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http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/
Indice
1 Introduzione alla Fisica dei Liquidi
1.1 Stato liquido della materia . . . . . . . . . . .
1.2 Sistemi e modelli microscopici . . . . . . . . .
1.3 Teorie approssimate e metodi esatti . . . . . .
1.4 Metodi sperimentali e funzioni di correlazione
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2 Richiami di Termodinamica
2.1 Funzioni estensive ed intensive . . . . . . . . . . . .
2.2 Primo principio della termodinamica . . . . . . . . .
2.3 Vincoli e trasformazioni . . . . . . . . . . . . . . . .
2.4 Il secondo principio della termodinamica e lentropia
2.5 Definizione della temperatura . . . . . . . . . . . . .
2.6 Condizioni di equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7 Potenziale chimico ed equilibrio chimico . . . . . . .
2.8 Equazioni di stato e condizioni di equilibrio . . . . .
2.9 Funzioni intensive e quantit`
a molari . . . . . . . . .
2.10 Relazione di Gibbs-Duhem . . . . . . . . . . . . . . .
2.11 Trasformate di Legendre e potenziali termodinamici
2.12 Relazioni di Maxwell e alcune conseguenze . . . . . .
2.13 Le funzioni risposta macroscopiche . . . . . . . . . .
2.14 Condizioni di stabilit`a per un sistema . . . . . . . .
2.15 Equilibrio delle fasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.16 Transizioni di fase e loro classificazione . . . . . . . .
2.17 Equazione di Van der Waals . . . . . . . . . . . . . .
2.18 Principio degli stati corrispondenti . . . . . . . . . .
3 Richiami di Meccanica Statistica
3.1 Teoria degli ensembles . . . . . . . . . .
3.2 Ensemble microcanonico e legame con la
3.3 Vari tipi di ensemble . . . . . . . . . . .
3.3.1 Canonico . . . . . . . . . . . . .
3.3.2 Gran-canonico . . . . . . . . . .
3.3.3 Isobarico . . . . . . . . . . . . .
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termodinamica
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7.9
iii
81
Indice
iv
Capitolo 1
1.1
P.C.
L
S
P.T.
T
Figura 1.1:
P.C.
P.T.
Figura 1.2:
1.2
h2
2mkB T
(1.3)
1
a
(1.4)
3.3
0.78
0.31
0.30
0.19
4
/a
0.97
0.26
0.11
0.083
0.054
Come si vede sistemi come argon e sodio liquido possono essere trattati come classici, per gli altri ci aspettiamo correzioni quantistiche e per
lidrogeno lapprossimazione classica `e discutibile.
Una volta stabilito il modello di interazione fra gli atomi, si calcolano
le propriet`a del sistema con i metodi della Meccanica Statistica. I sistemi
semplici sono quelli per i quali `e possibile trovare un potenziale efficace a
coppie che consenta di raggiungere un buon accordo con la fenomenologia.
In genere questo `e possibile per gli atomi a shell chiuse, come i gas rari. Gli
elettroni riempiono completamente i livelli atomici e la distribuzione di carica risulta sferica. Linterazione `e costituita da una parte attrattiva alla Van
der Waals e da una repulsione a corte distanze, dovuta allimpossibilit`a di
sovrapporre le funzioni donda elettroniche. Per questi sistemi il potenziale
dipende da pochi parametri ed `e trasferibile dal solido al liquido.
Diverso `e il caso dei sistemi a legame covalente, come il silicio, dove la
direzionalit`a del legame gioca un ruolo fondamentale. In questi casi non si
possono trovare buoni potenziali a due corpi. Bisogna peraltro ricordare che
il silicio, come anche il germanio, diventa metallico in fase liquida, quindi,
nellandare dal solido al liquido, cambia la natura delle forze interatomiche.
I sistemi, che sono metallici in fase solida, rimangono tali anche in fase
liquida. Come nel solido, anche nel liquido gli elettroni di conduzione giocano un ruolo importante per determinare le propriet`a del sistema. Per tener
conto di questo `e spesso necessario introdurre opportuni potenziali efficaci,
che hanno forme pi`
u complesse rispetto alla semplice forma dellinterazione
alla Van der Waals.
Una categoria a parte `e costituita dai liquidi molecolari. In fase fluida
gli atomi conservano il legame e quindi le unit`a costitutive, a livello microscopico, sono le molecole. Esistono liquidi molecolari semplici, in genere
costituiti da molecole omonucleari, come lazoto, o quasi sferiche come il
CH4 . Il liquido pi`
u diffuso, lacqua, `e difficile da classificare, si pu`o dire che
presenta alcuni aspetti da liquido semplice ma offre anche una fenomenologia
peculiare che lo rende molto diverso dagli altri fluidi semplici.
Per i fluidi composti da macromolecole naturalmente il tipo di modello
microscopico dal quale partire `e molto pi`
u complesso anche se come detto
sopra per molti di questi sistemi si possono usare metodi simili a quelli
elaborati per la Fisica dei Liquidi.
1.3
Il calcolo delle quantit`a osservabili con metodi analitici richiede sempre opportune approssimazioni, la cui verifica `e spesso rimandata a posteriori. Le
ragioni principali delle difficolt`a, che si incontrano nello studio dei liquidi
o dei fluidi densi, derivano dal fatto che si tratta di sistemi dove, proprio
per lalta concentrazione degli atomi rispetto ai gas diluiti, ci sono frequen5
1.4
Le funzioni di correlazione giocano un ruolo fondamentale nello studio dei sistemi fluidi, esse ci rappresentano come la fluttuazione di una certa quantit`
a,
in un determinato punto dello spazio, ad un dato tempo, sia collegata alla
fluttuazione di unaltra quantit`
a (o della stessa), in un altro punto dello spazio, ad un tempo diverso. A partire dalle funzioni di correlazione si possono
ricavare tutte le propriet`a dinamiche del sistema, mentre nel limite statico
esse contengono le informazioni sulle propriet`a statiche e la termodinamica
del fluido.
La diffrazione dei raggi X `e usata da lungo tempo per studiare la struttura dei liquidi. I raggi X hanno lunghezze donda dellordine delle distanze
interatomiche e le loro energie sono molto pi`
u alte di quelle proprie del
sistema, consentendo una diffrazione elastica. Da alcuni anni per`o ha acquistato sempre pi`
u rilevanza la tecnica di spettroscopia neutronica. I neutroni
interagiscono con i nuclei del fluido e vedono le fluttuazioni della densit`a
atomica. Opportunamente accelerati e poi moderati diffondono nel sistema con uno scattering anelastico, dalla sezione durto `e possibile ricavare
la funzione di correlazione spazio-temporale delle densit`a. Questa funzione
contiene molta informazione sul comportamento dinamico e sulla struttura
del fluido.
Capitolo 2
Richiami di Termodinamica
I fenomeni macroscopici, che osserviamo nei materiali, derivano da fluttuazioni del sistema a livello microscopico. I sistemi sono composti da un
numero enorme di particelle, circa 1023 in una mole, non possiamo quindi
tenere sotto controllo tutte le variabili in gioco, anche se in principio potremmo scrivere le equazioni del moto per ciascuna particella, cos` i metodi
che possiamo usare sono statistici. La Meccanica Statistica `e proprio la
teoria matematica, che ci consente di trattare le fluttuazioni in termini di
valori pi`
u probabili o valori medi. Spesso per`o i processi di misura sono cos`
lunghi, rispetto ai tempi atomici caratteristici ( 1015 s ), e si effettuano
su scale di lunghezza cos` grandi rispetto a quelle interatomiche ( 108 cm)
che il sistema ci appare in equilibrio statico, vale a dire le sue osservabili
non cambiano nel tempo. La Termodinamica si fonda su questo tipo di osservazioni. Essa studia gli stati di equilibrio e i passaggi da uno stato di
equilibrio ad un altro. Questi passaggi, o trasformazioni, hanno luogo per
linterazione del sistema con lesterno, che avviene attraverso trasferimenti
di energia. Lenergia trasferita pu`o essere di tipo meccanico ed `e allora associata al cambiamento di una variabile macroscopica, come per esempio il
volume, oppure essa viene trasferita alle variabili microscopiche, sotto forma
di calore.
