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Antonino Polimeno
Prefazione
La ricerca scientifica ha come scopo la descrizione dei fenomeni della natura per mezzo di leggi matem-
atiche. Nel corso dei secoli, a partire da Ruggero Bacone e Galileo Galilei, il metodo sperimentale ha
acquisito una fisionomia definita, che si organizza secondo lo schema
4. la definizione di una legge matematica che descrive lipotesi interpretativa del fenomeno
Ma il metodo sperimentale non `e neutrale: il ricercatore opera scelte personali ad ogni passaggio, in
base a considerazioni in ultima analisi opportunistiche, non-scientifiche e fortemente influenzate dal suo
carattere, dalla sua mentalit` a e soprattutto dal momento storico in cui vive. Cos lo sviluppo delle
applicazioni della termodinamica prima e della meccanica quantistica poi alle discipline chimiche sono
storicamente collocabili in un periodo che va dalla fine del XVIII alla prima parte del XX secolo per molte
ragioni: la nascita dellindustria moderna, la disponibilit` a di nuovi strumenti mentali resi disponibili
dallIlluminismo ed anche di nuovi strumenti tecnologici - per esempio nuovi metodi sofisticati di misura
della temperatura e della pressione. La termodinamica chimica in particolare si sviluppa seguendo
coordinate ben precise anche da un punto di vista geografico, in Europa, perlopi u in Inghilterra, Francia
e Germania, paesi impegnati in quel periodo in una fase di notevole espansione economica, ed in una
situazione di forte competizione culturale e bellica. Quindi la ricerca si concentra sui fenomeni naturali
di maggiore interesse per le societ`a dellepoca: la resa di una macchina a vapore, il calore necessario a
fondere un cannone, la relazione tra energia spesa e lavoro ottenuto (il primo ed il secondo principio della
termodinamica sono di natura eminentemente economica, come vedremo pi u avanti), le condizioni per
massimizzare la resa dei processi chimici industriali e cos` via.
2
Capitolo 1
Come ogni disciplina scientifica, la termodinamica dispone di un suo linguaggio specifico, che contiene
termini tecnici esattamente definiti. E` utile dare una serie di definizioni introduttive, necessariamente
non rigorose ma almeno intuitivamente corrette 1 . La termodinamica si occupa dello stato interno di un
sistema fisico, definito come una porzione limitata di materia, mediante la definizione e lo studio delle
sue propriet`a macroscopiche o coordinate termodinamiche. Gli scopi della termodinamica sono
3. lindividuazione delle relazioni generali che esistono tra le coordinate termodinamiche in accordo
con i principi generali
In questa prima parte del Corso, ci occuperemo principalmente della definizione dei principi o leggi
della termodinamica, iniziando nel Capitolo 1 a definire di concetti di funzioni di stato per descrivere
propriet`a termodinamiche, di temperatura ed equilibrio termico, facendo riferimento principalmente
alle propriet`a dei sistemi gassosi. Nel Capitolo 2 descriveremo il principio dellequivalenza tra energia
termica e lavoro, che costituisce il I principio della termodinamica. Il Capitolo 3 `e infine dedicato alla
definizione dellentropia ed allintroduzione del II principio della termodinamica.
I sistemi termodinamici si possono classificare in accordo con le loro modalit`
a di interazione con il
resto delluniverso (ambiente)
3
4 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
propriet`
a estensive come il volume: dipendono in modo lineare dalla massa del sistema
propriet`
a intensive come la pressione: non dipendono dalla quantit`a di materia che costituisce il
sistema
in assenza di informazioni specifiche. Vedremo per` o in uno dei Capitoli successivi come sia possibile
stabilire delle relazioni tra il numero di variabili indipendenti, il numero dei componenti chimici ed il
numero di fasi di un sistema. Un sistema chiuso, monofasico, a composizione costante `e descrivibile
da tre funzioni di stato, una estensiva (per esempio la sua massa M ) e due intensive, X, Y . Ogni
altra propriet`a intensiva del sistema sar`a definita come una funzione delle due propriet`a intensive di
partenza, mentre ogni altra propriet`a estensiva sar` a una funzione (lineare) della massa e delle due
propriet`a intensive
dove fIi e fEi sono funzioni caratteristiche delle propriet`a Ii e Ei . Un buon esempio `e costituito da una
certa quantit`a di gas racchiuso in un volume definito - una miscela di aria e carburante nella camera di
combustione di un pistone in un motore a scoppio, prima dello scoppio, od una porzione di elio racchiusa
in un pallone trattenuto allaltezza di un paio di metri dal livello del mare in un pomeriggio primaverile
in un parco pubblico di una citt` a europea 4 . Le propriet`a estensive primarie che definiscono lo stato
di un sistema monofasico a composizione costante sono la sua massa, definibile anche in termini di
numero di moli totali, n adimensionale, ed il suo volume V (m3 ). Esiste inoltre unimportante propriet`a
intensiva che caratterizza linterazione meccanica di un sistema con lambiente, la pressione: definiamo
come pressione p una forza per unit` a di superficie, e ricordiamo che nel sistema internazionale lunit`a
2 5
di misura della pressione `e il pascal (Pa) pari ad 1 N m . Una pressione di 10 Pa = 1 bar, indicata
Lequilibrio meccanico `e quello stato caratterizzato dai valori delle coordinate termodi-
namiche che due sistemi raggiungono quando vengono messi in contatto tramite una parete
rigida mobile.
4
Una lunga perifrasi per indicare condizioni di temperatura e pressione di 25 C ed 1 atmosfera
6 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
Evidentemente, dati pi u di due sistemi a contatto fra loro, le condizioni di equilibrio meccanico si
estendono automaticamente: se due sistemi sono in equilibrio meccanico con un terzo sistema (cio`e
esercitano la stessa pressione sul terzo sistema), saranno in equilibrio fra loro, come semplice consequenza
della natura meccanica dellequilibrio (uguaglianza di forze).
Lequilibrio termico `e quello stato caratterizzato dai valori delle coordinate termodi-
namiche che due sistemi raggiungono quando vengono messi in contatto tramite una parete
conduttrice.
Anche per lequilibrio termico possiamo definire una propriet`a transitiva, che per`o, da un certo punto di
vista `e meno intuitiva del caso dellequilibrio meccanico. Si tratta del cosiddetto principio zero della
termodinamica
Due sistemi in equilibrio termico con un terzo sistema sono in equilibrio termico fra loro.
8 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
Riassumendo, abbiamo definito lesistenza di condizioni di equilibrio meccanico e termico tra sistemi
(almeno nel caso di sistemi a composizione costante). In seguito parleremo di sistemi in equilibrio
termodinamico per indicare le condizioni di equilibrio sia meccanico che termico. A questo punto `e
Termometro Propriet`
a termometrica
Gas Pressione
Resistore Resistenza elettrica
Termocoppia Forza elettromotrice termica
Sale paramagnetico Suscettivit`
a magnetica
chiaro che abbiamo bisogno di una nuova coordinata termodinamica intensiva, analoga alla pressione,
che ci permetta di definire il contenuto energetico di un sistema e di definire in modo quantitativo la
condizione di equilibrio termico. Definiamo questa grandezza temperatura; il principio zero ci assicura
che esiste una funzione di stato che stabilisce le condizioni di equilibrio termico tra un numero arbitrario
di sistemi termodinamici. Dal principio zero `e facilmente dimostrabile lesistenza di una funzione con
queste propriet`a per un sistema monofasico, vedi la sottosezione (1.6.1).
La temperatura si pu` o definire operativamente misurando una qualche propriet`a X di un sistema
prescelto, cio`e di un termometro, e definendo una funzione (lineare, per semplicit`a) (X) = costX.
