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uaderns
D ' I tali
6
Maschile / femminile
nella lingua e nella letteratura italiana
Mascul / femen
a la llengua i a la literatura italiana
ndex
Quaderns dItali
Nm. 6, p. 1-222, 2001, ISSN 1135-9730
Dossier
9-18
19-36
37-52
Anna Santoro
Creativit ed etica della lettura di genere
53-81
Raffaele Pinto
La selva e il colle. La ermeneutica dei generi nel primo canto
dellInferno
83-100
Rita Librandi
Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena
Index
9-18
Abstract
Questo articolo esamina alcuni contributi recenti sul sessismo linguistico, con riferimento specificamente allitaliano. Si toccano questioni di carattere teorico e ideologico (compresa quella del politicamente corretto) oltre ad esempi di natura grammaticale e lessicale:
in particolare le parole che designano attivit professionali esercitate da donne, e luso del
suffisso -essa nei termini dottoressa, professoressa, studentessa.
Parole chiave: lingua italiana, sessismo linguistico, questioni ideologiche, esempi lessicali.
Abstract
This paper examines some recent discussions on linguistic sexism, with special reference
to Italian. It touches on some general theoretical and ideological points (including the
question of political correctness), as well as specific examples concerning Italian grammar and vocabulary: in particular the designations of female professional activities, and
the use of the suffix -essa in the words dottoressa, professoressa, studentessa.
Key words: italian language, linguistic sexism, ideological points, lexical examples.
1
Una quindicina danni fa uno di noi dedic un articolo1 ad alcune questioni relative al sessismo linguistico (o al linguaggio sessista) dal punto di vista dellitaliano. Larticolo offriva un esame critico delle Raccomandazioni, da poco
pubblicate, di Alma Sabatini.2 Vorremmo tornare ora, a quindici anni di distan1. Sexism and the Italian Language, The Italianist, 7, 1987, p. 158-169; in versione ampliata
Language and Sexism, in Zygmunt G. BARANSKI, Shirley W. VINALL (a cura di), Women
and Italy. Essays on Gender, London e Basingstoke: Macmillan, 1991, p. 117-138; in traduzione
italiana di Miriam VOGHERA, Lingua e sessismo, LItalia dialettale, 51, 1988, p. 7-37, e in
Giulio LEPSCHY, Nuovi saggi di linguistica italiana, Bologna: il Mulino, 1989, p. 61-81.
2. Alma SABATINI, Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana. Per la scuola
e per leditoria scolastica (Commissione nazionale per la realizzazione della parit tra uomo
e donna), Roma: Presidenza del Consiglio dei ministri. Direzione generale delle informa-
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za, su alcuni punti toccati allora, ed aggiungere qualche riflessione. Il panorama certamente cambiato, ma non tanto quanto ci si sarebbe potuti aspettare, e non necessariamente in senso positivo, n riguardo allimpostazione teorica
generale, n alle indagini relative agli aspetti pertinenti delluso italiano attuale, n infine riguardo al peso e alla dinamica del sessismo linguistico in Italia.
2
Per la situazione teorica generale, considerando come vengono visti i rapporti
fra il linguaggio e la mente, e gli aspetti entro i quali il linguaggio determina
il nostro modo di pensare, di vedere il mondo, e insomma di percepire la realt,
si venuto sempre pi diffondendo lassunto secondo cui noi non parleremmo la nostra lingua, ma saremmo da essa parlati, e siccome la lingua, anzi, ogni
lingua sarebbe intrinsecamente patriarcale e sessista, tale sarebbe inevitabilmente il nostro modo di pensare (tanto di donne quanto di uomini), e tutta
la nostra discorsivit. La cosa migliore che potremmo fare rendercene conto,
ed esibire apertamente la natura ideologica di ci che diciamo, decostruire le
nostre narrative illustrandone linattendibilit e la contraddittoriet.
Questi atteggiamenti possono essere salutari in quanto provocano una maggiore autocoscienza e ci stimolano a chiarire i presupposti da cui partiamo e
le implicazioni del nostro modo di ragionare. Possono anche provocare qualche perplessit quando cercano di smascherare non solo la falsa coscienza, ma
ogni coscienza, e di rifiutare qualsiasi riflessione possa essere riportata a tradizionali criteri di verit, scientificit, prova, verifica, ecc. Unopera storica sarebbe in realt una narrativa, che va interpretata con gli strumenti offerti dalla
retorica. I testi non andrebbero assoggettati a unanalisi storica, che ne stabilisca attendibilmente il significato e la verit. Tutto questo sarebbe in realt inattingibile, o meglio dipenderebbe dalla creativit e inventivit dellinterprete,
che non deve essere vincolato da presunti criteri obiettivi di carattere filologico o linguistico. Sebbene in generale da queste discussioni non si ricavi, a
nostro parere, molto di utile per un approfondimento teorico di questi problemi, dai contributi migliori (e tanto pi quanto pi colti e intelligenti sono
gli autori, e, paradossalmente, contraddicendo i loro stessi postulati iniziali)
si apprendono una quantit di fatti nuovi e di idee interessanti.
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Accenneremo ad alcuni lavori che abbiamo avuto occasione di vedere negli
ultimi anni. In inglese ci sono interventi stimolanti, come quelli di Robin
Lakoff, che ha fatto seguire al suo importante saggio del 19753 un volume
zioni della editoria e della propriet letteraria artistica e scientifica, 1986; anche in Alma
SABATINI, con la collaborazione di Marcella MARIANI e la partecipazione alla ricerca di Edda
BILLI, Alda SANTANGELO, Il sessismo nella lingua italiana, ivi, 1987.
3. Robin LAKOFF, Language and Womans Place, New York: Harper & Row, 1975.
4. Robin TOLMACH LAKOFF, The Language War, Berkeley & Los Angeles: University of California Press, 2000.
5. Anne PAUWELS, Women Changing Language, London: Longman, 1998.
6. Casey MILLER, Kate SWIFT, The Handbook of Non-Sexist Writing for Writers, Editors and
Speakers, edizione britannica a cura di Stephanie DOWRICK, London: The Womens Press,
1981 (seconda edizione britannica a cura di Lesley LEVENE, 1989; terza edizione britannica a cura di Kate MOSS, 1995).
7. Margaret DOYLE, The A-Z of Non-Sexist Language, London: The Womens Press, 1995.
8. Gianna MARCATO (a cura di), Donna & linguaggio. Atti del Convegno Internazionale di
Studi (Sappada/Plodn [Belluno], 26-30 giugno 1995), Padova: Cleup, 1995. Si veda la
recensione di Chiara CIRILLO, Lingua e stile, 3 (4), 1998, p. 749-752.
9. Saperi e libert. Maschile e femminile nei libri, nella scuola, nella vita, a cura di Ethel PORZIO
SERRAVALLE, Roma: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunit; Milano: Associazione Italiana Editori, Cisem, Poliedra Progetti Integrati, 2000.
10. Sul verso del frontispizio, p. 4, si legge: Il volume stato realizzato nellambito di PolitePari opportunit e libri di testo, progetto cofinanziato dalla Commissone europea nellambito del IV Programma dazione comunitaria a medio termine per le pari opportunit
per le donne e gli uomini.
11. Lingua e identit di genere, in Saperi e libert, cit., p. 53-68.
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4
Una questione su cui non si sono avuti progressi o cambiamenti visibili quella della concordanza grammaticale di aggettivi e participi, secondo il genere
(maschile o femminile) del sostantivo a cui si riferiscono (la guardia robusta;
la sentinella stata vista/aggredita) o secondo il genere naturale (sono stata vista;
ci siamo rivolte a loro, se parlano donne; sono stato visto; ci siamo rivolti a loro,
se parlano uomini; ti sei ribellata; vi siete stupite, parlando a donne; ti sei ribellato; vi siete stupiti, parlando a uomini).
Qui emergono problemi particolari, quando il genere grammaticale delle persone coinvolte diverso (Mario e Anna si sono baciate/i), con la consueta tendenza a fare prevalere il maschile che sarebbe un maschile non marcato,
secondo alcuni linguisti, un maschile maschilista secondo altri.
5
Un altro aspetto riguarda la parit di trattamento, cio il parallelismo nel modo
di riferirsi a donne e a uomini. Una questione complessa, e controversa, quella delluso o dellomissione dellarticolo davanti al cognome. Nellitaliano, parlato e scritto, che noi abbiamo appreso come prima lingua, fra il quarto e
lottavo decennio del Novecento, i cognomi di donne richiedevano obbligatoriamente larticolo. Parlare di Maria Corti, e dire Corti ha scritto questo
ecc., sarebbe stato impossibile: una sgrammaticatura che non sarebbe neppure venuto in mente di fare. Lunica forma per noi familiare era la Corti.
Con i cognomi di uomo si poteva invece usare o omettere larticolo (Segre
o il Segre) e altrettanto si poteva fare con i prenomi da soli (Cesare o il
Cesare; Maria o la Maria) o accompagnati dal cognome (Cesare Segre o
il Cesare Segre; Maria Corti o la Maria Corti). Queste possibilit diverse
non erano indifferenti e intercambiabili, ma caratterizzate, in maniera sottile e
complessa, a seconda delle regioni, e di variabili stilistiche, formali e settoriali.
Pi tardi, dalla fine degli anni Sessanta, ha cominciato a diffondersi, a quanto
pare in ambito femminista, luso dei cognomi di donna senza articolo, con lo
scopo di praticare una parit di trattamento, appunto di stampo non sessista
(Corti scrive come Segre scrive). Una studiosa delluniversit di Reading ha esaminato di recente questo uso, indicando quanto raro esso sia.12
Come capita spesso con fenomeni di questo tipo, non facile appurare come esattamente stiano le cose. Osservazioni episodiche sembrano indicare che il parlato centro-meridionale meno resistente di quello settentrionale a questo uso.
Anche parlanti torinesi di generazioni diverse ci dicono che in certe situazioni
di tipo istituzionale, compagne di scuola o insegnanti donne potevano venire
designate, gi nei primi decenni del Novecento, col cognome senza articolo.
12. Chiara CIRILLO, Corti or la Corti? Definite article + surnames for women, The Italianist, 18, 1998, p. 272-288.
6
Unarea instabile e controversa quella della scelta di nomi (uguali o diversi, per
uomini e donne) per professioni o attivit che possano essere esercitate da femmine o da maschi.13 In questarea, sia per termini che abbiano una tradizione
abbastanza lunga, sia per quelli recenti o per i neologismi introdotti nei nostri
anni, si incontrano due tendenze opposte, per la designazione di donne che
svolgono certe funzioni.
La prima tendenza, rappresentata dalle Raccomandazioni di Alma Sabatini,
favorisce luso sistematico di termini che oppongano il genere grammaticale
femminile a quello maschile, attraverso (a) suffissi femminili (principalmente quelli in -trice; quelli in -essa, come vedremo vengono esclusi); (b) la desinenza
femmminile in -a; (c) la concordanza con articoli, aggettivi e participi femminili, nel caso di nomi in -e o in -a grammaticalmente comuni, cio morfologicamente invariabili.
Alcuni esempi per questi tre gruppi: nel gruppo (a) troviamo forme che
non provocano problemi, corrispondenti ai maschili in -tore, come ambasciatrice, amministratrice, direttrice, ispettrice, promotrice, rettrice, scrittrice, senatrice; nel gruppo (b) troviamo forme in -a corrispondenti a maschili in -o, come
architetta, avvocata, chirurga, critica, deputata, magistrata, medica, ministra,
notaia, prefetta, rabbina, segretaria, sindaca, soldata, e corrispondenti a maschili in -e, come cancelliera, carabiniera, consigliera, finanziera, e, in maniera pi
problematica, a maschili in -sore, -tore come assessora, questora; infine, nel gruppo (c) troviamo forme comuni, corrispondenti a maschili morfologicamente identici in -e, come unagente, una comandante, una caporale, una generale, una
giudice, una maggiore, una parlamentare, una preside, una presidente, una studente, una vigile; a queste possiamo aggiungere altre forme presentate come
comuni anche se la loro morfologia sembra etimologicamente meno adattabile al femminile, come una prete, una sacerdote; una poeta, una profeta;14 e una
Capo di Stato Maggiore, una caposezione ecc.
La seconda tendenza, che pare avere radici pi antiche nel movimento femminista, e, a giudicare impressionisticamente, sembra oggi prevalere, preferisce
ricorrere, per designare uomini o donne indifferentemente, al termine che abitualmente serve a indicare chi esercita una data funzione, anche se tale termine di solito grammaticalmente maschile. Questa tendenza preferisce dunque,
alle designazioni comuni, o esplicitamente femminili, quelle che potremmo
chiamare epicene (termine che si usa per nomi di animali, come pesce, o aqui13. Dominic STEWART, Forms for Women in Italian, The Italianist, 7, 1987, p. 170-192;
Chiara CIRILLO, Gender and Feminine Agentives in Italian Dictionaries: 1612-1917, in
Giulio LEPSCHY e Prue SHAW (a cura di), A Linguistic Round-table on Dictionaries and the
History of the Language, London: Centre for Italian Studies, University College London,
2000, p. 11-23, e la tesi di PhD che Chiara Cirillo sta completando allUniversit di Reading.
14. Si noti che per questi nomi il plurale del maschile in -i, quello del femminile fa difficolt
tanto con -i quanto con -e.
14
traditional curriculum; others that it is a term coined by the left as a self-deprecating description of some of its own party-line attitudes. Today, the label has
become a broad brush applied to any effort to reflect our changing society that
goes against the status quo. [] Political correctness [] has become a useful (though wildly misapplied) label for ridiculing an opposing viewpoint.18
Casey Miller e Kate Swift, nella prefazione alla terza edizione del loro manuale di scrittura non sessista, notano che lespressione political correctness viene
usata come a derisive label intended to imply that advocates of equality are
attempting to restrict freedom of speech and enforce language rules; ma non
si tratta solo di sessismo: the label political correctness is used as well of those
who with varying degrees of sensitivity and success attempt to redress,
through language, some of the negative images our culture affixes to people
because of their race, religion, ethnicity, sexual orientation, age, physical disability or some other condition that separates them from the mainstream.19
Un intero capitolo, il terzo, nel volume di Robin Lakoff, dedicato alla
correttezza politica e sottolinea lambiguit della designazione. A quanto
pare essa nata in ambito politicamente di sinistra, per indicare ladesione alla
linea del partito, e ha poi acquistato, sempre negli stessi ambienti, un uso
ironico con riferimento a un eccesso di ortodossia partitica. Ben presto letichetta stata adottata dalla destra per criticare ogni posizione percepita come
radicale e libertaria. Il termine, usato polemicamente con grande frequenza
allinizio degli anni Novanta, sembra che stia ora uscendo di moda. Questa
etichetta, pur essendo spesso rivolta a stigmatizzare espressioni di fatto sgradevoli, usata soprattutto per esprimere posizioni illiberali, come indica Robin
Lakoff: Political correctness, politically correct, and the common abbreviation for both, p.c., cover a broad spectrum of new ways of using and
seeing language and its products, all of which share one property: they are
forms of language devised by and for, and to represent the worldview and experience of, groups formerly without the power to create language, make interpretations, or control meaning. Therein lies their terror and hatefulness to
those who formerly possessed these rights unilaterally, who gave p.c. its current meaning and made it endemic in our conversation.20
Prima di definire unespressione politicamente corretta (dandone una
valutazione, positiva o negativa), parrebbe opportuno, ovviamente, essere in
grado di stabilirne esattamente linterpretazione, appurando che valore ha per
chi la usa, e per chi designato (e pu sentirsi compiaciuto o irritato) da tale
espressione. La questione ricorda i dibattiti recenti sulle proposte secondo cui
per denunciare un reato di molestia sessuale, o di razzismo, occorre basarsi
sulla reazione non (come ovvio) di chi commette il reato, n di un osservatore esterno e (si presume) obiettivo, bens di chi loggetto delle molestie o del
razzismo, e documenta in prima persona, proprio nella sua qualit di vittima,
18. DOYLE, The A-Z, cit., p. 4-5.
19. MILLER e SWIFT, The Handbook, cit., p. x-xi.
20. LAKOFF, The Language War, cit., p. 91.
16
nel suo sentirsene offeso, lavvenuto reato. Criterio per certi aspetti ammirevole, ma anche, come evidente, difficile da applicare in maniera equa. La
questione resa anche pi complessa dal fatto che un gruppo subalterno pu
rivendicare per s con fierezza un termine prima usato con valore spregiativo
da chi detiene il potere di imporre lo standard: si pensi al caso di negro in America prima considerato normale, e poi sostituito da black, in origine insultante, in seguito adottato con orgoglio (black is beautiful), e al quale, dopo che
il termine diventato normale, viene ora spesso preferito African American.
In altre lingue la situazione inevitabilmente diversa, e i rapporti fra negro e
nero in italiano non sono gli stessi. Per unampia, pensosa e informata rassegna di parole che appartengono alla sfera dellalterit, delle designazioni del
diverso, si veda il recente volume di Federico Faloppa.21
Similmente, chi decide se un termine offensivo, e come tale meritevole
di ostracismo? Prima di passare ai tre termini dottoressa, professoressa e studentessa, prendiamo un caso interessante, quello della parola inglese Jewess.
Questo termine si pu trovare usato in maniera neutra, senza connotazioni negative. Ma leggendo i testi sul linguaggio sessista si ha unimpressione
diversa. Per esempio, in Miller e Swift si legge: Attached to proper nouns, -ess
endings are especially offensive. Fortunately Negress, Jewess, Quakeress, etc., are
almost defunct today.22 E nella guida di Margaret Doyle, a proposito delle
forme in -ess si osserva che alcune sono pi deplorevoli di altre: On the reasonable end of the scale, for example, may be found actress; at the opposite
extreme may be terms that are both sexist and racist such as Jewess and Negress.23
Questi giudizi potrebbero forse essere attribuiti a una smodata correttezza
politica, ma sembrerebbe azzardato attribuire lo stesso eccesso ai vocabolari
inglesi usuali che si trovano sugli scaffali di consultazione della British Library,
in cui si leggono, non come alternative, bens come unico valore della voce
Jewess, le seguenti definizioni: offens. a female Jew;24 an offensive term referring to a Jewish woman or girl (dated offensive);25 dated or offensive a Jewish
woman or girl;26 fem (offensive when used by non-Jews).27
Di fronte a questa lista di giudizi perentori si resta perplessi. Conviene considerare la posssibilit che i vocabolari sbaglino, nel registrare il termine come
insultante, trascinati dal desiderio di essere pi realisti del re, cio ancora pi
corretti dei sostenitori della correttezza politica. La scelta della parola Jewess
avrebbe allora un valore politico, ma non quello di servirsi di un termine insultante, bens quello di rivendicare il diritto di usare un termine che insultante
21. Federico FALOPPA, Lessico e alterit. La formulazione del diverso, Alessandria: Edizioni dellOrso, 2000.
22. MILLER e SWIFT, The Handbook, cit., p.138.
23. DOYLE, The A-Z, cit., p. 27.
24. The Concise Oxford Dictionary of Current English, Oxford: Clarendon Press, 1998 (ristampa della nona edizione del 1995).
25. Encarta World English Dictionary, London: Bloomsbury, 1999.
26. The New Penguin English Dictionary, London: Penguin Books, 2000.
27. The Chambers Dictionary, Edinburgh: Chambers, 1998 (s.v. Jew).
non , n lo diventa solo perch ci sono dei vocabolari che cos lo qualificano. Questo termine, come tanti altri, potr avere un valore offensivo, ma pu
anche essere usato in modo neutro. Servendosene in un contesto insospettabile si intende forse rivendicare la libert di usare il linguaggio tradizionale
senza lasciarsi intimidire da chi vuole espungere dalluso comune espressioni che
trova ideologicamente sgradite. Questo pu indurre a riflettere sulla difficolt
di attribuire con tanta sicurezza e intransigenza valori politici e ideologici alle
parole che si usano (soprattutto a quelle che usano gli altri). Si tratta beninteso di una questione di fatto, e non di principio. Bisogna decidere, caso per
caso, se certe espressioni siano ineccepibili, discutibili, o inaccettabili, e questo
spesso dipende dal momento, dal contesto e dalle circostanze. La scelta del lessicografo non facile, ma non detto che mirare a un massimo di progressismo sia sempre la soluzione migliore e pi efficace. Tanto pi che i vocabolari
godono di unautorit fondata su motivi socio-culturali pi che linguistici, e le
loro definizioni influenzano luso anche se di fatto non lo rappresentano fedelmente. Un termine pu essere generalmente considerato insultante pi perch il vocabolario lo qualifica cos che perch esso venga di fatto adoperato in
maniera spregiativa nelluso comune. Spesso si tratta dunque di valutazioni
che contribuiscono a creare la situazione che descrivono.
8
I tre termini dottoressa, professoressa, studentessa intorno alla met del Novecento potevano apparire innocui e saldamente stabiliti in italiano. Chi li usasse allora, o ancora li usi oggi tranquillamente e senza remore, pu restare
sorpreso dalla loro storia.
Lunico dei tre attestato da circa cinque secoli dottoressa, che per in tutto
il corso della sua storia fino ai primi del Novecento, stato usato in modo prevalentemente negativo e beffardo, per indicare donne saccenti e presuntuose.
I vocabolari dellOttocento danno anche la forma dottora (preferito anche nelle
Raccomandazioni di Alma Sabatini). Per dottoressa il Fanfani (1855) d la definizione Donna sacciuta, e salamistra, e per dottora Dottoressa, Salamistra,
e dicesi di Donna che vuol far la saputa e metter la bocca in quel che non le
tocca.28 Il Rigutini-Fanfani (1875) d per dottoressa Donna che vuol far la
saputa, Che vuol parer dotta: Si cheti lei, dottoressa: La signora Lucrezia
una gran dottoressa, e vuol parere di intendersi di tutto; e per dottora Lo
stesso che Dottoressa, e dicesi di donna che vuol far la saputa e metter bocca
da per tutto: Si cheti lei, dottora: Vuol far sempre la dottora.29 Il Tommaseo-Bellini (1865-1879) osserva che dottora non ha il senso veramente di
Donna addottorata, e d lesempio far la dottora: Voler parere saputa, o savia,
Dar sentenze e consigli. Anche dottoressa, che viene presentato come pi usua28. Pietro FANFANI, Vocabolario della lingua italiana, Firenze: Le Monnier, 1855.
29. Giuseppe RIGUTINI, Pietro FANFANI, Vocabolario italiano della lingua parlata, Firenze: Tipografia Cenniniana, 1875.
18
le, di donna addottorata, sul serio, non com.; ma suonerebbe men cel. che
Dottora. Pi conveniente dirla Addottorata. Naturalmente non manca il significato di Donna che vuole sdottorare. Pi com. che Dottora; e dicesi tanto
delle letterate, quanto delle sputasentenze anco nelle cose di casa.30 E ancora
nel 1905 il Panzini, alla voce dottora, commenta: femminile di dottore e meno
comune di dottoressa. Ora le donne addottorate in qualche disciplina, cos fiere
come esse oggi sono della loro dignit, come chiamarle? a dottora non ci si ausa
e dottoressa sa di saccente, e pare contenere in s alcuna parte di scherno o
almeno di estraneo allideale femminista: onde che le donne che hanno diploma di laurea, scrivono spesso sul biglietto dottore, quasi nome partecipante.
La grammatica del Morandi e Cappuccini (138) approva questo nuovo uso
femminile di dottore. Cos in fr., femme docteur.31 La sesta edizione, del 1931,
aggiunge: Anche una poetessa oggi poeta. Non bastano i maschi?. Nellottava
edizione postuma, del 1942, si legge solo che dottora il femminile di dottore,
meno comune di dottoressa. Questultimo si era evidentemente del tutto affermato.
Professoressa secondo i vocabolari attestato dal 1897,32 e studentessa dal
1907. I vocabolari ottocenteschi danno professora, ma non professoressa. Il Rigutini-Fanfani (1880) alla voce professora annota: femm. di Professore; ma si
userebbe pi spesso per ischerzo: Vuol far la professora, ma non sa nulla.33
Il termine studentessa manca nei vocabolari ottocenteschi; quelli che danno
studente a volte indicano che si tratta di un sostantivo maschile, a volte non
specificano il genere grammaticale e lasciano aperta la possibilit di considerarlo comune (lo studente, la studente). Migliorini cita un passo in cui Carducci
nel 1891 scrive le signorine studenti.34 Ancora nel 1926 in un romanzo di
Liala si trova un liceale che viene corretto dal suo professore: E lei non dica studentesse [] Si dice [] studenti.35
Laffermazione di dottoressa, professoressa, studentessa nel Novecento sar
presumibilmente dovuta alluso ufficiale nellambito della pubblica istruzione. lecito chiedersi se questi tre termini sopravviveranno ancora indisturbati, o se la loro disponibilit si avvicini alla fine, dopo meno di un secolo di
impiego relativamente pacifico.
30. Nicol TOMMASEO, Bernardo BELLINI, Dizionario della lingua italiana, Torino: Unione
tipografico-editrice, 1865-1879.
31. Alfredo PANZINI, Dizionario moderno. Supplemento ai Dizionari italiani, Milano: Hoepli,
1905.
32. Ma il Fornaciari usa il termine, sia pure dubitativamente, nel 1881: da professore si farebbe professoressa, Raffaello FORNACIARI, Sintassi italiana delluso moderno, Firenze: Sansoni,
1881, p. 19.
33. Giuseppe RIGUTINI, Pietro FANFANI, Vocabolario italiano della lingua parlata, terza impressione sulla edizione emendata, Firenze: Barbera, 1880 (la voce manca nella prima edizione
del 1875).
34. Bruno MIGLIORINI, Storia della lingua italiana, Firenze: Sansoni, 1960, p. 713.
35. LIALA, Ombre di fiori sul mio cammino, Milano: Sonzogno, 1997, p. 8 (il romanzo, pubblicato nel 1981, pare risalga al 1926).
19-36
Ernestina Pellegrini
Universit di Firenze
Abstract
Io senza garanzie un dialogo sulla scrittura autobiografica delle donne dallet moderna alla
contemporaneit. Nato dallintreccio e dal cortocircuito di due voci diverse che si misurano in un territorio franco, fra storia e letteratura, alla ricerca delle tappe della riflessione sul s autoriale, questo saggio riflette sulla scrittura autobiografica come punta emergente
di un lungo percorso di affioramenti dellio. Le fonti storiche che testimoniano un scrittura
indiretta, quasi di transito della soggettivit delle donne, si aprono poco alla volta ad un
uso sempre pi forte e consapevole della scrittura, fino alle ora dolorose, ora euforiche, ora
ideologicamente compiaciute autobiografie della contemporaneit. Dalla scrittura delle
mistiche, non delle donne ma attraverso le donne, alla metautobiografia. Dalla inconsapevolezza del valore della propria memoria\scrittura alla piena coscienza del valore fondativo
di essa per la scoperta e reivenzione di un s di genere. Dai recinti e perimetri stretti del
passato ai fertili sconfinamenti e spaesamenti dellio contemporaneo, in una utopia di trasformazione che sovverte gerarchie e parodizza logiche di potere. Come nellelogio del margine della scrittrice afroamericana bell hooks, il cui nome tutto in caratteri minuscoli esprime
orizzontalit ed insieme ribellione: fare del margine non solo un luogo di privazione, ma
un luogo di resistenza.
Parole chiave: autobiografia, memoria, letteratura, storia di genere.
Abstract
Me without guarantees is a dialogue on the autobiographical writing of women from the
modern to the contemporary age. Born from the interweaving and short-circuiting of two
separate voices which take their measure in open territory, midway between history and
literature, in search of the stages of reflection on the authorial self, this essay is a reflection
La definizione di Ingeborg Bachmann, nel saggio Lio che scrive, ora raccolto in Letteratura come utopia, Milano: Adelphi, 1993, p. 58: Un Io senza garanzie! Che cosa lIo,
infatti, che cosa potrebbe essere? Un astro di cui posizione e orbita non sono mai state del
tutto individuate e il cui nucleo composto di sostanze ancora sconosciute. Potrebbe essere questo: miriadi di particelle che formano un Io, ma al tempo stesso lIo potrebbe essere un nulla, lipostasi di una forma pura, qualcosa di simile a una sostanza sognata, qualcosa
che definisce una identit sognata, cifra di qualcosa che pi faticoso da decifrare del pi
segreto dei codici.
20
on autobiographical writing as an emerging point of a long journey of the egos outcroppings. The historical sources which bear witness to an indirect, almost transitiona writing of the subjectivity of women, give way a little by little at a time to an ever more forceful
and conscious use of the written word, up to the now painful, now euphoric, now ideologically complacent, autobiographies of the present moment. From the writings of the
mystics, not of women but through women, to meta-autobiography. From the unawareness
of the value of ones own memory/writing to the full consciousness of its founding value for
the discovery and reinvention of a gender self. From the penned-in spaces of the past to
the fertile boundlessness and bewilderment of the contemporary ego, in a utopia of transformation which subverts hierarchies and parodies the logic of power. As in the outlaw
culture of the Afro-American writer bell hooks, whose name written all in small letters
suggests both horizontality and rebellion: to make marginality not only a place of privation, but a place of resistance.
Key words: autobiography, memory, litterature, gender history.
Questa relazione a quattro mani, questo dialogo o simulazione di dialogo dovrebbe dare, per lampi, con riprese, precisazioni, una serie di riflessioni in forma di
dialogo in merito alla natura e ai modi della scrittura autobiografica delle donne
nellarco di alcuni secoli. Abbiamo deciso di fare di questo nostro intervento la
prima cellula di un laboratorio aperto di riflessione, una specie di zibaldone in
forma dialogica sulla costruzione e promozione della memoria delle donne,
mostrando lesistenza di altri scenari, convissuti con quelli ufficiali.
Un viaggio che, per gradi, ha portato a un ribaltamento (dal silenzio alla
parola, dal privato alla scena pubblica, dalla resa al protagonismo). Un viaggio inevitabilmente destrutturante e interrogativo con trasgressioni rispetto a
una troppo inamidata correttezza politica.
Ernestina
Raccogliendo i materiali sulla autobiografia femminile del Novecento nelle
sue varie forme del diario, della autobiografia vera e propria, dellautobiografia romanzata, delle memorie mi sono accorta che il modo pi onesto per
presentarle come un insieme sarebbe stato quello delle Vite parallele. Vite parallele nel senso inverso rispetto alle Vite di Plutarco, cio delle vite a tal punto
parallele che nulla pu congiungerle. Pensavo piuttosto alla prefazione di Michel
Foucault alla collana Les vies parallles edita da Gallimard:
Gli antichi amavano mettere in parallelo le vite degli uomini illustri; sascoltava
parlare attraverso i secoli queste ombre esemplari. Le parallele, lo so, sono fatte
per congiungersi allinfinito. Immaginiamone altre che, indefinitivamente,
divergano. Nessun punto di incontro, n luogo per raccoglierle. Spesso non
hanno avuto altra eco che quella della loro condanna. Bisognerebbe afferrarle nella forza del movimento che le separa.1
1. Michel FOUCAULT (prsent par), Herculine Barbin, dite Alexina B. [Mes souvenirs], Paris: Gallimard, 1978 (Collection: Les Vies parallles).
22
E.: Se, in un primo momento, nella storia, alcune donne che si trovavano a
scrivere di s in un ambito riservato storicamente alluomo, volevano essere
certe di imprimere un marchio di inconfondibile diversit e dare una visione
alternativa del mondo, pi tardi altre donne avrebbero cercato, invece, di indagare quella complessa intersezione di forze materiali e simboliche, quegli intrecci di femminile e maschile che enfatizzano la paradossalit di una ricerca legata
al piano concreto e fluido dellesperienza, a ci che Lea Melandri chiama, in un
articolo dal titolo Autobiografia e soggettivit politica, la zona del vissuto.7
stata fatta molta strada nel campo dellacquisizione di una identit politica e
sociale, come soggetti storici, ma stenta a formarsi, o rimane un certo garbuglio irrisolto (il processo molto pi lento) per quel che riguarda lidentit
individuale (psichica, sessuale), come ricomposizione di s. Ma mi rendo
conto che si potrebbe sostenere il contrario. Rimane mi sembra la percezione di uno scollamento e, quindi, la necessit di una sutura:
unautobiografia insolita scrive Lea Melandri quella che si pu chiedere a scritture come queste. la scoperta di un paesaggio che ricorda le terre
deserte dellorigine, di personaggi indeterminati, tranne che nel ruolo che rivestono, maschere di un dramma antico che conosce poche variazioni nel tempo
e nello spazio. Si ha limpressione che, paradossalmente, per trovare la propria
singolarit sia necessario ricalcare le parole di altri, abituarsi alla parentela con
le figure della generalit, o prototipi di genere, con le potenze interne che
ci hanno incantato o atterrito, e che cercano nella riscrittura della memoria
una via duscita.8
Spetter allo sguardo storicizzante estrarre il succo di ci che mi piace definire molto semplicemente il paradigma dellemancipazione, con tutte le sue
contraddizioni, le sue spinte, le sue utopie, le sue chimere, le sue disfatte, con
quegli archivi del silenzio ingoiati nel nulla, di cui resta traccia magari nelle
carte della polizia o dei tribunali dellinquisizione.
S.: proprio vero. Nel passato si pu sostenere con Arlette Farge e Michel
Foucault9 le carte dei tribunali ecclesiastici e civili e le stanze della polizia
hanno dato voce alle donne. I verbali, gli interrogatori sono una sorta di seconda scrittura, di scrittura indiretta che nasce nelle zone di incontro fra donne e
trasgressione, nel confronto fra donne ed istituzioni. Un confronto che, come
ci insegnano oggi gli studi di Giorgia Alessi o Giulia Calvi,10 non fu solo persecutorio ma spesso spazio usato dalle donne per tutelarsi, muovere le proprie
7. Lea MELANDRI, Autobiografia e soggettivit politica, in Lapis, n. 31 (1996), p. 22-26.
8. Ibidem, p. 25.
9. Arlette FARGE, Michel FOUCAULT, Les desordres des familles. Lettres de cachet des Archives de
la Bastille, Paris: Gallimard, 1982.
10. Giulia CALVI, Il contratto morale: madri e figli nella Toscana moderna, Roma: Laterza, 1994;
Giorgia ALESSI, Luso del diritto nei recenti percorsi della gender history, in Storica, 15,
anno V, 1999.
24
saggio Mary Wiesner-Hanks del 1997, Storie delle donne e storia sociale: sono
necessarie le strutture ?15
Percorsi, quelli della storia delle donne, che oramai tendono a rompere i
recinti per dilagare nella storia generale, e per questo tendono anche ad assumere in carico, superati i precedenti pregiudizi, il portato della storiografia
precedente, anche se cos ne erodono dallinterno i costrutti ermeneutici. Un
rovesciamento, una voracit interpretativa che corrisponde, come avevo accennato prima, al definitivo tramonto del paradigma vittimistico. Come ha osservato Silvana Seidel Menchi,16 dalla stessa uscita alla luce delle storie delle
donne del passato, di questa galleria di ritratti di sante, streghe, mistiche,
balie, vedove, spose, aristocratiche e donne ribelli, che partito un rovesciamento del paradigma dominante fino a qualche decennio fa, delloppressione delle donne nel paradigma attuale, attento allintraprendenza e alle strategie
di autolegittimazione messe in moto in tempi e modi diversi dalle donne stesse, fino agli orientamenti pi recenti che addensano linteresse sul rapporto
fra Soggettivit e memoria nel tempo e nello spazio (come rilevabile nelle
considerazioni attuali di Luisa Passerini,17 che ha intitolato cos il suo seminario allIstituto Universitario Europeo). Ma penso anche a Regine Sculte che
ha lavorato con maestria fra immaginazione psicanalitica ed interpretazione storica. Riuscendo, come ad esempio in una relazione, molto bella, che ho potuto sentire al secondo congresso nazionale delle storiche a Venezia,18 a far passare
il percorso della storia del Novecento nella sola figura di una grande scultrice
tedesca analizzata dallinterno, attraverso i suoi diari onirici e le sue opere darte. Una donna che accompagna le fasi delle grandi e drammatiche trasformazioni del secolo, prima incoraggiando il figlio alla guerra, poi cantandolo come
eroe e pensando ad edificarne un mausoleo, senza per riuscire ad elaborarne
il lutto. Ed infine divenendo pacifista. Il mausoleo prima pensato a celebrare
leroe viene alla fine decostruito e presenta le affrante piccole figure dei genitori in ginocchio di fronte al nulla, in un omaggio di drammatica intensit
antiretorica. E qui credo si sia molto vicini alla sensibilit delle letterate e ci
siamo accostati di nuovo al Novecento: fra psicanalisi e storia.
15. Mary WIESNER-HANKS, Storia delle donne e storia sociale: sono necessarie le strutture?, in
Tempi e spazi di vita femminile tra medioevo ed et moderna, a cura di Silvana SEIDEL MENCHI, Anne JACOBSON SCHUTTE T. KUEHEN, Bologna: Il Mulino, 1997, p. 25-48.
16. Introduzione a Tempi e spazi di vita femminile tra medioevo ed et moderna, op. cit., p. 2548.
17. Faccio anche riferimento ad un seminario di Luisa PASSERINI Diventare un soggetto nellepoca della morte del soggetto, tenuto allIstituto Gramsci Toscano sui temi della sua
relazione presentata alla Conferenza Europea di ricerca femminista di Bologna, Corpo,
genere, soggettivit: Attraverso i confini delle discipline e delle istituzioni, 28 settebre- 1
ottobre 2000, i cui atti sono in via di pubblicazione. Per una riflessione sui temi che vengono discussi da Passerini, vedi Rosy BRAIDOTTI, Nomadic subjects: embodiment and sexual
difference in Contemporary feminist theory, New York: Columbia University Press, 1994.
18. Regine SCHULTE, Sacrifice as violence: aspects of mother-son relationship in First World war
Germany, Secondo Congresso della Societ delle storiche italiane Corpi e storia. Pratiche,
diritti, simboli, Venezia, 3-5 febbraio 2000, in corso di edizione.
26
E.: Vorrei, a questo punto, fare una riflessione su due condizioni estreme nella
percezione che la donna ha di s, documentate in molti testi autobiografici. C
chi sente tutta la fierezza della propria condizione di donna, della propria differenza, in alcuni casi dando alla propria secolare marginalit, romanticamente,
un potenziale di innocenza palingenetica. In un mio scritto, anni fa, parlavo
con fierezza delle radici della nostra debolezza,19 vedendo in quella separatezza, in quella specie di fuga dal mondo o nel disprezzo per istituzioni che erano
state create da una societ violenta e patriarcale, una forza, una micidiale purezza, vedendo, per esempio, nella scelta dello scollamento dellio arreso allinsorgenza del contenuto inconscio, in quella esplosione-implosione, in
quellarroccamento di s nella fortezza sigillata dei propri fantasmi, un crugiuolo
potenzialmente rivoluzionario, dove elaborare in vitro nuovi modelli collettivi di
identificazione (penso, per esempio, agli scritti visionari ed estatici di una mistica del Novecento come Sara Virgillito,20 o alla fase nera dellopera di Margherita Guidacci21). Il modello supremo potrebbe essere visto in Emily Dickinson
che della sua poesia dice: questa la mia lettera al mondo che mai non scrisse a me.22 Come si fa a non sentire il fascino di questa assoluta separatezza?
S.: Una assoluta separatezza che era stata, come sappiamo, la molla profonda
in quelle vicende di misticismo che divennero esperienza generalizzata e fondamentale della spiritualit di molte donne nellet della Controriforma, in
quella che Mario Rosa ha definito lesplosione generalizzata del profetismo e della
mistica visionaria.23 Quel desiderio di disancorasi dal tutto, che Anna Scattigno, a proposito della mistica Jeanne de Chantall, ha definito la nostalgia del
deserto, forma rarefatta della disaffezione e del denudamento di s [] come
itinerario di perdita dellidentit e della memoria. Quel privarsi di tutto che
la stessa Jeanne descriveva come lasciar la pelle, la carne, le ossa e penetrare
nellinterno del midollo.24
E.: La scrittura femminile sembra confrontarsi, in questi casi, con tutto ci
che rappresenta lalterit (e c, rispetto a questa prospettiva, linteressante
studio di Mercedes Arriaga Flrez Mio amore, mio giudice, del 1997).25 Alterit come spazio mistico e come follia. Vorrei citare, a questo proposito, da
Laltra verit. Diario di una diversa di Alda Merini,26 un diario che anche
19. Ernestina PELLEGRINI, Le radici della nostra debolezza. La radura di Marisa Madieri, in
EAD., Le citt interiori, Bergamo: Moretti e Vitali, 1995, p. 131-154.
20. Ernestina PELLEGRINI e Beatrice BIAGIOLI, Sara Virgillito. Poetica, inventario, testi inediti,
Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 2001.
21. Margherita GUIDACCI, Neurosuite, Vicenza: Neri Pozza, 1970.
22. Emily DICKINSON, Tutte le poesie, a cura e con un saggio introduttivo di Marisa BULGHERONI, Milano: Mondadori, 1997.
23. Mario ROSA, Settecento religioso, Venezia: Marsilio, 1998, p. 53.
24. Anna SCATTIGNO, in Barocco al femminile, cit., passim.
25. Maria ARRIAGA FLREZ, Mio amore, mio giudice, Lecce: Manni, 1997.
26. Alda MERINI, Laltra verit. Diario di una diversa, Milano: Rizzoli, 1997.
S.: E di nuovo si pu si deve ritornare indietro e ricordare quel nesso strettissimo, quella sottile linea di confine, fra il visionarismo e leresia, ma anche fra
il misticismo e la follia, nellEuropa dellet moderna. Uno scollinamento facile e pericolosissimo dal terreno legittimo ed incoraggiato della penitenza, a
quello della perdita e della fuga da s, di cui le stesse grandi mistiche del passato ebbero consapevolezza.
il caso, ad esempio di una figura di grande intensit, studiata da Mario
Rosa28 e ora dalla Zemon Davis,29 a cui gi abbiamo accennato, Marie de lIncarnation, una mistica\visionaria che conosce i limiti e supera spesso i confini
fra le due sponde: come quando dopo lennesimo sacrificio inflitto al proprio
corpo con la flagellazione delle ortiche, catene e cilicio, scriveva nella sua autobiografia che doveva nascondere questa sua penitenza altrimenti mi avrebbero giudicata pazza.30
Un uso invece autoinfamante, beffardo e denigratorio spostandosi in
area protestante sempre nel XVII secolo che ben emerge negli scritti dellinglese visionaria e profetessa pubblica Lady Eleonor Davis, studita da Roy
Porter.31 Anche lei annotatrice continua, nelle sue scritture, di quel flusso di
coscienza, in cui come lo stesso Porter afferma, pi che ai motivi del misticismo e visionarismo tipici di quellet, quasi siamo di fronte, nella complessit
della costruzione sintattica e nelle sue irregolarit, ad una scrittura che anticipa la prosa joysiana,32 di gente che come diceva Svevo dei personaggi joysiani cammina per il mondo con la testa scoperchiata.
E.: Mistiche, sante vive, visionarie in bilico fra la profezia e la perdita di s,
arrese a quel mare che si apre dal sipario del mare, a sua volta sipario di un
altro mare, che Emily Dickinson vedeva come porta verso leternit o il nocciolo duro, astratto del proprio io. La discesa goethiana alle Madri nel secondo Faust. Chi sono io? si chiedeva smarrita e arrabbiata Sylvia Plath?33
27. Giorgio MANGANELLI, Prefazione, Ivi, p.4.
28. Mario ROSA, La religiosa, in Luomo barocco, a cura di R. Villari, Bari Roma: Laterza, 1991,
p. 123-198
29. Natalie ZEMON DAVIS, Donne ai margini, cit., p. 67-144.
30. Ibidem, p. 74.
31. Roy S. PORTER, Lady Eleaonor Davies, la pazza, in Giulia CALVI, op.cit, p. 29-49.
32. Ibidem, p. 47.
33. Silvya PLATH, op. cit., p. 122.
28
responsabile per qualcuno, di vivere per qualcuno, per una persona speciale
che appartenesse a me sola.38
Prima parlavo di un io legato. Vorrei fare, per, a questo riguardo, un esempio estremo, di cui tu hai gi parlato: la scrittura delle mistiche. Ci troviamo di
fronte non a una scrittura di donne, ma una scrittura attraverso le donne.39
S.: Di nuovo le mie interferenze e convergenze. Intersezione e dialogo. vero
quanto Ernestina osservava. Dalle tante storie di mistiche del passato si ha
limpressione che la scrittura (potente e pi comune di quanto prima si pensasse) si costituisse sempre attraverso un transito di legittimazione, per suggerimenti, per spinte e voci che provenivano o interpretavano un progetto
trascendente. Eppure queste spinte, noi diremmo oggi quasi superegoiche,
questa scrittura attraverso le donne sono uno strumento importante che
induce a rompere il silenzio, a lasciar tracce di s. , ad esempio, un rigido
confessore e direttore spirituale a spingere Marie de lIncarnation a scrivere le
proprie visioni. A legittimarla a fermare sulla carta quelle parole di fuoco
che la liberavano dalla potenza insopportabile dei propri sentimenti verso il
santo verbo incarnato: Ah quale dolce amore siete: Voi ci sigillate gli occhi,
ci rapite i sensi.40
Una scrittura e una traccia che poteva trasformarsi, da segno e progetto
della trascendenza e quindi segno edificante, in parola pericolosa ed eretica.
Penso ad esempio a Lucrezia de Len, profetessa e visionaria nella Spagna di fine
500 e scrittrice indiretta di un Libro di Sogni in cui si articolava una potente
condanna dei vizi della monarchia di Filippo II e se ne vaticinava il destino.
Allinizio protetta da tre ecclesiastici che trascrivevano i suoi sogni pensando che
fossero di vitale importanza per il futuro della Spagna e quindi da far conoscere al re, e poi consegnata come eretica allinquisizione a cui si present come
donna fragile incapace di capire la portata delle sue profezie e solo spinta a trascriverle dagli stessi ecclesiastici.
Latto della scrittura cos un atto difficile, pericoloso, che ha bisogno di
legittimazione. Sono molte le testimonianze di donne che dicono di soffrire
nello scrivere. Di scrivere con riluttanza e solo perch il Signore glielo aveva
ordinato. Un tormentoso cimento,41 lo defin una austera religiosa, Elisabeth Stouwen, madre superiora ed annotatrice delle memorie del convento
cattolico nellOlanda del primo Seicento.
La parola potente (Ida Magli) delle mistiche e delle protesse nasce quindi in questo transito di legittimazione che le protegge, le inscrive ma anche le
autorizza alla scrittura. Sono scrittrici legittimate dalla trascendenza anche le
38. Bertha THOMPSON, Box-Car Bertha. Autobiografia di una vagabonda americana, Firenze:
Giunti, 1986.
39. Anna IUSO (a cura di), Scritture di donne. Uno sguardo europeo, Arezzo: Quaderni della
Biblioteca Citt di Arezzo, 1999.
40. Natalie ZEMON DAVIS, cit., p. 72.
41. Florence KOORN, Elisabeth Trouven, la donna religiosa, in Barocco al femminile, cit., p. 138.
30
sante vive del Rinascimento, studiate dalla Zarri, che parlano e scrivono
costruendo i propri percorsi di santit educando alla religione e facendosi madri
spirituali di principi ed uomini di potere.42 Come legittimate e spinte alla scrittura epistolare sono spesso anche le donne delle famiglie aristocratiche, quando, come ha visto bene Marina DAmelia, gli stessi mariti e i figli le incitano
ad usare correttamente la penna per svolgere quella funzione quotidiana di
servizio alla famiglia, di cerimoniale indispensabile a tener attivi e funzionanti i canali clientelari.43
Ci ovviamente non esclude che la scrittura epistolare sia essa stessa uno
straordinario tramite di affermazione individuale, come nella vicenda della
intraprendente Maria Mancini, nipote del Mazzarino, gi favorita del re di
Francia e poi sposa separata del principe Colonna, che esprime nel suo carteggio con il marito che ha deciso di abbandonare, tutta la propria forza di
individuo, la propria volont. Come quando allennesima richiesta del maritoprincipe di rientrare sotto il tetto coniugale, la Mancini, nella sua fuga di donna
separata ma controllata in giro per lEuropa, rispondeva, con fermezza: quando ritorner sar di mia spontanea volont n voglio che habiate obligatione alla
mia sfortuna ma a me sola.44
E.: Un numero della rivista Primapersona. Percorsi autobiografici, dedicato
al mito e alle traversie damore nella scrittura di s, intitolato significativamente Lego legato.45 Grazia Livi e Francesca Pasini, in un dialogo brioso e teoricamente denso dal titolo Donne senza cuore, ironizzando sul tema canonico
di tanta letteratura femminile, il sogno damore, ad un certo punto dicono:
Il cuore? Io non vorrei sentirmelo pi tanto addosso.46 Da un lato c la scrittura-ponte dellio-tu, orma di una tensione di fusionalit assoluta nel rapporto esclusivo di un amore o di una messa in giudizio, dallaltro c la scrittura che
vuole, come George Sand nella propria Histoire de ma vie,47 presentare il proprio autoritratto in piedi, sempre pubblico, coi suoi travestimenti e le sue identit parziali, il suo piglio provocatorio e le sue vittorie nellarte e nella vita. Per
dare questa testimonianza George Sand trova giusto tacere, porre sotto censura alcuni lati della sua esistenza privata, non vuole parlare per esempio dei
suoi amori.
Linda Giuva, in un saggio presente nel bel volume Reti della memoria,
sostiene che non solo esistono nelle donne dei livelli diversi (spesso carenti)
nella consapevolezza dellorganizzazione della propria memoria, ma soprattutto notiamo in molte di loro la spinta ad occultare le tracce della propria
42. Gabriella ZARRI, Le sante vive. Cultura e religiosit femminile nella prima et moderna, Torino: Rosenberg-Sellier, 1990.
43. Marina DAMELIA, Lo scambio epistolare tra Cinque e Seicento: scene di vita quotidiana e aspirazioni segrete, in Per Lettera, cit., p. 79-110.
44. Elisabetta GRAZIOSI, Lettere da un matrimonio fallito, Ivi, p. 554.
45. Prima Persona, n. 4, marzo 2000.
46. Grazia LIVI- Francesca PASINI, Donne senza cuore, Milano: La Tartaruga, 1996, p. 150.
47. George SAND, Storia della mia vita, Milano: La Tartaruga, 2000.
vita privata e a certificare la sola vita pubblica, volendo tramandare solo il ricordo di una donna forte e impegnata.48
S.: Si tratta spesso di proteggere le donne da loro stesse e dalle loro autocensure.
