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Istituto Italiano di Cultura de Barcelona; rees de Filologia Italiana

Universitat Autnoma de Barcelona, Universitat de Barcelona, Universitat de Girona


Nm. 6, 2001, ISSN 1135-9730

uaderns
D ' I tali

6
Maschile / femminile
nella lingua e nella letteratura italiana
Mascul / femen
a la llengua i a la literatura italiana

Universitat Autnoma de Barcelona


Servei de Publicacions
Bellaterra, 2001

ndex
Quaderns dItali
Nm. 6, p. 1-222, 2001, ISSN 1135-9730

Dossier
9-18

Anna Laura Lepschy, Giulio Lepschy, Helena Sanson


Lingua italiana e femminile

19-36

Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini


Io senza garanzie. Donne e autobiografia. Dialogo ai confini fra
storia e letteratura

37-52

Anna Santoro
Creativit ed etica della lettura di genere

53-81

Raffaele Pinto
La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel primo canto
dellInferno

83-100

Rita Librandi
Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

101-108 Mara de las Nieves Muiz Muiz


Il libro del Cortegiano tradotto da Boscn: Nota su un lapsus
maschile pro femminile
Articles
110

In ricordo del professor David Romano

111-122 David Romano


Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons de los Triunfos
de Petrarca
123-135 Isabel Segarra An
Humanismo y Reforma en la corte renacentista de Isabel
de Vilamar: Escipin Capece y sus lectoras
137-154 Cesreo Calvo Rigual
Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs
de sus traducciones

4 Quaderns dItali 6, 2001

Index

155-169 Jorge Garca Lpez


El estilo de una corte: apuntes sobre Virgilio Malvezzi
y el laconismo hispano
171-184 Francisco Amella Vela
El yo en los Canti: preliminares al estudio de una instancia
textual (II). El Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica
y el primer yo lrico leopardiano
Notes
187-193 Costanzo Di Girolamo
Antica lirica italiana in catalano
195-200 Mara Jos Vega
La solitaria oscuridad del padre. El Dios de las tinieblas
en la Oratio de dignitate hominis de Pico della Mirandola
Ressenyes
201-203 Seminario Internacional Complutense sobre La recepcin
de Boccaccio en Espaa
(Mara Hernndez Esteban)
203-204 Petrarca, Bruni, Valla, Pico della Mirandola, Alberti.
Manifiestos del humanismo (Jorge Garca Lpez)
204-206 Ludovico Ariosto. Stiras (Maria Pertile)
207-208 Girolamo de Miranda. Una quiete operosa. Forma e pratiche
dellAccademia napoletana degli Oziosi (1611-1645)
(Montserrat Casas)
208-210 Dino Campana. Cantos rficos y otros poemas (Francesco Ardolino)
210-212 Antonio Colinas. Antologa esencial de la poesa italiana
(Helena Aguil)
212-214 Giuseppe Ungaretti. El dolor (Maria Pertile)
215-216 Pietro Benzoni. Da Cline a Caproni. La versione italiana
di Mort crdit (Piero Dal Bon)
216-218 Antonio Tabucchi. Si sta facendo sempre pi tardi
(Nieves Trentini)
219-220 Isabel Turull. Diccionari de paranys de traducci itali-catal
(Francesco Ardolino)

Quaderns dItali 6, 2001

Dediquem el nmero a David Romano, al qual la redacci de la revista vol


retre homenatge tot republicant un seu article sobre un cdex petrarquesc que
es conserva a Barcelona.
A lhora de tancar aquest volum, Mara de las Nieves Muiz Muiz sha acomiadat de la revista. El seu lloc locupar la collega Gabriella Gavagnin, de la
Universitat de Barcelona. Dirigim a Mara de las Nieves el reconeixement ms
sincer de la redacci de QUADERNS DITALI per la seva importantssima collaboraci i per la seva tasca en la consolidaci de la revista. A Gabriella una cordial benvinguda i els millors auguris de cara a la futura labor.
Il fascicolo dedicato al compianto David Romano, a cui la redazione della
rivista intende rendere omaggio riproponendo un suo contributo su un codice petrarchesco conservato a Barcellona.
Nel chiudere il presente numero, Mara de las Nieves Muiz Muiz si accomiata della rivista. Al suo posto subentrer la collega Gabriella Gavagnin,
dellUniversitat de Barcelona. A Mara de las Nieves va la sincera riconoscenza della redazione di QUADERNS DITALI per la sua preziosa collaborazione e
per il contributo dato al consolidamento della rivista. A Gabriella un cordiale benvenuto ed i migliori auguri di buon lavoro.
La redacci

Quaderns dItali 6, 2001

9-18

Lingua italiana e femminile


Anna Laura Lepschy, Giulio Lepschy, Helena Sanson
University College London

Abstract
Questo articolo esamina alcuni contributi recenti sul sessismo linguistico, con riferimento specificamente allitaliano. Si toccano questioni di carattere teorico e ideologico (compresa quella del politicamente corretto) oltre ad esempi di natura grammaticale e lessicale:
in particolare le parole che designano attivit professionali esercitate da donne, e luso del
suffisso -essa nei termini dottoressa, professoressa, studentessa.
Parole chiave: lingua italiana, sessismo linguistico, questioni ideologiche, esempi lessicali.
Abstract
This paper examines some recent discussions on linguistic sexism, with special reference
to Italian. It touches on some general theoretical and ideological points (including the
question of political correctness), as well as specific examples concerning Italian grammar and vocabulary: in particular the designations of female professional activities, and
the use of the suffix -essa in the words dottoressa, professoressa, studentessa.
Key words: italian language, linguistic sexism, ideological points, lexical examples.

1
Una quindicina danni fa uno di noi dedic un articolo1 ad alcune questioni relative al sessismo linguistico (o al linguaggio sessista) dal punto di vista dellitaliano. Larticolo offriva un esame critico delle Raccomandazioni, da poco
pubblicate, di Alma Sabatini.2 Vorremmo tornare ora, a quindici anni di distan1. Sexism and the Italian Language, The Italianist, 7, 1987, p. 158-169; in versione ampliata
Language and Sexism, in Zygmunt G. BARANSKI, Shirley W. VINALL (a cura di), Women
and Italy. Essays on Gender, London e Basingstoke: Macmillan, 1991, p. 117-138; in traduzione
italiana di Miriam VOGHERA, Lingua e sessismo, LItalia dialettale, 51, 1988, p. 7-37, e in
Giulio LEPSCHY, Nuovi saggi di linguistica italiana, Bologna: il Mulino, 1989, p. 61-81.
2. Alma SABATINI, Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana. Per la scuola
e per leditoria scolastica (Commissione nazionale per la realizzazione della parit tra uomo
e donna), Roma: Presidenza del Consiglio dei ministri. Direzione generale delle informa-

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za, su alcuni punti toccati allora, ed aggiungere qualche riflessione. Il panorama certamente cambiato, ma non tanto quanto ci si sarebbe potuti aspettare, e non necessariamente in senso positivo, n riguardo allimpostazione teorica
generale, n alle indagini relative agli aspetti pertinenti delluso italiano attuale, n infine riguardo al peso e alla dinamica del sessismo linguistico in Italia.
2
Per la situazione teorica generale, considerando come vengono visti i rapporti
fra il linguaggio e la mente, e gli aspetti entro i quali il linguaggio determina
il nostro modo di pensare, di vedere il mondo, e insomma di percepire la realt,
si venuto sempre pi diffondendo lassunto secondo cui noi non parleremmo la nostra lingua, ma saremmo da essa parlati, e siccome la lingua, anzi, ogni
lingua sarebbe intrinsecamente patriarcale e sessista, tale sarebbe inevitabilmente il nostro modo di pensare (tanto di donne quanto di uomini), e tutta
la nostra discorsivit. La cosa migliore che potremmo fare rendercene conto,
ed esibire apertamente la natura ideologica di ci che diciamo, decostruire le
nostre narrative illustrandone linattendibilit e la contraddittoriet.
Questi atteggiamenti possono essere salutari in quanto provocano una maggiore autocoscienza e ci stimolano a chiarire i presupposti da cui partiamo e
le implicazioni del nostro modo di ragionare. Possono anche provocare qualche perplessit quando cercano di smascherare non solo la falsa coscienza, ma
ogni coscienza, e di rifiutare qualsiasi riflessione possa essere riportata a tradizionali criteri di verit, scientificit, prova, verifica, ecc. Unopera storica sarebbe in realt una narrativa, che va interpretata con gli strumenti offerti dalla
retorica. I testi non andrebbero assoggettati a unanalisi storica, che ne stabilisca attendibilmente il significato e la verit. Tutto questo sarebbe in realt inattingibile, o meglio dipenderebbe dalla creativit e inventivit dellinterprete,
che non deve essere vincolato da presunti criteri obiettivi di carattere filologico o linguistico. Sebbene in generale da queste discussioni non si ricavi, a
nostro parere, molto di utile per un approfondimento teorico di questi problemi, dai contributi migliori (e tanto pi quanto pi colti e intelligenti sono
gli autori, e, paradossalmente, contraddicendo i loro stessi postulati iniziali)
si apprendono una quantit di fatti nuovi e di idee interessanti.
3
Accenneremo ad alcuni lavori che abbiamo avuto occasione di vedere negli
ultimi anni. In inglese ci sono interventi stimolanti, come quelli di Robin
Lakoff, che ha fatto seguire al suo importante saggio del 19753 un volume
zioni della editoria e della propriet letteraria artistica e scientifica, 1986; anche in Alma
SABATINI, con la collaborazione di Marcella MARIANI e la partecipazione alla ricerca di Edda
BILLI, Alda SANTANGELO, Il sessismo nella lingua italiana, ivi, 1987.
3. Robin LAKOFF, Language and Womans Place, New York: Harper & Row, 1975.

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recente, ideologicamente impegnato, il cui taglio post-moderno non offre a


nostro avviso loccasione per un progresso teorico, ma discute utilmente molti
episodi relativi al politicamente corretto e al sessimo linguistico, soprattutto
nella prospettiva della cultura statunitense.4
Troviamo anche manuali come quello di Anne Pauwels che presenta una
trattazione sistematica del sessismo nel linguaggio, dal punto di vista pi
generale della pianificazione linguistica, della riforma del linguaggio,
in una prospettiva internazionale che tiene conto degli studi in lingue e tradizioni diverse.5 Dopo due capitoli introduttivi, il volume affronta, in maniera didatticamente ordinata, i seguenti temi: Should sexist language be
changed?, How should sexist language be changed?, Implementing nonsexist language change: guidelines, Evaluating feminist language planning, Is change occurring?, e alla fine aggiunge unappendice Drafting
non-sexist language guidelines, e unutile bibliografia di oltre venti pagine.
In inglese abbondano anche i manuali per la preparazione di manoscritti
secondo criteri non sessisti (a volte le norme relative vengono inserite anche
nelle istruzioni redazionali generali preparate dalle case editrici), per esempio
quelli di Miller e Swift6 e di Doyle.7
Per litaliano, dopo le proposte di Alma Sabatini, desideriamo ricordare gli
atti del convegno di Sappada Donna & linguaggio,8 e poi la vivace raccolta di
articoli9 a cura del Progetto Polite,10 fra i quali segnaliamo lintervento di Cecilia Robustelli, particolarmente pertinente per il nostro argomento.11 Riprenderemo con qualche aggiunta e nuove riflessioni alcuni dei punti trattati
nellarticolo del 1987 citato nella nota 1.

4. Robin TOLMACH LAKOFF, The Language War, Berkeley & Los Angeles: University of California Press, 2000.
5. Anne PAUWELS, Women Changing Language, London: Longman, 1998.
6. Casey MILLER, Kate SWIFT, The Handbook of Non-Sexist Writing for Writers, Editors and
Speakers, edizione britannica a cura di Stephanie DOWRICK, London: The Womens Press,
1981 (seconda edizione britannica a cura di Lesley LEVENE, 1989; terza edizione britannica a cura di Kate MOSS, 1995).
7. Margaret DOYLE, The A-Z of Non-Sexist Language, London: The Womens Press, 1995.
8. Gianna MARCATO (a cura di), Donna & linguaggio. Atti del Convegno Internazionale di
Studi (Sappada/Plodn [Belluno], 26-30 giugno 1995), Padova: Cleup, 1995. Si veda la
recensione di Chiara CIRILLO, Lingua e stile, 3 (4), 1998, p. 749-752.
9. Saperi e libert. Maschile e femminile nei libri, nella scuola, nella vita, a cura di Ethel PORZIO
SERRAVALLE, Roma: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunit; Milano: Associazione Italiana Editori, Cisem, Poliedra Progetti Integrati, 2000.
10. Sul verso del frontispizio, p. 4, si legge: Il volume stato realizzato nellambito di PolitePari opportunit e libri di testo, progetto cofinanziato dalla Commissone europea nellambito del IV Programma dazione comunitaria a medio termine per le pari opportunit
per le donne e gli uomini.
11. Lingua e identit di genere, in Saperi e libert, cit., p. 53-68.

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Anna Laura Lepschy, Giulio Lepschy, Helena Sanson

4
Una questione su cui non si sono avuti progressi o cambiamenti visibili quella della concordanza grammaticale di aggettivi e participi, secondo il genere
(maschile o femminile) del sostantivo a cui si riferiscono (la guardia robusta;
la sentinella stata vista/aggredita) o secondo il genere naturale (sono stata vista;
ci siamo rivolte a loro, se parlano donne; sono stato visto; ci siamo rivolti a loro,
se parlano uomini; ti sei ribellata; vi siete stupite, parlando a donne; ti sei ribellato; vi siete stupiti, parlando a uomini).
Qui emergono problemi particolari, quando il genere grammaticale delle persone coinvolte diverso (Mario e Anna si sono baciate/i), con la consueta tendenza a fare prevalere il maschile che sarebbe un maschile non marcato,
secondo alcuni linguisti, un maschile maschilista secondo altri.
5
Un altro aspetto riguarda la parit di trattamento, cio il parallelismo nel modo
di riferirsi a donne e a uomini. Una questione complessa, e controversa, quella delluso o dellomissione dellarticolo davanti al cognome. Nellitaliano, parlato e scritto, che noi abbiamo appreso come prima lingua, fra il quarto e
lottavo decennio del Novecento, i cognomi di donne richiedevano obbligatoriamente larticolo. Parlare di Maria Corti, e dire Corti ha scritto questo
ecc., sarebbe stato impossibile: una sgrammaticatura che non sarebbe neppure venuto in mente di fare. Lunica forma per noi familiare era la Corti.
Con i cognomi di uomo si poteva invece usare o omettere larticolo (Segre
o il Segre) e altrettanto si poteva fare con i prenomi da soli (Cesare o il
Cesare; Maria o la Maria) o accompagnati dal cognome (Cesare Segre o
il Cesare Segre; Maria Corti o la Maria Corti). Queste possibilit diverse
non erano indifferenti e intercambiabili, ma caratterizzate, in maniera sottile e
complessa, a seconda delle regioni, e di variabili stilistiche, formali e settoriali.
Pi tardi, dalla fine degli anni Sessanta, ha cominciato a diffondersi, a quanto
pare in ambito femminista, luso dei cognomi di donna senza articolo, con lo
scopo di praticare una parit di trattamento, appunto di stampo non sessista
(Corti scrive come Segre scrive). Una studiosa delluniversit di Reading ha esaminato di recente questo uso, indicando quanto raro esso sia.12
Come capita spesso con fenomeni di questo tipo, non facile appurare come esattamente stiano le cose. Osservazioni episodiche sembrano indicare che il parlato centro-meridionale meno resistente di quello settentrionale a questo uso.
Anche parlanti torinesi di generazioni diverse ci dicono che in certe situazioni
di tipo istituzionale, compagne di scuola o insegnanti donne potevano venire
designate, gi nei primi decenni del Novecento, col cognome senza articolo.

12. Chiara CIRILLO, Corti or la Corti? Definite article + surnames for women, The Italianist, 18, 1998, p. 272-288.

Lingua italiana e femminile

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Unarea instabile e controversa quella della scelta di nomi (uguali o diversi, per
uomini e donne) per professioni o attivit che possano essere esercitate da femmine o da maschi.13 In questarea, sia per termini che abbiano una tradizione
abbastanza lunga, sia per quelli recenti o per i neologismi introdotti nei nostri
anni, si incontrano due tendenze opposte, per la designazione di donne che
svolgono certe funzioni.
La prima tendenza, rappresentata dalle Raccomandazioni di Alma Sabatini,
favorisce luso sistematico di termini che oppongano il genere grammaticale
femminile a quello maschile, attraverso (a) suffissi femminili (principalmente quelli in -trice; quelli in -essa, come vedremo vengono esclusi); (b) la desinenza
femmminile in -a; (c) la concordanza con articoli, aggettivi e participi femminili, nel caso di nomi in -e o in -a grammaticalmente comuni, cio morfologicamente invariabili.
Alcuni esempi per questi tre gruppi: nel gruppo (a) troviamo forme che
non provocano problemi, corrispondenti ai maschili in -tore, come ambasciatrice, amministratrice, direttrice, ispettrice, promotrice, rettrice, scrittrice, senatrice; nel gruppo (b) troviamo forme in -a corrispondenti a maschili in -o, come
architetta, avvocata, chirurga, critica, deputata, magistrata, medica, ministra,
notaia, prefetta, rabbina, segretaria, sindaca, soldata, e corrispondenti a maschili in -e, come cancelliera, carabiniera, consigliera, finanziera, e, in maniera pi
problematica, a maschili in -sore, -tore come assessora, questora; infine, nel gruppo (c) troviamo forme comuni, corrispondenti a maschili morfologicamente identici in -e, come unagente, una comandante, una caporale, una generale, una
giudice, una maggiore, una parlamentare, una preside, una presidente, una studente, una vigile; a queste possiamo aggiungere altre forme presentate come
comuni anche se la loro morfologia sembra etimologicamente meno adattabile al femminile, come una prete, una sacerdote; una poeta, una profeta;14 e una
Capo di Stato Maggiore, una caposezione ecc.
La seconda tendenza, che pare avere radici pi antiche nel movimento femminista, e, a giudicare impressionisticamente, sembra oggi prevalere, preferisce
ricorrere, per designare uomini o donne indifferentemente, al termine che abitualmente serve a indicare chi esercita una data funzione, anche se tale termine di solito grammaticalmente maschile. Questa tendenza preferisce dunque,
alle designazioni comuni, o esplicitamente femminili, quelle che potremmo
chiamare epicene (termine che si usa per nomi di animali, come pesce, o aqui13. Dominic STEWART, Forms for Women in Italian, The Italianist, 7, 1987, p. 170-192;
Chiara CIRILLO, Gender and Feminine Agentives in Italian Dictionaries: 1612-1917, in
Giulio LEPSCHY e Prue SHAW (a cura di), A Linguistic Round-table on Dictionaries and the
History of the Language, London: Centre for Italian Studies, University College London,
2000, p. 11-23, e la tesi di PhD che Chiara Cirillo sta completando allUniversit di Reading.
14. Si noti che per questi nomi il plurale del maschile in -i, quello del femminile fa difficolt
tanto con -i quanto con -e.

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Anna Laura Lepschy, Giulio Lepschy, Helena Sanson

la).15 Questa preferenza per le espressioni epicene fu ampiamente discussa sui


giornali durante il primo governo Berlusconi, quando la presidenza del Senato fu affidata a Irene Pivetti, che desiderava essere designata come il Presidente, e non la Presidente o la Presidentessa del Senato. Secondo questa
tendenza una donna sar dunque (in contrasto con le liste presentate sopra)
(a) ambasciatore,16 amministratore, direttore ecc.; (b) architetto, avvocato, assessore ecc.; e (c), sempre con la concordanza maschile, un agente, un comandante, un caporale, e un prete, un poeta ecc.
La pratica di questa seconda tendenza inciampa a volte in qualche intoppo sintattico, del tipo arrivata/o Maria Corti, il famoso filologo, Maria
Corti, il famoso filologo, arrivato/a ecc. La prima tendenza incontra invece
difficolt morfologiche, specialmente per le formazioni femminili corrispondenti a quelle in -sore, -tore per gli uomini. Qui troviamo in particolare due
termini, dottoressa e professoressa, nei quali appare consolidato (come del resto
nel caso di studentessa) il suffisso -essa, che viene per ostracizzato in tutti i
suoi usi, in entrambe le tendenze. Su questo punto desideriamo soffermarci
nellultima parte di questo articolo.17
7
Luso non sessista della lingua pu richiedere la proscrizione di forme considerate criticabili, e la prescrizione al loro posto di forme considerate accettabili.
Ci rientra, come si visto sopra, nella sfera del politicamente corretto.
Questa etichetta, a quanto pare di origine statunitense (politically correct), ha un valore ambivalente. Non sempre chiaro se definire unespressione come politicamente corretta voglia dire appiopparle una denominazione
beffarda e sarcastica, usata per qualificare manifestazioni di prepotenza fanatica
e intollerante, da parte di chi vuole imporre al modo di parlare proprio (ma
anche, e soprattutto, degli altri) i propri pregiudizi; o se si tratti invece di unetichetta positiva, che presenta luso politicamente corretto come un ammirevole ideale che bisognerebbe cercare di mettere in pratica.
A proposito del politically correct Margaret Doyle osserva: The origins
of the term continue to be debated some claim it started out as a label created by the right wing for a movement on American campuses to expand the
15. Dal greco epkoinos (latino epicoenos) comune, promiscuo. Nelluso grammaticale si distingue di solito fra parole epicene, che non cambiano genere grammaticale, ma possono
designare femmine o maschi (come il pesce, maschile, o laquila, femminile); e parole comuni, che possono essere trattate come grammaticalmente femminili o maschili, senza variazioni nella loro morfologia (come un amante e unamante). A volte si trova per che i due
termini (epiceno e comune) si usano luno col significato dellaltro.
16. Questo pare sia luso preferito del Ministero degli Affari Esteri, che chiama ambasciatore
anche la donna che esercita tale funzione, e ambasciatrice la moglie, se c, di un ambasciatore maschio.
17. Si veda Anna Laura LEPSCHY, Giulio LEPSCHY, Helena SANSON, A proposito di -essa, in corso
di stampa.

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traditional curriculum; others that it is a term coined by the left as a self-deprecating description of some of its own party-line attitudes. Today, the label has
become a broad brush applied to any effort to reflect our changing society that
goes against the status quo. [] Political correctness [] has become a useful (though wildly misapplied) label for ridiculing an opposing viewpoint.18
Casey Miller e Kate Swift, nella prefazione alla terza edizione del loro manuale di scrittura non sessista, notano che lespressione political correctness viene
usata come a derisive label intended to imply that advocates of equality are
attempting to restrict freedom of speech and enforce language rules; ma non
si tratta solo di sessismo: the label political correctness is used as well of those
who with varying degrees of sensitivity and success attempt to redress,
through language, some of the negative images our culture affixes to people
because of their race, religion, ethnicity, sexual orientation, age, physical disability or some other condition that separates them from the mainstream.19
Un intero capitolo, il terzo, nel volume di Robin Lakoff, dedicato alla
correttezza politica e sottolinea lambiguit della designazione. A quanto
pare essa nata in ambito politicamente di sinistra, per indicare ladesione alla
linea del partito, e ha poi acquistato, sempre negli stessi ambienti, un uso
ironico con riferimento a un eccesso di ortodossia partitica. Ben presto letichetta stata adottata dalla destra per criticare ogni posizione percepita come
radicale e libertaria. Il termine, usato polemicamente con grande frequenza
allinizio degli anni Novanta, sembra che stia ora uscendo di moda. Questa
etichetta, pur essendo spesso rivolta a stigmatizzare espressioni di fatto sgradevoli, usata soprattutto per esprimere posizioni illiberali, come indica Robin
Lakoff: Political correctness, politically correct, and the common abbreviation for both, p.c., cover a broad spectrum of new ways of using and
seeing language and its products, all of which share one property: they are
forms of language devised by and for, and to represent the worldview and experience of, groups formerly without the power to create language, make interpretations, or control meaning. Therein lies their terror and hatefulness to
those who formerly possessed these rights unilaterally, who gave p.c. its current meaning and made it endemic in our conversation.20
Prima di definire unespressione politicamente corretta (dandone una
valutazione, positiva o negativa), parrebbe opportuno, ovviamente, essere in
grado di stabilirne esattamente linterpretazione, appurando che valore ha per
chi la usa, e per chi designato (e pu sentirsi compiaciuto o irritato) da tale
espressione. La questione ricorda i dibattiti recenti sulle proposte secondo cui
per denunciare un reato di molestia sessuale, o di razzismo, occorre basarsi
sulla reazione non (come ovvio) di chi commette il reato, n di un osservatore esterno e (si presume) obiettivo, bens di chi loggetto delle molestie o del
razzismo, e documenta in prima persona, proprio nella sua qualit di vittima,
18. DOYLE, The A-Z, cit., p. 4-5.
19. MILLER e SWIFT, The Handbook, cit., p. x-xi.
20. LAKOFF, The Language War, cit., p. 91.

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nel suo sentirsene offeso, lavvenuto reato. Criterio per certi aspetti ammirevole, ma anche, come evidente, difficile da applicare in maniera equa. La
questione resa anche pi complessa dal fatto che un gruppo subalterno pu
rivendicare per s con fierezza un termine prima usato con valore spregiativo
da chi detiene il potere di imporre lo standard: si pensi al caso di negro in America prima considerato normale, e poi sostituito da black, in origine insultante, in seguito adottato con orgoglio (black is beautiful), e al quale, dopo che
il termine diventato normale, viene ora spesso preferito African American.
In altre lingue la situazione inevitabilmente diversa, e i rapporti fra negro e
nero in italiano non sono gli stessi. Per unampia, pensosa e informata rassegna di parole che appartengono alla sfera dellalterit, delle designazioni del
diverso, si veda il recente volume di Federico Faloppa.21
Similmente, chi decide se un termine offensivo, e come tale meritevole
di ostracismo? Prima di passare ai tre termini dottoressa, professoressa e studentessa, prendiamo un caso interessante, quello della parola inglese Jewess.
Questo termine si pu trovare usato in maniera neutra, senza connotazioni negative. Ma leggendo i testi sul linguaggio sessista si ha unimpressione
diversa. Per esempio, in Miller e Swift si legge: Attached to proper nouns, -ess
endings are especially offensive. Fortunately Negress, Jewess, Quakeress, etc., are
almost defunct today.22 E nella guida di Margaret Doyle, a proposito delle
forme in -ess si osserva che alcune sono pi deplorevoli di altre: On the reasonable end of the scale, for example, may be found actress; at the opposite
extreme may be terms that are both sexist and racist such as Jewess and Negress.23
Questi giudizi potrebbero forse essere attribuiti a una smodata correttezza
politica, ma sembrerebbe azzardato attribuire lo stesso eccesso ai vocabolari
inglesi usuali che si trovano sugli scaffali di consultazione della British Library,
in cui si leggono, non come alternative, bens come unico valore della voce
Jewess, le seguenti definizioni: offens. a female Jew;24 an offensive term referring to a Jewish woman or girl (dated offensive);25 dated or offensive a Jewish
woman or girl;26 fem (offensive when used by non-Jews).27
Di fronte a questa lista di giudizi perentori si resta perplessi. Conviene considerare la posssibilit che i vocabolari sbaglino, nel registrare il termine come
insultante, trascinati dal desiderio di essere pi realisti del re, cio ancora pi
corretti dei sostenitori della correttezza politica. La scelta della parola Jewess
avrebbe allora un valore politico, ma non quello di servirsi di un termine insultante, bens quello di rivendicare il diritto di usare un termine che insultante
21. Federico FALOPPA, Lessico e alterit. La formulazione del diverso, Alessandria: Edizioni dellOrso, 2000.
22. MILLER e SWIFT, The Handbook, cit., p.138.
23. DOYLE, The A-Z, cit., p. 27.
24. The Concise Oxford Dictionary of Current English, Oxford: Clarendon Press, 1998 (ristampa della nona edizione del 1995).
25. Encarta World English Dictionary, London: Bloomsbury, 1999.
26. The New Penguin English Dictionary, London: Penguin Books, 2000.
27. The Chambers Dictionary, Edinburgh: Chambers, 1998 (s.v. Jew).

Lingua italiana e femminile

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non , n lo diventa solo perch ci sono dei vocabolari che cos lo qualificano. Questo termine, come tanti altri, potr avere un valore offensivo, ma pu
anche essere usato in modo neutro. Servendosene in un contesto insospettabile si intende forse rivendicare la libert di usare il linguaggio tradizionale
senza lasciarsi intimidire da chi vuole espungere dalluso comune espressioni che
trova ideologicamente sgradite. Questo pu indurre a riflettere sulla difficolt
di attribuire con tanta sicurezza e intransigenza valori politici e ideologici alle
parole che si usano (soprattutto a quelle che usano gli altri). Si tratta beninteso di una questione di fatto, e non di principio. Bisogna decidere, caso per
caso, se certe espressioni siano ineccepibili, discutibili, o inaccettabili, e questo
spesso dipende dal momento, dal contesto e dalle circostanze. La scelta del lessicografo non facile, ma non detto che mirare a un massimo di progressismo sia sempre la soluzione migliore e pi efficace. Tanto pi che i vocabolari
godono di unautorit fondata su motivi socio-culturali pi che linguistici, e le
loro definizioni influenzano luso anche se di fatto non lo rappresentano fedelmente. Un termine pu essere generalmente considerato insultante pi perch il vocabolario lo qualifica cos che perch esso venga di fatto adoperato in
maniera spregiativa nelluso comune. Spesso si tratta dunque di valutazioni
che contribuiscono a creare la situazione che descrivono.
8
I tre termini dottoressa, professoressa, studentessa intorno alla met del Novecento potevano apparire innocui e saldamente stabiliti in italiano. Chi li usasse allora, o ancora li usi oggi tranquillamente e senza remore, pu restare
sorpreso dalla loro storia.
Lunico dei tre attestato da circa cinque secoli dottoressa, che per in tutto
il corso della sua storia fino ai primi del Novecento, stato usato in modo prevalentemente negativo e beffardo, per indicare donne saccenti e presuntuose.
I vocabolari dellOttocento danno anche la forma dottora (preferito anche nelle
Raccomandazioni di Alma Sabatini). Per dottoressa il Fanfani (1855) d la definizione Donna sacciuta, e salamistra, e per dottora Dottoressa, Salamistra,
e dicesi di Donna che vuol far la saputa e metter la bocca in quel che non le
tocca.28 Il Rigutini-Fanfani (1875) d per dottoressa Donna che vuol far la
saputa, Che vuol parer dotta: Si cheti lei, dottoressa: La signora Lucrezia
una gran dottoressa, e vuol parere di intendersi di tutto; e per dottora Lo
stesso che Dottoressa, e dicesi di donna che vuol far la saputa e metter bocca
da per tutto: Si cheti lei, dottora: Vuol far sempre la dottora.29 Il Tommaseo-Bellini (1865-1879) osserva che dottora non ha il senso veramente di
Donna addottorata, e d lesempio far la dottora: Voler parere saputa, o savia,
Dar sentenze e consigli. Anche dottoressa, che viene presentato come pi usua28. Pietro FANFANI, Vocabolario della lingua italiana, Firenze: Le Monnier, 1855.
29. Giuseppe RIGUTINI, Pietro FANFANI, Vocabolario italiano della lingua parlata, Firenze: Tipografia Cenniniana, 1875.

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Quaderns dItali 6, 2001

Anna Laura Lepschy, Giulio Lepschy, Helena Sanson

le, di donna addottorata, sul serio, non com.; ma suonerebbe men cel. che
Dottora. Pi conveniente dirla Addottorata. Naturalmente non manca il significato di Donna che vuole sdottorare. Pi com. che Dottora; e dicesi tanto
delle letterate, quanto delle sputasentenze anco nelle cose di casa.30 E ancora
nel 1905 il Panzini, alla voce dottora, commenta: femminile di dottore e meno
comune di dottoressa. Ora le donne addottorate in qualche disciplina, cos fiere
come esse oggi sono della loro dignit, come chiamarle? a dottora non ci si ausa
e dottoressa sa di saccente, e pare contenere in s alcuna parte di scherno o
almeno di estraneo allideale femminista: onde che le donne che hanno diploma di laurea, scrivono spesso sul biglietto dottore, quasi nome partecipante.
La grammatica del Morandi e Cappuccini (138) approva questo nuovo uso
femminile di dottore. Cos in fr., femme docteur.31 La sesta edizione, del 1931,
aggiunge: Anche una poetessa oggi poeta. Non bastano i maschi?. Nellottava
edizione postuma, del 1942, si legge solo che dottora il femminile di dottore,
meno comune di dottoressa. Questultimo si era evidentemente del tutto affermato.
Professoressa secondo i vocabolari attestato dal 1897,32 e studentessa dal
1907. I vocabolari ottocenteschi danno professora, ma non professoressa. Il Rigutini-Fanfani (1880) alla voce professora annota: femm. di Professore; ma si
userebbe pi spesso per ischerzo: Vuol far la professora, ma non sa nulla.33
Il termine studentessa manca nei vocabolari ottocenteschi; quelli che danno
studente a volte indicano che si tratta di un sostantivo maschile, a volte non
specificano il genere grammaticale e lasciano aperta la possibilit di considerarlo comune (lo studente, la studente). Migliorini cita un passo in cui Carducci
nel 1891 scrive le signorine studenti.34 Ancora nel 1926 in un romanzo di
Liala si trova un liceale che viene corretto dal suo professore: E lei non dica studentesse [] Si dice [] studenti.35
Laffermazione di dottoressa, professoressa, studentessa nel Novecento sar
presumibilmente dovuta alluso ufficiale nellambito della pubblica istruzione. lecito chiedersi se questi tre termini sopravviveranno ancora indisturbati, o se la loro disponibilit si avvicini alla fine, dopo meno di un secolo di
impiego relativamente pacifico.
30. Nicol TOMMASEO, Bernardo BELLINI, Dizionario della lingua italiana, Torino: Unione
tipografico-editrice, 1865-1879.
31. Alfredo PANZINI, Dizionario moderno. Supplemento ai Dizionari italiani, Milano: Hoepli,
1905.
32. Ma il Fornaciari usa il termine, sia pure dubitativamente, nel 1881: da professore si farebbe professoressa, Raffaello FORNACIARI, Sintassi italiana delluso moderno, Firenze: Sansoni,
1881, p. 19.
33. Giuseppe RIGUTINI, Pietro FANFANI, Vocabolario italiano della lingua parlata, terza impressione sulla edizione emendata, Firenze: Barbera, 1880 (la voce manca nella prima edizione
del 1875).
34. Bruno MIGLIORINI, Storia della lingua italiana, Firenze: Sansoni, 1960, p. 713.
35. LIALA, Ombre di fiori sul mio cammino, Milano: Sonzogno, 1997, p. 8 (il romanzo, pubblicato nel 1981, pare risalga al 1926).

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19-36

Io senza garanzie.* Donne e autobiografia.


Dialogo ai confini fra storia e letteratura
Alessandra Contini
Archivio di Stato di Firenze

Ernestina Pellegrini
Universit di Firenze

Abstract
Io senza garanzie un dialogo sulla scrittura autobiografica delle donne dallet moderna alla
contemporaneit. Nato dallintreccio e dal cortocircuito di due voci diverse che si misurano in un territorio franco, fra storia e letteratura, alla ricerca delle tappe della riflessione sul s autoriale, questo saggio riflette sulla scrittura autobiografica come punta emergente
di un lungo percorso di affioramenti dellio. Le fonti storiche che testimoniano un scrittura
indiretta, quasi di transito della soggettivit delle donne, si aprono poco alla volta ad un
uso sempre pi forte e consapevole della scrittura, fino alle ora dolorose, ora euforiche, ora
ideologicamente compiaciute autobiografie della contemporaneit. Dalla scrittura delle
mistiche, non delle donne ma attraverso le donne, alla metautobiografia. Dalla inconsapevolezza del valore della propria memoria\scrittura alla piena coscienza del valore fondativo
di essa per la scoperta e reivenzione di un s di genere. Dai recinti e perimetri stretti del
passato ai fertili sconfinamenti e spaesamenti dellio contemporaneo, in una utopia di trasformazione che sovverte gerarchie e parodizza logiche di potere. Come nellelogio del margine della scrittrice afroamericana bell hooks, il cui nome tutto in caratteri minuscoli esprime
orizzontalit ed insieme ribellione: fare del margine non solo un luogo di privazione, ma
un luogo di resistenza.
Parole chiave: autobiografia, memoria, letteratura, storia di genere.
Abstract
Me without guarantees is a dialogue on the autobiographical writing of women from the
modern to the contemporary age. Born from the interweaving and short-circuiting of two
separate voices which take their measure in open territory, midway between history and
literature, in search of the stages of reflection on the authorial self, this essay is a reflection

La definizione di Ingeborg Bachmann, nel saggio Lio che scrive, ora raccolto in Letteratura come utopia, Milano: Adelphi, 1993, p. 58: Un Io senza garanzie! Che cosa lIo,
infatti, che cosa potrebbe essere? Un astro di cui posizione e orbita non sono mai state del
tutto individuate e il cui nucleo composto di sostanze ancora sconosciute. Potrebbe essere questo: miriadi di particelle che formano un Io, ma al tempo stesso lIo potrebbe essere un nulla, lipostasi di una forma pura, qualcosa di simile a una sostanza sognata, qualcosa
che definisce una identit sognata, cifra di qualcosa che pi faticoso da decifrare del pi
segreto dei codici.

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Quaderns dItali 6, 2001

Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

on autobiographical writing as an emerging point of a long journey of the egos outcroppings. The historical sources which bear witness to an indirect, almost transitiona writing of the subjectivity of women, give way a little by little at a time to an ever more forceful
and conscious use of the written word, up to the now painful, now euphoric, now ideologically complacent, autobiographies of the present moment. From the writings of the
mystics, not of women but through women, to meta-autobiography. From the unawareness
of the value of ones own memory/writing to the full consciousness of its founding value for
the discovery and reinvention of a gender self. From the penned-in spaces of the past to
the fertile boundlessness and bewilderment of the contemporary ego, in a utopia of transformation which subverts hierarchies and parodies the logic of power. As in the outlaw
culture of the Afro-American writer bell hooks, whose name written all in small letters
suggests both horizontality and rebellion: to make marginality not only a place of privation, but a place of resistance.
Key words: autobiography, memory, litterature, gender history.

Questa relazione a quattro mani, questo dialogo o simulazione di dialogo dovrebbe dare, per lampi, con riprese, precisazioni, una serie di riflessioni in forma di
dialogo in merito alla natura e ai modi della scrittura autobiografica delle donne
nellarco di alcuni secoli. Abbiamo deciso di fare di questo nostro intervento la
prima cellula di un laboratorio aperto di riflessione, una specie di zibaldone in
forma dialogica sulla costruzione e promozione della memoria delle donne,
mostrando lesistenza di altri scenari, convissuti con quelli ufficiali.
Un viaggio che, per gradi, ha portato a un ribaltamento (dal silenzio alla
parola, dal privato alla scena pubblica, dalla resa al protagonismo). Un viaggio inevitabilmente destrutturante e interrogativo con trasgressioni rispetto a
una troppo inamidata correttezza politica.
Ernestina
Raccogliendo i materiali sulla autobiografia femminile del Novecento nelle
sue varie forme del diario, della autobiografia vera e propria, dellautobiografia romanzata, delle memorie mi sono accorta che il modo pi onesto per
presentarle come un insieme sarebbe stato quello delle Vite parallele. Vite parallele nel senso inverso rispetto alle Vite di Plutarco, cio delle vite a tal punto
parallele che nulla pu congiungerle. Pensavo piuttosto alla prefazione di Michel
Foucault alla collana Les vies parallles edita da Gallimard:
Gli antichi amavano mettere in parallelo le vite degli uomini illustri; sascoltava
parlare attraverso i secoli queste ombre esemplari. Le parallele, lo so, sono fatte
per congiungersi allinfinito. Immaginiamone altre che, indefinitivamente,
divergano. Nessun punto di incontro, n luogo per raccoglierle. Spesso non
hanno avuto altra eco che quella della loro condanna. Bisognerebbe afferrarle nella forza del movimento che le separa.1
1. Michel FOUCAULT (prsent par), Herculine Barbin, dite Alexina B. [Mes souvenirs], Paris: Gallimard, 1978 (Collection: Les Vies parallles).

Io senza garanzie. Donne e autobiografia. Dialogo []

Quaderns dItali 6, 2001 21

Mi rendo conto della provocatoriet di questa posizione assolutamente


relativistica che ammette una molteplicit quasi infinita di sguardi, di immaginari, di storie (nessuna possibilit di un noi, ma di un io+io+io+io, tante
voci diverse che per fanno un coro, permettendo solo a chi si avventuri in
quella nebulosa semisommersa una pratica migrante di autocoscienza), una
posizione che soprattutto ammette ed questa forse lunica vera costante
da me rilevata nel lungo itinerario intrapreso fra le autobiografie parallele delle
scrittrici allo specchio una soggettivit abitata dalla polifonia.
Sandra
E qui inizia il mio controcanto rispetto alle ariose proposte interpretative di
Ernestina sulla contemporaneit. Un controcanto da storica ma anche da ricercatrice degli archivi quale io sono, che riflette sui tempi lunghi dellevoluzione della memoria, e in particolare sulle forme dellevoluzione della memoria
delle donne. La mia funzione un po quella di grillo parlante che interrompe il flusso della contemporaneit, che cerca di rintracciare segni lontani, raccontare altri contesti, misurare gli scarti: che cerca di far dialogare il s delle
donne di oggi con il s delle donne del passato.
E come controcanto vorrei subito affiancare Ernestina osservando come la
polifonia, quel suono largo e profondo fatto di una storia + una storia +una
storia di donne sia una delle caratteristiche pi forti ed incisive dellattuale storiografia di genere. Una sorta di continua accensione di storie cercate e ricostruite
sulla base di scritture conservateci che tende a moltiplicare i percorsi di vita,
ad intersecarli, o semplicemente ad affiancarli luno allaltro. in atto una
sorta di grande cantiere sulla memoria femminile: la scrittura recuperata apre
un gioco di riflessi a specchio fra le autrici di oggi e le protagoniste delle storie del passato. Un gioco, per dirla con Michelle Perrot2 che fa uscire queste
voci dal silenzio della storia.
, ad esempio, certamente polifonico e a pi voci il volume curato da
Gabriella Zarri3 sulla scrittura epistolare femminile in et moderna dove diciotto studiose operano un lavoro di rievocazioni di altrettante figure di donne del
passato: la lettera diventa cos il tramite, il luogo della comunicazione di
questo vero e proprio laboratorio epistolare. Escono ritratti che parlano con
la propria scrittura relazionale ma anche individuale.

2. Michelle PERROT, Les femmes ou le silence de LHistoire, Paris: Flammarion, 1998.


3. Gabriella ZARRI (a cura di), La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia. Secoli XVXVII, Roma: Viella, 1999: saggi di Adriana CHEMELLO, Tiziana PLEBANI, Marina DAMELIA, Maria Pia FANTINI, Genoveffa PALUMBO, Francine DAENENS, Giovanna RABITTI, Daniela
SOLFAROLI CAMMILLOCCI, Elisabetta MARCHETTI, Silvia MOSTACCIO, Anna SCATTIGNO,
Manuela BELARDINI, Manuela DONI CARFAGNINI, Maria FUBINI LEUZZI, Ilaria PAGLIAI,
Elisa NOVI CHAVARRIA, Maria Pia PAOLI, Elisabetta GRAZIOSI.

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Quaderns dItali 6, 2001

Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

ancora polifonico il volume, molto bello, curato da Giulia Calvi, sulla


donna barocca,4 dove latto stesso della scrittura, la cui analisi si incarna di
nuovo in nove figure di donne, viene scomposto e presentato qual veramente
sempre come ambivalente e complessa storia di s in uno scambio continuo
fra chi scrive e chi legge o rilegge oggi. Una scrittura che esprime sempre un doppio livello, una doppia cifra della comunicazione, fra autonomia e accettazione. Una scrittura in cui, cito da Giulia, il senso del s che queste donne
prepotentemente ci comunicano, da una parte e dallaltra delle barriere confessionali, politiche geografiche nasce sempre da perimetri stretti di appartenenza. Un suono di voci singole e pur tendenti a costituire un coro dissonante
e multiplo, che emerge con ampiezza anche nelle sette biografie di donne
mediane, che hanno dato voce e spessore concreto ad una voluta parcellizzata
vicenda di un Rinascimento al femminile, in un volume a pi voci curato da
Ottavia Niccoli.5
Una polifonia ancora che si fa straordinario terzetto nellesemplare volume di Zemon Davis,6 dove lartificio iniziale pone le tre donne raccontate a
giocare con lautrice in una sorta di teatro immaginario. Davanti al dattiloscritto lautrice sta con le sue tre donne che non si riconoscono affatto luna
nei percorsi esistenziali e nei confini spirituali e culturali dellaltra. La mercantessa ebrea di Amburgo, madre di dodici figli e poi vedova, scrittrice di
sette straordinari libri, Glikl bas Yehudah Leib non capisce cosa abbia a che
fare con la grande mistica Marie de lIncarcanation, prima madre e moglie,
poi vedova che rinnega il figlio, anchessa prima in affari, poi visionaria e penitente orsolina, infine madre superiora di una nuova missione fondata in Canada. Annotatrice e scrittrice senza sosta dei propri tormenti mistici come delle
proprie esperienze di educatrice delle selvagge. E le due si dicono estranee al
percorso di vita della terza, Marie Sibille Merian, in questo caso non una scrittrice ma una naturalista, protestante, che lascia (anche lei parte da un abbandono maschile) il marito e si reca in America latina dove diventa annotatrice
e disegnatrice degli insetti, proprietaria di schiavi africani, caraibici, arauchi.
Sta allautrice ed interprete Zemon Davis riavvicinare le tre donne, farle dialogare
oggi nelle loro differenze e in quel tanto che di comune ebbero: come dice la
Davis la melanconia, un pi saldo senso di s, curiosit, speranza escatologica. Percorsi ai margini che tutte seppero trasformare in un proprio centro.
4. Saggi di Renata AGO, Elisabeth CROPPER, Silvia EVANGELISTI, Gabi JANCKE-LEUTZCH,
Richard L. KAGAN, Florence KOORN, Sara F. MATTHEWS GRIECO, Roy S. PORTER, Anna
SCATTIGNO, in Barocco al femminile, a cura di Giulia CALVI, Bari: Laterza, 1992.
5. E.S. COHEN, C. EVANGELISTI, Massimo FIRPO, M.L. KING, Silvia MANTINI, M.G. MUZZARELLI, Gabriella ZARRI, Rinascimento al femminile, a cura di Ottavia NICCOLI, Bari: Laterza, 1991: Rinascimento al femminile non vuole dunque essere una storia delle donne nel
Rinascimento (una periodizzazione del genere non avrebbe davvero senso), ma un tentativo
di ottenere, attraverso sette singole storie di donne, un quadro per qualche verso meno carente almeno di alcuni aspetti della storia della prima et moderna, in cui sia presente il senso
della differenza dei ruoli dei sessi, Ottavia NICCOLI, Introduzione, ivi, p. VII.
6. Natalie ZEMON DAVIS, Donne ai margini. Tre vite del XVII secolo, Bari: Laterza, 1996.

Io senza garanzie. Donne e autobiografia. Dialogo []

Quaderns dItali 6, 2001 23

E.: Se, in un primo momento, nella storia, alcune donne che si trovavano a
scrivere di s in un ambito riservato storicamente alluomo, volevano essere
certe di imprimere un marchio di inconfondibile diversit e dare una visione
alternativa del mondo, pi tardi altre donne avrebbero cercato, invece, di indagare quella complessa intersezione di forze materiali e simboliche, quegli intrecci di femminile e maschile che enfatizzano la paradossalit di una ricerca legata
al piano concreto e fluido dellesperienza, a ci che Lea Melandri chiama, in un
articolo dal titolo Autobiografia e soggettivit politica, la zona del vissuto.7
stata fatta molta strada nel campo dellacquisizione di una identit politica e
sociale, come soggetti storici, ma stenta a formarsi, o rimane un certo garbuglio irrisolto (il processo molto pi lento) per quel che riguarda lidentit
individuale (psichica, sessuale), come ricomposizione di s. Ma mi rendo
conto che si potrebbe sostenere il contrario. Rimane mi sembra la percezione di uno scollamento e, quindi, la necessit di una sutura:
unautobiografia insolita scrive Lea Melandri quella che si pu chiedere a scritture come queste. la scoperta di un paesaggio che ricorda le terre
deserte dellorigine, di personaggi indeterminati, tranne che nel ruolo che rivestono, maschere di un dramma antico che conosce poche variazioni nel tempo
e nello spazio. Si ha limpressione che, paradossalmente, per trovare la propria
singolarit sia necessario ricalcare le parole di altri, abituarsi alla parentela con
le figure della generalit, o prototipi di genere, con le potenze interne che
ci hanno incantato o atterrito, e che cercano nella riscrittura della memoria
una via duscita.8

Spetter allo sguardo storicizzante estrarre il succo di ci che mi piace definire molto semplicemente il paradigma dellemancipazione, con tutte le sue
contraddizioni, le sue spinte, le sue utopie, le sue chimere, le sue disfatte, con
quegli archivi del silenzio ingoiati nel nulla, di cui resta traccia magari nelle
carte della polizia o dei tribunali dellinquisizione.
S.: proprio vero. Nel passato si pu sostenere con Arlette Farge e Michel
Foucault9 le carte dei tribunali ecclesiastici e civili e le stanze della polizia
hanno dato voce alle donne. I verbali, gli interrogatori sono una sorta di seconda scrittura, di scrittura indiretta che nasce nelle zone di incontro fra donne e
trasgressione, nel confronto fra donne ed istituzioni. Un confronto che, come
ci insegnano oggi gli studi di Giorgia Alessi o Giulia Calvi,10 non fu solo persecutorio ma spesso spazio usato dalle donne per tutelarsi, muovere le proprie
7. Lea MELANDRI, Autobiografia e soggettivit politica, in Lapis, n. 31 (1996), p. 22-26.
8. Ibidem, p. 25.
9. Arlette FARGE, Michel FOUCAULT, Les desordres des familles. Lettres de cachet des Archives de
la Bastille, Paris: Gallimard, 1982.
10. Giulia CALVI, Il contratto morale: madri e figli nella Toscana moderna, Roma: Laterza, 1994;
Giorgia ALESSI, Luso del diritto nei recenti percorsi della gender history, in Storica, 15,
anno V, 1999.

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Quaderns dItali 6, 2001

Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

residuali, ma spesso efficaci, strategie di legittimazione. Si pensi ai tribunali


che avevano come compito la tutela delle donne vedove e dei minori, e che
divennero spesso gli interlocutori di profonde trasformazioni culturali a favore delle donne, nel campo del diritto di successione o della tutela dei figli.
Ambiguit di nuovo e terreni non scontati di affermazione, se si in grado di
uscire dai paradigmi vittimistici.
E.: Come interessante e impressionante rintracciare sui testi, letterari e non,
le forme di resistenza a una fagocitazione di ruoli, e cos gli scarti, le adesioni
di compromesso, un insieme complesso e ambiguo che fa s che non ci sia quasi
mai una identificazione totale con le figure di genere, e ci d, oltre al riconoscimento di un inevitabile quoziente di negativit destrutturante, una capacit
di vedere dietro polarizzazioni astratte, la zona di inconsapevolezza in cui si sono
formate, in un andirivieni fra coscienza e inconscio. Rilevare, dicevo, le dinamiche di denudamento e mascheramento dellio, come nello spogliarello macabro di Lady Lazarus di Sylvia Plath o come nei quadri di Frida Kahlo, dove il
femminile spogliato da ogni elemento di rassicurazione, diventando la cifra
di un destino segnato da un vuoto o tradimento originario,11 in una specie
di simbolico e dolorosissimo matricidio svincolato totalmente da ogni dinamica edipica (motivo, questo, presente sia nei Diari di Sylvia Plath che nelle
Care memorie di Marguerite Yourcenar12). Ricerca delle genealogie femminili
e matricidi simbolici: mi sembrano le facce di una stessa medaglia. Non solo
emozioni, ma ironia e intelligenza. Lidentit della donna assomiglia sempre
pi forse come ci suggerisce Teresa De Lauretis nelle sue ultime riflessioni
a una auto-traduzione,13 impegnata in una continua negoziazione.
S.: il passaggio dalla storia alle storie. Lemergere di una nuova attenzione ai
percorsi di storia di genere la storia delle donne, la storia dellomosessualit, le storie delle diverse identit etniche in popoli in cui si afferma il multiculturalismo tende infatti a rompere i confini della grande storia, ad
infrangere i percorsi di un tragitto maestro eurocentrico e politico\centrico. Si
tratta di una frammentazione dei percorsi e degli schemi tradizionali, che
stato, in modo molto significativo, al centro della riflessione dellultimo congresso internazionale di studi storici di Oslo.
Un percorso di segmentazioni dei tragitti storici che porta nel caso della
storia di genere al femminile a reinterrogarsi sulla validit stessa delle grandi
categorie e delle periodizzazioni tradizionali. Come in un saggio molto famoso della Kelly, Did Women have a Renaissance?;14 o ancora di recente in un
11. Maria NADOTTI, Frida Kahlo o della finzione narcisistica, ivi, p. 34-37.
12. Sylvia PLATH, Diari, a cura di Frances MCCULLOUGH e Ted HUGHES, Milano: Adelphi,
1999; Marguerite YOURCENAR, Care memorie, Torino: Einaudi, 1981.
13. Teresa DE LAURETIS, La soggettivit femminile, in Lapis, n. 31, p.56-58.
14. Joan KELLY, Did Women have a Renaissance?, in Renate BRIDENTHAL, Claudia KOONZ, Susan
STUARD (edd.), Becoming Visible. Women in European History, Boston: Houghton Mifflin,
1977.

Io senza garanzie. Donne e autobiografia. Dialogo []

Quaderns dItali 6, 2001 25

saggio Mary Wiesner-Hanks del 1997, Storie delle donne e storia sociale: sono
necessarie le strutture ?15
Percorsi, quelli della storia delle donne, che oramai tendono a rompere i
recinti per dilagare nella storia generale, e per questo tendono anche ad assumere in carico, superati i precedenti pregiudizi, il portato della storiografia
precedente, anche se cos ne erodono dallinterno i costrutti ermeneutici. Un
rovesciamento, una voracit interpretativa che corrisponde, come avevo accennato prima, al definitivo tramonto del paradigma vittimistico. Come ha osservato Silvana Seidel Menchi,16 dalla stessa uscita alla luce delle storie delle
donne del passato, di questa galleria di ritratti di sante, streghe, mistiche,
balie, vedove, spose, aristocratiche e donne ribelli, che partito un rovesciamento del paradigma dominante fino a qualche decennio fa, delloppressione delle donne nel paradigma attuale, attento allintraprendenza e alle strategie
di autolegittimazione messe in moto in tempi e modi diversi dalle donne stesse, fino agli orientamenti pi recenti che addensano linteresse sul rapporto
fra Soggettivit e memoria nel tempo e nello spazio (come rilevabile nelle
considerazioni attuali di Luisa Passerini,17 che ha intitolato cos il suo seminario allIstituto Universitario Europeo). Ma penso anche a Regine Sculte che
ha lavorato con maestria fra immaginazione psicanalitica ed interpretazione storica. Riuscendo, come ad esempio in una relazione, molto bella, che ho potuto sentire al secondo congresso nazionale delle storiche a Venezia,18 a far passare
il percorso della storia del Novecento nella sola figura di una grande scultrice
tedesca analizzata dallinterno, attraverso i suoi diari onirici e le sue opere darte. Una donna che accompagna le fasi delle grandi e drammatiche trasformazioni del secolo, prima incoraggiando il figlio alla guerra, poi cantandolo come
eroe e pensando ad edificarne un mausoleo, senza per riuscire ad elaborarne
il lutto. Ed infine divenendo pacifista. Il mausoleo prima pensato a celebrare
leroe viene alla fine decostruito e presenta le affrante piccole figure dei genitori in ginocchio di fronte al nulla, in un omaggio di drammatica intensit
antiretorica. E qui credo si sia molto vicini alla sensibilit delle letterate e ci
siamo accostati di nuovo al Novecento: fra psicanalisi e storia.
15. Mary WIESNER-HANKS, Storia delle donne e storia sociale: sono necessarie le strutture?, in
Tempi e spazi di vita femminile tra medioevo ed et moderna, a cura di Silvana SEIDEL MENCHI, Anne JACOBSON SCHUTTE T. KUEHEN, Bologna: Il Mulino, 1997, p. 25-48.
16. Introduzione a Tempi e spazi di vita femminile tra medioevo ed et moderna, op. cit., p. 2548.
17. Faccio anche riferimento ad un seminario di Luisa PASSERINI Diventare un soggetto nellepoca della morte del soggetto, tenuto allIstituto Gramsci Toscano sui temi della sua
relazione presentata alla Conferenza Europea di ricerca femminista di Bologna, Corpo,
genere, soggettivit: Attraverso i confini delle discipline e delle istituzioni, 28 settebre- 1
ottobre 2000, i cui atti sono in via di pubblicazione. Per una riflessione sui temi che vengono discussi da Passerini, vedi Rosy BRAIDOTTI, Nomadic subjects: embodiment and sexual
difference in Contemporary feminist theory, New York: Columbia University Press, 1994.
18. Regine SCHULTE, Sacrifice as violence: aspects of mother-son relationship in First World war
Germany, Secondo Congresso della Societ delle storiche italiane Corpi e storia. Pratiche,
diritti, simboli, Venezia, 3-5 febbraio 2000, in corso di edizione.

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Quaderns dItali 6, 2001

Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

E.: Vorrei, a questo punto, fare una riflessione su due condizioni estreme nella
percezione che la donna ha di s, documentate in molti testi autobiografici. C
chi sente tutta la fierezza della propria condizione di donna, della propria differenza, in alcuni casi dando alla propria secolare marginalit, romanticamente,
un potenziale di innocenza palingenetica. In un mio scritto, anni fa, parlavo
con fierezza delle radici della nostra debolezza,19 vedendo in quella separatezza, in quella specie di fuga dal mondo o nel disprezzo per istituzioni che erano
state create da una societ violenta e patriarcale, una forza, una micidiale purezza, vedendo, per esempio, nella scelta dello scollamento dellio arreso allinsorgenza del contenuto inconscio, in quella esplosione-implosione, in
quellarroccamento di s nella fortezza sigillata dei propri fantasmi, un crugiuolo
potenzialmente rivoluzionario, dove elaborare in vitro nuovi modelli collettivi di
identificazione (penso, per esempio, agli scritti visionari ed estatici di una mistica del Novecento come Sara Virgillito,20 o alla fase nera dellopera di Margherita Guidacci21). Il modello supremo potrebbe essere visto in Emily Dickinson
che della sua poesia dice: questa la mia lettera al mondo che mai non scrisse a me.22 Come si fa a non sentire il fascino di questa assoluta separatezza?
S.: Una assoluta separatezza che era stata, come sappiamo, la molla profonda
in quelle vicende di misticismo che divennero esperienza generalizzata e fondamentale della spiritualit di molte donne nellet della Controriforma, in
quella che Mario Rosa ha definito lesplosione generalizzata del profetismo e della
mistica visionaria.23 Quel desiderio di disancorasi dal tutto, che Anna Scattigno, a proposito della mistica Jeanne de Chantall, ha definito la nostalgia del
deserto, forma rarefatta della disaffezione e del denudamento di s [] come
itinerario di perdita dellidentit e della memoria. Quel privarsi di tutto che
la stessa Jeanne descriveva come lasciar la pelle, la carne, le ossa e penetrare
nellinterno del midollo.24
E.: La scrittura femminile sembra confrontarsi, in questi casi, con tutto ci
che rappresenta lalterit (e c, rispetto a questa prospettiva, linteressante
studio di Mercedes Arriaga Flrez Mio amore, mio giudice, del 1997).25 Alterit come spazio mistico e come follia. Vorrei citare, a questo proposito, da
Laltra verit. Diario di una diversa di Alda Merini,26 un diario che anche
19. Ernestina PELLEGRINI, Le radici della nostra debolezza. La radura di Marisa Madieri, in
EAD., Le citt interiori, Bergamo: Moretti e Vitali, 1995, p. 131-154.
20. Ernestina PELLEGRINI e Beatrice BIAGIOLI, Sara Virgillito. Poetica, inventario, testi inediti,
Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 2001.
21. Margherita GUIDACCI, Neurosuite, Vicenza: Neri Pozza, 1970.
22. Emily DICKINSON, Tutte le poesie, a cura e con un saggio introduttivo di Marisa BULGHERONI, Milano: Mondadori, 1997.
23. Mario ROSA, Settecento religioso, Venezia: Marsilio, 1998, p. 53.
24. Anna SCATTIGNO, in Barocco al femminile, cit., passim.
25. Maria ARRIAGA FLREZ, Mio amore, mio giudice, Lecce: Manni, 1997.
26. Alda MERINI, Laltra verit. Diario di una diversa, Milano: Rizzoli, 1997.

Io senza garanzie. Donne e autobiografia. Dialogo []

Quaderns dItali 6, 2001 27

la cronaca di unesperienza manicomiale. Cito dalla introduzione di Manganelli:


Il Diario unopera lirica in prosa ma anche una esegesi, una implorazione
e la completa distruzione di ogni filosofia e di ogni atto concettuale.
stato scritto con il linguaggio semplice di chi nel manicomio ha scordato
tutto e non vuole n vuole pi ricordare. Rimane la velata e struggente nostalgia del manicomio come tempio di una aberrante religione.27

S.: E di nuovo si pu si deve ritornare indietro e ricordare quel nesso strettissimo, quella sottile linea di confine, fra il visionarismo e leresia, ma anche fra
il misticismo e la follia, nellEuropa dellet moderna. Uno scollinamento facile e pericolosissimo dal terreno legittimo ed incoraggiato della penitenza, a
quello della perdita e della fuga da s, di cui le stesse grandi mistiche del passato ebbero consapevolezza.
il caso, ad esempio di una figura di grande intensit, studiata da Mario
Rosa28 e ora dalla Zemon Davis,29 a cui gi abbiamo accennato, Marie de lIncarnation, una mistica\visionaria che conosce i limiti e supera spesso i confini
fra le due sponde: come quando dopo lennesimo sacrificio inflitto al proprio
corpo con la flagellazione delle ortiche, catene e cilicio, scriveva nella sua autobiografia che doveva nascondere questa sua penitenza altrimenti mi avrebbero giudicata pazza.30
Un uso invece autoinfamante, beffardo e denigratorio spostandosi in
area protestante sempre nel XVII secolo che ben emerge negli scritti dellinglese visionaria e profetessa pubblica Lady Eleonor Davis, studita da Roy
Porter.31 Anche lei annotatrice continua, nelle sue scritture, di quel flusso di
coscienza, in cui come lo stesso Porter afferma, pi che ai motivi del misticismo e visionarismo tipici di quellet, quasi siamo di fronte, nella complessit
della costruzione sintattica e nelle sue irregolarit, ad una scrittura che anticipa la prosa joysiana,32 di gente che come diceva Svevo dei personaggi joysiani cammina per il mondo con la testa scoperchiata.
E.: Mistiche, sante vive, visionarie in bilico fra la profezia e la perdita di s,
arrese a quel mare che si apre dal sipario del mare, a sua volta sipario di un
altro mare, che Emily Dickinson vedeva come porta verso leternit o il nocciolo duro, astratto del proprio io. La discesa goethiana alle Madri nel secondo Faust. Chi sono io? si chiedeva smarrita e arrabbiata Sylvia Plath?33
27. Giorgio MANGANELLI, Prefazione, Ivi, p.4.
28. Mario ROSA, La religiosa, in Luomo barocco, a cura di R. Villari, Bari Roma: Laterza, 1991,
p. 123-198
29. Natalie ZEMON DAVIS, Donne ai margini, cit., p. 67-144.
30. Ibidem, p. 74.
31. Roy S. PORTER, Lady Eleaonor Davies, la pazza, in Giulia CALVI, op.cit, p. 29-49.
32. Ibidem, p. 47.
33. Silvya PLATH, op. cit., p. 122.

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Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

C chi, invece, come Rossana Rossanda, in un testo dal titolo Le altre,34


nega la specificit di genere, sentendo la femminilit come un dolore aggiunto, un particolare modo di patire e di fuggire, unidentit da esorcizzare, insomma, come leco di unantica subalternit o, peggio, di unaccattivante indulgenza
verso di s. Difende il punto di vista da cui si guarda a questa identit, un
punto di vista irrinunciabile soprattutto per lei, il cui percorso retrospettivo
della memoria parte dalla guerra, da unepoca in cui per chi si fece adulto in
quegli anni lidentit non sar mai un percorso privato e nel privato. Questo
sar il segno della sua vita, il filo rosso che percorrer il suo difficile cammino
politico: Tutto il mondo pass sopra di noi e da allora non cess di passare.
Sempre diversa e sola. Anche quando allospedale fra le altre ammalate e passa
giorni quasi felici, non solitari, scrive: Ma siccome nessuno uguale a nessuno, e io ero io, quando mi resi conto come stavo bene con le mie care donne,
mi alzai, mi vestii e con gambe decise, ancorch un po tremanti, scesi le scale
e cercai un tass.35
In principio, la domanda da farsi sempre la solita: chi taglia i confini?
C un brano, in uno dei diari di Anais Nin, dove la scrittrice parla dei propri diari come di una merce proibita. in volo tra Parigi e New York e si chiede: Il funzionario della dogana legger i diari? Alla frontiera non sono stati
esaminati. Cosa diranno quando atterrer in America? Contrabbando?.36 La
nuova identit, che in continua e rapida trasformazione, si accampa per ora
solo su ci che mi piace chiamare una strage di stereotipi.
La donna e laltro/a, un paragrafo molto approfondito e dibattutto nellambito degli studi femministi. In uno dei testi critici archetipici sullautobiografia delle donne, The Other Voice di Mary G. Mason,37 si sostiene che si
tratta in genere, almeno agli inizi e per lungo tempo, di unautobiografia relazionale (madre di, figlia di, moglie di). Mi chiedo se questa qualit dialogica sia segno di una forza o di una debolezza. Forse, come spesso avviene in
questi casi, si tratta di tutte e due le cose. Per contrasto mi viene in mente lautobiografia di Bertha Thompson, Box-Car Bertha. Autobiografia di una vagabonda americana del 1937, una donna che cresce fra barboni e operai delle
ferrovie. Molti le dicono che sta fuggendo da qualcosa: e improvvisamente seppi cosera: avevo sempre cercato di sfuggire al mio bisogno di essere
34. Rossana ROSSANDA, Le altre. Conversazioni a Radiotre sui rapporti tra donne e politica, libert.
fraternit, uguaglianza, democrazia, fascismo, resistenza, stato, partito, rivoluzione, Milano:
Bompiani, 1979.
35. Ibidem, p. 53.
36. Anais NIN, Fuoco, Milano: Bompiani, 1996.
37. Mary G. MASON, The other Voice, in Authobiography; Essays Theoretical and Critical, a
cura di James OLNEY, Princeton: Princeton University Press, 1980, p. 123-144. Per un quadro del processo di avvicinamento delle donne alla scrittura e ai codici letterari, compiuto tra il XVIII e il XX secolo, mi sia permesso rimandare alleccellente contributo di
Adriana CHEMELLO e Luisa RICALDONE, Geografie e genealogie letterarie. Erudite, biografe, croniste, narratrici, epistolires, utopiste tra Settecento e Ottocento, Padova: il Poligrafo,
2000.

Io senza garanzie. Donne e autobiografia. Dialogo []

Quaderns dItali 6, 2001 29

responsabile per qualcuno, di vivere per qualcuno, per una persona speciale
che appartenesse a me sola.38
Prima parlavo di un io legato. Vorrei fare, per, a questo riguardo, un esempio estremo, di cui tu hai gi parlato: la scrittura delle mistiche. Ci troviamo di
fronte non a una scrittura di donne, ma una scrittura attraverso le donne.39
S.: Di nuovo le mie interferenze e convergenze. Intersezione e dialogo. vero
quanto Ernestina osservava. Dalle tante storie di mistiche del passato si ha
limpressione che la scrittura (potente e pi comune di quanto prima si pensasse) si costituisse sempre attraverso un transito di legittimazione, per suggerimenti, per spinte e voci che provenivano o interpretavano un progetto
trascendente. Eppure queste spinte, noi diremmo oggi quasi superegoiche,
questa scrittura attraverso le donne sono uno strumento importante che
induce a rompere il silenzio, a lasciar tracce di s. , ad esempio, un rigido
confessore e direttore spirituale a spingere Marie de lIncarnation a scrivere le
proprie visioni. A legittimarla a fermare sulla carta quelle parole di fuoco
che la liberavano dalla potenza insopportabile dei propri sentimenti verso il
santo verbo incarnato: Ah quale dolce amore siete: Voi ci sigillate gli occhi,
ci rapite i sensi.40
Una scrittura e una traccia che poteva trasformarsi, da segno e progetto
della trascendenza e quindi segno edificante, in parola pericolosa ed eretica.
Penso ad esempio a Lucrezia de Len, profetessa e visionaria nella Spagna di fine
500 e scrittrice indiretta di un Libro di Sogni in cui si articolava una potente
condanna dei vizi della monarchia di Filippo II e se ne vaticinava il destino.
Allinizio protetta da tre ecclesiastici che trascrivevano i suoi sogni pensando che
fossero di vitale importanza per il futuro della Spagna e quindi da far conoscere al re, e poi consegnata come eretica allinquisizione a cui si present come
donna fragile incapace di capire la portata delle sue profezie e solo spinta a trascriverle dagli stessi ecclesiastici.
Latto della scrittura cos un atto difficile, pericoloso, che ha bisogno di
legittimazione. Sono molte le testimonianze di donne che dicono di soffrire
nello scrivere. Di scrivere con riluttanza e solo perch il Signore glielo aveva
ordinato. Un tormentoso cimento,41 lo defin una austera religiosa, Elisabeth Stouwen, madre superiora ed annotatrice delle memorie del convento
cattolico nellOlanda del primo Seicento.
La parola potente (Ida Magli) delle mistiche e delle protesse nasce quindi in questo transito di legittimazione che le protegge, le inscrive ma anche le
autorizza alla scrittura. Sono scrittrici legittimate dalla trascendenza anche le
38. Bertha THOMPSON, Box-Car Bertha. Autobiografia di una vagabonda americana, Firenze:
Giunti, 1986.
39. Anna IUSO (a cura di), Scritture di donne. Uno sguardo europeo, Arezzo: Quaderni della
Biblioteca Citt di Arezzo, 1999.
40. Natalie ZEMON DAVIS, cit., p. 72.
41. Florence KOORN, Elisabeth Trouven, la donna religiosa, in Barocco al femminile, cit., p. 138.

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Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

sante vive del Rinascimento, studiate dalla Zarri, che parlano e scrivono
costruendo i propri percorsi di santit educando alla religione e facendosi madri
spirituali di principi ed uomini di potere.42 Come legittimate e spinte alla scrittura epistolare sono spesso anche le donne delle famiglie aristocratiche, quando, come ha visto bene Marina DAmelia, gli stessi mariti e i figli le incitano
ad usare correttamente la penna per svolgere quella funzione quotidiana di
servizio alla famiglia, di cerimoniale indispensabile a tener attivi e funzionanti i canali clientelari.43
Ci ovviamente non esclude che la scrittura epistolare sia essa stessa uno
straordinario tramite di affermazione individuale, come nella vicenda della
intraprendente Maria Mancini, nipote del Mazzarino, gi favorita del re di
Francia e poi sposa separata del principe Colonna, che esprime nel suo carteggio con il marito che ha deciso di abbandonare, tutta la propria forza di
individuo, la propria volont. Come quando allennesima richiesta del maritoprincipe di rientrare sotto il tetto coniugale, la Mancini, nella sua fuga di donna
separata ma controllata in giro per lEuropa, rispondeva, con fermezza: quando ritorner sar di mia spontanea volont n voglio che habiate obligatione alla
mia sfortuna ma a me sola.44
E.: Un numero della rivista Primapersona. Percorsi autobiografici, dedicato
al mito e alle traversie damore nella scrittura di s, intitolato significativamente Lego legato.45 Grazia Livi e Francesca Pasini, in un dialogo brioso e teoricamente denso dal titolo Donne senza cuore, ironizzando sul tema canonico
di tanta letteratura femminile, il sogno damore, ad un certo punto dicono:
Il cuore? Io non vorrei sentirmelo pi tanto addosso.46 Da un lato c la scrittura-ponte dellio-tu, orma di una tensione di fusionalit assoluta nel rapporto esclusivo di un amore o di una messa in giudizio, dallaltro c la scrittura che
vuole, come George Sand nella propria Histoire de ma vie,47 presentare il proprio autoritratto in piedi, sempre pubblico, coi suoi travestimenti e le sue identit parziali, il suo piglio provocatorio e le sue vittorie nellarte e nella vita. Per
dare questa testimonianza George Sand trova giusto tacere, porre sotto censura alcuni lati della sua esistenza privata, non vuole parlare per esempio dei
suoi amori.
Linda Giuva, in un saggio presente nel bel volume Reti della memoria,
sostiene che non solo esistono nelle donne dei livelli diversi (spesso carenti)
nella consapevolezza dellorganizzazione della propria memoria, ma soprattutto notiamo in molte di loro la spinta ad occultare le tracce della propria
42. Gabriella ZARRI, Le sante vive. Cultura e religiosit femminile nella prima et moderna, Torino: Rosenberg-Sellier, 1990.
43. Marina DAMELIA, Lo scambio epistolare tra Cinque e Seicento: scene di vita quotidiana e aspirazioni segrete, in Per Lettera, cit., p. 79-110.
44. Elisabetta GRAZIOSI, Lettere da un matrimonio fallito, Ivi, p. 554.
45. Prima Persona, n. 4, marzo 2000.
46. Grazia LIVI- Francesca PASINI, Donne senza cuore, Milano: La Tartaruga, 1996, p. 150.
47. George SAND, Storia della mia vita, Milano: La Tartaruga, 2000.

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vita privata e a certificare la sola vita pubblica, volendo tramandare solo il ricordo di una donna forte e impegnata.48
S.: Si tratta spesso di proteggere le donne da loro stesse e dalle loro autocensure.
E qui cambio veste e mi presento non pi con gli abiti della storica ma con
quelli di archivista di Stato responsabile delle carte della scrittura femminile
presso lArchivio di Stato di Firenze, da cui nata, in collaborazione con lUniversit di Firenze, la nostra associazione Archivio per la memoria e la scrittura delle donne, associazione che Ernestina ed io abbiamo lonore di guidare.
Nei colloqui che andiamo facendo con le scrittrici e le artiste che contattiamo
per averne le carte da conservare e valorizzare, ci spesso capitato di doverci
scontrare con la paura che le donne\intellettuali sembrano avere in comune
nei confronti della conservazione delle tracce sporche della propria scrittura.
Mentre tengono a documentare, fino allultimo foglietto, che provi la loro fatica di autore, temono di conservare i diari, le carte intime, i quaderni autobiografici. La giustificazione il pudore verso i figli, verso gli esterni, ma questo
pudore mi pare abbia movenze pi profonde: muove forse dalla paura di riconoscere come propria creatura una scrittura di s non spiata, il largo deposito
prescritturale, le tracce sporche. Tracce che assumono diritto di cittadinanza, e quindi diritto di sopravvivenza, solo se attentamente selezionate e vagliate, spogliate dal pericoloso ed indicibile deposito coscienziale.
Un pudore, una difficolt di parlare di s, mi pare e qui mi rivolgo a
voi letterate che stata tipica di quella lunga fase in cui molte autrici (un po
come fanno le storiche oggi) hanno usato lo specchio di forti personalit di
donne del passato per riflettere sul proprio s di autrici e di donne. Da Rinascimento privato della Bellonci alla Camicia bruciata e allArtemisia della Banti.
Entrambe le autrici lavorano sul s della contemporaneit riscrivendosi sul
calco e sulle tracce di personalit del passato. Un parlare attraverso, transitando ancora una volta su un altro soggetto. Forse ancora una volta il tentativo
di autolegittimazione? Un tentativo che risulta alla fine anche una operazione di riparazione storica, dando voce alle protagoniste di ieri. Ma qui sconfino e chiedo lumi ad Ernestina. Ad esempio, mi pare fondamentale latto del
passaggio dalle biografie allautobiografia nella letteratura contemporanea.
E.: Mi sia permesso rimandare, qui, per quanto concerne la commistione e
sovrapposizione di biografia e autobiografia (un vero e proprio gioco di specchi e di manipolazioni autocamuffatorie) a un altro mio studio, dal titolo
Auto/biografie imperfette,49 che fu relazione dellultimo convegno della Societ
48. Linda GIUVA, Archivi neutri archivi di genere: problemi di metodo e di ricerca negli universi documentari, in Reti della memoria. Censimento di fonti per la storia delle donne in Italia, a cura
di Oriana CARTAREGIA e Paola DE FERRARI, Genova: Lilith-Coordinamento donne lavoro
cultura, 1996, p. 13-41.
49. Ernestina PELLEGRINI, Auto/Biografie imperfette, in corso di stampa nel volume Passaggi, a cura
di Liana BORGHI, per lEditore QuattroVenti di Urbino.

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Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

delle letterate. Voglio, invece, notare come ci sia, e molto forte, in alcune autobiografie, la consapevolezza di fare un atto politico. Penso, per esempio, agli
scritti autobiografici di Simone De Beauvoir, in particolare al volume ultimo
A conti fatti, in cui, parlando del movimento di decolonizzazione della donna,
scrive: La mia vita: familiare e lontana, mi definisce, e nel tempo stesso io le
sono esteriore. Che cos, esattamente, questoggetto bizzarro?.50
A conti fatti gi nel titolo un bilancio e rivela la prospettiva rigorosamente
presbite, intessuta di distanze, dellautobiografia. Mi viene in mente anche
Natalia Ginzbug che, nellintervista dal titolo Non facile parlare di s, dice:
Per volevo anche scrivere come un uomo; allora ci tenevo molto a scrivere
come un uomo, a sembrare non essere appiccicaticcia.51
Davanti al testo autobiografico di una donna ci troviamo di fronte non
solo al suo mondo interno, ma anche al suo mondo esterno sotto laspetto
della cultura, dei canoni, degli elementi della societ in cui vive, direi meglio
il mondo in cui stata gettata, e cos noi si vive, in maniera obliqua e doppiamente intensificata, il mondo della cultura di questa donna, perch lo viviamo attraverso il filtro della sua personalit, attraverso il suo punto di
osservazione. Godiamo del vizio, ma anche della lucidit dataci dallanacronismo, dallessere contemporaneamente dentro e fuori.
Queste scrittrici impegnate in un gesto di estroversione concepiscono la
propria autobiografia come qualcosa di mostruoso, di eccentrico e nello stesso tempo di estremamente contestualizzato, un racconto politico in cui il personaggio si stacca dalla storia del suo tempo, nel bene e nel male, come una
stravagante escrescenza, una orgogliosa disarmonia.
Queste autobiografie sono in qualche modo anche una specie di Histoire
bataille nelle trincee quotidiane della lotta fra i sessi. So che come scoprire
lacqua calda dire che la sessualit, la sua rappresentazione, il primo motivo
rilevatore da rintracciare nei documenti. Questi testi, questi specchi di identit,
tendono a offrire una specie di grumo, in cui le donne contemporanee possono condensare e sintetizzare, con vero brio intellettuale, i luoghi comuni dellidentit collettiva, materia facilmente riciclabile dal consumo intellettuale del
femminismo.
S.: Una sorta di invenzione della tradizione (Eric Hobsbawm) per cui, ad
esempio, si tende a recuperare, di questa identit collettiva, di questo luogo
comune della memoria, solo i tragitti biografici pi forti; i casi, anche nel passato di affermazione del s, negando cittadinanza, in una sorta di rovesciamento del precedente paradigma vittimistico, alle voci minori, alle esili figure
schiacciate dai recinti e nei recinti, la cui sofferenza non fu tramite di affermazione ma espressione di incompiutezza. Le voci piccole, solo a tratti docu-

50. Simone DE BEAUVOIR, A conti fatti, Torino: Einaudi, 1973.


51. Natalie GINSBURG, Non facile parlare di s. Conversazione a pi voci, condotta da Marino
SINIBALDI, a cura di Cesare GARBOLI e Lisa GINZBURG, Torino: Einaudi, 1999.

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mentate dalla scrittura, ma pi spesso, di nuovo con la Perrot,52 restate indietro, non documentabili, nel silenzio della storia.
Mi viene in mente la tenerezza di accenti e il valore rievocativo che emergono ad esempio dal carteggio fra Galileo Galilei e la figlia Suor Maria Celeste, testimone nel chiuso del convento degli eventi che travagliano la vita del
padre, che costruisce orioli su disegno dello scienziato e che al padre manda
piccole cose. Come quando manda al padre un po di cedro confettato non
ben riuscito e due pere cotte per i giorni della vigilia natalizia.53
E.: Quando parlavo di autobiografia come gesto politico, di esplicitazione della
propria disarmonia su fondo oro, pensavo naturalmente, in questa chiave
estrema, a un modello straordinario del femminismo degli anni Settanta come
il libro di Carla Lonzi, Taci, anzi parla. Diario di una femminista: Al diario
sono stata spinta dalla necessit di presentarmi a me stessa motivata nel fare
quello che faccio. E la motivazione che io stessa scopro via via con sempre
maggiore convinzione, risale a un bisogno di conoscenza di me e degli altri di
cui mi prendo tutta la responsabilit.54
Sul polo opposto, si situano, invece, le autobiografie spostate sul territorio del diario intimo, in cui si assiste ad unopera in fieri, opere che mostrano,
con punte di simpatico e straziante esibizionismo, la disfatta della propria identit. Qui vige una prospettiva miope, ravvicinata, appuntita spesso dal bisturi psicoanalitico. Ci sono due modi paradossali e complementari per dare vita
a questa attivit coraggiosamente destruens: quella euforica dei diari erotici di
Anais Nin (penso soprattutto a Fuoco), e quella malinconica dei diari di Sylvia
Plath. Anais Nin scrive la storia della propria nevrosi incendiaria, d la cronaca in diretta dei suoi molteplici amori e dice di riuscire a scrivere soltanto a
caldo, mentre le cose accadono, lasciando sullo sfondo come uno sfondo intercambiabile e sostanzialmente piatto la grande storia, con le sue quinte mutevoli (la guerra di Spagna, Parigi, i salotti di New York). Tutto si ingarbuglia,
in mezzo a orgasmi e sedute psicoanalitiche:
Io sono dentro la vita. [] Io domino con la seduzione. [] Ma adesso voglio
essere tutto io stessa. Voglio essere un mondo completo perch bh, perch ne ho voglia. Ho voglia di recitare tutti i ruoli. [] Ho trovato colui con
cui posso finalmente giocare davvero a essere donna, giocare a tutto quello che
ho nella testa e nel corpo con il ritmo. [] Credo che mi piaccia il materiale
non trasformato, mi piace la cosa prima che sia trasformata. Ho paura della
trasformazione.55

52. Michelle PERROT, Les femmes ou le silence de LHistoire, Paris: Flammarion, 1998.
53. Mario ROSA, La religiosa, cit., p. 95.
54. Carla LONZI, Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Milano: Scritti di Rivolta Femminile, 1978, p. 123.
55. Anais NIN, Fuoco, cit., p. 153.

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E cos lei, che ha paura della trasformazione, sceglie di essere una trasformista esagerata (sistema omeopatico, si direbbe). Penso, poi, ai Diari sfarzosamente cupi di Sylvia Plath, in cui tutto vibra sotto lo sguardo snebbiato delle
depressioni e si sottomette alle catastrofi lucidissime degli sfondi psichici, mentre la scrittrice sprofonda nel Mar dei Sargassi della propria immaginazione,
mettendo su, per, nonostante tutto, una mitologia dellio, come una che esibisce e lacera le maschere, le facce visibili dei suoi io minori, falsi e provvisori, del suo dramma interiore mostrando ci che resta, ci che avrebbe definito
in una sua poesia, Contusion. Scrive: Ormai sono una discarica composita di
fili sciolti e inconcludenti, senza la nobilt e nemmeno lillusione di un sogno.56
Quello che mi interessa nei testi ibridati dello spazio autobiografico femminile non solo la autorappresentazione e il percorso che lega la consapevolezza della propria importanza sociale alluso della scrittura, ma anche la
progettualit, quegli elementi di una autobiografia del possibile o del desiderio, che mi piace affiancare a quella sorta di ossificazione storicizzante che si
ottiene da una ricerca quantitativa e seriale. Recuperare questi frammenti intimi, questi resoconti dal basso, dal dentro, dal dietro, significa arricchire il quadro storico, dotarlo della molteplicit dei punti di vista, di prospettive spesso
antagoniste rispetto al trionfante modello patriarcale, sfatando questo il
punto il luogo comune che vuole che ci siano virt particolarmente femminili, come lemozionalit, la soggettivit, lirrazionalit, la quotidianit, individuando, invece, i modi e le forme a cui queste illusorie strategie della
confessione dellio vengono sottoposte a una forte normazione culturale e sociale. Voglio dire che, al di l del riconoscimento dellunicit di ogni storia, non
si deve dimenticare che la costruzione di questi testi comunque una prassi
sociale. Sono scritture storicamente e socialmente situate. Come ha scritto la
scrittrice afroamericana Bell Hooks, il margine non solo un luogo di privazione, anche un luogo di resistenza.57 Resistenza a che?
Gargani su Anterem parla di nascita attraverso la scrittura, sospesa tra scoperta e invenzione, un gesto di consapevolezza che richiede ci che si pu definire sinteticamente lesattezza intellettuale dellemozione.58
Vorrei finire con una bella citazione da Il mio noviziato di Colette, che racconta il modo in cui diventata scrittrice, ed la storia di una espropriazione, visto che il marito pubblicava a proprio nome le cose che lei oscuramente
scriveva. Un autoritratto che comincia cos: Ho preferito le persone oscure, colme di un succo che proteggevano. E finisce cos:

56. Silvya PLATH, Contusion: Il colore inonda la macchia, porpora opaca. / In una cavit della
roccia / il mare succhia ossessivamente, / un vuoto il perno di tutto il mare. / Non pi
grande di una mosca, / il segno del destino / striscia gi lungo il muro. / Il cuore si chiude,
/ il mare scivola via, / gli specchi sono coperti. La poesia stata scritta poche settimane
prima della morte. Per la sua analisi si veda G. BOMPIANI, cit., p. 172-174.
57. Bell HOOKS, Elogio del margine, Milano: Feltrinelli, 1998.
58. Aldo GARGANI, La nascita attraverso la scrittura, in Anterem, n. 60 (2000), p. 11-13.

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Fuggire?Come si fa a fuggire?Fuggire E quel sangue monogamo che


portavo nelle vene, che scomodit. [] Bisogna anche che un prigioniero,
animale o uomo che sia, non pensa tutto il tempo ad evadere, a dispetto dellandirivieni dietro le sbarre, di un certo modo di puntare lo sguardo lontano
lontano, attraverso le muraglie Questi sono riflessi imposti dallabitudine, dalle
dimensioni del carcere. Aprite allo scoiattolo, alla belva, alluccello stesso, la
porta che essi soppesano, assediano e supplicano: quasi sempre, in luogo del
balzo, del frullo che vi aspettate, la bestia sconcertata si immobilizza, indietreggia verso il fondale della gabbia. Io avevo tutto il tempo per riflettere, e
udivo cos spesso la gran frase sprezzante, sarcastica, tutta lucente di catene:
In fin dei conti, siete liberissima.59

S.: Di queste scritture nascoste, sofferte, o come nel caso appena citato
addirittura cedute, rubate, di questi sempre ambigui e sfuggenti paradigmi dellemancipazione, pensiamo si debba oggi ricostruire insieme, fra letteratura e
storia, il tragitto di lungo periodo. Un tragitto che individui, nelle differenze
e nelle somiglianze, le ragioni dellemergere del s delle donne contemporanee partendo dai percorsi lontani e paludati del s delle donne del passato. Un
tragitto fatto di continui riaffioramenti per scavi sistematici nel lungo periodo,
come stiamo tentando di fare grazie ad un finanziamento della Regione Toscana. Uno scavo approfondito che permetta di far emergere nella sua ampiezza
e complessit la polifonica voce della memoria scritta delle donne dai giacigli
degli archivi familiari e conventuali dove ancora in massima parte annidata
o incistata. In questo tentativo ovviamente non siamo sole, come dimostrano
le molte esperienze che si muovono in questa direzione. Il riappropriarsi della
scrittura delle donne del passato ci pare infatti costituisca uno degli strumenti culturali pi importanti per dirla con le parole di uno dei massimi storici contemporanei, Eric Hobsbawm di quella rivoluzione morale e
culturale60 che stata lemancipazione e la liberazione delle donne, lunica rivoluzione riuscita del ventesimo secolo, una rivoluzione ancora non conclusa. Una
rivoluzione che non pu che indurci a riflettere, senza retorica e trionfalismi,
sui percorsi attraverso i quali le donne usarono la scrittura. Una scrittura che,
fuori da ogni paradigma di vittimismo, serv non vi dubbio come viene
emergendo dalle molte storie di donne ricostruite, a segnare il proprio tragitto di vita. Dai carteggi delle donne sposate, che attraverso larghi percorsi epistolari furono in grado a volte di intessere una vera politica di squadra per la
propria famiglia (come dalle ricerche di Renata Ago, o di Marina DAmelia o
anche nel bellissimo volume sulle sorelle Lennox di Stella Tillyard61), ai pi
rari ma sempre straordinari diari intimi e privati, fino alle preziose autobiografie.
59. COLETTE, Il mio noviziato, Milano: Adelphi, 1981, p. 153. Si veda ora la raccolta Romanzi e Racconti, a cura di Maria Teresa GIAVERI, Milano: Mondadori, 2000.
60. Eric J. HOBSBAWM, Il secolo breve, trad. it., Milano: Rizzoli, 1995, p. 376 e passim.
61. Renata AGO, Carriere e clientele nella Roma barocca, Bari-Roma: Laterza, 1990; EAD.,
Giochi di squadre: uomini e donne nelle famiglie nobili del XVII, in Maria Antonietta VISCE-

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Alessandra Contini, Ernestina Pellegrini

Dovunque emergono le composite strategie di affermazione che le donne


furono in grado di intessere, e di testimoniare nella parola scritta, pur muovendo tutte dallo spazio stretto loro concesso: dai perimetri stretti della Calvi,
dai recinti della Zarri o dai margini della Davis. Si tratta di dar voce a quella
composita e polifonica strategia in un contesto che non pu che ricordarci il
dovere di rispondere, a pi di due secoli di distanza, a quella ironica e fine critica della Austen nellAbazia di Northanger:
Quanto allo storia vera e propria, la storia seria e solenne, non riesco a trovarla interessante ad ogni pagina litigi di papi ed imperatori, guerre e pestilenze. Gli uomini in genere sono dei buoni a nulla e le donne, praticamente non
ci sono mai: una noia terribile.62

GLIA (a cura di), Signori, patrizi e cavalieri nellet moderna, Roma-Bari: Laterza, 1992, p. 256264; Maria DAMELIA, Diventare madre nel secolo XVII: lesperienza di una nobile romana, in
Tempi e spazi di vita, cit. 279-310; Stella TILLYARD, Quattro inglesi aristocratiche. Le vite

inquiete delle sorelle Lennox. 1740-1832, trad it., Milano: Mondadori, 1994.
62. Jane AUSTEN, Northanger Abbey, (1818): la citazione tratta dalla traduzione del passo fattane da Gianna POMATA, Storia particolare e storia universale: in margine ad alcuni manuali di storia delle donne, in Quaderni storici, n. 74, (1990), p. 341-385, cit. p. 342; vedi
anche la traduzione di Anna Banti e la bella introduzione di Ornella DE ZORDO in: Jane
AUSTEN, Abazia di Northanger, Firenze: Giunti, 1994, il passo in questo caso a p. 88.