2.1
(2.1)
(2.2)
2.2
(2.3)
Nella termodinamica un ruolo essenziale `e giocato dallenergia. Allequilibrio, lenergia interna, definita come la somma delle energie di tutte le
particelle, che compongono il sistema, rimane costante ed `e misurabile macroscopicamente.
Per quello che riguarda gli stati di equilibrio, essi si possono definire in
base al postulato che gli stati di equilibrio macroscopico di un sistema sono
quelli caratterizzati completamente dalle variabili energia interna E, volume
V e numero di particelle (o moli) delle diverse componenti N1 , N2 ,. . .
A priori non `e garantito che le variabili siano sufficienti per descrivere
lo stato del sistema, se esso si trovasse in un campo esterno, dovremmo
aggiungere altre variabili, per esempio il dipolo totale, se si trattasse di un
campo elettrico. Solo losservazione sperimentale ci garantir`
a che abbiamo
incluso tutte le variabili necessarie.
Il primo principio della termodinamica si pu`o formulare in termini di
postulati sullenergia interna E.
PE-1 Lenergia interna E `e una funzione estensiva del volume e del numero
di particelle delle diverse componenti.
PE-2 Un cambiamento infinitesimo dellenergia interna durante un trasformazione `e dato da
dE = Q + W
(2.4)
vale a dire il cambio infinitesimo di energia `e determinato dal calore infinitesimo Q trasferito al sistema, e dal lavoro W infinitesimo compiuto sul
sistema. Da notare che dE, differenziale esatto, non deve essere considerato
la somma di Q e di W , che in generale possono non essere differenziali
esatti.
2.3
Vincoli e trasformazioni
V
1
V
2
2.4
S E 0 , Va + Vb , N1a + N1b , . . . , {} =
(2.6)
dS =
S
E
dE +
V
S
V
dV
(2.7)
dE =
con
E
S
S
E
dS +
V
=
V
E
V
E
S
dV
(2.8)
(2.9)
V
2.5
(Q)rev =
E
S
dS
V
T =
E
S
11
(2.10)
V
p=
E
V
(2.11)
S
p=T
2.6
S
V
(2.12)
E
Condizioni di equilibrio
(2.13)
X S
d2 S =
X
ij
2S
i j
di
(2.14)
(2.15)
di dj
(2.16)
(2.17)
d2 S = (i 0) 0
(2.18)
12
(2.19)
(2.20)
d2 E = (i 0) 0
(2.21)
(2.22)
dS =
S1
E1
V1 ,N1
dE1 +
S2
E2
V2 ,N2
dE2 = 0
(2.23)
1
1
dE1 = 0
T1 T2
(2.24)
che si deve verificare per ogni valore di dE1 , quindi la condizione di equilibrio
sar`a data da
T1 = T2
(2.25)
Il sistema risulta in equilibrio, se i due sottosistemi, da cui `e composto,
hanno la stessa temperatura.
Equilibrio meccanico
Se nel sistema, che abbiamo considerato ora, rilasciamo non solo il vincolo di adiabaticit`a ma permettiamo alla parete di non essere rigida, il volume
dei due sottosistemi varier`a in modo da lasciare costante il volume totale
V = V1 + V2 . In aggiunta alla (2.22) avremo anche
dV1 = dV2
13
(2.26)
1
1
dE1 +
T1 T2
p1
p2
dV1 = 0
T1 T2
(2.27)
2.7
(2.28)
n
X
i dNi
(2.29)
i=1
dove `e stato definito il potenziale chimico della specie i-esima i . Dal primo
principio (2.4) avremo che
dE = T dS pdV +
n
X
i dNi
(2.30)
i=1
i =
E
Ni
(2.31)
S,V,Nk6=i
2.8
Equil. termico
T uguale in tutti i punti
Equil. meccanico p uguale in tutti i punti
Equil. materiale
uguale in tutti i punti
Le quantit`a intensive sono derivate dellenergia rispetto alle variabili
estensive, tali relazioni costituiscono le equazioni di stato del sistema:
E
T
=
S V,Ni
E
p =
V S,Ni
E
i =
N S,V,Nj6=i
2.9
(2.33)
(2.34)
(2.35)
(2.36)
xi =
(2.37)
xi = 1
(2.38)
i=1
p=p
S V
, , x1 , . . . , xn1
N N
(2.39)
S
N
2.10
Relazione di Gibbs-Duhem
n
X
f
i=1
xi
xj6=i
dxi
(2.41)
n
X
f
xi
(2.42)
f (x1 , . . . , xn ) =
xi xj6=i
i=1
Applichiamo la (2.42) allenergia interna E
E = E (S, V, N1 , . . . , Nn )
che possiamo scrivere come
E=
E
S
S+
V,Ni
E
V
V +
X E
S,Ni
Ni
quindi
E = T S pV +
S,V,Nj
Ni
i Ni
(2.43)
(2.44)
(i dNi + Ni di )
i dNi
(2.45)
Ni di = 0
(2.46)
Questa relazione `e importante perche collega fra loro le tre variabili intensive,
che non sono quindi indipendenti. Nel caso ad una componente dalla (2.46)
ricaviamo
d = sdT + vdp
(2.47)
16
2.11
ui dxi
(2.48)
i=1
dove le
ui =
f
xi
(2.49)
xj
n
X
ui xi
(2.50)
i=m+1
ui dxi +
i=1
(xi )dui
(2.51)
i=m+1
(2.52)
T =
E
S
(2.53)
V,Ni
(2.54)
La nuova funzione viene chiamata energia libera di Helmholtz e il suo differenziale `e dato da
dA = SdT pdV +
n
X
i=1
17
i dNi
(2.55)
E
p=
V S,Ni
dobbiamo sostituire a V p e otteniamo lentalpia
H(S, p, N1 , . . . , Nn ) = E + pV
(2.56)
n
X
dG = SdT + V dp +
i dNi
(2.57)
(2.58)
i=1
i Ni
(2.59)
con
d = SdT pdV
Ni di
(2.60)
In base al teorema di Eulero tutti i potenziali termodinamici sono funzioni lineari delle variabili estensive. Vediamo una conseguenza per lenergia
libera di Gibbs, che si pu`o scrivere come
G=
n
X
G
Ni
i=1
Nj
Ni
i Ni
(2.61)
da cui
i =
G
Ni
(2.62)
Nj
(2.63)
(2.64)
2.12
df =
avremo che
f
x
f
x
dx +
y
=
y
f
y
dy
x
f
y
(2.65)
x y
Relazioni di questo tipo, riferite a derivate seconde di potenziali termodinamici, sono dette relazioni di Maxwell. Per esempio, se consideriamo il
differenziale della A (2.55), abbiamo
S
V
=
T,N
p
T
(2.66)
V,N
2.13
S
p
=
T,N
V
T
(2.67)
p,N
Ci sono delle funzioni termodinamiche che ci mostrano come il sistema risponde, quando modifichiamo un parametro come la temperatura, la pressione etc. Una tipica funzione di questo tipo `e il coefficiente di espansione
termica
1 V
p =
(2.68)
V T p
Abbiamo poi la compressibilit`a isoterma
1
KT =
V
e quella adiabatica
KS =
1
V
V
p
V
p
(2.69)
T
(2.70)
S
Queste funzioni sono collegate alle capacit`a termiche. La capacit`a termica a volume costante `e data da
CV = T
S
T
(2.71)
V
Cp = T
19
S
T
(2.72)
p
(2.73)
T V p2
Cp
(2.74)
Cp CV = T V
e anche
KT KS =
2.14
Condizioni di stabilit`
a per un sistema
(2.75)
dEtot = dE + T0 dS0 = dE T0 dS
(2.76)
(2.79)
Se il sistema pu`o variare il proprio volume in contatto con un bagno termico, che garantisce una temperatura e una pressione costante, la
condizione di equilibrio diventa
(dG)T =T0 ,p=p0 = d (E T S + pV )T =T0 ,p=p0 = 0
20
(2.80)
(2.81)
La condizione al secondo ordine (2.79) ci assicura la stabilit`a del sistema. La (2.79) si traduce nelle condizioni sulle derivate seconde dellenergia
interna
2E
T
=
0
(2.82)
S 2 V,N
S V,N
2E
V 2
S,N
p
=
V
2E 2E
S 2 V 2
(2.83)
S,N
!2
2E
SV
(2.84)
(2.85)
KS 0
(2.86)
compressibilit`a adiabatica
capacit`a termica a volume costante
CV 0
(2.87)
(2.88)
2A
V 2
=
T,N
21
p
V
0
T,N
(2.89)
che `e positiva per via della (2.85), mentre a causa della (2.87) abbiamo
2A
T 2
=
V,N
S
T
=
V,N
CV
0
T
(2.90)
2.15
Se in un sistema sono presenti fasi diverse coesistenti, le condizioni di equilibrio sono le stesse ottenute in 2.8. Per semplificare pensiamo di avere due
fasi in equilibrio, indicate con a e b, avremo
T (a) = T (b)
p(a) = p(b)
(a)
(b)
= i
(2.91)
(2.92)
a
a
T0
Figura 2.1:
a
a
T0
Figura 2.2:
2.16
23
fase a
fase b
T
Figura 2.3:
s=
v=
p
(2.94)
T
(2.95)
v = v (b) v (a)
(2.96)
e un cambio di volume
Le transizioni di questo tipo, con discontinuit`
a nelle derivate prime del
potenziale termodinamico, sono dette del primo ordine.
