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Dunque la luce unonda. Ma unonda molto particolare, visto che in grado di propagarsi
nel vuoto. Le onde acustiche invece, non possono farlo: unonda acustica consiste
nelloscillazione, in ogni punto dello spazio in cui si propaga, dei valori della pressione
dellaria. In sostanza, niente aria, niente suono!
Le onde elettromagnetiche invece si propagano benissimo nel vuoto. Che cosa oscilla
dunque? Evidentemente, qualcosa che presente nello spazio vuoto: gli effetti elettrici e
magnetici che le cariche elettriche in movimento, generano nello spazio circostante.
Chiariamo il concetto: una carica ferma (ad esempio un elettrone) produce una
modificazione dello spazio circostante sentita da unaltra particella carica vicina, chiamata
campo elettrico.
Una carica, in moto oscillante provocher delle perturbazioni elettriche e magnetiche nel
suo intorno, che a loro volta indurranno ulteriori perturbazioni elettriche e magnetiche nei
punti successivi, e cos via.
La luce rappresenta solo una piccola parte dellintero spettro elettromagnetico (insieme
delle onde elettromagnetiche), caratterizzato anche da raggi gamma, raggi X, ultravioletti,
infrarossi, microonde e onde radio.
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dellinfrarosso, delle microonde e delle onde radio. Lunghezze donda minori di 410nm, con
frequenze pi elevate, sono proprie, in ordine decrescente, di ultravioletti, raggi X e raggi
gamma. Lintervallo di frequenze di tutto lo spettro circa 105 - 1030 Hz.
Il modello ondulatorio di Maxwell spiega i fenomeni della DIFFRAZIONE
dellINTERFERENZA.
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Pochi anni dopo, Albert Einstein, spieg leffetto fotoelettrico ipotizzando che i quanti di
Planck non fossero solo espedienti matematici, ma che fossero entit reali alle quali diede il
nome di fotoni.
Leffetto fotoelettrico consiste nellemissione di un fascio i elettroni (fotoelettroni) da parte
di una lamina di metallo (ad esempio zinco) colpita da unonda luminosa di sufficiente
frequenza.
Studiando leffetto fotoelettrico si osservano i seguenti fenomeni:
1) Lemissione di elettroni non dipende dallintensit del raggio luminoso ma solo alla
sua frequenza ().
2) A parit di , allaumentare dellintensit aumenta il numero i elettroni emessi ma
non la velocit di ciascun elettrone.
3) Al di sotto di un valore di frequenza minimo 0 leffetto fotoelettrico non si produce
anche ad elevata intensit del raggio.
Lintensit, nella teoria corpuscolare data dal numero di fotoni che compongono il raggio.
Ricapitolando, Albert Einstein spieg leffetto fotoelettrico (e per questo fu insignito del
premio Nobel per la fisica) utilizzando la teoria quantistica di Planck: la luce un fascio di
pacchetti o QUANTI di energia chiamati FOTONI. I quanti possedevano tanta pi
energia quanto maggiore era la frequenza dellonda elettromagnetica ad essi associata,
secondo lequazione di Planck Einstein:
E = h
Dove h la COSTANTE DI PLANCK ed ha un valore di 6,626 x 10-34Js e la
frequenza in Hz (s-1). E quindi lenergia del fotone o quanto di luce.
Poich c = e quindi = c/ allora anche E = hc/
Quindi, se un fotone con 0 colpisce un atomo di Zn la sua energia sufficiente a
staccare un elettrone. Lenergia in parte viene utilizzata per ionizzare latomo di zinco e in
parte a fornire energia allelettrone sottoforma di energia cinetica (velocit). Aumentando
aumenta la velocit dellelettrone emesso.
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Se invece ad emettere luce un gas rarefatto, si ottiene uno spettro ad emissione a righe o
bande, come nel caso del gas idrogeno.
Un gas freddo interposto ad un corpo caldo che emette nel continuo, genera infine uno
spettro di assorbimento con righe scure alla stessa lunghezza donda delle righe di
emissione dello stesso gas riscaldato.
Per lelaborazione del suo modello atomico, Niels Bohr si bas sugli studi dello spettro di
emissione dellidrogeno. Secondo Bohr, le righe spettrali emesse dal gas idrogeno sono
correlate allenergia degli elettroni negli atomi.
Ad una variazione di energia corrisponde lemissione di una radiazione elettromagnetica ad
una determinata lunghezza donda. Sono quindi possibili solo determinate variazioni
energetiche.
Secondo Bohr, gli elettroni si muovono su orbite circolari ad energia definita e costante
dette ORBITE STAZIONARIE o LIVELLI ENERGETICI. Se lelettrone si trova in
unorbita stazionaria esso stabile.
Bohr formul due postulati (postulato = affermazione indimostrabile)
1) Nelle orbite stazionarie lelettrone conserva la sua energia e latomo stabile.
Lorbita stazionaria deve rispettare la seguente equazione:
2r = nh/mv
Prof. Fulvio Baldanza
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Gli elettroni che emettono maggiore energia quindi, sono quelli che ricadono nel primo
livello e ci non deve stupire. Infatti, la differenza di energia va via via diminuendo man
mano che si passa a livelli con numero quantico sempre pi elevato. Cosicch il maggiore
dislivello energetico proprio tra il primo e il secondo livello. Come si vede chiaramente
nella figura seguente.
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