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Perché non mi riesce lo squat

Scrivo questa coppia di articoli perché un “collega del ferro” ha postato su un forum che frequento
una serie di considerazioni sul fatto che lui non riesce a squattare con la profondità voluta. La pro-
fondità di discesa è sempre stata un mio problema, perciò vorrei condividere con voi alcune consi-
derazioni.

Il primo articolo è puramente descrittivo, il secondo è pieno di formulazze. A voi scegliere cosa
leggere! Se il solito deliro di scritte o il solito delirio di calcoli…

Ma… bando alle ciance e cominciamo.

Ho conosciuto lo squat nel 1992 quando ero militare nel Gruppo Sportivo dell’Aeronautica. Guar-
davo affascinato i miei amici lanciatori che si dilettavano a sollevare quel bilanciere grondante di
pesi (erano tutte rotelle gommate, perciò il risultato era impressionante anche con 180-200Kg). Mi
ci buttai a capofitto, avendo come obbiettivo di raggiungere i 10x140Kg (ovvero 3 rotelle da 20 per
parte sul bilanciere olimpico) che Ed Corney si spara in Pumping Iron, Da allora non ho mai ab-
bandonato questo esercizio che mi ha fatto letteralmente impazzire. Amore e odio furiosi. Ho sem-
pre fatto squat per sfida con me stesso, non per la massa muscolare, per la forma delle gambe a goc-
cia o quant’altro. Pura guerra senza quartiere. Io o lui.

Il mio problema è che mi sono sempre allenato da solo, senza supervisione, o in ambienti dove il li-
vello tecnico era infimo o semplicemente dove ero troppo forte per poter accettare delle critiche, un
comportamento che andrebbe evitato ma che è anche umano (e io lo sono…): a nessuno piace esse-
re “ripreso” dal classico tipino saccente che fa la metà dei tuoi Kg.

Fatto sta che io ho sempre avuto dei buoni carichi ma una tecnica scadente, molto di schiena. Nel
2003 mi fissai sul fare lo squat ad altissime ripetizioni. Volevo tentare un’impresa come quella di
Korte del 100x100Kg. Avevo già 52x100Kg. In 6 mesi riuscii a fare 10x10x100Kg (anzi, l’ultima
serie in 9x100Kg). Per l’occasione mi ripresi con una telecamera analogica.

La clip fu devastante. A parte il folklore di vedere un tizio in mutandine bianche squattare in una
stanza, la mia profondità era sopra il parallelo! Solo i bicipiti femorali erano al parallelo! Eppure mi
sembrava di scendere tantissimo!

Decisi di allenare la profondità, basta 10x10 e assurdità simili. Squattavo senza scarpe, decisi di ri-
mettere le scarpe e la tavoletta da 2cm che avevo usato per tanti anni. Oggi si dice che la tavoletta
faccia male, a quel tempo, semplicemente non si diceva nulla. Anticipo una cosa di cui parlerò più
in avanti: fa male la tavoletta oppure no? Io l’ho usata per anni senza nemmeno pormi il problema.
Solo con la scoperta dei forum ho appreso che era dannosa. Il punto che però non mi convince è: ma
se io l’ho usata e non mi sono fatto male alle ginocchia, perché dovrebbe fare male? Nessuno sa
darmi una risposta se non che “studi scientifici” mai postati/quantificati “dicono che”. Oppure, peg-
gio: “non ti sei fatto male ora, ma ti farai male in seguito”. Che dire se non un bel vaff(beeep).

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Iniziai a riprendermi ma era troppo palloso con la telecamera analogica da 50Kg. L’estate dopo ero
convintissimo di avere una buona profondità. Vi posto un po’ di foto del libro degli orrori. Attenti,
c’è il bollino rosso: guardatele dopo le 22, quando i bambini sono a letto.

Questa foto è del 2004, la prima che mi feci con la macchina fotografica digitale. Sono 160Kg. Spe-
ro che non vi debba spiegare che il bilanciere storto è un effetto prospettico. Perché è storto anche
l’appoggio destro. Ok per essere pazzo, ma di certo non anche suonato da non accorgermi se il bi-
lanciere è pendente oppure no…

Notate che non uso la tavoletta classica come spessore, ma due pesi da 5Kg, per aumentare
l’emozione del rischio… brrrr ma come facevo a pensarle così?

Non vorrei soffermarmi su questo, però. Il punto è: quella della foto era la mia MASSIMA profon-
dità. Uno squat superiore al parallelo, seppure di poco. E per massima intendo proprio che più giù di
lì non riuscivo ad andare. Ok, metti meno peso bla bla bla…. Mettevo meno peso, ma il risultato era
scadente: ero bloccato, non c’era verso di scendere, una specie di fine corsa, un fermo. Pensavo di
essere migliorato, ma… non ero migliorato!

Questa è una foto del 2005. Poiché tutti mi rompevano le palle con questa tavoletta, eliminai la ta-
voletta. Incredibile, la tavoletta non serviva. 180Kg fatti nella “Maratona McRobert”. Qui per la

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prima volta mi ripresi con la telecamera digitale. Ero orrido a vedersi. Più che altro, anche stavolta a
me sembrava di scendere un casino, quasi culo a terra… in realtà una esecuzione di uno squat paral-
lelo e forse anche un po’di più. Non c’era verso: come se mi sedessi su un blocco di marmo. Non
scendevo nemmeno se mi avessero agganciato il Titanic in affondamento.

Risposte tipiche al perché non riuscivo a scendere: hai le anche rigide, hai le caviglie rigide, usi
troppo la schiena. Poi la classica: ti farai male. E la straclassica: non sei fatto per fare squat. Ma se
metto 100Kg e non riesco a migliorare il movimento, un motivo ci sarà!

Bene. Qui scatta la molla. Ingegneristicamente parlando, io penso che la perfezione sia irraggiungi-
bile, ma tutti possono raggiungere il 70% di questa perfezione. In altre parole, tutti possono rag-
giungere il livello definito “decente” nella scala di questa fottuta perfezione. Su questo sono intran-
sigente, inamovibile, irremovibile. Sono severo, verso gli altri ma fondamentalmente verso me stes-
so (aggiungo, in carattere piccolo: solo nelle cose che mi interessano, come mi fa notare la mia dol-
ce metà, per il resto sono un “superficiale pigro indolente parassita pezzo di merda”, testuali paro-
le).

In questo caso (il primo, non il secondo) io mi “impegno” a migliorare. Però per “impegno” non in-
tendo semplicemente “farmi il culo” o “stringere i denti” o “reprimere l’ego e scaricare”. Io intendo
due cose consequenziali:

1. dedicare del tempo a capire. Prima si comprende perché le cose non funzionano, poi si agi-
sce per eliminarle. Ritengo cioè che ci sia un momento in cui la voglia di fare debba manife-
starsi come voglia di comprendere.
2. capire significa non precludersi nessuna alternativa. Negare le proprie conoscenze e invece
documentarsi su quello che si detesta, si odia, si pensa che non funzioni, ma in maniera a-
perta. Dire che funziona quello che si pensa che non potrà mai funzionare.

Il primo passo fu: quanto è “profondo”? Mi imbattei nel regolamento IPF del powerlifting, la defi-
nizione mi piacque: un’alzata per essere valida consiste nell’avere la cresta iliaca sotto la linea im-
maginaria parallela al terreno e tangente al punto superiore delle ginocchia.

Passai giorni e giorni a fotografarmi mentre mi squattavo libero su un panchetto per capire quando
questo avveniva. Marò quanto era difficile…

In più avevo trovato una cosa interessante: c’era un limite massimo a quanto il bilanciere poteva es-
sere spostato indietro sui deltoidi. Se c’è un limite, significa che c’è un motivo per cui si devono
frenare comportamenti che potrebbero avvantaggiare chi eccede, cioè fare in quel modo doveva es-
sere migliorativo.