Vi sono poi transizioni di fase dove le derivate prime sono continue e si
hanno non analiticit`a nelle derivate seconde. Si parla allora di transizioni
di fase del secondo ordine. Le transizioni di fase sono sempre caratterizzate da un comportamento non analitico del potenziale termodinamico, che
caratterizza il sistema.
In una transizione del primo ordine abbiamo visto che il volume `e discontinuo, lungo unisoterma, al punto di transizione dovranno essere soddisfatte
le condizioni
p(a) T, v (a)
= p(b) T, v (b)
24
(2.97)
(a) T, p(a)
= (b) T, p(b)
(2.98)
= d(b)
(2.99)
d(a)
coex
coex
Ricordando che
d = sdT + vdp
abbiamo
coex
dp
dT
=
coex
q
T v
(2.100)
2.17
(2.101)
Van der Waals introdusse nel 1873 unequazione di stato con lidea di tener
conto, in modo approssimato, dellinterazione fra le molecole di un gas. La
sua equazione riesce a descrivere la transizione liquido-vapore ed `e alla base
di molte equazioni di stato empiriche, tuttora usate in impieghi pratici. Le
idee, dalle quali `e derivata lequazione, sono daltra parte ancora valide ed
anzi costituiscono le linee guida di molti sviluppi teorici successivi.
Si vuole scrivere unequazione di stato, che ricordi quella del gas ideale,
che richiamiamo
pV = N kB T
Si introducono due effetti: il primo `e detto di volume escluso, due particelle
del sistema avranno una repulsione a corta distanza, che impedisce la loro
sovrapposizione (fig. 2.4)
Si introduce il parametro empirico b, che rappresenta la porzione di volume escluso di ciascuna molecola. Il volume totale occupabile sar`a quindi
V nb e lequazione di stato diventa
p (V N b) = N kB T
Si vede che per N e T finiti, quando p diventa molto grande, il volume non va
a zero come accade per il gas ideale, ma V N b, si ha quindi un massimo
impacchettamento possibile delle molecole.
25
N2
V2
Figura 2.4:
Lequazione diventa quindi
N2
p+a 2
V
(V N b) = N kB T
(2.102)
kB T
v b+
p
a
ab
v2 + v
=0
p
p
(2.103)
kB T 2
v =0
p
(2.104)
a
kB T
(v b) v 2
(2.105)
Le curve, che si ottengono, sono come quelle in figura 2.5 per diverse temperature.
Le temperature decrescono a partire dallalto e al disotto di una certa
temperatura cominciano ad apparire curve dove
p
v
>0
T
26
(2.106)
100
275
p (atm)
265
50
255
245
235
225
0.0001
0.0002 0.0003
3
v (m /mole)
0.0004
Figura 2.5:
(2.107)
Z (2)
(1)
vdp = 0
Z (2)
(1)
pdv = 0
(2.108)
Integriamo per parti il
(2.109)
Teniamo conto che le due pressioni devono essere uguali p1 = p2 e introduciamo il volume v3 , tale che v1 < v3 < v2 come nella figura 2.6
27
50
40
p1
30
20
v2
v3
v1
Figura 2.6:
Z (3)
(1)
Z (2)
pdv =
(3)
pdv p1 (v2 v3 )
(2.110)
p
v
2p
v 2
= 0
(2.111)
= 0
(2.112)
T =Tc
T =Tc
60
0.0002 0.0004
Figura 2.7:
2.18
pc =
a
27b
Tc =
8 a
27 kB b
(2.113)
v =
v
vc
p =
p
pc
(2.114)
3
v 1) = 8T
p + 2 (3
v
(2.115)
Abbiamo quindi unequazione di stato valida per tutte le sostanze. Le isoterme sono le stesse e in particolare `e la stessa la curva di coesistenza.
Questa predizione dellequazione di Van der Waals si chiama legge degli stati corrispondenti ed `e verificata in effetti da molte sostanze, anche se non `e
29
30
Capitolo 3
Richiami di Meccanica
Statistica
3.1
A = lim
Z t
0
dt0 A t0
(3.1)
(3.2)
(3.3)
Per descrivere
nello spazio delle fasi, si introduce la funzio levoluzione
N
N
ne densit`a q , p , t , dove qN = (q1 , . . . , q3N ) e pN = (p1 , . . . , p3N ),
normalizzata in modo che
Z
dqN dpN qN , pN , t = 1
(3.4)
essa descrive ad ogni istante la densit`a di punti nello spazio delle fasi e
quindi il modo in cui sono distribuiti i membri dellensemble. La densit`a di
probabilit`a soddisfa allequazione di evoluzione temporale di Liouville
= iL qN , pN , t
t
(3.5)
qi
f
f
+ pi
qi
pi
(3.6)
=0
t
La densit`a di probabilit`a dovr`
a quindi essere un funzionale dellhamiltoniana
= [H]. Con queste distribuzioni potremo calcolare le medie di equilibrio
sullensemble. Se = (qN , pN ) `e un punto nello spazio delle fasi
hAi =
ens [H()] A ()
(3.7)
3.2
(3.8)
wmic
Zmic
(3.9)
(E H ())
(3.10)
(3.11)
3.3
wens (H)
(3.13)
(3.14)
y1 =
ens
x1
(3.15)
x2 ,...
(3.16)
dx1
33
ex1 y1
Zens
(3.17)
3.3.1
Canonico
(S/kB )
1 S
1
=
=
=
(3.18)
E
kB E V
kB T
V
Otteniamo lensemble canonico con la funzione di partizione
Z
dEeE
Zcan =
d(E H) =
deH
(3.19)
Il potenziale termodinamico nel nuovo ensemble caratterizzato dalle variabili fissate N , V e T o sar`a lenergia libera di Helmholtz
S
+ E = T S + E = A
kB
(3.20)
3.3.2
(3.21)
Gran-canonico
A
N
(3.22)
T,V
eN Zcan (N, V, T )
(3.23)
N =0
(3.24)
= A N = P V
(3.25)
`e dato da
34
3.3.3
Isobarico
Zisob =
(3.26)
3.4
(3.27)
Nel seguito ci interessiamo di sistemi di particelle classiche e quindi ci concentriamo sullapplicazione del metodo degli ensembles a un sistema classico
caratterizzato da una hamiltoniana
H=
N
X
p2i
+ U (r1 , . . . , rN )
i=1
3.4.1
(3.28)
2m
Ensemble Canonico
Z Z
(3.29)
1
ZN (V, T )
N ! 3N
(3.30)
h2
2mkB T
(3.31)
ZN (V, T ) =
(3.32)
Per il gas ideale la (3.32) diventa ZN (V, T )=V N e quindi dalla (3.30)
Qid
N (V, T ) =
35
VN
N ! 3N
(3.33)
(3.34)
ZN (V, T )
VN
(3.35)
(3.36)
VN
A = ln
N ! 3N
id
N [ln + 3 ln 1]
(3.37)
ZN (V, T )
VN
(3.38)
exp H pN , rN
1
N
N
can
(r
,
p
)
=
N
N ! h3N
QN (V, T )
(3.39)
imp
X p2
3N
i
(p ) = 3N exp
h
2m
i
(3.40)
3.4.2
exp [U (r1 , . . . , rN )]
ZN (V, T )
(3.41)
Ensemble gran-canonico
X
N =0
con Q0 = 1
La densit`a di probabilit`a `e data da
36
eN QN (V, T )
(3.42)
exp [N ] exp H pN , rN
1
GC N
N
(r , p ) =
N ! h3N
ZGC (, V, T )
(3.43)
X
zN
ZGC (, V, T ) =
N =0
N!
