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Nel
deserto
il
tentatore
non
il
diavolo,
il
deserto
stesso:
tentazione
naturale
di
tutti
gli
abbandoni.
Diario
di
scuola.
Daniel
Pennac
II,
21,
p.
83
Al
Sayed
Ibrahim
al
Yemani,
era
diretto
a
Barasol
per
barattare
carne
secca
con
farina
e
caff.
Era
una
notte
di
luna
piena
che
illuminava
il
suo
solito
percorso
di
unintensit
unica.
Montando
la
sua
cavalcatura
incedeva,
ondeggiando,
sulle
dune
del
deserto
dancalo.
Nel
silenzio
e
nelle
frescure
delle
tenebre,
da
dietro
un
avvallamento
sent
ergersi
una
voce
che
gli
intimava
di
fermarsi,
in
nome
di
Allah.
Sayed
Ibrahim
conosceva
bene
le
insidie
del
deserto,
cos
emise
una
serie
di
rumori
gutturali
per
far
barricare
il
suo
cammello,
scese
e
si
present.
A
terra
trov
davanti
ai
suoi
occhi
due
uomini
moribondi,
vestiti
solo
di
una
camicia,
luno
dal
volto
tumefatto,
laltro
sanguinante
da
una
profonda
ferita
sul
capo.
Cammin
per
un
poco,
avanti
e
indietro
per
decidere
cosa
fare,
poi
prese
dellacqua
e
ne
vers
accuratamente
nella
bocca
delluno
e
dellaltro.
Prese
del
pane
azzimo,
che
mastic
prima
di
imboccarli,
in
modo
tale
che
potessero
semplicemente
deglutire,
considerato
che
non
erano
in
condizione
di
masticare.
Pian
piano,
i
due
sventurati
che
si
erano
dichiarati
yemeniti,
iniziarono
a
riprendere
conoscenza
e
a
proferire
qualche
parola.
Si
presentarono:
luno
come
Ahmed
Abdallah,
laltro
come
Daifallah.
Daifallah,
che
tra
i
due
era
quello
con
pi
forze,
inizi
a
raccontare
come
si
fossero
ritrovati
sperduti
nel
deserto,
in
seguito
ad
un
tentativo
fallito
di
attraversare
il
Mar
Rosso,
a
bordo
di
un
sambuco
di
contrabbandieri,
per
raggiungere
la
propria
patria.
Raccont
di
come
questi,
temendo
di
essere
denunciati,
li
avevano
gettati
in
mare.
Raccont
del
loro
incontro
con
dei
pastori
dancali
che,
accanendosi,
li
bastonarono
ripetutamente.
Sayed
Ibrahim,
da
buon
samaritano,
invert
la
rotta
del
suo
viaggio,
fece
salire
sulla
cavalcatura
i
due
moribondi
e
ripresero
il
viaggio,
questa
volta
verso
la
sua
dimora.
Quei
poveri
sventurati,
nei
giorni
che
trascorsero
nella
dimora
di
Sayed
Ibrahim,
raccontarono
pi
volte
le
loro
avventure.
Sayed
Ibrahim
non
aveva
dubbi
sulla
veridicit
delle
storie
da
loro
raccontate
e
continuava
ad
osservare
incuriosito
quelluomo
che
si
faceva
chiamare
Ahmed
Abdullah.
Quelluomo
che
doveva
essere
un
figlio
di
buona
famiglia.
Ponder
a
lungo
prima
di
proferire
quella
proposta,
che
aveva
tenuto
in
riserbo
nellattesa
di
valutare
fino
in
fondo
luomo
che
aveva
di
fronte.
Dietro
al
nome
di
Ahmed
Abdallah
si
celava,
in
realt,
il
tenente
Amedeo
Guillet.
Il
tenente,
dopo
aver
prestato
servizio
per
lesercito
italiano
in
Eritrea
e
dopo
la
firma
della
resa
italiana
con
gli
inglesi,
aveva
deciso
di
continuare
a
combattere,
sferrando
continui
attacchi
di
guerriglia
coadiuvato
dalla
sua
Banda
di
soldati
indigeni.
Riusc
a
mimetizzarsi
e
ad
evitare
la
cattura,
grazie
al
travestimento
indigeno,
ai
tratti
mediterranei
e
alla
perfetta
conoscenza
dellarabo.
Cambi
identit
assumendo
quella
di
Ahmed
Abdallah
al
Redai,
soldato
yemenita
rimasto
bloccato
in
Eritrea
a
causa
della
guerra.
La
proposta
che
Sayed
Ibrahim
fece
ad
Amedeo
era
quella
di
rimanere
a
vivere
l,
con
la
sua
famiglia,
sino
alla
fine
della
guerra,
quando
i
rischi
che
avrebbe
corso
per
raggiungere
lo
Yemen
sarebbero
stati
dimezzati.
Lavrebbe
aiutato
a
raggiungere
Massawa
da
dove,
era
certo,
partisse
una
nave
chiamata
Adua
diretta
a
Hodeida.
Gli
propose
inoltre
di
sposare
sua
figlia,
la
quale
lo
avrebbe
seguito
quando
avrebbe
deciso
di
fare
ritorno
in
patria.
Amedeo
fu
tentato
di
accettare:
doveva
a
quelluomo
la
riconoscenza
per
averlo
strappato
da
una
morte
certa,
in
quel
deserto
nel
quale
solingo,
dopo
anni
di
battaglie
e
avventure,
aveva
perso
una
parte
di
se
stesso,
quella
parte
pi
formale
e
occidentale,
e
ne
aveva
forgiata
una
nuova,
nella
quale
aveva
rinnovato
il
legame
con
quei
valori
fondanti
che
lo
avevano
guidato,
da
sempre.
Valori
che
aveva
vissuto
insieme
a
quella
Terra,
allapparenza
tanto
selvaggia,
sterile
e
desolata
ma
alla
conoscenza,
tanto
coraggiosa,
piena
di
dignit
e
onest.
Fermarsi
e
concedersi
il
silenzio
che
gli
avrebbe
donato
una
vita
semplice,
senza
affannose
ricerche
di
pace
con
sordi
nemici,
ricerche
di
pace
che
avrebbe
avuto
cura
di
portare
avanti
solo
con
se
stesso
,
ringraziando
un
Dio
che
aveva
dato
a
lui
la
possibilit
di
procurarsi,
in
quella
sua
vita
nuova,
il
cibo
per
sostentarsi.
Il
languore
dellabbandonarsi,
finalmente,
ad
un
sospiro
liberatore.
Ma
quel
languore
non
venne
ascoltato.
Fu
cos
il
piemontese
fesso
e
testardo,
come
lui
stesso
si
definisce,
riprese
la
sua
marcia
verso
la
Patria.
Guerra
dEtiopia
Gli
eventi
precipitano
nellinverno
1934,
quando
Mussolini
annunci
al
mondo
le
sue
mire
coloniali
in
Africa
orientale.
Guillet
non
era
fascista,
come
lui
stesso
aveva
affermato
in
pi
occasioni.
Egli
era
fermamente
convinto
che
lesempio
fosse
lo
strumento
comunicativo
migliore,
ed
anche
in
questo
caso,
la
lontananza
ideologica
dal
fascismo,
pi
che
proclamata
era
riscontrabile
in
una
serie
di
scelte
da
lui
fatte
nel
corso
degli
anni.
Nel
1938
fu
costretto
a
tornare
in
Africa
dalla
campagna
spagnola,
nella
quale
era
rimasto
ferito
ad
una
gamba
e
fu
ricoverato
nellospedale
di
Tripoli.
L
conobbe
una
laureanda
in
medicina,
ebrea
ed
italiana,
che
a
causa
delle
leggi
per
la
difesa
della
razza
emanate
nello
stesso
anno
dal
Duce,
venne
cacciata
dalluniversit.
Per
il
tenente
Guillet
era
intollerabile.
Inizi,
cos,
a
contattare
tutte
le
personalit
di
riguardo
con
cui
intratteneva
rapporti,
sino
ad
arrivare
a
scomodare
il
Generale
Italo
Balbo,
grazie
al
quale
riusc
a
far
riammettere
la
ragazza
alluniversit.
