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La definizione scientifica, nel contesto generale del resistance training o esercizio con sovraccarichi,
stabilisce che l'intensit del carico sia la percentuale di lavoro svolto rispetto alle capacit massimali su
una ripetizione (% 1RM)[3][1][4][5]. La misurazione dell'intensit in relazione alle ripetizioni massime
eseguite una pratica che nasce negli anni cinquantadall'idea del fisioterapista norvegese Oddvar
Holten tramite lo sviluppo di una terapia di ginnastica medica[6]. La curva di Holten una scala che
stabilisce la percentuale di intensit correlata con le ripetizioni eseguite. L'atleta esegue le ripetizioni
con un dato carico alla massima fatica, il numero di ripetizioni eseguite vengono poi correlate con una
data intensit, permettendo di determinare il One-repetition maximum. Ad esempio, se un soggetto pu
sollevare 10 libbre (4.50 kg) per 16 ripetizioni (75%), il 10 viene diviso per 0,75 per un 1-RM di 13,3
libbre (5,99 kg). Per i soggetti anziani, il 1-RM viene moltiplicato per l'80% (13,3 0,80 = 10,5 4.73
[kg]). Questo paziente avrebbe compiuto 3 serie da 10 a 10.5 libbre (4,73 kg) [7].
Questa definizione di intensit strettamente connessa col carico potrebbe essere considerata come
sinonimo dipercentuale di carico, in quanto viene ricavata dal calcolo in percentuale sulla riduzione
dello specifico carico che permette una ripetizione massima (1 RM, 1 Repetition maximum).
Lintensit secondo questa definizione potrebbe essere anche nominata semplicemente
come resistenza o carico, riferendosi al fatto che ogni carico corrisponde ad una specifica intensit
individuale[1][8]. Essa riconosciuta come intensit relativa proprio perch espressa in percentuale
rispetto allintensit assoluta. Se ad esempio un atleta riesce a sollevare 100 Kg su panca piana per
una ripetizione al massimo (1-RM), questi 100 Kg rappresentano il 100% dell'intensit (100% 1 RM), e
quindi l'intensit assoluta. Se il carico viene ridotto del 20% (80 Kg), l'intensit scende all'80% di una
ripetizione massima (80% 1-RM), e si traduce in una capacit di sollevare il carico per pi ripetizioni. A
sua volta, per ogni intensit relativa (o percentuale di carico) corrisponde una stima approssimativa del
numero di ripetizioni che si riescono ad eseguire[1], naturalmente in condizioni di non affaticamento. Ad
esempio si pu stimare che un carico relativo all'80% del massimale possa permettere di eseguire al
massimo 8 ripetizioni massime a cedimento (8-RM)[9]. Queste stime per non sempre corrispondono
esattamente alle capacit individuali, variano notevolmente anche a seconda della variante
dell'esercizio (bilanciere o manubri, catena cinetica aperta o chiusa), e naturalmente subiscono
un'alterazione in base al grado di affaticamento e alla durata dei tempi di recupero. A volte, per ricavare
l'intensit relativa senza eseguire un test massimale che stabilisca l'intensit assoluta, viene proposta
l'esecuzione del numero massimo di ripetizioni per un dato esercizio con un dato carico, in modo da
risalire alla percentuale di carico in base al numero di ripetizioni massime portate a termine. Se un
atleta ad esempio riesce ad eseguire 10 ripetizioni massime sulla panca piana con 80 Kg, questo carico
corrisponderebbe approssimativamente al 75% del massimale, in quanto ogni numero di ripetizioni
massime ha una corrispondente intensit relativa pi o meno definita. Il test che lavora sulle zone di
intensit, denominate spesso "5-RM" o "10-RM", si riferisce allo specifico carico che limita l'esecutore
allo specifico numero di ripetizioni stabilite, ed pi conveniente per i bodybuilder o per gli entusiasti
del fitness, poich il test massimale richiederebbe troppo tempo per essere praticato considerato il
largo numero di esercizi previsti nell'allenamento[1]. Nonostante esistano definizioni alternative del
parametro intensit, soprattutto nell'ambito del culturismo, questa risulta la pi accreditata e precisa,
perch stabilit dal mondo scientifico.
