S = Area delle superfici interne che delimitano lo spazio [m2].
I coefficienti sopra menzionati si ottengono da tabelle e grafici appositi.
Il requisito di illuminazione naturale convenzionalmente soddisfatto con il semplice
rapporto di 1/8 tra superficie finestrata e superficie dellambiente interno (pi veloce da
calcolarsi, ma meno preciso).
In realt si potrebbe usare il rapporto 1/8 solose sono rispettate le seguenti condizioni:
nel rapporto di illuminazione Ri > 1/8 esclusa quella posta ad unaltezza compresa tra
il pavimento e 60 cm, ed al netto di velette, elementi architettonici verticali del
medesimo organismo edilizio che riducano l'effettiva superficie illuminante (es. pilastri,
colonne, velette esterne, ecc.);
le superfici vetrate hanno coefficienti di trasparenza t > 0,7;
la profondit dello spazio (ambiente), misurata perpendicolarmente al piano della parete
finestrata, minore od uguale a 2,5 volte l'altezza dal pavimento del punto pi alto della
superficie trasparente dellinfisso;
per finestre che si affacciano sotto porticati, il rapporto di illuminazione Ri va calcolato
con riferimento alla superficie del pavimento dello spazio interessato, aumentata della
quota di superficie del porticato prospiciente lambiente stesso;
per le finestre con superficie trasparente ostruita da balconi o aggetti di profondit
superiore a 1 m, la dimensione della superficie illuminante dovr essere aumentata di
0,05 m2 ogni 5 cm di ulteriore aggetto oltre 1 m.
Queste regole per il calcolo del livello di illuminamento, variano da comune a comune
e si trovano nei regolamenti edilizi.

3-17

3 Principi ambientali degli edifici

Figura 3.17: parametri e criteri progettuali per il controllo del comfort visivo e acustico (da
Cuppini).

3-18

3 Principi ambientali degli edifici

Figura 3.18: carta del sole o diagramma solare per una latitudine di 45. Il diagramma
permette di calcolare inclinazione zenitale ed azimutale del sole nei mesi dellanno e durante
le ora del giorno per ogni latitudine terrestre. Laltezza zenitale si misura spostandosi dal
centro delle circonferenze verso lesterno, da 90 a 0. Sovrapposto alla pianta delledificio, il
diagramma serve a controllare lombreggiamento.

Figure 3.19, 3.20: a sinistra, studi di Le Corbusier per il controllo della radiazione solare
diretta; a destra edificio contemporaneo, con facciata progettata con elementi (brise-soleil)per
tale controllo.
3-19

3 Principi ambientali degli edifici

Figure 3.21, 3.22: elementi tradizionali (persiana) per il controllo dellilluminazione naturale.
Esempi di elementi frangisole moderni regolabili per impedire la radiazione solare diretta in
rapporto allinclinazione del sole nei vari mesi dellanno.

Figura 3.23: elementi tecnici per il controllo


dellilluminazione naturale e la protezione
dallirraggiamento diretto.
3.2.6. Benessere acustico

I rumori non solo arrecano disturbo, ma danneggiano la salute. La loro eliminazione


avviene sia intervenendo sulle fonti di rumore, sia adottando accorgimenti nella
progettazione: barriere naturali, filari di alberi, affacci degli edifici, ecc. Il controllo del
comfort acustico dipende inoltre dalla scelta dei materiali nei singoli elementi costruttivi.