Sebastian
O
Kelly,
uno
dei
suoi
biografi,
in
unintervista
mise
in
risalto
in
maniera
concisa
ed
efficace
quale
fosse
la
sua
cultura
dorigine,
la
quale
dettava
inevitabilmente
uninclinazione
di
pensiero
e
di
conseguenza,
per
Guillet,
dazione:
Amedeo
was
an
aristocrat.
He
was
a
monarchist.
He
was
too
conservative
to
be
a
Fascist.1
Nellagosto
del
1935,
il
patriottismo
e
la
fedelt
alla
casa
Savoia
ebbero
il
sopravvento,
cos
il
tenente
Guillet,
che
era
stato
scelto
come
uno
dei
quattro
cavalieri
che
avrebbero
costituito
la
squadra
italiana
di
equitazione
alle
Olimpiadi
del
1936,
si
fece
raccomandare
per
evitare
di
partecipare
alle
Olimpiadi
e
poter
partecipare
alle
missioni
di
guerra
nel
corno
dAfrica
e
servire
cos
il
suo
Re.
Le
ostilit
ebbero
inizio
il
3
ottobre
1935,
quando
le
truppe
italiane
varcarono
il
confine
tra
Eritrea
ed
Etiopia,
cogliendo
di
sorpresa
le
milizie
del
Negus
Hail
Salassi.
Al
tenente
Guillet
venne
affidato
un
contingente
indigeno
di
200
mercenari
chiamati
Spahi
di
Libia.
Gli
Spahi
combattevano
con
le
proprie
cavalcature
e
con
proprie
armi
per
10
lire
al
giorno.
Fu
a
Zuara,
in
Libia,
che
Guillet
inizi
a
conoscere
i
cavalieri
libici
ed
ad
imparare
umilmente
la
lingua
ed
ad
approfondire
la
conoscenza
della
cultura
araba
per
poter
instaurare
un
rapporto
diretto
con
suoi
uomini.
Egli
fu
uno
dei
primi
e
dei
pochi
ufficiali
che
impararono
larabo
per
poter
impartire
ordini
direttamente
alle
proprie
truppe,
senza
laiuto
di
uno
Shumbasi2.
Impar
larabo
frequentando
una
scuola
coranica
araba
per
bambini,
poi
pian
piano
lo
affin
con
laiuto
del
barbiere
del
reggimento,
il
quale
conosceva
bene
litaliano.
1
Amedeo
era
un
aristocratico.
Egli
era
un
monarchico.
Era
troppo
conservatore
per
essere
un
fascista.
Citato
da
Rory
Carroll
Rome,
Italians'
last
action
hero,
Story
of
a
brave
cavalry
officer
and
his
lover
may
change
attitudes
to
the
Mussolini
era
and
legacy
,
The
Observer
,
26
maggio
2002.
2
sergente
maggiore.
Successivamente
il
tenente
Guillet
si
distinse
in
un
sanguinoso
corpo
a
corpo
sulle
pianure
di
Selaclac.
Fu
qui
che,
salvatosi
dallesplosione
di
un
proiettile
potenzialmente
mortale
la
cui
traiettoria
venne
deviata
dalla
sua
sella,
rimase
ferito
ad
una
mano.
Torn
comunque
vincitore,
guadagnandosi
la
sua
prima
medaglia
conferitagli
a
Tripoli
dal
Maresciallo
dItalia
Italo
Balbo.
Il
5
maggio
1936
le
truppe
di
Badoglio
entrarono
trionfalmente
ad
Addis
Abeba,
lavanzata
dellesercito
italiano
sembrava
inesorabile,
fu
cos
che
lEtiopia
divent
italiana
e
a
Vittorio
Emanuele
III,
il
9
maggio
1936,
venne
conferito
il
titolo
d
Imperatore
dEtiopia.
Nel
dicembre
dello
stesso
anno
Amedeo
torn
a
Roma
per
un
intervento
alla
mano.
Il
periodo
di
convalescenza
lo
trascorse
a
Napoli
a
casa
degli
zii
Gandolfo,
dove
rincontr
Beatrice,
una
sua
giovanissima
cugina.
Amedeo
si
innamor
perdutamente
di
Beatrice,
alla
quale
chiese
di
diventare
sua
sposa.
Dopo
qualche
reticenza
Beatrice,
per
tutti
Bice,
accett
la
proposta
di
matrimonio.
Ma
il
lieto
evento,
purtroppo,
venne
posticipato
a
causa
di
un
imprevisto.
Proprio
in
quel
periodo,
a
causa
delle
politiche
per
lincremento
demografico,
entr
in
vigore
una
normativa
che
favoriva
la
promozione
degli
ufficiali
e
dei
funzionari
dello
Stato
coniugati,
e
bloccava
lavanzamento
di
carriera
a
chi,
invece,
era
celibe.
A
questo
punto
il
progetto
di
matrimonio
di
Amedeo
con
Bice
si
blocc.
Amedeo
ne
spiegava
cos
il
motivo:
....innanzitutto
per
un
doveroso
riguardo
nei
confronti
della
mia
fidanzata.
Non
volevo
dare
limpressione
che
lavrei
sposata
per
essere
promosso.
Speravo
quindi
di
avere
la
promozione
per
merito
di
guerra.3
Il
Generale
Frusci
e
la
campagna
spagnola
Nel
giugno
1937
organizz,
a
Roma,
la
sfilata
dei
cavalieri
libici
in
occasione
del
primo
anniversario
della
fondazione
dellImpero.
In
questa
circostanza
conobbe
il
Generale
Frusci.
Il
Generale
rimase
molto
colpito
da
quellufficiale
che
da
poco
tornato
dallAfrica,
raccontava
la
guerra
coloniale
in
maniera
cos
diversa
rispetto
alle
descrizioni
riportate
dal
Ministero
della
Guerra.
Il
Generale
Frusci,
da
poco
designato
al
comando
della
Divisione
delle
Fiamme
Nere
preposta
da
Mussolini
per
combattere
al
fianco
di
Franco,
propose
a
Guillet
di
seguirlo
in
Spagna.
Il
Tenente
accett
di
buon
grado,
anche
perch
cos
avrebbe
avuto
loccasione
di
conquistare
la
promozione
che
gli
avrebbe
permesso
di
convogliare
a
nozze.
Frusci
nomin
Guillet
suo
aiutante
di
campo,
ma,
resosi
presto
conto
che
il
lavoro
dufficio
non
rientrava
nelle
vocazioni
del
Tenente,
lo
lasci
fare
esperienza
sul
campo
di
battaglia:
prima
in
un
reparto
di
carri
armati,
poi
con
un
gruppo
di
Arditi
ed
infine
con
un
tabor
di
cavalleria
marocchina.
Nel
periodo
in
cui
era
in
servizio
in
Spagna
port
a
termine
diverse
missioni
rischiose,
tutte
premiate
con
medaglie
al
valore,
sia
spagnole
che
italiane.
Eritrea
Ferito
ad
una
gamba,
nel
1938,
Guillet
fu
costretto
a
tornare
in
Africa,
in
Eritrea.
Il
paese
che
trov
era
notevolmente
cambiato
rispetto
a
quando
era
partito,
lopera
italiana
aveva
plasmato
il
volto
della
sua
colonia.
Riprese
il
comando
di
uno
squadrone
di
indigeni,
a
cui
era
stato
affidato
il
compito
di
condurre
opere
di
polizia
coloniale.
Un
giorno,
mentre
erano
occupati
in
un
giro
di
ricognizione,
si
imbatterono
nellennesimo
atto
di
banditismo,
un
furto
di
bestiame.
Guillet
e
la
sua
Banda
aiutarono
gli
uomini
del
villaggio
a
ritrovare
il
bestiame
e
una
volta
messi
in
fuga
i
banditi,
vennero
accolti
trionfalmente
dal
villaggio.
Era
costume
3
Citato
da
Mario
Mongelli,
Amedeo
Guillet
un
gentiluomo
italiano
senza
tempo,
Rivista
Militare,
pp.13.
donare
il
10%
dei
capi
recuperati
alle
forze
amiche,
ma
Guillet
rifiut
lofferta
proponendo
al
capo
villaggio
di
celebrare
quellevento
inaugurando
qualche
giorno
di
festa
aperta
agli
abitanti
del
villaggio
e
ai
suoi
uomini.
Fu
in
quelloccasione
che
Amedeo
conobbe
Kadija,
la
figlia
del
dignitario
del
villaggio.
