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Armando Cossutta, carissimo avversario

di Luciana Castellina 16 Dicembre 2015


Un commosso ricordo di un combattente per un futuro migliore, una finestra sulla
storia di una componente decisiva della sinistra italiana, un auspicio per oggi
e domani. Il manifesto, 16 dicembre 2015
Nella storia, noi ingraiani del Pci, e ancor pi noi del Manifesto e poi del Pdup,
siamo annoverati fra gli avversari di Armando Cossutta. E non si pu certo negare
che il contrasto politico sia stato fra noi duro e di sostanza. E per io, ma cre
do anche gli altri miei compagni, provo grande tristezza nel momento in cui appr
endo della sua scomparsa. Non solo per nostalgia della nostra vecchia comunit com
unista che ogni giorno riceve dalla realt attuale una nuova botta, sicch gli antic
hi contrasti ci sembrano minuzie rispetto ai solchi che oggi si sono aperti con
una sua parte cos consistente, quella che ancora sta nel Pd. Non solo. perch io a
Cossutta volevo bene, e credo lui ne volesse a noi: nonostante la durezza della
nostra radiazione, cui il gruppo di compagni che a Cossutta si ispirava dette un
sostanziale contributo, rimasta reciproca stima. Che ci consent di ritrovarci as
sieme, impegnati sullo stesso fronte, a partire dallavvio del processo di sciogli
mento del Pci, nel 1989.
Quando io militante molto romana ho sentito per la prima volta il suo nome stato
peraltro in una fase in cui siamo stati dalla stessa parte: lui dirigente di pr
imo piano della Federazione di Milano, io ancora impegnata nella ribellione dell
a Federazione giovanile contro la settaria chiusura di una parte dei vecchi. Che
a Milano avevano una vera roccaforte contro cui si batterono, membri della stes
sa segreteria federale, sia Rossana Rossanda che Cossutta. stato solo anni dopo
che divent esplicito tema di scontro politico il giudizio sullUrss, e dunque il te
ma del rapporto fra il Pci e il Pcus.
Ancor oggi mi chiedo il perch di quel suo filosovietismo, che peraltro lui stesso
ripens quando allinizio degli anni Novanta venne un giorno nella redazione del ma
nifesto per ragionarne con pacatezza, riconoscendo la validit delle nostre obiezi
oni che erano invece state solo frettolosamente condannate.
un interrogativo che riguarda tutto il Pci, anche se la corrente cossuttiana protr
asse a lungo la sua fedelt, in polemica con la rottura che Berlinguer aveva invec
e operato nel 1981. Io credo che pi che un giudizio di merito sui pregi di quel s
ocialismo gi dagli anni Sessanta cos segnato dal breznevismo, si sia trattato del ti
more che, nel condannare quellesperienza, venisse meno nel grande corpo dei comun
isti italiani lorizzonte dellalterit, la coscienza che nonostante laccettazione da p
arte del Pci delle regole del sistema democratico rappresentativo, il suo pieno
inserimento nelle sue istituzioni, non si era perduto lobiettivo strategico: la c
ostruzione di una societ alternativa al capitalismo. Una esigenza che forse propr
io lui sentiva di pi per esser stato per anni responsabile della politica degli e
nti locali del partito, che ha orientato nel senso delle pi spericolate alleanze
moderate.
Il legame con Mosca, insomma, era per lui una sorta di polizza di sicurezza, di
certificazione del permanere di una identit rivoluzionaria.
Molti anni dopo, del resto, nella prima fase di vita di Rifondazione Comunista,
quando si strinse fra Armando Cossutta (non con tutti i suoi) e i compagni ex Pd
up che in quel partito erano entrati, un accordo forte sui connotati che la nuov
a formazione avrebbe dovuto avere, non ci fu alcun dissenso sul documento politi
co approntato per il Congresso costitutivo, in cui netta fu la presa di distanza
dallesperienza sovietica. (Non la cancellazione dellimportanza della rivoluzione
dottobre, come poi il Pds si affrett a fare, che era bene si riafferm ci fosse stat
a, pur avendo esaurito la sua carica propulsiva, per citare la frase di Berlinguer
).