ZN (V, T )
(3.44)
e
3
(3.45)
1
ZGC
X
zN
N =0
N!
(3.47)
hN i =
ZGC
X
zN
N =0
N!
N ZN (V, T )
(3.48)
da cui
hN i =
X
z N 1
z
ZGC
N!
N =0
e quindi
N ZN (V, T )
ln ZGC
z
(3.49)
pV = ln ZGC
(3.50)
hN i = z
Ricordando che
si vede che combinando la (3.50) con la (3.49) per eliminare la z fra le due si
pu`o ottenere lequazione di stato che collega pressione, volume, temperatura
e numero di particelle. Per un gas ideale dalla (3.44) abbiamo
id
ZGC
(, V, T ) =
X
zN
N =0
37
N!
V N = exp (zV )
(3.51)
quindi
id
pV = ln ZGC
= zV
(3.52)
(zV ) = zV
(3.53)
z
eliminando la z fra la (3.52) e la (3.53) si ottiene lequazione dei gas perfetti.
hN i = z
3.4.3
Nellensemble gran-canonico si pu`o ricavare una relazione molto importante che collega la fluttuazione microscopica del numero di particelle con la
compressibilit`a isoterma.
Partiamo dal calcolo dello scarto quadratico medio
hN 2 i = hN 2 i hN i2
(3.54)
hN i =
X
zN
1
ZGC
N =0
N!
N ZN (V, T )
X
zN
ZGC
N =0
N!
!2
N ZN (V, T )
(3.55)
hN 2 i = z
hN i
z
(3.56)
T,V
hN i
hN i = z
z T,V
z
hN i
=
()
z T,V
hN i
= kB T
T,V
2
(3.57)
hN i
p
= V
p T T
= V
p T
= V
T,V
38
(3.58)
=
T
1
V
V
p
=
T
(3.59)
T
hN i2
KT
V
(3.60)
(3.61)
39
Capitolo 4
Potenziali efficaci ed
espansione del viriale
4.1
4.1.1
I sistemi che consideriamo sono composti da molti atomi. Se il sistema contiene N nuclei di carica Z con coordinate R = (R1 , R2 , ..., RN ) e M elettroni
di coordinate r = (r1 , r2 , ..., rM ) cos` che M = ZN la sua Hamiltoniana si
pu`o scrivere come
H = Kn (R) + Ke (r) + Ven (r, R) + Vnn (R) + Vee (r)
(4.1)
dove K{...} sono gli operatori delle energie cinetiche, mentre V{...} sono i
potenziali di interazione fra le differenti particelle. Assumendo valida lapprossimazione di Born-Oppenheimer la funzione donda totale si pu`o scrivere
come il prodotto
(r, R) ' (R) (r, {R})
(4.2)
dove ora le coordinate R appaiono come parametri fissati nel problema elettronico. Lapprossimazion `e basata sul disaccoppiamento adiabatico del moto lento dei nuclei rispetto alla dinamica veloce degli elettroni. Il problema
viene separato in due equazioni di Schr
odinger, per gli elettroni
[Ke (r) + Ven (r, {R}) + Vee (r)] (r, {R}) = Eel ({R}) (r, {R})
(4.3)
e per i nuclei
[Kn (R) + Vnn (R) + Eel (R)] (R) = E(R)
(4.4)
` usuale considerare la (4.3) solo per gli elettroni di valenza, mentre il ruolo
E
degli elettroni di core `e quello di schermare il nucleo. Nella hamiltoniana il
potenziale coulombiano Ven `e rimpiazzato da una interazione efficace fra gli
40
K (R) +
I
X X Zl Zk e2
l
k>l
Rkl
(4.5)
X X Zl Zk e2
l
4.1.2
k>l
Rkl
+ Eel (R)
(4.6)
Potenziali efficaci.
Il potenziale da usare nello studio microscopico di liquidi `e in genere approssimato con uno di tipo empirico. Il modo usuale di procedere `e di assumere
che gli elettroni sono capaci di seguire il moto degli ioni e di rimanere sulla
superficie BO di equilibrio. Il potenziale (4.6) viene sviluppato in termini a
n-corpi
U BO (R) =
XX
i
u(2) (Ri , Rj ) +
XXX
j>i
(4.7)
"
12
u(r) = 4
(4.8)
Ne
Ar
Kr
Xe
4.2
(eV )
(
A)
0.0031
0.0104
0.0140
0.0200
2.74
3.40
3.65
3.98
(4.9)
r/
Figura 4.1:
p =
Aid
V
Aexc
N
+
V
ln ZN /V N
V
(4.10)
T
ZN (V, T ) =
u(rij )
(4.11)
i<j
ZN (V, T ) =
dr1 . . . drN
exp (u(rij ))
(4.12)
i<j
(4.13)
Per un potenziale a corto raggio, vale a dire che decade a zero pi`
u velocemente di r3 , la (4.13) va anche velocemente a zero dato che
f (r ) = u(r)
(4.14)
ZN (V, T ) =
dr1 . . . drN
[1 + f (rij )]
(4.15)
i<j
Se indichiamo con
fij = f (rij )
(4.16)
(4.17)
i<j
ZN (V, T )
dr1 . . . drN 1 +
f (rij )
(4.18)
i<j
1
N (N 1)
ZN (V, T ) 1 +
VN
2V
drf (r)
(4.19)
dove si `e tenuto conto che ci sono N (N 1)/2 termini uguali che vengono
dalla sommatoria in (4.18). Per ottenere la pressione si usa la formula (4.10)
da cui si ottiene, considerando che N (N 1) N 2 e ln(1 + y) y
Z
N2
N
+
drf (r)
V
V 2V
Z
N2
N
drf (r)
V
2V 2
(4.20)
p =
drf (r)
(4.21)
u(r)
0
2
r/
Figura 4.2:
4.3
Sfere dure
r<
r>
(4.23)
0
La termodinamica del sistema di sfere dure non dipende dalla temperatura, nel senso che tutte le propriet`a di eccesso dipendono solo dalla densit`a
e la temperatura entra solo nei termini del tipo gas ideale. Lo vedremo
meglio in seguito, vedi Cap. 7.
Per il potenziale (4.23), la funzione di Mayer diventa
f (r) =
r<
r>
(4.24)
0
2 3
= 4V
3
(4.25)
u(r) =
r<
< r < r0
r > r0
(4.26)
f (r) =
r<
e 1
< r < r0
r > r0
(4.27)
2 3
1+
3 v
2 3
3
r
3v 2 0
(4.28)
kB T
v
2 3
1+
3 v
kB T
v
2 3
3
2 r03 3
p+
3v 2
2 3
v
3
= kB T
(4.29)
p+
a
(v b) = kB T
v2
(4.30)
2 3
r0 3
3
mentre il coefficiente b della parte repulsiva o covolume `e
a=
(4.31)
2 3
= 4V
(4.32)
3
come si vede `e equivalente al volume escluso ed `e uguale al coefficiente del
viriale B2 (T ) delle sfere dure (4.25).
b=
46
Capitolo 5
(5.2)
r
r+dr
Figura 5.1:
47
k2
k1
Figura 5.2:
posto nellorigine. Ci aspettiamo che per grandi r, dove linterazione fra le
particelle va a zero, g(r) 1.
La funzione g(r) gioca un ruolo molto importante nello studio dei liquidi
e pu`o essere ottenuta dagli esperimenti. Torneremo dopo sul problema in
modo pi`
u dettagliato, per ora possiamo dire che si pu`o ricavare per esempio
da esperimenti di diffrazione dei raggi X, simili a quelli che permettono
di conoscere la struttura cristallina. Nel caso di un liquido non avremo la
diffrazione alla Bragg, ma la formula per lo scattering di raggi X `e dello
stesso tipo.
Lo scattering si pu`o considerare elastico e lintensit`
a diffratta ad un
angolo dal sistema sul quale incide una radiazione di vettore donda k1 =
2/, vedi fig.5.2, sar`a data da
I () = N |f (k)|2 S(k)
(5.3)
dove
4 sin
(5.4)
S(k) = 1 +
dr [g(r) 1] eikr
(5.5)
Z
0
dr
48
r2 [g(r) 1]
sin(kr)
kr
(5.6)
5.2
exp [U (r1 , . . . , rN )]
ZN (V, T )
(5.7)
(n)
(n) (r1 , . . . , rn ) =
dr1 . . . drn
N!