*Queste percentuali possono variare molto leggermente (0.5-2.0%) in base allo stato di allenamento del soggetto. [9]
L'OMNI-resistance exercise scale, o OMNI-perceived exertion scale, una scala di percezione dello
sforzo[10], alla base di un metodo alternativo di classificazione e monitoraggio dell'intensit dello
sforzo. Si tratta di una scala di 10 punti soggettivi che trae spunto dalla precedente scala di percezione
dello sforzo (Rate of Perceived Exertion, RPE), chiamata anche Scala di Borg in richiamo al nome dello
studioso che la propose nel 1982, la quale viene usata soprattutto nell'esercizio aerobico in ambito
scientifico e professionale[11]. Ogni punto da 1 a 10 nella scala OMNI rappresenta approssimativamente
un incremento del 10% dell'intensit in relazione alla percentuale su 1-RM. Ad esempio l'uso di un
carico relativo al 100% di 1-RM rappresenta il punteggio di 10 nella scala OMNI, mentre un carico
corrispondente al 50% di 1-RM corrisponde ad un punteggio di 5. La OMNI-resistance exercise
scale non un metodo molto preciso, ma piuttosto qualitativo, in quanto determina quanto duro
l'esercizio secondo quanto percepito soggettivamente dall'esecutore[12].
Pare evidente che la definizione scientifica e quella astratta dell'intensit si trovino abbastanza in
contrasto, in quanto indicatori di due concetti relativamente diversi. Mentre il parametro scientifico pu
essere nominato anche come percentuale di carico o carico, quello astratto potrebbe essere
considerato come il massimo sforzo, la massima fatica, o la massima durezza di una serie. In realt
entrambi presentano un punto comune, cio che per essere stabiliti necessitano dell'individuazione del
punto di cedimento muscolare concentrico. Si potrebbe concludere che entrambe queste interpretazioni
possano essere valorizzate in quanto complementari, utili per la programmazione di un allenamento, e
per poter individuare pi precisamente il parametro sotto pi aspetti. Ad ogni modo alcuni autori hanno
tentato di introdurre formule alternative per cercare di stabilire questa variante dell'intensit nel
bodybuilding con maggiore precisione.
Tale formula esprime una misura di potenza. Essa esclude per la componente soggettiva del
parametro, in quanto l'intensit sarebbe dipendente anche dalla condizione psicologica, la motivazione
e la concentrazione dell'atleta, nonch alla sua capacit di spingersi al limite. Due atleti con diverse
motivazioni e condizioni psicologiche, pur eseguendo lo stesso protocollo di allenamento e con gli
stessi numeri e risultati secondo le formule, riuscirebbero ad esprimere di fatto intensit diverse. In
particolare nell'attivit di bodybuilding, il concetto di intensit potrebbe non essere riconosciuto
all'interno di una mera valutazione di potenza. Si potrebbe esporre l'esempio della tecnica super slow -
con movimenti molto lenti - molto intensa dal punto di vista effettivo, ma meno intensa secondo i
risultati della formula sopra esposta[2].
Un concetto di intensit stato elaborato anche dal compianto Emilio They, noto ex professore di
educazione fisica e campione di culturismo del passato. Secondo la teoria di They, l'intensit di
allenamento determinata dalla quantit di unit motorie che vengono coinvolte nell'unit di tempo da
un angolo da 0 a uno di 180 (estensione) o viceversa (flessione). Secondo il suo principio, l'intensit
sarebbe un valore legato al meccanismo neurofisiologico del reclutamento delle diverse unit motorie,
ma non strettamente al peso, alle ripetizioni o al TUT. Anche questa definizione implica l'impossibilit di
misurare il parametro con dei dati esterni. They ha quindi proposto un metodo soggettivo per poter
stabilire l'intensit, la quale non sarebbe legata direttamente al carico ma piuttosto al metodo di lavoro.
Una volta scelto un carico che permette di portare a termine un determinato numero di ripetizioni
durante una serie, si considera fino a che punto del numero di ripetizioni svolte insorge la reale fatica.
Nella formula, "CI" rappresenta il numero di ripetizioni mancanti per completare la serie dopo il punto di
insorgenza della vera fatica[2].