Quaderns dItali 6, 2001

201-220

Ressenyes

Seminario Internacional Complutense sobre La recepcin de Boccaccio


en Espaa.
El pasado mes de octubre de 2000 tuvo
lugar en la Facultad de Filologa de la
Complutense el Seminario Internacional
Complutense sobre La recepcin de Boccaccio en Espaa, organizado por el
Departamento de Filologa Italiana de esa
Facultad; los Departamentos de Literatura Espaola y Teora de la Literatura,
de Filologa Clsica y de Filologa Italiana
de la UNED; el Seminario de Filologa
Medieval y Renacentista de la Universidad de Alcal, con la participacin de
diversos organismos universitarios, oficiales y editoriales.
El acto reuni a una treintena de investigadores del medievalismo hispnico,
junto a italianistas espaoles, italianos y
centroeuropeos, y clasicistas espaoles,
presididos por el profesor V. Branca, el
ms destacado especialista en temas boccaccianos e impulsor de los ms importantes proyectos sobre el tema que se han
hecho realidad en los ltimos cincuenta
aos en Italia: la edicin crtica de los diez
volmenes de las obras completas de G.
Boccaccio, los casi treinta nmeros de la
revista Studi sul Boccaccio, la edicin del
autgrafo Hamilton del Decameron, la
reciente publicacin de los tres tomos de
Boccaccio visualizzato, por citar slo los
ms relevantes.
El Profesor Branca trajo a Madrid en
esta ocasin, junto al aquilatado saber de
sus ochenta y seis aos, una vitalidad pro-

fesional asombrosa y un espectacular entusiasmo hacia su trabajo, hacia los temas


que tiene entre las manos (editar la primera redaccin juvenil del Decameron) y
una visin lcida de la obra boccacciana
que le permite valorarla en su aportacin
esencial a la historia de la cultura europea, yendo desde los datos del anlisis filolgico ms concreto y puntual (a los que
l ha dedicado toda su vida) a los valores
bsicos de la historia de nuestra cultura,
por su gran fe en la literatura como salvadora del hombre: dobbiamo essere
convinti di questo: il mondo pu essere
salvato dalle lettere intese come espressione dello spirito umano, fueron sus
palabras de conclusin al Seminario, su
mensaje ms esperanzador, y la mejor
enseanza para todos los all presentes.
El grupo de italianistas de procedencia centroeuropea (G. Gorni, M. Picone,
M.A. Andreoli, T. Crivelli) abordaron
desde distintos ngulos un mismo relato
decameroniano, demostrando que la focalizacin de nuevas fuentes y antecedentes
de la gigantesca elaboracin boccacciana
permite siempre, de manera inagotable,
iluminar mejor la comprensin de su
mundo narrador. Fue una prueba ms de
la inmensa riqueza del texto boccacciano,
y una buena demostracin del rigor y eficacia del italianismo actual. Se present
adems la edicin hipertextual informtica que se est llevando a cabo en la Uni-

202 Quaderns dItali 6, 2001

versidad de Zrich bajo la direccin del


Profesor M. Picone, que ampla y complementa de manera rotunda los tradicionales sistemas de investigacin.
Desde el medievalismo hispnico se
enfocaron con buen acierto algunos de
los puntos neurlgicos de la recepcin hispnica de la obra del certalds; especialistas destacados como M.. Prez Priego,
C. Alvar, A. Ruffinatto, M.J. Lacarra, .
Gmez Moreno, F. Gmez Redondo, J.
Rubio Tovar, J.C. Conde, J.M. Luca, R.
Recio, V. Daz Corralejo, etc. abordaron
aspectos determinantes de la cultura castellana del siglo XV que acogi la produccin boccacciana, aspectos que sin
duda darn fruto en investigaciones posteriores que permitan avanzar en estos
temas, adormecidos en nuestro actual
panorama bibliogrfico (desde el ya lejano pero impecable trabajo de C. Bourland) y necesitados por ello de un
estmulo impulsor. El entorno literario
del Marqus de Santillana, la labor biblifila de Nuo de Guzmn, la funcin clave
de Alfonso Garca de Santamara, los rasgos de las traducciones de la poca, la
posible mediacin de la versin francesa
del Decamern para la castellana, entre
otros aspectos, quedaron apuntados desde
coincidentes perspectivas.
Los clasicistas participantes (M. Martnez Hernndez, C. lvarez, R.M Iglesias) replantearon el estudio, la difusin
y la trascendencia de algunas de las obras
latinas del escritor, tan decisivas en nuestra historia literaria peninsular, rozando
slo una problemtica que, por sus
inmensas dimensiones, por su enorme
proyeccin, requiere el espacio mucho
ms amplio de varios proyectos de investigacin.
Especialistas del mbito cataln (L.
Bada, J. Buti, J.M. Ribera, J.L. Martos, a quienes se aadir en las Actas la
contribucin de B. Renesto, de la Universidad de Venecia) volvieron al estudio
de los textos claves de la historia de la
recepcin de Boccaccio en las letras cata-

Ressenyes

lanas, como las obras de Metge y Ros de


Corella, y en las Actas se podrn aportar
nuevos aspectos de la versin catalana del
Decamern cuyo estudio inici hace aos
el magisterio del Profesor M. de Riquer.
Los italianistas, en grupo ms reducido por el enfoque hispnico del Seminario, dieron cuenta de sus investigaciones
de muchos aos sobre el tema: G. Guidotti desde su especialidad de historia de
la lengua, M. Hernndez Esteban en su
estudio de aspectos estructurales e ideolgicos del Decamern, replanteando adems el anlisis de la versin castellana
antigua, en la que sigue trabajando en la
actualidad, y que habr que editar crticamente, para frenar los desmanes ya
cometidos.
En este intercambio enriquecedor particip activamente un nutrido grupo de
alumnos, profesores, investigadores y estudiosos a nivel nacional e internacional (lo
que no significa que pudieran asistir todos
los que en justicia habran debido estar);
no falt, por poner un slo ejemplo, la
presencia de M. Rodrguez Barcia, de la
Universidad de Vigo, que est ultimando su versin al gallego del Decamern
(sin olvidar el cotejo con la versin portuguesa del XVII), entre otros asistentes
que enriquecieron tambin, con sus enfoques y sugerencias, las limitaciones inevitables de un proyecto de trabajo como
este.
Podran ser tres las principales conclusiones: los numerosos caminos abiertos, o redescubiertos, para futuras
investigaciones, que quedan afianzados
por las coincidencias en las hiptesis, por
la confluencia de ideas. Por otro lado estn
tambin las muchas carencias que al final
de este tipo de acontecimientos se perciben con ms nitidez, las lagunas por llenar. Junto a las aportaciones quedan
tambin evidenciadas las mltiples parcelas por abordar; en este caso los grandes huecos por analizar se hacen ms
evidentes por el inmenso panorama de
gneros que Boccaccio traz para Italia,

Ressenyes

para Espaa y para buena parte de Europa, con una fuerza expansiva excepcional.
La tercera conclusin afecta al mtodo de
trabajo: el espacio cultural que acoge a lo
literario es tan denso y complejo, tan polivalente, que requiere esfuerzos comunes,

Quaderns dItali 6, 2001

203

desde las reas ms diversas. La historia


de la recepcin lo exige as por su propia
conformacin.
Mara Hernndez Esteban

PETRARCA, BRUNI, VALLA, PICO DELLA MIRANDOLA, ALBERTI,


Manifiestos del humanismo,
M. Morrs (ed.), Barcelona: Pennsula, 2000, 165 pgs.
El volumen de Manifiestos del humanismo nos presenta una serie de textos de
humanistas italianos del cuatrocientos
donde algunos de sus ms significados
protagonistas se definen frente a la sociedad y la cultura medieval de base escolstica, y de ah el ttulo de Manifiestos,
aunque no tengamos que tomar el trmino manifiestos en el sentido de un
movimiento organizado que tendr en
pocas posteriores, aunque s con plena
conciencia de s mismo. Tarea nada sencilla, desde luego, y que dentro del lmite del volumen en 165 pginas, sin notas
y con apenas unas perentorias ntulas
bibliogrficas, resuelve con holgura. El
volumen nos presenta en traducciones
castellanas una decena de textos esenciales para la comprensin del movimiento
humanista. Abre la seleccin de una forma
un tanto simblica, en cuanto fuente del
movimiento, un texto de Petrarca, la Subida al Ventoso, es decir, la epstola a Dionisio da Burgo San Sepolcro (Rerum
Familiarium libri, IV, I). Una ascensin
simblica que es tambin un recorrido
literario y una auscultacin tica y esttica de la personalidad desgarrada de Francesco Petrarca. Le siguen un par de
dilogos de Leonardo Bruni (tomados de
los Dilogos ad Petrum Histrum, 1401),
donde, en esencia, nos encontramos con
el vituperio retrico y la defensa elocuente
de la trada italiana (Dante, Petrarca, Boccaccio). La introduccin general y los cuatro prlogos, de los seis de que consta, de

las Elegantiae linguae latinae de Lorenzo


Valla (completadas en 1440), constituyen
cuatro textos dedicados cada uno de ellos
a un tema concreto, y que quieren ser
apologa desde diferentes puntos de vista
de la nueva cultura humanista y del latn
clsico ciceroniano. Constituyen de por
s un texto fundacional del humanismo
europeo. Basta recordar que el primero
de ellos lo dedica Valla a la relacin entre
la lengua latina y el imperio (translatio
studii) en una forma que el lector hispnico le recordar de inmediato la Gramtica (1492) de Nebrija. En ellos vemos
desfilar como pensamientos vivos y combativos los que, andando unas dcadas,
pasarn a ser tpicos del humanismo
triunfante del quinientos. La defensa de
la elocuencia, la gramtica como reina de
las ciencias, en contraposicin con la ciencia jurdica medieval, por una parte, pero
tambin frente a la teologa en el ejemplo egregio de San Jernimo (ser cristiano y tuliano), que nos recuerdan las
Anotaciones al Nuevo Testamento, y en fin,
el ennoblecimiento de las lenguas vernculas a travs del estudio de la lengua latina. El Discurso de la dignidad del hombre
de Giovanni Pico della Mirandola (Oratio, conservada en dos versiones de 1485
y 1488) desarrolla otro de los temas
centrales del humanismo. Finalmente el
volumen se cierra con tres Entremeses
(Intercenales) de Len Battista Alberti,
Religio, Virtus y Fatum et Fortuna tomados
del libro primero de las Intercenales (tex-

204 Quaderns dItali 6, 2001

tos redactados entre 1430 y 1437 y que


circularon manuscritos en la poca), y
donde de nuevo nos podemos encontrar
motivos y procedimiento de este humanismo temprano que se generalizarn
como temas favoritos de la Europa de la
centuria siguiente, como, por ejemplo, la
referencia al Somnium Scipionis en la ltima de las piezas citadas. Claro est que
una seleccin siempre puede resultar discutible por la serie de nombres incluidos
en un movimiento cultural tan rico y
variado, tan extremadamente complejo,
y que siempre se echarn en falta (Ficino,
Pomponazzi, por ejemplo) o textos no
seleccionados. Pero, en resumen, el volumen logra agavillar una serie de textos
esenciales del primer humanismo en una
seleccin que se extiende a lo largo del
cuatrocientos, y permite al lector, incluso al lector no especialista, un acceso rpido y directo a estos textos, bien traducidos
y seleccionados, y algunos de ellos vertidos
por primera vez al castellano.
Acompaando a los textos, el volumen se abre con una Presentacin y se cierra con un eplogo (El humanismo y sus
manifestaciones). En la Presentacin nos
encontramos con una rpida resea de
cada una de las piezas que integran la
antologa, as como un rpido perfil histrico y esbozo personal del autor. En el

Ressenyes

eplogo tenemos en diez estrictas pginas


un resumen de algunas de las perspectivas
principales del vasto complejo literario y
cultural que constituye el humanismo
europeo, comenzando con una detallada
explanacin del mismo trmino de humanismo y el apretado resumen de sus principales tesis de la mano de algunos de sus
ms sealados estudiosos (Burckhardt,
Kristeller, Rico, Nauert). Tambin aqu, y
en el lmite de sus escasas diez pginas,
ser fcil que cualquier lector eche en falta
algn aspecto o autor: por poner un ejemplo, la extraa ausencia de Eugenio Garin.
Pero no se trata de hacer una historia del
humanismo otra ms sino de proporcionar al lector unas perspectivas histricas bsicas para atacar los textos del
volumen dentro de una evidente economa de medios. Y hay que decir que ese
resumen epilogal cumple con acierto su
funcin culminando con una explicacin
histrica donde se detallan los perfiles
bsicos del humanismo, su significacin
esencial para la tradiccin cultural europea
y algunos de los motivos que estn en la
base de su xito, y entre ellos, el acierto
en asumir y responder a las aspiraciones
y las necesidades de la sociedad de su
tiempo.
Jorge Garca Lpez

Ludovico ARIOSTO,
Stiras,
edicin bilinge, traduccin, prlogo y notas de Jos Mara Mic,
Barcellona: Pennsula, 1999.
Le sette satire di Ludovico Ariosto non
erano state tradotte in castigliano, e presentate con introduzione e annotazione,
fino ad ora, fino a questo splendido volume che offre con tutta eleganza e chiarezza la traduzione affrontata al testo
italiano e, in appendice, un succinto apparato di note puntuali, sia storico-illustrative che linguistiche; ma per chi abbia

avuto occasione di ascoltare lautore della


traduzione per esempio in un corso di
dottorato su Luis de Gngora, e quindi
nella sua vera veste di filologo e di esperto di letteratura del Siglo de oro, vi era gi
stato, omaggio discreto quanto gradito,
il ghiotto assaggio della traduzione di
Ariosto satiro sotto forma del primo
libretto della serie Parva domus del

Ressenyes

Seminari dEdici de textos dellUniversit


Pompeu Fabra (Barcellona, 1997). Anche
in quelloccasione ledizione era bilingue;
conteneva la traduzione della I, della II e
della VI delle Satire e nella breve avvertenza Mic si dichiarava, tra laltro, in
attesa della prossima traduzione completa, con prologo e note. Ed eccola qui; si
apprezza in una simile operazione (accanto allampia selezione e traduzione del De
remediis utriusque fortune di Francesco
Petrarca, Pennsula, 1999) la costante passione degli studia humanitatis, lo sguardo
aperto sulluniverso umanistico-rinascimentale e sulle sue fitte trame geografiche e culturali, in una parola soprattutto
lintenzione appassionata di fare, come
quasi per diletto, ai grandi spiriti di unepoca doro amati, studiati, lestremo
omaggio possibile oggi, la loro circolazione e hoc erat in votis la loro lettura; infatti questa traduzione, nella veste
editoriale in cui si presenta, offre tutti i
pregi, e nessuno dei vizi, di unedizione
altamente e raffinatamente divulgativa.
Lessenza autobiografica una sola
cosa con lessenza moralistica delle Satire avvertiva Segre, e nel Prlogo Mic,
incisivo, fa il punto proprio sulla condensazione di epistola e satira oraziane
nella scrittura ariostesca che trasforma,
attraverso lassillo del verso, il disincanto
in ironia, lironia somma dellAriosto satiro (che senza lOrlando non si capirebbe,
come avverte il traduttore, ed vero anche
il contrario) che parla di s come di una
bestia da soma che a differenza delle altre
non accetta facilmente certi carichi, anzi
rompe il dosso, o che identifica lo stare
in corte con lesser servi, come cantano
aspri i famosi versi So ben che dal parer
dei pi mi tolgo / che l stare in corte stimano grandezza, / chio pel contrario a
servit rivolgo, III, 28-30. Nella veste
preziosa e insieme quotidiana delle terzine di endecasillabi, nella parola tagliente, le Satire lette oggi ci riportano unaltra
volta al non mai risolto problema della
libert e della vita di un artista e della sua

Quaderns dItali 6, 2001

205

relazione con la societ, problema che lAriosto fa bruciare vivissimo in molti dei
versi delle satire e che ha, per lui come
per noi, radice poetica, ossia vitale, nellinesauribile Tu proverai s come sa di
sale / lo pane altrui, e come duro calle
/ lo scendere e l salir per laltrui scale.
La traduzione passa dalle terzine di
endecasillbi allendecasillabo sciolto, nellimpossibilit di conservare la rima
(Notas, p. 140), impossibilit che nulla
toglie al pregio dei risultati e che rientra
perfettamente nel progetto di raffinata
divulgazione della collana (Crespo e Sagarra, ricreando la terzina dantesca, vissero
un altro spazio della traduzione e, evidentemente, di altra opera). La traduzione di Mic sempre di impeccabile
esattezza e nellinsieme si osserva che
riproduce abbassato e contemporaneizzato il tono apparentemente piano, e di
corrispondente umilt di stile, delloriginale, in cui lo scarto linguistico interno
a conservare e ad esprimere per accensioni ricorrenti il sostenuto delleleganza letteraria e dellorgoglio ferito. Nella generale
mediet realizzata dalla traduzione spiccano momenti linguisticamente e letterariamente notevoli, come I, 226-228: Si
quiere que le sirva (sin sacarme / del corrillo) con pluma e con tintero, / puedes
decir: Seor, mi hermano es vuestro
(Il qual se vuol di calamo et inchiostro
/ di me servirsi, e non mi tr da bomba,
/ digli: Signore, il mio fratello vostro),
in cui lattenzione cade sullespressione
sin sacarme del corrillo<e non mi tr da
bomba e la felice, letteralmente rotonda,
corrispondenza corrillo<bomba; come VI,
19-21: S que est la doctrina ms a
mano / que la bondad: hoy casi es imposible / que de su unin florezca brote alguno (So ben che la dottrina fia pi presta
/ a lasciarsi trovar che la bontade: / s mal
luna ne laltra oggi sinesta), che nella
riformulazione e dislocazione dei significanti conserva esplicitandola la metafora
dellinnesto, que de su unin florezca brote
alguno<s mal luna ne laltra oggi sinesta,

206 Quaderns dItali 6, 2001

anche metricamente compiuto; come V,


256-258: Si se equivoca alguna vez,
regala / sin ira y con amor: ya es buen
castigo / hacerla enrojecer sin coloretes
(Se pur talvolta errasse, lammonisci /
sanza ira, con amore; e sia assai pena / che
la facci arrossir senza por lisci), con la
ritmica soluzione sin coloretes<senza por
lisci.
Annotiamo infine due luoghi, tra i
molti, esemplari dellabbassamento o prosaicizzazione, spesso e utilmente spiegazione delloriginale, che caratterizzano la
traduzione: Hace que sienta menos la
pobreza; / que no desee la riqueza tanto
/ que mi libertad deje por buscarla; / que
no ambicione cosas imposibles, / que el
desprecio o la envidia no me coman / si
el seor llama a Celio o a Marn, / pues
no espero, en las noches de verano, / cenar
con el seor para ser visto: / no me
deslumbran esas vanidades; / yo voy solo
y a pie donde me lleva / mi deseo, y si
quiero ir a caballo / le amarro las alforjas
a la grupa, I, 166-177 (Fa che la povert
meno mincresca, / e fa che la ricchezza
s non ami / che di mia libert per suo
amor esca; / quel chio non spiero aver, fa
chio non brami, / che n sdegno n invidia me consumi / perch Marone o Celio
il signor chiami; / chio non aspetto a
mezza estade i lumi / per esser col signor
veduto a cena, / chio non lascio accecarmi in questi fumi; / chio vado solo e a
piedi ove mi mena / il mio bisogno, e
quando io vo a cavallo, / le bisacce gli
attacco su la schiena), in cui spicca la

Ressenyes

riformulazione que no ambicione cosas


imposibles<quel chio non spiero aver, fa chio
non brami; ancora, IV, 49-54: Yo no
mato, no hiero, no importuno / a nadie,
solo siento estar tan lejos / de la mujer
que siempre est conmigo: / no digo que
no sea yerro el mo, / ms no tan grave
que no pueda el vulgo / -que admite otros
peores- perdonarme (Io non uccido, io
non percuoto o pungo, / io non do noia
altrui, se ben mi dolgo / che da chi meco
sempre io mi dilungo: perci non dico
n a difender tolgo / che non sia fallo il
mio; ma non s grave / che di via pi non
me perdoni il volgo), tra sintesi fino alla
soppressione e aggiunte esplicative come
la mujer que siempre est conmigo<da chi
meco sempre: la traduzione toglie dubbio e magia ad Alessandra Benucci, colei
che tien del mio cor sola la briglia, IV
24, colei che riempie della sua assenza il
finale della satira VII, nella pudibonda
ironia che converte lamata in preterizione poetica oltre che biografica (le note di
solito salvano lanagrafe, e la poesia). Si
potrebbe continuare, riportando per
esempio le ultime tre terzine della satira
I, o citando puntualmente lincipit di ciascuna delle satire, perch la traduzione
suona allettante fin dallinizio; non si
farebbe altro, per, che insistere nellinvitare il lettor a prendere questa poesia e
a deliziarsene, tra le sapienti spine dellironia dei tempi, della vita, della lingua.
Maria Pertile

Ressenyes

Quaderns dItali 6, 2001

207

Girolamo DE MIRANDA,
Una quiete operosa. Forma e pratiche dellAccademia napoletana
degli Oziosi (1611-1645),
Napoli: Fridericiana Editrice Universitaria, 2000.
Girolamo de Miranda, estudioso de la
cultura napolitana de la poca barroca,
ofrece en esta nueva obra una parte de su
tesis doctoral, elaborada en el Departamento de Filologa Moderna de la Facultad de Letras de la Universidad Federico
II de Npoles, entre los aos 1991 y
1994. El resultado es una visin amplia,
documentada y bien contextualizada de
la produccin literaria de la Academia de
los Ociosos, de Npoles, as como la heterognea composicin social de sus
miembros, y la estrecha relacin que la
Academia mantuvo con las ms relevantes figuras polticas e intelectuales de
Npoles y Sicilia. A travs de sus pginas
se aprecia la actividad de la nobleza y del
alto funcionariado napolitanos, al servicio de la monarqua hispnica, y es posible realizar una valoracin diferente y
mucho ms matizada de la incidencia
poltica y cultural de las autoridades espaolas en el reino napolitano, gracias al
estudio del entorno de las cortes virreinales, en la primera mitad del siglo XVII,
en pleno apogeo de la cultura urea espaola.
El eje central conductor de la obra lo
constituyen las academias literarias y su
importancia a partir del siglo XVI, especialmente en Italia, que ostenta la primaca en Europa. Se analizan las relaciones
entre el poder poltico (forneo) y la sociedad napolitana a travs de estas instituciones culturales, con lo que, en breve
tiempo, las academias no solo adquieren
relevancia histrica sino que ejercen una
funcin complementaria de legitimacin
de las elites autctonas. El estudio concreto de la Accademia degli Oziosi, el
simbolismo de su nombre, la composicin social de sus miembros, vinculados
mayoritariamente a las ms ilustres fami-

lias de la nobleza napolitana (los Brancaccio, Carafa, Spinelli, etc.) as como la


estrecha vinculacin con los dominicos,
constituyen el marco previo al anlisis de
las actividades acadmicas llevadas a cabo
entre 1611 y 1645, ao este ltimo de la
muerte del principal impulsor de la Academia, Giambattista Manso, prncipe de
Villa. De esta etapa merecen destacarse
dos momentos directamente relacionados
con el dominio espaol. El primero coincide con el virreinato de Pedro Fernndez
de Castro, conde de Lemos (1611-1615),
en el perodo inicial de la Academia, cuyos
miembros fundacionales compartan un
mismo amor por la literatura. Una parte
destacada de las publicaciones, en latn o
en vulgar, responde a las composiciones
poticas destinadas a las ceremonias y fastos funerarios dedicados a los miembros
de la familia real espaola. Destaca en esta
tarea la colaboracin directa de Bartolom
Leonardo de Argensola, a la sazn estrecho colaborador del virrey. El conde de
Lemos supo aprovechar con habilidad sus
estrechas relaciones con la Academia, a
travs de la cual pudo mantener un dilogo abierto con las diversas facciones
nobiliarias napolitanas y asegurarse un
clima de cooperacin e integracin en la
administracin espaola.
La otra etapa digna de relevancia
corresponde al virreinato de Pedro Tllez
de Girn (1616-1622), duque de Osuna,
personaje de incuestionable cultura, pero
de modales polticos y diplomticos harto
diferentes de los de su predecesor. El
desinters por mantener y renovar una
eficaz burocracia, diversos problemas y
enfrentamientos con la alta jerarqua eclesistica napolitana o el distanciamiento
de la aristocracia local, tienen su reflejo
en un claro alejamiento de la Academia

208 Quaderns dItali 6, 2001

misma y sus miembros, centrada durante este periodo en la actividad teatral, la


exagerada devocin a santo Toms de
Aquino y el apoyo a los dominicos frente a la obsesiva proteccin de los jesuitas
por parte del duque de Osuna. No faltaron, sin embargo, los trabajos literarios,
especialmente destacables los de Giambattista Basile, a quien se atribuyen diversas ediciones crticas de obras en vulgar,
como las Rime de Bembo, junto a composiciones poticas propias, en italiano o
en espaol; esta actividad puede considerarse como paradigma del cambio operado en las preferencias literarias de la
Academia, abierta definitivamente a las
lenguas vulgares. A la vez que se conserva
el peso del grupo fundacional de la Academia, fiel al poder virreinal, fuese cual
fuese; grupo que manifest su adhesin
a Osuna encargando a Giambattista Basile un texto teatral, Il Giron, para celebrar
los triunfos navales del duque contra los
turcos. Los aos posteriores vieron desfi-

Ressenyes

lar por la Academia y la corte virreinal


intelectuales y poetas del prestigio de Giovanni Battista Marini, los hermanos
Argensola, Antonio Mira de Amescua o
el conde de Villamediana, de cuya colaboracin y adhesin puede considerarse
reflejo el Cancionero italoespaol, compuesto entre 1625 y 1635, originariamente dedicado al duque de Alba y,
posteriormente, completado con otras
composiciones dedicadas a Adriana Basile, hermana de Giambattista.
Un curioso apndice documental y
cronstico, con la edicin ntegra de los
estatutos de la Academia y diversos testimonios contemporneos, ajenos a la institucin, completan un sugerente y
amplio estudio, que ha sido capaz de
aunar y fundir el inters histrico y literario por una institucin y un perodo
harto significativos de la historia de Npoles.
Montserrat Casas

Dino CAMPANA,
Cantos rficos y otros poemas,
Barcellona: DVD ediciones, 1998.
Per quanto non si possa dividere la critica
del Novecento in detrattori di Campana
da una parte e in campanofili dellaltra,
il nome del Poeta traccia comunque un
confine che ha percorso le poetiche e le
antologie di quello che Hobsbawm avrebbe poi chiamato il secolo breve. Da un
lato si schierino i riduzionisti, da Contini a Mengaldo, passando per la stroncatura di Saba (era matto e solo matto);
dallaltro gli esaltatori, che vanno dalla
coppia neoavanguardista Anceschi-Sanguineti che nel Marradese ritrova il
centro propulsore delle esperienze espressionistiche del Novecento fino ad arrivare alla linea ermetica Bigongiari-Luzi,
per cui lorfismo diventa parola chiave in

una riappropriazione poetica che nega


lopposizione visivo/veggente. E perci
oltremodo imprecisa quella calata di tono
con cui Carlos Vitale, nel prologo alledizione spagnola, fa il punto sulla questione critica sostenendo che los Cantos
rficos convierten rpidamente a Campana en un mito de la poesa italiana del
siglo XX. Ma al di l di questi piccoli incidenti di percorso, il testo di presentazione e la cura del volume si rivelano, in
generale, senzaltro validi. Il lettore spagnolo viene infatti avvicinato alla figura
di Campana con unintroduzione che non
si limita come purtroppo avviene sempre pi spesso a un semplice scorcio
biografico ma riesce ad essere piacevol-

Ressenyes

mente divulgativo senza perdere di vista


le linee essenziali sullautore, sullopera e
sulla fortuna critica. Il tallone dAchille
, piuttosto, la mancanza di una nota
bibliografica sugli studi e le traduzioni di
Campana in Spagna: senza scendere in
giudizi di merito, bisognava dar atto almeno dellesistenza di unaltra versione dei
Canti Orfici in lingua castigliana portata
a termine nel 1991 da Pedro Lus Ladrn
de Guevara Mellado, che in fondo si a
lungo occupato del Marradese in vari
saggi e articoli. E non avrebbe poi sfigurato un elenco delle traduzioni parziali
pubblicate in passato, di cui la maggior
parte ad opera dello stesso Vitale (e si
segnala al proposito la sua scelta corposa
dei Cantos rficos pubblicata nel 1984 a
Saragozza per i tipi dellOlifante).
Tornando alledizione in esame,
comunque, dobbiamo attribuirle ancora
un altro valore preliminare. Le difficolt
tecniche nelle pubblicazioni di opere con
testo a fronte (o, come in questo caso, a
pi di pagina) sono particolarmente insidiose, per cui i refusi sono allordine del
giorno: qui, invece, bisogna constatare la
quasi totale correttezza della riproduzione delloriginale italiano.
Ma entrando infine nel merito della
traduzione, va riconosciuto lo sforzo con
cui Vitale ha cercato di aggiustare in spagnolo il linguaggio visionario di Campana. I migliori risultati vengono raggiunti
senza dubbio sul piano semantico e,
soprattutto, nei brani in prosa, quando
evidentemente il traduttore si sente sganciato da parecchie costrizioni formali. Lattacco con cui riproduce lincipit della
Notte , in tal senso, emblematico:
Ricordo una vecchia citt, rossa di mura
e turrita, arsa su la pianura sterminata nellAgosto torrido, con il lontano refrigerio
di colline verdi e molli sullo sfondo
diventa Recuerdo una vieja ciudad, de
muros rojos y torreada, abrasada sobre la
infinita llanura en el trrido agosto, con el
lejano alivio de colinas verdes y suaves al
fondo. Basta, in definitiva, la posposi-

Quaderns dItali 6, 2001

209

zione di un aggettivo (rojo) e la felice


soluzione di un sostantivo (alivio per
refrigerio) per dare una versione immediatamente convincente. Meno forte si
dimostra invece Vitale di fronte alla metrica campaniana. E lo sguardo non pu,
ora, non uscire dagli Orfici propriamente detti per vagare fra le altre poesie, alla
ricerca dellattacco del Notturno teppista, con cui questedizione spagnola si
chiude. Ripetiamo il famoso verso di apertura di Campana: Firenze nel fondo era
gorgo di luci di fremiti sordi. Nella versione di Vitale: Florencia al fondo era
un torbellino de luces, de estremecimientos sordos. Ecco: una minuzia come
quella virgola al centro diventa lindizio
pi chiaro della trasformazione. Si perso,
insomma, il ritmo anapestico, triadico e
infernale che sosteneva circolarmente tutto
il verso, e il sabbah metropolitano di
Campana si salva nella traduzione solo
fuori dalla metrica, merito del resto di un
sostantivo allungato e foneticamente ruvido come estremecimientos.
Stessa osservazione si potrebbe fare
per la traduzione di Batte botte. Anche
l il lettore trascinato ad imum dagli anapesti martellanti che riproducono i movimenti spasmodici della nave: Ne la nave
/ Che si scuote, / Con le navi che percuote / Di unaurora / Sulla prora / Splende un occhio / Incandescente. (E viene
in mente, a confronto/scontro, la placida malinconia catulliana del vecchio faselo presentato nei trimetri giambici puri
che scandivano il tonfo dei remi sulle
acque: PhasElus Ille quEm vidEtis
hOspitEs, / aIt se fuIsse nAviUm celErissimUs). Ma Vitale sceglie di non rispettare la catena accentuativa per giocare
tutte le sue carte sulla fonetica: En la
nave / Que se debate, / Con las naves que
percute / De una aurora / Sobre proa /
Brilla un ojo / Incandescente. Dove, si
noter, la consonanza se debate e percute rinsaldata dal titolo del componimento mantenuto il pi fedele possibile:
Bate botes. E il risultato devessere frut-

210 Quaderns dItali 6, 2001

to di un ragionamento sofferto dato che


lo stesso traduttore, nel 1989, nel florilegio campaniano Viaje a Montevideo y otros
viajes (Pamplona, Pamiela), si era accontentato di un pi anodino Pega botes.
Ma fermiamoci qui. La versione spagnola, anche nei passaggi pi ardui, rimane pur sempre credibile e godibile. Un
prodotto ben riuscito e ben curato, malgrado lorribile immagine in copertina:

Ressenyes

un biglietto scaduto della metropolitana


di Barcellona, la cui obliterazione rimanda alla data di morte del Poeta. Peccato,
perch Sergio Gaspar, factotum della
DVD, ci aveva abituati, con una grafica
moderna e aggressiva, a risultati certamente molto pi convincenti.
Francesco Ardolino

Antonio COLINAS,
Antologa esencial de la poesa italiana,
Madrid: Espasa Calpe (Coleccin Austral), 1999, 477 p.
Nos hallamos, sin duda, ante uno de los
poetas espaoles que en estas ltimas
dcadas ms inclinacin ha demostrado
hacia las letras italianas. En la presente
antologa sern muchos quienes perciban
el eco de los Poetas italianos contemporneos que Antonio Colinas public en
1977. Desde esa fecha ya lejana hasta
nuestros das, el autor ha perseverado con
regularidad en su trayectoria vertiendo al
castellano algunos de los textos ms
emblemticos de los siglos XIX y XX: Las
cenizas de Gramsci (1975), los Cantos de
Leopardi (1980), Cristo se par en boli
(1982), las Poesas completas de Quasimodo (1991), El jardn de los Finzi-Contini (1993). La Antologa esencial de la
poesa italiana que ahora nos ocupa recapitula los intereses y trabajos de todos
estos aos, pero no sera justo ver en ella
una simple refundicin de viejos materiales, por ms que recoja tanto traducciones leopardianas como un gran
nmero de las incluidas en la antologa
de 1977: versiones de Saba, Campana,
Cardarelli, Ungaretti, Montale y Quasimodo. Colinas ha sometido a revisin
cada uno de los textos recuperados, a la
vez que ha suprimido, sustituido o aadido poemas en todos y cada uno de los
autores. Lo ms significativo, sin embar-

go, es que la nueva antologa recorre toda


la historia literaria italiana, y satisface asistir a esta ampliacin cronolgica, habida
cuenta, por un lado, la vasta difusin que
garantiza la editorial en que el volumen
ha visto la luz y, por otro, la falta de antologas en lengua castellana de estas caractersticas desde la histrica de Juan Luis
Estelrich, publicada en 1889 y nunca reeditada.
Menor satisfaccin produce, en cambio, el criterio de Colinas como colector.
Y es que, pese al predominio de traducciones suyas, el volumen incluye otras de
diferente mano, hasta el punto de que
como el propio Colinas declara
podra hablarse de una antologa de traductores. Nadie esperamos nos acusar de dogmatismo o intransigencia si
afirmamos que resulta difcil conjugar la
disparidad de estilos y criterios en una operacin compuesta de esta naturaleza y
no se nos censurar en virtud de esa
misma heterogeneidad por haber tenido que renunciar en estas pginas a cualquier valoracin cualitativa de las
traducciones. Seleccionar y traducir no
parece, en suma, ser la doble cara de una
misma moneda, como el ttulo Antologa
esencial de la poesa italiana sugiere. Se pueden seleccionar traducciones y, por lo

Ressenyes

tanto, rendir justo homenaje a los ya clsicos Carlos Alvar (Dolce Stil Novo),
ngel Crespo (Dante y Petrarca), Luis
Antonio de Villena (Miguel ngel, Aretino y Sandro Penna), Jos Agustn Goytisolo (Pavese), Carlos Manzano (Bassani),
etc. Menos convincente resulta el intento
de mantenerse en un trmino medio,
sobre todo si se presta atencin a los homenajeados. No es que la mayora de los elegidos no se merezca el protagonismo que
les brinda Colinas, pero las ausencias resultan, pese a ello, desconcertantes. Digno
de elogio es que Colinas haya autoexcluido sus traducciones de Pavese en favor del
insuperado Jos Agustn Goytisolo, pero
es inevitable preguntarse qu lo ha inducido a prescindir de otras aportaciones
como, por ejemplo, las de Joaqun Arce
como traductor de Montale y Miguel
ngel o las de los latinoamericanos Horacio Armani y Carlos Vitale, autores a su
vez de meritorias antologas de poesa italiana contempornea. Una ltima observacin: por qu para Ariosto es escogida
la traduccin del siglo XVI de Jernimo de
Urrea? No resta homogeneidad al sistema comunicativo instaurado por la antologa? O bien, admitiendo que se abran
las puertas a las traducciones antiguas, era
la nica digna de aprobacin para el antlogo? Recurdese, sin ir ms lejos, el celebrado Aminta traducido por Juan de
Juregui, que aqu cede paso a un fragmento vertido por el propio Colinas.
Otros interrogantes surgen en lo que
respecta al valor representativo de esta
antologa y a la seleccin de autores. En
este sentido queremos sealar que el itinerario propuesto es, en general, extremadamente ulico y en ningn momento
se hace eco del ya ms que consolidado
reencuentro de la crtica literaria italiana
con la lnea jocosa, popular y plurilinge de su tradicin. As, por ejemplo, si
empezamos por el nutrido grupo de
medievales, se incluye a Giacomo da Lentini, pero se omite a Cielo dAlcamo. Se
ofrece una amplia gama de stilnovisti (si

Quaderns dItali 6, 2001

211

bien sorprende que entre los poemas de


Cavalcanti no se encuentren la cancin
doctrinal Donna me prega ni el celebrrimo soneto Tu mhai s piena di dolor)
y un atinado florilegio petrarquesco, frente a los cuales la nica presencia alternativa es la de Cecco Angiolieri, pues
incluso en un texto como la Divina Comedia, tan rico en registros, la seleccin
apunta unvocamente hacia la alta retrica. En la pica del Humanismo y el
Renacimiento se da cabida a Ariosto, no
a Pulci ni a Boiardo este ltimo, sin
embargo, bien representado como poeta
lrico, en llamativo contraste con la ausencia de Bembo y Tansillo. Menos en
consonancia con esta tendencia, y por lo
tanto de difcil explicacin, la ausencia de
Parini en el siglo XVIII y el escaso relieve
dado a Manzoni en el XIX, del cual Colinas traduce nicamente un fragmento del
Pentecosts (por qu romper la unidad de
una poesa?), y no la bella y famosa oda
Il cinque maggio, entre cuyas muchas traducciones existentes caba slo limbarazzo della scelta.
En lo que respecta al siglo xx, que
ocupa un tercio del volumen, Colinas
sigue fiel a sus preferencias monolinges, dejando muy en segundo plano las
corrientes vanguardistas y experimentales, adems de quedar notablemente anticuada la lista de autores. Las vanguardias
histricas quedan reducidas a un fragmento de un poeta menor como Soffici,
el nico futurista entre los antologados,
y dos poemas de Palazzeschi. De Gozzano se ofrece un fragmento insignificante
que nada dice sobre la originalidad del
autor de los Colloqui. Pocas son las voces
de la segunda mitad de siglo, y en parte
es comprensible, puesto que se ha decidido no incluir a ningn autor vivo aun
al precio de ignorar a Zanzotto y Mario
Luzi, pero habra que preguntarse por
qu no hay sitio para poetas fallecidos
como Caproni, Sereni, Fortini o Bertolucci y, sobre todo, qu ha impulsado
a eliminar a Pasolini, presente en la an-

212 Quaderns dItali 6, 2001

tologa de 1977, para sustituirlo por


Bassani.
Terminaremos mencionando el escaso protagonismo otorgado a las mujeres
en esta antologa: cincuenta y dos autores frente a tres autoras, todas ellas del
siglo XVI. Era necesario prescindir de
nombres tan reconocidos como los de Ada
Negri o Amelia Rosselli por citar slo
dos ejemplos de escritoras muertas?
Un poeta colector tiene todo el derecho
de hacer su antologa, pero en ese caso
hubiramos preferido que respondiera verdaderamente a ese gusto personal explicitando con mayor rigor los criterios
seguidos y asumiendo el riesgo de traducir todos los textos elegidos. En cualquier

Ressenyes

caso, sin analizar otras infracciones al criterio de representatividad, como el desajuste en la distribucin de textos por
autor, el simple hecho de que la edicin
no sea bilinge impedira responder positivamente al augurio con que se cierra la
premisa al volumen: nos sentiramos
satisfechos si el lector espaol, especializado o no, encuentra en las pginas que
siguen una referencia de primera mano
para una mayor y mejor aproximacin a
la poesa italiana de todos los tiempos.
La traduccin, por excelente que sea, no
es nunca una referencia de primera
mano. En poesa, menos an.
Helena Aguil

Giuseppe UNGARETTI,
El dolor,
prlogo de Antonio Colinas, traduccin de Carlos Vitale, Montblanc: Igitur,
2000.
Carlos Vitale aveva gi tradotto quattro
anni fa per Igitur/poesa il primo libro di
Ungaretti, LAllegria (1914-1919), ed ora
ritornato con il libro che, almeno nella
prospettiva di un oggi che considera il percorso artistico della vita dun uomo, forse
il pi grande del lucchese egiziano: Il Dolore (1937-1946). Con questa traduzione si
fa pi completa lideale mappa dellUngaretti poeta tradotto in volume, senza
contare le numerose antologizzazioni: Sentimento del tempo (1919-1935) stato rieditato insieme alla traduzione nuova de
La Terra Promessa (1935-1953) da Toms
Segovia (Gutenberg, 1998; cfr. Quaderns
dItali, n. 4/5); Il Dolore, che cade cronologicamente in mezzo alle due raccolte, esce ora, essendo da tempo introvabile
la storica traduzione di Vintilia Horia
(Madrid, 1958); possiamo leggere Il Taccuino del vecchio (1952-1960) nella traduzione di Luis Muoz (Valncia, 2000).
Il bel volume di Igitur offre intelligentemente, e come costume della col-

lezione, la traduzione e a pi della stessa


pagina loriginale; porta in seconda di
copertina la famosa nota autoesegetica
con la quale Ungaretti spiega nelle Note
da lui preparate insieme ad Ariodante
Marianni per la prima edizione nei Meridiani della Vita dun uomo, a cura di Piccioni, 1969, la ragion poetica pi
personale e profonda del Dolore, la morte
del suo bambino: So che cosa significhi la morte, lo sapevo anche prima; ma
allora, quando mi stata strappata la parte
migliore di me, la esperimento in me, da
quel momento, la morte. Il Dolore il
libro che di pi amo, il libro che ho scritto negli anni orribili, stretto alla gola. Se
ne parlassi mi parrebbe dessere impudico. Quel dolore non finir pi di straziarmi. (Piccioni, p. 543); tale nota,
accompagnata dallaltra nota con cui nel
1947 Ungaretti introduceva ledizione
sempre mondadoriana negli Specchi,
riprodotta allinterno del volume, precede la traduzione, ed un peccato che

Ressenyes

unincongruenza tipografica, parificando


la nota dautore con la nota redazionale
di Marianni, guasti un po laccuratezza
della veste editoriale e soprattutto loperazione utilissima di tradurre anche le note
dautore cos come stanno nelledizione
di Piccioni.
Il Prlogo di Antonio Colinas, di
notevole densit interpretativa, propone
fin dal titolo, Regreso a la alegra desde el
dolor, una suggestiva visione del libro
come maturazione della vera allegria che
nasce di ritorno dal dolore: Al revs
de lo que la cronologa y los ttulos de sus
libros parecen indicarnos (al dolore por la
alegra), en este libro, ya plenamente de
madurez, hay un viaje sutilsimo y formalmente muy logrado de ese dolor que
da ttulo al libro a una alegra mucho ms
definitiva. No est ahora el lector ante esa
alegra fugaz, instantnea, de sus poemas
breves, ante el fogonazo del hallazgo inspirado, sino frente a una alegra que brota
como en el musical clamor beethoveniano de las mismsimas races del
dolor (p. 12); visione suggestiva, illustrata con forza dal parallelo musicale, ma
che, personalmente, non ci sentiamo di
condividere, sia perch LAllegria ci risulta difficilmente convertibile da titolo a
contenuto folgorantemente ingenuo del
primo lavoro ungarettiano (che non per
essere il primo n per altra ragione manca
di piena maturit, al contrario ci sempre sembrato nato tutto intero come
Minerva dal capo di Giove), sia perch
forse allegria e dolore non sono pi n
presenti n adoperabili, una volta oltrepassate certe soglie, come gli ultimi quartetti sembrano indicare. Nella maggior
parte del Prlogo Colinas espone con un
discorso estremamente tagliente e appassionato i contenuti storici e civili che il
libro ungarettiano trasfigura e che sono
uno dei tre temi del Dolore: la tragedia
della seconda guerra mondiale e luniversale strazio del massacro fratricida, in cui
Colinas legge lanelito metafisico che vive
nellinvocazione del poeta a un angelo del

Quaderns dItali 6, 2001

213

povero, a pecorelle e ad agnelli dispersi,


al Santo che soffre, a una Patria che si fa
esilio. La memoria del fratello morto e la
perdita del figlio bambino sono, come si
sa, gli altri due temi, in parole di Ungaretti: Tutto ho perduto fu scritto in
memoria di mio fratello; in Giorno per
giorno e nel gruppo Il tempo muto, presente Antonietto, mio figlio, perduto in
Brasile; nelle altre poesie, Il Dolore pi
particolarmente ispirato dalla tragedia di
questi anni (Piccioni, p. 543; El dolor,
p. 17); dopo lampia riflessione sulla guerra, nel penultimo paragrafo del Prlogo
leggiamo: Sin embargo, para terminar,
ms all de los smbolos y soluciones,
no hay que olvidar que este libro naci
bajo el influjo de un duro hecho que el
autor reconoce como tragedia de estos
aos. Me refiero a la muerte de su hijo
Antonietto, e non sappiamo come conciliare la dichiarazione dautore con la lettura qui offertane.
La traduzione che Vitale ha fatto delle
sedici poesie del Dolore ci sembra nellinsieme bella, muovendosi con equilibrio
instabile e personalissimo tra i due poli
della limpida e sempre elegante letteralit
(fin dove, ovviamente, sia possibile) e del
cambio, o riformulazione o trans-scrittura, se non addirittura della radicale interpretazione del frammento poetico, con
interventi che vanno dalla punteggiatura
modificata, aggiunta di solito piuttosto che espunta allinversione sintattica, dal trattamento degli articoli alla
sostituzione apparentemente sinonimica
di verbi e nomi, e, nel cambio, da una
generale felicit di soluzioni a pochi punti
che non ci sembrano convincenti, come
vediamo subito. Del primo polo ci sembra completamente esemplare Il tempo
muto (p. 41), per sobriet e coincidenze
anche ritmiche; qualche altro esempio,
per frammenti: He vuelto a las colinas,
a los pinos amados, / Y del ritmo del aire
el patrio accento / Que ya no oir contigo / Me quiebra en cada soplo (Sono
tornato ai colli, ai pini amati / E del ritmo

214 Quaderns dItali 6, 2001

dellaria il patrio accento / Che non riudr con te, / Mi spezza ad ogni soffio;
Giorno per giorno, 10, p. 32); Veo ahora
en la noche triste, aprendo / S que el
infierno se abre sobre la tierra / A medida
que el hombre se sustrae, loco / A la pureza de Tu pasin (Vedo ora nella notte
triste, imparo, / So che linferno sapre
sulla terra / Su misura di quanto / Luomo si sottrae, folle, / Alla purezza della
Tua passione, Mio fiume anche tu, 2, p.
64, in cui per i cinque versi delloriginale sono diventati una quartina); En las
venas, ya casi vacas tumbas, / El an galopante afn, / En mis huesos que se hielan
el guijarro, / En el alma la aoranza sorda,
/ La indomable maldad, disuelve; (Nelle
vane gi quasi vuote tombe / Lancora
galoppante brama, / Nelle mie ossa che
si gelano il sasso, / Nellanima il rimpianto
sordo, / Lindomabile nequizia, dissolvi,
primi versi di Nelle vene, p. 56; si noti la
punteggiatura nel primo verso in traduzione). Nel polo del cambio annotiamo
due fatti ricorrenti, quasi stilema della traduzione: le inversioni sintattiche, sia allinteno del verso sia passandone la misura,
e il trattamento dellarticolo: Quin sabe
qu otros horrores / Me traern los aos
[] Busco en el cielo tu rostro feliz []
Una enfurecida tierra, un desmedido mar
(Mi porteranno gli anni / Chiss quali
altri orrori [] In cielo cerco il tuo felice volto [] Inferocita terra, immane
mare, Giorno per giorno, 3, 7 e 9, p. 28,
30 e 31); Que la espera sin tregua del
mal [] Por la ascensin de los milenios
humanos; / Ahora que, ya alterada, transcurre la noche, / Y aprendo cunto puede
padecer un hombre; / Ahora mismo,
mientras el mundo, / Esclavo, en una abismal pena se ahoga (Che di male lattesa senza requie [] Per ascensione di
millenni umani; / Ora che gi sconvolta
scorre notte, / E quanto un uomo pu
patire imparo; / Ora ora, mentre schiavo
/ Il mondo dabissale pena soffoca; Mio

Ressenyes

fiume anche tu, 1, p. 61-62); Tienen un


imperceptible susurro (Hanno limpercettibile sussurro, Non gridate pi, p. 72).
Sinonimie, che annotiamo frammentariamente: Y el rostro ya demacrado E
il volto gi scomparso; Corriendo sobre el
peso del aire inmvil Correndo nel
peso dellaria immota; Mente fecunda
Genitrice mente; Invicto prolongaba, mortificndose Invitto macerandosi protrasse; Del verdadero amor Dellamore
non vano (verdadero non vano ci sembra discutibile); El vano renovarse / De
arena que se mueve Il riversarsi vano
/ Di sabbia che si muove (renovarse
riversarsi ci sembra invece particolarmente
efficace). I punti non convincenti: Y te
amo, te amo, y es una continua afliccin! (E tamo, tamo, ed continuo
schianto!, Giorno per giorno, 8, p. 30);
Reconfortado por pertinaces humos (Da
pertinaci fumi risalito, Defunti su montagne, p. 60); An podra, / En un descuido, estrechrtela / De nuevo, hermano
(Ancora potrei, / Di nuovo in uno slancio doblio, stringere, / Fratello, una
mano, Se tu mio fratello, p. 24).
Ci sembra di poter concludere dicendo che, nellinsieme, il testo tradotto
appiana le complicazioni dello stile spesso nominale ed ellittico delloriginale, con
lintenzione palese di tradurre due volte
e quasi sempre in direzione di una certa
prosaicit; sembra insomma che il traduttore si preoccupi pi della comprensione, da parte del lettore, dei contenuti
lirici che dello strumento attraverso il
quale essi passano e con il quale, evidentemente, nelloriginale coincidono
inscindibilmente, preoccupazione (e contraddizione) obbligata di ogni tradurre
(di ogni poetare?) ma che dovrebbe essere transitoria, di passaggio verso la ri-creazione delloriginalit in un altro luogo, in
unaltra lingua appunto.
Maria Pertile

Ressenyes

Quaderns dItali 6, 2001

215

Pietro BENZONI,
Da Cline a Caproni. La versione italiana di Mort crdit,
Venezia: Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 2000.
Negli ultimi due decenni Giorgio Caproni
stato senza dubbio uno dei lirici novecenteschi le cui quotazioni nella borsavalori letteraria sono salite ed hanno
trovato una fortuna critica di grande solidit. I segnali di questo passaggio da una
condizione di appartata minorit (le antologie di Contini e Sanguineti lo avevano
consegnato ai margini del dibattito poetico, preferendo esperienze o di stilismo
pi prezioso o rotture formali dai segni
politici pi marcati) ad una di centralit
nel canone stanno tutti sia nellalto grado
di attenzione critica alla sua opera (si va
dalle monografie di Surdich, della Dei,
della Frabotta, ai Convegni tematici a lui
dedicati, con Genova soprattutto come
sede naturale del polifonico concerto critico, per finire nellapoteosi postuma del
Meridiano della Mondadori, affine ad
unedizione critica, grazie ad un apparato di note monumentale e puntiglioso
curato dal giovane filologo friulano Luca
Zuliani). I contributi sono stati molti ed
hanno svariato nelle variate direzioni che
lattivit creativa di Caproni ha tenuto,
perseguendo la totalit di unesperienza
di scrittura che ha occupato un sessantennio: sono state riunite da Raboni (La
scatola nera, Garzanti, 1996) le molte
pagine critiche sui contemporanei, uscite
alla spicciolata su quotidiani e settimanali italiani, sono state ristampate le aspre
prove narrative nel racconto di media lunghezza, e sono state accorpate per la prima
volta le innumerevoli traduzioni liriche
dellautore (Quaderno di traduzioni, Torino, Einaudi, 1998) dal francese (Char,
Apollinaire, Frenaud, Prvert, Baudelaire) e dallo spagnolo (Garca Lorca e
Manuel Machado).
Era nellintroduzione a questo volume che Mengaldo accennava ad un lavoro critico notevole, ma ancora inedito, di

un giovane dottorando a lui prossimo,


lavoro che apportava dati e osservazioni
interessanti sulle costanti stilistiche delle
traduzioni di Caproni, nella fattispecie
quella, ardua, impervia, di Mort crdit
di Cline. Ora il contributo in questione
uscito presso le edizioni dellIstituto Veneto di scienze, lettere ed arti (P. Benzoni,
Da Cline a Caproni. La versione italiana
di Mort crdit, Venezia, 2000), e ad esso
dedicher le righe che seguono.
La prospettiva critica, il taglio metodologico, che affiora subito dallindice (la
materia argomentativa si divide in Punteggiatura e sintassi, Trame di suoni,
Lessico e modi della traduzione, poi
ulteriormente suddivise) quello della stilistica comparativa e individualizzante (si
hanno presenti i campioni analitici di
Contini su Gadda e Bacchelli traduttori,
i numerosi interventi di Mengaldo su
poeti traduttori come Solmi, Sereni, Fortini, Luzi e lo stesso Caproni), congiunto
ad una forte attenzione ai fatti di storia
generale della lingua. Il lavoro di Benzoni prende labbrivio da un raffronto tra i
due sistemi linguistici del francese e dellitaliano, insinuandosi nel corpo delle
compagini narrative, per dedurne a poco
a poco differenti opzioni estetiche. Se,
infatti, la prosa narrativa di Cline eccezionale, non solo per merito di un vocabolario svariante e sterminato, ma per
scansione ritmica e inventivit analogica,
lo studioso mostra come il traduttore non
si ritragga intimorito ma reagisca estrosamente, sciorinando trovate, gareggiando in incandescenze. Caproni, si sostiene,
d vita ad un organismo linguisitico indipendente, e lo fa, naturalmente, allontanandosi dalle soluzioni pi letterali, con
variazioni profonde che vanno lette allinterno di un sistema di compensazioni.
Soprattutto si tiene conto della non-coin-

216 Quaderns dItali 6, 2001

cidenza della strumentazione linguistica:


il francese popolare e largot non hanno
un equivalente in Italia, Benzoni lo sa
bene e mostra come il traduttore da una
parte non assecondi lanarchia grammaticale delloriginale, le sue emotive slogature sintattiche, dallaltra rimpolpi il
fraseggio pi continuo e fluido della traduzione, esplorando le risorse del toscano popolare, con fini di giocosa e corposa
espressivit. Si rileva anche come unaltra
mossa, agonistica, di Caproni sia stata
quella di sfruttare pienamente le qualit
plastiche dellitaliano, la sua elastica capacit di far germinare nuovi vocaboli o
nuove suggestioni verbali da combinazioni e formazioni inconsuete, inserzioni
di prefissi o suffissi, agglutinamenti. E in
questo modo che lirriducibile (intraducibile) espressionismo lessicale di Cline
pu trovare un equivalente italiano allaltezza (Benzoni non manca di contestualizzare la versione negli anni sessanta,
quando la menippea linguistica di Gadda,
e i pasticci stilistici dei narratori, Testori,
Bianciardi, Arbasino, erano esperienze
allordine del giorno).
Se nei capitoli che abbiamo indicato
quello che prevale un andamento analitico-descrittivo, attento alla schedatura
dei fenomeni, concreto nei rilievi, le conclusioni, come devono, spiccano un salto
oltre, stringono in efficace sintesi interpretativa la dispersivit dei dati testuali.

Ressenyes

Limpressione che tra loriginale e la


traduzione vi sia una sfasatura sostanziale per cui il fondo rabbioso e violento
della narrazione celiniana risulta smorzato. Questa sfasatura viene ricondotta alle
sue origini psico-ideologiche, alla differenza tra il nichilismo misantropico del
francese e il pensiero ateologico, ma tremantemente umanistico, del poeta genovese, tra liraconda furia iconoclasta di
Cline e la disperazione calma/senza
sgomento di Caproni. Quello che si viene
alla fine configurando da questa esperienza
di traduzione una sorta di letteraria
avventura nel dissimile, un impulsivo atto
damore, un atto temerario (secondo
parole posteriori dellautore stesso) diperdimento in un alterit, che diventa
scoperta di un s, anche stilistico, altrimenti sconosciuto. E come se in Spagna
a tradurre la lirica di Caproni fosse un
narratore e un lirico basso e gergale, maledettistico, come Sanchez-Ostiz: la situazione si rovescerebbe, da affrontare
sarebbe un melodismo insidioso, un fraseggio di rime insistite, che nasconde, non
ostenta, nella sua fluidit appena elegantemente inceppata, uno psicologismo
attorto e ombroso; da mettere da parte
sarebbero gli iterati artifici delle sperimentazioni oraleggianti, le fosche e risentite armi dellespressionismo linguistico.
Piero Dal Bon

Antonio TABUCCHI,
Si sta facendo sempre pi tardi,
Milano: Feltrinelli, 2001, p. 230.
Dopo quattro anni da La testa perduta
di Damasceno Monteiro, Tabucchi ha
pubblicato Si sta facendo sempre pi tardi
(marzo 2001), un romanzo epistolare
modulato su diciasette voci maschili e
due femminili che si sovrappongono
nella lettera di Atropos-Arianna. Sinceramente, dopo aver frequentato per molti

anni la narrativa di Tabucchi, non so dire


se lultimo Si sta facendo sempre pi tardi
sia un libro atteso, sia solo una scadenza
editoriale o, come dice il protagonista di
Te voglio, te cerco, te chiammo, te veco, te
sento, te sonno, sia la raccolta di quanto
Tabucchi ha composto in questi anni.
Lautore del resto ci ha fin troppo abi-

Ressenyes

tuati a queste perplessit poich, escludendo i romanzi o racconti di pi immediato successo, nota la patina di
ambiguit che avvolge le sue storie e ancor
pi le domande che provoca nel lettore.
Anche in questa occasione gli interrogativi
non mancano perch alla lettura tutto riecheggia e la sensazione del gi letto, sentito o visto, prevale. Il lettore non pu
che provare un certo imbarazzo in quanto lattuale libro dominato da una forte
circolarit, volutamente non dissimulata,
con la precedente produzione. Non solo
si citano o menzionano i romanzi pubblicati causando claustrofobiche iterazioni alla Sostiene Pereira, ma il fil rouge
di molti testi lattacco ex abrupto di Any
where out of the world (in Piccoli equivoci
senza importanza) di cui esempi chiari
possono essere gli inizi di Forbidden
Games o A cosa serve unarpa con una corda
sola? E il richiamo insistente tanto da
provocare una sensazione di fastidio in
chi legge; i mittenti ci obbligano a seguire un loro itinerario a dir poco carsico che
attraversa queste lettere-racconto fino al
taglio perentorio dellAdesso. Ora. Subito della diciottesima lettera. La volont di
depistare confondendo con i molti rimandi musicali, fotografici e letterari una
prassi conosciuta della sapiente gestione
testuale di Tabucchi, anche se qui sembra venir meno quel patto autoriale fin
ora mantenuto con il lettore. In un monologo evocativo e amaro i diciotto scrittori parlano di un amore lontano, perduto
o sognato, un amore condizionato dalle
regole della vita a cui nessuno pu sottrarsi: per chi le infrange o le nega c solo
il silenzio. Aleggia su tutto il libro un
senso di rimpianto, di malinconico sguardo al passato con la presente coscienza
che quello che stato non si pu n
modificare, n far rivivere. Una sorta di
tristezza che non si ferma nemmeno
davanti allinfantile vendetta di Buono
come sei, ai viaggi alla Walser o alla diciottesima lettera di Arianna. Il titolo, il refrain
di come vanno le cose. E cosa le guida:

Quaderns dItali 6, 2001

217

un niente e il finale risolutivo dellultima lettera suggeriscono il sentimento della


perdita, la consapevolezza dello scorrere
del tempo, la coscienza che i giochi sono
fatti e che impossibile far tornare quanto gi stato come, non a caso, ricorda il
genere usato, scritto sempre in assenza del
destinatario e basato sulla distanza. La
veste epistolare gi utilizzata, e mai in funzione neutra (vedi Il gioco del rovescio,
Donna di Porto Pin, I volatili del Beato
Angelico), fa nascere il sospetto che Tabucchi sfrutti un genere minore per parlarci dello status della scrittura e di
unesistenza sofferente che ha questa volta
come centro lamore, simbolo dellalterit, della ricerca e dellinseguimento dellaltro o di se stessi. Ed un amore fatto
di ricordi, ma anche di rancore in Buono
come sei, di occasioni perdute in cui le
scelte imposte dalla vita hanno determinato la lontananza dalla persona amata.
Ma se la traccia sentimentale guida con
una scrittura affascinate e coinvolgente il
lettore va anche detto che questa certamente non lunica chiave di lettura.
Diversamente non si possono spiegare le
lettere di Libri mai scritti, viaggi mai fatti
in cui chiarissima linfluenza bartlebiana di Vila-Matas, il preferisco di no in
Vigilia dellAscensione o in Occhi miei chiari, miei capelli di miele lettera-racconto in
cui la destinataria si innamorata di un
uomo che scrive libri solo mentalmente.
Quel Robert Walser di cui Vila-Matas
scrive saba que escribir que no se puede
escribir, tambin es escribir lo stesso a
cui Tabucchi dedica Sono passato a trovarti, ma non ceri. Frequenti le ripetizioni e le riprese che creano ambiguit fra le
istanze dialoganti dellio il motivo della
lettera e quelle formali-poetiche della
scrittura. La scelta del romanzo epistolare, che lautore non esclude sia basato
su lettere damore ci spinge ad interrogarci sullintersezione del soggettivo del
sentimento con loggettivo della scrittura, del privato della storia con il pubblico del mezzo, della presenza con lassenza.

218 Quaderns dItali 6, 2001

La fusione e lo scollamento dei due piani


contrapposti se da un lato accrescono la
magia della lettera, anche indirizzata a
se stessi, dallaltro non permettono al
libro di trovare sempre una propria misura. Mentre lautoreferenzialit martellante e il citazionismo rischiano di bloccare
la scrittura, i motivi palesi della lettera
(lappuntamento o il saldo con laltro e/o
con il passato) e le ragioni pi intrinseche (la ricerca di un senso, i motivi che
spingono alla stesura oscillanti fra monologhi interiori e intenti dialoganti con il
lettore) aprono la prospettiva meramente
individuale allorizzonte ontologico e
metalettario. Si sta facendo sempre pi tardi
quindi, pur rappresentando la mappatura di una geografia dellanima inedita
subordinata alle coordinate temporali simbolicamente raffigurate dallequinozio settembrino, suggerisce anche la volont di
andare oltre la scadenza del vissuto, di sottrarre la scrittura al contingente, di venire a patti con la mancanza di senso della
vita. Le lettere sono scritte a chi non c
pi, anche ai morti, rivisitando quelle voci
(Kavafis) che da sempre accompagnano
la prosa tabucchiana e che qui si fondono con le parole dei mittenti. Lequivoco messaggero che porta in s il segno
dellepisodicit, della falsit e del frammento pu rovesciare il proprio status e
prospettare ununit attraverso la ripetizione della frase menzionata, lequinozio,
il frattempo, lo specchio, il silenzio, la
finestra e non ultimo, la struttura a
romanzo. Quindi la scrittura s falsificazione della realt, gioco semantico tra
le varie lingue (alvido/olvido), ma anche
unico scampo allo scorrere del tempo.
Cos se da un lato viene rincorso il mito
bartlebiano del silenzio, dallaltro si affer-

Ressenyes

ma che Lettera al vento stata sottratta ad


un romanzo non ancora scritto ma gi
esistente tantoch, il congedo dalle storie querule dei propri personaggi che
Adesso. Ora. Subito devono tacere, pare
poco probabile. Come non mai, con il
chiaro rischio delleccesso, lautore usa
babelicamente tutti i linguaggi possibili
siano essi fotografici, pittorici, musicali,
letterari o idiomatici (uzbeco, ladino sefardita, portoghese, tedesco, inglese, francese, napoletano) e questa schizofrenia
dellespressione anche specchio dello
smarrimento dei diciotto mittenti che
sondano i territori ignoti dellamore. Le
perplessit iniziali non si sono risolte, convivono piuttosto con la convinzione dellimpegno formale e poetico di questo
libro che saluto con piacere. Il gioco sottile che interpella lesperienza del lettore
(chi non ha ricevuto o scritto / non scritto una lettera?) mettendola a confronto
con il testo anche la scommessa dellautore, e nostra, di formulare unaggiornata tavola di valori o di ipotizzare
lapertura di una nuova fase (Luperini)
che caratterizza la narrativa odierna. Spinte diverse muovono questo libro e solo
integrando la cifra sentimentale con la letteraria si pu entrare nei complessi labirinti
umani dellalterit e della frammentazione dellio che da sempre caratterizzano
laccattivante prosa di Tabucchi segnata
pi dalla riflessione che dalle facili risposte. Ai destinatari di Si sta facendo sempre
pi tardi spetta quindi una lettura contrassegnata da una volont interrogante e
orientata a ripercorrere i codici, anche esistenziali, del nostro tempo.
Nieves Trentini

Ressenyes

Quaderns dItali 6, 2001

219

Isabel TURULL,
Diccionari de paranys de traducci itali-catal,
Barcellona: Enciclopdia Catalana, 2001.
A che serve un dizionario di falsi amici?
E come va consultato? Certo, normalmente si parla di strumento di base per
gli studenti, gli studiosi, i traduttori o i
professori di lingua, ma nessuno poi viene
a darci delle istruzioni concrete per luso.
difficile immaginare un qualunque lettore, impegnato nellinterpretazione di
un testo in unaltra lingua che, di fronte
alla parola che gli pare sospetta o il cui
senso allinterno della frase gli sembra
assurdo, si scomodi per cercarne la definizione in un dizionario del genere. La
cercher, piuttosto, in uno bilingue (se
c) o direttamente in uno monolingue
ammesso che la sua conoscenza della
lingua straniera sia sufficiente a fornirgli una comprensione accettabile. Allora,
un lavoro come quello di Turull semplicemente uno studio lessicale destinato
a far bella presenza negli atti di un qualsiasi convegno di linguistica comparata?
No. O meglio: non solo. Infatti, lopera
in questione senzaltro uno splendido
esempio metodologico di un approccio
contrastivo serio e pragmatico; ma anche
un testo di lettura indispensabile per
chiunque sia interessato a qualunque
livello professionale ai rapporti tra la
lingua italiana e quella catalana. In altre
parole, ora che questo dizionario a
disposizione dei lettori, la sua conoscenza diventa obbligatoria e peccher automaticamente di dilettantismo chi si vorr
concedere il lusso di cadere negli errori di
traduzione messi in luce da Turull. Insomma, unopera da leggere, rileggere e posare sul comodino pi che accanto al
computer, poich la sua funzione propedeutica e non correttiva: proprio per
questo, bisogna armarsi di umilt e consultarla per filo e per segno.
Ci si accorger, allora, della rigorosa
sistematizzazione di un corpus che tocca
svariati piani stilistici; e con motivi pi

che validi, dato che non assurdo pensare che anche uno studioso ben preparato
possa incappare nei tranelli tesi dalla confusione fra it. monopattino e cat. patinet
da una parte e it. skateboard e cat. monopat dallaltra. Altre volte, invece, la definizione del dizionario diventa uno stimolo
ad ordinare e a far emergere alla coscienza nuove classificazioni, per cui le esemplificazioni della coppia it. risultare/cat.
resultar non coprono forse del tutto la
casistica ma fanno chiarezza su vaste zone
dombra e danno lincentivo al lettore per
proseguire da solo su una strada gi correttamente impostata.
Ma un dizionario come questo fatto
per essere discusso, criticato (con cognizione di causa) e, infine, personalizzato,
non per essere accettato supinamente. Chi
scrive questa nota dissente, per esempio,
dallincorporazione del binomio it. ancora/cat. encara, perch, in situazioni di questo tipo, le ambiguit sono cos palesi che,
ad ammettere la necessit di spiegarle, si
dovrebbe aumentare a dismisura il numero delle entrate. Lo stesso valga per linserimento dellit. teoria nel senso di fila,
coda, talmente specifico da non poter
essere considerato alla stregua di un vero
e proprio falso amico. E poi, in termini
di equilibrio interno, tali presenze non
sono giustificate da alcune lacune (poche,
a dire il vero) che sarebbe stato logico
riempire, come per it. bilancio e bilancia
di fronte ai corrispettivi cat. balan e
balana. O, allinterno delle varie significazioni di roba nei due idiomi, non sarebbe forse stato fuori luogo segnalare anche
la coincidenza del termine catalano con
lit. panni. Cos, si stenta a condividere la
posizione di Turull che evita les paraules que en itali tenen un s vulgar o una
segona accepci en registre vulgar. Le
ragioni dichiarate dallautrice nellintroduzione rimandano a problemi di

220 Quaderns dItali 6, 2001

dimensione dellopera e, del resto, un


avvertimento sui fondamentali (it. scopare e simili) facile trovarlo. Ma viene
il sospetto di unesagerata pudicizia nellattribuire a sinonimo dellit. trescare (la
moglie con il cognato) un insipido amoreggiare (disonestamente), al quale avremmo preferito un pi colloquiale se la faceva
(con).
In generale, ottima la scelta delle
frasi e la relativa traduzione. Le inesattezze sono davvero minime ma vanno
segnalate. Per cui, puoi voltare la frittata quando sia cotta da una parte di
certo un calco un po frettoloso dal catalano, e di un italiano incespicante
potresti badare alle mie piante mentre
manco?. In ultimo, si segnala anche laccezione forzata dellit. rimandare nella traduzione della frase si em tornen a
suspendre el llat, canviar de facultat!,
dove bocciare sembrerebbe pi logico oltre
che appropriato.
Ci si soffermati solo sugli errori, reali
o presunti, che sono limitatissimi e puntuali. Ma lopera rappresenta veramente
un salto in avanti rispetto ad altri testi

Ressenyes

comparabili; e poi, diciamoci la verit,


anche qualche dizionario italiano monolingue di altissima qualit ha il suo tallone dAchille proprio nelle tabelle dedicate
ai falsi amici con le altre lingue (tanto che
spesso viene da chiedersi che bisogno ci
sia di inserirle).
Nel campo della catalanistica, invece,
rispetto al Diccionari de paranys de traducci francs-catal, sempre dellEnciclopdia Catalana, il volume di Turull ha
un terzo in meno di pagine ma, anche ad
un rapido confronto, le dimensioni non
determinano un valore aggiunto, soprattutto se, come nel caso qui analizzato, ci
si decanta a favore della razionalit e della
coerenza. Inoltre, se si pensa che lautrice ha dovuto lavorare senza poter consultare la versione definitiva del volume
Itali-Catal dellEnciclopdia Catalana,
in fase di stampa al momento della stesura di questa recensione, bisogna veramente parlare di un lavoro pioneristico.
E, al tempo stesso, straordinariamente
maturo.
Francesco Ardolino

Quaderns dItali 6, 2001

221

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TESTI, DISCHETTI, ECC.
Tutti i contributi che verranno proposti alla redazione dovranno pervenire in
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Ne parleremo in seguito.1
Non serve aggiungere (e sia detto tra parentesi)2 nientaltro.
Non necessario tranne in pochissimi casi3 specificare ulteriormente la questione.

I riferimenti bibliografici andranno esplicitati in nota, segnalando per esteso


nome e cognome (questultimo in maiuscoletto) dellautore, luogo di edizione, anno, pagina/-e (p.). Si prega di riportare integralmente il numero delle
pagine: p. 345-347 e non 345-47. Se si fa riferimento ad unedizione successiva

222 Quaderns dItali 6, 2001

alla prima sar bene indicarlo aggiungendo un esponente allanno di pubblicazione e riportando fra parentesi quadre la prima edizione. Ci si pu basare sul
seguente modello:
Francesco ORLANDO, Per una teoria freudiana della letteratura, Torino: Einaudi,
19873 [1973], p. 130-131.

I dati sulla traduzione di un libro citato seguiranno fra parentesi tonde quelli
delledizione originale (linserimento del nome del traduttore discrezionale):
Robert SCHOLES e Robert KELLOG, The Nature of Narrative, New York: Oxford
University Press, 1966 (tr. it. di Rosanna Zelocchi, La natura della narrativa, Bologna: Il Mulino, 1970).

I titoli degli articoli vanno inseriti fra virgolette caporali mentre i titoli delle
riviste andranno sempre in corsivo come nellesempio:
Cesare SEGRE, La critica semiologica in Italia, Quaderns dItali, n. 1, 1996,
p. 21-28.

Se si tratta di una rivista mensile o comunque con scadenze di pubblicazione


inferiori ad un anno sar bene segnalare il mese (o i mesi) della pubblicazione.
Nel caso di volume collettivo si dovr specificare il nome del curatore seguito, senza virgola interposta, dalla formula: (a cura di). Per la citazione di un
singolo articolo ci si atterr a questo criterio:
Giorgio BRBERI SQUAROTTI, Il simbolo dellartifex, in Emilio MARIANO (a cura
di), DAnnunzio e il simbolismo europeo. Atti del convegno di studio Gardone Riviera (14-15-16 settembre 1973), Milano: Il Saggiatore, 1976, p. 163-196.

Si cercher sempre di evitare la formula AA.VV.


ALTRI SEGNI DIACRITICI
Si eviter sempre luso delle sottolineature.
Si eviter sempre di usare lapostrofo al posto dellaccento con le lettere maiuscole (per cui si scriver e non E, ecc.).
Si cercher di differenziare graficamente il trattino dalla lineetta. Es.:
Facendo attenzione a questi segni per quanto possibile si eviteranno ulteriori problemi.

Daltra parte si scriver:


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Quaderns dItali 6, 2001

37-52

Creativit ed etica della lettura di genere


Anna Santoro
Presidente dellAssociazione culturale Araba Felice
annasantoro1@libero.it

Abstract
Nellintervento, a met tra narrazione e riflessione critica, lautrice, partendo dalle acquisizioni degli studi sulla scrittura femminile in Italia degli ultimi anni e dal proprio itinerario di ricerca, sottolinea il grande scarto compiuto dalle scrittrici sin dai secoli passati
rispetto al Sistema Letterario canonizzato e, accogliendo le problematiche inerenti al rapporto lettura-testo, si ferma su alcune caratteristiche della lettura di genere quali il punto di
vista, la relazione, lo sguardo, il posizionamento, il soggetto plurale, tutte necessariamente
interne alla funzione creativa ed etica della buona lettrice.
Parole-chiave: soggettivit, scrittura femminile, sistema letterario, canone.
Abstract
In her essay, half-way between narration and critical thinking, the author, moving from
the knwoledge resulting from the studies on female writing conducted in Italy over the
past years and from her own research, highlights how in the past centuries women writers started moving away from the official Literary System. Analysing the issues related to
the reading-text relation, she investigates some pecularities typical of the gender reading,
such as point of view, relationship, glance, positioning, plural subject, which are necessarily
inherent in the creative and ethical function of the good woman reader.
Key words: subjectivity, feminine writing, literary system, canon.

Nella mentalit corrente, alla nozione di femminile e di maschile viene associata ancora la lettura che di essa ha fatto e fa la cultura patriarcale, ulteriore
riprova di quanto sia in ritardo lidea di fronte al fatto che, da tempo, siamo
in piena ridefinizione dei ruoli sessuali e delle caratteristiche tradizionalmente a essi legate. Ancora recentemente diverse studiose femministe si interrogano sulla nozione, oltre che di maschile e di femminile, di differenza, di genere, di
sessualit, di corpo.1 Tra esse, Teresa De Lauretis sottolinea quanto sia necessa1. Cfr. Rosi BRAIDOTTI, Oltre il genere-Analisi di una categoria controversa e, forse, non pi
utile, Leggendaria, settembre 2000 (con una scelta bibliografia sul tema); Paola BONO (a cura

38

Quaderns dItali 6, 2001

Anna Santoro

ria, per le donne, la libert di porre i termini di una questione, la libert di


non accettare definizioni.2
Anna Rossi Doria scrive: La storia delle donne in Italia riuscita a costruirsi in circa un quarto di secolo, una solida identit di disciplina, una sicura
legittimazione e un buon avvio di istituzionalizzazione.3 Anna Rossi Doria si
riferisce alle discipline storiche, ma il senso delle sue parole pu essere applicato
anche al fatto che esistono reti femminili internazionali di studi e di ricerche,
dove si lavora allo sviluppo di dialogo tra diversi saperi e tra diverse modalit
di approccio a testi e contesti, si lavora sulla nozione di percezione, di alterit,
sulla soggettivit discorsiva e sul soggetto nomade (Rosi Braidotti), sul soggetto
eccentrico (Teresa De Lauretis), sullo sguardo e sul punto di vista, sulla (con)testualit. E si lavora, usando anche i risultati o i percorsi di ricerca maschili, non
solo senza traccia di competizione nei loro confronti, ma, con una, come dire?,
scontata padronanza di se stesse che fa affrontare, con libert (cio con le problematicit che competono direttamente) le articolazioni, i dubbi e i problemi
della ricerca stessa.
Penso allinteresse del volume Co(n)text: implicazioni testuali, a cura di
Carla Locatelli (Trento 2000, ma il Convegno, del quale il volume raccoglie
gli Atti, del 1997), alle ricche discussioni e indagini portate avanti da riviste
come Leggendaria, ai Convegni organizzati dalla Societ delle Letterate, a contributi interessanti come Identit di genere e immagine femminile (Irrsae Puglia,
2000), a cura di Maria Vinella, o a Incroci di genere (Bergamo, University Press,
1999) a cura di Mario Corona, penso allattenzione che negli ultimi stata
data alla ricerca di scrittrici italiane dei secoli passati, a piccole case editrici che
rieditano testi altrimenti introvabili, alle Universit che organizzano Masters
post-universitari per le Pari Opportunit, ai Women Studies che vanno prendendo piede, a molti lavori, tutti interessanti, seppure, o proprio per questo,
diversi, di tante studiose che, in diversi ambiti disciplinari, portano contributi originali e utili per tutte/tutti.4
Eppure, in Italia ancora, in molti ambiti, espressioni del tipo scrittura
femminile vengono usate in modo riduttivo e nello stesso tempo troppo generico, ancorate al tempo in cui si discuteva del femminile come specificit.
Oppure si cerca di fissare regole di scrittura, canoni, o addirittura il Canone
di), Questioni di teoria femminista, Milano: La Tartaruga, 1993, soprattutto il saggio di Elisabeth GROSZ, Firmare con il sesso: il femminismo dopo la morte dellautore.
2. Cfr. Teresa DE LAURETIS, Sui generi, Milano: Feltrinelli, 1996, p. 17.
3. Cfr. Anna ROSSI DORIA, Quale cultura per quale politica, Leggendaria, n. 23, settembre
2000, p. 10.
4. Cfr. per esempio, tre tipologie di ricerca molto differenti luna dallaltra: Marta SEGARRA, Helena GONZALES FERNANDEZ, Francesco ARDOLINO (a cura di), Ras de tinta. Literatura de
mujeres en francs, gallego e italiano, Barcelona: Universitat de Barcelona, 1999; Adriana
CHEMELLO e Luisa RICALDONE, Geografie e genealogie letterarietra Settecento e Ottocento,
Padova: Il Poligrafo, 2000; Franca FERRARIS CORNAGLIA, Mirella MELIS ZUCCA, Marcella
MOCCI SERRI, Maria Luisa VIOLA, Donne, Due secoli di scrittura in Sardegna (1775-1950).
Repertorio bibliografico, Cagliari: CUEC, 2001.

Creativit ed etica della lettura di genere

Quaderns dItali 6, 2001 39

della scrittura femminile, come se non fosse stata messa in discussione la stessa nozione di Canone, a qualsiasi genere lo riferiamo. Ben altro significato assume lespressione sopra citata in contesti non italiani: si pensi alla criture fminine
di Hln Cixous, che , come sottolinea Carla Locatelli, un condensato della
problematica del rapporto corpo-scrittura [], espressione di una formidabile sintesi semantico-culturale. E pi avanti: [] criture fminine non indica un concetto, unidea fissa; non letichetta di un pensiero, n conferisce
una patente di appartenenza a chi scrive.5
Per quel che mi riguarda, ho sempre cercato di (imparare a) continuamente
assumere e (ri)leggere i segni e i comportamenti delle donne come esempi (non
modelli) dei possibili modi del femminile, non per una sorta di prudenza scientifica, ma perch immagino e mi auguro che, a fronte del Sistema letterario tradizionale maschile, non si voglia contrapporre un analogo Sistema letterario
femminile:
[] il punto non affermare lesistenza o meno di un sistema letterario femminile che, fondandosi anchesso su un automodello, elabori un sistema di sistemi tale da poter essere contrapposto a quello maschile, e forse non pi (non
solo pi) intaccare miti e stereotipi, svelandoli di parte maschile, ma il
punto accogliere e fare emergere i soggetti femminili cos come essi si sono
mossi e mostrati di fatto. Ed essi, nelle opere dove la soggettivit si manifesta
tramite il linguaggio, si presentano estremamente complessi da leggere, perch ricchi di sfaccettature che non siamo abituate a valorizzare.6

La poesia nasce nel momento in cui si d forma al desiderio, e non ha, in


una ipotetica scala di valori, genere o nazionalit, et, ma Ma il desiderio e lo
sguardo sul mondo, la necessit poetica (Rilke, Lettere ad un giovane poeta), il
progetto poetico (Gottfried Benn), sono diversi a secondo della vita, vissuta e
guardata, di chi scrive. Virginia Woolf sottolinea come il romanzo non viene
fuori dallimmaginazione, non viene fuori allimprovviso []. La narrativa
come una tela di ragno che se ne sta attaccata in maniera forse lievissima alla
vita. [] quelle ragnatele non sono tessute a mezzaria da creature incorporee,
ma sono opere di esseri umani che soffrono, e sono strettamente legate a fatti grossolanamente materiali come la salute, il danaro e le case in cui abitiamo.7
Per questo ritengo che lindispensabile lavoro di recupero della produzione femminile italiana dei secoli passati serva non per contrapporla a quella
maschile, n per unulteriore riprova di una non felice condizione femminile,
n per recuperare miracolosamente capolavori perduti e con essi fissare un
nuovo Canone, ma per visualizzare e accogliere linguaggi tutti da investigare,
forti per delle riflessioni fatte in questi anni, non solo riguardo la differenza
5. Cfr. Carla LOCATELLI, Questo lavoro danalisi e illuminazione, in Paola Bono (a cura di),
Scritture del corpo. Hlne Cixous, variazioni sul tema, Roma: Sossella, 2000, p. 22-23.
6. Anna SANTORO, Il Novecento. Antologia di scrittrici italiane del primo ventennio, Roma: Bulzoni, 1997, pag. 23.
7. Virginia WOOLF, Una stanza tutta per s, Torino: Einaudi, 1995, p. 85.

40

Quaderns dItali 6, 2001

Anna Santoro

di genere, ma anche riguardo il testo, i contesti, la lettura, il rapporto tra chi legge
e ci che viene letto.
Se assumiamo le riflessioni sul testo di Barthes, di Derrida, (che non sono
in contraddizione come risulta chiaro nel lavoro della Locatelli, Co(n)testi, che
apre il gi citato volume di Trento), di Benveniste, la nozione di soggetto plurale della Harendt, ma anche considerazioni di Benjamin o di Foucault, e se
allarghiamo il nostro sguardo accogliendo le problematiche relazioni tra politica e filosofia, cos come vengono trattate da Jean-Luc Nancy in Essere singolare plurale,8 non possiamo non convenire che la comprensione non coincide
con il significato di un testo,9 e che il punto , nei confronti del testo scritto,
ma anche nei confronti del testo mondo, che leggere sempre unavventura
dello sguardo.10
La ricerca e lanalisi delle scritture delle donne in Italia, che si sono sviluppate negli ultimi venticinque anni, grazie alle letture dei testi, al lavoro di storiche e studiose di varie discipline, alla ricostruzione dei contesti e di scenari,
alle riflessioni della critica femminista, allassunzione della differenza (della
coscienza e del posizionamento di genere) da parte di chi legge (oltre che da
parte di chi scrive), hanno posto il problema della rivisitazione della tradizionale nozione di Sistema letterario e di Letteratura italiana come corpus di scritture neutre, in un momento in cui (la coincidenza non casuale) era avvertita
anche da parte di alcuni studiosi lesigenza di affrontare la nozione di Storia
Letteraria a suo tempo codificata da De Sanctis (La Letteratura Italiana di
Einaudi, curata e ideata da Asor Rosa, ne segno tangibile), e prima ancora
che venisse importato il problema del Canone dalle Accademie anglosassoni,11 (con finalit e modalit molto differenti).
Eppure, quando cominciammo ad approfondire il lavoro sulla produzione femminile, ci trovammo di fronte al problema di cosa fosse la lettura, di
cosa fosse un testo (inteso anche come scenario letterario, sociale, politico:
contesto dei testi). Scambiandoci doni con gli autori che ho sopra nominato
(quelli che si interrogavano appunto sulla consistenza del testo) e riflettendo
sulle nostre pratiche e sui nostri saperi, elaborammo, e continuiamo ad elaborare, una nozione di lettura che accoglienza ed elaborazione, scambio, tramite di conoscenza dellaltra/altro e di s. La lettura il risultato della relazione
tra occhio che guarda e cosa guardata (il testo, ma anche il testo-mondo), e,
come difficile de-finire in contorni netti e stabili il testo (e i contesti), cos
lo anche definire chi a leggere. Qui il punto.

8. Cfr. Jean-Luc NANCY, Essere singolare plurale, Torino: Einaudi, 2001.


9. Carla LOCATELLI, Co(n)testi, in Co(n)text: implicazioni testuali, a cura di Carla Locatelli,
Trento: Universit degli Studi, 2000, p. 26.
10. EAD., p. 35. Sulla lettura, cfr. linteressante saggio di Vita FORTUNATI, Il lettore sublime, in Atti del Convegno: il sublime-creazione e catastrofe della poesia, Bologna: Nuova Serie,
1-2, 1984, p. 77-92; notizie e riflessioni utili (ma di altro genere) anche in Albert MANGUEL, Una storia della lettura, Milano: Mondadori, 1997.
11. Cfr. recentemente: Harold BLOOM, Il Canone occidentale, Milano: Bompiani, 1999.