Diremo che un determinato sistema ha una temperatura (X) se, posto il sistema a contatto diater-
mico con il termometro, la propriet`a termometrica di questultimo raggiunge il valore X allequilibrio
termico. Avendo adottato una relazione lineare di temperatura, possiamo definire facilmente una pro-
cedura operativa che definisce una scala di temperatura. Consideriamo per esempio due stati facilmente
riproducibili a e b di un sistema campione. Un termometro a contatto con i due stati del sistema cam-
pione fornisce le temperature (Xa ) = costXa e (Xb ) = costXb . In uno stato arbitrario vale invece che
(X) = costX; ponendo insieme queste tre relazioni lineari
(Xa ) (Xb )
(X) = X (1.4)
Xa Xb
definendo perci`o i valori (Xa ) e (Xb ) possiamo definire una funzione temperatura data la misura della
propriet`a termometrica X; per esempio se definiamo come 0 la temperatura dellacqua satura daria
alla pressione di 1 atm in equilibrio con ghiaccio e con 100 la temperatura dellacqua in equilibrio con
vapore acqueo ad 1 atm, abbiamo la scala Celsius di temperatura ( C). Altre scale di temperatura
note sono la scala Fahrenheit ( F), che considera i valori dei due medesimi punti fissi, per lo stesso
sistema campione, rispettivamente 32 e 212 invece di 0 e 100, e soprattutto la scala Kelvin ( K), che
definisce arbitrariamente la temperatura del punto triplo dellacqua, cio`e di quello stato (unico) di
coesistenza di acqua pura solida, liquida e gassosa come 273.16 K. Qualunque temperatura `e perci` o
definita semplicemente come
X
(X) = 273.16 (1.5)
Xp.t.
La temperatura `e dunque definita come una grandezza misurabile, intensiva, ma il cui valore dipende
in ultima analisi dal sistema usato come termometro. Tra i vari termometri possibili, ha un particolare
1.1. TEMPERATURA ED EQUILIBRIO TERMODINAMICO 9
significato, sia applicativo che teorico, il termometro a gas perfetto, che `e costituito sostanzialmente da
un apparato che usa come propriet`a termometrica la pressione di un gas. Il termometro a gas opera
in modo tale da ripetere la misurazione a pressioni sempre pi u basse, che corrispondono a condizioni
in cui qualunque gas si comporta in maniera identica - parliamo in questo caso di gas perfetto (vedi
Sez. (1.2)). Una breve descrizione del funzionamento del termometro a gas `e data nella sottosezione di
approfondimento (1.6.2).
Come vedremo in seguito, la temperatura `e in realt` a una grandezza universale che pu` o essere ri-
definita prescindendo dal sistema di misura; in questo caso parleremo di scala termodinamica della
temperatura e verificheremo che la temperatura con un scala Kelvin misurata da un termometro a gas
perfetto coincide con la temperatura termodinamica; parleremo perci` o nel seguito di temperatura
assoluta T o termodinamica, di cui indicheremo lunit` a di misura con K (senza il simbolo di grado
). Nel seguito useremo sempre il simbolo T per la temperatura, intendendo la temperatura assoluta
o termodinamica, salvo quando discuteremo, nel corso dellesposizione del secondo principio della ter-
modinamica, il fondamento della definizione stessa di temperatura; per indicare la funzione temperatura
secondo una qualche scala e misura arbitrarie useremo in questo caso il simbolo .
10 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
Il funzionamento del termometro a gas `e conseguenza diretta delle propriet`a dei gas perfetti. Lo
studio delle caratteristiche fisiche dei sistemi gassosi si rivela perci`
o ancora una volta non solo un inter-
essante prototipo per la definizione di relazioni operative di interesse applicativo, ma anche di interesse
specifico per la comprensione dei principi fondamentali della termodinamica. Le sezioni successive sono
dedicate perci`o alla discussione delle propriet`a dei sistemi gassosi.
pV = cost (1.6)
` interessante notare che le misure di Boyle furono possibili anche alla sua collaborazione con Robert
E
Hooke, che gli permise di costruire una delle prime pompe ad aria. Il passo successivo `e dovuto a
Guillame Amontons, che sviluppa un primo rudimentale termometro a gas (laria). In pratica Amontons
fu il primo a porre in relazione una variazione di temperatura con una variazione di volume (e pressione).
Si devono per`o attendere gli studi di Jacques Charles, che nel 1787 esprime quantitativamente al relazione
tra volume e temperatura di un gas a pressione costante. Charles non pubblic`o mai i suoi risultati, che in
parte riproducevano le conclusioni, vecchie quasi un secolo, di Amontons. Fu invece Joseph Gay-Lussac
a presentare risultati accurati alla comunit`a scientifica nel 1808.
Fu infine Carlo Avogadro, conte di Quaregna e di Cerreto a suggerire nel 1811 una relazione quantitativa
tra il volume totale di un gas (a pressione e temperatura costanti) e la quantit`a di massa presente. Le
conclusioni di Avogadro, che furono alla base della moderna teoria atomica sono esprimibili nel
1.2. EQUAZIONE DI STATO DEI GAS PERFETTI 11
V = cost n (1.8)
Le leggi dei gas possono essere unificate in ununica equazione, che costitusce lequazione di stato
dei gas perfetti per un sistema gassoso ad un componente
pV = nRT (1.9)
R `e la costante dei gas, il cui valore numerico dipende naturalmente dalle unit`
a di misura impiegate per
descrivere il sistema Unequazione di stato lega fra loro le coordinate termodinamiche estensive (n, V )
Legge di Dalton: la pressione totale di una miscela di gas `e data dalla somma delle
pressioni parziali dei singoli componenti
X
p= pi (1.10)
i
Le pressioni parziali sono determinabili dalla legge dei gas, in base al numero di moli di ciascun com-
ponente
ni RT
pi = (1.11)
V
In Fig. (1.6) sono illustrati gli stati possibili di un gas perfetto, sotto forma della superficie che rappre-
senta il valore di p in funzione del volume per mole Vm e della temperatura T . A temperatura costante,
le curve che uniscono i possibili valori di (p, Vm ) secondo la legge di Boyle sono le isoterme; a volume
costante le curve (in questo caso, delle rette) (p, T ) sono le isocore.
14 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
Figura 1.6: Rappresentazione grafica dellequazione di stato dei gas perfetti (p contro Vm , T ).
An pn1
X
Z = 1 + A2 p + A3 p2 + . . . = viriale-pressione (1.13)
n=1
B2 B3 X Bn
Z = 1+ + 2 + ... = n1 viriale-volume molare (1.14)
Vm Vm n=1 Vm
`e la piu conveniente ed usata. Le correzioni allidealit`a sono dovute soprattutto al secondo termine
(B2 Vm B3 ). Relazioni sistematiche tra i coefficienti An e Bn si possono ottenere confrontando le
serie (1.13) e (1.14).
1. la presenza di un volume proprio occupato dalle molecole del gas, che rende il volume molare
effettivo disponibile alla loro diffusione pi
u piccolo, con una correzione b rispetto al valore Vm ,
soprattutto ad alte pressioni. La prima correzione alla legge dei gas perfetti `e perci`
o
Vm Vm b (1.16)
2. la presenza di forze di attrazione molecolari, che rendono la pressione (forza esercitata per unit`
a
di superficie dalle molecole del gas) pi
u piccola, in modo inversamente proporzionale al volume
molare:
a
pp (1.17)
Vm2
Figura 1.10: Rappresentazione grafica dellequazione di stato vdW per la CO2 (p contro Vm , T ).
In Fig. (1.10) sono rappresentati gli stati previsti dallequazione vdW per lanidride carbonica, con
la presenza dei tipici avvallamenti corrispondenti, in un diagramma di stato reale alle transizioni di
fase. Esistono altre forme pi u o meno fenomenologiche di funzioni di stato, accurate ma di difficile
interpretazione, tanto che si possono considerare essenzialmente equazioni empiriche, vedi sottosezione
(1.6.3).