Intensit (I) = numero di ripetizioni mancanti (CI) / numero di ripetizioni eseguite x 100
Il parametro intensit, nel contesto culturistico, stato rielaborato anche da un altro importante
esponente del bodybuilding nazionale, Giovanni Cianti. Dal momento che l'intensit nel bodybuilding
secondo le varie reinterpretazioni non dipende solo dalla percentuale di carico su una ripetizone
massimale, ma viene condizionata largamente da quanto la serie pu essere prolungata nel tempo
(cio dal numero di ripetizioni e dal Time Under Tension), Cianti elabora una semplice formula che
prende in considerazione lo stretto rapporto tra la percentuale di carico su 1 RM e il numero di
ripetizioni eseguite, a cui indirettamente correlato anche il parametro Time Under Tension (TUT).
Se ad esempio l'80% di 1 RM massimale consente di eseguire 8 ripetizioni massime (RM) ma con tale
carico se ne eseguono solo 6, l'intensit inferiore a quella teoricamente imposta raggiungendo il
cedimento; se se ne eseguono 8 fino al cedimento il lavoro sufficientemente intenso ed
proporzionale all'intensit intesa come percentuale di carico; ma se in qualche modo si superano le 8
ripetizioni valicando il limite del cedimento imposto dal carico (ad esempio mediante l'applicazione di
tecniche speciali ad alta intensit), lo stimolo risulter ancora pi intenso di quanto imposto dalla
normale esecuzione a cedimento[14]. Questa interpretazione comunque non tiene conto dello Speed of
movement, e quindi del fatto che il numero di ripetizioni massime viene largamente condizionato anche
dalla velocit del movimento. Pi la velocit di escuzione delle ripetizioni lenta, e meno ripetizioni
massime a cedimento riescono ad essere portate a termine a parit di carico. Se una serie con
movimenti lenti viene portata a cedimento, non si potrebbe dire che sia meno intensa di una serie con
movimenti pi rapidi a cedimento con lo stesso carico, nonostante le inferiori ripetizioni nella prima
modalit.
Allenamento per l'endurance muscolare locale (bassa intensit: <65% 1RM), viene
anch'esso rivolto ad un tipo di allenamento con sovraccarichi dove la principale finalit quella di
sviluppare la resistenza alla fatica, e dove la forza pu essere mantenuta oltre un certo TUT, una
qualit denominata anche come forza resistente. Anche questo metodo di allenamento prevede
una grande variabilit di attrezzi e tipi di movimenti, ma si distingue per intensit pari al 65% di
1RM o inferiori, cio da 15 o pi ripetizioni massime[24], pause molto brevi, e TUT molto lunghi.
Ricerche confermano che un allenamento di tale natura, promuove comunque una certa ipertrofia
delle miofibrille, e un aumento della densit mitocondriale [25]. Questo range di intensit
nel resistance training utilizzato dai bodybuilder, dagli entusiasti del fitness, ma anche dalle
donne, o dai soggetti decondizionati o anziani o nella riabilitazione.
Questi adattamenti muscolari indotti da diverse modalit di lavoro e diverse intensit sottolineano
l'importanza dellaperiodizzazione per produrre i migliori cambiamenti, che l'obiettivo sia lo sviluppo
della resistenza muscolare o della forza massimale. Questo perch ogni adattamento correlato a un
altro. Ad esempio, migliorare sia gli aspetti della resistenza muscolare che della forza (con intensit
molto diverse) in entrambi i casi pu portare ad incremento della forza massimale. Quindi mentre viene
in genere dedicata la maggior parte del tempo nell'allenamento per migliorare una specifica qualit
muscolare, la periodizzazione ciclica applicando altre intensit avr effetti benefici sullo sviluppo della
stessa qualit.