3-20

3 Principi ambientali degli edifici

Figure 3.24, 3.25: barriera antirumore e protezione acustica della parete esterna di un edificio.
Quando unonda sonora viene a contatto con un materiale, per esempio quando investe una
parete, si suddivide in tre componenti:
onda riflessa
onda assorbita
onda trasmessa
Indichiamo ora con Ia, Ir, It le intensit sonore delle tre componenti e con Ii lintensit
incidente cio lintensit che ha londa appena prima di entrare in contatto con il materiale, si
ottiene:
Ii = Ia + Ir + It

Dividendo per Ii entrambi i membri dellequazione e ponendo:


Ia / Ii = a coefficiente di assorbimento del materiale
Ir / Ii = r coefficiente di riflessione del materiale
It / Ii = t coefficiente di trasmissione del materiale
si trova:
a + r+ t = 1

il coefficiente di assorbimento dato da a = 1 r t


Tuttavia in acustica per valutare la capacit di assorbimento di un materiale molto pi usato
il coefficiente di assorbimento apparente , il cui valore :
= a + t = 1 r
Il coefficiente ingloba anche le onde trasmesse, che apparentemente sembrano assorbite.
Per valutare la capacit di assorbimento di un materiale non importa la quantit di suono
assorbito o trasmesso ad un ambiente esterno collegato, ma la quantit di onde riflesse;
anche per questo che tale coefficiente detto di assorbimento apparente; la condizione
migliore si ha quando non ce riflessione, quindi r = 0 e =1, in tal caso si parla di materiali
perfettamente fonoassorbenti, nel caso invece di = 0 e r = 1 si parla di materiali
perfettamente riflettenti.

3-21

3 Principi ambientali degli edifici

In generale i materiali detti fonoassorbenti, come i materiali espansi, hanno valori di


prossimi a 1. La loro caratteristica comune che si lasciano attraversare dallaria opponendo
resistenza, presentando cio alta impedenza per le onde sonore. Tali materiali tendono ad
incanalare le onde sonore in tanti cunicoli di piccolissime dimensioni smorzando le onde
sonore per effetto del loro attrito contro le pareti di tali cunicoli.
Definiamo invece fonoisolante un materiale con basso coefficiente di trasmissione t. Ad
esempio una tenda appesa in una stanza altamente fonoassorbente ma poco fonoisolante
perch lenergia incidente viene in parte convertita in calore per attrito passando attraverso il
tessuto e in gran parte viene trasmessa attraverso la tenda.
Un muro massiccio invece molto fonoisolante ma poco fonoassorbente.
Il rispetto delle condizioni di benessere acustico negli ambienti di vita e di lavoro sempre
pi richiesto come requisito essenziale degli edifici. Un ambiente pu essere considerato
soddisfacente ai fini dell'ottenimento del comfort acustico quando il rumore a cui sono
sottoposti gli occupanti tale da non nuocere alla salute e consentire adeguate condizioni per
il riposo e il lavoro.
Convenzionalmente si distinguono due modalit di propagazione della energia sonora in
relazione alla via di propagazione:
1) per via aerea, nel caso in cui le onde sonore, direttamente o attraverso pareti divisorie, si
trasmettono dalla sorgente all'ascoltatore;
2) per via strutturale, nel caso in cui le onde sonore che raggiungono l'ascoltatore, sono
generate da urti e vibrazioni prodotte sulle strutture dell'edificio in cui si trova l'ambiente
disturbato.
I parametri da misurare per qualificare acusticamente gli elementi edilizi o gli ambienti
sono diversi in relazione a queste diverse modalit di propagazione della energia sonora. Il
DPCM 5 dicembre 1997, che riguarda la Determinazione dei requisiti acustici passivi degli
edifici, considera essenzialmente lisolamento al rumore aereo, il livello di rumore di
calpestio e il tempo di riverberazione.
Il DPCM 5 dicembre 1997 classifica gli ambienti abitativi in sette categorie e stabilisce
per ognuna di esse i requisiti acustici passivi degli edifici, definendo nel contempo i livelli
massimi di rumore per gli impianti tecnologici, al fine di ridurre lesposizione umana al
rumore. Gli ambienti abitativi sono distinti nelle categorie indicate nella tabella A allegata al
decreto.
Tabella 3.1 Classificazioni degli ambienti abitativi
categoria A : edifici adibiti a residenza o assimilabili;
categoria B : edifici adibiti ad uffici e assimilabili;
categoria C : edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attivit assimilabili;
categoria D : edifici adibiti ad ospedali, cliniche, case di cura e assimilabili;
categoria E : edifici adibiti ad attivit scolastiche a tutti i livelli e assimilabili;
categoria F :edifici adibiti ad attivit ricreative o di culto o assimilabili;
categoria G : edifici adibiti ad attivit commerciali o assimilabili.
Sono componenti degli edifici le partizioni orizzontali e verticali. Sono servizi a
funzionamento discontinuo gli ascensori, gli scarichi idraulici, i bagni, i servizi igienici e la
rubinetteria. Sono servizi a funzionamento continuo gli impianti di riscaldamento, aerazione e
condizionamento.