Kadija,
di
soli
16
anni,
era
una
ragazza
incantevole
dai
tratti
delicati
e
nobili,
dal
dignitoso
portamento
che
nascondeva
una
volubilit
distinta.
Amedeo
rimase
piacevolmente
colpito
da
quella
ragazza,
intraprendente,
dal
carattere
determinato
e
indomito,
sfumato
da
una
volubilit
tutta
femminile.
Alle
ripetute
e
compite
avances
che
Kadija
port
avanti
nel
corso
del
tempo,
Amedeo
aveva
risposto
sempre
in
maniera
fredda
e
distaccata,
nonostante
fosse
lusingato
da
tali
attenzioni.
Quando
venne
il
momento
di
ripartire,
al
Gruppo
Bande
si
unirono
anche
alcuni
abitanti
del
villaggio.
Tra
questi
vi
era
anche
il
fratello
di
Kadija,
che
questultima
decise
di
seguire
con
il
resto
dei
famigliari
dei
nuovi
arruolati.
Amedeo
non
era
a
conoscenza
del
fatto,
ma
quando
se
ne
rese
conto,
rimase
alquanto
infastidito
dalla
caparbiet
e
dallinsistenza
della
ragazza,
che
prosegu
costante
e
temeraria
nel
perseguire
il
suo
obiettivo.
Uno
dei
problemi
a
cui
il
gruppo
di
Spahi
dovevano
porre
freno
era
quello
di
un
gruppo
di
banditi
contrabbandieri
specializzati
nellattacco
di
convogli,
che
portavano
avanti
un
modus
operandi
semplice
ed
efficace:
uccidevano
lautista
e
si
appropriavano
del
carico.
Fu
proprio
a
causa
di
uno
scontro
violento
con
questo
gruppo
di
banditi
che
la
morte
avvolse
tra
le
sue
braccia
il
valoroso
Mussa.
La
morte
dellamico
Spahi
gett
Amedeo
nello
sconforto.
Qualcosa
in
lui
si
stava
lentamente
trasformando,
di
fronte
ad
una
guerra
che
gli
sembrava
sempre
pi
insensata
e
lontana
dai
principi
appresi
in
Accademia,
le
sue
convinzioni
iniziarono
a
vacillare.
In
quel
momento
di
dolore
e
profonda
solitudine,
Amedeo
si
arrese
al
conforto
donatogli
da
Kadija.
Da
questo
momento
in
poi,
il
giovane
ufficiale
inizi
a
prendere
decisioni
prima
impensabili:
quando
catturarono
le
truppe
di
Uven
Tessemma,
uno
dei
pi
pericolosi
capi
della
guerriglia
del
negus
Hail
Selassi,
Guillet
si
sarebbe
dovuto
comportare
secondo
direttive
ben
precise:
giustiziare
ogni
singolo
ribelle
trovato
in
possesso
darmi.
Ma
visti
i
volti
fieri
di
quei
nemici,
che
avevano
combattuto
con
valore
per
la
loro
causa,
il
Tenente
decise
non
solo
di
non
procedere
allesecuzione,
ma
propose
loro
di
entrar
a
far
parte
del
suo
squadrone.
Chi
non
vuole
non
obbligato
a
seguirmi.
Chi
vuole
venire,
mi
segua.
Ma
il
primo
che
mi
tradisce,
lo
uccido.4
Queste
furono
le
uniche
condizioni
poste.
Rimasero
tutti
al
suo
servizio.
Il
10
Giugno
1940
lItalia
entr
ufficialmente
nel
Secondo
Conflitto
Mondiale,
a
fianco
delle
potenze
dellAsse
dichiarando
guerra
a
Francia
ed
Inghilterra.
In
Africa
la
situazione
divent
subito
drammatica,
gli
inglesi
riuscirono
a
riconquistare
molto
velocemente
Sidi
el
Barrani
in
Libia
(oggi
Egitto),
continuando
inesorabilmente
la
loro
avanzata.
Gruppo
Bande
Amhara
a
cavallo
Considerato
loperato
in
battaglia
di
Guillet
e
la
sua
precedente
esperienza
al
comando
di
reparti
indigeni,
il
generale
Frusci
si
convinse
sempre
maggiormente
che
il
Tenente
fosse
luomo
adatto
per
il
suo
progetto.
Voleva
affidargli
il
comando
di
una
grande
unit
indigena,
mobile
ed
autonoma,
la
quale
avrebbe
avuto
come
obiettivo
principe
quello
di
combattere
al
meglio
la
guerra
profilatasi
in
Africa
orientale,
che
esigeva
per
sua
efficacia
spostamenti
rapidi
su
grandi
distanze.
4
Citato
dal
documentario
televisivo
di
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
la
leggenda
del
Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
Educational.
Quellincarico
generalmente
sarebbe
stato
affidato
ad
un
colonnello,
grado
che
Amedeo
non
aveva
acquisito
a
causa
del
suo
status
di
scapolo.
Questopportunit
era
sintomo
della
stima
riservata
dal
generale
Frusci
nei
confronti
delle
qualit
militari
di
Guillet.
Il
Tenente
accett
con
entusiasmo
e
in
breve
pianific
insieme
allo
stato
maggiore
del
Generale
i
dettagli
logistico
-
militari
riguardanti
la
banda.
Erano
molti
gli
ufficiali
superiori
che
non
concordavano
con
la
decisione
di
assegnare
ad
un
semplice
Tenente,
per
quanto
acuto
conoscitore
dellambiente
in
cui
avrebbe
operato,
un
contingente
di
quasi
duemila
soldati
e
per
di
pi
formato
da
indigeni,
raccogliendo
sotto
questo
aggettivo
una
vasta
rappresentanza
eterogenea
:
ex
ribelli,
yemeniti,
libici,
eritrei,
contrabbandieri
sauditi,
conoscitori
del
Sudan
(dove
si
prevedeva
che
il
gruppo
avrebbe
dovuto
operare).
Questa
era
anche
loccasione
che
gli
avrebbe
fornito
la
possibilit
di
mettere
in
pratica
le
sue
teorie
sulla
guerra
coloniale:
in
questo
frangente
era
necessario
dare
spazio
a
giovani
ufficiali
dotati
di
carisma
e
pieni
di
spirito
di
iniziativa
al
comando
di
truppe
indigene,
con
le
quali
avrebbero
dovuto
interagire
grazie
alla
conoscenza
delle
lingue
locali,
per
instaurare
un
rapporto
attivo
privo
di
intermediari.
Cos
nacque
il
Gruppo
bande
Amhara
a
cavallo,
costituito
da
sei
bande
comandate
ognuna
da
un
ufficiale
montante
una
cavalcatura
bianca,
in
modo
tale
da
farsi
riconoscere
dai
propri
uomini
e
anche
in
rappresentanza
di
una
sorta
di
sfida
cavalleresca
nei
confronti
del
nemico.
Guillet
aveva
voluto
sottolineare
con
Amhara,
nome
della
lingua
nazionale
etiopica,
che
lunit
era
in
gran
parte
composta
dai
nuovi
sudditi
dellImpero,
a
cui
venne
affidato
il
compito
di
combattere
il
nemico
nella
regione
Nord-occidentale
dellEritrea.
La
carica
di
Cher
La
sera
del
20
gennaio
del
1941
il
Tenente
Guillet
stava
rientrando
con
le
sue
bande
da
una
lunga
ed
estenuante,
quanto
infruttuosa,
ricognizione
su
suolo
nemico.
Guillet
aveva
limpressione
che
quelle
missioni
basate
su
informazioni
incomplete
o
imprecise
fossero
lesemplificazione
di
quanto
fossero
aleatori
i
piani
degli
alti
comandi.
Lentrata
in
guerra
aveva
sviluppato
un
clima
di
peculiare
entusiasmo
e
spirito
difensivo
che
con
il
passare
dei
mesi
(non
molti
dal
giugno
40
al
gennaio
del
successivo)
si
era
trasformato
in
una
ritirata
precipitosa
e
intempestiva.
Mentre
le
sue
Bande
si
accingevano
al
meritato
riposo,
il
Tenente
si
stava
recando
dal
Generale
Fongoli5,
per
fare
il
rapporto
sulla
missione.