L'intensit ha un importante ruolo nel reclutamento selettivo delle unit motorie, ovvero l'insieme
dei nervi e delle fibre muscolari innervate da quel nervo. Il corpo genera forza tramite uno di due diversi
meccanismi. Esso pu reclutare pi fibre (detto reclutamento o recruitment) o inviare pi segnali cos
che le fibre si contraggano pi intensamente (detto frequenza di scarica o rate coding). Per i muscoli
grandi, il corpo usa il meccanismo del reclutamento fino a circa l'85% 1-RM, un punto in cui tutte le fibre
disponibili sono state reclutate[26]. Oltre a questo punto, la produzione di forza avviene solo tramite il
meccanismo della frequenza di scarica, cio un aumento degli impulsi che i motoneuroni inviano alle
fibre muscolari. I soggetti non allenati non sono capaci di reclutare tutte le loro fibre muscolari di tipo
2b, ma con l'allenamento regolare questa capacit pu essere sviluppata[27][28][29]
Il principio della dimensione (size principle), descritto in origine da Henneman[30], indica che le unit
motorie sono per la maggior parte reclutate in ordine di dimensioni crescenti dalle pi piccole (tipo 1)
alle pi grandi (tipo 2b), poich la dimensione (diametro) del gruppo di unit motorie direttamente
correlato alla sua capacit di produrre forza[31]. Una richiesta pi leggera forza (e di intensit) verso il
muscolo porr l'accento sull'attivazione delle fibre di tipo I a contrazione lenta. Come la forza richiesta
ai muscoli aumenta, le fibre intermedie di tipo IIa sono attivate con l'aiuto delle fibre di tipo I. Con
richieste di forza muscolare pi impegnative, intervengono le pi potenti (e pi grandi) fibre di tipo IIb,
col supporto delle fibre di tipo I e di tipo IIa[32]. Quindi il massimo reclutamento delle unit motorie si
ottiene quando vengono coinvolte anche le fibre di tipo IIb, che intervengono per ultime, a partire da
carichi moderati fino a carichi molto elevati, un principio che stato denominato anche come "Legge di
Henneman"[33].
Le fibre di tipo 1 vengono reclutate da 0 a circa il 60% 1-RM. Attorno al 20% 1-RM alcune fibre di tipo
2a vengono reclutate, ma il loro massimo reclutamento avviene a circa il 75-80% 1-RM. Le fibre di tipo
2b non iniziano ad essere reclutate fino a circa il 60-65% 1-RM, e continuano ad essere reclutate fino a
circa l'85% 1-RM[31][34]. Quindi il massimo reclutamento delle unit motorie si ottiene quando vengono
coinvolte anche le fibre di tipo IIb, che intervengono per ultime, a partire da carichi moderati fino a
carichi molto elevati. Per poter riuscire a reclutare tutti i tre tipi di fibre muscolari e il maggior numero di
unit motorie in base all'intensit, stato riscontrato che debba essere utilizzata un'intensit minima
relativa all'85% di 1 RM[35][26], corrispondente a circa 6 ripetizioni massime[9]. Come accennato in
precedenza, questo range di intensit tipicamente applicato per sviluppare la forza massima, tuttavia
stato riconosciuto come molto efficace anche per produrre ipertrofia muscolare [4][35][36][37]. stato anzi
riscontrato che la massima crescita muscolare nei soggetti allenati si verifichi con carichi tra l'80 e il
95% di 1RM[4], proprio perch si riuscirebbero a reclutare tutte le unit motorie incluse le fibre IIb, le
quali sono le pi ipertrofizzabili. Alcune ricerche tuttavia suggeriscono che le fibre IIa e IIb possono
essere usate rilevantemente anche con carichi relativi al 60% 1-RM[34]. Ci pu essere pi significativo
per i soggetti non allenati, in quanto hanno dimostrato di sviluppare adeguatamente la forza a basse
intensit (60% 1-RM), contrariamente ai soggetti allenati per i quali sono pi indicati carichi ad alta
intensit (80% 1-RM)[36][35]. Tuttavia gli atleti avanzati hanno dimostrato la necessit di usare come
minimo carichi relativi al 60% 1-RM per ottenere guadagni di forza[38]. In realt, anche se l'utilizzo di
carichi ad alta intensit presupporrebbe il massimo sviluppo dell'ipertrofia grazie al massimo
reclutamento delle fibre, le analisi che hanno paragonato lo sviluppo ipertrofico dei bodybuilder e dei
powerlifter (i secondi usano molto pi l'alta intensit rispetto ai primi) ha rivelato che i bodybuilder
presentino un'ipertrofia di tutte le fibre, mentre i powerlifter sviluppino un'ipertrofia selettiva sulle fibre di
tipo 2[4]. In altre parole, anche se l'alta intensit recluta il massimo delle unit motorie, l'uso
predominante o esclusivo di carichi di tale entit non riesce a sviluppare al meglio l'ipertrofia delle fibre
di tipo 1, cio quelle adatte alla resistenza.