E qui cambio veste e mi presento non pi con gli abiti della storica ma con
quelli di archivista di Stato responsabile delle carte della scrittura femminile
presso lArchivio di Stato di Firenze, da cui nata, in collaborazione con lUniversit di Firenze, la nostra associazione Archivio per la memoria e la scrittura delle donne, associazione che Ernestina ed io abbiamo lonore di guidare.
Nei colloqui che andiamo facendo con le scrittrici e le artiste che contattiamo
per averne le carte da conservare e valorizzare, ci spesso capitato di doverci
scontrare con la paura che le donne\intellettuali sembrano avere in comune
nei confronti della conservazione delle tracce sporche della propria scrittura.
Mentre tengono a documentare, fino allultimo foglietto, che provi la loro fatica di autore, temono di conservare i diari, le carte intime, i quaderni autobiografici. La giustificazione il pudore verso i figli, verso gli esterni, ma questo
pudore mi pare abbia movenze pi profonde: muove forse dalla paura di riconoscere come propria creatura una scrittura di s non spiata, il largo deposito
prescritturale, le tracce sporche. Tracce che assumono diritto di cittadinanza, e quindi diritto di sopravvivenza, solo se attentamente selezionate e vagliate, spogliate dal pericoloso ed indicibile deposito coscienziale.
Un pudore, una difficolt di parlare di s, mi pare e qui mi rivolgo a
voi letterate che stata tipica di quella lunga fase in cui molte autrici (un po
come fanno le storiche oggi) hanno usato lo specchio di forti personalit di
donne del passato per riflettere sul proprio s di autrici e di donne. Da Rinascimento privato della Bellonci alla Camicia bruciata e allArtemisia della Banti.
Entrambe le autrici lavorano sul s della contemporaneit riscrivendosi sul
calco e sulle tracce di personalit del passato. Un parlare attraverso, transitando ancora una volta su un altro soggetto. Forse ancora una volta il tentativo
di autolegittimazione? Un tentativo che risulta alla fine anche una operazione di riparazione storica, dando voce alle protagoniste di ieri. Ma qui sconfino e chiedo lumi ad Ernestina. Ad esempio, mi pare fondamentale latto del
passaggio dalle biografie allautobiografia nella letteratura contemporanea.
E.: Mi sia permesso rimandare, qui, per quanto concerne la commistione e
sovrapposizione di biografia e autobiografia (un vero e proprio gioco di specchi e di manipolazioni autocamuffatorie) a un altro mio studio, dal titolo
Auto/biografie imperfette,49 che fu relazione dellultimo convegno della Societ
48. Linda GIUVA, Archivi neutri archivi di genere: problemi di metodo e di ricerca negli universi documentari, in Reti della memoria. Censimento di fonti per la storia delle donne in Italia, a cura
di Oriana CARTAREGIA e Paola DE FERRARI, Genova: Lilith-Coordinamento donne lavoro
cultura, 1996, p. 13-41.
49. Ernestina PELLEGRINI, Auto/Biografie imperfette, in corso di stampa nel volume Passaggi, a cura
di Liana BORGHI, per lEditore QuattroVenti di Urbino.
32
delle letterate. Voglio, invece, notare come ci sia, e molto forte, in alcune autobiografie, la consapevolezza di fare un atto politico. Penso, per esempio, agli
scritti autobiografici di Simone De Beauvoir, in particolare al volume ultimo
A conti fatti, in cui, parlando del movimento di decolonizzazione della donna,
scrive: La mia vita: familiare e lontana, mi definisce, e nel tempo stesso io le
sono esteriore. Che cos, esattamente, questoggetto bizzarro?.50
A conti fatti gi nel titolo un bilancio e rivela la prospettiva rigorosamente
presbite, intessuta di distanze, dellautobiografia. Mi viene in mente anche
Natalia Ginzbug che, nellintervista dal titolo Non facile parlare di s, dice:
Per volevo anche scrivere come un uomo; allora ci tenevo molto a scrivere
come un uomo, a sembrare non essere appiccicaticcia.51
Davanti al testo autobiografico di una donna ci troviamo di fronte non
solo al suo mondo interno, ma anche al suo mondo esterno sotto laspetto
della cultura, dei canoni, degli elementi della societ in cui vive, direi meglio
il mondo in cui stata gettata, e cos noi si vive, in maniera obliqua e doppiamente intensificata, il mondo della cultura di questa donna, perch lo viviamo attraverso il filtro della sua personalit, attraverso il suo punto di
osservazione. Godiamo del vizio, ma anche della lucidit dataci dallanacronismo, dallessere contemporaneamente dentro e fuori.
Queste scrittrici impegnate in un gesto di estroversione concepiscono la
propria autobiografia come qualcosa di mostruoso, di eccentrico e nello stesso tempo di estremamente contestualizzato, un racconto politico in cui il personaggio si stacca dalla storia del suo tempo, nel bene e nel male, come una
stravagante escrescenza, una orgogliosa disarmonia.
Queste autobiografie sono in qualche modo anche una specie di Histoire
bataille nelle trincee quotidiane della lotta fra i sessi. So che come scoprire
lacqua calda dire che la sessualit, la sua rappresentazione, il primo motivo
rilevatore da rintracciare nei documenti. Questi testi, questi specchi di identit,
tendono a offrire una specie di grumo, in cui le donne contemporanee possono condensare e sintetizzare, con vero brio intellettuale, i luoghi comuni dellidentit collettiva, materia facilmente riciclabile dal consumo intellettuale del
femminismo.
S.: Una sorta di invenzione della tradizione (Eric Hobsbawm) per cui, ad
esempio, si tende a recuperare, di questa identit collettiva, di questo luogo
comune della memoria, solo i tragitti biografici pi forti; i casi, anche nel passato di affermazione del s, negando cittadinanza, in una sorta di rovesciamento del precedente paradigma vittimistico, alle voci minori, alle esili figure
schiacciate dai recinti e nei recinti, la cui sofferenza non fu tramite di affermazione ma espressione di incompiutezza. Le voci piccole, solo a tratti docu-
mentate dalla scrittura, ma pi spesso, di nuovo con la Perrot,52 restate indietro, non documentabili, nel silenzio della storia.
Mi viene in mente la tenerezza di accenti e il valore rievocativo che emergono ad esempio dal carteggio fra Galileo Galilei e la figlia Suor Maria Celeste, testimone nel chiuso del convento degli eventi che travagliano la vita del
padre, che costruisce orioli su disegno dello scienziato e che al padre manda
piccole cose. Come quando manda al padre un po di cedro confettato non
ben riuscito e due pere cotte per i giorni della vigilia natalizia.53
E.: Quando parlavo di autobiografia come gesto politico, di esplicitazione della
propria disarmonia su fondo oro, pensavo naturalmente, in questa chiave
estrema, a un modello straordinario del femminismo degli anni Settanta come
il libro di Carla Lonzi, Taci, anzi parla. Diario di una femminista: Al diario
sono stata spinta dalla necessit di presentarmi a me stessa motivata nel fare
quello che faccio. E la motivazione che io stessa scopro via via con sempre
maggiore convinzione, risale a un bisogno di conoscenza di me e degli altri di
cui mi prendo tutta la responsabilit.54
Sul polo opposto, si situano, invece, le autobiografie spostate sul territorio del diario intimo, in cui si assiste ad unopera in fieri, opere che mostrano,
con punte di simpatico e straziante esibizionismo, la disfatta della propria identit. Qui vige una prospettiva miope, ravvicinata, appuntita spesso dal bisturi psicoanalitico. Ci sono due modi paradossali e complementari per dare vita
a questa attivit coraggiosamente destruens: quella euforica dei diari erotici di
Anais Nin (penso soprattutto a Fuoco), e quella malinconica dei diari di Sylvia
Plath. Anais Nin scrive la storia della propria nevrosi incendiaria, d la cronaca in diretta dei suoi molteplici amori e dice di riuscire a scrivere soltanto a
caldo, mentre le cose accadono, lasciando sullo sfondo come uno sfondo intercambiabile e sostanzialmente piatto la grande storia, con le sue quinte mutevoli (la guerra di Spagna, Parigi, i salotti di New York). Tutto si ingarbuglia,
in mezzo a orgasmi e sedute psicoanalitiche:
Io sono dentro la vita. [] Io domino con la seduzione. [] Ma adesso voglio
essere tutto io stessa. Voglio essere un mondo completo perch bh, perch ne ho voglia. Ho voglia di recitare tutti i ruoli. [] Ho trovato colui con
cui posso finalmente giocare davvero a essere donna, giocare a tutto quello che
ho nella testa e nel corpo con il ritmo. [] Credo che mi piaccia il materiale
non trasformato, mi piace la cosa prima che sia trasformata. Ho paura della
trasformazione.55
52. Michelle PERROT, Les femmes ou le silence de LHistoire, Paris: Flammarion, 1998.
53. Mario ROSA, La religiosa, cit., p. 95.
54. Carla LONZI, Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Milano: Scritti di Rivolta Femminile, 1978, p. 123.
55. Anais NIN, Fuoco, cit., p. 153.
34
E cos lei, che ha paura della trasformazione, sceglie di essere una trasformista esagerata (sistema omeopatico, si direbbe). Penso, poi, ai Diari sfarzosamente cupi di Sylvia Plath, in cui tutto vibra sotto lo sguardo snebbiato delle
depressioni e si sottomette alle catastrofi lucidissime degli sfondi psichici, mentre la scrittrice sprofonda nel Mar dei Sargassi della propria immaginazione,
mettendo su, per, nonostante tutto, una mitologia dellio, come una che esibisce e lacera le maschere, le facce visibili dei suoi io minori, falsi e provvisori, del suo dramma interiore mostrando ci che resta, ci che avrebbe definito
in una sua poesia, Contusion. Scrive: Ormai sono una discarica composita di
fili sciolti e inconcludenti, senza la nobilt e nemmeno lillusione di un sogno.56
Quello che mi interessa nei testi ibridati dello spazio autobiografico femminile non solo la autorappresentazione e il percorso che lega la consapevolezza della propria importanza sociale alluso della scrittura, ma anche la
progettualit, quegli elementi di una autobiografia del possibile o del desiderio, che mi piace affiancare a quella sorta di ossificazione storicizzante che si
ottiene da una ricerca quantitativa e seriale. Recuperare questi frammenti intimi, questi resoconti dal basso, dal dentro, dal dietro, significa arricchire il quadro storico, dotarlo della molteplicit dei punti di vista, di prospettive spesso
antagoniste rispetto al trionfante modello patriarcale, sfatando questo il
punto il luogo comune che vuole che ci siano virt particolarmente femminili, come lemozionalit, la soggettivit, lirrazionalit, la quotidianit, individuando, invece, i modi e le forme a cui queste illusorie strategie della
confessione dellio vengono sottoposte a una forte normazione culturale e sociale. Voglio dire che, al di l del riconoscimento dellunicit di ogni storia, non
si deve dimenticare che la costruzione di questi testi comunque una prassi
sociale. Sono scritture storicamente e socialmente situate. Come ha scritto la
scrittrice afroamericana Bell Hooks, il margine non solo un luogo di privazione, anche un luogo di resistenza.57 Resistenza a che?
Gargani su Anterem parla di nascita attraverso la scrittura, sospesa tra scoperta e invenzione, un gesto di consapevolezza che richiede ci che si pu definire sinteticamente lesattezza intellettuale dellemozione.58
Vorrei finire con una bella citazione da Il mio noviziato di Colette, che racconta il modo in cui diventata scrittrice, ed la storia di una espropriazione, visto che il marito pubblicava a proprio nome le cose che lei oscuramente
scriveva. Un autoritratto che comincia cos: Ho preferito le persone oscure, colme di un succo che proteggevano. E finisce cos:
56. Silvya PLATH, Contusion: Il colore inonda la macchia, porpora opaca. / In una cavit della
roccia / il mare succhia ossessivamente, / un vuoto il perno di tutto il mare. / Non pi
grande di una mosca, / il segno del destino / striscia gi lungo il muro. / Il cuore si chiude,
/ il mare scivola via, / gli specchi sono coperti. La poesia stata scritta poche settimane
prima della morte. Per la sua analisi si veda G. BOMPIANI, cit., p. 172-174.
57. Bell HOOKS, Elogio del margine, Milano: Feltrinelli, 1998.
58. Aldo GARGANI, La nascita attraverso la scrittura, in Anterem, n. 60 (2000), p. 11-13.
S.: Di queste scritture nascoste, sofferte, o come nel caso appena citato
addirittura cedute, rubate, di questi sempre ambigui e sfuggenti paradigmi dellemancipazione, pensiamo si debba oggi ricostruire insieme, fra letteratura e
storia, il tragitto di lungo periodo. Un tragitto che individui, nelle differenze
e nelle somiglianze, le ragioni dellemergere del s delle donne contemporanee partendo dai percorsi lontani e paludati del s delle donne del passato. Un
tragitto fatto di continui riaffioramenti per scavi sistematici nel lungo periodo,
come stiamo tentando di fare grazie ad un finanziamento della Regione Toscana. Uno scavo approfondito che permetta di far emergere nella sua ampiezza
e complessit la polifonica voce della memoria scritta delle donne dai giacigli
degli archivi familiari e conventuali dove ancora in massima parte annidata
o incistata. In questo tentativo ovviamente non siamo sole, come dimostrano
le molte esperienze che si muovono in questa direzione. Il riappropriarsi della
scrittura delle donne del passato ci pare infatti costituisca uno degli strumenti culturali pi importanti per dirla con le parole di uno dei massimi storici contemporanei, Eric Hobsbawm di quella rivoluzione morale e
culturale60 che stata lemancipazione e la liberazione delle donne, lunica rivoluzione riuscita del ventesimo secolo, una rivoluzione ancora non conclusa. Una
rivoluzione che non pu che indurci a riflettere, senza retorica e trionfalismi,
sui percorsi attraverso i quali le donne usarono la scrittura. Una scrittura che,
fuori da ogni paradigma di vittimismo, serv non vi dubbio come viene
emergendo dalle molte storie di donne ricostruite, a segnare il proprio tragitto di vita. Dai carteggi delle donne sposate, che attraverso larghi percorsi epistolari furono in grado a volte di intessere una vera politica di squadra per la
propria famiglia (come dalle ricerche di Renata Ago, o di Marina DAmelia o
anche nel bellissimo volume sulle sorelle Lennox di Stella Tillyard61), ai pi
rari ma sempre straordinari diari intimi e privati, fino alle preziose autobiografie.
59. COLETTE, Il mio noviziato, Milano: Adelphi, 1981, p. 153. Si veda ora la raccolta Romanzi e Racconti, a cura di Maria Teresa GIAVERI, Milano: Mondadori, 2000.
60. Eric J. HOBSBAWM, Il secolo breve, trad. it., Milano: Rizzoli, 1995, p. 376 e passim.
61. Renata AGO, Carriere e clientele nella Roma barocca, Bari-Roma: Laterza, 1990; EAD.,
Giochi di squadre: uomini e donne nelle famiglie nobili del XVII, in Maria Antonietta VISCE-
36
GLIA (a cura di), Signori, patrizi e cavalieri nellet moderna, Roma-Bari: Laterza, 1992, p. 256264; Maria DAMELIA, Diventare madre nel secolo XVII: lesperienza di una nobile romana, in
Tempi e spazi di vita, cit. 279-310; Stella TILLYARD, Quattro inglesi aristocratiche. Le vite
inquiete delle sorelle Lennox. 1740-1832, trad it., Milano: Mondadori, 1994.
62. Jane AUSTEN, Northanger Abbey, (1818): la citazione tratta dalla traduzione del passo fattane da Gianna POMATA, Storia particolare e storia universale: in margine ad alcuni manuali di storia delle donne, in Quaderni storici, n. 74, (1990), p. 341-385, cit. p. 342; vedi
anche la traduzione di Anna Banti e la bella introduzione di Ornella DE ZORDO in: Jane
AUSTEN, Abazia di Northanger, Firenze: Giunti, 1994, il passo in questo caso a p. 88.
201-220
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para Espaa y para buena parte de Europa, con una fuerza expansiva excepcional.
La tercera conclusin afecta al mtodo de
trabajo: el espacio cultural que acoge a lo
literario es tan denso y complejo, tan polivalente, que requiere esfuerzos comunes,
203
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Ludovico ARIOSTO,
Stiras,
edicin bilinge, traduccin, prlogo y notas de Jos Mara Mic,
Barcellona: Pennsula, 1999.
Le sette satire di Ludovico Ariosto non
erano state tradotte in castigliano, e presentate con introduzione e annotazione,
fino ad ora, fino a questo splendido volume che offre con tutta eleganza e chiarezza la traduzione affrontata al testo
italiano e, in appendice, un succinto apparato di note puntuali, sia storico-illustrative che linguistiche; ma per chi abbia
Ressenyes
205
relazione con la societ, problema che lAriosto fa bruciare vivissimo in molti dei
versi delle satire e che ha, per lui come
per noi, radice poetica, ossia vitale, nellinesauribile Tu proverai s come sa di
sale / lo pane altrui, e come duro calle
/ lo scendere e l salir per laltrui scale.
La traduzione passa dalle terzine di
endecasillbi allendecasillabo sciolto, nellimpossibilit di conservare la rima
(Notas, p. 140), impossibilit che nulla
toglie al pregio dei risultati e che rientra
perfettamente nel progetto di raffinata
divulgazione della collana (Crespo e Sagarra, ricreando la terzina dantesca, vissero
un altro spazio della traduzione e, evidentemente, di altra opera). La traduzione di Mic sempre di impeccabile
esattezza e nellinsieme si osserva che
riproduce abbassato e contemporaneizzato il tono apparentemente piano, e di
corrispondente umilt di stile, delloriginale, in cui lo scarto linguistico interno
a conservare e ad esprimere per accensioni ricorrenti il sostenuto delleleganza letteraria e dellorgoglio ferito. Nella generale
mediet realizzata dalla traduzione spiccano momenti linguisticamente e letterariamente notevoli, come I, 226-228: Si
quiere que le sirva (sin sacarme / del corrillo) con pluma e con tintero, / puedes
decir: Seor, mi hermano es vuestro
(Il qual se vuol di calamo et inchiostro
/ di me servirsi, e non mi tr da bomba,
/ digli: Signore, il mio fratello vostro),
in cui lattenzione cade sullespressione
sin sacarme del corrillo<e non mi tr da
bomba e la felice, letteralmente rotonda,
corrispondenza corrillo<bomba; come VI,
19-21: S que est la doctrina ms a
mano / que la bondad: hoy casi es imposible / que de su unin florezca brote alguno (So ben che la dottrina fia pi presta
/ a lasciarsi trovar che la bontade: / s mal
luna ne laltra oggi sinesta), che nella
riformulazione e dislocazione dei significanti conserva esplicitandola la metafora
dellinnesto, que de su unin florezca brote
alguno<s mal luna ne laltra oggi sinesta,
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207
Girolamo DE MIRANDA,
Una quiete operosa. Forma e pratiche dellAccademia napoletana
degli Oziosi (1611-1645),
Napoli: Fridericiana Editrice Universitaria, 2000.
Girolamo de Miranda, estudioso de la
cultura napolitana de la poca barroca,
ofrece en esta nueva obra una parte de su
tesis doctoral, elaborada en el Departamento de Filologa Moderna de la Facultad de Letras de la Universidad Federico
II de Npoles, entre los aos 1991 y
1994. El resultado es una visin amplia,
documentada y bien contextualizada de
la produccin literaria de la Academia de
los Ociosos, de Npoles, as como la heterognea composicin social de sus
miembros, y la estrecha relacin que la
Academia mantuvo con las ms relevantes figuras polticas e intelectuales de
Npoles y Sicilia. A travs de sus pginas
se aprecia la actividad de la nobleza y del
alto funcionariado napolitanos, al servicio de la monarqua hispnica, y es posible realizar una valoracin diferente y
mucho ms matizada de la incidencia
poltica y cultural de las autoridades espaolas en el reino napolitano, gracias al
estudio del entorno de las cortes virreinales, en la primera mitad del siglo XVII,
en pleno apogeo de la cultura urea espaola.
El eje central conductor de la obra lo
constituyen las academias literarias y su
importancia a partir del siglo XVI, especialmente en Italia, que ostenta la primaca en Europa. Se analizan las relaciones
entre el poder poltico (forneo) y la sociedad napolitana a travs de estas instituciones culturales, con lo que, en breve
tiempo, las academias no solo adquieren
relevancia histrica sino que ejercen una
funcin complementaria de legitimacin
de las elites autctonas. El estudio concreto de la Accademia degli Oziosi, el
simbolismo de su nombre, la composicin social de sus miembros, vinculados
mayoritariamente a las ms ilustres fami-
Ressenyes
Dino CAMPANA,
Cantos rficos y otros poemas,
Barcellona: DVD ediciones, 1998.
Per quanto non si possa dividere la critica
del Novecento in detrattori di Campana
da una parte e in campanofili dellaltra,
il nome del Poeta traccia comunque un
confine che ha percorso le poetiche e le
antologie di quello che Hobsbawm avrebbe poi chiamato il secolo breve. Da un
lato si schierino i riduzionisti, da Contini a Mengaldo, passando per la stroncatura di Saba (era matto e solo matto);
dallaltro gli esaltatori, che vanno dalla
coppia neoavanguardista Anceschi-Sanguineti che nel Marradese ritrova il
centro propulsore delle esperienze espressionistiche del Novecento fino ad arrivare alla linea ermetica Bigongiari-Luzi,
per cui lorfismo diventa parola chiave in
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209
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Antonio COLINAS,
Antologa esencial de la poesa italiana,
Madrid: Espasa Calpe (Coleccin Austral), 1999, 477 p.
Nos hallamos, sin duda, ante uno de los
poetas espaoles que en estas ltimas
dcadas ms inclinacin ha demostrado
hacia las letras italianas. En la presente
antologa sern muchos quienes perciban
el eco de los Poetas italianos contemporneos que Antonio Colinas public en
1977. Desde esa fecha ya lejana hasta
nuestros das, el autor ha perseverado con
regularidad en su trayectoria vertiendo al
castellano algunos de los textos ms
emblemticos de los siglos XIX y XX: Las
cenizas de Gramsci (1975), los Cantos de
Leopardi (1980), Cristo se par en boli
(1982), las Poesas completas de Quasimodo (1991), El jardn de los Finzi-Contini (1993). La Antologa esencial de la
poesa italiana que ahora nos ocupa recapitula los intereses y trabajos de todos
estos aos, pero no sera justo ver en ella
una simple refundicin de viejos materiales, por ms que recoja tanto traducciones leopardianas como un gran
nmero de las incluidas en la antologa
de 1977: versiones de Saba, Campana,
Cardarelli, Ungaretti, Montale y Quasimodo. Colinas ha sometido a revisin
cada uno de los textos recuperados, a la
vez que ha suprimido, sustituido o aadido poemas en todos y cada uno de los
autores. Lo ms significativo, sin embar-
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tanto, rendir justo homenaje a los ya clsicos Carlos Alvar (Dolce Stil Novo),
ngel Crespo (Dante y Petrarca), Luis
Antonio de Villena (Miguel ngel, Aretino y Sandro Penna), Jos Agustn Goytisolo (Pavese), Carlos Manzano (Bassani),
etc. Menos convincente resulta el intento
de mantenerse en un trmino medio,
sobre todo si se presta atencin a los homenajeados. No es que la mayora de los elegidos no se merezca el protagonismo que
les brinda Colinas, pero las ausencias resultan, pese a ello, desconcertantes. Digno
de elogio es que Colinas haya autoexcluido sus traducciones de Pavese en favor del
insuperado Jos Agustn Goytisolo, pero
es inevitable preguntarse qu lo ha inducido a prescindir de otras aportaciones
como, por ejemplo, las de Joaqun Arce
como traductor de Montale y Miguel
ngel o las de los latinoamericanos Horacio Armani y Carlos Vitale, autores a su
vez de meritorias antologas de poesa italiana contempornea. Una ltima observacin: por qu para Ariosto es escogida
la traduccin del siglo XVI de Jernimo de
Urrea? No resta homogeneidad al sistema comunicativo instaurado por la antologa? O bien, admitiendo que se abran
las puertas a las traducciones antiguas, era
la nica digna de aprobacin para el antlogo? Recurdese, sin ir ms lejos, el celebrado Aminta traducido por Juan de
Juregui, que aqu cede paso a un fragmento vertido por el propio Colinas.
Otros interrogantes surgen en lo que
respecta al valor representativo de esta
antologa y a la seleccin de autores. En
este sentido queremos sealar que el itinerario propuesto es, en general, extremadamente ulico y en ningn momento
se hace eco del ya ms que consolidado
reencuentro de la crtica literaria italiana
con la lnea jocosa, popular y plurilinge de su tradicin. As, por ejemplo, si
empezamos por el nutrido grupo de
medievales, se incluye a Giacomo da Lentini, pero se omite a Cielo dAlcamo. Se
ofrece una amplia gama de stilnovisti (si
211
Ressenyes
caso, sin analizar otras infracciones al criterio de representatividad, como el desajuste en la distribucin de textos por
autor, el simple hecho de que la edicin
no sea bilinge impedira responder positivamente al augurio con que se cierra la
premisa al volumen: nos sentiramos
satisfechos si el lector espaol, especializado o no, encuentra en las pginas que
siguen una referencia de primera mano
para una mayor y mejor aproximacin a
la poesa italiana de todos los tiempos.
La traduccin, por excelente que sea, no
es nunca una referencia de primera
mano. En poesa, menos an.
Helena Aguil
Giuseppe UNGARETTI,
El dolor,
prlogo de Antonio Colinas, traduccin de Carlos Vitale, Montblanc: Igitur,
2000.
Carlos Vitale aveva gi tradotto quattro
anni fa per Igitur/poesa il primo libro di
Ungaretti, LAllegria (1914-1919), ed ora
ritornato con il libro che, almeno nella
prospettiva di un oggi che considera il percorso artistico della vita dun uomo, forse
il pi grande del lucchese egiziano: Il Dolore (1937-1946). Con questa traduzione si
fa pi completa lideale mappa dellUngaretti poeta tradotto in volume, senza
contare le numerose antologizzazioni: Sentimento del tempo (1919-1935) stato rieditato insieme alla traduzione nuova de
La Terra Promessa (1935-1953) da Toms
Segovia (Gutenberg, 1998; cfr. Quaderns
dItali, n. 4/5); Il Dolore, che cade cronologicamente in mezzo alle due raccolte, esce ora, essendo da tempo introvabile
la storica traduzione di Vintilia Horia
(Madrid, 1958); possiamo leggere Il Taccuino del vecchio (1952-1960) nella traduzione di Luis Muoz (Valncia, 2000).
Il bel volume di Igitur offre intelligentemente, e come costume della col-
Ressenyes
213
dellaria il patrio accento / Che non riudr con te, / Mi spezza ad ogni soffio;
Giorno per giorno, 10, p. 32); Veo ahora
en la noche triste, aprendo / S que el
infierno se abre sobre la tierra / A medida
que el hombre se sustrae, loco / A la pureza de Tu pasin (Vedo ora nella notte
triste, imparo, / So che linferno sapre
sulla terra / Su misura di quanto / Luomo si sottrae, folle, / Alla purezza della
Tua passione, Mio fiume anche tu, 2, p.
64, in cui per i cinque versi delloriginale sono diventati una quartina); En las
venas, ya casi vacas tumbas, / El an galopante afn, / En mis huesos que se hielan
el guijarro, / En el alma la aoranza sorda,
/ La indomable maldad, disuelve; (Nelle
vane gi quasi vuote tombe / Lancora
galoppante brama, / Nelle mie ossa che
si gelano il sasso, / Nellanima il rimpianto
sordo, / Lindomabile nequizia, dissolvi,
primi versi di Nelle vene, p. 56; si noti la
punteggiatura nel primo verso in traduzione). Nel polo del cambio annotiamo
due fatti ricorrenti, quasi stilema della traduzione: le inversioni sintattiche, sia allinteno del verso sia passandone la misura,
e il trattamento dellarticolo: Quin sabe
qu otros horrores / Me traern los aos
[] Busco en el cielo tu rostro feliz []
Una enfurecida tierra, un desmedido mar
(Mi porteranno gli anni / Chiss quali
altri orrori [] In cielo cerco il tuo felice volto [] Inferocita terra, immane
mare, Giorno per giorno, 3, 7 e 9, p. 28,
30 e 31); Que la espera sin tregua del
mal [] Por la ascensin de los milenios
humanos; / Ahora que, ya alterada, transcurre la noche, / Y aprendo cunto puede
padecer un hombre; / Ahora mismo,
mientras el mundo, / Esclavo, en una abismal pena se ahoga (Che di male lattesa senza requie [] Per ascensione di
millenni umani; / Ora che gi sconvolta
scorre notte, / E quanto un uomo pu
patire imparo; / Ora ora, mentre schiavo
/ Il mondo dabissale pena soffoca; Mio
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215
Pietro BENZONI,
Da Cline a Caproni. La versione italiana di Mort crdit,
Venezia: Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 2000.
Negli ultimi due decenni Giorgio Caproni
stato senza dubbio uno dei lirici novecenteschi le cui quotazioni nella borsavalori letteraria sono salite ed hanno
trovato una fortuna critica di grande solidit. I segnali di questo passaggio da una
condizione di appartata minorit (le antologie di Contini e Sanguineti lo avevano
consegnato ai margini del dibattito poetico, preferendo esperienze o di stilismo
pi prezioso o rotture formali dai segni
politici pi marcati) ad una di centralit
nel canone stanno tutti sia nellalto grado
di attenzione critica alla sua opera (si va
dalle monografie di Surdich, della Dei,
della Frabotta, ai Convegni tematici a lui
dedicati, con Genova soprattutto come
sede naturale del polifonico concerto critico, per finire nellapoteosi postuma del
Meridiano della Mondadori, affine ad
unedizione critica, grazie ad un apparato di note monumentale e puntiglioso
curato dal giovane filologo friulano Luca
Zuliani). I contributi sono stati molti ed
hanno svariato nelle variate direzioni che
lattivit creativa di Caproni ha tenuto,
perseguendo la totalit di unesperienza
di scrittura che ha occupato un sessantennio: sono state riunite da Raboni (La
scatola nera, Garzanti, 1996) le molte
pagine critiche sui contemporanei, uscite
alla spicciolata su quotidiani e settimanali italiani, sono state ristampate le aspre
prove narrative nel racconto di media lunghezza, e sono state accorpate per la prima
volta le innumerevoli traduzioni liriche
dellautore (Quaderno di traduzioni, Torino, Einaudi, 1998) dal francese (Char,
Apollinaire, Frenaud, Prvert, Baudelaire) e dallo spagnolo (Garca Lorca e
Manuel Machado).
Era nellintroduzione a questo volume che Mengaldo accennava ad un lavoro critico notevole, ma ancora inedito, di
Ressenyes
Antonio TABUCCHI,
Si sta facendo sempre pi tardi,
Milano: Feltrinelli, 2001, p. 230.
Dopo quattro anni da La testa perduta
di Damasceno Monteiro, Tabucchi ha
pubblicato Si sta facendo sempre pi tardi
(marzo 2001), un romanzo epistolare
modulato su diciasette voci maschili e
due femminili che si sovrappongono
nella lettera di Atropos-Arianna. Sinceramente, dopo aver frequentato per molti
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tuati a queste perplessit poich, escludendo i romanzi o racconti di pi immediato successo, nota la patina di
ambiguit che avvolge le sue storie e ancor
pi le domande che provoca nel lettore.
Anche in questa occasione gli interrogativi
non mancano perch alla lettura tutto riecheggia e la sensazione del gi letto, sentito o visto, prevale. Il lettore non pu
che provare un certo imbarazzo in quanto lattuale libro dominato da una forte
circolarit, volutamente non dissimulata,
con la precedente produzione. Non solo
si citano o menzionano i romanzi pubblicati causando claustrofobiche iterazioni alla Sostiene Pereira, ma il fil rouge
di molti testi lattacco ex abrupto di Any
where out of the world (in Piccoli equivoci
senza importanza) di cui esempi chiari
possono essere gli inizi di Forbidden
Games o A cosa serve unarpa con una corda
sola? E il richiamo insistente tanto da
provocare una sensazione di fastidio in
chi legge; i mittenti ci obbligano a seguire un loro itinerario a dir poco carsico che
attraversa queste lettere-racconto fino al
taglio perentorio dellAdesso. Ora. Subito della diciottesima lettera. La volont di
depistare confondendo con i molti rimandi musicali, fotografici e letterari una
prassi conosciuta della sapiente gestione
testuale di Tabucchi, anche se qui sembra venir meno quel patto autoriale fin
ora mantenuto con il lettore. In un monologo evocativo e amaro i diciotto scrittori parlano di un amore lontano, perduto
o sognato, un amore condizionato dalle
regole della vita a cui nessuno pu sottrarsi: per chi le infrange o le nega c solo
il silenzio. Aleggia su tutto il libro un
senso di rimpianto, di malinconico sguardo al passato con la presente coscienza
che quello che stato non si pu n
modificare, n far rivivere. Una sorta di
tristezza che non si ferma nemmeno
davanti allinfantile vendetta di Buono
come sei, ai viaggi alla Walser o alla diciottesima lettera di Arianna. Il titolo, il refrain
di come vanno le cose. E cosa le guida:
217
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Isabel TURULL,
Diccionari de paranys de traducci itali-catal,
Barcellona: Enciclopdia Catalana, 2001.
A che serve un dizionario di falsi amici?
E come va consultato? Certo, normalmente si parla di strumento di base per
gli studenti, gli studiosi, i traduttori o i
professori di lingua, ma nessuno poi viene
a darci delle istruzioni concrete per luso.
difficile immaginare un qualunque lettore, impegnato nellinterpretazione di
un testo in unaltra lingua che, di fronte
alla parola che gli pare sospetta o il cui
senso allinterno della frase gli sembra
assurdo, si scomodi per cercarne la definizione in un dizionario del genere. La
cercher, piuttosto, in uno bilingue (se
c) o direttamente in uno monolingue
ammesso che la sua conoscenza della
lingua straniera sia sufficiente a fornirgli una comprensione accettabile. Allora,
un lavoro come quello di Turull semplicemente uno studio lessicale destinato
a far bella presenza negli atti di un qualsiasi convegno di linguistica comparata?
No. O meglio: non solo. Infatti, lopera
in questione senzaltro uno splendido
esempio metodologico di un approccio
contrastivo serio e pragmatico; ma anche
un testo di lettura indispensabile per
chiunque sia interessato a qualunque
livello professionale ai rapporti tra la
lingua italiana e quella catalana. In altre
parole, ora che questo dizionario a
disposizione dei lettori, la sua conoscenza diventa obbligatoria e peccher automaticamente di dilettantismo chi si vorr
concedere il lusso di cadere negli errori di
traduzione messi in luce da Turull. Insomma, unopera da leggere, rileggere e posare sul comodino pi che accanto al
computer, poich la sua funzione propedeutica e non correttiva: proprio per
questo, bisogna armarsi di umilt e consultarla per filo e per segno.
Ci si accorger, allora, della rigorosa
sistematizzazione di un corpus che tocca
svariati piani stilistici; e con motivi pi
che validi, dato che non assurdo pensare che anche uno studioso ben preparato
possa incappare nei tranelli tesi dalla confusione fra it. monopattino e cat. patinet
da una parte e it. skateboard e cat. monopat dallaltra. Altre volte, invece, la definizione del dizionario diventa uno stimolo
ad ordinare e a far emergere alla coscienza nuove classificazioni, per cui le esemplificazioni della coppia it. risultare/cat.
resultar non coprono forse del tutto la
casistica ma fanno chiarezza su vaste zone
dombra e danno lincentivo al lettore per
proseguire da solo su una strada gi correttamente impostata.
Ma un dizionario come questo fatto
per essere discusso, criticato (con cognizione di causa) e, infine, personalizzato,
non per essere accettato supinamente. Chi
scrive questa nota dissente, per esempio,
dallincorporazione del binomio it. ancora/cat. encara, perch, in situazioni di questo tipo, le ambiguit sono cos palesi che,
ad ammettere la necessit di spiegarle, si
dovrebbe aumentare a dismisura il numero delle entrate. Lo stesso valga per linserimento dellit. teoria nel senso di fila,
coda, talmente specifico da non poter
essere considerato alla stregua di un vero
e proprio falso amico. E poi, in termini
di equilibrio interno, tali presenze non
sono giustificate da alcune lacune (poche,
a dire il vero) che sarebbe stato logico
riempire, come per it. bilancio e bilancia
di fronte ai corrispettivi cat. balan e
balana. O, allinterno delle varie significazioni di roba nei due idiomi, non sarebbe forse stato fuori luogo segnalare anche
la coincidenza del termine catalano con
lit. panni. Cos, si stenta a condividere la
posizione di Turull che evita les paraules que en itali tenen un s vulgar o una
segona accepci en registre vulgar. Le
ragioni dichiarate dallautrice nellintroduzione rimandano a problemi di
Ressenyes
221
alla prima sar bene indicarlo aggiungendo un esponente allanno di pubblicazione e riportando fra parentesi quadre la prima edizione. Ci si pu basare sul
seguente modello:
Francesco ORLANDO, Per una teoria freudiana della letteratura, Torino: Einaudi,
19873 [1973], p. 130-131.
I dati sulla traduzione di un libro citato seguiranno fra parentesi tonde quelli
delledizione originale (linserimento del nome del traduttore discrezionale):
Robert SCHOLES e Robert KELLOG, The Nature of Narrative, New York: Oxford
University Press, 1966 (tr. it. di Rosanna Zelocchi, La natura della narrativa, Bologna: Il Mulino, 1970).
I titoli degli articoli vanno inseriti fra virgolette caporali mentre i titoli delle
riviste andranno sempre in corsivo come nellesempio:
Cesare SEGRE, La critica semiologica in Italia, Quaderns dItali, n. 1, 1996,
p. 21-28.
QUADERNS DITALI
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Volum nmero / Volumen nmero / Issue number / Volume numero : ...........................................
Nombre dexemplars / Nmero de ejemplares / Number of items / Numero di copie : ....................
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Abstract
Nellintervento, a met tra narrazione e riflessione critica, lautrice, partendo dalle acquisizioni degli studi sulla scrittura femminile in Italia degli ultimi anni e dal proprio itinerario di ricerca, sottolinea il grande scarto compiuto dalle scrittrici sin dai secoli passati
rispetto al Sistema Letterario canonizzato e, accogliendo le problematiche inerenti al rapporto lettura-testo, si ferma su alcune caratteristiche della lettura di genere quali il punto di
vista, la relazione, lo sguardo, il posizionamento, il soggetto plurale, tutte necessariamente
interne alla funzione creativa ed etica della buona lettrice.
Parole-chiave: soggettivit, scrittura femminile, sistema letterario, canone.
Abstract
In her essay, half-way between narration and critical thinking, the author, moving from
the knwoledge resulting from the studies on female writing conducted in Italy over the
past years and from her own research, highlights how in the past centuries women writers started moving away from the official Literary System. Analysing the issues related to
the reading-text relation, she investigates some pecularities typical of the gender reading,
such as point of view, relationship, glance, positioning, plural subject, which are necessarily
inherent in the creative and ethical function of the good woman reader.
Key words: subjectivity, feminine writing, literary system, canon.
Nella mentalit corrente, alla nozione di femminile e di maschile viene associata ancora la lettura che di essa ha fatto e fa la cultura patriarcale, ulteriore
riprova di quanto sia in ritardo lidea di fronte al fatto che, da tempo, siamo
in piena ridefinizione dei ruoli sessuali e delle caratteristiche tradizionalmente a essi legate. Ancora recentemente diverse studiose femministe si interrogano sulla nozione, oltre che di maschile e di femminile, di differenza, di genere, di
sessualit, di corpo.1 Tra esse, Teresa De Lauretis sottolinea quanto sia necessa1. Cfr. Rosi BRAIDOTTI, Oltre il genere-Analisi di una categoria controversa e, forse, non pi
utile, Leggendaria, settembre 2000 (con una scelta bibliografia sul tema); Paola BONO (a cura
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Anna Santoro
della scrittura femminile, come se non fosse stata messa in discussione la stessa nozione di Canone, a qualsiasi genere lo riferiamo. Ben altro significato assume lespressione sopra citata in contesti non italiani: si pensi alla criture fminine
di Hln Cixous, che , come sottolinea Carla Locatelli, un condensato della
problematica del rapporto corpo-scrittura [], espressione di una formidabile sintesi semantico-culturale. E pi avanti: [] criture fminine non indica un concetto, unidea fissa; non letichetta di un pensiero, n conferisce
una patente di appartenenza a chi scrive.5
Per quel che mi riguarda, ho sempre cercato di (imparare a) continuamente
assumere e (ri)leggere i segni e i comportamenti delle donne come esempi (non
modelli) dei possibili modi del femminile, non per una sorta di prudenza scientifica, ma perch immagino e mi auguro che, a fronte del Sistema letterario tradizionale maschile, non si voglia contrapporre un analogo Sistema letterario
femminile:
[] il punto non affermare lesistenza o meno di un sistema letterario femminile che, fondandosi anchesso su un automodello, elabori un sistema di sistemi tale da poter essere contrapposto a quello maschile, e forse non pi (non
solo pi) intaccare miti e stereotipi, svelandoli di parte maschile, ma il
punto accogliere e fare emergere i soggetti femminili cos come essi si sono
mossi e mostrati di fatto. Ed essi, nelle opere dove la soggettivit si manifesta
tramite il linguaggio, si presentano estremamente complessi da leggere, perch ricchi di sfaccettature che non siamo abituate a valorizzare.6
40
Anna Santoro
di genere, ma anche riguardo il testo, i contesti, la lettura, il rapporto tra chi legge
e ci che viene letto.
Se assumiamo le riflessioni sul testo di Barthes, di Derrida, (che non sono
in contraddizione come risulta chiaro nel lavoro della Locatelli, Co(n)testi, che
apre il gi citato volume di Trento), di Benveniste, la nozione di soggetto plurale della Harendt, ma anche considerazioni di Benjamin o di Foucault, e se
allarghiamo il nostro sguardo accogliendo le problematiche relazioni tra politica e filosofia, cos come vengono trattate da Jean-Luc Nancy in Essere singolare plurale,8 non possiamo non convenire che la comprensione non coincide
con il significato di un testo,9 e che il punto , nei confronti del testo scritto,
ma anche nei confronti del testo mondo, che leggere sempre unavventura
dello sguardo.10
La ricerca e lanalisi delle scritture delle donne in Italia, che si sono sviluppate negli ultimi venticinque anni, grazie alle letture dei testi, al lavoro di storiche e studiose di varie discipline, alla ricostruzione dei contesti e di scenari,
alle riflessioni della critica femminista, allassunzione della differenza (della
coscienza e del posizionamento di genere) da parte di chi legge (oltre che da
parte di chi scrive), hanno posto il problema della rivisitazione della tradizionale nozione di Sistema letterario e di Letteratura italiana come corpus di scritture neutre, in un momento in cui (la coincidenza non casuale) era avvertita
anche da parte di alcuni studiosi lesigenza di affrontare la nozione di Storia
Letteraria a suo tempo codificata da De Sanctis (La Letteratura Italiana di
Einaudi, curata e ideata da Asor Rosa, ne segno tangibile), e prima ancora
che venisse importato il problema del Canone dalle Accademie anglosassoni,11 (con finalit e modalit molto differenti).
Eppure, quando cominciammo ad approfondire il lavoro sulla produzione femminile, ci trovammo di fronte al problema di cosa fosse la lettura, di
cosa fosse un testo (inteso anche come scenario letterario, sociale, politico:
contesto dei testi). Scambiandoci doni con gli autori che ho sopra nominato
(quelli che si interrogavano appunto sulla consistenza del testo) e riflettendo
sulle nostre pratiche e sui nostri saperi, elaborammo, e continuiamo ad elaborare, una nozione di lettura che accoglienza ed elaborazione, scambio, tramite di conoscenza dellaltra/altro e di s. La lettura il risultato della relazione
tra occhio che guarda e cosa guardata (il testo, ma anche il testo-mondo), e,
come difficile de-finire in contorni netti e stabili il testo (e i contesti), cos
lo anche definire chi a leggere. Qui il punto.
Non basta pi pensare ad un imprecisato punto di vista femminile per ritenere che esso sia in grado di intrecciare relazione con i testi femminili. Certo,
c un corpo nelle scritture delle donne e c un corpo della lettrice, c una scelta di posizionamento sia in chi scrive sia in chi legge. Ma c anche altro. Cos,
credo sia utile fermarsi su una questione centrale, punto di partenza per qualsiasi discorso che si interroghi sulle scritture delle donne, sul femminile in lettura, sulla differenza di genere, sulla ricostruzione dei contesti, e cos via, e
cio vorrei porre in primo piano il soggetto e i modi di questo interrogarsi,
cio la figura della lettrice.
Prima, per, apro una parentesi per dare ragione del tragitto che io stessa
ho attraversato (mi si perdonino dunque le autocitazioni, funzionali al ragionamento che sto impostando): questa metodologia di ricerca appartiene a una
delle forme possibili del femminile, e qualifica, a mio avviso, la ricerca di genere come creativa,12 (non strettamente scientifica nellaccezione data comunemente a questo termine), nel senso di eversiva, fuori dai canoni, dettata dalla
necessit di ricerca (e per questo a suo modo scientifica). E dunque anche etica.
Ancora prima delle modalit, sono importanti le motivazioni, strettamente intrecciate, che spinsero me (e tante altre),13 alla fine degli anni 70 a studiare le scrittrici italiane, e cio linteresse per la scrittura, per la poesia, per la
letteratura, e la partecipazione appassionata agli eventi degli anni 70, in particolare al femminismo. A quel tempo, gli studi sulle donne, sulla scrittura
femminile, sulla creativit delle donne, avevano tutti come punto di riferimento le letterature straniere. In Inghilterra s, cerano state scrittrici, in Francia, in America, ma in Italia, si affermava, niente. Questa presunta assenza di
produzione femminile italiana, accettata e spiegata con varie motivazioni da
studiosi (che, se la prendevano in esame, la davano per scontata e/o la ribadi12. Se le lettrici, le studiose, non fossero (state) creative, non avremmo mai ri-cominciato a leggere la produzione femminile italiana. E a interrogarci su di essa.
13. Tra la fine degli anni 70 e i primi anni degli anni 80, ricordo alcuni lavori di studiose che
per me furono importanti: Franca BASAGLIA ONGARO, Una voce, Milano: Il Saggiatore,
1982; Angela BIANCHINI, Voce donna, Milano: Bompiani, 1979; Ginevra BOMPIANI, Lo
spazio narrante, Milano: La Tartaruga, 1978; Bruna CONTI e Alba MORINO, Sibilla Aleramo e il suo tempo, Milano: Feltrinelli, 1981; Patrizia MAGLI (a cura di), La donna e i segni:
scrittura, linguaggio, identit nel segno della differenza femminile, Ancona: Il lavoro editoriale, 1985; Giuliana MORANDINI, La voce che in lei, Milano: Bompiani, 1980; Luisa
MURARO, La Signora del gioco, Milano: Feltrinelli, 1976; Anna NOZZOLI, Tab e coscienza
femminile nella letteratura italiana del Novecento, Firenze: La nuova Italia, 1978; Ginevra
CONTI ODORISIO, Donna e societ nel Seicento, Roma: Bulzoni, 1979; Franca PIERONI BORTOLOTTI, Allorigine del movimento femminile in Italia, Torino: Einaudi, 1975; Marina ZANCAN, Nel cerchio della luna, Venezia, 1983; EAD. La donna, in A. ASOR ROSA (a cura di),
Letteratura italiana. Le questioni. V, Torino: Einaudi, 1986. Ma influirono su me e sul mio
lavoro anche molte studiose (di altre discipline o di altre letterature) pioniere di quegli anni
(e che hanno poi continuato), come Gisela BOCK, Rosi BRAIDOTTI, Annarita BUTTAFUOCO,
Lea MELANDRI, Biancamaria FRABOTTA, Nadia FUSINI, Ellen MOERS, Adrienne RICH, Anna
ROSSI DORIA, Elaine SHOWALTER, e, sopra tutte, Virginia WOOLF che naturalmente non
appartiene a quegli anni ma resta fondamentale, in questo caso come saggista, per chiunque
si interroghi sulle scritture femminili.
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Anna Santoro
vano) e anche da studiose (che lattribuivano alle difficili condizioni delle donne
in Italia), era in realt un luogo comune, funzionale a discorsi altri, e non un
fatto verificato. Per cercare risposte, sia sul piano letterario sia su quello, diciamo, ideologico, avvertivo lurgenza di affrontare il problema avviando prioritariamente una ricerca sistematica di cosa avessero scritto in Italia le donne.
importante ricordare a questo proposito che, mentre la critica ufficiale
(maschile), agli inizi degli anni 80, consacrava la morte dellautore (ma il
discorso tuttora aperto), lattenzione (mia e di altre), pur partendo dal testo
e grazie alla lettura dei testi, ricercava nel testo lautrice, per articolare la Storia del soggetto femminile. Sottolineo anche che nel pensare una ricerca a tappeto della produzione femminile italiana non cercavo scrittrici che mostrassero
coscienza di genere, identit, assunzione della differenza sessuale: desideravo
vedere tutti i testi e successivamente interrogarmi sulle modalit di lettura.14
La mia ipotesi di lavoro, dunque, era chiara, sia pure visionaria (creativa):
ero convinta che ce ne fossero state, di scrittrici, ero convinta che fosse necessario recuperarne memoria, ero convinta che servisse alle donne sapere di possedere una tradizione. (La produzione letteraria femminile in Italia pressoch
sconosciuta perch inesplorata []).15 Ed ero convinta che, poich nel linguaggio che si d forma alla visione del mondo, nel linguaggio (in questo caso
di parola) dovesse/potesse essere studiata la differenza di genere.
Nel frattempo, il mondo cambiava, e cambiava il rapporto tra soggetto e
oggetto. Cambiava la nozione di cultura (maschile e occidentale), non pi
autoreferente.
Una volta era il verbo: cera il testo e cera il lettore. Si raccontava che la
scrittura fosse neutra, e che la lettura fosse neutra. In realt si riteneva che la scrittura maschile (le scritture maschili) fossero il generale, il centrale, lunico soggetto possibile, lunico punto di vista idoneo a stabilire canoni e scale di valori,
senza che fossero denunciati/e di parte. Questo soggetto maschile universale
(al suo interno, certo, articolato) nutriva la nozione di libro (di mondo) come
oggetto chiuso, magari segreto, da penetrare per coglierne i significati: in questo modo poteva essere detta neutra sia la scrittura sia la lettura.