(N n)!
(5.9)
dr(1) (r) = N
N
49
(5.10)
N
=
V
e viene a coincidere con la densit`a del sistema.
Per n = 2 la (2) (r1 , r2 ) `e la densit`a di coppie. Si vede che
(1) =
N
(5.11)
lim
r1 r2
(5.12)
(5.13)
(2) (r)
(5.14)
Naturalmente
lim g(r) = 1 + O(1/N )
(5.15)
La funzione g(r) introdotta sopra `e proprio la funzione di distribuzine radiale, FDR, (5.14). Pi`
u in generale possiamo definire le funzioni di
distribuzione normalizzate di n particelle g (n) come
(n) (r1 , ..., rn )
(n)
(5.16)
(1)
k=1 N (rk )
5.3
5.3.1
1
1
ZN (V, T ) 2
eU
dr1 drN
XX
i
u (rij )
(5.17)
j6=i
dr1 dr2
u (r12 )
dr3 drN
eU /ZN
(5.18)
Z
0
50
dr
r2 u(r)g(r)
(5.20)
5.3.2
Per il calcolo della pressione dobbiamo partire dal viriale delle forze. Esso `e
definito da
W rN =
N
X
ri Fi
(5.21)
i=1
Z t
0
Z t
0
N
X
(5.22)
ri ( ) mri ( ) =
i=1
1
= lim m
t t
1
== lim
t t
ri ( ) Fi ( ) =
i=1
N
X
Z t
0
Z t
0
N
X
|ri ( )|2
i=1
(5.25)
N
X
ri i U rN
(5.26)
i=1
In assenza di forze esterne W ext `e dovuto alla pressione esercitata dalle pareti
sulle particelle. Si pu`o facilmente calcolare
W ext = 3pV
(5.27)
51
1
<W>
3
(5.28)
ri i
u(rij ) =
j6=i
1 X X du(rij )
rij
2 i j6=i
drij
(5.29)
=1
kB T
3 kB T
5.4
Z
0
r3 g(r)
dr
du(r)
dr
(5.30)
(r1 , . . . , rn ) =
zN
(N n)!
N n
1
ZGC
drn+1 . . . drN
Risulta
(5.31)
exp [U (r1 , . . . , rN )]
Z
(n)
dr1 . . . drn
(r1 , . . . , rn ) =
N!
(N n)!
(5.32)
(r ri )
(5.33)
(r1 , r2 ) =
*
XX
i
(5.34)
+
(r1 ri ) (r2 rj )
(5.35)
j6=i
(5.36)
(5.37)
(2) (r)
2
(5.38)
dr1 dr2
(5.39)
V 2
(5.40)
1+
dr [g(r) 1] = kB T KT
(5.41)
5.5
Nel limite di bassa densit`a ci aspettiamo di andare nel limite del gas ideale,
dove g(r) = 1. Si pu`o dimostrare a partire dalle formule che per 0
g(r) eu(r)
(5.42)
1.5
g(r)
2.0
0
u(r)
1.0
0.0
1.0
r /
Figura 5.4:
T=2.0
T=0.74
g(r)
r/
Figura 5.5:
54
Figura 5.6:
Il primo picco corrisponde ad una shell di primi vicini a cui fa seguito
un minimo e poi un secondo picco a rappresentare la shell di secondi vicini e cos` via. Andando a grandi distanze dallatomo nellorigine i picchi
diminuiscono e infine la g(r) converge a 1 con una serie di socillazioni. Le
condizioni termodinamiche e il tipo di potenziale determinano le posizioni,
le altezze dei picchi e di quanto si prolungano le oscillazioni a grandi r. Queste ultime possono persistere anche su lunghezze di 10 10
A. Anadando
a temperature basse laltezza dei picchi si incrementa, mentre le posizioni
rimangono tipicamente le stesse. Un effetto analogo ha anche, in genere,
laumento della densit`a.
Se ricordiamo la figura del fattore di struttura, fig. 5.3 essa `e la trasformata di Fourier di una g(r), vedi (5.6), che `e riportata in fig. 5.5.
Senza entrare in dettagli quantitativi possiamo dire che la quasi periodicita delle oscillazioni della g(r) del liquido determinano la posizione del
picco della S(k), mentre la persistenza delle oscillazioni in genere determina
laltezza del picco stesso. Torneremo con altri esempi in seguito.
Si pu`o definire il numero di coordinazione rispetto allatomo nellorigine
per la prima shell come
n1 = 4
Z r1
0
55
dr
r2 g(r)
(5.43)
5.6
Liquidi a pi`
u componenti
m
X
(5.44)
=1
con densit`a totale = N/V . Ciascuna componente sar`a presente con una
frazione x = N /N e quindi una densit`a parziale = x In analogia con
quanto visto per un liquido monoatomico possiamo introdurre la funzione
di distribuzione radiale g (r) tale che
4 g (r)r2 dr
(5.45)
56
Capitolo 6
Raggi X e neutroni
Le tecniche sperimentali che sono in grado di darci informazioni sulla struttura dei liquidi sono le stesse che vengono usate per i cristalli, vale a dire i
raggi X e i neutroni. Per studiare la struttura statica occorre in linea di principio effettuare una diffrazione elastica di particelle che abbiano lunghezze
donda nel range delle distanze interatomiche e unenergia molto pi`
u grande
di quelle dei modi del sistema da studiare. Per i raggi X questa condizione
si verifica facilmente, in quanto 1
A, mentre le energie sono nel range
dei 10keV . La relazione di dispersione per i raggi X infatti si pu`o scrivere
come
12.4103
eV
(6.1)
=
(
A)
abbiamo 10keV mentre le energie di eccitazione dei modi
con = 1A
nei liquidi sono nel range 10 100meV .
I neutroni interagiscono con i nuclei degli atomi e consentono di misurare le fluttuazioni della densit`a. La relazione di dispersione `e quella delle
particelle libere
h2 k 2
n =
(6.2)
2mn
con mn = 1.6751024 g risulta
78.4
n h
i2
(
A)
meV
(6.3)
per avere 1
A deve essere n 80 meV
In questo caso quindi lo scattering non risulta mai veramente elastico.
Nonostante questo in anni recenti la tecnica di scattering di neutroni ha
57
6.2
Per la descrizione della diffusione dei neutroni consideriamo uno schema sperimentale semplificato. I neutroni vengono prodotti da un reattore e passano attraverso un materiale moderatore, che ne attenua lenergia. Vengono
quindi indirizzati su un monocromatore che seleziona neutroni di una data
lunghezza donda . Essi vengono spediti sul campione, dove vengono diffusi
dallurto con i nuclei del materiale che si sta studiando. Dopo la diffusione
vengono raccolti da un rivelatore. Non ci dilunghiamo sui particolari dellapparato sperimentale. Nellanalisi dei dati gli sperimentali devono tener
conto di vari processi, come per esempio il contributo alla diffusione da parte
del contenitore del campione. Per semplificare ci limitiamo a descrivere il
processo in una situazione ideale.
Nel processo di scattering ci sar`a uno scambio di energia e impulso. Il
neutrone giunge sul campione con un vettore donda k0 e viene diffuso dopo
lo scattering con un vettore donda k1 . ed energia 1 = h2 k12 /2mn . Nel
processo di diffusione sar`a stato scambiato un vettore donda
k = k0 k1
(6.4)
(6.5)
Con queste definizioni usiamo la convenzione che h
> 0 (Em > En ) corrisponde alla perdita di energia (energy loss) dei neutroni, mentre per h
< 0
(Em < En ) i neutroni acquistano energia dal sistema.