In generale le isoterme calcolate dallequazione vdW hanno landamento visualizzato in Fig. (1.11).
La tipica zona di un isoterma reale a pressione costante che corrisponde al processo di liquefazione
corrisponde alla curva sigmoide di un isoterma vdW, sotto la temperatura critica che si pu` o calcolare
dalla sua definizione matematica (flesso con tangente orizzontale dellisoterma). In effetti possiamo
facilmente dimostrare che un gas che segue lequazione vdW ha le seguenti variabili critiche
8a
Tc =
27bR
a
pc = (1.18)
27b2
Vc = 3b
Limportanza delle costanti critiche in un gas reale Tc , pc e Vc sono dovute al fatto, osservato originar-
iamente da van der Waals, che il comportamento di gas diversi diventa molto simile se rappresentato
usando le cosiddette variabili ridotte, Tr = T /Tc , pr = p/pc e Vr = Vm /Vc (principio degli stati cor-
rispondenti): in altri termini, gas diversi con lo stesso volume ridotto, alla stessa temperatura ridotta,
esercitano una pressione ridotta molto simile. La maggior parte delle funzioni di stato adottate per i
gas, se riscritte in termini di grandezze ridotte, assumono infatti una forma universale; per esempio
20 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
Figura 1.11: Rappresentazione schematica delle isoterme di un sistema vdW (p contro Vm per la CO2 ).
Si pu`
o dimostrare che `e una grandezza sempre positiva (ogni materiale, sottoposto ad un aumento di
pressione, si comprime). Il fattore di espansione termica pu`
o invece essere anche negativo: diminuendo
1.6. APPROFONDIMENTI 21
I valori di grandezze di questo tipo, che esprimono la comprimibilit`a di un materiale, sono veramente
molto piccoli per i solidi e i liquidi. Per esempio, per il mercurio liquido = 1.81 104 K1 e
= 3.9 106 atm1 .
1.6 Approfondimenti
Dati tre sistemi 1,2,3 in equilibrio termico fra loro, consideriamo prima di tutto le condizioni di equilibrio
tra 1 e 2 e tra 2 e 3
Se supponiamo che le funzioni che esprimono le condizioni di equilibrio siano abbastanza regolari,
possiamo supporre di ricavare Y2
le due precedenti equazioni esprimono in realt`a la stessa osservazione: il sistema 1 `e in equilibrio con il
sistema 3; per`
o la (1.26) non dipende da X2 , quindi g12 e g13 devono dipendere da X2 in modo tale da
poter eliminare X2 ; lequazione (1.25) deve perci`
o essere scritta, perche il principio zero sia vero, nella
forma
applicando il medesimo ragionamento partendo dalle condizioni di equilibrio di 1 con 3 e di 2 con con
3 si arriva a concludere che esiste anche una funzione h2 (X2 , Y2 ) tale che
Possiamo definire come temperatura il valore comune delle funzioni hi , dipendenti ciascuna dalle coor-
dinate termodinamiche di ciascun sistema, separatamente.
22 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
di Benedict-Webb-Rubin (BWR) che ha la forma di una pseudo-equazione del viriale rispetto al volume
molare arrestata al quinto termine
2 2
! !
A0 C0 1 a ce/Vm 1 ce/Vm 1 a 1
Z = 1 + B0 + b + + + (1.33)
RT RT 3 Vm RT RT 3 Vm2 RT 3 Vm RT Vm5
4
Lequazione BWR `e molto accurata, ma dipende da ben 8 coefficienti che devono essere determinati ad
hoc per il gas in esame.
24 ` VOLUMETRICHE
CAPITOLO 1. FUNZIONI DI STATO E PROPRIETA
Capitolo 2
In questo Capitolo ci occuperemo dei seguenti problemi: come si misura il contenuto energetico di
un sistema termodinamico? Come si traduce il principio fondamentale della conservazione dellenergia
in un linguaggio termodinamico? Come si applica il principio di conservazione dellenergia ai sistemi
termodinamici in generale, ed in particolare ai sistemi termochimici? Strada facendo, dovremo neces-
sariamente discutere alcuni concetti fondamentali come la definizione di lavoro, calore, energia interna
di un sistema e lidea stessa di trasformazione di un sistema.
Lenergia interna U di un sistema `e una funzione di stato che misura il suo contenuto
energetico complessivo
Si noti che nella definizione precedente `e fondamentale laffermazione che lenergia interna `e una funzione
di stato. Evidentemente U `e una funzione estensiva; lunit` a di misura SI `e il joule (J), pari ad 1 kg m2
s2 .
Come vedremo meglio pi u avanti, un cambiamento di energia di un sistema, tuttavia, pu` o anche
avvenire senza che del lavoro sia fatto sul o compiuto dal sistema: in questo caso parliamo di scambio
1
meno lenergia cinetica traslazionale del baricentro del sistema e lenergia cinetica rotazionale rispetto al agli assi
principali
25
26 CAPITOLO 2. I PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
di calore, un nuovo concetto non-meccanico, cio`e non riconducibile come il lavoro al risultato di uno
spostamento meccanico o di un suo equivalente e di una forza meccanica o di un suo equivalente. E `
intuitivo a questo punto utilizzare la precedente definizione di parete diatermica (cfr. Cap. 1): diremo
che un sistema racchiuso da un confine diatermico pu`o modificare il suo contenuto energetico scambiando
calore con il resto dellambiente, mentre un sistema racchiuso da un confine adiabatico pu` o modificare
il suo contenuto energetico solo compiendo o subendo un lavoro.
Consideriamo un sistema in equilibrio termodinamico, descritto da un insieme di coordinate ter-
modinamiche o funzioni di stato. Il passaggio del sistema da uno stato termodinamico iniziale i, cio`e
da un insieme di valori delle sue coordinate termodinamiche, ad un altro stato finale f `e una trasfor-
mazione. Di solito, il passaggio del sistema da i ad f avviene insieme o come conseguenza di una modifica
dellambiente circostante (che definiremo nel seguito semplicemente universo).
Possiamo immediatamente distinguere due tipi di trasformazioni
trasformazioni reversibili: parliamo di una trasformazione reversibile da uno stato i ad uno stato
f se sia il sistema che luniverso possono essere riportati al loro stato iniziale; se cio`e `e possibile
invertire la trasformazione riportando sia il sistema che luniverso al loro stato di partenza, senza
modifiche rispetto allo stato iniziale
Le trasformazioni che avvengono in natura, come vedremo in seguito, possono essere solo irreversibili.
Tuttavia il concetto ideale di trasformazione reversibile ci sar`
a molto utile per la definizione di una serie
di grandezze fondamentali e delle loro propriet`a.
Si deve notare come le coordinate termodinamiche di un sistema siano definite solo quando il sistema
`e in uno stato di equilibrio. In seguito allapplicazione di forze esterne non equilibrate dal sistema stesso,
il sistema esce dallequilibrio e subisce una trasformazione. Se si volesse descrivere il sistema con delle
funzioni di stato durante una trasformazione, la trasformazione dovrebbe avvenire sotto linfluenza di
forze esterne equilibrate esattamente da forze interne, cio`e non dovrebbe avvenire una trasformazione!
Si tratta evidentemente di una contraddizione che pu` o essere superata pensando alla presenza di forze
esterne infinitesime, che provocano cambiamenti infinitesimi. Questa trasformazione ideale, risultato di
una successione di cambiamenti infinitesimi, si dice trasformazione quasistatica
trasformazione quasistatica una trasformazione quasistatica `e una trasformazione che avviene sotto
linfluenza di forze esterne infinitesime, in maniera tale che il sistema passa dallo stato i allo stato
f per una successione di stati di equilibrio
In pratica, durante una trasformazione quasistatica, si assume che il sistema sia in ogni istante infini-
tamente prossimo ad uno stato di equilibrio termodinamico.