Iniziai a provare e a riprendermi, sempre. Mi allenavo come un pazzo, ripetendo e ripetendo il mo-
vimento che mi dava problemi. Non era un allenamento, in fondo, ma un voler imparare una cosa
nuova, perciò non mi fissavo su serie e ripetizioni, su Kg o quant’altro, ma mi riprendevo per 1,2 o
3 ripetizioni, mi riguardavo e cambiavo qualcosa. Le mani un po’ più strette, le gambe un po’ più
larghe, le punte che vanno o meno in fuori, il bilanciere verso i deltoidi o verso il collo. Insomma,
tutti quei particolari che non avevo cagato nemmeno di striscio e che ora assumevano importanza.

Mi allenavo “a minuti”: cosa faccio oggi? 30’ di squat. Contavano solo le ripetizioni, ognuna, mi
riprendevo anche nel riscaldamento

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Per fortuna che nello stesso periodo conobbi Enrico che si sciroppò tutti i miei video. E’ stato lui
che mi ha insegnato le 1000 finezze del back squat. Devo dire un insegnante molto comprensivo,
dato che i primi video erano da sghignazzamento totale.

Fatto sta che dopo 4 mesi di prove con il bilanciere più in basso, le mani più strette, le punte dei
piedi e i piedi stessi in varia posizione, un carico più basso (ma non troppo, sui 130-140Kg), uno
schema di allenamento diverso, un panchettino da sfiorare all’altezza giusta, video su video, questo
è il risultato.

Sono 170Kg ben sotto il parallelo. Riuscii a squattare 190Kg (più del mio precedente risultato paral-
lelo) ancora più profondi. Non cercate difetti quali schiena curva, bacino che esplode o quant’altro.
Perché se osservate questa foto e la precedente, è tutto uguale a parte la profondità. Perciò i “difetti”
di questo squat sono identici a quelli dell’altro squat, come, del resto, i pregi. Le scarpe sono le stes-
se. Anche i calzini, dato che mi alleno sempre con gli stessi e li cambio una volta l’anno al solstizio
invernale.

Più che altro, dovreste notare l’assenza del rack… Marò se ci ripenso!

Ok, a questo punto la favola ha un bel lieto fine, no? E vissero felici e contenti… o no?

Il problema è che alla fine il mio back squat non mi soddisfa. Perché è visivamente brutto. Questo
sono io qualche tempo fa, 180Kg non bellissimi anche per i miei standard. Però profondi.

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Non è un back squat da powerlifter, di quelli con le tibie perpendicolari al terreno, apertura dei piedi
bella larga. A me questo stile piace tantissimo. Dà l’idea di stabilità e forza. Come un elevatore i-
draulico che inarrestabilmente solleva il peso, la schiena che viene su compatta.

Non è un back squat da weightlifter, con la schiena verticale, il bilanciere olimpico che flette, si
prende il rimbalzo e si schizza in alto, come a buttarlo indietro.

Non è neanche un back squat da bodybuilder, ammesso che esista. Le ginocchia sono in fuori, il bi-
lanciere è in basso. Molto lavoro di catena cinetica posteriore, meno di quadricipiti (del resto lo
squat è un esercizio di glutei…)

E’… il mio back squat. Notate le punte delle ginocchia davanti a quelle dei piedi, la schiena in a-
vanti.

Spiegazioni? Ok, di nuovo. Rigidità di caviglia, di flessori dell’anca, dovrei fare, avrei dovuto fare,
farò…

Però c’è un però. Perché in questo periodo sto imparando a fare il front squat, un esercizio che ho
sempre detestato come si detestano tutte le cose che si vorrebbero saper fare ma che non si riesce a
fare. In più, ho sempre detestato un certo tipo di persone che mitizzano questo esercizio o, sempli-
cemente, ho sempre avuto una specie di complesso di inferiorità. Non so… il dottore che mi cura
attribuisce questo rapporto con il front squat al fatto che da piccolo la mia mamma quando ero cat-
tivo mi rinchiudeva per 3 giorni nello stanzino delle scope.

E allora, di nuovo il trip della sperimentazione. Si riparte! E… ce l’ho fatta: ho imparato a fare il
front squat!. Ma al front squat dedicherò delle considerazioni a parte.

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Questo è Paolino con 150Kg di front squat, un carico decente da fare con una tecnica quanto meno
decente. Perché altrimenti, il bilanciere casca. Devo dire che… sì, questo video me lo guardo e me
lo riguardo. Avete presente quelle ragazze piatte di seno che si gonfiano le tette fino ad una 6° e poi
se le ammirano allo specchio e magari le fanno vedere a tutti come forma di rivalsa? Ecco. Questo
front squat sono le mie tette rifatte.

Ma, a parte le patologie cliniche, se qui sono verticale (e non potrebbe che essere così) e sotto il pa-
rallelo, perché nella versione “back” ciò non accade?

Dove sono le anche rigide, i flessori dell’anca rigidi, tutte le 1000 seghe mentali che mi sono sem-
pre fatto? Se riesco a fare un front squat decente, certe limitazioni non devo averle. La mia doman-
da è: possibile che questo mio modo di fare il back squat sia proprio il mio modo corretto? Che non
abbia cioè niente da correggere? C’è cioè dell’altro rispetto ai soliti presupposti sull’esecuzione di
questo esercizio?

Rincuorato da questa possibilità, mi sono messo a studiare un po’ la biomeccanica di questo movi-
mento. Razzolando su Internet alla fine ho trovato questo qui:

The Journal of Strength and Conditioning Research: Vol. 16, No. 4, pp. 516–524.
Biomechanical Model and Evaluation of a Linear Motion Squat Type Exercise
KEVIN G. ABELBECK

Un articolo interessante per una serie di motivi. Intanto, è a pagamento. Cioè qualcuno per leggere
questa roba tira fuori della pecunia. Si spera che se una cosa è a pagamento, debba avere un valore.
Qualcuno di buon cuore lo ha però postato in un forum belga, e lo potete leggere qui

http://forum.dutchbodybuilding.com/f93/biomechanical-model-and-evaluation-a-linear-motion-
squat-type-exercise-smithsquat-29889/

Questa è la versione per la smith machine ma c’è anche quella sullo squat. Leggo questa roba, e de-
noto che è stato scritto da chi di squat non ci capisce poi molto. Il modello è infatti bidimensionale,
come se si facesse squat a gambe unite. E allora perché si fa squat con le gambe allargate? Cioè:

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devo pagare per leggere queste cose? Ma allora, me la faccio da me l’analisi, a questo livello ci rie-
sco anche io.

Ma questo sarà argomento del prossimo articolo.