Linterazione fra il neutrone e i nuclei degli atomi `e dovuta ai momenti
magnetici. Essa pu`o essere descritta attraverso lo pseudopotenziale introdotto da Fermi. Questo potenziale efficace tiene conto del fatto che linterazione
nucleare `e molto intensa ma anche molto localizzata con un range dellordine
A. Il potenziale di Fermi viene scritto come
di 105
VS (r) =
2
h2 X
bi (r ri )
mn i
58
(6.6)
(6.7)
(6.9)
N0
WF
J0
(6.10)
WF =
J0 = N0 v|0 |2 =
59
N0
hk0
V mn
(6.12)
V
V mn
k1 d1 d
k 2 dk1 d =
(2)3 1
(2)3
h2
(6.13)
dove abbiamo usato la densit`a degli stati delle particelle libere. Sostituendo
(6.12) e (6.13) in (6.11) possiamo scrivere
WF =
Z
mn V X X
d1 d k1 |< k1 , m|VS |k0 , n >|2
p
n
(2)3 h2 n m
(hmn
h)
(6.14)
La (6.14) si pu`o sostituire ora in (6.10) dove usiamo anche la (6.12) e abbiamo
2 Z
k1 X
pn |< k1 , m|VS |k0 , n >|2 (
hmn
h)
k0 n,m
(6.15)
Da questa espressione per la sezione durto totale si ricava quindi la (6.7)
=
mn V
2h2
d1 d
d2
k1
=
dd1
k0
mn V
2
h2
I()
(6.16)
dove
I() =
X
n
pn
(6.17)
Lavoriamo ora sulla (6.17). Nellelemento di matrice inseriamo le funzioni
donda piana per i neutroni e teniamo conto che la trasformata di Fourier `e
definita come
VS (k) =
dreikr
VS (r) =
2
h2 X ikri
bi e
mn i
(6.18)
abbiamo
1
< n|VS (k)|m >
V
1
< m|VS (k)|n >
< k1 , m|VS |k0 , n >=
V
dove si `e tenuto conto della definizione (6.4).
La funzione si pu`o rappresentare come
< k0 , n|VS |k1 , m >=
(
hmn
h) =
1
h
Z +
ei(mn )t dt
(6.19)
(6.20)
(6.21)
Z +
1 XX
p
dt eit < n|VS (k)|m >< m|eim t VS (k)ein t |n >
n
hV 2 n m
(6.22)
60
1
hV 2
Z +
eit
dt
(6.23)
Ora la somma pesata sugli stati iniziali non `e altro che la media sullensemble
X
pn < n|VS (k, 0)VS (k, t)|n >= VS (k, 0)VS (k, t)
(6.24)
2
h2
mn
!2 *
bi bj e
(6.25)
ij
questa media sullensemble pu`o essere inserita nella (6.23), che a sua volta
va messa nella (6.16) per ottenere
k1
d2
=
dd
k0
Z +
*
it
dt
bi bj e
(6.26)
ij
Dato che siamo interessati al limite statico dobbiamo integrare sulle frequenze, ci aspettiamo infatti che la struttura del liquido possa essere ottenuta
dalla d/d
d
d
d2 d
=
(6.27)
dd 2
*
+
Z
Z
X
k1 1 +
=
d
dt eit
bi bj eik[ri (t)rj (0)]
k0 2
ij
=
Andiamo ora nel limite statico. Si deve supporre che lo scattering sia elastico, quindi nel limite h
= 0. Il vettore donda scambiato k non dipende
da ed `e determinato dalla relazione geometrica (6.4), dove ora |k1 | = |k0 |.
In questo limite possiamo scambiare gli integrali e abbiamo
d
d
=
=
Z +
*
X
dt
bi bj e
ij
bi bj e
(t) =
(6.28)
ij
(6.29)
Per quello che riguarda la media sulle lunghezze di scattering essa va fatta
sugli isotopi e sugli stati di spin nucleari. Ora possiamo assumere che ci sia
una distribuzione random degli stati di spin e degli isotopi quindi bi < b >
+bi con < bi >= 0. Avremo
< bi bj >< b >2 + < bi bj >
(6.30)
se
i 6= j
se
i=j
(6.31)
E
XXD
d
= N < b2 > < b >2 + < b >2
eik[ri rj ]
d
i
j
(6.32)
Si definiscono
b2inc =< b2 > < b >2
b2coh
(6.33)
=< b >
d
d
coh
= N b2coh S(k)
(6.34)
1 X X D ik[ri rj ] E
e
N i j
62
(6.35)
6.3
eikri
(6.36)
1
hk k i
N
(6.37)
1 X X D ik[ri rj ] E
e
N i j6=i
(6.38)
Dobbiamo notare che questa formula non `e ben definita nel limite k 0. In
effetti nella derivazione il caso k = 0 `e stato escluso in quanto corrisponde
ai neutroni che non vengono diffusi (scattering in avanti). Nella formula
(6.38) conviene ridefinire la S(k) sottraendo un termine N (k), questo non
`e rigoroso ma lo giustificheremo nel seguito. Dalla (6.37) vediamo che il
limite k 0 corrisponde alla correlazione delle fluttuazioni della densit`a
nel limite macroscopico. Ci possiamo aspettare quindi che la S(k 0) sia
collegata alla compressibilit`a isoterma sulla base della formula (3.60).
La funzione S(k) `e proprio il fattore di struttura che avevamo definito
in precedenza nella (5.3). Consideriamo la media sullensemble nella (6.38),
`e facile vedere che
1 X X D ik[ri rj ] E
e
=
N i j6=i
1
N
V
N
(2)
dreikr 2 g(r)
(6.39)
S(k) = 1 +
dr [g(r) 1] eikr
(6.40)
dove lintegrando `e g(r) 1 perch`e abbiamo tenuto conto del termine N (k)
sottratto nella (6.38). Notiamo che in questo modo lintegrale nella (6.40)
`e ben definito visto che la g(r) va a 1 nel limite di r . Questo limite
corrisponde proprio a quello k 0 della S(k). Abbiamo detto che questo
`e anche il limite a grandi lunghezze donda delle fluttuazioni della densit`a.
Riprendendo la regola di somma sulle g(r) (5.41) si ottiene
Z
S (k 0) = 1 +
dr [g(r) 1] = kB T KT
(6.41)
(6.42)
S(k) = 1 + h(k)
(6.43)
In trasformata di Fourier
A
k 2 + k02
(6.44)
A r/
e
r
(6.45)
1
(k)2 = 2
k2
(6.47)
1
k 2
(k)2 = 2
(6.48)
(6.49)
6.4
6.4.1
H (k) =
dr eikr [g (r) 1]
(6.50)
(6.51)
Queste funzioni possono essere ottenute da misure di diffusione di neutroni. Con una procedura analoga a quella usata nel paragrafo precedente si
trova che la quantit`a misurabile `e la sezione durto, chiamata distinct, data
da
XX
d
=N
x x < b >< b > H (k)
(6.52)
d dis
dove le b sono come prima le lunghezze di scattering.
6.4.2
Sostituzione isotopica
Dalla (6.52) si possono ottenere le H (k) parziali con una tecnica detta di sostituzione isotopica. La illustriamo nel caso di una miscela a due
componenti, che chiamiamo A e B. Se definiamo F (k) = (d/d)dis /N
abbiamo
F (k) = x2A < bA >2 HAA + x2B < bB >2 HBB +
(6.53)
6.4.3
Il caso molecolare
Nel caso si abbia a che fare con un liquido costituito da molecole conviene
separare il contributo intramolecolare da quello intermolecolare. Per semplicit`a consideriamo un liquido costituito da un solo tipo di molecole. Nel
calcolo della sezione durto (6.28) dobbiamo sostituire alla r la coordinata
(i)
dellatomo nella i-esima molecola. Essa si pu`o scrivere come ri = Ri +d
dove Ri `e la coordinata del centro di massa della molecola rispetto al siste(i)
ma di riferimento del laboratorio e d `e la distanza dellatomo dal centro
di massa. In questo modo la sezione durto si divider`a in una parte intramolecolare e una intermolecolare. Essa sar`a data da unespressione come la
(6.51) dove per`o
(intra)
inter
H (k) = H
(k) + H
(k)
(6.54)
Il termine importante `e quello intermolecolare, dal quale si pu`o ricavare la
FDR relativa ad un atomi e relativi a differenti molecole
(inter)
H
(k)
(inter)
dr eikr g
66
(r) 1
(6.55)
Capitolo 7
7.1
XX
i
u(rij )
(7.1)
j>i
zN
1 X
2
g(r12 ) =
dr3 . . . drN exp [U (r1 , . . . , rN )] (7.2)
ZGC N =2 (N 2)!
Applichiamo loperatore 1 a entrambe i lati della (7.2), abbiamo
2 1 g(r12 ) =
"
1
ZGC
zN
(N 2)!