Non
ebbe
il
tempo
neanche
di
proferire
parola
che
il
Generale
inizi
a
ragguagliarlo
sugli
ordini
ricevuti
e
sulla
strategia
che
intendeva
adottare.
Gli
chiese,
non
aspettandosi
una
risposta
positiva,
se
fosse
stato
in
grado
di
ripartire
entro
poche
ore
per
affrontare
gli
inglesi
della
Gazelle
Force
che
stavano
per
catturare
migliaia
di
soldati
italiani
in
manovra
di
arretramento
verso
Agordat.
Lobiettivo
era
trattenere
il
nemico
il
pi
a
lungo
possibile
sulla
strada
che
dalla
piana
di
Aicot
va
verso
Barent.
Il
Tenente
non
rispose
subito
e
dopo
un
lungo
silenzio
si
limit
a
pronunciare
un:
Far
tutto
il
possibile,
Generale.
Con
tono
calmo,
fermo,
sicuro
che
non
ammetteva
nessun
tipo
di
sfumatura
che
non
corrispondesse
allaccettazione
dellincarico.
Alle
prime
luci
del
21
gennaio
la
Gazzelle
Force
di
Masservy
attacc
le
posizioni
italiane
di
Cher
occupate
dalla
41esima
brigata
indigena
del
Generale
Fongoli
Mentre
gli
artiglieri
stanno
sistemando
i
cannoni,
vengono
caricati
da
uno
squadrone
di
cavalleria
del
Gruppo
Bande
Amhara,
comandato
dal
tenente
Renato
Togni
Con
straordinaria
audacia
i
cavalieri
galopparono
sino
ad
una
trentina
di
metri
dalle
posizioni
britanniche,
sparando
selvaggiamente
dalla
sella
e
lanciando
bombe
a
mano.
I
cannonieri
girarono
i
pezzi
a
180
e
aprirono
il
fuoco
con
lalzo
a
zero.
A
volte
i
proiettili
scivolarono
sul
terreno
senza
esplodere
ma
altri
5
comandante
del
forte
di
Cher.
trafissero
i
cavalli
da
parte
a
parte.
Il
Royal
Regiment
dovette
ricorrere
alle
armi
portatili
prima
di
aver
ragione
di
quella
furiosa
carica.6
Il
tenente
Togni
faceva
parte
del
Gruppo
Bande
a
cavallo
Amhara,
un
reparto
di
cavalleria
comandato
dal
tenente
Guillet.
Unora
dopo
questultimo
temerariamente,
ma
non
con
foga
cos
selvaggia,
attacc
di
nuovo
con
tutta
la
sua
banda,
composta
da
pi
di
cinquecento
uomini.
Soverchiarono
i
sikh
che
si
erano
portati
avanti
e
deviarono,
quando
vennero
a
trovarsi
di
fronte
allartiglieria
dietro
di
essi,
Deve
essersi
trattata
dellultima
grande
carica
di
cavalleria
guidata
da
europei
in
Africa
e
Churchill
stesso,
che
in
giovent
era
andato
alla
carica
con
gli
ussari
a
Ondurman,
lavrebbe
ammirata.7*
Guillet
decise
di
organizzare
unoperazione
a
sorpresa,
spericolata,
probabilmente
suicida,
ma
forse
realmente
lunica
che
poteva
avere
successo.
Lintento
era
quello
di
attaccare
nel
mezzo
dello
schieramento
inglese,
facendo
affidamento
sul
fatto
che
lartiglieria
britannica
non
avrebbe
potuto
sparare
loro,
in
quanto
inevitabilmente
avrebbero
colpito
anche
la
fanteria
indiana.
Riusc
ad
evitare
laccerchiamento
inglese
grazie
alla
carica
del
tenente
Togni8.
Poco
dopo,
Guillet
insieme
ai
suoi
uomini
riuscirono
a
creare
una
tale
confusione
che
gli
inglesi
non
riuscirono
ad
avanzare
per
circa
5-6
ore,
permettendo
alle
truppe
italiane
di
mettersi
in
salvo
ad
Agordat.
Quella
del
Tenente
Guillet
fu
lultima
carica
di
Cavalleria
nella
storia
militare
dAfrica.
La
guerriglia
Nellaprile
1941
la
situazione
dellesercito
italiano
in
Africa
orientale
era
disperata.
Dopo
6
lunghi
giorni
di
resistenza,
lesercito
italiano
viene
spazzato
via
dagli
inglesi.
Asmara
viene
dichiarata
citt
aperta
dal
generale
Frusci.
Firmata
la
resa,
si
cre
una
situazione
di
disordine
e
spaesamento
nella
vecchia
colonia.
Era
dunque
giunto
il
momento
di
prendere
un
decisione,
una
decisione
radicale,
imprevedibile.
Lordine
di
resa
impartito
da
Roma
era
vincolante
per
gli
italiani,
ma
per
gli
indigeni
non
era
necessariamente
cos,
dato
che
per
loro
Roma
non
era
altro
che
un
concetto
astratto.
Gli
indigeni
erano
legati
allautorit
locale,
detentrice
di
potere
e
di
valori
che
corrispondevano
alla
loro
cultura:
valori
come
il
coraggio,
la
dedizione,
il
sacrificio.
Toccava
a
Guillet
continuare
a
rappresentare
quei
valori
per
i
suoi
ex
soldati
e
per
gli
indigeni
che
gli
erano
rimasti
fedeli.
Senza
soluzione
di
continuit
tra
passato
e
presente.
La
sostituzione
di
ci
che
gli
rimaneva
dei
suoi
indumenti
da
europeo,
con
una
futa
e
il
turbante
avvolto
intorno
al
capo,
fu
linizio
di
un
mutamento
esteriore
e
interiore,
con
il
quale
prendeva
forma
e
contenuto
quellAhmed
Abdallah
Al
Redai,
musulmano
yemenita,
soldato
smobilitato
dalle
truppe
coloniali
italiane,
in
attesa
di
rimpatrio.
Riun
i
suoi
uomini,
defin
e
spieg
le
condizioni
del
suo
piano
di
guerriglia:
avrebbero
portato
avanti
operazioni
solo
contro
obiettivi
militari,
non
sarebbero
stati
ammessi
atti
di
banditismo
e
taglieggio
della
popolazione.
Non
poteva
promettere
loro
altro
che
una
vita
di
sacrifici
e
di
stenti
ma
le
loro
imprese
avrebbero
portato
onore
agli
stessi
e
alle
loro
famiglie.
Non
poteva
promettere
una
paga,
non
prima
che
lEritrea
fosse
tornata
sotto
il
dominio
italiano.
Chi
non
fosse
stato
disponibile
a
sottostare
a
queste
condizioni,
era
obbligato
ad
andarsene.
Nessuno
accenn
a
muoversi.
Iniziarono
cos
otto
lunghi
mesi
di
guerriglia.
Si
nascose,
insieme
a
Kadija,
in
una
fattoria
italiana
ad
Asmara
dove
prest
opera
come
bracciante
al
servizio
del
Signor
Rizzi,
lunico
italiano
con
cui
era
rimasto
in
contatto.
L
sarebbe
passato
inosservato
fra
i
molti
indigeni
che
prestavano
la
opera
nelle
terre
della
fattoria.
Amedeo
soffriva
per
la
ferita
al
6
The
Abyssinian
Campaign,
Issued
for
the
War
Office
by
the
Ministry
of
Information,
His
Majestys
Stationary
Office,
London
1942,
p.32.
Citato
da
Angelo
Del
Boca,
Gli
italiani
in
Africa
Orientale:
la
caduta
dellimpero,
Laterza,
1982,
pp.401-402.
7
Anthony
Mockler,
Storia
delle
guerre
italiane
in
Abissinia
e
in
Etiopis,
Vol.II,pp.
419-422,
Rizzoli
1977.
Citato
da
Vittorio
Dan
Segre,
La
guerra
privata
del
Tenente
Guillet,
pp.
116.
8
Morto
nella
carica
per
la
quale
gli
venne
attribuita
la
Medaglia
dOro
al
valor
militare
alla
memoria.
piede
e
per
quanto
si
impegnasse,
coltivava
molta
difficolt
a
portare
a
termine
il
suo
lavoro
giornaliero.