Creativit ed etica della lettura di genere

Quaderns dItali 6, 2001 41

Non basta pi pensare ad un imprecisato punto di vista femminile per ritenere che esso sia in grado di intrecciare relazione con i testi femminili. Certo,
c un corpo nelle scritture delle donne e c un corpo della lettrice, c una scelta di posizionamento sia in chi scrive sia in chi legge. Ma c anche altro. Cos,
credo sia utile fermarsi su una questione centrale, punto di partenza per qualsiasi discorso che si interroghi sulle scritture delle donne, sul femminile in lettura, sulla differenza di genere, sulla ricostruzione dei contesti, e cos via, e
cio vorrei porre in primo piano il soggetto e i modi di questo interrogarsi,
cio la figura della lettrice.
Prima, per, apro una parentesi per dare ragione del tragitto che io stessa
ho attraversato (mi si perdonino dunque le autocitazioni, funzionali al ragionamento che sto impostando): questa metodologia di ricerca appartiene a una
delle forme possibili del femminile, e qualifica, a mio avviso, la ricerca di genere come creativa,12 (non strettamente scientifica nellaccezione data comunemente a questo termine), nel senso di eversiva, fuori dai canoni, dettata dalla
necessit di ricerca (e per questo a suo modo scientifica). E dunque anche etica.
Ancora prima delle modalit, sono importanti le motivazioni, strettamente intrecciate, che spinsero me (e tante altre),13 alla fine degli anni 70 a studiare le scrittrici italiane, e cio linteresse per la scrittura, per la poesia, per la
letteratura, e la partecipazione appassionata agli eventi degli anni 70, in particolare al femminismo. A quel tempo, gli studi sulle donne, sulla scrittura
femminile, sulla creativit delle donne, avevano tutti come punto di riferimento le letterature straniere. In Inghilterra s, cerano state scrittrici, in Francia, in America, ma in Italia, si affermava, niente. Questa presunta assenza di
produzione femminile italiana, accettata e spiegata con varie motivazioni da
studiosi (che, se la prendevano in esame, la davano per scontata e/o la ribadi12. Se le lettrici, le studiose, non fossero (state) creative, non avremmo mai ri-cominciato a leggere la produzione femminile italiana. E a interrogarci su di essa.
13. Tra la fine degli anni 70 e i primi anni degli anni 80, ricordo alcuni lavori di studiose che
per me furono importanti: Franca BASAGLIA ONGARO, Una voce, Milano: Il Saggiatore,
1982; Angela BIANCHINI, Voce donna, Milano: Bompiani, 1979; Ginevra BOMPIANI, Lo
spazio narrante, Milano: La Tartaruga, 1978; Bruna CONTI e Alba MORINO, Sibilla Aleramo e il suo tempo, Milano: Feltrinelli, 1981; Patrizia MAGLI (a cura di), La donna e i segni:
scrittura, linguaggio, identit nel segno della differenza femminile, Ancona: Il lavoro editoriale, 1985; Giuliana MORANDINI, La voce che in lei, Milano: Bompiani, 1980; Luisa
MURARO, La Signora del gioco, Milano: Feltrinelli, 1976; Anna NOZZOLI, Tab e coscienza
femminile nella letteratura italiana del Novecento, Firenze: La nuova Italia, 1978; Ginevra
CONTI ODORISIO, Donna e societ nel Seicento, Roma: Bulzoni, 1979; Franca PIERONI BORTOLOTTI, Allorigine del movimento femminile in Italia, Torino: Einaudi, 1975; Marina ZANCAN, Nel cerchio della luna, Venezia, 1983; EAD. La donna, in A. ASOR ROSA (a cura di),
Letteratura italiana. Le questioni. V, Torino: Einaudi, 1986. Ma influirono su me e sul mio
lavoro anche molte studiose (di altre discipline o di altre letterature) pioniere di quegli anni
(e che hanno poi continuato), come Gisela BOCK, Rosi BRAIDOTTI, Annarita BUTTAFUOCO,
Lea MELANDRI, Biancamaria FRABOTTA, Nadia FUSINI, Ellen MOERS, Adrienne RICH, Anna
ROSSI DORIA, Elaine SHOWALTER, e, sopra tutte, Virginia WOOLF che naturalmente non
appartiene a quegli anni ma resta fondamentale, in questo caso come saggista, per chiunque
si interroghi sulle scritture femminili.

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Anna Santoro

vano) e anche da studiose (che lattribuivano alle difficili condizioni delle donne
in Italia), era in realt un luogo comune, funzionale a discorsi altri, e non un
fatto verificato. Per cercare risposte, sia sul piano letterario sia su quello, diciamo, ideologico, avvertivo lurgenza di affrontare il problema avviando prioritariamente una ricerca sistematica di cosa avessero scritto in Italia le donne.
importante ricordare a questo proposito che, mentre la critica ufficiale
(maschile), agli inizi degli anni 80, consacrava la morte dellautore (ma il
discorso tuttora aperto), lattenzione (mia e di altre), pur partendo dal testo
e grazie alla lettura dei testi, ricercava nel testo lautrice, per articolare la Storia del soggetto femminile. Sottolineo anche che nel pensare una ricerca a tappeto della produzione femminile italiana non cercavo scrittrici che mostrassero
coscienza di genere, identit, assunzione della differenza sessuale: desideravo
vedere tutti i testi e successivamente interrogarmi sulle modalit di lettura.14
La mia ipotesi di lavoro, dunque, era chiara, sia pure visionaria (creativa):
ero convinta che ce ne fossero state, di scrittrici, ero convinta che fosse necessario recuperarne memoria, ero convinta che servisse alle donne sapere di possedere una tradizione. (La produzione letteraria femminile in Italia pressoch
sconosciuta perch inesplorata []).15 Ed ero convinta che, poich nel linguaggio che si d forma alla visione del mondo, nel linguaggio (in questo caso
di parola) dovesse/potesse essere studiata la differenza di genere.
Nel frattempo, il mondo cambiava, e cambiava il rapporto tra soggetto e
oggetto. Cambiava la nozione di cultura (maschile e occidentale), non pi
autoreferente.
Una volta era il verbo: cera il testo e cera il lettore. Si raccontava che la
scrittura fosse neutra, e che la lettura fosse neutra. In realt si riteneva che la scrittura maschile (le scritture maschili) fossero il generale, il centrale, lunico soggetto possibile, lunico punto di vista idoneo a stabilire canoni e scale di valori,
senza che fossero denunciati/e di parte. Questo soggetto maschile universale
(al suo interno, certo, articolato) nutriva la nozione di libro (di mondo) come
oggetto chiuso, magari segreto, da penetrare per coglierne i significati: in questo modo poteva essere detta neutra sia la scrittura sia la lettura.
Grazie al Catalogo della scrittura femminile italiana presente nei fondi della
Biblioteca Nazionale di Napoli (dalle origini della stampa al 1860),16 verificai
14. Evidentemente c una parte di me che sente il bisogno di fare elenchi, registrare, acquisire dati, intrecciare percorsi, se ho da poco messo in Rete il Progetto Dominae, Dizionario biobibliografico delle donne, sul Sito della mia Associazione: www.arabafelice.com.
15. Cfr. Anna SANTORO, Gli amori di una letterata della Signora D, Esperienze Letterarie,
1980, n. 2.
16. Catalogo della scrittura femminile italiana presente nei fondi della Biblioteca Nazionale di
Napoli (dalle origini della stampa al 1860), Napoli: Centro Studi condizione della donna.
Comune di Napoli, 1984. Il Catalogo, realizzato con un piccolissimo contributo del CNR
(tramite fu il carissimo amico Giancarlo Mazzacurati, della cui perdita la cultura italiana
non si consoler mai, e neanche io), fu consegnato allUniversit di Napoli nel 1979. La
successiva edizione del Catalogo (Napoli: Dick Peerson, 1990), rivista e rielaborata, arriva
al 1900 ed accompagnata da una Guida al Catalogo, dove sono raccolti interventi di studiose di varie discipline.

Creativit ed etica della lettura di genere

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che davvero tante donne avevano scritto e pubblicato in Italia. Nel leggerle,
capii quanto fosse importante la figura della lettrice, e capii (accolsi) che per leggere quei testi non poteva essere usata la griglia consueta, la consueta scala di
valori:
Questa inchiesta sulla produzione femminile italiana a stampa [] sta a significare una messa in discussione di analisi non solo di parte, ma vecchie []. Il
lavoro nasce per conoscere ci che hanno scritto le donne in Italia. [] non si
conosce questa produzione che dunque non viene usata nelle analisi (p. 3).
[] Solo un lavoro sistematico permette oggi di riscoprire testi condannati
alloblio da un sistema di valori che non pi quello moderno (p. 4). []
il metro di analisi di queste opere altro da quello ufficiale [] Questo
lavoro di fatto serve a mostrare la base culturale, grazie alla quale o nonostante la quale, altre donne [] hanno saputo e voluto scegliere di esprimere se
stesse e il loro rapporto con la realt (p. 5-6).17

Grazie al Catalogo, che, con la sua ricchezza, mi ha permesso di partire


costantemente dai testi e dunque di basare sulla lettura la riflessione critica,
andavo scoprendo decine e decine di nomi poco o per niente conosciuti, che
leggevo, certo, perch opere di donne era questa la mia ricerca ma non
per indagare il femminile. In certo senso cercavo di dimenticare che fosse
scrittura femminile,18 cercavo di assumere uno sguardo, di parte e non neutro certo, ma quanto pi vergine possibile, attento, e nello stesso tempo di
abbandonarmi al piacere della lettura. Che era evidente perch, pur essendo
lettrice colta e smaliziata, provavo per la prima volta il piacere della complicit, della comunanza,19 dellidentificazione, ma soprattutto scoprivo cose
nuove.
A proposito dellidentificazione e delle comunanze: esse immediatamente
procurano felicit, ma a volte fastidio. La lettrice, vero, ritrova nel testo femminile elementi che le appartengono: dai pi semplici pensieri o visioni vissute da bambina, alle curiosit sperimentate, allo spazio narrativo, al ritmo, e
poi alla segnalazione di sentimenti, di oggetti di curiosit, di condivisione, di
rapporti Ma accade anche che questa felicit si tramuti a tratti nel suo contrario, cio in una sensazione quasi fastidiosa. A rifletterci sono giunta a ritenere che, per una donna, leggere una donna trovarsi a contatto con qualcosa
di troppo conosciuto, scontato, semplice. E certe volte questo non d limpidezza
17. Cfr. Anna SANTORO, Prefazione al Catalogo, cit., (Napoli, 1984).
18. Virginia WOOLF raccomanda alle scrittrici di non essere distratte, nello scrivere, da risentimenti e rivendicazioni: in certo senso, precisa, bisogna dimenticare di scrivere da donne
e farlo semplicemente. Aggiunge che per anche gli uomini raramente hanno dimenticato
di essere uomini e spesso anche la loro scrittura risentita.
19. Cfr. Robert ESCARPIT, Sociologia della letteratura, Napoli: Guida, 1977. In particolare (p.
97 e seg.) si riferisce alle comunanze (di cultura, di evidenze, di linguaggio) che garantiscono il passaggio della comunicazione tra chi scrive e il suo pubblico. Cfr. anche: Anna
SANTORO, Narrativa di fine Ottocento. Le scrittrici e il pubblico, Italiana IV, 1992, p.
103-126.

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Anna Santoro

di sguardo. Perch una novit. Perch abbiamo sempre letto cercando di


identificarci in (di accogliere) qualcuno di completamente diverso da noi, leroe, il protagonista, allenandoci ad assumere lo sguardo, il punto di vista, loggetto dattenzione che lo scrittore ci presentava. Le scritture delle donne,
imparai, se vengono segnate come categoria compatta e data una volta per
tutte, corrono il rischio di essere lette in modo errato proprio dalle donne.
Sono le cose nuove, le nuove soluzioni narrative, le nuove metafore, i nuovi
oggetti di attenzione che sono importanti. Potrei fare tanti esempi, ma tralasciando casi come la sorpresa alla lettura dei testi poetici ritrovati nelle Raccolta della Bergalli20 o in quella di Bulifon,21 che mi autorizz a interrogarmi
sulla tradizionale lettura della presenza e del ruolo delle donne nelle corti del
500,22 o il divertimento a leggere una serie di libretti che non posso che definire curiosi, o la noia di fronte agli scritti doccasione, che restano per di
grande interesse sul piano del costume, o ancora le riflessioni che mi destarono opere di storiche e di pensatrici, rimando ai miei lavori e accenno velocemente alla meraviglia, che si and trasformando sempre pi in ammirazione,
che mi procur trovare un numero tanto alto di scrittrici, e una qualit cos
certa, tra lultimo ventennio dell800 e il primo del 900.23
Caterina Percoto, Rosalia Piatti, Luisa Saredo, Maria Savi Lopez, Matilde Gioli, Elda Gianelli, Grazia Mancini Pierantoni, Anna Zuccari Radius
(Neera), Maria Antonietta Torriani (Marchesa Colombi), Evelina Cattermole
Mancini (Contessa Lara), e molte altre, grazie allintroduzione di tematiche
nuove (la guerra, le trasformazioni economiche sociali delle donne nella met20. Cfr. Luisa BERGALLI GOZZI, Componimenti poetici delle pi illustri rimatrici di ogni secolo..,
Venezia: Mora, 1726.
21. Cfr. Rime di cinquanta illustri poetesse, Napoli: Bulifon, 1695.
22. Cfr. Anna SANTORO, Ricerca e lettura delle scritture delle donne in Italia. 1) Questioni di
metodo, Esperienze Letterarie, n.3, 1990; EAD., Per unanalisi dello stato socio-economico delle scrittrici italiane (dalle origini della stampa al 1860): appunti su produzione femminile, stampa, mercato, Prospettive Settanta, n. 1, 1984, (poi, rivisto, in Guida al Catalogo,
cit.); EAD., (a cura e con Prefazione), I secreti de la Signora Isabella Cortese, Venezia: Bariletto, 1561. Stampa anastatica, Napoli, 1999.
23. Per le notazioni, e per le scrittrici nominate, rimando ai miei lavori, specialmente: Narratrici italiane dell800 (Napoli: Federico, 1987); Il fatto che ingrasso. Lettura di Un matrimonio in provincia della Marchesa Colombi, in Nunziante Cesaro A.-Marino S. (a cura di),
Soggetto femminile e scienze umane, Bologna: Clueb, 1993; Pagine di biblioteca, Leggendaria,
Luglio-Agosto, 1993; Intellettuali sulla scena, Leggendaria, Novembre-Dicembe, 1994;
Intellettuali del800: operazione svelamento, Leggendaria, Marzo-Maggio, 1996; Il Novecento, Antologia di scrittrici italiane, cit.; Scrittrici, in Napoli e la Campania del Novecento,
a cura dellIstituto Croce e dellUniversit di Napoli (in corso di stampa: per questo motivo non potr segnalare le pagine a seguito di eventuali citazioni); Piccola Antologia di scrittrici campane, Napoli: Intramoenia, 2001; Leggere, scrivere, linguaggi del corpo, in
Leggendaria, 2001, n. 27-28; Leggere le scrittrici (italiane) del passato: questione di metodi. Impressioni e ricordi (1856-1864), Diario di Grazia Mancini Pierantoni, in Atti del
Congresso internazionale Rappresentare-rappresentarsi: firmato donna., Siviglia 24-28 Ottobre 2001 (in uscita: anche per questo testo le eventuali citazioni non porteranno numero di
pagina).

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fine dell800, il matrimonio di convenienza), o grazie al capovolgimento


geniale di favole e di luoghi comuni, o alla prospettiva diversa dalla quale
guardavano e raccontavano le cose, mi fecero prendere atto definitivamente
dellormai noto punto di vista femminile. (Fisionomie molto diverse luna
dallaltra, queste scrittici [] introducono nella narrativa italiana una grossa novit, e cio che la voce narrante quella di donna. Semplicemente. Portano esse la loro scrittura come portano il volto, il corpo, che corpo e volto
di donna []. E poco dopo: [] centro del loro scrivere [] scrivere
dal punto di vista di donna.24 Punto di vista che ritrovai in Fanny Salazar,
Aurelia Folliero, Sibilla Aleramo, Annie Vivanti, Carola Prosperi, Eugenia
Codronchi (Sfinge), Anna Franchi, Paola Drigo, Clelia Pellicano, Lina Pietravalle, Maria Messina, e in tutte le altre che ho avuto lavventura di conoscere.
Non sto affermando che sono uguali, queste scrittrici, ma che hanno in
comune molte cose: il punto di vista non solo (!) un posizionamento diverso di fronte al mondo, vedere un altro mondo.
Ci che ancora si stenta a comprendere che lo spazio creativo delle scrittrici diverso (da quello degli scrittori): la percezione della realt, delle scoperte
scientifiche, degli avvenimenti pubblici, dei fatti culturali, dei dibattiti politici o intellettuali, e dunque la tensione a (e le modalit per) dare forma alla
propria percezione [], per le donne diversa. Le cose stesse, scelte per la propria attenzione [] indicano come, alla percezione femminile della realt,
quelle e non altre risultino degne di nota: sono quelle le esperienze memorabili che vanno raccontate. Dunque, [] le donne hanno vissuto e recepito a
loro modo (e, allinterno di questo, ciascuna a suo modo) gli eventi pubblici
che nel frattempo facevano i pensieri, le convinzioni, le idee e la lingua degli scrittori.25

Molte di queste scrittrici fondarono giornali (che diventavano, come racconta la Salazar, non solo salotti intellettuali e politici, ma centri di riferimento
per le donne comuni) e/o collaborarono alle pi importanti testate del tempo
(La Nuova Antologia, Lillustrazione Italiana), alcune furono attiviste o perlomeno legate ai movimenti femminili internazionali, inviavano allestero loro
contributi, partecipavano a Convegni, giravano facendo conferenze, avviavano battaglie importanti.26 Ebbero tutte in comune, sia pure ciascuna a suo
modo, il desiderio di vincere le paure e di mostrarsi. Ebbero in comune il fatto
di essere impegnate. Perch tutte furono portatrici di trasgressione (nel senso
di andare oltre): ruppero i canoni, nella vita e nella scrittura, attaccarono i
luoghi comuni in modo pi o meno vistoso, si mostrarono in pubblico, vis24. Cfr. Anna SANTORO, Narratrici italiane, cit., p. 10-11 e p. 13-14.
25. Cfr. EAD., Scrittrici, cit., passim.
26. Le citazioni e i riferimenti sono tantissimi e non posso non rinviare, per riscontri puntuali, ai miei lavori. Notizie utilissime anche nei lavori di Franca PIERONI BORTOLOTTI. Cfr.
anche Michela DE GIORGIO, Le italiane dallUnit a oggi, Bari: Laterza, 1992.

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Anna Santoro

sero vite coerenti con il loro scrivere. Nei loro scritti, tutte riesaminano il concetto di virt, di femminile, di forza e di debolezza, e riesaminano i luoghi
comuni attorno al matrimonio, allet, allo zitellaggio, ma anche affrontano la trasformazione economico-sociale dellepoca, riuscendo a trovare, sia le
scrittrici provenienti da classi non privilegiate, sia le aristocratiche, nellautonomia economica, una delle strade necessarie alla libert propria e di tutte le
donne. E tutte affrontano questioni generali come la guerra, il lavoro, la disoccupazione, i problemi del proprio territorio, in un modo che nessuno scrittore aveva ancora fatto.
Tutte scrivono di violenza quotidiana sulle donne, ciascuna sottolineando
aspetti diversi, ma ritrovandosi a sottolinearne i principali. Grazia Mancini,
Fanny Salazar, Neera, la Marchesa Colombi, lAleramo, e poi Clelia Pellicano,
Anna Franchi, Lina Pietravalle, Maria Messina, Paola Drigo, Annie Vivanti,
tutte, nel raccontare storie di violenza sulle donne, mettono in scena la cronaca quotidiana, il vissuto quotidiano delle donne, riuscendo a comunicare
emozione, e soprattutto sono capaci di rappresentare la violenza come insita
nella societ patriarcale.27 Tutte danno vita ad uno scenario dove ad essere centrale sono le donne. Nei loro romanzi sfilano figure di donne, che si accampano protagoniste sulla scena, anche se ferite, deluse, ma mai risentite, sempre
forti, a volte addirittura maternamente indulgenti e ironiche nei confronti
degli uomini.28
La vita quotidiana femminile, lontana dallessere unicamente cucina, casa,
cicaleccio tra comari, paziente sopportazione, rivalit tra belle donne, scenario di folla femminile un po anonima posta di sfondo al protagonista maschile centrale, com rappresentata nella letteratura maschile di quegli anni, diviene,
allo sguardo delle scrittrici, oggetto di osservazione privilegiato per quelle che
sono le priorit del vivere: cos, la guerra colta nel quotidiano femminile
che subisce il dolore delle perdite e non riesce pi a credere alle favole dellonore (Percoto), il matrimonio nel quotidiano fatto di convenienza o di violenza sessuale e di delusione sentimentale ed erotica (Saredo, Neera, Marchesa
Colombi, Aleramo, Prosperi, Franchi, Codronchi, Serao), la solidariet
maschile volgare ammiccamento (De Donato, Pietravalle), lamore scelta
di passione (Codronchi, Prosperi, Pietravalle, ma gi prima Neera, Serao),
nutrito anche di valenze nuove (la complicit, le condivisione di gusti e ideali), il sentimento della maternit, tanto decantato e strumentalizzato dalla let27. Il bellissimo Maria Zef, di Paola DRIGO (1936) esemplare.
28. interessante notare che la moderna letteratura femminile italiana, quando lautrice torna
con la memoria alla storia passata, familiare o no, presenta spesso il mondo femminile centrale nellesperienza pubblica e privata. Penso in particolare a Althnopis (Torino: Einaudi,
1981) di Fabrizia RAMONDINO, a Francesca e Nunziata (Anabasi, 1995, poi Cava dei Tirreni:
Avagliano, 1998) di Maria NATALE ORSINI, a Le viceregine di Napoli (Firenze: Giunti, 1997)
di Luciana VIVIANI, a Passioni di famiglia (Milano: Feltrinelli 1994) di Cristina COMENCINI, a Posillipo (Rizzoli, 1997) di Elisabetta RASY, a Le amiche di Carla (Napoli: Filema 1999)
a firma di chi scrive questa nota. Cfr. A. SANTORO, Scrittrici, cit.; EAD., Leggere e scrivere, linguaggi del corpo, cit., passim.

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teratura ufficiale (maschile), viene rivisitato e a volte, sia pure dolorosamente,


superato dallamore di s (Franchi, Aleramo).
Il punto che le scrittrici svelano, per esempio, la violenza della condizione femminile, non solo perch interessa a loro e alle loro lettrici, ma prima
ancora perch la vedono (anche la buona lettrice la vede e la vive e per questo
valuta loperazione culturale compiuta dalla scrittrice); svelano la brutalit e
la profonda inumanit della guerra perch la soffrono e la vivono come scelta
esclusivamente maschile, praticata sia per interessi materiali sia per lincapacit di accettare differenze alla pari.
Il peso dello sguardo dellaltro sul comportamento femminile, sulla sua
coscienza, sulla sua autonomia, svelato da tutte le scrittrici che operarono in
Italia tra la fine dellOttocento e i primi del 900. Per esempio dalla Marchesa Colombi, con la sua nitidissima analisi dellamore, in Un matrimonio in
provincia, da Fanny Salazar, da Grazia Mancini, da Matilde Serao, da Lina
Pietravalle, da Eugenia Codonchi, da Maria Messina, e da tante altre, che
ammoniscono le donne a non guardarsi con lo sguardo dellaltro.
questo il grande scarto compiuto dalla scrittura femminile: il mondo e
i suoi valori, le abitudini, i comportamenti, le mentalit, vengono ribaltate.
Lo spostamento del punto di vista comporta una visione del tutto inedita per
lesperienza letteraria. una scelta di posizionamento ancora pi ricca di conseguenze di quella, a quel tempo tentata da tanti scrittori, di guardare il mondo
da parte del popolo. Perch mentre gli scrittori (in modo diverso: Valera,
Verga, Manzoni, altri) cercano, e prevalentemente per fini e con motivazioni
letterarie, di mettersi dalla parte di, le donne sono la parte di cui trattano. Danno voce a se stesse. E incontrano la voce e lo sguardo delle loro lettrici,29 del loro pubblico:
Anche il pubblico, femminile e maschile, nello sguardo delle scrittrici e fa
parte dello scenario: il pubblico femminile delle scrittrici, abbastanza folto,
composto, prevalentemente, da donne che si sentono in qualche modo rappresentate da chi scrive []. Il pubblico femminile, sollecitato dai testi delle
scrittrici, deve cos fare i conti, da una parte, con ci che delle donne si sa e si
dice (ci che gli uomini raccontano di loro), dallaltro con ci che esse stesse
vivono. Anche il pubblico femminile vive nel campo dambiguit: da una parte
limmaginario che la cultura maschile ha creato e che ha influito sulla mentalit anche delle donne e dallaltro la realt delle cose, limmediatezza del sentire. Le figure femminili, appartenenti allimmaginario creato dalla letteratura,
sono un obbligato punto di riferimento anche per le scrittrici: con questo
immaginario e con la propria esperienza, le scrittrici si scontrano e si incontrano, in questo immaginario collettivo devono collocare le loro storie, mediando con ci che hanno lurgenza di rappresentare. Dunque, lettrici e scrittrici
fanno i conti con un doppio: da una parte ci che del mondo si racconta (la
visione, il punto di vista, i temi, la scala dei valori) e che ha inciso sul proprio
stesso sentire, e dallaltra ci che ciascuna di esse vive nella propria vita, nella
29. Cfr. Anna SANTORO, Narrativa di fine Ottocento: le scrittrici e il pubblico, cit., passim.

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propria esperienza sentimentale, artistica, intellettuale e politica. la visione


del mondo, loggettivit delle cose e dello sguardo, prima ancora delloggettivit letterale, che in questo modo viene messa in discussione.30

Alcune di esse, infine, scrittrici squisite, come la Marchesa Colombi, Maria


Messina, Lina Pietravalle, Sibilla Aleramo, e in altro modo Matilde Serao,
Annie Vivanti, Eugenia Codronchi, Clelia Pellicano, trovano, sul piano della
coscienza e del linguaggio, quella dimensione che io ho definito interna al
cammino dei desideri. ([] le scrittrici, nel fare il loro linguaggio, hanno scoperto che se i desideri non vengono formalizzati con/nelle parole, essi non
cambiano, le protagoniste non cambiano, le donne non cambiano. In tal caso,
nel momento in cui si cerca di prendere la parola, ci si sente tagliate fuori,
fuori posto, perch non si trovato fino ad allora forza di camminare nei desideri, perch si restate ferme al primo, mai soddisfatto).31
In questo caso, la necessit del dire/dirsi, grazie a soluzioni narrative, scelte
lessicali, metafore nuove, grazie al recupero del suono della voce e della capacit affabulativa orale, trova modo di dare forma alla percezione femminile, e
di dire il non ancora pensato. Che per, vorrei attirare lattenzione su questo
punto, gi presente nel linguaggio femminile: nei gesti, nella voce, nella cos
detta intuizione, nei comportamenti.
Il linguaggio della parola nasce dal corpo. Nasce dallincontro sempre nuovo
tra corpo che percepisce, desidera, ha delle sensazioni, e necessit di dare forma
al proprio desiderio, alla propria storia, alla propria curiosit, alla propria immaginazione. Il corpo c anche nel senso che tante tematiche femminili (o lette
dallo sguardo femminile), provengono da un posizionamento, da un sapere, da
unattenzione, determinati proprio dal corpo femminile.
La interit propria della scrittura femminile realizzata dipende dalla interit percettiva delle donne, non nel senso di una unicit pacificata, ma nel senso
che essa mette in campo mente, corpo, saperi, sentimento, affettivit assieme
al portato di ciascuno di questi elementi correlato agli altri. Al centro di questo processo c la scrittrice (la lettrice), che corpo, linguaggio, capacit di
selezionare e relazionare, e cos via. Le parole sono corpose, nascono dalla voce,
molte dalla voce di donna: lordine del discorso (maschile) che ha sottratto la
materialit delle parole, ne ha fatto un ordine astratto, tutto intellettuale.32
lordine del discorso, fissato da regole maschili (la maschilit della gram30. Cfr. EAD., Scrittrici, cit., passim.
31. Cfr. EAD., Il Novecento, cit., p. 42-43.
32. Lavorando sulla lettura ad alta voce, mi diventato chiaro come chi legge ad alta voce si fa
tramite tra testo e ascoltatore: chi legge ad alta voce ha un rapporto di scambio con ciascuno dei due termini. Deve saper accogliere e rimandare il testo, valutando il contesto del
testo e il contesto della platea dascolto, e tutto ci possedendo in ogni caso un proprio
contesto, una propria cultura che determina la sua lettura di tutti gli altri elementi. Chi
legge per s tramite tra testo e se stessa /se stesso. Chi legge ad alta voce scrittrice/lettrice e opera affinch chi ascolta sia lettrice/scrittrice. Chi legge ad alta voce, diviene a sua
volta testo.

Creativit ed etica della lettura di genere

Quaderns dItali 6, 2001 49

matica, per esempio), sono i canoni estetici e di giudizio, che attentano alla
libert creativa delle scrittrici e alla comprensione, da parte di chi legge, di
dove sia tale libert nei testi femminili.
In definitiva, imparai, e continuo ad imparare, che la differenza delle scrittrici impone la differenza della stessa lettrice, la quale, come le autrici che legge,
non solo deve compiere un salto di prospettiva, uno spostamento di punto di
vista e di posizionamento, idoneo a cogliere il nuovo della scrittura, ma deve
assumere uno sguardo vergine, etico e creativo insieme.
Questa lettura mi servita per verificare lipotesi da cui essa stessa nasceva: e cio che la produzione letteraria femminile, in Italia, sin dai secoli passati, ha messo in crisi la nozione di Sistema Letterario. E mi ha aiutato (assieme
alla riflessione sul lavoro di altre studiose) a segnare la fisionomia della buona
lettrice33 che, per essere tale, rivisita la letteratura e lidea di letteratura, la lingua, gli scenari, i testi e i contesti. Solo con una lettura di parte,34 etica e creativa, possibile interrogarsi sulle scritture delle donne e/o sul femminile nella
letteratura, sulla maschilit della lingua italiana e sulla sua inadeguatezza,35
e via di seguito.
La buona lettrice eccentrica, eversiva, rispetto ai canoni tradizionali della
ricerca scientifica. In questo senso creativa: come la scrittrice legge e rappresenta lincontro tra il proprio sguardo (ricco del proprio contesto) e lo sguardo della cosa guardata (il mondo), e, nel farlo, nel vivere la relazione, fa poesia,
poiein, cos la lettrice legge e rappresenta lincontro tra il proprio sguardo e lo
sguardo del testo, tesse la relazione e opera lo scarto rispetto ad una lettura
convenzionale.
Leggere guardare, ascoltare, accogliere ed elaborare la comunicazione (lessere) dellaltra/o ed anche comunicare a questa stessa comunicazione
la propria lettura. Leggere ricordare costantemente la parzialit della comunicazione stessa, dovuta s al proprio posizionamento e punto di vista, ma
anche allinafferrabilit della complessit del testo (e del mondo) che si offre
33. Riguardo lindagine sulla buona lettrice, mi permetto di rimandare ad altri miei lavori. Dopo
il Catalogo, a parte i lavori di analisi applicata, sono tornata ad approfondire la questione
a livello teorico. Cfr. per lo meno: Prefazione a Narratrici italiane dell800, cit.; Prefazione alla
seconda edizione del Catalogo (dalle origini al 1900) (Napoli, 1990); La lettura non neutra, in Guida al Catalogo(Napoli, 1990); Ricerca e lettura delle scritture delle donne
in Italia: Questioni di metodo, cit., p. 97-105; Scrittura della differenza-Lettura della differenza. Lidentit frammentata e la ricomposizione dei frammenti, in Daniela CORONA
(a cura di), Donne e scrittura, Palermo: La Luna, 1990; Ricerca e lettura delle scritture delle
donne in Italia: La lettrice, in Esperienze Letterarie, n.1, 1991, p. 99-106; Il fatto che
ingrasso. Lettura di Un matrimonio in provincia della Marchesa Colombi, cit.; Introduzione a Il Novecento, cit.; Scrittrici, cit.; Introduzione a Piccola Antologia di scrittrici campane, cit.; Leggere, scrivere, linguaggi del corpo, cit.; Leggere le scrittrici (italiane) del
passato: questione di metodi. Impressioni e ricordi (1856-1864), Diario di Grazia Mancini Pierantoni, cit.
34. Cfr. Paola BONO, Esercizi di differenza-Letture partigiane del mondo e dei suoi testi, Genova: Costa & Nolan, 1999; cfr. anche Leggendaria, qui la critica ?, maggio-giugno 1998.
35. Cfr. Patrizia VIOLI, Linfinito singolare, Verona: Essedue, 1986.

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Quaderns dItali 6, 2001

Anna Santoro

esso stesso parziale a seconda dello sguardo che lo legge. Soggetto e oggetto si
scambiano di ruolo continuamente: anzi, non c un soggetto e un oggetto,
ma, come ho scritto sopra, una relazione, un soggetto plurale. La buona lettrice sa che leggere un testo lincontro tra due soggetti che (per amore, interesse, curiosit, dovere) si scambiano doni. Lei stessa un testo che viene
letto dal testo e che dal testo viene sollecitata a correlare, a mettere a fuoco, a
richiamare alla memoria, eccetera. Dunque accoglie il testo e si lascia accogliere: si relaziona con esso. Sa che il testo si manifesta esso stesso altro a seconda dellincontro che avviene con chi lo guarda, lo legge. Pensa che ciascuno
dei termini (chi legge, ci che viene letto), sia portatore di contesti, ricco, ambiguo. In questo senso nel leggere un testo la buona lettrice non lo affronta come
macigno immutabile, corpo a tutto tondo da studiare e analizzare per comprendere ci che possiede di per s, perch quel di per s in fondo unastrazione. Il testo sempre in fieri, pur essendoci, tanto nel momento della
stesura tanto nel momento della lettura. in fieri, in trasformazione, la lettrice, ed in fieri, in trasformazione, la scrittrice.
Su questa strada (la complessit di definire i contorni del testo e i contorni di chi legge, il testo non dato una volta per tutte, limportanza di chi legge,
e cos via) ci si scontra a volte con la difficolt di cogliere la soglia tra ci che
c nei nostri occhi e ci che fuori di essi (il testo, il testo-mondo). E questo, mi sembra, porta ad affrontare altre questioni importanti: c il testo senza
lettrice/lettore? Lo sguardo fa il testo? Guardare gi interferire?
A queste domande cerco di rispondere con grande cautela: nel momento
stesso in cui affermo la necessit della libert della lettura (che rompa anche
essa canoni, schemi e rituali), nel momento in cui mi interrogo su cosa sia il senso
letterale e dubito di cosa e dove sia la realt, cerco per di tenere ben presente
che esiste, in piena dignit, laltra/o (in questo caso, il testo), e che le motivazioni per cui si legge (il testo o il mondo) fissano in qualche modo non solo il
punto di vista, ma la prospettiva, loggetto, che in questo modo risulta reale e
con il quale bisogna fare i conti. In realt, ritengo che i limiti dellinterpretazione (gli eccessi dellinterpretazione) dipendano anche da una certa superfetazione dellego (maschile) che si pone come punto di riferimento assoluto e
continuo, il che limita la sua stessa capacit di percezione e gli impedisce di
leggere il diverso/la diversa.
Il testo recupera un posto privilegiato invece proprio grazie alla capacit
creativa della lettrice. E alla capacit etica: il riconoscimento dellesistenza del
testo nasce dal rispetto dellaltra/o, dalla coscienza della parzialit della propria lettura, e dalla valutazione che, quanto pi un testo un mondo (cio
articolato, ricco), tanto pi pu e deve essere accolto ed elaborato, lasciando
che ci accolga e ci elabori. Il che proprio del femminile. Laccoglienza a cui
accennavo prima elaborazione, cio trasformazione delloggetto elaborato e
del soggetto elaborante. Nel leggere noi donne ci sentiamo sempre implicate:
per questo ci commuoviamo, ci muoviamo con, cio relazioniamo ci che leggiamo con noi stesse, ma non riduciamo il tutto a noi: anzi, ci mettiamo in
discussione come si diceva una volta. Leggiamo noi e siamo lette dal noi che,

Creativit ed etica della lettura di genere

Quaderns dItali 6, 2001 51

grazie al rapporto della lettura del s, legge fuori, il testo. Nello stesso tempo
il fuori, il testo, che permette la lettura del s. Nel leggere un testo (il mondo),
la buona lettrice modifica se stessa perch ascolta (legge) le modalit della sua
stessa ricezione. La lettura ci cambia. Come ci cambia la scrittura. La scrittura, come la lettura , anche, un segno di confidenza, di affidamento: alle parole per esempio. Le scrittrici che sono riuscite a dare forma alla propria lettura,
cio a rendere reale ci che nasce dallincontro del proprio sguardo con lo
sguardo della cosa guardata, hanno fatto/fanno poesia. In certo senso hanno
lasciato che la poesia che c, a saperla vedere, nel mondo, potesse prendere
forma grazie al proprio tramite. Allo stesso modo la lettura (come la scrittura) ci arricchisce proprio se e quando ci dimentichiamo di noi stesse, pur essendo molto presenti.
Anche questo autorizza a riferirsi alle scritture critiche delle donne come
a scritture creative. Creative di un genere fuori dai canoni. E questo ci autorizza anche a sottolineare leticit della lettura di genere. La buona lettrice, infatti, continua a pensare che esista la passione della scrittura, e la scrittura che le
interessa quella che riesce a dare forma al desiderio. Cos si relaziona, per
desiderio, al desiderio dellaltra/dellaltro, e, nel leggere i segni, (deve essere)
in grado di risalire da essi alle citazioni, di comprendere le metafore e il non
detto, che in realt il detto in altro modo. La buona lettrice svela le nuove
metafore delle scrittrici perch in grado di coglierle. Il lavoro di riappropriazione delle parole e del discorso il lavoro che oggi tocca non solo alla
scrittrice, ma anche alla buona lettrice.
Il punto di vista di chi legge non dunque una categoria mentale, una semplice (nel senso di: unica, staccata dal corpo, dalla percezione) capacit delle
donne di intellettualizzare i propri saperi, ma coinvolgimento della propria
interit e unicit nellatto della lettura.
Il corpo nella scrittura tramite tra percezione e formalizzazione. un
modello comunicativo. Creatore di segni. Le due unit/unicit (della scrittrice
e della lettrice) si incontrano nei loro sguardi fatti di intelligenza, di sapere, di
sensibilit, di sensazioni, di citazioni di odori, sapori, evocazioni tattili, rossori,
eccetera. Le scritture-letture delle donne sono punto di incontro e unit tra tradizione orale (il parlare tra donne, laffabulazione, la voce) e discorso letterario.
Il femminile nella letteratura sta, dunque, nelle forme che le scrittrici hanno
dato e danno alla propria immaginazione, al proprio desiderio, al proprio sapere, al proprio punto di vista, (grazie) alla propria scrittura. Nelle scritture delle
donne ci sono segni di inedite e straordinarie soluzioni e invenzioni che bisogna imparare a leggere, non solo ai fini del recupero della memoria necessaria a
noi donne del XX secolo (ora del Terzo Millennio), ma perch esemplari di
capacit (diverse dalle convenzionali)36 di accoglienza e di elaborazione di un
36. EAD.: Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini o vivessero
come gli uomini o assumessero laspetto di uomini, perch se due sessi sono insufficienti,
considerata la vastit e variet del mondo, come faremmo mai con uno solo ? (p. 179-180);
cfr. anche: Marie Luise WANDRUSZKA, Scrivere il mondo, Torino: Rosemberg e Sellier, 1996.

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Anna Santoro

linguaggio, di una poetica, tutti inevitabilmente interni, con diversi esiti, a


quello che ho definito campo di ambiguit.
[] Il campo dambiguit costituito da questo spazio dove il sistema (della
scrittura o dei comportamenti, maschile) della tradizione e della omologazione, sistema letterario canonizzato, si incrocia nelle donne con un sistema altro
(della scrittura o dei comportamenti, femminile) non stabile, n definito da
astrazioni o da un ordine compatto, appunto perch questa compattezza, questo campo chiuso, proprio di ogni sistema, non gli appartiene. Perch altro,
segnato dallaccoglienza e dallarticolazione.37

Tra la tendenza, il fascino (e, anche, lopportunit) della omologazione e


della normalizzazione da una parte e la necessit del dirsi, del dare forma al
s, al proprio sguardo, ai propri interessi, le scrittrici (ciascuna a suo modo)
hanno cercato e creato un linguaggio pi o meno innovativo, pi o meno ossequiente dei canoni, un linguaggio di per s eversivo, che riuscito a dare forma
alla necessit/ricerca del dire altro e del dirlo in altro modo.
[] La soggettivit femminile nella scrittura (che porta innovazioni forti nella
tradizione) si esplica a vari livelli: con il mettere al centro, introducendola
come protagonista, una donna, con il disegnare uno scenario dove la relazione tra donne, sia pure diverse, crea un clima, unatmosfera e permette una
grammatica che rompe lo schema in o e in i aprendo il suono della pagina in
a e e riappropriandosi della parola detta (cio del suono della parola e della
voce), che parte del linguaggio del corpo. Ancora, la soggettivit femminile
si esplica con laffrontare delle tematiche trasparenti per lo sguardo dello
scrittore (e del lettore), dando visibilit non solo ad esse ma ad un punto di
vista inedito e cosciente di s che dunque abbraccia la visione del mondo: da
qui che nascono i grandi libri di denuncia della propria condizione, dei comportamenti maschili, dei conflitti tra i due generi, ma anche dei guasti per tutti
(es. la guerra, la violenza) e anche da qui nascono i grandi libri di felicit
e di gioco, di libert. Va anche aggiunto che la capacit affabulativa femminile, soprattutto per il passato, non si poggia sulla meravigliosit delle avventure (lesperienza memorabile dei viaggiatori, dei cacciatori, dei guerrieri)
ma sulla meravigliosit della immaginazione che pone al centro il rapporto
individuo-mondo. In questo modo le scrittrici, attraverso la fantasia e il sogno,
legato al quotidiano, il quotidiano trasfigurano, a volte per allontanarsene ma
spesso per tornarci sopra, forti di una immaginazione, di un desiderio che
possa trasformarlo. Questo il nucleo forte della soggettivit femminile nella
scrittura. [].38

37. Cfr. Anna SANTORO, Il Novecento. Antologia, cit., p. 23. Cfr. anche: EAD., Ricerca e lettura1) e 2), cit.; EAD., Scrittrici, cit.
38. Cfr. Anna SANTORO, Scrittrici, cit.

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53-81

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi


nel primo canto dellInferno
Raffaele Pinto
Universitat de Barcelona

Abstract
Larticolo legge il primo canto dellInferno secondo la prospettiva della ermeneutica dei
generi sessuali. La iniziale contrapposizione, che criminalizza il femminile come genere
basso e negativo nella linea della misoginia antica e medievale, si trasforma, nella seconda
parte del canto, in una visione modernamente complementare dei generi, nella quale il
femminile viene anzi ridefinito come categoria culturalmente alta e positiva.
Parole chiave: Dante, Inferno I, studi di genere, maschile e femminile.
Abstract
This article reads the first canto of Inferno from the perspective of gender hermenutics.
The initial opposition, which blames the female as the inferior and negative gender, in the
line of ancient and medieval misogyny, transforms itself, in the second part of the canto,
into a modern and complementary vision of genders, in that the female is indeed redefined as a high and positive cultural category.
Key words: Dante, Inferno I, gender studies, male and female.

Nella critica femminista la nozione di genere sessuale designa normalmente


procedimenti espressivi e forme ideologiche legati alla rappresentazione della
identit.1 Femminile e maschile, per, sono anche, nelle civilt antiche, i poli ideali di un sistema di produzione simbolica su cui gravitano da una parte il pensiero
mitico-religioso, con i suoi binarismi,2 dallaltra la struttura economico-sociale, con le sue gerarchie. Il simbolismo dei generi, nella storia delle mentalit,
1. Intendo identit come segno della differenza sessuale (sono per cosciente del fatto che il
dibattito interno al femminismo su questo concetto molto aspro cfr., per un riepilogo,
Rosi BRAIDOTTI, Soggetto nomade. Femminismo e crisi della modernit, Roma: Donzelli Editore, 1995 [1994], p. 65-79).
2. Sul tema nella antichit giudeo-cristiana, cfr. Gian Luigi PRATO (a cura di), Ricerche storico bibliche, 1994, 1-2, Miti di origine, miti di caduta e presenza del femminino nella loro evoluzione interpretativa, XXXII settimana biblica nazionale.

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Quaderns dItali 6, 2001

Raffaele Pinto

mostra in effetti uno slittamento dal significato politico dominante nelle societ
antiche a quello personale prevalente nelle societ moderne. Indipendentemente
dalle modalit e le fasi di tale slittamento, la cui ricostruzione storiografica
forse compito della nuova critica letteraria, si pu verosimilmente affermare
che esso parallelo allaffioramento, nei testi, di forme autografiche di scrittura: il maschile rilevabile nellepica dellIliade o della Chanon de Roland afferisce ad un simbolismo politico-religioso i cui valori (la giustizia, la forza, il
coraggio etc.) configurano lidentit di tutta una classe sociale, lordine dei nobili o dei guerrieri; mentre il maschile rilevabile nella lirica di Petrarca o di Baudelaire rientra in un simbolismo morale e soggettivo, il cui valore egemonico
il desiderio. A prescindere dalle eccezioni che attenuerebbero tale divaricazione (scritture dellio nellantichit, ideologie sessuali collettive nella modernit;
stratificazioni sincroniche dei due simbolismi, attivi su livelli differenti dello
stesso testo), chiaro che la distinzione antico-moderno non solo pertinente
alla opposizione femminile-maschile, ma anche logicamente prioritaria, poich allinterno di tali modelli globali di civilt (antichit modernit) che
gli astratti concetti generici si incarnano in simboli letterariamente produttivi.3
Da uno scrittore di frontiera fra antico e moderno come Dante, e in mancanza di anteriori sondaggi sistematici sul simbolismo sessuale presente nella sua
opera, prudente attendersi indizi di genere afferenti ai due sistemi: valori
archetipici antichi da una parte, contenuti personali moderni dallaltra.
Lesperimento che qui si propone, cio la lettura della Commedia (metonimicamente rappresentata dal canto proemiale)4 secondo i concetti di genere, parte
quindi senzaltro dal preliminare e metodologico ancoraggio alle categorie che
strutturano i campi concettuali del femminile e del maschile sul piano antropologico generale; e lanalisi consister nel reperimento, ove possibile, di tali
categorie nella lettera del testo, o, pi esattamente, nelle sue figure. Ma si seguiranno anche percorsi di lettura autografici, alla ricerca della singolarit dantesca dellidea di genere, ovviamente connessa alla fattuale circostanza che lio
che scrive si enuncia come un io maschile. inevitabile che un tale approccio
trascuri, in qualche misura, il piano del figurato, il vero che il velo delle figure
occulta, cos familiare ai lettori della Commedia, soprattutto in questo canto.
3. Lidea di patriarcato come categoria storica trasversale che neutralizza la distinzione antico-moderno, efficace forse sul piano politico-rivendicativo, inutilizzabile sul piano teorico, perch impedisce di cogliere lessenziale: laffiorare, storicamente, di un soggetto
genericamente (auto)determinato secondo la differenza sessuale (che ovviamente incompatibile con una mascolinit imposta come universalistica legge del padre). Lerrore di prospettiva dipende dal fatto che gli studi relativi al genere sessuale (femministi, soprattutto)
hanno privilegiato, come universo concettuale di riferimento, la tradizione del pensiero
filosofico, che conserva le categorie ideali antiche molto pi di quanto non conservi le categorie espressive antiche la letteratura di tipo poetico: mentre il soggetto che conosce, in
Cartesio e Platone, identico, il soggetto che si esprime in Shakespeare indeducibile da quello che si esprime in Sofocle.
4. Sulla funzione proemiale del primo canto, cfr. Antonino PAGLIARO, Ulisse. Ricerche semantiche sulla Divina Commedia, Messina-Firenze: DAnna, 1967, p. 2-3.

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Ma il radicale mutamento di prospettiva critica dovrebbe compensare il sacrificio con un incremento di informazione forse non trascurabile.
Predicati del femminile sono, sul piano simbolico, la luna, il basso, la sinistra, la notte, il buio, lo scuro, il pesante, il rovescio, il freddo, lumido, linferiore;
predicati del maschile sono invece il sole, lalto, la destra, il giorno, la luce, il
chiaro, il leggero, il diritto, il caldo, il secco, il superiore.5
Le figure iniziali, selva oscura / diritta via, oppongono subito i generi
con i due aggettivi: oscura = femminile / diritta = maschile.6 Un simbolismo
pi allusivo traspare dai significanti cammin, via, per lidea maschile di movimento ordinato in uno spazio aperto, e selva, per lidea femminile di reclusione (o movimento disordinato) in uno spazio chiuso. Ovv infine, cio allineati
con il simbolismo convenzionale, sono i valori negativo del femminile e positivo del maschile:7
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ch la diritta via era smarrita.8
5. Cfr. Franoise HRITIERE, Maschile/femminile, in Enciclopedia, Torino: Einaudi, vol. 8, p. 797812 (cfr. in particolare le p. 802-803). La studiosa rileva la presenza di queste dicotomie
anche nel pensiero greco: qui le categorie principali sono quelle del caldo e del freddo, del
secco e dellumido, che sono direttamente associate alla mascolinit (il caldo e il secco) e
alla femminilit (il freddo e lumido) Nellordine del corpo, il caldo e lumido sono dalla
parte della vita, della gioia, del benessere, il secco e il freddo sono dalla parte della morte
Il maschio caldo e secco, associato al fuoco e al valore positivo, la femmina fredda,
umida, associata allacqua e al valore negativo (lautrice ritorna pi diffusamente sul tema
in Maschile e femminile. Il pensiero della differenza, Roma-Bari: Laterza, 1997 [1996]).
6. Sulla selva, cfr. Eugenio RAGNI, v. selva, in Enciclopedia Dantesca, Roma: 1970-1978, vol. V,
p. 137-142. Raccolgo qui due indicazioni: la lettura di Benvenuto da Imola, che interpreta la selva come allusione a aliis mulieribus (in riferimento a Purg., XXX, 126: questi si
tolse a me e diessi altrui); e il significato di materia corporea e caos che il termine silva ha
nella cosmologia neoplatonica (la hyle greca). Allinterno di tale tradizione, indipendentemente dalla conoscenza che poteva averne Dante, vale la pena di ricordare che nella cosmogonia manichea la hyle, principio del male associato alla concupiscentia (epitymia, o edon),
veniva rappresentata come una divinit arimanica femminile: Az (cfr. Antonio PANAINO,
Figure femminili divine e demoniache nellIran antico, in Ricerche storico bibliche, p.
64-65).
7. Esiste, naturalmente, anche una femminilit positiva, nella cultura antica, vincolata allidea della maternit, la cui simbologia ben presente nel pensiero mitico-religioso- cfr., al
riguardo, Erich NEUMANN, La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dellinconscio, Roma, 1981 [1956]. Una eco di tale complesso mitico, e delle relative
mediazioni letterarie, stata osservata nel personaggio dantesco di Matelda cfr. Rosetta
MIGLIORINI FISSI, Da Matelda a Beatrice (cenni sullarchetipo del femminile), in Maria PICCHIO SIMONELLI (a cura di), Beatrice nellopera di Dante e nella memoria europea, 12901990, Atti del Convegno Internazionale. 10-14 dicembre 1990, Firenze-Napoli: Istituto
Universitario Orientale, 1994, p. 183-206.
8. Let di 35 anni come la met di una vita umana che si sviluppi in modo naturale viene
discussa in Convivio, IV, xxiii, 9: se si compara lesistenza con un arco, lo punto sommo
io credo che ne li perfettamente naturati sia nel trentacinquesimo anno. Tale punto
sommo rappresenta la migliore combinazione delle quattro qualit umorali (caldo, freddo,

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Raffaele Pinto

Bisogna tener conto del fatto che il simbolismo femminile della selva e dello
smarrimento era perfettamente codificato nella tradizione prossima a Dante,
che ne trovava esempi nel Tesoretto di Brunetto Latini (il narratore, intristito
dal pensiero delle guerre di fazione, a Firenze, si smarrisce in una selva diversa nella quale trova una donna che gli si rivela essere la Natura) e nel Detto del
Gatto Lupesco (il narratore racconta di smarrire il cammino, dun amor pensando, e di ritrovarsi in un diserto aspro e duro in cui gli appaiono un gran
numero di animali). I due testi hanno poi in comune un elemento che ci fa
capire meglio la disposizione morale che Dante descrive con limmagine iniziale del Poema. In entrambi il protagonista-narratore cammina a capo chino:
e io, in tal corrotto / pensando a capo chino, / perdei il gran cammino, / e tenni
la traversa / duna selva diversa (Tesoretto, 186-190); cos mandava laltra dia
/ per un cammino trastullando / e dun amor gia pensando / e andava a capo
chino (Detto, 4-7). Nel sonetto Cavalcando laltrier per un cammino, commentato nel capitolo IX della Vita Nuova, Dante utilizza la stessa immagine
per descrivere latteggiamento del personaggio di Amore (alter ego del poeta),
che gli comunica la fine della sua relazione con la prima donna-schermo:
Cavalcando laltrier per un cammino,
pensoso de landar che mi sgradia,
trovai Amore in mezzo de la via
in abito leggier di peregrino.
Ne la sembianza mi parea meschino,
come avesse perduto segnoria;
e sospirando pensoso venia,
per non veder la gente a capo chino

In tutti e tre i testi causa dello smarrimento una sospensione del rapporto con il reale prodotta da una passione dellanima che attrae violentemente a
s lattenzione della mente. Lio viene pervertito (cio sviato) dalloggetto interno che assorbe i suoi pensieri. Tale oggetto simbolicamente (oltre che lettesecco, umido), giacch la Gioventute, seconda delle quattro et delluomo (fra i 25 e i 45
anni), sappropria al caldo e al secco [cio al maschile] (ibid., 13)-sulle fonti medico-filosofiche di Dante e sulla discussione relativa, Cfr. C. Vasoli (a cura di), Convivio, Ricciardi,
Milano-Napoli, 1988, p. 798 e sgg. Si consideri poi che nel capitolo seguente (XXIV, 12),
a proposito della necessit che hanno gli adolescenti della guida dei loro maggiori, lautore
paragona la vita ad una citt ignota: s come quello che mai non fosse stato in una cittade,
non saprebbe tenere le vie, senza insegnamento di colui che lhae usata; cos ladolescente,
che entra ne la selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere lo buono camino, se da li
suoi maggiori non li fosse mostrato. Qui il simbolo della selva gi inserito in una trama
concettuale che collega la vita alle vie e al cammino da una parte, e allinsegnamento di guide
dallaltra: li soi maggiori. Le risonanze scritturali (Isaia, 38, 10: in dimidio dierum meorum vadam ad portas Inferi) della prima terzina della Commedia si sovrappongono ad un
nucleo concettuale gi acquisito, simbolico da una parte e scientifico dallaltra; pi in generale, il profetismo della Commedia molto pi un registro di stile, accanto a tutti gli altri,
che la priori dellespressione poetica.

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

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ralmente) femminile, in quanto descrive, allinterno di un io maschile, lo spazio mentale occupato dal principio del piacere. Il procedere a capo chino (per
il peso angoscioso dei pensieri) il segnale di una soggettivit che ha perso,
oltre che il contatto con il reale, anche il controllo sulla propria identit, che
il desiderio espone al rischio della alienazione: il femminile, infatti, invade la
mente con i suoi fantasmi, che si proiettano sul reale, allegorizzandolo. Possiamo allora immaginare che il protagonista della Commedia proceda a capo
chino, nel momento di smarrirsi. La selva oscura la prima allegoria, intensamente femminile, che il suo desiderio genera.9
Il femminile viene messo in forte rilievo dalla seconda terzina, in cui la
caoticit espressiva della selva, per il poeta che la descrive, si manifesta nella
contorsione della sintassi (quanto dura) e nellaccumulazione degli aggettivi (4 in un solo verso):
Ahi quanto a dir qual era cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Qui per al simbolismo generico (che anche i significanti sembrano declinare al femminile come fonosimbolismo in atto del disordine in cui si trova
luomo caduto nello stato di peccato),10 si aggiunge un altro pi personale
piano di significazione, messo in luce dai rinvii intertestuali. Avvertiamo innanzitutto echi delle petrose:
Cos nel mio parlar voglio essere aspro
com ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza,

che investono la figura della selva dei valori di una femminilit non semplicemente archetipica, ma densamente, angosciosamente autobiografica: la donna
come ossessivo oggetto di desiderio e costante principio di scrittura, inflessibile
nella sua esigenza di adeguamento della parola al sentimento (Cos nel mio
parlar voglio esser aspro = Ahi quanto a dir qual era cosa dura), che ora
soltanto, nel quadro di una conclusiva sperimentazione metafisica, trova, nella
selva oscura, il simbolo definitivo. E si avverta poi lallusione a un testo canonico per la rappresentazione del femminile del medioevo, le parole della sposa
nel Cantico dei Cantici (8, 6):
9. Curiosamente, limmagine del poeta a capo chino riappare, ma con diversa intenzione,
in Inf., XV, 44, nellepisodio di Brunetto Latini: Io non osava scender de la strada / per
andar par di lui; ma l capo chino / tenea comuom che reverente vada.
10. Cfr. Gianfranco CONTINI, La forma di Dante: il primo canto della Commedia, in Postremi
esercizi ed elzeviri, Torino: Einaudi, 1998, p. 67. Con la consueta acutezza, lo studioso osserva nel canto, attraverso il computo delle allitterazioni, una progressione della scrittura dal
caos allordine.

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Raffaele Pinto

Pone me ut signaculum super cor tuum,


Ut signaculum super brachium tuum,
Quia fortis est ut mors dilectio,
Dura sicut infernus aemulatio

La percezione della donna come soggetto-oggetto di un desiderio il cui


eccesso seduce e travia, come spazio di alterit interno alla coscienza, frontiera morale dellio maschile, votato alla dipendenza e al culto una parte, ma
esposto allalienazione e alla morte dallaltra, pur nellideologia arcaica di un
inno nuziale, ha nel Cantico vibrazioni di tale intensit, che non sorprende il
fascino che esso esercit sulla spregiudicata metafisica del desiderio degli stilnovisti.11 I versi che precedono quelli ora citati ispirano, infatti, lincipit di un
sonetto cavalcantiano (Chi questa che vn chognom la mira) non estraneo alla
ideazione del Proemio: Quae est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens,
innixa super dilectum suum?.12
Ma sul piano autoermeneutico, cio nella personalissima rete intertestuale attivata dal suo significante, che la selva denuncia il simbolismo femminile che lha generata. Si consideri il verso 7: Tant amara che poco pi
morte. La distinzione amaro/dolce equiparata a quella, presente fin dal v. 2,
oscuro/chiaro. Si veda, al riguardo, Conv., IV, ii, 3-4:
Dico adunque che a me conviene lasciare le dolci rime damore le quali solieno cercare li miei pensieri; e la cagione assegno, perch dico che ci non per
intendimento di pi non rimare damore, ma per che ne la donna mia nuovi
sembianti sono appariti li quali mhanno tolto materia di dire al presente damore. Ov da sapere che non si dice qui li atti di questa donna essere disdegnosi e fieri se non secondo lapparenza; s come, nel decimo capitolo del
precedente trattato, si pu vedere come altra volta dico che lapparenza de la
veritade si discordava. E come ci pu essere, che una medesima cosa sia dolce
e paia amara, o vero sia chiara e paia oscura, qui[vi] sufficientemente vedere si
pu.

Amarezza e oscurit sono qui predicati non del femminile in generale, ma


di quel particolare femminile (la donna gentile come descritta nella canzone Le dolci rime damor chio solia e nella ballata Voi che savete ragionar damore,
cui fa riferimento il brano appena citato) che si presenta al poeta con lapparenza
della negativit (il disdegno, la irrazionalit).13 Mentre la seconda terzina evo11. Sul Cantico e i suoi commenti nella Commedia cfr. Lino PERTILE, La puttana e il gigante.
Dal cantico dei cantici al paradiso terrestre, Ravenna: Longo, 1998.
12. Il frammento citato in Conv., II, 5: la sua sposa e secretaria Santa Ecclesia de la quale
dice Salomone: Chi questa che ascende del diserto, piena di quelle cose che dilettano,
appoggiata sopra lamico suo?.
13. Bisogna per segnalare (con Anna Maria CHIAVACCI LEONARDI-Inferno, Milano: Mondadori,
1998 [1991], p. 11) anche il paragone biblico Inveni amariorem morte mulierem (Eccl.
7, 27), in cui la donna occupa il luogo logico che, nella Commedia, ha la selva.

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cava, attraverso la durezza e lasprezza, limmagine della donna-pietra che nega


al poeta la propria sessualit, il verso 7 evoca, attraverso lamarezza che sinonimo di oscurit, la donna-filosofia che nega al poeta le sue verit. La selva
(oscura, dura, aspra, amara) riassume quella negativit del femminile con cui
Dante si scontrato nelle varie fasi della sua ricerca, e che ha rappresentato
per lui ogni volta lostacolo espressivo da superare, la barriera intellettuale da
infrangere. Il suo significante accumula tali valori, fissandoli in una immagine
di materializzata malvagit.
A tale malvagit si oppone, con ulteriore dicotomia, il ben che il poeta dice
di avervi trovato (Virgilio, principio maschile di salvezza che positivamente
agisce dallinterno della selva), ma che potr essere descritto (trattato) solo dopo
che siano state narrate le altre cose14 che Dante ha visto nella selva (cio le tre
fiere):
ma per trattar del ben chi vi trovai,
dir de laltre cose chi vho scorte.

La perplessit dei critici sulla imprecisione dei dettagli spaziali (tanto Virgilio quanto le fiere si trovano in realt fuori della selva, sullerta che conduce
alla cima del colle) non tiene conto della natura simbolica di queste immagini,
che si concatenano secondo una logica pi onirica che romanzesca. Fantasma
di angosce antiche che claustrofobicamente avviluppano il poeta, la selva contiene anche il suo opposto: essa il male, ma al suo interno si occulta il bene.15
Perch ci sia narrabile, limmagine si scompone in dicotomie simboliche che
visualizzano (in una manichea psicomachia onirica) la lotta fra le due istanze
generiche che scindono lio e se ne contendono il controllo. La materialit
vegetale della selva d luogo ai tre elementi narrativi delle scene seguenti: e
cio il paesaggio (che si apre come scenario drammatico di una serie di azioni),
le fiere (nella cui animalit si trasfigura e pluralizza lastratta femminilit della
selva) e Virgilio (la cui umanit si connota come maschile, poich si oppone
alla animalit delle fiere).
Io non so ben ridir comi vintrai,
tantera pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.

14. Come ha ben visto Gianfranco CONTINI, lespressione, lungi dallessere generica e imprecisa, significa, proprio attraverso lellissi, il tab che grava su oggetti innominabili (La forma
di Dante, p. 75).
15. Il De Vulgari, che utilizza il simbolo della silva per definire la materialit idiomatica dei
volgari municipali in opposizione allideale volgare illustre che dovr sublimarli poeticamente in un superiore registro di lingua, presenta unanaloga struttura simbolica: da una
parte la silva, cio i saltus et pascua Ytaliae, dallaltra (ma anche al suo interno) la pantheram redolentem ubique et necubi apparentem (I, xvi, 1).

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Nella lucida prospettiva a posteriori del poeta che narra, la selva percepita ormai come esperienza onirica, cio inesplicabile nelle sue cause.16 Il significante della via viene ripreso, ma con una chiara coscienza della responsabilit
individuale del traviamento (al principio era smarrita, qui lio che lha abbandonata),17 e con una importante variante: verace, invece di diritta. Verace fa
gruppo con gli altri predicati del maschile, mentre la selva viene implicitamente ridefinita come falsa (ma la dicotomia apparenza / veritade era gi presente, come s visto, fra i predicati della donna gentile, e quindi implicita
nella alternativa dolce / amara). Il sonno che causa del traviamento , certo, il
metaforico sonno della ragione,18 ma anche il letterale stato di sonnolenza che
espone la mente ai fantasmi dellimmaginazione, che agiscono secondo la logica del sogno, ignara del principio di causalit. In effetti, la comprensione della
genesi onirica della selva necessaria perch siano intese nella loro densit simbolica e nei loro rapporti associativi le apparizioni seguenti.
Ma poi chi fui al pi dun colle giunto,
l dove terminava quella valle
che mavea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite gi de raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.

Con procedimento di spostamento proprio del sogno, la selva diventata


un paesaggio dal rilievo disuguale (una valle dominata da un colle).19 Viene
cos neutralizzata lopposizione chiuso aperto, ed attivata quella basso
alto. La selva, che ora una valle, acquista unaltra determinazione del
femminile (quella del basso, appunto) rispetto ad un elemento alto, il colle, su
cui si trasferiscono i valori maschili veicolati prima dal simbolo della via diritta e verace. La luce del sole, che spunta dallalto del colle, esplicita lelemento
generico maschile che il lettore aveva intuito gi nel terzo verso, opponendosi, come luminosa razionalit, alla buia irrazionalit del femminile. Si osservi
anche che mentre la diritta via si opponeva alla selva oscura nella dimen16. Analoga genesi onirica ha la selva di Purg., XXXII (disegnerei comio maddormentai,
68), scenario di simbolismi affini a quelli del Proemio.
17. Rispetto alla iniziale dispersione del soggetto (cfr. Gianfranco CONTINI, La forma di
Dante, p. 68), lio del protagonista va poco a poco conquistando il controllo sullazione.
18. Molto pertinenti sono, al riguardo, le osservazioni di Anna Maria CHIAVACCI LEONARDI
(op. cit., p. 12): Sul piano filosofico, letica aristotelica, ripresa da Tommaso e da Dante,
non ammette che lintelletto possa scegliere deliberatamente il male; esso lo sceglie appunto per errore, in quanto offuscato, credendolo cio un bene.
19. Al verso 77 il colle sar ridefinito il dilettoso monte, eco del biblico Quis ascendet in
montem Domini, Ps., 23, che ispirer, in Purg., XXX, 74, il rimprovero di Beatrice a
Dante: Come degnasti daccedere al monte?. In Inf., XV, 50 la selva viene senzaltro definita una valle (e lo spostamento lessicale certamente mediato dalla espressione biblica in
valle lacrimarum, di Ps., 83, 7). In entrambi i casi le mediazioni scritturali interagiscono con
il simbolismo dei generi, potenziandone la forza espressiva.

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sione del tempo (prima si smarrisce la via e poi ci si ritrova nella selva), il colle
si oppone alla valle sul piano spaziale (si cerca di andare dal fondo della valle
alla sommit del colle, attraverso un dritto calle). Limmagine onirica si
sviluppa, cos, in unazione gi tendenzialmente romanzesca.20
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor mera durata
la notte chi passai con tanta pieta.

Notevole qui la contrazione delle durate: il passaggio dalla oscurit notturna della selva alla luce diurna che viene dal colle si produce come transito da
un luogo ad un altro, come se, nello stesso istante, nella selva fosse notte e sul colle
giorno.21 Si tratterebbe, sullasse del tempo, di una incongruenza analoga a
quella osservata ora sullasse dello spazio. Ma anche in questo caso in un senso
simbolico, e secondo una logica di tipo onirico, che le immagini hanno senso:
la notte, come la paura e la pieta, attributo femminile della selva, che il protagonista pu ora descrivere dallesterno, e il poeta oggettivare narrativamente,
perch la loro prospettiva generica si spostata, situandosi dalla parte della
razionalit ordinatrice maschile. Significativa poi linsistenza sulla paura (che
appare cinque volte nella scena iniziale: vv. 6, 15, 19, 44, 53), tema cavalcantiano
che esprime langoscia del desiderio e gli effetti distruttivi che lamata produce
sulla persona e nella mente dellamante. Dante, che aveva gi assimilato il tema
nelle Rime e nella Vita Nuova, lo riutilizza qui senza annullare il senso sessuale
che aveva in Guido, poich simbolicamente legato al femminile lelemento
umido presente nellespressione il lago del cor,22 che anticipa, come in una
catena di associazioni generate dai significanti, la grande similitudine marina
dei versi seguenti, straordinario compendio di valori archetipici:
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a lacqua perigliosa e guata,
cos lanimo mio, chancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasci gi mai persona viva.
20. Il gesto con cui il protagonista solleva lo sguardo verso lalto aprendo il suo orizzonte, se
da una parte evoca un paesaggio morale di tipo religioso (cfr. Ps., 120, 1: Levavi oculos
meos in montes, unde veniet auxilium mihi), dallaltra richiama esperimenti narrativi pi
personali (cfr. Un d si venne a me, 8: guardai e vidi Amore, che venia, per il nesso guardai vidi, e poi Vita Nuova, XIV, 4 e XXXV, 2, in cui il sintagma levai li occhi vidi
drammatizza la messa a fuoco visiva, da parte del poeta, di Beatrice e della donna gentile,
rispettivamente).
21. Edoardo SANGUINETI, che mette in rilievo il sistema compatto di archetipi, di immemorabile spessore simbolico presente nel canto, parla, a proposito di questi versi, di rito di passaggio (Lectura Dantis tenuta nella Casa di Dante in Roma il 17 novembre 1996).
22. Nel sonetto dubbio, ma ben dantesco, Nulla mi parve mai, la differenza di temperatura fra
il desiderio dellamata e quello dellamante viene descritta cos: l suo desio nel congelato lago, / ed in foco damore il mio si posa.

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Ma di nuovo ai simboli antropologicamente convenzionali Dante aggiunge valori poeticamente autografici. Nel terrore del naufrago che affannosamente sfugge allacqua perigliosa che vorrebbe risucchiarlo, si avverte leco degli
agghiaccianti paesaggi onirici delle petrose, nei quali la freddezza femminile
viene rappresentata come combinazione di durezza e umidit (Amor, tu vedi
ben, 25-30):
Segnor, tu sai che per algente freddo
lacqua diventa cristallina petra
l sotto tramontana ov il gran freddo,
e laere sempre in elemento freddo
vi si converte, s che lacqua donna
in quella parte per cagion del freddo

Alle petrose bisogna in effetti riandare per osservare la genesi simbolica ed


espressiva della selva proemiale, nella quale il poeta ha raffigurato la propria
esperienza del femminile, nel suo estremo polo negativo. Percepiamo meglio,
in questottica, lineluttabilit della sconfitta morale che essa (la donna-selva)
produce nellio che ne resta irretito. Il verso che non lasci giammai persona
viva (in cui il relativo va inteso come soggetto, laggettivo come predicato e
il sostantivo come indefinito) allude molto pi alla malattia mortale del desiderio, secondo medici e poeti,23 che non al vizio e al peccato (dai quali lanima, con il pentimento, pu sempre evadere). Linammissibilit teologica, per
un cristiano, del concetto che il verso enuncia (il male come condanna irreversibile), scompare se si tiene conto del suo significato sessuale, che allude al
dualismo dei generi cos come esso viene descritto nella letteratura del desiderio, che lo radicalizza fino a concepirlo come sconfitta mortale dellio.24
Ancora al simbolismo dei generi bisogna ricorrere per chiarire un altro dei
punti dubbi del I canto. Posta una relazione maschile fra lanimo e il movimento (lanimo mio chancor fuggiva), ed una relazione femminile fra il
corpo e limmobilit (i posato un poco il corpo lasso), il verso che conclude la terzina successiva,
Poi chi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
s che l pi fermo sempre era l pi basso,

23. Si pensi a definizioni come queste: Amore quanto a morte vale a dire Ahi come, com
morto bene / qualha, s come me, in podestate (Guittone, Ahi Deo che dolorosa, 28-32);
Di sua potenza (di Amore) segue spesso morte, / se forte la vert fosse impedita, / la
quale aita la contraria via non p dire om chaggia vita, ch stabilita non ha segnoria (Guido Cavalcanti, Donna me prega, 35-41). Proprio questi ultimi versi risuonano nel
Proemio: la lonza impediva.. il mio cammino e la lupa non lascia altrui passar per la sua
via / ma tanto lo mpedisce che luccide.
24. Si tratta, cio, del doloroso passo di Inf., V, 114: il desiderio, privo del fedele consiglio
de la ragione, conduce ineluttabilmente alla morte.

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esprime la tensione del soggetto verso i valori del maschile, che si manifesta
nella doppia associazione fra movimento ed altezza, da una parte, e fra staticit
e bassezza dallaltro. Sul piano letterale, limmagine dei piedi alternativamente fermi ed in moto significa il movimento ascensionale ininterrotto, per cui il
piede dappoggio sempre il pi basso e quello in movimento il pi alto (se
il poeta tornasse indietro, e scendesse invece di salire, sarebbe il contrario).25 Ma
la connessione simbolica fra ci che fermo e ci che in basso, entrambi
subordinati a ci che in moto e a ci che in alto, plausibile solo sul piano
generico del femminile, pulsione negativa dellio qui contrarrestata dalla opposta pulsione positiva maschile. La dicotomia ideale e archetipica fra principio
attivo-maschile (lanimo) e principio passivo-femminile (il corpo) si concreta
nella distinzione fra piede in movimento e piede fermo.26
Ed ecco, quasi al cominciar de lerta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi mpediva tanto il mio cammino,
chi fui per ritornar pi volte vlto.

Il femminile riappare con forza nelle tre fiere che affrontano il protagonista. La prima rappresenta il desiderio perverso e la seduzione. Leggerezza, agilit, screziatura della pelle27 sono i segni della lussuria, descritta con i caratteri
delloggetto che la suscita in una sensibilit maschile, cio un corpo femminile che attrae lattenzione del poeta e ne perverte la volont. Lapparizione della
25. questa la lettura pi ovvia (per Boccaccio, il poeta mostra lusato costume di coloro che
salgono, che sempre si ferman pi in su quel pi che pi basso rimane).
26. Limmagine del piede dellanima, con cui la teologia rappresentava la dialettica interiore
fra ragione e appetito (per esempio in Agostino: Il piede dellanima va inteso rettamente come
amore; il quale, quando vile o indegno, chiamato cupidigia o lussuria; e quando invece
giustamente orientato, diletto o carit, Enar. In Psalm. XCIV, I), ha fatto pensare che
Dante alluda alla difficolt di liberarsi dalla concupiscenza, per cui la sua sarebbe unandatura claudicante: il piede in movimento il destro, che trascina il sinistro (cfr. John FRECCERO, Dante. La poetica della conversione, Bologna: Il Mulino, 1989, p. 53-90). Sembra
per pi plausibile che Dante sottolinei qui proprio il contrario, e cio che sale spedito
verso la luce. In effetti si coglie unallusione (per antitesi) alla meretrix di Proverbia, 1-9:
Ne attendas fallaciae mulieris; favus enim distillans labia meretricis, et nitidius oleo guttur
eius Pedes eius descendunt in mortem et ad inferos gressus illius penetrant. Per semitam
vitae non ambulant, vagi sunt gressus eius et investigables(5). Il simbolo dei piedi della
meretrice si figuralizza poi nella mulier stulta et clamosa che sedit in foribus domus suae,
super sellam in excelso urbis loco, ut vocaret transeuntes per viam, et pergentes itinere
suo(9), immagine a sua volta adombrata dalla lonza che, in Dante, apparir subito dopo.
27. Francesca e Paolo colpiscono lattenzione di Dante perch paion s al vento esser leggeri
(V, 75), mentre in Aen., I, 323, la compagna di Venere succinctam maculosae tegmine lyncis (cfr. Anna Maria CHIAVACCI LEONARDI, op. cit., p. 17). La rapidit con la quale
la seduzione femminile colpisce la mente maschile tema tipicamente cavalcantiano: (Voi
che per li occhi, 9-11) Questa virt damor che mha disfatto / da vostrocchi gentil presta

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lonza interrompe il percorso ascensionale dellio, e lo fa indietreggiare. Elementi fantastici molto simili li troviamo in un sogno narrato al principio del
canto XIX del Purgatorio, in cui Dante confessa come esperienza propria il
turbamento della immaginazione prodotto dalla accidia. Il canto precedente
si conclude con il poeta che si abbandona alla sonnolenza che lha invaso
(XVIII, 141-145):
novo pensiero dentro a me si mise,
del qual pi altri nacquero e diversi;
e tanto duno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi,
e l pensamento in sogno trasmutai.

La evagatio mentis e la somnolentia fanno parte del quadro morale della


accidia.28 Il sogno del poeta (una femmina balba che lo sguardo concupiscente trasforma in seducente sirena) esemplifica il traviamento morale che la donna
produce quando oggetto di desiderio per una immaginazione maschile non
orientata dalla ragione (quindi sonnolenta e delirante per vaghezza). Si osservi il traviamento di Ulisse, del suo cammin vago, che la sirena orgogliosamente vanta (analogo a quello di Dante, finch Virgilio non lo sveglia e lo
obbliga a riprendere il cammino):
mi venne in sogno una femmina balba,
negli occhi guercia, e sovra i pi distorta,
con le man monche, e di colore scialba.
Io la mirava; e come l sol conforta
le fredde membra che la notte aggrava,
cos lo sguardo mio le facea scorta
la lingua, e poscia tutta la drizzava
in poco dora, e lo smarrito volto,
comamor vuol, cos le colorava.
Poi chella avea l parlar cos disciolto,
cominciava a cantar s, che con pena
da lei avrei mio intento disciolto.
Io son cantava io son dolce serena,
che marinari in mezzo mar dismago;
tanto son di piacere a sentir piena!

si mosse: / un dardo mi gitt dentro dal fianco; (Era in penser damor, 31-36) i dissi: E
mi ricorda che n Tolosa / donna mapparve accordellata istretta, / amor la qual chiamava la
Mandetta; / giunse s presta e forte, / che fin dentro, a la morte, / mi colpr gli occhi suoi.
28. Sullaccidia e sulla complessit della disposizione morale che il termine indica, necessario ricorrere a Tommaso DAQUINO (S. T., 2-2, 35, 4), che, sintetizzando la riflessione
teologica sul tema, distingue nel complesso tristitia-acedia tali componenti: desperatio,
pusillanimitas, torpor circa praecepta, otiositas, somnolentia, rancor, amaritudo, malitia,
evagatio mentis circa illicita, importunitas mentis, curiositas, verbositas, inquietudo corporis, instabilitas.

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Io volsi Ulisse del suo cammin vago


al canto mio; e qual meco si ausa,
rado sen parte; s tutto lappago

Le coincidenze fra la femmina balba e la lonza sono notevoli. Entrambe


hanno su Dante un effetto ipnotico, che lepisodio del Purgatorio presenta
come conseguenza della accidiosa somnolentia alla quale il poeta cede, e quello del Proemio come il potere di seduzione che un corpo animalescamente femminile esercita su un io pien di sonno. Lo sguardo obnubilato dellaccidioso
comparato con i raggi del sole, mentre lanatomia della femmina balba paragonata alle fredde membra che la notte aggrava; il che mostra che qui operante la stessa simbologia generica del Prologo, poich il maschile associato
al caldo, alla luce, al giorno, allo spirito, mentre il femminile associato al
freddo, al buio, alla notte, al corpo. Ma soprattutto significativa la funzione
di traviamento che hanno le due figure femminili: come la lonza fa indietreggiare Dante (fui per ritornar pi volte volto), cos la sirena volse Ulisse.29
Il movimento orientato e rettilineo di entrambi impedito da figure femminili
di seduzione che la ragione smaschera come prodotti della immaginazione
maschile pervertita dal desiderio.
Lanalogia fra la lonza e la femmina balba aggiunge un elemento alla identificazione ideale di Dante con Ulisse (come si sa, uno dei grandi motivi della
Commedia), simili non solo per la concezione eroica dellesistenza come viaggio di conoscenza al di l dei limiti imposti alla condizione umana, ma anche
per la comune esperienza del femminile come impedimento e interruzione del
cammino: entrambi devono evitare, con stratagemmi umani o con laiuto divino, le trappole che la seduzione femminile tende loro durante il viaggio.
Tempera dal principio del mattino,
e l sol montava n s con quelle stelle
cheran con lui quando lamor divino
mosse di prima quelle cose belle;
s cha bene sperar mera cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
lora del tempo e la dolce stagione;

29. Funzione analoga ha la Circe che ritenne pi dun anno Ulisse (Inf., XXVI), e fra gli
ammonimenti di Beatrice a Dante (Purg., XXXI), c anche quello che altra volta, udendo le serene, sie pi forte (44-45). Non mi sembra pertinente, riguardo allespressione
volsi Ulisse, losservazione che in Omero leroe sfugge alle sirene. Ci che Dante sottolinea, delle sirene, il loro potere di distrazione, cio il fascino perverso che esse esercitarono perfino su Ulisse, cos vago del suo cammino. Il verbo che Dante usa, sia qui che nel
Proemio, volgere, significa letteralmente girarsi, cio distrarre lattenzione e la volont dalla
meta del cammino (e in un senso analogo usato, ancora nel Proemio, v. 88: Vedi la bestia
per cu io mi volsi, poi in Inf., II, 62-63: ne la diserta piaggia impedito / s nel cammin,
che volt per paura, in Purg., XXX, 130: e volse i passi suoi per via non vera e in Purg.,
XXXI, 35-36: Le presenti cose / col falso lor piacer volser miei passi).

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Trasparenti sono i simboli del maschile che neutralizzano il potere di seduzione della lonza: la luce diurna del mattino; il sole che comincia il suo movimento ascensionale; la costellazione dellariete, che segna linizio della primavera
ed quindi associata allazione fecondante del sole; latto creatore dellamor
divino che imprime il movimento alluniverso. Il sintagma quelle cose belle
poi in significativa antitesi con le altre cose del v. 9: se queste alludono
alla oscenit del caos, quelle indicano, invece, la bellezza del cosmo, il che ci
riporta alla dicotomia originaria delle cosmologie platonica e manichea. Il
principio maschile dellordine sembra imporsi, quindi, su quello femminile
del disordine.
Il femminile riprende il sopravvento con la seconda fiera:
ma non s che paura non mi desse
la vista che mapparve dun leone.
Questi parea che contra me venisse
con la testalta e con rabbiosa fame,
s che parea che laere ne tremesse.

Accusata la presenza di stilemi cavalcantiani, in particolare di un sonetto per pi motivi legato al Proemio. Si tratta di Chi questa che vn, il cui secondo verso recita: che fa tremar di chiaritate lre.30 Sono genericamente
cavalcantiani anche lostilit belligerante che il fantasma manifesta nei confronti dellio, e la conseguente paura del poeta. Nella prima quartina di un
altro sonetto, Io temo che la mia disaventura, troviamo alcuni degli elementi
espressivi e tematici del I canto dellInferno (sostanzialmente, quelli generati
dalla paura):
Io temo che la mia disaventura
non faccia s chio dica: I mi dispero,
per chisento nel cor un pensero
che fa tremar la mente di paura.31

Lo stesso vale per il congedo di Io non pensava (47-53):


e prego umilemente a lei tu guidi
li spiriti fuggiti del mio core,
che per soverchio de lo su valore
eran distrutti, se non fosser vlti,

30. Sulle fonti scientifiche dellimmagine, e sul fenomeno della scintillazione, cfr. Domenico DE ROBERTIS (a cura di), G. C., Rime, Torino: Einaudi, 1986, p. 17.
31. Questo sonetto rinvia a sua volta a quello di Guittone Sel si lamenta (la cui prima quartina citata dai versi 55 e sgg. del Proemio): Sel si lamenta nullom di ventura, / a gran
ragion mi movo a lamentanza, / s come om, che si credia in altura, / ed caduto e tornato in bassanza. / E vo piangendo e moro di paura, / poi che mi vidi in tanta sicuranza / di
quella, ch pi bella criatura / che Deo formasse senza dubitanza.

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e vanno soli, senza compagnia,


e son pien di paura.
Per li mena per fidata via32

chiaro, per, che limmagine che ha guidato Dante nella rappresentazione del leone quella della donna descritta da Guido in Chi questa che vn,
la quale a sua volta era stata modellata, come si visto, sulla sposa del Cantico (terribilis ut castrorum acies ordinata, 6, 3). Nel suo approfondimento
parallelo delle componenti visionarie e distruttive del desiderio, Guido aveva
trovato nel testo biblico lo straordinario esempio di un femminile che seduce
ed atterrisce nello stesso tempo. La sua parodia del testo sacro fa del desiderio
lunica dimensione tragica dellesistenza, subordinando paradossalmente alla
sua logica sessuale ogni contenuto culturale (religione, filosofia, letteratura).
Soprattutto dipende dal desiderio (cio dalla conoscenza del femminile) la salvezza esistenziale e metafisica del soggetto maschile: non fu s alta gi la mente
nostra / e non si pose n noi tanta salute, / che propiamente navin canoscenza
(Chi questa che vn, 12-14). Dal canto suo Dante, dopo aver esposto nella
lonza laspetto sirenico del femminile, riprende pari pari da Guido ed attribuisce ad un superbo e famelico leone quegli effetti di metafisico tremore che
nellamico suscitava lamata. Mentre la lonza rappresenta il lato seduttivo della
femminilit, il leone ne rappresenta il lato biblicamente punitivo. Il vizio della
superbia, cui il leone sembra alludere, non solo non contraddice il suo simbolismo generico, ma anzi ribadisce una connessione concettuale del tutto
normale in Dante.33
Con ulteriore associazione onirica (che lanacoluto una lupa questa
sembra voler riflettere nella struttura grammaticale), la rabbiosa fame del
leone genera la magrezza della lupa:
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti f gi viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura chuscia di sua vista,
chio perdei la speranza de laltezza.

Figura riassuntiva delle due fiere precedenti, la lupa ne incrementa i valori negativi, declinando al femminile un vizio, la avarizia, che solo in quanto
vincolata ad attivit mercantili normalmente maschili pu essere considerata
come la suprema perversione della societ civile (gli esempi di avari, sia nel-

32. Il verso e vanno soli senza compagnia appare quasi intatto allinizio di Inf., XXIII: Taciti, soli, sanza compagnia.
33. Superba la donna gentile in Conv., III, ix, 1: parendo a me questa donna fatta contra
me fiera e superba alquanto, e Beatrice in Purg., XXX, 79-80: Cos la madre al figlio par
superba, / comella parve a me.

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lInferno che nel Purgatorio, sono di ecclesiastici).34 In Convivio, IV, 3, lavarizia antitetica al diritto appetito e alla vera conoscenza che inducono luomo
a sfuggire le ricchezze, quando non sono ordinate ad alcuno necessario servizio. E i due elementi che in prima istanza caratterizzano la lupa sono la
famelicit (le brame di cui segno la magrezza) e il potere economicamente
distruttivo (per lei molte genti vivono grame). Lidea di avarizia associabile ad essi
molto ampia, poich include da una parte la febbrile accumulazione di ricchezza, dallaltra gli effetti depauperanti (sugli altri) che essa genera. Si tratterebbe insomma di un capitalismo selvaggio basato sullo sfruttamento e lusura
(criticato con durezza dai movimenti pauperisti dellepoca).
Ma lidea concomitante che fa dellavarizia un vizio simbolicamente femminile (quindi lupa e non lupo) la prostituzione. Il principale nesso intertestuale il sonetto 167 del Fiore, nel quale la seduzione femminile a scopo di
lucro associata esplicitamente al comportamento della lupa:
La lupa intendo che, per non fallire
a prender ella pecora o montone,
quande le par di mangiar [i]stagione,
ne va, per una, un cento e pi asalire.
Cos si d la femina civire
sed ella avesse in s nulla ragione:
contra ciascuno riz[z]ar d il pennone
per fargli nella sua rete fedire

La connessione lupa-prostituta certo un luogo comune della cultura popolare, che spiega perfettamente luso ampio che Dante ne fa nel Proemio. Nella
Cronica di Compagni troviamo per due luoghi che potrebbero aver suggerito al poeta lidea di una lupa che impedisce o no il passaggio (non lascia altrui
passar per la sua via, spiegher poco dopo Virgilio):
2, 28: I Ghibellini e Bianchi, che erano rifuggiti in Siena, non si fidavano starvi, per una profezia che dicea: La lupa puttaneggia, ci Siena, che posta
per la lupa; la quale quando dava il passo, e quando il toglieva
2, 36: I Bianchi e i Ghibellini di Firenze cavalcarono ad Arezo con soldati
Pisani. I Sanesi dierono loro il passo: perch i cittadini di Siena marcavano
bene con anbo le parti; e quando sentivano i Bianchi forti, li sbandiano, ma il
bando era viziato, che non agravava: davano aiuto a Neri nelle cavalcare, e
mostravansi fratelli: e per parl di loro una profezia, la quale fra laltre parole della guerra di Toscana dicea: La lupa puttaneggia; che per la lupa sintende Siena

34. La comparazione con il passo scritturale normalmente addotto come fonte per le tre fiere
(Geremia, 5, 6: percussit eos leo de silva, lupus ad vesperam vastavit eos; pardus vigilans
super civitates eorum), mette semmai in rilievo la variante, e cio quel femminile lupa che,
in s, non ha nulla a che vedere con lavidit.

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

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Ma il nesso intertestuale pi pertinente, ed anzi decisivo, come si vedr


subito, nella configurazione dellintero canto, quello di Convivio, I, 9, in cui
lequivalenza di avarizia e prostituzione tocca il centro della ideologia letteraria di Dante:
Non avrebbe lo latino servito a molti: ch se noi reducemo a memoria quello
che di sovra ragionato, li litterati fuori di lingua italica non averebbono potuto avere questo servigio, e quelli di questa lingua, se noi volemo bene vedere chi
sono, troveremo che de mille luno ragionevolmente non sarebbe stato servito; per che non laverebbero ricevuto, tanto sono pronti ad avarizia che da
ogni nobilitade danimo li rimuove, la quale massimamente desidera questo
cibo. E a vituperio di loro dico che non si deono chiamare litterati, per che non
acquistano la lettera per lo suo uso, ma in quanto per quella guadagnano denari o dignitate ma lo volgare servir veramente a molti. Ch la bont de lanimo, la quale questo servigio attende, in coloro che per malvagia disusanza
del mondo hanno lasciata la letteratura a coloro che lhanno fatta di donna
meretrice; e questi nobili sono principi, baroni, cavalieri, e moltaltra nobile
gente, non solamente maschi ma femmine, che sono molti e molte in questa
lingua, volgari e non litterati.

Il primato negativo della avarizia-lupa, cos estraneo ad una impostazione


teologica convenzionale, che vorrebbe la superbia o linvidia come vizi principali (e Dante stesso ammette qui, v. 111, che invidia prima dipartilla), si
deve alla polemica anticlericale che accompagna la riflessione del poeta in
ogni fase del suo svolgimento: la prostituzione della letteratura praticata dai
chierici la causa sociale della perversione della cultura, che trasforma il
mondo in una selva in cui chiunque destinato a perdersi, poich venuto
meno il fondamento della civilt (la lettera, appunto).35 La redenzione civile
del mondo dipende dalla creazione di forme alternative di produzione letteraria (nella lingua, nei contenuti, nella identit di produttori e consumatori)
che rispondano al bisogno di cultura che una nobilt nuova, nella mentalit
e nei valori, attende. Si osservi la malvagia disusanza del mondo: la responsabilit della barbarie non esclusiva dei chierici; essa anche di quegli aristocratici di tipo tradizionale che hanno confuso la nobilt con la nascita ed
il patrimonio. Altra e ben diversa la nuova nobilt la quale questo servigio
attende.
Proprio la bont de lanimo del pubblico a cui Dante pensa richiama in
causa il simbolismo legato ai generi sessuali. Tanto la chiesa quanto laristocrazia, infatti, cio tanto gli oratores quanto i bellatores, sono, per definizione,
maschi, essendo inibite alle donne le pratiche relative ai due ordini, quella del
35. Il progressismo illuminato della difesa dantesca del volgare appare ancora pi chiaramente se
lo si compara con i pregiudizi antivolgari del Novellino, ben pi rappresentativo della cultura contemporanea al poeta (cfr., in particolare, LXXVIII, in cui al filosofo che volgarizza
la scienza venne in visione che le dee della scienzia, a guisa di belle donne, stavano al bordello; e ne danno la colpa a lui perch volgarizzar la scienzia si era menomar la deitade).