3-22

3 Principi ambientali degli edifici

Le grandezze che caratterizzano i requisiti acustici passivi degli edifici sono:


1. il tempo di riverberazione (T), definito dalla norma ISO 3382:1975;
2. il potere fonoisolante apparente di elementi di separazione fra ambienti (R), definito
dalla norma EN ISO 140-5:1996;
3. lisolamento acustico standardizzato di facciata (D2m,nT), definito da:
D2m,nT = D2m + 10 log T/T0
ove:
D2m = L1,2m - L2 la differenza di livello;
L1,2m il livello di pressione sonora esterno a 2 metri dalla facciata, prodotto da rumore
da traffico se prevalente, o da altoparlante con incidenza del suono di 45 sulla facciata;
L2 il livello di pressione sonora medio nellambiente ricevente, valutato a partire dai
livelli misurati nellambiente ricevente mediante la seguente formula:
Li

1 n
L 2 = 10 log 10 10

n i =1
Le misure dei livelli Li devono essere eseguite in numero di n per ciascuna banda di terzi di
ottava. Il numero n il numero intero immediatamente superiore ad un decimo del volume
dellambiente; in ogni caso, il valore minimo di n cinque;
T il tempo di riverberazione nellambiente ricevente, in sec;
T0 il tempo di riverberazione di riferimento assunto, pari a 0,5 s;
4. il livello di rumore di calpestio di solai normalizzato (Ln) definito dalla norma EN ISO
140-6:1996:
5. LASmax: livello massimo di pressione sonora, ponderata A con costante di tempo slow;
6. LAeq: livello continuo equivalente di pressione sonora, ponderata A.
Gli indici di valutazione che caratterizzano i requisiti acustici passivi degli edifici sono:
a. indice del potere fonoisolante apparente di partizioni fra ambienti (Rw) da calcolare
secondo la norma UNI 8270:1987, Parte 7^, par. 5.1.
b. indice dellisolamento acustico standardizzato di facciata (D2m,nT,w) da calcolare secondo le
stesse procedure di cui al precedente punto a.;
c. indice del livello di rumore di calpestio di solai, normalizzato (Ln,w) da calcolare secondo
la procedura descritta dalla norma UNI 8270:1987, Parte 7^, par. 5.2.
La rumorosit prodotta dagli impianti tecnologici non deve superare i seguenti limiti:
a) 35 dB(A) LAmax con costante di tempo slow per i servizi a funzionamento discontinuo;
b) 25 dB(A) LAeq per i servizi a funzionamento continuo.
Le misure di livello sonoro devono essere eseguite nellambiente nel quale il livello di
rumore pi elevato. Tale ambiente deve essere diverso da quello in cui il rumore si origina.
Al fine di ridurre lesposizione umana al rumore, i valori limite previsti dal DPCM sono
riportati in tabella. Questi livelli sonori vengono misurati strumentalmente alla fine dei lavori
di costruzione.