Il
Signor
Rizzi
se
ne
era
reso
conto,
per
questo
gli
aveva
affidato
nuove
mansioni:
come
giardiniere
del
giardino
di
sua
moglie
e
di
controllo
nei
campi
di
banane
e
papaia.
Durante
il
soggiorno
nella
fattoria,
Guillet
si
allontanava
di
tanto
in
tanto
per
qualche
operazione
di
guerriglia,
abilmente
coperto
dal
Signor
Rizzi
che
si
occupava
di
diffondere
voce,
tra
gli
altri
operai,
che
lassenza
di
Ahmed
era
dovuta
a
compiti
affidatigli
fuori
dalla
fattoria
dallo
stesso
proprietario.
Cos
la
Banda
Guillet
continuava
a
portare
avanti
una
battaglia
senza
quartiere
contri
gli
inglesi:
sabotando
ferrovie,
tagliando
linee
telegrafiche,
facendo
saltare
ponti
e
saccheggiando
depositi
militari.
Le
loro
azioni
vennero
attribuite,
in
un
primo
momento,
a
fuorilegge
locali,
a
banditi
del
deserto;
poi
la
stampa
inizi
ad
intuire
qualcosa
e
le
attribuirono
proprio
al
tenente
Guillet,
creando
un
mito,
il
mito
del
Cummandar
es
Sciaitan
(il
Comandante
Diavolo).
Lo
storico
Luigi
Goglia
spiega
cos
il
soprannome
dato
a
Guillet
dai
suoi
compagni
indigeni:
Lo
chiamavano
comandante
diavolo
perch
era
un
diavolo
di
comandante,
nel
senso
che
era
coraggioso
e
riusciva
nelle
sue
imprese.
Un
nome
ironico,
ma
allo
stesso
tempo
di
ammirazione,
datogli
dai
suoi
ascari9.
Il
maggiore
Max
Harari
Il
capo
dellintelligence
militare
inglese
in
Etiopia,
Max
Harari,
scrisse
una
lunga
scheda
sul
tenente
italiano.
Harari
ammirava
cavallerescamente
quella
figura
donchisciottesca,
che
perseguiva
i
suoi
ideali
e
valori
conducendo
una
guerriglia
tanto
inesorabilmente
destinata
alla
sconfitta
quanto
serrata.
Avrebbe
voluto
parlare
con
quellufficiale
italiano
per
chiedergli
come
riusciva
a
procurarsi
le
armi,
da
dove
provenisse
il
denaro
con
cui
pagava
i
suoi
uomini.
Curiosit
e
ammirazione
avrebbero
mosso
quelle
domande
pi
che
la
necessit
di
ottenere
informazioni
utili
alla
contro-guerriglia.
Dagli
italiani
non
riusc
ad
ottenere
informazioni
utili,
Guillet
dopotutto
non
intratteneva
rapporti
con
i
suoi
connazionali
ed
Harari
era
cosciente
del
fatto
che
avrebbe
ottenuto
informazioni
valide
solo
da
indigeni
pronti
a
tradirlo.
Ormai
Guillet
era
braccato,
non
era
pi
protetto
dalle
leggi
internazionali,
in
quanto
aveva
dismesso
la
divisa
da
militare,
sulla
sua
testa
pesava
una
taglia
di
ben
1000
sterline
doro,
vivo
o
morto.
Nonostante
questo,
come
ha
ben
sottolineato
un
suo
biografo,
Vittorio
Dan
Segre:
Cerano
decine
di
persone
che
erano
a
conoscenza
della
sua
esistenza
e
dei
suoi
nascondigli,
per
i
quali
1000
sterline
avrebbero
rappresentato
un
patrimonio
considerevole.
Mai
nessuno,
per,
and
dalle
autorit
inglesi
per
denunciarlo.
10
Delle
operazioni
di
Guillet
in
Eritrea,
il
Maggiore
era
riuscito
a
trarre
notizia
solo
da
un
vecchio
stato
di
servizio
recuperato
negli
archivi
del
Comando
italiano,
e
da
un
articolo
pubblicato
nel
1940
su
Azione
coloniale
in
cui
linviato
di
guerra
raccontava
di
aver
rintracciato
il
tenente
Guillet
nel
bassopiano
eritreo,
mentre
con
le
sue
bande
a
cavallo
scorazzava
lungo
il
confine
del
Sudan
anglo-egiziano.
Aveva
divulgato
il
soprannome
di
Cummandar-as-shaitan
e
laveva
descritto
come
un
corsaro
del
deserto:
magro,
bruciato
dal
sole,
con
un
viso
che
dagli
arabi
fra
cui
aveva
vissuto
a
lungo
e
di
cui
conosce
la
lingua
e
i
dialetti,
ha
preso
lespressione
un
po
assorta,
enigmatica.
A
differenza
di
ci
che
si
considerava
pericoloso,
delle
operazioni
portare
avanti
da
Guillet
dagli
alti
comandi
inglesi,
ovvero
il
fatto
che
queste
sparpagliate
attivit
di
resistenza
italiana
potessero
ricreare
un
secondo
fronte
in
Africa;
il
maggiore
Harari
era
turbato
dal
fatto
che
la
Banda
di
Guillet
era
lunica
9
Citato
dal
documentario
televisivo
di
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
la
leggenda
del
Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
Educational.
10
Citato
dal
documentario
televisivo
di
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
la
leggenda
del
Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
Educational.
formata
completamente
da
indigeni
e
per
questo,
oltre
a
dar
fastidio
alloperato
inglese
con
le
continue
operazioni
di
guerriglia,
contraddiceva
la
tesi
della
liberazione
degli
eritrei
dal
gioco
fascista,
pregiudicando
la
credibilit
della
propaganda
alleata.
Sarebbe
tuttavia
stato
inutile
cercare
informazioni
tra
gli
italiani
antifascisti,
nel
suo
rapporto
non
vi
erano
tracce
di
simpatia
per
il
regime
anzi,
vi
era
riportata
notizia
di
specifiche
azioni
che
andavano
contro
le
direttive
di
Roma.
Ad
esempio
nel
1938,
in
seguito
alle
gi
citate
leggi
per
la
difesa
della
razza,
arruol
nei
suoi
reparti
degli
ebrei
etiopi,
detti
falasci.
La
caccia
a
questo
personaggio
dal
cipiglio
romantico,
che
lo
aveva
decisamente
affascinato,
gli
era
cosa
alquanto
sgradita,
ma
non
aveva
altra
scelta
che
portarla
avanti
e
vincerla
perch
quella
era
una
guerra
che
non
ammetteva
partite
chiuse
alla
pari.
LAddio.
A
mettere
fine
a
quella
che
stata
definita
la
Guerra
privata
del
Tenente
Guillet,
fu
la
nostalgia.
Nostalgia
che
si
insidi,
infida,
nelle
sue
membra
allascolto
di
un
disco
di
opera
italiana,
che
arrivava
dal
grammofono
del
Signor
Rizzi.
Sulle
note
de
Le
Maschere
di
Mascagni,
pervaso
dalla
malinconia
inizi
a
veder
scorrere
nella
sua
mente
le
persone
a
lui
care,
si
domand
di
come
avessero
affrontato
la
guerra
i
suoi
anziani
genitori,
pens
ai
Gandolfo
e
a
Bice,
si
domandava
se
lo
stesse
ancora
aspettando.
Ma
allimprovviso
qualcuno
lo
scosse
con
vigore
e,
destandosi
dalle
sue
fantasticherie,
vide
la
signora
Rizzi
(proprietaria
della
fattoria)
che
lo
avvert
del
ritorno
dei
soldati
inglesi.
Erano
stati
alla
fattoria,
per
controllare
se
vi
fossero
italiani
nascosti,
gi
diverse
volte,
ma
questa
fu
diversa.
Il
posto
che
fino
a
qualche
minuto
prima
era
stato
concesso
alla
malinconia
venne
strappato
dalla
paura
che
dittatorialmente
lo
aveva
lasciato
vittima
di
un
panico
profondo
ed
irrazionale.
Avrebbe
potuto
giustificare
la
sua
presenza
nel
salotto,
come
aveva
gi
fatto
diverse
volte,
con
la
scusa
che
si
stava
occupando
delle
pulizie,
oppure
si
sarebbe
potuto,
molto
pi
semplicemente,
nascondere
aspettando
che
i
soldati
andassero
via.