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sacro e quella della guerra. Laltra nobile gente, invece, formata da esseri
umani non solamente maschi ma femmine. Il simbolismo femminile convenzionale ed antico della lupa-prostituta lascia intravedere gi un diverso simbolismo, originale e moderno, in cui al femminile dovr essere almeno
parzialmente ascritta quella nuova nobilt che potr prosperare quando la lupa
sar ricacciata nellinferno.
E qual quei che volontieri acquista,
e giugne l tempo che perder lo face,
che n tutti suoi pensier piange e sattrista;
tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ncontro, a poco a poco
mi ripigneva l dove l sol tace.

La seconda comparazione del Poema, suggerita come la prima dalle associazioni simboliche (l il lago del cor che generava lacqua perigliosa; qui le
brame di ricchezza che generano lacquisto e la perdita), presenta un percorso morale inverso, dal positivo al negativo. La lupa determina, infatti,
lindietreggiamento del poeta verso il basso, cio verso la selva, e verso gli
stilemi petrosi ad essa collegati (Io son venuto, 22: onde laere sattrista tutto
e piagne). La sua oscurit viene per indicata, ora, con un nuovo significante. Il sole che tace, cio non risplende, implica infatti la doppia analogia
luce = parola / buio = silenzio, per la quale loscurit della selva si carica di un
senso metaforico inedito nella simbologia sessuale antica, e che allude palesemente al potere illuminante del Verbo.36 Di questa connessione fra luce e
parola Dante si era gi appropriato in un altro contesto, ridefinendola in un
senso radicalmente moderno. Si appena visto che la lupa-prostituta allude
ad una perversione che nel suo significato pi profondo letteraria. Proprio
per questo la selva oscura verso la quale la bestia ripigneva il poeta deve essere pensata, ora, come un luogo letterariamente muto, in cui ci che non
risplende il sole della letteratura. Il nesso analogico sole-letteratura (volgare) profeticamente fissato nel paragrafo finale dellultimo capitolo del I
trattato del Convivio:
puotesi vedere questo pane, col quale si deono mangiare le infrascritte canzoni, essere sufficientemente purgato da le macule e da lessere di
biado; per che tempo dintendere a ministrare le vivande. Questo sar
luce nuova, sole nuovo, lo quale surger l dove lusato tramonter, e dar
lume a coloro che sono in tenebre e in oscuritade per lo usato sole che a
loro non luce.

La selva nella quale il poeta sta per essere ricacciato dalla lupa, senza perdere il suo simbolismo femminile originario (il basso loco), acquista un nuovo
36. Il senso illuminativo dellespressione colto da John FRECCERO, nel quadro della sua lettura agostiniana del Proemio, in Dante. La poetica, p. 30.

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senso, molto pi problematico nella prospettiva dei generi sessuali: quello delle
tenebre prodotte dal silenzio della poesia per la avidit dei litterati.
Mentre chi rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.

Virgilio portatore di un simbolismo maschile innanzitutto perch si oppone alle fiere ed impedisce il rovinare di Dante in basso loco, ma anche perch rappresenta una razionalit di tipo poetico la cui funzione quella di illuminare
culturalmente gli esseri umani. Razionalit che certamente non in contraddizione con i valori cristiani, ma che altrettanto certamente ne ha preso il posto,
sussumendoli poeticamente. Ad una letteratura rinnovata dalla poesia in volgare Dante infatti attribuisce, nel Convivio, nel De Vulgari e soprattutto nella
Commedia, quel potere illuminativo che la religione attribuisce al messaggio
di Cristo. Si tratta di una poesia che, per assolvere questo compito, deve andare ben al di l del suo ambito estrinsecamente retorico, ed illuminare le coscienze con un messaggio di verit umana e divina. Tale funzione la poesia lha gi
avuta in et classica, secondo Dante, con Virgilio, appunto (in base alla visione medievale del Virgilio cristiano). Limmagine che usa Stazio, in Purg. XXII,
67-69, per indicare la consonanza fra la poesia virgiliana e la predicazione evangelica appunto quella del lampadoforo, cio di colui che illumina (pur restando soggettivamente escluso dal messaggio di verit che diffonde):
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e s non giova,
ma dopo s fa le persone dotte

La decadenza della letteratura si produce successivamente (a partire dalla


donazione di Costantino), quando lavidit dei chierici ne perverte i contenuti e la funzione. Il lungo silenzio di Virgilio dunque il silenzio della poesia, le cui ragioni si sono da tempo offuscate poich la letteratura stata
trasformata dai litterati, da donna che era, in meretrice.37 Inascoltata, la sua
parola si affievolita, ha perso il suo potere illuminante (fioca pu solo avere
valore visivo, data la simbologia sottesa al brano), che Dante riscopre ora in
extremis, un attimo prima di ripiombare definitivamente nel buio irrazionale
del silenzio poetico.
Lidentificazione della luce con la parola poetica e di questa con la razionalit (filosofica e religiosa) forse la struttura simbolica pi generale e produttiva della Commedia, quella che ne giustifica globalmente lideazione, ed
quindi quella pi intimamente legata alla autobiografia intellettuale del poeta.
37. Per un riepilogo della discussione sul significato del lungo silenzio di Virgilio, cfr. Gino
CASAGRANDE, Parole di Dante. Il lungo silenzio di Inferno, I, 63, in Giornale storico
della letteratura italiana, CLXXIV, 1997, p. 243-254.

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Ed poi anche il messaggio del Poema che pi chiaramente si apre verso i valori della modernit, poich subordina al linguaggio inteso come poesia, e quindi umanizza, ogni forma di civilt ed ogni esperienza di cultura (prima fra
tutte la religione, che solo attraverso la mediazione trascendentale della poesia conserva modernamente un senso). Il diserto che ora diventato la selva in
cui Dante rischia di perdersi di nuovo, la barbarie di un mondo privo di cultura, perch privo di poesia.38 Per la logica onirica che governa il canto, il personaggio e lapparizione di Virgilio sembrano generati dal nuovo significato
letterario secondo cui la selva stata simbolicamente ridefinita. Il disperato
grido di Dante la richiesta daiuto di un poeta che angosciosamente percepisce
lo svuotamento poetico del mondo. Essa formulata in latino, che ancora
la lingua della cultura, ed afferisce a una dimensione morale in cui poesia e
vita, cio civilt ed esistenza, sono la stessa cosa. Virgilio la voce poetica pi
autorevele, nella tradizione prossima a Dante, e quindi lunica che pu eventualmente ristabilire le ragioni della poesia, salvando Dante e tutti quelli che,
come Dante, avvertono lesigenza di un nuovo sistema di valori che li redima
dal diserto a cui la lupa, cio i litterati, li hanno condannati:
Quando vidi costui nel gran diserto,
Miserere di me, gridai a lui,
qual che tu sii, od ombra od omo certo!.

La seconda frase di Dante, e lalternativa con cui interroga la nuova apparizione, figura del bivio in cui il poeta si trova, poich dalla risposta dipender
il percorso di redenzione che gli si apre. Od ombra od omo certo significa
infatti: il nuovo cammino di salvezza, quindi la nuova poesia, che stanno per
essere indicati a Dante, implicano un itinerario fisico (omo certo) o metafisico
(ombra)? Lambiguit ontologica del personaggio appena apparso prepara il
protagonista (ed il lettore) alla zona dombra nella quale la poesia dovr penetrare per compiere la sua funzione redentiva. Virgilio scioglie subito il dubbio, dichiarando umbratile la sua sostanza, e, definendosi poeta, delimita il
terreno, poetico appunto, in cui la sua presenza ha senso nel Poema:39
Rispuosemi: Non omo, omo gi fui,
e li parenti miei furon lombardi,

38. Sulla identificazione di selva e deserto (intesi entrambi come barbarie), cfr. Jacques LE GOFF,
Il deserto-foresta nellOccidente medievale, in Il meraviglioso e il quotidiano nelloccidente medievale, Roma-Bari: Laterza, 1988, p. 25-50.
39. Che Virgilio rappresenti innanzitutto la poesia, ribadito in Inf., II, 67, quando Beatrice lo
prega di soccorrere Dante con la sua parola ornata, e poi in Inf., II, 113-114, quando
Beatrice spiega di averlo scelto come aiutante fidandomi del tuo parlare onesto / che onora
te e quei che udito lhanno. La funzione razionalizzatrice di cui Virgilio portatore (che la
tradizione esegetica ha indebitamente assolutizzato) senzaltro subordinata alla sua funzione poetica: in quanto poeta (non corrotto dallavarizia) che egli salver Dante e quanti credono nella necessit di una riforma morale e politica dellumanit.

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

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mantoani per patria ambedui.


Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto l buono Augusto
nel tempo de li di falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol dAnchise che venne di Troia,
poi che l superbo Iln fu combusto.
Ma tu perch ritorni a tanta noia?
perch non sali il dilettoso monte
ch principio e cagion di tutta gioia?.
Or se tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar s largo fiume?,
rispuosio lui con vergognosa fronte.
O de li altri poeti onore e lume,
vagliami l lungo studio e l grande amore
che mha fatto cercar lo tuo volume.
Tu se lo mio maestro e l mio autore,
tu se solo colui da cu io tolsi
lo bello stilo che mha fatto onore.
Vedi la bestia per cu io mi volsi:
aiutami da lei, famoso saggio,
chella mi fa tremar le vene e i polsi.

Il primo dialogo fra Dante e Virgilio il reciproco riconoscimento di due


poeti. Tutti i nessi culturali che vengono evocati, innanzitutto quello fra antichit
e modernit, poi quello fra letteratura e societ, e infine quello fra vita e morte,
cio fra realt fisica (Dante) e realt metafisica (Virgilio), sono filtrati dalla identit poetica che accomuna i due personaggi, da maestro ad alunno, da modello ad imitatore. Se la scena del Proemio ha un significato iniziatico, si tratta della
iniziazione di un poeta moderno, ad opera del pi prestigioso dei poeti antichi. La strana osservazione (nacqui sub Iulio, ) ancor che fosse tardi, significa
con ogni probabilit: nacqui troppo tardi per illuminare Cesare con la mia
poesia (ed impedirgli di distruggere con la guerra civile la libert dei Romani e
di imporre loro la sua signoria- secondo laccusa che in varie occasioni Dante
insinua contro Cesare).40 Losservazione seguente, vissi sotto il buono Augusto, significa al contrario: nonostante gli dei falsi e bugiardi potetti ispirare
Augusto con la divina fiamma della mia poesia, onde sono allumati pi di
mille (Purg., XXI, 95-96). Virgilio si presenta non semplicemente come poeta,
ma come poeta capace di educare la societ romana (attraverso limperatore)
con il messaggio della sua opera, il cui contenuto epico, il viaggio del giusto /
figliuol dAnchise, elemento del piano provvidenziale di redenzione dellumanit. Egli incarna, quindi, esemplarmente quella funzione che Dante ha riconosciuto nella poesia attraverso tutta la sua riflessione anteriore, funzione
civilizzatrice di orientamento culturale e politico della societ.
40. Cfr. soprattutto Mon., II, v, 15-17 e Purg., I, 71-75.

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in tale dimensione politico-trascendentale della poesia che vengono ripresi, e confermati nei loro valori, i simboli precedenti. Virgilio addita il luogo
maschile al quale Dante dovrebbe tendere (il dilettoso monte), invece di tornare a tanta noia; Dante indica lelemento femminile (la bestia) che lo ha
fatto indietreggiare, e gli chiede aiuto per affrontarla, poich sul piano della
poesia che pu essere risolto il conflitto che la lupa ha scatenato nella sua mente.
La conclusione di Virgilio che Dante dovr tenere un itinerario differente
(altro viaggio), poich lostacolo rappresentato dalla lupa insormontabile
sul piano della realt fisica convenzionale.41
Ci che subito sorprende, del discorso di Virgilio sulla lupa, lintensificazione dei simboli sessuali con cui la descrive. Il veltro, invece, rappresenta
linversione di segno e di genere (cio dal negativo al positivo, e dal femminile al maschile) della lupa.
A te convien tenere altro viaggio,
rispuose poi che lagrimar mi vide,
se vuo campar desto loco selvaggio:
ch questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo mpedisce che luccide;

Posta una connessione sostanziale fra i due simboli, la selva (esto loco selvaggio) e la lupa (questa bestia), questa ineluttabile principio di morte,
come gi in precedenza la selva (non lasci giammai persona viva).42 di
nuovo sul piano simbolico del femminile che viene svolto il tema degli effetti letali del male, un femminile esplicitamente accusato nei suoi caratteri generici (cio la prostituzione: Molti son li animali a cui sammoglia):
e ha natura s malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo l pasto ha pi fame che pria.
Molti son li animali a cui sammoglia,
e pi saranno ancora, infin che l veltro
verr, che la far morir con doglia.
41. Si osservi poi che il verso mi fa tremar le vene e i polsi deriva direttamente dal repertorio
della sintomatologia erotica ben familiare a Dante: in Vita Nuova, II, 4, allapparizione di
Beatrice, lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominci a tremare s fortemente, che apparia ne li minimi polsi orribilmente. La lupa dunque, come la selva, compendio di tutte le immagini dolorose di femminilit che hanno
costellato la biografia letteraria dellautore.
42. Come si gi osservato (n. 23), leffetto distruttivo della lupa analogo a quello del desiderio secondo Cavalcanti in Donna me prega, 35-37: Di sua potenza segue spesso morte,
/ se forte la vert fosse impedita / la quale aita la contraria via (e il loco selvaggio
in cui la bestia imprigiona il poeta echeggia le non gi selvagge bielt che son dardo,
del verso 60 della canzone): lelemento che Dante raccoglie dallamico lidea del bivio
morale, cio lalternativa fra vita e morte, che il desiderio impone allio.

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

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Questi non ciber terra n peltro,


ma sapenza, amore e virtute,
e sua nazon sar tra feltro e feltro.
Di quella umile Italia fia salute
per cui mor la vergine Cammilla,
Eurialo e Turno e Niso di ferute.
Questi la caccer per ogne villa,
fin che lavr rimessa ne lo nferno,
l onde nvidia prima dipartilla.

Il veltro, simbolo riassuntivo dei valori maschili come la lupa lo di quelli femminili, descritto con caratteri opposti a quelli della sua antagonista:43
mentre questa uccide gli uomini, egli uccider lei; mentre la lupa famelica
(di beni e ricchezze), egli si ciber di cultura (dobbiamo quindi immaginare
un tipo di intellettuale che incarni valori opposti a quelli dei chierici), e mentre lei genera nella cupidigia,44 egli nascer nella povert (il contesto sembra
indicare che il feltro il panno ruvido di case modeste, evocato in antitesi al lusso
dei ricchi).45
Si osservi ora con attenzione il verso ma sapienza, amore e virtute, poich ci permetter di definire meglio il profilo intellettuale del veltro. La risonanza teologico-trinitaria (analoga a quella che si avverte in Inf., III, 5-6: fecemi
la divina podestate, / la somma sapenza e l primo amore) disturba la percezione
di un nesso intertestuale molto pi pertinente, ed interno, alla riflessione letteraria di Dante. I tria magnalia che in De Vulgari, II, ii, 7 vengono indicati
come temi supremi della poesia in volgare, sono la cosiddetta Rota Virgilii: salus
(cio armorum probitas), venus (cio amoris accensio), virtus (cio directio
voluntatis). Poich il veltro ciber il secondo e il terzo dei contenuti della poesia illustre, la sua fisionomia intellettuale si avvicina molto a quella di un poeta.
Lelemento mancante, per giunta, la armorum probitas, appunto quello che
il De Vulgari indica come assente nella poesia italiana (Arma vero nullum
latium adhuc invenio poetasse), ed sostituito da un altro, la sapienza, che
allude inequivocabilmente alla filosofia (Conv., III, xi, 5):
43. La natura dialettica del veltro, cio la sua caratterizzazione per antitesi rispetto alla lupa,
indipendente quindi da simbolismi o allegorie predeterminati, fu evidenziata da Antonino PAGLIARO (Ulisse. Ricerche semantiche, p. 494). Gi Boccaccio, per, aveva osservato
che il poeta metaphorice chiama veltro, per ci che i suoi effetti saranno del tutto contrari allavarizia come il veltro di sua natura contrario al lupo (si noti, per, la neutralizzazione della opposizione di genere).
44. Cfr. Ep., XI, 14: Cupiditatem unusquisque sibi duxit in uxorem (Anna Maria CHIAVACCI LEONARDI, op. cit., p. 29).
45. Molto suggestiva per lipotesi avanzata da Paolo BALDAN (Per un veltro dal substrato materico-Inferno, I, in Italianistica, XXI, 2-3, 1992, p. 297-314), che lespressione tra feltro
e feltro alluda alla feltratura della carta, il nuovo materiale scrittorio che, per il suo basso
costo di produzione, sostituisce la pergamena a partire dalla seconda met del XIII secolo. Lumilt laica della carta (il veltro) si contrapporrebbe alla arroganza clericale della pergamena (la lupa), come supporto materiale della rivoluzione culturale auspicata dal poeta.

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Pitagora, domandato se egli si riputava sapiente, neg a s questo vocabulo e


disse s essere non sapiente, ma amatore di sapienza. E quinci nacque poi, ciascuno studioso in sapienza che fosse amatore di sapienza chiamato, cio filosofo; che tanto vale in greco philos com a dire amore in latino, e quindi
dicemo noi: philos quasi amore, e soph[os] quasi sapien[te]. Per che vedere si pu che questi due vocaboli fanno questo nome di filosofo, che tanto vale
a dire quanto amatore di sapienza.46

Ma proprio nellambito della filosofia si prodotta la rivoluzionaria svolta culturale con la quale Dante e i suoi amici hanno trasformato il linguaggio
della poesia (si ricordino, in particolare, il senno bolognese che Bonagiunta da
Lucca rimprovera a Guinizzelli in Vo chavete mutata la mainera, e luso moderno di cui il primo Guido antesignano secondo Purg., XXVI, 113). Sono
indizi sufficienti per concludere che nel veltro Virgilio sta descrivendo un poeta
italiano non ricco n aristocratico, non pervertito dallavarizia, come i litterati
di questa lingua (italiana), che quindi acquister la lettera per lo suo uso e
non per guadagnare denari o dignitate (Conv., I, ix, 2-3). Ci spiega che il suo
raggio dazione sia non la cristianit nel suo complesso (n lumanit in generale), ma lItalia, della quale egli sar salute, cio salvezza, in un senso che non
ha nulla a che vedere con la armorum probitas della Rota Virgilii, e che implica invece quella redenzione etica, estetica e metafisica che tema caratteristico della poesia dantesca. Daccordo con il programma politico-linguistico del
1 trattato del Convivio, e del De Vulgari, il veltro sar salvezza per gli Italiani, intesi come una collettivit culturale omogenea e distinta dalle altre, poich
fornir loro la nuova lingua di cultura nella quale potr esprimersi la loro identit etnica, ossia litaliano.47 Come Dante ha dimostrato nelle due opere, il
conflitto linguistico volgare-latino riflette direttamente il conflitto politico fra
una concezione laica dello stato e una concezione ecclesiastica, e lItalia pu
avere identit politico-culturale (allinterno dellImpero, ma comunque distinta dagli altri regni nazionali della cristianit), solo se i suoi intellettuali adotteranno il volgare italiano e i valori laici che esso esprime poeticamente.
Lavanguardia intellettuale che dovr fare lItalia dando forma alla sua lingua
rappresentata da poeti, dei quali il veltro figura allegorica nella quale Dante
ha proiettato la propria coscienza poetica, proponendosi cos come modello
della nuova classe di intellettuali di cui lItalia ha bisogno per esistere come
nazione.48 Certo, Virgilio definisce lItalia a partire dalla fondazione mitica di
46. Si consideri che Dante abbastanza severo nei confronti delluso venale della filosofia: N
si dee chiamare vero filosofo colui che amico di sapienza per utilitade, s come sono li
legisti, [li] medici e quasi tutti li religiosi, che non per sapere studiano ma per acquistare
moneta o dignitade; e chi desse loro quello che acquistare intendono, non sovrasterebbero
a lo studio (Conv., III, xi, 10).
47. Sul valore etnico che ha qui lItalia, daccordo con tutta la restante opera dantesca, cfr. Antonino PAGLIARO, Il proemio, in Ulisse, p. 43-53.
48. Non pu coincidere, quindi, con il veltro il cinquecento diece e cinque di Purg., XXXIII,
43, che, in quanto reda della aguglia, allude necessariamente ad un politico (con simbo-

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

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Roma, cos come viene celebrata nellEneide. Ma confondendo ed alternando


vincitori troiani e vinti italici, egli allude molto pi alla Italia moderna potenzialmente unificata attorno ad una corte e ad una lingua (cos come la pensa
Dante), che non al territorio a partire dal quale Roma avrebbe creato il suo
impero. E definendosi mantovano (come nel VI del Purgatorio), mette in risalto, pi che la sua latinit, la sua italianit, indipendente dalla lingua che usa
(che comunque, per il fatto di essere latino dellet classica, esente dalla prostituzione letteraria dei chierici).
In questa evocazione dellItalia come ambito della azione redentiva del veltro, sono del resto presenti simboli generici troppo evidenti e troppo legati alla
esperienza poetica dantesca per non pensare che nel veltro il poeta abbia inteso rappresentare se stesso. Innanzitutto lumilt dellItalia, lontanissima dal
senso che laggettivo ha nellEneide (pianeggiante) ed invece vicinissima alla
immagine positiva di donna che Dante e Cavalcanti avevano descritto nella
loro lirica. In Guido (Chi questa che vn, 7) donna dumilt lespressione con cui viene indicata lamata, ed a lei sono connesse, in rima, come qui, la
vertute e la salute dellamante. In Dante umilt e salute sono le prerogative tipiche di Beatrice, benignamente dumilt vestuta, in Tanto gentile, e donna
della salute, nella Vita Nuova. Limmagine dellItalia (qui, come poi nel VI
del Purgatorio) chiaramente costruita secondo la simbologia femminile elaborata dal poeta liricamente, cio come supremo oggetto di desiderio da parte
di un io poetico maschile.
In effetti, lallusione allItalia determina drasticamente, nella geografia e
nella storia, un paesaggio finora solo simbolico ed onirico, ed indica con precisione autobiografica i termini, fisici e ideali, del territorio in cui il Poema
aspira ad essere letto: si tratta delle parti quasi tutte a le quali questa lingua
si stende, per le quali il poeta andato peregrino, quasi mendicando, sferzato dal vento secco che vapora la dolorosa povertade (Convivio, I, iii, 4-5).
Ma questa brusca caduta del simbolico nel reale ha anche leffetto di capovolgere i valori assegnati ai simboli sessuali. Il femminile ora, nella prospettiva
originalissima della propria poesia, il valore assolutamente positivo che introduce un generale cambiamento di direzione della storia, aprendo le porte della
modernit a un nuovo sistema di valori, coincidenti con quelli che Dante
andato elaborando nelle opere anteriori, e che hanno nella donna e nel femminile (cio Beatrice) il loro simbolo pi elevato.
Tale femminilit redentiva si precisa subito in una immagine di strordinaria efficacia evocativa, per la densit delle allusioni poetiche e culturali che
contiene: la umile Italia di cui il veltro sar salute ha gi avuto dei martiri,
ma il primo di loro ad essere nominato la vergine Camilla. Fra gli eroi
ricordati da Virgilio, quella pi significativa (lunica del gruppo che apparir poi
nel Limbo, a stretto contatto con Cesare) dunque una donna, la cui vergilogia numerologica di tipo apocalittico). Ma intercorre, fra i due passaggi, la riflessione
sullo stato che sfocia nella composizione della Monarchia.

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Raffaele Pinto

nit indica la purezza dei costumi, in antitesi con la lupa che si ammoglia con
molti, ed in consonanza solo parziale con la madre di Cristo, alla quale la accomuna la verginit, ma dalla quale la distingue il fatto di essere una guerriera, e
di contribuire alla salute degli Italiani morendo. probabile che qui Dante
stia di nuovo pensando a Beatrice, che solo da morta potr salvarlo, come Cristo, che salva lumanit morendo. La Camilla dantesca potrebbe essere definita come la controfigura epica di Beatrice; essa rappresenta, nelluniverso
poetico virgiliano, la prefigurazione della donna che, morendo, salva Dante,
aprendo alla sua immaginazione e al suo desiderio lo spazio metafisico della
trascendenza.
Ondio per lo tuo me penso e discerno
che tu mi segui, e io sar tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno,
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
cha la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti
nel foco, perch speran di venire
quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ci pi di me degna:
con lei ti lascer nel mio partire;
ch quello imperador che l s regna,
perchi fu ribellante a la sua legge,
non vuol che n sua citt per me si vegna.
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi la sua citt e lalto seggio:
oh felice colui cu ivi elegge!.

La descrizione di tale itinerario alternativo (un loco etterno, cio la zona


dombra del reale, la geografia della morte che i due poeti dovranno attraversare per ricostruire quel rapporto con la trascendenza che i litterati hanno spezzato per la loro avidit) ha senso, nellottica del simbolismo dei generi, nella
distinzione delle due guide. Alla seconda si allude con una espressione genericamente vaga, unalma, che crea, per, intorno a lei unattesa che rende
ancora pi clamoroso il trionfo del femminile del canto seguente. Le tre donne
che dal Paradiso si preoccupano, in Inf. II, della ventura di Dante corrispondono,
infatti, sullo stesso piano generico ma con inversione di segno, alle tre fiere
che gli impediscono il cammino. E se Virgilio il razionalismo della poesia
(Tratto tho qui con ingegno e con arte, Purg., XXVII, 130), Beatrice , sullo
stesso piano simbolico ma con inversione di genere, il teologismo della poesia, cio, come si cercato di mostrare in altra occasione,49 il compito modernamente assegnato al linguaggio di umanizzare il trascendente, trasformandolo
49. Cfr. il mio Dante e le origini della cultura letteraria moderna, Paris: Champion, 1994.

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

Quaderns dItali 6, 2001

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in esperienza personalmente vissuta, compito che lei porta a termine in quanto fu ed ancora, dopo morta, fonte di piacere e oggetto di desiderio per il
poeta, (lo tuo piacere omai prendi per duce, ibid., 131). La sua femminilit
intrinseca al suo ruolo di guida e maestra, ed anzi ne aspetto sostanziale,
poich grazie ad essa che la conoscenza, nel suo rango dottrinale pi elevato,
si traduce finalmente nella parola poetica che la umanizza. Con Beatrice il
femminile irrompe nel discorso culturale italiano ed europeo, non come astratta personificazione ma come a priori espressivo, smentendo il teologismo tradizionale nel suo fondamento generico-antropologico, cio nella pregiudiziale
antidottrinale che grava sulla donna, secondo la dura ingiunzione paolina (I
Tim., 2, 11-15):
Mulier in silentio discat cum omni subiectione. Docere autem mulierem non
permitto, neque dominari in virum: sed esse in silentio. Adam enim primus
formatus est: deinde Eva: et Adam non est seductus: mulier autem seducta in
praevaricatione fuit. Salvabitur autem per filiorum generationem, si permanserit in fide, et dilectione, et santificatione cum sobrietate.

Se si tiene conto della cultura teologica antica (che questo frammento perfettamente riassume nel suo rigore misogino),50 ancor pi improbabile del
viaggio di un vivo nellal di l, il fatto che a guidarlo, insegnando, sia un essere umano di sesso femminile.51
Poeta antico (Inf., X, 121), Virgilio fu ribellante alla legge di Dio (bench ne intuisse oscuramente la presenza) e quindi gli precluso laccesso alla
dimensione spirituale dellal di l (la cristiana Civitas Dei), nella quale Dante
sar guidato dalla donna che ha ispirato una parte fondamentale della propria
poesia. Il salto cronologico dallantico al moderno implica un radicale cambiamento di prospettiva ermeneutica: antichit e modernit non si oppongono pi solo sul piano religioso (paganesimo vs. cristianesimo); fra di essi si
aperta una divaricazione linguistica (latino vs. volgare) e generica (maschile
vs. femminile) che in certo modo neutralizza quella opposizione (lunica pertinente, in una prospettiva clericale). Mentre nella cultura antica il sistema
simbolico dei generi prevede la supremazia del maschile sul femminile (ci che
la letteratura latina manifesta attraverso il primato dellepica), nella cultura
moderna esso adombra la supremazia del femminile sul maschile (ci che la
50. Il culto mariano temper in parte, come noto, tale misoginia. Si osservi per che nella
Vergine viene esaltata, con paradosso dogmatico, proprio la maternit, cio lunica funzione positiva che la teologia tradizionale attribuisce alla donna (che, in Paolo, salvabitur per
filiorum generationem).
51. Confondere Beatrice con le antiche allegorie femminili della sapienza (come nelle letture
mistico-esoteriche di Dante) significa trascurare la sua principale novit storica, e cio listanza
espressiva femminile e moderna di cui lei veicolo (sullidea di lingua materna in Dante e
nel dibattito umanistico-rinascimentale, cfr. il mio La donna come alterit linguistica, in
Sergio ZATTI (a cura di), La rappresentazione dellaltro nei testi del Rinascimento, Lucca: Pacini Fazzi, 1998, p. 13-32).

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Raffaele Pinto

letteratura italiana delle origini manifesta attraverso il primato della lirica e lemarginazione dellepica). Indicando in Beatrice una guida di rango pi elevato (anima pi di me degna), Virgilio sancisce sul piano ideologico tale
trasformazione. Le dicotomie generiche fin qui evidenziate scambiano infatti
i loro valori, innanzitutto quella basso / alto, poich Beatrice che, in quanto donna desiderante e desiderata, permetter a Dante di salire, cio di accedere
poeticamente alle beate genti;52 e poi quella ombra / luce, che prima, nella
polarit valle - colle, subordinava il femminile al maschile, mentre ora, nella
polarit terra - cielo, subordina il maschile al femminile. E lo stesso vale,
implicitamente, per tutte le altre.
Il nuovo sistema simbolico generato dalla inversione dei valori non per
dualistico, poich il femminile supera il maschile senza contrapporsi ad esso.53
Fra i due generi sessuali e le rispettive simbologie esiste un rapporto di complementariet: bisogna attraversare la regione fisica e maschile (sublunare) della
trascendenza (lerte vie e larte di Purg., XXVII, 132) per accedere alla regione, spirituale e femminile, della luce. Un nuovo dualismo si profila, invece,
come s visto, sul piano della coscienza storica, nella opposizione di antico
(assiologicamente maschile) e moderno (assiologicamente femminile). Ma qui
sono implicate le componenti pi personali della riflessione dantesca sulla letteratura, e cio la novit e la modernit della propria poesia: lo scatto trascendentale che permette a Dante di superare poeticamente i limiti delluniverso
fisico e di secolarizzare lo spazio metafisico, possibile solo in virt di quel
culto del femminile con cui egli ha spiritualizzato leros e che stato il tema
dominante di tutta la sua ricerca anteriore alla Commedia. Fulminea ricapitolazione di tale ricerca, citata praticamente in ogni suo versante, il I canto dellInferno presenta il Poema come lapprodo di una esplorazione che, partendo
dalla lirica, ha interrogato la cultura letteraria investigandone tutti gli aspetti,
52. Lo stesso schema si ripete nellultima parte del viaggio, in cui S. Bernardo preannuncia a
Dante la successiva e superiore mediazione di Maria (Par., XXXI, 100-102: E la regina
del cielo, ondo ardo / tutto damor, ne far ogne grazia, / per chi sono il suo fedel Bernardo).
53. Tale inversione di valori si avverte nelle parole con cui viene celebrata la prima apparizione
di Beatrice a Dante in Vita Nuova, II, 4: lo spirito della vita disse queste parole: Ecce
deus fortior me, qui veniens dominabitur michi. La frase allude, in prima istanza, al dominio che il desiderio esercita, attraverso Beatrice, sulla vita del poeta (dominio che interno
alla mente, ed implica quindi ladesione dellio). Il testo per infarcito di risonanze scritturali (su cui cfr. Domenico DE ROBERTIS, D.A., Opere Minori, t. I, p. I, p. 31), fra le
quali segnalerei la condanna di Eva in Genesi, 3, 166: sub viri potestate eris et ipse dominabitur tui, che mostra bene come ladesione dellio maschile al principio del desiderio
implichi il capovolgimento del rapporto di potere e dominio fra i generi sancito dalla cultura patriarcale antica. Tale capovolgimento ha quindi unorigine storica precisa: esso si
produce nel momento in cui lamore di un sesso verso laltro diviene il fondamento della letteratura, naturalizzando la cultura attraverso il linguaggio. Daltra parte la reversibilit del
desiderio (in quanto soggetto desiderante la donna si espone al dominio di una immagine
maschile) neutralizza il fondamento generico del dualismo antico, che sopravvive modernamente solo come astratto paradigma filosofico (razionale vs. irrazionale).

La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel I canto dellInferno

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ma senza mai abbandonare loggetto che fin dal principio lha ispirata, il culto,
appunto, ossessivo ma anche redentivo, del femminile. Ecco allora che il desiderio, che la poesia moderna adotta come unico ed assoluto principio ispiratore (a norma di Vita Nuova, XXV e Purg., XXIV e XXVI), pu divenire il
fattore storicamente originale che capovolge il rapporto fra i generi sessuali ed
il loro stesso significato simbolico, permettendo per la prima volta ad un essere umano, in quanto poeta, di varcare la soglia della trascendenza:
E io a lui: Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acci chio fugga questo male e peggio,
che tu mi meni l dovor dicesti,
s chio veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti.
Allor si mosse, e io li tenni dietro.

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Le strategie del chiedere nelle Lettere


di Caterina da Siena1
Rita Librandi
Universit della Basilicata

Abstract
Le Lettere di Caterina da Siena sono state pi volte studiate sul piano dellespressione linguistica e delle strategie retoriche, e se ne sono evidenziate tanto le caratteristiche di unitariet
quanto i tratti di variazione in rapporto al destinatario e allargomento. Lo studio che qui
si presenta intende individuare lincidenza dellintenzione comunicativa sul variare di lingua e stile lungo il corpus delle Lettere. Si analizzano in particolare i procedimenti messi in
atto dalla santa senese per chiedere ai propri interlocutori lobbedienza al volere divino,
losservanza di alcune regole comportamentali o, con maggiore energia, lazione decisa contro i nemici della fede. In tutte le lettere, infatti, un posto centrale e ineliminabile assunto dalla petitio rivolta in forme adeguate e diverse ai propri destinatari. Il chiedere e loggetto
della richiesta sono sottolineati ora da un uso sapiente dei verbi volere e pregare, ora dalla sostituzione impercettibile del pronome allocutivo che spersonalizza linterlocutore, ora dallalternarsi della prima e della seconda persona in rapporto al contenuto da comunicare.
Il rilievo dato a ci che Caterina chiede, e al modo in cui lo chiede, senzaltro legato al ruolo
profetico della santa, che nelle Lettere, al contrario di quanto avviene nel Dialogo della divina provvidenza, affiora in modo costante. Caterina profeta, perch profetica la missione di chi si pone come guida dei cristiani nella loro vita storica ancor prima che nella loro
spiritualit, e ogni strategia messa in atto nellepistolario per ottenere la vittoria del bene
testimonianza di una tale funzione.
Parole chiave: lettere di Caterina da Siena, strategie retoriche, il comando e la richiesta, il
ruolo profetico, il magistero.
Abstract
The Strategies of Asking in the Letters of Saint Catherine of Siena. The Letters of St. Catherine of Siena have been repeatedly studied for their linguistic expression and rhetorical
strategies; both similarities and differences relative to the recipient and to the topic have
already been focused. The study here presented seeks to establish the effect of the communicative intention on changes in language and style in the corpus of the Letters. In par1. Si presenta qui una versione lievemente modificata della relazione tenuta al VII Seminario
di storia e teologia della mistica della Fondazione Franceschini su Caterina da Siena. Testo
contesto e fortuna dellEpistolario, tenutosi a Firenze, Certosa del Galluzzo, il 12 giugno
2001. Ringrazio gli organizzatori del Seminario per lautorizzazione concessami.

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Rita Librandi

ticular, the procedures used by Catherine in asking her correspondents to obey the divine
will, observe some rules of conduct or, more passionately, vigorously act against the enemies
of faith are analyzed here. In all the Letters, a central position is taken by the petitio which
is addressed in different and adequate styles to the recipients. The asking itself and the
object of it are underlined either by a sophisticate use of the verbs to want and to pray, or
by the unnoticeable substitution of the addressing pronoun that depersonalizes the interlocutor, as well as by the alternate use of the first and second person, according to the content to be conveyed. The relevance ascribed to what Catherine requires, and the way in
which she demands it, is related to the Saints prophetic role which regularly emerges from
the Letters, while it is absent in the Dialogue of Divine Providence. Catherine is a prophet:
prophetical is the mission of one who sets herself as a guide to Christians in their wordly
affairs rather than in their spirituality. Every single strategy adopted in the Letters to obtain
the victory of the good witnesses this role.
Key words: Catherine of Siena letters, rhetoric strategies, the order and the request, the
prophetic role, the teaching.

1. Premessa
Lauspicio che Aldo Manuzio manifestava, indirizzando la stampa delle Epistole devotissime de sancta Catharina da Siena (1500) al cardinale Francesco Piccolomini, era che le lettere della santa senese si diffondessero per il mondo
come gravissimi predicatori (c. 1) e che riuscissero a rifondare la rettitudine
dei fedeli e la guida della Chiesa a capo della cristianit. Il loro testo avrebbe
dovuto svolgere lo stesso ruolo di una predicazione vigorosa, secondo uninterpretazione comune sia ai pi stretti discepoli di Caterina sia agli autori delle
prime raccolte, che avevano spesso adattato e organizzato i testi in funzione
predicatoria.2 La predeterminazione di un tale ruolo, oltre al tono e allandamento palesemente oratori che con tanta frequenza affiorano dalle Lettere, ne
ha quasi sempre condizionato le letture critiche; le osservazioni, daltro canto,
che qui si intendono fare non si propongono di smentire una tale linea di interpretazione, ma piuttosto di verificarla da altri punti di vista, se vero che la
molteplicit dei piani di cui si compone lepistolario cateriniano non pu che
condurre ad analisi dagli aspetti molteplici.
Ci che pure stato pi volte notato negli studi sulle lettere della santa,
accanto alla frequenza dei tratti oratori, lunitariet dei testi, che si rileva al
di l delle variazioni provocate da contenuto, occasione, destinatario e, complessivamente, dalla situazione comunicativa. Si pu anzi dire che lunitariet
delle Lettere laspetto su cui pi ci si soffermati, cercandola oltre la ripetitivit
delle formule protocollari e, in una parola, di quella cornice pragmatica tipica del genere epistolare che, presumibilmente attribuibile allopera di sistemazione di discepoli e curatori delle raccolte, aveva fatto parlare il Dupr
Theseider di una cancelleria della santa e di una quasi burocratica struttu2. Cfr. Marina ZANCAN, Lettere di Caterina da Siena [1992], in Il doppio itinerario della
scrittura. La donna nella tradizione letteraria italiana, Torino: Einaudi, 1998, p. 113-153
a p. 127.

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

Quaderns dItali 6, 2001

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ra.3 Lunitariet, intravista, come si diceva, anche oltre lo scheletro formulare, trova conferma, secondo Giovanni Getto, nella ripetitivit della struttura,
costituita da un rigido corpo centrale della lettera distinto in una parte mistica e in una di carattere pratico.4
Molto pi articolata, e ancor oggi termine di confronto, lanalisi svolta
nel 1941 da Giacomo Devoto, che preferisce indagare sulle variet che spezzano
luniformit delle Lettere, ma che ritornano in modo costante, confermando
cos lunitariet del corpus.5 Le variazioni nello stile e nella testualit si manifestano soprattutto nel differenziarsi del periodare o, ancor pi, del ritmo della
periodizzazione in rapporto alla necessit di esortare, spiegare o affermare.
Anche Devoto, peraltro, ritrova con forza, nelle Lettere di Caterina, limpeto della
predicazione che armonizza linsieme, fornendogli un carattere alto e letterario, interrotto soltanto nei luoghi in cui linevitabile esposizione dei fatti assume i tratti della scrittura incolta o, forse meglio, delloralit.6
Tutto ci, come si diceva, rimane ancora oggi un punto di riferimento
importante per la lettura dellepistolario cateriniano, e ci che vorremo qui
approfondire proprio lavvicendarsi delle variazioni in dipendenza di alcuni
elementi della situazione comunicativa. Gi stato pi volte notato il mutare
dellesposizione, nel corpus delle Lettere, in rapporto al destinatario o al contenuto del testo, ma in che misura incide, sullalternarsi di lingua e stile, lintenzione comunicativa di Caterina e, soprattutto, nel suo atto di comunicare,
3. Eugenio DUPR THESEIDER, Il problema critico delle lettere di santa Caterina da Siena, in
Bullettino dellIstituto storico italiano per il Medio Evo, 49, 1933, p. 117-278, le p. 229239; e Caterina da Siena, in Dizionario biografico degli italiani, Roma: Istituto dellEnciclopedia italiana, 22, 1979. Il Dupr, com noto, giunse a dimostrare lesistenza di una
piccola cancelleria, sia pure rudimentale, di s. Caterina, nonostante lopinione contraria di
Robert FAWTIER, Sainte Catherine de Sienne. Essai de critique des sources, vol. I: Sources hagiographiques, Paris (Bibliothque des coles franaises dAthns et de Rome, 121), 1921, p.
XI e XII, e vol. II: Les oeuvres de Sainte Catherine de Sienne, Paris (Bibliothque des coles
franaises dAthns et de Rome, 135), p. 13 e 125, e vd. Enzo PETRUCCI, Antonio VOLPATO, Sofia BOESCH GAJANO, Il contributo di Eugenio Dupr Theseider agli studi cateriniani, in
Atti del Simposio internazionale cateriniano-bernardiniano (Siena 17-20 aprile 1980), a cura
di Domenico MAFFEI e Paolo NARDI, Siena: Accademia senese degli Intronati, 1982, p.
255-270, a p. 262. Cfr. ancora, per la formularit delle Lettere, Giovanni GETTO, Lintuizione
mistica e lespressione letteraria di Caterina da Siena [1939], in Letteratura religiosa del Trecento,
Firenze: Sansoni, 1963, p.107-267, le p. 166-167, e Giacomo DEVOTO, Secoli da S. Caterina da Siena [1941], in Studi di stilistica, Firenze: Le Monnier, 1950, p. 219-244, le p.
220-223.
4. Giovanni GETTO, Lintuizione mistica, cit., p. 167.
5. Giacomo DEVOTO, Secoli da S. Caterina, cit., passim.
6. Ivi, p. 224-225 e 228 e vd. Marina ZANCAN, Lettere di Caterina da Siena, cit., p. 127-128
e 145-146. Alcuni aspetti delloratoria alta e dellintromissione del parlato sono messi in
evidenza da Alvaro BIZZICCARI, Linguaggio e stile delle Lettere di Caterina da Siena, Italica, 53, 1976, p. 320-346. Cfr., per gli studi storico-linguistici su s. Caterina da Siena e
per uninterpretazione dello studio di Devoto, Maria CATRICAL, Caterina e la storia della
lingua italiana, in Con locchio e col lume, Atti del Corso seminariale di studi su s. Caterina
da Siena (25 settembre - 7 ottobre 1995), a cura di Luigi TRENTI e Bente KLANGE ADDOBBO, Siena: Edizioni Cantagalli, 1999, p. 121-129.

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Rita Librandi

come si esalta la forza illocutiva dellintenzione pratica?7 quanto qui ci si


propone di cominciare a indagare.
2. Voglio e prego
La struttura e larticolazione delle Lettere, oltre che la fissit della cornice pragmatica, valicando lo status del destinatario e il rapporto di maggiore o minore familiarit che lo lega allautrice, presentano una regolare distribuzione tra
unit testuali ritornanti. Le sezioni in cui si divide il testo non sono sempre
tutte presenti, anche perch il loro numero e la loro natura varia sulla base dellestensione e dellargomento. Nelle lettere di pi complessa e completa articolazione, tuttavia, al desiderio, espresso da Caterina nella formula fissa
dellincipit,8 segue una parte di esposizione e di meditazione morale o spirituale, cui pu succedere, ma con regolarit molto minore, una forma di narratio di fatti esemplari, o di eventi reali connessi alla precedente esposizione.
Ci che non si omette mai, nellarticolazione delle epistole, lesortazione,
lincitazione o anche lordine a tenere un determinato comportamento o a
compiere una particolare azione. Le lettere di Caterina non aderiscono in alcun
modo alle regole del dictamen,9 n ne riproducono la suddivisione nelle cinque parti, ma sicuramente ne rispettano il ruolo centrale della petitio, che non
per nulla diviene esclusivo nelle lettere pi brevi, dove tutto pu essere omes-

7. Sigfrid J. SCHMIDT, Teoria del testo e pragmalinguistica, in La linguistica testuale, a cura di


Maria-Elisabeth CONTE, Milano: Feltrinelli, 1989, p. 248-271; cfr., per lincidenza dellintenzione comunicativa sulle rivelazioni di s. Caterina, Antonio VOLPATO, Ascolto,
memoria, narrazione: continuit e innovazione nelle rivelazioni di santa Caterina da Siena,
in Scrivere di santi, Atti del II Convegno di studio dellAssociazione italiana per lo studio della
santit, dei culti e dellagiografia (Napoli, 22-25 ottobre 1997), a cura di Gennaro LUONGO, Roma: Viella, 1998, p. 177-204.
8. ben noto il modulo di apertura delle Lettere, dove, quasi sempre, allinvocazione iniziale
seguono lindicazione del destinatario, la sottoscrizione, con formula di umilt, e lespressione immediata del desiderio. Si veda, per tutte, le prime due lettere indirizzate a Gregorio
XI: All nome di Ges Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio. A voi
dilettisimo e reverendo padre in Cristo Ges. La vostra indegna misera miserabile figliuola Catarina, serva e schiava de servi de Ges Cristo, scrive a voi nel pretioso sangue suo;
con desiderio di vedervi uno arbolo fruttifero, pieno di dolce e soavi frutti, piantato in terra
fruttifera, ch, se fusse fuora della terra, seccarebbe e non farebbe frutto, cio la terra del
vero cognoscimento di noi; Al nome di Ges Cristo crucifisso e di Maria dolce. Santissimo
e reverendissimo padre mio in Cristo Ges. Io Caterina, indegna e miserabile vostra figliuola, serva e schiava de servi di Ges Cristo, scrivo a voi nel pretioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono (E. Dupr Theseider, Epistolario di santa Caterina da Siena,
vol. I, Roma: Istituto storico italiano per il medioevo, 1940, pp. 212-213 e 268-269; dora
in poi ledizione sar indicata con la sigla D seguita dal numero della pag., quando il testo
non sia incluso in D, si cita dalle Lettere di Caterina da Siena, con note di Niccol Tommaseo, a cura di P. Misciatelli, Siena: Libreria Giuntini Bentivoglio, 1913, indicata dora
in avanti dalla sigla T, seguita dal numero della lettera. Allindicazione della pag. di D si
far seguire, per comodit, anche il numero della lettera di T).
9. Vd. Alvaro BIZZICCARI, Linguaggio e stile, cit., p. 321-322.

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

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so, tranne la richiesta ai propri destinatari di rivolgersi al bene. Si pu anzi dire


che limportanza di ci che si chiede sia enfatizzata nellepistolario dalla sua
anticipazione nellincipit, tramite limmediata espressione di quel desiderio
che condiziona e indirizza tutto landamento della lettera.
La richiesta di Caterina, quando non sia direttamente rappresentata dal
modo imperativo dei verbi, con cui ingiunge comportamenti e azioni particolari, introdotta esplicitamente, e quasi esclusivamente, dai due verbi volere e pregare, che tuttavia non sono adoperati in modo indifferente. Si assiste
a una sorta di dosaggio della volont e della preghiera, ripetuto, al di l del
destinatario, non in modo costante, ma con rilevante frequenza. A giudicare
dalle 121 lettere incluse nel CD-ROM dei testi della letteratura italiana di
LIZ3,10 che riproduce ledizione del Tommaseo, Caterina sembrerebbe esprimere la propria volont ai destinatari con pi frequenza della preghiera: voglio
ricorre, infatti, 146 volte contro le 113 di prego. Io voglio detto a chiunque e senza distinzioni, ancora una volta, di status o di rapporti personali;
tutte le volte in cui ricorre, per, il verbo esprime la volont della santa di
imporre un comportamento morale o di spingere allosservanza di regole religiose, e in nessun caso riguarda unazione politica o un gesto concreto da
compiere:
Cos voglio che vi serriate nel costato uperto del Figliuolo di Dio (D p. 127 T n. 273);
E per vi dissi che io desideravo di vedervi ripiena del fuoco dello Spirito santo
[] voi e l figliuolo vostro, voglio vedervi e sentirvi accesi di questo amoroso
fuoco (D p. 163 - T n. 145);
Voglio che siate quello vero e buon pastore che, se aveste cento migliaia di vite,
vi disponiate tutte a darle per lonore di Dio e salute delle creature (D p. 215
- T n. 185).

Le lettere sono indirizzate rispettivamente al proprio padre spirituale Raimondo da Capua, alla regina Elisabetta, madre di Luigi il Grande, re dUngheria e al pontefice Gregorio XI; a questultimo, in particolare, e nella stessa
epistola, Caterina chiede che egli intervenga presso le citt di Lucca e Pisa, aiutandole in ci di cui hanno bisogno, ma anche convincendole a non aderire
alla lega antipapale. In questo contesto, come si pu vedere dallesempio che
segue, la richiesta introdotta dal verbo pregare:
Pregovi che vi mandiate profferendo come padre, in quello modo che Dio vamaestra, a Lucca e a Pisa, sovvenendoli in ci che si pu e invitandoli a stare
fermi e perseveranti (D p. 218 - T n. 185).

10. Letteratura italiana Zanichelli, CD-ROM dei testi della letteratura italiana, a cura di Pasquale STOPPELLI e Eugenio PICCHI, Bologna: Zanichelli, 1997.

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Rita Librandi

E immediatamente dopo, per sollecitare il papa a mettersi in contatto con


il signore di Pisa, Piero Gambacorta, e a scegliere un buon vicario per lordine
dei domenicani, scrive:
Pregovi che ne scriviate anco strettamente a misser Piero, e fatelo sollecitamente e non vindugiate [] inteso che l maestro dellordine nostro voi el
dovete promuovere ad altro benefitio. Pregovi, per lamore di Cristo crucifisso,
che, selli cos, che voi procuriate di darci uno buono e virtuoso vicario (D p.
218-19 - T n. 185).

In una stessa lettera rivolta al pontefice, la funzione distinta dei due verbi
appare pi chiara per la loro compresenza, quasi che si voglia mettere in evidenza
come il ritorno a Roma, richiesto qui con forza esplicita, sia conseguente alla
conformit della propria vita a quella del Cristo:
Voglio che siate uno albore damore, inestato nel verbo amore, Cristo crucifisso [] Pregovi per lamore di Cristo crocifisso, che, pi tosto che potete, nandiate al luogo vostro de gloriosi Petro e Pavolo. E sempre dalla parte vostra
cercate dandare sicuramente; e Dio dalla parte sua vi provedar di tutte quelle cose che saranno necessarie a voi e al bene della sposa vostra (D p. 357 e
358 - T n. 252).

La sollecitudine con cui Caterina chiede e gli imperativi introdotti subito


dopo dicono chiaramente che limperiosit del comando solo formalmente
attenuata: un comportamento retto e devoto un imperativo costante per
chiunque, ed esigere, dicendo voglio, che tutti vi obbediscano un dovere verso
Dio. Chiedere di compiere una qualsiasi azione per favorire un progetto politico, pur provenendo dal volere divino, appare come uniniziativa della santa,
che deve scegliere le strategie giuste per non ricevere un rifiuto. Lesortazione
introdotta dal prego, infatti, spesso appare laddove il tono diviene pi enfatico
e coinvolgente, come si legge nellultima parte di una lunga e importante lettera in cui Caterina cerca di far leva su Nicol Soderini perch convinca la
citt di Firenze a desistere dalladesione con Pisa alla lega antipapale, o ancora in altre due lettere a Gregorio XI, sollecitato in entrambi i casi a intervenire contro la ribellione di Bologna del 21 marzo 1376:
Pregovi voi, Nicol, per quello amore inneffabile col quale Dio v creato e
ricomprato tanto dolcemente, che voi studiate, giusta al vostro potere, ch
senza grande misterio non v Dio posto cost, di fare che la pace e lunione tra voi e la santa Chiesa si faccia (D p. 249 - T n. 171);
Oim, dolce padre mio, con questa dolce mano vi prego e vi dico che veniate a
sconfiggiare e nostri nemici: da parte di Cristo crocifisso ve l dico. Non vogliate credere a consiglieri del dimonio, che volessero impedire el santo e buono
proponimento. Siatemi uomo virile e non timoroso (D p. 267 - T n. 206);
O santissimo babbo mio dolce, io non ci veggo altro modo n altro rimedio a
riavere le vostre pecorelle, le quali come ribelle sono partite dallovile della
santa Chiesa, non obedienti n subiette a voi, padre. Unde io vi prego, da parte

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di Cristo crucifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cio che con
la vostra benignit vinciate la loro malizia (D p. 270 - T n. 196).

Negli ultimi due esempi, gli aggettivi affettuosi, che spesso, come nelle
parole rivolte al Signore, accompagnano le invocazioni al pontefice, accentuano il tono intimo della preghiera. E si sar notato come, nellultimo dei
passi presentati, il vi prego sia bilanciato dal voglio successivo, mentre limperativo
siatemi uomo virile smorzato dal ricorso al dativo etico, che con accento
femminile e materno invita alla virilit. Lalternarsi di voglio e prego condizionato dal tipo di richiesta non , infatti, come si diceva, una regola assoluta, e
pu accadere che unaccentuazione maggiore imponga laccostamento di prego
e voglio o anche, talvolta, di prego e costringo, ma certamente luso differenziato dei due verbi una tendenza pi che marcata e non ricorre in dipendenza
del carattere dei destinatari, bens di ci che Caterina intende comunicare.
3. Cos dico a te e voglio che facci tu
Ci che Caterina chiede, come si visto, sempre ben focalizzato: la sua volont
si esplicita e si dilata per buona parte del testo, sottolineata da reiterate esclamazioni, apostrofi, allocuzioni oltre che dal ricorso insistito agli esortativi e,
ancor pi, agli imperativi spesso ravvicinati e martellanti:
da parte di Cristo Crocifisso ve l dico. Non vogliate credere a consiglieri del
dimonio, che volessero impedire el santo e buono proponimento. Siatemi uomo
virile, e non timoroso. Rispondete a Dio che vi chiama, che veniate a tenere e possedere el luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vicario sete rimaso, e ine
drizate el gonfalone della santa croce (a Gregorio XI - D p. 267 - T n. 206);
Ricevete dallinferno quello che vi pu dare. Oim, oim, abbiate misericordia
a tante anime che periscono. E non mirate per lo scandalo che sia venuto in questa citt (a Urbano VI - T n. 291);
None schifate, per lamore di Dio, questa fadiga, ma abbracciatela per Cristo
crucifisso [] E pregate el caro vostro figliuolo strettamente, che con amore
si profferi [] pregatelo che laccetti fedelmente la sua petizione (alla regina
dUngheria - D p. 164 - T n. 145);
Ama questo dolce e glorioso Sposo che t ha data la vita [] Fuggi dunque il
veleno del mondo, che ti mostra un fiore [] Lvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te (a Benedetta, figlia di Giovanni dAgnolino Salimbeni - T n. 112).

Sono strategie che, ancor pi di altri elementi, conferiscono al testo un


andamento oratorio e che pure permangono al di l della natura del destinatario. I modi delloratoria sacra attraversano tutte le lettere e si configurano
come tratto unificante, ma possono anchessi adeguarsi ai diversi ruoli che
Caterina intende assumere nei confronti dei propri interlocutori o, meglio,
allintenzione pratica che percorre la comunicazione. Quando la lettera non
si rivolge a pontefici, sovrani o alti prelati, i toni della predicazione divengono

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pi invadenti, in misura proporzionale al crescere dellintento didascalico, che


raggiunge le punte pi alte laddove lallocutivo adoperato per il destinatario
il tu e non il voi. Come il predicatore che si propone di istruire, in questi casi
Caterina procede pi facilmente per similitudini, false interrogative o simulazioni di dialogo.11 Queste ultime, in particolare, intervengono quando pi
energico vuole essere il tentativo di convincere linterlocutore, il cui comportamento cos palesemente erroneo da poter diventare, per tutti, esempio da
evitare. Lo conferma il fatto che, proprio come accade nella predicazione, la
simulazione di dialogo non ha un interlocutore determinato, ma si rivolge a
un tu generico ed esemplare: nelle lettere in cui si crea una tale situazione
comunicativa, Caterina abbandona il destinatario, cui si rivolta fino a quel
momento con il voi, per interloquire con un tu immaginario:
Sapete che invano saffadiga colui che guarda la citt, se Dio non la guarda.
Che faremo dunque, disaventurati a noi, ciechi e ostinati ne defetti nostri,
poi che Dio colui che guarda e conserva la citt e tutto luniverso, e io mi
so ribellato da lui, che colui che ? E se io dicessi: Io non fo contra lui; dico
che tu fai contra lui, quando fai contra el vicario suo, la cui vece tiene. Vedi
che tu se tanto indebolito, per questa ribellione fatta che quasi non ci forza
veruna per che siamo privati della nostra fortezza.
[]
noi membri putridi, figliuoli ribelli al padre saremo s stolti, che facciamo contra a lui? Bene vediamo che senza lui non potiamo fare. Se tu se contra la santa
Chiesa, come potrai participare el sangue del Figliuolo di Dio, ch la Chiesa
non altro che esso Cristo?
[]
Come mi dirai tu che, se tu offendi uno corpo, che tu none offendi el sangue che
nel corpo? (a Niccol Soderini - D p. 244-245, 246 e 247 - T n. 171);
E se dicessimo: Il giudice no l fa; non ben fatto che l faccia io? no, ch ogni
otta ne sarai ripreso. N pi n meno ti cadr la sententia adosso, se tu ucciderai, dessere morto tu. None scuser la legge la tua buona intenzione, che
li fatto per levare il malfattore di terra. Non vuole la legge n la religione,
che, perch l giudice sia cattivo e non facci la giustizia, che tu la facci per
tu. Debilo lassare punire al sommo giudice [] Cos vi dico, carissimo padre
e fratello in Cristo dolce Ges, che Dio non vuole che voi, n veruno, vi facciate giustizieri de ministri suoi (a Berban Visconti - D p. 66 - T n. 28).

Il tu che esplode allimprovviso, rivolgendosi a un destinatario indeterminato, una strategia retorica che, commutando landamento dellenunciazione, innalza il picco dellemotivit e accresce il potere di convincimento senza
che il destinatario se ne avveda. La punta massima si raggiunge in una delle tre
lettere indirizzate a suor Bartolomea, chiusa nel monastero di Santo Stefano in
Pisa e proveniente dalla nobile famiglia della Seta. Nella pi lunga e intensa
11. Vd., per le tracce della predicazione anche nel Dialogo della divina Provvidenza, Luisa
AURIGEMMA, Il volgare senese de Il Dialogo di s. Caterina, Napoli: Loffredo editore, 1988,
p. 45-47.

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delle tre lettere a lei indirizzate, dopo lesordio e un primo avvio del testo in cui
lallocutivo rivolto alla destinataria il voi, si passa con determinazione al tu:
Or cos pensate voi figliuola mia, che voi sete sposa di Cristo crocifisso, non
dovete pensare n volere altro che lui, cio non consentire a pensieri. Che i
pensieri non venissero, questo non ti dico; perciocch nol potresti fare n tu n
creatura. Perocch l dimonio non dorme mai: e questo permette Dio per far
venire la sposa sua a perfetta sollicitudine, per farla crescere in virt [] Guarda, che quanto tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a tedio n a
confusione disordinata; n non lassare lesercizio tuo n latto dellorazione,
perch il dimonio ti dicesse: Che ti leva questa orazione, che non la fai con
affetto n con desiderio? meglio ti sarebbe a non farla.
[]
Or cos dico a te, carissima figliuola mia, che io voglio che facci tu. E siami specchio di virt, seguitando le vestigia di Cristo crocifisso.
[]
Non dico pi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio (T n. 221).

La lettera continua servendosi, dopo la sua prima introduzione, del tu, e non
si tratta certamente dello scivolare inavvertito da un sistema allocutivo allaltro,
com tipico delle scritture semicolte. Sarebbe stata unincongruenza eccessivamente marcata, estranea, al contrario di altri fenomeni del parlato che pure si
incontrano nelle lettere, alla prosa media coeva12 e pertanto soggetta, con buona
probabilit, al filtro dei riportatori. Caterina si propone di impartire a Bartolomea gli insegnamenti necessari a una sposa di Cristo, ammaestramenti che si
dilatano nel corpo della lettera in un crescendo di esortazioni e imperativi, fino
a chiedere, come sempre imponendola, una rettitudine assoluta. Anche qui,
infatti, la natura morale e spirituale della richiesta inducono a dire io voglio,
introducendo perentoriamente la propria volont con il verbum dicendi e accentuando la forza del comando con literazione fatica dellallocutivo tu (dico a
te che io voglio che facci tu). Daltro canto, gli insegnamenti dati a suor Bartolomea sono precetti validi per ogni religiosa e anche qui, sia pure in una diversa esposizione, il tu acquista una marca di genericit e si trasforma in un mezzo
per spersonalizzare lenunciato e parlare a un complesso di fedeli.
12. Cfr., per la definizione di prosa media nel Due-Trecento, Maurizio DARDANO, Note sulla
prosa antica, in La sintassi dellitaliano letterario, a cura di Maurizio DARDANO e Pietro
TRIFONE, Roma: Bulzoni, 1995, p. 15-50. Gli studi sulla continuit dei tratti del parlato italiano fin dalla prosa delle origini sono ormai numerosi, ci si limita a indicare alcuni importanti lavori di riferimento: Francesco SABATINI, Litaliano delluso medio: una realt tra le
variet linguistiche italiane, in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a cura
di Gnter HOLTUS e Edgar RADTKE, Tbingen: Gunter Narr Verlag, 1985, p. 154-184;
ID. Una lingua ritrovata: litaliano parlato, in Studi latini e italiani, IV 1990, p. 215-234;
Arrigo CASTELLANI, Italiano delluso medio o italiano senzaggettivi?, in Studi linguistici italiani, XVII 1991, p. 233-256 Giovanni NENCIONI, Costanza dellantico nel parlato moderno, in Gli italiani parlati, Firenze: Accademia della Crusca, 1987; Paolo DACHILLE, Sintassi
del parlato e tradizione scritta della lingua italiana, Roma: Bonacci, 1990.

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4. Lio profeta della storia, lanima rivelatrice dellamore


Unalternanza analoga a quella degli allocutivi tu e voi si ha con i pronomi di
prima e terza persona, il cui avvicendarsi funzionale alla rappresentazione
dellio. stato pi volte notato come le Lettere, sia pure secondo una formularit ricorrente nei documenti epistolari, si aprano con lespressione dellio:
Io Caterina, inutile serva di Ges Cristo e vostra serva inutile, voglio [];
Io Caterina, serva inutile di Ges Cristo, scrivo [] (D p. 3 e 13 - T nn. 30
e 53). La professione di umilt attenua solo in parte laffermazione di s e della
propria volont in prima persona: colei che parla si impone, con la stessa sicurezza, a qualsiasi destinatario, qualunque sia il suo stato. Pu accadere, tuttavia, che lo stesso io si annulli o si nasconda comunicando fatti ed eventi in
terza persona;13 non per nulla ci accade quando le lettere riferiscono visioni
ed esperienze vissute in stato di estasi. Nel dire io, infatti, come sempre accade in ogni situazione comunicativa, Caterina rimanda a unenunciazione unica
e individuale che, pur trovando ragione di esprimersi nella coincidenza con la
parola divina, ogni volta si riferisce a una sola e ben determinata circostanza.
Il passaggio alla terza persona le consente di esporre fatti e contenuti fuori dal
tempo e ascrivibili a chiunque. Chi dice io si pone inequivocabilmente come
parlante e, per raggiungere il successo della comunicazione, deve rivolgersi a
un tu definito e unico; la terza persona, al contrario, non ha necessit di rinviare a unindividualit precisa e meglio si presta a riferire di chiunque e per
chiunque.14 Le rivelazioni ricevute in estasi da Caterina sono unesperienza
vissuta fuori dallindividualit e dalla corporeit terrena: sono i momenti in
cui dalla sua bocca escono i precetti universali di Dio.
Il Dupr Theseider ha dimostrato che alcune lettere hanno un rapporto di
interdipendenza con il Dialogo della divina provvidenza, e che, in particolare,
la lettera n 272 delledizione Tommaseo ne costituisce, per alcune parti, una
prima stesura.15 La lettera, indirizzata a Raimondo da Capua, si apre annunciando una delle rivelazioni avute da Dio: la sperata riforma della Chiesa che
avrebbe ricondotto i suoi pastori al rigore della virt. Dopo aver illustrato le
circostanze che hanno provocato la visione, Caterina si sdoppia, assegnando a
una terza persona, ormai altra da s, il compito di rivolgersi a Dio:
13. Cfr. Giulio FERRONI, Lio e gli altri nelle Lettere di Caterina da Siena, in Le femmes crivains en Italie au moyen ge et la renaissance, Atti del Colloqui internazionale (Aix-en-Provence, 12-14 novembre 1992), Aix-en-Provence: Publications de lUniversit de Provence,
1994, p. 143-146.
14. Vd. mile BENVENISTE, Struttura delle relazioni di persona nel verbo [1946] e La natura dei
pronomi, in Problemi di linguistica generale, Milano: Il Saggiatore, 1994, 2a ed., p. 269-282
e 301-309, rispettivamente le p. 274-275 e 304-306.
15. Eugenio DUPR THESEIDER, Sulla composizione del Dialogo di Santa Caterina da Siena,
in Giornale storico della letteratura italiana, 117, 1941, p. 161-202, in particolare a
p. 199; e vd. per il rapporto tra la lettera n. 272 e la datazione del Dialogo, Giuliana
CAVALLINI, Introduzione a S. Caterina da Siena, Il Dialogo della divina provvidenza ovvero
Libro della divina dottrina, a cura di Giuliana CAVALLINI, Siena: Edizioni Cantagalli, 1995,
p. XI-XLVII, le p. XXIV-XXX.

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

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E la consolazione che io ebbi ricevendo la lettera del dolce babbo [il pontefice] e vostra [Raimondo da Capua]: perocch amaritudine ebbi per lo danno
della Chiesa, e per la vostra amaritudine, la quale avevo io inteso molto intrinsecamente il d di santo Francesco; ed ebbi allegrezza perch mi traeste di molto
pensiero: Onde, lette le lettere e inteso tutto, pregai una serva di Dio, che offerisse lagrime e sudori dinanzi da Dio per la sposa [la Chiesa] per la infermit
del babbo.
Onde subito per divina grazia le crebbe uno desiderio e una allegrezza sopra
ogni modo. E aspettando che venisse la mattina per avere la Messa, [] si pose
nel luogo suo con vero cognoscimento di s, vergognandosi dinanzi a Dio della
sua imperfezione (T n. 272).

Inizia cos il dialogo tra la verit eterna e la sua serva, che ben presto, e
quasi insensibilmente, si identifica, ed indicata nel corso dellesposizione,
come lanima:16
Allora, crescendo il fuoco del desiderio, stava quasi beata e dolorosa [] E in
tanto crebbe il santo e amoroso fuoco, che il sudore dellacqua, il quale gittava, ella lo spregiava [] dicendo a s medesima: Anima mia, tutto il tempo
della vita tua hai perduto []. Allora quella anima, speronata dal santo desiderio, si levava molto maggiormente, e apriva locchio dellintelletto e speculavasi
nella divina carit (T n. 272).

La serva/Caterina si rivolge allanima, favorendone sia lentrata in scena sia


la sovrapposizione a se stessa.17 Le motivazioni che la inducono allo scambio
coincidono con quelle che la spingono a ricorrere alla terza persona: in molte
occasioni, infatti, in cui la santa vuole accomunare s e i propri destinatari in
unazione esemplare per chiunque, si serve dellanima come di un soggetto
generico. Lanima svolge per Caterina le funzioni che nella lingua spesso assume la terza persona per esprimere limpersonalit:
Adunque, poi che di tanta fortezza ed vi di necessit, voglio che voi non
restiate mai di cresciare legna al fuoco del santo desiderio [] Allora sunisce
lanima col prossimo suo e, quanto pi d della materia al fuoco [] tanto
16. Cfr., per il subentrare, nel Dialogo, della serva/Caterina e dellAnima alla voce narrante e
per luso della terza persona in alcune lettere contenenti rivelazioni, in parte esaminate
anche nel nostro lavoro, Antonio VOLPATO, Ascolto, memoria, narrazione, cit., p. 188192.
17. Nel Proemio al Dialogo Dio che favorisce la sostituzione: Ricordomi daver udito da alcuna serva di Dio che essendo in orazione levata con grande elevazione di mente, Dio []
tra laltre cose diceva: Apre locchio dello ntelletto []. E tra la bellezza che Io data allanima creandola alla immagine e similitudine mia, raguarda costoro []. Bene dunque
vero che lanima sunisce in Dio per effetto damore. S che volendo pi virilmente cognoscere e seguitare la verit, levando el desiderio suo prima per se medesima, considerando
che lanima non pu fare vera utilit di dottrina, desemplo e dorazione al prossimo suo
se prima non fa utilit a s [] domandava al sommo ed eterno Padre quattro petizioni (Il
Dialogo della divina provvidenza, ed. cit., p. 2-3).

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cresce el caldo dellamore di Cristo e del prossimo suo (D p. 273 - T n. 219);


Poi che Dio disposto a porgiarci la misericordia sua, none state, fratelli miei,
pi indurati, ma umiliatevi ora, mentre che avete el tempo, per che lanima
che saumilia sar sempre esaltata (D p. 286 - T n. 207).

Il procedimento particolarmente evidente nellultimo esempio, dove il


pronome indefinito del passo evangelico sostituito dallanima: qui se humiliat, exaltabitur (Lc 14, 11) > lanima che saumilia sar sempre esaltata.
un modo non dissimile da quello seguito nel passaggio dal voi al tu generico, e
mira, ancora una volta, a universalizzare le proprie parole, rivolgendosi a un
interlocutore indeterminato. Lesigenza di parlare a tutti i fedeli affiora quando il contenuto e lintento della comunicazione riguardano la rettitudine morale da perseguire, ladesione incondizionata ai dettami della fede, lobbedienza
senza eccezioni al volere divino e della Chiesa, tutto quanto cio sia connesso con
la vera spiritualit cristiana, che nel Dialogo interamente illustrata da Dio. Le
rivelazioni della Verit eterna sono concesse allAnima/Caterina, ma anche allAnima universale di cui la santa riferisce in terza persona, e sono le stesse verit
che la inducono a esigere da chiunque un comportamento adeguato ricorrendo al tono imperioso dellio voglio. I modi pi attenuati della richiesta, che la
spingono, al contrario, a pregare colui che deve compiere unazione ben precisa, nascondono solo in parte la portata del comando, volto a produrre, in buona
parte dei casi, interventi politici o militari. Anche queste ultime richieste provengono dalla voce divina, ma sono connesse, pi che alle rivelazioni spirituali da cui percorso il Dialogo, alla profezia di cui Caterina si assunta il ruolo
e di cui pi forte si avverte la presenza nelle Lettere. Daltro canto se allio
voglio, che chiede un giusto comportamento, corrisponde limpersonalit della
terza persona nel rivelare le verit spirituali, allio prego che ordina unazione fa riscontro la prima persona con cui si riporta la profezia:
Restringendosi lanima mia fra s e Dio, con grande fame della salute nostra e
della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo; non
pare che Dio manifesti altro rimedio, n io veggo altro in lui, che quello della
pace. Pace, pace dunque, per lamore di Cristo crocifisso!
[]
Spero nella bont di Dio e nella Santit Vostra che giusta al vostro potere vingegnerete di ponere il rimedio detto, della santa pace. Questo la volont di
Dio. E dicovi da parte del dolce Ges, che di questo e dellaltre cose che avete
a fare, voi pigliate consiglio da veri servi di Dio (T n. 209);
Spero nella bont di Dio e nella santit vostra, che quello che non fatto farete []. Questo vi richiese (come voi sapete che vi fu detto) Dio che faceste, cio
di procurare alla reformazione della santa Chiesa, procurando in punire i difetti e in piantare i virtuosi pastori; e pigliaste la pace santa con gliniqui figliuoli per lo migliore modo e pi piacevole secondo Dio, che fare si potesse [].
E temo che, se non si rimediasse di fare quello che non fatto [] che noi
vedessimo venire maggiori inconvenienti; io dico, tali, che ci dorrebbero pi
che non fa il perdere le cose temporali (T n. 267).

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

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La prima lettera indirizzata a Gregorio XI e riferisce al pontefice le indicazioni divine circa la condotta da tenere nella guerra contro la lega antipapale: preferibile salvare, nella pace, i valori spirituali rappresentati dalla Santa sede
piuttosto che conservare i poteri temporali. La seconda, pur essendo rivolta a
Raimondo da Capua, indirizza ancora al pontefice i consigli gi venuti da Dio
sulla riforma della Chiesa. La conferma di un tale modo di procedere si ha in
altre due lettere, dove rivelazioni legate alla dottrina e ai precetti religiosi sono
riferite non a Caterina e da Caterina in prima persona, ma attraverso la serva
di Dio che le fa da controfigura:
Come disse la somma verit a una serva sua inutile: Io voglio che tu sia amatrice di tutte quante le cose, ch sono tutte buone e perfette e sono degne dessare amate, e tutte sono fatte da me che so somma bont, excepto che il peccato:
non in me, ch, se fusse in me, dilettisima figliuola, sarebbe degno dessare
amato (Alla badessa del monastero di Santa Marta da Siena e a suor Niccolosa
- D p. 5 - T n. 30);
O figliuolo carissimo, chi dubita che nel principio della via gli pare fadigoso;
ma poichegli giunto apiei dellaffetto, dellodio e dellamore, ogni cosa amara
gli diventa dolce. Sicch il primo scalone nel corpo di Cristo sono i piei. Questa fu la regola chegli insegn una volta a una sua serva, dicendo: Lvati su,
figliuola, lvati sopra di te, e sali in me. E acciocch tu possa salire, io tho
fatta la scala, essendo chiavellato in Croce. Fa, che prima tu sagli a piei, cio
laffetto e il desiderio tuo; perocch come i piei portano il corpo, cos laffetto porta lanima [] (T n. 74).

Il ruolo di Caterina profeta si esprime soprattutto nelle Lettere, dove chiede che le azioni di chi preposto a guidare le vite spirituali o temporali degli
uomini siano tali da modificare la storia. Nel Dialogo, lAnima/Caterina interroga Dio per se stessa, per la riforma della Chiesa, per il mondo e la pace dei
cristiani ribelli, per la salvezza di tutti i fedeli, e ne riceve in risposta la rivelazione delle verit spirituali. Nelle Lettere la missione profetica, intesa come
guida dei cristiani non nella loro vita spirituale, ma nella loro vita storica18
si esplicita pienamente nel chiedere alla Chiesa che compia il suo cammino
verso Dio e nella storia. Non per nulla il ruolo profetico e, conseguentemente, il chiedere per ingiungere lazione assente dal Dialogo, i cui temi, la verit
in funzione della carit e la dignit delluomo perfetta nella carit,19 sono il
nodo essenziale della mistica e della spiritualit della santa. Con le Lettere Caterina affronta i problemi politici che pi coinvolgono la Chiesa in quegli anni
e, per il carattere di questa sua presenza, il titolo che meglio la definisce
18. Claudio LEONARDI, Caterina da Siena: mistica e profetessa, in Atti del Simposio internazionale
cateriniano - bernardiniano, cit., p. 155-172, a p. 157. Ringrazio il professor Claudio LEONARDI per i suggerimenti preziosi, offertimi durante la discussione del Seminario tenutosi
a Firenze il 12 giugno 2001, sul rapporto tra il chiedere di Caterina nelle Lettere e la profezia.
19. Cos strettamente legati da formarne uno solo: quella della vicenda spirituale delluomo,
Giuliana CAVALLINI, Introduzione a Il Dialogo, cit., p. XXX.

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quello di profeta,20 titolo assegnatole dalle stesse fonti che la definiscono veracissima prophetissa.21 Pur non essendo una stratega o, pi genericamente,
una politica,22 Caterina sfrutta il dono della profezia per assumere una funzione di guida storica della cristianit: la sua parola e le sue azioni interpretano pienamente la profezia neotestamentaria che si esercita direttamente sulla
storia.23 Nel testo delle Lettere, il ruolo profetico assunto dallio e si rivolge in
prima persona alla Chiesa e al papato perch salvaguardino lunit e consentano
la salvezza dei cristiani. Nel Dialogo, vero scritto mistico di Caterina, lAnima
rivela in terza persona i modi dellunione in Dio, e di un bene raggiungibile
soltanto attraverso lamore.
5. Chiedere illustrando le metafore
Il diverso andamento del testo condizionato dallintenzione comunicativa
particolarmente sensibile nelle lettere indirizzate a discepoli, familiari o consorelle, dove la ridotta formalit del rapporto e la consuetudine familiare consentono luso esclusivo del tu come allocutivo. Sono le situazioni in cui

20. Claudio LEONARDI, Caterina la mistica, in Medioevo al femminile, a cura di Ferruccio Bertini, Roma-Bari: Laterza, 1989, p. 170-195, a p. 179.
21. Legenda minor, a cura di Ezio FRANCESCHINI, Milano, Fontes vitae S. Catharinae senensis
X, 1942, p. 122.
22. Cfr. Franco CARDINI, Lidea di crociata in Santa Caterina da Siena, in Atti del Simposio internazionale caterininao-bernardiniano, cit., p. 57-87, le p. 62-63; Suzanne NOFFKE, Catherine of Siena. Vision Through a Distant Eye, Collegeville/Minnesota: The Liturgical Press,
1996, p. 74-86; Giuliana CAVALLINI, Catherine of Siena, London: Chapman, 1998, p. 108.
In realt, dei quattro obiettivi che Caterina si era proposta, la riforma della Chiesa, il ritorno del papa a Roma, la pace in Italia e la crociata contro i turchi, solo il secondo fu raggiunto. La felice conclusione del ritorno di Gregorio XI a Roma nel 1377 e della pacificazione
tra Firenze e il papato nel 1378 non sfociarono, peraltro, come Caterina aveva sperato, nella
pace universale, e per di pi, subito dopo la morte di Gregorio XI, un gruppo di cardinali
che non aveva riconosciuto lelezione del suo successore Urbano VI provoc lo scisma che
sarebbe durato fino al 1411. La tenacia, tuttavia, con cui la mistica senese si prodig per il
trionfo del bene comune prevalse sul modesto riscontro dei suoi successi storici e diede
significato allesistenza di un magistero femminile. Limpegno pubblico della santa domenicana fu tale da impostare in modo completamente nuovo lintervento delle donne sulla
politica ecclesiastica: il suo modello offusc, almeno in parte, quello gi influente di s. Brigida di Svezia e segn definitivamente linnovazione di una religiosit non solo femminile. Cfr. Roberto RUSCONI, Lattesa della fine, Roma: Istituto storico italiano per il medioevo,
1979, p. 24-26 e 28-35; Scrittrici mistiche italiane, a cura di Giuseppe POZZI e Claudio
LEONARDI, Genova: Marietti, 1988, p. 227; Francesco BRUNI, Dalle Origini al Trecento, in
Storia della civilt letteraria, diretta da Giorgio BRBERI SQUAROTTI, vol. I in 2 tomi, Torino: Utet, 1990, I/1, p. 100.
23. Cfr., per la differenza tra la profezia dellAntico Testamento, che si identifica con lannuncio del Messia, e quella neotestamentaria, che guida i cristiani nelle vicende della storia,
Claudio LEONARDI, Caterina da Siena: mistica e profetessa, cit., p. 157-158, e vd., per la
profezia come modo di conoscenza attraverso la rivelazione, Jean-Pierre TORRELL, Recherches sur la thorie de la prophetie au moyen ge, Fribourg: ditions universitaires Fribourg
Suisse, 1992, p. XII-XIV.

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

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Caterina pu esercitare con pi decisione il proprio magistero e in cui cresce, conseguentemente, il tono didascalico. Se ne ha una conferma dal frequente modo di procedere per domanda e risposta, che guida il destinatario
lungo deduzioni progressive o lo aiuta a comprendere meglio quanto stato
appena esposto:
Ma sai che vedere , e che amare quello degli uomini del mondo? uno
vedere tenebroso e oscuro [] Ma perch oscuro questo vedere? Perch s
posto nella oscurit delle cose transitorie del mondo (alla contessa Benedetta
Salimbeni - T n. 113);
Di tre sorti lorazione. Luna continua, cio il continuo santo desiderio
[] Laltro modo orazione vocale, quando localmente si dice lofficio, o
altre orazioni. Questa ordinata per giungere alla terza, cio alla mentale []
Ove manifesti tu lamore, la fede, e la speranza, e lumilt? nellorazione []
Dove sentirai tu dolore della coscienza? nellorazione. Dove ti spoglierai tu
dellamore proprio []? nellorazione. Dove sentirai tu lodore della verginit []? in questa dolce madre dellorazione (alla nipote, suor Eugenia - T
n. 26).

In particolare, nelle lettere in cui Caterina avverte con pi forza il proprio


ruolo di maestra verso altre religiose o verso donne in procinto di prendere il
velo, pi frequenti si succedono le similitudini e le spiegazioni di allegorie e
metafore, costruite per lo pi ponendo in connessione unimmagine concreta, sensibile a unimmagine spirituale.24 il procedimento alla base delle numerosissime metafore della specificazione che ricorrono nei testi di Caterina da
Siena e che, come si tentato di dimostrare altrove,25 almeno fino alle soglie
della Controriforma, si incontrano, con maggiore o minore frequenza, negli
scritti di altre mistiche, da Angela Merici a Camilla Battista Varano, da Caterina de Vigri a Maria Maddalena de Pazzi e, in misura pi elevata, in Domenica da Paradiso.
Le metafore della specificazione che si incontrano in quasi tutto lepistolario cateriniano, come, tra le altre, locchio dellintelletto, il coltello dellodio, la
chiave del sangue suo sono una forma di metafora in praesentia, nella quale i
due componenti, comparato e comparante, divengono luno il determinante dellaltro. In particolare, le metafore della specificazione che si leggono negli scritti di Caterina e in altri testi religiosi di mano femminile sono, nella quasi
totalit dei casi, metafore per analogia a quattro termini, dove B sta ad A nello
24. Cfr. Gabriella ANODAL, Le immagini del linguaggio cateriniano e loro fonti, in Rassegna di
ascetica e mistica, 1971, n. 3. p. 243-254 e n. 4, p. 337-343; 1972, n. 4, p. 332-343;
Michele FORTUNA, Struttura dellanima nel linguaggio metaforico di s. Caterina da Siena, in
Rassegna di ascetica e mistica, 1972, n. 3, p. 251-262; Giuliana CAVALLINI, Consonanze
tomistiche nel linguaggio cateriniano: Le vere e reali virt, in Rassegna di ascetica e mistica, 1974, n. 1, p. 73-82.
25. Rita LIBRANDI, Una storia di genere nelle scritture delle mistiche: connessioni e giunture metaforiche, in Storia della lingua e storia, Atti del II Congresso dellAssociazione degli storici della
lingua italiana (Catania, ottobre 1999), Firenze: Cesati, in corso di stampa.

98

Quaderns dItali 6, 2001

Rita Librandi

stesso rapporto in cui D sta C:26 nellultimo degli esempi indicati, pertanto,
la chiave sta alla porta come il sangue di Cristo sta al paradiso. La loro frequente ricorrenza nellepistolario cateriniano era stata gi notata, peraltro, da Giovanni Getto, che segnalava le figure definendole concetti preceduti da traslati.27
Si tratta del resto di un procedimento ben noto tanto alla tradizione letteraria quanto a quella cristiana e non facile stabilire quanto la loro presenza in
altri testi mistici prodotti da donne dipenda dal modello della santa senese.28
Soprattutto allinterno della cultura cristiana alcune immagini metaforiche
erano diffuse e decodificabili con la stessa immediatezza del significato letterale,29
e sar sufficiente rinviare, per alcune metafore della specificazione, al rituale
della liturgia, e a sequenze, discendenti peraltro dalle Scritture, quali il pane
della salvezza eterna. Lampia ricorrenza delle metafore della specificazione,
delle loro associazioni, della loro interpretazione letterale ci sembra testimonianza palese della formazione religiosa destinata ai fedeli e in particolare alle
donne, della spiegazione dei simboli che era loro fornita e, soprattutto per le
metafore connesse al corpo e alle piaghe di Cristo, delleducazione alla preghiera e alla meditazione.30 Per queste pratiche, infatti, come sar in seguito
ripetuto nei numerosi Giardini dellorazione di produzione osservante e come
gi si intravede nella lettera sopra riportata, di Caterina a suor Eugenia, si consigliava di raffigurarsi nella mente i luoghi, i personaggi, gli eventi della passione.31

26. Vd. Bice MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Milano: Bompiani, 1997, p. 161.
27. Giovanni GETTO, Lintuizione mistica, cit., p. 185. Pi di recente la loro ricorrenza negli
scritti della santa stata sottolineata da Marina BENEDETTI, Le opere di s. Caterina da Siena:
aspetto linguistico, in Con locchio e col lume, cit., p. 117-119, a p. 118 e si veda nello stesso
vol. lo studio di Dorota SLIWA, Le metafore del giardino nel linguaggio mistico di santa
Caterina da Siena, p. 131-145, che a p. 141 include tra le costruzioni le metafore della
specificazione, indicandole come sintagmi nominali.
28. Cfr., tuttavia, Vittorio COLETTI, Parole dal pulpito, Torino: Marietti, 1983, p. 97-106.
29. Non ci si sofferma qui sul senso letterale delle metafore e sugli studi relativi alle metafore linguistiche intese come metafore concettuali, per i quali mi permetto ancora di rinviare al mio lavoro cit. e in corso di stampa.
30. Nel lavoro cit. alla n. 24, si indicava, come esempio particolarmente significativo, un testo
composto nellultimo decennio del sec. XIV: il Colloquio spirituale di Simone da Cascina
(ed. a cura di Fausta DALLA RIVA, Firenze: Olschki, 1982). Lautore, pi volte priore del
monastero femminile di Santa Caterina a Pisa, ricopre un ruolo importante nella trasmissione della cultura religiosa in volgare e in particolare il Colloquio illustra a uninterlocutrice femminile i sensi nascosti della liturgia. Simone ne spiega il significato ricorrendo, spesso
per via di similitudini, allassociazione tra realt concreta e immagini spirituali, mentre un
fraticello, anchegli protagonista del Colloquio, rielabora quanto esposto da Simone in
raffigurazioni allegoriche. Cfr. Lina BOLZONI, Il Colloquio spirituale di Simone da Cascina. Note su allegoria e immagini della memoria, in Rivista di letteratura italiana, 3, 1985,
p. 9-65.
31. Cfr., per la bibliografia sullargomento, Rita LIBRANDI, Libri, raffigurazioni di trame e metafore nei Sermoni di Domenica da Paradiso, in Rita LIBRANDI e Adriana VALERIO, I Sermoni di Domenica da Paradiso. Studi e testo critico, Firenze: Edizioni del Galluzzo, 1999,
p. LXXIX-CLII, le p. XCIV-CIV.

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

Quaderns dItali 6, 2001

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Se in tutte le lettere di Caterina si incontrano, una o pi volte, sequenze


metaforiche cos costruite, accade di trovare pi facilmente lo scioglimento e
la spiegazione della loro genesi nelle epistole rivolte, come si diceva, ad altre
donne, per lo pi religiose o in attesa di diventarlo. Se ne veda un esempio
nella lettera indirizzata alla contessa Benedetta Salimbeni:
Col sangue suo ci tolse la servitudine del peccato, ed hacci fatti liberi, traendoci
dalla signoria del dimonio, che ci possedeva come suoi. Il sangue, ancora, ci
ha fatti forti, e hacci messi in possessione di vita eterna; perocch e chiovi ci sono
fatte chiavi che hanno dissertata la porta che stava chiusa per lo peccato che
era commesso.
[]
Lvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piaghe di Cristo crocifisso, dove perfetta, e vera sicurit. Egli quel luogo dolce
dove la sposa empie la lampana del cuore suo: ch drittamente il cuore una
lampana. Il quale debbe essere siccome la lampana, ch stretta da piedi e larga
da capo; cio che l desiderio e affetto suo sia ristretto al mondo e largo di
sopra: cio dilagare il cuore e laffetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e
temendolo con vera e santa sollecitudine. E allora empirai questa lampana al
costato di Cristo crocifisso (T n. 112).

La stessa immagine della lampana ripresa in una lettera a sua nipote,


Nanna Benincasa:
E per vedi che, a volere essere sposa di Cristo, ti conviene avere la lampana,
e lolio e il lume. Sai come sintende questo, figliuola mia? Per la lampana sintende il cuore nostro: perocch il cuore debba essere fatto come la lampana.
Tu vedi bene che la lampana larga di sopra, e di sotto stretta []. Ora a questo modo sar il cuore nostro veramente una lampana. Ma pensa, figliuola
mia, che questo non basterebbe, se non ci fosse lolio dentro. Per lolio sintende quella dolce virt piccola della profonda umilt: perch si conviene che
la sposa di Cristo sia umile e mansueta e paziente; e tanto sar umile quanto
paziente, e tanto paziente quanto umile (T n. 23).

Se si volesse sintetizzare la nuova connessione data nella lettera, si potrebbe costruire una metafora della specificazione come lolio dellumilt. Caterina esplicita per i propri discepoli i legami posti alla base di immagini metaforiche
che sono state adoperate come strumento di educazione religiosa. Si sar notato, peraltro, nel primo dei due passi riprodotti, lesortazione a entrare nelle
piaghe di Cristo, che bene esemplifica lincitazione a una preghiera di totale
immedesimazione e annullamento. Gli scritti di Caterina mostrano i segni di
una pedagogia religiosa che insiste sullassociazione di sensibile e spirituale: ne
testimoniano lavvenuta ricezione, e al tempo stesso si propongono di impartire lo stesso insegnamento. Istruire attraverso connessioni metaforiche, di cui
si sciolgono proficuamente le giunture, per lei un altro modo di chiedere un
comportamento virtuoso, come chiaramente dimostrano le parole rivolte a
Benedetta Salimbeni e alla nipote Nanna. Nelle Lettere ogni variazione indot-

100 Quaderns dItali 6, 2001

Rita Librandi

ta dalloggetto su cui si vuole focalizzare lattenzione o dal destinatario che si


intende convincere o, pi esattamente, dallintenzione comunicativa rinvia a una
strategia consapevole, messa in atto per indirizzare al bene lagire degli uomini. Caterina indotta a una tale consapevolezza dallorgoglio del proprio magistero, un orgoglio che affiora nellalternarsi sapiente di severit imperiosa e di
tenerezze affettive e che per lei si fonda, oltrepassando il filtro degli scrivani,
sullunivocit tra la parola divina e la propria.