N =2
1 u(r12 ) +
N
X
dr3 . . . drN
eU
(7.3)
1 u(r1i )
i=3
dr3 . . . drN
eU
N
X
i=3
67
1 u(r1i ) =
(7.4)
N Z
X
i=3
(N 2)
1
ZGC
zN
(N 2)!
N =2
1
ZGC
zN
(N 2)
(N 2)!
N =2
dr3 . . . drN
eU (7.5)
dr3 1 u(r13 )
dr4 . . . drN eU
zN
(N 3)!
N =3
(7.6)
(7.7)
(7.9)
(7.11)
1 U(r12 ) = 1 u(r12 )
dr3
g (3) (r1 , r2 , r3 )
1 u(r13 )
g(r12 )
(7.13)
Il termine sulla sinistra rappresenta una forza totale fra due particelle, che `e
determinata dalla forza diretta fra di esse e da un termine di forza indiretta.
Infatti nellintegrale abbiamo la forza fra la particella 1 e la 2 mediata sulla
generica terza particella e integrata su tutte le particelle che intervengono. Il
potenziale (7.10) `e quindi quello che contiene tutti i contributi a molti corpi,
esso viene anche chiamato potenziale di forza media. Questa divisione di un
contributo diretto e uno indiretto allinterazione totale fra le particelle la
incontreremo anche in seguito in un diverso contesto.
7.2
Equazione di Born-Green
perch`e
dr3
g (3) (r
1 , r2 , r3 )
g(r12 )
(7.14)
g(r13 ) 1 u(r12 )
dr3
g(r13 )1 u(r13 ) = 0
(7.15)
la (7.14) diventa
kB T 1 [lng(r12 ) + u(r12 )] =
(7.16)
dr3 1 u(r13 ) [g(r13 ) (g(r23 ) 1)]
7.3
Metodo di Percus
un indice i per indicare ri . Riprendiamo la funzione di partizione nel grancanonico, come definita in (3.44)
Z
X
zN
ZGC =
N =0
eU (r1 ...rN )
dr1 ...drN
N!
(7.17)
X
zN
ZGC [] =
N =0
N!
dr1 ...drN
N
Y
e(i)
i=1
eu(ij)
(7.18)
j>i
Definiamo ora
(i) = ze(i)
(i, j) = eu(i,j)
e riscriviamo la (7.18) come
ZGC [] =
X
1
N =0
N!
dr1 ...drN
N
Y
(i)
i=1
(i, j)
(7.19)
j>i
Naturalmente
lim ZGC [] = ZGC
(7.20)
1
ZGC
1
(N n)!
N =n
(7.21)
Z
drn+1 ...drN
N
Y
(i)
i=1
(i, j)
j>i
X
N
ZGC []
=
(1)
N!
N =1
dr2 ...drN
(1, 2)
N Y
Y
(i)(i, j)
(7.22)
i=2 j>i
1
(N 1)!
N =1
(7.23)
dr2 ...drN
N
Y
i=1
70
(i)
Y
j>i
(i, j)
(1) ZGC []
lnZGC []
=
ZGC [] (1)
ln(1)
(7.24)
1
ZGC []
(1)(2)
2 ZGC []
(1)(2)
(7.25)
1
ZGC []
(1)...(n)
n ZGC []
(1)...(n)
(7.26)
Notiamo che
lim (1) (1; ) = (1) (1) =
(7.27)
(7.28)
0
0
7.4
H ext =
dr(r)ext (r)
(r, ) =
dr0 r r0 ext r0
(7.29)
Z
(1)
(r, ) =
dr2
(1) (1; )
(2)
71
(2)
=0
(7.31)
(7.32)
(1) (1; )
(1) ZGC
= (2)
=
(2)
(2) ZGC (1)
(7.33)
"
1 ZGC (1)
(1) ZGC ZGC
(1) 2 ZGC
(2)
2
+
=
ZGC (1) (2) ZGC (1) (2)
ZGC (1)(2)
"
(1) (1)
1 (1)
1 (2)
(2)
(1 2)
(1)(1) (2) +
(1, 2)
(1)
(2)
(2)
(1) (1; )
(2)
= (r1 r2 ) 2 + 2 g(r12 )
(7.34)
=0
Col risultato ottenuto abbiamo ora unespressione per la (7.30). Riprendiamo la funzione di correlazione totale
h(r) = g(r) 1
(7.35)
(1) (r1 ) =
(7.36)
(7.37)
Abbiamo quindi
(k)
= 1 + h(k)
1 + h(k)
= S(k)
(7.38)
(7.39)
da cui risulta
(k)
= S(k)
(7.40)
Abbiamo ottenuto un altro significato della S(k). Essa `e anche legata alla
risposta del sistema alla perturbazione della densit`a. Abbiamo visto che nel
limite di grandi lunghezze donda vale la (6.41)
S(k = 0) = kB T KT
Con la S(k) o la (k)
7.5
Lequazione di Ornstein-Zernike
(7.41)
da cui anche
1
(7.42)
1
c(k)
La funzione c(k) e lequazione (7.42) hanno rivestito un ruolo chiave nello
sviluppo della teoria dei liquidi. Vediamo di dire qualcosa di pi`
u sulla c(k).
Dato che essa `e legata allinversa della (k)
KTid
(7.43)
KT
una misura di quanto la compressibilit`a isoterma si discosti da quella ideale
KTid = (kB T )1 .
Introduciamo ora la antitrasformata di Fourier della c(k)
c(k 0) = 1
drc(r)eikr
c(k) =
Possiamo riscrivere la (7.42) come
(7.44)
1 + h(k)
(1
c(k)) = 1
(7.45)
h(r12 ) = c(r12 ) +
dr3
c(r13 )h(r32 )
(7.46)
dr0
h(r) = c(r) +
c |r r0 | h(r0 )
(7.47)
h(r12 ) = c(r12 ) +
dr3
c(r13 )c(r32 ) +
(7.48)
dr3 dr4
Lequazione O.Z., come detto sopra, gioca un ruolo centrale nella moderna
teoria dei liquidi. Naturalmente il calcolo della h(r) `e possibile solo se esiste
unaltra relazione fra h(r) e c(r) che renda possibile chiudere il problema.
Una tale relazione `e detta relazione di chiusura.
73
7.6
Sviluppo in diagrammi
Per trovare le relazioni di chiusura e calcolare quindi la struttura di un liquido a partire dal potenziale si possono introdurre metodi che hanno analogie
con quelli usati nella fisica dei sistemi a molti corpi quantistica. Lidea
di partenza consiste nello sviluppo di formule approssimate per le diverse
grandezze in gioco a partire dalla funzione di partizione.
La funzione di partizione del gran canonico si pu`o scrivere con uno
sviluppo in cluster, simile a quanto fatto per lanaloga funzione nel canonico
ZGC [] =
X
1
N =0
dr1 ...drN
N!
N
Y
i=1
(i)
[1 + f (i, j)]
(7.49)
j>i
ZGC [] = 1 +
dr1 (1) +
(7.50)
Ogni integrale che appare nella (7.50) pu`o essere rappresentato con un diagramma (vedi figura 7.1). In ogni diagramma i cerchi rappresentano una
Figura 7.1:
funzione (i). In generale un cerchio pu`o rappresentare una funzione di variabile singola o anche una costante, come per esempio la densit`a (i). I
cerchi possono essere bianchi (root points) oppure neri (field points). Se un
cerchio `e nero vuol dire che sta dentro un integrale sulla variabile da cui
dipende la funzione. Nel caso esaminato ora i cerchi sono tutti neri. Le
linee rappresentano funzioni di due variabili che congiungono due cerchi.
Riprendendo la funzione ZGC , essa si pu`o esprimere con uno sviluppo in
diagrammi come in figura 7.2.
Come si vede vi compaiono sia diagrammi connessi che sconnessi. Per
eliminare quelli sconnessi si fa uso di un teorema che dimostra che pren74
Figura 7.2:
dendo il logaritmo naturale dello sviluppo in diagrammi si eliminano quelli
sconnessi. Si ottiene quindi lo sviluppo riportato in figura 7.3.
