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The sticking point seek ‘N’ destroy - #2

Carino l’altro articolo con la storiellina del press olimpico, nevvero? Bill Starr nella critica alla panca
dice “excessive rebound of the bar off their chests and bridging when the bar hits the sticking
point”, “eccessivo rimbalzo del bilanciere per spingerlo via dal torace e inarcamento quando questo
raggiunge lo sticking point”.
Bill parla di sticking point, il punto in cui il bilanciere rallenta, tutti lo conoscono, tutti sanno come
affrontarlo, ma che ci sia uno che fa due disegnini come piacciono ai giapponesi per capire le
cose…

20Kg 20Kg
20Kg
IP’
IP’s IP’
IP’s
IP’
IP’s DF DF
20Kg DF
IP’
IP’s
20Kg DF
20Kg 20Kg
IP’
IP’s
IP’
IP’s IP’
IP’s DF
DF DF

A
A B
B C
C D
D E
E FF G
G
Qua sopra il military press di primi anni ’20, qua sotto la versione del 1972 che permette di
rarroppiare quasi i Kg sollevati. Perché? Provate a rispondere, evitando di fare come gli ingegneri
del tipo “è come se” farfugliando spiegazioni al confine fra la Scienza e la Fede. Scrivete la
risposta, con un disegno esplicativo. Il problema è che tutti, dal più scarso sollevatore della
domenica fino al maestro Yoda sappiamo perché il press olimpico è più vantaggioso, ma non
sappiamo esprimere in maniera intelleggibile il perché lo sia.

20Kg 20Kg
20Kg
IP’
IP’s
IP’
IP’s
IP’
IP’s DF DF
20Kg DF
IP’
IP’s
20Kg 20Kg 20Kg DF
IP’
IP’s IP’
IP’s IP’
IP’s
DF DF DF

A
A B
B C
C D
D E
E FF G
G
Un po’ come l’uso della parola “energia”. Vi chiedo: datemi una definizione fantozziana di “energia”
in termini di “dicesi energia”. Provate, è un gran casino.

1
Rimbocchiamoci le maniche.

Quanta forza F fa
ruotare la leva
F F
Fperp

Più questo angolo è


elevato e più la forza fa
ruotare l’oggetto

Più questa distanza è


elevata, meglio la forza
fa ruotare l’oggetto
Lo so, lo so, le solite leve, i soliti momenti, la solita Fisica del cazzo, io che scrivo che sono
concetti elementari, voi che vi incazzate perché invece ci capite il giusto, saltate verso la fine per
arrivare alle conclusioni che servono.

F Fperp

F
Fperp

Fperp F
F Fperp = 0

Uno dei miei più incredibili successi, qualcosa di cui sarei orgoglioso quasi da commuovermi
sarebbe ricevere un messaggio, un post, un segnale di fumo in Morse con scritto “leggendo la tua

2
roba mai avrei pensato che certi concetti assurdi studiati a scuola fossero invece utili nella mia
passione in palestra, e ho deciso di iscrivermi a (facoltà a scelta)”. Perché la Fisica è quanto di
meno astratto esista ma è assolutamente pratica.
Ok, non divaghiamo. Nei disegni il solito omino che tira una leva, a sinistra qualcosa che tutti
comprendiamo: più l’omino applica la forza lontano dal punto di rotazione della leva, maggiore è
l’effetto. Questo effetto si chiama coppia meccanica o momento meccanico (come? In ultima fila mi
fanno notare che queste definizioni le sanno anche le loro nonne…), che possiamo interpretare
come la capacità di una forza di mettere in rotazione un oggetto.
Più coppia significa più trasferimento della forza alla rotazione dell’oggetto, i poveri resti di Newton
si rivoltano nella tomba, ma questo è il significato della coppia meccanica.
A sinistra un alto effetto ben noto: più la forza è inclinata rispetto alla leva, meno è efficace nel farla
ruotare. Perciò la coppia dipende dall’angolo indicato, compreso fra la forza e la leva. La freccetta
più piccola è un indicatore di quanta forza venga trasferita alla rotazione della leva, e qua le cose
iniziano ad essere meno chiare.
Cazzo annuite anche qua in prima fila, quando parlo? Il classico atteggiamento da ingegneri: “non
ci ho capito molto, ma tanto se le dice sono vere perché le ha lette da qualcuno che ci capiva”.
Chiedete ad un ingegnere elettronico perché un transistor amplifica, anzi, cosa amplifica e vedrete
che vi dice…
Nella pagina precedente una serie di disegnini in cui l’omino è fisso mentre cambia l’inclinazione
della leva, conseguentemente anche l’angolo fra la leva e la forza. Notate come la leva ruoti,
l’angolo diventi più piccolo, la componente di forza trasferita alla rotazione della leva diminuisca.
Alla fine, quando forza e leva sono sulla stessa linea, l’omino può tirare quanto vuole ma non
produrrà nessun effetto sulla leva. Per far ruotare un oggetto non è importante solo la forza che
applicate, ma anche come la applicate rispetto alla leva, in termini di distanza dal punto di
rotazione ma principalmente in termini di inclinazione della forza rispetto alla leva.