Per concludere, i miei consigli basati sull’esperienza di chi non riusciva a fare una cosa e poi ci è
riuscito:
1. Non pensare mai di avere un limite genetico. Pensate di averli, li avrete. Pensate di non a-
verli, magari scoprirete che i motivi sono altri. Oppure scoprirete, definitivamente, che avete
dei limiti. Ma…dopo. Se riuscite ad accovacciarvi a carico naturale, non avete le anche rigi-
de o quant’altro. Nel prossimo articolo un banale test per vedere che limitazioni avete.
2. Buttate via tutte le affermazioni che non sono sostenute da un minimo di dati: fare squat con
la tavoletta fa male, le punte delle ginocchia devono sempre essere dietro le punte dei piedi.
Rifiutate le spiegazioni del tipo “è evidente, no?” perché solitamente ciò equivale a “si è
sempre fatto così…” Ma ciò non significa che sia giusto: spirito critico
3. Mi spiace, ma dovete smettere di pensare “sento di”. Voi non dovete “sentire”, ma vedere.
Prendete uno strumento digitale che riprende (webcam, telefonino, macchina fotografica, ci-
nepresa) e riguardatevi. Anche io “sentivo” di essere culo a terra, ma non lo ero. I video so-
no indispensabili. Più siete scarsi e più è vero
4. Scartabellate internet per trovare una clip che vi piaccia e utilizzate questa a riferimento. Po-
state i vostri video a chi ritenete competente e accettatene il giudizio. O meglio: ascoltate e
ragionate. Poi, eseguite come ritenete giusto. Ci siete voi, non io, sotto il bilanciere. Co-
munque, sfruttate internet! Rompete le palle a tutti! Con un minimo di umiltà, ovvio. Ma le
persone apprezzano chi si mette in gioco e riprendersi per mostrare i propri difetti è mettersi
in gioco. Nessuno vi prenderà in giro!
5. Dovete dedicare del tempo al training del movimento. Inutile che impostiate un 3x8 o un
4x6 o quello che vi pare: decidete che in una sessione dovete fare 20-30 ripetizioni riscal-
damento compreso e di queste almeno 10 ripetizioni devono essere migliori delle precedenti.
Scegliete voi il tipo di serie
6. Dovete usare un carico decente, direi iniziando con un 50% del massimale. Inutile che impa-
riate con il bilanciere scarico. Il movimento è diverso fra scarico e carico perché il centro di
massa si sposta. Fidatevi, nel prossimo articolo metterò dei numeri.
7. Cercatevi uno spessore variabile in altezza in modo che possiate sfiorarlo con le chiappe.
Sfioratelo appena. Io usavo una pila di pesi, poi passai ad un panchetto che casualmente era
dell’altezza giusta. Il riferimento è indispensabile. Vi dovete rivedere per capire la vostra
postura, ma dovete avere un fine corsa. All’inizio vi sembrerà che il riferimento sia sotto il
livello del mare, ma è normale. Se però vi sforzate di arrivare in basso senza rivedervi, as-
sumerete dei difetti che vi impediranno poi di salire con i Kg.
8. Usate scarpette da tennis completamente piatte e sottilissime, poi due tavolette da 2cm l’una.
Dovete provare tantissime posizioni dei piedi, delle mani sul bilanciere etc. Poi riprovate
con la tavoletta da 2cm. Meglio? Peggio? Poi con quella da 4cm. Lo scopo è determinare
una postura tale che sia comoda per voi in cui siete sotto il parallelo con la schiena tesa. Lo
scopo delle scarpe piatte e delle tavolette è di eliminare l’incertezza dovuta al tipo di scarpe.
9. A quel punto, se con al massimo 4cm siete a posto, togliete le tavolette e provate con le
scarpe che usate di solito, che sono di sicuro con un tacco di 4cm o più (4cm non sono nien-
te eh). E squatterete senza problemi.
10. Insistete con le scarpe ed il panchetto, c’è un momento in cui arriverete al riferimento senza
problemi. Via il panchetto, continuate a riprendervi. A questo punto è fatta.
11. Più siete scarsi, più tempo dovrete dedicare a questo training. In tutto questo tempo ci sarà
un momento in cui vorrete rinunciare. A questo serve condividere i video con altri. Perché vi
diranno di non farlo. E’ lì che dovete premere l’acceleratore.

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Datevi un obbiettivo di 3 mesi, due volte a settimana per 30’. Se non ce la farete, avrete un limite
genetico. Ma questo sarà vero solo se avrete fatto tutti i passaggi che vi ho detto io. Però se ce l’ho
fatta io…

Parte 2
Devo dire che sono soddisfatto di essere qui a scrivere questa roba… pur essendo idee parziali, era-
no cose che mi frullavano nella testa da anni. Questo è stato l’”articolo” più travagliato che abbia
mai ideato. Perché lo squat è veramente un movimento incasinatissimo, e quando si parla di bio-
meccanica dello squat si rischia di dire delle banalità estreme, o di impantanarsi in calcoli assurdi.
Tutto questo ha avuto una gestazione di 2 mesi, fra creare il modello, correggerlo, studiarlo, razio-
nalizzare il tutto, scrivere e fare i disegnini.

Il problema è che, appunto, lo squat è un movimento complesso e difficile da modellare matemati-


camente. Come minimo sono necessari 7 segmenti ossei: 2 piedi, 2 tibie, 2 femori e 1 spina dorsale.
Come minimo.

Quando si utilizzano le asticelle, queste non rappresentano certamente strutture complesse come il
bacino. Strutture complesse come l’anca e la testa del femore sono ben descritte negli studi sulle
protesi: modellazione ad elementi finiti, gradienti di carico e tante altre paroline complicate. Il pro-
blema è che questi studi considerano l’anca nella sua funzione primaria: la deambulazione. Non so-
no riuscito a trovare studi che mostrino la ripartizione delle forze in posizione di squat parallelo.
Forse perché chi si opera per sostituire la testa del femore non ha intenzione di fare squat con cor-
petto e fasce elastiche alle ginocchia?

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P5

1
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P3

P1



In tanti studi che ho trovato razziando Internet si rappresentava il movimento dello squat come se
fosse bidimensionale. Ma… chi fa squat a gambe strette? La terza dimensione è complicata da ge-
stire, ma se non lo si fa si ottengono delle fesserie.

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In questo pseudo-studio cercherò di introdurre il concetto di Centro di Massa (CM) nello squat, un
aspetto poco considerato ma che a mio avviso è interessante. In più, illustrerò un semplicissimo test
che permette di comprendere se siete o meno portati per lo squat.

Non parlerò di dinamica del movimento, di forze in gioco perché mi riservo di fare questo al mo-
mento in cui avrò elaborato un corretto modello della spina e del bacino. Altrimenti si rischia di dire
delle assurdità.

L’”omino” a sinistra nel disegno precedente è nella posizione di squat parallelo. L’analisi si riferirà
a questa posizione perché è in questa posizione che si ha la massima distanza orizzontale fra ginoc-
chia e anche, cioè il braccio della leva costituita dal femore che ruota intorno al ginocchio è massi-
mo. E’ in questa posizione che si sviluppano le forze massime in gioco nel movimento dello squat.
Fate un atto di fede, è così. Lo potete anche constatare empiricamente, dato che più scendete e più
fate fatica, del resto questa è biomeccanica per bodybuilders, non per matematici che se non gli di-
mostriamo che per vivere si deve respirare, quelli soffocano…

Già si vede la prima semplificazione: studieremo lo squat in UNA sola posizione. Non di meno,
credo che il risultato sarà interessante.

La figura centrale riporta le forze in gioco: oltre alla forza peso del bilanciere carico, dobbiamo
considerare le forze peso dei vari “pezzi” del nostro corpo: tibie, femori, glutei, tronco, testa. I vet-
tori sono posizionati al centro degli elementi. Sono convinto che questa rappresentazione “vi torna”,
anche se abbiamo fatto un salto logico considerevole senza alcuna riga di dimostrazione. E’ “ragio-
nevole” supporre la massa di tutti questi “pezzi” come se fosse concentrata in un unico punto, pas-
sando da una rappresentazione continua ad una rappresentazione discreta, come si dice nei salotti
frequentati dalle persone intelligenti.

Il peso di ogni pezzo del corpo è concentrato in un unico punto, rappresentativo di tutto l’oggetto.
Questo punto è chiamato Centro di Massa dell’oggetto in esame. La trattazione è volutamente scar-
na anche perché sarebbe un po’ lunga e noiosa.