3-23

3 Principi ambientali degli edifici

Tabella 3.2: requisiti acustici passivi degli edifici, dei loro componenti e degli impianti
tecnologici.
Categorie di cui alla
Parametri
Tab. A
Rw (*)
D2m,nT,w
Ln,w
LAsmax
LAeq
1. D
55
45
58
35
25
2. A, C
50
40
63
35
35
3. E
50
48
58
35
25
4. B, F, G
50
42
55
35
35
(*) Valori di Rw riferiti a elementi di separazione tra due distinte unit immobiliari.
Nota: con riferimento alledilizia scolastica, i limiti per il tempo di riverberazione sono quelli riportati
nella circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 3150 del 22 maggio 1967, recante i criteri di
valutazione e collaudo dei requisiti acustici negli edifici scolastici.

3.2.7. Igiene e salute (DM 05-07-75)

In Italia vigente un Decreto Ministeriale del 05-07-75, che pone alcune regole generali a
livello nazionale ma molto vincolanti per gli alloggi, riguardo:

altezze dei locali


superfici
temperatura interna dei locali
illuminazione naturale
ventilazione
materiali

In particolare:
Altezze (DM 05-07-75)
Laltezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione fissata in m 2,70 riducibili a
m 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli.
Nei comuni montani al di sopra dei m 1000 sul livello del mare pu essere consentita,
tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione
dell'altezza minima dei locali abitabili a m 2,55.
Superfici (DM 05-07-75)
Per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14, per i
primi 4 abitanti, ed a mq 10, per ciascuno dei successivi.
Le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq 9, se per una persona, e di
mq 14, se per due persone.
Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq 14.
Le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile.
Ferma restando l'altezza minima interna di m 2,70, l'alloggio monostanza, per una persona,
deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq 28, e non
inferiore a mq 38, se per due persone.
Temperatura interna (DM 05-07-75)
Gli alloggi debbono essere dotati di impianti di riscaldamento ove le condizioni climatiche
lo richiedano.
La temperatura di progetto dell'aria interna deve essere compresa tra i 18C ed i 20C e
deve essere uguale in tutti gli ambienti abitati e nei servizi, esclusi i ripostigli. Nelle

3-24

3 Principi ambientali degli edifici

condizioni di occupazione e di uso degli alloggi, le superfici interne delle parti opache delle
pareti non debbono presentare tracce di condensazione permanente.
Illuminazione naturale (DM 05-07-75)
Tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi,
vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla
destinazione d'uso.
Per ciascun locale d'abitazione, l'ampiezza della finestra deve essere proporzionata in
modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2%, e
comunque la superficie finestrata apribile non dovr essere inferiore a 1/8 della superficie del
pavimento.
Per gli edifici compresi nell'edilizia pubblica residenziale occorre assicurare, sulla base di
quanto sopra disposto e dei risultati e sperimentazioni razionali, l'adozione di dimensioni
unificate di finestre e, quindi, dei relativi infissi.
Ventilazione (DM 05-07-75)
Quando le caratteristiche tipologiche degli alloggi diano luogo a condizioni che non
consentano di fruire di ventilazione naturale, si dovr ricorrere alla ventilazione meccanica
centralizzata immettendo aria opportunamente captata e con requisiti igienici confacenti.
comunque da assicurare, in ogni caso, l'aspirazione di fumi, vapori ed esalazioni nei
punti di produzione (cucine, gabinetti, ecc.) prima che si diffondano.
Il posto di cottura, eventualmente annesso al locale di soggiorno, deve comunicare
ampiamente con quest'ultimo e deve essere adeguatamente munito di impianto di aspirazione
forzata sui fornelli.
La stanza da bagno deve essere fornita di apertura all'esterno per il ricambio dell'aria o
dotata di impianto di aspirazione meccanica.
Nelle stanze da bagno sprovviste di apertura all'esterno proibita l'installazione di
apparecchi a fiamma libera.
Per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti
igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo.
Materiali (DM 05-07-75)
I materiali utilizzati per le costruzioni di alloggi e la loro messa in opera debbono garantire
unadeguata protezione acustica agli ambienti per quanto concerne i rumori da calpestio,
rumori da traffico, rumori da impianti o apparecchi comunque installati nel fabbricato, rumori
o suoni aerei provenienti da alloggi contigui e da locali o spazi destinati a servizi comuni.
Alluopo, per una completa osservanza di quanto sopra disposto occorre far riferimento ai
lavori ed agli standards consigliati dal Ministero dei lavori pubblici o da altri qualificati
organi pubblici.