2.2. LAVORO 27
2.2 Lavoro
In generale, definiamo il lavoro come il prodotto di uno spostamento generalizzato per una forza gen-
eralizzata. Lesempio piu utile e semplice che possiamo immaginare `e quello di una gas, racchiuso in
una camera con un pistone mobile su cui sia applicata dallaesterno una pressione pex . Immaginiamo
di compiere una trasformazione in cui il sistema passa da un volume Vi ad un volume Vf . Il lavoro
meccanico compiuto dal sistema `e definito allora come
Z Vf
w= pex dV (2.1)
Vi
Se il sistema si espande liberamente in assenza di una pressione esterna, pex = 0 ed il lavoro `e di
conseguenza nullo; se la pressione esterna `e costante, il lavoro `e evidentemente w = pex (Vf Vi ). Se
infine lespansione `e quasistatica, la pressione esterna `e in ogni istante uguale alla pressione del sistema
da cui segue che
Z Vf
w= pdV (2.2)
Vi
Tuttavia, oltre al lavoro meccanico, possiamo definire altri tipi di lavoro, che coinvolgono spostamenti
e forze non riconducibili a variazioni nella forma o nel volume del sistema. Nella Tabella sono riportati
alcuni esempi in cui un lavoro infinitesimale viene espresso in termini di una forza e di un differenziale
di spostamento generalizzati
La variazione di energia interna di un sistema `e pari alla somma del lavoro ed del calore
scambiati dal sistema
U = Uf Ui = q + w (2.3)
Si noti che: una quantit` a di calore positiva significa calore assorbito dal sistema (il sistema acquista
energia, trasformazione endotermica ); una quantit`a di calore negativa significa calore ceduto dal sistema
(il sistema perde energia, trasformazione esotermica); una quantit`a di lavoro positiva significa lavoro
fatto sul sistema (il sistema acquista energia); una quantit`a di lavoro negativa significa lavoro fatto dal
sistema (il sistema perde energia).
Il primo principio descritto dallequazione (2.3) `e dato in forma integrale. Si noti che a primo
membro compare la differenza di valori di una funzione di stato, lenergia interna interna U , mentre
a secondo membro compaiono due quantit`a (calore e lavoro) che non sono funzioni di stato: in altri
termini `e possibile passare dallo iniziale allo stato finale in un numero infinito di modi, corrispondenti
a tutte le possibili coppie (q, w). Per una trasformazione infinitesima possiamo scrivere
dU = dq + dw (2.4)
e ancora una volta il significato matematico del primo e del secondo membro `e diverso: dU `e un differen-
ziale esatto esprimibile cio`e come il differenziale di una funzione U ; dq e dw sono forme differenziali,
che devono essere specificate conoscendo la variazione di calore e lavoro imposte al sistema.
A volte `e utile distinguere il lavoro meccanico, o di espansione - nullo a volume costante, poiche
nel seguito faremo riferimento ad un sistema idrostatico, descritto cio`e da una coordinata estensiva di
volume - dal lavoro non meccanico; si scrive perci` o
2. il passaggio di elettricit`
a attraverso un resistore
I fenomeni quali la viscosit` a, gli attriti, la resistenza elettrica, listeresi magnetica in cui del lavoro (cio`e
una forma di energia ordinata che pu` o essere descritta in termini di uno spostamento macroscopico)
viene dissipato si dicono fenomeni dissipativi. La loro esistenza `e caratteristica dei sistemi reali ed `e
in ultima analisi giustificabile o descrivibile ricorrendo a descrizioni statistiche e microscopiche. In am-
bito termodinamico per` o la loro descrizione `e assunta a priori ed i loro effetti sono comunque misurabili.
2.5. CALORIMETRIA A VOLUME COSTANTE 29
In effetti, proprio ricorrendo alla presenza delleffetto dissipativo che si crea quando un moto meccanico
turbolento viene provocato in un fluido viscoso, Joule nel 1849 fu in grado di dimostrare che il calore
ed il lavoro sono forme di energia, evidenziando come laumento di temperatura di un sistema adiabati-
camente isolato sia sempre proporzionale alla quantit`a di lavoro effettuata su di esso. Evidentemente
lesperimento di Joule `e oggigiorno perfettamente comprensibile dal punto di vista del primo principio.
Poiche il sistema `e adiabaticamente isolato, la sua variazione di energia interna infinitesima `e dovuta
solo al lavoro effettuato
dU = dwad (2.6)
Il lavoro adiabatico wad o lavoro compiuto in condizioni adiabatiche, `e dunque lo stesso per una data
coppia di stati iniziale e finale, poiche `e uguale alla variazione di una funzione di stato, lenergia interna.
o in forma integrale U = qV . Per un sistema monofasico chiuso lenergia interna pu`o essere espressa
come una funzione delle coordinate termodinamiche indipendenti T e V del sistema; la variazione di U
con la temperatura a volume costante, detta capacit`
a termica a volume costante `e perci`
o definita come
U
CV = (2.8)
T
V
Vedremo meglio le relazioni differenziali tra grandezze termodinamiche nei Capitoli successivi. Con-
dizioni di questo tipo si verificano in un calorimetro adiabatico in cui il sistema sia mantenuto a volume
30 CAPITOLO 2. I PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
H = U + pV (2.9)
Il significato dellentalpia, che `e una funzione estensiva, naturalmente con le dimensioni di unenergia, `e
dovuto al suo comportamento a pressione costante, che `e analogo a quello dellenergia interna a volume
costante. Una variazione infinitesima dellentalpia `e infatti riconducibile al calore scambiato
Considerando una trasformazione quasistatica possiamo scrivere dwexp = pdV e assumendo lassenza
di lavoro di volume dwe = 0; quindi
dH = dq + V dp (2.12)
Le capacit`a termiche CV e Cp sono grandezze estensive; possiamo definire delle corrispondenti grandezze
intensive, le capacit`
a termiche molari CV,m = CV /n e Cp,m = Cp /n dividendole per il numero di moli
di sostanza che compongono il sistema. Lunit`a di misura `e naturalmente J K1 mol1 . Per inciso,
data una grandezza estensiva X misurata per n moli di una sostanza avente massa molecolare M
32 CAPITOLO 2. I PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
definiamo la grandezza intensiva molare come Xm = X/n e la grandezza intensiva specifica come
Xs = X/M n = Xm /M 2 .
Come molte grandezze termodinamiche, `e importante conoscere nelle applicazioni sperimentali le
leggi di variazione delle capacit`
a termiche (e dunque dellentalpia e dellenergia interna) di un sistema
con la temperatura. Unespressione fenomenologica convenzionale `e la seguente
c
Cp,m = a + bT + (2.14)
T2
dove i coefficienti a,b e c sono caratteristici del sistema considerato e si assumono costanti rispetto alla
temperatura. La conseguente variazione calcolata di entalpia per una mole di una sostanza (entalpia
molare) per una variazione finita di temperatura da Ti a Tf si ottiene semplicemente integrando la
precedente espressione. Indicando con Hm lentalpia molare otteniamo
!