Grazie al Catalogo della scrittura femminile italiana presente nei fondi della
Biblioteca Nazionale di Napoli (dalle origini della stampa al 1860),16 verificai
14. Evidentemente c una parte di me che sente il bisogno di fare elenchi, registrare, acquisire dati, intrecciare percorsi, se ho da poco messo in Rete il Progetto Dominae, Dizionario biobibliografico delle donne, sul Sito della mia Associazione: www.arabafelice.com.
15. Cfr. Anna SANTORO, Gli amori di una letterata della Signora D, Esperienze Letterarie,
1980, n. 2.
16. Catalogo della scrittura femminile italiana presente nei fondi della Biblioteca Nazionale di
Napoli (dalle origini della stampa al 1860), Napoli: Centro Studi condizione della donna.
Comune di Napoli, 1984. Il Catalogo, realizzato con un piccolissimo contributo del CNR
(tramite fu il carissimo amico Giancarlo Mazzacurati, della cui perdita la cultura italiana
non si consoler mai, e neanche io), fu consegnato allUniversit di Napoli nel 1979. La
successiva edizione del Catalogo (Napoli: Dick Peerson, 1990), rivista e rielaborata, arriva
al 1900 ed accompagnata da una Guida al Catalogo, dove sono raccolti interventi di studiose di varie discipline.
che davvero tante donne avevano scritto e pubblicato in Italia. Nel leggerle,
capii quanto fosse importante la figura della lettrice, e capii (accolsi) che per leggere quei testi non poteva essere usata la griglia consueta, la consueta scala di
valori:
Questa inchiesta sulla produzione femminile italiana a stampa [] sta a significare una messa in discussione di analisi non solo di parte, ma vecchie []. Il
lavoro nasce per conoscere ci che hanno scritto le donne in Italia. [] non si
conosce questa produzione che dunque non viene usata nelle analisi (p. 3).
[] Solo un lavoro sistematico permette oggi di riscoprire testi condannati
alloblio da un sistema di valori che non pi quello moderno (p. 4). []
il metro di analisi di queste opere altro da quello ufficiale [] Questo
lavoro di fatto serve a mostrare la base culturale, grazie alla quale o nonostante la quale, altre donne [] hanno saputo e voluto scegliere di esprimere se
stesse e il loro rapporto con la realt (p. 5-6).17
44
Anna Santoro
Molte di queste scrittrici fondarono giornali (che diventavano, come racconta la Salazar, non solo salotti intellettuali e politici, ma centri di riferimento
per le donne comuni) e/o collaborarono alle pi importanti testate del tempo
(La Nuova Antologia, Lillustrazione Italiana), alcune furono attiviste o perlomeno legate ai movimenti femminili internazionali, inviavano allestero loro
contributi, partecipavano a Convegni, giravano facendo conferenze, avviavano battaglie importanti.26 Ebbero tutte in comune, sia pure ciascuna a suo
modo, il desiderio di vincere le paure e di mostrarsi. Ebbero in comune il fatto
di essere impegnate. Perch tutte furono portatrici di trasgressione (nel senso
di andare oltre): ruppero i canoni, nella vita e nella scrittura, attaccarono i
luoghi comuni in modo pi o meno vistoso, si mostrarono in pubblico, vis24. Cfr. Anna SANTORO, Narratrici italiane, cit., p. 10-11 e p. 13-14.
25. Cfr. EAD., Scrittrici, cit., passim.
26. Le citazioni e i riferimenti sono tantissimi e non posso non rinviare, per riscontri puntuali, ai miei lavori. Notizie utilissime anche nei lavori di Franca PIERONI BORTOLOTTI. Cfr.
anche Michela DE GIORGIO, Le italiane dallUnit a oggi, Bari: Laterza, 1992.
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Anna Santoro
sero vite coerenti con il loro scrivere. Nei loro scritti, tutte riesaminano il concetto di virt, di femminile, di forza e di debolezza, e riesaminano i luoghi
comuni attorno al matrimonio, allet, allo zitellaggio, ma anche affrontano la trasformazione economico-sociale dellepoca, riuscendo a trovare, sia le
scrittrici provenienti da classi non privilegiate, sia le aristocratiche, nellautonomia economica, una delle strade necessarie alla libert propria e di tutte le
donne. E tutte affrontano questioni generali come la guerra, il lavoro, la disoccupazione, i problemi del proprio territorio, in un modo che nessuno scrittore aveva ancora fatto.
Tutte scrivono di violenza quotidiana sulle donne, ciascuna sottolineando
aspetti diversi, ma ritrovandosi a sottolinearne i principali. Grazia Mancini,
Fanny Salazar, Neera, la Marchesa Colombi, lAleramo, e poi Clelia Pellicano,
Anna Franchi, Lina Pietravalle, Maria Messina, Paola Drigo, Annie Vivanti,
tutte, nel raccontare storie di violenza sulle donne, mettono in scena la cronaca quotidiana, il vissuto quotidiano delle donne, riuscendo a comunicare
emozione, e soprattutto sono capaci di rappresentare la violenza come insita
nella societ patriarcale.27 Tutte danno vita ad uno scenario dove ad essere centrale sono le donne. Nei loro romanzi sfilano figure di donne, che si accampano protagoniste sulla scena, anche se ferite, deluse, ma mai risentite, sempre
forti, a volte addirittura maternamente indulgenti e ironiche nei confronti
degli uomini.28
La vita quotidiana femminile, lontana dallessere unicamente cucina, casa,
cicaleccio tra comari, paziente sopportazione, rivalit tra belle donne, scenario di folla femminile un po anonima posta di sfondo al protagonista maschile centrale, com rappresentata nella letteratura maschile di quegli anni, diviene,
allo sguardo delle scrittrici, oggetto di osservazione privilegiato per quelle che
sono le priorit del vivere: cos, la guerra colta nel quotidiano femminile
che subisce il dolore delle perdite e non riesce pi a credere alle favole dellonore (Percoto), il matrimonio nel quotidiano fatto di convenienza o di violenza sessuale e di delusione sentimentale ed erotica (Saredo, Neera, Marchesa
Colombi, Aleramo, Prosperi, Franchi, Codronchi, Serao), la solidariet
maschile volgare ammiccamento (De Donato, Pietravalle), lamore scelta
di passione (Codronchi, Prosperi, Pietravalle, ma gi prima Neera, Serao),
nutrito anche di valenze nuove (la complicit, le condivisione di gusti e ideali), il sentimento della maternit, tanto decantato e strumentalizzato dalla let27. Il bellissimo Maria Zef, di Paola DRIGO (1936) esemplare.
28. interessante notare che la moderna letteratura femminile italiana, quando lautrice torna
con la memoria alla storia passata, familiare o no, presenta spesso il mondo femminile centrale nellesperienza pubblica e privata. Penso in particolare a Althnopis (Torino: Einaudi,
1981) di Fabrizia RAMONDINO, a Francesca e Nunziata (Anabasi, 1995, poi Cava dei Tirreni:
Avagliano, 1998) di Maria NATALE ORSINI, a Le viceregine di Napoli (Firenze: Giunti, 1997)
di Luciana VIVIANI, a Passioni di famiglia (Milano: Feltrinelli 1994) di Cristina COMENCINI, a Posillipo (Rizzoli, 1997) di Elisabetta RASY, a Le amiche di Carla (Napoli: Filema 1999)
a firma di chi scrive questa nota. Cfr. A. SANTORO, Scrittrici, cit.; EAD., Leggere e scrivere, linguaggi del corpo, cit., passim.
48
Anna Santoro
matica, per esempio), sono i canoni estetici e di giudizio, che attentano alla
libert creativa delle scrittrici e alla comprensione, da parte di chi legge, di
dove sia tale libert nei testi femminili.
In definitiva, imparai, e continuo ad imparare, che la differenza delle scrittrici impone la differenza della stessa lettrice, la quale, come le autrici che legge,
non solo deve compiere un salto di prospettiva, uno spostamento di punto di
vista e di posizionamento, idoneo a cogliere il nuovo della scrittura, ma deve
assumere uno sguardo vergine, etico e creativo insieme.
Questa lettura mi servita per verificare lipotesi da cui essa stessa nasceva: e cio che la produzione letteraria femminile, in Italia, sin dai secoli passati, ha messo in crisi la nozione di Sistema Letterario. E mi ha aiutato (assieme
alla riflessione sul lavoro di altre studiose) a segnare la fisionomia della buona
lettrice33 che, per essere tale, rivisita la letteratura e lidea di letteratura, la lingua, gli scenari, i testi e i contesti. Solo con una lettura di parte,34 etica e creativa, possibile interrogarsi sulle scritture delle donne e/o sul femminile nella
letteratura, sulla maschilit della lingua italiana e sulla sua inadeguatezza,35
e via di seguito.
La buona lettrice eccentrica, eversiva, rispetto ai canoni tradizionali della
ricerca scientifica. In questo senso creativa: come la scrittrice legge e rappresenta lincontro tra il proprio sguardo (ricco del proprio contesto) e lo sguardo della cosa guardata (il mondo), e, nel farlo, nel vivere la relazione, fa poesia,
poiein, cos la lettrice legge e rappresenta lincontro tra il proprio sguardo e lo
sguardo del testo, tesse la relazione e opera lo scarto rispetto ad una lettura
convenzionale.
Leggere guardare, ascoltare, accogliere ed elaborare la comunicazione (lessere) dellaltra/o ed anche comunicare a questa stessa comunicazione
la propria lettura. Leggere ricordare costantemente la parzialit della comunicazione stessa, dovuta s al proprio posizionamento e punto di vista, ma
anche allinafferrabilit della complessit del testo (e del mondo) che si offre
33. Riguardo lindagine sulla buona lettrice, mi permetto di rimandare ad altri miei lavori. Dopo
il Catalogo, a parte i lavori di analisi applicata, sono tornata ad approfondire la questione
a livello teorico. Cfr. per lo meno: Prefazione a Narratrici italiane dell800, cit.; Prefazione alla
seconda edizione del Catalogo (dalle origini al 1900) (Napoli, 1990); La lettura non neutra, in Guida al Catalogo(Napoli, 1990); Ricerca e lettura delle scritture delle donne
in Italia: Questioni di metodo, cit., p. 97-105; Scrittura della differenza-Lettura della differenza. Lidentit frammentata e la ricomposizione dei frammenti, in Daniela CORONA
(a cura di), Donne e scrittura, Palermo: La Luna, 1990; Ricerca e lettura delle scritture delle
donne in Italia: La lettrice, in Esperienze Letterarie, n.1, 1991, p. 99-106; Il fatto che
ingrasso. Lettura di Un matrimonio in provincia della Marchesa Colombi, cit.; Introduzione a Il Novecento, cit.; Scrittrici, cit.; Introduzione a Piccola Antologia di scrittrici campane, cit.; Leggere, scrivere, linguaggi del corpo, cit.; Leggere le scrittrici (italiane) del
passato: questione di metodi. Impressioni e ricordi (1856-1864), Diario di Grazia Mancini Pierantoni, cit.
34. Cfr. Paola BONO, Esercizi di differenza-Letture partigiane del mondo e dei suoi testi, Genova: Costa & Nolan, 1999; cfr. anche Leggendaria, qui la critica ?, maggio-giugno 1998.
35. Cfr. Patrizia VIOLI, Linfinito singolare, Verona: Essedue, 1986.
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Anna Santoro
esso stesso parziale a seconda dello sguardo che lo legge. Soggetto e oggetto si
scambiano di ruolo continuamente: anzi, non c un soggetto e un oggetto,
ma, come ho scritto sopra, una relazione, un soggetto plurale. La buona lettrice sa che leggere un testo lincontro tra due soggetti che (per amore, interesse, curiosit, dovere) si scambiano doni. Lei stessa un testo che viene
letto dal testo e che dal testo viene sollecitata a correlare, a mettere a fuoco, a
richiamare alla memoria, eccetera. Dunque accoglie il testo e si lascia accogliere: si relaziona con esso. Sa che il testo si manifesta esso stesso altro a seconda dellincontro che avviene con chi lo guarda, lo legge. Pensa che ciascuno
dei termini (chi legge, ci che viene letto), sia portatore di contesti, ricco, ambiguo. In questo senso nel leggere un testo la buona lettrice non lo affronta come
macigno immutabile, corpo a tutto tondo da studiare e analizzare per comprendere ci che possiede di per s, perch quel di per s in fondo unastrazione. Il testo sempre in fieri, pur essendoci, tanto nel momento della
stesura tanto nel momento della lettura. in fieri, in trasformazione, la lettrice, ed in fieri, in trasformazione, la scrittrice.
Su questa strada (la complessit di definire i contorni del testo e i contorni di chi legge, il testo non dato una volta per tutte, limportanza di chi legge,
e cos via) ci si scontra a volte con la difficolt di cogliere la soglia tra ci che
c nei nostri occhi e ci che fuori di essi (il testo, il testo-mondo). E questo, mi sembra, porta ad affrontare altre questioni importanti: c il testo senza
lettrice/lettore? Lo sguardo fa il testo? Guardare gi interferire?
A queste domande cerco di rispondere con grande cautela: nel momento
stesso in cui affermo la necessit della libert della lettura (che rompa anche
essa canoni, schemi e rituali), nel momento in cui mi interrogo su cosa sia il senso
letterale e dubito di cosa e dove sia la realt, cerco per di tenere ben presente
che esiste, in piena dignit, laltra/o (in questo caso, il testo), e che le motivazioni per cui si legge (il testo o il mondo) fissano in qualche modo non solo il
punto di vista, ma la prospettiva, loggetto, che in questo modo risulta reale e
con il quale bisogna fare i conti. In realt, ritengo che i limiti dellinterpretazione (gli eccessi dellinterpretazione) dipendano anche da una certa superfetazione dellego (maschile) che si pone come punto di riferimento assoluto e
continuo, il che limita la sua stessa capacit di percezione e gli impedisce di
leggere il diverso/la diversa.
Il testo recupera un posto privilegiato invece proprio grazie alla capacit
creativa della lettrice. E alla capacit etica: il riconoscimento dellesistenza del
testo nasce dal rispetto dellaltra/o, dalla coscienza della parzialit della propria lettura, e dalla valutazione che, quanto pi un testo un mondo (cio
articolato, ricco), tanto pi pu e deve essere accolto ed elaborato, lasciando
che ci accolga e ci elabori. Il che proprio del femminile. Laccoglienza a cui
accennavo prima elaborazione, cio trasformazione delloggetto elaborato e
del soggetto elaborante. Nel leggere noi donne ci sentiamo sempre implicate:
per questo ci commuoviamo, ci muoviamo con, cio relazioniamo ci che leggiamo con noi stesse, ma non riduciamo il tutto a noi: anzi, ci mettiamo in
discussione come si diceva una volta. Leggiamo noi e siamo lette dal noi che,
grazie al rapporto della lettura del s, legge fuori, il testo. Nello stesso tempo
il fuori, il testo, che permette la lettura del s. Nel leggere un testo (il mondo),
la buona lettrice modifica se stessa perch ascolta (legge) le modalit della sua
stessa ricezione. La lettura ci cambia. Come ci cambia la scrittura. La scrittura, come la lettura , anche, un segno di confidenza, di affidamento: alle parole per esempio. Le scrittrici che sono riuscite a dare forma alla propria lettura,
cio a rendere reale ci che nasce dallincontro del proprio sguardo con lo
sguardo della cosa guardata, hanno fatto/fanno poesia. In certo senso hanno
lasciato che la poesia che c, a saperla vedere, nel mondo, potesse prendere
forma grazie al proprio tramite. Allo stesso modo la lettura (come la scrittura) ci arricchisce proprio se e quando ci dimentichiamo di noi stesse, pur essendo molto presenti.
Anche questo autorizza a riferirsi alle scritture critiche delle donne come
a scritture creative. Creative di un genere fuori dai canoni. E questo ci autorizza anche a sottolineare leticit della lettura di genere. La buona lettrice, infatti, continua a pensare che esista la passione della scrittura, e la scrittura che le
interessa quella che riesce a dare forma al desiderio. Cos si relaziona, per
desiderio, al desiderio dellaltra/dellaltro, e, nel leggere i segni, (deve essere)
in grado di risalire da essi alle citazioni, di comprendere le metafore e il non
detto, che in realt il detto in altro modo. La buona lettrice svela le nuove
metafore delle scrittrici perch in grado di coglierle. Il lavoro di riappropriazione delle parole e del discorso il lavoro che oggi tocca non solo alla
scrittrice, ma anche alla buona lettrice.
Il punto di vista di chi legge non dunque una categoria mentale, una semplice (nel senso di: unica, staccata dal corpo, dalla percezione) capacit delle
donne di intellettualizzare i propri saperi, ma coinvolgimento della propria
interit e unicit nellatto della lettura.
Il corpo nella scrittura tramite tra percezione e formalizzazione. un
modello comunicativo. Creatore di segni. Le due unit/unicit (della scrittrice
e della lettrice) si incontrano nei loro sguardi fatti di intelligenza, di sapere, di
sensibilit, di sensazioni, di citazioni di odori, sapori, evocazioni tattili, rossori,
eccetera. Le scritture-letture delle donne sono punto di incontro e unit tra tradizione orale (il parlare tra donne, laffabulazione, la voce) e discorso letterario.
Il femminile nella letteratura sta, dunque, nelle forme che le scrittrici hanno
dato e danno alla propria immaginazione, al proprio desiderio, al proprio sapere, al proprio punto di vista, (grazie) alla propria scrittura. Nelle scritture delle
donne ci sono segni di inedite e straordinarie soluzioni e invenzioni che bisogna imparare a leggere, non solo ai fini del recupero della memoria necessaria a
noi donne del XX secolo (ora del Terzo Millennio), ma perch esemplari di
capacit (diverse dalle convenzionali)36 di accoglienza e di elaborazione di un
36. EAD.: Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini o vivessero
come gli uomini o assumessero laspetto di uomini, perch se due sessi sono insufficienti,
considerata la vastit e variet del mondo, come faremmo mai con uno solo ? (p. 179-180);
cfr. anche: Marie Luise WANDRUSZKA, Scrivere il mondo, Torino: Rosemberg e Sellier, 1996.
52
Anna Santoro
37. Cfr. Anna SANTORO, Il Novecento. Antologia, cit., p. 23. Cfr. anche: EAD., Ricerca e lettura1) e 2), cit.; EAD., Scrittrici, cit.
38. Cfr. Anna SANTORO, Scrittrici, cit.
53-81
Abstract
Larticolo legge il primo canto dellInferno secondo la prospettiva della ermeneutica dei
generi sessuali. La iniziale contrapposizione, che criminalizza il femminile come genere
basso e negativo nella linea della misoginia antica e medievale, si trasforma, nella seconda
parte del canto, in una visione modernamente complementare dei generi, nella quale il
femminile viene anzi ridefinito come categoria culturalmente alta e positiva.
Parole chiave: Dante, Inferno I, studi di genere, maschile e femminile.
Abstract
This article reads the first canto of Inferno from the perspective of gender hermenutics.
The initial opposition, which blames the female as the inferior and negative gender, in the
line of ancient and medieval misogyny, transforms itself, in the second part of the canto,
into a modern and complementary vision of genders, in that the female is indeed redefined as a high and positive cultural category.
Key words: Dante, Inferno I, gender studies, male and female.
54
Raffaele Pinto
mostra in effetti uno slittamento dal significato politico dominante nelle societ
antiche a quello personale prevalente nelle societ moderne. Indipendentemente
dalle modalit e le fasi di tale slittamento, la cui ricostruzione storiografica
forse compito della nuova critica letteraria, si pu verosimilmente affermare
che esso parallelo allaffioramento, nei testi, di forme autografiche di scrittura: il maschile rilevabile nellepica dellIliade o della Chanon de Roland afferisce ad un simbolismo politico-religioso i cui valori (la giustizia, la forza, il
coraggio etc.) configurano lidentit di tutta una classe sociale, lordine dei nobili o dei guerrieri; mentre il maschile rilevabile nella lirica di Petrarca o di Baudelaire rientra in un simbolismo morale e soggettivo, il cui valore egemonico
il desiderio. A prescindere dalle eccezioni che attenuerebbero tale divaricazione (scritture dellio nellantichit, ideologie sessuali collettive nella modernit;
stratificazioni sincroniche dei due simbolismi, attivi su livelli differenti dello
stesso testo), chiaro che la distinzione antico-moderno non solo pertinente
alla opposizione femminile-maschile, ma anche logicamente prioritaria, poich allinterno di tali modelli globali di civilt (antichit modernit) che
gli astratti concetti generici si incarnano in simboli letterariamente produttivi.3
Da uno scrittore di frontiera fra antico e moderno come Dante, e in mancanza di anteriori sondaggi sistematici sul simbolismo sessuale presente nella sua
opera, prudente attendersi indizi di genere afferenti ai due sistemi: valori
archetipici antichi da una parte, contenuti personali moderni dallaltra.
Lesperimento che qui si propone, cio la lettura della Commedia (metonimicamente rappresentata dal canto proemiale)4 secondo i concetti di genere, parte
quindi senzaltro dal preliminare e metodologico ancoraggio alle categorie che
strutturano i campi concettuali del femminile e del maschile sul piano antropologico generale; e lanalisi consister nel reperimento, ove possibile, di tali
categorie nella lettera del testo, o, pi esattamente, nelle sue figure. Ma si seguiranno anche percorsi di lettura autografici, alla ricerca della singolarit dantesca dellidea di genere, ovviamente connessa alla fattuale circostanza che lio
che scrive si enuncia come un io maschile. inevitabile che un tale approccio
trascuri, in qualche misura, il piano del figurato, il vero che il velo delle figure
occulta, cos familiare ai lettori della Commedia, soprattutto in questo canto.
3. Lidea di patriarcato come categoria storica trasversale che neutralizza la distinzione antico-moderno, efficace forse sul piano politico-rivendicativo, inutilizzabile sul piano teorico, perch impedisce di cogliere lessenziale: laffiorare, storicamente, di un soggetto
genericamente (auto)determinato secondo la differenza sessuale (che ovviamente incompatibile con una mascolinit imposta come universalistica legge del padre). Lerrore di prospettiva dipende dal fatto che gli studi relativi al genere sessuale (femministi, soprattutto)
hanno privilegiato, come universo concettuale di riferimento, la tradizione del pensiero
filosofico, che conserva le categorie ideali antiche molto pi di quanto non conservi le categorie espressive antiche la letteratura di tipo poetico: mentre il soggetto che conosce, in
Cartesio e Platone, identico, il soggetto che si esprime in Shakespeare indeducibile da quello che si esprime in Sofocle.
4. Sulla funzione proemiale del primo canto, cfr. Antonino PAGLIARO, Ulisse. Ricerche semantiche sulla Divina Commedia, Messina-Firenze: DAnna, 1967, p. 2-3.
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Ma il radicale mutamento di prospettiva critica dovrebbe compensare il sacrificio con un incremento di informazione forse non trascurabile.
Predicati del femminile sono, sul piano simbolico, la luna, il basso, la sinistra, la notte, il buio, lo scuro, il pesante, il rovescio, il freddo, lumido, linferiore;
predicati del maschile sono invece il sole, lalto, la destra, il giorno, la luce, il
chiaro, il leggero, il diritto, il caldo, il secco, il superiore.5
Le figure iniziali, selva oscura / diritta via, oppongono subito i generi
con i due aggettivi: oscura = femminile / diritta = maschile.6 Un simbolismo
pi allusivo traspare dai significanti cammin, via, per lidea maschile di movimento ordinato in uno spazio aperto, e selva, per lidea femminile di reclusione (o movimento disordinato) in uno spazio chiuso. Ovv infine, cio allineati
con il simbolismo convenzionale, sono i valori negativo del femminile e positivo del maschile:7
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ch la diritta via era smarrita.8
5. Cfr. Franoise HRITIERE, Maschile/femminile, in Enciclopedia, Torino: Einaudi, vol. 8, p. 797812 (cfr. in particolare le p. 802-803). La studiosa rileva la presenza di queste dicotomie
anche nel pensiero greco: qui le categorie principali sono quelle del caldo e del freddo, del
secco e dellumido, che sono direttamente associate alla mascolinit (il caldo e il secco) e
alla femminilit (il freddo e lumido) Nellordine del corpo, il caldo e lumido sono dalla
parte della vita, della gioia, del benessere, il secco e il freddo sono dalla parte della morte
Il maschio caldo e secco, associato al fuoco e al valore positivo, la femmina fredda,
umida, associata allacqua e al valore negativo (lautrice ritorna pi diffusamente sul tema
in Maschile e femminile. Il pensiero della differenza, Roma-Bari: Laterza, 1997 [1996]).
6. Sulla selva, cfr. Eugenio RAGNI, v. selva, in Enciclopedia Dantesca, Roma: 1970-1978, vol. V,
p. 137-142. Raccolgo qui due indicazioni: la lettura di Benvenuto da Imola, che interpreta la selva come allusione a aliis mulieribus (in riferimento a Purg., XXX, 126: questi si
tolse a me e diessi altrui); e il significato di materia corporea e caos che il termine silva ha
nella cosmologia neoplatonica (la hyle greca). Allinterno di tale tradizione, indipendentemente dalla conoscenza che poteva averne Dante, vale la pena di ricordare che nella cosmogonia manichea la hyle, principio del male associato alla concupiscentia (epitymia, o edon),
veniva rappresentata come una divinit arimanica femminile: Az (cfr. Antonio PANAINO,
Figure femminili divine e demoniache nellIran antico, in Ricerche storico bibliche, p.
64-65).
7. Esiste, naturalmente, anche una femminilit positiva, nella cultura antica, vincolata allidea della maternit, la cui simbologia ben presente nel pensiero mitico-religioso- cfr., al
riguardo, Erich NEUMANN, La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dellinconscio, Roma, 1981 [1956]. Una eco di tale complesso mitico, e delle relative
mediazioni letterarie, stata osservata nel personaggio dantesco di Matelda cfr. Rosetta
MIGLIORINI FISSI, Da Matelda a Beatrice (cenni sullarchetipo del femminile), in Maria PICCHIO SIMONELLI (a cura di), Beatrice nellopera di Dante e nella memoria europea, 12901990, Atti del Convegno Internazionale. 10-14 dicembre 1990, Firenze-Napoli: Istituto
Universitario Orientale, 1994, p. 183-206.
8. Let di 35 anni come la met di una vita umana che si sviluppi in modo naturale viene
discussa in Convivio, IV, xxiii, 9: se si compara lesistenza con un arco, lo punto sommo
io credo che ne li perfettamente naturati sia nel trentacinquesimo anno. Tale punto
sommo rappresenta la migliore combinazione delle quattro qualit umorali (caldo, freddo,
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Raffaele Pinto
Bisogna tener conto del fatto che il simbolismo femminile della selva e dello
smarrimento era perfettamente codificato nella tradizione prossima a Dante,
che ne trovava esempi nel Tesoretto di Brunetto Latini (il narratore, intristito
dal pensiero delle guerre di fazione, a Firenze, si smarrisce in una selva diversa nella quale trova una donna che gli si rivela essere la Natura) e nel Detto del
Gatto Lupesco (il narratore racconta di smarrire il cammino, dun amor pensando, e di ritrovarsi in un diserto aspro e duro in cui gli appaiono un gran
numero di animali). I due testi hanno poi in comune un elemento che ci fa
capire meglio la disposizione morale che Dante descrive con limmagine iniziale del Poema. In entrambi il protagonista-narratore cammina a capo chino:
e io, in tal corrotto / pensando a capo chino, / perdei il gran cammino, / e tenni
la traversa / duna selva diversa (Tesoretto, 186-190); cos mandava laltra dia
/ per un cammino trastullando / e dun amor gia pensando / e andava a capo
chino (Detto, 4-7). Nel sonetto Cavalcando laltrier per un cammino, commentato nel capitolo IX della Vita Nuova, Dante utilizza la stessa immagine
per descrivere latteggiamento del personaggio di Amore (alter ego del poeta),
che gli comunica la fine della sua relazione con la prima donna-schermo:
Cavalcando laltrier per un cammino,
pensoso de landar che mi sgradia,
trovai Amore in mezzo de la via
in abito leggier di peregrino.
Ne la sembianza mi parea meschino,
come avesse perduto segnoria;
e sospirando pensoso venia,
per non veder la gente a capo chino
In tutti e tre i testi causa dello smarrimento una sospensione del rapporto con il reale prodotta da una passione dellanima che attrae violentemente a
s lattenzione della mente. Lio viene pervertito (cio sviato) dalloggetto interno che assorbe i suoi pensieri. Tale oggetto simbolicamente (oltre che lettesecco, umido), giacch la Gioventute, seconda delle quattro et delluomo (fra i 25 e i 45
anni), sappropria al caldo e al secco [cio al maschile] (ibid., 13)-sulle fonti medico-filosofiche di Dante e sulla discussione relativa, Cfr. C. Vasoli (a cura di), Convivio, Ricciardi,
Milano-Napoli, 1988, p. 798 e sgg. Si consideri poi che nel capitolo seguente (XXIV, 12),
a proposito della necessit che hanno gli adolescenti della guida dei loro maggiori, lautore
paragona la vita ad una citt ignota: s come quello che mai non fosse stato in una cittade,
non saprebbe tenere le vie, senza insegnamento di colui che lhae usata; cos ladolescente,
che entra ne la selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere lo buono camino, se da li
suoi maggiori non li fosse mostrato. Qui il simbolo della selva gi inserito in una trama
concettuale che collega la vita alle vie e al cammino da una parte, e allinsegnamento di guide
dallaltra: li soi maggiori. Le risonanze scritturali (Isaia, 38, 10: in dimidio dierum meorum vadam ad portas Inferi) della prima terzina della Commedia si sovrappongono ad un
nucleo concettuale gi acquisito, simbolico da una parte e scientifico dallaltra; pi in generale, il profetismo della Commedia molto pi un registro di stile, accanto a tutti gli altri,
che la priori dellespressione poetica.
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ralmente) femminile, in quanto descrive, allinterno di un io maschile, lo spazio mentale occupato dal principio del piacere. Il procedere a capo chino (per
il peso angoscioso dei pensieri) il segnale di una soggettivit che ha perso,
oltre che il contatto con il reale, anche il controllo sulla propria identit, che
il desiderio espone al rischio della alienazione: il femminile, infatti, invade la
mente con i suoi fantasmi, che si proiettano sul reale, allegorizzandolo. Possiamo allora immaginare che il protagonista della Commedia proceda a capo
chino, nel momento di smarrirsi. La selva oscura la prima allegoria, intensamente femminile, che il suo desiderio genera.9
Il femminile viene messo in forte rilievo dalla seconda terzina, in cui la
caoticit espressiva della selva, per il poeta che la descrive, si manifesta nella
contorsione della sintassi (quanto dura) e nellaccumulazione degli aggettivi (4 in un solo verso):
Ahi quanto a dir qual era cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Qui per al simbolismo generico (che anche i significanti sembrano declinare al femminile come fonosimbolismo in atto del disordine in cui si trova
luomo caduto nello stato di peccato),10 si aggiunge un altro pi personale
piano di significazione, messo in luce dai rinvii intertestuali. Avvertiamo innanzitutto echi delle petrose:
Cos nel mio parlar voglio essere aspro
com ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza,
che investono la figura della selva dei valori di una femminilit non semplicemente archetipica, ma densamente, angosciosamente autobiografica: la donna
come ossessivo oggetto di desiderio e costante principio di scrittura, inflessibile
nella sua esigenza di adeguamento della parola al sentimento (Cos nel mio
parlar voglio esser aspro = Ahi quanto a dir qual era cosa dura), che ora
soltanto, nel quadro di una conclusiva sperimentazione metafisica, trova, nella
selva oscura, il simbolo definitivo. E si avverta poi lallusione a un testo canonico per la rappresentazione del femminile del medioevo, le parole della sposa
nel Cantico dei Cantici (8, 6):
9. Curiosamente, limmagine del poeta a capo chino riappare, ma con diversa intenzione,
in Inf., XV, 44, nellepisodio di Brunetto Latini: Io non osava scender de la strada / per
andar par di lui; ma l capo chino / tenea comuom che reverente vada.
10. Cfr. Gianfranco CONTINI, La forma di Dante: il primo canto della Commedia, in Postremi
esercizi ed elzeviri, Torino: Einaudi, 1998, p. 67. Con la consueta acutezza, lo studioso osserva nel canto, attraverso il computo delle allitterazioni, una progressione della scrittura dal
caos allordine.
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Raffaele Pinto
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La perplessit dei critici sulla imprecisione dei dettagli spaziali (tanto Virgilio quanto le fiere si trovano in realt fuori della selva, sullerta che conduce
alla cima del colle) non tiene conto della natura simbolica di queste immagini,
che si concatenano secondo una logica pi onirica che romanzesca. Fantasma
di angosce antiche che claustrofobicamente avviluppano il poeta, la selva contiene anche il suo opposto: essa il male, ma al suo interno si occulta il bene.15
Perch ci sia narrabile, limmagine si scompone in dicotomie simboliche che
visualizzano (in una manichea psicomachia onirica) la lotta fra le due istanze
generiche che scindono lio e se ne contendono il controllo. La materialit
vegetale della selva d luogo ai tre elementi narrativi delle scene seguenti: e
cio il paesaggio (che si apre come scenario drammatico di una serie di azioni),
le fiere (nella cui animalit si trasfigura e pluralizza lastratta femminilit della
selva) e Virgilio (la cui umanit si connota come maschile, poich si oppone
alla animalit delle fiere).
Io non so ben ridir comi vintrai,
tantera pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
14. Come ha ben visto Gianfranco CONTINI, lespressione, lungi dallessere generica e imprecisa, significa, proprio attraverso lellissi, il tab che grava su oggetti innominabili (La forma
di Dante, p. 75).
15. Il De Vulgari, che utilizza il simbolo della silva per definire la materialit idiomatica dei
volgari municipali in opposizione allideale volgare illustre che dovr sublimarli poeticamente in un superiore registro di lingua, presenta unanaloga struttura simbolica: da una
parte la silva, cio i saltus et pascua Ytaliae, dallaltra (ma anche al suo interno) la pantheram redolentem ubique et necubi apparentem (I, xvi, 1).
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Raffaele Pinto
Nella lucida prospettiva a posteriori del poeta che narra, la selva percepita ormai come esperienza onirica, cio inesplicabile nelle sue cause.16 Il significante della via viene ripreso, ma con una chiara coscienza della responsabilit
individuale del traviamento (al principio era smarrita, qui lio che lha abbandonata),17 e con una importante variante: verace, invece di diritta. Verace fa
gruppo con gli altri predicati del maschile, mentre la selva viene implicitamente ridefinita come falsa (ma la dicotomia apparenza / veritade era gi presente, come s visto, fra i predicati della donna gentile, e quindi implicita
nella alternativa dolce / amara). Il sonno che causa del traviamento , certo, il
metaforico sonno della ragione,18 ma anche il letterale stato di sonnolenza che
espone la mente ai fantasmi dellimmaginazione, che agiscono secondo la logica del sogno, ignara del principio di causalit. In effetti, la comprensione della
genesi onirica della selva necessaria perch siano intese nella loro densit simbolica e nei loro rapporti associativi le apparizioni seguenti.
Ma poi chi fui al pi dun colle giunto,
l dove terminava quella valle
che mavea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite gi de raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
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sione del tempo (prima si smarrisce la via e poi ci si ritrova nella selva), il colle
si oppone alla valle sul piano spaziale (si cerca di andare dal fondo della valle
alla sommit del colle, attraverso un dritto calle). Limmagine onirica si
sviluppa, cos, in unazione gi tendenzialmente romanzesca.20
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor mera durata
la notte chi passai con tanta pieta.
Notevole qui la contrazione delle durate: il passaggio dalla oscurit notturna della selva alla luce diurna che viene dal colle si produce come transito da
un luogo ad un altro, come se, nello stesso istante, nella selva fosse notte e sul colle
giorno.21 Si tratterebbe, sullasse del tempo, di una incongruenza analoga a
quella osservata ora sullasse dello spazio. Ma anche in questo caso in un senso
simbolico, e secondo una logica di tipo onirico, che le immagini hanno senso:
la notte, come la paura e la pieta, attributo femminile della selva, che il protagonista pu ora descrivere dallesterno, e il poeta oggettivare narrativamente,
perch la loro prospettiva generica si spostata, situandosi dalla parte della
razionalit ordinatrice maschile. Significativa poi linsistenza sulla paura (che
appare cinque volte nella scena iniziale: vv. 6, 15, 19, 44, 53), tema cavalcantiano
che esprime langoscia del desiderio e gli effetti distruttivi che lamata produce
sulla persona e nella mente dellamante. Dante, che aveva gi assimilato il tema
nelle Rime e nella Vita Nuova, lo riutilizza qui senza annullare il senso sessuale
che aveva in Guido, poich simbolicamente legato al femminile lelemento
umido presente nellespressione il lago del cor,22 che anticipa, come in una
catena di associazioni generate dai significanti, la grande similitudine marina
dei versi seguenti, straordinario compendio di valori archetipici:
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a lacqua perigliosa e guata,
cos lanimo mio, chancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasci gi mai persona viva.
20. Il gesto con cui il protagonista solleva lo sguardo verso lalto aprendo il suo orizzonte, se
da una parte evoca un paesaggio morale di tipo religioso (cfr. Ps., 120, 1: Levavi oculos
meos in montes, unde veniet auxilium mihi), dallaltra richiama esperimenti narrativi pi
personali (cfr. Un d si venne a me, 8: guardai e vidi Amore, che venia, per il nesso guardai vidi, e poi Vita Nuova, XIV, 4 e XXXV, 2, in cui il sintagma levai li occhi vidi
drammatizza la messa a fuoco visiva, da parte del poeta, di Beatrice e della donna gentile,
rispettivamente).
21. Edoardo SANGUINETI, che mette in rilievo il sistema compatto di archetipi, di immemorabile spessore simbolico presente nel canto, parla, a proposito di questi versi, di rito di passaggio (Lectura Dantis tenuta nella Casa di Dante in Roma il 17 novembre 1996).
22. Nel sonetto dubbio, ma ben dantesco, Nulla mi parve mai, la differenza di temperatura fra
il desiderio dellamata e quello dellamante viene descritta cos: l suo desio nel congelato lago, / ed in foco damore il mio si posa.
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Ma di nuovo ai simboli antropologicamente convenzionali Dante aggiunge valori poeticamente autografici. Nel terrore del naufrago che affannosamente sfugge allacqua perigliosa che vorrebbe risucchiarlo, si avverte leco degli
agghiaccianti paesaggi onirici delle petrose, nei quali la freddezza femminile
viene rappresentata come combinazione di durezza e umidit (Amor, tu vedi
ben, 25-30):
Segnor, tu sai che per algente freddo
lacqua diventa cristallina petra
l sotto tramontana ov il gran freddo,
e laere sempre in elemento freddo
vi si converte, s che lacqua donna
in quella parte per cagion del freddo
23. Si pensi a definizioni come queste: Amore quanto a morte vale a dire Ahi come, com
morto bene / qualha, s come me, in podestate (Guittone, Ahi Deo che dolorosa, 28-32);
Di sua potenza (di Amore) segue spesso morte, / se forte la vert fosse impedita, / la
quale aita la contraria via non p dire om chaggia vita, ch stabilita non ha segnoria (Guido Cavalcanti, Donna me prega, 35-41). Proprio questi ultimi versi risuonano nel
Proemio: la lonza impediva.. il mio cammino e la lupa non lascia altrui passar per la sua
via / ma tanto lo mpedisce che luccide.
24. Si tratta, cio, del doloroso passo di Inf., V, 114: il desiderio, privo del fedele consiglio
de la ragione, conduce ineluttabilmente alla morte.
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esprime la tensione del soggetto verso i valori del maschile, che si manifesta
nella doppia associazione fra movimento ed altezza, da una parte, e fra staticit
e bassezza dallaltro. Sul piano letterale, limmagine dei piedi alternativamente fermi ed in moto significa il movimento ascensionale ininterrotto, per cui il
piede dappoggio sempre il pi basso e quello in movimento il pi alto (se
il poeta tornasse indietro, e scendesse invece di salire, sarebbe il contrario).25 Ma
la connessione simbolica fra ci che fermo e ci che in basso, entrambi
subordinati a ci che in moto e a ci che in alto, plausibile solo sul piano
generico del femminile, pulsione negativa dellio qui contrarrestata dalla opposta pulsione positiva maschile. La dicotomia ideale e archetipica fra principio
attivo-maschile (lanimo) e principio passivo-femminile (il corpo) si concreta
nella distinzione fra piede in movimento e piede fermo.26
Ed ecco, quasi al cominciar de lerta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi mpediva tanto il mio cammino,
chi fui per ritornar pi volte vlto.
Il femminile riappare con forza nelle tre fiere che affrontano il protagonista. La prima rappresenta il desiderio perverso e la seduzione. Leggerezza, agilit, screziatura della pelle27 sono i segni della lussuria, descritta con i caratteri
delloggetto che la suscita in una sensibilit maschile, cio un corpo femminile che attrae lattenzione del poeta e ne perverte la volont. Lapparizione della
25. questa la lettura pi ovvia (per Boccaccio, il poeta mostra lusato costume di coloro che
salgono, che sempre si ferman pi in su quel pi che pi basso rimane).
26. Limmagine del piede dellanima, con cui la teologia rappresentava la dialettica interiore
fra ragione e appetito (per esempio in Agostino: Il piede dellanima va inteso rettamente come
amore; il quale, quando vile o indegno, chiamato cupidigia o lussuria; e quando invece
giustamente orientato, diletto o carit, Enar. In Psalm. XCIV, I), ha fatto pensare che
Dante alluda alla difficolt di liberarsi dalla concupiscenza, per cui la sua sarebbe unandatura claudicante: il piede in movimento il destro, che trascina il sinistro (cfr. John FRECCERO, Dante. La poetica della conversione, Bologna: Il Mulino, 1989, p. 53-90). Sembra
per pi plausibile che Dante sottolinei qui proprio il contrario, e cio che sale spedito
verso la luce. In effetti si coglie unallusione (per antitesi) alla meretrix di Proverbia, 1-9:
Ne attendas fallaciae mulieris; favus enim distillans labia meretricis, et nitidius oleo guttur
eius Pedes eius descendunt in mortem et ad inferos gressus illius penetrant. Per semitam
vitae non ambulant, vagi sunt gressus eius et investigables(5). Il simbolo dei piedi della
meretrice si figuralizza poi nella mulier stulta et clamosa che sedit in foribus domus suae,
super sellam in excelso urbis loco, ut vocaret transeuntes per viam, et pergentes itinere
suo(9), immagine a sua volta adombrata dalla lonza che, in Dante, apparir subito dopo.
27. Francesca e Paolo colpiscono lattenzione di Dante perch paion s al vento esser leggeri
(V, 75), mentre in Aen., I, 323, la compagna di Venere succinctam maculosae tegmine lyncis (cfr. Anna Maria CHIAVACCI LEONARDI, op. cit., p. 17). La rapidit con la quale
la seduzione femminile colpisce la mente maschile tema tipicamente cavalcantiano: (Voi
che per li occhi, 9-11) Questa virt damor che mha disfatto / da vostrocchi gentil presta
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Raffaele Pinto
lonza interrompe il percorso ascensionale dellio, e lo fa indietreggiare. Elementi fantastici molto simili li troviamo in un sogno narrato al principio del
canto XIX del Purgatorio, in cui Dante confessa come esperienza propria il
turbamento della immaginazione prodotto dalla accidia. Il canto precedente
si conclude con il poeta che si abbandona alla sonnolenza che lha invaso
(XVIII, 141-145):
novo pensiero dentro a me si mise,
del qual pi altri nacquero e diversi;
e tanto duno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi,
e l pensamento in sogno trasmutai.
si mosse: / un dardo mi gitt dentro dal fianco; (Era in penser damor, 31-36) i dissi: E
mi ricorda che n Tolosa / donna mapparve accordellata istretta, / amor la qual chiamava la
Mandetta; / giunse s presta e forte, / che fin dentro, a la morte, / mi colpr gli occhi suoi.
28. Sullaccidia e sulla complessit della disposizione morale che il termine indica, necessario ricorrere a Tommaso DAQUINO (S. T., 2-2, 35, 4), che, sintetizzando la riflessione
teologica sul tema, distingue nel complesso tristitia-acedia tali componenti: desperatio,
pusillanimitas, torpor circa praecepta, otiositas, somnolentia, rancor, amaritudo, malitia,
evagatio mentis circa illicita, importunitas mentis, curiositas, verbositas, inquietudo corporis, instabilitas.
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29. Funzione analoga ha la Circe che ritenne pi dun anno Ulisse (Inf., XXVI), e fra gli
ammonimenti di Beatrice a Dante (Purg., XXXI), c anche quello che altra volta, udendo le serene, sie pi forte (44-45). Non mi sembra pertinente, riguardo allespressione
volsi Ulisse, losservazione che in Omero leroe sfugge alle sirene. Ci che Dante sottolinea, delle sirene, il loro potere di distrazione, cio il fascino perverso che esse esercitarono perfino su Ulisse, cos vago del suo cammino. Il verbo che Dante usa, sia qui che nel
Proemio, volgere, significa letteralmente girarsi, cio distrarre lattenzione e la volont dalla
meta del cammino (e in un senso analogo usato, ancora nel Proemio, v. 88: Vedi la bestia
per cu io mi volsi, poi in Inf., II, 62-63: ne la diserta piaggia impedito / s nel cammin,
che volt per paura, in Purg., XXX, 130: e volse i passi suoi per via non vera e in Purg.,
XXXI, 35-36: Le presenti cose / col falso lor piacer volser miei passi).
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Trasparenti sono i simboli del maschile che neutralizzano il potere di seduzione della lonza: la luce diurna del mattino; il sole che comincia il suo movimento ascensionale; la costellazione dellariete, che segna linizio della primavera
ed quindi associata allazione fecondante del sole; latto creatore dellamor
divino che imprime il movimento alluniverso. Il sintagma quelle cose belle
poi in significativa antitesi con le altre cose del v. 9: se queste alludono
alla oscenit del caos, quelle indicano, invece, la bellezza del cosmo, il che ci
riporta alla dicotomia originaria delle cosmologie platonica e manichea. Il
principio maschile dellordine sembra imporsi, quindi, su quello femminile
del disordine.
Il femminile riprende il sopravvento con la seconda fiera:
ma non s che paura non mi desse
la vista che mapparve dun leone.
Questi parea che contra me venisse
con la testalta e con rabbiosa fame,
s che parea che laere ne tremesse.
Accusata la presenza di stilemi cavalcantiani, in particolare di un sonetto per pi motivi legato al Proemio. Si tratta di Chi questa che vn, il cui secondo verso recita: che fa tremar di chiaritate lre.30 Sono genericamente
cavalcantiani anche lostilit belligerante che il fantasma manifesta nei confronti dellio, e la conseguente paura del poeta. Nella prima quartina di un
altro sonetto, Io temo che la mia disaventura, troviamo alcuni degli elementi
espressivi e tematici del I canto dellInferno (sostanzialmente, quelli generati
dalla paura):
Io temo che la mia disaventura
non faccia s chio dica: I mi dispero,
per chisento nel cor un pensero
che fa tremar la mente di paura.31
30. Sulle fonti scientifiche dellimmagine, e sul fenomeno della scintillazione, cfr. Domenico DE ROBERTIS (a cura di), G. C., Rime, Torino: Einaudi, 1986, p. 17.
31. Questo sonetto rinvia a sua volta a quello di Guittone Sel si lamenta (la cui prima quartina citata dai versi 55 e sgg. del Proemio): Sel si lamenta nullom di ventura, / a gran
ragion mi movo a lamentanza, / s come om, che si credia in altura, / ed caduto e tornato in bassanza. / E vo piangendo e moro di paura, / poi che mi vidi in tanta sicuranza / di
quella, ch pi bella criatura / che Deo formasse senza dubitanza.
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chiaro, per, che limmagine che ha guidato Dante nella rappresentazione del leone quella della donna descritta da Guido in Chi questa che vn,
la quale a sua volta era stata modellata, come si visto, sulla sposa del Cantico (terribilis ut castrorum acies ordinata, 6, 3). Nel suo approfondimento
parallelo delle componenti visionarie e distruttive del desiderio, Guido aveva
trovato nel testo biblico lo straordinario esempio di un femminile che seduce
ed atterrisce nello stesso tempo. La sua parodia del testo sacro fa del desiderio
lunica dimensione tragica dellesistenza, subordinando paradossalmente alla
sua logica sessuale ogni contenuto culturale (religione, filosofia, letteratura).
Soprattutto dipende dal desiderio (cio dalla conoscenza del femminile) la salvezza esistenziale e metafisica del soggetto maschile: non fu s alta gi la mente
nostra / e non si pose n noi tanta salute, / che propiamente navin canoscenza
(Chi questa che vn, 12-14). Dal canto suo Dante, dopo aver esposto nella
lonza laspetto sirenico del femminile, riprende pari pari da Guido ed attribuisce ad un superbo e famelico leone quegli effetti di metafisico tremore che
nellamico suscitava lamata. Mentre la lonza rappresenta il lato seduttivo della
femminilit, il leone ne rappresenta il lato biblicamente punitivo. Il vizio della
superbia, cui il leone sembra alludere, non solo non contraddice il suo simbolismo generico, ma anzi ribadisce una connessione concettuale del tutto
normale in Dante.33
Con ulteriore associazione onirica (che lanacoluto una lupa questa
sembra voler riflettere nella struttura grammaticale), la rabbiosa fame del
leone genera la magrezza della lupa:
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti f gi viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura chuscia di sua vista,
chio perdei la speranza de laltezza.
Figura riassuntiva delle due fiere precedenti, la lupa ne incrementa i valori negativi, declinando al femminile un vizio, la avarizia, che solo in quanto
vincolata ad attivit mercantili normalmente maschili pu essere considerata
come la suprema perversione della societ civile (gli esempi di avari, sia nel-
32. Il verso e vanno soli senza compagnia appare quasi intatto allinizio di Inf., XXIII: Taciti, soli, sanza compagnia.
33. Superba la donna gentile in Conv., III, ix, 1: parendo a me questa donna fatta contra
me fiera e superba alquanto, e Beatrice in Purg., XXX, 79-80: Cos la madre al figlio par
superba, / comella parve a me.