Ma
Amedeo
scavalc
la
finestra,
ignorando
lautocarro
dellesercito
davanti
alla
villa
dei
Rizzi.
Si
incammin,
con
passo
controllato
e
lento,
su
per
la
collina
verso
la
tomba
del
pellegrino
(dove
si
recava
5
volte
al
giorno
per
pregare
Dio),
soffocando
la
tentazione
quasi
irresistibile
di
mettersi
a
correre.
Ud
delle
urla
alle
sue
spalle.
Un
sergente
gli
intim
di
fermarsi,
lordine
fu
ripetuto,
prima
in
arabo,
poi
in
inglese,
ma
Amedeo
continu
a
camminare
con
la
medesima
andatura
verso
la
tomba
del
pellegrino.
Riecheggi
uno
sparo,
che
Amedeo
sent
sibilare
sulla
sua
testa.
Il
sergente
riprese
la
mira,
ma
a
questo
punto
intervenne
il
capo
operaio
della
fattoria,
che
urt
il
fucile
e
spieg
al
sergente
che
quelluomo
non
era
altri
che
un
musulmano,
sordo,
che
stava
andando
pregare.
Amedeo
che
aveva
sentito
tutto,
una
volta
arrivato
in
cima
alla
collina,
croll
a
terra
prostrandosi
in
preghiera.
La
perdita
di
controllo
su
se
stesso
gli
fece
comprendere
fino
in
fondo
che
ormai
la
farsa
con
gli
inglesi
non
sarebbe
potuta
andare
avanti
ancora
a
lungo.
Le
ferite
riportate
dalle
varie
battaglie,
le
febbri
malariche
che
continuavano
a
perseguitarlo,
la
coscienza
di
essere
ormai
arrivato
ad
un
punto
dove
la
razionalit,
la
disciplina
e
la
ferma
volont
nel
portare
a
compimento
la
parola
data,
non
erano
pi
sufficienti
a
superare
il
logoramento
di
tante
e
tali
vicissitudini.
Era
arrivato
il
momento
di
tornare
a
casa.
Era
arrivato
il
momento
degli
addii
e
di
sciogliere,
con
sommo
dolore,
il
suo
Gruppo
Bande
Amhara:
Abbiamo
lottato
fino
allo
stremo
delle
nostre
forze,
abbiamo
fatto
pi
del
nostro
dovere
e
non
ha
senso
continuare
a
combattere
senza
rifornimenti
n
basi
sicure.
Non
cessiamo
la
lotta
perch
siamo
stati
battuti;
la
sospendiamo
per
decisione
nostra,
dopo
aver
tenuto
testa
per
mesi
a
forze
cento
volte
superiori,
impedendo
agli
inglesi
di
spostarle
in
Egitto.
Le
notizie
che
giungono
dallAfrica
del
Nord
sono
buone.
Gli
inglesi
sono
stati
costretti
a
ritirarsi
dalla
Libia;
le
truppe
italiane
e
tedesche
hanno
ripreso
Tobruk
e
catturato
trentamila
prigionieri.
Se
loffensiva
continuer
e
lEgitto
verr
occupato,
potremo
ricevere
aiuti.
Allora
vi
mander
a
chiamare,
uno
per
uno,
dai
vostri
villaggi
per
combattere
di
nuovo
assieme.
Ora,
per,
ci
dobbiamo
lasciare,
se
vogliamo
essere
in
grado
di
riprendere
la
lotta
quando
ci
sar
ancora
bisogno
di
noi.
Siamo
stati
fratelli
di
guerra.
Lo
resteremo
anche
in
futuro.
11
Laddio
pi
greve
e
doloroso
fu
quello
dato
alla
sua
amata
Kadija,
che
con
il
capo
chino
in
un
cenno
dassenso
e
con
un
profondo
silenzio,
indossato
con
dignit
e
velato
dal
dolore
stretto
sulle
sue
spalle
come
il
suo
sciamma,
senza
un
cenno
di
saluto,
si
alz
e
and
via.
Seduto
per
terra,
con
le
spalle
poggiate
ad
un
masso
di
pietra,
Amedeo
silenziosamente
piangeva.
Deserto
Iniziava
ora
il
viaggio
verso
lo
Yemen,
stato
neutrale,
dove
avrebbe
trovato
rifugio
dagli
inglesi,
viaggio
nel
quale
verr
accompagnato
solo
dallo
yemenita
Daifallah.12.
Riuscirono
a
raggiungere
Massawa,
dove
si
rifugiarono
in
una
baraccopoli.
Il
problema
da
risolvere
adesso,
era
quello
di
procurarsi
il
necessario
denaro
per
poter
pagare
la
traversata
per
raggiungere
lo
Yemen.
Adattandosi
ai
lavori
pi
umili,
Amedeo
si
improvvis
facchino
al
molo
e
guardiano
notturno.
Essendo
questi
lavori
troppo
pesanti
e
poco
remunerativi
e
considerando
laggravarsi
della
ferita
al
piede,
ad
Amedeo,
fortunatamente,
venne
lidea
che
avrebbe
risolto
il
loro
problema.
Riusc
a
mettersi
in
affari
con
un
vecchio
acquaiolo
che
viveva
nella
baraccopoli:
il
vecchio
avrebbe
fornito
il
capitale,
lasino
con
cui
raggiungere
la
fonte
a
circa
2
km
di
distanza;
lui,
invece,
avrebbe
investito
il
proprio
lavoro
per
poi
a
fine
giornata
dividere
il
guadagno.
Il
vecchio
accett
di
buon
grado
e
cos,
facendo
due
viaggi
al
giorno
e
riuscendo
ad
essere
molto
competitivo
sul
mercato
dellacqua,
riusc
in
breve
tempo
a
risparmiare
il
necessario
per
pagare
la
traversata
anche
a
Daifallah.
Trovati
dei
contrabbandieri
disposti
a
trasbordarli,
partirono
per
le
coste
yemenite.
Il
viaggio
procedeva
lentamente;
ad
un
certo
punto
per
il
contrabbandiere,
dopo
aver
fatto
un
affare
molto
vantaggioso,
per
paura
di
essere
denunciato
una
volta
sbarcati
nello
Yemen,
decise
di
disfarsi
di
loro.
Il
miglior
pretesto
per
poter
attaccar
briga
era
ovviamente
quello
religioso,
cos
il
contrabbandiere,
che
era
ortodosso
di
rito
sciafeita,
chiese
loro
se
fossero
zeiditi,
cosa
di
cui
era
gi
a
conoscenza.
Ricevuta
risposta
positiva,
inizi
ad
accusarli
di
essere
dei
nemici,
dei
traditori
come
daltronde
lo
erano
tutti
gli
altri
zeiditi.
Espose
le
sue
condizioni:
gli
avrebbero
riportarti
sulla
costa
eritrea
e
restituito
i
soldi
della
traversata.
Amedeo
reag
con
insolenza
al
torto
subto
tanto
che
venne
gettato
in
mare,
mentre
Daifallah
(che
non
sapeva
nuotare)
venne
accompagnato
a
riva.13
Sfuggendo
ai
pescecani,
Amedeo
riusc
a
raggiungere
la
costa
eritrea.
Iniziarono
a
peregrinare
nel
deserto
della
Dancalia,
dove
stanchi
ed
assetati,
incontrarono
dei
pastori
nomadi
vicino
ad
un
pozzo.
Ma
anche
i
pastori,
anzich
aiutarli,
li
picchiarono
e
li
lasciarono
sanguinanti
sulle
roventi
sabbie
del
deserto.
Sotto
un
sole
cocente,
senza
acqua,
allo
stremo
delle
forze
continuarono
a
camminare,
barcollando
e
perdendo
talvolta
il
senso
dellorientamento
sino
alla
sera,
quando
storditi,
si
accasciarono
a
terra.
La
notte
era
illuminata
da
una
grande
luna
piena
che
stava
sorgendo
lentamente,
e
fu
grazie
a
quella
luna
che
i
due
sventurati
videro,
in
lontananza,
un
qualcuno
avvicinarsi
su
una
cavalcatura.
Decisero
allora
che
quella
era
lultima
possibilit
di
mettersi
in
salvo,
avrebbero
rischiato
di
essere
nuovamente
aggrediti,
ma
questa
volta
sarebbero
stati
pronti
a
reagire.