Quaderns dItali 6, 2001

101-108

Il libro del Cortegiano tradotto da Boscn:


Nota su un lapsus maschile pro femminile
Mara de las Nieves Muiz Muiz1
Universitat de Barcelona

Abstract
Partendo dalla sostituzione di genere (le>lui) commessa da Boscn traducendo un passo
del Cortegiano (III 56), si studiano altre deviazioni dello stesso tenore e si riconducono
allimperfetta assimilazione dellideale femminile proposto da Castiglione. In appendice,
Bibliografia sulla traduzione di Boscn (stampe e studi) e sulla figura della donna in Castiglione.
Parole chiave: Traduzione, Boscan, Cortegiano, Castiglione, Letteratura, Donne, Rinascimento.
Abstract
Leaving from a gender substitution (le>lui) committed by Boscan in translate a fragment
of Cortegiano (III 56), one study other meaningful deviation lines and they are led back
to the imperfect assimilation of the proposed feminine ideal from Castiglione. Bibliography about the translation of Boscan (press and studies) and on the figure of the woman
in Castiglione, in appendix.
Key words: Translation, Boscan, Cortegiano, Castiglione, Women Renaissance Literature.

Menndez Pelayo ebbe a definire El Cortesano di Boscn el mejor libro en


prosa escrito en Espaa durante el reinado de Carlos V,2 e il giudizio venne
ampiamente confermato dalla tendenza a leggerlo per lungo tempo come un
classico nazionale. Difatti, la maggior virt di quella tempestiva traduzione3
consistette nel favorire il rapido assorbimento del modello proposto da Casti1. Queste pagine nascono dalla ricerca condotta nel quadro del Programma sulle traduzioni spagnole della Letteratura italiana PB98-1237.
2. Marcelino MENNDEZ PELAYO, Estudio sobre Castiglione y El Cortesano, premesso alla ristampa della traduzione di Boscn a cura di ngel GONZLEZ PALENCIA (Anejo XXV della Revista de Filologa Espaola), Madrid, 1942, p. LIII.
3. Los quatro libros del cortesano, compuestos en italiano por el conde Balthasar castelln y agora
nuevamente traduzidos en lengua castellana por Boscn con privilegio imperial por diez

102 Quaderns dItali 6, 2001

Mara de las Nieves Muiz Muiz

glione naturalizzandolo attraverso la scorrevolezza della lingua. Ma dietro lillusione di quella facile naturalezza si occultavano complesse tecniche di pedagogia interlineare miranti a ridurre limpatto delle novit. Esse consistettero
fondamentalmente nellalternanza di due metodi traslativi opposti: quello volto
a ricondurre vocaboli estranei a idee comuni (spesso arricchite di commenti
o di giunte lessicali), e quello mirante a inoculare la nuova medicina ideologica nel tessuto verbale consueto orientandone in vario modo la risemantizzazione. Di qui loculato equilibrio fra traduzione e ricreazione riscontrato
dagli studiosi di Boscn, e la tendenza a evitare la rigidez de unas equivalencias rutinarias.4 Ne fu consapevole il traduttore stesso, che espose inequivocabilmente il proprio criterio alla destinataria dellopera:
Yo no tern fin en la traduccin de este libro a ser tan estrecho que me apriete en sacalle palabra por palabra; antes, si alguna cosa en l se ofreciere que en
su lengua parezca bien y en la nuestra mal, no dexar de mudarla o de callarla. Y aun con todo esto he miedo que segn los trminos de estas lenguas italiana y espaola y las costumbres de entrambas naciones son diferentes, no
haya de quedar todava algo que parezca menos bien en nuestro romance (lettera-dedicatoria A la muy Magnfica Seora, Doa Jernima Palova de Almogvar).

E conferm lassunto Garcilaso, presente a la postrera lima, in unaltra


lettera-prefazione rivolta alla medesima nobildonna:
diose Boscn en esto tan buena maa que cada vez que me pongo a leer este su
libro [], no me parece que le hay escrito en otra lengua. Y si alguna vez se me
acuerda del que he visto y ledo, luego el pensamiento se me vuelve al que
tengo entre las manos (A la muy Magnfica Seora, Doa Jernima Palova de
Almogvar).

aos, Barcelona, por Pedro Mompetzat, 1534 (Colophon: Aqu se acaban los cuatro libros
del Cortesano, compuestos en italiano por el conde Baltasar Castelln y traducidos en lengua castellana por Boscn, imprimidos en la muy noble ciudad de Barcelona por Pedro
Mompezat, imprimidor, a dos del presente mes de abril, mil y quinientos treinta y cuatro; Privilegio di Carlo V: Dat. en nuestra villa de Monzn a XX dias de deciembre del
ao del nacimiento de Nuestro Seor, mil quinientos treinta y tres). Ne seguirono almeno 15 edizioni tra il 1539 e il 1588, la seconda delle quali (1540) introdusse la divisione
del testo in capitoli: Libro llamado el cortesano traduzido agora nueuamente en nuestro vulgar Castellano por Boscan. Con acotaciones por las margines, Salamanca, por Pedro Tovans,
a costa de Guillermo de Millis [Colophon: Aqu se acaba el libro llamado El cortesano
del conde Baltasar Castelln, agora nuevamente corregido y enmendado con sus acotaciones por las mrgenes. Impreso en Salamanca por Pedro Touans, a costa del honrado
varn Guillermo de Milles. Acabose a quinze das del mes de henero, ao de mil e quinientos y quarenta aos].
4. Sono parole di Margherita MORREALE, nel suo ormai classico studio: Castiglione y Boscn:
El ideal cortesano en el Renacimiento espaol, Anejos del Boletn de la Real Academia Espaola, I 1959, p. 19.

Il libro del Cortegiano tradotto da Boscn: []

Quaderns dItali 6, 2001 103

Ma questa insistenza nel miraggio linguistico era anche il segno di un desiderio pi o meno inconsapevole di occultare la distanza salvata nella translatio
delle idee.5 Garcilaso, insomma, voleva sottolineare, attraverso la riuscita dellamico, la continuit semantica esistente fra il lessico di Castiglione e i trminos
muy cortesanos y muy admitidos de los buenos odos y no nuevos ni al parecer desusados de la gente (ibidem). In realt egli sapeva di aver importato un
modello antropologico difforme dalla tradizione cavalleresca spagnola, che
rischiava di mimetizzarvisi subdolamente pervertendone il significato. Lo dimostr lequivoco in cui era incorso Carlo V quando, volendo celebrare Castiglione alla sua morte, lo fece passare per un perfetto cavaliere con la
conseguente idea annessa del perfetto vassallaggio: Yo os digo que es muerto
uno de los mejores caballeros del mundo. I tempi necessari allassimilazione
del nuovo erano, infatti, pi lunghi del previsto; tant vero che il superamento
ideologico del retroterra medievale avvenne solo con la crisi dellImpero e si
espresse nellironico linguaggio di Cervantes.
Valga questa premessa a introdurre qualche dubbio sullassimilazione delle
idee rinascimentali da parte di Boscn, il quale incorse in un lapsus meno clamoroso di quello di Carlo V, ma non meno significativo. Si tratt, infatti, di
uno strano scambio di genere grammaticale nella parte dedicata a descrivere
la perfetta donna di palazzo, e la svista cadde concretamente sulla disputa intavolata da Lorenzo il Magnifico e Gasparo Pallavicino in merito al contegno
da tenere di fronte alle profferte galanti (III 56), un caso in cui il Magnifico
consigliava la donna di rifiutar di creder sempre che chi le parla damore,
lami per, mentre Gasparo la spingeva a riamare quando conosce veramente
esser amata :
Non volete voi, signor Magnifico, che
questa vostra cos eccellente donna essa
ancora ami, almen quando conosce veramente esser amata? Atteso che se l cortegiano non fosse redamato, non gi
credibile che continuasse in amare lei e
cos le mancheriano molte grazie, e massimamente quella servit e reverenzia,
con la quale asservono e quasi adorano
gli amanti la virt delle donne amate.

Decidme, seor Manfico, no os parecera a vos bien que esta vuestra tan
ecelente dama amase a lo menos cuando
verdaderamente se conociese ser amada?
Considerando que si a nuestro cortesano le fuese mal con ella, est en la mano desgustarse luego, y dexar de servilla,
y desta manera perdera l muchas cosas
buenas, las cuales terna todas con gran
abundancia, amndola; y entre las otras
faltalle a una muy sustancial, y sera
aquella sojucin y acatamiento con que
acatan y casi adoran los enamorados a
sus damas.

5. Di questa difficolt d conto lalto numero di vocaboli problematici annoverati da M. Morreale, la quale si vide costretta a creare una sezione ad hoc nellappendice per contenere la
varia e numerosa casistica di deviazioni registrata: son tantas las palabras que le causan
resistencia o vacilacin y las que le sugieren alguna glosa o comentario que, aun sin la menor

104 Quaderns dItali 6, 2001

Mara de las Nieves Muiz Muiz

Come vediamo, nel tradurre la replica di Pallavicino, Boscn confuse un


dativo femminile (le) con un pronome maschile, talch l dove il malizioso
misogino sconsigliava la donna di rifiutare le profferte dellamante per non
perdere, insieme al suo amore, le piacevoli manifestazioni dellomaggio, Boscn
assunse il punto di vista dellinnamorato immaginandolo privo di molte cose
buone che avrebbe potuto avere amandola (perdera l muchas cosas buenas,
las cuales terna todas con gran abundancia, amndola).
N pare casuale lequivoco se si guarda alla controreplica del Magnifico
avversa agli amori extramatrimoniali, perch essa appare amplificata da Boscn
in un vero e proprio excursus inneggiante la forza incontenibile della passione, che adotta ancora una volta, per quanto in modo pi coperto, la prospettiva maschile. Sicch mentre Castiglione fa pronunciare a Lorenzo parole recise
di rifiuto (lo amar come voi ora intendete estimo che convenga solamente alle
donne non maritate), la traduzione introduce un inciso ipotetico che ne offusca il nitore (no lo ha de hacer [], si se ha de tratar esa materia de amores con
argumentos, sino que la que cayera caya, y la otra que se est = non deve farlo
se di questa materia occorre discorrere con argomentazioni, ma quella che deve
cadere, cada, e laltra si tenga):
Di questo - rispose il Magnifico - non la
voglio consigliare io; dico ben che lo amar
come voi ora intendete estimo che convenga solamente alle donne non maritate.

Eso que habis preguntado, respondi el


Magnfico, no lo ha de hacer ella por consejo, si se ha de tratar esa materia de amores con argumentos, sino que la que cayera
caya, y la otra que se est. Cosa que trae consigo una pasin tan grande como es amar,
no se puede ordenar ni medir en los hombres ni en las mujeres, acaecimientos son o
dolencias que es cosa difcil prevenillas, y
casi imposible curallas. Sos bien decir, si
esto se ha de hablar por rigor de derecho y
hemos de andar aqu en dotrinas y filosofas
estrechas, que ese amar, como vos entendis que sea, quiz no ser lcito sino a
las que estn por casar.

Come a dire: non cosa da risolvere in teoria, ma da lasciare a ciascuna


donna secondo le forze sue, visto che la passione incontenibile nei due sessi
(no se puede ordenar ni medir en los hombres ni en las mujeres); col che il divieto si attenua in un possibilista forse (quiz no ser lcito sino a las que estn
por casar), limitando lequiparazione uomo-donna al piano della passione
medievalmente concepita come creaturale propensione a cadere.
Questa tendenza di Boscn a tingere di antichi pregiudizi lideale di razionale contenutezza tratteggiato da Castiglione, viene confermata nel dibattiintencin de hacer una concordancia, he tenido que ponerlas aparte y relegarlas a los apndices, op. cit., p. 71.

Il libro del Cortegiano tradotto da Boscn: []

Quaderns dItali 6, 2001 105

to successivo sul diritto delle donne sposate ma infelici a farsi amare da altri
(III 56-57); un caso in cui la divergenza di pareri fra Gasparo e Lorenzo si
fa pi sfumata, giacch, mentre il primo intona a una maggiore razionalit la
resa della donna, il secondo ammette la legittimit di un amore platonico pur
negando il rapporto carnale (voglio che niuna altra cosa allo amante conceda eccetto che lanimo). Boscn doveva, insomma, misurarsi con due tesi parimenti liberali anche se in diverso grado. Da un lato, largomento di Pallavicino
in difesa di un amore completo (non amando chi ama loro, fanno ingiuria a
se stesse), non presentava pi il cedimento come piacevole peccato, bens
come un caso di giustizia proporzionale, essendo lamore altrui specchio dellamor proprio; dallaltro, la controproposta del Magnifico (III 57) mirava
a dimostrare il carattere amabile dellonest muliebre conciliando i valori
opposti della grazia e della venust (con la venust, con la grazia induca
nellanimo di chi la vede quellamor vero che si deve a tutte le cose amabili). Boscn doveva, insomma, aggirare due diverse trasgressioni del codice:
lestetica della morale e la legittimazione giuridica del piacere. Nel primo caso
egli ci riusc capovolgendo la proposta di amare chi ama nel comando eufemistico (litote) di non amare chi non ama (pero las otras tampoco deben
ofenderse a s mismas, amando a quien no las ama); nel secondo, intorbidando lassunto neoplatonico con un excursus sui sublimi tormenti della
rinuncia maschile per far regredire lequilibrio fra morale e piacere verso il
topos dellassenza:
Per voglio che la mia donna di palazzo
non con modi disonesti paia quasi che
sofferisca a chi la vole ed uccelli [] ma
con i meriti e virtuosi costumi suoi, con
la venust, con la grazia induce nellanimo di chi la vede quello amor vero che si
deve a tutte le cose amabili e quel rispetto che leva sempre la speranza di chi pensa
a cosa disonesta. Colui adunque che sar
da tal donna amato, ragionevolmente
devr contentarsi dogni minima dimostrazione ed apprezzar pi da lei un sol
sguardo con affetto damore che lesser in
tutto signor dogni altra

Gane ella hombres de bien por servidores [] non con las artes que hemos
dicho de las otras, sino con su gentileza,
con sus buenas costumbres, con su autoridad, con su gracia, con un buen descuido, y, en fin, con decir y hacer lo que debe.
Con estas cosas ser ella amada y tenida en
mucho, y mucho ms en ausencia, y desto
nacer, que el que se viese ser amado de
una dama de tan gran precio, fcilmente
sufrir sus trabajos; y aunque muchas
veces, de muy apretado de sus fatigas,
venga a romper y casi a desperarse,
todava volver sobre s, y hallar que
tiene razn de contentarse, o a lo menos
de sufrirse con cualquier seal de amor
que en ella vea, por pequea que le parezca, y preciar ms una blandura o un
buen mirar desta, que ser totalmente
seor de otra

Lamore cortese si sovrappose cos a quello cortigiano facendo emergere in


contraluce una tesi oscillante fra condizione creaturale e sublimazione stilnovistica, la prima nella prospettiva dei due sessi, la seconda in quella maschile.

106 Quaderns dItali 6, 2001

Mara de las Nieves Muiz Muiz

Nellun caso e nellaltro spariva la reciprocit del rapporto amoroso e la mediazione dialogica fra gli opposti.
Lesemplificazione si potrebbe allargare ad altri casi e ad altri temi, ma questi campioni varranno forse a mostrare come Boscn non fosse riuscito ad assimilare appieno lerotica dellethos che andava tramandando. Un ideale riassunto
da Castiglione nella figura femminile della modestia temperata (III 57), e sulla
cui difficolt si era soffermato allinizio del Terzo Libro: e per le bisogna
tener una certa mediocrit difficile e quasi composta di cose contrarie, e giunger a certi termini a punto, ma non passargli (III 5). La difficolt non risiedeva, quindi, soltanto nellesecuzione del modello da parte delle donne, ma
anche nella sua comprensione da parte degli uomini chiamati a completarne
lopera. Tale il valore del dialogo rinascimentale quale indispensabile forma di
arbitraggio tra fra gli opposti. Lo scambio amoroso ne era la quintessenza.
Bibliografia selettiva
1. Edizioni cinquecentesche della traduzione di Boscn
Los quatro libros del cortesano, compuestos en italiano por el conde Balthasar castellon y
agora nueuamente traduzidos en lengua castellana por Boscan con privilegio Inperial por diez aos, Barcelona, por Pedro Mompetzat, 1534, 114 ff.
Los qvatro libros del Cortesano, compuestos en ytaliano por el conde Baltasar Castelln
agora nueuamente traduzidos en lengua Castellana por Boscn, Toledo, s.i., 1539, 199
ff.; 4.
Libro llamado el cortesano traduzido agora nueuamente en nuestro vulgar Castellano por
Boscan. Con sus acotaciones por las margines, Salamanca, por Pedro Tovans, a costa de
Guillermo de Millis, 1540, 144 ff.; 4.
Libro llamado el cortesano traduzido agora nuevamente en nuestro vulgar castellano por
Boscan, s.l. s.i. [Sevilla, Jacobo Cromemberg], 1542, 140 ff.; 4.
Libro llamado el Cortesano tradvzido agora nueuamente en nuestro vulgar castellano por
Boscan, Anueres, en casa de Martin Nucio, 1544, 239 ff.; 8.
Libro llamado el cortesano traduzido agora nueuamente en nuestro vulgar Castellano por
Boscan, Sevilla, Jacobo Cromemberg, 1549, 140 ff.; 4.
Libro llamado el cortesano traducido en nuestro vulgar Castellano por Boscan, Zaragoza,
a costa de Miguel apilla, 1553, 216 ff.; 8.
Los quatro libros del Cortesano, compuestos en italiano por el conde Baltasar Castelln
agora nueuamente traduzidos en lengua Castellana por Boscn, Toledo, s.i., 1559, 199
ff.; 4.
El Cortesano traduzido por Boscan en nuestro vulgar castellano nueuamente agora corregido, Anvers, en casa de la biuda de Martin Nutio, 1561, 247 ff.; 8.
El Cortesano. Tradvzido de Italiano en nuestro vulgar castellano, por Boscan, Valladolid,
Francisco Fernndez de Crdoba, 1569, [8], 294 ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
en Anvers, en casa de la biuda de Martin Nucio, 1571, 247, [3] ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
Anvers, en casa de Philippo Nucio, 1574, 247, [3] ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
Anvers, en casa de Philippo Nucio, 1577, 247, [3] ff.; 8.

Il libro del Cortegiano tradotto da Boscn: []

Quaderns dItali 6, 2001 107

El cortesano. Traduzido de Italiano en nuestro vulgar Castellano por Boscan, Salamanca,


en casa de Pedro Lasso, 1581, 290 [i.e. 304] ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
Anvers, en casa de Philippo Nucio, 1588, 247, [3] ff.; 86.

2. Studi sulla traduzione e sulla sua fortuna


BURKE, Peter. The Fortunes of the Courtier. Cambridge: Polity Press, 1995, trad. cast.
Los avatares del Cortesano. Barcelona: Gedisa, 1998.
COROMINAS, Juan Mara. Castiglione y la Araucana: estudio de una influencia. Madrid:
Jos Porra Turanzas, 1980.
FABI, Antonio Mara. Introduzione a El Cortesano. Madrid: Librera de los Biblifilos, 1873, p. I-LXIX.
GREEN, Otis H. Boscn and Il cortegiano: the Historia de Leandro y Hero. Bogot:
Instituto Caro y Cuervo, 1948.
HAMILTON, Rita. Boscn traductor del Cortesano de Castiglione, in Boletn de la Academia Argentina de Letras, XXII (1957), p. 109-132, 231-329, 587-667.
KREBS, Ernest. El Cortesano de Castiglione en Espaa, in Boletn de la Academia
Argentina de Letras, VIII (1940) 93-146 e 423-435; IX (1941) 135-142 e 517-543;
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MOLINARO, J. Antonio. Boscns Translation of Il Cortegiano and his Linguistic Devices, in Quaderni Ibero-Americani, III (1959), p. 584-591.
MORREALE, Margherita. Castiglione y Boscn: El ideal cortesano en el Renacimiento espaol
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POZZI, Mario (a cura di); B. Castiglione. El Cortesano (edizione di Los quatro libros:
del cortesano compuestos en italiano por el conde / Balthasar / castellon / y / agora nueuamente traduzidos / en/ lengua castellana por Boscan). Madrid: Ctedra, 1994 (Letras
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SAROLLI, Gian Roberto. Boscn as translator: St. Jerome or the Humanists?, in Modern
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TERRACINI, Lore. Valds: cuidado. Boscn: descuido, in Studi di letteratura spagnola,
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TORRE, Esteban. Garcilaso y Boscn en la historia de la traductologa espaola, in J.
Csar Santoyo (a cura di), Fidus interpres, I, Universidad de Len, 1987, p. 145-155.

6. Non stato possibile verificare lesistenza di altre stampe registrate in diversi cataloghi (cfr.
ad esempio: Bartolom Jos GAYANGOS, Ensayo de una biblioteca de libros raros y curiosos,
Madrid, 1866, vol. II, coll. 1447-1455; Antonio Mara FABI e ngel GONZLEZ PALENCIA
nelle edd. del Cortesano curate rispettivamente nel 1773 e nel 1942): Valencia, Juan de
Arcos, 1561; Anvers, Nucio, 1599.

108 Quaderns dItali 6, 2001

Mara de las Nieves Muiz Muiz

3. Studi sulla figura della donna nel Cortegiano di Castiglione


FINUCCI, Valeria. The lady Vanishes: subjectivity and representation in Castiglione and
Ariosto, Standford: Standford University Press, 1992.
SACCARO BATTISTI, Giuseppa. La donna, le donne nel Cortegiano, in Carlo Ossola
(a cura di), La Corte e il Cortegiano, I: La scena del testo, 1980, p. 219-250.
ZANCAN, Marina. La donna nel Cortegiano di B. Castiglione. Le funzioni del femminile nellimmagine di corte, in Id., (a cura di), Nel cerchio della luna. Figure di
donna in alcuni testi del XVI secolo. Venezia: Marsilio, 1983, p. 13-56.

110 Quaderns dItali 6, 2001

In ricordo del professor David Romano

David Romano venuto a mancarci il 12 ottobre 2001, ma la sua figura rimane viva attraverso gli scritti. Noi, colleghi e discepoli suoi, legati in vario modo
alla cattedra di Filologia Italiana dellUniversitat de Barcelona di cui fu il primo
titolare, vogliamo risentire la sua voce rendendo nel contempo omaggio alla
sua persona.
Ci sembrato a tale fine opportuno ricuperare un suo magistrale saggio
sul codice catalano dei Trionfi di Petrarca apparso sul Boletn de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona (tomo XLI, 1987-1988, p. 5-18): un
contributo ammirevole per rigore metodologico e chiarezza espositiva che brillantemente si riallaccia alla migliore tradizione dellitalianismo catalano.
Ringraziamo Mercedes Romano e la Acadmia de Bones Lletres per lautorizzazione generosamente concessa a ripubblicare il saggio sulla nostra giovane
rivista.
Mara de las Nieves Muiz Muiz
A nome della Redazione dei Quaderns dItali
e dei colleghi italianisti operanti in Catalogna

Quaderns dItali 6, 2001

111-122

Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons


de los Triunfos de Petrarca1
David Romano

Resumen
Se estudia el ms de los Triunfi de Petrarca conservado en el Ateneo Barcelons, cuya
primera seccin se encuentra en la Bibliothque Nationale de France (esp. 534). Mediante
el anlisis de las variantes, se hace retroceder la copia a un apgrafo eclctico (grupo III de
las familias detectadas por Appel), pero se subraya su valor porque se trata de la nica copia
ms del texto italiano que se conserva en Espaa, y aparece con la traduccin catalana del
comentario de Illicino.
Palabras clave: triunfi, Petrarca, traduccin catalana, comentario de Illicino.
Abstract
On study the ms of the Triunfi of Petrarca conserved near the Ateneo Barcelons, whose first
part is found to the Bibliothque Nationale de France (esp. 524). Through the analysis of
variant, one traces the copy back to an eclectic apograph (group III of the families characterized from Appel), even if emphasizes the value because is the only copy ms of the
Italian text conserved in Spain, and it appears accompanied from the Catalan translation
of the comment of Illicino.
Key words: triunfi, Petrarca, catalan translation, comment of Illicino.

1. Introduccin
A pesar de que el valor potico2 de los Triunfi3 es muy inferior al del Canzoniere,
la obra goz de bastante difusin, segn nos lo indican el elevado nmero de
1. La edicin crtica bsica sigue siendo la de Carl APPEL, Die Triumphe Francesco Petrarcas.
In kritischem Texte herausgegeben von (Halle a. S. 1901), XLIV+476 pginas; en anexo,
seis extensibles. Citar este trabajo simplemente per el nombre de su autor.
2. La crtica slo ha considerado poticamente bellos unos cuantos pasajes, principalmente la
descripcin de la muerte de Laura (Triunfo della Morte I = Appel V, versos 103-172) y algunos fragmentos del dilogo del poeta con Laura ya muerta que se le aparece en sueos
(Triunfo della Morte II = Appel V, versos 76-190).
3. As los llam siempre Petrarca, en forma culta. No olvidemos que su fama entre sus contemporneos la debi principalmente a sus obras latinas: por ellas fue coronado en el Capitolio.

112 Quaderns dItali 6, 2001

David Romano

manuscritos incluso hay autgrafos o autografiados por el mismo Petrarca que se han conservado4 y tambin las numerosas ediciones publicadas en
diversas ciudades italianas a partir de la edicin prncipe de 1471.5
Aunque buena parte de la obra es una rpida, y a menudo seca, enumeracin
de personajes (en su mayora de la antigedad clsica), con muestras evidentes
de imitacin de Dante, los Triunfi pronto fueron conocidos en paises extranjeros, en los que fue objeto de algunas traducciones y sobre todo dio origen a un
crecido numero de imitaciones, directas o indirectas, de muy variada calidad.
La influencia de Petrarca lo mismo cabe decir de Dante y de Boccaccio en los autores castellanos y catalanes de los siglos XIV-XVI fue estudiada
hace ya muchos aos, principalmente por Sanvisenti6 y por Farinelli,7 en sendas obras que parece necesario completar, o, mejor, rehacer, pues es mucho lo
que se ha ido conociendo desde entonces8 y lo que aun queda por conocer.9
Es sabido que se conoci ante todo al Petrarca humanista, al escritor en
latn. En cuanto al poeta en lengua vulgar, y cindonos al caso de los Triunfi, su influencia en la literatura castellana arranca del Marqus de Santillana:10 el Triunfete de amor y, en buena parte, la Comedieta de Ponza. Pero
hay un hecho que es preciso destacar: son muchas las huellas de los Triunfi, pero no se conocen traducciones castellanas manuscritas de dicha obra,
y en cuanto a las versiones impresas, la ms antigua, la de Antonio de Obregn,11 es del ao 1512, mientras que la segunda me refiero nicamente
4. En 1901 Appel (p. 10-12) ya registraba doscientos cuarenta y ocho manuscritos (de Italia,
Alemania, Austria y Francia), y la lista era slo selectiva.
5. Publicado a menudo junto con el Canzoniere, el texto de los Triunfi sola ir acompaado
por el comentario de Bernardo Illicino y, a partir de 1525, por el de Alessandro Vellutello.
Quiero recordar, sin embargo, que en muchas ediciones posteriores a esa fecha sigue imprimindose el comentario de Illicino.
6. Bernardo SANVISENTI, I primi influssi di Dante, del Petrarca e del Boccaccio sulla letteratura
spagnuola (Milano, 1902).
7. Arturo FARINELLI, Italia e Spagna (Torino, 1929), 2 vols. Los datos acerca de los Triunfi
figuran en el vol. I, p. 37-65, en el captulo titulado Petrarca in Ispagna (nellEt Media),
que engloba un artculo anterior del mismo autor y que, a pesar del ttulo, llega hasta el
siglo XVII. No creo descubrir nada si digo que la obra es un verdadero cajn de sastre, un conjunto de datos, a menudo sin elaborar.
8. Para la literatura petrarquista en cataln, vase la bibliografa sealada por R. DALSMONER, Flors de Petrarca de Remeys de cascuna fortuna, Estudis Universitaris Catalans (=
Homenatge a Rubi i Lluch, vol. I), 21 (1936), p. 651-666.
9. Por ejemplo: estudiar el manuscrito indito de la traduccin catalana del comentario de
Cristoforo Landino a los cantos I y II del Purgatorio de la Commedia; realizar una investigacin, extensa y sistemtica, en los archivos en busca de datos acerca de escritores italianos, escritores espaoles que pasaron a Italia, obras italianas o traducciones de ellas que
figuren en inventarios notariales acerca de esto ltimo, vase el ndice de la obra de Madurell y Rubi que cito en la nota 16 de este trabajo; publicar textos hispnicos de influencia italiana que an yacen inditos, etc.
10. Resulta curioso observar que en el libro de Mario SCHIFF, La bibliothque du Marquis de
Santillane (Paris, 1905) no aparece ningn manuscrito de los Triunfi.
11. Translacin de los seys Trinmphos de Francisco Petrarca de toscano en castellano fecho por Antonio de Obregn, capellan del rey (Logroo, 1512) ex Palau n. 224 253. Traduccin

Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons de los Triunfos []

Quaderns dItali 6, 2001

113

a versiones ntegras, la de Hernando de Hozes,12 es ya posterior a Boscn y Garcilaso.


En la literatura catalana el problema se plantea de un modo parecido: se
conoce al escritor en latn,13 y slo ms tarde se sealan influencias14 de los
Triunfi en algunos autores que no tienen, ni mucho menos, la talla de Santillana. A1 igual que ocurra en el caso del castellano, no se conservan traducciones
manuscritas al cataln;15 pero hay una diferencia: tampoco se conocen traducciones impresas. Y, en cambio, ah est el caso inslito del manuscrito al que me
refiero en este trabajo, con texto toscano y comentario traducido al cataln.16
2. El manuscrito del Ateneo Barcelons
2.1. Descripciones y fecha
La primera descripcin detallada del manuscrito que voy a estudiar la hizo
Mass,17 aunque en la identificacin del autor del comentario es posible que
utilizara datos comunicados por Sanvisenti, a quien debemos un breve estudio del contenido.18 De ambos, sin examen directo ni crtica, extrae sus datos
Farinelli.19

12.

13.

14.

15.
16.

17.
18.
19.

en dcimas y octoslabos, junto con traduccin del comentario de Illicino. No he podido consultar esta edicin; utilizo la edicin de 1541.
La portada, sin nombre de autor, dice: Los Triumphos de Francisco Petrarca ahora nuevamente traduzidos en lengua castellana, en la medida, y nmero de versos que tienen en el toscano y con nueva glosa (Medina del Campo, 1554) ex Palau n. 224 258 = C. PREZ
PASTOR, La imprenta en Medina del Campo (Madrid, 1895), p. 127-128. Traduccin
en tercetos, con cierta tendencia a conservar las rimas del original. Utilizo la reedicin de
Salamanca 1581.
Desde la traduccin, en 1388?, de la Histria de Valter e Griselda por Bernat Metge, recientemente reeditada por Martn DE RIQUER, Obras de Bernat Metge (Barcelona, 1959). Es
sabido que lo que hizo Petrarca fue traducir al latn la ltima novela del Decamerone. Riquer
(p. 49) dice: Petrarca, cantor de Laura en lengua vulgar Bernat Metge jams nos da
motivos para creer que lo conociera.
Aparte de los datos aportados por Sanvisenti y Farinelli, vanse los artculos de Jorge RUBI
BALAGUER, en la Historia de las literaturas hispnicas, vol. I (Barcelona, 1949), p. 645-746,
y vol. III (Barcelona 1953), p. 729-930, as como las numerosas referencias en Martn DE
RIQUER, Histria de la literatura catalana, vols. I y II (Barcelona, 1964). No me refiero a
los petrarquistas que dependen del Canzoniere, por ejemplo, Ausias MARCH.
Parece que Joseph G. FUCILLA, Estudios sobre el petrarquismo en Espaa (Madrid, 1960), p. XIII,
alude a este manuscrito. De ser as, habla erroneamente de la versin catalana de los Trionfi.
Ejemplares de los Triunfi (impresos o manuscritos?, en toscano o en lengua hispnica?)
figuran varias veces en inventarios notariales. Vanse R. CARRERES VALLS, El llibre a Catalunya. 1338-1590 (Barcelona, 1935), p. 109, y Jos M. MADURELL MARIMN y Jorge
RUBI Y BALAGUER, Documentos para la historia de la imprenta y librera en Barcelona (14741553) (Barcelona, 1955), p. 272, 405, 492 y 687.
J. MASS Y TORRENTS, Catlech dels manuscrits de la Biblioteca del Ateneo Barcelons (Barcelona, 1902), p. 56-61.
SANVISENTI, op. cit., p. 417-423. De mano de Sanvisenti y en castellano, es una breve nota
que se conserva pegada en una de las hojas de guarda del manuscrito barcelons.
FARINELLI, op. cit., vol. I, p. 44.

114 Quaderns dItali 6, 2001

David Romano

Haban de pasar veinticinco aos hasta que Nicolau dOlwer20 reconociera que el manuscrito de Barcelona no es ms que la segunda parte de otro conservado en Pars (Bibliothque Nationale, esp. 534), del que hizo una sumarsima
y, adems, incompleta descripcin, corroborada poco despus por Bohigas.21
En el manuscrito no figura ninguna fecha, es decir, que no disponemos de
elementos explcitos para datarlo; pero los autores que lo han descrito lo clasifican aproximadamente en la segunda mitad del siglo XV. Ahora bien, las filigranas del papel en que se escribi la parte que se conserva en Barcelona son de
dos tipos: el ms frecuente, el que aparece en la inmensa mayora de las hojas,
es un guante o manopla de cuyo dedo medio sale un palo rematado por una
estrella de seis puntas; pero hay dos cuadernillos22 (o sea, en total, una mano
de papel) en los que la filigrana est compuesta por tres coronas dispuestas
como si se hallaran en los ngulos de un tringulo equiltero con base arriba,
y encima de cada corona, y partiendo de ella, se ve una cruz. He consultado
la amplsima coleccin de filigranas (unas doce mil) reunida en los Museos de
Arte de Barcelona: ni en ella ni en los repertorios publicados figura la filigrana de las tres coronas; en cuanto al guante, aparece en varios manuales notariales
catalanes naturalmente, estn perfectamente fechados, el ms antiguo de
los cuales es del ao 1500.
Es probable que un detallado estudio tcnico del papel (separacin de los
corondeles, amplitud de los puntillones, anlisis de la fibra, etc.) confirme o
me obligue a rectificar mi idea. Por el momento, el estudio de las filigranas
me inclina a creer que el manuscrito es algo posterior a la fecha sealada per
quienes lo han descrito, aunque, claro est, no debe excluirse la posibilidad de
que se trate de una copia de un texto anterior. Por otra parte, el estudio paleogrfico no permite una datacin exacta, ya que la letra presenta rasgos del siglo
XV, pero tambin ciertas caractersticas del XVI.
2.2. Contenido del manuscrito
No voy a repetir aqu la descripcin completa del manuscrito. Solo me interesa recordar, para situar debidamente la cuestin, que contiene en realidad
dos obras, estrechamente relacionadas. Por una parte, el texto en toscano de los
Triunfi, escrito en tinta roja, y, per otra, la traduccin catalana23 del comentario
20. Llus NICOLAU DOLWER, Manoscritti catalani dei Trionfi del Petrarca, Studi Medievali, n. s. 1 (1928), p. 186-188. Nicolau seala quines fueron los poseedores del manuscrito al menos desde el ao 1604. Quiz sea ste el punto de partida para averiguar la
procedencia de la obra, investigacin de tipo histrico que no puedo abordar en estos
momentos.
21. Pere BOHIGAS, El repertori de manuscrits catalans de la Fundaci Patxot, Estudis Universitaris Catalans, 15 (1930), p. 226.
22. Fols. 198-207v y 208-217v. La filigrana figura en los folios 200, 201, 203, 206, 207, 208,
210, 214 y 216.
23. Aunque no voy a entrar aqu en el estudio del comentario, sealar que MASS (op. cit.,
p. 61), seguido por NICOLAU DOLWER (art. cit., p. 226) dice que en el lomo de la parte
conservada en Pars, y con letra del siglo XVII, se escribi: Petrarcha coment. en Valen..

Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons de los Triunfos []

Quaderns dItali 6, 2001

115

de Bernardo Illicino, escrito ste en tinta negra; con la misma tinta roja usada
para copiar el texto toscano se han subrayado las citas en latn que contiene el
comentario. En los mrgenes se indican (tambin en negro) los autores, latinos
en general, de quienes proceden las citas de Illicino. Las dos obras se han copiado entremezcladas, es decir, que despus de transcribir un pasaje de los Triunfi a veces son quince versos; otra, solo medio verso, sigue el extenso
comentario del pasaje, que se interrumpe para copiar la continuacin del texto
petrarquesco, y as sucesivamente.
Otro hecho ms debo mencionar: el manuscrito del Ateneo Barcelons est
mal encuadernado, pues las primeras hojas, foliadas a lpiz con cifras romanas,
en realidad debieran ir al final, por ser la continuacin del ltimo fragmento
copiado, que pertenece al capitulo que empieza por el verso Nel cor pien damarissima dolcezza, captulo omitido por muchos editores del siglo XVI (sobre
todo a partir de Vellutello) y unnimemente en las ediciones modernas, que en
esto siguen a Appel, que lo public24 en el suplemento de su edicin crtica.
2.3. El texto toscano
2.3.1. El problema bsico
Como es sabido, el problema bsico de los Triunfi estriba en el hecho de que
Petrarca no dej un texto definitivo. Fue escribiendo captulos aisladamente
y despus intent construir con ellos una obra seguida y coherente; pero no
hizo una sola, sino varias redacciones, con distinta ordenacin de los materiales, a la vez que suprima, aada o empalmaba versos, mientras iba limando cada
uno de ellos. Sabemos, tambin, que poco antes de morir trabajaba en la revisin final de la obra. Resultado de ello es que se conservan numerossimos
manuscritos, que en parte derivan de autgrafos o autografiados por el poeta
mismo, pero que por las razones citadas discrepan entre s. Que este problema era ya conocido en la misma Espaa nos lo revelan claramente un texto de
Obregn25 y una alusin de Hozes.26
24. Con el n. VI, p. 310-317. Acerca de las posibles causas de que Petrarca no estuviera satisfecho de este captulo, vase H. WILKINS, ERNEST, On Petrarchs rewriting the Triumph of
Fame, Speculum, 39 (1964), p. 440-443, que completa algo de lo dicho en su obra Studies in the Life and Work of Petrarch (Cambridge, Mass., 1955), p. 254-274.
25. Mas como Francisco Petrarca los compuso siendo ya de mucha edad no pudo quedalle
tiempo para emendallos como en los Petrarcas viejos se paresce, mas porque la doctrina de
varon tan excelente no quedase alli viciosa fee en Venecia cometida esta obra a persona tan
abundante de letras [alusin a Bembo] que peso los seys triumphos como quien los escrivio los pusiera si la vida le durara (p. 2 de la edicin de 1541). Ms adelante aade: Y el
triumpho de la fama contiene tres capitulos solamente, que el que ponen por primero se
convierte en Segundo como mas claro paresce en los Petrarcas sin comento emendados, y
no difieren en cosa mas que en la orden del poner las personas.
26. En un libro de los triumphos de Petrarcha de impression antigua que yo tengo comentado
de Bernardo Illicinio ay en el triumpho de la Fama de que ahora queremos tratar un captulo puesto antes que los tres que aqui se veran, el qual se dexa de poner porque en los que
andan glossados por Alexandro Vellutello que yo he visto no ay mas destos tres capitulos ni

116 Quaderns dItali 6, 2001

David Romano

La consecuencia es que Appel27 se vio obligado a idear una laboriosa y complicadsima tcnica para determinar las familias de manuscritos, condicin previa para establecer un texto crtico. Es cierto que los editores modernos de los
Triunfi no han aceptado el resultado del trabajo de Appel en cuanto a la ordenacin de los captulos suelen seguir el orden de la aldina de Bembo, de
1501; pero, en cambio, casi todos esos editores han aceptado el texto de cada verso segn lo estableci el erudito alemn. Por otra parte, su edicin crtica
an no ha sido sustituida.28
2.3.2. La filiacin del texto29
Para establecer la filiacin del texto toscano del manuscrito que estudio, voy
a tratar sucesivamente de dos aspectos distintos aunque entrelazados. En primer lugar me ocupar de la ordenacin de los captulos y a continuacin har
la colacin y estudio de las variantes clave.
a) La ordenacin de los captulos
El orden en que estn transcritos los captulos constituye uno de los dos puntos bsicos de la tcnica de Appel. Desgraciadamente, el hecho de que Nicolau
dOlwer desconociera que ste era un problema importante dificulta el estudio y me obliga a realizar una trabajosa labor, porque en estos momentos no
puedo disponer de un microfilm de la parte conservada en Pars.
aun tampoco en la traduccion hecha en nuestra lengua [alude a la de Obregn], aunque sea verdad que en algunos de los de nueva impresion he visto este capitulo puesto por su parte y
sin glossa al fin de todas las obras con solamente titulo que dize capitulo de Francisco Petrarcha. Yo no puedo alcanar lo que esto sea, porque por una parte este capitulo paresce venir continuado de las palabras ultimas del triumpho de la muerte, como en el veran los que lo leyeren,
y su materia es la misma de que en el triumpho de la Fama se trata, y tambien por otra parte
el primer capitulo de los tres que aqui se han de poner paresce que immediatamente sigue al
triumpho de la muerte, y allende desto muchas de las personas puestas por el Poeta en estos
tres capitulos estan tambien en el otro: lo qual en persona tan sealada como Petrarcha fuera
mucho defecto. Paresce me muy conforme a razon lo que cerca desto se dize al principio
deste triumpho en la traduccion hecha en nuestra lengua, lo qual es, que Petrarcha tenia
hecho aquel capitulo para principio de este triumpho, y que despues no paresciendo le bien
lo dexo, y hizo los otros tres aqui puestos. Si al lector le paresciere inconveniente la falta de este
capitulo, podra lo traduzir juntamente con su glossa, y poner lo al principio del triumpho, o
alfin del libro, como mas quisiere (fols. 179-179v, de la edicin de Salamanca 1581).
27. En la obra mencionada al principio, que utiliza un trabajo anterior suyo: Zur Entwicklung italienischer Dichtungen Petrarcas. Abdruck des Cod. Vdt. Lat. 3196 and Mitteilungen aus der Handsehriften Casant. A 111 31 and Laurenz. Plut. XLI N. 14 (Halle a. S. 1891), VIII + 196 p.
28. En cambio, la suya anul la anterior de G. Mestica (Firenze, 1896), editada junto con el
Canzoniere.
29. No s por qu se han extraado algunos crticos ante el hecho de que Appel no utilizara
este manuscrito. Sabemos que no cotej manuscritos de bibliotecas espaolas de todos
modos, difcilmente hubiese podido dar con el del Ateneo Barcelons, y en cuanto a la
parte que se guarda en Pars, aparte de que su adquisicin era reciente del 21 de abril de
1897 (Llus NICOLAU DOLWER, art. cit., p. 187), por lo que no consta en el catlogo de
Morel-Fatio (de 1891), Appel slo estudi los que figuran en las secciones italiana y francesa de la Bibliothque Nationale.

Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons de los Triunfos []

Quaderns dItali 6, 2001

117

Para facilitar la comprensin de lo que va a seguir, doy aqu una tabla de


las correspondencias entre las distintas ediciones. Obsrvese que el anlisis se
hace a base del nmero de orden de las primeras ediciones.
Nmero
de orden de
las primeras
ediciones
(cf. Appel,
Primer verso del captulo
p. 96)
Al tempo che rinnova i mie sospiri
1
Era s pieno il cor di meraviglie
2
Poscia che mia fortuna in forza altrui
3
Stanco gi di mirar, non sazio ancora
4
Quando ad un giogo ed in un tempo quivi 5
Quanti gi ne let matura ed acra
5
Quella leggiadra a glorosa donna
6
La notte che segu lorribil caso
7
Nel cor pien damarissima dolcezza
8
Da poi che Morte trunf nel volto
9
Pien dinfinita e nobil meraviglia
10
Io non sapea da tal vista levarme
11
De laureo albergo, con lAurora innanzi
12
Da poi che sotto l ciel cosa non vidi
13

Ordenacin
de Appel
(llevan una
los captulos
editados como
suplemento)
I
II
III
II
IV
IV
V
V
VI
VI
VII
VIII
IX
X

Ediciones
modernas
(a base de
la aldina)
Amore I
Amore III
Amore IV
Amore II
Castit
Morte I
Morte II
Fama I
Fama II
Fama III
Tempo
Eternit

Al describir el manuscrito de Pars, Nicolau dOlwer se limita a indicar el


orden de los captulos y a sealar en qu folio empiezan; pero no nos da a
conocer cul es el verso inicial de cada captulo. El orden es el siguiente:
Trihunfo damor [canto 1.]
captulo 2.
captulo 3.
captulo 4.
Trihunphus secundus Castitatis
Triumphus tertius Mortis, captulo 1.
captulo 2.

En cuanto al texto conservado en Barcelona, he aqu el orden indicado por


Nicolau dOlwer, cuya relacin completo yo aadiendo el primer verso de cada
captulo:

118 Quaderns dItali 6, 2001

David Romano

Triumphus quartus Fame, cap. 1.: Nel cor pien damarissima30


cap. 2.: Da poi che Morte
cap. 3.: Pien dinfinita e nobil
cap. 4.: Io non sapea da tal vista
Triumphus quintus Temporis: De 1aureo albergo
Triumfus ultimus Divinitatis: Da poi che sotto 1 ciel31

Tratar ahora de determinar cul era la ordenacin del manuscrito completo, en sus dos partes. No hay ninguna duda acerca de la parte que se conserva en el Ateneo Barcelons, pues la he examinado personalmente. Tampoco
la hay en cuanto a los Triunfos de Castidad y de Muerte: del primero, porque
consta siempre de un solo captulo (n. 5); del segundo, porque cuando contiene dos captulos (como en nuestro caso) no hay duda de cules son: los n.
6 y 7. En otras palabras: de acuerdo con la numeracin que sigue Appel, es
seguro el orden 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13.
Ahora bien: por no haber podido ver el manuscrito de Pars, me veo obligado a hacer suposiciones acerca de cules son los versos iniciales de los dems
captulos. Bsicamente, se plantean dos problemas:
1. Figura o no el fragmento 5? En caso afirmativo, dnde va incluido?
2. Puesto que el Triunfo de Amor consta de cuatro captulos, cul es la posicin del 4?
No puedo resolver ahora el primer problema, porque las posibilidades son
muchas. En cambio, para el segundo de ellos cabe suponer dos modalidades:
a) el orden 1, 2, 3, 4 que siguen las primeras ediciones; b) el orden 1, 4, 2, 3
de las modernas, siguiendo a la aldina.
Resulta, per consiguiente, que el conjunto puede estar dispuesto de dos
maneras: o bien 1-13, o bien 1, 4, 2, 3, 5-13, con la duda de saber si figura
tambin el fragmento 5, y, de ser as, dnde va colocado.
De acuerdo con la clasificacin final de Appel,32 las posibles familias de manuscritos a las que puede pertenecer el nuestro son las siguientes: si no contiene el
fragmento 5, podemos hallarnos ante un miembro de la familia I A (que comprende treinta manuscritos), o de la familia II E 4 (un solo manuscrito). En cambio, en caso de que la parte que se guarda en Pars incluya tambin el fragmento
5, las posibilidades son ms, pues puede corresponder a una de las siguientes
30. El orden parece dudoso a causa de que el manuscrito del Ateneo est mal encuadernado;
pero sa debe ser su situacin, ya que al final del comentario de este captulo (fol. XIII V)
se lee: Capitulo secundo Triunphi Ffame, y a continuacin (formando parte del mismo
cuadernillo de papel, pero con la hoja foliada recientemente a lpiz con el nmero 1) sigue
el texto del captulo que se inicia con el verso Da poi che Morte triunfo nel volto.
31. Obsrvese que se titula Triunphus Divinitatis (fol. 212v) y no Eternitatis, como en
las ediciones modernas. Este captulo se interrumpe despus de comentar el verso 117
(fol. 240). Falta, pues, el final, que quiz se perdi al realizar la encuadernacin del volumen.
32. APPEL, p. 106-108.

Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons de los Triunfos []

Quaderns dItali 6, 2001

119

familias: I B 1 (sesenta y ocho manuscritos), I B 2 (nueve manuscritos), I B 3 (un


manuscrito), II E 1 (un manuscrito), II E 3 (veinte manuscritos), II E 5 (tres
manuscritos), III A (dos manuscritos) o III B (diecisis manuscritos).
Dejemos de momento en suspenso la decisin y pasemos al anlisis de los
versos-clave.
b) Colacin de los versos-clave
Presento a continuacin las lecturas33 que ofrece el manuscrito del Ateneo Barcelons en aquellos versos que Appel34 consider que eran piedras de toque
esenciales para la debida filiacin de los textos. Junto a cada verso he sealado el nmero de la variante, siempre segn la nomenclatura de Appel. Indico
tambin las variantes menores que presentan algunos versos.
Captulo Da poi che Morte
a) verso 13 (fol. 1): Cosi venia et io di quale schole
2a
b) verso 113 (fol. 46v): Di quel gran nido et garulo inquieto 1
(en Appel falta et)
c) verso 126 (fol. 52v): Che hebber non meno il naturale disio 3e
Captulo Pien dinfinita
ch) verso 113 (fol. 111): Che suo bel viso et la ferrata coma
(en Appel che1 suo bel viso a la)
d) verso 151 (fol. 125v): Quel di lungi seguiva il Saladino
Captulo Io non sapea
e) verso 25 (fol. 145v): Un gran fulgur parea tutto di foco
(Appel folgor)
f ) verso 26 (fol. 146v): Seco era Eschyne chel pote sentire
(Appel poteo)
g) verso 41 (fol. 155v): Un che gli ebbe invidia et videl torto
(Appel e1 vide)
h) verso 119 (fol. 182): La sua tela gentile ordi in carte
(Appel ordir)
i) verso 121 (fol. 182): Et poi revolsigli ochi in altre parte
(Appel il viso, en vez de gli ochi)
Captulo De laureo albergo
j) verso 1 (fol. 184v): [D/el aureo albergo con laurora inanci
k) verso 23 (fol. 189v): Et che il mio volo lo radoppi e danni
(Appel si en lugar de et)

1
6
2
1
lb
2a
3

1
4

33. Cuando no se presta a dudas, regularizo el uso de las letras i y j (que siempre aparecen
escritas sin punto) y tambin de u y v; en los dems casos conservo la grafa del manuscrito, as como la separacin de las palabras. No escribo ni los acentos, ni las diresis, ni los
apstrofos, porque tampoco los indica el ejemplar barcelons.
34. APPEL, p. 13-92. El breve resumen que figura en las p. 116-121 es insuficiente.

120 Quaderns dItali 6, 2001

David Romano

Captulo Da poi che sotto l ciel


l) verso 3 (fol. 214): A me mi volsi et dissi in che ti fidi
ll) verso 26 (fol. 219): Vidi in un pie colui che mai non stete
(Appel pe en vez de pie)
m) verso 70 (fol. 226): Quasi spianati inanci et drieto i poggi
(Appel dietro enani)
n) verso 72 (fol. 226): Nostro sperar o rimembrar sappoggi
(Appel e en lugar de o)
verso 121: falta.35

2
5
1
lb

En total he examinado diecisis variantes bsicas. Comparando con los


extensibles publicados por Appel, se puede apreciar que el manuscrito del
Ateneo Barcelons coincide bastante con dos de los manuscritos colacionados por el erudito alemn: el P 14 (Pars, Bibliothque Nationale, fran.
2500, 2501) y el P 15 (Pars, Bibliothque Nationale, fran. 223). Con el
primero de ellos coinciden trece de las diecisis variantes discrepan las h),
i), k); con el segundo, quince de las diecisis nicamente discrepa la
g). El P 14, por ser incompleto,36 Appel no quiso clasificarlo en ninguna
familia. En cuanto al P 15, con el que la coincidencia es casi total, pertenece a la familia III A, que es precisamente una de las posibles que antes he
indicado.37
Si nos fijamos en las variantes menores, resulta que precisamente P 15 es uno
de los tres nicos manuscritos que en el caso i) ofrecen la leccin gli ochi en
vez de la tpica il viso.38 Los otros dos manuscritos que presentan tal variante menor son el FL 12 y el P 7.39 Confrontados ambos manuscritos con el que
estudio, se aprecia que FL 12 slo presenta cuatro coincidencias frente a doce
discrepancias: en efecto, corresponde a la familia II B, que no es ninguna de
las que antes he dado como posibles. Por el contrario, el P 7 ofrece nicamente
dos discrepancias frente a doce coincidencias (adanse una lectura dudosa y
una ausencia, para llegar a las diecisis lecturas): pertenece a la familia III B,
una de las posibles.
Es decir, que, en principio, parece que el manuscrito que estudio pertenece al grupo III (familia A o B). A continuacin sealo las coincidencias con
los dems manuscritos de dicho grupo III.40 Sin tener en cuenta las lecturas
dudosas, el resultado es:

35. Despus del verso 117 (fol. 240) sigue el comentario de Illicino hasta el folio 240v; luego
vienen el comentario y el texto del captulo (Appel VI) Nel cor pien.
36. Aunque es incompleto, se conserva ntegra la parte correspondiente a los versos que yo
puedo colacionar.
37. Vase final del prrafo 232.1.
38. APPEL, p. 83.
39. Las siglas de los manuscritos figuran en APPEL, p. 10-12.
40. APPEL, p. 108.

Acerca del manuscrito del Ateneo Barcelons de los Triunfos []

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121

Familia III A
manuscritos F Ls 3: cinco coincidencias
P 15: quince coincidencias
Familia III B
manuscritos Bo 4: diez coincidencias (ms una omisin)
FL 2: nueve coincidencias
FL 8: siete coincidencias
FL 15: siete coincidencias
FL 21: diez coincidencias (ms una omisin)
FN 1: siete coincidencias
FN 2: siete coincidencias
FN 7: nueve coincidencias
Mo E 4: ocho coincidencias
NN 1: siete coincidencias
P 7: doce coincidencias (ms una omisin y una
lectura dudosa)
Pr 15: ocho coincidencias
RC 1: seis coincidencias (ms una omisin)
R Ch 2: ocho coincidencias
RV 8: ocho coincidencias
R Vo 3: siete coincidencias.
Todos los de la familia III B (excepto FL 21 y R Vo 3) coinciden siempre
en las variantes que yo denomino j) y k). En cambio, en la familia III A uno
coincide en ambas y el otro discrepa en las dos.
3. Conclusiones e importancia del manuscrito
Recapitulando, tenemos que el nmero mximo de coincidencias se da con
los manuscritos P 15 (quince coincidencias), que pertenece a la familia III A;
P 14 (trece coincidencias), cuya familia no indica Appel, y P 7 (doce coincidencias), de la familia III B. Es decir, que nuestro manuscrito est estrechamente relacionado con el grupo III, sin que pueda decidir si se trata de la
familia III A o de la III B. Aadir nicamente que de los doscientos cuarenta y ocho manuscritos colacionados por Appel, tan slo veintiuno coinciden
en las variantes j) y k); de esos veintiuno, diecisiete, es decir, el 81%, pertenecen al grupo III.
En resumen: el manuscrito del Ateneo Barcelons pertenece al grupo III, o sea
que est copiado de un apgrafo eclctico, que dista bastante de los autgrafos o
autografiados por Petrarca. No es, por lo tanto, un buen manuscrito desde el
punto de vista de la fijacin del texto. Pero esto, como indicar a continuacin,
no le resta valor desde el punto de vista de su posible importancia en Espaa.
Resumamos brevemente lo dicho al principio: nos hallamos ante el hecho
de que no se conocen versiones manuscritas de los Triunfi en castellano, sino

122 Quaderns dItali 6, 2001

David Romano

slo traducciones impresas, editadas junto con un comentario, tambin traducido. No hay, como en cierto modo era lgico esperar, textos en toscano.
Todo lo contrario ocurre en la literatura catalana: no hay ninguna traduccin impresa de los Triunfi tampoco han quedado versiones manuscritas;
en cambio, y eso s es extraordinario, se conserva un manuscrito que contiene el texto en lengua original, con comentario en cataln.
A qu se debe eso? La mejor explicacin posible es la siguiente: se trata de
un manuscrito copiado para un lector de lengua catalana en quien se dan dos
circunstancias: por una parte, es un humanista de la segunda poca, y como
tal se interesa por obras cultas redactadas ya en lengua vulgar; por otra, es un
erudito, en el sentido de que no se contenta con conocer la obra por medio
de una traduccin, sino que pretende leerla en su lengua original toscana.
Ahora bien, lo que ocurre es que no domina esa lengua, y para poder comprender el texto necesita recurrir a un comentario que, claro est, tampoco
podra aprovechar con fruto si lo leyera en su lengua original, y por eso quiere tener una traduccin a su propia lengua.41

41. En cierto modo, a una razn parecida responde el texto publicado por Martn DE RIQUER,
Fragmento de un manuscrito del Inferno de Dante con glosas en cataln, recientemente
editado en las Gesammelte Aufstze zur Kulturgeschichte Spaniens, 21 (1963), p. 250-253.
La diferencia bsica es que no hay comentario, sino unas breves glosas o aclaraciones como
las que contendra una edicin moderna; es ms: en muchas ocasiones se trata nicamente de la traduccin catalana de una palabra aislada.

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123-135

Humanismo y Reforma en la corte renacentista


de Isabel de Vilamar: Escipin Capece y sus lectoras
Isabel Segarra An
Universidad de Barcelona

Resumen
Durante la primera mitad del siglo XVI y en la corte salernitana del ltimo prncipe de la
casa Sanseverino y de su esposa, Isabel de Vilamar (noble seora de origen cataln) se
desarroll un intenso clima intelectual. All se congregaron artistas y humanistas italianos y espaoles. En este ambiente de intercambio cultural, atento en participar en las
ideas de la Reforma que se difundi en Npoles gracias a B. Ochino y a Valds, nace el
poema De principiis rerum del ltimo acadmico pontaniano: Escipin Capece. En esta obra
no slo se rastrean motivos lucrecianos y virgilianos sino tambin el influjo de los tratados cosmolgicos de Pontano. En este estudio, la autora propone el anlisis de la figura y
de la obra de Capece a travs de sus lectoras: Isabel de Vilamar y las mujeres cultas de su
corte.
Palabras clave: Humanismo, literatura humanstica, Reforma, Reino de Npoles, mujeres
cultas.
Abstract
During the first half of sixteenth century and in the Salernitan court of the last prince Sanseverino and his wife Isabel de Vilamar (a lady coming from a noble Catalan family) an
intense intellectual climate developed. Italian and Spanish artists and humanists met there.
In this environment of cultural exchange, that shared in the Reform ideas divulged in
Naples by B. Ochino and Valds, Scipione Capece (the last member of the Pontanian
Academy) writes his poem De principiis rerum. In his book Capece uses Latin literature
(Vergil and Lucretius mainly) and Pontanos treatises on cosmology. The author of this
paper studies Scipione Capece through his female readership: Isabel de Vilamar and the
learned women from her court.
Key words: Humanism, humanist literature, Reform, the Kingdom of Naples, learned
women.

La figura del ltimo miembro de la academia pontaniana, Escipin Capece


(Npoles, 1480 aprox.-1551), difcilmente puede ser analizada en profundidad sin atender a la gran influencia vital y espiritual que en la obra de este
humanista ejercieron ciertas presencias femeninas; presencias condicionadas

124 Quaderns dItali 6, 2001

Isabel Segarra An

por las inquietudes ideolgicas y religiosas del momento. En particular, es preciso estudiar la importancia de Isabel de Vilamar de noble familia catalana establecida en Npoles princesa de Salerno, conocida en Italia como
Isabella Villamarina, Isabel Breseo (o Isabella Bresegna), tambin de origen hispnico, la valdesiana Giulia Gonzaga o la clebre poetisa Vittoria Colonna. Es
precisamente a sta ltima a quien Escipin Capece dedica un elegante poema
compuesto en hexmetros latinos titulado Inarime, ad illustrissimam Victoriam
Columniam (editado en 1532). El ttulo Inarime recuerda el relato mitolgico que explica el origen de la isla de Ischia y evoca, sin duda, el cenculo intelectual que all se desarroll durante el siglo XVI, en cuyas filas se encontraban
algunas escritoras e intelectuales como Vittoria Colonna.1
El poema De principiis rerum constituye un claro ejemplo de las complejas relaciones que se establecen en la primera mitad del siglo XVI entre
filosofa, religin y literatura. Parece innegable el lazo que une el poema del
ltimo pontaniano con los aires reformistas que se difundieron en la corte
de Ferrante Sanseverino y de su esposa Isabel de Vilamar, prncipes de Salerno, y en general, en el ambiente cultural napolitano de la poca. La estimulante relacin intelectual de Capece con Isabel de Vilamar marc, sin lugar
a dudas, la redaccin de la obra. Es hasta cierto punto sorprendente que
pocos estudios sobre la poesa humanstica de Capece hayan fijado su atencin en ello. La princesa de Salerno jug un papel decisivo en la produccin
literaria de Capece. Fue promotora de la cultura en su corte salernitana e
introdujo en ella aires ideolgicos renovadores. Los principales estudiosos
del Humanismo napolitano, entre los cuales despunta el prolfico y clsico
1. Para una primera y rpida aproximacin a la biografa y a la obra de Vittoria COLONNA
(1490-1547), vase la entrada: Colonna, Vittoria en Dizionario biografico degli italiani, por
Giovanni PATRIZI. Una amplia recopilacin de la bibliografa y de las ediciones de la poetisa
se public en Italia francescana, XXII (1947), p. 1-2, dedicada al Centenario della pi grande poetessa dItalia. Sobre el pensamiento religioso de Vittoria Colonna, cabe destacar el
estudio de Benedetto NICOLINI, Sulla religiosit di Vittoria Colonna, Studi e materiali di
storia della religione, XXII (1949), p. 110-115. Ampli su estudio y lo incluy en Vittoria
Colonna between Reformation and Counter-Reformation, Bolonia, 1962, p. 25-44. La Inarime de Escipin Capece dedicada a Vittoria Colonna fue editada y traducida al italiano
por Antonio ALTAMURA en Antologia poetica di umanisti meridionali, Napoli: Societ editrice napoletana, 1975, p. 344-359.
2. Sobre el humanismo del sur de Italia, recordemos sus obras: LUmanesimo nel mezzogiorno
dItalia, storia, bibliografia e testi inediti, Firenze: Bibliopolis Libreria Antiquaria, 1941;
Antologia poetica di umanisti meridionali, Napoli: Societ editrice napoletana, 1975. Sobre
Scipione Capece en particular, vase Per la biografia di Scipione Capece, en Studi in onore
di Riccardo Filangieri, Napoli: Larte tipografica, 1959, vol. 2, p. 299-315. Extrae parte de
sus informaciones de la obra de Giovanni MAZZUCHELLI, Notizie storiche e critiche intorno
alla vita e agli scritti di Scipione Capece Napolitano, incluido en A. S. Sannazarii Poemata, Padova, 1751, vol. II, p. 65-78. Vida y obra de Capece pueden consultarse en la entrada correspondiente del Dizionario biografico degli Italiani, por Giovanni PARENTI. Otros estudios
fundamentales sobre el tema son los de Pasquale Alberto DE Lisio, Studi sullUmanesimo
meridionale, Napoli, 1973; y el clsico de Everardo GOTHEIN, Il Rinascimento nellItalia
meridionale, Firenze: Sansoni, 1915.

Humanismo y Reforma en la corte renacentista []

Quaderns dItali 6, 2001 125

Antonio Altamura,2 citan rpidamente la dedicatoria a Isabel de Vilamar


del De principiis rerum, identifican al personaje, pero no le dedican mayor
atencin. No hablan de su carcter inspirador, de su completa formacin
cultural, de su acogida para con los humanistas, artistas, msicos italianos y
espaoles, en fin, de su mecenazgo. Al investigar en las principales bibliotecas napolitanas sobre la corte renacentista de los prncipes de Salerno y recopilar noticias concernientes a Isabel de Vilamar, tuve la fortuna de rescatar
de la Biblioteca Universitaria un trabajo monogrfico sobre el personaje,
escrito por la estudiosa Laura Cosentini y editado en 1896: Una dama napoletana del XVI secolo: Isabella Villamarina.3 El libro fue prologado por Benedetto Croce y contiene un interesante apndice de documentos, en el cual
Cosentini edita una coleccin de cartas hasta el momento inditas escritas por Isabel, que forman parte de la correspondencia del cardenal Jernimo
Seripando, conservada en la Biblioteca Nazionale de Npoles. Escritas en
italiano, se caracterizan por la bsqueda de la elegancia y la redondez del
perodo. En ellas podemos percibir la huella del conocimiento de la gramtica latina que tena su autora. Las cartas no slo son relevantes desde un
punto de vista filolgico por diversos aspectos, tambin constituyen una fresca e ntima aproximacin al contexto social y poltico del Npoles hispnico. En la correspondencia con el cardenal, Isabel de Vilamar se muestra
angustiada por la rebelin y huida de su marido, Ferrante Sanseverino; comenta la manifiesta hostilidad del virrey de Carlos I, Don Pedro de Toledo, hacia
su persona y su corte. En repetidas ocasiones Isabel teme verse considerada
sospechosa de traicin a ojos del rey. Tras la confiscacin de parte de sus bienes, llega a implorar ayuda a Carlos I por mediacin de terceros. Sus enemigos la instan a abandonar Npoles e instalarse en Barcelona, donde reconoce
que conserva parientes, aunque lejanos. Sin embargo no cesa de repetir al
cardenal que apenas los conoce y que sera una desgracia presentarse en la
patria de sus antepasados como una exiliada sin fortuna. As, en una extensa carta escrita el 26 de agosto de 1553 desde el Castelnuovo de Npoles,
Isabel se expresa en estos trminos:
[] per che lanimo mio ne pensa ne sa piegarsi mai ad andarmi in Barcellona e rimover e scancellar in tutto da le lor menti questa falsa oppenion prima
et pi se li formi in testa e prima che mi destinassero a questo essilio procuratomi da Antico senza mia saputa e fuori dogni mia spettativa. [] conciosiache a fatica miseramente mi sostengo qua dove ho fatto tutti gli anni di mia
vita, come vorei sostentarmi in Barcellona dove sarei nova et se mi dicessero
che vi ho parenti assai, ne ho ancor qua, ma insumma misero colui che non
ha del propio, oltra che tanto maggior vergogna mi risultarebbe riducendomi
alla patria dei miei antecessori fedelissimi sempre a Sua Maest et a li lor Re,
hora io ci annassi come poco confidente et quasi come rubella che di questo

3. Laura COSENTINI, Una dama napoletana del XVI secolo: Isabella Villamarina, Trani: Vecchi,
1896.

126 Quaderns dItali 6, 2001

Isabel Segarra An

potriano gli maligni calunniarmi senza che io habbia ne col pensiero colpato,
ne mancato al debbito mio fedelisssima vassalla [].4

De sus palabras se deduce el temor por viajar casi como exiliada y de llegar
a la tierra de sus antepasados como tal; el deshonor de verse reducida a una
sbdita poco confidente et quasi come rubella, es decir, una dama poco de
fiar y casi una rebelde, cuando en realidad se define a s misma como vasalla fidelsima (fedelissima vassalla). Pero cuando finalmente logr recuperar el favor
de Carlos V, a quien haba agasajado en la corte durante su estancia en Npoles y de quien haba disfrutado alguna que otra galantera, decidi trasladarse
a Espaa para incorporarse con todos los honores a la corte de la Princesa de
Portugal. En Barcelona, el 10 de agosto de 1555, Isabel escribe al cardenal para
explicarle los pormenores del viaje y hacerle partcipe de la alegra que la embarga, ya que a su llegada a Barcelona todo fue amorevolezza (que podemos traducir por cario) e cortesia:
Per sapr V. S. R.ma che al primo di questo mese io arrivai con prospera navigatione in Barzelona et sana senza aver sentito incommodo veruno nella mia
persona, et son stata accarezzata et accolta da i Cavalieri e Signori di questa
Citt con tanta amorevolezza e cortesia che sella lhavesse visto, avrebbe preso
contento non mediocre [].5

Durante el viaje de regreso a Npoles, hacia el 1559, despus de intentar


defender sus intereses ante el emperador con menos xito del que esperaba,
Isabel de Vilamar mora sin dejar descendencia. Por su parte, Ferrante Sanseverino, que haba participado en la campaa de Flandes de Carlos V en 1544,
se refugia en Francia despus de convertirse al calvinismo, se declara enemigo
del virrey espaol y muere en Avin en 1568.
I
Despus de su repentina destitucin del cargo de consejero del Sacro Regio
Consiglio de Npoles por mandato del virrey Pedro de Toledo, Escipin Capece se refugia en la corte de Isabel de Vilamar. Su cada en desgracia coincide
con los ltimos das de la Academia pontaniana que, desde la muerte de Jacopo Sannazaro, haba trasladado su sede a la casa de Capece. Durante las largas
ausencias de Ferrante Sanseverino, enemistado, como ya hemos sealado, con
el virrey y con el mismo Carlos I, Isabel mantena viva la corte y, junto a Capece, organizaba la administracin de sus posesiones y velaba por los intereses
polticos y sociales del prncipe. Al mismo tiempo, el humanista cumpla la
funcin de poeta amparado por la corte. La estancia al lado de la princesa sea4. La carta es reproducida en el apndice de documentos del ya citado libro de Laura COSENTINI, op. cit., carta III, p. 144.
5. Laura COSENTINI, op. cit., carta IX, p. 157.

Humanismo y Reforma en la corte renacentista []

Quaderns dItali 6, 2001 127

la la poca ms fructfera de su carrera literaria. Durante ese tiempo consigue


editar un pequeo tratado de derecho comparado, Magistratuum Regni Neapolis qualiter cum antiquis Romanorum conveniant compendiolum, publicado
en Npoles en 1540 por Giovanni Sultzbach y reeditado en Salerno en 1544.
La relacin de Capece con los estudios de derecho era una de las herencias
familiares. Su padre, Antonio, haba sido un jurista destacado. Instruy a su
hijo en la materia y le anim a ocupar la plaza de lector de Instituta en el Studio de Npoles6 entre 1518 y 1519.
El inters de Capece por la filosofa y la cosmologa se plasm en la edicin veneciana de 1546 del poema didctico que centra nuestro estudio, el De
principiis rerum. El editor de la obra, Paulus Manutius, incluy en nombre de
Capece una elegante epstola dedicada a Isabel de Vilamar. La carta contiene
fragmentos interesantes donde se destacan algunas caractersticas de la personalidad de la princesa y ciertos aspectos de su formacin, que pueden explicar mejor las relaciones culturales de su crculo y la posibilidad que dio a Capece
de terminar, desde el exilio de los ambientes doctos napolitanos, la obra por
la que pas a ser celebrado como poeta y humanista, versado en argumentos
cientficos y filosficos antimaterialistas.
El encabezamiento de la carta escrita por Paolo Manuzio, hijo de Aldo,
dedicada a la Ilustrsima esposa del Prncipe de Salerno, Isabel de Vilamar,
es el siguiente:
Iudicium Pauli Manutii Aldi filius de hoc poemate Capyciano, ex illius
epistola quadam ad Illustrissimam Salernitani Principis coniugem Isabellam
Villamarinam.
A continuacin reproducimos uno de los fragmentos ms significativos:
Tua haec est Isabella praestantissima, tua, inquam, haec maxime laus est. Cum
enim tibi aut ad opes, aut ad dignitatem nihil fere possit accedere; quarum
rerum cupiditate adducti magnarum artium in studiis plerique vigilarunt; ipsa
nihil huiusmodi spectans, virtutis amore capta, cuius pulchritudinem animo
cerneres, effecisti, studio tu quidem, sed ingenio magis, ut cum esses omnium
nobilissima, omniumque pulcherrima, quorum alterum maiorum tuorum,
maximeque Viri tui, Principis omni laude cumulati, magnis rebus testata virtus, alterum tibi indulgentissima Natura dedit, eadem et sis et habearis omnium
doctissima. Hinc illa ad te colendam singularis omnium propensio: hinc multorum poetarum, quibus gravissima Regum bella magni operis argumentum
suppeditare poterant, ad te canenda traducta ingenia: hinc Capicius ille tuus

6. Sobre los estudios superiores en Npoles durante el siglo XVI, vase la obra de Carlo DE
FREDE, I lettori di umanit nello studio di Napoli durante il Rinascimento, en Studi e
documenti per la storia della Universit degli studi di Napoli, Napoli: Larte tipografica, 1960.
En cuanto al acervo cultural transmitido por la monarqua catalanoaragonesa establecida
en Npoles, remito al estudio de Giovanni MAZZATINTI, La biblioteca dei re dAragona,
Rocca S. Casciano, 1897. Tambin Cesare VASOLI, Aspetti dei rapporti culturali tra Italia
e Spagna nellet del Rinascimento, en Annuario dellIstituto Storico Italiano per let moderna e contemporanea, Roma, 1979, p. 459-481.

128 Quaderns dItali 6, 2001

Isabel Segarra An

tuarum laudum laudatissimus praeco qui te admiratur unam, qui observat,


qui cum de te multa et vera praedicavit, nihil umquam ut ardentius optarim,
quam ex tuis unum esse quod quo facilius impetrarem, feci, ipso permittente
atque libente Capicio, ut eius libros, de Principiis rerum duos, de Vate Maximo tres, meae in te summae observantiae testes emitterem.7

Paolo Manuzio nos ofrece un documento en que, si dejamos en segundo trmino los elementos retricos al uso en este tipo de presentaciones y dedicatorias, aparecen algunos de los rasgos que confieren a Isabel de Vilamar el carcter
de una autntica mecenas del Renacimiento italiano, aunque bastante menos
conocida y celebrada, por ejemplo, que Isabella dEste.
En el fragmento de la carta que hemos reproducido el editor veneciano
insiste en la disposicin natural de Isabel al practicar la virtud gracias a su talento y a la cultura que ha adquirido. La naturaleza, segn Manuzio, ha concedido a la princesa de Salerno ser la ms docta de su crculo y obtener fama y
consideracin por sus propios mritos. Exagerando un poco, aade a modo
de alabanza que muchos poetas de su corte han preferido cantarla antes que
ponerse al servicio de otros reyes y prncipes con el objeto de loar sus gestas
militares. Entre dichos intelectuales, Manuzio cita a Escipin Capece, mximo admirador y cantor de Isabel. Impresionado por la devocin mostrada por
Capece a la princesa, el editor publica la obra del humanista el De principiis rerum y el De Vate Maximo y la dedica en su nombre a Isabel de Vilamar.
En su corte poetas, poetisas, humanistas, le dedican sus obras y, a un tiempo, incitan en la misma un paulatino proceso de introduccin de las inquietudes
reformistas. La esplndida formacin cultural de Ferrante Sanseverino, su inters por la literatura, la msica y el teatro, parece que contribuyeron a dejar en
7. Te corresponde a ti, distinguidsima Isabel, a ti digo este elogio, puesto que a ti casi
nada puede hacerte sombra en cuestin de riqueza y de nobleza. Muchos velaron por deseo
de ambas cosas, llevados al estudio de las artes magnas. T, que no esperas nada a cambio, seducida slo por amor a la virtud, cuya belleza has percibido en el nimo, has conseguido con afn, pero ms an con ingenio, ser la ms noble de todos, la ms bella de
todas. De estas dos condiciones, nobleza y belleza, la primera te la dio la virtud probada
por las grandes hazaas de tus antepasados y, sobre todo, por las de tu esposo, prncipe
coronado de elogios. La belleza te la dio la naturaleza, indulgentsima contigo. Has conseguido ser la ms culta y ser considerada como tal. De ah que todo el mundo quiera loarte. De ah que muchos poetas, a quienes las ms arduas gestas guerreras de los reyes podan
proporcionar argumento de grandes obras, han preferido aplicar su ingenio en cantarte.
De ah que tu clebre y elogiadsimo Capece sea quien pregone a los cuatro vientos elogios de tu persona. l slo te admira a ti, es tu servidor. De ti mucho ha explicado, y todo
cierto. Nunca he deseado con tanto fervor convertirme en uno de los tuyos. Y, para lograrlo con mayor facilidad, con el permiso y el agrado del propio Capece, te remito sus dos
libros De principiis rerum y sus tres libros De Vate Maximo como testigos de mi ms absoluta observancia hacia ti.
Al final de la carta se lee A. M. D. XLVI quem praefert in fronte Editio Manutiana. La carta
de Paolo Manuzio aparece reproducida en la editio princeps de 1546, en las reediciones sucesivas y en la edicin napolitana de 1594. Para su transcripcin he consultado la ltima edicin citada en el ejemplar conservado en la Biblioteca Nazionale de Npoles.

Humanismo y Reforma en la corte renacentista []

Quaderns dItali 6, 2001 129

segundo plano las aptitudes de su esposa, pero, tal como constata Laura Cosentini en su libro dedicado a Isabel de Vilamar, esta noble dama conoca bien
las lenguas clsicas, era buena lectora, estudiaba msica y canto. Presuma, adems, de tener un espritu agudo y refinado, cualidades que la convertan, segn
la estudiosa italiana, en una mujer graziosamente colta,8 capaz de brillar por
su ingenio en veladas literarias y filosficas. Un humanista contemporneo,
Ortensio Lando, refiere con admiracin que la escuch recitar versos latinos
y declamar prosa en casa de otra dama de origen cataln, Mara de Cardona.9
Una particularidad de Isabel parece fascinar a los humanistas que la rodean.
En ella todo es gracia y dulzura, no perciben el animo virile de otras mujeres cultas y humanistas de la poca, que a menudo solan recibir el calificativo
de virago por parte de los intelectuales que las loaban o las reprendan.10 Isabel de Vilamar no slo recibe repetidos elogios de los intelectuales con los que
se relaciona. Tambin fue cantada por poetisas contemporneas. Maria Edvidge Pittarella, que formaba parte de la Accademia degli Incogniti con el pseudnimo literario de Pandora Milonia, le dedica poemas. De esta escritora
sabemos que declam para Carlos I en la corte de los prncipes de Salerno, si
bien no nos ha llegado nada de su obra.11 Ms fortuna tuvo la poetisa napolitana Laura Terracina, conocida en la misma Academia con el apodo de Febea.
En su obra Quinte rime della signora Laura Terracina editada en Venecia en
1552 dedica un soneto a su ntima amiga Isabel de Vilamar. Utiliza como
argumento potico el apellido Villamarina y canta a la princesa creando un
bonito juego de metforas marineras con el fin de evocar el carcter tranquilo
y sereno de Isabel. He aqu el soneto de Laura Terracina:12

8. Testimonio recogido por Laura COSENTINI en la p. 19 de su estudio monogrfico sobre


Isabel de Vilamar.
9. Ibidem, p. 19-20.
10. Con el trmino latino virago estos intelectuales designaban a las humanistas coetneas, comparndolas a menudo a las amazonas antiguas como Camila y Harplice por su coraje casto
y guerrero al adoptar un oficio, el de escritor, tradicionalmente reservado a los hombres.
Sobre este tipo de smiles dedicados a las mujeres cultas remito al ejemplo de la humanista veneciana Cassandra FEDELE (1465-1558) y al elogio que le dedic Angelo Poliziano.
Sobre esta culta virago, consltese entre otros Margareth L. KING y Albert. Jr. RABIL, Her
Immaculated Hand. Selected Works by and about the Women Humanists of Quattrocento Italy,
New York: Binghamton, 1983; para un estudio monogrfico reciente sobre la vida y la obra
de C. Fedele, vase Isabel SEGARRA AN, Cassandra Fedele: memoria de presente y de
pasado, en Fina BIRULS (comp.), El gnero de la memoria, Pamplona: Pamiela, 1995, p. 3760.
11. Laura COSENTINI en la p. 79 de su preciado libro incide en la importancia de esta academia
literaria y recoge las pocas noticias que nos han llegado sobre Pandora Milonia.
12. Soneto incluido en las Quinte rime della signora Laura Terracina detta Febea ne lAccademia
degli Incogniti, Venezia, editado por Andrea Valvasoria detto Guadagnino, 1552. Sobre esta
poetisa del Renacimiento, vase el captulo que Benedetto CROCE le dedica en su libro Storie e leggende napoletane, al cuidado de Giuseppe GALASSO, Milano: Adelphi edizioni, 1990,
p. 270-283 (primera edicin, 1919).

130 Quaderns dItali 6, 2001

Isabel Segarra An

Lalto mar di virt qual bramo e voglio


Che nel mondo dAlerno s lieta e bella
Ognor mimprime al cor lalma Isabella
Cagion farmi cantar pi che non soglio.
A tal Villamarina ed a tal scoglio
U Eolo nulla val con sua procella
Hor in questuna parte et hor in quella
Lignuda barca mia lego e discioglio.
E temendo dassai che a caso un giorno
Daglinvidi e superbi mi sia tolto
Mi struggo, mi consumo, mi sconforto.
Cos pensosa rimirando intorno
Odo chun dice: Non temer pi stolta,
Quest la via del tuo tranquillo porto.

Como observamos, Laura Terracina esboza en su soneto una rpida caracterizacin de Isabel: dama bella, alegre, tranquila. La poetisa juega con la imagen de la princesa como el puerto la Villa marina en el que resulta seguro
y agradable amarrar la nave. Se convierte, as, en la anttesis del fiero acantilado, smbolo de la envidia, de la soberbia humanas. Sin duda, Terracina alude
claramente al mecenazgo de la princesa.
II
Escipin Capece es parte activa pero al mismo tiempo espectador y partcipe
de la entrada de las mujeres en el mundo cultural del Reino de Npoles. El
pblico real de su poema filosfico es principalmente un pblico femenino,
capaz de reflexionar, de dialogar, de leer una obra que refuta el materialismo
lucreciano y epicreo, un grupo de oyentes y de lectoras que se autoincluye
en la cuestionada religiosidad de su poca. Todas ellas, comprometidas en
mayor o menor medida en el proyecto de la Reforma, sienten la necesidad de
replantear su visin de la fe, decididamente en crisis. Se encuentran ante un
nuevo contexto ideolgico que les permite opinar, ser protagonistas directas o
indirectas, segn su grado de implicacin. Pueden crear un espacio interior
propio y participar en crculos que tradicionalmente les estaban vedados. En el
seno de los grupos reformados incipientes la acogida de mujeres cultas signific
en un primer momento una plataforma de propaganda y de difusin eficaces.
Ms tarde llegaron disuasiones, manipulaciones e incluso persecuciones. Slo
las mujeres con cierta formacin e independencia de criterio lograron realmente mantenerse fieles a las ideas de la Reforma y aceptar las consecuencias
de su eleccin o renunciar a ella. En el contexto del Reino de Npoles y
como ejemplo clarsimo o paradigma de lo expuesto hasta aqu debemos
analizar la importancia de una de las primeras mujeres partcipes de la Refor-

Humanismo y Reforma en la corte renacentista []

Quaderns dItali 6, 2001 131

ma, como Isabel de Vilamar. Se trata de una dama que le es coetnea, tambin de origen espaol, a la que ya hemos aludido al comienzo de estas pginas: Isabel Breseo.13
Isabel Breseo (conocida en Italia como Isabella Bresegna), hija del noble
espaol Cristbal Breseo, nacida en Espaa hacia el 1510 y educada en Npoles, contrajo matrimonio en 1527 con el noble Garca Manrique, de familia
ms noble y ms rica que los Breseo. Bella y corts, empieza a distinguirse
por su conversacin en los crculos intelectuales napolitanos y traba amistad
con otra dama que pronto abrazara las ideas de la Reforma: Giulia Gonzaga.
La presencia de Isabella Bresegna en el grupo napolitano abarca el perodo
comprendido entre 1536 y 1548. Curiosamente la redaccin del poema De
principiis rerum de Escipin Capece se sita en esta misma poca, pues en 1546
vea la luz la editio princeps de la obra.
Isabella Bresegna se introduce en las reuniones donde se escuchaban los discursos y la predicacin de Bernardino Ochino y Juan Valds. En dichas reuniones proliferaban muchas nobles entusiasmadas por un nuevo y encendido
fervor religioso, como algunas de las damas de la corte de Isabel de Vilamar:
Mara de Aragn, Leonor de Castro y Giulia Orsini.14 En 1548 Isabella Bresegna marcha al norte de Italia donde contacta con la calvinista ferraresa Renata dEste, se convierte definitivamente al calvinismo y, huyendo de una acusacin
de carcter poltico poco clara y de la Inquisicin, pasa a Tbingen. All es invitada de Vergerio, con quien haba mantenido correspondencia, y ms tarde se
queda en Zuric. Poco a poco va cayendo en desgracia. Un dato relevante del
progresivo olvido y soledad de Isabel, respecto al inters y al apoyo que le haban mostrado intelectuales coetneos, se produce cuando el humanista Celio
Secondo Curione retira la dedicatoria a Isabella Bresegna de la segunda edicin
de las obras de la poetisa Olimpia Morato y la sustituye por otra dirigida a Isabel I de Inglaterra.15 Desde entonces, dolida y enferma hasta la fecha de su
muerte, el 8 de febrero de 1577, no dej de luchar por sus creencias, resistiendo a continuas presiones familiares y a las persecuciones. Documentos de la
poca demuestran que la Inquisicin quera procesarla por hereje. Desgraciadamente, de la intensa actividad epistolar que Isabella mantuvo con el humanista
13. Laura Cosentini cita a Isabel Breseo como una de las damas integrantes del crculo ms allegado a Isabel de Vilamar. Sobre esta reformada, vase el artculo monogrfico de Benedetto
NICOLINI, Una calvinista napoletana. Isabella Bresegna, Napoli, 1953, p. 1-27; y tambin el
de Alberto CASADEI, Donne della Riforma: Isabella Bresegna, Religio, XII (1937), p. 6-63.
14. Como se observa en sus nombres, algunas de ellas eran, como la princesa, de origen hispnico. Alternaban su estancia en la corte de Salerno con el cenculo literario y filosfico
desarrollado en Ischia. Fueron un pblico atento a la predicacin de Valds y de Bernardino Ochino. Para un anlisis sobre la nobleza napolitana de la poca, remito a Giovanni
CONIGLIO, Note sulla societ napoletana ai tempi di Don Pietro di Toledo, en Studi in onore
di Riccardo Filangieri, Napoli: Larte tipografica, 1959, vol. 2, p. 345-365; Il Regno di Napoli al tempo di Carlo V, Napoli, 1951.
15. La primera edicin de la obra potica de Olimpia Morato aparece editada en Basilea por
P. Perna en 1558. Est dedicada a Isabella Bresegna. Sin embargo, ediciones posteriores
como las de 1562, 1570 y 1580 estn dedicadas a la reina Isabel de Inglaterra.

132 Quaderns dItali 6, 2001

Isabel Segarra An

Vergerio no tenemos noticia de la conservacin de carta alguna. Aunque no nos


hayan llegado epstolas de su puo y letra, la literatura de la poca no escatima
detalles a la hora de sealarla como una de las mujeres intelectualmente ms
influyentes del Npoles del siglo XVI, culta, llena de coraje, dotada de un espritu libre e independiente, consecuente con sus ideas hasta el fin. Su nombre
aparece citado en la obra de Giacomo Beldando Specchio delle bellissime donne
napoletane, editada en Npoles por Giovanni Sultzbach en el ao 1536. De ella
se dice que era cortesissima, danimo invitto e giudizio intero.16 Asmismo
Bernardino Ochino, el gran divulgador de la Reforma en el Reino de Npoles
junto a Valds, le dedic su obra Disputa intorno al sacramento della Cena.
Pero sin duda, la mujer que despunt ms en los ambientes reformistas del
sur de Italia fue Giulia Gonzaga.17 Fiel amiga y protectora de Isabel Breseo
tanto en Npoles y Salerno como en su exilio de Suiza, abraz las doctrinas
valdesianas y ms tarde pas al calvinismo. La perseverancia en su nueva fe
impidi que se inclinara hacia otras corrientes reformistas. Tampoco retrocedi para reconciliarse con la Iglesia de Roma. Adems, su origen aristocrtico
y su holgada posicin le permiti socorrer econmicamente a otras reformistas perseguidas, entre ellas, a la ya citada Isabella Bresegna. Alfonso de Valds
le dedic su Alfabeto cristiano y fue la propia Giulia quien, a travs de humanistas como Magno, Curione y Vergerio difundi los escritos de Valds en traducciones manuscritas clandestinas. Se converta as en su heredera espiritual.
Giulia Gonzaga coincidi con Isabel de Vilamar en 1535 en Npoles, cuando toda la ciudad celebr la entrada triunfal del emperador Carlos I y los fastos
que le sucedieron. Muy probablemente conoci tambin al abad Marco Antonio Villamarina o Vilamar, pariente de la princesa de Salerno, que se haba
convertido al valdesianismo.18 A partir de 1542, ao en que se instituy el Santo
Oficio en Roma, la difusin de la Reforma en el Reino de Npoles empez a
entraar peligro. En 1553 sabemos que el nombre de Giulia Gonzaga consta16. Los versos laudatorios de Beldando dicen:
Ecco la cortesissima Brisegna
Danimo invitto e giudizio intero,
Ecco con lei, sotto reale insegna,
Mille altre donne pur dhabito nero,
Di cui la peregrina fama sdegna
Lingua mortal
Otros coetneos elogiadores de Isabel Breseo fueron Alfredo Parente y Luigi Tansillo. Ms
testimonios de escritores que loan las principales damas de la poca se encuentran en la
obra de Giovanni CECI y Benedetto CROCE, Lodi di dame napoletane, Napoli, 1894.
17. Sobre mujer y Reforma en Italia, vase M. INGUANTI, Le donne della Riforma in Italia,
Roma, 1968. Sobre Giulia GONZAGA en particular, he tenido en cuenta el estudio de B.
NICOLINI, Giulia Gonzaga e la crisi del valdesianesimo, en Atti dellAccademia Pontaniana, 1955, p. 187-208.
18. Sobre la difusin de las doctrinas reformistas entre religiosos y seglares en el Reino de Npoles, remito a E. BRIZIO, Bernardino Ochino e la vita religiosa del Cinquecento, en Archivio storico italiano, CXLVI (1988), p. 665-667; P. LOPEZ, Il movimento valdesiano a Napoli,
Napoli, 1976.