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Raffaele Pinto
lInferno che nel Purgatorio, sono di ecclesiastici).34 In Convivio, IV, 3, lavarizia antitetica al diritto appetito e alla vera conoscenza che inducono luomo
a sfuggire le ricchezze, quando non sono ordinate ad alcuno necessario servizio. E i due elementi che in prima istanza caratterizzano la lupa sono la
famelicit (le brame di cui segno la magrezza) e il potere economicamente
distruttivo (per lei molte genti vivono grame). Lidea di avarizia associabile ad essi
molto ampia, poich include da una parte la febbrile accumulazione di ricchezza, dallaltra gli effetti depauperanti (sugli altri) che essa genera. Si tratterebbe insomma di un capitalismo selvaggio basato sullo sfruttamento e lusura
(criticato con durezza dai movimenti pauperisti dellepoca).
Ma lidea concomitante che fa dellavarizia un vizio simbolicamente femminile (quindi lupa e non lupo) la prostituzione. Il principale nesso intertestuale il sonetto 167 del Fiore, nel quale la seduzione femminile a scopo di
lucro associata esplicitamente al comportamento della lupa:
La lupa intendo che, per non fallire
a prender ella pecora o montone,
quande le par di mangiar [i]stagione,
ne va, per una, un cento e pi asalire.
Cos si d la femina civire
sed ella avesse in s nulla ragione:
contra ciascuno riz[z]ar d il pennone
per fargli nella sua rete fedire
La connessione lupa-prostituta certo un luogo comune della cultura popolare, che spiega perfettamente luso ampio che Dante ne fa nel Proemio. Nella
Cronica di Compagni troviamo per due luoghi che potrebbero aver suggerito al poeta lidea di una lupa che impedisce o no il passaggio (non lascia altrui
passar per la sua via, spiegher poco dopo Virgilio):
2, 28: I Ghibellini e Bianchi, che erano rifuggiti in Siena, non si fidavano starvi, per una profezia che dicea: La lupa puttaneggia, ci Siena, che posta
per la lupa; la quale quando dava il passo, e quando il toglieva
2, 36: I Bianchi e i Ghibellini di Firenze cavalcarono ad Arezo con soldati
Pisani. I Sanesi dierono loro il passo: perch i cittadini di Siena marcavano
bene con anbo le parti; e quando sentivano i Bianchi forti, li sbandiano, ma il
bando era viziato, che non agravava: davano aiuto a Neri nelle cavalcare, e
mostravansi fratelli: e per parl di loro una profezia, la quale fra laltre parole della guerra di Toscana dicea: La lupa puttaneggia; che per la lupa sintende Siena
34. La comparazione con il passo scritturale normalmente addotto come fonte per le tre fiere
(Geremia, 5, 6: percussit eos leo de silva, lupus ad vesperam vastavit eos; pardus vigilans
super civitates eorum), mette semmai in rilievo la variante, e cio quel femminile lupa che,
in s, non ha nulla a che vedere con lavidit.
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sacro e quella della guerra. Laltra nobile gente, invece, formata da esseri
umani non solamente maschi ma femmine. Il simbolismo femminile convenzionale ed antico della lupa-prostituta lascia intravedere gi un diverso simbolismo, originale e moderno, in cui al femminile dovr essere almeno
parzialmente ascritta quella nuova nobilt che potr prosperare quando la lupa
sar ricacciata nellinferno.
E qual quei che volontieri acquista,
e giugne l tempo che perder lo face,
che n tutti suoi pensier piange e sattrista;
tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ncontro, a poco a poco
mi ripigneva l dove l sol tace.
La seconda comparazione del Poema, suggerita come la prima dalle associazioni simboliche (l il lago del cor che generava lacqua perigliosa; qui le
brame di ricchezza che generano lacquisto e la perdita), presenta un percorso morale inverso, dal positivo al negativo. La lupa determina, infatti,
lindietreggiamento del poeta verso il basso, cio verso la selva, e verso gli
stilemi petrosi ad essa collegati (Io son venuto, 22: onde laere sattrista tutto
e piagne). La sua oscurit viene per indicata, ora, con un nuovo significante. Il sole che tace, cio non risplende, implica infatti la doppia analogia
luce = parola / buio = silenzio, per la quale loscurit della selva si carica di un
senso metaforico inedito nella simbologia sessuale antica, e che allude palesemente al potere illuminante del Verbo.36 Di questa connessione fra luce e
parola Dante si era gi appropriato in un altro contesto, ridefinendola in un
senso radicalmente moderno. Si appena visto che la lupa-prostituta allude
ad una perversione che nel suo significato pi profondo letteraria. Proprio
per questo la selva oscura verso la quale la bestia ripigneva il poeta deve essere pensata, ora, come un luogo letterariamente muto, in cui ci che non
risplende il sole della letteratura. Il nesso analogico sole-letteratura (volgare) profeticamente fissato nel paragrafo finale dellultimo capitolo del I
trattato del Convivio:
puotesi vedere questo pane, col quale si deono mangiare le infrascritte canzoni, essere sufficientemente purgato da le macule e da lessere di
biado; per che tempo dintendere a ministrare le vivande. Questo sar
luce nuova, sole nuovo, lo quale surger l dove lusato tramonter, e dar
lume a coloro che sono in tenebre e in oscuritade per lo usato sole che a
loro non luce.
La selva nella quale il poeta sta per essere ricacciato dalla lupa, senza perdere il suo simbolismo femminile originario (il basso loco), acquista un nuovo
36. Il senso illuminativo dellespressione colto da John FRECCERO, nel quadro della sua lettura agostiniana del Proemio, in Dante. La poetica, p. 30.
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senso, molto pi problematico nella prospettiva dei generi sessuali: quello delle
tenebre prodotte dal silenzio della poesia per la avidit dei litterati.
Mentre chi rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Virgilio portatore di un simbolismo maschile innanzitutto perch si oppone alle fiere ed impedisce il rovinare di Dante in basso loco, ma anche perch rappresenta una razionalit di tipo poetico la cui funzione quella di illuminare
culturalmente gli esseri umani. Razionalit che certamente non in contraddizione con i valori cristiani, ma che altrettanto certamente ne ha preso il posto,
sussumendoli poeticamente. Ad una letteratura rinnovata dalla poesia in volgare Dante infatti attribuisce, nel Convivio, nel De Vulgari e soprattutto nella
Commedia, quel potere illuminativo che la religione attribuisce al messaggio
di Cristo. Si tratta di una poesia che, per assolvere questo compito, deve andare ben al di l del suo ambito estrinsecamente retorico, ed illuminare le coscienze con un messaggio di verit umana e divina. Tale funzione la poesia lha gi
avuta in et classica, secondo Dante, con Virgilio, appunto (in base alla visione medievale del Virgilio cristiano). Limmagine che usa Stazio, in Purg. XXII,
67-69, per indicare la consonanza fra la poesia virgiliana e la predicazione evangelica appunto quella del lampadoforo, cio di colui che illumina (pur restando soggettivamente escluso dal messaggio di verit che diffonde):
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e s non giova,
ma dopo s fa le persone dotte
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Raffaele Pinto
Ed poi anche il messaggio del Poema che pi chiaramente si apre verso i valori della modernit, poich subordina al linguaggio inteso come poesia, e quindi umanizza, ogni forma di civilt ed ogni esperienza di cultura (prima fra
tutte la religione, che solo attraverso la mediazione trascendentale della poesia conserva modernamente un senso). Il diserto che ora diventato la selva in
cui Dante rischia di perdersi di nuovo, la barbarie di un mondo privo di cultura, perch privo di poesia.38 Per la logica onirica che governa il canto, il personaggio e lapparizione di Virgilio sembrano generati dal nuovo significato
letterario secondo cui la selva stata simbolicamente ridefinita. Il disperato
grido di Dante la richiesta daiuto di un poeta che angosciosamente percepisce
lo svuotamento poetico del mondo. Essa formulata in latino, che ancora
la lingua della cultura, ed afferisce a una dimensione morale in cui poesia e
vita, cio civilt ed esistenza, sono la stessa cosa. Virgilio la voce poetica pi
autorevele, nella tradizione prossima a Dante, e quindi lunica che pu eventualmente ristabilire le ragioni della poesia, salvando Dante e tutti quelli che,
come Dante, avvertono lesigenza di un nuovo sistema di valori che li redima
dal diserto a cui la lupa, cio i litterati, li hanno condannati:
Quando vidi costui nel gran diserto,
Miserere di me, gridai a lui,
qual che tu sii, od ombra od omo certo!.
La seconda frase di Dante, e lalternativa con cui interroga la nuova apparizione, figura del bivio in cui il poeta si trova, poich dalla risposta dipender
il percorso di redenzione che gli si apre. Od ombra od omo certo significa
infatti: il nuovo cammino di salvezza, quindi la nuova poesia, che stanno per
essere indicati a Dante, implicano un itinerario fisico (omo certo) o metafisico
(ombra)? Lambiguit ontologica del personaggio appena apparso prepara il
protagonista (ed il lettore) alla zona dombra nella quale la poesia dovr penetrare per compiere la sua funzione redentiva. Virgilio scioglie subito il dubbio, dichiarando umbratile la sua sostanza, e, definendosi poeta, delimita il
terreno, poetico appunto, in cui la sua presenza ha senso nel Poema:39
Rispuosemi: Non omo, omo gi fui,
e li parenti miei furon lombardi,
38. Sulla identificazione di selva e deserto (intesi entrambi come barbarie), cfr. Jacques LE GOFF,
Il deserto-foresta nellOccidente medievale, in Il meraviglioso e il quotidiano nelloccidente medievale, Roma-Bari: Laterza, 1988, p. 25-50.
39. Che Virgilio rappresenti innanzitutto la poesia, ribadito in Inf., II, 67, quando Beatrice lo
prega di soccorrere Dante con la sua parola ornata, e poi in Inf., II, 113-114, quando
Beatrice spiega di averlo scelto come aiutante fidandomi del tuo parlare onesto / che onora
te e quei che udito lhanno. La funzione razionalizzatrice di cui Virgilio portatore (che la
tradizione esegetica ha indebitamente assolutizzato) senzaltro subordinata alla sua funzione poetica: in quanto poeta (non corrotto dallavarizia) che egli salver Dante e quanti credono nella necessit di una riforma morale e politica dellumanit.
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in tale dimensione politico-trascendentale della poesia che vengono ripresi, e confermati nei loro valori, i simboli precedenti. Virgilio addita il luogo
maschile al quale Dante dovrebbe tendere (il dilettoso monte), invece di tornare a tanta noia; Dante indica lelemento femminile (la bestia) che lo ha
fatto indietreggiare, e gli chiede aiuto per affrontarla, poich sul piano della
poesia che pu essere risolto il conflitto che la lupa ha scatenato nella sua mente.
La conclusione di Virgilio che Dante dovr tenere un itinerario differente
(altro viaggio), poich lostacolo rappresentato dalla lupa insormontabile
sul piano della realt fisica convenzionale.41
Ci che subito sorprende, del discorso di Virgilio sulla lupa, lintensificazione dei simboli sessuali con cui la descrive. Il veltro, invece, rappresenta
linversione di segno e di genere (cio dal negativo al positivo, e dal femminile al maschile) della lupa.
A te convien tenere altro viaggio,
rispuose poi che lagrimar mi vide,
se vuo campar desto loco selvaggio:
ch questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo mpedisce che luccide;
Posta una connessione sostanziale fra i due simboli, la selva (esto loco selvaggio) e la lupa (questa bestia), questa ineluttabile principio di morte,
come gi in precedenza la selva (non lasci giammai persona viva).42 di
nuovo sul piano simbolico del femminile che viene svolto il tema degli effetti letali del male, un femminile esplicitamente accusato nei suoi caratteri generici (cio la prostituzione: Molti son li animali a cui sammoglia):
e ha natura s malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo l pasto ha pi fame che pria.
Molti son li animali a cui sammoglia,
e pi saranno ancora, infin che l veltro
verr, che la far morir con doglia.
41. Si osservi poi che il verso mi fa tremar le vene e i polsi deriva direttamente dal repertorio
della sintomatologia erotica ben familiare a Dante: in Vita Nuova, II, 4, allapparizione di
Beatrice, lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominci a tremare s fortemente, che apparia ne li minimi polsi orribilmente. La lupa dunque, come la selva, compendio di tutte le immagini dolorose di femminilit che hanno
costellato la biografia letteraria dellautore.
42. Come si gi osservato (n. 23), leffetto distruttivo della lupa analogo a quello del desiderio secondo Cavalcanti in Donna me prega, 35-37: Di sua potenza segue spesso morte,
/ se forte la vert fosse impedita / la quale aita la contraria via (e il loco selvaggio
in cui la bestia imprigiona il poeta echeggia le non gi selvagge bielt che son dardo,
del verso 60 della canzone): lelemento che Dante raccoglie dallamico lidea del bivio
morale, cio lalternativa fra vita e morte, che il desiderio impone allio.
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Il veltro, simbolo riassuntivo dei valori maschili come la lupa lo di quelli femminili, descritto con caratteri opposti a quelli della sua antagonista:43
mentre questa uccide gli uomini, egli uccider lei; mentre la lupa famelica
(di beni e ricchezze), egli si ciber di cultura (dobbiamo quindi immaginare
un tipo di intellettuale che incarni valori opposti a quelli dei chierici), e mentre lei genera nella cupidigia,44 egli nascer nella povert (il contesto sembra
indicare che il feltro il panno ruvido di case modeste, evocato in antitesi al lusso
dei ricchi).45
Si osservi ora con attenzione il verso ma sapienza, amore e virtute, poich ci permetter di definire meglio il profilo intellettuale del veltro. La risonanza teologico-trinitaria (analoga a quella che si avverte in Inf., III, 5-6: fecemi
la divina podestate, / la somma sapenza e l primo amore) disturba la percezione
di un nesso intertestuale molto pi pertinente, ed interno, alla riflessione letteraria di Dante. I tria magnalia che in De Vulgari, II, ii, 7 vengono indicati
come temi supremi della poesia in volgare, sono la cosiddetta Rota Virgilii: salus
(cio armorum probitas), venus (cio amoris accensio), virtus (cio directio
voluntatis). Poich il veltro ciber il secondo e il terzo dei contenuti della poesia illustre, la sua fisionomia intellettuale si avvicina molto a quella di un poeta.
Lelemento mancante, per giunta, la armorum probitas, appunto quello che
il De Vulgari indica come assente nella poesia italiana (Arma vero nullum
latium adhuc invenio poetasse), ed sostituito da un altro, la sapienza, che
allude inequivocabilmente alla filosofia (Conv., III, xi, 5):
43. La natura dialettica del veltro, cio la sua caratterizzazione per antitesi rispetto alla lupa,
indipendente quindi da simbolismi o allegorie predeterminati, fu evidenziata da Antonino PAGLIARO (Ulisse. Ricerche semantiche, p. 494). Gi Boccaccio, per, aveva osservato
che il poeta metaphorice chiama veltro, per ci che i suoi effetti saranno del tutto contrari allavarizia come il veltro di sua natura contrario al lupo (si noti, per, la neutralizzazione della opposizione di genere).
44. Cfr. Ep., XI, 14: Cupiditatem unusquisque sibi duxit in uxorem (Anna Maria CHIAVACCI LEONARDI, op. cit., p. 29).
45. Molto suggestiva per lipotesi avanzata da Paolo BALDAN (Per un veltro dal substrato materico-Inferno, I, in Italianistica, XXI, 2-3, 1992, p. 297-314), che lespressione tra feltro
e feltro alluda alla feltratura della carta, il nuovo materiale scrittorio che, per il suo basso
costo di produzione, sostituisce la pergamena a partire dalla seconda met del XIII secolo. Lumilt laica della carta (il veltro) si contrapporrebbe alla arroganza clericale della pergamena (la lupa), come supporto materiale della rivoluzione culturale auspicata dal poeta.
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Ma proprio nellambito della filosofia si prodotta la rivoluzionaria svolta culturale con la quale Dante e i suoi amici hanno trasformato il linguaggio
della poesia (si ricordino, in particolare, il senno bolognese che Bonagiunta da
Lucca rimprovera a Guinizzelli in Vo chavete mutata la mainera, e luso moderno di cui il primo Guido antesignano secondo Purg., XXVI, 113). Sono
indizi sufficienti per concludere che nel veltro Virgilio sta descrivendo un poeta
italiano non ricco n aristocratico, non pervertito dallavarizia, come i litterati
di questa lingua (italiana), che quindi acquister la lettera per lo suo uso e
non per guadagnare denari o dignitate (Conv., I, ix, 2-3). Ci spiega che il suo
raggio dazione sia non la cristianit nel suo complesso (n lumanit in generale), ma lItalia, della quale egli sar salute, cio salvezza, in un senso che non
ha nulla a che vedere con la armorum probitas della Rota Virgilii, e che implica invece quella redenzione etica, estetica e metafisica che tema caratteristico della poesia dantesca. Daccordo con il programma politico-linguistico del
1 trattato del Convivio, e del De Vulgari, il veltro sar salvezza per gli Italiani, intesi come una collettivit culturale omogenea e distinta dalle altre, poich
fornir loro la nuova lingua di cultura nella quale potr esprimersi la loro identit etnica, ossia litaliano.47 Come Dante ha dimostrato nelle due opere, il
conflitto linguistico volgare-latino riflette direttamente il conflitto politico fra
una concezione laica dello stato e una concezione ecclesiastica, e lItalia pu
avere identit politico-culturale (allinterno dellImpero, ma comunque distinta dagli altri regni nazionali della cristianit), solo se i suoi intellettuali adotteranno il volgare italiano e i valori laici che esso esprime poeticamente.
Lavanguardia intellettuale che dovr fare lItalia dando forma alla sua lingua
rappresentata da poeti, dei quali il veltro figura allegorica nella quale Dante
ha proiettato la propria coscienza poetica, proponendosi cos come modello
della nuova classe di intellettuali di cui lItalia ha bisogno per esistere come
nazione.48 Certo, Virgilio definisce lItalia a partire dalla fondazione mitica di
46. Si consideri che Dante abbastanza severo nei confronti delluso venale della filosofia: N
si dee chiamare vero filosofo colui che amico di sapienza per utilitade, s come sono li
legisti, [li] medici e quasi tutti li religiosi, che non per sapere studiano ma per acquistare
moneta o dignitade; e chi desse loro quello che acquistare intendono, non sovrasterebbero
a lo studio (Conv., III, xi, 10).
47. Sul valore etnico che ha qui lItalia, daccordo con tutta la restante opera dantesca, cfr. Antonino PAGLIARO, Il proemio, in Ulisse, p. 43-53.
48. Non pu coincidere, quindi, con il veltro il cinquecento diece e cinque di Purg., XXXIII,
43, che, in quanto reda della aguglia, allude necessariamente ad un politico (con simbo-
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Raffaele Pinto
nit indica la purezza dei costumi, in antitesi con la lupa che si ammoglia con
molti, ed in consonanza solo parziale con la madre di Cristo, alla quale la accomuna la verginit, ma dalla quale la distingue il fatto di essere una guerriera, e
di contribuire alla salute degli Italiani morendo. probabile che qui Dante
stia di nuovo pensando a Beatrice, che solo da morta potr salvarlo, come Cristo, che salva lumanit morendo. La Camilla dantesca potrebbe essere definita come la controfigura epica di Beatrice; essa rappresenta, nelluniverso
poetico virgiliano, la prefigurazione della donna che, morendo, salva Dante,
aprendo alla sua immaginazione e al suo desiderio lo spazio metafisico della
trascendenza.
Ondio per lo tuo me penso e discerno
che tu mi segui, e io sar tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno,
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
cha la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti
nel foco, perch speran di venire
quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ci pi di me degna:
con lei ti lascer nel mio partire;
ch quello imperador che l s regna,
perchi fu ribellante a la sua legge,
non vuol che n sua citt per me si vegna.
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi la sua citt e lalto seggio:
oh felice colui cu ivi elegge!.
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in esperienza personalmente vissuta, compito che lei porta a termine in quanto fu ed ancora, dopo morta, fonte di piacere e oggetto di desiderio per il
poeta, (lo tuo piacere omai prendi per duce, ibid., 131). La sua femminilit
intrinseca al suo ruolo di guida e maestra, ed anzi ne aspetto sostanziale,
poich grazie ad essa che la conoscenza, nel suo rango dottrinale pi elevato,
si traduce finalmente nella parola poetica che la umanizza. Con Beatrice il
femminile irrompe nel discorso culturale italiano ed europeo, non come astratta personificazione ma come a priori espressivo, smentendo il teologismo tradizionale nel suo fondamento generico-antropologico, cio nella pregiudiziale
antidottrinale che grava sulla donna, secondo la dura ingiunzione paolina (I
Tim., 2, 11-15):
Mulier in silentio discat cum omni subiectione. Docere autem mulierem non
permitto, neque dominari in virum: sed esse in silentio. Adam enim primus
formatus est: deinde Eva: et Adam non est seductus: mulier autem seducta in
praevaricatione fuit. Salvabitur autem per filiorum generationem, si permanserit in fide, et dilectione, et santificatione cum sobrietate.
Se si tiene conto della cultura teologica antica (che questo frammento perfettamente riassume nel suo rigore misogino),50 ancor pi improbabile del
viaggio di un vivo nellal di l, il fatto che a guidarlo, insegnando, sia un essere umano di sesso femminile.51
Poeta antico (Inf., X, 121), Virgilio fu ribellante alla legge di Dio (bench ne intuisse oscuramente la presenza) e quindi gli precluso laccesso alla
dimensione spirituale dellal di l (la cristiana Civitas Dei), nella quale Dante
sar guidato dalla donna che ha ispirato una parte fondamentale della propria
poesia. Il salto cronologico dallantico al moderno implica un radicale cambiamento di prospettiva ermeneutica: antichit e modernit non si oppongono pi solo sul piano religioso (paganesimo vs. cristianesimo); fra di essi si
aperta una divaricazione linguistica (latino vs. volgare) e generica (maschile
vs. femminile) che in certo modo neutralizza quella opposizione (lunica pertinente, in una prospettiva clericale). Mentre nella cultura antica il sistema
simbolico dei generi prevede la supremazia del maschile sul femminile (ci che
la letteratura latina manifesta attraverso il primato dellepica), nella cultura
moderna esso adombra la supremazia del femminile sul maschile (ci che la
50. Il culto mariano temper in parte, come noto, tale misoginia. Si osservi per che nella
Vergine viene esaltata, con paradosso dogmatico, proprio la maternit, cio lunica funzione positiva che la teologia tradizionale attribuisce alla donna (che, in Paolo, salvabitur per
filiorum generationem).
51. Confondere Beatrice con le antiche allegorie femminili della sapienza (come nelle letture
mistico-esoteriche di Dante) significa trascurare la sua principale novit storica, e cio listanza
espressiva femminile e moderna di cui lei veicolo (sullidea di lingua materna in Dante e
nel dibattito umanistico-rinascimentale, cfr. il mio La donna come alterit linguistica, in
Sergio ZATTI (a cura di), La rappresentazione dellaltro nei testi del Rinascimento, Lucca: Pacini Fazzi, 1998, p. 13-32).
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letteratura italiana delle origini manifesta attraverso il primato della lirica e lemarginazione dellepica). Indicando in Beatrice una guida di rango pi elevato (anima pi di me degna), Virgilio sancisce sul piano ideologico tale
trasformazione. Le dicotomie generiche fin qui evidenziate scambiano infatti
i loro valori, innanzitutto quella basso / alto, poich Beatrice che, in quanto donna desiderante e desiderata, permetter a Dante di salire, cio di accedere
poeticamente alle beate genti;52 e poi quella ombra / luce, che prima, nella
polarit valle - colle, subordinava il femminile al maschile, mentre ora, nella
polarit terra - cielo, subordina il maschile al femminile. E lo stesso vale,
implicitamente, per tutte le altre.
Il nuovo sistema simbolico generato dalla inversione dei valori non per
dualistico, poich il femminile supera il maschile senza contrapporsi ad esso.53
Fra i due generi sessuali e le rispettive simbologie esiste un rapporto di complementariet: bisogna attraversare la regione fisica e maschile (sublunare) della
trascendenza (lerte vie e larte di Purg., XXVII, 132) per accedere alla regione, spirituale e femminile, della luce. Un nuovo dualismo si profila, invece,
come s visto, sul piano della coscienza storica, nella opposizione di antico
(assiologicamente maschile) e moderno (assiologicamente femminile). Ma qui
sono implicate le componenti pi personali della riflessione dantesca sulla letteratura, e cio la novit e la modernit della propria poesia: lo scatto trascendentale che permette a Dante di superare poeticamente i limiti delluniverso
fisico e di secolarizzare lo spazio metafisico, possibile solo in virt di quel
culto del femminile con cui egli ha spiritualizzato leros e che stato il tema
dominante di tutta la sua ricerca anteriore alla Commedia. Fulminea ricapitolazione di tale ricerca, citata praticamente in ogni suo versante, il I canto dellInferno presenta il Poema come lapprodo di una esplorazione che, partendo
dalla lirica, ha interrogato la cultura letteraria investigandone tutti gli aspetti,
52. Lo stesso schema si ripete nellultima parte del viaggio, in cui S. Bernardo preannuncia a
Dante la successiva e superiore mediazione di Maria (Par., XXXI, 100-102: E la regina
del cielo, ondo ardo / tutto damor, ne far ogne grazia, / per chi sono il suo fedel Bernardo).
53. Tale inversione di valori si avverte nelle parole con cui viene celebrata la prima apparizione
di Beatrice a Dante in Vita Nuova, II, 4: lo spirito della vita disse queste parole: Ecce
deus fortior me, qui veniens dominabitur michi. La frase allude, in prima istanza, al dominio che il desiderio esercita, attraverso Beatrice, sulla vita del poeta (dominio che interno
alla mente, ed implica quindi ladesione dellio). Il testo per infarcito di risonanze scritturali (su cui cfr. Domenico DE ROBERTIS, D.A., Opere Minori, t. I, p. I, p. 31), fra le
quali segnalerei la condanna di Eva in Genesi, 3, 166: sub viri potestate eris et ipse dominabitur tui, che mostra bene come ladesione dellio maschile al principio del desiderio
implichi il capovolgimento del rapporto di potere e dominio fra i generi sancito dalla cultura patriarcale antica. Tale capovolgimento ha quindi unorigine storica precisa: esso si
produce nel momento in cui lamore di un sesso verso laltro diviene il fondamento della letteratura, naturalizzando la cultura attraverso il linguaggio. Daltra parte la reversibilit del
desiderio (in quanto soggetto desiderante la donna si espone al dominio di una immagine
maschile) neutralizza il fondamento generico del dualismo antico, che sopravvive modernamente solo come astratto paradigma filosofico (razionale vs. irrazionale).
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ma senza mai abbandonare loggetto che fin dal principio lha ispirata, il culto,
appunto, ossessivo ma anche redentivo, del femminile. Ecco allora che il desiderio, che la poesia moderna adotta come unico ed assoluto principio ispiratore (a norma di Vita Nuova, XXV e Purg., XXIV e XXVI), pu divenire il
fattore storicamente originale che capovolge il rapporto fra i generi sessuali ed
il loro stesso significato simbolico, permettendo per la prima volta ad un essere umano, in quanto poeta, di varcare la soglia della trascendenza:
E io a lui: Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acci chio fugga questo male e peggio,
che tu mi meni l dovor dicesti,
s chio veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti.
Allor si mosse, e io li tenni dietro.
83-100
Abstract
Le Lettere di Caterina da Siena sono state pi volte studiate sul piano dellespressione linguistica e delle strategie retoriche, e se ne sono evidenziate tanto le caratteristiche di unitariet
quanto i tratti di variazione in rapporto al destinatario e allargomento. Lo studio che qui
si presenta intende individuare lincidenza dellintenzione comunicativa sul variare di lingua e stile lungo il corpus delle Lettere. Si analizzano in particolare i procedimenti messi in
atto dalla santa senese per chiedere ai propri interlocutori lobbedienza al volere divino,
losservanza di alcune regole comportamentali o, con maggiore energia, lazione decisa contro i nemici della fede. In tutte le lettere, infatti, un posto centrale e ineliminabile assunto dalla petitio rivolta in forme adeguate e diverse ai propri destinatari. Il chiedere e loggetto
della richiesta sono sottolineati ora da un uso sapiente dei verbi volere e pregare, ora dalla sostituzione impercettibile del pronome allocutivo che spersonalizza linterlocutore, ora dallalternarsi della prima e della seconda persona in rapporto al contenuto da comunicare.
Il rilievo dato a ci che Caterina chiede, e al modo in cui lo chiede, senzaltro legato al ruolo
profetico della santa, che nelle Lettere, al contrario di quanto avviene nel Dialogo della divina provvidenza, affiora in modo costante. Caterina profeta, perch profetica la missione di chi si pone come guida dei cristiani nella loro vita storica ancor prima che nella loro
spiritualit, e ogni strategia messa in atto nellepistolario per ottenere la vittoria del bene
testimonianza di una tale funzione.
Parole chiave: lettere di Caterina da Siena, strategie retoriche, il comando e la richiesta, il
ruolo profetico, il magistero.
Abstract
The Strategies of Asking in the Letters of Saint Catherine of Siena. The Letters of St. Catherine of Siena have been repeatedly studied for their linguistic expression and rhetorical
strategies; both similarities and differences relative to the recipient and to the topic have
already been focused. The study here presented seeks to establish the effect of the communicative intention on changes in language and style in the corpus of the Letters. In par1. Si presenta qui una versione lievemente modificata della relazione tenuta al VII Seminario
di storia e teologia della mistica della Fondazione Franceschini su Caterina da Siena. Testo
contesto e fortuna dellEpistolario, tenutosi a Firenze, Certosa del Galluzzo, il 12 giugno
2001. Ringrazio gli organizzatori del Seminario per lautorizzazione concessami.
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ticular, the procedures used by Catherine in asking her correspondents to obey the divine
will, observe some rules of conduct or, more passionately, vigorously act against the enemies
of faith are analyzed here. In all the Letters, a central position is taken by the petitio which
is addressed in different and adequate styles to the recipients. The asking itself and the
object of it are underlined either by a sophisticate use of the verbs to want and to pray, or
by the unnoticeable substitution of the addressing pronoun that depersonalizes the interlocutor, as well as by the alternate use of the first and second person, according to the content to be conveyed. The relevance ascribed to what Catherine requires, and the way in
which she demands it, is related to the Saints prophetic role which regularly emerges from
the Letters, while it is absent in the Dialogue of Divine Providence. Catherine is a prophet:
prophetical is the mission of one who sets herself as a guide to Christians in their wordly
affairs rather than in their spirituality. Every single strategy adopted in the Letters to obtain
the victory of the good witnesses this role.
Key words: Catherine of Siena letters, rhetoric strategies, the order and the request, the
prophetic role, the teaching.
1. Premessa
Lauspicio che Aldo Manuzio manifestava, indirizzando la stampa delle Epistole devotissime de sancta Catharina da Siena (1500) al cardinale Francesco Piccolomini, era che le lettere della santa senese si diffondessero per il mondo
come gravissimi predicatori (c. 1) e che riuscissero a rifondare la rettitudine
dei fedeli e la guida della Chiesa a capo della cristianit. Il loro testo avrebbe
dovuto svolgere lo stesso ruolo di una predicazione vigorosa, secondo uninterpretazione comune sia ai pi stretti discepoli di Caterina sia agli autori delle
prime raccolte, che avevano spesso adattato e organizzato i testi in funzione
predicatoria.2 La predeterminazione di un tale ruolo, oltre al tono e allandamento palesemente oratori che con tanta frequenza affiorano dalle Lettere, ne
ha quasi sempre condizionato le letture critiche; le osservazioni, daltro canto,
che qui si intendono fare non si propongono di smentire una tale linea di interpretazione, ma piuttosto di verificarla da altri punti di vista, se vero che la
molteplicit dei piani di cui si compone lepistolario cateriniano non pu che
condurre ad analisi dagli aspetti molteplici.
Ci che pure stato pi volte notato negli studi sulle lettere della santa,
accanto alla frequenza dei tratti oratori, lunitariet dei testi, che si rileva al
di l delle variazioni provocate da contenuto, occasione, destinatario e, complessivamente, dalla situazione comunicativa. Si pu anzi dire che lunitariet
delle Lettere laspetto su cui pi ci si soffermati, cercandola oltre la ripetitivit
delle formule protocollari e, in una parola, di quella cornice pragmatica tipica del genere epistolare che, presumibilmente attribuibile allopera di sistemazione di discepoli e curatori delle raccolte, aveva fatto parlare il Dupr
Theseider di una cancelleria della santa e di una quasi burocratica struttu2. Cfr. Marina ZANCAN, Lettere di Caterina da Siena [1992], in Il doppio itinerario della
scrittura. La donna nella tradizione letteraria italiana, Torino: Einaudi, 1998, p. 113-153
a p. 127.
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ra.3 Lunitariet, intravista, come si diceva, anche oltre lo scheletro formulare, trova conferma, secondo Giovanni Getto, nella ripetitivit della struttura,
costituita da un rigido corpo centrale della lettera distinto in una parte mistica e in una di carattere pratico.4
Molto pi articolata, e ancor oggi termine di confronto, lanalisi svolta
nel 1941 da Giacomo Devoto, che preferisce indagare sulle variet che spezzano
luniformit delle Lettere, ma che ritornano in modo costante, confermando
cos lunitariet del corpus.5 Le variazioni nello stile e nella testualit si manifestano soprattutto nel differenziarsi del periodare o, ancor pi, del ritmo della
periodizzazione in rapporto alla necessit di esortare, spiegare o affermare.
Anche Devoto, peraltro, ritrova con forza, nelle Lettere di Caterina, limpeto della
predicazione che armonizza linsieme, fornendogli un carattere alto e letterario, interrotto soltanto nei luoghi in cui linevitabile esposizione dei fatti assume i tratti della scrittura incolta o, forse meglio, delloralit.6
Tutto ci, come si diceva, rimane ancora oggi un punto di riferimento
importante per la lettura dellepistolario cateriniano, e ci che vorremo qui
approfondire proprio lavvicendarsi delle variazioni in dipendenza di alcuni
elementi della situazione comunicativa. Gi stato pi volte notato il mutare
dellesposizione, nel corpus delle Lettere, in rapporto al destinatario o al contenuto del testo, ma in che misura incide, sullalternarsi di lingua e stile, lintenzione comunicativa di Caterina e, soprattutto, nel suo atto di comunicare,
3. Eugenio DUPR THESEIDER, Il problema critico delle lettere di santa Caterina da Siena, in
Bullettino dellIstituto storico italiano per il Medio Evo, 49, 1933, p. 117-278, le p. 229239; e Caterina da Siena, in Dizionario biografico degli italiani, Roma: Istituto dellEnciclopedia italiana, 22, 1979. Il Dupr, com noto, giunse a dimostrare lesistenza di una
piccola cancelleria, sia pure rudimentale, di s. Caterina, nonostante lopinione contraria di
Robert FAWTIER, Sainte Catherine de Sienne. Essai de critique des sources, vol. I: Sources hagiographiques, Paris (Bibliothque des coles franaises dAthns et de Rome, 121), 1921, p.
XI e XII, e vol. II: Les oeuvres de Sainte Catherine de Sienne, Paris (Bibliothque des coles
franaises dAthns et de Rome, 135), p. 13 e 125, e vd. Enzo PETRUCCI, Antonio VOLPATO, Sofia BOESCH GAJANO, Il contributo di Eugenio Dupr Theseider agli studi cateriniani, in
Atti del Simposio internazionale cateriniano-bernardiniano (Siena 17-20 aprile 1980), a cura
di Domenico MAFFEI e Paolo NARDI, Siena: Accademia senese degli Intronati, 1982, p.
255-270, a p. 262. Cfr. ancora, per la formularit delle Lettere, Giovanni GETTO, Lintuizione
mistica e lespressione letteraria di Caterina da Siena [1939], in Letteratura religiosa del Trecento,
Firenze: Sansoni, 1963, p.107-267, le p. 166-167, e Giacomo DEVOTO, Secoli da S. Caterina da Siena [1941], in Studi di stilistica, Firenze: Le Monnier, 1950, p. 219-244, le p.
220-223.
4. Giovanni GETTO, Lintuizione mistica, cit., p. 167.
5. Giacomo DEVOTO, Secoli da S. Caterina, cit., passim.
6. Ivi, p. 224-225 e 228 e vd. Marina ZANCAN, Lettere di Caterina da Siena, cit., p. 127-128
e 145-146. Alcuni aspetti delloratoria alta e dellintromissione del parlato sono messi in
evidenza da Alvaro BIZZICCARI, Linguaggio e stile delle Lettere di Caterina da Siena, Italica, 53, 1976, p. 320-346. Cfr., per gli studi storico-linguistici su s. Caterina da Siena e
per uninterpretazione dello studio di Devoto, Maria CATRICAL, Caterina e la storia della
lingua italiana, in Con locchio e col lume, Atti del Corso seminariale di studi su s. Caterina
da Siena (25 settembre - 7 ottobre 1995), a cura di Luigi TRENTI e Bente KLANGE ADDOBBO, Siena: Edizioni Cantagalli, 1999, p. 121-129.
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Le lettere sono indirizzate rispettivamente al proprio padre spirituale Raimondo da Capua, alla regina Elisabetta, madre di Luigi il Grande, re dUngheria e al pontefice Gregorio XI; a questultimo, in particolare, e nella stessa
epistola, Caterina chiede che egli intervenga presso le citt di Lucca e Pisa, aiutandole in ci di cui hanno bisogno, ma anche convincendole a non aderire
alla lega antipapale. In questo contesto, come si pu vedere dallesempio che
segue, la richiesta introdotta dal verbo pregare:
Pregovi che vi mandiate profferendo come padre, in quello modo che Dio vamaestra, a Lucca e a Pisa, sovvenendoli in ci che si pu e invitandoli a stare
fermi e perseveranti (D p. 218 - T n. 185).
10. Letteratura italiana Zanichelli, CD-ROM dei testi della letteratura italiana, a cura di Pasquale STOPPELLI e Eugenio PICCHI, Bologna: Zanichelli, 1997.
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In una stessa lettera rivolta al pontefice, la funzione distinta dei due verbi
appare pi chiara per la loro compresenza, quasi che si voglia mettere in evidenza
come il ritorno a Roma, richiesto qui con forza esplicita, sia conseguente alla
conformit della propria vita a quella del Cristo:
Voglio che siate uno albore damore, inestato nel verbo amore, Cristo crucifisso [] Pregovi per lamore di Cristo crocifisso, che, pi tosto che potete, nandiate al luogo vostro de gloriosi Petro e Pavolo. E sempre dalla parte vostra
cercate dandare sicuramente; e Dio dalla parte sua vi provedar di tutte quelle cose che saranno necessarie a voi e al bene della sposa vostra (D p. 357 e
358 - T n. 252).
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di Cristo crucifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cio che con
la vostra benignit vinciate la loro malizia (D p. 270 - T n. 196).
Negli ultimi due esempi, gli aggettivi affettuosi, che spesso, come nelle
parole rivolte al Signore, accompagnano le invocazioni al pontefice, accentuano il tono intimo della preghiera. E si sar notato come, nellultimo dei
passi presentati, il vi prego sia bilanciato dal voglio successivo, mentre limperativo
siatemi uomo virile smorzato dal ricorso al dativo etico, che con accento
femminile e materno invita alla virilit. Lalternarsi di voglio e prego condizionato dal tipo di richiesta non , infatti, come si diceva, una regola assoluta, e
pu accadere che unaccentuazione maggiore imponga laccostamento di prego
e voglio o anche, talvolta, di prego e costringo, ma certamente luso differenziato dei due verbi una tendenza pi che marcata e non ricorre in dipendenza
del carattere dei destinatari, bens di ci che Caterina intende comunicare.
3. Cos dico a te e voglio che facci tu
Ci che Caterina chiede, come si visto, sempre ben focalizzato: la sua volont
si esplicita e si dilata per buona parte del testo, sottolineata da reiterate esclamazioni, apostrofi, allocuzioni oltre che dal ricorso insistito agli esortativi e,
ancor pi, agli imperativi spesso ravvicinati e martellanti:
da parte di Cristo Crocifisso ve l dico. Non vogliate credere a consiglieri del
dimonio, che volessero impedire el santo e buono proponimento. Siatemi uomo
virile, e non timoroso. Rispondete a Dio che vi chiama, che veniate a tenere e possedere el luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vicario sete rimaso, e ine
drizate el gonfalone della santa croce (a Gregorio XI - D p. 267 - T n. 206);
Ricevete dallinferno quello che vi pu dare. Oim, oim, abbiate misericordia
a tante anime che periscono. E non mirate per lo scandalo che sia venuto in questa citt (a Urbano VI - T n. 291);
None schifate, per lamore di Dio, questa fadiga, ma abbracciatela per Cristo
crucifisso [] E pregate el caro vostro figliuolo strettamente, che con amore
si profferi [] pregatelo che laccetti fedelmente la sua petizione (alla regina
dUngheria - D p. 164 - T n. 145);
Ama questo dolce e glorioso Sposo che t ha data la vita [] Fuggi dunque il
veleno del mondo, che ti mostra un fiore [] Lvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te (a Benedetta, figlia di Giovanni dAgnolino Salimbeni - T n. 112).
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Il tu che esplode allimprovviso, rivolgendosi a un destinatario indeterminato, una strategia retorica che, commutando landamento dellenunciazione, innalza il picco dellemotivit e accresce il potere di convincimento senza
che il destinatario se ne avveda. La punta massima si raggiunge in una delle tre
lettere indirizzate a suor Bartolomea, chiusa nel monastero di Santo Stefano in
Pisa e proveniente dalla nobile famiglia della Seta. Nella pi lunga e intensa
11. Vd., per le tracce della predicazione anche nel Dialogo della divina Provvidenza, Luisa
AURIGEMMA, Il volgare senese de Il Dialogo di s. Caterina, Napoli: Loffredo editore, 1988,
p. 45-47.
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delle tre lettere a lei indirizzate, dopo lesordio e un primo avvio del testo in cui
lallocutivo rivolto alla destinataria il voi, si passa con determinazione al tu:
Or cos pensate voi figliuola mia, che voi sete sposa di Cristo crocifisso, non
dovete pensare n volere altro che lui, cio non consentire a pensieri. Che i
pensieri non venissero, questo non ti dico; perciocch nol potresti fare n tu n
creatura. Perocch l dimonio non dorme mai: e questo permette Dio per far
venire la sposa sua a perfetta sollicitudine, per farla crescere in virt [] Guarda, che quanto tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a tedio n a
confusione disordinata; n non lassare lesercizio tuo n latto dellorazione,
perch il dimonio ti dicesse: Che ti leva questa orazione, che non la fai con
affetto n con desiderio? meglio ti sarebbe a non farla.
[]
Or cos dico a te, carissima figliuola mia, che io voglio che facci tu. E siami specchio di virt, seguitando le vestigia di Cristo crocifisso.
[]
Non dico pi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio (T n. 221).
La lettera continua servendosi, dopo la sua prima introduzione, del tu, e non
si tratta certamente dello scivolare inavvertito da un sistema allocutivo allaltro,
com tipico delle scritture semicolte. Sarebbe stata unincongruenza eccessivamente marcata, estranea, al contrario di altri fenomeni del parlato che pure si
incontrano nelle lettere, alla prosa media coeva12 e pertanto soggetta, con buona
probabilit, al filtro dei riportatori. Caterina si propone di impartire a Bartolomea gli insegnamenti necessari a una sposa di Cristo, ammaestramenti che si
dilatano nel corpo della lettera in un crescendo di esortazioni e imperativi, fino
a chiedere, come sempre imponendola, una rettitudine assoluta. Anche qui,
infatti, la natura morale e spirituale della richiesta inducono a dire io voglio,
introducendo perentoriamente la propria volont con il verbum dicendi e accentuando la forza del comando con literazione fatica dellallocutivo tu (dico a
te che io voglio che facci tu). Daltro canto, gli insegnamenti dati a suor Bartolomea sono precetti validi per ogni religiosa e anche qui, sia pure in una diversa esposizione, il tu acquista una marca di genericit e si trasforma in un mezzo
per spersonalizzare lenunciato e parlare a un complesso di fedeli.
12. Cfr., per la definizione di prosa media nel Due-Trecento, Maurizio DARDANO, Note sulla
prosa antica, in La sintassi dellitaliano letterario, a cura di Maurizio DARDANO e Pietro
TRIFONE, Roma: Bulzoni, 1995, p. 15-50. Gli studi sulla continuit dei tratti del parlato italiano fin dalla prosa delle origini sono ormai numerosi, ci si limita a indicare alcuni importanti lavori di riferimento: Francesco SABATINI, Litaliano delluso medio: una realt tra le
variet linguistiche italiane, in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a cura
di Gnter HOLTUS e Edgar RADTKE, Tbingen: Gunter Narr Verlag, 1985, p. 154-184;
ID. Una lingua ritrovata: litaliano parlato, in Studi latini e italiani, IV 1990, p. 215-234;
Arrigo CASTELLANI, Italiano delluso medio o italiano senzaggettivi?, in Studi linguistici italiani, XVII 1991, p. 233-256 Giovanni NENCIONI, Costanza dellantico nel parlato moderno, in Gli italiani parlati, Firenze: Accademia della Crusca, 1987; Paolo DACHILLE, Sintassi
del parlato e tradizione scritta della lingua italiana, Roma: Bonacci, 1990.
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E la consolazione che io ebbi ricevendo la lettera del dolce babbo [il pontefice] e vostra [Raimondo da Capua]: perocch amaritudine ebbi per lo danno
della Chiesa, e per la vostra amaritudine, la quale avevo io inteso molto intrinsecamente il d di santo Francesco; ed ebbi allegrezza perch mi traeste di molto
pensiero: Onde, lette le lettere e inteso tutto, pregai una serva di Dio, che offerisse lagrime e sudori dinanzi da Dio per la sposa [la Chiesa] per la infermit
del babbo.
Onde subito per divina grazia le crebbe uno desiderio e una allegrezza sopra
ogni modo. E aspettando che venisse la mattina per avere la Messa, [] si pose
nel luogo suo con vero cognoscimento di s, vergognandosi dinanzi a Dio della
sua imperfezione (T n. 272).
Inizia cos il dialogo tra la verit eterna e la sua serva, che ben presto, e
quasi insensibilmente, si identifica, ed indicata nel corso dellesposizione,
come lanima:16
Allora, crescendo il fuoco del desiderio, stava quasi beata e dolorosa [] E in
tanto crebbe il santo e amoroso fuoco, che il sudore dellacqua, il quale gittava, ella lo spregiava [] dicendo a s medesima: Anima mia, tutto il tempo
della vita tua hai perduto []. Allora quella anima, speronata dal santo desiderio, si levava molto maggiormente, e apriva locchio dellintelletto e speculavasi
nella divina carit (T n. 272).
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La prima lettera indirizzata a Gregorio XI e riferisce al pontefice le indicazioni divine circa la condotta da tenere nella guerra contro la lega antipapale: preferibile salvare, nella pace, i valori spirituali rappresentati dalla Santa sede
piuttosto che conservare i poteri temporali. La seconda, pur essendo rivolta a
Raimondo da Capua, indirizza ancora al pontefice i consigli gi venuti da Dio
sulla riforma della Chiesa. La conferma di un tale modo di procedere si ha in
altre due lettere, dove rivelazioni legate alla dottrina e ai precetti religiosi sono
riferite non a Caterina e da Caterina in prima persona, ma attraverso la serva
di Dio che le fa da controfigura:
Come disse la somma verit a una serva sua inutile: Io voglio che tu sia amatrice di tutte quante le cose, ch sono tutte buone e perfette e sono degne dessare amate, e tutte sono fatte da me che so somma bont, excepto che il peccato:
non in me, ch, se fusse in me, dilettisima figliuola, sarebbe degno dessare
amato (Alla badessa del monastero di Santa Marta da Siena e a suor Niccolosa
- D p. 5 - T n. 30);
O figliuolo carissimo, chi dubita che nel principio della via gli pare fadigoso;
ma poichegli giunto apiei dellaffetto, dellodio e dellamore, ogni cosa amara
gli diventa dolce. Sicch il primo scalone nel corpo di Cristo sono i piei. Questa fu la regola chegli insegn una volta a una sua serva, dicendo: Lvati su,
figliuola, lvati sopra di te, e sali in me. E acciocch tu possa salire, io tho
fatta la scala, essendo chiavellato in Croce. Fa, che prima tu sagli a piei, cio
laffetto e il desiderio tuo; perocch come i piei portano il corpo, cos laffetto porta lanima [] (T n. 74).
Il ruolo di Caterina profeta si esprime soprattutto nelle Lettere, dove chiede che le azioni di chi preposto a guidare le vite spirituali o temporali degli
uomini siano tali da modificare la storia. Nel Dialogo, lAnima/Caterina interroga Dio per se stessa, per la riforma della Chiesa, per il mondo e la pace dei
cristiani ribelli, per la salvezza di tutti i fedeli, e ne riceve in risposta la rivelazione delle verit spirituali. Nelle Lettere la missione profetica, intesa come
guida dei cristiani non nella loro vita spirituale, ma nella loro vita storica18
si esplicita pienamente nel chiedere alla Chiesa che compia il suo cammino
verso Dio e nella storia. Non per nulla il ruolo profetico e, conseguentemente, il chiedere per ingiungere lazione assente dal Dialogo, i cui temi, la verit
in funzione della carit e la dignit delluomo perfetta nella carit,19 sono il
nodo essenziale della mistica e della spiritualit della santa. Con le Lettere Caterina affronta i problemi politici che pi coinvolgono la Chiesa in quegli anni
e, per il carattere di questa sua presenza, il titolo che meglio la definisce
18. Claudio LEONARDI, Caterina da Siena: mistica e profetessa, in Atti del Simposio internazionale
cateriniano - bernardiniano, cit., p. 155-172, a p. 157. Ringrazio il professor Claudio LEONARDI per i suggerimenti preziosi, offertimi durante la discussione del Seminario tenutosi
a Firenze il 12 giugno 2001, sul rapporto tra il chiedere di Caterina nelle Lettere e la profezia.
19. Cos strettamente legati da formarne uno solo: quella della vicenda spirituale delluomo,
Giuliana CAVALLINI, Introduzione a Il Dialogo, cit., p. XXX.
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quello di profeta,20 titolo assegnatole dalle stesse fonti che la definiscono veracissima prophetissa.21 Pur non essendo una stratega o, pi genericamente,
una politica,22 Caterina sfrutta il dono della profezia per assumere una funzione di guida storica della cristianit: la sua parola e le sue azioni interpretano pienamente la profezia neotestamentaria che si esercita direttamente sulla
storia.23 Nel testo delle Lettere, il ruolo profetico assunto dallio e si rivolge in
prima persona alla Chiesa e al papato perch salvaguardino lunit e consentano
la salvezza dei cristiani. Nel Dialogo, vero scritto mistico di Caterina, lAnima
rivela in terza persona i modi dellunione in Dio, e di un bene raggiungibile
soltanto attraverso lamore.