Fperp Fperp

F F

A sinistra un aspetto interessante delle rotazioni: l’omino tira sempre allo stesso modo, ma la forza
fa ruotare la leva in senso opposto ai casi precedenti, orario mentre prima erano antiorari.
Adesso immaginate che la leva sia un omero, l’omino il pettorale che lo fa sollevare durante la
panca: ad un certo punto il muscolo che fa sollevare il braccio… lo farebbe abbassare! Questo
però non accade, perché quando il pettorale è in questa situazione altri muscoli, come il deltoide,
prendono il controllo del braccio mentre il pettorale viene disattivato. Nel disegno a destra un altro
omino prende il controllo della leva, dal lato che serve per continuare la rotazione antioraria.

3
I muscoli sono dei generatori di forza molto sofisticati e di sicuro questa versione semplificata è
rozzissima, ma coglie un aspetto importante: si capisce fin da adesso che ognuno ha il suo angolo
ottimale e degli angoli pessimi per far ruotare un osso.

Nei disegni le configurazioni ottime e pessime per i due omini-muscoli di prima: quando la linea di
trazione di un muscolo è sulla linea dell’osso il muscolo non può esercitare trazione perché non c’è
trasferimento di forza alla rotazione, quando invece è perpendicolare all’osso il trasferimento è
massimo.

Più questa distanza è


elevata, meglio la forza
fa ruotare l’oggetto P

50 Ton

Nel disegno un caso particolare di forza, la forza peso: questa è una forza che “tira” sempre verso
il basso. Chiaramente non è che ci sia una trattazione apposita, è sempre una forza eh… solo per
comodità la consideriamo differente, nel senso che dato che va sempre in un verso, non c’è
bisogno di tirare fuori angoli di inclinazione o quant’altro: la forza peso si trasferisce alla rotazione
della leva sulla base della distanza con il centro di rotazione. Pùà la forza peso è distante dal
centro di rotazione, più indurrà la leva a ruotare.
Nei disegni seguenti la variazione della distanza della forza peso dal centro di rotazione della leva,
al ruotare di questa.

4
50 Ton

50 Ton

50 Ton

50 Ton

50 Ton

50 Ton

La leva ruota in senso antiorario facendo sollevare il peso, mentre questo la farebbe ruotare verso
il basso in senso orario: perché il movimento sia possibile deve esistere un’altra forza che
permette la rotazione.
Questa forza dovrà essere tanto più intensa quanto più la leva è orizzontale rispetto al suolo
poiché in questa posizione la forza peso oppone la resistenza maggiore, trasferendosi
massimamente alla rotazione della leva stessa.
Esiste pertanto una posizione in cui la forza peso esercita la sua massima azione, quella in cui è
più lontana dal centro di rotazione dell’oggetto. Nella panca e nel lento in piedi questo accade
quando l’omero è parallelo al terreno.
Il modello
Nel disegno seguente il modello che utilizzeremo nel nostro studio: nel lento in piedi i muscoli
interessati sono il pettorale e il deltoide. A destra la linea di trazione dei muscoli, sulla base dei
punti di aggancio. Ovviamente il modello non può tenere conto né della tridimensionalità del corpo
umano, né del fatto che i muscoli non sono filiformi ma ben estesi o che di sicuro non intervengono
solo questi due soli muscoli ma anche molti altri, trapezio e tricipiti su tutti. Già così è comunque
possibile ottenere dei risultati interessanti.