La figura a destra rappresenta una schematizzazione del nostro omino, con i segmenti e gli angoli
che ci interessano. Si riporta anche le coordinate P dei singoli centri di massa delle parti con cui ab-
biamo costruito il nostro modello.

A questo punto la domanda spontanea (in realtà di spontaneo non c’è niente, anzi, vedo tutti ronfare
come orsi in letargo…) è: possiamo calcolare il centro di massa dei centri di massa? Ovviamente la
risposta è affermativa, e la formula da utilizzare per le coordinate x e y di questo nuovo punto sono:

x1M 1  x2 M 2  x3 M 3  x4 M 4  x5 M 5  x6 M 6
xCM 
M1  M 2  M 3  M 4  M 5  M 6
y1M 1  y2 M 2  y3 M 3  y4 M 4  y5 M 5  y6 M 6
yCM 
M1  M 2  M 3  M 4  M 5  M 6

La formulazza può spaventare, ma se osserviamo meglio, la coordinata x è la media pesata delle co-
ordinate dei singoli centri di massa precedentemente calcolati. Le coordinate sono pesate tramite le
masse dei punti a cui si riferiscono. Questo significa che più una parte corporea pesa, più il centro di
massa “si sposterà” verso quel punto. Questo verrà illustrato in seguito con degli esempi.

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1
PCM
 PCM



Una volta che abbiamo calcolato le coordinate del CM totale, possiamo sostituire tutte le forze peso
con una unica forza peso equivalente, centrata nel CM stesso, come nel disegno seguente.

 1  M tot gd1  2  M tot gd 2

PCM
PCM
Mtotg
Mtotg
d1

d2

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Adesso il CM ci permette di fare delle considerazioni interessanti. La proiezione al suolo del CM
deve essere sempre compresa nell’area intorno ai vostri piedi. Per avere infatti stabilità, dovete esse-
re in grado di tenere il bilanciere senza che il sistema peso+voi inizi a ruotare. Considerate la figura
precedente:

Nel caso a sinistra il nostro omino ha le spalle troppo indietro. Per quanto si sforzi di rimanere tutto
contratto, il CM casca fuori dall’area dei suoi piedi. La forza peso equivalente innesca una rotazione
intorno ai suoi talloni, dato che c’è una coppia tau dovuta alla distanza orizzontale fra forza peso e
talloni stessi.

Nel caso a destra accade l’esatto contrario, e si ruota in avanti.

In entrambi i casi è importante sottolineare che voi non potete in alcun modo contrastare la perdita
di equilibrio, non importa quanta forza ci mettiate. Vi sbilancerete perché le forze che voi potete
generare sono interne al sistema persona+bilanciere. Per impedire la rotazione in queste posizioni
dovete introdurre una componente esterna: un appoggio o una struttura guidata tipo il multipower.
Anche qui, pazientate.

Perciò, lo squat è un movimento in cui voi dovete costantemente mantenere la proiezione a terra del
CM del sistema all’interno della superficie compresa fra i vostri piedi. In teoria, facendo questo, sa-
reste in grado di squattare sul ghiaccio o su una superficie di teflon senza attrito: essendo in equili-
brio il vostro CM, non avreste bisogno di forze di attrito per tenervi in piedi.

Evito di scrivere le varie formulette di trigonometria necessarie per il calcolo analitico del CM, però
intuitivamente possiamo dire che la posizione del CM nella posizione di squat parallelo dipende dal
peso caricato sul bilanciere, dalla posizione del bilanciere sulle spalle, dalla lunghezza delle vostre
ossa e dalla distribuzione delle vostre masse corporee, cioè dalla “forma” del vostro corpo.

xCM  f ( Li , M i , xbil , ybil , M bil ,  ,  ,  ,  )


yCM  g ( Li , M i , xbil , ybil , M bil ,  ,  ,  ,  )

Le variabili in gioco sono le lunghezze e le masse del vostro corpo, la posizione e il peso del bilan-
ciere sulla vostra schiena, gli angoli che determinano la posizione del vostro corpo:

 Alfa – angolo formato fra il tallone, la punta dei piedi e il piano orizzontale. Serve per studiare
le variazioni del CM quando si utilizzano degli spessori sotto le piante dei piedi. In realtà questo
dovrebbe essere l’angolo fra il malleolo (centro di rotazione della tibia), le punte delle dita e il
piano orizzontale. L’approssimazione introdotta è comunque lecita ed ininfluente ai fini della
trattazione.
 Theta – angolo fra tibia e piano orizzontale, è l’inclinazione delle vostre tibie in avanti, o in altre
parole, rappresenta quanto le vostre ginocchia puntino in avanti. Più è piccolo e più le ginocchia
sono in avanti rispetto ai piedi.
 Gamma - angolo fra la vostra spina dorsale e il piano orizzontale. Più è piccolo e più siete pie-
gati in avanti
 Delta – non è visibile in figura, in quanto è l’angolo di apertura delle vostre cosce rispetto al
piano verticale che passa per il centro del bacino. Se vale 0 state eseguendo uno squat a gambe
unite, più questo valore è grande, più avete le gambe divaricate.

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In tutti i calcoli ho supposto una struttura simile alla mia, perciò 175cm di altezza e 85Kg di peso.
Mi sono misurato un po’ a pedate la lunghezza dei vari segmenti corporei e ho supposto una distri-
buzione dei pesi un minimo ragionevole, nel senso che la mia testa pesa 5Kg e non 50Kg, i miei
piedi 17cm e non 2 metri…

Ovvio che c’è un forte grado di imprecisione, ma quello che a mio avviso è importante in uno stu-
dio del genere è l’analisi delle variazioni. Non ci interessa, in pratica, un preciso valore quantitativo
(l’ordine di grandezza, ci scommetto però, l’ho beccato), quanto capire cosa succede al variare delle
grandezze di interesse. Esempio: chi ha i femori corti è svantaggiato? Detto in altri termini: come
varia la posizione del CM al variare della lunghezza dei femori?
Un primo risultato interessante è che, poiché il CM varia in funzione del peso sul bilanciere, impa-
rare lo squat (ma anche lo stacco) senza utilizzare un peso adeguato può non essere una strategia
che funziona.

120 120 120

110 110 110

100 100 100

90 90 90

80 80 80

70 70 70

60 60 60

50 50 50

40 40 40

30 30 30

20 20 20

10 10 10

0 0 0
-10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60

I disegni sopra riportati mostrano degli omini stilizzati (mi piace la parola “omino”, perciò abituate-
vi…) La pallina nera è la testa, quella bianca è il disco del bilanciere. Supponiamo di avere il bilan-
ciere “alla bodybuilder”, cioè alto sulla schiena. La crocetta non sull’asse x rappresenta la posizione
del CM, la linea viola è la proiezione del CM al suolo. I numeri sono distanze in cm.

L’omino a sinistra esegue uno squat parallelo con 0 Kg, quello al centro utilizza un peso pari al suo
peso corporeo, quello a destra con un peso pari al doppio del suo peso corporeo. Per come è impo-
stato il movimento, al parallelo il CM sarà proiettato in 3 punti differenti, da molto indietro rispetto
alla punta dei piedi, a molto avanti. In tutti e 3 i casi c’è una apertura delle gambe di 45° rispetto al
piano verticale.

Voi “sentirete” il peso più indietro o più avanti, a seconda del peso che utilizzerete. Questo renderà
il movimento differente. Per questo non ha molto senso imparare lo squat con un bilanciere da 8Kg
scarico! Quando metterete un peso decente, il movimento sarà differente.