3.3. Bilancio energetico

Il clima influenza pesantemente il bilancio energetico di un edificio. Lenergia spesa per un


edificio riguarda, in generale, quella impiegata per il condizionamento degli ambienti
(riscaldamento e raffreddamento, umidificazione e deumidificazione), quella per
lilluminazione e il funzionamento delle apparecchiature interne, quella per il riscaldamento
dellacqua sanitaria.
Durante le stagioni invernali lenergia viene spesa per riscaldare, in quelle estive per
raffrescare. La quantit di luce naturale influisce sul consumo di energia per lilluminazione e
varia stagionalmente. Lorientazione e la forma delledificio incidono sullapporto termico dei
singoli ambienti delledificio.

3-25

3 Principi ambientali degli edifici

Figura 3.26: forme degli edifici e dispersioni o guadagni termici.

Figura 3.27: variazione della superficie disperdente a parit di volume.

3-26

3 Principi ambientali degli edifici

Dal punto di vista termico un fattore importante ai fini del riscaldamento invernale
caratterizzato dal rapporto tra superficie esterna disperdente delledificio e volume riscaldato.
A parit di volume negli edifici laumento delle superfici a contatto con lambiente esterno
provoca un aumento delle dispersioni di calore.
Le dispersioni di calore di un ambiente verso lesterno (in inverno) avvengono per:
conduzione, convenzione e irraggiamento dei materiali di involucro
ventilazione
Gli apporti di calore provengono dallinterno (apparecchiature, calore umano,
illuminazione, ecc.) e dagli apporti solari.
Nel bilancio termico di un edificio il fabbisogno termico dello spazio riscaldato Qh, per
ciascun periodo di calcolo, dato dalla relazione:

Qh = QI Qg
dove la dispersione termica QI data dalla somma di QT e QV, con:
QT = energia dispersa per trasmissione
QV = energia dispersa per ventilazione
= fattore di riduzione degli apporti termici che tiene conto del comportamento dinamico
delledificio.
Gli apporti termici Qg sono dati dalla somma di Qs e Qi, con:
Qs = contributo dovuto alla radiazione solare
Qi = apporto di energia dovuto alle sorgenti interne

Figura 3.28: schema per il calcolo del


fabbisogno energetico di un edificio,
che deve includere sia il fabbisogno
termico (per il riscaldamento degli
ambienti)
che
quello
per
lilluminazione ed il riscaldamento
dellacqua sanitaria.
La dispersione di calore per ventilazione dipende dalle caratteristiche delle aperture. La
trasmissione attraverso le superfici esterne delledificio dipende dalla quantit di superficie
disperdente e dalle caratteristiche termofisiche dei materiali dellinvolucro, in particolare da:
trasmittanza,
calore specifico volumetrico
comportamento rispetto alla radiazione (assorbenza, riflettenza, emissivit,
trasparenza)

3-27

3 Principi ambientali degli edifici

Nei calcoli di normativa (Dlgs 192/2005 e sue integrazioni) della dispersione per
trasmissione si trascurano le caratteristiche di radiazione e di inerzia termica dei materiali e
per semplicit ci si basa sulle dispersioni che dipendono dalle caratteristiche di trasmittanza
delle pareti, cio dalla quantit di calore trasmessa per conduzione attraverso la superficie
delle pareti per ogni grado di differenza di temperatura. Alle pareti viene comunque richiesta
uninerzia termica minima.

Figure 3.29, 3.30, 3.31: isolamenti termici di facciata a cappotto, nellintercapedine, e con
parete ventilata (da catalogo Styrodur).
Tabella 3.3: valori di trasmittanza (Dlgs 311/2006); zona E, vari comuni in Emilia-Romagna.