Fibra di tipo I: a contrazione lenta, alta capacit ossidativa (alta densit di mitocondri, organelli
cellulari che sintetizzano ATP attraverso la respirazione cellulare), bassa capacit glicolitica (cio di
ricavare energia dal glucosio e glicogeno), velocit di contrazione lenta, elevata resistenza alla
fatica, unit motoria pi debole;
Fibra di tipo IIa: a contrazione rapida, capacit ossidativa moderatamente elevata, elevata
capacit glicolitica, alta velocit contrattile, moderata resistenza alla fatica, ad alta resistenza
dell'unit motoria;
Fibra di tipo IIb o di tipo IIx: a contrazione rapida, bassa capacit ossidativa, alta capacit
glicolitica, velocit contrattile molto elevata, bassa resistenza alla fatica, pi forte unit motoria; [39]
In generale, nelle prestazioni a bassa intensit, sono principalmente coinvolte le fibre muscolari di tipo
I. Come la richiesta di forza e l'intensit aumenta, vengono reclutate in aggiunta le fibre di tipo IIa
(indicate anche come glicolitiche). Una richiesta di forza ancora maggiore fa affidamento sul
reclutamento ulteriore delle fibre pi forti del corpo, ovvero quelle di tipo IIb o fibre di tipo IIx (la "x"
segnala che esistono diverse varianti di questo tipo di fibra).
Proprio per questo motivo, nell'ambito del resistance training, i diversi tipi di atleti mostrano un'ipertrofia
selettiva di diversi tipi di fibra a causa delle differenze nei loro protocolli di allenamento: i wheight
lifter (sollevamento pesi), e i power lifter(sollevamento di potenza), cio atleti che si allenano con carichi
submassimali ad alta intensit, mostrano una maggiore ipertrofia della fibra di tipo 2 (rapida), mentre
i body builder (culturismo) sembrano mostrare un'iperotrofia sia nelle fibre di tipo 2, che di tipo 1,
proprio per la maggiore variet di intensit e carichi[4]. L'aumento dell'ipertrofia delle fibre di tipo 1 nei
culturisti pu essere dovuto allo stimolo di allenamento cronico riconoscibile nelle loro routine, che
sembrano essere piuttosto differenti da quelle adottate da pesisti e powerlifter [4][40]. I powerlifter e i
pesisti si allenano prevalentemente con carichi relativi al 90% 1-RM o superiori, mentre i culturisti
tendono ad allenarsi ad intensit inferiori, attorno al 75% 1-RM, risultando in maggiori volumi di
allenamento che possono influire sull'ipertrofia delle fibre di tipo 1[40].
Nell'ambito del resistance training i sistemi energetici principalmente coinvolti sono in predominanza
anaerobici. I meccanismi anaerobici si suddividono a loro volta nei sistemi anaerobico alattacido (detto
anche sistema dei fosfati, dei fosfageni, della fosfocreatina o sistema ATP-CP),
e anaerobico lattacido (detto anche sistema anaerobico glicolitico o glicolisi anaerobica). L'intervento
predominante di uno dei due meccanismi condizionato essenzialmente da due fattori, ovvero
l'intensit (% 1RM) e la durata[41], quest'ultima riconoscibile con il parametro Time Under Tension (TUT),
il quale rappresenta la durata dell'attivit muscolare o della serie. Per quanto riguarda le intensit molto
elevate (80-100% 1 RM) e TUT particolarmente brevi (fino a 15-20 secondi al massimo), si parler di
prestazioni anaerobiche alattacide, mentre per le intensit moderate e basse (<80% 1 RM) e TUT
moderati o lunghi (dai 20 secondi in poi) il sistema energetico prevalente quello anaerobico lattacido.
Il sistema aerobico comincia ad assumere un ruolo pi importante quando l'intensit sufficientemente
bassa da poter permettere che la prestazione possa essere protratta nel tempo, indicativamente oltre
un TUT di 60 secondi. Ad ogni modo, anche in quest'ultimo caso il sistema lattacido rimane
preponderante per una buona quantit di minuti[42]. In realt esiste una linea di confine approssimativa
dell'intensit che segna il superamento della soglia anaerobica sui sovraccarichi, e questa
riconoscibile attorno al 20% 1-RM[43], un livello che se superato determina il blocco circolatorio nel
muscolo in attivit e quindi il completo affidamento ai metabolismi anaerobici. Ci significa che al di
sotto di intensit pari al 20% 1-RM, lo sforzo muscolare risulterebbe in prevalenza aerobico. Si
sottolinea che i parametri intensit e TUT in genere sono inversamente proporzionali, in quanto
maggiore il valore dell'uno, minore sar il valore dell'altro, sempre se la serie viene portata al
massimo della fatica.