12
Introduciamo come parametro quantitativo il rapporto fra la distanza della proiezione del CM al
suolo (la crocetta a terra) rispetto alla punta dei piedi e la distanza orizzontale fra tallone e punte dei
piedi. Se questo rapporto, che chiamiamo R vale 0% il CM si trova sulle punte dei vostri piedi, se
vale 100% si trova sul tallone, se vale più del 100% cascherete indietro, se diventa negativo cappot-
terete in avanti.

Centro di massa % rispetto a proiezione piedi

80

70

60

50
%

40

30

20

10

0
0 0,5BW BW 1,5BW 2BW 2.5BW 3BW

Considerate la curva blu: rappresenta le variazioni di R rispetto alle variazioni del peso, espresso in
bodyweight (BW – peso corporeo). Notate come la curva decresce bruscamente se passo da un cari-
co di 0 Kg ad un carico pari al peso corporeo. Dopo decresce molto meno. Ciò significa che sentire-
te una grande differenza fra squat senza bilanciere e squat con il bilanciere carico, ma poi il movi-
mento sarà sempre lo stesso.

Per una corretta percezione della stabilità del movimento, il CM dovrebbe sempre rimanere al cen-
tro dei vostri piedi, leggermente spostato in avanti in modo da poter “soppesare” con le punte il ca-
rico. Più il CM è verso i talloni, più aumenta la sensazione di sbilanciamento e di instabilità. Più è
in avanti, invece, più accade il contrario: si ha la sensazione di crollare in avanti.

La curva viola è ottenuta con lo stesso ragionamento, ma con il bilanciere più “alla powerlifter”,
5cm più in basso sulla schiena rispetto alla posizione precedente. In questo caso, poiché il bilanciere
si trova più vicino al CM, l’effetto è minore ma c’è lo stesso. Notate anche come una semplice va-
riazione di “poco” (5cm sono “poco”) del posizionamento del bilanciere porta ad una amplificazio-
ne o all’attenuazione di un certo “fenomeno”. Questo per dire che il CM, perciò la vostra esecuzio-
ne, è influenzata pesantemente da una serie di piccoli aggiustamenti che, nella globalità, danno luo-
go a comportamenti complessi e anche imprevedibili.

Ma ora che ci siamo scaldati, entriamo nel merito del titolo. Consideriamo che io tenti di fare uno
squat a gambe strette, con il bilanciere in alto sulla schiena, ecco una possibilità.

13
80

70

60

50

40

30

20

10

0
-10 0 10 20 30 40 50 60

Con la lunghezza degli arti che mi ritrovo, per fare mantenendo la schiena ad un angolo di 50° ri-
spetto al piano orizzontale (un angolo tutto sommato ragionevole), ho la necessità di un angolo 50°
rispetto al piano orizzontale (un angolo tutto sommato ragionevole), ho la necessità di un angolo
theta (quello della tibia) pari a 45°.

L’angolo minimo per rimanere con il CM all’estremità dei talloni è 54° Sopra questo valore, ca-
scherei indietro. Viceversa, se volessi tenere la schiena inclinata di 60° (cioè più “verticale”)
l’angolo minimo per far rimanere all’interno dei piedi il CM sarebbe di 46°. Se volessi tenerlo nello
stesso punto del disegno precedente, dovrei piegare ancora di più le tibie, fino ad un angolo di 35°

50

48

46

44

42
Theta

40

38

36

34

32

30
45 47 49 51 53 55 57 59

Gamma
Sie
te confusi con tutti questi °…. Il concetto, banale, se volete, è che più volete tenere la schiena dritta,

14
più dovete piegare le tibie, come si vede dal grafico sotto riportato dove la relazione fra gamma
(schiena) e theta (tibie) è quasi lineare nell’intervallo che ci interessa

Ok, ho fatto un interessante studio su me stesso, che consiglio anche a voi. Mi sono messo scalzo e
in mutande sul parquet della camera da letto, poi ho piegato le ginocchia cercando di andare giù
mantenendo la verticalità della schiena. In pratica ho cercato di squattare con le chiappe sopra i tal-
loni, tenendo i piedi vicini e paralleli fra loro. Mi sono fermato un attimo prima del distacco dal
suolo dei talloni, e mi sono fotografato per misurare questo angolo (ho fatto tutto con l’autoscatto,
non posto le foto per un atto di decenza…)

Questo angolo è l’angolo minimo che io riesco a raggiungere nel fare squat. Sotto non posso andare
perché costituisce il limite della flessibilità dell’articolazione tibio-tarsica.

La cosa sconvolgente è che questo angolo vale 55° nel mio caso! Ok, anche qui ci sarà chi dirà che
ho scoperto l’acqua calda: chi ha la caviglia rigida esegue male lo squat. Il punto è che la quantifi-
cazione di questo problema mi ha sconvolto.
80 80 80

70 70 70

60 60 60

50 50 50

40 40 40

30 30 30

20 20 20

10 10 10

0 0 0
-10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60

A sinistra l’omino-Paolino che esegue uno squat a cosce strette senza peso, al centro con il doppio
del suo peso corporeo. Per come sono fatto io, per l’angolo minimo che posso raggiungere con le
tibie, non posso eseguire lo squat in quanto la proiezione a terra del mio CM è in un punto ad alta
instabilità o proprio al di fuori dei miei piedi.

Il Paolino a destra esegue invece il front squat, la cui differenza è che il bilanciere è davanti al collo,
non dietro (in questo caso, a 5cm dal collo, in avanti). La proiezione del CM si trova nell’area dei
piedi, ma comunque l’angolatura della schiena è troppo stretta per poter mantenere il bilanciere sul-
le spalle!

Eseguendo infatti lo squat in questo modo, perdo l’equilibrio. Nel caso con 170Kg mi trovo ad ave-
re un valore di R pari al 93%, cioè il CM è proprio “dentro” i talloni. Se avessi il femore più corto di
5cm, R varrebbe 64%, cioè un valore accettabile. Oppure, potrei ottenere lo stesso valore se avessi
la schiena più lunga di 8 cm. Variazioni di lunghezza della tibia non sono invece rilevanti.

Mi sembra chiaro che non mi faccio una resezione ossea per migliorare il mio squat a cosce strette,
e che se avessi la schiena più lunga la leva per tenere il bilanciere sulle spalle sarebbe più svantag-
giosa per i miei erettori spinali, perciò neanche questa è una idea particolarmente brillante…

15
A questo punto abbiamo quantificato una affermazione che tutti conoscono: chi ha i femori lunghi e
le caviglie rigide ha difficoltà ad eseguire lo squat. E’ l’accoppiata delle due condizioni, altrimenti
non si spiegherebbe perché gente di 193cm come un mio amico riesca ad andare sotto il parallelo.
In questo senso, io con le mie gambe “normali” e le mie caviglie rigidissime ho un limite genetico.

Secondo voi ci avrò provato a fare stretching alle caviglie? A mio avviso la cosa anche qui è ben
più complessa del semplice allungamento muscolare. Credo sia un problema di conformazione os-
sea e di legamenti, perché ad un certo punto è come se arrivassi ad un fine corsa, ad una battuta.
Senza che il polpaccio “tiri”.

Ok, lo ridico: io ho un limite genetico. Quanti si ritrovano in quello che dico? Smettiamo tutti di fa-
re squat? Rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di capire come operare.