5
50 Ton
Fdelt
P
Fpett

Al variare dell’angolo theta l’omero ruota e cambiano sia i punti di inserzione delle forze sull’omero,
sia la distanza della forza peso dalla spalla. Un aspetto poco considerato ma che risulterà
fondamentale nel seguito della trattazione: in questo movimento non cambiano invece i punti di
inserzione del pettorale sullo sterno e del deltoide su clavicola e scapola.
Detto in termini pomposamente più anatomici, al variare dell’angolo di rotazione dell’omero variano
i punti distali di applicazione delle forze ma non quelli prossimali.
Le tessere…
Trasferimento Forza

50
Ton
50
Ton P
P
50
Ton
P
50
Ton
P 180

90 
0

AA BB CC DD AA BB CC DD

Nel disegno il trasferimento della forza peso alla rotazione della spalla in funzione del braccio. Per
correttezza verso chi la Fisica la conosce, preciso che uso “trasferimento della forza” invece di
“coppia” perché la trattazione è volutamente qualitativa. Sempre per lo stesso motivo nel grafico
non ci sono unità di misura o numeri proprio perché voglio focalizzarmi sui concetti e una
trattazione quantitativa può distrarre il lettore. Ad esempio, la coppia della forza peso è negativa
mentre quella dei muscoli positiva, ma perché introdurre un elemento giustamente corretto ma
irrilevante ai fini della trattazione?

6
L’omero ruota e il peso si allontana dalla spalla, creando una coppia sempre maggiore: in pratica il
peso trasferisce sempre meglio, allontanandosi dalla spalla, la sua capacità di far ruotare verso il
basso l’omero stesso.
Più il peso sale, più si allontana dalla spalla, più indurrà a ruotarla verso il basso. Quando l’omero
è parallelo al terreno come in B questo trasferimento è massimo, poi tende a diminuire per essere
nullo quando il braccio è completamente esteso in alto come in D.
Nel disegno precedente, a destra l’andament del trasferimento della forza peso alla rotazione
dell’omero: a parità di forza questa viene sempre più trasferita, si raggiunge un massimo e poi il
trasferimento peggiora.

Trasferimento Forza
50
Ton
50
Ton P
50
Ton
50
Fpett Ton Fpett Fpett Fpett


0
 

AA EE FF CC AA EE FF CC DD

Nel disegno a destra lo stesso giochino per il pettorale: notate come, all’aumentare della rotazione
del braccio verso l’alto, la direzione di trazione del pettorale sia sempre più allineata con quella
dell’omero, come si nota nel passaggio da A ad E. Così facendo il trasferimento della forza del
pettorale è sempre peggiore, cioè a parità di forza espressa dal muscolo questa indurrà a ruotare
sempre meno l’omero verso l’alto.
Nella posizione F il trasferimento è nullo perché il pettorale “tira” nella stessa direzione dell’omero,
quando l’omero è ruotato ancora, come in C, il pettorale indurrebbe l’omero a ruotare verso il
basso, perciò il muscolo smette di funzionare per evitare che la sua forza peggiori il movimento.
A sinistra la curva del trasferimento della forza: il pettorale non la trasferisce in maniera ottimale
alla rotazione dell’omero perché fin da subito questo trasferimento diminuisce, per poi azzerarsi.
Trasferimento Forza

50
50 Ton
Ton P
50
Ton
Fdelt 50 Fdelt Fdelt Fdelt
Ton


 


AA EE G
G CC AA EE G
G CC DD

Infine, ecco il comportamento del deltoide: quando l’omero ruota verso l’alto la direzione di trazione
del deltoide è sempre meno allineata a quella dell’omero come si nota al passaggio da A ad E,
l’omero trasferisce così sempre meglio la sua forza alla rotazione dell’omero.

7
In G l’angolo theta è tale per cui la trazione del deltoide è perpendicolare all’omero e si ha il
massimo di forza alla rotazione. L’omero continua a ruotare e nuovamente direzione di trazione del
deltoide e direzione dell’omero tendono nuovamente a sovrapporsi come si nota al passaggio fra
G e C.
Il trasferimento della forza del deltoide alla rotazione dell’omero è così simile a quello della forza
peso: un miglioramento via via che l’omero ruota verso l’alto, un massimo e poi una decrescita.
… e l’intero puzzle
Pettorale Zona del
Trasferimento Forza