5. Chiedere illustrando le metafore
Il diverso andamento del testo condizionato dallintenzione comunicativa
particolarmente sensibile nelle lettere indirizzate a discepoli, familiari o consorelle, dove la ridotta formalit del rapporto e la consuetudine familiare consentono luso esclusivo del tu come allocutivo. Sono le situazioni in cui
20. Claudio LEONARDI, Caterina la mistica, in Medioevo al femminile, a cura di Ferruccio Bertini, Roma-Bari: Laterza, 1989, p. 170-195, a p. 179.
21. Legenda minor, a cura di Ezio FRANCESCHINI, Milano, Fontes vitae S. Catharinae senensis
X, 1942, p. 122.
22. Cfr. Franco CARDINI, Lidea di crociata in Santa Caterina da Siena, in Atti del Simposio internazionale caterininao-bernardiniano, cit., p. 57-87, le p. 62-63; Suzanne NOFFKE, Catherine of Siena. Vision Through a Distant Eye, Collegeville/Minnesota: The Liturgical Press,
1996, p. 74-86; Giuliana CAVALLINI, Catherine of Siena, London: Chapman, 1998, p. 108.
In realt, dei quattro obiettivi che Caterina si era proposta, la riforma della Chiesa, il ritorno del papa a Roma, la pace in Italia e la crociata contro i turchi, solo il secondo fu raggiunto. La felice conclusione del ritorno di Gregorio XI a Roma nel 1377 e della pacificazione
tra Firenze e il papato nel 1378 non sfociarono, peraltro, come Caterina aveva sperato, nella
pace universale, e per di pi, subito dopo la morte di Gregorio XI, un gruppo di cardinali
che non aveva riconosciuto lelezione del suo successore Urbano VI provoc lo scisma che
sarebbe durato fino al 1411. La tenacia, tuttavia, con cui la mistica senese si prodig per il
trionfo del bene comune prevalse sul modesto riscontro dei suoi successi storici e diede
significato allesistenza di un magistero femminile. Limpegno pubblico della santa domenicana fu tale da impostare in modo completamente nuovo lintervento delle donne sulla
politica ecclesiastica: il suo modello offusc, almeno in parte, quello gi influente di s. Brigida di Svezia e segn definitivamente linnovazione di una religiosit non solo femminile. Cfr. Roberto RUSCONI, Lattesa della fine, Roma: Istituto storico italiano per il medioevo,
1979, p. 24-26 e 28-35; Scrittrici mistiche italiane, a cura di Giuseppe POZZI e Claudio
LEONARDI, Genova: Marietti, 1988, p. 227; Francesco BRUNI, Dalle Origini al Trecento, in
Storia della civilt letteraria, diretta da Giorgio BRBERI SQUAROTTI, vol. I in 2 tomi, Torino: Utet, 1990, I/1, p. 100.
23. Cfr., per la differenza tra la profezia dellAntico Testamento, che si identifica con lannuncio del Messia, e quella neotestamentaria, che guida i cristiani nelle vicende della storia,
Claudio LEONARDI, Caterina da Siena: mistica e profetessa, cit., p. 157-158, e vd., per la
profezia come modo di conoscenza attraverso la rivelazione, Jean-Pierre TORRELL, Recherches sur la thorie de la prophetie au moyen ge, Fribourg: ditions universitaires Fribourg
Suisse, 1992, p. XII-XIV.
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Caterina pu esercitare con pi decisione il proprio magistero e in cui cresce, conseguentemente, il tono didascalico. Se ne ha una conferma dal frequente modo di procedere per domanda e risposta, che guida il destinatario
lungo deduzioni progressive o lo aiuta a comprendere meglio quanto stato
appena esposto:
Ma sai che vedere , e che amare quello degli uomini del mondo? uno
vedere tenebroso e oscuro [] Ma perch oscuro questo vedere? Perch s
posto nella oscurit delle cose transitorie del mondo (alla contessa Benedetta
Salimbeni - T n. 113);
Di tre sorti lorazione. Luna continua, cio il continuo santo desiderio
[] Laltro modo orazione vocale, quando localmente si dice lofficio, o
altre orazioni. Questa ordinata per giungere alla terza, cio alla mentale []
Ove manifesti tu lamore, la fede, e la speranza, e lumilt? nellorazione []
Dove sentirai tu dolore della coscienza? nellorazione. Dove ti spoglierai tu
dellamore proprio []? nellorazione. Dove sentirai tu lodore della verginit []? in questa dolce madre dellorazione (alla nipote, suor Eugenia - T
n. 26).
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stesso rapporto in cui D sta C:26 nellultimo degli esempi indicati, pertanto,
la chiave sta alla porta come il sangue di Cristo sta al paradiso. La loro frequente ricorrenza nellepistolario cateriniano era stata gi notata, peraltro, da Giovanni Getto, che segnalava le figure definendole concetti preceduti da traslati.27
Si tratta del resto di un procedimento ben noto tanto alla tradizione letteraria quanto a quella cristiana e non facile stabilire quanto la loro presenza in
altri testi mistici prodotti da donne dipenda dal modello della santa senese.28
Soprattutto allinterno della cultura cristiana alcune immagini metaforiche
erano diffuse e decodificabili con la stessa immediatezza del significato letterale,29
e sar sufficiente rinviare, per alcune metafore della specificazione, al rituale
della liturgia, e a sequenze, discendenti peraltro dalle Scritture, quali il pane
della salvezza eterna. Lampia ricorrenza delle metafore della specificazione,
delle loro associazioni, della loro interpretazione letterale ci sembra testimonianza palese della formazione religiosa destinata ai fedeli e in particolare alle
donne, della spiegazione dei simboli che era loro fornita e, soprattutto per le
metafore connesse al corpo e alle piaghe di Cristo, delleducazione alla preghiera e alla meditazione.30 Per queste pratiche, infatti, come sar in seguito
ripetuto nei numerosi Giardini dellorazione di produzione osservante e come
gi si intravede nella lettera sopra riportata, di Caterina a suor Eugenia, si consigliava di raffigurarsi nella mente i luoghi, i personaggi, gli eventi della passione.31
26. Vd. Bice MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Milano: Bompiani, 1997, p. 161.
27. Giovanni GETTO, Lintuizione mistica, cit., p. 185. Pi di recente la loro ricorrenza negli
scritti della santa stata sottolineata da Marina BENEDETTI, Le opere di s. Caterina da Siena:
aspetto linguistico, in Con locchio e col lume, cit., p. 117-119, a p. 118 e si veda nello stesso
vol. lo studio di Dorota SLIWA, Le metafore del giardino nel linguaggio mistico di santa
Caterina da Siena, p. 131-145, che a p. 141 include tra le costruzioni le metafore della
specificazione, indicandole come sintagmi nominali.
28. Cfr., tuttavia, Vittorio COLETTI, Parole dal pulpito, Torino: Marietti, 1983, p. 97-106.
29. Non ci si sofferma qui sul senso letterale delle metafore e sugli studi relativi alle metafore linguistiche intese come metafore concettuali, per i quali mi permetto ancora di rinviare al mio lavoro cit. e in corso di stampa.
30. Nel lavoro cit. alla n. 24, si indicava, come esempio particolarmente significativo, un testo
composto nellultimo decennio del sec. XIV: il Colloquio spirituale di Simone da Cascina
(ed. a cura di Fausta DALLA RIVA, Firenze: Olschki, 1982). Lautore, pi volte priore del
monastero femminile di Santa Caterina a Pisa, ricopre un ruolo importante nella trasmissione della cultura religiosa in volgare e in particolare il Colloquio illustra a uninterlocutrice femminile i sensi nascosti della liturgia. Simone ne spiega il significato ricorrendo, spesso
per via di similitudini, allassociazione tra realt concreta e immagini spirituali, mentre un
fraticello, anchegli protagonista del Colloquio, rielabora quanto esposto da Simone in
raffigurazioni allegoriche. Cfr. Lina BOLZONI, Il Colloquio spirituale di Simone da Cascina. Note su allegoria e immagini della memoria, in Rivista di letteratura italiana, 3, 1985,
p. 9-65.
31. Cfr., per la bibliografia sullargomento, Rita LIBRANDI, Libri, raffigurazioni di trame e metafore nei Sermoni di Domenica da Paradiso, in Rita LIBRANDI e Adriana VALERIO, I Sermoni di Domenica da Paradiso. Studi e testo critico, Firenze: Edizioni del Galluzzo, 1999,
p. LXXIX-CLII, le p. XCIV-CIV.
99
Se si volesse sintetizzare la nuova connessione data nella lettera, si potrebbe costruire una metafora della specificazione come lolio dellumilt. Caterina esplicita per i propri discepoli i legami posti alla base di immagini metaforiche
che sono state adoperate come strumento di educazione religiosa. Si sar notato, peraltro, nel primo dei due passi riprodotti, lesortazione a entrare nelle
piaghe di Cristo, che bene esemplifica lincitazione a una preghiera di totale
immedesimazione e annullamento. Gli scritti di Caterina mostrano i segni di
una pedagogia religiosa che insiste sullassociazione di sensibile e spirituale: ne
testimoniano lavvenuta ricezione, e al tempo stesso si propongono di impartire lo stesso insegnamento. Istruire attraverso connessioni metaforiche, di cui
si sciolgono proficuamente le giunture, per lei un altro modo di chiedere un
comportamento virtuoso, come chiaramente dimostrano le parole rivolte a
Benedetta Salimbeni e alla nipote Nanna. Nelle Lettere ogni variazione indot-
Rita Librandi
101-108
Abstract
Partendo dalla sostituzione di genere (le>lui) commessa da Boscn traducendo un passo
del Cortegiano (III 56), si studiano altre deviazioni dello stesso tenore e si riconducono
allimperfetta assimilazione dellideale femminile proposto da Castiglione. In appendice,
Bibliografia sulla traduzione di Boscn (stampe e studi) e sulla figura della donna in Castiglione.
Parole chiave: Traduzione, Boscan, Cortegiano, Castiglione, Letteratura, Donne, Rinascimento.
Abstract
Leaving from a gender substitution (le>lui) committed by Boscan in translate a fragment
of Cortegiano (III 56), one study other meaningful deviation lines and they are led back
to the imperfect assimilation of the proposed feminine ideal from Castiglione. Bibliography about the translation of Boscan (press and studies) and on the figure of the woman
in Castiglione, in appendix.
Key words: Translation, Boscan, Cortegiano, Castiglione, Women Renaissance Literature.
glione naturalizzandolo attraverso la scorrevolezza della lingua. Ma dietro lillusione di quella facile naturalezza si occultavano complesse tecniche di pedagogia interlineare miranti a ridurre limpatto delle novit. Esse consistettero
fondamentalmente nellalternanza di due metodi traslativi opposti: quello volto
a ricondurre vocaboli estranei a idee comuni (spesso arricchite di commenti
o di giunte lessicali), e quello mirante a inoculare la nuova medicina ideologica nel tessuto verbale consueto orientandone in vario modo la risemantizzazione. Di qui loculato equilibrio fra traduzione e ricreazione riscontrato
dagli studiosi di Boscn, e la tendenza a evitare la rigidez de unas equivalencias rutinarias.4 Ne fu consapevole il traduttore stesso, che espose inequivocabilmente il proprio criterio alla destinataria dellopera:
Yo no tern fin en la traduccin de este libro a ser tan estrecho que me apriete en sacalle palabra por palabra; antes, si alguna cosa en l se ofreciere que en
su lengua parezca bien y en la nuestra mal, no dexar de mudarla o de callarla. Y aun con todo esto he miedo que segn los trminos de estas lenguas italiana y espaola y las costumbres de entrambas naciones son diferentes, no
haya de quedar todava algo que parezca menos bien en nuestro romance (lettera-dedicatoria A la muy Magnfica Seora, Doa Jernima Palova de Almogvar).
aos, Barcelona, por Pedro Mompetzat, 1534 (Colophon: Aqu se acaban los cuatro libros
del Cortesano, compuestos en italiano por el conde Baltasar Castelln y traducidos en lengua castellana por Boscn, imprimidos en la muy noble ciudad de Barcelona por Pedro
Mompezat, imprimidor, a dos del presente mes de abril, mil y quinientos treinta y cuatro; Privilegio di Carlo V: Dat. en nuestra villa de Monzn a XX dias de deciembre del
ao del nacimiento de Nuestro Seor, mil quinientos treinta y tres). Ne seguirono almeno 15 edizioni tra il 1539 e il 1588, la seconda delle quali (1540) introdusse la divisione
del testo in capitoli: Libro llamado el cortesano traduzido agora nueuamente en nuestro vulgar Castellano por Boscan. Con acotaciones por las margines, Salamanca, por Pedro Tovans,
a costa de Guillermo de Millis [Colophon: Aqu se acaba el libro llamado El cortesano
del conde Baltasar Castelln, agora nuevamente corregido y enmendado con sus acotaciones por las mrgenes. Impreso en Salamanca por Pedro Touans, a costa del honrado
varn Guillermo de Milles. Acabose a quinze das del mes de henero, ao de mil e quinientos y quarenta aos].
4. Sono parole di Margherita MORREALE, nel suo ormai classico studio: Castiglione y Boscn:
El ideal cortesano en el Renacimiento espaol, Anejos del Boletn de la Real Academia Espaola, I 1959, p. 19.
Ma questa insistenza nel miraggio linguistico era anche il segno di un desiderio pi o meno inconsapevole di occultare la distanza salvata nella translatio
delle idee.5 Garcilaso, insomma, voleva sottolineare, attraverso la riuscita dellamico, la continuit semantica esistente fra il lessico di Castiglione e i trminos
muy cortesanos y muy admitidos de los buenos odos y no nuevos ni al parecer desusados de la gente (ibidem). In realt egli sapeva di aver importato un
modello antropologico difforme dalla tradizione cavalleresca spagnola, che
rischiava di mimetizzarvisi subdolamente pervertendone il significato. Lo dimostr lequivoco in cui era incorso Carlo V quando, volendo celebrare Castiglione alla sua morte, lo fece passare per un perfetto cavaliere con la
conseguente idea annessa del perfetto vassallaggio: Yo os digo que es muerto
uno de los mejores caballeros del mundo. I tempi necessari allassimilazione
del nuovo erano, infatti, pi lunghi del previsto; tant vero che il superamento
ideologico del retroterra medievale avvenne solo con la crisi dellImpero e si
espresse nellironico linguaggio di Cervantes.
Valga questa premessa a introdurre qualche dubbio sullassimilazione delle
idee rinascimentali da parte di Boscn, il quale incorse in un lapsus meno clamoroso di quello di Carlo V, ma non meno significativo. Si tratt, infatti, di
uno strano scambio di genere grammaticale nella parte dedicata a descrivere
la perfetta donna di palazzo, e la svista cadde concretamente sulla disputa intavolata da Lorenzo il Magnifico e Gasparo Pallavicino in merito al contegno
da tenere di fronte alle profferte galanti (III 56), un caso in cui il Magnifico
consigliava la donna di rifiutar di creder sempre che chi le parla damore,
lami per, mentre Gasparo la spingeva a riamare quando conosce veramente
esser amata :
Non volete voi, signor Magnifico, che
questa vostra cos eccellente donna essa
ancora ami, almen quando conosce veramente esser amata? Atteso che se l cortegiano non fosse redamato, non gi
credibile che continuasse in amare lei e
cos le mancheriano molte grazie, e massimamente quella servit e reverenzia,
con la quale asservono e quasi adorano
gli amanti la virt delle donne amate.
Decidme, seor Manfico, no os parecera a vos bien que esta vuestra tan
ecelente dama amase a lo menos cuando
verdaderamente se conociese ser amada?
Considerando que si a nuestro cortesano le fuese mal con ella, est en la mano desgustarse luego, y dexar de servilla,
y desta manera perdera l muchas cosas
buenas, las cuales terna todas con gran
abundancia, amndola; y entre las otras
faltalle a una muy sustancial, y sera
aquella sojucin y acatamiento con que
acatan y casi adoran los enamorados a
sus damas.
5. Di questa difficolt d conto lalto numero di vocaboli problematici annoverati da M. Morreale, la quale si vide costretta a creare una sezione ad hoc nellappendice per contenere la
varia e numerosa casistica di deviazioni registrata: son tantas las palabras que le causan
resistencia o vacilacin y las que le sugieren alguna glosa o comentario que, aun sin la menor
to successivo sul diritto delle donne sposate ma infelici a farsi amare da altri
(III 56-57); un caso in cui la divergenza di pareri fra Gasparo e Lorenzo si
fa pi sfumata, giacch, mentre il primo intona a una maggiore razionalit la
resa della donna, il secondo ammette la legittimit di un amore platonico pur
negando il rapporto carnale (voglio che niuna altra cosa allo amante conceda eccetto che lanimo). Boscn doveva, insomma, misurarsi con due tesi parimenti liberali anche se in diverso grado. Da un lato, largomento di Pallavicino
in difesa di un amore completo (non amando chi ama loro, fanno ingiuria a
se stesse), non presentava pi il cedimento come piacevole peccato, bens
come un caso di giustizia proporzionale, essendo lamore altrui specchio dellamor proprio; dallaltro, la controproposta del Magnifico (III 57) mirava
a dimostrare il carattere amabile dellonest muliebre conciliando i valori
opposti della grazia e della venust (con la venust, con la grazia induca
nellanimo di chi la vede quellamor vero che si deve a tutte le cose amabili). Boscn doveva, insomma, aggirare due diverse trasgressioni del codice:
lestetica della morale e la legittimazione giuridica del piacere. Nel primo caso
egli ci riusc capovolgendo la proposta di amare chi ama nel comando eufemistico (litote) di non amare chi non ama (pero las otras tampoco deben
ofenderse a s mismas, amando a quien no las ama); nel secondo, intorbidando lassunto neoplatonico con un excursus sui sublimi tormenti della
rinuncia maschile per far regredire lequilibrio fra morale e piacere verso il
topos dellassenza:
Per voglio che la mia donna di palazzo
non con modi disonesti paia quasi che
sofferisca a chi la vole ed uccelli [] ma
con i meriti e virtuosi costumi suoi, con
la venust, con la grazia induce nellanimo di chi la vede quello amor vero che si
deve a tutte le cose amabili e quel rispetto che leva sempre la speranza di chi pensa
a cosa disonesta. Colui adunque che sar
da tal donna amato, ragionevolmente
devr contentarsi dogni minima dimostrazione ed apprezzar pi da lei un sol
sguardo con affetto damore che lesser in
tutto signor dogni altra
Gane ella hombres de bien por servidores [] non con las artes que hemos
dicho de las otras, sino con su gentileza,
con sus buenas costumbres, con su autoridad, con su gracia, con un buen descuido, y, en fin, con decir y hacer lo que debe.
Con estas cosas ser ella amada y tenida en
mucho, y mucho ms en ausencia, y desto
nacer, que el que se viese ser amado de
una dama de tan gran precio, fcilmente
sufrir sus trabajos; y aunque muchas
veces, de muy apretado de sus fatigas,
venga a romper y casi a desperarse,
todava volver sobre s, y hallar que
tiene razn de contentarse, o a lo menos
de sufrirse con cualquier seal de amor
que en ella vea, por pequea que le parezca, y preciar ms una blandura o un
buen mirar desta, que ser totalmente
seor de otra
Nellun caso e nellaltro spariva la reciprocit del rapporto amoroso e la mediazione dialogica fra gli opposti.
Lesemplificazione si potrebbe allargare ad altri casi e ad altri temi, ma questi campioni varranno forse a mostrare come Boscn non fosse riuscito ad assimilare appieno lerotica dellethos che andava tramandando. Un ideale riassunto
da Castiglione nella figura femminile della modestia temperata (III 57), e sulla
cui difficolt si era soffermato allinizio del Terzo Libro: e per le bisogna
tener una certa mediocrit difficile e quasi composta di cose contrarie, e giunger a certi termini a punto, ma non passargli (III 5). La difficolt non risiedeva, quindi, soltanto nellesecuzione del modello da parte delle donne, ma
anche nella sua comprensione da parte degli uomini chiamati a completarne
lopera. Tale il valore del dialogo rinascimentale quale indispensabile forma di
arbitraggio tra fra gli opposti. Lo scambio amoroso ne era la quintessenza.
Bibliografia selettiva
1. Edizioni cinquecentesche della traduzione di Boscn
Los quatro libros del cortesano, compuestos en italiano por el conde Balthasar castellon y
agora nueuamente traduzidos en lengua castellana por Boscan con privilegio Inperial por diez aos, Barcelona, por Pedro Mompetzat, 1534, 114 ff.
Los qvatro libros del Cortesano, compuestos en ytaliano por el conde Baltasar Castelln
agora nueuamente traduzidos en lengua Castellana por Boscn, Toledo, s.i., 1539, 199
ff.; 4.
Libro llamado el cortesano traduzido agora nueuamente en nuestro vulgar Castellano por
Boscan. Con sus acotaciones por las margines, Salamanca, por Pedro Tovans, a costa de
Guillermo de Millis, 1540, 144 ff.; 4.
Libro llamado el cortesano traduzido agora nuevamente en nuestro vulgar castellano por
Boscan, s.l. s.i. [Sevilla, Jacobo Cromemberg], 1542, 140 ff.; 4.
Libro llamado el Cortesano tradvzido agora nueuamente en nuestro vulgar castellano por
Boscan, Anueres, en casa de Martin Nucio, 1544, 239 ff.; 8.
Libro llamado el cortesano traduzido agora nueuamente en nuestro vulgar Castellano por
Boscan, Sevilla, Jacobo Cromemberg, 1549, 140 ff.; 4.
Libro llamado el cortesano traducido en nuestro vulgar Castellano por Boscan, Zaragoza,
a costa de Miguel apilla, 1553, 216 ff.; 8.
Los quatro libros del Cortesano, compuestos en italiano por el conde Baltasar Castelln
agora nueuamente traduzidos en lengua Castellana por Boscn, Toledo, s.i., 1559, 199
ff.; 4.
El Cortesano traduzido por Boscan en nuestro vulgar castellano nueuamente agora corregido, Anvers, en casa de la biuda de Martin Nutio, 1561, 247 ff.; 8.
El Cortesano. Tradvzido de Italiano en nuestro vulgar castellano, por Boscan, Valladolid,
Francisco Fernndez de Crdoba, 1569, [8], 294 ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
en Anvers, en casa de la biuda de Martin Nucio, 1571, 247, [3] ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
Anvers, en casa de Philippo Nucio, 1574, 247, [3] ff.; 8.
El Cortesano traducido por Boscn en nuestro vulgar castellano nuevamente agora corregido,
Anvers, en casa de Philippo Nucio, 1577, 247, [3] ff.; 8.
6. Non stato possibile verificare lesistenza di altre stampe registrate in diversi cataloghi (cfr.
ad esempio: Bartolom Jos GAYANGOS, Ensayo de una biblioteca de libros raros y curiosos,
Madrid, 1866, vol. II, coll. 1447-1455; Antonio Mara FABI e ngel GONZLEZ PALENCIA
nelle edd. del Cortesano curate rispettivamente nel 1773 e nel 1942): Valencia, Juan de
Arcos, 1561; Anvers, Nucio, 1599.
David Romano venuto a mancarci il 12 ottobre 2001, ma la sua figura rimane viva attraverso gli scritti. Noi, colleghi e discepoli suoi, legati in vario modo
alla cattedra di Filologia Italiana dellUniversitat de Barcelona di cui fu il primo
titolare, vogliamo risentire la sua voce rendendo nel contempo omaggio alla
sua persona.
Ci sembrato a tale fine opportuno ricuperare un suo magistrale saggio
sul codice catalano dei Trionfi di Petrarca apparso sul Boletn de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona (tomo XLI, 1987-1988, p. 5-18): un
contributo ammirevole per rigore metodologico e chiarezza espositiva che brillantemente si riallaccia alla migliore tradizione dellitalianismo catalano.
Ringraziamo Mercedes Romano e la Acadmia de Bones Lletres per lautorizzazione generosamente concessa a ripubblicare il saggio sulla nostra giovane
rivista.
Mara de las Nieves Muiz Muiz
A nome della Redazione dei Quaderns dItali
e dei colleghi italianisti operanti in Catalogna
111-122
Resumen
Se estudia el ms de los Triunfi de Petrarca conservado en el Ateneo Barcelons, cuya
primera seccin se encuentra en la Bibliothque Nationale de France (esp. 534). Mediante
el anlisis de las variantes, se hace retroceder la copia a un apgrafo eclctico (grupo III de
las familias detectadas por Appel), pero se subraya su valor porque se trata de la nica copia
ms del texto italiano que se conserva en Espaa, y aparece con la traduccin catalana del
comentario de Illicino.
Palabras clave: triunfi, Petrarca, traduccin catalana, comentario de Illicino.
Abstract
On study the ms of the Triunfi of Petrarca conserved near the Ateneo Barcelons, whose first
part is found to the Bibliothque Nationale de France (esp. 524). Through the analysis of
variant, one traces the copy back to an eclectic apograph (group III of the families characterized from Appel), even if emphasizes the value because is the only copy ms of the
Italian text conserved in Spain, and it appears accompanied from the Catalan translation
of the comment of Illicino.
Key words: triunfi, Petrarca, catalan translation, comment of Illicino.
1. Introduccin
A pesar de que el valor potico2 de los Triunfi3 es muy inferior al del Canzoniere,
la obra goz de bastante difusin, segn nos lo indican el elevado nmero de
1. La edicin crtica bsica sigue siendo la de Carl APPEL, Die Triumphe Francesco Petrarcas.
In kritischem Texte herausgegeben von (Halle a. S. 1901), XLIV+476 pginas; en anexo,
seis extensibles. Citar este trabajo simplemente per el nombre de su autor.
2. La crtica slo ha considerado poticamente bellos unos cuantos pasajes, principalmente la
descripcin de la muerte de Laura (Triunfo della Morte I = Appel V, versos 103-172) y algunos fragmentos del dilogo del poeta con Laura ya muerta que se le aparece en sueos
(Triunfo della Morte II = Appel V, versos 76-190).
3. As los llam siempre Petrarca, en forma culta. No olvidemos que su fama entre sus contemporneos la debi principalmente a sus obras latinas: por ellas fue coronado en el Capitolio.
David Romano
manuscritos incluso hay autgrafos o autografiados por el mismo Petrarca que se han conservado4 y tambin las numerosas ediciones publicadas en
diversas ciudades italianas a partir de la edicin prncipe de 1471.5
Aunque buena parte de la obra es una rpida, y a menudo seca, enumeracin
de personajes (en su mayora de la antigedad clsica), con muestras evidentes
de imitacin de Dante, los Triunfi pronto fueron conocidos en paises extranjeros, en los que fue objeto de algunas traducciones y sobre todo dio origen a un
crecido numero de imitaciones, directas o indirectas, de muy variada calidad.
La influencia de Petrarca lo mismo cabe decir de Dante y de Boccaccio en los autores castellanos y catalanes de los siglos XIV-XVI fue estudiada
hace ya muchos aos, principalmente por Sanvisenti6 y por Farinelli,7 en sendas obras que parece necesario completar, o, mejor, rehacer, pues es mucho lo
que se ha ido conociendo desde entonces8 y lo que aun queda por conocer.9
Es sabido que se conoci ante todo al Petrarca humanista, al escritor en
latn. En cuanto al poeta en lengua vulgar, y cindonos al caso de los Triunfi, su influencia en la literatura castellana arranca del Marqus de Santillana:10 el Triunfete de amor y, en buena parte, la Comedieta de Ponza. Pero
hay un hecho que es preciso destacar: son muchas las huellas de los Triunfi, pero no se conocen traducciones castellanas manuscritas de dicha obra,
y en cuanto a las versiones impresas, la ms antigua, la de Antonio de Obregn,11 es del ao 1512, mientras que la segunda me refiero nicamente
4. En 1901 Appel (p. 10-12) ya registraba doscientos cuarenta y ocho manuscritos (de Italia,
Alemania, Austria y Francia), y la lista era slo selectiva.
5. Publicado a menudo junto con el Canzoniere, el texto de los Triunfi sola ir acompaado
por el comentario de Bernardo Illicino y, a partir de 1525, por el de Alessandro Vellutello.
Quiero recordar, sin embargo, que en muchas ediciones posteriores a esa fecha sigue imprimindose el comentario de Illicino.
6. Bernardo SANVISENTI, I primi influssi di Dante, del Petrarca e del Boccaccio sulla letteratura
spagnuola (Milano, 1902).
7. Arturo FARINELLI, Italia e Spagna (Torino, 1929), 2 vols. Los datos acerca de los Triunfi
figuran en el vol. I, p. 37-65, en el captulo titulado Petrarca in Ispagna (nellEt Media),
que engloba un artculo anterior del mismo autor y que, a pesar del ttulo, llega hasta el
siglo XVII. No creo descubrir nada si digo que la obra es un verdadero cajn de sastre, un conjunto de datos, a menudo sin elaborar.
8. Para la literatura petrarquista en cataln, vase la bibliografa sealada por R. DALSMONER, Flors de Petrarca de Remeys de cascuna fortuna, Estudis Universitaris Catalans (=
Homenatge a Rubi i Lluch, vol. I), 21 (1936), p. 651-666.
9. Por ejemplo: estudiar el manuscrito indito de la traduccin catalana del comentario de
Cristoforo Landino a los cantos I y II del Purgatorio de la Commedia; realizar una investigacin, extensa y sistemtica, en los archivos en busca de datos acerca de escritores italianos, escritores espaoles que pasaron a Italia, obras italianas o traducciones de ellas que
figuren en inventarios notariales acerca de esto ltimo, vase el ndice de la obra de Madurell y Rubi que cito en la nota 16 de este trabajo; publicar textos hispnicos de influencia italiana que an yacen inditos, etc.
10. Resulta curioso observar que en el libro de Mario SCHIFF, La bibliothque du Marquis de
Santillane (Paris, 1905) no aparece ningn manuscrito de los Triunfi.
11. Translacin de los seys Trinmphos de Francisco Petrarca de toscano en castellano fecho por Antonio de Obregn, capellan del rey (Logroo, 1512) ex Palau n. 224 253. Traduccin
113
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
en dcimas y octoslabos, junto con traduccin del comentario de Illicino. No he podido consultar esta edicin; utilizo la edicin de 1541.
La portada, sin nombre de autor, dice: Los Triumphos de Francisco Petrarca ahora nuevamente traduzidos en lengua castellana, en la medida, y nmero de versos que tienen en el toscano y con nueva glosa (Medina del Campo, 1554) ex Palau n. 224 258 = C. PREZ
PASTOR, La imprenta en Medina del Campo (Madrid, 1895), p. 127-128. Traduccin
en tercetos, con cierta tendencia a conservar las rimas del original. Utilizo la reedicin de
Salamanca 1581.
Desde la traduccin, en 1388?, de la Histria de Valter e Griselda por Bernat Metge, recientemente reeditada por Martn DE RIQUER, Obras de Bernat Metge (Barcelona, 1959). Es
sabido que lo que hizo Petrarca fue traducir al latn la ltima novela del Decamerone. Riquer
(p. 49) dice: Petrarca, cantor de Laura en lengua vulgar Bernat Metge jams nos da
motivos para creer que lo conociera.
Aparte de los datos aportados por Sanvisenti y Farinelli, vanse los artculos de Jorge RUBI
BALAGUER, en la Historia de las literaturas hispnicas, vol. I (Barcelona, 1949), p. 645-746,
y vol. III (Barcelona 1953), p. 729-930, as como las numerosas referencias en Martn DE
RIQUER, Histria de la literatura catalana, vols. I y II (Barcelona, 1964). No me refiero a
los petrarquistas que dependen del Canzoniere, por ejemplo, Ausias MARCH.
Parece que Joseph G. FUCILLA, Estudios sobre el petrarquismo en Espaa (Madrid, 1960), p. XIII,
alude a este manuscrito. De ser as, habla erroneamente de la versin catalana de los Trionfi.
Ejemplares de los Triunfi (impresos o manuscritos?, en toscano o en lengua hispnica?)
figuran varias veces en inventarios notariales. Vanse R. CARRERES VALLS, El llibre a Catalunya. 1338-1590 (Barcelona, 1935), p. 109, y Jos M. MADURELL MARIMN y Jorge
RUBI Y BALAGUER, Documentos para la historia de la imprenta y librera en Barcelona (14741553) (Barcelona, 1955), p. 272, 405, 492 y 687.
J. MASS Y TORRENTS, Catlech dels manuscrits de la Biblioteca del Ateneo Barcelons (Barcelona, 1902), p. 56-61.
SANVISENTI, op. cit., p. 417-423. De mano de Sanvisenti y en castellano, es una breve nota
que se conserva pegada en una de las hojas de guarda del manuscrito barcelons.
FARINELLI, op. cit., vol. I, p. 44.
David Romano
Haban de pasar veinticinco aos hasta que Nicolau dOlwer20 reconociera que el manuscrito de Barcelona no es ms que la segunda parte de otro conservado en Pars (Bibliothque Nationale, esp. 534), del que hizo una sumarsima
y, adems, incompleta descripcin, corroborada poco despus por Bohigas.21
En el manuscrito no figura ninguna fecha, es decir, que no disponemos de
elementos explcitos para datarlo; pero los autores que lo han descrito lo clasifican aproximadamente en la segunda mitad del siglo XV. Ahora bien, las filigranas del papel en que se escribi la parte que se conserva en Barcelona son de
dos tipos: el ms frecuente, el que aparece en la inmensa mayora de las hojas,
es un guante o manopla de cuyo dedo medio sale un palo rematado por una
estrella de seis puntas; pero hay dos cuadernillos22 (o sea, en total, una mano
de papel) en los que la filigrana est compuesta por tres coronas dispuestas
como si se hallaran en los ngulos de un tringulo equiltero con base arriba,
y encima de cada corona, y partiendo de ella, se ve una cruz. He consultado
la amplsima coleccin de filigranas (unas doce mil) reunida en los Museos de
Arte de Barcelona: ni en ella ni en los repertorios publicados figura la filigrana de las tres coronas; en cuanto al guante, aparece en varios manuales notariales
catalanes naturalmente, estn perfectamente fechados, el ms antiguo de
los cuales es del ao 1500.
Es probable que un detallado estudio tcnico del papel (separacin de los
corondeles, amplitud de los puntillones, anlisis de la fibra, etc.) confirme o
me obligue a rectificar mi idea. Por el momento, el estudio de las filigranas
me inclina a creer que el manuscrito es algo posterior a la fecha sealada per
quienes lo han descrito, aunque, claro est, no debe excluirse la posibilidad de
que se trate de una copia de un texto anterior. Por otra parte, el estudio paleogrfico no permite una datacin exacta, ya que la letra presenta rasgos del siglo
XV, pero tambin ciertas caractersticas del XVI.
2.2. Contenido del manuscrito
No voy a repetir aqu la descripcin completa del manuscrito. Solo me interesa recordar, para situar debidamente la cuestin, que contiene en realidad
dos obras, estrechamente relacionadas. Por una parte, el texto en toscano de los
Triunfi, escrito en tinta roja, y, per otra, la traduccin catalana23 del comentario
20. Llus NICOLAU DOLWER, Manoscritti catalani dei Trionfi del Petrarca, Studi Medievali, n. s. 1 (1928), p. 186-188. Nicolau seala quines fueron los poseedores del manuscrito al menos desde el ao 1604. Quiz sea ste el punto de partida para averiguar la
procedencia de la obra, investigacin de tipo histrico que no puedo abordar en estos
momentos.
21. Pere BOHIGAS, El repertori de manuscrits catalans de la Fundaci Patxot, Estudis Universitaris Catalans, 15 (1930), p. 226.
22. Fols. 198-207v y 208-217v. La filigrana figura en los folios 200, 201, 203, 206, 207, 208,
210, 214 y 216.
23. Aunque no voy a entrar aqu en el estudio del comentario, sealar que MASS (op. cit.,
p. 61), seguido por NICOLAU DOLWER (art. cit., p. 226) dice que en el lomo de la parte
conservada en Pars, y con letra del siglo XVII, se escribi: Petrarcha coment. en Valen..
115
de Bernardo Illicino, escrito ste en tinta negra; con la misma tinta roja usada
para copiar el texto toscano se han subrayado las citas en latn que contiene el
comentario. En los mrgenes se indican (tambin en negro) los autores, latinos
en general, de quienes proceden las citas de Illicino. Las dos obras se han copiado entremezcladas, es decir, que despus de transcribir un pasaje de los Triunfi a veces son quince versos; otra, solo medio verso, sigue el extenso
comentario del pasaje, que se interrumpe para copiar la continuacin del texto
petrarquesco, y as sucesivamente.
Otro hecho ms debo mencionar: el manuscrito del Ateneo Barcelons est
mal encuadernado, pues las primeras hojas, foliadas a lpiz con cifras romanas,
en realidad debieran ir al final, por ser la continuacin del ltimo fragmento
copiado, que pertenece al capitulo que empieza por el verso Nel cor pien damarissima dolcezza, captulo omitido por muchos editores del siglo XVI (sobre
todo a partir de Vellutello) y unnimemente en las ediciones modernas, que en
esto siguen a Appel, que lo public24 en el suplemento de su edicin crtica.
2.3. El texto toscano
2.3.1. El problema bsico
Como es sabido, el problema bsico de los Triunfi estriba en el hecho de que
Petrarca no dej un texto definitivo. Fue escribiendo captulos aisladamente
y despus intent construir con ellos una obra seguida y coherente; pero no
hizo una sola, sino varias redacciones, con distinta ordenacin de los materiales, a la vez que suprima, aada o empalmaba versos, mientras iba limando cada
uno de ellos. Sabemos, tambin, que poco antes de morir trabajaba en la revisin final de la obra. Resultado de ello es que se conservan numerossimos
manuscritos, que en parte derivan de autgrafos o autografiados por el poeta
mismo, pero que por las razones citadas discrepan entre s. Que este problema era ya conocido en la misma Espaa nos lo revelan claramente un texto de
Obregn25 y una alusin de Hozes.26
24. Con el n. VI, p. 310-317. Acerca de las posibles causas de que Petrarca no estuviera satisfecho de este captulo, vase H. WILKINS, ERNEST, On Petrarchs rewriting the Triumph of
Fame, Speculum, 39 (1964), p. 440-443, que completa algo de lo dicho en su obra Studies in the Life and Work of Petrarch (Cambridge, Mass., 1955), p. 254-274.
25. Mas como Francisco Petrarca los compuso siendo ya de mucha edad no pudo quedalle
tiempo para emendallos como en los Petrarcas viejos se paresce, mas porque la doctrina de
varon tan excelente no quedase alli viciosa fee en Venecia cometida esta obra a persona tan
abundante de letras [alusin a Bembo] que peso los seys triumphos como quien los escrivio los pusiera si la vida le durara (p. 2 de la edicin de 1541). Ms adelante aade: Y el
triumpho de la fama contiene tres capitulos solamente, que el que ponen por primero se
convierte en Segundo como mas claro paresce en los Petrarcas sin comento emendados, y
no difieren en cosa mas que en la orden del poner las personas.
26. En un libro de los triumphos de Petrarcha de impression antigua que yo tengo comentado
de Bernardo Illicinio ay en el triumpho de la Fama de que ahora queremos tratar un captulo puesto antes que los tres que aqui se veran, el qual se dexa de poner porque en los que
andan glossados por Alexandro Vellutello que yo he visto no ay mas destos tres capitulos ni
David Romano
La consecuencia es que Appel27 se vio obligado a idear una laboriosa y complicadsima tcnica para determinar las familias de manuscritos, condicin previa para establecer un texto crtico. Es cierto que los editores modernos de los
Triunfi no han aceptado el resultado del trabajo de Appel en cuanto a la ordenacin de los captulos suelen seguir el orden de la aldina de Bembo, de
1501; pero, en cambio, casi todos esos editores han aceptado el texto de cada verso segn lo estableci el erudito alemn. Por otra parte, su edicin crtica
an no ha sido sustituida.28
2.3.2. La filiacin del texto29
Para establecer la filiacin del texto toscano del manuscrito que estudio, voy
a tratar sucesivamente de dos aspectos distintos aunque entrelazados. En primer lugar me ocupar de la ordenacin de los captulos y a continuacin har
la colacin y estudio de las variantes clave.
a) La ordenacin de los captulos
El orden en que estn transcritos los captulos constituye uno de los dos puntos bsicos de la tcnica de Appel. Desgraciadamente, el hecho de que Nicolau
dOlwer desconociera que ste era un problema importante dificulta el estudio y me obliga a realizar una trabajosa labor, porque en estos momentos no
puedo disponer de un microfilm de la parte conservada en Pars.
aun tampoco en la traduccion hecha en nuestra lengua [alude a la de Obregn], aunque sea verdad que en algunos de los de nueva impresion he visto este capitulo puesto por su parte y
sin glossa al fin de todas las obras con solamente titulo que dize capitulo de Francisco Petrarcha. Yo no puedo alcanar lo que esto sea, porque por una parte este capitulo paresce venir continuado de las palabras ultimas del triumpho de la muerte, como en el veran los que lo leyeren,
y su materia es la misma de que en el triumpho de la Fama se trata, y tambien por otra parte
el primer capitulo de los tres que aqui se han de poner paresce que immediatamente sigue al
triumpho de la muerte, y allende desto muchas de las personas puestas por el Poeta en estos
tres capitulos estan tambien en el otro: lo qual en persona tan sealada como Petrarcha fuera
mucho defecto. Paresce me muy conforme a razon lo que cerca desto se dize al principio
deste triumpho en la traduccion hecha en nuestra lengua, lo qual es, que Petrarcha tenia
hecho aquel capitulo para principio de este triumpho, y que despues no paresciendo le bien
lo dexo, y hizo los otros tres aqui puestos. Si al lector le paresciere inconveniente la falta de este
capitulo, podra lo traduzir juntamente con su glossa, y poner lo al principio del triumpho, o
alfin del libro, como mas quisiere (fols. 179-179v, de la edicin de Salamanca 1581).
27. En la obra mencionada al principio, que utiliza un trabajo anterior suyo: Zur Entwicklung italienischer Dichtungen Petrarcas. Abdruck des Cod. Vdt. Lat. 3196 and Mitteilungen aus der Handsehriften Casant. A 111 31 and Laurenz. Plut. XLI N. 14 (Halle a. S. 1891), VIII + 196 p.
28. En cambio, la suya anul la anterior de G. Mestica (Firenze, 1896), editada junto con el
Canzoniere.
29. No s por qu se han extraado algunos crticos ante el hecho de que Appel no utilizara
este manuscrito. Sabemos que no cotej manuscritos de bibliotecas espaolas de todos
modos, difcilmente hubiese podido dar con el del Ateneo Barcelons, y en cuanto a la
parte que se guarda en Pars, aparte de que su adquisicin era reciente del 21 de abril de
1897 (Llus NICOLAU DOLWER, art. cit., p. 187), por lo que no consta en el catlogo de
Morel-Fatio (de 1891), Appel slo estudi los que figuran en las secciones italiana y francesa de la Bibliothque Nationale.
117
Ordenacin
de Appel
(llevan una
los captulos
editados como
suplemento)
I
II
III
II
IV
IV
V
V
VI
VI
VII
VIII
IX
X
Ediciones
modernas
(a base de
la aldina)
Amore I
Amore III
Amore IV
Amore II
Castit
Morte I
Morte II
Fama I
Fama II
Fama III
Tempo
Eternit
David Romano
Tratar ahora de determinar cul era la ordenacin del manuscrito completo, en sus dos partes. No hay ninguna duda acerca de la parte que se conserva en el Ateneo Barcelons, pues la he examinado personalmente. Tampoco
la hay en cuanto a los Triunfos de Castidad y de Muerte: del primero, porque
consta siempre de un solo captulo (n. 5); del segundo, porque cuando contiene dos captulos (como en nuestro caso) no hay duda de cules son: los n.
6 y 7. En otras palabras: de acuerdo con la numeracin que sigue Appel, es
seguro el orden 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13.
Ahora bien: por no haber podido ver el manuscrito de Pars, me veo obligado a hacer suposiciones acerca de cules son los versos iniciales de los dems
captulos. Bsicamente, se plantean dos problemas:
1. Figura o no el fragmento 5? En caso afirmativo, dnde va incluido?
2. Puesto que el Triunfo de Amor consta de cuatro captulos, cul es la posicin del 4?
No puedo resolver ahora el primer problema, porque las posibilidades son
muchas. En cambio, para el segundo de ellos cabe suponer dos modalidades:
a) el orden 1, 2, 3, 4 que siguen las primeras ediciones; b) el orden 1, 4, 2, 3
de las modernas, siguiendo a la aldina.
Resulta, per consiguiente, que el conjunto puede estar dispuesto de dos
maneras: o bien 1-13, o bien 1, 4, 2, 3, 5-13, con la duda de saber si figura
tambin el fragmento 5, y, de ser as, dnde va colocado.
De acuerdo con la clasificacin final de Appel,32 las posibles familias de manuscritos a las que puede pertenecer el nuestro son las siguientes: si no contiene el
fragmento 5, podemos hallarnos ante un miembro de la familia I A (que comprende treinta manuscritos), o de la familia II E 4 (un solo manuscrito). En cambio, en caso de que la parte que se guarda en Pars incluya tambin el fragmento
5, las posibilidades son ms, pues puede corresponder a una de las siguientes
30. El orden parece dudoso a causa de que el manuscrito del Ateneo est mal encuadernado;
pero sa debe ser su situacin, ya que al final del comentario de este captulo (fol. XIII V)
se lee: Capitulo secundo Triunphi Ffame, y a continuacin (formando parte del mismo
cuadernillo de papel, pero con la hoja foliada recientemente a lpiz con el nmero 1) sigue
el texto del captulo que se inicia con el verso Da poi che Morte triunfo nel volto.
31. Obsrvese que se titula Triunphus Divinitatis (fol. 212v) y no Eternitatis, como en
las ediciones modernas. Este captulo se interrumpe despus de comentar el verso 117
(fol. 240). Falta, pues, el final, que quiz se perdi al realizar la encuadernacin del volumen.
32. APPEL, p. 106-108.
119
1
6
2
1
lb
2a
3
1
4
33. Cuando no se presta a dudas, regularizo el uso de las letras i y j (que siempre aparecen
escritas sin punto) y tambin de u y v; en los dems casos conservo la grafa del manuscrito, as como la separacin de las palabras. No escribo ni los acentos, ni las diresis, ni los
apstrofos, porque tampoco los indica el ejemplar barcelons.
34. APPEL, p. 13-92. El breve resumen que figura en las p. 116-121 es insuficiente.
David Romano
2
5
1
lb
35. Despus del verso 117 (fol. 240) sigue el comentario de Illicino hasta el folio 240v; luego
vienen el comentario y el texto del captulo (Appel VI) Nel cor pien.
36. Aunque es incompleto, se conserva ntegra la parte correspondiente a los versos que yo
puedo colacionar.
37. Vase final del prrafo 232.1.
38. APPEL, p. 83.
39. Las siglas de los manuscritos figuran en APPEL, p. 10-12.
40. APPEL, p. 108.
121
Familia III A
manuscritos F Ls 3: cinco coincidencias
P 15: quince coincidencias
Familia III B
manuscritos Bo 4: diez coincidencias (ms una omisin)
FL 2: nueve coincidencias
FL 8: siete coincidencias
FL 15: siete coincidencias
FL 21: diez coincidencias (ms una omisin)
FN 1: siete coincidencias
FN 2: siete coincidencias
FN 7: nueve coincidencias
Mo E 4: ocho coincidencias
NN 1: siete coincidencias
P 7: doce coincidencias (ms una omisin y una
lectura dudosa)
Pr 15: ocho coincidencias
RC 1: seis coincidencias (ms una omisin)
R Ch 2: ocho coincidencias
RV 8: ocho coincidencias
R Vo 3: siete coincidencias.
Todos los de la familia III B (excepto FL 21 y R Vo 3) coinciden siempre
en las variantes que yo denomino j) y k). En cambio, en la familia III A uno
coincide en ambas y el otro discrepa en las dos.
3. Conclusiones e importancia del manuscrito
Recapitulando, tenemos que el nmero mximo de coincidencias se da con
los manuscritos P 15 (quince coincidencias), que pertenece a la familia III A;
P 14 (trece coincidencias), cuya familia no indica Appel, y P 7 (doce coincidencias), de la familia III B. Es decir, que nuestro manuscrito est estrechamente relacionado con el grupo III, sin que pueda decidir si se trata de la
familia III A o de la III B. Aadir nicamente que de los doscientos cuarenta y ocho manuscritos colacionados por Appel, tan slo veintiuno coinciden
en las variantes j) y k); de esos veintiuno, diecisiete, es decir, el 81%, pertenecen al grupo III.
En resumen: el manuscrito del Ateneo Barcelons pertenece al grupo III, o sea
que est copiado de un apgrafo eclctico, que dista bastante de los autgrafos o
autografiados por Petrarca. No es, por lo tanto, un buen manuscrito desde el
punto de vista de la fijacin del texto. Pero esto, como indicar a continuacin,
no le resta valor desde el punto de vista de su posible importancia en Espaa.
Resumamos brevemente lo dicho al principio: nos hallamos ante el hecho
de que no se conocen versiones manuscritas de los Triunfi en castellano, sino
David Romano
slo traducciones impresas, editadas junto con un comentario, tambin traducido. No hay, como en cierto modo era lgico esperar, textos en toscano.
Todo lo contrario ocurre en la literatura catalana: no hay ninguna traduccin impresa de los Triunfi tampoco han quedado versiones manuscritas;
en cambio, y eso s es extraordinario, se conserva un manuscrito que contiene el texto en lengua original, con comentario en cataln.
A qu se debe eso? La mejor explicacin posible es la siguiente: se trata de
un manuscrito copiado para un lector de lengua catalana en quien se dan dos
circunstancias: por una parte, es un humanista de la segunda poca, y como
tal se interesa por obras cultas redactadas ya en lengua vulgar; por otra, es un
erudito, en el sentido de que no se contenta con conocer la obra por medio
de una traduccin, sino que pretende leerla en su lengua original toscana.