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Quaderns dItali 6, 2001 133

ba en las listas de personas buscadas por los inquisidores romanos. Muri en


1556 sin lograr ser apresada. De Giulia Gonzaga conservamos algunas cartas
en las que confiesa sus cuitas y sus temores a ser perseguida por la Inquisicin,
su angustia por tener que abandonar a los suyos y su ciudad. Estas cartas fueron
descubiertas y publicadas por B. Amante en 1896 dentro de su estudio titulado Giulia Gonzaga, contessa di Fondi e il movimento religioso femminile nel XVI secolo.19 En 1955 el estudioso Benedetto Nicolini haca una nueva aportacin sobre
Giulia Gonzaga.20 Su artculo adolece de cierto tono misgino, detectado ya
en la primera pgina. Al referirse a la perseverancia en el valdesianismo como
trayectoria existencial en la pensadora italiana, Nicolini exclama: Come spiegare tanta costanza, rara gi in un uomo, pi rara ancora in una donna?.21
Junto a este tipo de comentarios, se observa que el estudioso dedica mucho
ms espacio y esfuerzos a analizar a los valdesianos. Menciona la existencia de
las cartas de Giulia pero no reproduce ningn fragmento significativo de las
mismas. Comenta con acierto la evolucin de los discpulos de Valds frente a
la poltica de los distintos pontfices del siglo XVI, aunque se echa en falta una
mayor profundidad y nuevos datos sobre la participacin de las mujeres instruidas en los crculos reformados. Estudios posteriores, por fortuna, han roto
tpicos y han dado una visin amplia y ms imparcial del fenmeno.22
En Npoles, las pensadoras valdesianas ms destacadas como la misma Giulia Gonzaga, la poetisa Vittoria Colonna y Catalina Cybo, desarrollan un misticismo de carcter intelectual, basado en la relectura innovadora de la Biblia
evanglica. Giulia Gonzaga fundamentaba sus creencias en la exgesis del evangelio de San Mateo. Vittoria Colonna, en cambio, se cea al de San Juan. Este
tipo de lectura y de nueva interpretacin se estaba difundiendo en los ms
importantes cenculos europeos, como bien apunta el profesor R. de Maio al
referirse al crculo de Margarita de Navarra.23 El replanteamiento de la fe y de
la religin en el cenculo de Giulia Gonzaga y, por tanto, en los ambientes
cultos de Npoles y Salerno, pasaba por la crtica del boato eclesistico y de la
propia organizacin de la Iglesia. En este mismo orden de cosas, se incida en
el retorno al cristianismo primero, ms puro. A esta lnea de pensamiento se
le aada el poder cuestionarse determinadas prcticas polticas de la poca,
tanto referidas al gobierno religioso como al gobierno y al poder del prncipe.
En su contexto, naturalmente, los valdesianos y las valdesianas desaprobaban
19. Se trata de cuatro cartas. Tres fueron publicadas por B. Amante, como indico. La cuarta la
public PALADINO en Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, I, Bari, 1913,
p. 79. En las cuatro predomina la preocupacin de la autora por la persecucin del Santo
Oficio.
20. Vase B. NICOLINI, op. cit.., n. 17.
21. Vase B. NICOLINI, op. cit.., n. 17, p. 187.
22. Como la abundante bibliografa del profesor Romeo de Maio. Las obras analizadas son:
Riforma e miti nella Chiesa del Cinquecento, Napoli, 1973 y Donna e Rinascimento, Milano: Mondadori, 1987 (trad. esp., Mujer y Renacimiento, Madrid: Mondadori, 1988). De
este libro, vase en especial el captulo titulado La Inquisicin y la mujer, p. 281-320.
23. R. DE MAIO, op. cit., p. 290.

134 Quaderns dItali 6, 2001

Isabel Segarra An

aspectos del gobierno del emperador. De aqu que estos crculos, inicialmente literarios y religiosos, pasaran a ser vistos con muy malos ojos por la Inquisicin y por los virreyes. En el caso de la poca que nos ocupa, recordemos las
dificultades de Isabel de Vilamar ante la no tan velada hostilidad del virrey
Don Pedro de Toledo.
La redaccin del poema De principiis rerum no slo responde a una nueva
lectura e interpretacin de los textos bblicos, sino que debemos relacionar esta
obra didctica y filosfica con la atraccin que ejerci la literatura de carcter
cosmolgico en el humanismo napolitano. Baste recordar los tratados de Giovanni Pontano Urania, Meteorum liber y De rebus coelestibus, que dieron comienzo a una tradicin de poesa cientfica muy notable. La articulacin tcnica y
lxica del De principiis rerum est basada en el modelo lucreciano y el embellecimiento del texto lo proporciona el recurso a imgenes de gusto virgiliano.
Si la estructura externa, formal por as decirlo, se debe a la herencia del gran
poema de Lucrecio, el contenido de la obra de Escipin Capece no puede ser
ms opuesto. Capece rechaza las tesis materialistas. Se aproxima en cierto modo
al pensamiento de los presocrticos, prefiriendo centrar su sistema en el aer
como arch. En este sentido, Capece cuestiona la centralidad del fuego como
elemento primordial, es ms bien una modalidad del aer que todo lo mueve.24
La importancia concedida al aire, evocador del Universo y, en cierto modo,
del Cielo cristiano, se corresponde con la espiritualidad que recorre el contexto social y religioso que vive el autor. Su poema viene a corroborar el misticismo de los primeros ecos de la Reforma en Npoles. La lectura del De principiis
rerum posiblemente era acompaada, en la corte de Salerno, de los comentarios y las exgesis ms variadas, tendentes todos ellos a conectar el texto con
la fe renovada del pblico, de las oyentes reformadas.
Algunos estudiosos, como Franco Bacchelli,25 han visto una particular
conexin del poema con las doctrinas difundidas por los crculos anabaptistas que frecuent Capece aos antes de la redaccin del De principiis rerum y
la influencia ejercida por humanistas contemporneos como Basilio Sabazio.
Sabazio era gramtico,26 humanista, filsofo y estudioso de los cometas. Los
puntos de vista de Sabazio sobre las rbitas de los cuerpos celestes, las formas
y evolucin de las mismas se rastrean, como comprueba Bacchelli, de manera
bastante clara en el poema de Escipin Capece.
24. La importancia concedida al aire como elemento primordial animador del Universo no slo
se rastrea en algunos de los testimonios de los presocrticos. En algunos autores medievales
reaparece este pensamiento. Un ejemplo paradigmtico lo constituye el sistema cosmolgico trazado por Hildegarda de Bingen (1098-1179) en su triloga visionaria, especialmente
en su Liber divinorum operum. En el Libro de las obras divinas los vientos ordenados por el Creador son el origen del movimiento, de los cambios del Universo, al mismo tiempo que exactos delimitadores de las distintas zonas en que ste se halla dividido.
25. Vase Franco BACCHELLI, Sulla cosmologia di Basilio Sabazio e Scipione Capece, Rinascimento, XXX (1990), p. 107-152.
26. SABAZIO es autor de un Compendium grammaticae, editado en Roma el ao 1540 apud
Valerium Doricum.

Humanismo y Reforma en la corte renacentista []

Quaderns dItali 6, 2001 135

Aunque estemos frente a una notable muestra de poesa cosmolgica, que cabe
incluir en las inquietudes que desembocarn en la revolucin cientfica, el De principiis rerum es una obra que rebosa espiritualidad. Podemos leerla como un
intento erudito de dotar al pblico reformado de una lectura complementaria.
Una lectura, en efecto, cargada de smbolos relacionados con la fe renovada. La
descripcin del Universo propuesta por Capece pretende aunar ciencia y religin. Por este motivo, no es de extraar que la obra tambin fuera bien acogida por la Iglesia, prologada y traducida al italiano por miembros pertenecientes
a ella. Asmismo el poema de Capece mereci tambin los elogios de ilustres
hombres de letras contemporneos como el cardenal Pietro Bembo.
Desde un punto de vista filolgico, es curioso comprobar que del poema
cientfico del ltimo pontaniano conservamos las ediciones latinas cinquecentine y una traduccin al italiano anotada por el abate F.M. Ricci, publicada en
Venecia en 1754. Para algunos estudiosos de Capece, es esta la edicin que
han seguido en sus anlisis del De principiis rerum.27 Por el momento no tenemos noticia de que se haya publicado edicin crtica actual y nuevos comentarios exhaustivos de la obra, sin duda necesarios tanto para el establecimiento
del texto latino como para su interpretacin literaria y filosfica.
Nuestra aproximacin al poema de Capece ha dado prioridad al contexto
social y cultural en que fue escrito. Por un lado, al acercarnos al autor y a su
tiempo, comprobamos que disponemos de buenos estudios sobre los crculos
reformados napolitanos durante el reinado de Carlos I. Por otro lado, conocemos la bibliografa especializada en la vida y la obra de Capece. Pero queremos incidir en una cuestin que juzgamos importante para valorar el poema en
su contexto: se ha hablado poco del De principiis rerum como libro de lectura
o manual complementario de las mujeres cultas y reformadas, de las poetisas y humanistas que frecuentaron la corte salernitana de Isabel de Vilamar. En
estas pginas hemos querido analizar a las ms influyentes en cuanto receptoras de los primeros ecos de la Reforma en Npoles. Partiendo de la investigacin sobre cada una de ellas, hemos intentado, pues, recuperar su aportacin
intelectual como pblico activo, un pblico que dota de nuevas dimensiones
la obra de Capece con su participacin. Se trata de lectoras ilustradas que dejan
de ser casi exclusivamente destinatarias de literatura basada en la dicotoma
amor y virtud (ya en forma de poesa lrica, ya a travs de los dilogos renacentistas sobre el amor) para convertirse en opinantes y pensadoras. El De principiis rerum se convierte as en un poema filosfico que en pleno Renacimiento
consigue traspasar los lmites del gnero.

27. Como F. BACCHELLI, que en su artculo citado reproduce fragmentos del De principiis rerum
siguiendo de cerca la traduccin al italiano y las anotaciones de la edicin dieciochesca del
abate F. M. RICCI, Il Poema De principiis rerum di Scipione Capece patrizio napoletano colla
traduzione in verso italiano sciolto e le annotazioni di F.M. Ricci, Romano Abate Benedettino
Casinese, Venezia: 1754. Bacchelli no da noticia alguna de la existencia de edicin crtica del texto de Capece.

Quaderns dItali 6, 2001

137-154

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa


a travs de sus traducciones1
Cesreo Calvo Rigual
Universitat de Valncia
Cesareo.Calvo@uv.es

Resumen
En primer lugar se pasa revista a los escasos estudios que se han ocupado de la recepcin de
Aretino en la literatura espaola. Tras ello, se analizan otras posibles vas de penetracin
de la obra de Aretino en Espaa, como por ejemplo el contenido de los prlogos de algunas de las traducciones al castellano y al cataln hechas entre 1547 y 2000, o bien la seleccin de textos traducidos. En tercer y ltimo lugar, se estudia la calidad de todas las versiones
localizadas. El trabajo se completa con un detallado catlogo de todas las traducciones de
obras de Aretino publicadas hasta ahora en Espaa, tanto en castellano como en cataln.
Palabras clave: Aretino, recepcin, traduccin, Espaa.
Abstract
Firstly there is a review of the rather few studies which have dealt with Aretinos reception
within Spanish Literature. Secondly, an analysis of other possible ways by which Aretinos
work has reached Spain; namely, the contents of the prefaces to some of the Spanish and
Catalan translations produced between 1547 and 2000, and also the selection of texts
translated. Thirdly and finally, a survey of the quality of all versions found. The essay also
includes a comprehensive and detailed catalogue of all the translations of works by Aretino
published in Spain up to the present, both in Spanish and in Catalan.
Key words: Aretino, reception, translation, Spain.

Marcelino Menndez y Pelayo, en sus Orgenes de la novela dedic a Aretino unas escuetas lneas que, entre otras cosas, ponen en relacin las Sei giornate2 con La lozana andaluza de Francisco Delicado, pero subrayan a la vez la
casi nula repercusin de su obra en Espaa:
1

Este artculo se enmarca en el Proyecto de Investigacin PB-98-1237 financiado por el


Ministerio de Educacin y Cultura, titulado La tradicin del texto en las versiones espaolas
de obras literarias italianas y dirigido por la doctora M de las Nieves MUIZ MUIZ. Se
toma como base, reelaborndolo, mi trabajo titulado Aretino en Espaa que aparece en
la introduccin a la edicin de Las seis jornadas. La cortesana, Madrid: Ctedra, 2000, p.
67-84, al que se aaden nuevos datos.
2. Dado que esta obra y sus partes han recibido diferentes nombres, no estar de ms indicar
que me referir a ellas con los siguientes ttulos en italiano: Sei giornate = edicin conjun-

138 Quaderns dItali 6, 2001

Cesreo Calvo Rigual

[] Por la misma razn, nunca fueron populares aqu el nombre ni los escritos de Pedro Aretino. Sus mismas comedias, que valen ms que su fama, no
fueron imitadas por nadie, y es caso muy raro verlas mencionadas con elogio.
Slo recuerdo este pasaje del prlogo de la Comedia de Seplveda, fechada en
1547: Y qu diremos de Pietro Aretino, a quien por la excelencia de su juicio tienen por epteto en su nombre el Divino? Pues notorio es que lo principal de sus obras son las comedias que hizo.3

Si bien es cierto que Aretino no est demasiado presente en la literatura


espaola, no lo es menos que otros estudiosos han credo ver con posterioridad influencias suyas en autores no tomados en cuenta por Menndez Pelayo.
As Ana Vian4 ha sealado recientemente claras huellas del escritor italiano en
el canto VII de El Crotaln de Cristforo Gnofoso (compuesto en 1556),
aunque reconociendo la imposibilidad de establecer si el contacto fue directo
o mediado por la traduccin que Fernn Xurez hizo de la tercera jornada del
Ragionamento en 1547. La estudiosa observa asimismo que lo que en el original es una parodia despiadada de los dilogos humanistas, se convierte en El
Crotaln en un relato ejemplar moralizante, tal como el propio Xurez sostiene en la declaracin de intenciones antepuesta a su adaptacin (antes que traduccin) de la obra. Por su parte Anna Giordano ha podido constatar ms de
una analoga entre la produccin dramtica de Aretino y la de Bartolom Torres
Naharro, uno de los muchos literatos espaoles que pululaban por la Italia de
la primera mitad del Quinientos;5 mientras que V. Gatto y M. Lettieri han
estudiado la influencia de Aretino en una comedia de Lope de Vega,6 y Margarita Halpine7 ha sealado numerosos paralelismos entre La Cortigiana (en
su redaccin de 1525) y el Buscn de Quevedo (i. e., la afinidad entre los personajes de Rosso y Pablos, la exagerada caracterizacin de ciertos tipos femeninos,
el recurso a la terminologa eclesistica para describir situaciones relativas a la
comida o al hambre).
Indudable resulta, por lo dems, la presencia de Aretino en Las lgrimas de
Anglica de Luis Barahona de Soto, que del italiano tom el ttulo y la idea de

3.
4.
5.
6.
7.

ta del Ragionamento y del Dialogo; Ragionamento = Ragionamento della Nanna e della Antonia (1534); Dialogo = Dialogo nel quale la Nanna (1536). Como es sabido el ttulo Sei
giornate se debe a Giovanni Aquilecchia, que lo utiliza en su edicin (1969), frente al ttulo tradicional de Ragionamenti que se remonta a la primera edicin conjunta de ambas
obras del ao 1584.
Marcelino MENNDEZ Y PELAYO, Primeras imitaciones de La Celestina, en Orgenes de la
novela, Santander: Aldus, 1943, vol. IV, p. 65-66.
Ana VIAN HERRERO, Pietro Aretino y la cortesana del canto VII de El Crotaln, en Studi
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Anna GIORDANO GRAMEGNA, Anlisis de la Cortesana de Pietro Aretino, en Actas del II
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V. GATTO, M. LETTIERI, LOrazia dellAretino e El honrado hermano di Lope de Vega,
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Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

Quaderns dItali 6, 2001

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proseguir la historia de Anglica y Medoro all donde la dej Ariosto (Orlando Furioso, XXX, 16), aunque dando soluciones diferentes a la empresa. El
caso ms patente de coincidencia textual, lo constituye la trgica historia de
amor relatada en Le lagrime di Angelica, II, 24-77, adaptada (y a trechos traducida) en las estrofas 25-91 del canto IV del poema espaol.8
Mucho menor parece haber sido el eco de Aretino en mbito cataln si
pensamos que nicamente Joan Alegret ha encontrado ciertas semejanzas entre
una poesa de Aretino y otra del pintor y poeta de origen griego Pere Seraf,
contemporneo del autor.9
1. Las traducciones y sus prlogos
Para medir el influjo de Aretino en Espaa, adems de su fortuna en trminos generales, hemos de recurrir a otro indicador indirecto:10 el de las
traducciones de sus obras, bastante numerosas aunque desiguales en calidad y discontinuas en el tiempo. En algunas de ellas encontramos, adems,
prlogos o introducciones que, unidas a otros datos del paratexto y al medio
editorial empleado, arrojan luz adicional sobre la recepcin reservada al
escritor.
La ya mencionada traduccin de Xurez es la primera y casi nica de una
obra de Aretino en el perodo ureo de la literatura espaola.11 Las intenciones
que guiaban al traductor se plasmaron en dos prolijos prlogos y en unas coplas
finales: en los primeros se intentaba justificar de una forma tan vehemente
como para hacer pensar a algunos en una actitud fingida la decisin de verter al castellano la escabrosa tercera jornada del Ragionamento, justificacin,
dicho sea de paso, por completo ajena al espritu de Aretino. Concretamente,
para Xurez era lcito publicar este dilogo slo en la medida en que poda
considerarse como un ejemplo negativo de lo que la juventud deba rehuir.
Tena lugar, en suma, una inversin simtrica de objetivos, puntualmente reflejada en la traduccin del texto, que presenta graves manipulaciones a las que
me referir ms adelante.
8. Luis BARAHONA DE SOTO, Las lgrimas de Anglica, ed. de Jos Lara Garrido, Madrid: Ctedra, 1981, especialmente p. 46-47 y 224 ss. Ciertamente existen otros precedentes del tema
del amor probado tal como seala Lara (p. 47, n.71), como la historia de Gualterio
y Griselda del Decamern o la Leyenda urea de Voragine, pero parece indudable la dependencia directa de la Angelica de Aretino. Cfr. G. MOLINARO, Barahona de Soto and Aretino,
en Italica, XXXII (1955), p. 22-26.
9. Joan ALEGRET, Pietro Aretino, font literria de Pere Seraf, Estudi General (Llengua i Literatura de lEdat Mitjana al Renaixement), n 11, 1991-1992, p. 81-89. No hemos podido
consultar, en cambio, la edicin crtica y anotada de la poesa completa de este autor, al
cuidado de Romeu Figueras (Barcelona: El Barcino, 2001), an no distribuida en librera
cuando ya estaban escritas estas pginas.
10. Para otros indicadores indirectos, vase la Nota-apndice al final de este artculo.
11. Como se sealar ms adelante, el bibligrafo Nicols Antonio recoge una traduccin de
las obras Umanit di Cristo, Vita di Maria Vergine y los Sette salmi della penitenza di David,
que atribuye a Pedro Rocha.

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Cesreo Calvo Rigual

Las dems traducciones aretinianas pertenecen ya al siglo XX. La mayor


parte de ellas estn precedidas por prlogos en los que se intenta acercar la
figura y la obra del autor al pblico espaol, pero sin ir ms all de un repertorio de prejuicios y estereotipos (tanto personales como tomados de la tradicin), al que se sustrae slo la introduccin del malogrado italianista ngel
Chiclana a su versin de La Cortigiana y del Marescalco. El primero de estos
prlogos, publicado en 1900 (aunque perteneciente en rigor al siglo XIX), es
el de J.M. Llanas Aguilaniedo a su traduccin de La Cortigiana,12 una premisa tan breve como poco significativa, donde lo nico que emerge es la evidente
simpata del traductor por Aretino. El segundo se debi a Jos Lpez Barbadillo,13 y acompa la traduccin de esa misma obra, aparecida en 1914: en l
hallamos nuevamente una favorable semblanza biogrfica del autor,14 pero
acompaada por la justificacin del carcter libertino de la obra:15 un lugar
comn que, junto con el anticlericalismo militante, compartirn tantos otros
traductores y editores (ser tambin el caso de Bergua, del que me ocupar
dentro de poco). As, Lpez Barbadillo se declaraba movido a traducir el Ragionamento no slo por el ms puro deleite espiritual, sino sobre todo por el
valor documental de la obra, al igual que, segn sus palabras, haban hecho
antes otros escritores franceses, ingleses y alemanes.
La traduccin de Jos Bruno, publicada por Juan B. Bergua en 1933,16
no contiene la habitual biografa del autor; en su lugar encontramos reproducida una larga carta del filsofo Jaime Balmes (que parece haber pasado
desapercibida hasta ahora a la crtica aretiniana) donde se describe el gape
con el que fue agasajado en 1845 en la ciudad de Bruselas por el nuncio apostlico, monseor Pecci, ms tarde papa con el nombre de Len XIII. En dicha
carta Balmes subraya el aprecio de monseor por la obra de Aretino, frente
a quienes abominaban de ella en nombre de un mal entendido moralismo.
La traduccin de Bruno sera reeditada sin apenas cambios en 1978 por el
mismo Bergua, el cual aadi a la misiva de Balmes un extenso prlogo, muestra de una personalidad que me atrevera a calificar de polmica y algo excntrica, donde, mezclando anticlericalismo y tono moralista, defiende la obra
12. Pietro ARETINO, Coloquio de las damas y La cortesana, Madrid: Rodrguez Serra, 1900, p. 117119.
13. Los dilogos del divino Pietro Aretino. Por vez primera puestos en lengua castellana. Traduccin de Joaqun LPEZ BARBADILLO, Madrid: Joaqun Lpez Barbadillo, 1914-1915,
3 vols.
14. Vase en qu trminos concluye dicha semblanza: Muri viejo y feliz. Fue un canalla magnfico, que convirti en rayos de gloria los puados de fango. Hizo escarnio de Dios, de
los hombres, del Amor, de la Muerte Pero se rebel contra el destino, y le venci! Naci
en un hospital y acab en un palacio. En este siglo aretinesco en que no hay Aretinos, concluira en una crcel; y por eso yo quiero amasarle una estatua con el ilustre fango de su
vida, y tener el honor de divulgar su gloria (p. XVI).
15. Dicho prlogo se titula as: Discurso preliminar en que se trata de la naturaleza y plan de
estos Dilogos, se explica su gran fama, se muestra su excelencia y se disculpa su libertinaje (p. XVII).
16. Pietro ARETINO, Los ragionamenti. Dilogos putaescos, Madrid: Librera Bergua, 1933.

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

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y la vida del escritor italiano en cuanto fiel reflejo de su tiempo para cuyo
entendimiento juzga inadmisible aplicar la ptica actual. El prlogo acaba
con un curioso dilogo inventado en el que Aretino cobra vida y conversa
con Bergua sobre los hechos que estaban acaeciendo durante la transicin
democrtica espaola, dilogo que recuerda otros ms antiguos, como por
ejemplo el mantenido por Machiavelli con Dante en el Discorso o dialogo
intorno alla nostra lingua.
De los dems prlogos dejando a parte el de ngel Chiclana y el estudio
introductorio de Giordano-Calvo, respondentes a criterios de edicin propios
de un clsico poco puede sacarse en limpio. Caso extremo digno de mencin resulta en tal sentido el de Aldo Berti,17 que descarga un virulento ataque contra la persona de Aretino, a quien separa completamente de su obra,
mientras que dentro de sta parece apreciar sobre todo La Cortigiana.18
2. La seleccin de los textos y la calidad de las versiones
El rastreo de las traducciones de Aretino en castellano y en otras lenguas de
Espaa arroja resultados curiosos y hasta cierto punto sorprendentes, tratndose
de un autor que durante siglos fue perseguido e incluso ignorado en su propio pas. Buena parte de su popularidad se debe a un inters (a veces morboso) por las obras ms escabrosas, concretamente las Sei giornate (y dentro de
ellas el Ragionamento), o los Sonetti lussuriosi, consideradas an hoy por muchos
editores simplemente como clsicos de la literatura ertica o pornogrfica,
capaces de atraer al pblico interesado en este tipo de temas ms por su contenido que por sus valores literarios. En efecto, si se examina la lista de traducciones que ofrecemos en apndice, se podr constatar que la mayor parte
corresponden a las citadas obras, aunque tambin han suscitado inters algunas piezas teatrales como La Cortigiana y el Marescalco.
La situacin descrita explica tambin que las ediciones de Aretino en espaol presenten una marcada dicotoma: por un lado las poqusimas que se guan
por un inters filolgico o altamente divulgativo, en cuyo caso se alcanza, como
es obvio, un nivel aceptable de rigor y correccin; por el otro, las pertenecientes
a la llamada literatura de masas, concebidas con meros fines comerciales y casi
siempre plagadas de incorrecciones cuando no caracterizadas por operaciones
fraudulentas (desde plagios hasta prcticas ilcitas de diferente tipo).
En cuanto a la calidad de las versiones, valdr la pena dedicar alguna atencin a las ms significativas, empezando por las Sei giornate, cuya historia editorial resulta ser ms compleja que las dems.
17. Coloquio de damas, en Giovanni BOCCACCIO, Pietro ARETINO, El Decamern. Coloquio de
damas. La cortesana, Buenos Aires: EDAF, 1961, p. 795-800.
18. As acaba su prlogo: Acab su vida en diciembre de 1557. El hijo de una ramera, nacido
en un hospital, muri, viejo y feliz, en un palacio, rodeado de comodidades y riquezas. Fue
un canalla magnfico que supo trocar el fango en oro, los harapos en principesca prpura,
mediante el hbil manejo de su pluma y de su lengua (p. 800).

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Cesreo Calvo Rigual

La prioridad cronolgica en el corpus de las traducciones aretinianas corresponde, como hemos dicho, a Fernn Xurez, que ofreci una versin reducida de la tercera jornada del Ragionamento. Dicha reduccin obedece a dos
factores: por una parte, la supresin de todas las palabras, expresiones o pasajes ms explcitos desde el punto de vista sexual; por otra, a la eliminacin de
cualquier referencia religiosa. Se podr, pues, comprender fcilmente que la
integridad de la obra original quede en esta versin gravemente comprometida. Las numerosas alteraciones del texto estn determinadas, adems, por la
finalidad didctico-moralizante declarada al inicio del volumen, en manifiesto contraste con el espritu del autor italiano.
Valdr a este respecto la pena reproducir la parte del prlogo en la que Xurez justifica su trabajo como traductor:
Si por ventura alguno, mas curioso de lo que conuiene, murmurando acusasse al tradutor deste colloquio diziendo no auerlo romanado al pie de la letra
de como esta en toscano, quitando en algunos cabos partes, y en otros renglones, e assi mesmo mudando nombres e alguna sentencia y en algun otro
lugar diziendo lo mesmo que el auctor, aunque por otros modos, a esto respondo que en diuersos lugares deste colloquio falle muchos vocablos, que con
la libertad que ay en el hablar y en el escreuir donde el se imprimio se sufren,
que en nuestra Espaa no se permitirian en ninguna impression, por la deshonestidad dellos. De cuya causa, en su lugar acorde de poner otros mas honestos, procurando en todo no desuiarme de la sentencia, aunque por diferentes
vocablos, excepto en algunas partes donde totalmente conuino huyr della, por
ser de poco fructo y de mucho escandalo y murmuracion (El Yntrprete al
lector).19

La traduccin de Xurez sufri una accidentada peripecia desde sus primeras ediciones, sobre las que no todo parece estar claro an, y pas, entre
otras vicisitudes, por su inclusin en el ndice de la Inquisicin espaola en
1559 (un destino tocado a la restante obra de Aretino en el de Roma de 1564);
se podra explicar as que aunque en dos aos se hicieran cuatro impresiones (y
puede que an ms), casi no queden hoy ejemplares de ella. A pesar de todas
las dificultades, el inters por el Coloquio de las damas debi de mantenerse,
sin embargo, vivo, puesto que lo vemos reeditado nuevamente, de forma clandestina, en 1607.
El trabajo de Xurez ha sido juzgado, en general, severamente, a causa de
escasa fidelidad al original; cabe, sin embargo, sealar que ese hecho fue apreciado de forma opuesta por J. Lpez Barbadillo y M. Menndez Pelayo, el primero mostrndose sumamente crtico con las manipulaciones moralizantes
del traductor; el segundo favorable a ellas. Los pasajes que transcribimos a continuacin eximen de mayores comentarios:
19. Cito por la ed. de BONILLA y SANMARTN: Pietro ARETINO, Coloquio de las Damas, en Marcelino MENNDEZ PELAYO, Orgenes de la novela, NBAE, 21, Madrid: Bailly/Baillire, 1915,
vol. IV, p. 250-277.

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Hay infinitos cambios de detalles; se truecan caprichosamente los objetos que


juegan en la accin; la obra entera se ve salpicada de interrupciones pseudofilosficas, comentarios de una psicologa rudimentaria, refranes privativamente castellanos sin relacin con el original, y aadiduras que, aunque no
desentonen en el libro, ms cerca estn de recordar nuestra espaola Celestina que los Ragionamenti italianos (Lpez Barbadillo).20
El traductor tom todo gnero de precauciones para hacer pasar aquel dilogo, que l mismo empieza por calificar de abominable cieno corrompedor de
toda salud de la casta limpieza. Pero la misma insistencia y extravagancia de
sus excusas hace dudar de la pureza de su intencin, porque los libros de historias profanas, como las de Amads y Tristn, de que habla en uno de sus prefacios, nada tienen que ver con la literatura a que pertenece el Coloquio. Lo que
no puede negarse es que le adecent bastante, quitndole algunas obscenidades, aunque todava quedaron las suficientes para que fuese con mucha razn
prohibido en los ndices del Santo Oficio. Otras cosas alter, procurando espaolizar el libro. La traduccin no es de las peores que por entonces se hacan
del toscano, pero es apelmazada y carece de la viveza y gracia del original
(Menndez Pelayo).21

Tras un vaco de tres siglos largos, en 1900 ver la luz una nueva edicin
del Coloquio, en una coleccin de libros picarescos editada por Rodrguez Serra,
que se vali de la de 1607. Seguidamente Menndez Pelayo reprodujo en sus
Orgenes de la novela la de 1548. Por desgracia, en sucesivas ediciones (Madrid,
gata, 1994; Xurez bis: plagio de Aldo Berti) los editores no fueron tan escrupulosos y rehicieron a su antojo la antigua versin, con resultados francamente deplorables.
Las traducciones de Paniagua y de Len, a pesar de que no parecen basarse en la versin de Xurez entre otras cosas porque slo hubiera servido
como base para una parte de su trabajo, pues se atienen a las jornadas segunda y tercera del Ragionamento son, curiosamente, muy similares, en cuanto a pobreza lingstica, a la traduccin (o semi plagio) de Berti. En efecto, al
igual que Xurez, eliminan todo pasaje donde el sexo est ms explcitamente
presente y rehacen el texto de manera desenvuelta (sobre todo Len).
Antes de la publicacin de la primera edicin completa de las Sei giornate
(Bruno 1933) aparecern dos traducciones del Ragionamento muy diferentes
entre s, las de Lpez Barbadillo (1914-14) y la de Heras (1917). La primera es
una de las ms cuidadas y elaboradas, como lo demuestra no slo la esmerada edicin en tres volmenes, sino tambin la presencia de ms de 150 notas
20. Los dilogos del divino Pietro Aretino. Por vez primera puestos en lengua castellana. Madrid:
Joaqun Lpez Barbadillo, 1914-15, vol. III, p. 138-139. Se trata de una extensa nota en la
que Lpez Barbadillo reproduce los prlogos de la traduccin de Xurez y la estudia con
cierto detalle (de hecho es el nico anlisis, junto con el de Guidotti, op. cit., que se ocupa
con cierto detenimiento de ella).
21. Marcelino MENNDEZ Y PELAYO, Orgenes de la novela, Santander: Aldus, 1943, vol. IV, p.
66-67.

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Cesreo Calvo Rigual

al texto.22 Pero la preocupacin del traductor parece ser ms la de ofrecer un


texto de un fuerte regusto literario que la de aproximarse al original respetando sus caractersticas lingsticas. En efecto, el lenguaje empleado es el de tono
ms retrico entre las traducciones consideradas, cosa que no se corresponde con
el estilo original, caracterizado ms bien por un fuerte expresionismo que por
un componente preciosista.23 La traduccin de Heras muestra, en cambio, una
mayor fidelidad al lenguaje aretiniano e incluye algunas notas pocas, generalmente acertadas.
La primera traduccin completa de las Sei giornate se debe a Jos Bruno
(1933), y a ella se remitirn las ediciones de Bergua (1978) y el plagio de J.
Santina (1940), que la reproducen sin apenas modificaciones. Esta versin es
esencialmente fiel al texto aretiniano, salvo por lo que respecta, una vez ms,
a la reproduccin de su rico lenguaje, que a menudo se empobrece con equivalentes slo aproximados, sobre todo cuando se trata de trasladar trminos y
expresiones poco frecuentes, tan abundantes en las obras de Aretino. Cabe
advertir, en fin, que en este caso el traductor se preocupa de aadir algunas
notas encaminadas a facilitar la comprensin del texto, y que existe una importante diferencia entre la traduccin del Ragionamento visiblemente deudora de la de Lpez Barbadillo, y la del Dialogo que, careciendo de
precedentes, resulta mucho ms pobre, con un texto plagado de errores de
todo tipo.
Elemento no secundario en el estudio de las traducciones, es el del texto
fuente en el que se fund cada versin. Como he indicado ms extensamente
en otro lugar,24 en el caso de las traducciones espaolas de las Sei giornate (ya
sea completas o parciales), las ediciones empleadas fueron las siguientes:
a) La primera edicin tanto del Ragionamento della Nanna et della Antonia
(Pars, Ubertinus Mazzola Art. & Medicine Doctor, 1534) como del Dialogo di M. Pietro Aretino, nel quale la Nanna (Turn, P.M.L., 1536). Este
es el punto de partida de la edicin de referencia actual, la de Aquilecchia;
sobre ella est hecha la traduccin de Giordano-Calvo (2000).
b) La obra titulada Opera nova del divo et unico signor Pietro Aretino (Npoles, s.n., 1534), que es una edicin clandestina de la tercera jornada del
Ragionamento: de sta parte la traduccin de Xurez y sus sucesivas ediciones y plagios.
c) La primera edicin conjunta de las seis jornadas, bajo el ttulo de La prima
parte de ragionamenti di M. Pietro Aretino y La seconda parte de ragionamenti di M. Pietro Aretino (Bengodi, 1584 [Londres, John Wolf, 1584]):
22. Bien es verdad que muchas de ellas son excesivamente prolijas y no siempre pertinentes.
23. Como se ha sealado, LPEZ BARBADILLO es tambin traductor de la comedia Il Marescalco, para la que se sirve de un ejemplar de 1536 conservado en la Biblioteca Nacional, una
edicin psimamente puntuada y llena de innumerables erratas que hacen el texto poco
menos que inintelibigle (p. xxv). Contrasta esta afirmacin con el mayor rigor y preocupacin
filolgicas presentes en su traduccin del Ragionamento.
24. Pietro ARETINO, Las seis jornadas. La cortesana, Madrid: Ctedra, 2000, p. 81-83.

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

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en ella se basan Paniagua, Lpez Barbadillo, Heras, Bruno (y sus secuelas:


Bergua y Santina) y Len.
Otra obra que ha gozado de las preferencias de los traductores al menos
a juzgar por el nmero de las publicadas son los Sonetti lussuriosi (o Sonetti sopra i XVI modi), muy diferente de la anterior, no slo por ser en verso, sino
porque el nutrido armamentario metafrico de las Sei giornate se ve transformado aqu en un lenguaje explcito y transgresivo, abiertamente pornogrfico. Al igual que la obra que acabamos de citar, los Sonetti lussuriosi han tenido
tambin una transmisin textual bastante accidentada; fruto de ella es la diversidad de fuentes disponibles, que en el caso de las cinco traducciones reseadas,
corresponden a las siguientes ediciones:
a) Ediciones anteriores a 1982 (tambin otras posteriores de carcter popular), que constituyen una tradicin adulterada del texto: de ella derivan las
traducciones de Bergua (1933) y Villena (1991).
b) Edicin de Lawner (1984):25 siguen esta edicin Merlo26 por motivos
evidentes y la de un annimo (1992).
c) Edicin de Aquilecchia (1992):27 en ella se basa vila (1999). Esta edicin
recoge slo los 14 sonetos conservados en el nico ejemplar sobreviviente
del siglo XVI, desestimando la posibilidad de las otras ediciones de integrar
esta falla con dos sonetos de dudosa procedencia.28
De las traducciones de estos sonetos,29 tres se presentan en edicin bilinge: las de Merlo, Villena y vila; todas ellas reproducen el metro original
soneto con estrambote y al menos dos mantienen la rima (Bergua y
25. I modi nellopera di Giulio Romano, Marcantonio Raimondi, Pietro Aretino e Jean-Frderic-Maximilien de Waldeck, a cura di Lynne Lawner, traduzione di Nicola Crocetti, Milano: Longanesi, 1984. Angelo Romano, citado por vila en su edicin (p. 139, n. 19), en su resea
de la edicin de Lawner, critica el hecho de que sta se arrogue la primaca en la edicin
crtica de esta obra y que adems no cite el aparato textual de Aquilecchia, que parece haber
seguido en buena medida.
26. Sobre esta traduccin, vila afirma que no es sino una traduccin a la letra de la edicin
inglesa The sixteen Pleasures de 1984, en donde, sin embargo, se advierte ntidamente el
soporte que le ofrece la edicin italiana publicada el mismo ao (op. cit., p. 138).
27. Pietro ARETINO, Poesie varie, a cura di Giovanni AQUILECCHIA e Angelo ROMANO, Roma:
Salerno, 1992; sin embargo, la edicin de base y sus criterios filolgicos se encontraban ya
en Giovanni AQUILECCHIA, Per ledizione critica dei Sonetti sopra i XVI modi di Pietro Aretino, Filologia e critica, VII (1982), p. 267-282.
28. Acertadamente, VILA (op. cit., p.139) se pregunta si en el caso de Lawner es lcita tal inclusin, dado que se trata de un trabajo que pretende restaurar los textos aretinianos.
29. nicamente he podido consultar BERGUA (1933), Annimo (1992) y VILA (1999).
Como ya se indic en anteriores notas, hay reseas de Jos Francisco RUIZ de las traducciones de VILLENA (1991) y VILA (1999). Por otra parte en la introduccin de sta
ltima se pasa revista de forma crtica a las anteriores de BERGUA, MERLO y VILLENA, lo
que nos dispensa de tratarlas aqu por extenso, pues adems compartimos los acertados juicios de VILA.

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Cesreo Calvo Rigual

Annimo: con mayor acierto la segunda). Pablo Luis vila, en su edicin de


1999, se ocupa de las tres versiones castellanas anteriores a la suya, juzgndolas
negativamente, sobre todo las dos primeras.30 En efecto, el caso de Bergua
es especialmente sangrante, pues en la prctica se trata de una recreacin
empobrecedora, que sustituye el lxico directo del original por deslucidos
eufemismos.
La traduccin annima catalana de 1992 es la nica que ha pasado inadvertida hasta hoy a la crtica. Se trata de una traduccin que en general respeta el original y sus caractersticas, aunque realizando sacrificios significativos
e incurriendo en errores a veces vistosos al querer mantener la rima adems
del metro, cosa que no hace vila en su traduccin.31
No resta sino comentar brevemente las escasas traducciones de las comedias de Aretino emprendidas en Espaa, las cuales se reducen a dos piezas: Il
Marescalco y La cortigiana. De la primera se ocuparon Lpez Barbadillo (1908)
y Chiclana (1989). Ya en el ttulo de sus respectivas traducciones hay una
importante diferencia: Comedia del herrador para el primero, El caballerizo para
el segundo (que juzga equivocada la opcin de su predecesor). La de L. Barbadillo es la ms literal,32 mientras que Chiclana opta deliberadamente por
introducir algunos elementos ausentes del original a fin de aumentar su teatralidad: incremento de decticos, acotaciones, etc. Para su versin catalana
de la segunda pieza, Vallverd se inclinar, en cambio, por la redaccin de La
cortigiana de 1525, considerada por l ms espontnea; y de hecho el resultado logra mantener la fuerza y la frescura del texto de Aretino. Por ltimo, merece un breve comentario la de J.M. Llanas, que sigue la redaccin de 1534, pero
que, como el proprio traductor confiesa, se ateniene demasiado literalmente

30. Jos Francisco RUIZ resea la traduccin de VILLENA en El Observador del 20 de febrero de
1992 y la de VILA en el ABC cultural del 23 de octubre de 1999.
31. Como muestra, vanse algunos de los errores de diferente tipo que he detectado en la traduccin del soneto II: caro vecchione / estimat anci (v.1) [se ve obligado a renunciar al sufijo por la rima]; cazzo / cigala (v.2) [uso de un eufemismo en lugar de la palabra explcita
piu usada ms adelante; probablemente por causa del metro; hay que sealar la dificultad que
entraa mantener ste en una lengua como el cataln, en cuyo lxico abundan muchsimo
ms que en italiano las palabras mono- y bisilbicas]; boccone / menjar (v.5) [mucho menos
concreto; tambin por motivos de rima]; pan unto / pa ben torrat (v.6); Chuomo non , chi
non bugerone / que no s un home aquell qui trampa no fa (v.8) [parece un error por
incomprensin de bugerone homosexual]; In potta io ve l far questa fiata / Al cony et
fotr aix que ara ja mesclata (v.9) [o bien el traductor no ha entendido questa fiata o bien
ms probableha preferido traducir as para mantener la rima en -ata]; il cazzo / el piu
roig (v.12) [amplificacin para crear una rima con boig del v.12]; E chi vl / I qui vulgui
(v.12) [cambio de modo verbal]; pazzo / s un gran boig (v.12); E crepi nel palazzo / Ser cortegiano, e aspetti che l tal muoia / Que rebenti al seu estoig /qui s cortes i esperi morir al
palau (vv. 15-16) [en cataln los versos resultan incomprensibles, pues el cortegiano, de esperar a que alguien se muera, pasa a esperar l mismo la muerte; por otra parte la reestructuracin de los versos para mantener la rima con los versos anteriores resulta tambin
catastrfica].
32. Cfr. lo dicho anteriormente a propsito de su traduccin del Ragionamento.

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

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al original,33 incurriendo a menudo en calcos que dan lugar a inexactitudes y


malentendidos.34
Es hora de extraer algunas conclusiones de lo dicho hasta aqu. En su poca,
la obra de Aretino suscit un inters relativo en Espaa, aunque no tan escaso como haba credo Menndez Pelayo. Prueba de ello el hecho de que slo una
minscula parte de sus escritos haya sido vertida al espaol despus de cuatro
siglos. Por contra, el tercer Ragionamento tuvo un inmediato xito que se reflej en cuatro ediciones en pocos aos y una reimpresin al inicio del siglo
siguiente.
Con todo, el verdadero inters por Aretino ha llegado sin duda en el siglo
XX (ya desde 1900), y responde a dos tipos de motivaciones: una puramente
comercial centrada en sus obras y pasajes ms obscenos, y otra que podramos
calificar de culta, ms atenta a los valores de tipo literario e incluso conceptual de sus obras. El mayor inters se ha concentrado en tres de ellas, por este
orden: las Sei giornate, los Sonetti lussuriosi y La cortigiana. Conviene precisar,
sin embargo, que, por obvios motivos (la dictadura franquista), la publicacin
de obras de Aretino en espaol se concentra en dos pocas: las primeras dcadas del siglo y las ltimas. Aadamos que, si en su momento la obra del escritor maldito estuvo sujeta a polmicas, plagios, atribuciones falsas, etc., en el
siglo XX su recepcin en Espaa se ha visto sometida tambin a diferentes vicisitudes, que incluyen entre otras cosas varios plagios.
Por lo dems, pese a las numerosas traducciones reseadas, como hemos
dicho, buena parte de las obras de Aretino no han merecido hasta ahora en
nuestro pas una traduccin: entre ellas se encuentran sus escritos religiosos
(con la excepcin de la posible traduccin de Pedro Rocha indicada en dcimo lugar del apartado siguiente), sus poemas picos (dejando a un lado la
adaptacin de los fragmentos de Angelica tomados por Barahona de Soto),
tres de sus comedias (Lo Ipocrito, La Talanta, Il Filosofo), su nica tragedia
(LOrazia), otros dos dilogos (Dialogo del giuoco, Ragionamento delle corti)
y sus afortunados libros de Lettere, adems de otros textos menores y dispersos.
En fin, aunque el mbito lingstico cataln no ha sido ajeno a la obra aretiniana, y cuenta con versiones o cuidadas o felices, su empeo ha sido menor
33. para dejar paso a la comedia, cuya versin hice, inspirado en la buena intencin de dar
a conocer con la mayor fidelidad posible obras que tanta resonancia tuvieron en otro tiempo, respetando las crudezas del lenguaje y abusando tal vez de la traduccin literal, para no
separarme un punto del espritu que las dict (op. cit., p. 119).
34. Algunos ejemplos tomados del Acto I, 1-2: Roma coda mundi / Roma es el rabo del mundo;
non arei mai creduto chella fosse stata pi bella di Siena / nunca hubiera credo fuese mejor
que Siena; ma tu non dici che ci vuol bene lImperadore / pero no dices que all quiere bien el
emperador; SENESE. Io vi stimo. MACO. Quanto? SENESE. Un ducato. MACO. Ti vo bene ora,
sai? / SENS. Os quiero. MICER MACO. Cunto? SENS. Un ducado. MICER MACO. Te
vuelvo mi afecto, sabes?; intendo il favellar da Roma / entiendo la parla de Roma; SENESE.
La mi quadra, la, la mi va, la mentra. MACO. Quando mi porrete mano? / SENS. Me agrada;
eso me entra, me conviene. MICER MACO. Cundo me pondris mano?

148 Quaderns dItali 6, 2001

Cesreo Calvo Rigual

que el de habla castellana en trminos cuantitativos. Las motivaciones bsicamente cultas de este inters explican que las obras traducidas hayan sido La
Cortigiana y los Sonetti lussuriosi.
APNDICE
Catlogo de traducciones
Ofrecemos aqu por primera vez un catlogo completo de traducciones al espaol y al cataln (no nos consta ninguna traduccin ni al gallego ni al eusquera), ordenadas cronolgicamente, indicando primero el ao de publicacin del
original, luego el de la traduccin:35
1. La Cortigiana (redaccin de 1525):36
[Vallverd 1985] Traduccin al cataln de Francesc VALLVERD: La cortesana, en: Niccol MACHIAVELLI, Pietro ARETINO, Angelo RUZZANTE, Giordano BRUNO, Teatre del
Renaixement, Barcelona: Edicions 62-La Caixa, 1985, p. 87-210.
[Giordano-Calvo 2000] Traduccin de Anna GIORDANO y Cesreo CALVO: La cortesana, en: Las seis jornadas. La cortesana, Madrid: Ctedra, 2000, p. 513-625.
2. Sonetti lussuriosi o Sonetti sopra i XVI modi (1527):37
[Bergua 1933] Traduccin de Juan B. BERGUA, en dos ediciones: Sonetos lujuriosos,
en: Los ragionamenti. Dilogos putaescos, Madrid: Libr. Bergua, 1933,38 p. 381398; Madrid, Juan B. Bergua, 1978, p. 477-494.
[Merlo 1990] Traduccin de Mara MERLO: Lynne LAWNER, Pietro ARETINO, Los 16
placeres. Las cortesanas del Renacimiento, Madrid: Ediciones Temas de Hoy (Biblioteca Ertica), 1990 [edicin, notas y comentarios: Lynne LAWNER; traduccin de
los sonetos: Mara MERLO; prlogo de George SZABO].
[Villena 1991] Traduccin de Luis Antonio DE VILLENA: Sonetos lujuriosos, Madrid:
Visor, 1991.39
35. En el Manual del librero espaol e hispanoamericano de Palau y Dulcet, s.v. Aretino, se seala una traduccin ms de una obra de Aretino, que hemos preferido no incluir entre las
que siguen por ser muy pobres los datos que de ella se ofrecen: Las mujeres casadas, Barcelona, s.n., s.a. Debe tratarse probablemente de una traduccin de la Jornada II de los Ragionamenti (quiz una nueva edicin de la traduccin de dicha jornada de Lpez Barbadillo que
citamos ms adelante).
36. Se omite el nombre del autor (Pietro Aretino) cuando no aparece bajo otra forma o junto
a otros autores. Las ediciones sucesivas aparecen precedidas por punto y coma en el mismo
pargrafo.
37. En ocasiones fueron publicados tambin con el ttulo de Corona di cazzi. Aunque excede de los lmites geogrficos de este trabajo, sealamos otra traduccin, que figura en el
catlogo de la British Library: Sonetos lujuriosos & pasquines del Aretino, seguidos de otros
sonetos lujuriosos, dudas amorosas y otras dudas amorosas de autores annimos de tradicin aretinesca y de un soneto de Giorgio Baffo, traduccin de Sarandy Cabrera, Montevideo: Vintn, 1991.
38. En nuestra introduccin a la traduccin de Las seis jornadas. La cortesana indiqu errneamente la fecha de 1934, siguiendo otras referencias (incluso la de la edicin del mismo Bergua de 1978); en realidad el colofn (nico lugar en el que se menciona la fecha de edicin)
dice: Esta obra se termin de imprimir [] el da 30 diciembre 1933.
39. Cfr. la resea de Jos Francisco Ruiz en El Observador del 20 de febrero de 1992.

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

Quaderns dItali 6, 2001

149

[Annimo 1992] Traduccin annima: Sonets luxuriosos, Barcelona-Venecia, s.n., s.a.


[1992].40 Se trata de una rara traduccin al cataln.
[vila 1999] Traduccin de Pablo Luis VILA: Sonetos sobre los XVI modos, Palma de
Mallorca: Jos J. DE OLAETA-Universitat de les Illes Balears, 1999 [Introduccin de
Giancarlo DEPRETIS, preliminar de Jos SARAMAGO; edicin, traduccin, estudio y
notas de Pablo Luis DE VILA].41
3. Il Marescalco (1533):
[Lpez Barbadillo 1908] Traduccin de Joaqun LPEZ BARBADILLO: Comedia de El
Herrador, del azote de principes y gran demostracion de vicios y virtudes por vez primera puesta de la lengua toscana en castellano por J.L.B., Madrid: M. PREZ VILLAVICENCIO, 1908.
[Chiclana 1989] Traduccin de ngel CHICLANA: El caballerizo, en: La comedia de la
corte. El caballerizo, Madrid: Espasa-Calpe, 1989, p. 201-309.
4. La Cortigiana (redaccin de 1534):
[Llanas 1900] Traduccin de J. M. LLANAS AGUILANIEDO: La cortesana, en: Coloquio
de las damas y La cortesana. Madrid: Rodrguez Serra, 1900, p. 120-381; Giovanni
BOCCACCIO, Pietro ARETINO, El Decamern. Coloquio de damas. La cortesana, Buenos Aires, EDAF, 1961, p. 875-1082 [reediciones de este volumen: Buenos Aires:
EDAF, 1962, 1964, 1967, 1968, 1970, 1971; Madrid: EDAF, 1971]; La cortesana. Coloquio de damas, Madrid: EDAF, 1977, p. 17-187.
[Chiclana 1989] Traduccin de ngel CHICLANA: La comedia de la corte, en: La comedia de la corte. El caballerizo. Madrid: Espasa-Calpe, 1989, p. 49-200.
5. Ragionamento (1534):
[Barbadillo 1914-15] Traduccin de Joaqun LPEZ BARBADILLO: Los dilogos del divino Pietro Aretino. Por vez primera puestos en lengua castellana. Madrid: Joaqun LPEZ
BARBADILLO, 1914-15, 3 vols.;42 Madrid: Viuda de Lpez Barbadillo, 1923 [ed.
facsmil: Madrid: Akal, 1978].
[Heras 1917] Traduccin de Eusebio HERAS: Dilogos picarescos sobre la vida de las
monjas, la vida de las casadas y la vida de las cortesanas, Barcelona: E. Heras editor,
[1917].43
6. Jornada I del Ragionamento (1534):
[Diguez 1920] Traduccin de R. DIGUEZ: La suave vida de las monjas, Barcelona,
1920.44
40. Debemos las noticias sobre esta traduccin a la amabilidad del profesor Jos Francisco RUIZ, de
la Universitat Pompeu Fabra de Barcelona, en cuya biblioteca se encuentra esta rara edicin.
Su fecha de publicacin se deduce del prlogo firmado por las enigmticas iniciales A.M.J.
41. Hay resea de Jos Francisco RUIZ en el ABC cultural del 23 de octubre de 1999.
42. Palau cita una segunda edicin de la traduccin del primero de los dilogos (Jornada I de
los Ragionamenti): La licenciosa vida de las monjas, Madrid: Impr. Yages, 1920; y otra del
tercero (Jornada III de los Ragionamenti): La infame vida de las cortesanas, s.l., s.n., 1917.
43. Palau cita la siguiente obra, que debe ser una reedicin de esta traduccin: Dilogos picarescos sobre la vida de las monjas, mujeres casadas y cortesanas. Barcelona: Maucci. Tanto de
sta como de las citadas en la nota anterior, no se han podido localizar ejemplares.
44. Datos tomados de Palau: no he podido localizar ningn ejemplar de esta traduccin, que con
toda probabilidad corresponde a la primera jornada del Ragionamento.

150 Quaderns dItali 6, 2001

Cesreo Calvo Rigual

7. Jornadas II y III del Ragionamento (1534):


[Paniagua 1908-11] Traduccin de Ramiro G. PANIAGUA: Vida de las casadas y de las
cortesanas, Valencia: Prometeo (Clsicos del amor), 1908-1911;45 Vida de las casadas y las cortesanas, Valencia: Prometeo, 1916; Dilogo de casadas y cortesanas, Mxico: Premi, 1979.
[Len 1971] Traduccin de Jacinto LEN IGNACIO: Vida de las casadas y de las cortesanas,
en Erotikon II. Seleccin de relatos galantes y amorosos, Barcelona: Eds. 29, 1971;
Barcelona: Eds. 29, 1990.
8. Jornada III del Ragionamento (1534):
[Xurez 1547] Traduccin de Fernn XUREZ: Coloquio de las Damas. Coloquio del
famoso y gra[n] demostrador de vicios y virtutudes (sic) Pedro Aretina (sic), en[e]l
qual se descubren las falsedades, tratos, engaos y hechizeras de que usan las mugeres
enamoradas alos simples y auna los muy auisados hombres que dellas se enamoran.
Agora nueuamente traduzido de lengua toscana en castellano por el Beneficiado Fernn Xurez, vezino y natural de Seuilla.46 De esta traduccin urea pueden sealarse al menos 5 ediciones antiguas (probablemente no las nicas):47 Sevilla, Juan
DE LEN, 1547; s.l., s.n., 1548;48 Zaragoza, Diego HERNNDEZ, 1548; Medina del
Campo, Pedro DE CASTRO, 1549; s.l., s.n., 1607.49 Durante el siglo XX ha sido
reeditada con diferente fortuna en varias ocasiones con ttulos ligeramente diferentes: Coloquio de las damas del famoso y gran demostrador de vicios y virtudes
Pedro Aretino. Agora nuevamente traducido de la lengua toscana en castellano por el
Beneficiado Fernn Xurez, vecino y natural de Sevilla, en Coloquio de las damas y
La cortesana, Madrid: Rodrguez Serra (Coleccin de libros picarescos, 2), 1900,
p. 1-113 [reproduccin fiel de la edicin de 1607];50 Coloquio de damas, Madrid:
Ambrosio Prez y ca, 1901;51 Coloquio de las Damas, en M. MENNDEZ PELAYO, Orgenes de la novela, NBAE, 21, Madrid: Bailly/Baillire, 1915, vol. IV, p.
250-77: la edicin corri a cargo del erudito A. Bonilla y Sanmartn [reproduccin fiel de la edicin: s.l., s.n., 1548]; El coloquio de las damas, en: Francisco
DELICADO, La lozana andaluza seguida por El coloquio de las damas de El Aretino,

45. La referencia de esta primera edicin est tomada de Gloria GUIDOTTI, Da La vita delle
puttane al Colquio [sic] de las damas, en El Renacimiento Italiano. Actas del II Congreso Nacional de Italianistas (Murcia, 1984), Salamanca: Universidad, 1986, p. 247257.
46. Se reproduce el ttulo completo de la edicin de 1548 (s.l, s.n.), a partir de la reproduccin facsmil de la portada y del frontispicio recogidos en D.R. RHODES, Pietro Aretino
in Spain, Gutenberg-Jahrbuch, n 64, 1989, p. 138-139). Este artculo, a pesar de coincidir en su ttulo con el presente trabajo, es slo una resea bibliogrfica de las ediciones antiguas del Coloquio.
47. Las ediciones segunda y tercera, extremadamente raras, son sealadas por Rhodes, op.
cit.
48. Segn Rhodes, op. cit., p. 138-139, sera: Sevilla, Dominico de Robertis, 1548.
49. Rhodes, op. cit., p. 141, afirma que es difcil saber dnde fue impreso este libro, aunque
lo ms probable es que no fuera en Espaa, sino en otro pas, quizs Holanda. Hace referencia a 9 ejemplares conservados de esta edicin.
50. Segn Guidotti, op. cit., p. 248, existe una reedicin hecha en Madrid en 1901.
51. Citado por Palau y Dulcet, s.v. Aretino, aunque no hemos podido localizar ningn ejemplar.

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

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151

Barcelona: Lorenzana, 1965 (reed. en Pamplona: Larraiza, 1970);52 Coloquio de las


damas, Madrid: gata, 1994.53
[Xurez bis] Traduccin de Aldo BERTI: en realidad es una versin actualizada de la
de Xurez, que no cita en ningn momento, por lo que puede considerarse un plagio. Existen numerosas ediciones y reimpresiones: Giovanni BOCCACCIO, Pietro
ARETINO, El Decamern. Coloquio de damas. La cortesana, Buenos Aires: EDAF,
1961, p. 803-873 [reediciones de este volumen: Buenos Aires: EDAF, 1962, 1964,
1967, 1968, 1970, 1971; Madrid: EDAF, 1971]; La cortesana. Coloquio de damas,
Madrid: EDAF, 1977, p. 189-247.
9. Sei giornate (1534-1536):
[Bruno 1933] Traduccin de Jos BRUNO: Los ragionamenti. Dilogos putaescos,54 traducidos por Jos Bruno, Madrid: Librera Bergua, 1933; Los Ragionamenti (Dilogos putaescos),55 traduccin de Juan B. Bergua, Madrid: Juan B. Bergua, 19782;
56 Los ragionamenti (dilogos amenos), versin espaola de Jos Santina. MadridBuenos Aires: Librera Perlado, 1940.57 De esta versin con el nombre de J. Santina
(o Sastina en otras) existen tres ediciones, con el ttulo de Dialogos amenos: Barcelona: Bruguera, 1977; id., 1982; Barcelona: Libros y Publicaciones Peridicas (La
sonrisa vertical, 38-39), 1984, 2 vols. En realidad no se trata de tres traducciones diferentes, sino de una sola, pues tanto Bergua como Santina siguen a Bruno;
el proceder de Bergua est parcialmente justificado en el prlogo de su edicin,
mientras que el de Santina constituye un caso flagrante de plagio, pues no cita a
Bruno.
52. No hemos podido consultar esta edicin, pero atendiendo al ttulo y al hecho de que se
edite junto a la Lozana andaluza es de suponer que ser una reedicin de la de 1900, puesto que tambin all aparece pubicado junto a La lozana andaluza, como n 1 de la Coleccin de libros picarescos.
53. Se menciona a Fernn Xurez en la introduccin, pero sin ms noticias que permitan saber
qu edicin se reproduce. El libro est ilustrado con fotos erticas que parecen de principios
del siglo XX.
54. El ttulo completo es: Los Ragionamenti (dilogos putaescos). Vida de las casadas, cortesanas
y monjas. La educacin de Pipa. Las charranadas de los hombres. La rufianera. Los dilogos
lujuriosos. Los sonetos lujuriosos.
55. El ttulo completo es: Los Ragionamenti (dilogos putaescos). Vida de las casadas, cortesanas
y monjas. La educacin de Pippa. Las astucias y picardas de los hombres. La rufianera. Los
sonetos lujuriosos.
56. En el inicio de la Noticia preliminar, con su peculiar estilo, Bergua nos dice: Pronto har
cuarenta y cinco aos que mand a la imprenta la primera edicin de los Ragionamenti.
La traduccin no era ma a excepcin de Los sonetos lujuriosos, pues el que tradujo lo
dems dijo que no se comprometa a ponerlos en verso. Lo malo fue que ni siquiera me
enter (pues abrumado de trabajo mi jornada no era de ocho horas, sino de diecisis y
a veces ms horas al da no tuve tiempo de leer la traduccin que haba hecho) de que
en los Ragionamenti, haba trozos que hubieran debido tambin ser traducidos en verso,
como estn en el original; total, que ahora he tenido que hacerlo yo, as como revisar toda
la traduccin, para esta nueva edicin que ahora ofrezco. La revisin a la que alude Bergua
fue realmente superficial, casi inexistente, y en lo que respecta a los versos, hubiera sido
mejor dejarlos como estaban en la edicin de 1933 (en la que, contrariamente a lo afirmado por Bergua, s estn traducidos como tales versos), pues al menos vierten fielmente los
originales, mientras que los de Bergua se alejan en exceso de aquellos.
57. Datos tomados del catlogo de la Library of Congress.

152 Quaderns dItali 6, 2001

Cesreo Calvo Rigual

[Giordano-Calvo 2000] Traduccin de Anna GIORDANO y Cesreo CALVO: Las seis


jornadas, en: Las seis jornadas. La cortesana, edicin y traduccin de, Madrid: Ctedra, 2000, p. 111-511.
10. Della umanit di Cristo (1535), La vita di Maria Vergine (1540), I sette salmi della
penitentia di David (1534):
[Rocha s.a.] Traduccin de Pedro ROCHA: De la humanidad de Christo, De la Vida de
Nuestra Seora, Los siete salmos penitenciales.58

NOTA APNDICE
Un ndice complementario de la fortuna de Aretino en Espaa lo constituyen
las menciones del autor que pueden encontrarse en diferentes obras, literarias
o no, desde el siglo XVI hasta nuestros das. En tal sentido, la bsqueda realizada
en el Corpus Diacrnico del Espaol (CORDE) puesto a disposicin por la Real
Academia Espaola, que recoge miles de textos de los ms diversos tipos de
toda la historia de nuestra lengua, arroja un resultado poco alentador: en primer lugar se confirma la escasa presencia del nombre de Aretino en la memoria de nuestros escritores, con pocas excepciones; en segundo lugar, la
perpetuacin de su fama como autor maldito o maldiciente. Entre los testimonios aducidos sobresalen los de un contemporneo (Gonzlez de Oviedo)
y los de Valle-Incln. Damos a continuacin algunos ejemplos, que van de
1552 a 1907 (los hay posteriores, pero los omitimos por ser menos significativos, adems de por obvias razones de espacio): Veys aqu cmo se escupa
primero la mano, e cmo se puede e deue creer que qujen as mat al Perote,
mejor matara a los duques ques dicho. En vn tractado que se intitula Habla de
Pedro Aretino en su toscana lengua, Pedro Aretino no ygnorando lo ques dicho,
dize que Peroto, msico joueneto, fue degollado en las haldas de Alexandre
6o., al qual se ava acogido. (G. FERNNDEZ DE OVIEDO, Batallas y quinquagenas, 1535-1552). ALCAIDE Ninguna del mundo ay ms que Rroma en
ese caso, Pedro Aretino porque concurren la ocasin, la ynorania, el fraude, la
auariia, la prodigalidad, la arrogania, el odio, el fauor, la concupisienia
[sic], la adulain, la embidia, la mentira, la ingratitud, la injuria, la merita
[sic por mentira], la disimulain, la inestabilidad, la calupnia, e la poca vergena e ningn temor de Dios, en que se incluyen todos los males del mundo.
Bien dize Pedro Aretino todo lo ques dicho y aade que en los mlites de Christo est la perfiin, la nesesidad, el peligro, la sospecha, el themor, el dolor, el
llanto, la malencona, el lamento, la vergena, el fastidio, el afn, la fatiga, la
enemistad, con todo el rresto de las miserias. Y dize ms, que si se pudiese estu-

58. Noticia extrada de la excelente Tesis Doctoral de Lola BECCARIA, Bibliografa de las traducciones del italiano al castellano (siglos XV, XVI y XVII), que a su vez cita a Nicols ANTONIO, Biblioteca Hispnica nova, II, p. 231-232. No he podido localizar esta traduccin.
Pedro Rocha sera autor de otras dos traducciones del italiano: de la Fiammetta y del Corbaccio.

Sobre la recepcin de Aretino en Espaa a travs de sus traducciones

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diar en los fauores como en las leyes, los estudiantes no se quitaran jams de
los libros, porque qujen ha fauor ha rriquezas. (G. FERNNDEZ DE OVIEDO,
id.). El Duque de Njera, por hacerle una burla, estando con l en Benavente, acord de hacerla desta manera: que hace una carta fingida con una memoria de libros nunca odos ni vistos ni que se vern, los cuales enviaba Pedro
Aretino, italiano residente en Venecia, el cual, por ser tan mordaz y satrico,
tiene salario del Pontfice, Emperador, Rey de Francia y otros Prncipes y Grandes, y en llegando el tiempo de la paga, si no viene luego, hace una stira o
comedia o otra obra que sepa a esto contra el tal. / Esta carta y memoria de
libros vena por mano de un mercader de Burgos, en la cual carta deca que
en recompensa de tan buena obra como a Su Seora haba hecho Pedro Aretino, que sera bien enviarle algn presente, pues ya saba quin era y cun
maldiciente. La carta se dio al Conde, y la memoria, y como la leyese y no
entendiese la facultad de los libros, ni aun el autor, mostrla al Duque como
a hombre ms ledo y visto, el cual comienza a ensalzar la excelencia de las
obras, y que luego ponga por obra de gratificar tan buen beneficio a Pedro
Aretino, que es muy justo. El Conde le pregunt que qu le paresca se le deba
enviar. El Duque respondi que cosa de camisas ricas, lenuelos, toallas, guantes aderezados y cosas de conserva y otras cosas de este jaez. En fin, el Duque
sealaba lo que ms a su propsito haca, como quien se haba de aprovechar
de ello ms que Pedro Aretino. El Conde puso luego por la obra el hacer del presente, que tardaron ms de un mes la Condesa y sus damas y monasterios y
otros partes, y hecho todo, envilo a hacer saber al Duque, y dase orden que se
lleve a Burgos, para que desde all se encamine a Barcelona y a Venecia, y trayan los libros de la memoria; la cual orden dio despus mejor el Duque, que lo
hizo encaminar a su casa y recmara. Y andando el tiempo, vnolo a saber el
Conde, y estovo el ms congoxado y desabrido del mundo con la burla del
Duque, esperando sazn para hacerle otra para satisfaccin de la recibida. La
cual, procurando y poniendo por obra, se vino a hacer as, creyendo la haca al
Duque. (Luis DE PINEDO, Libro de chistes, 1550). y no estimando en Italia grandes Prncipes, ni teniendo nombre, solamente a un pintor van a llamar
el Divino Michael Angelo como hallaris en cartas que os escribi Aretino
maldiciente de todos los seores cristianos (Manuel DENIS, Traduccin de
De la pintura antigua de Francisco de Holanda, 1563). Alzad las faldas y atrancad los charcos / porque no os salpiquis en el camino / de los que cantan la del
conde Alarcos. // No sois tan grave vos como Aretino / ni como aquel que del
mosquito y pulga / cant tras las refriegas del latino. (Pedro LIN DE RIAZA,
Poesas, 1607). Bajar de grado en grado se podra, por Eutropio, Vopisco,
Marcelino, a las guerras de Italia y de Sura; el Sablico, Bembo y Aretino, el
Mauroceno, Corio, Justiniano, Jovio, Dvila, Franqui, Gichardino, la institucin moral, el cortesano, y, si Su Santidad os lo concede, los impos Machiavelo y el Polano. (Bernardino DE REBOLLEDO, Conde de Rebolledo, Ocios,
1650-1660). erudito humanista Gaspar Barthio, quien habiendo nacido
en Custrin el ao de 1587, y manifestado desde su infancia un ingenio precoz y una memoria maravillosa, estudi con mucho fruto y lucimiento en

154 Quaderns dItali 6, 2001

Cesreo Calvo Rigual

varias academias y universidades de Alemania [] y hasta para la traduccion


del Pornodidscalo de Pedro Aretino se asegura que no se vali del original,
sino de una version castellana. Este empeo, esta aficion extremada, y una aplicacion tan vehemente la lectura de nuestras novelas, llegaron trastornar la
cabeza de Barthio (Martn FERNNDEZ NAVARRETE, Vida de Miguel de Cervantes Saavedra, 1819). Pobre Concha! Sobre sus labios perfumados por los
rezos, mis labios cantaron los primeros el triunfo del amor y su gloriosa exaltacin. Yo tuve que ensearle toda la lira: Verso por verso, todo el rosario de
sonetos de Pietro Aretino. Aquel capullo blanco de nia desposada, apenas
saba murmurar el primero. (Ramn Mara DEL VALLE-INCLN, Sonata de
otoo. Memorias del Marqus de Bradomn, 1902). Concha mova la cabeza
con gracioso enfado, al mismo tiempo que apoyaba un dedo sobre sus labios
plidos: / No te permito que poses ni de Aretino ni de Csar Borgia. / La
pobre Concha era muy piadosa, y aquella admiracin esttica que yo senta
en mi juventud por el hijo de Alejandro VI, le daba miedo como si fuese el
culto al Diablo. Con exageracin risuea y asustadiza me impona silencio
(Ramn Mara DEL VALLE-INCLN, id.). Un lecho antiguo de lustroso nogal,
tlamo clsico donde los hidalgos matrimonios navarros dorman hasta llegar
a viejos, castos, sencillos, cristianos, ignorantes de aquella ciencia voluptuosa que
diverta el ingenio maligno, y un poco teolgico, de mi maestro el Aretino.
(Ramn Mara DEL VALLE-INCLN, Sonata de invierno. Memorias del Marqus
de Bradomn, 1905). ARLEQUN Bien decs. No la sublime poesa, que slo
canta de nobles y elevados asuntos; ya ni sirve poner el ingenio a las plantas
de los poderosos para elogiarlos o satirizarlos; alabanzas o diatribas no tienen
valor para ellos; ni agradecen las unas ni temen las otras. El propio Aretino
hubiera muerto de hambre en estos tiempos. (Jacinto BENAVENTE, Los intereses
creados, 1907).

Quaderns dItali 6, 2001

155-169

El estilo de una corte: apuntes sobre


Virgilio Malvezzi y el laconismo hispano
Jorge Garca Lpez
Universitat de Girona
jorge.garcia@udg.es

Resumen
Virgilio Malvezzi fue autor italiano de gran xito en la corte de Felipe IV a partir de la traduccin de su biografa clsica Il Romulo (1629) por Francisco de Quevedo en 1632, pasando a convertirse en uno de los modelos de la prosa lacnica en castellano. Autores cortesanos
como el mismo Quevedo o Diego de Saavedra Fajardo escribirn sus obras de carcter poltico en la prosa lacnica y concentrada que pone de moda Il Romulo, y su influencia se
puede seguir incluso en autores secundarios como Mrtir Rizo. Asimismo, en autores que
comienzan a escribir a mediados o finales de la dcada de los aos treinta del siglo XVII,
cuyo ejemplo fundamental es Baltasar Gracin, que con sus tres obras menores (El hroe,
El discreto y El poltico) muestra la influencia de ese nuevo estilo cortesano, si bien, desde
un principio, con un grado de elaboracin y refinamiento excepcional, que lo llevarn a
convertirse en el ejemplo clsico del estilo lacnico.
Palabras clave: Malvezzi, lenguaje poltico, siglo XVI, Quevedo, Saavedra Fajardo, Mrtir Rizo,
Gracin.
Abstract
Virgilio Malvezzi was a greatly successful Italian author in the court of Filipe IV following the classic biographical translation of Il Romulo (1629) into Spanish by Francisco de
Quevedo in 1632, becoming one of the models of laconic prose in Castilian. Court authors
like Quevedo or Diego de Saavedra Fajardo wrote their political works in laconic prose in
the fashion of Il Romulo, and its influence can be seen in secondary authors like Mrtir
Rizo as well as authors beginning to write by the middle to late 1630s. A fundamental
example is Baltasar Gracin who, with his three minor works (El hroe, El discreto and El
poltico), fully demonstrates the new courtesan style with a degree of elaborate and exceptional refinement and emerges as a classic example of the laconic style.
Key words: Malvezzi, Political language, 16th Century, Quevedo, Saavedra Fajardo, Mrtir Rizo, Gracin.

156 Quaderns dItali 6, 2001

Jorge Garca Lpez

Para Carlos Vallo, amigo y maestro.

Italia y Espaa forman durante el siglo XVI y buena parte del XVII una suerte de
comunidad cultural que se extiende a lo largo de un mar y dos pennsulas. Los
espaoles de la poca, desde Herrera hasta Saavedra Fajardo, fueron profundamente conscientes de ello, y teorizaron esa relacin bajo el conocido tpico de las armas y las letras, aunque entendido de forma diferente en cada orilla.
Un puado bien largo de escritores auriseculares seran en verdad del todo
incomprensibles sin ahondar en esa relacin. En las pginas que siguen esbozaremos un ejemplo en la obra de Virgilio Malvezzi, brillante astro de la literatura europea de su tiempo, como atestigua la rpida difusin de su obra en
la Europa de mediados del siglo XVII.1 Fue a la vez resultado y vctima de esa
relacin histrica, y, con posterioridad, en la perspectiva de clasicismos posteriores, apenas recordado como maestro de una errtica anacrona.2
Sin embargo, la mera inmersin en la literatura poltica, tan del gusto de esos
aos centrales del siglo XVII, revela el apego manifiesto y sorprendente a las
obras del marqus de Malvezzi. Y esto hasta el punto de que podemos considerarlo como introductor del estilo lacnico en la corte de Felipe IV a partir de
su obra Il Romulo (1629). Su filiacin intelectual y literaria parece clara desde
sus Discorsi sopra Cornelio Tacito (Venecia, Marco Ginami, 1622)3 y descuella
con posterioridad en obras cortesanas como Il ritratto del privato politico cristiano (Bolonia, Giacomo Monti, 1635).4 Sin embargo, lo que en esencia nos
interesa ahora son sus biografas histricas de cuo lacnico, como Il Romulo
(Bolonia, Clemente Ferroni, 1629),5 casi inmediatamente traducido al castellano por Quevedo,6 Il Tarquinio superbo (Bolonia, Clemente Ferroni, 1632)7
y Davide perseguitato (Bolonia, Giacomo Monti, 1634). Su disposicin literaria es harto simple. Una serie de datos espigados en fuentes histricas o bblicas conforman un tenue hilo argumental que pone de manifiesto
1. Aunque poco frecuentado, su importancia es evidente desde Benedetto CROCE, Nuovi Saggi
nella letteratura italiana del Seicento, Bari: Laterza, 1949, p. 95-109 y Ezio RAIMONDI, Letteratura Barocca. Studi sul Seicento italiano, Firenze: Leo S. Olschki, 1982. Vase tambin
Marc FUMAROLI, Lge de leloquence. Rhtorique et res literaria de la Renaissance au seuil
de lepoque classique, Genve: Droz, 1980 y Beatriz ANTN, El tacitismo en el siglo XVII en
Espaa. El proceso de receptio, Valladolid: Universidad de Valladolid, 1991, por ejemplo p.
117-120. Aportacin de conjunto sobre la vida y obra del marqus Virgilio Malvezzi lo
constituye el libro de Rodolfo BRAENDLI, Virgilio Malvezzi, poltico y moralista, Basilea,
1964, y vase tambin Silvia BULLETA, Etica, retorica e dramma politico nelle storie
romane di Virgilio Malvezzi, Studi secenteschi, n. XXXVI, 1995, p. 4-67.
2. Marc FUMAROLI, op. cit., p. 217-219.
3. Tommaso BOZZA, Scrittori politici italiani dal 1550 al 1650, Roma: Edizioni di Storia e
Letteratura, 1980, p. 140 [1940].
4. Vase Virgilio MALVEZZI, Il ritratto del privato politico cristiano, ed. de Maria Luisa DOGLIO,
Palermo: Sellerio, 1993.
5. Tommaso BOZZA, op. cit., p. 163-164.
6. Francisco DE QUEVEDO, El Rmulo, ed. de Carmen Isasi, Bilbao: Universidad de Deusto,
1993.
7. Tommaso BOZZA, op. cit., p. 168-169.

El estilo de una corte: apuntes sobre Virgilio Malvezzi []

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acontecimientos y decisiones: la prosa lacnica har el resto, deduciendo o discutiendo lecciones morales y polticas de tales actos. Con las dos primeras, y
menos con la tercera, nuestro marqus parece convertirse en orculo de su
poca, lo que explica la notable acumulacin de ediciones italianas y traducciones
a lo ancho de Europa. Bien podemos preguntarnos por la razn de tal xito,
hilvanando as la madeja del gusto esttico del perodo.
Se suele considerar la obra de Virgilio Malvezzi como ejemplo mximo del
estilo lacnico en el siglo XVII, en el intento de hallar una alternativa retrica
al ciceronianismo. Exponente e impulsor de ese estilo en latn ser Justo Lipsio en la segunda mitad del siglo XVI, tanto en sus ediciones de Sneca como de
Cornelio Tcito, y en sus propias obras latinas: una influencia que se dilata a
lo largo de la centuria siguiente; Quevedo, por citar un ejemplo paradigmtico, se nos muestra cercano seguidor de la obra literaria y filosfica de Justo
Lipsio,8 y no slo por las epstolas latinas de juventud cruzadas con el maestro.
Tambin Herycius Puteanus, discpulo de Lipsio, propugna y teoriza la oscuridad lacnica como norma del estilo en su De laconismo syntagma (1609).9 El
laconismo se opone el asianismo retrico de la poesa seicentista, un estilo que
solemos identificar con la poesa de Gngora, de amplio xito a lo largo del
siglo XVII. Baltasar Gracin nos detalla con equilibrada simplicidad la diferencia entre ambos estilos en el discurso LXI de su Agudeza y arte de ingenio: Descendiendo a los estilos en su hermosa variedad, dos son los capitales, redundante
el uno, y conciso el otro, segn su esencia: asitico y lacnico, segn la autoridad. Yerro sera condenar cualquiera, porque cada uno tiene su perfeccin y
su ocasin. El dilatado es propio de oradores; el ajustado de filsofos morales.10 Sin embargo, la identificacin de Malvezzi con el estilo lacnico est
lejos de limitarse a la categora de mero ejemplo brillante. Corre por la prosa
de Virgilio Malvezzi un acierto profundo en la sntesis de elementos hermanos, pero hasta entonces inconexos, que confiere soltura al nuevo estilo y le
concede la equilibrada plenitud del clasicismo. Vemoslo con algn detalle.
Para empezar, el marqus acert a reunir en Il Romulo una multitud de
cuestiones que hacan las delicias del momento. Poda verse en esta obra, por
ejemplo, la versin clsica de mitos cristianos, como el de Can y Abel, verificando de paso una fatal contradiccin entre necesidad poltica y valores ticos
que sustenta el atormentado pensamiento poltico de esas dcadas iniciales del
siglo XVII. Vena tambin a entroncar con la historia de Roma y lo que ella significaba para el pensamiento poltico como ciudad modelo de la reflexin terica, tanto en la obra de Livio, ms cercana a los tratadistas del quinientos (y
al mismo Machiavelli), como en el admirado Tcito. Enlazaba, en fin, fcil8. Henry ETINGHAUSEN, Francisco de Quevedo and the Neoestoic Movement, Oxford: Oxford University Press, 1972 y vase ahora La SCHWARTZ, Justo Lipsio en Quevedo: neoestoicismo,
poltica y stira (en prensa).
9. Vase n. 39 para su relacin con Saavedra FAJARDO.
10. Baltasar GRACIN, Agudeza y arte de ingenio, ed. de Evaristo CORREA, Madrid: Castalia, II,
p. 235-236.

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mente con la Poltica de Aristteles, que tiene en la ciudad el centro de reflexin y base de su antropologa. No era poco. La biografa lacnica se revelaba, en suma, como un medio eficaz de sntesis de las perspectivas esenciales
del discurso poltico renacentista.
A ello se una el planteamiento estilstico. Si ya por sus perfiles temticos condensaba una serie visible de centros de inters en la poca, el marqus de Malvezzi acertaba a tratar esos temas en romance con la misma desenvoltura con
que Cornelio Tcito lo haba hecho en latn, pero ya no para dar forma a una
farragosa historia antigua o moderna, sino para enlazarlo con una biografa
que tiene la brevitas por norma. De esta forma, convergan en su prosa romance los ecos de una serie de obras que conformaban los modelos admirados de
la prosa latina desde las ltimas dcadas del siglo XVI. En sus escritos se fundan con naturalidad y confluan singularmente la brevedad de Plinio, la reflexin moral de Sneca o la poltica de Tcito. De hecho, la prosa de Tcito
inundaba la biografa seicentista, recogiendo la exigencia de la brevedad expositiva, ya enunciada por Machiavelli en el prlogo al Principe como aneja al
discurso poltico, y por tanto moral. Se alcanzaba as un interesante resultado
donde la brevedad destilaba una suerte de quintaesencia del comportamiento
cvico, renovando y revitalizando el biografismo histrico o clsico. Como
recuerda Baltasar Gracin en su Agudeza y arte de ingenio, el brillante marqus
no tiene palabra que no encierre un alma, todo es viveza y espritu.11
Aqu vale recordar que tanto la obra de Cornelio Tcito, como el estilo
que supone, se han postulado como pujantes herederos de la posteridad del
Principe. La obra de Machiavelli marc un punto de inflexin en el pensamiento poltico occidental, y no hace falta recordar que, desde el Concilio de
Trento, se convirti en su totalidad en objeto de anatema. Sin embargo, ninguna poca puede escapar a los problemas que constituyen la base de su sentido: si no se poda nombrar en pblico a Niccol Machiavelli, bastaba buscar
un sustituto a la altura de sus posibilidades, y ste se encontr en Tcito convenientemente reinterpretado a tal efecto.12 Sea cual fuere el alcance histrico de tal interpretacin, la impronta de Machiavelli parece innegable en el
origen del Romulo, que se anuncia como la primera de una serie de biografas
que deban constituir un comentario a la primera dcada de Tito Livio. Adems, es innegable que conceptos esenciales de la doctrina poltica de Machiavelli aparecen de forma reiterada en la obra de Malvezzi. Tal es el caso de la
omnipotencia de la fortuna, que parece constituir la base de su doctrina pol-

11. Baltasar GRACIN, Agudeza y arte de ingenio, cit., t. II, p. 198-199.


12. Giuseppe TOFFANIN, Machiavelli e il Tacitismo, Napoli: Guida Editori, 1972 [1921].
Vase para el caso espaol Jos Antonio MARAVALL, La corriente doctrinal del tacitismo
poltico en Espaa, Estudio de Historia del Pensamiento Espaol. Tercera Serie. El Siglo del
Barroco, Madrid: Ediciones Cultura Hispnica, 1984, p. 75-98 y Enrique TIERNO GALVN, El tacitismo en las doctrinas polticas del Siglo de Oro espaol, Escritos (1950-1960),
Madrid: Tecnos, 1971, p. 13-93, y para el caso de Saavedra, vase Andr JOUCLA-RUAU,
Le tacitisme de Saavedra Fajardo, Pars: Editions Hispaniques, 1977.

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tica (en los negocios polticos no hay otra regla que la fortuna),13 o la evidente huella dejada por la vida lectura de los Discorsi (Es el mismo aquel que
estaba en la plaza, que el que est ahora en el Senado; ms se mira con diferencia desde el senado a la plaza que desde la plaza al senado).14 Basta escarbar un poco entre las lneas del marqus, para encontrar citas directas de
Machiavelli o, lejos de aquel nombre maldito, la impronta de sus ideas. Podramos decir, en suma, que gracias a las biografas de Malvezzi, en la piadosa
corte de Felipe IV circul el pensamiento del genial florentino.
Todava puede ampliarse la pesquisa fontstica en otra direccin que lleva a
los entresijos del estilo y aclara su evolucin futura. Es sabido que ya los traductores de Cornelio Tcito convirtieron su prosa en depsito de sentencias
polticas, convencidos de que tenan un sentido predictivo del comportamiento poltico, prctica, por otra parte, derivada de la misma pedagoga humanista.15 Tal ser la conducta de lamos Barrientos en su traduccin castellana de
Tcito, por ejemplo. Virgilio Malvezzi sigue esa lnea, pero incorporando las
sentencias a una estructura narrativa que les confiere un ms pleno sentido y un
contexto preciso. La observacin no es balad, porque la literatura lacnica se
encontrar siempre marcada por la tensin entre la estructura narrativa (biografa, historia, novela bizantina) y el repertorio de afirmaciones sentenciosas
que conforman su textura. Lo sustancial del Romulo no consista, pues, en el
recorrido por una serie de hechos archisabidos de la historia de Roma, sino en
el contenido poltico que era capaz de transmitir, y en la universalizacin a que
someta el sentido de su personaje histrico. Era historia y prontuario a un tiempo: haba, detrs de Rmulo, un modelo de hombre. Si a Rmulo le quitamos
el nombre propio, ya tenemos en pie El hroe del Padre Gracin. Que esa fuera
la fuente del genial aragons, lo demuestra su primera obra, que surge con naturalidad, como veremos, de la lectura de Virgilio Malvezzi. Basta dar un paso
13. El Rmulo, ed. cit., p. 80; es abrumador el predominio de la fortuna en Il Tarquinio superbo como fuerza ordenadora de la historia.
14. La cita reveladora se encuentra en Obras del marqus, ed. cit., f. 102. La distincin entre piazza y palazzo como conceptos polticos es central en el pensamiento de Niccol Machiavelli, por cuanto atae a su pretendido republicanismo, y puede hallarse en los Discursos sobre
la primera dcada de Tito Livio (I, 47): De modo que, los que le haban odo hablar antes,
cuando era un ciudadano privado, y le vean despus en la suprema magistratura tranquilo
y callado, pensaban que esto provena, no de un mejor conocimiento de los asuntos, sino
de que los grandes le haban engaado y corrompido. Y habiendo sucedido esto muchas
veces y a muchos hombres, naci de all un proverbio que deca: stos tienen un nimo en la
plaza y otro en el palacio (Nicols MAQUIAVELO, Discursos sobre la primera dcada de Tito
Livio, traduccin, introduccin y notas de Ana TARANCN, Madrid: Alianza, 2000, p. 153);
Costoro hanno uno animo in piazza, ed uno in palazzo (Niccol MACHIAVELLI, Le grandi
opere politiche. II. Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, a cura di Gian Mario ANSELMI
e Carlo VAROTTI, Torino: Bollati Boringhieri, 1993, p. 181).
15. Vase una valoracin del hecho con respecto al estilo de Gracin en Aurora Egido (ed.),
Baltasar GRACIN, El discreto, Madrid: Alianza, 1997, p. 40-46, o bien con respecto a Quevedo en Sagrario LPEZ POZA, La erudicin como nodriza de la invencin en Quevedo,
La Perinola, n. 3, 1999, p. 171-194.

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ms para convertir la biografa lacnica del italiano en una coleccin sentenciosa desprovista de armazn narrativo. Esa evolucin natural se cumple ya en
el crculo de Lastanosa, donde la obra del formidable aragons ser sistemticamente extractada. No se necesitaba para ello a Tcito o Sneca: se tena a mano
El discreto o El hroe.16 Tal ser el destino de los productos del laconismo romance, recordando la tensin potica primordial entre sentencia y estructura.
Finalmente, pueden aadirse a nuestra compresin del estilo perspectivas
propias del siglo XVII, y ausentes de la tradicin literaria. Por ejemplo, la importancia creciente de la matemtica como objeto de literatura, un aspecto subrayado recientemente, y con gran acierto, por Carlos Vallo.17 El hecho, en
apariencia extrao, hermana el laconismo con los progresos evidentes de la
matemtica a lo largo del siglo XVI (la recuperacin de Arqumedes, por ejemplo, una de las fuentes del primer Galileo), y que no harn sino acelerarse a lo
largo del siglo XVII, hasta culminar, a finales de la centuria, en el clculo infinitesimal, por no hablar de la pasin geomtrica de la filosofa cartesiana. Tal
caracterstica deviene la mismsima evidencia en Il Tarquinio superbo, donde
encontramos el estilo lacnico descrito en trminos matemticos:
El dar preceptos a los prncipes para reinar bien es empeo que toca en bizarra, si bien es sobradamente costoso y estoy por decir sobervio [] Un punto
que en abstracto se figura indivisible, en concreto se divide en muchas partes, y se
puede dividir infinitamente, y as juzgo de ms conveniencia a obra tal los ejemplos que los preceptos.18

Ntese, de pasada, cmo para el marqus la doctrina expuesta mediante


una inteligible acumulacin de sentencias hilvanadas en una estructura (los
ejemplos), tiene un valor superior al de la mera sentencia aislada, o a su simple sumatorio (los preceptos), y que esa relacin alcanza un sentido visual a
partir de una comparacin matemtica que recuerda el clculo infinitesimal. La
obra biogrfica se puede descomponer en sus sentencias como un punto de
aparente indivisibilidad se puede subdividir infinitamente. La obra est plagada de tales expresiones,19 como tambin, aunque en menor medida, Il Romu16. Y siempre que no se quiera ver ah una simple relacin mecnica entre unas y otras obras;
vanse las importantes observaciones de Emilio BLANCO en su edicin de Baltasar GRACIN, Orculo manual y arte de prudencia, Madrid: Ctedra, 1995, p. 21-23.
17. Vase Carlos VALLO, Imgenes matemticas y economa del discurso en la Vida de Marco
Bruto de Quevedo, en Jean-Pierre tienvre (ed.), Littrature et Politique en Espagne aux sicles dor, Paris: Klincksieck, 1998, p. 401-406.
18. Obras del Marqus, ed. cit., f. 95. Como en este caso, en varias traducciones espaolas, todas
las obras traducidas de Malvezzi aparecen adjudicadas a Quevedo; vase Jos Simn DAZ,
Los traductores espaoles de Malvezzi, Revista de Literatura, n. XXVIII, 1965, p. 87-93,
y El Rmulo, ed. cit., p. 15.
19. Muchas lneas se enderezan a un punto, muchas sendas a un lugar determinado (Obras,
ed. cit., f. 95v), quien muda el blanco es tambin necesario que mude el punto (bid., f.
101v), mil puntos no comprenden una lnea (bid., f. 109), su afecto sea igualsimo a
todas las partes de la circunferencia (bid., f. 212), etc.