01-01-10
0,62
0,48
0,40
0,36

Strutture opache orizzontali o


inclinate
(coperture)
U (W/m2K)
01-01-06 01-01-08 01-01-10
0,80
0,42
0,38
0,60
0,42
0,38
0,55
0,42
0,38
0,46
0,35
0,32

Strutture opache orizzontali o


inclinate (Pavimenti verso locali
non riscaldati o verso lesterno)
U (W/m2K)
01-01-06 01-01-08 01-01-10
0,80
0,74
0,65
0,60
0,55
0,49
0,55
0,49
0,42
0,46
0,41
0,36

0,34
0,33

0,43
0,41

0,43
0,41

zona
climatica

Strutture opache verticali


U (W/m2K)

A
B
C
D

01-01-06
0,85
0,64
0,57
0,50

01-01-08
0,72
0,54
0,46
0,40

E
F

0,46
0,44

0,37
0,35

0,32
0,31

0,30
0,29

0,38
0,36

0,33
0,32

Legate alla trasmissione di calore sono dunque le caratteristiche di isolamento termico


delle pareti: pi bassa la trasmittanza (W/m2K), che linverso della resistenza termica, pi
alto lisolamento delle pareti. Di particolare importanza il controllo dei cosiddetti ponti
termici. Una delle principali cause dello spreco di energia in edilizia quindi il cattivo
isolamento degli edifici.
La capacit di accumulo termico delle pareti nel tempo tuttavia un parametro che
contribuisce direttamente al benessere igrotermico interno e alla riduzione delle dispersioni
termiche delledificio: pi grande la capacit di accumulo termico (inerzia termica) della
parete, maggiore il tempo di rilascio del calore verso lesterno o verso linterno. Durante
lestate le pareti a grande accumulo termico sono molto utili in quanto ritardano il flusso
termico verso linterno nelle ore di maggiore radiazione solare, rilasciando il calore durante le
ore notturne.

3-28

3 Principi ambientali degli edifici

Tabella 3.4: coefficiente di attenuazione fa e sfasamento


isolamento ripartito.
U

(in ore) per pareti verticali con

(W/m K)

M Kg/m
150

200

250

300

350

400

fa

fa

fa

fa

fa

fa

<0,4
0,45
6
0,35
8
0,25
10
0,15
12
0,10
14
0,07
16
0,4 0,6
0,48
6
0,40
8
0,30
9
0,20
10
0,15
12
0,12
14
0,6 0,8
0,54
6
0,46
8
0,35
9
0,27
10
0,20
12
0,14
14
>0,8
0,60
6
0,50
8
0,43
8
0,27
10
0,20
12
0,14
14
U la trasmittanza termica della parete (calcolato come da scheda 2.1.1)
M la massa fisica areica della parete [ottenuta come somma dei prodotti della massa volumica (mv) di ciascuno strato per
il relativo spessore(s)].

Tabella 3.5: coefficiente di sfasamento per pareti verticali con isolamento concentrato.
Tipo di parete
Muratura portante:
- con isolamento concentrato
Muratura non portante:
- con isolamento concentrato
Pareti di tamponamento:
- prefabbricate multistrato
- pareti finestrate

Posizione isolamento
Interno
Intermedio
Esterno
Interno
Intermedio
Esterno
Isolante spessore 6 cm

11
11
11
8
8
8
4
0

Come metodo di verifica della capacit di accumulo della parete, nota la trasmittanza
termica della parete (U), il suo spessore (s) e la sua massa volumica (mv), possibile
individuare i rispettivi coefficienti di sfasamento ( ) e di attenuazione (fa) per mezzo delle
tabelle sopra.
La strategia progettuale che si base sullelevata inerzia termica quella dellimpiego di
murature di involucro pesanti. Queste devono avere una elevata capacit termica e una
bassa conduttivit termica. Un buon risultato uno sfasamento maggiore di 9 ore ed un
coefficiente di attenuazione inferiore a 0,35.