Figura 7.3:
A partire dallo sviluppo si possono poi calcolare varie quantit`
a termodinamiche per un dato potenziale di interazione. Non solo ma si possono
anche derivare sviluppi per le funzioni strutturali. Prima di andare avanti
definiamo quello che si chiama un cerchio di connessione. Anche quando
rimaniamo con diagrammi connessi ne abbiamo alcuni che possono essere
separati in una o pi`
u componenti rimuovendo un cerchio e tutti i bond che
lo intersecano, tali cerchi sono detti connecting circles. In figura 7.4. riportiamo due esempi. Il cerchio nel primo caso viene detto di articolazione
perche dei due componenti uno ha solo cerchi neri. Nel secondo caso il cerchio si chiama nodale. Il cerchio nodale `e di connessione e in pi`
u quando
viene rimosso le due differenti componenti contengono ognuna almeno un
cerchio bianco.
Se riprendiamo lequazione di OZ vediamo che la funzione h(r) si pu`o
rappresentare con uno sviluppo in chain diagrams del tipo in figura 7.5.
Si pu`o dimostrare poi che la funzione c(r) `e determinata da uno sviluppo
Figura 7.4:
75
Figura 7.5:
di diagrammi che consistono di due cerchi bianchi con labels 1 e 2, cerchi
neri del tipo e bond di tipo f e non hanno connecting circles.
Sostituendo questo sviluupo nei chain diagrams di sopra si pu`o ottenere
uno sviluppo in diagrammi per la h(r) e quindi per la g(r). Non ci addentriamo nei dettagli di questa operazione ma andiamo a commentare il
risultato.
7.7
7.7.1
Relazioni di chiusura
Unequazione esatta per la g(r)
g(r) = e
u(r)
1+
#
n
gn (r)
(7.51)
n=1
Figura 7.6:
76
(7.52)
(7.53)
(7.54)
e definiamo la funzione
Essa rappresenta la differenza fra il potenziale di coppia e quello di forza media o effettivo. La conoscenza della funzione (7.54) consentirebbe
ovviamente di calcolare la g(r) esattamante.
w(r) = ln [y(r)]
(7.55)
Dallo sviluppo della (7.55) se ne pu`o ottenere uno per la funzione w(r).
Non ci addentreremo nella esposizione completa della teoria. La w(r) risulta
dalla somma di due classi di diagrammi
w(r) = b(r) + d(r)
(7.56)
dove la funzione b(r) `e la somma dei diagrammi detti serie. Sono diagrammi
che contengono almeno un cerchio nodale. La d(r) risulta dalla somma
di quelli detti bridge che sono diagrammi che sono privi di cerchi nodali
(figura 7.7).
Figura 7.7:
77
(7.58)
(7.59)
Questa equazione, combinata con la OZ, fornirebbe una relazione di chiusura. Purtroppo i diagrammi bridge della d(r) non possono essere sommati
esattamente.
7.7.2
HNC e Percus-Yevick
Una possibile approssimazione `e quella di trascurare completamente il contributo dei bridge, ponendo d(r) = 0 nella (7.59), si ha cos` la teoria detta,
per motivi storici, hyper-netted-chain (HNC) dove
g(r) = eu(r)+h(r)c(r)
(7.60)
(7.61)
(7.62)
(7.63)
da cui
che diventa
questa approssimazione si chiama Percus-Yevick (PY) e si pu`o scrivere anche
nelle forma equivalente
c(r) = f (r)y(r)
(7.64)
dove f (r) = eu(r) 1 `e la funzione di Mayer.
7.8
u(r) =
r<
(7.65)
0
78
r>
Abbiamo detto che la termodinamica di questo sistema non dipende dalla temperatura. Vediamo meglio perche. Ricordiamo che la funzione di
partizione `e data da
exc
QN (V, T ) = Qid
N (V, T )QN (V, T )
dove
Qexc
N (V, T )
1
= N
V
P P
dr1 ...rN e
j>i
(7.66)
u(rij )
(7.67)
1
VN
dr1 ...rN
YY
(7.68)
(rij )
(7.69)
i j>i
exc
quindi Qexc
N (V, T ) = QN (V ). Come conseguenza lenergia interna delle
sfere dure contiene solo il contributo cinetico e lenergia libera di eccesso
`e determinata solo dallentropia. Il comportamento termodinamico quindi
dipende solo dalla densit`a che si pu`o riscalare come 3 . Spesso si usa come
parametro la frazione di impacchetamento (packing fraction)
(7.70)
essa misura quanta frazione del volume disponibile `e occupata. Non pu`o
mai raggiungere il valore 1, infatti la massima `e determinata dalla massima densit`a possibile per sfere ordinate in una struttura solida
di massima
occupazione, quella f.c.c. Tale massima densit`a vale 0 3 = 2 a cui corrisponde 0 0.75. La simulazione al calcolatore mostra lesistenza di una
transizione dalla fase liquida a quella solida per un valore di 3 = 0.939
con un cambio di volume del 10% circa.
7.8.1
Vediamo come si tratta questo sistema con le equazioni integrali, in particolare la PY. Prima di tutto vista la forma del potenziale deve essere
g(r) = 0
quandor <
(7.71)
Z
du
79
dr
g(r)r3 dr
(7.72)
la discontinuit`a della g(r) potrebbe creare problemi nel calcolo della (7.72)
vista anche la forma del potenziale. Conviene introdurre la (7.52)
P
du
2
= 1
eu(r) y(r)r3 dr
3
dr
0
Z
2
3 d u(r)
= 1 +
y(r)r
e
dr
3
dr
0
(7.73)
2
= 1 +
y(r)r3 (r )dr
3
0
2
= 1 + lim r3 y(r)
3 r
(7.74)
qui il risultato `e ben definito visto che la y(r) `e una funzione continua,
possiamo quindi collegarla alla g(r). Dato che il potenziale va ad infinito
per r < sappiamo che g(r) = 0 per r < e ci aspettiamo una discontinuit`
a
perch`e g(r) > 0 per r > . Possiamo allora definire la g(), detto valore di
contatto, come
lim g(r) = g()
r +
Per la continuit`a della y(r), sar`a y() = g() quindi la pressione delle sfere
dure risulta
2
P
= 1 + 3 g()
(7.75)
3
ed `e determinata dal valore di contatto della g(r).
Consideriamo ora lapprossimazione PY (7.64), per le sfere dure abbiamo
f (r) =
y(r)
r<
c(r) =
r<
0
r>
0
r>
tenendo conto della condizione (7.71) possiamo scrivere la PY in termini
della funzione y(r) come
y(r) = c(r)
r<
y(r) =
r>
g(r)
(7.76)
a1 + a2 x + a3 x
x<1
x>1
0
80
dove
(1 + 2)2
a1 =
(1 )4
7.8.2
a2 = 6
1 + 12
(1
)4
1
a3 = a1
2
Inconsistenza termodinamica
abbiamo
pv
1 + 2 + 3 2
=
(1 )2
(7.77)
La pressione si pu`o ottenere anche attraverso unaltra strada, possiamo partire dalla compressibilit`a isoterma KT che viene dalla c(k = 0), vedi (7.43).
Integrando la KT abbiamo per la pressione
pc
1 + + 2
=
(1 )3
(7.78)
(1 )3
7.9
(7.79)
(7.80)
Nella HNC si pone d(r) = 0. Rosenfeld e Ashcroft proposero di non trascurare completamente la bridge function ma di assumere quella di un
sistema di riferimento, per esempio quella delle sfere dure. Tale sistema
81
Figura 7.8: Equazione di stato per le sfere dure con diverse teorie
infatti `e ben conosciuto tramite la simulazione al calcolatore e quindi confrontando la g(r) HNC con quella vera ottenuta dalla simulazione si pu`o
ricavare landamento della d(r)
dHS (r) = ln [yHS (r)] [hHS (r) cHS (r)]
(7.81)
(7.82)
nella (7.80).
La packing fraction `e un parametro libero che pu`o essere usato per imporre la consistenza termodinamica. Rosenfeld e Ashcroft mostrarono che
con buona approssimazione la brigde function calcolata dalle sfere dure pu`o
essere usata per studiare sistemi con diversi tipi di potenziale. Questa teoria, chiamata HNC modificata, porta a buoni miglioramenti dellaccordo fra
teoria ed esperimento o simulazione. Il problema dellinconsistenza termodinamica non viene per`o superato del tutto, in quanto si ha a disposizioe un
solo parametro. Altre metodologie sono state introdotte in anni pi`
u recenti
e rimandiamo per questo alla letteratura.
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