Z Tf
c
1 1 1
Hm = Hm,f Hm,i = dT a + bT + 2 = a(Tf Ti ) + b(Tf2 Ti2 ) c (2.15)
Ti T 2 Tf Ti
2
Di solito in letteratura una grandezza specifica `e riferita ad un unit`
a di massa di un grammo; nel seguito parleremo di
grandezza specifica in senso generico, come grandezza per unit` a di massa (che nel SI `e il chilogrammo)
Capitolo 3
Nel Capitolo precedente abbiamo enunciato e discusso un principio fondamentale, che mette in relazione
la variazione dellenergia interna di un sistema con il calore ed il lavoro scambiati. In effetti possiamo
enunciare il primo principio semplicemente nella forma
Da un punto di vista leggermente diverso, il primo principio `e unaffermazione che limita la produzione
di lavoro o lemissione di calore: un sistema non pu` o compiere pi
u lavoro, o liberare pi
u calore, di quanta
energia interna possieda. Una macchina, cio`e un dispositivo che trasformi energia in lavoro, in grado
di generare piu lavoro della sua energia interna `e impossibile, e si parla in questo caso di macchina del
moto perpetuo di prima specie. Quindi unaltra possibile affermazione del primo principio `e
Il primo principio `e un assioma: viene cio`e assunto come tale, senza dimostrazione alcuna o riduzione
a principi fondamentali. In altri termini, `e la generalizzazione di una serie di osservazioni sperimentali:
se si vuole, si pu`o anche non credere al fatto che lenergia interna si conserva. Le conseguenze sono
interessanti ed aprono la strada a varie forme di magia, tecniche pranoterapeutiche, telecinesi, poltergeist
ed improbabili ma affascinanti macchine del moto perpetuo come quella riportata in Fig. (3.1). Se il
primo principio stabilisce un criterio per decidere se una trasformazione `e possibile, non esaurisce per` o
i limiti che sperimentalmente sono osservati per tutte le trasformazioni che avvengono in natura. E `
cio`e noto dallosservazione sperimentale che non tutte le trasformazioni possibili (che cio`e non violano
la conservazione dellenergia) avvengono realmente, sono cio`e trasformazioni naturali. Dobbiamo perci` o
preoccuparci di
1. chiarire, in base alla nostra conoscenza sperimentale, quali sono le trasformazioni effettivamente
realizzabili, o naturali
3. descrivere, se esiste, una coordinata termodinamica che ci permetta di decidere subito se una
trasformazione verifica il criterio di realizzabilit`
a
35
36 CAPITOLO 3. II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Anche se non lo scriveremo sempre in modo esplicito, tutte le considerazioni che seguono sono riferite
a sistemi chiusi, se non `e altrimenti specificato.
Lesperienza quotidiana ci insegna che molte trasformazioni possibili non avvengono realmente. Per es-
empio: non `e possibile che un dispositivo come quello impiegato da Joule per convertire lavoro meccanico
in calore, operi in maniera esattamente opposta, cio`e trasformi una certa quantit`a di calore totalmente in
lavoro, a meno di non usare qualche dispositivo aggiuntivo che causa qualche cambiamento nellambiente
esterno. Oppure: se in un pallone mescoliamo idrogeno ed ossigeno, e provochiamo la reazione di sin-
tesi dellacqua, non `e possibile, senza un intervento esterno, che dallacqua si riformino lidrogeno e
lossigeno molecolari. O ancora, possiamo liberare anidride solforosa nellaria, ma non possiamo os-
servare laccumulo spontaneo di anidride solforosa in una camera di contenimento aperta allaria. Le
parole chiave nelle precedenti affermazioni sono esattamente, senza un intervento esterno, sponta-
neo etc. Si tratta infatti di 1) trasformazioni inverse rispetto ad una data trasformazione che sappiamo
avvenire in natura; 2) si tratta di trasformazioni possibili, cio`e che non violano il primo principio; 3)
eppure queste trasformazioni non avvengono in natura. A questo punto possiamo affermare che le
trasformazioni naturali sono irreversibili o in altri termini che non `e possibile trovare in natura
una trasformazione che sia reversibile, tale cio`e che il sistema e lambiente possano essere ricondotti
esattamente al loro stato iniziale. Le trasformazioni reversibili in natura non esistono: possono essere
per`o concepite come trasformazioni ideali, analogamente ai concetti di punto materiale o corpo rigido in
meccanica classica. Possiamo comunque senzaltro definire le propriet`a delle trasformazioni reversibili,
che vengono a costituire un limite ideale a cui le trasformazioni naturali devono sottostare.
E` abbastanza chiaro che laffermazione di irreversibilit`a di un fenomeno naturale deve tener conto
` infatti facile immaginare trasformazioni naturali che invertono
del fatto che `e riferita a sistemi isolati. E
le condizioni dei sistemi sopra considerati: ma solo in condizioni di non-isolamento, cio`e solo al prezzo
di qualche modifica aggiuntiva che deve essere effettuata nellambiente esterno. Possiamo scindere
lacqua in ossigeno ed idrogeno per elettrolisi, ma per farlo dobbiamo cambiare lo stato di una pila e
degli elettrodi metallici che utilizziamo nel processo. E possiamo depurare un certo volume daria da
un contenuto eccessivo di anidride solforosa, per esempio facendola passare attraverso dei filtri, ma in
questo modo consumiamo i filtri e compiamo un lavoro per pompare laria nel depuratore.
Ora che siamo in grado di descrivere in modo pi u o meno completo le trasformazioni naturali,
dobbiamo cercare di definirne la caratteristica comune. Questo `e precisamente lo scopo del secondo
principio della termodinamica, che ha molte possibili formulazioni (tutte comunque equivalenti).
Basandoci sostanzialmente su una presentazione tradizionale, affermiamo che
Non `e possibile una trasformazione che comporti solamente lassorbimento di una certa
quantit`a di calore da un termostato e la sua completa conversione in lavoro
38 CAPITOLO 3. II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Dalla formulazione del secondo principio possiamo ora dedurre una serie di conseguenze fondamentali,
che sono sostanzialmente formulazioni alternative del secondo principio stesso, e che ci permetteranno
in seguito di definire una funzione che caratterizza le trasformazioni irreversibili in modo preciso:
enunciato di Carnot in un sistema che esegua un ciclo (trasformazione chiusa) reversibile scambiando
calore q1 con un termostato alla temperatura 1 e q2 con un termostato alla temperatura 2 , il
rapporto q1 /q2 dipende solo da 1 e 2
|q1 |
= f (1 , 2 ) (3.1)
|q2 |
si noti che usiamo il simbolo generico per la temperatura, dato che lenunciato di Clausius non
dipende dalla definizione di temperatura.
|q1 | T1
= (3.2)
|q2 | T2
dove T1 , T2 sono le temperature assolute dei due termostati, che coincidono con la temperatura
del gas perfetto come affermato in precedenza.
La variazione di entropia di un sistema isolato che subisca una trasformazione `e sempre positiva
per una trasformazione naturale, mentre `e nulla per una trasformazione reversibile:
Siso 0 (3.5)
ed il segno di uguaglianza vale solo per una trasformazione reversibile. In una trasformazione
infinitesima, per un sistema chiuso generico si dimostra inoltre che
dq
dS (3.6)
T
dove dq `e il calore scambiato con lambiente: questa `e la famosa diseguaglianza di Clausius.
` importante capire che le varie affermazioni di Carnot, Clausius, Kelvin sono collegate ed equivalenti.
E
Possiamo per esempio introdurre il secondo principio partendo dalla affermazione di esistenza di en-
tropia come una funzione caratteristica di un sistema isolato sempre crescente in una trasformazione
spontanea, definendone poi la natura - previa definizione della temperatura assoluta - e dimostrandone
la caratteristica di funzione di stato, usando le propriet`
a di un ciclo reversibile a due temperature, ed
infine dimostrare come conseguenza la diseguaglianza di Clausius. La presentazione assiomatica `e
perci`
o
3.2. MACCHINE TERMICHE 39
Esistenza dellentropia Per ogni sistema esiste una funzione S, lentropia. Se il sistema `e isolato
lentropia aumenta sempre quando avviene una trasformazione naturale
Siso 0 (3.7)
Definizione dellentropia Lentropia di un sistema `e definita dal calore scambiato in una trasfor-
mazione reversibile
dqrev
Z f dqrev
dS = S = (3.8)
T i T
dove T `e la temperatura assoluta.