Ahora bien, lo que ocurre es que no domina esa lengua, y para poder comprender el texto necesita recurrir a un comentario que, claro est, tampoco
podra aprovechar con fruto si lo leyera en su lengua original, y por eso quiere tener una traduccin a su propia lengua.41
41. En cierto modo, a una razn parecida responde el texto publicado por Martn DE RIQUER,
Fragmento de un manuscrito del Inferno de Dante con glosas en cataln, recientemente
editado en las Gesammelte Aufstze zur Kulturgeschichte Spaniens, 21 (1963), p. 250-253.
La diferencia bsica es que no hay comentario, sino unas breves glosas o aclaraciones como
las que contendra una edicin moderna; es ms: en muchas ocasiones se trata nicamente de la traduccin catalana de una palabra aislada.
123-135
Resumen
Durante la primera mitad del siglo XVI y en la corte salernitana del ltimo prncipe de la
casa Sanseverino y de su esposa, Isabel de Vilamar (noble seora de origen cataln) se
desarroll un intenso clima intelectual. All se congregaron artistas y humanistas italianos y espaoles. En este ambiente de intercambio cultural, atento en participar en las
ideas de la Reforma que se difundi en Npoles gracias a B. Ochino y a Valds, nace el
poema De principiis rerum del ltimo acadmico pontaniano: Escipin Capece. En esta obra
no slo se rastrean motivos lucrecianos y virgilianos sino tambin el influjo de los tratados cosmolgicos de Pontano. En este estudio, la autora propone el anlisis de la figura y
de la obra de Capece a travs de sus lectoras: Isabel de Vilamar y las mujeres cultas de su
corte.
Palabras clave: Humanismo, literatura humanstica, Reforma, Reino de Npoles, mujeres
cultas.
Abstract
During the first half of sixteenth century and in the Salernitan court of the last prince Sanseverino and his wife Isabel de Vilamar (a lady coming from a noble Catalan family) an
intense intellectual climate developed. Italian and Spanish artists and humanists met there.
In this environment of cultural exchange, that shared in the Reform ideas divulged in
Naples by B. Ochino and Valds, Scipione Capece (the last member of the Pontanian
Academy) writes his poem De principiis rerum. In his book Capece uses Latin literature
(Vergil and Lucretius mainly) and Pontanos treatises on cosmology. The author of this
paper studies Scipione Capece through his female readership: Isabel de Vilamar and the
learned women from her court.
Key words: Humanism, humanist literature, Reform, the Kingdom of Naples, learned
women.
Isabel Segarra An
por las inquietudes ideolgicas y religiosas del momento. En particular, es preciso estudiar la importancia de Isabel de Vilamar de noble familia catalana establecida en Npoles princesa de Salerno, conocida en Italia como
Isabella Villamarina, Isabel Breseo (o Isabella Bresegna), tambin de origen hispnico, la valdesiana Giulia Gonzaga o la clebre poetisa Vittoria Colonna. Es
precisamente a sta ltima a quien Escipin Capece dedica un elegante poema
compuesto en hexmetros latinos titulado Inarime, ad illustrissimam Victoriam
Columniam (editado en 1532). El ttulo Inarime recuerda el relato mitolgico que explica el origen de la isla de Ischia y evoca, sin duda, el cenculo intelectual que all se desarroll durante el siglo XVI, en cuyas filas se encontraban
algunas escritoras e intelectuales como Vittoria Colonna.1
El poema De principiis rerum constituye un claro ejemplo de las complejas relaciones que se establecen en la primera mitad del siglo XVI entre
filosofa, religin y literatura. Parece innegable el lazo que une el poema del
ltimo pontaniano con los aires reformistas que se difundieron en la corte
de Ferrante Sanseverino y de su esposa Isabel de Vilamar, prncipes de Salerno, y en general, en el ambiente cultural napolitano de la poca. La estimulante relacin intelectual de Capece con Isabel de Vilamar marc, sin lugar
a dudas, la redaccin de la obra. Es hasta cierto punto sorprendente que
pocos estudios sobre la poesa humanstica de Capece hayan fijado su atencin en ello. La princesa de Salerno jug un papel decisivo en la produccin
literaria de Capece. Fue promotora de la cultura en su corte salernitana e
introdujo en ella aires ideolgicos renovadores. Los principales estudiosos
del Humanismo napolitano, entre los cuales despunta el prolfico y clsico
1. Para una primera y rpida aproximacin a la biografa y a la obra de Vittoria COLONNA
(1490-1547), vase la entrada: Colonna, Vittoria en Dizionario biografico degli italiani, por
Giovanni PATRIZI. Una amplia recopilacin de la bibliografa y de las ediciones de la poetisa
se public en Italia francescana, XXII (1947), p. 1-2, dedicada al Centenario della pi grande poetessa dItalia. Sobre el pensamiento religioso de Vittoria Colonna, cabe destacar el
estudio de Benedetto NICOLINI, Sulla religiosit di Vittoria Colonna, Studi e materiali di
storia della religione, XXII (1949), p. 110-115. Ampli su estudio y lo incluy en Vittoria
Colonna between Reformation and Counter-Reformation, Bolonia, 1962, p. 25-44. La Inarime de Escipin Capece dedicada a Vittoria Colonna fue editada y traducida al italiano
por Antonio ALTAMURA en Antologia poetica di umanisti meridionali, Napoli: Societ editrice napoletana, 1975, p. 344-359.
2. Sobre el humanismo del sur de Italia, recordemos sus obras: LUmanesimo nel mezzogiorno
dItalia, storia, bibliografia e testi inediti, Firenze: Bibliopolis Libreria Antiquaria, 1941;
Antologia poetica di umanisti meridionali, Napoli: Societ editrice napoletana, 1975. Sobre
Scipione Capece en particular, vase Per la biografia di Scipione Capece, en Studi in onore
di Riccardo Filangieri, Napoli: Larte tipografica, 1959, vol. 2, p. 299-315. Extrae parte de
sus informaciones de la obra de Giovanni MAZZUCHELLI, Notizie storiche e critiche intorno
alla vita e agli scritti di Scipione Capece Napolitano, incluido en A. S. Sannazarii Poemata, Padova, 1751, vol. II, p. 65-78. Vida y obra de Capece pueden consultarse en la entrada correspondiente del Dizionario biografico degli Italiani, por Giovanni PARENTI. Otros estudios
fundamentales sobre el tema son los de Pasquale Alberto DE Lisio, Studi sullUmanesimo
meridionale, Napoli, 1973; y el clsico de Everardo GOTHEIN, Il Rinascimento nellItalia
meridionale, Firenze: Sansoni, 1915.
3. Laura COSENTINI, Una dama napoletana del XVI secolo: Isabella Villamarina, Trani: Vecchi,
1896.
Isabel Segarra An
potriano gli maligni calunniarmi senza che io habbia ne col pensiero colpato,
ne mancato al debbito mio fedelisssima vassalla [].4
De sus palabras se deduce el temor por viajar casi como exiliada y de llegar
a la tierra de sus antepasados como tal; el deshonor de verse reducida a una
sbdita poco confidente et quasi come rubella, es decir, una dama poco de
fiar y casi una rebelde, cuando en realidad se define a s misma como vasalla fidelsima (fedelissima vassalla). Pero cuando finalmente logr recuperar el favor
de Carlos V, a quien haba agasajado en la corte durante su estancia en Npoles y de quien haba disfrutado alguna que otra galantera, decidi trasladarse
a Espaa para incorporarse con todos los honores a la corte de la Princesa de
Portugal. En Barcelona, el 10 de agosto de 1555, Isabel escribe al cardenal para
explicarle los pormenores del viaje y hacerle partcipe de la alegra que la embarga, ya que a su llegada a Barcelona todo fue amorevolezza (que podemos traducir por cario) e cortesia:
Per sapr V. S. R.ma che al primo di questo mese io arrivai con prospera navigatione in Barzelona et sana senza aver sentito incommodo veruno nella mia
persona, et son stata accarezzata et accolta da i Cavalieri e Signori di questa
Citt con tanta amorevolezza e cortesia che sella lhavesse visto, avrebbe preso
contento non mediocre [].5
6. Sobre los estudios superiores en Npoles durante el siglo XVI, vase la obra de Carlo DE
FREDE, I lettori di umanit nello studio di Napoli durante il Rinascimento, en Studi e
documenti per la storia della Universit degli studi di Napoli, Napoli: Larte tipografica, 1960.
En cuanto al acervo cultural transmitido por la monarqua catalanoaragonesa establecida
en Npoles, remito al estudio de Giovanni MAZZATINTI, La biblioteca dei re dAragona,
Rocca S. Casciano, 1897. Tambin Cesare VASOLI, Aspetti dei rapporti culturali tra Italia
e Spagna nellet del Rinascimento, en Annuario dellIstituto Storico Italiano per let moderna e contemporanea, Roma, 1979, p. 459-481.
Isabel Segarra An
Paolo Manuzio nos ofrece un documento en que, si dejamos en segundo trmino los elementos retricos al uso en este tipo de presentaciones y dedicatorias, aparecen algunos de los rasgos que confieren a Isabel de Vilamar el carcter
de una autntica mecenas del Renacimiento italiano, aunque bastante menos
conocida y celebrada, por ejemplo, que Isabella dEste.
En el fragmento de la carta que hemos reproducido el editor veneciano
insiste en la disposicin natural de Isabel al practicar la virtud gracias a su talento y a la cultura que ha adquirido. La naturaleza, segn Manuzio, ha concedido a la princesa de Salerno ser la ms docta de su crculo y obtener fama y
consideracin por sus propios mritos. Exagerando un poco, aade a modo
de alabanza que muchos poetas de su corte han preferido cantarla antes que
ponerse al servicio de otros reyes y prncipes con el objeto de loar sus gestas
militares. Entre dichos intelectuales, Manuzio cita a Escipin Capece, mximo admirador y cantor de Isabel. Impresionado por la devocin mostrada por
Capece a la princesa, el editor publica la obra del humanista el De principiis rerum y el De Vate Maximo y la dedica en su nombre a Isabel de Vilamar.
En su corte poetas, poetisas, humanistas, le dedican sus obras y, a un tiempo, incitan en la misma un paulatino proceso de introduccin de las inquietudes
reformistas. La esplndida formacin cultural de Ferrante Sanseverino, su inters por la literatura, la msica y el teatro, parece que contribuyeron a dejar en
7. Te corresponde a ti, distinguidsima Isabel, a ti digo este elogio, puesto que a ti casi
nada puede hacerte sombra en cuestin de riqueza y de nobleza. Muchos velaron por deseo
de ambas cosas, llevados al estudio de las artes magnas. T, que no esperas nada a cambio, seducida slo por amor a la virtud, cuya belleza has percibido en el nimo, has conseguido con afn, pero ms an con ingenio, ser la ms noble de todos, la ms bella de
todas. De estas dos condiciones, nobleza y belleza, la primera te la dio la virtud probada
por las grandes hazaas de tus antepasados y, sobre todo, por las de tu esposo, prncipe
coronado de elogios. La belleza te la dio la naturaleza, indulgentsima contigo. Has conseguido ser la ms culta y ser considerada como tal. De ah que todo el mundo quiera loarte. De ah que muchos poetas, a quienes las ms arduas gestas guerreras de los reyes podan
proporcionar argumento de grandes obras, han preferido aplicar su ingenio en cantarte.
De ah que tu clebre y elogiadsimo Capece sea quien pregone a los cuatro vientos elogios de tu persona. l slo te admira a ti, es tu servidor. De ti mucho ha explicado, y todo
cierto. Nunca he deseado con tanto fervor convertirme en uno de los tuyos. Y, para lograrlo con mayor facilidad, con el permiso y el agrado del propio Capece, te remito sus dos
libros De principiis rerum y sus tres libros De Vate Maximo como testigos de mi ms absoluta observancia hacia ti.
Al final de la carta se lee A. M. D. XLVI quem praefert in fronte Editio Manutiana. La carta
de Paolo Manuzio aparece reproducida en la editio princeps de 1546, en las reediciones sucesivas y en la edicin napolitana de 1594. Para su transcripcin he consultado la ltima edicin citada en el ejemplar conservado en la Biblioteca Nazionale de Npoles.
segundo plano las aptitudes de su esposa, pero, tal como constata Laura Cosentini en su libro dedicado a Isabel de Vilamar, esta noble dama conoca bien
las lenguas clsicas, era buena lectora, estudiaba msica y canto. Presuma, adems, de tener un espritu agudo y refinado, cualidades que la convertan, segn
la estudiosa italiana, en una mujer graziosamente colta,8 capaz de brillar por
su ingenio en veladas literarias y filosficas. Un humanista contemporneo,
Ortensio Lando, refiere con admiracin que la escuch recitar versos latinos
y declamar prosa en casa de otra dama de origen cataln, Mara de Cardona.9
Una particularidad de Isabel parece fascinar a los humanistas que la rodean.
En ella todo es gracia y dulzura, no perciben el animo virile de otras mujeres cultas y humanistas de la poca, que a menudo solan recibir el calificativo
de virago por parte de los intelectuales que las loaban o las reprendan.10 Isabel de Vilamar no slo recibe repetidos elogios de los intelectuales con los que
se relaciona. Tambin fue cantada por poetisas contemporneas. Maria Edvidge Pittarella, que formaba parte de la Accademia degli Incogniti con el pseudnimo literario de Pandora Milonia, le dedica poemas. De esta escritora
sabemos que declam para Carlos I en la corte de los prncipes de Salerno, si
bien no nos ha llegado nada de su obra.11 Ms fortuna tuvo la poetisa napolitana Laura Terracina, conocida en la misma Academia con el apodo de Febea.
En su obra Quinte rime della signora Laura Terracina editada en Venecia en
1552 dedica un soneto a su ntima amiga Isabel de Vilamar. Utiliza como
argumento potico el apellido Villamarina y canta a la princesa creando un
bonito juego de metforas marineras con el fin de evocar el carcter tranquilo
y sereno de Isabel. He aqu el soneto de Laura Terracina:12
Isabel Segarra An
Como observamos, Laura Terracina esboza en su soneto una rpida caracterizacin de Isabel: dama bella, alegre, tranquila. La poetisa juega con la imagen de la princesa como el puerto la Villa marina en el que resulta seguro
y agradable amarrar la nave. Se convierte, as, en la anttesis del fiero acantilado, smbolo de la envidia, de la soberbia humanas. Sin duda, Terracina alude
claramente al mecenazgo de la princesa.
II
Escipin Capece es parte activa pero al mismo tiempo espectador y partcipe
de la entrada de las mujeres en el mundo cultural del Reino de Npoles. El
pblico real de su poema filosfico es principalmente un pblico femenino,
capaz de reflexionar, de dialogar, de leer una obra que refuta el materialismo
lucreciano y epicreo, un grupo de oyentes y de lectoras que se autoincluye
en la cuestionada religiosidad de su poca. Todas ellas, comprometidas en
mayor o menor medida en el proyecto de la Reforma, sienten la necesidad de
replantear su visin de la fe, decididamente en crisis. Se encuentran ante un
nuevo contexto ideolgico que les permite opinar, ser protagonistas directas o
indirectas, segn su grado de implicacin. Pueden crear un espacio interior
propio y participar en crculos que tradicionalmente les estaban vedados. En el
seno de los grupos reformados incipientes la acogida de mujeres cultas signific
en un primer momento una plataforma de propaganda y de difusin eficaces.
Ms tarde llegaron disuasiones, manipulaciones e incluso persecuciones. Slo
las mujeres con cierta formacin e independencia de criterio lograron realmente mantenerse fieles a las ideas de la Reforma y aceptar las consecuencias
de su eleccin o renunciar a ella. En el contexto del Reino de Npoles y
como ejemplo clarsimo o paradigma de lo expuesto hasta aqu debemos
analizar la importancia de una de las primeras mujeres partcipes de la Refor-
ma, como Isabel de Vilamar. Se trata de una dama que le es coetnea, tambin de origen espaol, a la que ya hemos aludido al comienzo de estas pginas: Isabel Breseo.13
Isabel Breseo (conocida en Italia como Isabella Bresegna), hija del noble
espaol Cristbal Breseo, nacida en Espaa hacia el 1510 y educada en Npoles, contrajo matrimonio en 1527 con el noble Garca Manrique, de familia
ms noble y ms rica que los Breseo. Bella y corts, empieza a distinguirse
por su conversacin en los crculos intelectuales napolitanos y traba amistad
con otra dama que pronto abrazara las ideas de la Reforma: Giulia Gonzaga.
La presencia de Isabella Bresegna en el grupo napolitano abarca el perodo
comprendido entre 1536 y 1548. Curiosamente la redaccin del poema De
principiis rerum de Escipin Capece se sita en esta misma poca, pues en 1546
vea la luz la editio princeps de la obra.
Isabella Bresegna se introduce en las reuniones donde se escuchaban los discursos y la predicacin de Bernardino Ochino y Juan Valds. En dichas reuniones proliferaban muchas nobles entusiasmadas por un nuevo y encendido
fervor religioso, como algunas de las damas de la corte de Isabel de Vilamar:
Mara de Aragn, Leonor de Castro y Giulia Orsini.14 En 1548 Isabella Bresegna marcha al norte de Italia donde contacta con la calvinista ferraresa Renata dEste, se convierte definitivamente al calvinismo y, huyendo de una acusacin
de carcter poltico poco clara y de la Inquisicin, pasa a Tbingen. All es invitada de Vergerio, con quien haba mantenido correspondencia, y ms tarde se
queda en Zuric. Poco a poco va cayendo en desgracia. Un dato relevante del
progresivo olvido y soledad de Isabel, respecto al inters y al apoyo que le haban mostrado intelectuales coetneos, se produce cuando el humanista Celio
Secondo Curione retira la dedicatoria a Isabella Bresegna de la segunda edicin
de las obras de la poetisa Olimpia Morato y la sustituye por otra dirigida a Isabel I de Inglaterra.15 Desde entonces, dolida y enferma hasta la fecha de su
muerte, el 8 de febrero de 1577, no dej de luchar por sus creencias, resistiendo a continuas presiones familiares y a las persecuciones. Documentos de la
poca demuestran que la Inquisicin quera procesarla por hereje. Desgraciadamente, de la intensa actividad epistolar que Isabella mantuvo con el humanista
13. Laura Cosentini cita a Isabel Breseo como una de las damas integrantes del crculo ms allegado a Isabel de Vilamar. Sobre esta reformada, vase el artculo monogrfico de Benedetto
NICOLINI, Una calvinista napoletana. Isabella Bresegna, Napoli, 1953, p. 1-27; y tambin el
de Alberto CASADEI, Donne della Riforma: Isabella Bresegna, Religio, XII (1937), p. 6-63.
14. Como se observa en sus nombres, algunas de ellas eran, como la princesa, de origen hispnico. Alternaban su estancia en la corte de Salerno con el cenculo literario y filosfico
desarrollado en Ischia. Fueron un pblico atento a la predicacin de Valds y de Bernardino Ochino. Para un anlisis sobre la nobleza napolitana de la poca, remito a Giovanni
CONIGLIO, Note sulla societ napoletana ai tempi di Don Pietro di Toledo, en Studi in onore
di Riccardo Filangieri, Napoli: Larte tipografica, 1959, vol. 2, p. 345-365; Il Regno di Napoli al tempo di Carlo V, Napoli, 1951.
15. La primera edicin de la obra potica de Olimpia Morato aparece editada en Basilea por
P. Perna en 1558. Est dedicada a Isabella Bresegna. Sin embargo, ediciones posteriores
como las de 1562, 1570 y 1580 estn dedicadas a la reina Isabel de Inglaterra.
Isabel Segarra An
Isabel Segarra An
aspectos del gobierno del emperador. De aqu que estos crculos, inicialmente literarios y religiosos, pasaran a ser vistos con muy malos ojos por la Inquisicin y por los virreyes. En el caso de la poca que nos ocupa, recordemos las
dificultades de Isabel de Vilamar ante la no tan velada hostilidad del virrey
Don Pedro de Toledo.
La redaccin del poema De principiis rerum no slo responde a una nueva
lectura e interpretacin de los textos bblicos, sino que debemos relacionar esta
obra didctica y filosfica con la atraccin que ejerci la literatura de carcter
cosmolgico en el humanismo napolitano. Baste recordar los tratados de Giovanni Pontano Urania, Meteorum liber y De rebus coelestibus, que dieron comienzo a una tradicin de poesa cientfica muy notable. La articulacin tcnica y
lxica del De principiis rerum est basada en el modelo lucreciano y el embellecimiento del texto lo proporciona el recurso a imgenes de gusto virgiliano.
Si la estructura externa, formal por as decirlo, se debe a la herencia del gran
poema de Lucrecio, el contenido de la obra de Escipin Capece no puede ser
ms opuesto. Capece rechaza las tesis materialistas. Se aproxima en cierto modo
al pensamiento de los presocrticos, prefiriendo centrar su sistema en el aer
como arch. En este sentido, Capece cuestiona la centralidad del fuego como
elemento primordial, es ms bien una modalidad del aer que todo lo mueve.24
La importancia concedida al aire, evocador del Universo y, en cierto modo,
del Cielo cristiano, se corresponde con la espiritualidad que recorre el contexto social y religioso que vive el autor. Su poema viene a corroborar el misticismo de los primeros ecos de la Reforma en Npoles. La lectura del De principiis
rerum posiblemente era acompaada, en la corte de Salerno, de los comentarios y las exgesis ms variadas, tendentes todos ellos a conectar el texto con
la fe renovada del pblico, de las oyentes reformadas.
Algunos estudiosos, como Franco Bacchelli,25 han visto una particular
conexin del poema con las doctrinas difundidas por los crculos anabaptistas que frecuent Capece aos antes de la redaccin del De principiis rerum y
la influencia ejercida por humanistas contemporneos como Basilio Sabazio.
Sabazio era gramtico,26 humanista, filsofo y estudioso de los cometas. Los
puntos de vista de Sabazio sobre las rbitas de los cuerpos celestes, las formas
y evolucin de las mismas se rastrean, como comprueba Bacchelli, de manera
bastante clara en el poema de Escipin Capece.
24. La importancia concedida al aire como elemento primordial animador del Universo no slo
se rastrea en algunos de los testimonios de los presocrticos. En algunos autores medievales
reaparece este pensamiento. Un ejemplo paradigmtico lo constituye el sistema cosmolgico trazado por Hildegarda de Bingen (1098-1179) en su triloga visionaria, especialmente
en su Liber divinorum operum. En el Libro de las obras divinas los vientos ordenados por el Creador son el origen del movimiento, de los cambios del Universo, al mismo tiempo que exactos delimitadores de las distintas zonas en que ste se halla dividido.
25. Vase Franco BACCHELLI, Sulla cosmologia di Basilio Sabazio e Scipione Capece, Rinascimento, XXX (1990), p. 107-152.
26. SABAZIO es autor de un Compendium grammaticae, editado en Roma el ao 1540 apud
Valerium Doricum.
Aunque estemos frente a una notable muestra de poesa cosmolgica, que cabe
incluir en las inquietudes que desembocarn en la revolucin cientfica, el De principiis rerum es una obra que rebosa espiritualidad. Podemos leerla como un
intento erudito de dotar al pblico reformado de una lectura complementaria.
Una lectura, en efecto, cargada de smbolos relacionados con la fe renovada. La
descripcin del Universo propuesta por Capece pretende aunar ciencia y religin. Por este motivo, no es de extraar que la obra tambin fuera bien acogida por la Iglesia, prologada y traducida al italiano por miembros pertenecientes
a ella. Asmismo el poema de Capece mereci tambin los elogios de ilustres
hombres de letras contemporneos como el cardenal Pietro Bembo.
Desde un punto de vista filolgico, es curioso comprobar que del poema
cientfico del ltimo pontaniano conservamos las ediciones latinas cinquecentine y una traduccin al italiano anotada por el abate F.M. Ricci, publicada en
Venecia en 1754. Para algunos estudiosos de Capece, es esta la edicin que
han seguido en sus anlisis del De principiis rerum.27 Por el momento no tenemos noticia de que se haya publicado edicin crtica actual y nuevos comentarios exhaustivos de la obra, sin duda necesarios tanto para el establecimiento
del texto latino como para su interpretacin literaria y filosfica.
Nuestra aproximacin al poema de Capece ha dado prioridad al contexto
social y cultural en que fue escrito. Por un lado, al acercarnos al autor y a su
tiempo, comprobamos que disponemos de buenos estudios sobre los crculos
reformados napolitanos durante el reinado de Carlos I. Por otro lado, conocemos la bibliografa especializada en la vida y la obra de Capece. Pero queremos incidir en una cuestin que juzgamos importante para valorar el poema en
su contexto: se ha hablado poco del De principiis rerum como libro de lectura
o manual complementario de las mujeres cultas y reformadas, de las poetisas y humanistas que frecuentaron la corte salernitana de Isabel de Vilamar. En
estas pginas hemos querido analizar a las ms influyentes en cuanto receptoras de los primeros ecos de la Reforma en Npoles. Partiendo de la investigacin sobre cada una de ellas, hemos intentado, pues, recuperar su aportacin
intelectual como pblico activo, un pblico que dota de nuevas dimensiones
la obra de Capece con su participacin. Se trata de lectoras ilustradas que dejan
de ser casi exclusivamente destinatarias de literatura basada en la dicotoma
amor y virtud (ya en forma de poesa lrica, ya a travs de los dilogos renacentistas sobre el amor) para convertirse en opinantes y pensadoras. El De principiis rerum se convierte as en un poema filosfico que en pleno Renacimiento
consigue traspasar los lmites del gnero.
27. Como F. BACCHELLI, que en su artculo citado reproduce fragmentos del De principiis rerum
siguiendo de cerca la traduccin al italiano y las anotaciones de la edicin dieciochesca del
abate F. M. RICCI, Il Poema De principiis rerum di Scipione Capece patrizio napoletano colla
traduzione in verso italiano sciolto e le annotazioni di F.M. Ricci, Romano Abate Benedettino
Casinese, Venezia: 1754. Bacchelli no da noticia alguna de la existencia de edicin crtica del texto de Capece.
137-154
Resumen
En primer lugar se pasa revista a los escasos estudios que se han ocupado de la recepcin de
Aretino en la literatura espaola. Tras ello, se analizan otras posibles vas de penetracin
de la obra de Aretino en Espaa, como por ejemplo el contenido de los prlogos de algunas de las traducciones al castellano y al cataln hechas entre 1547 y 2000, o bien la seleccin de textos traducidos. En tercer y ltimo lugar, se estudia la calidad de todas las versiones
localizadas. El trabajo se completa con un detallado catlogo de todas las traducciones de
obras de Aretino publicadas hasta ahora en Espaa, tanto en castellano como en cataln.
Palabras clave: Aretino, recepcin, traduccin, Espaa.
Abstract
Firstly there is a review of the rather few studies which have dealt with Aretinos reception
within Spanish Literature. Secondly, an analysis of other possible ways by which Aretinos
work has reached Spain; namely, the contents of the prefaces to some of the Spanish and
Catalan translations produced between 1547 and 2000, and also the selection of texts
translated. Thirdly and finally, a survey of the quality of all versions found. The essay also
includes a comprehensive and detailed catalogue of all the translations of works by Aretino
published in Spain up to the present, both in Spanish and in Catalan.
Key words: Aretino, reception, translation, Spain.
Marcelino Menndez y Pelayo, en sus Orgenes de la novela dedic a Aretino unas escuetas lneas que, entre otras cosas, ponen en relacin las Sei giornate2 con La lozana andaluza de Francisco Delicado, pero subrayan a la vez la
casi nula repercusin de su obra en Espaa:
1
[] Por la misma razn, nunca fueron populares aqu el nombre ni los escritos de Pedro Aretino. Sus mismas comedias, que valen ms que su fama, no
fueron imitadas por nadie, y es caso muy raro verlas mencionadas con elogio.
Slo recuerdo este pasaje del prlogo de la Comedia de Seplveda, fechada en
1547: Y qu diremos de Pietro Aretino, a quien por la excelencia de su juicio tienen por epteto en su nombre el Divino? Pues notorio es que lo principal de sus obras son las comedias que hizo.3
3.
4.
5.
6.
7.
ta del Ragionamento y del Dialogo; Ragionamento = Ragionamento della Nanna e della Antonia (1534); Dialogo = Dialogo nel quale la Nanna (1536). Como es sabido el ttulo Sei
giornate se debe a Giovanni Aquilecchia, que lo utiliza en su edicin (1969), frente al ttulo tradicional de Ragionamenti que se remonta a la primera edicin conjunta de ambas
obras del ao 1584.
Marcelino MENNDEZ Y PELAYO, Primeras imitaciones de La Celestina, en Orgenes de la
novela, Santander: Aldus, 1943, vol. IV, p. 65-66.
Ana VIAN HERRERO, Pietro Aretino y la cortesana del canto VII de El Crotaln, en Studi
Ispanici, Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 1997-1998, p. 57-74.
Anna GIORDANO GRAMEGNA, Anlisis de la Cortesana de Pietro Aretino, en Actas del II
Congreso Nacional de Italianistas. El Renacimiento italiano (Murcia, 1984), Universidad de
Salamanca, 1986, p. 161-175.
V. GATTO, M. LETTIERI, LOrazia dellAretino e El honrado hermano di Lope de Vega,
Campi immaginabili, 1991, fasc. III, p. 47-55.
Margarita HALPINE, Aretinos La cortigiana: A Source of Picaresque Elements in Quevedos Buscn, Romance Review, n 4, 1994, p. 53-63.
139
proseguir la historia de Anglica y Medoro all donde la dej Ariosto (Orlando Furioso, XXX, 16), aunque dando soluciones diferentes a la empresa. El
caso ms patente de coincidencia textual, lo constituye la trgica historia de
amor relatada en Le lagrime di Angelica, II, 24-77, adaptada (y a trechos traducida) en las estrofas 25-91 del canto IV del poema espaol.8
Mucho menor parece haber sido el eco de Aretino en mbito cataln si
pensamos que nicamente Joan Alegret ha encontrado ciertas semejanzas entre
una poesa de Aretino y otra del pintor y poeta de origen griego Pere Seraf,
contemporneo del autor.9
1. Las traducciones y sus prlogos
Para medir el influjo de Aretino en Espaa, adems de su fortuna en trminos generales, hemos de recurrir a otro indicador indirecto:10 el de las
traducciones de sus obras, bastante numerosas aunque desiguales en calidad y discontinuas en el tiempo. En algunas de ellas encontramos, adems,
prlogos o introducciones que, unidas a otros datos del paratexto y al medio
editorial empleado, arrojan luz adicional sobre la recepcin reservada al
escritor.
La ya mencionada traduccin de Xurez es la primera y casi nica de una
obra de Aretino en el perodo ureo de la literatura espaola.11 Las intenciones
que guiaban al traductor se plasmaron en dos prolijos prlogos y en unas coplas
finales: en los primeros se intentaba justificar de una forma tan vehemente
como para hacer pensar a algunos en una actitud fingida la decisin de verter al castellano la escabrosa tercera jornada del Ragionamento, justificacin,
dicho sea de paso, por completo ajena al espritu de Aretino. Concretamente,
para Xurez era lcito publicar este dilogo slo en la medida en que poda
considerarse como un ejemplo negativo de lo que la juventud deba rehuir.
Tena lugar, en suma, una inversin simtrica de objetivos, puntualmente reflejada en la traduccin del texto, que presenta graves manipulaciones a las que
me referir ms adelante.
8. Luis BARAHONA DE SOTO, Las lgrimas de Anglica, ed. de Jos Lara Garrido, Madrid: Ctedra, 1981, especialmente p. 46-47 y 224 ss. Ciertamente existen otros precedentes del tema
del amor probado tal como seala Lara (p. 47, n.71), como la historia de Gualterio
y Griselda del Decamern o la Leyenda urea de Voragine, pero parece indudable la dependencia directa de la Angelica de Aretino. Cfr. G. MOLINARO, Barahona de Soto and Aretino,
en Italica, XXXII (1955), p. 22-26.
9. Joan ALEGRET, Pietro Aretino, font literria de Pere Seraf, Estudi General (Llengua i Literatura de lEdat Mitjana al Renaixement), n 11, 1991-1992, p. 81-89. No hemos podido
consultar, en cambio, la edicin crtica y anotada de la poesa completa de este autor, al
cuidado de Romeu Figueras (Barcelona: El Barcino, 2001), an no distribuida en librera
cuando ya estaban escritas estas pginas.
10. Para otros indicadores indirectos, vase la Nota-apndice al final de este artculo.
11. Como se sealar ms adelante, el bibligrafo Nicols Antonio recoge una traduccin de
las obras Umanit di Cristo, Vita di Maria Vergine y los Sette salmi della penitenza di David,
que atribuye a Pedro Rocha.
141
y la vida del escritor italiano en cuanto fiel reflejo de su tiempo para cuyo
entendimiento juzga inadmisible aplicar la ptica actual. El prlogo acaba
con un curioso dilogo inventado en el que Aretino cobra vida y conversa
con Bergua sobre los hechos que estaban acaeciendo durante la transicin
democrtica espaola, dilogo que recuerda otros ms antiguos, como por
ejemplo el mantenido por Machiavelli con Dante en el Discorso o dialogo
intorno alla nostra lingua.
De los dems prlogos dejando a parte el de ngel Chiclana y el estudio
introductorio de Giordano-Calvo, respondentes a criterios de edicin propios
de un clsico poco puede sacarse en limpio. Caso extremo digno de mencin resulta en tal sentido el de Aldo Berti,17 que descarga un virulento ataque contra la persona de Aretino, a quien separa completamente de su obra,
mientras que dentro de sta parece apreciar sobre todo La Cortigiana.18
2. La seleccin de los textos y la calidad de las versiones
El rastreo de las traducciones de Aretino en castellano y en otras lenguas de
Espaa arroja resultados curiosos y hasta cierto punto sorprendentes, tratndose
de un autor que durante siglos fue perseguido e incluso ignorado en su propio pas. Buena parte de su popularidad se debe a un inters (a veces morboso) por las obras ms escabrosas, concretamente las Sei giornate (y dentro de
ellas el Ragionamento), o los Sonetti lussuriosi, consideradas an hoy por muchos
editores simplemente como clsicos de la literatura ertica o pornogrfica,
capaces de atraer al pblico interesado en este tipo de temas ms por su contenido que por sus valores literarios. En efecto, si se examina la lista de traducciones que ofrecemos en apndice, se podr constatar que la mayor parte
corresponden a las citadas obras, aunque tambin han suscitado inters algunas piezas teatrales como La Cortigiana y el Marescalco.
La situacin descrita explica tambin que las ediciones de Aretino en espaol presenten una marcada dicotoma: por un lado las poqusimas que se guan
por un inters filolgico o altamente divulgativo, en cuyo caso se alcanza, como
es obvio, un nivel aceptable de rigor y correccin; por el otro, las pertenecientes
a la llamada literatura de masas, concebidas con meros fines comerciales y casi
siempre plagadas de incorrecciones cuando no caracterizadas por operaciones
fraudulentas (desde plagios hasta prcticas ilcitas de diferente tipo).
En cuanto a la calidad de las versiones, valdr la pena dedicar alguna atencin a las ms significativas, empezando por las Sei giornate, cuya historia editorial resulta ser ms compleja que las dems.
17. Coloquio de damas, en Giovanni BOCCACCIO, Pietro ARETINO, El Decamern. Coloquio de
damas. La cortesana, Buenos Aires: EDAF, 1961, p. 795-800.
18. As acaba su prlogo: Acab su vida en diciembre de 1557. El hijo de una ramera, nacido
en un hospital, muri, viejo y feliz, en un palacio, rodeado de comodidades y riquezas. Fue
un canalla magnfico que supo trocar el fango en oro, los harapos en principesca prpura,
mediante el hbil manejo de su pluma y de su lengua (p. 800).
La prioridad cronolgica en el corpus de las traducciones aretinianas corresponde, como hemos dicho, a Fernn Xurez, que ofreci una versin reducida de la tercera jornada del Ragionamento. Dicha reduccin obedece a dos
factores: por una parte, la supresin de todas las palabras, expresiones o pasajes ms explcitos desde el punto de vista sexual; por otra, a la eliminacin de
cualquier referencia religiosa. Se podr, pues, comprender fcilmente que la
integridad de la obra original quede en esta versin gravemente comprometida. Las numerosas alteraciones del texto estn determinadas, adems, por la
finalidad didctico-moralizante declarada al inicio del volumen, en manifiesto contraste con el espritu del autor italiano.
Valdr a este respecto la pena reproducir la parte del prlogo en la que Xurez justifica su trabajo como traductor:
Si por ventura alguno, mas curioso de lo que conuiene, murmurando acusasse al tradutor deste colloquio diziendo no auerlo romanado al pie de la letra
de como esta en toscano, quitando en algunos cabos partes, y en otros renglones, e assi mesmo mudando nombres e alguna sentencia y en algun otro
lugar diziendo lo mesmo que el auctor, aunque por otros modos, a esto respondo que en diuersos lugares deste colloquio falle muchos vocablos, que con
la libertad que ay en el hablar y en el escreuir donde el se imprimio se sufren,
que en nuestra Espaa no se permitirian en ninguna impression, por la deshonestidad dellos. De cuya causa, en su lugar acorde de poner otros mas honestos, procurando en todo no desuiarme de la sentencia, aunque por diferentes
vocablos, excepto en algunas partes donde totalmente conuino huyr della, por
ser de poco fructo y de mucho escandalo y murmuracion (El Yntrprete al
lector).19
La traduccin de Xurez sufri una accidentada peripecia desde sus primeras ediciones, sobre las que no todo parece estar claro an, y pas, entre
otras vicisitudes, por su inclusin en el ndice de la Inquisicin espaola en
1559 (un destino tocado a la restante obra de Aretino en el de Roma de 1564);
se podra explicar as que aunque en dos aos se hicieran cuatro impresiones (y
puede que an ms), casi no queden hoy ejemplares de ella. A pesar de todas
las dificultades, el inters por el Coloquio de las damas debi de mantenerse,
sin embargo, vivo, puesto que lo vemos reeditado nuevamente, de forma clandestina, en 1607.
El trabajo de Xurez ha sido juzgado, en general, severamente, a causa de
escasa fidelidad al original; cabe, sin embargo, sealar que ese hecho fue apreciado de forma opuesta por J. Lpez Barbadillo y M. Menndez Pelayo, el primero mostrndose sumamente crtico con las manipulaciones moralizantes
del traductor; el segundo favorable a ellas. Los pasajes que transcribimos a continuacin eximen de mayores comentarios:
19. Cito por la ed. de BONILLA y SANMARTN: Pietro ARETINO, Coloquio de las Damas, en Marcelino MENNDEZ PELAYO, Orgenes de la novela, NBAE, 21, Madrid: Bailly/Baillire, 1915,
vol. IV, p. 250-277.
143
Tras un vaco de tres siglos largos, en 1900 ver la luz una nueva edicin
del Coloquio, en una coleccin de libros picarescos editada por Rodrguez Serra,
que se vali de la de 1607. Seguidamente Menndez Pelayo reprodujo en sus
Orgenes de la novela la de 1548. Por desgracia, en sucesivas ediciones (Madrid,
gata, 1994; Xurez bis: plagio de Aldo Berti) los editores no fueron tan escrupulosos y rehicieron a su antojo la antigua versin, con resultados francamente deplorables.
Las traducciones de Paniagua y de Len, a pesar de que no parecen basarse en la versin de Xurez entre otras cosas porque slo hubiera servido
como base para una parte de su trabajo, pues se atienen a las jornadas segunda y tercera del Ragionamento son, curiosamente, muy similares, en cuanto a pobreza lingstica, a la traduccin (o semi plagio) de Berti. En efecto, al
igual que Xurez, eliminan todo pasaje donde el sexo est ms explcitamente
presente y rehacen el texto de manera desenvuelta (sobre todo Len).
Antes de la publicacin de la primera edicin completa de las Sei giornate
(Bruno 1933) aparecern dos traducciones del Ragionamento muy diferentes
entre s, las de Lpez Barbadillo (1914-14) y la de Heras (1917). La primera es
una de las ms cuidadas y elaboradas, como lo demuestra no slo la esmerada edicin en tres volmenes, sino tambin la presencia de ms de 150 notas
20. Los dilogos del divino Pietro Aretino. Por vez primera puestos en lengua castellana. Madrid:
Joaqun Lpez Barbadillo, 1914-15, vol. III, p. 138-139. Se trata de una extensa nota en la
que Lpez Barbadillo reproduce los prlogos de la traduccin de Xurez y la estudia con
cierto detalle (de hecho es el nico anlisis, junto con el de Guidotti, op. cit., que se ocupa
con cierto detenimiento de ella).
21. Marcelino MENNDEZ Y PELAYO, Orgenes de la novela, Santander: Aldus, 1943, vol. IV, p.
66-67.
145
30. Jos Francisco RUIZ resea la traduccin de VILLENA en El Observador del 20 de febrero de
1992 y la de VILA en el ABC cultural del 23 de octubre de 1999.
31. Como muestra, vanse algunos de los errores de diferente tipo que he detectado en la traduccin del soneto II: caro vecchione / estimat anci (v.1) [se ve obligado a renunciar al sufijo por la rima]; cazzo / cigala (v.2) [uso de un eufemismo en lugar de la palabra explcita
piu usada ms adelante; probablemente por causa del metro; hay que sealar la dificultad que
entraa mantener ste en una lengua como el cataln, en cuyo lxico abundan muchsimo
ms que en italiano las palabras mono- y bisilbicas]; boccone / menjar (v.5) [mucho menos
concreto; tambin por motivos de rima]; pan unto / pa ben torrat (v.6); Chuomo non , chi
non bugerone / que no s un home aquell qui trampa no fa (v.8) [parece un error por
incomprensin de bugerone homosexual]; In potta io ve l far questa fiata / Al cony et
fotr aix que ara ja mesclata (v.9) [o bien el traductor no ha entendido questa fiata o bien
ms probableha preferido traducir as para mantener la rima en -ata]; il cazzo / el piu
roig (v.12) [amplificacin para crear una rima con boig del v.12]; E chi vl / I qui vulgui
(v.12) [cambio de modo verbal]; pazzo / s un gran boig (v.12); E crepi nel palazzo / Ser cortegiano, e aspetti che l tal muoia / Que rebenti al seu estoig /qui s cortes i esperi morir al
palau (vv. 15-16) [en cataln los versos resultan incomprensibles, pues el cortegiano, de esperar a que alguien se muera, pasa a esperar l mismo la muerte; por otra parte la reestructuracin de los versos para mantener la rima con los versos anteriores resulta tambin
catastrfica].
32. Cfr. lo dicho anteriormente a propsito de su traduccin del Ragionamento.
147
que el de habla castellana en trminos cuantitativos. Las motivaciones bsicamente cultas de este inters explican que las obras traducidas hayan sido La
Cortigiana y los Sonetti lussuriosi.
APNDICE
Catlogo de traducciones
Ofrecemos aqu por primera vez un catlogo completo de traducciones al espaol y al cataln (no nos consta ninguna traduccin ni al gallego ni al eusquera), ordenadas cronolgicamente, indicando primero el ao de publicacin del
original, luego el de la traduccin:35
1. La Cortigiana (redaccin de 1525):36
[Vallverd 1985] Traduccin al cataln de Francesc VALLVERD: La cortesana, en: Niccol MACHIAVELLI, Pietro ARETINO, Angelo RUZZANTE, Giordano BRUNO, Teatre del
Renaixement, Barcelona: Edicions 62-La Caixa, 1985, p. 87-210.
[Giordano-Calvo 2000] Traduccin de Anna GIORDANO y Cesreo CALVO: La cortesana, en: Las seis jornadas. La cortesana, Madrid: Ctedra, 2000, p. 513-625.
2. Sonetti lussuriosi o Sonetti sopra i XVI modi (1527):37
[Bergua 1933] Traduccin de Juan B. BERGUA, en dos ediciones: Sonetos lujuriosos,
en: Los ragionamenti. Dilogos putaescos, Madrid: Libr. Bergua, 1933,38 p. 381398; Madrid, Juan B. Bergua, 1978, p. 477-494.
[Merlo 1990] Traduccin de Mara MERLO: Lynne LAWNER, Pietro ARETINO, Los 16
placeres. Las cortesanas del Renacimiento, Madrid: Ediciones Temas de Hoy (Biblioteca Ertica), 1990 [edicin, notas y comentarios: Lynne LAWNER; traduccin de
los sonetos: Mara MERLO; prlogo de George SZABO].
[Villena 1991] Traduccin de Luis Antonio DE VILLENA: Sonetos lujuriosos, Madrid:
Visor, 1991.39
35. En el Manual del librero espaol e hispanoamericano de Palau y Dulcet, s.v. Aretino, se seala una traduccin ms de una obra de Aretino, que hemos preferido no incluir entre las
que siguen por ser muy pobres los datos que de ella se ofrecen: Las mujeres casadas, Barcelona, s.n., s.a. Debe tratarse probablemente de una traduccin de la Jornada II de los Ragionamenti (quiz una nueva edicin de la traduccin de dicha jornada de Lpez Barbadillo que
citamos ms adelante).
36. Se omite el nombre del autor (Pietro Aretino) cuando no aparece bajo otra forma o junto
a otros autores. Las ediciones sucesivas aparecen precedidas por punto y coma en el mismo
pargrafo.
37. En ocasiones fueron publicados tambin con el ttulo de Corona di cazzi. Aunque excede de los lmites geogrficos de este trabajo, sealamos otra traduccin, que figura en el
catlogo de la British Library: Sonetos lujuriosos & pasquines del Aretino, seguidos de otros
sonetos lujuriosos, dudas amorosas y otras dudas amorosas de autores annimos de tradicin aretinesca y de un soneto de Giorgio Baffo, traduccin de Sarandy Cabrera, Montevideo: Vintn, 1991.
38. En nuestra introduccin a la traduccin de Las seis jornadas. La cortesana indiqu errneamente la fecha de 1934, siguiendo otras referencias (incluso la de la edicin del mismo Bergua de 1978); en realidad el colofn (nico lugar en el que se menciona la fecha de edicin)
dice: Esta obra se termin de imprimir [] el da 30 diciembre 1933.
39. Cfr. la resea de Jos Francisco Ruiz en El Observador del 20 de febrero de 1992.
149
45. La referencia de esta primera edicin est tomada de Gloria GUIDOTTI, Da La vita delle
puttane al Colquio [sic] de las damas, en El Renacimiento Italiano. Actas del II Congreso Nacional de Italianistas (Murcia, 1984), Salamanca: Universidad, 1986, p. 247257.
46. Se reproduce el ttulo completo de la edicin de 1548 (s.l, s.n.), a partir de la reproduccin facsmil de la portada y del frontispicio recogidos en D.R. RHODES, Pietro Aretino
in Spain, Gutenberg-Jahrbuch, n 64, 1989, p. 138-139). Este artculo, a pesar de coincidir en su ttulo con el presente trabajo, es slo una resea bibliogrfica de las ediciones antiguas del Coloquio.
47. Las ediciones segunda y tercera, extremadamente raras, son sealadas por Rhodes, op.
cit.
48. Segn Rhodes, op. cit., p. 138-139, sera: Sevilla, Dominico de Robertis, 1548.
49. Rhodes, op. cit., p. 141, afirma que es difcil saber dnde fue impreso este libro, aunque
lo ms probable es que no fuera en Espaa, sino en otro pas, quizs Holanda. Hace referencia a 9 ejemplares conservados de esta edicin.
50. Segn Guidotti, op. cit., p. 248, existe una reedicin hecha en Madrid en 1901.
51. Citado por Palau y Dulcet, s.v. Aretino, aunque no hemos podido localizar ningn ejemplar.
151
NOTA APNDICE
Un ndice complementario de la fortuna de Aretino en Espaa lo constituyen
las menciones del autor que pueden encontrarse en diferentes obras, literarias
o no, desde el siglo XVI hasta nuestros das. En tal sentido, la bsqueda realizada
en el Corpus Diacrnico del Espaol (CORDE) puesto a disposicin por la Real
Academia Espaola, que recoge miles de textos de los ms diversos tipos de
toda la historia de nuestra lengua, arroja un resultado poco alentador: en primer lugar se confirma la escasa presencia del nombre de Aretino en la memoria de nuestros escritores, con pocas excepciones; en segundo lugar, la
perpetuacin de su fama como autor maldito o maldiciente. Entre los testimonios aducidos sobresalen los de un contemporneo (Gonzlez de Oviedo)
y los de Valle-Incln. Damos a continuacin algunos ejemplos, que van de
1552 a 1907 (los hay posteriores, pero los omitimos por ser menos significativos, adems de por obvias razones de espacio): Veys aqu cmo se escupa
primero la mano, e cmo se puede e deue creer que qujen as mat al Perote,
mejor matara a los duques ques dicho. En vn tractado que se intitula Habla de
Pedro Aretino en su toscana lengua, Pedro Aretino no ygnorando lo ques dicho,
dize que Peroto, msico joueneto, fue degollado en las haldas de Alexandre
6o., al qual se ava acogido. (G. FERNNDEZ DE OVIEDO, Batallas y quinquagenas, 1535-1552). ALCAIDE Ninguna del mundo ay ms que Rroma en
ese caso, Pedro Aretino porque concurren la ocasin, la ynorania, el fraude, la
auariia, la prodigalidad, la arrogania, el odio, el fauor, la concupisienia
[sic], la adulain, la embidia, la mentira, la ingratitud, la injuria, la merita
[sic por mentira], la disimulain, la inestabilidad, la calupnia, e la poca vergena e ningn temor de Dios, en que se incluyen todos los males del mundo.
Bien dize Pedro Aretino todo lo ques dicho y aade que en los mlites de Christo est la perfiin, la nesesidad, el peligro, la sospecha, el themor, el dolor, el
llanto, la malencona, el lamento, la vergena, el fastidio, el afn, la fatiga, la
enemistad, con todo el rresto de las miserias. Y dize ms, que si se pudiese estu-
58. Noticia extrada de la excelente Tesis Doctoral de Lola BECCARIA, Bibliografa de las traducciones del italiano al castellano (siglos XV, XVI y XVII), que a su vez cita a Nicols ANTONIO, Biblioteca Hispnica nova, II, p. 231-232. No he podido localizar esta traduccin.
Pedro Rocha sera autor de otras dos traducciones del italiano: de la Fiammetta y del Corbaccio.