Con Cossutta, dicevo, ci siamo ritrovati dopo la Bolognina. Lui non era pi nella
direzione del partito, come del resto Ingrao. Cera stato un ricambio. E perci a vo
tare subito contro la proposta di Occhetto ci ritrovammo solo in tre: uninedita c
oalizione, due ex Pdup (rientrato nel Pci poco prima della morte di Berlinguer),
io e Magri, e Cazzaniga, giovane filosofo di Pisa, in quota Cossutta.
Lalleanza, come noto, non si sald subito, e a contestare la scelta dello scioglime
nto del Partito furono due diverse mozioni: la numero 2 che aggregava ingraiani
e i pi autorevoli berlingueriani, la numero 3, quella dei cossuttiani. Ma dopo il
congresso di Bologna, in vista del ventesimo di Rimini, che avrebbe dovuto conf
ermare la scelta, i due gruppi si unificarono e fu presentata una sola mozione.
Insieme ottenemmo ladesione del 35% del partito.
Perdemmo, ma non si trattava di una forza di poco conto. La divisione si riprodu
sse sul che fare di questa forza, se usarla dentro il partito o invece per costr
uirne un altro. Ad Arco di Trento, dove si tenne lultima nostra assemblea precong
ressuale, i due vecchi leader, Ingrao e Cossutta, tornarono a dividersi: Ingrao
disse io comunque resto nel gorgo, Cossutta io comunque esco. Ma le due componen
ti si mischiarono nella scelta sicch a fondare il primo nucleo di Rifondazione fu
rono compagni che provenivano da posizioni assai diverse.
Non star certo a rifare la storia di quel tempo ormai remoto. Se non per testimon
iare del legame strettissimo che si cre fra noi e Cossutta, e del coraggio di Arm
ando nellaffrontare la diffidenza antimanifestina dei suoi vecchi compagni nei nost
ri confronti.
A me fu affidata la direzione del settimanale Liberazione, un compito difficilis
simo, vi assicuro, per gli assalti continui che dovetti subire per le scelte che
compivo. Ma sempre ho potuto contare sulla leale difesa di Cossutta. Che a Luci
o Magri affid addirittura la relazione al II congresso di Rifondazione, nel moment
o burrascoso dellarrivo sulla scena di Berlusconi e mentre il Pds ancora oscillav
a fra alleanza centrista e centrosinistra.
In quella fase Cossutta aveva ancora il controllo determinante del nuovo partito
per il peso che vi aveva la vecchia base del Pci, ma ne temeva la deriva settar
ia, cos come quella dei nuovi arrivati non provenienti dalle fila del Pci: i sind
acalisti di base fuori dalla Cgil e Democrazia Proletaria. Bisognava trovare una
figura per dirigere Rifondazione che non avesse vissuto gli scontri interni al
Pci s da superare i rancori del passato. Ed cos, di nuovo in accordo con Magri, ch
e si pens a Bertinotti, che aveva una storia socialista e sindacalista, non il no
stro vissuto.
Mi fermo qui: raccontare quanto accadde dopo significherebbe riaprire un dibatti
to troppo vecchio e che comunque non certo questa loccasione per riattivare. Se n
e ho accennato per dire di come sia possibile superare vecchie rotture e costrui
re inediti accordi, unesperienza da rinverdire.
Ad Armando Cossutta, che era il pi anziano ed autorevole fra noi, va il merito di
essersi mosso senza arroganze, senza sotterfugi, con intelligenza e lealt. Le ro
tture successive di Rifondazione quella che spinse molti di noi ex Pdup ad abban
donare nel 9495, quella che indusse lo stesso Cossutta a rompere nel 1998; e infi
ne quella di Sel hanno tutte origine nel nodo irrisolto della discussione che se
gu quel secondo congresso di Rifondazione che pure si era concluso quasi allunanim
it.
Se non suonasse retorico mi verrebbe di promettere, in morte di un compagno cui
leviamo le bandiere e di cui piangiamo la scomparsa, che ci impegneremo finalmen
te a condurre su questi temi una riflessione comune e pacata. Ciao compagno Coss
utta.

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