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American Association of Teachers of Italian

Review
Author(s): Giulio Vallese
Review by: Giulio Vallese
Source: Italica, Vol. 27, No. 2 (Jun., 1950), pp. 190-191
Published by: American Association of Teachers of Italian
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/475482
Accessed: 28-10-2015 13:38 UTC

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ITALICA

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The last chapter treats of the work of Giulio Cesare Croce, the most prolific and the last riddle writer of the 16th century, who wrote both literary
riddles in verse and shorter popular riddles, generally in prose, His Notte
sollazzevole, and Seconda notte sollazzevole are rare, and little

has hitherto

been written about his work, of which Professor De Filippis gives a full account, discussing the sources of the animal riddles of which Croce wrote so
many, and pointing out his great variety of subjects. In this chapter too there
is a discussion of the different ways in which the same subject might be treated
by the various writers.
Besides a general index and a most useful and comprehensive bibliography,
the book contains one appendix listing the riddles by authors, and another
listing them by subjects.
Professor De Filippis has secured a microfilm of a 17th century manuscript
collection of 226 enigmatic sonnets from the Genoa University library, and
the results of his research in that field will be included in the continuation
which he is planning of the history of the literary riddle. It can only be hoped
that the second volume will be no less agreeable to read than the first, and
that it will contain the same wealth of material and illustration.
BEATRICE CORRIGAN

University of Toronto

CURZIOMALAPARTE,La Pelle, Milano-Roma, Aria d'Italia, 1950.


Il tema scelto da Curzio Suckert, lo scrittore anni fa discriminatosi in
Malaparte, era dei pid'avvincenti. Lo sbarco degli alleati a Salerno e a Napoli,
la lunga sosta dinanzi a Cassino, la presa di Roma, e su su fino a Firenze e a
Milano la dilagante avanzata di truppe d' ogni colore; e insieme tutta l'atmosfera di quei tempi straordinari, carenza d'ogni potere centrale, involuzioni
spirituali, rapido passar dalla prostrazione all'entusiasmo, incrociarsi e
sfrenarsi di lievitanti passioni, di torbidi istinti, di basse cupidigie e acri
vendette. E infine, la triste Italia, divisa in repubblica del nord e regno del
sud, con 1&il vento iroso degli odi e delle fucilazioni, qua l'accasciamento
saldato ad una tradizione di conformismo e di oblio.
Soggetto tremendo e magnifico, in cui si riassume del resto la storia di ogni
dopoguerra; di quel medioevo improvviso che si risveglia nell'animo di ogni
popolo quando, per non morire, ingoia le umiliazioni e cerca disperatamente
un grumo di verita a cui appigliarsi; di quel medioevo che nel caso nostro
punteggiarono le prediche dei passionisti, le processioni commosse, e in
ultimo il panico delle elezioni del 18 aprile, 1948. Di questa vicenda Malaparte
si 6 messo al centro: ci6 non pertanto, nulla di essa e arrivata ai suoi occhi, ai
suoi orecchi, al suo cervello, al suo cuore. Da viva e palpitante quale era,
questa storia nella sua presa diviene scialba e fiacca, si frantuma in episodietti,
s'incontra nella estraneitA spirituale d'un cronista senza anima.
Gli alleati pranzavano lucullianamente con lui, conquistati dai suoi motti
di spirito, che non si riesce a capir quali fossero, dalla sua mancanza di senso
comune, che egli chiama cinismo. Il generale Cork (leggi, se vuoi, Clark) ha la
debolezza di condurlo con s6 a Cassino, a Capri, nella piil fastose villa di
Napoli; vuole che la colonna di testa marci verso Roma proprio sotto la sua
guida; fa di lui il suo amico migliore, il suo consigliere piil fido; sente che egli
"rappresenta l'Europa tutta", e si contenta meravigliosamente delle sue
spiegazioni di archeologia, di storia, di letteratura latina o polacca, di psicologia europea, francese, italiana, napoletana, tutto commosso di ammirazione
se a tavola lo sente dire che ha mangiato la mano bollita d'un soldato o che