153
diar en los fauores como en las leyes, los estudiantes no se quitaran jams de
los libros, porque qujen ha fauor ha rriquezas. (G. FERNNDEZ DE OVIEDO,
id.). El Duque de Njera, por hacerle una burla, estando con l en Benavente, acord de hacerla desta manera: que hace una carta fingida con una memoria de libros nunca odos ni vistos ni que se vern, los cuales enviaba Pedro
Aretino, italiano residente en Venecia, el cual, por ser tan mordaz y satrico,
tiene salario del Pontfice, Emperador, Rey de Francia y otros Prncipes y Grandes, y en llegando el tiempo de la paga, si no viene luego, hace una stira o
comedia o otra obra que sepa a esto contra el tal. / Esta carta y memoria de
libros vena por mano de un mercader de Burgos, en la cual carta deca que
en recompensa de tan buena obra como a Su Seora haba hecho Pedro Aretino, que sera bien enviarle algn presente, pues ya saba quin era y cun
maldiciente. La carta se dio al Conde, y la memoria, y como la leyese y no
entendiese la facultad de los libros, ni aun el autor, mostrla al Duque como
a hombre ms ledo y visto, el cual comienza a ensalzar la excelencia de las
obras, y que luego ponga por obra de gratificar tan buen beneficio a Pedro
Aretino, que es muy justo. El Conde le pregunt que qu le paresca se le deba
enviar. El Duque respondi que cosa de camisas ricas, lenuelos, toallas, guantes aderezados y cosas de conserva y otras cosas de este jaez. En fin, el Duque
sealaba lo que ms a su propsito haca, como quien se haba de aprovechar
de ello ms que Pedro Aretino. El Conde puso luego por la obra el hacer del presente, que tardaron ms de un mes la Condesa y sus damas y monasterios y
otros partes, y hecho todo, envilo a hacer saber al Duque, y dase orden que se
lleve a Burgos, para que desde all se encamine a Barcelona y a Venecia, y trayan los libros de la memoria; la cual orden dio despus mejor el Duque, que lo
hizo encaminar a su casa y recmara. Y andando el tiempo, vnolo a saber el
Conde, y estovo el ms congoxado y desabrido del mundo con la burla del
Duque, esperando sazn para hacerle otra para satisfaccin de la recibida. La
cual, procurando y poniendo por obra, se vino a hacer as, creyendo la haca al
Duque. (Luis DE PINEDO, Libro de chistes, 1550). y no estimando en Italia grandes Prncipes, ni teniendo nombre, solamente a un pintor van a llamar
el Divino Michael Angelo como hallaris en cartas que os escribi Aretino
maldiciente de todos los seores cristianos (Manuel DENIS, Traduccin de
De la pintura antigua de Francisco de Holanda, 1563). Alzad las faldas y atrancad los charcos / porque no os salpiquis en el camino / de los que cantan la del
conde Alarcos. // No sois tan grave vos como Aretino / ni como aquel que del
mosquito y pulga / cant tras las refriegas del latino. (Pedro LIN DE RIAZA,
Poesas, 1607). Bajar de grado en grado se podra, por Eutropio, Vopisco,
Marcelino, a las guerras de Italia y de Sura; el Sablico, Bembo y Aretino, el
Mauroceno, Corio, Justiniano, Jovio, Dvila, Franqui, Gichardino, la institucin moral, el cortesano, y, si Su Santidad os lo concede, los impos Machiavelo y el Polano. (Bernardino DE REBOLLEDO, Conde de Rebolledo, Ocios,
1650-1660). erudito humanista Gaspar Barthio, quien habiendo nacido
en Custrin el ao de 1587, y manifestado desde su infancia un ingenio precoz y una memoria maravillosa, estudi con mucho fruto y lucimiento en
155-169
Resumen
Virgilio Malvezzi fue autor italiano de gran xito en la corte de Felipe IV a partir de la traduccin de su biografa clsica Il Romulo (1629) por Francisco de Quevedo en 1632, pasando a convertirse en uno de los modelos de la prosa lacnica en castellano. Autores cortesanos
como el mismo Quevedo o Diego de Saavedra Fajardo escribirn sus obras de carcter poltico en la prosa lacnica y concentrada que pone de moda Il Romulo, y su influencia se
puede seguir incluso en autores secundarios como Mrtir Rizo. Asimismo, en autores que
comienzan a escribir a mediados o finales de la dcada de los aos treinta del siglo XVII,
cuyo ejemplo fundamental es Baltasar Gracin, que con sus tres obras menores (El hroe,
El discreto y El poltico) muestra la influencia de ese nuevo estilo cortesano, si bien, desde
un principio, con un grado de elaboracin y refinamiento excepcional, que lo llevarn a
convertirse en el ejemplo clsico del estilo lacnico.
Palabras clave: Malvezzi, lenguaje poltico, siglo XVI, Quevedo, Saavedra Fajardo, Mrtir Rizo,
Gracin.
Abstract
Virgilio Malvezzi was a greatly successful Italian author in the court of Filipe IV following the classic biographical translation of Il Romulo (1629) into Spanish by Francisco de
Quevedo in 1632, becoming one of the models of laconic prose in Castilian. Court authors
like Quevedo or Diego de Saavedra Fajardo wrote their political works in laconic prose in
the fashion of Il Romulo, and its influence can be seen in secondary authors like Mrtir
Rizo as well as authors beginning to write by the middle to late 1630s. A fundamental
example is Baltasar Gracin who, with his three minor works (El hroe, El discreto and El
poltico), fully demonstrates the new courtesan style with a degree of elaborate and exceptional refinement and emerges as a classic example of the laconic style.
Key words: Malvezzi, Political language, 16th Century, Quevedo, Saavedra Fajardo, Mrtir Rizo, Gracin.
Italia y Espaa forman durante el siglo XVI y buena parte del XVII una suerte de
comunidad cultural que se extiende a lo largo de un mar y dos pennsulas. Los
espaoles de la poca, desde Herrera hasta Saavedra Fajardo, fueron profundamente conscientes de ello, y teorizaron esa relacin bajo el conocido tpico de las armas y las letras, aunque entendido de forma diferente en cada orilla.
Un puado bien largo de escritores auriseculares seran en verdad del todo
incomprensibles sin ahondar en esa relacin. En las pginas que siguen esbozaremos un ejemplo en la obra de Virgilio Malvezzi, brillante astro de la literatura europea de su tiempo, como atestigua la rpida difusin de su obra en
la Europa de mediados del siglo XVII.1 Fue a la vez resultado y vctima de esa
relacin histrica, y, con posterioridad, en la perspectiva de clasicismos posteriores, apenas recordado como maestro de una errtica anacrona.2
Sin embargo, la mera inmersin en la literatura poltica, tan del gusto de esos
aos centrales del siglo XVII, revela el apego manifiesto y sorprendente a las
obras del marqus de Malvezzi. Y esto hasta el punto de que podemos considerarlo como introductor del estilo lacnico en la corte de Felipe IV a partir de
su obra Il Romulo (1629). Su filiacin intelectual y literaria parece clara desde
sus Discorsi sopra Cornelio Tacito (Venecia, Marco Ginami, 1622)3 y descuella
con posterioridad en obras cortesanas como Il ritratto del privato politico cristiano (Bolonia, Giacomo Monti, 1635).4 Sin embargo, lo que en esencia nos
interesa ahora son sus biografas histricas de cuo lacnico, como Il Romulo
(Bolonia, Clemente Ferroni, 1629),5 casi inmediatamente traducido al castellano por Quevedo,6 Il Tarquinio superbo (Bolonia, Clemente Ferroni, 1632)7
y Davide perseguitato (Bolonia, Giacomo Monti, 1634). Su disposicin literaria es harto simple. Una serie de datos espigados en fuentes histricas o bblicas conforman un tenue hilo argumental que pone de manifiesto
1. Aunque poco frecuentado, su importancia es evidente desde Benedetto CROCE, Nuovi Saggi
nella letteratura italiana del Seicento, Bari: Laterza, 1949, p. 95-109 y Ezio RAIMONDI, Letteratura Barocca. Studi sul Seicento italiano, Firenze: Leo S. Olschki, 1982. Vase tambin
Marc FUMAROLI, Lge de leloquence. Rhtorique et res literaria de la Renaissance au seuil
de lepoque classique, Genve: Droz, 1980 y Beatriz ANTN, El tacitismo en el siglo XVII en
Espaa. El proceso de receptio, Valladolid: Universidad de Valladolid, 1991, por ejemplo p.
117-120. Aportacin de conjunto sobre la vida y obra del marqus Virgilio Malvezzi lo
constituye el libro de Rodolfo BRAENDLI, Virgilio Malvezzi, poltico y moralista, Basilea,
1964, y vase tambin Silvia BULLETA, Etica, retorica e dramma politico nelle storie
romane di Virgilio Malvezzi, Studi secenteschi, n. XXXVI, 1995, p. 4-67.
2. Marc FUMAROLI, op. cit., p. 217-219.
3. Tommaso BOZZA, Scrittori politici italiani dal 1550 al 1650, Roma: Edizioni di Storia e
Letteratura, 1980, p. 140 [1940].
4. Vase Virgilio MALVEZZI, Il ritratto del privato politico cristiano, ed. de Maria Luisa DOGLIO,
Palermo: Sellerio, 1993.
5. Tommaso BOZZA, op. cit., p. 163-164.
6. Francisco DE QUEVEDO, El Rmulo, ed. de Carmen Isasi, Bilbao: Universidad de Deusto,
1993.
7. Tommaso BOZZA, op. cit., p. 168-169.
157
acontecimientos y decisiones: la prosa lacnica har el resto, deduciendo o discutiendo lecciones morales y polticas de tales actos. Con las dos primeras, y
menos con la tercera, nuestro marqus parece convertirse en orculo de su
poca, lo que explica la notable acumulacin de ediciones italianas y traducciones
a lo ancho de Europa. Bien podemos preguntarnos por la razn de tal xito,
hilvanando as la madeja del gusto esttico del perodo.
Se suele considerar la obra de Virgilio Malvezzi como ejemplo mximo del
estilo lacnico en el siglo XVII, en el intento de hallar una alternativa retrica
al ciceronianismo. Exponente e impulsor de ese estilo en latn ser Justo Lipsio en la segunda mitad del siglo XVI, tanto en sus ediciones de Sneca como de
Cornelio Tcito, y en sus propias obras latinas: una influencia que se dilata a
lo largo de la centuria siguiente; Quevedo, por citar un ejemplo paradigmtico, se nos muestra cercano seguidor de la obra literaria y filosfica de Justo
Lipsio,8 y no slo por las epstolas latinas de juventud cruzadas con el maestro.
Tambin Herycius Puteanus, discpulo de Lipsio, propugna y teoriza la oscuridad lacnica como norma del estilo en su De laconismo syntagma (1609).9 El
laconismo se opone el asianismo retrico de la poesa seicentista, un estilo que
solemos identificar con la poesa de Gngora, de amplio xito a lo largo del
siglo XVII. Baltasar Gracin nos detalla con equilibrada simplicidad la diferencia entre ambos estilos en el discurso LXI de su Agudeza y arte de ingenio: Descendiendo a los estilos en su hermosa variedad, dos son los capitales, redundante
el uno, y conciso el otro, segn su esencia: asitico y lacnico, segn la autoridad. Yerro sera condenar cualquiera, porque cada uno tiene su perfeccin y
su ocasin. El dilatado es propio de oradores; el ajustado de filsofos morales.10 Sin embargo, la identificacin de Malvezzi con el estilo lacnico est
lejos de limitarse a la categora de mero ejemplo brillante. Corre por la prosa
de Virgilio Malvezzi un acierto profundo en la sntesis de elementos hermanos, pero hasta entonces inconexos, que confiere soltura al nuevo estilo y le
concede la equilibrada plenitud del clasicismo. Vemoslo con algn detalle.
Para empezar, el marqus acert a reunir en Il Romulo una multitud de
cuestiones que hacan las delicias del momento. Poda verse en esta obra, por
ejemplo, la versin clsica de mitos cristianos, como el de Can y Abel, verificando de paso una fatal contradiccin entre necesidad poltica y valores ticos
que sustenta el atormentado pensamiento poltico de esas dcadas iniciales del
siglo XVII. Vena tambin a entroncar con la historia de Roma y lo que ella significaba para el pensamiento poltico como ciudad modelo de la reflexin terica, tanto en la obra de Livio, ms cercana a los tratadistas del quinientos (y
al mismo Machiavelli), como en el admirado Tcito. Enlazaba, en fin, fcil8. Henry ETINGHAUSEN, Francisco de Quevedo and the Neoestoic Movement, Oxford: Oxford University Press, 1972 y vase ahora La SCHWARTZ, Justo Lipsio en Quevedo: neoestoicismo,
poltica y stira (en prensa).
9. Vase n. 39 para su relacin con Saavedra FAJARDO.
10. Baltasar GRACIN, Agudeza y arte de ingenio, ed. de Evaristo CORREA, Madrid: Castalia, II,
p. 235-236.
mente con la Poltica de Aristteles, que tiene en la ciudad el centro de reflexin y base de su antropologa. No era poco. La biografa lacnica se revelaba, en suma, como un medio eficaz de sntesis de las perspectivas esenciales
del discurso poltico renacentista.
A ello se una el planteamiento estilstico. Si ya por sus perfiles temticos condensaba una serie visible de centros de inters en la poca, el marqus de Malvezzi acertaba a tratar esos temas en romance con la misma desenvoltura con
que Cornelio Tcito lo haba hecho en latn, pero ya no para dar forma a una
farragosa historia antigua o moderna, sino para enlazarlo con una biografa
que tiene la brevitas por norma. De esta forma, convergan en su prosa romance los ecos de una serie de obras que conformaban los modelos admirados de
la prosa latina desde las ltimas dcadas del siglo XVI. En sus escritos se fundan con naturalidad y confluan singularmente la brevedad de Plinio, la reflexin moral de Sneca o la poltica de Tcito. De hecho, la prosa de Tcito
inundaba la biografa seicentista, recogiendo la exigencia de la brevedad expositiva, ya enunciada por Machiavelli en el prlogo al Principe como aneja al
discurso poltico, y por tanto moral. Se alcanzaba as un interesante resultado
donde la brevedad destilaba una suerte de quintaesencia del comportamiento
cvico, renovando y revitalizando el biografismo histrico o clsico. Como
recuerda Baltasar Gracin en su Agudeza y arte de ingenio, el brillante marqus
no tiene palabra que no encierre un alma, todo es viveza y espritu.11
Aqu vale recordar que tanto la obra de Cornelio Tcito, como el estilo
que supone, se han postulado como pujantes herederos de la posteridad del
Principe. La obra de Machiavelli marc un punto de inflexin en el pensamiento poltico occidental, y no hace falta recordar que, desde el Concilio de
Trento, se convirti en su totalidad en objeto de anatema. Sin embargo, ninguna poca puede escapar a los problemas que constituyen la base de su sentido: si no se poda nombrar en pblico a Niccol Machiavelli, bastaba buscar
un sustituto a la altura de sus posibilidades, y ste se encontr en Tcito convenientemente reinterpretado a tal efecto.12 Sea cual fuere el alcance histrico de tal interpretacin, la impronta de Machiavelli parece innegable en el
origen del Romulo, que se anuncia como la primera de una serie de biografas
que deban constituir un comentario a la primera dcada de Tito Livio. Adems, es innegable que conceptos esenciales de la doctrina poltica de Machiavelli aparecen de forma reiterada en la obra de Malvezzi. Tal es el caso de la
omnipotencia de la fortuna, que parece constituir la base de su doctrina pol-
159
tica (en los negocios polticos no hay otra regla que la fortuna),13 o la evidente huella dejada por la vida lectura de los Discorsi (Es el mismo aquel que
estaba en la plaza, que el que est ahora en el Senado; ms se mira con diferencia desde el senado a la plaza que desde la plaza al senado).14 Basta escarbar un poco entre las lneas del marqus, para encontrar citas directas de
Machiavelli o, lejos de aquel nombre maldito, la impronta de sus ideas. Podramos decir, en suma, que gracias a las biografas de Malvezzi, en la piadosa
corte de Felipe IV circul el pensamiento del genial florentino.
Todava puede ampliarse la pesquisa fontstica en otra direccin que lleva a
los entresijos del estilo y aclara su evolucin futura. Es sabido que ya los traductores de Cornelio Tcito convirtieron su prosa en depsito de sentencias
polticas, convencidos de que tenan un sentido predictivo del comportamiento poltico, prctica, por otra parte, derivada de la misma pedagoga humanista.15 Tal ser la conducta de lamos Barrientos en su traduccin castellana de
Tcito, por ejemplo. Virgilio Malvezzi sigue esa lnea, pero incorporando las
sentencias a una estructura narrativa que les confiere un ms pleno sentido y un
contexto preciso. La observacin no es balad, porque la literatura lacnica se
encontrar siempre marcada por la tensin entre la estructura narrativa (biografa, historia, novela bizantina) y el repertorio de afirmaciones sentenciosas
que conforman su textura. Lo sustancial del Romulo no consista, pues, en el
recorrido por una serie de hechos archisabidos de la historia de Roma, sino en
el contenido poltico que era capaz de transmitir, y en la universalizacin a que
someta el sentido de su personaje histrico. Era historia y prontuario a un tiempo: haba, detrs de Rmulo, un modelo de hombre. Si a Rmulo le quitamos
el nombre propio, ya tenemos en pie El hroe del Padre Gracin. Que esa fuera
la fuente del genial aragons, lo demuestra su primera obra, que surge con naturalidad, como veremos, de la lectura de Virgilio Malvezzi. Basta dar un paso
13. El Rmulo, ed. cit., p. 80; es abrumador el predominio de la fortuna en Il Tarquinio superbo como fuerza ordenadora de la historia.
14. La cita reveladora se encuentra en Obras del marqus, ed. cit., f. 102. La distincin entre piazza y palazzo como conceptos polticos es central en el pensamiento de Niccol Machiavelli, por cuanto atae a su pretendido republicanismo, y puede hallarse en los Discursos sobre
la primera dcada de Tito Livio (I, 47): De modo que, los que le haban odo hablar antes,
cuando era un ciudadano privado, y le vean despus en la suprema magistratura tranquilo
y callado, pensaban que esto provena, no de un mejor conocimiento de los asuntos, sino
de que los grandes le haban engaado y corrompido. Y habiendo sucedido esto muchas
veces y a muchos hombres, naci de all un proverbio que deca: stos tienen un nimo en la
plaza y otro en el palacio (Nicols MAQUIAVELO, Discursos sobre la primera dcada de Tito
Livio, traduccin, introduccin y notas de Ana TARANCN, Madrid: Alianza, 2000, p. 153);
Costoro hanno uno animo in piazza, ed uno in palazzo (Niccol MACHIAVELLI, Le grandi
opere politiche. II. Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, a cura di Gian Mario ANSELMI
e Carlo VAROTTI, Torino: Bollati Boringhieri, 1993, p. 181).
15. Vase una valoracin del hecho con respecto al estilo de Gracin en Aurora Egido (ed.),
Baltasar GRACIN, El discreto, Madrid: Alianza, 1997, p. 40-46, o bien con respecto a Quevedo en Sagrario LPEZ POZA, La erudicin como nodriza de la invencin en Quevedo,
La Perinola, n. 3, 1999, p. 171-194.
ms para convertir la biografa lacnica del italiano en una coleccin sentenciosa desprovista de armazn narrativo. Esa evolucin natural se cumple ya en
el crculo de Lastanosa, donde la obra del formidable aragons ser sistemticamente extractada. No se necesitaba para ello a Tcito o Sneca: se tena a mano
El discreto o El hroe.16 Tal ser el destino de los productos del laconismo romance, recordando la tensin potica primordial entre sentencia y estructura.
Finalmente, pueden aadirse a nuestra compresin del estilo perspectivas
propias del siglo XVII, y ausentes de la tradicin literaria. Por ejemplo, la importancia creciente de la matemtica como objeto de literatura, un aspecto subrayado recientemente, y con gran acierto, por Carlos Vallo.17 El hecho, en
apariencia extrao, hermana el laconismo con los progresos evidentes de la
matemtica a lo largo del siglo XVI (la recuperacin de Arqumedes, por ejemplo, una de las fuentes del primer Galileo), y que no harn sino acelerarse a lo
largo del siglo XVII, hasta culminar, a finales de la centuria, en el clculo infinitesimal, por no hablar de la pasin geomtrica de la filosofa cartesiana. Tal
caracterstica deviene la mismsima evidencia en Il Tarquinio superbo, donde
encontramos el estilo lacnico descrito en trminos matemticos:
El dar preceptos a los prncipes para reinar bien es empeo que toca en bizarra, si bien es sobradamente costoso y estoy por decir sobervio [] Un punto
que en abstracto se figura indivisible, en concreto se divide en muchas partes, y se
puede dividir infinitamente, y as juzgo de ms conveniencia a obra tal los ejemplos que los preceptos.18
161
en la evolucin de su estilo.25 Adems, don Francisco debi de ver en el laconismo malvezziano el ejemplo de una prctica literaria que l mismo haba
experimentado a partir de la agudeza de su carcter y de su palabra: el estilo
lacnico, en suma, vala como formulacin ms clsica y acabada de una inclinacin personal. Recordemos que la tensin entre expresin y estructura literaria se revela problemtica ya en su juventud en el Buscn:26 la demorada
atencin al detalle de la expresin aguda delata en esta perspectiva un rasgo
personal.27 Recordemos, tambin, el descoyuntamiento de sus figuras satricas, que concluyen en el gesto servido por la chispeante expresin o en la disgregacin en una serie de imgenes cuya esencial desconexin es amplia base de
la stira. Prcticas literarias en las que don Francisco se nos muestra hbil
explorador desde comienzos de la centuria, pero que se ennoblecan con los
nuevos referentes clsicos. Y todava podemos apurar ese inters desde otros
ngulos convergentes con los anteriores. Su traduccin de Virgilio Malvezzi
delata la bsqueda de un clasicismo alternativo al florido gongorismo no menos
que sus ediciones de obras clsicas de la poesa quinientista. Virgilio Malvezzi poda ser antdoto contra el cordobs, como lo fueron fray Luis de Len,
Francisco de la Torre o San Juan de la Cruz, los dos primeros editados o con
dedicatoria de 1631.28 En fin, tena, por lo que se va viendo, variados y sobrados motivos para la identificacin esttica y personal con la prosa lacnica.
Como decimos, parece ser que su traduccin del Romulo fue emprendida
casi de inmediato: la Aprobacin la firma fray Juan Maldonado el 20 de julio
de 1632; la licencia, Martn de Uribarri el 9 de agosto siguiente. Esa primera
edicin no se hizo con el beneplcito de Quevedo, segn se deduce, entre otras
cosas, de una nota del impresor navarro en la que afirma: Mal trasladado
vino a mis manos este libro, lele yo, fui curioso, dile a la imprenta por ser
liberal.29 Ms an, en realidad Quevedo haba ultimado la traduccin en el
verano de 1631, como demuestra la dedicatoria, extendida en Madrid el 2 de
septiembre de 1631. Si tenemos en cuenta que la edicin prncipe de Il Romulo aparece en Bolonia en 1629, no podr no sorprender la rapidez de reflejos
de su traductor: apenas podemos conceder unos meses para la circulacin y
el general conocimiento de la primera edicin italiana. Durante el ao treinta Il Romulo debi de hacer furor en la corte de Madrid: un ao despus ya
Francisco de Quevedo haba ligado a l su nombre, y lo que es ms importante, haba encabezado su traduccin con un encendido elogio de la obra del
marqus.
25. Mara Luisa LPEZ GRIJERA, La prosa de Quevedo en los sistemas elocutivos de su poca,
en Quevedo in perspective, Newark (Delaware): Juan de la Cuesta, 1982, p. 81-100.
26. Fernando LZARO CARRETER, Originalidad del Buscn, en Francisco DE QUEVEDO, La
vida del Buscn, ed. de Fernando CABO, Barcelona: Crtica, 1993, p. IX-XXIV y Francisco RICO, La novela picaresca y el punto de vista, Barcelona: Seix Barral, 1989, p. 120-129.
27. Vase Maxime CHEVALIER, Quevedo y su tiempo: la agudeza verbal, Barcelona: Crtica, 1992.
28. Vase Pablo JAURALDE POU, Francisco de Quevedo (1580-1645), Madrid: Castalia, 1998,
p. 588-593.
29. Vase El Rmulo, ed. cit., p. 15-16.
163
De hecho, el nombre de Quevedo se ha relacionado con diversas traducciones de Virgilio Malvezzi no siempre suyas.30 Sin duda porque aquel estilo era
emblemtico: una llave para abrir puertas en la repblica literaria como indiscutible seal de calidad. Por otra parte, Quevedo se encuentra en ese momento
muy prximo a los crculos del poder cortesano en cuanto afamado propagandista
del Conde Duque. Su traduccin de Virgilio Malvezzi debi de hacer, por tanto,
mucho para poner de moda al italiano entre los escritores espaoles. Ese entusiasmo de Quevedo se trasluce en el prlogo A pocos con que nos presenta la obra
del marqus, la pluma ms feliz de Italia.31 Nos habla del nuevo Rmulo como
de una feliz construccin (parto no de Rhea, sino del ingenio, alimentada no
por una loba, sino por el estudio), y cifra el hallazgo del marqus en haber superado el mero recuento de una historia: Escribieron la vida de Rmulo muchos,
mas a Rmulo ninguno. Valor supremo del estilo consiste en aclarar las razones de sus actuaciones polticas, insuflndole un alma a los meros datos de la
historia (los pasados fueron historiadores de su vida, nuestro autor de su alma),
de donde se extrae un modelo de actuacin poltica (el Marqus escribe el prncipe, los dems el hombre) que est implcito en la historia que cuenta y que el
comentario pone de manifiesto (Refirese lo que vieron todos, y lo que l procur, si fuese posible, que no se viese). Se trata, como vemos, de una suma de
aciertos que tiene por intermediario el estilo lacnico (un libro donde es inmensa la escritura y corta la leccin); tras lo cual Quevedo daba la palma al marqus de Malvezzi (obligacin es admirarle, y locura competirle). Poco puede
extraarnos, as, que en 1632 el escritor espaol iniciase, como parece plausible,
la redaccin de su Marco Bruto, publicado en 1644.32
Otro dato de no menor importancia, y convergente con el anterior, nos
pone sobre la misma pista: la evolucin de Diego de Saavedra Fajardo. Don
Diego fue uno de los polticos espaoles ms importantes de la poca como
embajador espaol en Italia y Centroeuropa. Como tal visit en diferentes ocasiones la corte de la Madrid, donde tendr residencia fija desde 1643. Entre sus
tareas diplomticas italianas y su envo como principal embajador de Felipe IV
en el Imperio, pasar algunos meses en Madrid, donde llega en septiembre de
1630.33 De muy poco despus, del 1 de febrero de 1631, data la composicin
de las primeras obras que se nos han trasmitido con su nombre.34 Esas dos
30. Jos Simn DAZ, art. cit.
31. El Rmulo, ed. cit., p. 109, y el prlogo de Quevedo en p. 105-106 (1632) y 108-109 (1635).
32. Bruce W. WARDROPPER, Siglo de Oro: Barroco en F. RICO, Historia y crtica de la literatura
espaola, Barcelona: Crtica, 1983, III, p. 542.
33. De acuerdo con la datacin de la estancia de Saavedra en Madrid que establece Quintn
ALDEA VAQUERO, Europa y Espaa en el siglo XVII. La correspondencia de Saavedra Fajardo.
Tomo I, 1631-163, Madrid: CSIC, 1986, p. 3. El dato puede verse en Diego DE SAAVEDRA,
Introducciones a la poltica y Razn de estado del rey catlico don Fernando, ed. de Alberto BLECUA y Jorge GARCA LPEZ, Barcelona: Asociacin de Biblifilos de Barcelona, 1984, p. 71.
34. Teniendo en cuenta que la primera redaccin de Repblica literaria probablemente no es
suya, tal como ha demostrado Alberto BLECUA, Las Repblicas literarias y Saavedra Fajardo, El Crotaln. Anuario de la Filologa Espaola, n. I, 1985, p. 67-97.
165
Quivi ho goduto i giorni sereni, gli ozii felici, i negoci securi, gli studii premiati.37 No es, pues, arriesgado suponer que en 1630, apenas llegado don
Diego a Madrid, Il Romulo deba no slo estar de moda, sino ser del gusto del
astro dominante de la corte, el Conde Duque de Olivares. Eso explica que el
escritor aplicara de inmediato el procedimiento a la vida de Fernando el Catlico, obra escrita a lo del marqus Virgilio Malvezzi, dejando a un lado sus Introducciones a la poltica. Tampoco es arriesgado imaginar que estuviera al corriente
de la traduccin quevediana del Romulo, concluida, como sabemos, a finales
de la primavera de 1631.
Sin embargo, la impronta de la obra de Malvezzi en Saavedra Fajardo no se
limita a esa primera obra, indita, de 1631, sino que ser la base estructural y
literaria de su obra mayor, las Empresas polticas, publicadas por primera vez
en 1640 y rehechas con significativas diferencias en 1642.38 Ello hasta el punto
de que don Diego traslad pginas enteras de la Razn de estado del rey catlico don Fernando a los captulos de su nueva obra, encabezados por un emblema comentado. Todo indica, en suma, que la biografa poltica constituye la base
de las Empresas polticas; y por si fuera poco, la obra aparece acompaada por
una carta laudatoria de Herycius Puteanus, discpulo de Justo Lipsio, con la
cual don Diego cerraba el crculo del estilo lacnico, invocando como ndice
de calidad a su mismo apologeta europeo.39 De su comentario aristotlico a
la figura ideal del prncipe cristiano, la evolucin de Saavedra demuestra fehacientemente que esas biografas lacnicas fueron vehculos ideales de la tratadstica poltica.
Otro testimonio interesante en tal sentido lo constituye Pablo Mrtir Rizo,
escritor cortesano de libros polticos y biografas que mantena por entonces
relaciones de amistad con Francisco de Quevedo. No era la primera biografa
que escriba cuando a principios del verano de 1632 present a la aprobacin
su Vida de Rmulo. Como en otros casos, es interesante fijarnos en las fechas de
aprobaciones y dedicatorias, que en Mrtir Rizo delatan un conocimiento cercano de la traduccin de Quevedo. Pero ahora el problema se nos plantea con
paladina sencillez. No tenemos que descubrir ninguna relacin entre obras o
autores, simplemente debemos dejar hablar a Mrtir Rizo:
La alabanza con exceso que vi dar a un grande ingenio al Rmulo del marqus
Virgilio me dio a m motivos para escribir su vida, por ver si haba en Espaa
quien la pudiese igualar, porque segn el parecer de la persona que digo, ni
aun en el mundo se poda hallar obra que compitiese con la suya.40
37. Tomo la cita de Donald L. SHAW (ed.), V. MALVEZZI, Historia de los primeros aos del reinado
de Felipe IV, London: Tmesis, 1966, p. XI.
38. SAAVEDRA se retracta del tacitismo de la primera versin; vanse Jorge GARCA LPEZ, Saavedra y Quevedo: dos perfiles del seiscientos, La Perinola. Revista de investigacin quevediana, n. 2, 1998, p. 237-260, y Diego DE SAAVEDRA FAJARDO, Empresas polticas, ed. de
Sagrario LPEZ POZA, Madrid: Ctedra, 1999, p. 88-107.
39. Puede verse el texto en SAAVEDRA FAJARDO, Empresas polticas, ed. cit., p. 187-192.
40. Jos Antonio MARAVALL (ed.), Pablo MRTIR RIZO, Norte de prncipes y Vida de Rmulo,
Madrid: Centro de Estudios Constitucionales, 1988, p. 117.
Ese grande ingenio y ese parecer de la persona que digo bien podra ser, en
mi opinin, el mismsimo Francisco de Quevedo, y si tal identificacin puede
suscitar alguna duda, la despeja el razonamiento desarrollado a continuacin,
donde el propio Mrtir alude a la traduccin de Quevedo: Dirn algunos que
ha sido exceso escribir yo materia que ha tratado tan gran varn, con aprobacin de tantos grandes ingenios y ahora mejorada en la traduccin de don
Francisco de Quevedo, que la habr dado nuevo lustre en nuestro idioma.41
Ahora el grande ingenio de que nos hablaba antes se ha convertido en la aprobacin de tantos grandes ingenios, y la obra de Mrtir parece no querer ir ms all
de la emulacin literaria servida con ejemplos de la Potica; pero cada afirmacin del prlogo acaba siendo una alabanza implcita de Virgilio Malvezzi,
motivo de aplauso general y objeto de competitiva emulacin, reiterado en
obras y prlogos posteriores hasta llegar al Discreto o El criticn.42
Vayamos, pues, a Baltasar Gracin. La obra del jesuita repite puntualmente el camino que acabamos de trazar, aunque de la obra lacnica escueta hemos
de pasar a ms amplios planteamientos literarios. Su produccin literaria se inicia con El hroe (1639, pero primera ed. 1637), prosigue con El poltico (1640)
y culmina con El discreto (1646). Ah es posible encontrar ya un primer paralelismo con Virgilio Malvezzi en la proyeccin de obras nunca escritas o finalmente rehechas con otros ttulos, ya que la biografa lacnica se revelaba como
un esquema literario de gran flexibilidad.43 Sin embargo, Gracin introduce
novedades que delatan al creador de raza. Si en los ejemplos anteriores de Quevedo o Saavedra Fajardo podemos deslindar el cuidadoso seguimiento de Virgilio Malvezzi, mediante la traduccin inmediata o la imitacin, en el caso de
Baltasar Gracin asistimos desde el comienzo a un evidente salto cualitativo: el
estilo lacnico ha encontrado a su hombre. En la prosa de Gracin percibimos,
de hecho, sin esfuerzo al escritor que se apropia de una frmula en boga y la
hace suya. Ejercicio a la altura de la categora y la idiosincrasia del aragons y
envite sin duda aplaudido en el ambiente de refinamiento intelectual que rodeaba a Lastanosa. Tal sucede con El hroe (1637), que ya desde el principio evita
el escueto planteamiento histrico para presentarnos un modelo humano que
constituye la generalizacin del pesimismo como norma de conducta; y, sin
embargo, por debajo de los entresijos del hroe gracianesco, se trasluce Malvezzi, que ya haba apostillado con tal sustantivo a su Rmulo romano (Algunos le dieron el nombre de hroe, la verdad lo llam Dios44), cosa evidente
para ciertos contemporneos, que colocaban El hroe junto a El poltico como
167
50. Miguel BATLLORI, Baltasar Gracin en su vida y en sus obras, Zaragoza: Instituto Fernando
el Catlico, 1969, p. 47, la cursiva es ma.
51. Vase el clsico y brillante estudio de Angel FERRARI, Fernando El Catlico en Baltasar Gracin, Madrid: Espasa Calpe, 1945.
52. Cfr. Miguel BATLLORI, ed. cit., p. 276b.
53. A fin de evidenciar las semejanzas entre los pasajes de Gracin y la versin de Quevedo,
como en los casos anteriores, cito la obra de Malvezzi por la traduccin quevediana del
169
Romulo en la brillante edicin de Carmen Isasi; indico directamente la pgina distinguiendo si se trata de texto traducido por Quevedo o aadido por l en forma de prlogo.
171-184
Resumen
El artculo analiza algunas de las contradicciones internas del Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica para explicar la escisin del primer yo lrico leopardiano en la paradjica dualidad del fanciullo / vecchio. La cuestin se aborda a la luz de las modificaciones
que canzoni e idilli sufrieron a raz de la constitucin del libro de los Canti.
Palabras clave: Siglo XIX, crtica literaria, hermenutica, potica, representacin del yo
lrico.
Abstract
This article analyzes some of the inner contradictions in Leopardis Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica as a way to explain the split of the first Leopardian lyrical subject into the paradoxical duality of a fanciullo / vecchio self. This question is viewed from
the perspective of the rearrangement which canzoni and idilli went through when the Canti
were constituted for the first time.
Key words: 19th Century, literary criticism, hermeneutics, poetics, representation of the lyrical subject.
1
La distincin entre canzoni e idilli resulta algo abusiva y engaosa cuando se aplica a los Canti, pues presenta como operativa en ellos una distincin entre gneros de la que su autor prefiri prescindir.1
1. Luigi Blasucci ha indicado que la eleccin del ttulo Canti (en el que este trmino pierde
su carcter tcnico de composicin verbal acompaada de msica para indicar una pura
vocalit poetica) por parte de Leopardi constituye una verdadera innovacin allinterno delle
istituzioni poetiche italiane, da parte di un autore che le conobbe come pochi altri, y persigue la unificacin de los gneros lricos dentro del volumen. Tambin Franco Gavazzeni
se ha referido al hecho de que la negazione di categorie formali tradizionalmente connesse a metri particolari y el raccogliere sotto il titolo complessivo di Canti specie metriche
differenti constituyen la prima, drastica unificazione que Leopardi lleva a cabo al publicar por primera vez sus Canti. Cfr. respectivamente, Luigi BLASUCCI, I titoli dei Canti,
Es dato que no se recuerda nicamente por escrpulo de rigor o tempestividad terminolgicos, sino por sealar la relevancia de ciertos rasgos estructurales del cancionero leopardiano: remitir, en referencia a l, a la neta distincin
entre canciones e idilios equivale a mantener vigente el carcter de rgida alternativa que caracteriz los primeros proyectos editoriales de nuestro autor, pero
que es ajena al espritu de los Canti; por el contrario, la suspensin de las categoras genricas restablece para el lector, y para el poeta antes que para ningn otro lector la compatibilidad de experiencias poticas en apariencia
inconciliables (y tradicionalmente as sentidas).
Es muy cierto que la opinin del propio autor acerca de la compatibilidad
de ambas experiencias poticas deja entrever, en ciertos momentos, fuertes
reservas, cuando no un manifiesto escepticismo: es lo que se desprende del
hecho de que las diera a conocer como lneas creativas independientes, antitticas en su misma pariteticidad,2 en las series mutuamente excluyentes instituidas por las ediciones boloesas de las Canzoni (1824) y de los Versi (1826).3
Y sin embargo, los Canti nos muestran ambas experiencias como conciliables. Por una parte, como hemos dicho, quedan abolidas las referencias a los
gneros lricos (convertidas ahora todas las composiciones en cantos), y entrecruzados, en cierta medida, esos mismos textos que las ediciones boloesas
haban separado por gneros. Por otra, en el plano estilstico, la constitucin del
libro de los Canti supone la modificacin, en grados diversos, de dichos textos,
modificaciones tendentes a adecuarlos a los nuevos criterios formales que sucesivamente irn determinando la conformacin del volumen, y a hacerlos, ante
todo, ms prximos entre s de lo que, en realidad, ya eran.
En realidad, decimos: porque a pesar de las obvias diferencias que las distinguen, entre una y otra serie es posible percibir influencias recprocas. Se ha
Napoli: Morano, 1989, p. 165-166; y Franco GAVAZZENI, Lunit dei Canti: varianti e
strutture, en Feconde venner le carte. Studi in onore di Ottavio Besomi, Casagrande: Bellinzona, 1997, p. 447.
2. A la pariteticit delle due esperienze se refiri Domenico DE ROBERTIS en Il sistema della
poesia, en Giacomo LEOPARDI, Canti, edizione a cura di Giuseppe e Domenico DE ROBERTIS, Milano: Mondadori, 1978, p. xxxi.
3. Respecto al volumen de las Canzoni, el de los Versi constituye un proyecto editorial enteramente distinto: a diferencia del principio cronolgico que organiza el precedente proyecto editorial, el criterio antolgico que organiza los Versi es precisamente la variedad de
estilos y gneros. Con todo, el nuevo proyecto editorial se presenta como continuacin de
la obra presentada en la edicin de 1824, tal como puede leerse en el prefacio de gli editori a chi legge: Abbiamo creduto far cosa grata al Pubblico italiano, raccogliendo e pubblicando in carta e in forma uguali a quelle delle Canzoni del conte Giacomo Leopardi gi
stampate in questa citt, tutte le altre poesie dello stesso autore, tra le quali alcune inedite,
di cui siamo stati favoriti della sua cortesia. Lo mismo se desprende de la explcita referencia del poeta a un proyecto, finalmente no realizado, de edicin de las Opere del conte
Giacomo Leopardi, del que informa a su hermano Carlo en carta fechada en Bolonia el 9
de noviembre de 1825, en la que le pide que le remita, a efectos de dicha publicacin, diversos manuscritos que se encontraban en Recanati. En ambos casos queda claro que Canzoni y Versi constituyen dos obras autnomas, que slo pueden ser reunidas en un mismo
volumen a condicin de que ste sea de carcter compilatorio.
sealado cmo la experiencia idlica contribuy a disolver la rigidez estructural de las canciones, prestndoles una mayor concinnitas y afianzando, tambin en ellas, el empleo del endecaslabo libre (una de las constantes estilsticas
de los idilios),4 que vendr as a constituirse en marca potica referencial.5
Estos hechos bastan probablemente para explicar la solidaridad que, al constituir
los Canti, el propio Leopardi percibi (o, siempre bien consciente de ella, decidi potenciar) entre unos textos y otros, portadores de afinidades ms o menos
recnditas.
Es cierto, en cualquier caso, que las afinidades que acabamos de sealar se
hacen manifiestas tras una lectura, ms que atenta, capilar, y que a primera
vista no resulta en absoluto sencillo concebir en qu trminos pudieron coexistir
textos verdaderamente tan diversos, no ya en los Canti (donde las intervenciones del autor actan, como se ha indicado, en el sentido de una cierta homogeneizacin formal), sino en el nimo mismo del poeta, en la poca de su
composicin. Pues, en efecto, no deja de resultar sorprendente que la stagione idillica conviva, o por lo menos coexista (pues a fin de cuentas se trata de
coexistencia, por ms que el problema pueda legtimamente plantearse en trminos de alternativa) con la de las canzoni, coexistencia que se traduce en una
especie de sorprendente desdoblamiento compositivo que nos muestra al poeta
disponible a experiencias tan diferentes que ms que presentarse como complementarias se diran antagnicas.
2
No hay verdadera homologa entre las divisiones internas que solemos establecer dentro de los Canti y las fases de la carriera poetica de Leopardi. Sin
duda alguna, a los Canti se les debe reconocer un valor antolgico, pues reunen prcticamente toda la produccin, y lo ms granado y caracterstico, del Leopardi autor lrico. Mas la relacin de especularidad vida-obra en la que se ha
basado buena parte de las interpretaciones de los Canti no deja de resultar inadecuada si no se la matiza y maneja con cautela.6
4. Endecasillabo sciolto, per chi abbia letto la poesia leopardiana anteriore al 22, significa
automaticamente idilli. E in effetti i critici hanno messo in rilievo gli influssi che dal ciclo
idillico (conclusosi, si ricordi, solo nellestate-autunno del 21) si riverberano sulle canzoni.
Cfr. Marco SANTAGATA, Quella celeste naturalezza. Le canzoni e gli idilli di Leopardi, Bologna: Il Mulino, 1994, p. 68.
5. Cfr. bid., p. 67-68.
6. Aun a riesgo de parecer inmodesto, me permito remitir al lector de estas pginas a la primera
parte de este trabajo, publicada en el nmero anterior de Quaderns dItali, donde me refiero, con una cierta amplitud, a esta cuestin. En definitiva, y lejos de rechazar la pertinencia de una consideracin biogrfica de la obra leopardiana (o de la de cualquier otro autor),
el propsito que me mueve es el de sealar la conveniencia de no reducir la instancia textual
del yo lrico a una identificacin con la figura del poeta, ya se trate del poeta-hombre, ya
del poeta-escritor (cual emerge de una lectura como la que realizara en su momento Giuseppe de Robertis), para avanzar en la interrogacin del texto y todos sus sentidos plausibles
a la luz del sujeto potico que genera el propio discurso lrico.
Atendiendo a los datos biogrficos, la crtica no ha podido dejar de constatar que en la historia de la escritura leopardiana hay un corte que permite
establecer una primera escansin en la actividad literaria de nuestro autor: el
corte introducido por el silencio en el que desemboca la poesa leopardiana en
1823, prolongado hasta 1828.7 La fecha de 1823 se nos impone por su misma
evidencia como la del extremo inferior que delimita esta primera fase o
etapa de la poesa leopardiana, y la de 1828 como la del inicio de la fase sucesiva. Entre una y otra fecha, cinco aos de un silencio que, en s mismo, nada
nos impide considerar como una verdadera fase de la poesa leopardiana; o
como un elemento integrante y necesario de dicha primera etapa, por ser en
realidad dicho silencio el de la lrica la modulacin en timbres de prosa de
la voz del poeta, la experiencia del primer gran desengao que har que esa
voz madure y se haga ms profunda.
Sin embargo, si no podemos dejar de sealar la existencia y el sentido de
ese sintomtico silencio, habremos de convenir tambin que en los Canti no se
da silencio alguno, y que una cosa es interpretar en Il risorgimento las alusiones
a cierto periodo de letargo (o de muerte simblica), potico y existencial, como
elipsis temporal en la historia narrada en los Canti (en cuyo caso, quin es
el sujeto de tal historia?), y otra distinta leerlas como referencia a los datos biogrficos del autor (pero esa es, por cierto, otra historia).
Menos evidente es la fecha de inicio de la actividad potica del Leopardi maduro; y querer certificarla recurriendo a los Canti complica, ms que
resuelve, el problema. Pareciera que los Canti fijan un trmino a quo: el del
ao 1816, en que fue compuesta la cntica Appressamento della morte, la
composicin ms temprana de las promovidas a cantos. Pero, en rigor, los
versos de la cantica que se convierten en el fragmento XXXIX de los Canti
constituyen, en s mismos, un texto tardo. Il primo amore es tambin texto
precoz (1817), pese a lo cual en los Canti aparece colocado no slo despus
de las canciones patriticas de 1818, sino detrs tambin de las escritas entre
1820 y 1822: no en vano Leopardi lo corrigi ampliamente de cara a su
inclusin en la edicin de los Versi, y an habra de conocer nuevas enmiendas.
No parece, por lo tanto, que el ordenamiento de los Canti est subordinado a la cronologa de composicin, por lo menos en lo que se refiere a las piezas ya existentes cuando los Canti ven la luz. Y si bien dicho ordenamiento no
impedira postular la configuracin, precisamente, de dos bloques sucesivos
canzoni-idilli, la misma historia editorial de los Canti parece indicar en cualquier
caso la mayor pertinencia de criterios distintos del de la adecuacin a las fechas
de composicin o de la biografa del poeta para explicar la estructura conferi7. Como es sabido, despus de componer el Inno ai Patriarchi, en julio de 1822, Leopardi
dejar de escribir poesa durante ms de un lustro, si exceptuamos Alla sua donna, de septiembre de 1823, los versos del coro de los muertos del Dialogo di Federico Ruysch e delle
sue mummie, y la epstola Al conte Carlo Pepoli, escrita en 1826: en total, apenas (!) 245 versos en casi seis aos.
10. Se cita a partir de la edicin Giacomo LEOPARDI, Tutte le opere, a cura di Walter BINNI y
Enrico GHIDETTI, Firenze: Sansoni, 1985. La indicacin corresponde al nmero de la pgina y a la relativa columna.
11. Cfr. Mara de las Nieves MUIZ MUIZ, Cantos, op. cit., p. 99.
12. Cfr. Marco SANTAGATA, Quella celeste naturalezza. Le canzoni e gli idilli di Leopardi, op. cit.,
p. 51.
come la lettura moderna, anche romantica quindi, di un Petrarca sentimentale [] potesse essere finalizzata alla proposta di un moderno petrarchismo,
sentimentale non in senso psicologico, ma in senso retorico. Un petrarchismo, cio, che lungi dallessere imitazione o anche solo ripresa di una maniera, testimoniasse la vitalit di una poesia civile che coniugava eloquenza e
affettivit, stile e cuore.13
Si en el Discorso denunciaba la infelicidad del hombre por causa del progreso, Leopardi querr ofrecer a los italianos el remedio de las pasiones fuertes,
puras, intensas, como las que se viven por vez primera: las que experimentaron
los primeros hombres, o las que experimenta todo hombre, antiguo o moderno, en la infancia y la primera juvenud. Esas pasiones debe imitar, y por ende
suscitar en el lector, la poesa, a la cual se le asignaba en el Discorso la funcin
de salvaguardar y transmitir quanto di antico ancora sopravvive nel moderno e quanto di fanciullesco nelladulto.14
Es en este punto donde cabe preguntarse en qu medida la primera poesa leopardiana, que es la historia de cmo un poeta che crede fervidamente nella poesia possa ridursi al silenzio,15 consigui realizar todas las aspiraciones
que el joven poeta confiaba poder satisfacer. Puede el lector experimentar en
sus versos la plenitud de la comunin con la naturaleza? Leyendo las composiciones de esa primera stagione leopardiana se tiene por el contrario la impresin de que tal estado ya sea recuerdo de la infancia individual, ya sea recuerdo
del poder de la poesa entre los antiguos pertenezca a un pretrito que
ms que remoto es un tiempo mtico o, peor an, que debe ser identificado
con un tiempo fabuloso en el que hipotticas ruinas del futuro igualaran a las
del pasado (con las que se abre la primera de las canzoni, y que volvemos a
encontrar en Ad Angelo Mai), ruinas en las que la naturaleza recobra lo que la
civilizacin le ha arrebatado, pero entre las cuales no hay rastro ni vislumbre de
presencia humana:
Tempo forse verr challe ruine
Delle italiche moli
Insultino gli armenti, e che laratro
Sentano i sette colli e pochi Soli
Forse sien volti, e le citt latine
Abiter la cauta volpe, e latro
Bosco murmurer fra le alte mura
(A un vincitore nel pallone, vv. 40-46).
4
Alla Primavera constituye uno de los ejemplos ms claros de esta imposibilidad por parte del hombre moderno de recuperar, ni siquiera por intercesin
de la poesa, la dimensin de lo natural.
Es interesante observar cmo la primera intervencin del yo narrante, al
que vemos en los ltimos versos de la primera estrofa caracterizado como
anciano prematuro (ed anco, Primavera odorata inspiri e tenti Questo gelido cor, questo chamara Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?), da paso al
comienzo de la segunda estrofa a la alusin a una situacin que cabe suponer
general (con sustitucin de la primera por la tercera persona: vivi e il disueto
orecchio Della materna voce il suono accoglie?), para transformarse en los versos
finales de la cancin en una primera persona plural que no deja dudas sobre
su carcter de experiencia colectiva (Ma non cognato al nostro Il gener tuo
[] Tu le cure infelici e i fati indegni Tu de mortali ascolta, Vaga natura, e la
favilla antica Rendi allo spirto mio; e tu pur vivi, E se de nostri affanni Cosa
veruna in ciel, se nellaprica Terra salberga o nellequoreo seno Pietosa no, ma
spettatrice almeno), por ms que el yo lrico no llegue a confundirse exactamente con ese nosotros.