Figura 3.32: onda termica e sfasamento


Nella normativa italiana bisogna calcolare un altro parametro molto importante ai fini del
contenimento del consumo energetico: lindice di prestazione energetica per la
climatizzazione invernale (kWh/m2a).

3-29

3 Principi ambientali degli edifici

Questo parametro dipende dal rapporto S/V tra superficie del volume riscaldato
delledificio e volume delledificio (la tabella contempla valori da 0,2 a 0,9) e dalla zona
climatica italiana, che fornisce i Gradi Giorno, cio il prodotto tra i giorni di riscaldamento
durante lanno e le differenze giornaliere tra esterno e parte riscaldata delledificio. Per
ottenere lindice, il consumo energetico delledificio viene diviso per la superficie utile
delledificio, espressa in m2.
Tabella 3.6: indice di prestazione energetica perla climatizzazione invernale.
Rapporto di
forma
delledificio
S/V

Zona climatica
A
Fino a
600 GG

a 601
GG

a 900
GG

0.2
0.9

10
45

10
45

15
60

0.2
0.9

9,5
41

9,5
41

14
55

0.2
0.9

8,5
36

8,5
36

12,8
48

C
a 901
GG

E
a 1400
GG

a 1401
GG

Valori vigenti
15
25
25
60
85
85
Dal 1 gennaio 2008
14
23
23
55
78
78
Dal 1 gennaio 2010
12,8
21,3
21,3
48
68
68

a 2100
GG

a 2101
GG

a 3000
GG

F
oltre
3000
GG

40
110

40
110

55
145

55
145

37
100

37
100

52
133

52
133

34
88

34
88

46,8
116

46,8
116

Se si contempla anche il fabbisogno energetico derivato dalla necessit di far funzionare


gli impianti di riscaldamento dellacqua calda, possiamo individuare quattro tipi di edifici a
seconda del tipo di Fabbisogno Energetico Complessivo (FEC) per il riscaldamento degli
spazi interni e dellacqua calda:
1. Edifici ad alta dispersione termica (con conseguente alto fabbisogno energetico): sono gli
edifici costruiti fino a ieri senza vincoli riguardo la coibentazione delle strutture. (FEC > 100
kWh/m2a).
2. Edifici a bassa dispersione termica: sono gli edifici costruiti secondo precisi criteri sia di
coibentazione sia relativamente ai rendimenti minimi degli impianti termici previsti dalle
recenti leggi di risparmio. (FEC < 100 kWh/m2a).
3. Edifici a basso consumo energetico: dotati di sistemi solari passivi ed attivi e di un
impiantistica evoluta, consentono elevati risparmi energetici. Sono edifici ancora poco diffusi
ma rappresentano levoluzione futura delle nostre abitazioni. (FEC < 30 kWh/m2a).
4. Edifici energeticamente autonomi: a zero consumo energetico, utilizzano unicamente
fonti rinnovabili e tecnologie costruttive davanguardia. Esistono solo come prototipi e centri
sperimentali a causa dellelevato costo dei materiali e degli impianti. (FEC = 0 kWh/m2a).

Figura 3.33: Uso di pannelli fotovoltaici per


la produzione di energia elettrica.

3-30

3 Principi ambientali degli edifici

Figure 3.34, 3.35: edifici a Solar City, in Austria.

Figure 3.36, 3.37: edifici a Solar City in Austria. Sono edifici sensibili al clima e a basso
consumo energetico, che in particolare sfruttano lorientamento a Sud per immagazzinare
energia attraverso vetrate e serre solari, proteggono le facciate a Sud dai raggi solari nei
periodi di maggiore irraggiamento, hanno involucri con elevate propriet di isolamento termoacustico, soprattutto nelle pareti a Nord, fanno uso di impiantistica innovativa a basso
consumo energetico.

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