Propriet`
a dellentropia Lentropia `e una funzione di stato
I
dS = 0 (3.9)
Se cos non fosse, potremmo fare avvenire il ciclo una volta nel verso in cui entrambi i calori sono positivi,
poi porre in contatto i due termostati in modo che il termostato pi u caldo ceda calore in quantit` a
sufficiente al termostato pi
u freddo in misura esattamente pari al calore precedentemente ceduto dal
termostato freddo al corpo: il risultato sarebbe una trasformazione completa di una certa quantit` a
di calore in lavoro, senza alcuna modifica ulteriore delluniverso. Questo contraddice lenunciato del
secondo principio. Con un analogo ragionamento si pu` o dimostrare che
Con un p`o pi
u di difficolt`
a, ma sempre basandoci esclusivamente sullenunciazione originaria del secondo
principio, dimostriamo anche che per il ciclo di Carnot vale lenunciato di Carnot, cio`e che
che `e compatibile solo con f (i , j ) = T (i )/T (j ) dove T () `e una funzione ad una variabile. Deve
valere che
quindi T () `e una temperatura; adottando la convenzione di Kelvin (T = 273.16 come temperatura del
punto triplo dellacqua), abbiamo la temperatura assoluta o termodinamica, che `e definita in base alle
propriet`a di un ciclo reversibile e non di un particolare sistema. Si pu`
o verificare che `e identica alla
temperatura di un termometro a gas perfetto.
Siamo perci` o giunti alla conclusione che lenunciato di Kelvin `e vero, ed abbiamo introdotto la
temperatura assoluta. Consideriamo ora le propriet`a della funzione entropia, il cui differenziale dS `e
definito come, ricordiamo
dqrev
dS = (3.16)
T
dove dqrev `e il calore scambiato da un sistema in una trasformazione reversibile infinitesima alla tem-
peratura assoluta T . Vogliamo verificare se S `e una funzione di stato, cio`e se per un qualunque ciclo
reversibile
I
dS = 0 (3.17)
e passando al limite di un numero infinito di cicli di Carnot con le adiabatiche separate da una distanza
infinitesima, il ciclo a zig-zag coincide con il ciclo reversibile generico, per il quale vale che
dqrev
I I
= dS = 0 (3.22)
T
3.2. MACCHINE TERMICHE 45
Lentropia `e una funzione di stato, in quanto dal fatto che il suo integrale di linea si annulla per un ciclo
possiamo subito concludere che una sua variazione per una trasformazione tra due stati dipende solo
dai due stati e non dal cammino percorso. Lentropia `e una coordinata estensiva, e le sue dimensioni
nel sistema SI sono quelle di un energia divisa per una temperatura, JK1 .
Siamo ora in grado di concludere lesposizione delle propriet`a dellentropia dimostrando la dis-
eguaglianza di Clausius, che permette di stabilire un limite alla variazione dellentropia di un sistema.
Consideriamo un sistema racchiuso in un contenitore adiabatico, che subisca una trasformazione spon-
tanea da uno stato A ad uno stato B. Per definizione, una trasformazione spontanea `e una trasformazione
non reversibile. Possiamo riportare per` o il sistema da B ad A, operando per esempio in modo reversibile
mediante un termostato a temperatura T , come `e illustrato in Fig. (3.6), per un sistema idrostatico.
Dal primo principio, poiche U = 0, si ha che
dove q `e il calore scambiato con il termostato, wAB `e il lavoro coinvolto nel tratto irreversibile A B,
e wBA `e il lavoro relativo al tratto reversibile wAB . Possiamo dimostrare che il calore q `e negativo. Se
fosse nullo, il ciclo avrebbe riportato il sistema alle condizioni di partenza senza cambiare il termostato
e quindi la trasformazione A B non sarebbe irreversibile; se fosse positivo si sarebbe trasformato
calore preso da un unico termostato in lavoro senza modificare il sistema, ci`o che contraddice il secondo
principio. Ne consegue che per il processo (reversibile) di ritorno ad A da B
q
SA SB = <0 (3.24)
T
Quindi per il processo adiabatico reversibile di andata da B ad A
SB SA > 0 (3.25)
Quindi se un processo adiabatico avviene irreversibilmente, lentropia del sistema pu`o solo aumentare; se
il processo adiabatico avviene reversibilmente, possiamo applicare la definizione differenziale di entropia
con dq = 0 per ogni T . In sintesi, per un processo adiabatico qualunque, lentropia di un sistema verifica
la diseguaglianza
S 0 (3.26)
dq
dSs (3.29)
T
` importante
se la trasformazione `e reversibile, vale luguaglianza e ritroviamo la definizione di entropia. E
sottolineare che laffermazione che lentropia di un sistema `e una funzione crescente `e corretta solo per un
sistema chiuso ed adiabatico. In un sistema che possa scambiare energia o materia con lesterno lentropia
pu`o diminuire, senza alcuna violazione del secondo principio. Tuttavia, sar` a sempre possibile definire
un supersistema chiuso ed adiabatico (cio`e isolato) formato dal sistema in esame pi u tutti i sistemi che
interagiscono con esso e tra loro (al limite, luniverso intero) la cui entropia, complessivamente, aumenta
o resta costante.
dove dqrev `e il calore scambiato in una trasformazione reversibile alla temperatura T . Se il riscaldamento
avviene a pressione costante ed il sistema compie solo lavoro di volume, possiamo usare la definizione
di capacit`
a termica a pressione costante per definire qrev
dqrev = Cp dT (3.31)
e perci`
o si ha che
Z Tf Cp
S(Tf ) = S(Ti ) + dT (3.32)
Ti T
Supponiamo ora che la temperatura Tf sia maggiore della temperatura di fusione, Tfus , ma inferiore
alla temperatura di ebollizione, Teb . Possiamo applicare lespressione precedente al calcolo dellentropia
fino alla temperatura di fusione, usando la capacit` a termica a pressione costante del ghiaccio; dobbiamo
tenere conto che alla temperatura di fusione avviene una transizione di fase. Una transizione di fase `e
la coesistenza di due diverse fasi di una sostanza, ed implica per definizione un trasferimento reversibile
di calore perche le due fasi coesistono in equilibrio. Il calore scambiato in una transizione di fase a
pressione costante `e la differenza di entalpia tra le due fasi della sostanza, per esempio qfus = Hfus . Di
3.4. ENTROPIA ASSOLUTA E III PRINCIPIO 49
conseguenza, giunti alla temperatura di fusione dobbiamo aggiungere alla (3.32) il contributo di fusione;
la (3.32) diviene perci`
o
Z Tfus Cp (s) Hfus
S(Tf ) = S(Ti ) + dT + (3.33)
Ti T Tfus
Se la temperatura finale che vogliamo raggiungere `e superiore alla temperatura di ebollizione, contin-
uando a riscaldare il sistema dovremo utilizzare la capacit`a termica dellacqua liquida fino alla temper-
atura di ebollizione, aggiungere il contributo di ebollizione, ed infine tener conto del riscaldamento del
vapore dacqua per T > Tfus . Il risultato finale `e
Z Tfus Cp (s) Hfus
Z Teb Cp (l) Heb
Z Tf Cp (g)
S(Tf ) = S(Ti ) + dT + + dT + + dT (3.34)
Ti T Tfus Tfus T Teb Teb T
e per un sistema che subisca N transizioni di fase prima della temperatura Tf possiamo scrivere in
generale
N
"Z #
X Tn Cp (n) Hn
Z Tf Cp (N + 1)
S(Tf ) = S(Ti ) + dT + + dT (3.35)
n=1 Tn1 T Tn TN T
A temperature molto vicine allo zero assoluto, considerazioni extratermodinamiche, cio`e di natura
statistico-microscopica, permettono di affermare che le capacit`
a termiche sono proporzionali al cubo
della temperatura assoluta
un ambito strettamente macroscopico, non molecolare, e quindi preferiamo limitare la discussione che
segue ad un livello qualitativo.