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lo.20 Se trata acaso de la parte ms novedosa de un lenguaje poltico que no


abandona sus tradicionales comparaciones mdicas o astronmicas, pero que,
a travs de una nueva trama metafrica, se hace eco de la generalizacin de los
descubrimientos geogrficos o de la actualidad de las nuevas ciencias fsicas.21
Hay en ese juego de lo lacnico una consistente y continuada metfora con la
nueva simbolizacin matemtica que se consolida a lo largo del siglo XVII y
que hoy nos resulta familiar, pero que vena a ser por entonces un lenguaje
nuevo y una forma indita de abordar la realidad emprica. Esa simbolizacin
corre pareja con la sntesis significativa que los contemporneos perciban en
el emblema, y forma parte de la importante vertiente visual de la cultura del siglo
XVII. Pero la importancia creciente del clculo matemtico es indicio de una
ms profunda ruptura que est en la base de los nuevos desarrollos literarios.
Puede ligarse, por ejemplo, a las varias crisis escpticas que socavan los cimientos del pensamiento europeo ya en los ltimos aos del siglo XVI.22 En esa perspectiva, parece obvio preguntarse si la aproximacin metafrica al mundo
matemtico no delata una avidez que desborda el mero posicionamiento retrico. Pero, en primera instancia, esa cascada de analogas matemticas confiere a aquellas y otras parcelas del texto una ilusin de exactitud con la finalidad
de decir mucho en pocas palabras y tambin para propiciar un juego deliberado de desvelamientos y omisiones, un estilo que busca, en palabras de
Borges, una ilusoria exactitud,23 y quiz por ello se detecta fcilmente tanto
en Quevedo como en Baltasar Gracin.24 Ese nuevo estilo depuraba la tradicin
dando un lugar a las exigencias de los nuevos tiempos. Escribir a lo del marqus Virgilio Malvezzi, como dir Uztarroz a propsito de Gracin, constitua
un clasicismo renovado que miraba al futuro en idntica medida que al pasado venerable de la tradicin literaria. No es extrao que los testimonios del
hondo inters que despert Malvezzi en la corte de Madrid emerjan con evidencia a poco que se rastree en la documentacin. Para observar tal reaccin con
claridad y concrecin, interesa resaltar la relacin entre Saavedra Fajardo y
Francisco de Quevedo, y aadir una breve resea de Mrtir Rizo.
Muchos de los aspectos comentados debi de percibir Francisco de Quevedo
en Il Romulo cuando casi sin solucin de continuidad se embarc en su traduccin. Ese adentrarse en el laconismo biogrfico marca un momento clave
20. Deza un philsopho que Dios era gemetra, quiz porque el mundo consiste en proporcin ms geomtrica que arismtica (El Rmulo, ed. cit., p. 55)
21. Es el humano un poder muy parecido al viento (Obras del Marqus, ed. cit., f. 103),
la bondad del principado no consiste en un punto indivisible: es fuerza darle la latitud
que le convenga (bid. f. 95v), pescamos solos en este ocano, quien pesca un mugil, quien
una ballena (bid. f. 114v).
22. Vase Richard H. POPKIN, La historia del escepticismo desde Erasmo hasta Spinoza, Mxico:
Fondo de Cultura Econmica, 1983.
23. Carlos VALLO, art. cit., p. 506.
24. Carlos VALLO, art. cit., y Benito PELEGRN, Rhtorique du silence: X = S + Z, en Les formes brves (I Colloque International), Aix-En Provence: Universit de Provence I, 1984, p.
65-90.

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en la evolucin de su estilo.25 Adems, don Francisco debi de ver en el laconismo malvezziano el ejemplo de una prctica literaria que l mismo haba
experimentado a partir de la agudeza de su carcter y de su palabra: el estilo
lacnico, en suma, vala como formulacin ms clsica y acabada de una inclinacin personal. Recordemos que la tensin entre expresin y estructura literaria se revela problemtica ya en su juventud en el Buscn:26 la demorada
atencin al detalle de la expresin aguda delata en esta perspectiva un rasgo
personal.27 Recordemos, tambin, el descoyuntamiento de sus figuras satricas, que concluyen en el gesto servido por la chispeante expresin o en la disgregacin en una serie de imgenes cuya esencial desconexin es amplia base de
la stira. Prcticas literarias en las que don Francisco se nos muestra hbil
explorador desde comienzos de la centuria, pero que se ennoblecan con los
nuevos referentes clsicos. Y todava podemos apurar ese inters desde otros
ngulos convergentes con los anteriores. Su traduccin de Virgilio Malvezzi
delata la bsqueda de un clasicismo alternativo al florido gongorismo no menos
que sus ediciones de obras clsicas de la poesa quinientista. Virgilio Malvezzi poda ser antdoto contra el cordobs, como lo fueron fray Luis de Len,
Francisco de la Torre o San Juan de la Cruz, los dos primeros editados o con
dedicatoria de 1631.28 En fin, tena, por lo que se va viendo, variados y sobrados motivos para la identificacin esttica y personal con la prosa lacnica.
Como decimos, parece ser que su traduccin del Romulo fue emprendida
casi de inmediato: la Aprobacin la firma fray Juan Maldonado el 20 de julio
de 1632; la licencia, Martn de Uribarri el 9 de agosto siguiente. Esa primera
edicin no se hizo con el beneplcito de Quevedo, segn se deduce, entre otras
cosas, de una nota del impresor navarro en la que afirma: Mal trasladado
vino a mis manos este libro, lele yo, fui curioso, dile a la imprenta por ser
liberal.29 Ms an, en realidad Quevedo haba ultimado la traduccin en el
verano de 1631, como demuestra la dedicatoria, extendida en Madrid el 2 de
septiembre de 1631. Si tenemos en cuenta que la edicin prncipe de Il Romulo aparece en Bolonia en 1629, no podr no sorprender la rapidez de reflejos
de su traductor: apenas podemos conceder unos meses para la circulacin y
el general conocimiento de la primera edicin italiana. Durante el ao treinta Il Romulo debi de hacer furor en la corte de Madrid: un ao despus ya
Francisco de Quevedo haba ligado a l su nombre, y lo que es ms importante, haba encabezado su traduccin con un encendido elogio de la obra del
marqus.
25. Mara Luisa LPEZ GRIJERA, La prosa de Quevedo en los sistemas elocutivos de su poca,
en Quevedo in perspective, Newark (Delaware): Juan de la Cuesta, 1982, p. 81-100.
26. Fernando LZARO CARRETER, Originalidad del Buscn, en Francisco DE QUEVEDO, La
vida del Buscn, ed. de Fernando CABO, Barcelona: Crtica, 1993, p. IX-XXIV y Francisco RICO, La novela picaresca y el punto de vista, Barcelona: Seix Barral, 1989, p. 120-129.
27. Vase Maxime CHEVALIER, Quevedo y su tiempo: la agudeza verbal, Barcelona: Crtica, 1992.
28. Vase Pablo JAURALDE POU, Francisco de Quevedo (1580-1645), Madrid: Castalia, 1998,
p. 588-593.
29. Vase El Rmulo, ed. cit., p. 15-16.

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De hecho, el nombre de Quevedo se ha relacionado con diversas traducciones de Virgilio Malvezzi no siempre suyas.30 Sin duda porque aquel estilo era
emblemtico: una llave para abrir puertas en la repblica literaria como indiscutible seal de calidad. Por otra parte, Quevedo se encuentra en ese momento
muy prximo a los crculos del poder cortesano en cuanto afamado propagandista
del Conde Duque. Su traduccin de Virgilio Malvezzi debi de hacer, por tanto,
mucho para poner de moda al italiano entre los escritores espaoles. Ese entusiasmo de Quevedo se trasluce en el prlogo A pocos con que nos presenta la obra
del marqus, la pluma ms feliz de Italia.31 Nos habla del nuevo Rmulo como
de una feliz construccin (parto no de Rhea, sino del ingenio, alimentada no
por una loba, sino por el estudio), y cifra el hallazgo del marqus en haber superado el mero recuento de una historia: Escribieron la vida de Rmulo muchos,
mas a Rmulo ninguno. Valor supremo del estilo consiste en aclarar las razones de sus actuaciones polticas, insuflndole un alma a los meros datos de la
historia (los pasados fueron historiadores de su vida, nuestro autor de su alma),
de donde se extrae un modelo de actuacin poltica (el Marqus escribe el prncipe, los dems el hombre) que est implcito en la historia que cuenta y que el
comentario pone de manifiesto (Refirese lo que vieron todos, y lo que l procur, si fuese posible, que no se viese). Se trata, como vemos, de una suma de
aciertos que tiene por intermediario el estilo lacnico (un libro donde es inmensa la escritura y corta la leccin); tras lo cual Quevedo daba la palma al marqus de Malvezzi (obligacin es admirarle, y locura competirle). Poco puede
extraarnos, as, que en 1632 el escritor espaol iniciase, como parece plausible,
la redaccin de su Marco Bruto, publicado en 1644.32
Otro dato de no menor importancia, y convergente con el anterior, nos
pone sobre la misma pista: la evolucin de Diego de Saavedra Fajardo. Don
Diego fue uno de los polticos espaoles ms importantes de la poca como
embajador espaol en Italia y Centroeuropa. Como tal visit en diferentes ocasiones la corte de la Madrid, donde tendr residencia fija desde 1643. Entre sus
tareas diplomticas italianas y su envo como principal embajador de Felipe IV
en el Imperio, pasar algunos meses en Madrid, donde llega en septiembre de
1630.33 De muy poco despus, del 1 de febrero de 1631, data la composicin
de las primeras obras que se nos han trasmitido con su nombre.34 Esas dos
30. Jos Simn DAZ, art. cit.
31. El Rmulo, ed. cit., p. 109, y el prlogo de Quevedo en p. 105-106 (1632) y 108-109 (1635).
32. Bruce W. WARDROPPER, Siglo de Oro: Barroco en F. RICO, Historia y crtica de la literatura
espaola, Barcelona: Crtica, 1983, III, p. 542.
33. De acuerdo con la datacin de la estancia de Saavedra en Madrid que establece Quintn
ALDEA VAQUERO, Europa y Espaa en el siglo XVII. La correspondencia de Saavedra Fajardo.
Tomo I, 1631-163, Madrid: CSIC, 1986, p. 3. El dato puede verse en Diego DE SAAVEDRA,
Introducciones a la poltica y Razn de estado del rey catlico don Fernando, ed. de Alberto BLECUA y Jorge GARCA LPEZ, Barcelona: Asociacin de Biblifilos de Barcelona, 1984, p. 71.
34. Teniendo en cuenta que la primera redaccin de Repblica literaria probablemente no es
suya, tal como ha demostrado Alberto BLECUA, Las Repblicas literarias y Saavedra Fajardo, El Crotaln. Anuario de la Filologa Espaola, n. I, 1985, p. 67-97.

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Jorge Garca Lpez

obras, no publicadas en su momento, son las Introducciones a la poltica y la


Razn de estado del rey don Fernando el Catlico: ambas conservadas en un manuscrito que solo modernamente ha visto la luz permitiendo observar, a travs de
estas semillas, la gnesis y el proceso de su posterior evolucin como escritor.
En las Introducciones a la poltica nos encontramos con un pequeo comentario
de la Poltica de Aristteles donde Saavedra va desgranando temas clsicos de
la poltica aristotlica. Muy diferente resulta la Razn de estado, que se adentra
con paso firme en el laconismo a la moda, extractando prrafos de la Historia de
Mariana y comentando la vida de Fernando el Catlico. Lo que ahora nos interesa es la distancia estilstica y estructural que corre entre ambas obras: las Introducciones a la poltica parecen mirar al pasado, a los comentarios acadmicos;
no logran soslayar una perspectiva que roza el anacronismo, y constituye, segn
creo, un experimento literario fallido. La Razn de estado, en cambio, nos sita
en pleno laconismo biogrfico. Notemos, adems, que las dos obras de Saavedra Fajardo iban dirigidas al Conde Duque de Olivares en la epstola con que se
abra el manuscrito, si bien la cosa no pareci tener efecto sobre el poderoso
privado.35 Ambas permanecieron manuscritas, pero nos dicen mucho, segn
creo, acerca de la creciente importancia del laconismo literario en la corte de
Madrid a finales de 1630. Saavedra llega a la corte en ese septiembre de 1630:
cuatro meses despus, el 1 de febrero de 1631, ya tiene ultimada una biografa
lacnica de Fernando el Catlico, que no puede ser sino el reflejo de la pujante fortuna de Malvezzi. Pocos meses despus, en septiembre de 1631, Francisco de Quevedo firma ya la dedicatoria de su traduccin, que se estampar al
ao siguiente. Parece evidente que a lo largo de ese ao crucial la obra de Malvezzi hizo furor en la Corte de Madrid, si hombres tan cercanos al CondeDuque como Quevedo y Saavedra Fajardo, se embarcaron en su traduccin o en
su directa emulacin. En 1631, podemos dar por sentada una autntica competicin cortesana para escribir obritas polticas en estilo lacnico; era una extraordinaria novedad y un nuevo lenguaje literario cortesano. No es difcil sospechar
maniobras polticas detrs de ese ansia de emulacin. La obra deba de ser del
agrado del Conde-Duque, quien aos despus llamar a Virgilio Malvezzi a
Madrid: escribir en estilo lacnico pareca resultar, en suma, un ventajoso ejercicio cortesano. En el entorno del Conde Duque, poltica y literatura andaban
de la mano, y ah se ha querido ver, en ocasiones, un paralelismo inverso con
la acogida dispensada a Marino en la corte francesa. En cualquier caso, el laconismo hispnico irradi desde la corte, donde ya se hallaba Virgilio Malvezzi
en 1636, y donde acabar ejerciendo funciones de cronista. Escritor admirado
desde la publicacin de Il Romulo, sin duda aspiraba a elevados puestos cortesanos en Madrid, cosa que conseguir con Il ritratto del privato politico cristiano:36 un elogio del Conde Duque que le abrir tambin las puertas de la corte
Habsburgo, donde, segn contar aos despus, se encontraba a sus anchas:
35. Alberto BLECUA y Jorge GARCA LPEZ, ed. cit., p. 71.
36. Eduardo TODA Y GELL, Bibliografia espanyola dItalia, Castell de Sant Miquel dEscornalbou: Imp. Vidal Guell, 1927-1931, III, p. 9, y Tommaso BOZZA, op. cit., p. 180.

El estilo de una corte: apuntes sobre Virgilio Malvezzi []

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Quivi ho goduto i giorni sereni, gli ozii felici, i negoci securi, gli studii premiati.37 No es, pues, arriesgado suponer que en 1630, apenas llegado don
Diego a Madrid, Il Romulo deba no slo estar de moda, sino ser del gusto del
astro dominante de la corte, el Conde Duque de Olivares. Eso explica que el
escritor aplicara de inmediato el procedimiento a la vida de Fernando el Catlico, obra escrita a lo del marqus Virgilio Malvezzi, dejando a un lado sus Introducciones a la poltica. Tampoco es arriesgado imaginar que estuviera al corriente
de la traduccin quevediana del Romulo, concluida, como sabemos, a finales
de la primavera de 1631.
Sin embargo, la impronta de la obra de Malvezzi en Saavedra Fajardo no se
limita a esa primera obra, indita, de 1631, sino que ser la base estructural y
literaria de su obra mayor, las Empresas polticas, publicadas por primera vez
en 1640 y rehechas con significativas diferencias en 1642.38 Ello hasta el punto
de que don Diego traslad pginas enteras de la Razn de estado del rey catlico don Fernando a los captulos de su nueva obra, encabezados por un emblema comentado. Todo indica, en suma, que la biografa poltica constituye la base
de las Empresas polticas; y por si fuera poco, la obra aparece acompaada por
una carta laudatoria de Herycius Puteanus, discpulo de Justo Lipsio, con la
cual don Diego cerraba el crculo del estilo lacnico, invocando como ndice
de calidad a su mismo apologeta europeo.39 De su comentario aristotlico a
la figura ideal del prncipe cristiano, la evolucin de Saavedra demuestra fehacientemente que esas biografas lacnicas fueron vehculos ideales de la tratadstica poltica.
Otro testimonio interesante en tal sentido lo constituye Pablo Mrtir Rizo,
escritor cortesano de libros polticos y biografas que mantena por entonces
relaciones de amistad con Francisco de Quevedo. No era la primera biografa
que escriba cuando a principios del verano de 1632 present a la aprobacin
su Vida de Rmulo. Como en otros casos, es interesante fijarnos en las fechas de
aprobaciones y dedicatorias, que en Mrtir Rizo delatan un conocimiento cercano de la traduccin de Quevedo. Pero ahora el problema se nos plantea con
paladina sencillez. No tenemos que descubrir ninguna relacin entre obras o
autores, simplemente debemos dejar hablar a Mrtir Rizo:
La alabanza con exceso que vi dar a un grande ingenio al Rmulo del marqus
Virgilio me dio a m motivos para escribir su vida, por ver si haba en Espaa
quien la pudiese igualar, porque segn el parecer de la persona que digo, ni
aun en el mundo se poda hallar obra que compitiese con la suya.40
37. Tomo la cita de Donald L. SHAW (ed.), V. MALVEZZI, Historia de los primeros aos del reinado
de Felipe IV, London: Tmesis, 1966, p. XI.
38. SAAVEDRA se retracta del tacitismo de la primera versin; vanse Jorge GARCA LPEZ, Saavedra y Quevedo: dos perfiles del seiscientos, La Perinola. Revista de investigacin quevediana, n. 2, 1998, p. 237-260, y Diego DE SAAVEDRA FAJARDO, Empresas polticas, ed. de
Sagrario LPEZ POZA, Madrid: Ctedra, 1999, p. 88-107.
39. Puede verse el texto en SAAVEDRA FAJARDO, Empresas polticas, ed. cit., p. 187-192.
40. Jos Antonio MARAVALL (ed.), Pablo MRTIR RIZO, Norte de prncipes y Vida de Rmulo,
Madrid: Centro de Estudios Constitucionales, 1988, p. 117.

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Jorge Garca Lpez

Ese grande ingenio y ese parecer de la persona que digo bien podra ser, en
mi opinin, el mismsimo Francisco de Quevedo, y si tal identificacin puede
suscitar alguna duda, la despeja el razonamiento desarrollado a continuacin,
donde el propio Mrtir alude a la traduccin de Quevedo: Dirn algunos que
ha sido exceso escribir yo materia que ha tratado tan gran varn, con aprobacin de tantos grandes ingenios y ahora mejorada en la traduccin de don
Francisco de Quevedo, que la habr dado nuevo lustre en nuestro idioma.41
Ahora el grande ingenio de que nos hablaba antes se ha convertido en la aprobacin de tantos grandes ingenios, y la obra de Mrtir parece no querer ir ms all
de la emulacin literaria servida con ejemplos de la Potica; pero cada afirmacin del prlogo acaba siendo una alabanza implcita de Virgilio Malvezzi,
motivo de aplauso general y objeto de competitiva emulacin, reiterado en
obras y prlogos posteriores hasta llegar al Discreto o El criticn.42
Vayamos, pues, a Baltasar Gracin. La obra del jesuita repite puntualmente el camino que acabamos de trazar, aunque de la obra lacnica escueta hemos
de pasar a ms amplios planteamientos literarios. Su produccin literaria se inicia con El hroe (1639, pero primera ed. 1637), prosigue con El poltico (1640)
y culmina con El discreto (1646). Ah es posible encontrar ya un primer paralelismo con Virgilio Malvezzi en la proyeccin de obras nunca escritas o finalmente rehechas con otros ttulos, ya que la biografa lacnica se revelaba como
un esquema literario de gran flexibilidad.43 Sin embargo, Gracin introduce
novedades que delatan al creador de raza. Si en los ejemplos anteriores de Quevedo o Saavedra Fajardo podemos deslindar el cuidadoso seguimiento de Virgilio Malvezzi, mediante la traduccin inmediata o la imitacin, en el caso de
Baltasar Gracin asistimos desde el comienzo a un evidente salto cualitativo: el
estilo lacnico ha encontrado a su hombre. En la prosa de Gracin percibimos,
de hecho, sin esfuerzo al escritor que se apropia de una frmula en boga y la
hace suya. Ejercicio a la altura de la categora y la idiosincrasia del aragons y
envite sin duda aplaudido en el ambiente de refinamiento intelectual que rodeaba a Lastanosa. Tal sucede con El hroe (1637), que ya desde el principio evita
el escueto planteamiento histrico para presentarnos un modelo humano que
constituye la generalizacin del pesimismo como norma de conducta; y, sin
embargo, por debajo de los entresijos del hroe gracianesco, se trasluce Malvezzi, que ya haba apostillado con tal sustantivo a su Rmulo romano (Algunos le dieron el nombre de hroe, la verdad lo llam Dios44), cosa evidente
para ciertos contemporneos, que colocaban El hroe junto a El poltico como

41. Jos Antonio MARAVALL, ed. cit., p. 118.


42. Barclayo [] apasionadamente condena a barbaridad la espaola llaneza en sus escritores nos dice en el prlogo A los lectores don Vincencio Juan de Lastanosa (aunque posiblemente escrito por el mismo Gracin). Vase Aurora EGIDO, ed. cit., p. 158-159.
43. Malvezzi quera escribir un ciclo literario sobre hroes de la antigedad romana, programa
comparable a algunas obras no escritas de Baltasar Gracin como, por ejemplo, el Ministro real. Vase Miguel BATLLORI, ed. cit., p. 175.
44. El Rmulo, ed. cit., p. 52.

El estilo de una corte: apuntes sobre Virgilio Malvezzi []

Quaderns dItali 6, 2001

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cualquier espejo de prncipes (as, por ejemplo, Salinas en la aprobacin de El


discreto).45 Que el hroe gracianesco surja con naturalidad de la meditacin literaria sobre Il Romulo, lo demuestra el cotejo entre la prosa del italiano y las
incomprensibilidades de caudal del mundo gracianesco: No deben los prncipes dejarse medir. Bajarse a la comparacin sin seguridad de vencer, es seguridad de perderse. Un no s qu ms que en los otros se desea en quien tiene un
no s qu ms que los otros.46 Es la prosa de Il Romulo, pero ya palpita la doctrina y el estilo de El hroe de Gracin.
Esa evidente cercana entre ambas obras la encontramos tambin en las
declaraciones de los contemporneos del aragons. Testimonios elocuentes son
dos cartas de don Juan Francisco Andrs de Uztarroz donde consigna, con
varios das de diferencia, sus impresiones de la lectura del Hroe. La primera
la enva a don Vincencio Juan de Lastanosa el 2 de septiembre de 1637, y en
ella da noticia de la publicacin del libro: Los das pasados me dio el amigo
Juan de Grriz El hroe de Lorenzo Gracin.47 La crtica all vertida contra el
estilo gracianesco parece opinin sincera, expresada en la intimidad epistolar,
aunque unida al deseo visible de no llevarla hasta el final. Por lo visto, al doctor Andrs de Uztarroz le dejaban perplejo las peculiaridades estilsticas de la
obra y utiliza a modo de navaja de Ockam el Dum brevis esse laboro horaciano:
porque siempre el estilo lacnico suele tener algunos celajes de obscuridad,
como lo advirti Horacio en su Arte potica: Dum brevis, etc.. En efecto, Uztarroz utiliza la cita horaciana no como piedra de toque del virtuosismo del nuevo
estilo, tal como har Saavedra al frente de sus Empresas polticas, en una suerte de torneo con la antigedad,48 sino como un juicio personal circunscrito al
crculo de Lastanosa. La actitud prevenida de Uztarroz hacia la primera obra de
Gracin, cuando despus firmar la aprobacin de algn otro libro suyo, como,
por ejemplo El poltico o El discreto, dice mucho sobre la novedad del estilo y
las dificultades que tuvo para afirmarse en un principio. La referencia horaciana era conquista de los modernos en el caso de Saavedra; un antdoto contra la nueva forma expresiva, en el de Uztarroz. Sin embargo, como nos declara
el mismo Gracin en el prlogo de El discreto: no echaron a perder Aristteles ni Sneca las dos lenguas, griega y latina, con su escribir recndito.49 El
Arte potica retroceda ante el ejemplo del Estagirita unido a modelos imperiales.
En la segunda epstola, fechada pocas semanas despus, el 22 de septiembre de 1637, Andrs de Uztarroz se dirige a don Francisco Jimnez de Urrea en
estos trminos:
45. Llama la atencin sobre el hecho Aurora EGIDO, ed. cit., p. 150, n. 9.
46. El Rmulo, ed. cit., p. 52.
47. Cito por Ricardo DEL ARCO, La erudicin aragonesa en el siglo XVII en torno a Lastanosa,
Madrid: Cuerpo de Archiveros, 1934, p. 94.
48. Y por tanto, atenindose al tpico humanista de antiguos y modernos. Vase el texto en
Sagrario LPEZ POZA, ed. cit., p. 176.
49. Aurora EGIDO, ed. cit., p. 159.

168 Quaderns dItali 6, 2001

Jorge Garca Lpez

Estos das ha publicado este caballero un librito, dedicndoselo al rey. El folio


es de 16, escrito a lo del marqus Virgillio Malvezzi.50

La cita suele esgrimirse para resolver la complicada cuestin de la dedicatoria


de esa primera edicin desaparecida de El hroe, que debe adjudicarse a Felipe IV,
como aqu nos asegura Uztarroz, o quiz al propio don Vincencio. Ms inters
tiene el remate de la cita, donde Andrs de Uztarroz identifica la simiente literaria
de El hroe en la prosa de Malvezzi (escrito a lo del marqus Virgillio Malvezzi).
Este recorrido a travs de las tempranas reacciones ante El hroe nos pone
sobre la pista de El poltico don Fernando El Catlico (1640): una obra con la que
Gracin celebr la figura histrica del fundador de la monarqua espaola, y que
es tambin admirable ejercicio retrico de prosa emblemtica, cuasi visual.51 En
su brillante exordio, donde el aragons nos muestra su posicin con respecto a
obras clsicas del gnero poltico, pone en evidencia, por ejemplo, la distancia
que lo separa de Jenofonte con argumentos esgrimidos desde comienzos de siglo.52
Pero si rechaza el ejemplo de Ciro, no har lo mismo con el de Rmulo: Fue
Rmulo prodigio de la capacidad y del valor; una referencia que a la altura de
1640 no poda entenderse sino como inequvoco elogio de la obra de Malvezzi,
quiz leda ya en la traduccin de Quevedo. La eleccin no es, por tanto, entre
dos ejemplos histricos, sino entre dos modalidades literarias del biografismo poltico: la dilatada abundancia de Jenofonte, autor tan caro a Machiavelli, y la poltica brevedad de Virgilio Malvezzi. Esa opcin literaria resulta todava ms evidente
si comparamos los textos del espaol y el italiano situndolos en paralelo.53
no tanto cuerpo de su historia, cuanto
alma de su poltica (Gracin, El poltico,
276a)

Fueron comnmente tan prodigiosos los


hechos de todos los fundadores, que las
narraciones dellos se juzgaron antes por
invenciones de la pica que por rigores
de la historia (Gracin, El poltico, 276b)
los suyos los imaginaron ms que hombres,
hasta inaugurarlos en dioses; los estraos,
echando por otro estremo, los tuvieron
por hroes fabulosos (Gracin, El poltico,
p. 276b)

los pasados fueron historiadores de su


vida [de Rmulo], nuestro autor de su
alma [] Llmase Rmulo, no Historia
u Vida de Rmulo (El Rmulo, p. 105,
prlogo de Quevedo A pocos)
los hechos de los prncipes tienen antes
otro cualquier semblante que el verdadero.
El contarlos como parecen tiene de lo
pico; como son, de lo satrico (El Rmulo,
p. 46)
Tiene el prncipe un no s qu ms que
hombre en la majestad del semblante, en
los ngeles que le defienden, en las
estrellas que le influyen. Algunos le
dieron nombre de hroe, la verdad lo
llam dios (El Rmulo, p. 52).

50. Miguel BATLLORI, Baltasar Gracin en su vida y en sus obras, Zaragoza: Instituto Fernando
el Catlico, 1969, p. 47, la cursiva es ma.
51. Vase el clsico y brillante estudio de Angel FERRARI, Fernando El Catlico en Baltasar Gracin, Madrid: Espasa Calpe, 1945.
52. Cfr. Miguel BATLLORI, ed. cit., p. 276b.
53. A fin de evidenciar las semejanzas entre los pasajes de Gracin y la versin de Quevedo,
como en los casos anteriores, cito la obra de Malvezzi por la traduccin quevediana del

El estilo de una corte: apuntes sobre Virgilio Malvezzi []

Quaderns dItali 6/7, 2001/2002

169

Este llamativo paralelismo, no sealado nunca antes, segn creo, converge


con el testimonio contemporneo de Andrs de Uztarroz y nos conduce al origen de esas primeras biografas de perfiles poltico-morales de Gracin, conformadas sobre el paradigma lacnico del Romulo malvezziano.
De forma complementaria, quiz no sea del todo ilcito ver en esas primeras obras de Baltasar Gracin la consciente emulacin de la lejana y extraa
corte castellana. En El hroe se impone una consciente variacin literaria en
cada uno de sus veinticinco primores, reunidos bajo un ttulo alusivo, descubriendo una manifiesta voluntad de variacin literaria. La biografa lacnica
poda tener desarrollos equivalentes o paralelos a los histricos o bblicos tan de
moda entre los escritores cortesanos de Madrid: Il Romulo, Marco Bruto, Davide perseguitato, etc. Esa voluntad de estilo y de hacer literatura, se multiplica en
El discreto, donde cada discurso se nos presenta como variacin dentro de un
gnero literario o retrico distinto. Razonamiento acadmico, Crisis, Apologa, y as hasta sus precisos veinticinco ejes del lucimiento discreto. Muy
poco discreto, por cierto, en su detallada y minimalista exuberancia, en su
misma consciente y evidente superioridad intelectual: veinticinco lecciones
para los escritores cortesanos que rodeaban al Conde-Duque, rendidos amantes del laconismo poltico. Y asimismo, microcosmos y manual de estilo. Leccin y norte, en suma, de una modalidad expresiva que se propona como
clasicismo literario. Malvezzi o Quevedo se queran o saban Lipsios o Tcitos en romance, y entre los novsimos maestros, acaso superior a sus modelos,
y an a los antiguos, el mismo Baltasar Gracin.
Virgilio Malvezzi no invent lo scrivere succoso, pero la va romance que
inaugur en Il Romulo se alz de inmediato como estandarte y ejemplo de un
estilo, a causa de una dilatada serie de aciertos paralelos y convergentes, que
hicieron de esa biografa puntal el eje sobre el que poda pivotar toda una visin
del mundo. En el caso espaol, el estilo lacnico y sentencioso se difunde a
travs de la circulacin de la obra malvezziana en la corte madrilea: fue un
estilo desarrollado a la sombra del grupo de intelectuales que rodeaba al Conde
Duque de Olivares. En un momento posterior, como estilo de xito, alcanzar ambientes ms amplios y gneros literarios tales como la historia (Saavedra
en su Corona gtica o Manuel de Melo en su Historia de la separacin y guerra
de Catalua), el relato culto (Gracin en El criticn) o, en fin, la didctica moral
(Gracin en su Orculo manual). En el principio de esa evolucin literaria, nos
encontramos con la biografa poltica malvezziana. Ms que un episodio lateral de la posteridad del ciceronianismo se revela, pues, como peldao necesario para clasicismos posteriores. Como en su tiempo delata el renombre europeo
de Virgilio Malvezzi, cuyas obras se degustaban con avidez. Y no menos la universalidad literaria de Baltasar Gracin.

Romulo en la brillante edicin de Carmen Isasi; indico directamente la pgina distinguiendo si se trata de texto traducido por Quevedo o aadido por l en forma de prlogo.

Quaderns dItali 6, 2001

171-184

El yo en los Canti: preliminares al estudio


de una instancia textual (II). El Discorso
di un italiano intorno alla poesia romantica
y el primer yo lrico leopardiano
Francisco Amella Vela
Universitat de Barcelona

Resumen
El artculo analiza algunas de las contradicciones internas del Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica para explicar la escisin del primer yo lrico leopardiano en la paradjica dualidad del fanciullo / vecchio. La cuestin se aborda a la luz de las modificaciones
que canzoni e idilli sufrieron a raz de la constitucin del libro de los Canti.
Palabras clave: Siglo XIX, crtica literaria, hermenutica, potica, representacin del yo
lrico.
Abstract
This article analyzes some of the inner contradictions in Leopardis Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica as a way to explain the split of the first Leopardian lyrical subject into the paradoxical duality of a fanciullo / vecchio self. This question is viewed from
the perspective of the rearrangement which canzoni and idilli went through when the Canti
were constituted for the first time.
Key words: 19th Century, literary criticism, hermeneutics, poetics, representation of the lyrical subject.

1
La distincin entre canzoni e idilli resulta algo abusiva y engaosa cuando se aplica a los Canti, pues presenta como operativa en ellos una distincin entre gneros de la que su autor prefiri prescindir.1
1. Luigi Blasucci ha indicado que la eleccin del ttulo Canti (en el que este trmino pierde
su carcter tcnico de composicin verbal acompaada de msica para indicar una pura
vocalit poetica) por parte de Leopardi constituye una verdadera innovacin allinterno delle
istituzioni poetiche italiane, da parte di un autore che le conobbe come pochi altri, y persigue la unificacin de los gneros lricos dentro del volumen. Tambin Franco Gavazzeni
se ha referido al hecho de que la negazione di categorie formali tradizionalmente connesse a metri particolari y el raccogliere sotto il titolo complessivo di Canti specie metriche
differenti constituyen la prima, drastica unificazione que Leopardi lleva a cabo al publicar por primera vez sus Canti. Cfr. respectivamente, Luigi BLASUCCI, I titoli dei Canti,

172 Quaderns dItali 6, 2001

Francisco Amella Vela

Es dato que no se recuerda nicamente por escrpulo de rigor o tempestividad terminolgicos, sino por sealar la relevancia de ciertos rasgos estructurales del cancionero leopardiano: remitir, en referencia a l, a la neta distincin
entre canciones e idilios equivale a mantener vigente el carcter de rgida alternativa que caracteriz los primeros proyectos editoriales de nuestro autor, pero
que es ajena al espritu de los Canti; por el contrario, la suspensin de las categoras genricas restablece para el lector, y para el poeta antes que para ningn otro lector la compatibilidad de experiencias poticas en apariencia
inconciliables (y tradicionalmente as sentidas).
Es muy cierto que la opinin del propio autor acerca de la compatibilidad
de ambas experiencias poticas deja entrever, en ciertos momentos, fuertes
reservas, cuando no un manifiesto escepticismo: es lo que se desprende del
hecho de que las diera a conocer como lneas creativas independientes, antitticas en su misma pariteticidad,2 en las series mutuamente excluyentes instituidas por las ediciones boloesas de las Canzoni (1824) y de los Versi (1826).3
Y sin embargo, los Canti nos muestran ambas experiencias como conciliables. Por una parte, como hemos dicho, quedan abolidas las referencias a los
gneros lricos (convertidas ahora todas las composiciones en cantos), y entrecruzados, en cierta medida, esos mismos textos que las ediciones boloesas
haban separado por gneros. Por otra, en el plano estilstico, la constitucin del
libro de los Canti supone la modificacin, en grados diversos, de dichos textos,
modificaciones tendentes a adecuarlos a los nuevos criterios formales que sucesivamente irn determinando la conformacin del volumen, y a hacerlos, ante
todo, ms prximos entre s de lo que, en realidad, ya eran.
En realidad, decimos: porque a pesar de las obvias diferencias que las distinguen, entre una y otra serie es posible percibir influencias recprocas. Se ha
Napoli: Morano, 1989, p. 165-166; y Franco GAVAZZENI, Lunit dei Canti: varianti e
strutture, en Feconde venner le carte. Studi in onore di Ottavio Besomi, Casagrande: Bellinzona, 1997, p. 447.
2. A la pariteticit delle due esperienze se refiri Domenico DE ROBERTIS en Il sistema della
poesia, en Giacomo LEOPARDI, Canti, edizione a cura di Giuseppe e Domenico DE ROBERTIS, Milano: Mondadori, 1978, p. xxxi.
3. Respecto al volumen de las Canzoni, el de los Versi constituye un proyecto editorial enteramente distinto: a diferencia del principio cronolgico que organiza el precedente proyecto editorial, el criterio antolgico que organiza los Versi es precisamente la variedad de
estilos y gneros. Con todo, el nuevo proyecto editorial se presenta como continuacin de
la obra presentada en la edicin de 1824, tal como puede leerse en el prefacio de gli editori a chi legge: Abbiamo creduto far cosa grata al Pubblico italiano, raccogliendo e pubblicando in carta e in forma uguali a quelle delle Canzoni del conte Giacomo Leopardi gi
stampate in questa citt, tutte le altre poesie dello stesso autore, tra le quali alcune inedite,
di cui siamo stati favoriti della sua cortesia. Lo mismo se desprende de la explcita referencia del poeta a un proyecto, finalmente no realizado, de edicin de las Opere del conte
Giacomo Leopardi, del que informa a su hermano Carlo en carta fechada en Bolonia el 9
de noviembre de 1825, en la que le pide que le remita, a efectos de dicha publicacin, diversos manuscritos que se encontraban en Recanati. En ambos casos queda claro que Canzoni y Versi constituyen dos obras autnomas, que slo pueden ser reunidas en un mismo
volumen a condicin de que ste sea de carcter compilatorio.

El yo de los Canti: preliminares al estudio de una instancia []

Quaderns dItali 6, 2001 173

sealado cmo la experiencia idlica contribuy a disolver la rigidez estructural de las canciones, prestndoles una mayor concinnitas y afianzando, tambin en ellas, el empleo del endecaslabo libre (una de las constantes estilsticas
de los idilios),4 que vendr as a constituirse en marca potica referencial.5
Estos hechos bastan probablemente para explicar la solidaridad que, al constituir
los Canti, el propio Leopardi percibi (o, siempre bien consciente de ella, decidi potenciar) entre unos textos y otros, portadores de afinidades ms o menos
recnditas.
Es cierto, en cualquier caso, que las afinidades que acabamos de sealar se
hacen manifiestas tras una lectura, ms que atenta, capilar, y que a primera
vista no resulta en absoluto sencillo concebir en qu trminos pudieron coexistir
textos verdaderamente tan diversos, no ya en los Canti (donde las intervenciones del autor actan, como se ha indicado, en el sentido de una cierta homogeneizacin formal), sino en el nimo mismo del poeta, en la poca de su
composicin. Pues, en efecto, no deja de resultar sorprendente que la stagione idillica conviva, o por lo menos coexista (pues a fin de cuentas se trata de
coexistencia, por ms que el problema pueda legtimamente plantearse en trminos de alternativa) con la de las canzoni, coexistencia que se traduce en una
especie de sorprendente desdoblamiento compositivo que nos muestra al poeta
disponible a experiencias tan diferentes que ms que presentarse como complementarias se diran antagnicas.
2
No hay verdadera homologa entre las divisiones internas que solemos establecer dentro de los Canti y las fases de la carriera poetica de Leopardi. Sin
duda alguna, a los Canti se les debe reconocer un valor antolgico, pues reunen prcticamente toda la produccin, y lo ms granado y caracterstico, del Leopardi autor lrico. Mas la relacin de especularidad vida-obra en la que se ha
basado buena parte de las interpretaciones de los Canti no deja de resultar inadecuada si no se la matiza y maneja con cautela.6
4. Endecasillabo sciolto, per chi abbia letto la poesia leopardiana anteriore al 22, significa
automaticamente idilli. E in effetti i critici hanno messo in rilievo gli influssi che dal ciclo
idillico (conclusosi, si ricordi, solo nellestate-autunno del 21) si riverberano sulle canzoni.
Cfr. Marco SANTAGATA, Quella celeste naturalezza. Le canzoni e gli idilli di Leopardi, Bologna: Il Mulino, 1994, p. 68.
5. Cfr. bid., p. 67-68.
6. Aun a riesgo de parecer inmodesto, me permito remitir al lector de estas pginas a la primera
parte de este trabajo, publicada en el nmero anterior de Quaderns dItali, donde me refiero, con una cierta amplitud, a esta cuestin. En definitiva, y lejos de rechazar la pertinencia de una consideracin biogrfica de la obra leopardiana (o de la de cualquier otro autor),
el propsito que me mueve es el de sealar la conveniencia de no reducir la instancia textual
del yo lrico a una identificacin con la figura del poeta, ya se trate del poeta-hombre, ya
del poeta-escritor (cual emerge de una lectura como la que realizara en su momento Giuseppe de Robertis), para avanzar en la interrogacin del texto y todos sus sentidos plausibles
a la luz del sujeto potico que genera el propio discurso lrico.

174 Quaderns dItali 6, 2001

Francisco Amella Vela

Atendiendo a los datos biogrficos, la crtica no ha podido dejar de constatar que en la historia de la escritura leopardiana hay un corte que permite
establecer una primera escansin en la actividad literaria de nuestro autor: el
corte introducido por el silencio en el que desemboca la poesa leopardiana en
1823, prolongado hasta 1828.7 La fecha de 1823 se nos impone por su misma
evidencia como la del extremo inferior que delimita esta primera fase o
etapa de la poesa leopardiana, y la de 1828 como la del inicio de la fase sucesiva. Entre una y otra fecha, cinco aos de un silencio que, en s mismo, nada
nos impide considerar como una verdadera fase de la poesa leopardiana; o
como un elemento integrante y necesario de dicha primera etapa, por ser en
realidad dicho silencio el de la lrica la modulacin en timbres de prosa de
la voz del poeta, la experiencia del primer gran desengao que har que esa
voz madure y se haga ms profunda.
Sin embargo, si no podemos dejar de sealar la existencia y el sentido de
ese sintomtico silencio, habremos de convenir tambin que en los Canti no se
da silencio alguno, y que una cosa es interpretar en Il risorgimento las alusiones
a cierto periodo de letargo (o de muerte simblica), potico y existencial, como
elipsis temporal en la historia narrada en los Canti (en cuyo caso, quin es
el sujeto de tal historia?), y otra distinta leerlas como referencia a los datos biogrficos del autor (pero esa es, por cierto, otra historia).
Menos evidente es la fecha de inicio de la actividad potica del Leopardi maduro; y querer certificarla recurriendo a los Canti complica, ms que
resuelve, el problema. Pareciera que los Canti fijan un trmino a quo: el del
ao 1816, en que fue compuesta la cntica Appressamento della morte, la
composicin ms temprana de las promovidas a cantos. Pero, en rigor, los
versos de la cantica que se convierten en el fragmento XXXIX de los Canti
constituyen, en s mismos, un texto tardo. Il primo amore es tambin texto
precoz (1817), pese a lo cual en los Canti aparece colocado no slo despus
de las canciones patriticas de 1818, sino detrs tambin de las escritas entre
1820 y 1822: no en vano Leopardi lo corrigi ampliamente de cara a su
inclusin en la edicin de los Versi, y an habra de conocer nuevas enmiendas.
No parece, por lo tanto, que el ordenamiento de los Canti est subordinado a la cronologa de composicin, por lo menos en lo que se refiere a las piezas ya existentes cuando los Canti ven la luz. Y si bien dicho ordenamiento no
impedira postular la configuracin, precisamente, de dos bloques sucesivos
canzoni-idilli, la misma historia editorial de los Canti parece indicar en cualquier
caso la mayor pertinencia de criterios distintos del de la adecuacin a las fechas
de composicin o de la biografa del poeta para explicar la estructura conferi7. Como es sabido, despus de componer el Inno ai Patriarchi, en julio de 1822, Leopardi
dejar de escribir poesa durante ms de un lustro, si exceptuamos Alla sua donna, de septiembre de 1823, los versos del coro de los muertos del Dialogo di Federico Ruysch e delle
sue mummie, y la epstola Al conte Carlo Pepoli, escrita en 1826: en total, apenas (!) 245 versos en casi seis aos.

El yo de los Canti: preliminares al estudio de una instancia []

Quaderns dItali 6, 2001 175

da al libro y las razones de inclusin, exclusin, reelaboracin o recolocacin


en el mismo de las lricas que lo componen.8
As pues, 1816 y 1823 sern, respectivamente, las fechas de inicio y clausura de la primera fase de la lrica leopardiana, mientras que en los Canti los
momentos de inicio y final de una primera fase se encuentran, a su vez,
en AllItalia y en Al conte Carlo Pepoli. Quedara entonces por establecer, a propsito del problema de las fechas, de la historia de la lrica leopardiana y de la
historia de los Canti, qu sentido haya que darle al trmino fase, o etapa,
quizs no por fuerza esencialmente cronolgico.
3
As pues, cuntas etapas se cierran en la carrera potica de Leopardi en 1823?
O, en otras palabras, los diversos gneros practicados por Leopardi a lo largo
de esos siete aos que van de 1816 a 1823 (la cantica, la cancin, el idilio, la elega), constituyen una sola y la misma fase? O, si queremos, una sola y la
misma experiencia potica?
En realidad, y a pesar de las evidentes diferencias existentes entre una y
otra, ambas experiencias lricas (canzoni y, ms genricamente, idilli) tratan de
responder a las exigencias planteadas por Leopardi en su Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica (de marzo de 1818) a quienes aspirasen a llamarse poetas, vale decir, en primer lugar, a s mismo.
Las palabras conclusivas de dicho discurso incitaban a la juventud italiana a devolver a la patria su primaca en el terreno de las artes y las letras y a
resucitar en el degradado siglo presente el espritu de la edad antigua.9
Este regeneracionismo programtico que impregna todo el Discorso no
se limita, sin embargo, a la contempornea situacin italiana (dramtica, en
opinin de nuestro autor), aunque haya de aplicarse a ella con urgencia. De
acuerdo con el Discorso, la degradacin sobre la que Leopardi querra ver resurgir a la Italia de su tiempo es el resultado del inevitable (o sea histrico) empobrecimiento vivencial del hombre, empobrecimiento que nace de la mengua
de su imaginacin y su sensibilidad y del correlativo incremento de sus facultades intelectuales. En este sentido, uno de los muchos reproches que Leopardi
dirige a los romnticos en las pginas de su discurso es el de estar contribuyendo a reducir el horizonte de las experiencias del hombre moderno al querer limitar el espectro de la sensibilidad humana a la mera sentimentalidad o a

8. A propsito de la pertinencia del criterio cronolgico como principio organizador en los


Canti, cfr. Claudio COLAIACOMO, Canti, di Giacomo Leopardi, en Letteratura italiana. Le
opere, vol. III. DallOttocento al Novecento, Torino: Einaudi, 1995, p. 266: Leopardi non si
sent particolarmente legato n allordine cronologico di composizione (e con esso allidea
di un parallelismo tra biografia reale e finzione poetica), n allordinamento (peraltro anche
questo in larga misura rispettato) dei precedenti blocchi poetici (canzoni e idilli).
9. Cfr. Giacomo LEOPARDI, Cantos, edicin bilinge de Mara de las Nieves MUIZ MUIZ,
Madrid: Ctedra, 1998, p. 99.

176 Quaderns dItali 6, 2001

Francisco Amella Vela

la melancola (lo melanclico pattico), con la consiguiente reduccin de todos


los gneros poticos al solo pattico:
Ma quel ridurre pressoch tutta la poesia ch imitatrice della natura, al sentimentale, come se la natura non si potesse imitare altrimenti che in maniera
patetica; come se tutte le cose rispetto agli animi nostri fossero sempre patetiche, come se il poeta non fosse pi spinto a poetare da nessuna cosa eccetto
la sensibilit, o per lo meno senza questa; come se non ci fosse pi gioia non
ira non passione quasi veruna, non leggiadria n dolcezza n forza n dignit
n sublimit di pensieri; non ritrovato n operazione veruna immaginativa
senza un colore di malinconico; questa cosa con che nome si dee chiamare?
Dunque le cetre dei poeti avranno per lavvenire una corda sola? E ciaschedun
poema assolutamente e tutti rispettivamente saranno unisoni? dunque non ci
saranno epopee, non canzoni trionfali, non inni non odi non canti di nessuna sorta se non patetici? [] dunque Omero non fu poeta? o vero fu (come
parve a molti che fosse), ma non pi? o vero poeta e sar, e diletta e diletter supremamente, ma nessun poeta moderno dee cantare in quella forma?
Ora come sar disdetto ai poeti il cantare nella forma di Omero e di Pindaro
e in breve degli antichi, finattantoch gli antichi diletteranno? [939a].10

Se comprende, pues, que tanto el cultivo de un gnero fuertemente retrico


como el de las canciones, cuanto la disponibilidad de Leopardi a practicar
en un mismo periodo (1818-1823) gneros diversos (canzoni e idilli), ms all
de la exhibicin juvenil del talento y an del virtuosismo, pretendan ser en
su momento, la fiel aplicacin del programa enunciado pocos meses antes en
el indito Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica.11
La lirica (poesia civile eloquente) per lappunto un esempio di quella poesia
non-sentimentale di cui bisogna dotare lItalia. Le canzoni patriottiche sono
la risposta allesigenza di una poesia moderna che recuperi i generi del passato espressa nel Discorso.12

Entre los autores italianos antiguos, Petrarca se alza en toda su estatura de


maestro de nobles y no unsonas pasiones, y como modelo de una poligrafa
sabiamente puesta al servicio de una sentimentalidad grande en todos los sentidos. El propsito que animar la produccin lrica leopardiana en los aos
que siguen a la redaccin del Discorso, y que orientar la recuperacin de
algunas de las composiciones compuestas antes de esa fecha, ser por lo tanto
el de demostrar

10. Se cita a partir de la edicin Giacomo LEOPARDI, Tutte le opere, a cura di Walter BINNI y
Enrico GHIDETTI, Firenze: Sansoni, 1985. La indicacin corresponde al nmero de la pgina y a la relativa columna.
11. Cfr. Mara de las Nieves MUIZ MUIZ, Cantos, op. cit., p. 99.
12. Cfr. Marco SANTAGATA, Quella celeste naturalezza. Le canzoni e gli idilli di Leopardi, op. cit.,
p. 51.

El yo de los Canti: preliminares al estudio de una instancia []

Quaderns dItali 6, 2001 177

come la lettura moderna, anche romantica quindi, di un Petrarca sentimentale [] potesse essere finalizzata alla proposta di un moderno petrarchismo,
sentimentale non in senso psicologico, ma in senso retorico. Un petrarchismo, cio, che lungi dallessere imitazione o anche solo ripresa di una maniera, testimoniasse la vitalit di una poesia civile che coniugava eloquenza e
affettivit, stile e cuore.13

Si en el Discorso denunciaba la infelicidad del hombre por causa del progreso, Leopardi querr ofrecer a los italianos el remedio de las pasiones fuertes,
puras, intensas, como las que se viven por vez primera: las que experimentaron
los primeros hombres, o las que experimenta todo hombre, antiguo o moderno, en la infancia y la primera juvenud. Esas pasiones debe imitar, y por ende
suscitar en el lector, la poesa, a la cual se le asignaba en el Discorso la funcin
de salvaguardar y transmitir quanto di antico ancora sopravvive nel moderno e quanto di fanciullesco nelladulto.14
Es en este punto donde cabe preguntarse en qu medida la primera poesa leopardiana, que es la historia de cmo un poeta che crede fervidamente nella poesia possa ridursi al silenzio,15 consigui realizar todas las aspiraciones
que el joven poeta confiaba poder satisfacer. Puede el lector experimentar en
sus versos la plenitud de la comunin con la naturaleza? Leyendo las composiciones de esa primera stagione leopardiana se tiene por el contrario la impresin de que tal estado ya sea recuerdo de la infancia individual, ya sea recuerdo
del poder de la poesa entre los antiguos pertenezca a un pretrito que
ms que remoto es un tiempo mtico o, peor an, que debe ser identificado
con un tiempo fabuloso en el que hipotticas ruinas del futuro igualaran a las
del pasado (con las que se abre la primera de las canzoni, y que volvemos a
encontrar en Ad Angelo Mai), ruinas en las que la naturaleza recobra lo que la
civilizacin le ha arrebatado, pero entre las cuales no hay rastro ni vislumbre de
presencia humana:
Tempo forse verr challe ruine
Delle italiche moli
Insultino gli armenti, e che laratro
Sentano i sette colli e pochi Soli
Forse sien volti, e le citt latine
Abiter la cauta volpe, e latro
Bosco murmurer fra le alte mura
(A un vincitore nel pallone, vv. 40-46).

13. bid., p. 53.


14. bid., p. 7.
15. bid., p. 16.

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Francisco Amella Vela

4
Alla Primavera constituye uno de los ejemplos ms claros de esta imposibilidad por parte del hombre moderno de recuperar, ni siquiera por intercesin
de la poesa, la dimensin de lo natural.
Es interesante observar cmo la primera intervencin del yo narrante, al
que vemos en los ltimos versos de la primera estrofa caracterizado como
anciano prematuro (ed anco, Primavera odorata inspiri e tenti Questo gelido cor, questo chamara Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?), da paso al
comienzo de la segunda estrofa a la alusin a una situacin que cabe suponer
general (con sustitucin de la primera por la tercera persona: vivi e il disueto
orecchio Della materna voce il suono accoglie?), para transformarse en los versos
finales de la cancin en una primera persona plural que no deja dudas sobre
su carcter de experiencia colectiva (Ma non cognato al nostro Il gener tuo
[] Tu le cure infelici e i fati indegni Tu de mortali ascolta, Vaga natura, e la
favilla antica Rendi allo spirto mio; e tu pur vivi, E se de nostri affanni Cosa
veruna in ciel, se nellaprica Terra salberga o nellequoreo seno Pietosa no, ma
spettatrice almeno), por ms que el yo lrico no llegue a confundirse exactamente con ese nosotros.
Presentar la situacin del yo lrico como afn a la de sus lectores (o, en
cualquier caso, a la de sus contemporneos) es un modo de conjurar la proclividad de ese yo a presentarse como referente nico del discurso potico:
y es que la affettivit, el cuore exigen una constante vigilancia, para no
arrastrar el dictado potico a la sima del patetismo romntico, lmite ste siempre demasiado prximo y tentador para el hombre y el poeta moderno:
la soluzione patetico-sentimentale delle canzoni patriottiche portava a una
impasse. Pi in l del patetismo addolcito delle due [canzoni] rifiutate Leopardi non poteva spingersi. Se non altro, perch quel tipo di petrarchismo
comportava che il discorso lirico si impostasse su un io onnipresente, che
per sua natura tendeva a scivolare dalla funzione di elocutore a quella di protagonista e di soggetto di discorso. La storia successiva delle canzoni dimostra
che molto presto Leopardi si svincola dallipoteca di quellio che tutto filtra
attraverso la soggettivit autobiografica per tendere a un noi, a un punto di
vista collettivo, che consenta unanalisi filosofica, cio esterna e obiettiva,
della realt. Senza oggettivazione del discorso non ci sarebbero state neppure
la canzoni civili.16

Si las canzoni, pues, reflejan la voluntad de Leopardi de proponer una reflexin de alcance universal, capaz de superar un subjetivismo reducido a individualidad, en las composiciones que integran el volumen de los Versi (idilios
y elegas) la senda embocada difcilmente puede percibirse como distinta de
la del autobiografismo, real o fingido.

16. bid., p. 57.

El yo de los Canti: preliminares al estudio de una instancia []

Quaderns dItali 6, 2001 179

La pregunta se impone por s sola: cuando canciones e idilios pasan a integrarse en los Canti, puede decirse que una de esas dos instancias, la individual o la colectiva, prevalece sobre la otra? No aventuraremos una respuesta
rotunda, que no slo superara las lmitaciones de un discurso sobre los preliminares al estudio de una figura textual, sino que no puede darse sin esclarecer antes cul de ellas predomina en el conjunto de los cantos, y cmo debe
interpretarse que lo haga. Y an entonces habra que determinar si la instancia
textual que gana en protagonismo cambia o permanece idntica a s misma de
un extremo al otro del libro.
S podemos, en cambio, indicar por ahora lo siguiente: la incorporacin,
en 1835, de Il passero solitario, precisamente en esa zona inicial de los Canti
en que a partir de 1831 conviven canzoni e idilli, parece indicar la acentuacin del carcter excepcional (por su marginalidad) del yo lrico. Hay que
determinar su peso especfico: si contradice o desmiente, y en qu medida lo
hace, la dimensin de lo colectivo, la eficacia del nosotros (y no slo en el
primer segmento de los Canti, sino en el conjunto de la obra).
Recordemos que lo que singulariza a este yo lrico es su naturaleza paradjica: protagonista y espectador a un tiempo, sabedor de su destino e incapaz de toda accin, joven, en fin, a la vez que viejo. Sorprende constatar que el
germen de esta naturaleza contradictoria se encuentra, en realidad, en el Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Mejor dicho: que el Discorso
mismo nace de la paradoja que rene en el hombre moderno al joven y al
anciano, y ello pese al empeo puesto por Leopardi en negarlo.
Aunque tal vez no resulte inmediatamente evidente, la argumentacin
leopardiana del Discorso incurre en contradiccin al sostener que el incremento de la razn es responsable del debilitamiento de la facultad imaginativa y un obstculo para su restablecimiento, al tiempo que estima imprescindible el conocimiento de los clsicos (maestros, pues, no slo de poesa,
sino tambin de vida, en tanto que depositarios de las claves de la comunin
con la naturaleza) para que el poeta moderno pueda dar cumplimiento a la
tarea que se le encomienda en el Discorso. Como ha sealado Vincenzo De
Caprio,17 esta contradiccin deriva, en realidad, de la inicial inadvertencia
leopardiana de la incompatibilidad entre las dos lneas que articulan sus reflexiones sobre la poesa de 1816 a 1818: la proclamacin del carcter inmutable de la poesa y el reconocimiento de la especificidad de la poesa moderna. Esta inadvertencia se descubre manifiesta y potenciada en el carcter
paradjico del studio que Leopardi encarece a quienes aspiran a llamarse
poetas: en tanto que instrumento necesariamente arte factum para la recuperacin de la espontaneidad del homo ignorans, la necesidad del estudio es
el indicio ms claro de la condicin plenamente reflexiva del hombre moderno, pues supone la clara consciencia de la distancia que separa al moder17. Cfr. Vincenzo DI CAPRIO, Senso della tradi,zione e poesia moderna in Giacomo Leopardi, en Letteratura e critica. Studi in onore di Natalino Sapegno, Roma: Bulzoni, 1974,
p. 607-629.

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no, sabedor y precisamente estudiado, del antiguo, ignorante y espontneo.


Correlativo al de studio, el trmino senno hace, como aqul, su aparicin
en las reflexiones del Zibaldone que preceden a la redaccin del Discorso; con
l se quiere aludir a la conciencia que el poeta moderno tiene de su condicin
de poeta no natural:
Ma adesso larte venuta in un incredibile accrescimento, tutto arte e poi
arte, non c pi quasi niente di spontaneo, la stessa spontaneit si cerca a tutto
potere ma con uno studio infinito senza il quale non si pu avere [] Questo
avviene perch ora si viene da un tempo corrotto (oltrech si sta pure tra corrotti) e bisogna porre il pi grande studio per evitare la corruzione, principalmente quella del tempo la quale prima che abbiamo pensato a guardarcene s
impadronita di noi, e poi quella dei tempi passati, perch adesso conosciamo
tutti i vizi delle arti e ce ne vogliamo guardare, e non siamo pi semplici come
erano i greci e i latini e i trecentisti e i cinquecentisti perch siamo passati pel
tempo di corruzione e siamo divenuti astuti nellarte [] E per abbiamo
molto pi senno e arte che gli antichi, i quali per questo cadevano in infiniti
difetti (non conoscendoli) in cui adesso non cadrebbe uno scolaro.[4]18

Al igual que sucede con studio (senno y studio vendran a ser los dos momentos de una misma circunstancia: el primero sera, en particular, la lucidez respecto a la propia condicin; el segundo, que nace de aqul, el remedio prescrito
por la razn), el espesor de este concepto radica en su ambivalencia, ya que si
ha sido precisamente el senno, es decir el incremento de discernimiento potico, lo que ha llevado a los poetas a la sofisticacin y al artificio (como en el
caso de esos romnticos que quieren hacer de la poesa tuttuno colla metafisica y convertir en materia de poesa el desvelamiento de los ms recnditos
lugares del alma), tambin es el senno lo que les permite advertir cunto se han
desviado del commercio co sensi y corregir tal desviacin en aras de una
poesa que restablezca el vnculo del ser humano con la naturaleza.
Como ha indicado De Caprio,19 es este concepto de senno el que comincia a far progredire il classicismo leopardiano verso una direzione nuova; ante
todo porque el carcter paradjico que acabamos de reconocer en l implica
la reorganizacin conceptual del sistema de contrarios caracterstico del pensamiento leopardiano: si la oposicin, hasta este momento, haba sido la usual
en mbito neoclasicista, o sea natura / arte como equivalente a naturalezza /
artificio, a partir de ahora la oposicin verdaderamente operativa va a ser inconsapevolezza / senno; de una argumentacin en trminos formales se pasa a un
planteamiento que se resuelve en una dimensin no formalista.
Advirtamos, sin embargo, que si Leopardi encuentra la manera de abandonar la fe clasicista en el dogma de un aprendizaje tcnico (entendido como
18. Se cita de la edicin BINNI-GHIDETTI anteriormente referenciada. Como es costumbre, la
indicacin numrica corresponde a la de la pgina del original leopardiano.
19. Cfr. DE CAPRIO, op. cit., p. 620 y 626.

El yo de los Canti: preliminares al estudio de una instancia []

Quaderns dItali 6, 2001 181

mera aprehensin y reproduccin de la forma antigua) capaz de garantizar la


equiparacin con los modelos antiguos, logrando as imprimir un giro antropolgico a sus reflexiones en torno a la poesa, ello se debe a que en las mismas pginas en las que aparecen los dos trminos definitorios de la conciencia
reflexiva del poeta moderno nuestro autor ha introducido tambin, quasi
marginalmente, non molto di pi che un semplice paragone esplicativo, otro
par opositivo que ser lasse portante di tutta la speculazione leopardiana per
un lungo periodo, el binomio fanciulli / vecchi, que se convertir en la piedra de toque del Discorso y en el elemento antropolgico que explica la originalidad de la postura leopardiana en el debate italiano entre romnticos y
neoclasicistas.
Es su carcter natural (natural por contraposicin al carcter cultural
de los conceptos antiguo / moderno) lo que convierte a la oposicin fanciullo
/ vecchio en la matriz conceptual en virtud de la cual es posible explicar en trminos de degeneracin la oposicin entre la poesa antigua y la moderna y,
ms en general, entre la condicin de sujeto antiguo y la de sujeto moderno
(en definitiva, el carcter degenerativo de todo proceso natural, concepto al
que Leopardi asimila el devenir de la historia); y a partir de la cual, por va
metafrica, recuperar y vivificar la trillada oposicin entre la primavera y el
invierno de la vida.
Cabra esperar, no obstante, que la aparicin de este binomio, precisamente
porque remite a una experiencia humana de validez universal (Ma che vo io
cercando cose [] poco note, potendo dirne una [] notissima a chicchessia,
della quale ciascuno [] mi debba essere testimonio? Imperocch quello che
furono gli antichi siamo stati noi tutti [] dico fanciulli e partecipi di quella
ignoranza []),20 que introduce en la teorizacin leopardiana una coordenada previa por su naturaleza a toda especulacin sobre las formas artsticas,
tendra que abrir un resquicio a la posibilidad de una poesa moderna fruto
de la recuperacin directa de la ignorancia infantil, esto es, una poesa exenta de la mediacin que supone el estudio de los textos antiguos; Leopardi, por
el contrario, insiste en el carcter inexcusable de este aprendizaje.
Entre la vivencia infantil de la condicin natural y el proceso de desnaturalizacin al que la educacin somete a todo individuo, existe, no obstante su
antagonismo, un punto de interseccin que explica por qu el poeta moderno
necesita recuperar el imaginario de los antiguos. Este particular universo de
representaciones, en cuanto acervo de lecturas tempranas, queda asociado a la
experiencia misma del entusiasmo del fanciullo y, por lo tanto, se convierte en
el instrumento ms efectivo para que el adulto el sujeto moderno pueda volver a situarse en la perspectiva de lo primitivo infantil: en las imgenes de los
antiguos, lo primitivo-infantil y lo primitivo-antiguo coinciden, y la inclinacin
natural a lo primitivo encuentra, por eso mismo, doble satisfaccin; aunque
dicha satisfaccin constituya, en s misma, una experiencia de cultura.
20. Cfr. Giacomo LEOPARDI, Tutte le opere, op. cit., vol. I, p. 919b.

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Una experiencia, en consecuencia, paradjica, pues siendo como es demostracin de una plenitud primigenia, sita no obstante dicha plenitud en un
pasado doblemente mtico (porque se asocia a los mitos antiguos y porque pertenece a un tiempo irrecuperable): por ello Leopardi no puede dejar de repetir
que la civilizacin moderna aleja necesariamente al ser humano de su naturaleza
primera, privndole, en ltima instancia, de la capacidad para expresarla.
El studio es la prueba palmaria de que la forma antigua no es directamente transmisible ni sencillamente imitable: lo que posibilita el retorno a la
condicin de primitivismo es la experiencia de la poesa antigua a travs de su
estudio concienzudo y de su recreacin, y tal experiencia adquiere su valor, en
realidad, en cuanto reviviscencia de dicha condicin de primitivismo.
Aqu es, entonces, donde el estudio descubre su naturaleza oximrica. Viene
a ser como una esclusa cultural: como incremento de lo intelectivo incapacita
para usar la palabra originaria; pero en cuanto va de discernimiento, hace posible el reconocimiento de la palabra potica genuina y su re-creacin.
La diferencia entre los antiguos poetas y los modernos existe, y no se reduce a la desviacin romntica en el plano de lo potico: a fin de cuentas, tambin los anti-romnticos son individuos modernos. Pero al llevar el debate
entre unos y otros al terreno de la condicin humana, Leopardi no hace sino
ahondar la fractura que los separa. La insistencia del recanatense en la necesidad del estudio no es, por lo tanto, una mera rmora del formalismo clasicista, antes bien la consecuencia inevitable de la contradictoriedad misma de su
fe en la posibilidad de un retorno ad origenes: una vez se ha situado la meta
del retorno en una condicin de primitivismo que convierte en equivalentes
ignorancia infantil y espontaneidad primitiva (o viceversa, espontaneidad infantil e ignorancia primitiva), la superacin de la condizione artificiata delluomo moderno slo es posible afirmarla en el plano de la fantasa, y no en el
de la razn, donde el engao no es posible.
Es oportuno observar en este punto que los trminos en que quedan definidas la condicin del primitivo-fanciullo y del moderno-vecchio son los mismos en que apenas un ao despus de la redaccin del Discorso ser definida la
nocin de lo infinito. Recordemos, recurriendo a la formulacin de Luigi Blasucci, que lo infinito para Leopardi es fruto o bien de la ignorancia o bien de
la ficcin imaginativo-fantstica. En una situacin natural, la ignorancia de
los lmites ciertos del mundo vendra a ser la condicin necesaria, el correlato
psicolgico, de la infinitud supuesta del mundo; en la situacin artificiata
en la que se encuentra el individuo moderno a causa del conocimiento que le
ha procurado la razn cientfica, el mundo ha dejado de ser infinito, y slo a
travs de la ficcin fantstica es posible concebirlo an como indefinido (en
la medida en que sus lmites no siempre pueden ser fijados con precisin). Es
decir, que slo merced a un acto de autoengao consentido puede el ser humano moderno volver a situarse en la perspectiva del homo ignorans, perspectiva
que de otro modo le est vedada.
La tarea que Leopardi le encomienda a la poesa es, as pues, la rottura
fantastica della condizione artificiata delluomo moderno mediante el ritor-

El yo de los Canti: preliminares al estudio de una instancia []

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no fantastico a la plenitud primordial; la poesa, sin embargo, como l mismo


declara al inicio del Discorso, puede solamente inducir el engao de la imaginacin, no el del intelecto, que no puede borrar de s lo que sabe, sino nicamente fingir transitoriamente que lo ha olvidado. En esto consiste la verdadera
paradoja del hombre moderno (paradoja que hemos visto latente en la contradiccin necesaria entre la inmutabilidad de la esencia humana y la especificidad del alma moderna, o entre la inmutabilidad del carcter de la poesa y
la especificidad de la poesa moderna, o en la conciencia reflexiva inmanente
a los trminos senno y studio), que Leopardi descubre, se dira, a su pesar: que
el regreso fantstico a la condicin de plenitud de los antiguos (la condicin
de lo infinito) solo es posible en el plano de la ficcin:
sapendo noi cos tosto come, aperto un libro, lo vediamo scritto in versi, che
quel libro pieno di menzogne, e desiderando e proccurando quando leggiamo poesie, dessere ingannati e nel metterci a leggere preparando e componendo quasi senza avvedercene la fantasia a ricevere e accogliere lillusione,
ridicolo a dire che il poeta non la possa illudere quando non sattenga alle opinioni e ai costumi nostri, quasi che noi non le dessimo licenza di lasciarsi
ingannare pi che tanto, e che ella non avesse forza di scordarsi n il poeta di
farle scordare e opinioni e consuetudini e checchessia, non guardano che lintelletto in mezzo al delirio dellimmaginativa conosce benissimo chella vaneggia, e onnimamente e sempre tanto crede al meno falso quanto al pi falso;21

lo cual, si bien se mira, explica el carcter inevitablemente sentimental o sea


moderno de la poesa leopardiana.
5
La potica de la naturaleza (la poesa como fuente de ilusiones, estmulo a la actividad, revestimiento elocuente de un contenido generador de pasiones y de
acciones magnnimas) y algunos otros de los postulados del Discorso perduran en efecto, como hemos visto, en la potica que dicta las canciones de Leopardi. Pero el Discorso acaba descubriendo su autntica dimensin de toma de
conciencia larvada, rechazada, negada incluso por parte de su autor, de la irreversibilidad del progreso y del afianzamiento de lo intelectivo, lo que en otras
palabras significa que el advenimiento de la condicin de modernidad es irreversible tanto para la humanidad en su conjunto como para cada individuo
en particular.
Tambin por las resonancias biogrficas que encierra para nuestro poeta,22
este hecho constituye una especie de trauma primordial que no solo domi21. bid., p. 916b.
22. Recurdense, a este propsito, las conocidsimas pginas 143-144 del Zibaldone, en las que
nuestro autor detalla el proceso por el que nella carriera poetica, il suo spirito ha percorso
lo stesso stadio che lo spirito umano in generale. Dotado en un primer tiempo de un estado que era allora in tutto e per tutto come quello degli antichi, el autor se ve transfor-

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Francisco Amella Vela

na la reflexin terica leopardiana acerca de la funcin de la poesa, sino que condiciona, de manera latente primero, consciente despus, la constitucin misma
del primer yo lrico leopardiano (antes y despus de la constitucin de los
Canti) y la posicin que ste ocupa tanto frente al propio discurso lrico como,
en particular, dentro de l.
Los Canti se revelan, como han demostrado algunos trabajos cuyas huellas sera interesante seguir,23 la constante reconsideracin de esa psicologa
paradjica, siempre por delante de s misma: no en vano el libro de los Canti
nace de la doble refundacin de la poesa y del yo lrico (como sin duda seala la articulacin que, en el discurrir del libro de los Canti, establecen Al conte
Carlo Pepoli e Il risorgimento) como queriendo sealar la identidad del canto
con la voz que le da vida.

mado en filosofo di professione (di poeta chio era), es decir, ve consumado en s mismo
il passaggio dallo stato antico al moderno.
23. Me refiero en particular a los interesantsimos trabajos, a mi juicio insuficientemente valorados, de Claudio COLAIACOMO, ya citado; de Piero BIGONGIARI (Leopardi e il desiderio
dellio. Riflessioni preliminari sullordinamento dei Canti, en Lapprodo letterario, 74,
giugno 1976, p. 54-82); y de Vittorio PANICARA (La nuova poesia di Giacomo Leopardi. Una
lettura critica della Ginestra, Firenze: Olschki, 1997). A pesar de partir de premisas conceptuales y metodolgicas bien diversas, en los tres trabajos el yo lrico ocupa una posicin
central, como verdadero eje vertebrador del cada uno de los cantos y del conjunto de los
Canti, concebidos stos como obra orgnicamente estructurada; los tres, adems, postulan
la existencia de un principio que podramos denominar de circularidad textual, responsable de sorprendentes efectos de sentido y que se explica, ante todo, por la centralidad del
yo como figura ontolgica y discursiva.

Quaderns dItali 6, 2001

187-193

Antica lirica italiana in catalano


Costanzo Di Girolamo
Universit di Napoli Federico II

Lo strano titolo del quaderno di traduzioni dallitaliano di Miquel Desclot,


Saps la terra on floreix el llimoner?,1 preso in prestito dallincipit di una poesia di Goethe, tradotta poi in esergo. Si tratta della canzoncina che a un certo
punto del Wilhelm Meisters Lehrjahre (III, 1) lenigmatica bambina Mignon
canta al protagonista: bench nel romanzo non si dica da nessuna parte quale
sia la terra dove fioriscono i limoni e dove le arance risplendono nellombra
cupa del fogliame, molti hanno pensato, per ovvi motivi, a qualche localit in
Italia, piuttosto che in Turingia o in Pomerania. E cos si spiega il titolo di
questo libro, che raccoglie centosei traduzioni: da Dante (le quattro canzoni
petrose), dal Canzoniere di Petrarca (ottantadue, tra canzoni, sonetti e ballate) e da Michelangelo (venti, tra sonetti, madrigali, epigrammi e frammenti).
Desclot rispetta in ogni dettaglio, con una fedelt assoluta, la metrica e le
rime dei modelli. A mo di esempio, si legga la prima stanza della quarta petrosa:2
Cos nel mio parlar voglio esser aspro
Talment en els meus versos vull ser aspre
com ne li atti questa bella petra,
com en els fets aquesta pedra bella,
la quale ognora impetra
que sempre sencastella
maggior durezza e pi natura cruda,
amb ms duresa i ms natura crua,
e veste sua persona dun diaspro
5 i es guarneix la persona amb un diaspre
tal che per lui, o perchella sarretra,
tal que per ell, o perqu es retreu ella,
non esce di faretra
del buirac no es dardella
saetta che gi mai la colga ignuda;
sageta que la pugui sobtar nua;
ed ella ancide, e non val chom si chiuda
i ella fereix, i no hi val girar cua
n si dilunghi da colpi mortali,
10 per allunyar-se dels seus cops mortals,
1. Miquel DESCLOT, Saps la terra on floreix el llimoner? Dante, Petrarca, Michelangelo, prleg
dAnton M. ESPADALER, Barcelona: Proa [Els Llibres de lOssa Menor, 188], 1999, p. XVI172.
2. Il testo italiano non a fronte di quello catalano. Le citazioni che seguono sono tratte dalle edizioni canoniche: Dante ALIGHIERI, Rime, a cura di Gianfranco CONTINI, Torino: Einaudi,
1965; Francesco PETRARCA, Canzoniere, a cura di Gianfranco CONTINI, Torino: Einaudi,
1964; Michelangelo BUONARROTI, Rime, a cura di Enzo No Girardi, Bari: Laterza, 1967.

188 Quaderns dItali 6, 2001

che, comavesser ali,


giungono altrui e spezzan ciascunarme:
s chio non so da lei n posso atarme.

Costanzo Di Girolamo

que, com ocells fatals,


tot home atenyen i desfan tota arma:
tal que della no s com defensar-me.

Chiunque, credo, in grado di apprezzare leccezionalit di questo risultato, che, con i prevedibili alti e bassi, si estende a tutta la raccolta, sostanzialmente omogenea per qualit e efficacia. Desclot propone delle esatte repliche,
in unaltra lingua, degli originali, sicch il lettore catalano, pur sentendosi a
casa sua, pu aggirarsi allinterno di forme metriche complesse e grandiose, e
in buona parte ignote alla sua tradizione medievale. Si noti con attenzione il procedimento del rimamento di questa stanza. Alcune delle rime dantesche sono
conservate, con le ovvie diversit fonetiche nel passaggio da una lingua allaltra: -aspro > -aspre, -uda > -ua, -ali > -als, -arme > -arma/-arme. Ma, insieme con
la rima, sono in alcuni casi conservati anche i rimanti, cio le parole in rima,
con i significati che si portano appresso: aspro > aspre, diaspro > diaspre, cruda
> crua, nuda > nua, mortali > mortals, arme > arma, atarme > defensar-me (qui
diversa la forma, ma identico il significato); in altri casi no: in cua e fatals i
rimanti cambiano completamente rispetto a chiuda e a ali. Laltra rima della
stanza, che ricorre quattro volte (le altre rime ricorrono tre e due volte), -etra,
rima aspra associata al rimante, che poi la parola-chiave dellintero ciclo,
petra: qui il traduttore sembra gettare le armi e sceglie una rima facile oltre che
dolce, -ella. chiaro che quando, oltre alle rime, passano anche i rimanti, i
significati complessivi delloriginale vengono meglio conservati o riprodotti
con totale precisione; ma non detto che quando si cambia di rimante o addirittura di rima avvenga sempre il contrario. Al v. 3, impetra significa probabilmente racchiude come in pietra (o, almeno, Desclot ha preferito questa
interpretazione a unaltra pure possibile, vuole con fermezza), sicch encastella
rende assai bene il verbo italiano; nessun cambio, ma semplici inversioni, anche
ai vv. 2, 6 e 7. Al v. 9, invece, c un deciso impoverimento semantico, laddove si perde chom si chiuda che ci si corazzi e resta solo lidea della fuga; al v.
11, infine, viene concretizzata fino alleccesso un tenue spunto metaforico: i
colpi veloci (veloci comavesser ali) diventano senzaltro degli ocells fatals, dando
inopinatamente vita a unimmagine alla Hitchcock.
Il lettore italiano trover che questa lingua calza perfettamente sui suoi
antichi poeti, con una straordinaria versatilit. Il Dante delle petrose volto in
catalano, una lingua molto vicina allantico occitano, sembra quasi miracolosamente restituito alla lingua stessa di Arnaut Daniel, lideale e onnipresente
modello del ciclo. Daltro canto, Petrarca reso con levigata dolcezza.3 Si veda
3. Le prime traduzioni in catalano dal Canzoniere risalgono alla fine del diciannovesimo secolo, ma lopera non mai stata tradotta per intero. La selezione pi estesa si deve a Osvald
CARDONA, F.P., Sonets, canons i madrigals, Barcelona: Alpha, 1955; a cui segu quella di
Francesc DE RIART, F.P., Un Centenar de sonets a Laura, Barcelona: El traductor, 1968. Sulle
versioni, degli anni venti, di Agust ESCLASANS e di Maria-Antnia SALV, si veda lo studio di Gabriella GAVAGNIN, Note su alcune traduzioni catalane novecentesche di Petrarca,
La parola del testo, III (1999), p. 381-402.

Antica lirica italiana in catalano

Quaderns dItali 6, 2001 189

ad esempio la prima stanza di Chiare, fresche et dolci acque (dove per, curiosamente, il seno di Laura diventa un respiro):
Chiare, fresche et dolci acque,
Fresca i dola aigua clara,
ove le belle membra
on els bellssims membres
pose colei che sola a me par donna;
posava la qui tinc per sola dona;
gentil ramo ove piacque
gentil branca on encara
(con sospir mi rimembra)
5 (ah, Du, com mho remembres!)
a lei di fare al bel fianco colonna;
el dol frec del seu flanc cansat ressona;
herba et fior che la gonna
herba i flors que la bona
leggiadra ricoverse
gonella recobria
co langelico seno,
10 i langlic al;
aere sacro, sereno,
aire sacre, ser,
ove Amor co begli occhi il cor maperse:
on Amor ab bells ulls el cor mobria,
date udenza insieme
doneu oda ensems,
a le dolenti mie parole estreme.
als meus adolorits dictats extrems.

Quanto poi al rude dettato di Michelangelo, spesso involuto e raziocinante,


attento pi alla descrizione ossessiva delle cose concrete che allevocazione di
situazioni e di immagini, non pu non ricordare, tanto pi messo in catalano, quello di Ausis March, con cui presenta non poche affinit. Si leggano
queste due quartine epigrammatiche:
II
Sol io ardendo allombra mi rimango,
quandel sol de suoi razzi el mondo
spoglia:
ogni altro per piacer, e io per doglia,
prostrato in terra, mi lamento e piango.

Jo sol cremant a lombra marroento


quan dels seus raigs despulla el mn el sol:
tots els altres per goig, i jo per dol
prostrat a terra, em planyo i em lamento.

LXIV
Se l foco il sasso rompe e l ferro squaglia, Si el foc la pedra romp i el ferro talla,
figlio del lor medesmo e duro interno,
fill com s del seu cor mateix intern,
che far l pi ardente de linferno
qu far el ms ardent de tot linfern
dun nimico covon secco di paglia?
amb una garba de resseca palla?

Il quaderno di traduzioni di Desclot si presenta dunque come un vero capolavoro di bravura da parte di un traduttore competente che padroneggia molto
bene la lingua di entrata e si rivela un consumato verseggiatore in quella di
uscita. Lodi maggiori io non riuscirei a farne: chi pi ne ha, pi ne metta, se lo
ritiene opportuno. Tuttavia, un libro come questo pone secondo me degli
inquietanti interrogativi sul significato e sulle finalit delle traduzioni dei testi
poetici. La traduzione di un autore antico, nei confronti del quale esista una differenzialit, oltre che, ovviamente, linguistica, anche culturale (significati pregnanti di alcune parole, riferimenti a universi ideologici non pi attuali, ecc.)
e formale (la metrica, ma anche i livelli stilistici, ecc.), pu semplicemente

190 Quaderns dItali 6, 2001

Costanzo Di Girolamo

mirare a renderlo comprensibile e a ridargli vita presso un nuovo pubblico:


sono queste le traduzioni cosiddette filologiche. La loro bellezza e efficacia pu
variare a seconda delle capacit del traduttore: non devono essere necessariamente
servili, ancillari, n, come si dice, letterali (nessuna traduzione pu esserlo veramente); ma evidente che, se questo il loro fine, chi traduce deve astenersi dallimporre la sua impronta sui significati del testo, cambiandoli o deformandoli.
Esiste poi la traduzione-rifacimento o la traduzione-parodia: unidea di Brecht, ripresa una trentina di anni fa da Fortini, e di cui ho parlato di recente a
proposito delle traduzioni catalane della Divina Commedia.4 Secondo Brecht,
queste traduzioni sono da preferire alle false traduzioni darte, che servono
semplicemente a imbellettare un testo in vista della sua mercificazione; e forse
vero che un certo tipo di opere (penso in particolare al teatro o a romanzi di
grande complessit linguistica) solo cos pu essere tradotto, stabilendo cio
una voluta distanza dal testo. Ed esistono infine le vere traduzioni darte: nel
caso della poesia, poeti che traducono altri poeti, o pi semplicemente traduttori che si rivelano veri poeti, anche se non lo sono in proprio, nellatto
stesso della traduzione. Quali caratteristiche dovrebbe avere questo tipo di traduzioni? Anche qui, suppongo, il traduttore dovrebbe frapporre un minimo
di distanza tra s e il testo, certo non la distanza della parodia e del rifacimento,
ma, questo s, prendere atto della differenzialit di cui si parlava prima e, arrogandosi una certa libert, assumersi per intero determinate responsabilit. Il
punto darrivo della traduzione darte di una poesia quello di dare vita a unaltra poesia, che rispetto alloriginale avr inevitabilmente un suo deficit in un
aspetto o in un altro, ma che potr essere apprezzata come unopera autonoma,
di per s valida (gradino a cui la traduzione filologica non pu quasi mai arrivare). Da questo punto di vista, la traduzione darte svolge un ruolo propulsore
anche allinterno delle singole tradizioni letterarie. Tutti sappiamo che la letteratura italiana nasce con una traduzione, quale sostanzialmente Madonna,
dir vo voglio di Giacomo da Lentini, basata da vicino su una canzone di Folchetto
di Marsiglia; e traduttori sono stati un numero incalcolabile di scrittori, fino al
caso del secolo XX, quando la traduzione darte diventata per molti come una
prova obbligata, un passaggio ineludibile. Tutto questo si capisce facilmente,
e dovrebbe essere condivisibile da tutti. Da tutti, voglio dire, dovrebbe essere
condivisa lidea che la poesia in uscita dovrebbe essere leggibile come una normale poesia di un poeta contemporaneo. Si leggano ad esempio questi versi:
Spesso, a lusingar vette, vidi splendere
sovranamente locchio del mattino,
e baciar doro verdi prati, accendere
pallidi rivi dalchime divine.
Poi vili fumi alzarsi, intorbidata
4. La Divina Comdia en catal, in LEspill, n. 7 (2001), p. 131-140. Il saggio di Franco
FORTINI Traduzione e rifacimento (1972), nel volume Saggi italiani, Milano: Garzanti, 1987, p. 359-379.

Antica lirica italiana in catalano

Quaderns dItali 6, 2001 191

dun tratto quella celestiale fronte,


e fuggendo a occidente il desolato
mondo, lastro celare il viso e lonta.
Anchio sul far del giorno ebbi il mio sole
e il suo trionfo mi brill sul ciglio:
ma, ahim, pot restarvi unora sola,
rapito dalle nubi in cui simpiglia.
Pur non ne ho sdegno: bene pu un terrestre
sole abbuiarsi, se cos il celeste.

Chi abbia la fortuna, per cos dire, di non conoscere o non ricordare questa poesia, pu divertirsi per un momento, senza leggere oltre il prossimo
punto, a indovinare chi ne lautore, a tentare unapprossimativa datazione,
a interpretare la metrica. La lingua, che risente ancora di qualche tratto dannunziano, dovrebbe portarci, grosso modo, intorno ai decenni centrali del
Novecento; le rime, quasi tutte irregolari, hanno uno schema ABAB CDCD
EFEF GG, che quello del sonetto elisabettiano (per complicare un po le
cose, ho eliminato solo il rientro tipografico che nelloriginale hanno gli ultimi due versi). A questo punto, un lettore sufficientemente competente della
poesia italiana del Novecento dovrebbe pensare senza difficolt a Montale: la
poesia suona come perfettamente montaliana e una puntuale analisi linguistica e metrica potrebbe confermarlo. Si tratta della traduzione del sonetto XXXIII
di Shakespeare, pubblicata per la prima volta nel 1944 (anche se lautore ci
informa in una nota che anteriore al 38):5
Full many a glorious morning have I seen
Flatter the mountain tops with sovereign eye,
Kissing with golden face the meadows green,
Gilding pale streams with heavenly alchemy;
Anon permit the basest clouds to ride
With ugly rack on his celestial face,
And from the forlorn world his visage hide,
Stealing unseen to west with this disgrace:
Even so my sun one early morn did shine
With all triumphant splendour on my brow;
But out, alack, he was but one hour mine,
The region cloud hath masked him from me now.
Yet him for this my love no whit disdaineth;
Suns of the world may stain when heavens sun staineth.6
5. Eugenio MONTALE, Lopera in versi, edizione critica a cura di Rosanna BETTARINI e Gianfranco
CONTINI, Torino: Einaudi, 1980, p. 712 (note alle p. 1154-55).
6. William SHAKESPEARE, The Sonnets and A Lovers Complaint, edited by John KERRIGAN,
Harmondsworth: Penguin Books, 1986, p. 93. Sia detto per inciso che questo sonetto, dallinterpretazione molto controversa, secondo me unalba: vedi in particolare i vv. 9-12.
Com noto, il genere dellalba descrive o allude allincontro o alla separazione degli amanti alle prime luci del giorno; sembra essere un archetipo della lirica, talvolta incastonato in

192 Quaderns dItali 6, 2001

Costanzo Di Girolamo

Montale, in effetti, riprende la forma delloriginale (gi importata nel continente da Mallarm, che non a caso era un professore di inglese), ma vi introduce un tipo di rime tipiche della sua produzione, o comunque della poesia
italiana di quegli anni, sicch essa non si presenta come un anacronismo n
come un esotismo. Per di pi, quella del sonetto elisabettiano appare come
una forma produttiva in Montale, probabilmente anche perch consiste di tre
quartine, una misura cara al poeta, seguite da un distico: nella Bufera compaiono ben quattro sonetti simili, tra cui i famosissimi Orecchini, tutti degli
anni 1940-42, di modo che, almeno come data di pubblicazione, essi precedono
i tre sonetti di Shakespeare, apparsi tra il 44 e il 47. La traduzione di Montale
dunque una normale poesia: se se ne ignorasse la provenienza, e in assenza di riferimenti rivelatori, potrebbe giustamente essere scambiata per una poesia scritta direttamente in quella lingua, in quegli anni precisi.
Il che esattamente quanto non si verifica nelle meravigliose versioni di
Miquel Desclot, che usa delle forme metriche, come la canzone allitaliana,
che non hanno alcun precedente nella tradizione catalana e la cui complessa
struttura, certo pi complessa di un sonetto elisabettiano e ovviamente di un
haiku, appare del tutto incomprensibile se avulsa dal suo contesto culturale.
Con questo non voglio dire che, traducendo, non ci si possa porre come obiettivo lapprossimazione a tutti gli aspetti, compresi quelli pi specifici, del testofonte e il loro trasferimento in una nuova lingua; n che il traduttore debba
ad ogni costo attualizzare ci che traduce (un pessimo esempio, al riguardo,
sono le traduzioni di Guido Ceronetti da Catullo e Marziale). Non di meno,
pur volendo ammettere che unoperazione di archeologia letteraria o di immedesimazione totale in un altro universo ideologico e formale sia in circostanze
particolari giustificabile, essa non andava perseguita a danno del senso e in
nome di valori tuttaltro che assoluti. Infatti, il rispetto sacrale per la rima perfetta e per il sillabismo rigoroso ancora cos osservato ed cos irrinunciabile? Sono domande che pongo ma, in ogni caso, io credo che nessun lettore
potrebbe seriamente prendere queste versioni come poesie catalane contemporanee, databili agli ultimi anni del secolo scorso, n tanto meno come una
ricostruzione, filologicamente solida, delle forme e, insieme, dei significati
degli originali. Queste belle traduzioni sono in realt dei falsi letterari, o forse
qualcosa di peggio: se un falso unopera spacciata per antica, in questo caso
nemmeno ci avviene, perch queste versioni non sono collocabili in nessun
tempo della tradizione della lingua di uscita. Dovrebbe essere perci chiaro
che il bravissimo Desclot ha dato al lettore catalano non qualcosa di pi rispetto a quanto gli veniva chiesto, ma qualcosa di diverso; e questo lettore potrebbe anche avere ragione ad arrabbiarsi se si accorgesse che, per raccapezzare una

altri generi (come in Romeo and Juliet, atto III, scena V, dove, significativamente, ricorrono alcune immagini e metafore qui adottate), ed presente in tutte le culture letterarie e
in tutte le epoche (si ricordi il classico libro di Arthur T. HATTO, Eos: An enquiry into the theme
of lovers meetings and partings at dawn in poetry, The Hague: Mouton, 1965).