Presentar la situacin del yo lrico como afn a la de sus lectores (o, en
cualquier caso, a la de sus contemporneos) es un modo de conjurar la proclividad de ese yo a presentarse como referente nico del discurso potico:
y es que la affettivit, el cuore exigen una constante vigilancia, para no
arrastrar el dictado potico a la sima del patetismo romntico, lmite ste siempre demasiado prximo y tentador para el hombre y el poeta moderno:
la soluzione patetico-sentimentale delle canzoni patriottiche portava a una
impasse. Pi in l del patetismo addolcito delle due [canzoni] rifiutate Leopardi non poteva spingersi. Se non altro, perch quel tipo di petrarchismo
comportava che il discorso lirico si impostasse su un io onnipresente, che
per sua natura tendeva a scivolare dalla funzione di elocutore a quella di protagonista e di soggetto di discorso. La storia successiva delle canzoni dimostra
che molto presto Leopardi si svincola dallipoteca di quellio che tutto filtra
attraverso la soggettivit autobiografica per tendere a un noi, a un punto di
vista collettivo, che consenta unanalisi filosofica, cio esterna e obiettiva,
della realt. Senza oggettivazione del discorso non ci sarebbero state neppure
la canzoni civili.16
Si las canzoni, pues, reflejan la voluntad de Leopardi de proponer una reflexin de alcance universal, capaz de superar un subjetivismo reducido a individualidad, en las composiciones que integran el volumen de los Versi (idilios
y elegas) la senda embocada difcilmente puede percibirse como distinta de
la del autobiografismo, real o fingido.
La pregunta se impone por s sola: cuando canciones e idilios pasan a integrarse en los Canti, puede decirse que una de esas dos instancias, la individual o la colectiva, prevalece sobre la otra? No aventuraremos una respuesta
rotunda, que no slo superara las lmitaciones de un discurso sobre los preliminares al estudio de una figura textual, sino que no puede darse sin esclarecer antes cul de ellas predomina en el conjunto de los cantos, y cmo debe
interpretarse que lo haga. Y an entonces habra que determinar si la instancia
textual que gana en protagonismo cambia o permanece idntica a s misma de
un extremo al otro del libro.
S podemos, en cambio, indicar por ahora lo siguiente: la incorporacin,
en 1835, de Il passero solitario, precisamente en esa zona inicial de los Canti
en que a partir de 1831 conviven canzoni e idilli, parece indicar la acentuacin del carcter excepcional (por su marginalidad) del yo lrico. Hay que
determinar su peso especfico: si contradice o desmiente, y en qu medida lo
hace, la dimensin de lo colectivo, la eficacia del nosotros (y no slo en el
primer segmento de los Canti, sino en el conjunto de la obra).
Recordemos que lo que singulariza a este yo lrico es su naturaleza paradjica: protagonista y espectador a un tiempo, sabedor de su destino e incapaz de toda accin, joven, en fin, a la vez que viejo. Sorprende constatar que el
germen de esta naturaleza contradictoria se encuentra, en realidad, en el Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Mejor dicho: que el Discorso
mismo nace de la paradoja que rene en el hombre moderno al joven y al
anciano, y ello pese al empeo puesto por Leopardi en negarlo.
Aunque tal vez no resulte inmediatamente evidente, la argumentacin
leopardiana del Discorso incurre en contradiccin al sostener que el incremento de la razn es responsable del debilitamiento de la facultad imaginativa y un obstculo para su restablecimiento, al tiempo que estima imprescindible el conocimiento de los clsicos (maestros, pues, no slo de poesa,
sino tambin de vida, en tanto que depositarios de las claves de la comunin
con la naturaleza) para que el poeta moderno pueda dar cumplimiento a la
tarea que se le encomienda en el Discorso. Como ha sealado Vincenzo De
Caprio,17 esta contradiccin deriva, en realidad, de la inicial inadvertencia
leopardiana de la incompatibilidad entre las dos lneas que articulan sus reflexiones sobre la poesa de 1816 a 1818: la proclamacin del carcter inmutable de la poesa y el reconocimiento de la especificidad de la poesa moderna. Esta inadvertencia se descubre manifiesta y potenciada en el carcter
paradjico del studio que Leopardi encarece a quienes aspiran a llamarse
poetas: en tanto que instrumento necesariamente arte factum para la recuperacin de la espontaneidad del homo ignorans, la necesidad del estudio es
el indicio ms claro de la condicin plenamente reflexiva del hombre moderno, pues supone la clara consciencia de la distancia que separa al moder17. Cfr. Vincenzo DI CAPRIO, Senso della tradi,zione e poesia moderna in Giacomo Leopardi, en Letteratura e critica. Studi in onore di Natalino Sapegno, Roma: Bulzoni, 1974,
p. 607-629.
Al igual que sucede con studio (senno y studio vendran a ser los dos momentos de una misma circunstancia: el primero sera, en particular, la lucidez respecto a la propia condicin; el segundo, que nace de aqul, el remedio prescrito
por la razn), el espesor de este concepto radica en su ambivalencia, ya que si
ha sido precisamente el senno, es decir el incremento de discernimiento potico, lo que ha llevado a los poetas a la sofisticacin y al artificio (como en el
caso de esos romnticos que quieren hacer de la poesa tuttuno colla metafisica y convertir en materia de poesa el desvelamiento de los ms recnditos
lugares del alma), tambin es el senno lo que les permite advertir cunto se han
desviado del commercio co sensi y corregir tal desviacin en aras de una
poesa que restablezca el vnculo del ser humano con la naturaleza.
Como ha indicado De Caprio,19 es este concepto de senno el que comincia a far progredire il classicismo leopardiano verso una direzione nuova; ante
todo porque el carcter paradjico que acabamos de reconocer en l implica
la reorganizacin conceptual del sistema de contrarios caracterstico del pensamiento leopardiano: si la oposicin, hasta este momento, haba sido la usual
en mbito neoclasicista, o sea natura / arte como equivalente a naturalezza /
artificio, a partir de ahora la oposicin verdaderamente operativa va a ser inconsapevolezza / senno; de una argumentacin en trminos formales se pasa a un
planteamiento que se resuelve en una dimensin no formalista.
Advirtamos, sin embargo, que si Leopardi encuentra la manera de abandonar la fe clasicista en el dogma de un aprendizaje tcnico (entendido como
18. Se cita de la edicin BINNI-GHIDETTI anteriormente referenciada. Como es costumbre, la
indicacin numrica corresponde a la de la pgina del original leopardiano.
19. Cfr. DE CAPRIO, op. cit., p. 620 y 626.
Una experiencia, en consecuencia, paradjica, pues siendo como es demostracin de una plenitud primigenia, sita no obstante dicha plenitud en un
pasado doblemente mtico (porque se asocia a los mitos antiguos y porque pertenece a un tiempo irrecuperable): por ello Leopardi no puede dejar de repetir
que la civilizacin moderna aleja necesariamente al ser humano de su naturaleza
primera, privndole, en ltima instancia, de la capacidad para expresarla.
El studio es la prueba palmaria de que la forma antigua no es directamente transmisible ni sencillamente imitable: lo que posibilita el retorno a la
condicin de primitivismo es la experiencia de la poesa antigua a travs de su
estudio concienzudo y de su recreacin, y tal experiencia adquiere su valor, en
realidad, en cuanto reviviscencia de dicha condicin de primitivismo.
Aqu es, entonces, donde el estudio descubre su naturaleza oximrica. Viene
a ser como una esclusa cultural: como incremento de lo intelectivo incapacita
para usar la palabra originaria; pero en cuanto va de discernimiento, hace posible el reconocimiento de la palabra potica genuina y su re-creacin.
La diferencia entre los antiguos poetas y los modernos existe, y no se reduce a la desviacin romntica en el plano de lo potico: a fin de cuentas, tambin los anti-romnticos son individuos modernos. Pero al llevar el debate
entre unos y otros al terreno de la condicin humana, Leopardi no hace sino
ahondar la fractura que los separa. La insistencia del recanatense en la necesidad del estudio no es, por lo tanto, una mera rmora del formalismo clasicista, antes bien la consecuencia inevitable de la contradictoriedad misma de su
fe en la posibilidad de un retorno ad origenes: una vez se ha situado la meta
del retorno en una condicin de primitivismo que convierte en equivalentes
ignorancia infantil y espontaneidad primitiva (o viceversa, espontaneidad infantil e ignorancia primitiva), la superacin de la condizione artificiata delluomo moderno slo es posible afirmarla en el plano de la fantasa, y no en el
de la razn, donde el engao no es posible.
Es oportuno observar en este punto que los trminos en que quedan definidas la condicin del primitivo-fanciullo y del moderno-vecchio son los mismos en que apenas un ao despus de la redaccin del Discorso ser definida la
nocin de lo infinito. Recordemos, recurriendo a la formulacin de Luigi Blasucci, que lo infinito para Leopardi es fruto o bien de la ignorancia o bien de
la ficcin imaginativo-fantstica. En una situacin natural, la ignorancia de
los lmites ciertos del mundo vendra a ser la condicin necesaria, el correlato
psicolgico, de la infinitud supuesta del mundo; en la situacin artificiata
en la que se encuentra el individuo moderno a causa del conocimiento que le
ha procurado la razn cientfica, el mundo ha dejado de ser infinito, y slo a
travs de la ficcin fantstica es posible concebirlo an como indefinido (en
la medida en que sus lmites no siempre pueden ser fijados con precisin). Es
decir, que slo merced a un acto de autoengao consentido puede el ser humano moderno volver a situarse en la perspectiva del homo ignorans, perspectiva
que de otro modo le est vedada.
La tarea que Leopardi le encomienda a la poesa es, as pues, la rottura
fantastica della condizione artificiata delluomo moderno mediante el ritor-
na la reflexin terica leopardiana acerca de la funcin de la poesa, sino que condiciona, de manera latente primero, consciente despus, la constitucin misma
del primer yo lrico leopardiano (antes y despus de la constitucin de los
Canti) y la posicin que ste ocupa tanto frente al propio discurso lrico como,
en particular, dentro de l.
Los Canti se revelan, como han demostrado algunos trabajos cuyas huellas sera interesante seguir,23 la constante reconsideracin de esa psicologa
paradjica, siempre por delante de s misma: no en vano el libro de los Canti
nace de la doble refundacin de la poesa y del yo lrico (como sin duda seala la articulacin que, en el discurrir del libro de los Canti, establecen Al conte
Carlo Pepoli e Il risorgimento) como queriendo sealar la identidad del canto
con la voz que le da vida.
mado en filosofo di professione (di poeta chio era), es decir, ve consumado en s mismo
il passaggio dallo stato antico al moderno.
23. Me refiero en particular a los interesantsimos trabajos, a mi juicio insuficientemente valorados, de Claudio COLAIACOMO, ya citado; de Piero BIGONGIARI (Leopardi e il desiderio
dellio. Riflessioni preliminari sullordinamento dei Canti, en Lapprodo letterario, 74,
giugno 1976, p. 54-82); y de Vittorio PANICARA (La nuova poesia di Giacomo Leopardi. Una
lettura critica della Ginestra, Firenze: Olschki, 1997). A pesar de partir de premisas conceptuales y metodolgicas bien diversas, en los tres trabajos el yo lrico ocupa una posicin
central, como verdadero eje vertebrador del cada uno de los cantos y del conjunto de los
Canti, concebidos stos como obra orgnicamente estructurada; los tres, adems, postulan
la existencia de un principio que podramos denominar de circularidad textual, responsable de sorprendentes efectos de sentido y que se explica, ante todo, por la centralidad del
yo como figura ontolgica y discursiva.
187-193
Costanzo Di Girolamo
Chiunque, credo, in grado di apprezzare leccezionalit di questo risultato, che, con i prevedibili alti e bassi, si estende a tutta la raccolta, sostanzialmente omogenea per qualit e efficacia. Desclot propone delle esatte repliche,
in unaltra lingua, degli originali, sicch il lettore catalano, pur sentendosi a
casa sua, pu aggirarsi allinterno di forme metriche complesse e grandiose, e
in buona parte ignote alla sua tradizione medievale. Si noti con attenzione il procedimento del rimamento di questa stanza. Alcune delle rime dantesche sono
conservate, con le ovvie diversit fonetiche nel passaggio da una lingua allaltra: -aspro > -aspre, -uda > -ua, -ali > -als, -arme > -arma/-arme. Ma, insieme con
la rima, sono in alcuni casi conservati anche i rimanti, cio le parole in rima,
con i significati che si portano appresso: aspro > aspre, diaspro > diaspre, cruda
> crua, nuda > nua, mortali > mortals, arme > arma, atarme > defensar-me (qui
diversa la forma, ma identico il significato); in altri casi no: in cua e fatals i
rimanti cambiano completamente rispetto a chiuda e a ali. Laltra rima della
stanza, che ricorre quattro volte (le altre rime ricorrono tre e due volte), -etra,
rima aspra associata al rimante, che poi la parola-chiave dellintero ciclo,
petra: qui il traduttore sembra gettare le armi e sceglie una rima facile oltre che
dolce, -ella. chiaro che quando, oltre alle rime, passano anche i rimanti, i
significati complessivi delloriginale vengono meglio conservati o riprodotti
con totale precisione; ma non detto che quando si cambia di rimante o addirittura di rima avvenga sempre il contrario. Al v. 3, impetra significa probabilmente racchiude come in pietra (o, almeno, Desclot ha preferito questa
interpretazione a unaltra pure possibile, vuole con fermezza), sicch encastella
rende assai bene il verbo italiano; nessun cambio, ma semplici inversioni, anche
ai vv. 2, 6 e 7. Al v. 9, invece, c un deciso impoverimento semantico, laddove si perde chom si chiuda che ci si corazzi e resta solo lidea della fuga; al v.
11, infine, viene concretizzata fino alleccesso un tenue spunto metaforico: i
colpi veloci (veloci comavesser ali) diventano senzaltro degli ocells fatals, dando
inopinatamente vita a unimmagine alla Hitchcock.
Il lettore italiano trover che questa lingua calza perfettamente sui suoi
antichi poeti, con una straordinaria versatilit. Il Dante delle petrose volto in
catalano, una lingua molto vicina allantico occitano, sembra quasi miracolosamente restituito alla lingua stessa di Arnaut Daniel, lideale e onnipresente
modello del ciclo. Daltro canto, Petrarca reso con levigata dolcezza.3 Si veda
3. Le prime traduzioni in catalano dal Canzoniere risalgono alla fine del diciannovesimo secolo, ma lopera non mai stata tradotta per intero. La selezione pi estesa si deve a Osvald
CARDONA, F.P., Sonets, canons i madrigals, Barcelona: Alpha, 1955; a cui segu quella di
Francesc DE RIART, F.P., Un Centenar de sonets a Laura, Barcelona: El traductor, 1968. Sulle
versioni, degli anni venti, di Agust ESCLASANS e di Maria-Antnia SALV, si veda lo studio di Gabriella GAVAGNIN, Note su alcune traduzioni catalane novecentesche di Petrarca,
La parola del testo, III (1999), p. 381-402.
ad esempio la prima stanza di Chiare, fresche et dolci acque (dove per, curiosamente, il seno di Laura diventa un respiro):
Chiare, fresche et dolci acque,
Fresca i dola aigua clara,
ove le belle membra
on els bellssims membres
pose colei che sola a me par donna;
posava la qui tinc per sola dona;
gentil ramo ove piacque
gentil branca on encara
(con sospir mi rimembra)
5 (ah, Du, com mho remembres!)
a lei di fare al bel fianco colonna;
el dol frec del seu flanc cansat ressona;
herba et fior che la gonna
herba i flors que la bona
leggiadra ricoverse
gonella recobria
co langelico seno,
10 i langlic al;
aere sacro, sereno,
aire sacre, ser,
ove Amor co begli occhi il cor maperse:
on Amor ab bells ulls el cor mobria,
date udenza insieme
doneu oda ensems,
a le dolenti mie parole estreme.
als meus adolorits dictats extrems.
LXIV
Se l foco il sasso rompe e l ferro squaglia, Si el foc la pedra romp i el ferro talla,
figlio del lor medesmo e duro interno,
fill com s del seu cor mateix intern,
che far l pi ardente de linferno
qu far el ms ardent de tot linfern
dun nimico covon secco di paglia?
amb una garba de resseca palla?
Il quaderno di traduzioni di Desclot si presenta dunque come un vero capolavoro di bravura da parte di un traduttore competente che padroneggia molto
bene la lingua di entrata e si rivela un consumato verseggiatore in quella di
uscita. Lodi maggiori io non riuscirei a farne: chi pi ne ha, pi ne metta, se lo
ritiene opportuno. Tuttavia, un libro come questo pone secondo me degli
inquietanti interrogativi sul significato e sulle finalit delle traduzioni dei testi
poetici. La traduzione di un autore antico, nei confronti del quale esista una differenzialit, oltre che, ovviamente, linguistica, anche culturale (significati pregnanti di alcune parole, riferimenti a universi ideologici non pi attuali, ecc.)
e formale (la metrica, ma anche i livelli stilistici, ecc.), pu semplicemente
Costanzo Di Girolamo
Chi abbia la fortuna, per cos dire, di non conoscere o non ricordare questa poesia, pu divertirsi per un momento, senza leggere oltre il prossimo
punto, a indovinare chi ne lautore, a tentare unapprossimativa datazione,
a interpretare la metrica. La lingua, che risente ancora di qualche tratto dannunziano, dovrebbe portarci, grosso modo, intorno ai decenni centrali del
Novecento; le rime, quasi tutte irregolari, hanno uno schema ABAB CDCD
EFEF GG, che quello del sonetto elisabettiano (per complicare un po le
cose, ho eliminato solo il rientro tipografico che nelloriginale hanno gli ultimi due versi). A questo punto, un lettore sufficientemente competente della
poesia italiana del Novecento dovrebbe pensare senza difficolt a Montale: la
poesia suona come perfettamente montaliana e una puntuale analisi linguistica e metrica potrebbe confermarlo. Si tratta della traduzione del sonetto XXXIII
di Shakespeare, pubblicata per la prima volta nel 1944 (anche se lautore ci
informa in una nota che anteriore al 38):5
Full many a glorious morning have I seen
Flatter the mountain tops with sovereign eye,
Kissing with golden face the meadows green,
Gilding pale streams with heavenly alchemy;
Anon permit the basest clouds to ride
With ugly rack on his celestial face,
And from the forlorn world his visage hide,
Stealing unseen to west with this disgrace:
Even so my sun one early morn did shine
With all triumphant splendour on my brow;
But out, alack, he was but one hour mine,
The region cloud hath masked him from me now.
Yet him for this my love no whit disdaineth;
Suns of the world may stain when heavens sun staineth.6
5. Eugenio MONTALE, Lopera in versi, edizione critica a cura di Rosanna BETTARINI e Gianfranco
CONTINI, Torino: Einaudi, 1980, p. 712 (note alle p. 1154-55).
6. William SHAKESPEARE, The Sonnets and A Lovers Complaint, edited by John KERRIGAN,
Harmondsworth: Penguin Books, 1986, p. 93. Sia detto per inciso che questo sonetto, dallinterpretazione molto controversa, secondo me unalba: vedi in particolare i vv. 9-12.
Com noto, il genere dellalba descrive o allude allincontro o alla separazione degli amanti alle prime luci del giorno; sembra essere un archetipo della lirica, talvolta incastonato in
Costanzo Di Girolamo
Montale, in effetti, riprende la forma delloriginale (gi importata nel continente da Mallarm, che non a caso era un professore di inglese), ma vi introduce un tipo di rime tipiche della sua produzione, o comunque della poesia
italiana di quegli anni, sicch essa non si presenta come un anacronismo n
come un esotismo. Per di pi, quella del sonetto elisabettiano appare come
una forma produttiva in Montale, probabilmente anche perch consiste di tre
quartine, una misura cara al poeta, seguite da un distico: nella Bufera compaiono ben quattro sonetti simili, tra cui i famosissimi Orecchini, tutti degli
anni 1940-42, di modo che, almeno come data di pubblicazione, essi precedono
i tre sonetti di Shakespeare, apparsi tra il 44 e il 47. La traduzione di Montale
dunque una normale poesia: se se ne ignorasse la provenienza, e in assenza di riferimenti rivelatori, potrebbe giustamente essere scambiata per una poesia scritta direttamente in quella lingua, in quegli anni precisi.
Il che esattamente quanto non si verifica nelle meravigliose versioni di
Miquel Desclot, che usa delle forme metriche, come la canzone allitaliana,
che non hanno alcun precedente nella tradizione catalana e la cui complessa
struttura, certo pi complessa di un sonetto elisabettiano e ovviamente di un
haiku, appare del tutto incomprensibile se avulsa dal suo contesto culturale.
Con questo non voglio dire che, traducendo, non ci si possa porre come obiettivo lapprossimazione a tutti gli aspetti, compresi quelli pi specifici, del testofonte e il loro trasferimento in una nuova lingua; n che il traduttore debba
ad ogni costo attualizzare ci che traduce (un pessimo esempio, al riguardo,
sono le traduzioni di Guido Ceronetti da Catullo e Marziale). Non di meno,
pur volendo ammettere che unoperazione di archeologia letteraria o di immedesimazione totale in un altro universo ideologico e formale sia in circostanze
particolari giustificabile, essa non andava perseguita a danno del senso e in
nome di valori tuttaltro che assoluti. Infatti, il rispetto sacrale per la rima perfetta e per il sillabismo rigoroso ancora cos osservato ed cos irrinunciabile? Sono domande che pongo ma, in ogni caso, io credo che nessun lettore
potrebbe seriamente prendere queste versioni come poesie catalane contemporanee, databili agli ultimi anni del secolo scorso, n tanto meno come una
ricostruzione, filologicamente solida, delle forme e, insieme, dei significati
degli originali. Queste belle traduzioni sono in realt dei falsi letterari, o forse
qualcosa di peggio: se un falso unopera spacciata per antica, in questo caso
nemmeno ci avviene, perch queste versioni non sono collocabili in nessun
tempo della tradizione della lingua di uscita. Dovrebbe essere perci chiaro
che il bravissimo Desclot ha dato al lettore catalano non qualcosa di pi rispetto a quanto gli veniva chiesto, ma qualcosa di diverso; e questo lettore potrebbe anche avere ragione ad arrabbiarsi se si accorgesse che, per raccapezzare una
altri generi (come in Romeo and Juliet, atto III, scena V, dove, significativamente, ricorrono alcune immagini e metafore qui adottate), ed presente in tutte le culture letterarie e
in tutte le epoche (si ricordi il classico libro di Arthur T. HATTO, Eos: An enquiry into the theme
of lovers meetings and partings at dawn in poetry, The Hague: Mouton, 1965).
rima e per non rinunciare allimpeccabilit dellesercitazione metrica, si attribuita a Dante unimmagine cos ridicola e assurda come quella degli uccelli
fatali e si fatto intendere che Petrarca, avendo visto Laura nuda al bagno, ne
elogiasse il respiro e non il seno.
195-200
frecuentes, que cifran la divinidad en la luz, o que se refieren a ella con metforas solares. Slo Albino Biondi observa que Pico amaba la metfora del
Dios-tiniebla, y sugiere que quiz esta solitaria oscuridad que culmina el trayecto espiritual de la Oratio pueda entenderse a partir de un verso del psalterio: aquel que recuerda la terrible condicin de Dios, el que hizo de las tinieblas
su velo, de las tenebrosas aguas su tienda (posuit tenebras latibulum suum, in
circuitu eius tabernaculum eius, tenebrosa aqua in nubibus aris, Ps. 17:12).1
Ahora bien, este Dios tenebroso, o, ms precisamente, el Dios caliginoso
de Pico, no est tan cercano al del salmista como al de Moiss, al Dios del
encuentro en el Sina tal como lo relata el libro del Exodo. All, segn la narracin veterotestamentaria (Ex. 20:21): Stetitque populus de longe. Moyses
autem accessit ad caliginem in qua erat Deus.
Es posible que la solitaria caligo de Pico descienda en ltima instancia de este
pasaje del xodo, aunque no sin mediaciones. La memorable imagen escrituraria, la de la tiniebla que alberga a Dios, fue racionalizada por las sucesivas
interpretaciones de la vida de Moiss y de su significado simblico y mstico.
Gregorio de Nisa, en la Vita Moysis (clxii-clxiii), haba sealado que el acceso
de Moiss ad caliginem representa la naturaleza incognoscible de la divinidad,
su condicin invisible para el hombre, y sugiere tambin que las tinieblas del
Dios mosaico deben leerse junto con un pasaje de Juan (1: 18), en el que se
afirma que nadie, nunca, ha visto a Dios: Deum nemo vidit unquam. Dios aparece primero en la luz y despus en la tiniebla: el texto nos enseara con ello
que el conocimiento es luz para el que lo recibe, pero a medida que el espritu asciende en perfeccin, ve cada vez con mayor claridad que la naturaleza
divina es invisible. San Gregorio detalla un proceso por el cual el alma emprende una bsqueda intelectual y se interna en s misma, hacia su centro, hasta
adquirir el verdadero conocimiento, que reside en ver por el no ver, porque lo
incomprensible est como envuelto en tinieblas.2 En el Comentario del Cantar
de los Cantares, indica adems que lo que la Esposa llama el lecho debe entenderse como la ms perfecta participacin en Dios, y lo que llama noche, como
el tiempo de la oscuridad: la noche mostrara, de creer a Gregorio, que la Esposa ha logrado la contemplacin de lo que no puede verse, y que se halla, como
Moiss en el Sina, en la oscuridad de la presencia de Dios.
Moiss es, adems, relevantsimo en la obra de Pico della Mirandola. A
Moiss se le atribuye la escritura del Gnesis, y a las palabras con las que relata los seis primeros das de la creacin dedic Pico los siete libros del Heptaplus, quiz su obra ms ambiciosa. Con una invocacin a Moiss y a Timeo, esto
es, al relato creacional hebreo y al platnico, para celebrar las concordancias
1. Giovanni Pico DELLA MIRANDOLA, Conclusiones Nongentae. Le novecento tesi dellanno 1486,
Albino BIONDI (ed.), Firenze: Olschki, 1995, xxv, n. 49.
2. Vase Guillermo SERS, La transformacin de los amantes. Imgenes del amor de la Antigedad al Siglo de Oro, Barcelona: Crtica, 1996, p. 29 ss., sobre la contemplacin divina de
Moiss y la tradicin que concibe la unin contemplativa a travs de la oscuridad, entre
cuyos descendientes se cuenta la noche oscura de San Juan.
197
199
nitas hominis, al que siguen otros muchos, que indican, en cada momento, el
tema del discurso). El primer epgrafe significativo (dignitas hominis) habra
migrado, por as decir, al ttulo,6 y este hecho se habra visto favorecido por la
falta de un nombre temtico para el texto y por la indefinicin (oratio quaedam) del que haba elegido el primer editor. Cabe recordar que las Conclusiones no se imprimieron con la obra de Pico (al menos, no hasta 1557), lo
que habra propiciado la descontextualizacin completa de la Oratio y, como
corolario, habra agudizado la necesidad de concederle un ttulo que constituyera, de algn modo, una indicacin para su lectura. El ttulo de hominis
dignitate aparece ya en una reimpresin pirata y plagada de errores de las Opera
de Pico, la que apareci en 1504 en las prensas de Estrasburgo, en el taller de
Jacob Wimpheling y Hyeronimus Emser. No tuvo xito inmediato, si bien
convivi con otros semejantes (por ejemplo, Opusculum de homine, Oratio de
homine in qua sacra philosophia explicantur) y slo acab por imponerse a
finales del siglo XVI.
La cuestin del ttulo no es balad, porque genera expectativas y orienta
una direccin de lectura. Publicar la Oratio era perpetuar el recuerdo de las
Conclusiones, que el editor y sobrino de Pico haba decidido omitir de las Opera
omnia y que contenan las proposiciones suspectas que haban forzado el examen papal de la obra. De hecho, all el texto comparece como una de las obras
juveniles y menores, levioris curae, del autor. La publicacin independiente del
discurso propici una lectura totalmente descontextualizada de lo que en realidad era una prolusio a un acto de disputa acadmica. Los historiadores y crticos han ledo habitualmente la Oratio al margen de las Conclusiones, siguiendo
por tanto las intenciones del editor y no las del autor: inducidos por el ttulo,
han privilegiado el concepto de dignitas hominis que aparece brevemente en
el proemio de la Oratio. Quiz no sobre, por ello, recordar aqu que, en el texto
de Pico (dejando a un lado los ttulos y epgrafes marginales de los editores), la
palabra dignitas slo aparece dos veces, y ninguna de ellas para referirse al hombre (la referencia es, en el primer caso, a la vida querbica, y concierne, por
ello, y nicamente, a la dignidad de la que estn investidas las jerarquas anglicas).
La Oratio de Pico se abre, ciertamente, con una exposicin de la excelencia
humana: el hombre es principio de comunicacin entre las criaturas, familiar
de las superiores y soberano de las inferiores; por la perspicacia de sus sentidos, el poder de la razn y la lumbre de la inteligencia, es intrprete de la naturaleza; es intersticio entre la estabilidad de lo eterno y el devenir del tiempo,
y, como habran dicho los persas, cpula e himeneo del mundo, apenas inferior a los ngeles. Este celebradsimo comienzo es, sin embargo, un comienzo
oblicuo, porque Pico aade a continuacin: tales cosas no me satisfacan plenamente. As pues, el tema de la dignidad humana que reconoci el redactor
6. Es sta la hiptesis de Stephen Alan FARMER, Syncretism in the West: Picos 900 theses (1486).
The Evolution of Traditional Religious and Philosophical Systems, Tempe, 1998, 19 n. 50.
201-220
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
para Espaa y para buena parte de Europa, con una fuerza expansiva excepcional.
La tercera conclusin afecta al mtodo de
trabajo: el espacio cultural que acoge a lo
literario es tan denso y complejo, tan polivalente, que requiere esfuerzos comunes,
203
Ressenyes
Ludovico ARIOSTO,
Stiras,
edicin bilinge, traduccin, prlogo y notas de Jos Mara Mic,
Barcellona: Pennsula, 1999.
Le sette satire di Ludovico Ariosto non
erano state tradotte in castigliano, e presentate con introduzione e annotazione,
fino ad ora, fino a questo splendido volume che offre con tutta eleganza e chiarezza la traduzione affrontata al testo
italiano e, in appendice, un succinto apparato di note puntuali, sia storico-illustrative che linguistiche; ma per chi abbia
Ressenyes
205
relazione con la societ, problema che lAriosto fa bruciare vivissimo in molti dei
versi delle satire e che ha, per lui come
per noi, radice poetica, ossia vitale, nellinesauribile Tu proverai s come sa di
sale / lo pane altrui, e come duro calle
/ lo scendere e l salir per laltrui scale.
La traduzione passa dalle terzine di
endecasillbi allendecasillabo sciolto, nellimpossibilit di conservare la rima
(Notas, p. 140), impossibilit che nulla
toglie al pregio dei risultati e che rientra
perfettamente nel progetto di raffinata
divulgazione della collana (Crespo e Sagarra, ricreando la terzina dantesca, vissero
un altro spazio della traduzione e, evidentemente, di altra opera). La traduzione di Mic sempre di impeccabile
esattezza e nellinsieme si osserva che
riproduce abbassato e contemporaneizzato il tono apparentemente piano, e di
corrispondente umilt di stile, delloriginale, in cui lo scarto linguistico interno
a conservare e ad esprimere per accensioni ricorrenti il sostenuto delleleganza letteraria e dellorgoglio ferito. Nella generale
mediet realizzata dalla traduzione spiccano momenti linguisticamente e letterariamente notevoli, come I, 226-228: Si
quiere que le sirva (sin sacarme / del corrillo) con pluma e con tintero, / puedes
decir: Seor, mi hermano es vuestro
(Il qual se vuol di calamo et inchiostro
/ di me servirsi, e non mi tr da bomba,
/ digli: Signore, il mio fratello vostro),
in cui lattenzione cade sullespressione
sin sacarme del corrillo<e non mi tr da
bomba e la felice, letteralmente rotonda,
corrispondenza corrillo<bomba; come VI,
19-21: S que est la doctrina ms a
mano / que la bondad: hoy casi es imposible / que de su unin florezca brote alguno (So ben che la dottrina fia pi presta
/ a lasciarsi trovar che la bontade: / s mal
luna ne laltra oggi sinesta), che nella
riformulazione e dislocazione dei significanti conserva esplicitandola la metafora
dellinnesto, que de su unin florezca brote
alguno<s mal luna ne laltra oggi sinesta,
Ressenyes
Ressenyes
207
Girolamo DE MIRANDA,
Una quiete operosa. Forma e pratiche dellAccademia napoletana
degli Oziosi (1611-1645),
Napoli: Fridericiana Editrice Universitaria, 2000.
Girolamo de Miranda, estudioso de la
cultura napolitana de la poca barroca,
ofrece en esta nueva obra una parte de su
tesis doctoral, elaborada en el Departamento de Filologa Moderna de la Facultad de Letras de la Universidad Federico
II de Npoles, entre los aos 1991 y
1994. El resultado es una visin amplia,
documentada y bien contextualizada de
la produccin literaria de la Academia de
los Ociosos, de Npoles, as como la heterognea composicin social de sus
miembros, y la estrecha relacin que la
Academia mantuvo con las ms relevantes figuras polticas e intelectuales de
Npoles y Sicilia. A travs de sus pginas
se aprecia la actividad de la nobleza y del
alto funcionariado napolitanos, al servicio de la monarqua hispnica, y es posible realizar una valoracin diferente y
mucho ms matizada de la incidencia
poltica y cultural de las autoridades espaolas en el reino napolitano, gracias al
estudio del entorno de las cortes virreinales, en la primera mitad del siglo XVII,
en pleno apogeo de la cultura urea espaola.
El eje central conductor de la obra lo
constituyen las academias literarias y su
importancia a partir del siglo XVI, especialmente en Italia, que ostenta la primaca en Europa. Se analizan las relaciones
entre el poder poltico (forneo) y la sociedad napolitana a travs de estas instituciones culturales, con lo que, en breve
tiempo, las academias no solo adquieren
relevancia histrica sino que ejercen una
funcin complementaria de legitimacin
de las elites autctonas. El estudio concreto de la Accademia degli Oziosi, el
simbolismo de su nombre, la composicin social de sus miembros, vinculados
mayoritariamente a las ms ilustres fami-
Ressenyes
Dino CAMPANA,
Cantos rficos y otros poemas,
Barcellona: DVD ediciones, 1998.
Per quanto non si possa dividere la critica
del Novecento in detrattori di Campana
da una parte e in campanofili dellaltra,
il nome del Poeta traccia comunque un
confine che ha percorso le poetiche e le
antologie di quello che Hobsbawm avrebbe poi chiamato il secolo breve. Da un
lato si schierino i riduzionisti, da Contini a Mengaldo, passando per la stroncatura di Saba (era matto e solo matto);
dallaltro gli esaltatori, che vanno dalla
coppia neoavanguardista Anceschi-Sanguineti che nel Marradese ritrova il
centro propulsore delle esperienze espressionistiche del Novecento fino ad arrivare alla linea ermetica Bigongiari-Luzi,
per cui lorfismo diventa parola chiave in
Ressenyes
209
Ressenyes
Antonio COLINAS,
Antologa esencial de la poesa italiana,
Madrid: Espasa Calpe (Coleccin Austral), 1999, 477 p.
Nos hallamos, sin duda, ante uno de los
poetas espaoles que en estas ltimas
dcadas ms inclinacin ha demostrado
hacia las letras italianas. En la presente
antologa sern muchos quienes perciban
el eco de los Poetas italianos contemporneos que Antonio Colinas public en
1977. Desde esa fecha ya lejana hasta
nuestros das, el autor ha perseverado con
regularidad en su trayectoria vertiendo al
castellano algunos de los textos ms
emblemticos de los siglos XIX y XX: Las
cenizas de Gramsci (1975), los Cantos de
Leopardi (1980), Cristo se par en boli
(1982), las Poesas completas de Quasimodo (1991), El jardn de los Finzi-Contini (1993). La Antologa esencial de la
poesa italiana que ahora nos ocupa recapitula los intereses y trabajos de todos
estos aos, pero no sera justo ver en ella
una simple refundicin de viejos materiales, por ms que recoja tanto traducciones leopardianas como un gran
nmero de las incluidas en la antologa
de 1977: versiones de Saba, Campana,
Cardarelli, Ungaretti, Montale y Quasimodo. Colinas ha sometido a revisin
cada uno de los textos recuperados, a la
vez que ha suprimido, sustituido o aadido poemas en todos y cada uno de los
autores. Lo ms significativo, sin embar-
Ressenyes
tanto, rendir justo homenaje a los ya clsicos Carlos Alvar (Dolce Stil Novo),
ngel Crespo (Dante y Petrarca), Luis
Antonio de Villena (Miguel ngel, Aretino y Sandro Penna), Jos Agustn Goytisolo (Pavese), Carlos Manzano (Bassani),
etc. Menos convincente resulta el intento
de mantenerse en un trmino medio,
sobre todo si se presta atencin a los homenajeados. No es que la mayora de los elegidos no se merezca el protagonismo que
les brinda Colinas, pero las ausencias resultan, pese a ello, desconcertantes. Digno
de elogio es que Colinas haya autoexcluido sus traducciones de Pavese en favor del
insuperado Jos Agustn Goytisolo, pero
es inevitable preguntarse qu lo ha inducido a prescindir de otras aportaciones
como, por ejemplo, las de Joaqun Arce
como traductor de Montale y Miguel
ngel o las de los latinoamericanos Horacio Armani y Carlos Vitale, autores a su
vez de meritorias antologas de poesa italiana contempornea. Una ltima observacin: por qu para Ariosto es escogida
la traduccin del siglo XVI de Jernimo de
Urrea? No resta homogeneidad al sistema comunicativo instaurado por la antologa? O bien, admitiendo que se abran
las puertas a las traducciones antiguas, era
la nica digna de aprobacin para el antlogo? Recurdese, sin ir ms lejos, el celebrado Aminta traducido por Juan de
Juregui, que aqu cede paso a un fragmento vertido por el propio Colinas.
Otros interrogantes surgen en lo que
respecta al valor representativo de esta
antologa y a la seleccin de autores. En
este sentido queremos sealar que el itinerario propuesto es, en general, extremadamente ulico y en ningn momento
se hace eco del ya ms que consolidado
reencuentro de la crtica literaria italiana
con la lnea jocosa, popular y plurilinge de su tradicin. As, por ejemplo, si
empezamos por el nutrido grupo de
medievales, se incluye a Giacomo da Lentini, pero se omite a Cielo dAlcamo. Se
ofrece una amplia gama de stilnovisti (si
211
Ressenyes
caso, sin analizar otras infracciones al criterio de representatividad, como el desajuste en la distribucin de textos por
autor, el simple hecho de que la edicin
no sea bilinge impedira responder positivamente al augurio con que se cierra la
premisa al volumen: nos sentiramos
satisfechos si el lector espaol, especializado o no, encuentra en las pginas que
siguen una referencia de primera mano
para una mayor y mejor aproximacin a
la poesa italiana de todos los tiempos.
La traduccin, por excelente que sea, no
es nunca una referencia de primera
mano. En poesa, menos an.
Helena Aguil
Giuseppe UNGARETTI,
El dolor,
prlogo de Antonio Colinas, traduccin de Carlos Vitale, Montblanc: Igitur,
2000.
Carlos Vitale aveva gi tradotto quattro
anni fa per Igitur/poesa il primo libro di
Ungaretti, LAllegria (1914-1919), ed ora
ritornato con il libro che, almeno nella
prospettiva di un oggi che considera il percorso artistico della vita dun uomo, forse
il pi grande del lucchese egiziano: Il Dolore (1937-1946). Con questa traduzione si
fa pi completa lideale mappa dellUngaretti poeta tradotto in volume, senza
contare le numerose antologizzazioni: Sentimento del tempo (1919-1935) stato rieditato insieme alla traduzione nuova de
La Terra Promessa (1935-1953) da Toms
Segovia (Gutenberg, 1998; cfr. Quaderns
dItali, n. 4/5); Il Dolore, che cade cronologicamente in mezzo alle due raccolte, esce ora, essendo da tempo introvabile
la storica traduzione di Vintilia Horia
(Madrid, 1958); possiamo leggere Il Taccuino del vecchio (1952-1960) nella traduzione di Luis Muoz (Valncia, 2000).
Il bel volume di Igitur offre intelligentemente, e come costume della col-
Ressenyes
213
dellaria il patrio accento / Che non riudr con te, / Mi spezza ad ogni soffio;
Giorno per giorno, 10, p. 32); Veo ahora
en la noche triste, aprendo / S que el
infierno se abre sobre la tierra / A medida
que el hombre se sustrae, loco / A la pureza de Tu pasin (Vedo ora nella notte
triste, imparo, / So che linferno sapre
sulla terra / Su misura di quanto / Luomo si sottrae, folle, / Alla purezza della
Tua passione, Mio fiume anche tu, 2, p.
64, in cui per i cinque versi delloriginale sono diventati una quartina); En las
venas, ya casi vacas tumbas, / El an galopante afn, / En mis huesos que se hielan
el guijarro, / En el alma la aoranza sorda,
/ La indomable maldad, disuelve; (Nelle
vane gi quasi vuote tombe / Lancora
galoppante brama, / Nelle mie ossa che
si gelano il sasso, / Nellanima il rimpianto
sordo, / Lindomabile nequizia, dissolvi,
primi versi di Nelle vene, p. 56; si noti la
punteggiatura nel primo verso in traduzione). Nel polo del cambio annotiamo
due fatti ricorrenti, quasi stilema della traduzione: le inversioni sintattiche, sia allinteno del verso sia passandone la misura,
e il trattamento dellarticolo: Quin sabe
qu otros horrores / Me traern los aos
[] Busco en el cielo tu rostro feliz []
Una enfurecida tierra, un desmedido mar
(Mi porteranno gli anni / Chiss quali
altri orrori [] In cielo cerco il tuo felice volto [] Inferocita terra, immane
mare, Giorno per giorno, 3, 7 e 9, p. 28,
30 e 31); Que la espera sin tregua del
mal [] Por la ascensin de los milenios
humanos; / Ahora que, ya alterada, transcurre la noche, / Y aprendo cunto puede
padecer un hombre; / Ahora mismo,
mientras el mundo, / Esclavo, en una abismal pena se ahoga (Che di male lattesa senza requie [] Per ascensione di
millenni umani; / Ora che gi sconvolta
scorre notte, / E quanto un uomo pu
patire imparo; / Ora ora, mentre schiavo
/ Il mondo dabissale pena soffoca; Mio
Ressenyes
Ressenyes
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Pietro BENZONI,
Da Cline a Caproni. La versione italiana di Mort crdit,
Venezia: Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 2000.
Negli ultimi due decenni Giorgio Caproni
stato senza dubbio uno dei lirici novecenteschi le cui quotazioni nella borsavalori letteraria sono salite ed hanno
trovato una fortuna critica di grande solidit. I segnali di questo passaggio da una
condizione di appartata minorit (le antologie di Contini e Sanguineti lo avevano
consegnato ai margini del dibattito poetico, preferendo esperienze o di stilismo
pi prezioso o rotture formali dai segni
politici pi marcati) ad una di centralit
nel canone stanno tutti sia nellalto grado
di attenzione critica alla sua opera (si va
dalle monografie di Surdich, della Dei,
della Frabotta, ai Convegni tematici a lui
dedicati, con Genova soprattutto come
sede naturale del polifonico concerto critico, per finire nellapoteosi postuma del
Meridiano della Mondadori, affine ad
unedizione critica, grazie ad un apparato di note monumentale e puntiglioso
curato dal giovane filologo friulano Luca
Zuliani). I contributi sono stati molti ed
hanno svariato nelle variate direzioni che
lattivit creativa di Caproni ha tenuto,
perseguendo la totalit di unesperienza
di scrittura che ha occupato un sessantennio: sono state riunite da Raboni (La
scatola nera, Garzanti, 1996) le molte
pagine critiche sui contemporanei, uscite
alla spicciolata su quotidiani e settimanali italiani, sono state ristampate le aspre
prove narrative nel racconto di media lunghezza, e sono state accorpate per la prima
volta le innumerevoli traduzioni liriche
dellautore (Quaderno di traduzioni, Torino, Einaudi, 1998) dal francese (Char,
Apollinaire, Frenaud, Prvert, Baudelaire) e dallo spagnolo (Garca Lorca e
Manuel Machado).
Era nellintroduzione a questo volume che Mengaldo accennava ad un lavoro critico notevole, ma ancora inedito, di
Ressenyes
Antonio TABUCCHI,
Si sta facendo sempre pi tardi,
Milano: Feltrinelli, 2001, p. 230.
Dopo quattro anni da La testa perduta
di Damasceno Monteiro, Tabucchi ha
pubblicato Si sta facendo sempre pi tardi
(marzo 2001), un romanzo epistolare
modulato su diciasette voci maschili e
due femminili che si sovrappongono
nella lettera di Atropos-Arianna. Sinceramente, dopo aver frequentato per molti
Ressenyes
tuati a queste perplessit poich, escludendo i romanzi o racconti di pi immediato successo, nota la patina di
ambiguit che avvolge le sue storie e ancor
pi le domande che provoca nel lettore.
Anche in questa occasione gli interrogativi
non mancano perch alla lettura tutto riecheggia e la sensazione del gi letto, sentito o visto, prevale. Il lettore non pu
che provare un certo imbarazzo in quanto lattuale libro dominato da una forte
circolarit, volutamente non dissimulata,
con la precedente produzione. Non solo
si citano o menzionano i romanzi pubblicati causando claustrofobiche iterazioni alla Sostiene Pereira, ma il fil rouge
di molti testi lattacco ex abrupto di Any
where out of the world (in Piccoli equivoci
senza importanza) di cui esempi chiari
possono essere gli inizi di Forbidden
Games o A cosa serve unarpa con una corda
sola? E il richiamo insistente tanto da
provocare una sensazione di fastidio in
chi legge; i mittenti ci obbligano a seguire un loro itinerario a dir poco carsico che
attraversa queste lettere-racconto fino al
taglio perentorio dellAdesso. Ora. Subito della diciottesima lettera. La volont di
depistare confondendo con i molti rimandi musicali, fotografici e letterari una
prassi conosciuta della sapiente gestione
testuale di Tabucchi, anche se qui sembra venir meno quel patto autoriale fin
ora mantenuto con il lettore. In un monologo evocativo e amaro i diciotto scrittori parlano di un amore lontano, perduto
o sognato, un amore condizionato dalle
regole della vita a cui nessuno pu sottrarsi: per chi le infrange o le nega c solo
il silenzio. Aleggia su tutto il libro un
senso di rimpianto, di malinconico sguardo al passato con la presente coscienza
che quello che stato non si pu n
modificare, n far rivivere. Una sorta di
tristezza che non si ferma nemmeno
davanti allinfantile vendetta di Buono
come sei, ai viaggi alla Walser o alla diciottesima lettera di Arianna. Il titolo, il refrain
di come vanno le cose. E cosa le guida:
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Isabel TURULL,
Diccionari de paranys de traducci itali-catal,
Barcellona: Enciclopdia Catalana, 2001.
A che serve un dizionario di falsi amici?
E come va consultato? Certo, normalmente si parla di strumento di base per
gli studenti, gli studiosi, i traduttori o i
professori di lingua, ma nessuno poi viene
a darci delle istruzioni concrete per luso.
difficile immaginare un qualunque lettore, impegnato nellinterpretazione di
un testo in unaltra lingua che, di fronte
alla parola che gli pare sospetta o il cui
senso allinterno della frase gli sembra
assurdo, si scomodi per cercarne la definizione in un dizionario del genere. La
cercher, piuttosto, in uno bilingue (se
c) o direttamente in uno monolingue
ammesso che la sua conoscenza della
lingua straniera sia sufficiente a fornirgli una comprensione accettabile. Allora,
un lavoro come quello di Turull semplicemente uno studio lessicale destinato
a far bella presenza negli atti di un qualsiasi convegno di linguistica comparata?
No. O meglio: non solo. Infatti, lopera
in questione senzaltro uno splendido
esempio metodologico di un approccio
contrastivo serio e pragmatico; ma anche
un testo di lettura indispensabile per
chiunque sia interessato a qualunque
livello professionale ai rapporti tra la
lingua italiana e quella catalana. In altre
parole, ora che questo dizionario a
disposizione dei lettori, la sua conoscenza diventa obbligatoria e peccher automaticamente di dilettantismo chi si vorr
concedere il lusso di cadere negli errori di
traduzione messi in luce da Turull. Insomma, unopera da leggere, rileggere e posare sul comodino pi che accanto al
computer, poich la sua funzione propedeutica e non correttiva: proprio per
questo, bisogna armarsi di umilt e consultarla per filo e per segno.
Ci si accorger, allora, della rigorosa
sistematizzazione di un corpus che tocca
svariati piani stilistici; e con motivi pi
che validi, dato che non assurdo pensare che anche uno studioso ben preparato
possa incappare nei tranelli tesi dalla confusione fra it. monopattino e cat. patinet
da una parte e it. skateboard e cat. monopat dallaltra. Altre volte, invece, la definizione del dizionario diventa uno stimolo
ad ordinare e a far emergere alla coscienza nuove classificazioni, per cui le esemplificazioni della coppia it. risultare/cat.
resultar non coprono forse del tutto la
casistica ma fanno chiarezza su vaste zone
dombra e danno lincentivo al lettore per
proseguire da solo su una strada gi correttamente impostata.
Ma un dizionario come questo fatto
per essere discusso, criticato (con cognizione di causa) e, infine, personalizzato,
non per essere accettato supinamente. Chi
scrive questa nota dissente, per esempio,
dallincorporazione del binomio it. ancora/cat. encara, perch, in situazioni di questo tipo, le ambiguit sono cos palesi che,
ad ammettere la necessit di spiegarle, si
dovrebbe aumentare a dismisura il numero delle entrate. Lo stesso valga per linserimento dellit. teoria nel senso di fila,
coda, talmente specifico da non poter
essere considerato alla stregua di un vero
e proprio falso amico. E poi, in termini
di equilibrio interno, tali presenze non
sono giustificate da alcune lacune (poche,
a dire il vero) che sarebbe stato logico
riempire, come per it. bilancio e bilancia
di fronte ai corrispettivi cat. balan e
balana. O, allinterno delle varie significazioni di roba nei due idiomi, non sarebbe forse stato fuori luogo segnalare anche
la coincidenza del termine catalano con
lit. panni. Cos, si stenta a condividere la
posizione di Turull che evita les paraules que en itali tenen un s vulgar o una
segona accepci en registre vulgar. Le
ragioni dichiarate dallautrice nellintroduzione rimandano a problemi di
Ressenyes