Allo zero assoluto, che `e una temperatura ideale non raggiungibile sperimentalmente, possiamo im-
maginare che i costituenti microscopici di un sistema (atomi o molecole) siano fermi, cio`e non subiscano
variazioni di posizione nel tempo. Ci`o non implica che il sistema sia ordinato, salvo che in un cristallo
perfetto. In pratica possiamo assumere come un enunciato assiomatico la seguente affermazione, detta
anche teorema di Nerst, che descrive losservazione sperimentale ripetuta che le variazioni di entropia
tendono a zero per temperature via via pi u vicine allo zero assoluto
In realt`
a `e pi
u corretto identificare il terzo principio con lo stesso assioma di Nerst, e considerare la
precedente affermazione come la definizione di uno zero entropico convenzionale. Una ridefinizione pi u
accurata del teorema di Nerst `e la seguente, dovuta a Fowler e Guggenheim
per qualsiasi processo isotermo, al quale partecipino solo fasi in equilibrio interno, oppure
nel caso che una fase si trovi in uno stato di equilibrio metastabile congelato purche il processo
non disturbi detto equilibrio si ha
lim S = 0 (3.36)
T 0
dove il termine equilibrio interno implica che lo stato della fase sia determinato esclusiva-
mente dalla sua temperatura, pressione e composizione (escludendo cio`e stati, come i vetri,
la cui esatta definizione dipende dalla storia precedente e che quindi non si possono vera-
mente definire stati di equilibrio nel senso termodinamico classico usato in questi appunti di
lezione).
A = U TS (3.37)
G = H TS (3.38)
3.5. ENERGIA LIBERA ED EQUILIBRIO DI FASE DI SOSTANZE PURE 51
T dS dU 0 (3.40)
dAT,V 0 (3.41)
ed in condizioni isoterme
dAT = dw + dq T dS (3.43)
quindi la variazione infinitesima di A in una trasformazione isoterma `e pari al lavoro ottenibile dal
sistema in condizioni reversibili, che `e anche il massimo lavoro ottenibile dal sistema. Per una trasfor-
mazione finita
A = wmax (3.45)
quindi la variazione di energia libera di Helmholtz di un sistema che subisca una trasformazione tra
due stati a temperatura costante `e pari al lavoro massimo ottenibile in queste condizioni, cio`e al lavoro
ottenuto se la trasformazione `e effettuata reversibilmente.
La maggiore parte delle trasformazioni che avvengono in un laboratorio, o comunque in ambienti
compatibili con lesistenza di un osservatore umano, sono di solito riferite a condizioni di temperatura
e pressione costanti. Ecco perche, accanto allenergia A `e utile introdurre un grandezza come lenergia
di Gibbs che ha propriet`a analoghe, ma per trasformazioni a T e p costanti. Consideriamo quindi ora il
sistema in contatto con un termostato alla temperatura T , in equilibrio; a pressione costante, il calore
scambiato `e pari alla funzione di stato H, ovvero dq = dH e perci` o
T dS dH 0 (3.46)
52 CAPITOLO 3. II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
dGT,p 0 (3.47)
in una trasformazione spontanea a T e p costanti lenergia libera di Gibbs tende a diminuire. Anche
lenergia di Gibbs pu` o essere messa in relazione con il lavoro massimo ottenibile dal sistema, purche si
consideri il solo lavoro utile, cio`e il lavoro non di volume. La verifica di questa affermazione `e analoga
a quella svolta nel caso dellenergia di Helmholtz. La variazione infinitesima di G in una trasformazione
`e
ed in condizioni isoterme
Come abbiamo visto in precedenza, il lavoro pu` o essere distinto in lavoro di espansione o volume wexp e
lavoro extra o lavoro utile we . Per una trasformazione reversibile il lavoro di volume `e dwexp = pdV ,
da cui, tenendo conto del fatto che d(pV ) = dpV + V dp
e a pressione costante
quindi la variazione infinitesima di G in una trasformazione isoterma e isobara `e pari al lavoro non di
volume ottenibile dal sistema in condizioni reversibili, che `e anche il massimo lavoro utile ottenibile dal
sistema. Per una trasformazione finita
G = we,max (3.53)
quindi la variazione di energia libera di Gibbs di un sistema che subisca una trasformazione tra due
stati a temperatura e pressione costanti `e pari al lavoro utile massimo ottenibile in queste condizioni,
cio`e al lavoro non di volume ottenuto se la trasformazione `e effettuata reversibilmente.
Lenergia libera molare di una sostanza pura viene anche detta potenziale chimico,
G
= (3.54)
n
come vedremo meglio in seguito la definizione di potenziale chimico pu` o essere generalizzata al caso
di sistemi a pi
u componenti, in presenza od in assenza di reazioni chimiche. Tuttavia, possiamo gi` a
applicare le propriet`a dellenergia libera al caso della trasformazione chimico-fisica pi
u semplice, vale
a dire una trasformazione di fase. Consideriamo per esempio un sistema eterogeneo, in condizioni di
3.6. APPROFONDIMENTI 53
temperatura e pressione costante, formato da due fasi, 1 e 2, che coesistono in equilibrio. Una trasfor-
mazione infinitesima reversibile del sistema corrisponde perci`
o al passaggio di una quantit`a infinitesima
di moli di sostanza dalla fase 1 alla fase 2
e possiamo scrivere
dove 1 e 2 sono lenergia libera molare nella fase 1 e 2, e luguaglianza a zero deriva dalla condizione
di equilibrio. Ne consegue che
1 = 2 (3.57)
Possiamo quindi concludere che il potenziale chimico di una sostanza pura presente sotto forma di pi
u
fasi coesistenti in equilibrio `e lo stesso in tutte le fasi.
3.6 Approfondimenti
3.6.1 Processi a flusso stazionario
Lentalpia e lenergia di Gibbs sono funzioni molto utili per descrivere processi a flusso stazionario, tipici
delle produzioni industriali. Consideriamo la Fig. (3.7) che rappresenta un apparecchio C , per esempio
una turbina a vapore, attraverso il quale passa un flusso stazionario di materiale, entrando nel tubo A
e uscendo dal tubo B. Supponiamo, per fissare le idee, che esistano due pistoni ideali che si spostano
da a ad a e da b a b quando una certa quantit`a di sostanza passa nel sistema. Indichiamo con pa e
pb le pressioni costanti in a e b e con Va e Vb i volumi di sostanza che si spostano per unit` a di massa
in A e B. Se una quantit`
a di massa m attraversa C, il pistone di sinistra si muove in a , spostando un
volume Va m ed il pistone di destra si muove in b , spostando un volume Vb m. Dato che le pressioni sono
costanti, il lavoro compiuto dalla parte di fluido compresa tra i due pistoni `e
w = pb Vb m pa Va m + wu m (3.58)
54 CAPITOLO 3. II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
cio`e la somma del lavoro compiuto dal fluido in C per spostare il fluido alla destra di b, del lavoro
compiuto dal fluido in C per spostare il fluido alla sinistra di a, e del lavoro utile compiuto dal fluido in
C, per esempio il lavoro compiuto dalla turbina. Dal primo principio risulta inoltre
(Ub Ua )m = qm + w (3.59)
dove con Ua,b indichiamo lenergia interna per unit`a di massa in a e b mentre q `e il calore assorbito1 ;
confrontando lespressione precedente con la definizione di entalpia risulta che
Hb Ha = q + wu (3.60)
Lentalpia ha quindi lo stesso ruolo per i sistemi aperti in flusso stazionario che lenergia interna ha per
i sistemi isolati, con il lavoro utile al posto del lavoro totale.