il sistema anaerobico alattacido (o dei fosfageni), fornisce energia tramite l'mpiego dei fosfati
muscolari quali ATP ecreatinfosfato (CP) per attivit molto intense ( 80/85-100% 1RM) della
durata (TUT) da 1 a 10-15 secondi;[44]
il sistema aerobico copre un ruolo prevalente sfruttando glucidi e lipidi a partire da sforzi
minimamente intensi (20% 1 RM)[43] e/o della durata (TUT) di circa 3-5 minuti in poi;[44]
Tempi di recupero in base all'intensit[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Tempo di recupero.
I tempi di recupero tra le serie vengono stabiliti in base ad alcuni parametri, e tra tutti l'intensit sembra
uno dei pi condizionanti. Analogamente a quanto accade per la scelta del carico, e quindi
dell'intensit, anche i tempi di recupero influiscono allo stesso modo sulle risposte ormonali e
metaboliche, e sugli adattamenti muscolari specifici. In genere, nelresistance training vengono utilizzati
tre principali periodi di riposo: breve (30 secondi o meno), moderato (60-90 secondi) e lungo (3 minuti o
pi)[45]. La durata degli intervalli influisce sul recupero fisico che avviene tra le serie e tra gli esercizi,
influendo anche sul grado di fatica e sulla prestazione durante la progressione dell'allenamento [46]. Ad
esempio, stato riscontrato che con 3 minuti di recupero tra le serie (in questo caso di pressa e
panca), pu essere mantenuta un'esecuzione di 10 RM (ripteizioni massime) per 3 serie. Ma se viene
impostato solo 1 minuto di recupero tra le serie, l'andamento delle ripetizioni massime cala
progressivamente da 10, 8 e 7 RM in 3 serie consecutive [47]. Esiste uno stretto rapporto tra intensit e
tempi di recupero, in quanto pi basse sono le ripetizioni (RM) - e quindi pi alti sono i carichi e
l'intensit - e pi lunghi dovrebbero essere gli intervalli tra le serie. In altre parole, con l'incremento
dell'intensit, il corpo richiede pi tempo per recuperare in preparazione della serie successiva. I tempi
di recupero lunghi, sono pi adatti ad essere applicati tra le serie ad alta intensit; i tempi di recupero
intermedi sono adatti per le serie a media intensit; e i tempi di recupero brevi sono ideali per la bassa
intensit[45].
Oltre 5 minuti di riposo: tra le serie con un carico che permette meno di 5 ripetizioni
massime a cedimento (>85% 1RM[9]);
3-5 minuti di riposo: tra le serie con carichi che permettono tra i 5 e i 7 RM (~85% 1RM [9]);
1-2 minuti di riposo: tra le serie con carichi che permettono tra 11 e 13 RM (65-70% 1RM[9]);
circa 1 minuto di riposo: tra le serie carichi che permettono 13 o pi RM (<65% 1RM [9]);
Ricerca scientifica[modifica | modifica wikitesto]
Risposte ormonali[modifica | modifica wikitesto]
Molti ricercatori hanno ritenuto importante lo stimolo degli ormoni anabolici quali GH e testosterone per
l'aumento dei guadagni muscolari come forza o ipertrofia[26][48][49]. Per quanto riguarda lo stimolo
ormonale anabolico, la ricerca suggerisce che sia necessario stabilire una soglia sull'intensit [50]. Si
notato che questo parametro (% 1-RM) abbia un'influenza sull'aumento della screzione di GH indotta
dall'allenamento[51][52]. Altri, hanno osservato che i tempi di recupero brevi in combinazione con Time
Under Tension pi lunghi incidessero di pi sulla secrezione dell'ormone nonostante l'utilizzo di
intensit (carichi) inferiori[53]. Questi risultati vennero confermati da altre ricerche, dove venne osservato
che la maggiore secrezione di GH avveniva con carichi inferiori e TUT pi lunghi [54][55][56], e questa
risposta sembrava essere correlata alla maggiore produzione di lattato[55]. Secondo alcune evidenze, la
produzione di testosterone post-esercizio simile nelle prestazioni a moderata e ad alta intensit [5],
altre invece denotano una maggiore risposta in proporzione al carico utilizzato [57] o generalmente con
carichi ad alta intensit e pause lunghe[55][58]. Il cortisolo sembra essere dipendente dall'intensit[57], ma
altre evidenze attribuiscono al maggior numero di ripetizioni, maggiore TUT e carichi inferiori la maggior
capacit di stimolarlo[56]. Una review pi recente di Kraemer e Ratamess (2005) segnal che i protocolli
ad alto volume, ad intensit moderata o alta, usando tempi di recupero brevi e stressando una maggior
quantit di muscoli, tendesse a produrre le maggiori risposte ormonali acute (testosterone, GH e
cortisolo) se comparati con i protocolli a basso volume, alta intensit, con tempi di recupero lunghi [59].