Se la mia caviglia è limitante e non posso farci nulla, come posso “accorciare virtualmente” il mio
femore? Allargando le gambe.
80 80 80

70 70 70

60 60 60

50 50 50

40 40 40

30 30 30

20 20 20

10 10 10

0 0 0
-10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60 10 0 10 20 30 40 50 60

La figura a destra è il solito omino a gambe strette, quella al centro tiene le gambe divaricate for-
mando un angolo di 45° fra i femori, quello a destra allarga l’angolo a 90°. Come si vede, la proie-
zione del femore sul piano orizzontale diminuisce, come se di fatto fosse più “corto”. Immaginatevi
l’omino in spaccata completa, le ginocchia sarebbero in linea con le anche.

100%

90%

80%

70%

60%

50%

40%

30%

20%

10%

0%

16
- 10 20 30 40 50 60 70 80 90
Notate perciò come questo “accorciamento virtuale” porti il CM più verso il centro dei piedi. E co-
me sia possibile, nella figura a destra, ipotizzare di tenere la schiena più verticale.

Nel grafico precedente l’andamento del parametro R rispetto all’apertura dei femori. L’andamento è
cosinusoidale, ciò significa che l’effetto di spostamento del CM si inizia a “sentire” dai 45° in poi.

Una strategia efficace per riuscire a eseguire uno squat è pertanto quella di allargare i piedi in modo
da avere un certo angolo fra i femori quando siete nel punto più basso. Quello che succede è un mi-
glioramento della geometria del vostro corpo che vi permette una miglior stabilità.

Molto spesso invece persone che abbandonano lo squat perché credono di non poterlo eseguire alla
prova dei fatti (cioè del classico video su youtube) hanno solamente una tecnica pessima, tutti a
squattare a gambe strette, perché “in palestra mi hanno detto che così si fa la massa sui quadricipi-
ti”.

Breve parentesina: questa storiella della massa sui quadricipiti è falsa. Prendete dei ciclisti su pista,
avranno tutti le cosce grosse, eppure non fanno squat. C’è una maggiore o minore enfasi sui quadri-
cipiti a seconda della postura, ma non “zero o tutto”.

Tipicamente chi si incaponisce a fare squat a gambe strette ma avendo una escursione di caviglia
limitata, per ovviare al fatto che le chiappe indietro lo sbilanciano, alla fine incurva la schiena nel
tentativo di spostare in avanti il CM. E’ importante sottolineare che in questo caso l’incurvamento
non è dovuto al peso che non si sa gestire, ma proprio ad un motivo geometrico di CM: se volete, il
problema è ben più grave del solito “caricone”, perché il bilanciere si può scaricare, una errata
comprensione delle dinamiche del movimento porta invece all’acquisizione di una postura sbagliata
con ovvie esposizioni a possibili infortuni.

Voglio ora sottolineare che l’allargamento delle gambe non è la panacea a tutti i mali, cioè non è
che si possono allargare le gambe fino in spaccata. Il prezzo da pagare è che le forze che agiscono
sul vostro corpo sono differenti, e questo va valutato.

Non ho elementi quantitativi per dimostrare questo, in quanto il modello che sto sviluppando non è
ancora pronto, però posso assicurarvi che più tenete le gambe allargate e più le forze di reazione dai
vostri femori punteranno verso il centro del bacino. Tutto questo può o non può essere un problema,
comunque sconsiglio un angolo dei femori superiore a 90°, per questo motivo. In un prossimo arti-
colo la quantificazione di quanto esposto.

Non fatevi però ingannare dalla frase “lugubre”. Fate delle prove progressive, non eccedete nella
svasatura, e vedrete che se seguirete quanto espresso nel precedente articolo parte 1, riuscirete a
trovare la vostra postura corretta da squat.

Affronto ora un argomento che non è direttamente relazionabile al CM, ma è correlato. Avete mai
sentito la frase “la punta delle ginocchia non deve mai superare la punta dei piedi”? Mi sono sempre
chiesto quale sia il motivo e se ciò sia possibile. Ho visualizzato veramente centinaia di video e di
fotografie relative allo squat, non solo non ho trovato una giustificazione, ma anche la maggior par-
te delle persone ha le ginocchia “avanti ai piedi”

Io credo che sia un problema di errata interpretazione della biomeccanica del movimento, che attri-
buisce a questa condizione un qualcosa di “sicuro” per le ginocchia.

17
80 80 80

70 70 70

60 60 60

50 50 50

40 40 40

30 30 30

20 20 20

10 10 10

0 0 0
-10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60

In realtà la postura deve assicurare una sicurezza globale al vostro corpo. Consideriamo infatti
l’omino a destra, il Paolino che esegue uno squat a gambe allargate, angolo femori di 90°, schiena
flessa di 45°. Posso comunque recuperare un bel po’ di inclinazione della schiena, figura al centro,
portandola a 55°. Visivamente è molto meglio, la mia schiena subirà un carico inferiore.

Notate però come le punte delle ginocchia siano più avanti di quelle dei piedi (meglio, le proiezioni
di entrambi sul piano verticale, ma tanto ci siamo capiti…). Questo porta ad un certo sforzo sulle
ginocchia (quanto? Nel prossimo articolo la soluzione). Considerate ora la situazione a destra, dove
le punte di ginocchia e piedi sono allineate. Fidatevi, lo sforzo sulle ginocchia è inferiore. Ma per
mantenere il CM all’interno dei piedi, cioè per non cappottare indietro, devo flettere la schiena più
in avanti, non potendo allargare di più le gambe!

Quale condizione è più sicura, allora? Quella centrale o quella a destra? La risposta è che non ci so-
no elementi per giudicare, e tutto va cablato sulle individualità del singolo che deve sperimentare.
La storiella delle punte è, appunto, una storiella.

La mia interpretazione è invece che la frase và letta in un altro modo: “le ginocchia devono essere
in linea con i piedi”. Da cui le interpretazioni sbagliate “le ginocchia devono essere sopra i piedi, al
massimo sopra i piedi, mai davanti ai piedi”.

Il disegno seguente in alto mostra la posizione di squat parallelo con le ginocchia e i piedi “in line-
a”, o, come si legge, “in posizione neutra”. Questa è la corretta posizione di squat, indipendente-
mente da dove sono punte e ginocchia. La linea è quella che passa dalle anche e dalla punta dei pie-
di.

L’articolazione del ginocchio ha il compito di flettere e di estendere la tibia sul femore, pertanto la
sua capacità di rotazione è notevole sul piano femore-tibia, con una struttura meccanica adatta a
questo scopo. Se prendete un trattato di anatomia qualsiasi tutto questo risulta evidente: è come una
cerniera di una porta, solo un tantino più complessa. Considerate il movimento di leg extension: po-
tete caricare sull’avampiede un bel carico, le strutture legamentose e cartilaginee del ginocchio rie-
scono a reggerlo.

Il ginocchio riesce anche a far compiere delle rotazioni alla tibia sul suo asse, ma di certo non è in
grado di reggere sforzi della stessa entità di quelli di un semplice leg extension, perché non è pro-
gettato per funzionare così: chiedete ad un vostro amico di ruotarvi il piede mentre voi lo contrasta-
te. Riuscite a fare pochissima forza e dovete stare attenti a non sentire crack. I legamenti e le carti-
lagini del ginocchio servono a stabilizzare il ginocchio, ma non a effettuare rotazioni della tibia.

18
Considerate ora uno squat come nella figura precedente, in basso. Le ginocchia non sono in linea
con i piedi, e questo comporta degli sforzi torsionali sul ginocchio che deve stabilizzare la posizione
in un modo in cui non può funzionare correttamente. Questo sì che è dannoso.

Ho visto molti video di persone che eseguono così, perché è un attimo nel punto più basso, perché
non si rivedono mai in video, perché il movimento è voluto per arrivare più in basso. Facendo così,
infatti, si riesce a ottenere un angolo equivalente tibia-piano orizzontale più stretto.