Antica lirica italiana in catalano

Quaderns dItali 6, 2001 193

rima e per non rinunciare allimpeccabilit dellesercitazione metrica, si attribuita a Dante unimmagine cos ridicola e assurda come quella degli uccelli
fatali e si fatto intendere che Petrarca, avendo visto Laura nuda al bagno, ne
elogiasse il respiro e non il seno.

Quaderns dItali 6, 2001

195-200

La solitaria oscuridad del padre. El Dios de


las tinieblas en la Oratio de dignitate hominis
de Pico della Mirandola
Mara Jos Vega
Universitat Autnoma de Barcelona

El tema principal de la Oratio de dignitate hominis de Pico della Mirandola no


es la dignidad del hombre, como induce a creer el ttulo que le concedieron
sus editores, sino la unin mstica con la divinidad a travs de recorridos tripartitos, mediante un ascenso inicitico y un proceso de conocimiento y superacin de artes y ciencias que culmina en la felicidad teolgica. El hombre ha
de desdear las cosas terrestres, despreciar las celestes, aspirar a las ultramundanas, imitar la curia eminentsima de los Tronos, Querubines y Serafines.
Lograr as recogerse en la unidad de su propio centro, hacerse uno con el espritu de Dios, anegarse en fin en la cegadora tiniebla de la divinidad, en la solitaria oscuridad del Padre: in solitaria Patris caligine. Conviene recordar este
pasaje:
Et si nulla creaturarum sorte contentus in unitatis centrum suae se receperit,
unus cum Deo spiritus factus, in solitaria Patris caligine qui est super omnia
constitutus omnibus antestabit.

Este Dios en la tiniebla no es el nico Dios de la Oratio: la visin ltima de


la divinidad es tambin la culminacin de un proceso de conocimiento que se
cifra en metforas de la luz. Con la ciencia moral, explica Pico, el alma purifica
los ojos; con la dialctica, aprende a fijar la mirada; con la contemplacin de la
naturaleza, se acostumbra a la luz de la verdad, que, no obstante, es an dbil,
como la del sol cuando nace: quasi nascentis solis incunabula. Slo entonces la
teologa y el culto nos conceden la fuerza necesaria para que podamos mirar
con los ojos abiertos, como las guilas del cielo, el fulgor resplandeciente del sol
meridiano.
In solitaria caligine Patris. A pesar de la celebridad alcanzada por la Oratio
de Pico, esta expresin no ha merecido hasta ahora la atencin de sus comentadores, ni por la naturaleza de la imagen, ni por la aparente paradoja de que
Dios sea, en el mismo texto, sol y tiniebla, ni por la audacia de la hiplage, en
cuya caligo solitaria late quiz el recuerdo de la clebre de la Eneida, la sola sub
nocte relativa a los fugitivos de Troya. Algunos se limitan nicamente a manifestar su sorpresa ante este Dios tenebroso y a contrastar esta imagen con las ms

196 Quaderns dItali 6, 2001

Mara Jos Vega

frecuentes, que cifran la divinidad en la luz, o que se refieren a ella con metforas solares. Slo Albino Biondi observa que Pico amaba la metfora del
Dios-tiniebla, y sugiere que quiz esta solitaria oscuridad que culmina el trayecto espiritual de la Oratio pueda entenderse a partir de un verso del psalterio: aquel que recuerda la terrible condicin de Dios, el que hizo de las tinieblas
su velo, de las tenebrosas aguas su tienda (posuit tenebras latibulum suum, in
circuitu eius tabernaculum eius, tenebrosa aqua in nubibus aris, Ps. 17:12).1
Ahora bien, este Dios tenebroso, o, ms precisamente, el Dios caliginoso
de Pico, no est tan cercano al del salmista como al de Moiss, al Dios del
encuentro en el Sina tal como lo relata el libro del Exodo. All, segn la narracin veterotestamentaria (Ex. 20:21): Stetitque populus de longe. Moyses
autem accessit ad caliginem in qua erat Deus.
Es posible que la solitaria caligo de Pico descienda en ltima instancia de este
pasaje del xodo, aunque no sin mediaciones. La memorable imagen escrituraria, la de la tiniebla que alberga a Dios, fue racionalizada por las sucesivas
interpretaciones de la vida de Moiss y de su significado simblico y mstico.
Gregorio de Nisa, en la Vita Moysis (clxii-clxiii), haba sealado que el acceso
de Moiss ad caliginem representa la naturaleza incognoscible de la divinidad,
su condicin invisible para el hombre, y sugiere tambin que las tinieblas del
Dios mosaico deben leerse junto con un pasaje de Juan (1: 18), en el que se
afirma que nadie, nunca, ha visto a Dios: Deum nemo vidit unquam. Dios aparece primero en la luz y despus en la tiniebla: el texto nos enseara con ello
que el conocimiento es luz para el que lo recibe, pero a medida que el espritu asciende en perfeccin, ve cada vez con mayor claridad que la naturaleza
divina es invisible. San Gregorio detalla un proceso por el cual el alma emprende una bsqueda intelectual y se interna en s misma, hacia su centro, hasta
adquirir el verdadero conocimiento, que reside en ver por el no ver, porque lo
incomprensible est como envuelto en tinieblas.2 En el Comentario del Cantar
de los Cantares, indica adems que lo que la Esposa llama el lecho debe entenderse como la ms perfecta participacin en Dios, y lo que llama noche, como
el tiempo de la oscuridad: la noche mostrara, de creer a Gregorio, que la Esposa ha logrado la contemplacin de lo que no puede verse, y que se halla, como
Moiss en el Sina, en la oscuridad de la presencia de Dios.
Moiss es, adems, relevantsimo en la obra de Pico della Mirandola. A
Moiss se le atribuye la escritura del Gnesis, y a las palabras con las que relata los seis primeros das de la creacin dedic Pico los siete libros del Heptaplus, quiz su obra ms ambiciosa. Con una invocacin a Moiss y a Timeo, esto
es, al relato creacional hebreo y al platnico, para celebrar las concordancias
1. Giovanni Pico DELLA MIRANDOLA, Conclusiones Nongentae. Le novecento tesi dellanno 1486,
Albino BIONDI (ed.), Firenze: Olschki, 1995, xxv, n. 49.
2. Vase Guillermo SERS, La transformacin de los amantes. Imgenes del amor de la Antigedad al Siglo de Oro, Barcelona: Crtica, 1996, p. 29 ss., sobre la contemplacin divina de
Moiss y la tradicin que concibe la unin contemplativa a travs de la oscuridad, entre
cuyos descendientes se cuenta la noche oscura de San Juan.

La solitaria oscuridad del padre. El Dios de las tinieblas []

Quaderns dItali 6, 2001

197

entre ambos, se abre la Oratio de dignitate hominis. A la lectura mstica de los


tres mbitos del templo de Moiss acude poco despus para encontrar paralelos de los itinerarios tripartitos que conducen a Dios, que constituiran una
revelacin comn que se oculta en cada religin bajo smbolos diversos. Tambin en la Oratio, como har en la Apologia, se refiere Pico al encuentro del
Sina, que es el hecho fundante de la tradicin cabalstica, de la que se jacta
de haber sido el primero en hablar latinamente (vera cabala de qua credo me
primum apud latinos explicitam fecisse mentionem): Pico ha ledo en Esdrs, en
un tratado de Hilario sobre el salmo II y en los comentarios de Orgenes al
Evangelio de Juan que la revelacin del Sina fue doble. En el largo coloquio de
la divinidad con su sacerdote, Moiss no slo recibi las tablas de la ley, que
haban de darse al pueblo, sino tambin enseanzas secretas que no podan ser
divulgadas. Esa doctrina mysteria secretiora, divinitatis archana constituye una sabidura oculta que no puede trasladarse a la escritura, en la que han
de iniciarse setenta sabios que, a su vez, la revelarn a otros setenta de la generacin siguiente. Y as hasta que Esdrs, temiendo por la suerte de estos misterios en las vicisitudes del exilio y las guerras, violara la orden de Dios y las
pusiera por escrito: fueron stos, dice Pico, los libros de la cbala (hi sunt libri
scientiae cabalae), ciencia que habra nacido en la revelacin del Sina, la ms
antigua de las teologas, la que figura con un lugar de honor en las Conclusiones Nongentae y en la Oratio, y por la que Moiss es fuente de inteligencia
inefable (sacrosanctae et ineffabilis intelligentiae fontana).
Que el Dios de la Oratio de Pico sea, a la vez, lux meridialis y el Dios del
Sina, el que habita en la oscuridad, no ha de entenderse como una contradiccin o una inconsistencia. El Dios de las tinieblas de Pico es tambin cifra
del Dios velado, el Deus absconditus, frente al Dios que se manifiesta a los hombres. En la mstica hebraica, el Dios desconocido es aquel que no puede ser
contemplado, ya que todo conocimiento de Dios por parte de la criatura se
fundamenta en la relacin que Dios ha elegido mantener con ella.3 El Dios
oculto es el Dios en s mismo, como ser absoluto, y no el que escoge revelarse en los textos sagrados, que es el Dios de la religin y el de los muchos nombres. Acceder al Dios de las tinieblas es acceder a la esencia misma de Dios, la
que se vela, la que elige no revelarse, al Dios-Dios, no al Dios manifiesto: al
ltimo centro de la divinidad, absolutamente y en s misma. Es el Deus absconditus de los msticos, la ltima raz de Dios, o la raz de la raz, como preferan decir los cabalistas espaoles, a quienes Pico, de atender a Lelli y a
Wirszubski, tuvo por maestros.4
3. Sobre el Deus absconditus de la cbala, vase Gershom SCHOLEM, Le grandi correnti della
mistica ebraica, Torino: Einaudi, 1993, p. 28 s.
4. Pico se cuenta entre los primeros cabalistas cristianos. Sobre su conocimiento de la mstica
hebraica y en particular del Zohar, y sus relaciones con judos espaoles, vid. Fabrizio LELLI,
Yohanan Alemanno, Giovanni Pico della Mirandola e la cultura ebraica italiana del XV
secolo, en Giancarlo GARFAGNINI (a cura di), Giovanni Pico della Mirandola. Convegno
internazionale di studi nel cinquecentesimo anniversario della morte (1494-1994), Firenze:

198 Quaderns dItali 6, 2001

Mara Jos Vega

La Oratio de dignitate hominis propone pues ascender de la luz querbica de


la contemplacin al fuego serfico del amor: las metforas luminosas de los
rdenes superiores de las jerarquas celestes pareceran anunciar su sobrepujamiento final en una luz mayor. Esa luz cegadora, en suma, de la que es cifra
imperfecta la metfora del sol meridiano. Pero el sol meridiano, al que pueden
mirar con los ojos abiertos los hombres que devienen guilas celestes, es el Dios
que se revela, el que se muestra a su criatura, el que puede ser contemplado;
por ello, es la tiniebla mosaica, la caliginosa y solitaria oscuridad del Padre, el
Dios escondido, el que culmina y cierra la experiencia mstica que propone la
Oratio.
Nota
Ya Eugenio Garin haba hecho notar que la edicin prncipe de la obra de Giovanni Pico no conceda ttulo alguno al breve discurso que, con el tiempo y
los editores, terminara por conocerse como Oratio de dignitate hominis. En la
tabla general de las ediciones boloesas de principios del siglo XVI, la obra aparece mencionada, de forma sucinta y poco comprometedora, como una Oratio quaedam elegantissima, subrayando as, nicamente, su excelencia estilstica
y la ejemplaridad de su elocuencia. Pico, en una carta a Girolamo Benivieni, se
refiere a un fragmento de su discurso como una oratio ad laudes philosophiae:
es ste quiz el ttulo que podra considerarse como ms adecuado, por ser el
nico que procede de su autor, a pesar de que la referencia epistolar es circunstancial y se hizo antes de concluir la redaccin del texto definitivo. Los
editores modernos de la Oratio no han reparado en que en la edicin prncipe
esto es, la edicin boloesa que estuvo al cuidado de Giovanfrancesco Pico,
sobrino y albacea literario del autor y a pesar de que el texto carezca de epgrafe, las cabeceras reproducen un ttulo inequvoco: Oratio in coetu Romanorum, esto es, Discurso a la asamblea romana. Giovanfrancesco Pico abandon
esta cabecera en 1517, en la ltima de las ediciones venecianas que estuvieron
a su cargo.5 Frente al nfasis en el estilo de oratio elegantissima, o a algunos
aspectos del contenido de oratio ad laudes philosophiae, el ttulo de la cabecera,
oratio in coetu Romanorum, se refiere al hecho de que, efectivamente, el discurso que la historiografa contempornea acabara por convertir en manifiesto del Renacimiento, se concibi como la prolusin al debate pblico sobre
las novecientas tesis que debera haberse celebrado en Roma en la epifana de
1486 y que habra de reunir, a expensas del conde mirandolano, a todos los
sabios de Europa que quisieran participar en l.
El ttulo de hominis dignitate pudo proceder de los primeros epgrafes marginales de la edicin boloesa (a saber, los siguientes: Abdallah, Mercurius, digOlschki, 1997, I, p. 303-326; Ch. WIRSZUBSKI, Pico della Mirandolas Encounter with Jewish
Mysticism, Cambridge Mass. & London, 1989.
5. Stephen Alan FARMER ha llamado la atencin sobre este hecho en sus estudios on-line (2000)
sobre las Conclusiones Nongentae: vid. www.safarmer.com/pico/oration.

La solitaria oscuridad del padre. El Dios de las tinieblas []

Quaderns dItali 6, 2001

199

nitas hominis, al que siguen otros muchos, que indican, en cada momento, el
tema del discurso). El primer epgrafe significativo (dignitas hominis) habra
migrado, por as decir, al ttulo,6 y este hecho se habra visto favorecido por la
falta de un nombre temtico para el texto y por la indefinicin (oratio quaedam) del que haba elegido el primer editor. Cabe recordar que las Conclusiones no se imprimieron con la obra de Pico (al menos, no hasta 1557), lo
que habra propiciado la descontextualizacin completa de la Oratio y, como
corolario, habra agudizado la necesidad de concederle un ttulo que constituyera, de algn modo, una indicacin para su lectura. El ttulo de hominis
dignitate aparece ya en una reimpresin pirata y plagada de errores de las Opera
de Pico, la que apareci en 1504 en las prensas de Estrasburgo, en el taller de
Jacob Wimpheling y Hyeronimus Emser. No tuvo xito inmediato, si bien
convivi con otros semejantes (por ejemplo, Opusculum de homine, Oratio de
homine in qua sacra philosophia explicantur) y slo acab por imponerse a
finales del siglo XVI.
La cuestin del ttulo no es balad, porque genera expectativas y orienta
una direccin de lectura. Publicar la Oratio era perpetuar el recuerdo de las
Conclusiones, que el editor y sobrino de Pico haba decidido omitir de las Opera
omnia y que contenan las proposiciones suspectas que haban forzado el examen papal de la obra. De hecho, all el texto comparece como una de las obras
juveniles y menores, levioris curae, del autor. La publicacin independiente del
discurso propici una lectura totalmente descontextualizada de lo que en realidad era una prolusio a un acto de disputa acadmica. Los historiadores y crticos han ledo habitualmente la Oratio al margen de las Conclusiones, siguiendo
por tanto las intenciones del editor y no las del autor: inducidos por el ttulo,
han privilegiado el concepto de dignitas hominis que aparece brevemente en
el proemio de la Oratio. Quiz no sobre, por ello, recordar aqu que, en el texto
de Pico (dejando a un lado los ttulos y epgrafes marginales de los editores), la
palabra dignitas slo aparece dos veces, y ninguna de ellas para referirse al hombre (la referencia es, en el primer caso, a la vida querbica, y concierne, por
ello, y nicamente, a la dignidad de la que estn investidas las jerarquas anglicas).
La Oratio de Pico se abre, ciertamente, con una exposicin de la excelencia
humana: el hombre es principio de comunicacin entre las criaturas, familiar
de las superiores y soberano de las inferiores; por la perspicacia de sus sentidos, el poder de la razn y la lumbre de la inteligencia, es intrprete de la naturaleza; es intersticio entre la estabilidad de lo eterno y el devenir del tiempo,
y, como habran dicho los persas, cpula e himeneo del mundo, apenas inferior a los ngeles. Este celebradsimo comienzo es, sin embargo, un comienzo
oblicuo, porque Pico aade a continuacin: tales cosas no me satisfacan plenamente. As pues, el tema de la dignidad humana que reconoci el redactor
6. Es sta la hiptesis de Stephen Alan FARMER, Syncretism in the West: Picos 900 theses (1486).
The Evolution of Traditional Religious and Philosophical Systems, Tempe, 1998, 19 n. 50.

200 Quaderns dItali 6, 2001

Mara Jos Vega

de los epgrafes marginales comparece en efecto en la Oratio, en trminos no


desemejantes a los que haban usado antes Giannozzo Manetti o Marsilio Ficino. Pico, de hecho, no reclama originalidad para tales palabras: han sido dichas
muchas veces y por muchos (a multis) y enuncian, ciertamente, cosas grandes,
pero no las ms importantes (magna haec quidem, sed non principalia). Presume pues la familiaridad de su auditorio con los argumentos sealados que
conciernen al hombre, sin que la palabra dignidad haya aparecido nunca para
matizar inmediatamente su adhesin a ellos: con ser todos ciertos y relevantes, viene a decir, no enuncian ni entraan la cuestin principal, que es la que
procede a exponer en el discurso y constituye su tema dominante.

Quaderns dItali 6, 2001

201-220

Ressenyes

Seminario Internacional Complutense sobre La recepcin de Boccaccio


en Espaa.
El pasado mes de octubre de 2000 tuvo
lugar en la Facultad de Filologa de la
Complutense el Seminario Internacional
Complutense sobre La recepcin de Boccaccio en Espaa, organizado por el
Departamento de Filologa Italiana de esa
Facultad; los Departamentos de Literatura Espaola y Teora de la Literatura,
de Filologa Clsica y de Filologa Italiana
de la UNED; el Seminario de Filologa
Medieval y Renacentista de la Universidad de Alcal, con la participacin de
diversos organismos universitarios, oficiales y editoriales.
El acto reuni a una treintena de investigadores del medievalismo hispnico,
junto a italianistas espaoles, italianos y
centroeuropeos, y clasicistas espaoles,
presididos por el profesor V. Branca, el
ms destacado especialista en temas boccaccianos e impulsor de los ms importantes proyectos sobre el tema que se han
hecho realidad en los ltimos cincuenta
aos en Italia: la edicin crtica de los diez
volmenes de las obras completas de G.
Boccaccio, los casi treinta nmeros de la
revista Studi sul Boccaccio, la edicin del
autgrafo Hamilton del Decameron, la
reciente publicacin de los tres tomos de
Boccaccio visualizzato, por citar slo los
ms relevantes.
El Profesor Branca trajo a Madrid en
esta ocasin, junto al aquilatado saber de
sus ochenta y seis aos, una vitalidad pro-

fesional asombrosa y un espectacular entusiasmo hacia su trabajo, hacia los temas


que tiene entre las manos (editar la primera redaccin juvenil del Decameron) y
una visin lcida de la obra boccacciana
que le permite valorarla en su aportacin
esencial a la historia de la cultura europea, yendo desde los datos del anlisis filolgico ms concreto y puntual (a los que
l ha dedicado toda su vida) a los valores
bsicos de la historia de nuestra cultura,
por su gran fe en la literatura como salvadora del hombre: dobbiamo essere
convinti di questo: il mondo pu essere
salvato dalle lettere intese come espressione dello spirito umano, fueron sus
palabras de conclusin al Seminario, su
mensaje ms esperanzador, y la mejor
enseanza para todos los all presentes.
El grupo de italianistas de procedencia centroeuropea (G. Gorni, M. Picone,
M.A. Andreoli, T. Crivelli) abordaron
desde distintos ngulos un mismo relato
decameroniano, demostrando que la focalizacin de nuevas fuentes y antecedentes
de la gigantesca elaboracin boccacciana
permite siempre, de manera inagotable,
iluminar mejor la comprensin de su
mundo narrador. Fue una prueba ms de
la inmensa riqueza del texto boccacciano,
y una buena demostracin del rigor y eficacia del italianismo actual. Se present
adems la edicin hipertextual informtica que se est llevando a cabo en la Uni-

202 Quaderns dItali 6, 2001

versidad de Zrich bajo la direccin del


Profesor M. Picone, que ampla y complementa de manera rotunda los tradicionales sistemas de investigacin.
Desde el medievalismo hispnico se
enfocaron con buen acierto algunos de
los puntos neurlgicos de la recepcin hispnica de la obra del certalds; especialistas destacados como M.. Prez Priego,
C. Alvar, A. Ruffinatto, M.J. Lacarra, .
Gmez Moreno, F. Gmez Redondo, J.
Rubio Tovar, J.C. Conde, J.M. Luca, R.
Recio, V. Daz Corralejo, etc. abordaron
aspectos determinantes de la cultura castellana del siglo XV que acogi la produccin boccacciana, aspectos que sin
duda darn fruto en investigaciones posteriores que permitan avanzar en estos
temas, adormecidos en nuestro actual
panorama bibliogrfico (desde el ya lejano pero impecable trabajo de C. Bourland) y necesitados por ello de un
estmulo impulsor. El entorno literario
del Marqus de Santillana, la labor biblifila de Nuo de Guzmn, la funcin clave
de Alfonso Garca de Santamara, los rasgos de las traducciones de la poca, la
posible mediacin de la versin francesa
del Decamern para la castellana, entre
otros aspectos, quedaron apuntados desde
coincidentes perspectivas.
Los clasicistas participantes (M. Martnez Hernndez, C. lvarez, R.M Iglesias) replantearon el estudio, la difusin
y la trascendencia de algunas de las obras
latinas del escritor, tan decisivas en nuestra historia literaria peninsular, rozando
slo una problemtica que, por sus
inmensas dimensiones, por su enorme
proyeccin, requiere el espacio mucho
ms amplio de varios proyectos de investigacin.
Especialistas del mbito cataln (L.
Bada, J. Buti, J.M. Ribera, J.L. Martos, a quienes se aadir en las Actas la
contribucin de B. Renesto, de la Universidad de Venecia) volvieron al estudio
de los textos claves de la historia de la
recepcin de Boccaccio en las letras cata-

Ressenyes

lanas, como las obras de Metge y Ros de


Corella, y en las Actas se podrn aportar
nuevos aspectos de la versin catalana del
Decamern cuyo estudio inici hace aos
el magisterio del Profesor M. de Riquer.
Los italianistas, en grupo ms reducido por el enfoque hispnico del Seminario, dieron cuenta de sus investigaciones
de muchos aos sobre el tema: G. Guidotti desde su especialidad de historia de
la lengua, M. Hernndez Esteban en su
estudio de aspectos estructurales e ideolgicos del Decamern, replanteando adems el anlisis de la versin castellana
antigua, en la que sigue trabajando en la
actualidad, y que habr que editar crticamente, para frenar los desmanes ya
cometidos.
En este intercambio enriquecedor particip activamente un nutrido grupo de
alumnos, profesores, investigadores y estudiosos a nivel nacional e internacional (lo
que no significa que pudieran asistir todos
los que en justicia habran debido estar);
no falt, por poner un slo ejemplo, la
presencia de M. Rodrguez Barcia, de la
Universidad de Vigo, que est ultimando su versin al gallego del Decamern
(sin olvidar el cotejo con la versin portuguesa del XVII), entre otros asistentes
que enriquecieron tambin, con sus enfoques y sugerencias, las limitaciones inevitables de un proyecto de trabajo como
este.
Podran ser tres las principales conclusiones: los numerosos caminos abiertos, o redescubiertos, para futuras
investigaciones, que quedan afianzados
por las coincidencias en las hiptesis, por
la confluencia de ideas. Por otro lado estn
tambin las muchas carencias que al final
de este tipo de acontecimientos se perciben con ms nitidez, las lagunas por llenar. Junto a las aportaciones quedan
tambin evidenciadas las mltiples parcelas por abordar; en este caso los grandes huecos por analizar se hacen ms
evidentes por el inmenso panorama de
gneros que Boccaccio traz para Italia,

Ressenyes

para Espaa y para buena parte de Europa, con una fuerza expansiva excepcional.
La tercera conclusin afecta al mtodo de
trabajo: el espacio cultural que acoge a lo
literario es tan denso y complejo, tan polivalente, que requiere esfuerzos comunes,

Quaderns dItali 6, 2001

203

desde las reas ms diversas. La historia


de la recepcin lo exige as por su propia
conformacin.
Mara Hernndez Esteban

PETRARCA, BRUNI, VALLA, PICO DELLA MIRANDOLA, ALBERTI,


Manifiestos del humanismo,
M. Morrs (ed.), Barcelona: Pennsula, 2000, 165 pgs.
El volumen de Manifiestos del humanismo nos presenta una serie de textos de
humanistas italianos del cuatrocientos
donde algunos de sus ms significados
protagonistas se definen frente a la sociedad y la cultura medieval de base escolstica, y de ah el ttulo de Manifiestos,
aunque no tengamos que tomar el trmino manifiestos en el sentido de un
movimiento organizado que tendr en
pocas posteriores, aunque s con plena
conciencia de s mismo. Tarea nada sencilla, desde luego, y que dentro del lmite del volumen en 165 pginas, sin notas
y con apenas unas perentorias ntulas
bibliogrficas, resuelve con holgura. El
volumen nos presenta en traducciones
castellanas una decena de textos esenciales para la comprensin del movimiento
humanista. Abre la seleccin de una forma
un tanto simblica, en cuanto fuente del
movimiento, un texto de Petrarca, la Subida al Ventoso, es decir, la epstola a Dionisio da Burgo San Sepolcro (Rerum
Familiarium libri, IV, I). Una ascensin
simblica que es tambin un recorrido
literario y una auscultacin tica y esttica de la personalidad desgarrada de Francesco Petrarca. Le siguen un par de
dilogos de Leonardo Bruni (tomados de
los Dilogos ad Petrum Histrum, 1401),
donde, en esencia, nos encontramos con
el vituperio retrico y la defensa elocuente
de la trada italiana (Dante, Petrarca, Boccaccio). La introduccin general y los cuatro prlogos, de los seis de que consta, de

las Elegantiae linguae latinae de Lorenzo


Valla (completadas en 1440), constituyen
cuatro textos dedicados cada uno de ellos
a un tema concreto, y que quieren ser
apologa desde diferentes puntos de vista
de la nueva cultura humanista y del latn
clsico ciceroniano. Constituyen de por
s un texto fundacional del humanismo
europeo. Basta recordar que el primero
de ellos lo dedica Valla a la relacin entre
la lengua latina y el imperio (translatio
studii) en una forma que el lector hispnico le recordar de inmediato la Gramtica (1492) de Nebrija. En ellos vemos
desfilar como pensamientos vivos y combativos los que, andando unas dcadas,
pasarn a ser tpicos del humanismo
triunfante del quinientos. La defensa de
la elocuencia, la gramtica como reina de
las ciencias, en contraposicin con la ciencia jurdica medieval, por una parte, pero
tambin frente a la teologa en el ejemplo egregio de San Jernimo (ser cristiano y tuliano), que nos recuerdan las
Anotaciones al Nuevo Testamento, y en fin,
el ennoblecimiento de las lenguas vernculas a travs del estudio de la lengua latina. El Discurso de la dignidad del hombre
de Giovanni Pico della Mirandola (Oratio, conservada en dos versiones de 1485
y 1488) desarrolla otro de los temas
centrales del humanismo. Finalmente el
volumen se cierra con tres Entremeses
(Intercenales) de Len Battista Alberti,
Religio, Virtus y Fatum et Fortuna tomados
del libro primero de las Intercenales (tex-

204 Quaderns dItali 6, 2001

tos redactados entre 1430 y 1437 y que


circularon manuscritos en la poca), y
donde de nuevo nos podemos encontrar
motivos y procedimiento de este humanismo temprano que se generalizarn
como temas favoritos de la Europa de la
centuria siguiente, como, por ejemplo, la
referencia al Somnium Scipionis en la ltima de las piezas citadas. Claro est que
una seleccin siempre puede resultar discutible por la serie de nombres incluidos
en un movimiento cultural tan rico y
variado, tan extremadamente complejo,
y que siempre se echarn en falta (Ficino,
Pomponazzi, por ejemplo) o textos no
seleccionados. Pero, en resumen, el volumen logra agavillar una serie de textos
esenciales del primer humanismo en una
seleccin que se extiende a lo largo del
cuatrocientos, y permite al lector, incluso al lector no especialista, un acceso rpido y directo a estos textos, bien traducidos
y seleccionados, y algunos de ellos vertidos
por primera vez al castellano.
Acompaando a los textos, el volumen se abre con una Presentacin y se cierra con un eplogo (El humanismo y sus
manifestaciones). En la Presentacin nos
encontramos con una rpida resea de
cada una de las piezas que integran la
antologa, as como un rpido perfil histrico y esbozo personal del autor. En el

Ressenyes

eplogo tenemos en diez estrictas pginas


un resumen de algunas de las perspectivas
principales del vasto complejo literario y
cultural que constituye el humanismo
europeo, comenzando con una detallada
explanacin del mismo trmino de humanismo y el apretado resumen de sus principales tesis de la mano de algunos de sus
ms sealados estudiosos (Burckhardt,
Kristeller, Rico, Nauert). Tambin aqu, y
en el lmite de sus escasas diez pginas,
ser fcil que cualquier lector eche en falta
algn aspecto o autor: por poner un ejemplo, la extraa ausencia de Eugenio Garin.
Pero no se trata de hacer una historia del
humanismo otra ms sino de proporcionar al lector unas perspectivas histricas bsicas para atacar los textos del
volumen dentro de una evidente economa de medios. Y hay que decir que ese
resumen epilogal cumple con acierto su
funcin culminando con una explicacin
histrica donde se detallan los perfiles
bsicos del humanismo, su significacin
esencial para la tradiccin cultural europea
y algunos de los motivos que estn en la
base de su xito, y entre ellos, el acierto
en asumir y responder a las aspiraciones
y las necesidades de la sociedad de su
tiempo.
Jorge Garca Lpez

Ludovico ARIOSTO,
Stiras,
edicin bilinge, traduccin, prlogo y notas de Jos Mara Mic,
Barcellona: Pennsula, 1999.
Le sette satire di Ludovico Ariosto non
erano state tradotte in castigliano, e presentate con introduzione e annotazione,
fino ad ora, fino a questo splendido volume che offre con tutta eleganza e chiarezza la traduzione affrontata al testo
italiano e, in appendice, un succinto apparato di note puntuali, sia storico-illustrative che linguistiche; ma per chi abbia

avuto occasione di ascoltare lautore della


traduzione per esempio in un corso di
dottorato su Luis de Gngora, e quindi
nella sua vera veste di filologo e di esperto di letteratura del Siglo de oro, vi era gi
stato, omaggio discreto quanto gradito,
il ghiotto assaggio della traduzione di
Ariosto satiro sotto forma del primo
libretto della serie Parva domus del

Ressenyes

Seminari dEdici de textos dellUniversit


Pompeu Fabra (Barcellona, 1997). Anche
in quelloccasione ledizione era bilingue;
conteneva la traduzione della I, della II e
della VI delle Satire e nella breve avvertenza Mic si dichiarava, tra laltro, in
attesa della prossima traduzione completa, con prologo e note. Ed eccola qui; si
apprezza in una simile operazione (accanto allampia selezione e traduzione del De
remediis utriusque fortune di Francesco
Petrarca, Pennsula, 1999) la costante passione degli studia humanitatis, lo sguardo
aperto sulluniverso umanistico-rinascimentale e sulle sue fitte trame geografiche e culturali, in una parola soprattutto
lintenzione appassionata di fare, come
quasi per diletto, ai grandi spiriti di unepoca doro amati, studiati, lestremo
omaggio possibile oggi, la loro circolazione e hoc erat in votis la loro lettura; infatti questa traduzione, nella veste
editoriale in cui si presenta, offre tutti i
pregi, e nessuno dei vizi, di unedizione
altamente e raffinatamente divulgativa.
Lessenza autobiografica una sola
cosa con lessenza moralistica delle Satire avvertiva Segre, e nel Prlogo Mic,
incisivo, fa il punto proprio sulla condensazione di epistola e satira oraziane
nella scrittura ariostesca che trasforma,
attraverso lassillo del verso, il disincanto
in ironia, lironia somma dellAriosto satiro (che senza lOrlando non si capirebbe,
come avverte il traduttore, ed vero anche
il contrario) che parla di s come di una
bestia da soma che a differenza delle altre
non accetta facilmente certi carichi, anzi
rompe il dosso, o che identifica lo stare
in corte con lesser servi, come cantano
aspri i famosi versi So ben che dal parer
dei pi mi tolgo / che l stare in corte stimano grandezza, / chio pel contrario a
servit rivolgo, III, 28-30. Nella veste
preziosa e insieme quotidiana delle terzine di endecasillabi, nella parola tagliente, le Satire lette oggi ci riportano unaltra
volta al non mai risolto problema della
libert e della vita di un artista e della sua

Quaderns dItali 6, 2001

205

relazione con la societ, problema che lAriosto fa bruciare vivissimo in molti dei
versi delle satire e che ha, per lui come
per noi, radice poetica, ossia vitale, nellinesauribile Tu proverai s come sa di
sale / lo pane altrui, e come duro calle
/ lo scendere e l salir per laltrui scale.
La traduzione passa dalle terzine di
endecasillbi allendecasillabo sciolto, nellimpossibilit di conservare la rima
(Notas, p. 140), impossibilit che nulla
toglie al pregio dei risultati e che rientra
perfettamente nel progetto di raffinata
divulgazione della collana (Crespo e Sagarra, ricreando la terzina dantesca, vissero
un altro spazio della traduzione e, evidentemente, di altra opera). La traduzione di Mic sempre di impeccabile
esattezza e nellinsieme si osserva che
riproduce abbassato e contemporaneizzato il tono apparentemente piano, e di
corrispondente umilt di stile, delloriginale, in cui lo scarto linguistico interno
a conservare e ad esprimere per accensioni ricorrenti il sostenuto delleleganza letteraria e dellorgoglio ferito. Nella generale
mediet realizzata dalla traduzione spiccano momenti linguisticamente e letterariamente notevoli, come I, 226-228: Si
quiere que le sirva (sin sacarme / del corrillo) con pluma e con tintero, / puedes
decir: Seor, mi hermano es vuestro
(Il qual se vuol di calamo et inchiostro
/ di me servirsi, e non mi tr da bomba,
/ digli: Signore, il mio fratello vostro),
in cui lattenzione cade sullespressione
sin sacarme del corrillo<e non mi tr da
bomba e la felice, letteralmente rotonda,
corrispondenza corrillo<bomba; come VI,
19-21: S que est la doctrina ms a
mano / que la bondad: hoy casi es imposible / que de su unin florezca brote alguno (So ben che la dottrina fia pi presta
/ a lasciarsi trovar che la bontade: / s mal
luna ne laltra oggi sinesta), che nella
riformulazione e dislocazione dei significanti conserva esplicitandola la metafora
dellinnesto, que de su unin florezca brote
alguno<s mal luna ne laltra oggi sinesta,

206 Quaderns dItali 6, 2001

anche metricamente compiuto; come V,


256-258: Si se equivoca alguna vez,
regala / sin ira y con amor: ya es buen
castigo / hacerla enrojecer sin coloretes
(Se pur talvolta errasse, lammonisci /
sanza ira, con amore; e sia assai pena / che
la facci arrossir senza por lisci), con la
ritmica soluzione sin coloretes<senza por
lisci.
Annotiamo infine due luoghi, tra i
molti, esemplari dellabbassamento o prosaicizzazione, spesso e utilmente spiegazione delloriginale, che caratterizzano la
traduzione: Hace que sienta menos la
pobreza; / que no desee la riqueza tanto
/ que mi libertad deje por buscarla; / que
no ambicione cosas imposibles, / que el
desprecio o la envidia no me coman / si
el seor llama a Celio o a Marn, / pues
no espero, en las noches de verano, / cenar
con el seor para ser visto: / no me
deslumbran esas vanidades; / yo voy solo
y a pie donde me lleva / mi deseo, y si
quiero ir a caballo / le amarro las alforjas
a la grupa, I, 166-177 (Fa che la povert
meno mincresca, / e fa che la ricchezza
s non ami / che di mia libert per suo
amor esca; / quel chio non spiero aver, fa
chio non brami, / che n sdegno n invidia me consumi / perch Marone o Celio
il signor chiami; / chio non aspetto a
mezza estade i lumi / per esser col signor
veduto a cena, / chio non lascio accecarmi in questi fumi; / chio vado solo e a
piedi ove mi mena / il mio bisogno, e
quando io vo a cavallo, / le bisacce gli
attacco su la schiena), in cui spicca la

Ressenyes

riformulazione que no ambicione cosas


imposibles<quel chio non spiero aver, fa chio
non brami; ancora, IV, 49-54: Yo no
mato, no hiero, no importuno / a nadie,
solo siento estar tan lejos / de la mujer
que siempre est conmigo: / no digo que
no sea yerro el mo, / ms no tan grave
que no pueda el vulgo / -que admite otros
peores- perdonarme (Io non uccido, io
non percuoto o pungo, / io non do noia
altrui, se ben mi dolgo / che da chi meco
sempre io mi dilungo: perci non dico
n a difender tolgo / che non sia fallo il
mio; ma non s grave / che di via pi non
me perdoni il volgo), tra sintesi fino alla
soppressione e aggiunte esplicative come
la mujer que siempre est conmigo<da chi
meco sempre: la traduzione toglie dubbio e magia ad Alessandra Benucci, colei
che tien del mio cor sola la briglia, IV
24, colei che riempie della sua assenza il
finale della satira VII, nella pudibonda
ironia che converte lamata in preterizione poetica oltre che biografica (le note di
solito salvano lanagrafe, e la poesia). Si
potrebbe continuare, riportando per
esempio le ultime tre terzine della satira
I, o citando puntualmente lincipit di ciascuna delle satire, perch la traduzione
suona allettante fin dallinizio; non si
farebbe altro, per, che insistere nellinvitare il lettor a prendere questa poesia e
a deliziarsene, tra le sapienti spine dellironia dei tempi, della vita, della lingua.
Maria Pertile

Ressenyes

Quaderns dItali 6, 2001

207

Girolamo DE MIRANDA,
Una quiete operosa. Forma e pratiche dellAccademia napoletana
degli Oziosi (1611-1645),
Napoli: Fridericiana Editrice Universitaria, 2000.
Girolamo de Miranda, estudioso de la
cultura napolitana de la poca barroca,
ofrece en esta nueva obra una parte de su
tesis doctoral, elaborada en el Departamento de Filologa Moderna de la Facultad de Letras de la Universidad Federico
II de Npoles, entre los aos 1991 y
1994. El resultado es una visin amplia,
documentada y bien contextualizada de
la produccin literaria de la Academia de
los Ociosos, de Npoles, as como la heterognea composicin social de sus
miembros, y la estrecha relacin que la
Academia mantuvo con las ms relevantes figuras polticas e intelectuales de
Npoles y Sicilia. A travs de sus pginas
se aprecia la actividad de la nobleza y del
alto funcionariado napolitanos, al servicio de la monarqua hispnica, y es posible realizar una valoracin diferente y
mucho ms matizada de la incidencia
poltica y cultural de las autoridades espaolas en el reino napolitano, gracias al
estudio del entorno de las cortes virreinales, en la primera mitad del siglo XVII,
en pleno apogeo de la cultura urea espaola.
El eje central conductor de la obra lo
constituyen las academias literarias y su
importancia a partir del siglo XVI, especialmente en Italia, que ostenta la primaca en Europa. Se analizan las relaciones
entre el poder poltico (forneo) y la sociedad napolitana a travs de estas instituciones culturales, con lo que, en breve
tiempo, las academias no solo adquieren
relevancia histrica sino que ejercen una
funcin complementaria de legitimacin
de las elites autctonas. El estudio concreto de la Accademia degli Oziosi, el
simbolismo de su nombre, la composicin social de sus miembros, vinculados
mayoritariamente a las ms ilustres fami-

lias de la nobleza napolitana (los Brancaccio, Carafa, Spinelli, etc.) as como la


estrecha vinculacin con los dominicos,
constituyen el marco previo al anlisis de
las actividades acadmicas llevadas a cabo
entre 1611 y 1645, ao este ltimo de la
muerte del principal impulsor de la Academia, Giambattista Manso, prncipe de
Villa. De esta etapa merecen destacarse
dos momentos directamente relacionados
con el dominio espaol. El primero coincide con el virreinato de Pedro Fernndez
de Castro, conde de Lemos (1611-1615),
en el perodo inicial de la Academia, cuyos
miembros fundacionales compartan un
mismo amor por la literatura. Una parte
destacada de las publicaciones, en latn o
en vulgar, responde a las composiciones
poticas destinadas a las ceremonias y fastos funerarios dedicados a los miembros
de la familia real espaola. Destaca en esta
tarea la colaboracin directa de Bartolom
Leonardo de Argensola, a la sazn estrecho colaborador del virrey. El conde de
Lemos supo aprovechar con habilidad sus
estrechas relaciones con la Academia, a
travs de la cual pudo mantener un dilogo abierto con las diversas facciones
nobiliarias napolitanas y asegurarse un
clima de cooperacin e integracin en la
administracin espaola.
La otra etapa digna de relevancia
corresponde al virreinato de Pedro Tllez
de Girn (1616-1622), duque de Osuna,
personaje de incuestionable cultura, pero
de modales polticos y diplomticos harto
diferentes de los de su predecesor. El
desinters por mantener y renovar una
eficaz burocracia, diversos problemas y
enfrentamientos con la alta jerarqua eclesistica napolitana o el distanciamiento
de la aristocracia local, tienen su reflejo
en un claro alejamiento de la Academia

208 Quaderns dItali 6, 2001

misma y sus miembros, centrada durante este periodo en la actividad teatral, la


exagerada devocin a santo Toms de
Aquino y el apoyo a los dominicos frente a la obsesiva proteccin de los jesuitas
por parte del duque de Osuna. No faltaron, sin embargo, los trabajos literarios,
especialmente destacables los de Giambattista Basile, a quien se atribuyen diversas ediciones crticas de obras en vulgar,
como las Rime de Bembo, junto a composiciones poticas propias, en italiano o
en espaol; esta actividad puede considerarse como paradigma del cambio operado en las preferencias literarias de la
Academia, abierta definitivamente a las
lenguas vulgares. A la vez que se conserva
el peso del grupo fundacional de la Academia, fiel al poder virreinal, fuese cual
fuese; grupo que manifest su adhesin
a Osuna encargando a Giambattista Basile un texto teatral, Il Giron, para celebrar
los triunfos navales del duque contra los
turcos. Los aos posteriores vieron desfi-

Ressenyes

lar por la Academia y la corte virreinal


intelectuales y poetas del prestigio de Giovanni Battista Marini, los hermanos
Argensola, Antonio Mira de Amescua o
el conde de Villamediana, de cuya colaboracin y adhesin puede considerarse
reflejo el Cancionero italoespaol, compuesto entre 1625 y 1635, originariamente dedicado al duque de Alba y,
posteriormente, completado con otras
composiciones dedicadas a Adriana Basile, hermana de Giambattista.
Un curioso apndice documental y
cronstico, con la edicin ntegra de los
estatutos de la Academia y diversos testimonios contemporneos, ajenos a la institucin, completan un sugerente y
amplio estudio, que ha sido capaz de
aunar y fundir el inters histrico y literario por una institucin y un perodo
harto significativos de la historia de Npoles.
Montserrat Casas

Dino CAMPANA,
Cantos rficos y otros poemas,
Barcellona: DVD ediciones, 1998.
Per quanto non si possa dividere la critica
del Novecento in detrattori di Campana
da una parte e in campanofili dellaltra,
il nome del Poeta traccia comunque un
confine che ha percorso le poetiche e le
antologie di quello che Hobsbawm avrebbe poi chiamato il secolo breve. Da un
lato si schierino i riduzionisti, da Contini a Mengaldo, passando per la stroncatura di Saba (era matto e solo matto);
dallaltro gli esaltatori, che vanno dalla
coppia neoavanguardista Anceschi-Sanguineti che nel Marradese ritrova il
centro propulsore delle esperienze espressionistiche del Novecento fino ad arrivare alla linea ermetica Bigongiari-Luzi,
per cui lorfismo diventa parola chiave in

una riappropriazione poetica che nega


lopposizione visivo/veggente. E perci
oltremodo imprecisa quella calata di tono
con cui Carlos Vitale, nel prologo alledizione spagnola, fa il punto sulla questione critica sostenendo che los Cantos
rficos convierten rpidamente a Campana en un mito de la poesa italiana del
siglo XX. Ma al di l di questi piccoli incidenti di percorso, il testo di presentazione e la cura del volume si rivelano, in
generale, senzaltro validi. Il lettore spagnolo viene infatti avvicinato alla figura
di Campana con unintroduzione che non
si limita come purtroppo avviene sempre pi spesso a un semplice scorcio
biografico ma riesce ad essere piacevol-

Ressenyes

mente divulgativo senza perdere di vista


le linee essenziali sullautore, sullopera e
sulla fortuna critica. Il tallone dAchille
, piuttosto, la mancanza di una nota
bibliografica sugli studi e le traduzioni di
Campana in Spagna: senza scendere in
giudizi di merito, bisognava dar atto almeno dellesistenza di unaltra versione dei
Canti Orfici in lingua castigliana portata
a termine nel 1991 da Pedro Lus Ladrn
de Guevara Mellado, che in fondo si a
lungo occupato del Marradese in vari
saggi e articoli. E non avrebbe poi sfigurato un elenco delle traduzioni parziali
pubblicate in passato, di cui la maggior
parte ad opera dello stesso Vitale (e si
segnala al proposito la sua scelta corposa
dei Cantos rficos pubblicata nel 1984 a
Saragozza per i tipi dellOlifante).
Tornando alledizione in esame,
comunque, dobbiamo attribuirle ancora
un altro valore preliminare. Le difficolt
tecniche nelle pubblicazioni di opere con
testo a fronte (o, come in questo caso, a
pi di pagina) sono particolarmente insidiose, per cui i refusi sono allordine del
giorno: qui, invece, bisogna constatare la
quasi totale correttezza della riproduzione delloriginale italiano.
Ma entrando infine nel merito della
traduzione, va riconosciuto lo sforzo con
cui Vitale ha cercato di aggiustare in spagnolo il linguaggio visionario di Campana. I migliori risultati vengono raggiunti
senza dubbio sul piano semantico e,
soprattutto, nei brani in prosa, quando
evidentemente il traduttore si sente sganciato da parecchie costrizioni formali. Lattacco con cui riproduce lincipit della
Notte , in tal senso, emblematico:
Ricordo una vecchia citt, rossa di mura
e turrita, arsa su la pianura sterminata nellAgosto torrido, con il lontano refrigerio
di colline verdi e molli sullo sfondo
diventa Recuerdo una vieja ciudad, de
muros rojos y torreada, abrasada sobre la
infinita llanura en el trrido agosto, con el
lejano alivio de colinas verdes y suaves al
fondo. Basta, in definitiva, la posposi-

Quaderns dItali 6, 2001

209

zione di un aggettivo (rojo) e la felice


soluzione di un sostantivo (alivio per
refrigerio) per dare una versione immediatamente convincente. Meno forte si
dimostra invece Vitale di fronte alla metrica campaniana. E lo sguardo non pu,
ora, non uscire dagli Orfici propriamente detti per vagare fra le altre poesie, alla
ricerca dellattacco del Notturno teppista, con cui questedizione spagnola si
chiude. Ripetiamo il famoso verso di apertura di Campana: Firenze nel fondo era
gorgo di luci di fremiti sordi. Nella versione di Vitale: Florencia al fondo era
un torbellino de luces, de estremecimientos sordos. Ecco: una minuzia come
quella virgola al centro diventa lindizio
pi chiaro della trasformazione. Si perso,
insomma, il ritmo anapestico, triadico e
infernale che sosteneva circolarmente tutto
il verso, e il sabbah metropolitano di
Campana si salva nella traduzione solo
fuori dalla metrica, merito del resto di un
sostantivo allungato e foneticamente ruvido come estremecimientos.
Stessa osservazione si potrebbe fare
per la traduzione di Batte botte. Anche
l il lettore trascinato ad imum dagli anapesti martellanti che riproducono i movimenti spasmodici della nave: Ne la nave
/ Che si scuote, / Con le navi che percuote / Di unaurora / Sulla prora / Splende un occhio / Incandescente. (E viene
in mente, a confronto/scontro, la placida malinconia catulliana del vecchio faselo presentato nei trimetri giambici puri
che scandivano il tonfo dei remi sulle
acque: PhasElus Ille quEm vidEtis
hOspitEs, / aIt se fuIsse nAviUm celErissimUs). Ma Vitale sceglie di non rispettare la catena accentuativa per giocare
tutte le sue carte sulla fonetica: En la
nave / Que se debate, / Con las naves que
percute / De una aurora / Sobre proa /
Brilla un ojo / Incandescente. Dove, si
noter, la consonanza se debate e percute rinsaldata dal titolo del componimento mantenuto il pi fedele possibile:
Bate botes. E il risultato devessere frut-

210 Quaderns dItali 6, 2001

to di un ragionamento sofferto dato che


lo stesso traduttore, nel 1989, nel florilegio campaniano Viaje a Montevideo y otros
viajes (Pamplona, Pamiela), si era accontentato di un pi anodino Pega botes.
Ma fermiamoci qui. La versione spagnola, anche nei passaggi pi ardui, rimane pur sempre credibile e godibile. Un
prodotto ben riuscito e ben curato, malgrado lorribile immagine in copertina:

Ressenyes

un biglietto scaduto della metropolitana


di Barcellona, la cui obliterazione rimanda alla data di morte del Poeta. Peccato,
perch Sergio Gaspar, factotum della
DVD, ci aveva abituati, con una grafica
moderna e aggressiva, a risultati certamente molto pi convincenti.
Francesco Ardolino

Antonio COLINAS,
Antologa esencial de la poesa italiana,
Madrid: Espasa Calpe (Coleccin Austral), 1999, 477 p.
Nos hallamos, sin duda, ante uno de los
poetas espaoles que en estas ltimas
dcadas ms inclinacin ha demostrado
hacia las letras italianas. En la presente
antologa sern muchos quienes perciban
el eco de los Poetas italianos contemporneos que Antonio Colinas public en
1977. Desde esa fecha ya lejana hasta
nuestros das, el autor ha perseverado con
regularidad en su trayectoria vertiendo al
castellano algunos de los textos ms
emblemticos de los siglos XIX y XX: Las
cenizas de Gramsci (1975), los Cantos de
Leopardi (1980), Cristo se par en boli
(1982), las Poesas completas de Quasimodo (1991), El jardn de los Finzi-Contini (1993). La Antologa esencial de la
poesa italiana que ahora nos ocupa recapitula los intereses y trabajos de todos
estos aos, pero no sera justo ver en ella
una simple refundicin de viejos materiales, por ms que recoja tanto traducciones leopardianas como un gran
nmero de las incluidas en la antologa
de 1977: versiones de Saba, Campana,
Cardarelli, Ungaretti, Montale y Quasimodo. Colinas ha sometido a revisin
cada uno de los textos recuperados, a la
vez que ha suprimido, sustituido o aadido poemas en todos y cada uno de los
autores. Lo ms significativo, sin embar-

go, es que la nueva antologa recorre toda


la historia literaria italiana, y satisface asistir a esta ampliacin cronolgica, habida
cuenta, por un lado, la vasta difusin que
garantiza la editorial en que el volumen
ha visto la luz y, por otro, la falta de antologas en lengua castellana de estas caractersticas desde la histrica de Juan Luis
Estelrich, publicada en 1889 y nunca reeditada.
Menor satisfaccin produce, en cambio, el criterio de Colinas como colector.
Y es que, pese al predominio de traducciones suyas, el volumen incluye otras de
diferente mano, hasta el punto de que
como el propio Colinas declara
podra hablarse de una antologa de traductores. Nadie esperamos nos acusar de dogmatismo o intransigencia si
afirmamos que resulta difcil conjugar la
disparidad de estilos y criterios en una operacin compuesta de esta naturaleza y
no se nos censurar en virtud de esa
misma heterogeneidad por haber tenido que renunciar en estas pginas a cualquier valoracin cualitativa de las
traducciones. Seleccionar y traducir no
parece, en suma, ser la doble cara de una
misma moneda, como el ttulo Antologa
esencial de la poesa italiana sugiere. Se pueden seleccionar traducciones y, por lo

Ressenyes

tanto, rendir justo homenaje a los ya clsicos Carlos Alvar (Dolce Stil Novo),
ngel Crespo (Dante y Petrarca), Luis
Antonio de Villena (Miguel ngel, Aretino y Sandro Penna), Jos Agustn Goytisolo (Pavese), Carlos Manzano (Bassani),
etc. Menos convincente resulta el intento
de mantenerse en un trmino medio,
sobre todo si se presta atencin a los homenajeados. No es que la mayora de los elegidos no se merezca el protagonismo que
les brinda Colinas, pero las ausencias resultan, pese a ello, desconcertantes. Digno
de elogio es que Colinas haya autoexcluido sus traducciones de Pavese en favor del
insuperado Jos Agustn Goytisolo, pero
es inevitable preguntarse qu lo ha inducido a prescindir de otras aportaciones
como, por ejemplo, las de Joaqun Arce
como traductor de Montale y Miguel
ngel o las de los latinoamericanos Horacio Armani y Carlos Vitale, autores a su
vez de meritorias antologas de poesa italiana contempornea. Una ltima observacin: por qu para Ariosto es escogida
la traduccin del siglo XVI de Jernimo de
Urrea? No resta homogeneidad al sistema comunicativo instaurado por la antologa? O bien, admitiendo que se abran
las puertas a las traducciones antiguas, era
la nica digna de aprobacin para el antlogo? Recurdese, sin ir ms lejos, el celebrado Aminta traducido por Juan de
Juregui, que aqu cede paso a un fragmento vertido por el propio Colinas.
Otros interrogantes surgen en lo que
respecta al valor representativo de esta
antologa y a la seleccin de autores. En
este sentido queremos sealar que el itinerario propuesto es, en general, extremadamente ulico y en ningn momento
se hace eco del ya ms que consolidado
reencuentro de la crtica literaria italiana
con la lnea jocosa, popular y plurilinge de su tradicin. As, por ejemplo, si
empezamos por el nutrido grupo de
medievales, se incluye a Giacomo da Lentini, pero se omite a Cielo dAlcamo. Se
ofrece una amplia gama de stilnovisti (si

Quaderns dItali 6, 2001

211

bien sorprende que entre los poemas de


Cavalcanti no se encuentren la cancin
doctrinal Donna me prega ni el celebrrimo soneto Tu mhai s piena di dolor)
y un atinado florilegio petrarquesco, frente a los cuales la nica presencia alternativa es la de Cecco Angiolieri, pues
incluso en un texto como la Divina Comedia, tan rico en registros, la seleccin
apunta unvocamente hacia la alta retrica. En la pica del Humanismo y el
Renacimiento se da cabida a Ariosto, no
a Pulci ni a Boiardo este ltimo, sin
embargo, bien representado como poeta
lrico, en llamativo contraste con la ausencia de Bembo y Tansillo. Menos en
consonancia con esta tendencia, y por lo
tanto de difcil explicacin, la ausencia de
Parini en el siglo XVIII y el escaso relieve
dado a Manzoni en el XIX, del cual Colinas traduce nicamente un fragmento del
Pentecosts (por qu romper la unidad de
una poesa?), y no la bella y famosa oda
Il cinque maggio, entre cuyas muchas traducciones existentes caba slo limbarazzo della scelta.
En lo que respecta al siglo xx, que
ocupa un tercio del volumen, Colinas
sigue fiel a sus preferencias monolinges, dejando muy en segundo plano las
corrientes vanguardistas y experimentales, adems de quedar notablemente anticuada la lista de autores. Las vanguardias
histricas quedan reducidas a un fragmento de un poeta menor como Soffici,
el nico futurista entre los antologados,
y dos poemas de Palazzeschi. De Gozzano se ofrece un fragmento insignificante
que nada dice sobre la originalidad del
autor de los Colloqui. Pocas son las voces
de la segunda mitad de siglo, y en parte
es comprensible, puesto que se ha decidido no incluir a ningn autor vivo aun
al precio de ignorar a Zanzotto y Mario
Luzi, pero habra que preguntarse por
qu no hay sitio para poetas fallecidos
como Caproni, Sereni, Fortini o Bertolucci y, sobre todo, qu ha impulsado
a eliminar a Pasolini, presente en la an-

212 Quaderns dItali 6, 2001

tologa de 1977, para sustituirlo por


Bassani.
Terminaremos mencionando el escaso protagonismo otorgado a las mujeres
en esta antologa: cincuenta y dos autores frente a tres autoras, todas ellas del
siglo XVI. Era necesario prescindir de
nombres tan reconocidos como los de Ada
Negri o Amelia Rosselli por citar slo
dos ejemplos de escritoras muertas?
Un poeta colector tiene todo el derecho
de hacer su antologa, pero en ese caso
hubiramos preferido que respondiera verdaderamente a ese gusto personal explicitando con mayor rigor los criterios
seguidos y asumiendo el riesgo de traducir todos los textos elegidos. En cualquier

Ressenyes

caso, sin analizar otras infracciones al criterio de representatividad, como el desajuste en la distribucin de textos por
autor, el simple hecho de que la edicin
no sea bilinge impedira responder positivamente al augurio con que se cierra la
premisa al volumen: nos sentiramos
satisfechos si el lector espaol, especializado o no, encuentra en las pginas que
siguen una referencia de primera mano
para una mayor y mejor aproximacin a
la poesa italiana de todos los tiempos.
La traduccin, por excelente que sea, no
es nunca una referencia de primera
mano. En poesa, menos an.
Helena Aguil

Giuseppe UNGARETTI,
El dolor,
prlogo de Antonio Colinas, traduccin de Carlos Vitale, Montblanc: Igitur,
2000.
Carlos Vitale aveva gi tradotto quattro
anni fa per Igitur/poesa il primo libro di
Ungaretti, LAllegria (1914-1919), ed ora
ritornato con il libro che, almeno nella
prospettiva di un oggi che considera il percorso artistico della vita dun uomo, forse
il pi grande del lucchese egiziano: Il Dolore (1937-1946). Con questa traduzione si
fa pi completa lideale mappa dellUngaretti poeta tradotto in volume, senza
contare le numerose antologizzazioni: Sentimento del tempo (1919-1935) stato rieditato insieme alla traduzione nuova de
La Terra Promessa (1935-1953) da Toms
Segovia (Gutenberg, 1998; cfr. Quaderns
dItali, n. 4/5); Il Dolore, che cade cronologicamente in mezzo alle due raccolte, esce ora, essendo da tempo introvabile
la storica traduzione di Vintilia Horia
(Madrid, 1958); possiamo leggere Il Taccuino del vecchio (1952-1960) nella traduzione di Luis Muoz (Valncia, 2000).
Il bel volume di Igitur offre intelligentemente, e come costume della col-

lezione, la traduzione e a pi della stessa


pagina loriginale; porta in seconda di
copertina la famosa nota autoesegetica
con la quale Ungaretti spiega nelle Note
da lui preparate insieme ad Ariodante
Marianni per la prima edizione nei Meridiani della Vita dun uomo, a cura di Piccioni, 1969, la ragion poetica pi
personale e profonda del Dolore, la morte
del suo bambino: So che cosa significhi la morte, lo sapevo anche prima; ma
allora, quando mi stata strappata la parte
migliore di me, la esperimento in me, da
quel momento, la morte. Il Dolore il
libro che di pi amo, il libro che ho scritto negli anni orribili, stretto alla gola. Se
ne parlassi mi parrebbe dessere impudico. Quel dolore non finir pi di straziarmi. (Piccioni, p. 543); tale nota,
accompagnata dallaltra nota con cui nel
1947 Ungaretti introduceva ledizione
sempre mondadoriana negli Specchi,
riprodotta allinterno del volume, precede la traduzione, ed un peccato che

Ressenyes

unincongruenza tipografica, parificando


la nota dautore con la nota redazionale
di Marianni, guasti un po laccuratezza
della veste editoriale e soprattutto loperazione utilissima di tradurre anche le note
dautore cos come stanno nelledizione
di Piccioni.
Il Prlogo di Antonio Colinas, di
notevole densit interpretativa, propone
fin dal titolo, Regreso a la alegra desde el
dolor, una suggestiva visione del libro
come maturazione della vera allegria che
nasce di ritorno dal dolore: Al revs
de lo que la cronologa y los ttulos de sus
libros parecen indicarnos (al dolore por la
alegra), en este libro, ya plenamente de
madurez, hay un viaje sutilsimo y formalmente muy logrado de ese dolor que
da ttulo al libro a una alegra mucho ms
definitiva. No est ahora el lector ante esa
alegra fugaz, instantnea, de sus poemas
breves, ante el fogonazo del hallazgo inspirado, sino frente a una alegra que brota
como en el musical clamor beethoveniano de las mismsimas races del
dolor (p. 12); visione suggestiva, illustrata con forza dal parallelo musicale, ma
che, personalmente, non ci sentiamo di
condividere, sia perch LAllegria ci risulta difficilmente convertibile da titolo a
contenuto folgorantemente ingenuo del
primo lavoro ungarettiano (che non per
essere il primo n per altra ragione manca
di piena maturit, al contrario ci sempre sembrato nato tutto intero come
Minerva dal capo di Giove), sia perch
forse allegria e dolore non sono pi n
presenti n adoperabili, una volta oltrepassate certe soglie, come gli ultimi quartetti sembrano indicare. Nella maggior
parte del Prlogo Colinas espone con un
discorso estremamente tagliente e appassionato i contenuti storici e civili che il
libro ungarettiano trasfigura e che sono
uno dei tre temi del Dolore: la tragedia
della seconda guerra mondiale e luniversale strazio del massacro fratricida, in cui
Colinas legge lanelito metafisico che vive
nellinvocazione del poeta a un angelo del

Quaderns dItali 6, 2001

213

povero, a pecorelle e ad agnelli dispersi,


al Santo che soffre, a una Patria che si fa
esilio. La memoria del fratello morto e la
perdita del figlio bambino sono, come si
sa, gli altri due temi, in parole di Ungaretti: Tutto ho perduto fu scritto in
memoria di mio fratello; in Giorno per
giorno e nel gruppo Il tempo muto, presente Antonietto, mio figlio, perduto in
Brasile; nelle altre poesie, Il Dolore pi
particolarmente ispirato dalla tragedia di
questi anni (Piccioni, p. 543; El dolor,
p. 17); dopo lampia riflessione sulla guerra, nel penultimo paragrafo del Prlogo
leggiamo: Sin embargo, para terminar,
ms all de los smbolos y soluciones,
no hay que olvidar que este libro naci
bajo el influjo de un duro hecho que el
autor reconoce como tragedia de estos
aos. Me refiero a la muerte de su hijo
Antonietto, e non sappiamo come conciliare la dichiarazione dautore con la lettura qui offertane.
La traduzione che Vitale ha fatto delle
sedici poesie del Dolore ci sembra nellinsieme bella, muovendosi con equilibrio
instabile e personalissimo tra i due poli
della limpida e sempre elegante letteralit
(fin dove, ovviamente, sia possibile) e del
cambio, o riformulazione o trans-scrittura, se non addirittura della radicale interpretazione del frammento poetico, con
interventi che vanno dalla punteggiatura
modificata, aggiunta di solito piuttosto che espunta allinversione sintattica, dal trattamento degli articoli alla
sostituzione apparentemente sinonimica
di verbi e nomi, e, nel cambio, da una
generale felicit di soluzioni a pochi punti
che non ci sembrano convincenti, come
vediamo subito. Del primo polo ci sembra completamente esemplare Il tempo
muto (p. 41), per sobriet e coincidenze
anche ritmiche; qualche altro esempio,
per frammenti: He vuelto a las colinas,
a los pinos amados, / Y del ritmo del aire
el patrio accento / Que ya no oir contigo / Me quiebra en cada soplo (Sono
tornato ai colli, ai pini amati / E del ritmo

214 Quaderns dItali 6, 2001

dellaria il patrio accento / Che non riudr con te, / Mi spezza ad ogni soffio;
Giorno per giorno, 10, p. 32); Veo ahora
en la noche triste, aprendo / S que el
infierno se abre sobre la tierra / A medida
que el hombre se sustrae, loco / A la pureza de Tu pasin (Vedo ora nella notte
triste, imparo, / So che linferno sapre
sulla terra / Su misura di quanto / Luomo si sottrae, folle, / Alla purezza della
Tua passione, Mio fiume anche tu, 2, p.
64, in cui per i cinque versi delloriginale sono diventati una quartina); En las
venas, ya casi vacas tumbas, / El an galopante afn, / En mis huesos que se hielan
el guijarro, / En el alma la aoranza sorda,
/ La indomable maldad, disuelve; (Nelle
vane gi quasi vuote tombe / Lancora
galoppante brama, / Nelle mie ossa che
si gelano il sasso, / Nellanima il rimpianto
sordo, / Lindomabile nequizia, dissolvi,
primi versi di Nelle vene, p. 56; si noti la
punteggiatura nel primo verso in traduzione). Nel polo del cambio annotiamo
due fatti ricorrenti, quasi stilema della traduzione: le inversioni sintattiche, sia allinteno del verso sia passandone la misura,
e il trattamento dellarticolo: Quin sabe
qu otros horrores / Me traern los aos
[] Busco en el cielo tu rostro feliz []
Una enfurecida tierra, un desmedido mar
(Mi porteranno gli anni / Chiss quali
altri orrori [] In cielo cerco il tuo felice volto [] Inferocita terra, immane
mare, Giorno per giorno, 3, 7 e 9, p. 28,
30 e 31); Que la espera sin tregua del
mal [] Por la ascensin de los milenios
humanos; / Ahora que, ya alterada, transcurre la noche, / Y aprendo cunto puede
padecer un hombre; / Ahora mismo,
mientras el mundo, / Esclavo, en una abismal pena se ahoga (Che di male lattesa senza requie [] Per ascensione di
millenni umani; / Ora che gi sconvolta
scorre notte, / E quanto un uomo pu
patire imparo; / Ora ora, mentre schiavo
/ Il mondo dabissale pena soffoca; Mio

Ressenyes

fiume anche tu, 1, p. 61-62); Tienen un


imperceptible susurro (Hanno limpercettibile sussurro, Non gridate pi, p. 72).
Sinonimie, che annotiamo frammentariamente: Y el rostro ya demacrado E
il volto gi scomparso; Corriendo sobre el
peso del aire inmvil Correndo nel
peso dellaria immota; Mente fecunda
Genitrice mente; Invicto prolongaba, mortificndose Invitto macerandosi protrasse; Del verdadero amor Dellamore
non vano (verdadero non vano ci sembra discutibile); El vano renovarse / De
arena que se mueve Il riversarsi vano
/ Di sabbia che si muove (renovarse
riversarsi ci sembra invece particolarmente
efficace). I punti non convincenti: Y te
amo, te amo, y es una continua afliccin! (E tamo, tamo, ed continuo
schianto!, Giorno per giorno, 8, p. 30);
Reconfortado por pertinaces humos (Da
pertinaci fumi risalito, Defunti su montagne, p. 60); An podra, / En un descuido, estrechrtela / De nuevo, hermano
(Ancora potrei, / Di nuovo in uno slancio doblio, stringere, / Fratello, una
mano, Se tu mio fratello, p. 24).
Ci sembra di poter concludere dicendo che, nellinsieme, il testo tradotto
appiana le complicazioni dello stile spesso nominale ed ellittico delloriginale, con
lintenzione palese di tradurre due volte
e quasi sempre in direzione di una certa
prosaicit; sembra insomma che il traduttore si preoccupi pi della comprensione, da parte del lettore, dei contenuti
lirici che dello strumento attraverso il
quale essi passano e con il quale, evidentemente, nelloriginale coincidono
inscindibilmente, preoccupazione (e contraddizione) obbligata di ogni tradurre
(di ogni poetare?) ma che dovrebbe essere transitoria, di passaggio verso la ri-creazione delloriginalit in un altro luogo, in
unaltra lingua appunto.
Maria Pertile

Ressenyes

Quaderns dItali 6, 2001

215

Pietro BENZONI,
Da Cline a Caproni. La versione italiana di Mort crdit,
Venezia: Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 2000.
Negli ultimi due decenni Giorgio Caproni
stato senza dubbio uno dei lirici novecenteschi le cui quotazioni nella borsavalori letteraria sono salite ed hanno
trovato una fortuna critica di grande solidit. I segnali di questo passaggio da una
condizione di appartata minorit (le antologie di Contini e Sanguineti lo avevano
consegnato ai margini del dibattito poetico, preferendo esperienze o di stilismo
pi prezioso o rotture formali dai segni
politici pi marcati) ad una di centralit
nel canone stanno tutti sia nellalto grado
di attenzione critica alla sua opera (si va
dalle monografie di Surdich, della Dei,
della Frabotta, ai Convegni tematici a lui
dedicati, con Genova soprattutto come
sede naturale del polifonico concerto critico, per finire nellapoteosi postuma del
Meridiano della Mondadori, affine ad
unedizione critica, grazie ad un apparato di note monumentale e puntiglioso
curato dal giovane filologo friulano Luca
Zuliani). I contributi sono stati molti ed
hanno svariato nelle variate direzioni che
lattivit creativa di Caproni ha tenuto,
perseguendo la totalit di unesperienza
di scrittura che ha occupato un sessantennio: sono state riunite da Raboni (La
scatola nera, Garzanti, 1996) le molte
pagine critiche sui contemporanei, uscite
alla spicciolata su quotidiani e settimanali italiani, sono state ristampate le aspre
prove narrative nel racconto di media lunghezza, e sono state accorpate per la prima
volta le innumerevoli traduzioni liriche
dellautore (Quaderno di traduzioni, Torino, Einaudi, 1998) dal francese (Char,
Apollinaire, Frenaud, Prvert, Baudelaire) e dallo spagnolo (Garca Lorca e
Manuel Machado).
Era nellintroduzione a questo volume che Mengaldo accennava ad un lavoro critico notevole, ma ancora inedito, di

un giovane dottorando a lui prossimo,


lavoro che apportava dati e osservazioni
interessanti sulle costanti stilistiche delle
traduzioni di Caproni, nella fattispecie
quella, ardua, impervia, di Mort crdit
di Cline. Ora il contributo in questione
uscito presso le edizioni dellIstituto Veneto di scienze, lettere ed arti (P. Benzoni,
Da Cline a Caproni. La versione italiana
di Mort crdit, Venezia, 2000), e ad esso
dedicher le righe che seguono.
La prospettiva critica, il taglio metodologico, che affiora subito dallindice (la
materia argomentativa si divide in Punteggiatura e sintassi, Trame di suoni,
Lessico e modi della traduzione, poi
ulteriormente suddivise) quello della stilistica comparativa e individualizzante (si
hanno presenti i campioni analitici di
Contini su Gadda e Bacchelli traduttori,
i numerosi interventi di Mengaldo su
poeti traduttori come Solmi, Sereni, Fortini, Luzi e lo stesso Caproni), congiunto
ad una forte attenzione ai fatti di storia
generale della lingua. Il lavoro di Benzoni prende labbrivio da un raffronto tra i
due sistemi linguistici del francese e dellitaliano, insinuandosi nel corpo delle
compagini narrative, per dedurne a poco
a poco differenti opzioni estetiche. Se,
infatti, la prosa narrativa di Cline eccezionale, non solo per merito di un vocabolario svariante e sterminato, ma per
scansione ritmica e inventivit analogica,
lo studioso mostra come il traduttore non
si ritragga intimorito ma reagisca estrosamente, sciorinando trovate, gareggiando in incandescenze. Caproni, si sostiene,
d vita ad un organismo linguisitico indipendente, e lo fa, naturalmente, allontanandosi dalle soluzioni pi letterali, con
variazioni profonde che vanno lette allinterno di un sistema di compensazioni.
Soprattutto si tiene conto della non-coin-

216 Quaderns dItali 6, 2001

cidenza della strumentazione linguistica:


il francese popolare e largot non hanno
un equivalente in Italia, Benzoni lo sa
bene e mostra come il traduttore da una
parte non assecondi lanarchia grammaticale delloriginale, le sue emotive slogature sintattiche, dallaltra rimpolpi il
fraseggio pi continuo e fluido della traduzione, esplorando le risorse del toscano popolare, con fini di giocosa e corposa
espressivit. Si rileva anche come unaltra
mossa, agonistica, di Caproni sia stata
quella di sfruttare pienamente le qualit
plastiche dellitaliano, la sua elastica capacit di far germinare nuovi vocaboli o
nuove suggestioni verbali da combinazioni e formazioni inconsuete, inserzioni
di prefissi o suffissi, agglutinamenti. E in
questo modo che lirriducibile (intraducibile) espressionismo lessicale di Cline
pu trovare un equivalente italiano allaltezza (Benzoni non manca di contestualizzare la versione negli anni sessanta,
quando la menippea linguistica di Gadda,
e i pasticci stilistici dei narratori, Testori,
Bianciardi, Arbasino, erano esperienze
allordine del giorno).
Se nei capitoli che abbiamo indicato
quello che prevale un andamento analitico-descrittivo, attento alla schedatura
dei fenomeni, concreto nei rilievi, le conclusioni, come devono, spiccano un salto
oltre, stringono in efficace sintesi interpretativa la dispersivit dei dati testuali.

Ressenyes

Limpressione che tra loriginale e la


traduzione vi sia una sfasatura sostanziale per cui il fondo rabbioso e violento
della narrazione celiniana risulta smorzato. Questa sfasatura viene ricondotta alle
sue origini psico-ideologiche, alla differenza tra il nichilismo misantropico del
francese e il pensiero ateologico, ma tremantemente umanistico, del poeta genovese, tra liraconda furia iconoclasta di
Cline e la disperazione calma/senza
sgomento di Caproni. Quello che si viene
alla fine configurando da questa esperienza
di traduzione una sorta di letteraria
avventura nel dissimile, un impulsivo atto
damore, un atto temerario (secondo
parole posteriori dellautore stesso) diperdimento in un alterit, che diventa
scoperta di un s, anche stilistico, altrimenti sconosciuto. E come se in Spagna
a tradurre la lirica di Caproni fosse un
narratore e un lirico basso e gergale, maledettistico, come Sanchez-Ostiz: la situazione si rovescerebbe, da affrontare
sarebbe un melodismo insidioso, un fraseggio di rime insistite, che nasconde, non
ostenta, nella sua fluidit appena elegantemente inceppata, uno psicologismo
attorto e ombroso; da mettere da parte
sarebbero gli iterati artifici delle sperimentazioni oraleggianti, le fosche e risentite armi dellespressionismo linguistico.
Piero Dal Bon

Antonio TABUCCHI,
Si sta facendo sempre pi tardi,
Milano: Feltrinelli, 2001, p. 230.
Dopo quattro anni da La testa perduta
di Damasceno Monteiro, Tabucchi ha
pubblicato Si sta facendo sempre pi tardi
(marzo 2001), un romanzo epistolare
modulato su diciasette voci maschili e
due femminili che si sovrappongono
nella lettera di Atropos-Arianna. Sinceramente, dopo aver frequentato per molti

anni la narrativa di Tabucchi, non so dire


se lultimo Si sta facendo sempre pi tardi
sia un libro atteso, sia solo una scadenza
editoriale o, come dice il protagonista di
Te voglio, te cerco, te chiammo, te veco, te
sento, te sonno, sia la raccolta di quanto
Tabucchi ha composto in questi anni.
Lautore del resto ci ha fin troppo abi-

Ressenyes

tuati a queste perplessit poich, escludendo i romanzi o racconti di pi immediato successo, nota la patina di
ambiguit che avvolge le sue storie e ancor
pi le domande che provoca nel lettore.
Anche in questa occasione gli interrogativi
non mancano perch alla lettura tutto riecheggia e la sensazione del gi letto, sentito o visto, prevale. Il lettore non pu
che provare un certo imbarazzo in quanto lattuale libro dominato da una forte
circolarit, volutamente non dissimulata,
con la precedente produzione. Non solo
si citano o menzionano i romanzi pubblicati causando claustrofobiche iterazioni alla Sostiene Pereira, ma il fil rouge
di molti testi lattacco ex abrupto di Any
where out of the world (in Piccoli equivoci
senza importanza) di cui esempi chiari
possono essere gli inizi di Forbidden
Games o A cosa serve unarpa con una corda
sola? E il richiamo insistente tanto da
provocare una sensazione di fastidio in
chi legge; i mittenti ci obbligano a seguire un loro itinerario a dir poco carsico che
attraversa queste lettere-racconto fino al
taglio perentorio dellAdesso. Ora. Subito della diciottesima lettera. La volont di
depistare confondendo con i molti rimandi musicali, fotografici e letterari una
prassi conosciuta della sapiente gestione
testuale di Tabucchi, anche se qui sembra venir meno quel patto autoriale fin
ora mantenuto con il lettore. In un monologo evocativo e amaro i diciotto scrittori parlano di un amore lontano, perduto
o sognato, un amore condizionato dalle
regole della vita a cui nessuno pu sottrarsi: per chi le infrange o le nega c solo
il silenzio. Aleggia su tutto il libro un
senso di rimpianto, di malinconico sguardo al passato con la presente coscienza
che quello che stato non si pu n
modificare, n far rivivere. Una sorta di
tristezza che non si ferma nemmeno
davanti allinfantile vendetta di Buono
come sei, ai viaggi alla Walser o alla diciottesima lettera di Arianna. Il titolo, il refrain
di come vanno le cose. E cosa le guida:

Quaderns dItali 6, 2001

217

un niente e il finale risolutivo dellultima lettera suggeriscono il sentimento della


perdita, la consapevolezza dello scorrere
del tempo, la coscienza che i giochi sono
fatti e che impossibile far tornare quanto gi stato come, non a caso, ricorda il
genere usato, scritto sempre in assenza del
destinatario e basato sulla distanza. La
veste epistolare gi utilizzata, e mai in funzione neutra (vedi Il gioco del rovescio,
Donna di Porto Pin, I volatili del Beato
Angelico), fa nascere il sospetto che Tabucchi sfrutti un genere minore per parlarci dello status della scrittura e di
unesistenza sofferente che ha questa volta
come centro lamore, simbolo dellalterit, della ricerca e dellinseguimento dellaltro o di se stessi. Ed un amore fatto
di ricordi, ma anche di rancore in Buono
come sei, di occasioni perdute in cui le
scelte imposte dalla vita hanno determinato la lontananza dalla persona amata.
Ma se la traccia sentimentale guida con
una scrittura affascinate e coinvolgente il
lettore va anche detto che questa certamente non lunica chiave di lettura.
Diversamente non si possono spiegare le
lettere di Libri mai scritti, viaggi mai fatti
in cui chiarissima linfluenza bartlebiana di Vila-Matas, il preferisco di no in
Vigilia dellAscensione o in Occhi miei chiari, miei capelli di miele lettera-racconto in
cui la destinataria si innamorata di un
uomo che scrive libri solo mentalmente.
Quel Robert Walser di cui Vila-Matas
scrive saba que escribir que no se puede
escribir, tambin es escribir lo stesso a
cui Tabucchi dedica Sono passato a trovarti, ma non ceri. Frequenti le ripetizioni e le riprese che creano ambiguit fra le
istanze dialoganti dellio il motivo della
lettera e quelle formali-poetiche della
scrittura. La scelta del romanzo epistolare, che lautore non esclude sia basato
su lettere damore ci spinge ad interrogarci sullintersezione del soggettivo del
sentimento con loggettivo della scrittura, del privato della storia con il pubblico del mezzo, della presenza con lassenza.

218 Quaderns dItali 6, 2001

La fusione e lo scollamento dei due piani


contrapposti se da un lato accrescono la
magia della lettera, anche indirizzata a
se stessi, dallaltro non permettono al
libro di trovare sempre una propria misura. Mentre lautoreferenzialit martellante e il citazionismo rischiano di bloccare
la scrittura, i motivi palesi della lettera
(lappuntamento o il saldo con laltro e/o
con il passato) e le ragioni pi intrinseche (la ricerca di un senso, i motivi che
spingono alla stesura oscillanti fra monologhi interiori e intenti dialoganti con il
lettore) aprono la prospettiva meramente
individuale allorizzonte ontologico e
metalettario. Si sta facendo sempre pi tardi
quindi, pur rappresentando la mappatura di una geografia dellanima inedita
subordinata alle coordinate temporali simbolicamente raffigurate dallequinozio settembrino, suggerisce anche la volont di
andare oltre la scadenza del vissuto, di sottrarre la scrittura al contingente, di venire a patti con la mancanza di senso della
vita. Le lettere sono scritte a chi non c
pi, anche ai morti, rivisitando quelle voci
(Kavafis) che da sempre accompagnano
la prosa tabucchiana e che qui si fondono con le parole dei mittenti. Lequivoco messaggero che porta in s il segno
dellepisodicit, della falsit e del frammento pu rovesciare il proprio status e
prospettare ununit attraverso la ripetizione della frase menzionata, lequinozio,
il frattempo, lo specchio, il silenzio, la
finestra e non ultimo, la struttura a
romanzo. Quindi la scrittura s falsificazione della realt, gioco semantico tra
le varie lingue (alvido/olvido), ma anche
unico scampo allo scorrere del tempo.
Cos se da un lato viene rincorso il mito
bartlebiano del silenzio, dallaltro si affer-

Ressenyes

ma che Lettera al vento stata sottratta ad


un romanzo non ancora scritto ma gi
esistente tantoch, il congedo dalle storie querule dei propri personaggi che
Adesso. Ora. Subito devono tacere, pare
poco probabile. Come non mai, con il
chiaro rischio delleccesso, lautore usa
babelicamente tutti i linguaggi possibili
siano essi fotografici, pittorici, musicali,
letterari o idiomatici (uzbeco, ladino sefardita, portoghese, tedesco, inglese, francese, napoletano) e questa schizofrenia
dellespressione anche specchio dello
smarrimento dei diciotto mittenti che
sondano i territori ignoti dellamore. Le
perplessit iniziali non si sono risolte, convivono piuttosto con la convinzione dellimpegno formale e poetico di questo
libro che saluto con piacere. Il gioco sottile che interpella lesperienza del lettore
(chi non ha ricevuto o scritto / non scritto una lettera?) mettendola a confronto
con il testo anche la scommessa dellautore, e nostra, di formulare unaggiornata tavola di valori o di ipotizzare
lapertura di una nuova fase (Luperini)
che caratterizza la narrativa odierna. Spinte diverse muovono questo libro e solo
integrando la cifra sentimentale con la letteraria si pu entrare nei complessi labirinti
umani dellalterit e della frammentazione dellio che da sempre caratterizzano
laccattivante prosa di Tabucchi segnata
pi dalla riflessione che dalle facili risposte. Ai destinatari di Si sta facendo sempre
pi tardi spetta quindi una lettura contrassegnata da una volont interrogante e
orientata a ripercorrere i codici, anche esistenziali, del nostro tempo.
Nieves Trentini

Ressenyes

Quaderns dItali 6, 2001

219

Isabel TURULL,
Diccionari de paranys de traducci itali-catal,
Barcellona: Enciclopdia Catalana, 2001.
A che serve un dizionario di falsi amici?
E come va consultato? Certo, normalmente si parla di strumento di base per
gli studenti, gli studiosi, i traduttori o i
professori di lingua, ma nessuno poi viene
a darci delle istruzioni concrete per luso.
difficile immaginare un qualunque lettore, impegnato nellinterpretazione di
un testo in unaltra lingua che, di fronte
alla parola che gli pare sospetta o il cui
senso allinterno della frase gli sembra
assurdo, si scomodi per cercarne la definizione in un dizionario del genere. La
cercher, piuttosto, in uno bilingue (se
c) o direttamente in uno monolingue
ammesso che la sua conoscenza della
lingua straniera sia sufficiente a fornirgli una comprensione accettabile. Allora,
un lavoro come quello di Turull semplicemente uno studio lessicale destinato
a far bella presenza negli atti di un qualsiasi convegno di linguistica comparata?
No. O meglio: non solo. Infatti, lopera
in questione senzaltro uno splendido
esempio metodologico di un approccio
contrastivo serio e pragmatico; ma anche
un testo di lettura indispensabile per
chiunque sia interessato a qualunque
livello professionale ai rapporti tra la
lingua italiana e quella catalana. In altre
parole, ora che questo dizionario a
disposizione dei lettori, la sua conoscenza diventa obbligatoria e peccher automaticamente di dilettantismo chi si vorr
concedere il lusso di cadere negli errori di
traduzione messi in luce da Turull. Insomma, unopera da leggere, rileggere e posare sul comodino pi che accanto al
computer, poich la sua funzione propedeutica e non correttiva: proprio per
questo, bisogna armarsi di umilt e consultarla per filo e per segno.
Ci si accorger, allora, della rigorosa
sistematizzazione di un corpus che tocca
svariati piani stilistici; e con motivi pi

che validi, dato che non assurdo pensare che anche uno studioso ben preparato
possa incappare nei tranelli tesi dalla confusione fra it. monopattino e cat. patinet
da una parte e it. skateboard e cat. monopat dallaltra. Altre volte, invece, la definizione del dizionario diventa uno stimolo
ad ordinare e a far emergere alla coscienza nuove classificazioni, per cui le esemplificazioni della coppia it. risultare/cat.
resultar non coprono forse del tutto la
casistica ma fanno chiarezza su vaste zone
dombra e danno lincentivo al lettore per
proseguire da solo su una strada gi correttamente impostata.
Ma un dizionario come questo fatto
per essere discusso, criticato (con cognizione di causa) e, infine, personalizzato,
non per essere accettato supinamente. Chi
scrive questa nota dissente, per esempio,
dallincorporazione del binomio it. ancora/cat. encara, perch, in situazioni di questo tipo, le ambiguit sono cos palesi che,
ad ammettere la necessit di spiegarle, si
dovrebbe aumentare a dismisura il numero delle entrate. Lo stesso valga per linserimento dellit. teoria nel senso di fila,
coda, talmente specifico da non poter
essere considerato alla stregua di un vero
e proprio falso amico. E poi, in termini
di equilibrio interno, tali presenze non
sono giustificate da alcune lacune (poche,
a dire il vero) che sarebbe stato logico
riempire, come per it. bilancio e bilancia
di fronte ai corrispettivi cat. balan e
balana. O, allinterno delle varie significazioni di roba nei due idiomi, non sarebbe forse stato fuori luogo segnalare anche
la coincidenza del termine catalano con
lit. panni. Cos, si stenta a condividere la
posizione di Turull che evita les paraules que en itali tenen un s vulgar o una
segona accepci en registre vulgar. Le
ragioni dichiarate dallautrice nellintroduzione rimandano a problemi di

220 Quaderns dItali 6, 2001

dimensione dellopera e, del resto, un


avvertimento sui fondamentali (it. scopare e simili) facile trovarlo. Ma viene
il sospetto di unesagerata pudicizia nellattribuire a sinonimo dellit. trescare (la
moglie con il cognato) un insipido amoreggiare (disonestamente), al quale avremmo preferito un pi colloquiale se la faceva
(con).
In generale, ottima la scelta delle
frasi e la relativa traduzione. Le inesattezze sono davvero minime ma vanno
segnalate. Per cui, puoi voltare la frittata quando sia cotta da una parte di
certo un calco un po frettoloso dal catalano, e di un italiano incespicante
potresti badare alle mie piante mentre
manco?. In ultimo, si segnala anche laccezione forzata dellit. rimandare nella traduzione della frase si em tornen a
suspendre el llat, canviar de facultat!,
dove bocciare sembrerebbe pi logico oltre
che appropriato.
Ci si soffermati solo sugli errori, reali
o presunti, che sono limitatissimi e puntuali. Ma lopera rappresenta veramente
un salto in avanti rispetto ad altri testi

Ressenyes

comparabili; e poi, diciamoci la verit,


anche qualche dizionario italiano monolingue di altissima qualit ha il suo tallone dAchille proprio nelle tabelle dedicate
ai falsi amici con le altre lingue (tanto che
spesso viene da chiedersi che bisogno ci
sia di inserirle).
Nel campo della catalanistica, invece,
rispetto al Diccionari de paranys de traducci francs-catal, sempre dellEnciclopdia Catalana, il volume di Turull ha
un terzo in meno di pagine ma, anche ad
un rapido confronto, le dimensioni non
determinano un valore aggiunto, soprattutto se, come nel caso qui analizzato, ci
si decanta a favore della razionalit e della
coerenza. Inoltre, se si pensa che lautrice ha dovuto lavorare senza poter consultare la versione definitiva del volume
Itali-Catal dellEnciclopdia Catalana,
in fase di stampa al momento della stesura di questa recensione, bisogna veramente parlare di un lavoro pioneristico.
E, al tempo stesso, straordinariamente
maturo.
Francesco Ardolino

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