Il
piano
era
semplice:
rubare
la
cavalcatura
e
sperare
in
quel
modo
di
mettersi
in
salvo.
Si
nascosero
in
un
avvallamento,
al
passaggio
delluomo,
Amedeo
gli
intim
di
fermarsi
e
Daifallah,
che
aveva
nel
frattempo
cercato
un
masso
con
cui
stordirlo,
era
pronto
al
comando
di
Amedeo.
Luomo
credendo
di
essere
incappato
in
un
gruppo
uomini
armati,
11
Citato
da
Vittorio
Dan
Segre,
La
guerra
privata
del
Tenente
Guillet,
pp.
165.
12
uno
degli
ultimi
componenti
delle
Bande
Amhara.
13
portare
la
disputa
sul
piano
religioso
era
la
cosa
pi
facile,
visto
che
lui,
musulmano
ortodosso
di
rito
sciafita,
non
aveva
motivo
di
simpatizzare
con
due
zeiditi
come
loro,
appartenenti
ad
una
corrente
della
Sci
a
(sciiti),
lIslam
minoritario
e
secessionista.
Il
re
dello
Yemen,
Yahia,
che
come
imam
era
anche
califfo,
capo
religioso
degli
zeiditi,
non
aveva
trattato
con
mano
molto
pietosa
i
sunniti
di
rito
sciafita.
Citato
da
Vittorio
Dan
Segre,
La
guerra
privata
del
Tenente
Guillet,
pp.
185.
davanti
ai
quali
non
era
saggio
n
fuggire
n
tentare
di
reagire,
fece
accomodare
la
cavalcatura
e
scese.
Amedeo
gli
chiese
chi
fosse,
tentando
di
pronunciare
quella
domanda
con
voce
grossa
e
minacciosa.
Al
Sajed14
Ibrahim
al
Yemani.
Sentito
pronunciare
tale
nome
e
indicare
la
provenienza
yemenita,
Amedeo
disse:
Signore,
siamo
due
yemenitie
stramazzarono
a
terra.
Yemen
Questa
volta
a
Massawa,
spacciandosi
per
uno
yemenita
malato
di
mente,
riusc
ad
ottenere
un
passaggio
regolare
verso
lo
Yemen.
Alla
fine
del
dicembre
del
1941,
finalmente
sbarcarono
ad
Odeida.
qui
che
Amedeo,
dopo
anni
in
cui
ha
pregato
Dio
secondo
rito
musulmano,
recit
la
professione
di
fede
islamica:
Non
vi
altro
Dio
al
di
fuori
di
Dio
e
Maometto
il
suo
profeta.
Divent
sempre
pi
difficile
nascondere
la
propria
identit,
poich
poteva
fingersi
yemenita
in
terra
straniera,
non
di
certo
in
Yemen.
Fu
probabilmente
a
causa
dei
suoi
modi
raffinati
o
per
la
perfetta
conoscenza
della
lingua
araba,
tanto
che
il
funzionario
portuale
si
insospett
e
lo
fece
rinchiudere
in
prigione
con
laccusa
di
essere
una
spia
inglese.
Paradossalmente
fu
proprio
grazie
ai
suoi
principali
inseguitori,
gli
inglesi,
che
anche
questa
volta
Guillet
riusc
ad
avere
la
vita
salva.
Infatti,
quando
le
autorit
inglesi
appresero
la
notizia
della
cattura
del
tenente,
chiesero
subito
allo
Yemen
di
estradarlo.
A
questo
punto
gli
yemeniti
si
insospettirono
dalla
strana
richiesta
avanzata
dal
comando
inglese,
non
riuscivano
a
spiegarsi
per
quale
motivo
potessero
essere
tanto
interessati
ad
un
prigioniero
tanto
malridotto.
LImam
Yahia
venne
informato
di
quello
strano
prigioniero
per
il
quale
gli
inglesi
facevano
pressione,
cos
lo
convoc
al
suo
cospetto.
Quando
il
tenente
Guillet
raccont
allImam
la
sua
storia,
il
sovrano
rimase
cos
favorevolmente
colpito,
che
decise
di
ospitarlo
nel
suo
palazzo.
In
breve
tra
Amedeo
e
lImam
si
cre
un
rapporto
di
stima
reciproca.
Il
sovrano
lo
fece
curare,
gli
assicur
una
casa
e
lo
nomin
gran
maniscalco
della
sua
corte.
Pass
un
anno
nello
Yemen,
al
termine
del
quale
per
Guillet
giunse
il
tempo
di
partire.
Salutato
Daifallah,
part
per
Massawa
dove
era
in
partenza
una
nave
della
Croce
Rossa,
la
Giulio
Cesare,
che
era
stata
messa
a
disposizione
per
permettere
a
tutti
i
civili
italiani
che
lo
volessero,
di
tornare
in
Patria.
Guillet,
grazie
allaiuto
fornitogli
dallImam,
raggiunse
Massawa,
dove
egli
avrebbe
dovuto
trovare
un
modo
per
imbarcarsi
senza
essere
arrestato
dagli
inglesi.
Ancora
una
volta
la
fortuna
lo
assistette.
Infatti,
i
vecchi
amici
del
porto
che
non
lo
avevano
dimenticato,
lo
aiutarono
a
salire
furtivamente
sulla
nave.
Una
straordinaria
coincidenza
fece
s
che
Guillet
venisse
scoperto
dal
capitano
della
Giulio
Cesare.
Il
tenente
vedendo
i
nastrini
delle
campagne
della
Prima
guerra
mondiale
appuntati
sulluniforme
del
Capitano,
confess
la
propria
identit
spiegandogli
che
nel
caso
fosse
caduto
nelle
mani
degli
inglesi,
il
suo
destino
era
stato
gi
scritto.
Lanziano
Capitano
decise
di
aiutare
Guillet
in
quellultimo
viaggio
verso
la
madre
Patria,
cosicch
una
volta
che
la
nave
ebbe
mollato
gli
ormeggi,
fece
trasferire
discretamente
Guillet
nel
manicomio
accanto
al
sanatorio,
dove
pass
tutto
il
periodo
del
viaggio.
Dopo
40
giorni
di
navigazione,
compiendo
il
periplo
dellAfrica,
la
Giulio
Cesare
arriv
in
Italia
il
2
settembre
del
1943.
In
Italia
Dopo
anni
di
peripezie
finalmente
Amedeo
in
Italia,
decise
di
mantenere
segreta
la
sua
presenza
in
patria
a
Bice
e
alla
sua
famiglia,
perch
aveva
solo
una
cosa
in
mente:
mantenere
la
promessa
fatta
ai
suoi
uomini,
tornare
a
combattere
con
loro.
Per
questo
motivo,
come
prima
cosa
si
present
al
14
Gli
arabi
che
si
proclamano
Sayed,
(signore)
sono
ritenuti
discendenti
del
Profeta.
Non
una
distinzione
sociale,
fra
essi
ci
pu
essere
un
sovrano
come
un
contadino,
ma
chi
di
stirpe
sceriffale
ha
diritto
di
essere
ossequiato
da
chi
non
lo
,
fosse
anche
un
principe
o
un
governatore.
Citato
da
Vittorio
Dan
Segre,
La
guerra
privata
del
Tenente
Guillet,
pp.
197.
Comando
dellesercito
a
Roma,
per
prendere
contatto
con
i
suoi
superiori,
ma
qui
Amedeo
era
gi
Maggiore.
La
tanto
agognata
promozione
infatti
gli
era
stata
assegnata
da
tempo,
ma
nessuno
era
riuscito
a
trovarlo
per
comunicarglielo.
Espose
al
Comando
il
suo
piano:
se
lavessero
paracadutato
in
Etiopia,
poteva
sollevare
le
popolazioni,
a
lui
personalmente
fedeli,
contro
il
nemico.
La
missione
venne
approvata,
ma
dopo
pochi
giorni,
l8
settembre
1943,
venne
resa
pubblica
la
notizia
della
firma
dellarmistizio
con
gli
Anglo-americani,
avvenuta
il
3
settembre
in
Sicilia.
LItalia
cadde
nel
caos,
Guillet
trov
le
porte
del
Comando
sbarrate,
ma
non
si
arrese.