C’è anche il caso opposto, di persone che effettuano questo movimento non quando fanno
l’eccentrica, ma quanto vengono su nella concentrica. Ciò è dovuto ad una impostazione sbagliata
che gli fa salire le chiappe prima delle spalle, e per far ciò devono chiudere le gambe. Qui il “dan-
no” non è tanto alle ginocchia, ma alla bassa schiena.

Pertanto, se squattate con i piedi in posizione neutra, non avrete problemi.

Affrontiamo ora un argomento spinoso: la tavoletta. Strali su di me!!!

Ma… qualcuno sa a cosa serve la tavoletta? E sa quando deve utilizzarla?

19
PCM
PCM

min  0 min    0

0 0

Prima di tutto, chiariamo una cosa, altrimenti non mi seguite. Per “tavoletta” io intendo uno spesso-
re che sia al massimo 4cm. Questo spessore è comprensivo di tutto, è la massima distanza dal vostro
tallone nudo e dal pavimento. Se considerate che un paio di scarpe da ginnastica hanno un tacco di
2cm abbondante, il supporto di cui parlo è veramente esiguo.

In più, io ho le scarpe omologate per il Powerlifting, e da regolamento il tacco massimo può essere,
appunto, 4cm. Vi posso assicurare che sembrano delle comunissime scarpe. Non stiamo parlando di
fare lo squat in punta dei piedi…

Il disegno a sinistra rappresenta il caso (mio ad esempio) di una persona, che anche allargando le
gambe abbia un angolo minimo della tibia rispetto all’orizzontale ancora troppo grande per rag-
giungere il parallelo, in quanto il CM va a cadere troppo sui talloni. Il tipo è impossibilitato a man-
dare in avanti le ginocchia perché le tibie non ruotano sulle caviglie. Mettendo un supporto si ha la
rotazione della tibia in senso orario, fino a che si riesce a raggiungere l’angolo corretto. A quel pun-
to le tibie sono ruotate a sufficienza e la persona riesce a scendere al parallelo. Questo è il significa-
to della tavoletta: compensare l’angolo mancante, come si vede nella formula riportata.

80 80 80

70 70 70

60 60 60

50 50 50

40 40 40

30 30 30

20 20 20

10 10 10

0 0 0
-10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60 -10 0 10 20 30 40 50 60

20
L’utilizzo di un supporto sotto i piedi è una tecnica potentissima, in quanto le variazioni di spessore
si ripercuotono pesantemente su tutta la vostra postura, pertanto non dovete né demonizzare, ma
nemmeno sottovalutare questa tecnica. Considerate infatti la situazione a destra dei disegni prece-
denti, sono io che faccio squat con i femori a 90°. Al centro ho inserito un supporto di 2cm, a destra
uno di 4cm. Notate come l’effetto sia molto marcato. In entrambe le posizioni la mia schiena è in-
clinata di 55°. Nella figura a destra potrei recuperare 10° portando l’inclinazione a 65°, cosa impos-
sibile negli altri casi.

80%

70%

60%

50%

40%

30%

20%

10%

0%
- 1 2 3 4

Quantitativamente questa è la variazione di R in funzione dell’altezza del supporto che, nel caso
della forma dei miei piedi, recupera 3.8° per ogni centimetro di spessore aggiunto
Chiaramente nulla è gratis, perciò l’introduzione di un supporto ha le sue conseguenze. Vi permette
di fare squat o di farlo con la schiena più verticale, ma nel contempo porta più sforzo sui quadricipi-
ti e sulle vostre ginocchia. L’equilibrio di queste due cose è la chiave per uno squat sicuro.

Non dovete usare la tavoletta, a meno che non sia indispensabile. Questa “indispensabilità” passa
attraverso una sperimentazione attenta e costante. Di per se, la tavoletta non è dannosa. Basta sapere
a cosa serve. Chiaramente, se la infilate sotto i vostri piedi e continuate a squattare con le cosce ap-
piccicate, le vostre ginocchia esploderanno!

Per la mia esperienza, io non posso squattare in maniera sicura senza le mie scarpe da powerlifting
che ho avuto la fortuna di ottenere in prestito a vita da un mio carissimo amico. Il poter posizionare
il CM del sistema Paolino+bilanciere in maniera adeguata mi permette uno squat più stabile e sicu-
ro. Prima ciò non era possibile e le imprecazioni si sprecavano.

Non è un invito ad usare la tavoletta, ma a prendere coscienza delle vostre posture, dei vostri pregi,
dei vostri punti di criticità. E delle tecniche che potete sfruttare per ovviare a tutto ciò, a patto che
riusciate a controllarle. E il controllo passa per la conoscenza. Oppure, potete rassegnarvi ai vostri
limiti genetici e piangere le vostre miserie. Io prima di desistere e ammettere che il problema è in-
sormontabile, ci schianto alla morte e non lascio niente al caso.

21
Ho visto effettuare squat a piedi pari, con la schiena tesa, in una postura perfetta. Persone, appunto,
geneticamente dotate di caviglie flessibilissime. Per questi la “tavoletta” si identifica in
quell’oggetto da sollevare quando si fa pipì… per i geneticamente sfigati come me, invece, è neces-
sario studiare le soluzioni.

Però, personalmente, tentare di risolvere un problema porta sempre a più conoscenza. E questo è un
bene.

[teacher mode on]


Riassumendo, in questo articolo è stato proposto uno studio sul Centro di Massa nella posizione pa-
rallela dello squat. L’effettiva fattibilità del movimento in una corretta postura è data non tanto dal
carico, quanto dalla “forma” del vostro corpo, dalle lunghezze delle vostre ossa e dalla mobilità del-
le vostre caviglie che costituiscono il punto critico di tutto il sistema. Il carico è secondario in quan-
to i vantaggi o gli svantaggi della vostra struttura fisica permetteranno o meno l’esecuzione del mo-
vimento anche con pesi relativamente bassi.

Si è cercato di illustrare l’influenza dei principali mezzi a disposizione per ovviare alle criticità ese-
cutive, posizionamento delle gambe e supporto sotto i talloni, esponendone pregi e difetti.

Per un modello delle forze in gioco è necessario un modello più sofisticato e questo sarà oggetto di
un prossimo studio.
[teacher mode off]

[Paolino mode on]


Per adesso accontentatevi, perché è tra l’altro GRATIS. E “gratis” in latino significa “no money”
[Paolino mode off]

Parte 3

E’ più forte di me… il mio complesso di inferiorità mi porta a questi titoli… come "supplemento a
Oltre Brawn" ecco il supplemento agli altri 2 articoli. La differenza è nel numero di copie vendute,
ma sono sottigliezze su cui non starei tanto a formalizzarmi.

La storiella della tavoletta è drammatica. Devo smettere di usare questa parola. Per alcuni sembra
che io voglia consigliare pratiche altamente lesive delle articolazioni.

Per sgombrare il campo da ogni dubbio, il punto è che la tavoletta, lo spessore, il cuneo, l’oggetto, il
supporto, l’apparecchio antigravitazionale che userete in questa demoniaca pratica deve essere AL
MASSIMO 4cm.

Questi 4cm vanno dalla nuda pelle del vostro tallone al freddo pavimento. 4cm in tutto. Proprio 4cm
perchè 4cm è IL MASSIMO consentito per le scarpe omologate per il powerlifting. Utilizzo ancora
una volta il regolamento ufficiale IPF perchè è l’unico che dà dei riferimenti. Il concetto è che gli
atleti possono avere una rigidità di caviglia tale da non poter riuscire a seguire le regole per uno
squat valido. Il regolamento stabilisce una tolleranza nel tacco delle scarpe tale da permettere a tutti
di poter squattare in maniera regolamentare. Questo margine è al massimo 4cm. Perciò o voi riusci-
te a squattare con un tacco fatto così, oppure potete dire addio alla possibilità di fare squat.