Riassumiamo in questa sezione alcune propriet`a deducibili per un sistema chiuso formato da un gas
perfetto in un volume V , a partire dallequazione di stato
pV = nRT (3.61)
dove n `e il numero di moli e p `e la pressione. Come discuteremo in uno dei capitoli successivi, per un
gas perfetto
1. lenergia interna e lentalpia dipendono solo dalla temperatura; lentalpia `e subito ottenuta dallenergia
interna come H = U + nRT
2. anche le capacit`
a termiche sono funzioni solo della temperatura
3. la relazione tra CV e Cp `e
Cp CV = nR (3.62)
Trasformazione isoterma Consideriamo un sistema chiuso formato da n moli di un gas perfetto, che
compia una trasformazione isoterma, reversibile da un volume Vi ad un volume Vf , cui corrispon-
dono le pressioni pi e pf . Il lavoro eseguito dal sistema `e, ricordando che pV = nRT
Z Vf dV Vi pf
w = nRT = nRT ln = nRT ln (3.63)
Vi V Vf pi
se Vf > Vi il lavoro `e negativo, w < 0, cio`e il sistema ha ceduto energia compiendo un lavoro
sullambiente. Si noti che poiche la variazione di energia deve essere nulla per un gas perfetto in
una trasformazione isoterma, il calore scambiato q `e uguale a w.
1
Si noti che in realt`
a U dovrebbe essere sostituta con lenergia totale, che risulta uguale allenergia interna pi`
u lenergia
cinetica del fluido
3.6. APPROFONDIMENTI 55
Trasformazione adiabatica Dato che lenergia interna `e funzione della sola temperatura
U dU
CV = (3.64)
T dT
V
CV dT = T dS pdV (3.65)
dT dV
CV = dS R (3.66)
T V
Supponendo che CV sia indipendente da T - un ipotesi abbastanza corretta per molti gas in inter-
valli di temperatura relativamente larghi, a bassa pressione - possiamo integrare analiticamente
lequazione (3.66), da uno stato iniziale i ad uno stato finale f
Tf Vf
CV ln = Sf Si nR ln (3.67)
Ti Vi
dove = Cp /CV . Per una trasformazione adiabatica isoentropica, la variazione di entropia deve
essere nulla, da cui segue
pi Vi = pf Vf (3.69)
da cui discendono altre relazioni semplici, tenendo conto dellequazione di stato, per esempio
1
Tf Vf
= (3.70)
Ti Vi
CV
w = Uf Ui = CV (Tf Ti ) = (Tf Ti ) (3.71)
R
Possiamo ora verificare come la temperatura termodinamica sia numericamente uguale alla temperatura
del termometro a gas perfetto. Supponiamo per ora di distinguere tra temperatura termodinamica e
temperatura del gas perfetto. Sia la temperatura del gas perfetto. La legge di stato `e definita a partire
dalla temperatura (`e un osservabile sperimentale che riassume una serie di misure di V , p e per i gas
56 CAPITOLO 3. II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
XVIII secolo disegn`o molti schemi di macchine del moto perpetuo e riusc` effettivamente a costruirne
una funzionante per 40 giorni, probabilmente grazie ad un meccanismo nascosto a molla. Anche famosi
e seri scienziati credettero nelle macchine del moto perpetuo. Per esempio, Robert Boyle tent` o di
costruire una macchina del moto perpetuo in cui la capillarit` a avrebbe dovuto permettere di ottenere
una specie di fontana perpetua, con lacqua capace di salire lungo un tubo per adesione capillare e poi di
ricadere per gravit`a. NellOttocento, le macchine del moto perpetuo si moltiplicarono a dismisura: allora
come oggi, la necessit`a di dispositivi in grado di produrre lavoro a costi molti bassi era un incentivo
molto importante. Possiamo ricordare W. Leaton (1866: ide` o un pendolo oscillante perpetuo), E.P.
Willis (1866: costru` una macchina basata su ruote sbilanciate per gravit`a), J.E.W. Keely (1875: cre` o
un meccanismo complesso, basato sul vapore eterico). In tutti questi casi, le macchine erano
effettivamente dispositivi fasulli con meccanismi ad orologia o a vapore nascosti.
Tutti gli esempi precedenti sono macchine di I specie. Tra le macchine di II specie, possiamo ricordare
qui il dispositivo di J. Gamgee che nel 1880 invent`o il motore zero in cui il calore dellambiente
provocava lebollizione di ammoniaca liquida che a sua volta muoveva un pistone. La condensazione
riportava poi il sistema al suo stato iniziale. Purtroppo la condensazione stessa richiede energia, perche
il gas deve essere portato sotto la temperatura ambiente, quindi la macchina non pu` o funzionare. Il
Ministero della Difesa americano dellepoca manifest` o un certo interesse al progetto e, pare, lo finanzi`o.
Infine Maxwell propose nel 1817 (come esperimento ideale, non come macchina funzionante!) il suo
famoso demone, una piccola creatura in grado di distinguere e di lasciare passare attraverso unapertura
solo le molecole di un gas sopra una data energia cinetica; nel tempo, si viene cos a creare una zona
con il gas a pressione maggiore ed una con il gas a pressione minore, con la possibilit`a di compiere
una lavoro. La spiegazione dellapparente paradosso (il demone di Maxwell sembra violare il secondo
principio poiche tutta la differenza di energia cinetica tra le molecole delle due zone sembra essere
convertita in lavoro) `e dovuta a Bennet, Szillard, Landauer ed altri, ed `e piuttosto complessa: in sintesi
`e basata sul fatto che il demone deve poter dimenticare i risultati delle sue precedenti operazioni per
proseguire la sua attivit`a, e questo fatto contribuisce a creare entropia nellambiente.
Le macchine termiche pi u comuni sono gli impianti a vapore per la produzione di energia meccanica,
basata sul ciclo ideale di Rankine e il motore a combustione interna, basato sul ciclo Otto. Descrizioni
semplici di questi dispositivi sono fornite in Calore e termodinamica Vol. I, Cap.7 di M.W. Zemansky,
da cui desumiamo questa nota sul ciclo Otto. In un motore a benzina a sei tempi, abbiamo la seguente
successione di trasformazioni
espansione: vapori di benzina ed aria penetrano nel cilindro, aspirati dal pistone
compressione e scoppio : il pistone comprime i vapori; una scintilla elettrica provoca la combustione,
a volume ancora costante
potenza ed espulsione dalla valvola: il gas ad alta pressione e temperatura si espande e spinge
il pistone; il gas viene portato alla stessa pressione esterna mediante espulsione dalla valvola di
scarico, con il pistone fermo
60 CAPITOLO 3. II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
La descrizione del motore scoppio dovrebbe tenere conto di effetti di attrito, moti turbolenti etc. Una
descrizione idealizzata `e basata sul ciclo Otto, che considera solo trasformazioni reversibili di un gas
perfetto a capacit`a termica costante, in assenza di attriti, Figura (3.12). Lo schema del ciclo Otto `e il
seguente
5 1: immissione isobara, n moli di gas a pressione esterna p0 entrano nel volume V1 , con
p0 V1 = nRT1 , dove T1 `e la temperatura esterna
Il calcolo dellefficienza termica, basato sulle propriet`a dei gas perfetti fornisce lespressione
T4 T1 1
=1 = 1 1 (3.77)
T3 T2 r
dove r = V1 /V2 `e il rapporto di compressione. In un motore a scoppio, r < 10, altrimenti si avrebbe
scoppio prima dello scoccare della scintilla (pre-accensione); assumendo r = 9 e = 1.5 si ottiene
= 0.67, che costituisce un limite superiore allefficienza di un motore a scoppio reale.
3.6. APPROFONDIMENTI 61