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REVIEWS

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guasterebbe volentieri una bimba-sirena surrealisticamente lessata. Malaparte racconta in prima persona, con mala grazia e sproporzione: l'ultimo
terzo del suo libro (da Cassino a Milano) non sa che dire, e si rigira pigramente
intorno a notiziole di cronaca, senza risaldo di personaggi. Nella parte prima
invece egli vorrebbe darci un resoconto pid genuino (settembre '43-maggio
'44): ma vi risulta solo un insieme di quadri staccati e assurdi su una falsa vita
di Napoli, la cittA dove egli ha pifi poltrito, e di cui vuole ora servirsi per
sporcarla e farsi bello delle sue miserie. Perch6 questa 6 l'incoerenza grottesca
del libro: vorrebbe essere di vita vissuta, e invece, tra vanith e superficialitA
piattezza e falsith da piccolo rigattiere, non vi campeggia che una speranza
di autoesaltazione, comica fino al patologico. Malato di narcisismo, l'autore
si contenta, si applaude, si loda ad ogni pagina: monta sulle lordure delle
vie come su di un piedistallo, dimentica la vicenda che gli 6 d'intorno o la
lascia in uno sfondo da libro giallo, senza il calore dell'epopea n6 la verve
d'una pochade. Le sue dita affondano senza pieth, senza amore nella lurida
merce qua e l& accattata; la sua fantasia, ambiguamente ripiegata su se
stessa, vorrebbe scherzare col sangue e con la sofferenza, e disillude e nausea.
Un temperamento di tal fatta non pu6 descrivere: 6 costretto dal suo stesso
male a parlar sempre e solo di s6. Quando prova a fingersi impietosito degli
altri, piange come un eroe di carta pesta. Un esempio: siamo a Napoli:
naturalmente l'autore 6 al centro dei suoi amici di oggi, gli americani: ha in
una mano una "parrucca gialla", un aggeggio miserabile per negri in amore.
Egli dolcemente si commuove, eccovelo: "ficcai le dita nell'occhiello di raso
rosso, agitandole in modo oscene, mentre le lagrime mi scorrevano per le gote,
ed esclamai: Ecco a che cosa 6 ridotta una donna italiana!"
I pidi disgraziati sono i personaggi che egli pidi dice di difendere. Li rende
viscidi e falsi. Il suo caro popolo napoletano invade un ospedale e si contende
i cadaveri dilaniandoli; gli 8cugnizzi (i monelli), dato lo sgambetto ai tedeschi,
conficcano loro lunghi chiodi in testal E le pagine che vorrebbero essere dannunziane, con quel mare che "lo guardava fisso"; e qua e l~ rimasticature di
Marotta (scrittore degno di rispetto, che sa rivivere nel sogno l'amore per la
sua cittb e per le sue cose), con lise descrizioni del vento che odora di pesce
guasto e di formaggio andato a male! Ad ogni passo del libro 6 uno sventolare
di compiaciute frasi francesi, di parole inglesi zeppe di errori elementari, di
citazioni esterne appena orecchiate (c'6 anche una frase dell'Arte poetica incautamente attribuita ad Ovidio, a pagina 270). Ma quel che pii ci scoraggia
6 sempre il tono insincero del libro, ove tutto 6 annerito da ipocrisia e da fiacchezza verbale e morale, e da un notevole spirito d'abbiezione; ove non c'6
amore di donna, ma solo dubbia compiacenza per i cari amici americani che
lo conducono in giro per Napoli a vederne le piHigratuite bellezze e porcherie;
amici che egli descrive virili e femminei insieme, facili ad arrossire ma capace
di prendere a calci dei pederasti (forse per un certo bisogno di alibi); e tutti
pieni di venerazione per lui, come tanti novelli Alcibiadi!
Ahimb, sulla pretensiosa sovracoperta rossa di questo grigio e brutto libro
leggiamo tutta una costellazione di estrattini; sarebbero le critiche favorevoli
alla prima edizione francese, La Peau. Quanta diligenza! E quanta premura
verso gli ignari lettori, che vi leggono precisato perfino il colore di alcuni
giornali: "L'Action, giornale comunista"! Ma il bello 6 che le critiche di Kemp
(Nouvelles Littiraires) sono sforzate dall'abile antologista fino a sembrar
lodi....
Universita di Napoli

GIULIo VALLESE

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