Trasferimento Forza
carico
Forza peso

Deltoide

 
AA BB FF DD
Zona del Zona del
G
G pettorale deltoide

A sinistra ho sovrapposto le tre curve dei trasferimenti di forza per peso, pettorale e deltoide. Al
ruotare dell’omero verso l’alto:
 Il peso aumenta il suo trasferimento di forza, ma all’inizio non è elevato.
 Il pettorale ha un trasferimento massimo all’inizio e poi questo decresce rapidamente fino
ad azzerarsi.
 Il deltoide ha un trasferimento iniziale minimo, poi va ad aumentare.
In pratica è possibile distinguere tre zone, come a destra:
 Una zona in cui è il pettorale che è fortemente coinvolto nella rotazione dell’omero dato che
la forza di questo muscolo viene a trasferirsi alla rotazione mentre quella del deltoide non
può essere sfruttata.
 Una zona in cui l’azione della forza peso è massiccia in quanto si ha il passaggio
dell’omero al parallelo: la forza peso si trasferisce massimalmente alla rotazione verso il
basso, il pettorale ne trasferisce poca, il deltoide ancora non molta.
 Una zona in cui è il deltoide fortemente coinvolto nella rotazione dell’omero verso l’alto
mentre la forza peso fa ruotare sempre meno verso il basso l’omero stesso.
Start the engines!
Bòn, immaginate di essere lo scheletro che fa il lento in piedi: ad un certo punto date tutto gas
generando quanta più forza possibile per “premere” il bilanciere verso l’alto. Date tutto gas e
cercate di mantenere il gas spalancato quanto più a lungo possibile, perché alla fine è questo ciò
che fate.

8
Zona del
carico
70
65
60
55
50
45
v (cm/sec)

40
35
30
25
20
15
10
5
-
0 0,5 1 1,5 2 2,5

Zona del Zona del t (sec)


pettorale deltoide

Il grafico è la velocità verticale del bilanciere calcolata con un simulatore che risolve l’equazione
differenziale del moto con il metodo di Runge-Kutta. Per far funzionare il tutto sia il deltoide che il
pettorale generano forze costanti, il che equivale a dire “dò gas con i muscoli e lo tengo spalancato
il più possibile”:
 Inizialmente il pettorale fa ruotare l’omero ad angoli in cui il peso non crea una coppia verso
il basso significativa: la velocità si impenna verso l’alto proprio perché il pettorale genera
tanta coppia, o se volete trasferisce molto bene la sua forza alla rotazione dell’omero,
mentre la forza peso ne genera poca, o se volete trasferisce poca forza alla rotazione
dell’omero.
 Man mano che l’omero ruota, la forza peso si allontana dalla spalla e genera sempre più
coppia mentre il pettorale ne genera sempre meno perché la sua linea di trazione è sempre
più allineata con l’omero, mentre il deltoide ancora genera poca coppia, o se volete
trasferisce ancora poca forza alla rotazione dell’omero. Perciò inzia la “zona del carico” in
cui i muscoli non riescono a far ruotare l’omero verso l’alto quanto la forza peso lo fa
ruotare verso il basso, il bilanciere rallenta la sua corsa.
 Se la forza muscolare e la velocità acquisita dal bilanciere sono tali da far proseguire
l’omero nella rotazione verso l’alto, passata la posizione di omero parallelo al terreno la
forza peso genera meno coppia perché il peso torna ad avvicinarsi alla spalla, mentre il
deltoide ne genera sempre di più: la coppia muscolare è superiore a quella del carico, la
velocità del bilanciere torna ad aumentare e l’alzata viene chiusa.
La velocità del bilanciere assume così la sua caratteristica forma “a vasca” detta anche “curva
bimodale” in certe dispense di biomeccanica.
In questo modello sono stati utilizzati due muscoli: pettorale e deltoide. E se invece se ne fosse
usato uno solo? Solamente il pettorale? Nei grafici seguenti a sinistra la velocità del bilanciere con
due muscoli, a destra quella utilizzando solo il pettorale.

9
Notate il profilo delle curve nei due riquadri: usando due muscoli la velocità del bilanciere torna ad
incrementarsi nella chiusura finale, con uno solo non c’è questo incremento. Questo accade
perché manca un motore: il pettorale in chiusura non può fornire coppia, pertanto non c’è
incremento di velocità.
110 110

100 100

90 90

80 80

70 70
v (cm/sec)

v (cm/sec)
60 60

50 50

40 40

30 30

20 20

10 10

- -
0 0,5 1 1,5 2 2,5 0 0,5 1 1,5 2 2,5
t (sec) t (sec)

Con un motore solo è necessario dare molto più gas all’inizio, nella zona in cui questo motore può
funzionare bene: è solo in questa zona che il pettorale può accelerare il bilanciere. Perciò con un
muscolo solo è necessario dare al bilanciere una velocità iniziale ben superiore in modo che poi
quando la forza peso lo rallenterà sarà comunque veloce abbastanza da poter arrivare in chiusura.
Le due curve, pur apparentemente simili, sono invece del tutto differenti perché differenti sono i
modelli che le creano.