I 4cm sono uno spartiacque, un criterio operativo.

Sono tanti o sono pochi? Vi posto un po’ di confronti

22
A sinistra 2 tavolette di truciolato di 2cm l’una (4cm misurati), a destra una all star a suola pratica-
mente piatta. Diciamo 0.5cm di tacco netto, fra spessore del tacco e spessore della punta. Io con
queste non riesco a fare squat. Zero. Nulla. Con qualunque peso e apertura delle gambe "ragionevo-
le". Chiaramente se faccio una specie di spaccata patetica, riesco ad andare giù, ma sono così disgu-
stoso che mi rifiuto di prendere in considerazione che mi potrei anche fare male… semplicemente
troppo brutto per pensare una soluzione del genere.

Enrico riesce a squattare con queste scarpe, lo stesso Valerio, ho visto un sacco di video di gente
che bene o male le usa e ha degli squat buoni, come ho visto un sacco di persone che con queste
scarpe ha delle esecuzioni terribili. E’ colpa delle scarpe? Devono mettere i trampoli? Semplice-
mente, queste persone devono rivalutare tutta la loro esecuzione, per vedere se sono le scarpe o me-
no.

Voglio anche precisare una cosa: tutta questa storiella delle scarpe io PER ANNI non l’ho cacata
manco di striscio… solo quando mi sono ripreso ho visto che tipo di squat avevo. Non voglio che
pensiate che io sia un pontificatore di discorsi al popolo. Dico solamente: attenti. Riprendetevi. E
vedete se avete lo squat così bello come pensate di avere.

Queste sono le Nike sfondatissime che uso per praticamente tutto. Ho misurato circa 3cm di tacco
netto, dato che la soletta interna arriva al pari dei 4cm, ma c’è ovviamente uno spessore della punta.

23
Con queste riesco a squattare sotto il parallelo. Queste scarpe "nascono" con la tavoletta incorpora-
ta. Chiunque dovrebbe riuscire a squattare con scarpe del genere, senza nemmeno porsi tutto questo
problema. Chiaramente scarpe del genere, morbide per assorbire l’impatto di una corsa, si schiac-
ciano sotto il peso e lo spessore alla fine è inferiore ai 3cm.

Queste sono le mitiche scarpe da powerlifting, quelle con il tacco famosissimo da 4cm. I 4cm sono
comprensivi della soletta interna, come sempre. Onestamente, non mi pare che siano così alte ri-
spetto alle altre… questi 4cm visivamente non è che siano tutto questo chè, non trovate? Insomma,
non mi sembrano le scarpe di ferro che venivano arroventate per far confessare i peccati nelle tortu-
re medioevali della Santa Inquisizione.

Queste sono un regalo del mio amico Valerio, che ringrazio ogni volta che faccio squat. Uso queste
per 2 motivi. Il primo è che con queste non ho problemi di omologazione del materiale di gara. So-
no per definizione omologate. Il secondo è che la suola è rigida e stabile.

Questo è troppo, non lo dovete fare. Se siete costretti ad utilizzare uno spessore anche con queste
scarpe, allora qualcosa non va. Magari state facendo lo squat a gambe strette "perchè così arriva
meglio nei quadricipiti". Sbagliato. Cambiare postura, buttare via la tavoletta. Fare la pressa per i
quadricipiti, 2×6 dopo lo squat.

24
Ribadisco un concetto: gli spessori sotto i piedi sono degli strumenti. Non sono dannosi in se. Que-
sto è ovvio e chi dice il contrario veramente non ha capito. Una bomba termonucleare non è perico-
losa fino a che non scoppia, cioè fino a che non se ne fa uso. Se voi la fate scoppiare in un’isola de-
serta sotto 5Km di crosta terrestre è un conto, se accade la stessa cosa sotto la vostra macchina,
un’altro. Così la tavoletta. Banalmente, se voi la guardate e basta, non vi causerà niente alle ginoc-
chia. Se invece la usate male, vi farete male.

Dovete mettere uno spessore sotto i talloni solo se assolutamente costretti. Ho già descritto la pro-
cedura. Ora avete un criterio di altezza massima.

Sabato scorso è venuto a casa mia il mio amico Yuri e abbiamo fatto un po’ di squat. Ha una cavi-
glia così mobile che gliel’ho fotografata per studiare l’angolo che riesce a raggiungere prima che si
stacchi il tallone dal suolo (non voglio che pensiate che sia un feticista dei piedi ah ah ah - per me
sono cose assurde, ma non vorrei divagare). Al mio amico non si staccano MAI i talloni da terra,
uno spettacolo. Riesce ad arrivare a 45° di angolo fra tibia e piano orizzontale, mentre io al massi-
mo arrivo a 55°.

Vediamo cosa significa.

A destra c’è il Paolino attuale, che può raggiungere un angolo tibia-orizzontale pari a 55°, gambe ad
una apertura di 35° che se andate a provare è una apertura "tranquilla". Notate come il Centro di
Massa (CM) sia spostato verso i talloni. Per questo non ho la stabilità necessaria per squattare senza
tacco. Basta poco per andare indietro, e l’instabilità rende l’esecuzione titubante.

A destra c’è il Paolino ideale che riesce ad arrivare all’angolo di Yuri, 45°. Il CM è piazzato quasi
al centro dei piedi, perciò al parallelo la stabilità è ottima. Infatti il mio amico squatta a scarpe per-
fettamente piatte. A lui la tavoletta serve solo quando va al cesso ah ah ah scusate, non ce l’ho fatta
a trattenermi.

Nel mio caso, invece, quale soluzione posso attuare dopo averle provate tutte? Vediamo le due figu-
re seguenti

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Sono sempre io, nella triste reltà della mia grama esistenza di squattatore impedito… A sinistra ho
inserito nel modello uno spessore di 1cm. Notate come la trigonometria ci aiuta. Un piccolo rialzo
provoca una piccola rotazione angolare che, per la lunghezza della tibia, provoca un grande sposta-
mento lineare. Questa è la chiave di comprensione. Già con un minimo spessore io ottengo grandi
vantaggi.

Per ottenere lo stesso risultato che il mio amico baciato dalla fortuna ha gratis dalla sua caviglia,
devo mettere uno spessore di 2.5cm, come riportato nella figura a destra. Non sto a riportare i dise-
gnini, ma se Yuri si mette uno spessore di 2.5cm il suo CM è così avanti che sentirebbe di squattare
in maniera instabile, cadendo in avanti.

Il passo successivo è determinare un modello per il calcolo delle forze in gioco. Se il bacino e la co-
lonna sono assurdamente complicate, il ginocchio è solo incredibilmente complicato. Lo scopo è
studiare le famigerate "forze di taglio" di cui tutti parlano ma nessuno-dico-nessuno ha mai portato
uno straccio di schema, Queste forze esistono chiaramente. Ma.. come si generano?

Faccio qui una ipotesi, che voglio in seguito confutare o confermare: secondo me l’uso della tavo-
letta in chi non ha altra possibilità per fare squat genera delle forze di taglio inferiori a quelle gene-
rate dall’uso non richiesto. In altre parole, la tavoletta fa male se voi la usate e non dovete. Altri-
menti no. Questa è una ipotesi di lavoro. Non so nemmeno io se è vera o meno. Ma ci lavorerò so-
pra.

Che ci volete fare… io mi diverto così…

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