Egli
aveva
prestato
fedelt
al
Re,
quindi,
lunica
cosa
da
fare
era
andare
dal
monarca,
perch
solo
lui
lo
avrebbe
potuto
sciogliere
dal
suo
impegno
e
restituirlo
alla
vita
da
civile.
La
monarchia
era
il
faro
della
vita
di
Amedeo,
la
luce
che
lo
guidava.
Per
Amedeo
lemblema
dei
Savoia
esigeva
molta
pi
lealt
dei
tre
colori
della
bandiera
italiana.
Per
questo
Guillet
part
e
raggiunse
Brindisi,
dove
nel
frattempo
il
Re
Vittorio
Emanuele
III
si
era
trasferito.
Il
re
lo
accolse,
si
fece
raccontare
la
sua
storia
ed
infine
gli
disse:
Lei
ha
fatto
il
suo
dovere,
Le
sono
molto
grato,
ma
si
ricordi,
noi
passiamo
ma
LItalia
rimane.
Dobbiamo
servirla
sempre
in
ogni
modo.
La
cosa
pi
grande
che
un
uomo
possa
avere
la
propria
Patria.15
Amedeo
e
Bice
si
sposarono
il
21
settembre
1944
a
Napoli.
Ebbero
2
figli,
Paolo
e
Alfredo.
Amedeo
divent
Generale
a
soli
37
anni.
Con
la
proclamazione
della
Repubblica
italiana,
per
Amedeo
la
carriera
militare
non
aveva
pi
senso,
cos
si
dimise
e
inizi
la
sua
collaborazione
con
i
servizi
segreti
militari.
Alla
fine
del
1945,
Amedeo
torn
in
Eritrea
per
una
missione
dei
servizi
segreti,
ma
subito
gli
venne
affidato
un
altro
difficile
compito,
questo
affidatogli
dalla
consorte.
Bice
chiese
ad
Amedeo
di
incontrare
Kadija
per
consegnarle
un
suo
braccialetto
con
solitario,
in
segno
di
profonda
ammirazione
e
sincero
ringraziamento
per
tutto
ci
che
aveva
fatto
per
Amedeo.
Dopo
le
prime
perplessit,
Amedeo
acconsent
ad
assecondare
il
desiderio
della
moglie.
Kadija
ed
Amedeo
si
incontrarono
per
lultima
volta
in
una
sala
da
t.
Entrambi
sapevano
che
quella
sarebbe
stato
il
loro
ultimo
incontro.
Si
intrattennero
per
alcune
ore,
senza
parlare,
mano
nella
mano.
La
carriera
diplomatica
Terminata
anche
la
collaborazione
con
i
servizi
segreti
militari,
Guillet
laureato
in
Scienze
Politiche
e
Coloniali,
scelse
la
carriera
diplomatica.
....mi
avevano
proposto
di
avvalermi
di
norme
speciali
per
accedere
alla
carriera
diplomatica
senza
concorso.
Ho
preferito
la
strada
del
pubblico
concorso
perch
la
ritenevo
pi
corretta.16
Nel
1947,
a
38
anni,
inizi
la
nuova
attivit.
Sar
ambasciatore
di
Egitto,
Yemen,
Marocco,
Giordania,
India,
sino
a
quando
nel
1975
collocato
a
riposo
si
trasfer
in
Irlanda.
Ormai
diversi
anni
orsono,
Idro
Montanelli
in
un
articolo
dedicato
allavventurosa
esistenza
di
Amedeo
Guillet
scrisse:
ora
vive
in
Irlanda,
perch
l
pu
continuare
ad
allevare
cavalli
e
(a
quasi
novant'anni)
montarli.
Quando
cade
e
si
rompe
qualche
altro
osso
(non
ne
ha
pi
uno
sano),
mi
telefona
e
ogni
tanto
viene
a
trovare
me
e
l'altro
suo
grande
amico
e
biografo,
Dan
Segre.
Ecco
perch
io
mi
ostino
a
sentirmi
e
a
voler
essere
ancora
italiano:
perche'
in
Italia,
in
mezzo
a
tanto
letame,
ci
sono
ancora
i
Durand
e
i
Guillet.
17
15
Citato
dal
documentario
televisivo
di
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
la
leggenda
del
Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
Educational.
16
Citato
da
Mario
Mongelli,
Amedeo
Guillet
un
gentiluomo
italiano
senza
tempo,
Rivista
Militare,
pp.42.
17
Citato
da
articolo
di
Idro
Montanelli,
Amedeo
Guillet,
come
la
Primula
Rossa
,
Corriere
della
Sera,
16
febbraio
1997,
pp.
34.
Il
ritorno
nel
deserto
Nel
2000,
allet
di
91
anni
Amedeo
torn
in
Eritrea.
Ad
Asmara
venne
accolto
come
un
eroe
e
fu
lo
stesso
Presidente
eritreo
ad
ospitarlo
con
onori
degni
di
un
Capo
di
Stato.
Il
ritorno
in
quella
Terra,
con
la
quale
era
entrato
in
cos
intimo
contatto,
nel
quale
aveva
perso
quasi
se
stesso,
sfiorando
il
baratro
del
non
ritorno
sino
a
risorgere
dalle
sabbie.
In
quella
Terra,
nella
quale
tanti
volti
di
anime
autentiche
e
valorose
lavevano
accompagnato
negli
anni.
In
quella
Terra,
il
congedo
non
poteva
risolversi
in
un
semplice,
seppur
estremamente
caloroso,
cerimoniale.
Era
arrivato
il
momento
di
rincontrare
quelluomo
che
lo
aveva
riportato
alla
vita,
quando
il
deserto
lo
aveva
strappato
da
tutte
le
forze
e
lo
stava
trascinando
verso
la
rinuncia.
Al
Sayed
Ibrahim
Aljiemani
non
riconobbe
quellanziano
italiano,
ma
come
sempre
fu
ben
lieto
di
accogliere
un
viandante,
anche
se
mortificato
di
non
potergli
offrire
dellacqua,
a
causa
del
crollo
di
una
parete
del
pozzo.
Ma
quellimpedimento
gli
forn
il
pretesto
per
raccontare
una
storia
che
da
anni
raccontava
a
chiunque
lo
ascoltasse.
La
storia
di
quando
salv
nel
deserto
due
yemeniti
moribondi,
di
come
si
fosse
affezionato
ad
uno
di
loro.
Il
vecchio
mercante
era
sicuro
che
quegli
uomini
erano
stati
inviati
da
Allah,
che
spesso
mette
alla
prova
la
fede
e
la
carit
dei
suoi
fedeli,
ponendo
sul
loro
cammino
incontri
speciali
e
soprannaturali.18
Negli
anni
trascorsi
in
quella
Terra
Amedeo
aveva
preso
coscienza
dellimportanza
suprema
di
quanto
laneddoto
avrebbe
preso
lentamente
la
sembianza
di
leggenda,
dove
il
confine
tra
realt
e
trascendente
volubile
e
sottile
come
la
leggerezza
repentina
con
cui
si
trasformano
le
linee
del
deserto.
Fu
per
questo
che
non
gli
rivel
la
sua
vera
identit
e
gli
disse
di
essere
convinto
che
prima
o
poi
i
due
pellegrini
sarebbero
riapparsi,
magari
proprio
per
riparare
il
suo
pozzo.
Congedatosi,
Amedeo
pag
degli
operai
per
far
in
modo
che
quella
notte
stessa
aggiustassero
il
pozzo
del
vecchio.
Cos
allindomani,
Sajed
Aljiemani
avrebbe
avuto
una
nuova
straordinaria
novella
da
raccontare
ai
pellegrini
del
deserto.
.
Quello
stesso
deserto
dove
si
sono
incrociati
i
destini
di
eroi
senza
nome
e
senza
tempo.
Testimone
delle
prodezze
del
Tenente
Guillet,
delle
scorribande
del
Comandante
Diavolo
e
dei
miracoli
di
Allah.19
Marta
Pomponio
18
Citato
dal
documentario
televisivo
di
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
la
leggenda
del
Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
Educational.
19
Citato
dal
documentario
televisivo
di
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
la
leggenda
del
Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
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Documentario
Elisabetta
Castagna,
Amedeo
Guillet,
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leggenda
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Comandante
diavolo,
La
storia
siamo
noi,
Rai
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<
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=524>