La risposta di adrenalina e noradrenalina sembra essere proporzionale all'intensit e all'espressione
della forza[60][61], e maggiore l'intensit dell'esercizio, pi a lungo saranno prodotte tali molecole fino a
5 minuti post-esercizio[61].
Sebbene sia stata spesso proposta - e data per scontata - una certa correlazione tra la risposta degli
ormoni anabolici (testosterone e GH) e l'effettivo sviluppo della forza, dell'ipertrofia e dello stimolo sulla
sintesi proteica muscolare[26][49][48], in anni recenti molte ricerche hanno smentito questa connessione. In
realt gi in passato alcuni segnalarono che, ad eccezione del testosterone, la risposta ormonale
indotta dall'esercizio coi pesi avesse principalmente un effetto sulla disponibilit e sull'utilizzo di
substrati[62]. Il testosterone comunque era stato citato per la sua azione diretta sullo stimolo della sintesi
proteica muscolare[49][63]. Analisi pi recenti hanno invece stabilito la mancata correlazione tra l'aumento
degli ormoni anabolici (esaltato maggiormente da alcune strategie di allenamento specifiche come una
maggiore intensit), testosterone compreso, e un aumento dell'ipertrofia muscolare, della forza
muscolare o della sintesi proteica muscolare[64][65][66][67][68]. Anche se esistono alcune limitate evidenze
contrastanti[69], queste nuove conclusioni recenti sembrano stabilire in maniera univoca che
effettivamente non vi sia alcun rapporto tra l'aumento della secrezione degli ormoni cosiddetti anabolici,
provocato da alcune strategie di allenamento, e un maggiore sviluppo dei guadagni muscolari.
L'intensit intesa come carico, o come percentuale su 1-RM, stato giudicato come l'aspetto pi critico
nella programmazione di un allenamento coi pesi[15][70][38], e un fattore fondamentale per massimizzare i
guadagni di forza e ipertrofia[15]. In generale, l'intensit relativa sembra rappresentare il 18-35% della
variazione della risposta all'ipertrofia nelresistance training[4]. L'ACSM raccomandada l'uso di carichi di
intensit pari o superiore al 75% 1-RM per massimizzare l'ipertrofia[71], e alcuni importanti documenti
scientifici hanno stabilito che la massima crescita muscolare per i soggetti allenati avvenga con carichi
compresi tra l'80 e il 95% di 1RM[4]. Questo in parte dovuto al fatto che carichi di questa entit
riuscirebbero a reclutare tutte le unit motorie incluse le fibre IIb, le quali sono le pi ipertrofizzabili [72][73]
[74]
, e il cui massimo reclutamento avviene a circa l'85% 1-RM [34][31]. Questo pur considerando che le
fibre IIa e IIb possono essere reclutate rilevantemente anche con carichi relativi al 60% 1-RM [34]. Per i
soggetti allenati, viene riconosciuto che il massimo viluppo della forza venga ottenuto con carichi relativi
all'80% 1-RM, mentre i non allenati hanno dimostrato di sviluppare adeguatamente la forza gi a basse
intensit, cio l 60% 1-RM[36][35]. Infine per gli atleti avanzati livelli relativi al 60% 1-RM rappresentano il
minimo per ottenere guadagni di forza[38]. I massimi guadagni di forza sembrano verificarsi attorno a 4-6
RM (85-90% 1-RM), mentre inferiori guadagni di forza massima vengono ottenuti con meno di 2-RM
(95% 1-RM) o pi di 10-RM (75% 1-RM)[38].