70

60

50

40
vy (cm/sec)

30

20

10

-
- 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
-10

-20
t (sec)

Nel grafico una rilevazione sperimentale della velocità del bilanciere in un mio lento in piedi
massimale: notate come vi sia un buon accordo fra il risultato del simulatore con due muscoli e
quello reale.
In piccolo e con molta cautela nel commento ai risultati, è possibile affermare che il modello a due
muscoli e forze muscolari costanti è in linea con l’analisi sperimentale che, a sua volta, lo
conferma: è un piccolo studio scientifico che permette di trarre risultati interessanti.

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Usare almeno due muscoli per spostare il bilanciere è così più efficiente che utilizzarne uno solo
dato che è possibile chiuderlo con meno velocità iniziale e così con meno forza da trasferire alla
rotazione dell’omero.
Però perché ciò accada è necessario non solo generare quanta più forza possibile all’inizio del
movimento, per creare la velocità iniziale del bilanciere, ma anche mantenere questa forza quanto
più possibile elevata in tutto il movimento.
The Sticking Point demystified
Rileggete i paragrafi precedenti perché sono a mio avviso importanti. Comprensibilmente indigesti,
ma importanti. Possiamo trarre delle conclusioni.
Qualsiasi movimento in cui vogliamo spostare un oggetto su una traiettoria rettilinea facendo
ruotare ossa crea almeno uno sticking points. Spostate un bilanciere da un punto iniziale a uno
finale, avrete uno sticking point sulla traiettoria, una zona in cui il bilanciere rallenta, un punto a
minima velocità.
Questo è dovuto al fatto che esiste una zona ottimale in cui la forza peso fa meglio ruotare verso il
basso gli arti coinvolti, è la “zona del carico”. Prima e dopo questa zona la forza peso fa ruotare gli
arti in maniera peggiore. Prima della zona del carico è necessario generare quanta più forza
possibile in modo da dare velocità al bilanciere perché all’entrata nella zona del carico la forza
peso la farà diminuire sempre più..
Esistono zone in cui i muscoli, a parità di forze generate, possono far ruotare meglio gli arti: queste
zone terminano quando il trasferimento di forza va a zero perché la forza muscolare “tira” nella
stessa direzione dell’arto coinvolto.
Nella zona muscolare temporalmente precedente la zona del carico è fondamentale generare
quanta più forza possibile per dare velocità al bilanciere, è una zona determinante perché genera
la velocità del bilanciere. Nella zona del carico e principalmente nella zona temporalmente
successiva è comunque necessario continuare a generare forza, altrimenti il bilanciere
rallenterebbe così tanto da fermarsi.

110

100

90

80

70
40%
vy (cm/sec)

60

50
90%
40

30
100%
20

10

-
- 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
t (sec)

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Un rallentamento è così sempre presente perché esiste sempre una zona in cui le forze muscolari
non possono agire al meglio, proprio per la configurazione meccanica delle leve: è la zona dello
Sticking Point. Minore è il carico, minore è l’effetto ma questo è comunque sempre presente: lo
Sticking Point esiste sempre, in qualsiasi movimento.
Nei grafici precedenti le velocità verticali del bilanciere al variare del carico: ovviamente io genero
sempre la massima forza, il minor carico permette di avere una velocità iniziale superiore che mi fa
passare la zona del carico a velocità più elevate e l’effetto di rallentamento dato dalla forza peso
risulta sempre meno rilevante. Però è comunque sempre presente anche nella curva al 40% del
massimale, a dimostrazione che lo sticking point è minimizzabile ma non eliminabile, insito nella
meccanica del movimento.
Lento in piedi vs press olimpico

20Kg 20Kg
IP’
IP’s IP’
IP’s
20Kg DF 20Kg DF
IP’
IP’s IP’
IP’s
20Kg DF 20Kg DF
IP’
IP’s
DF IP’
IP’s
DF

C
C D
D E
E C
C D
D E
E
Zona del Zona del carico Zona del Zona del Zona del
pettorale deltoide “pettorale” “deltoide”

A sinistra le fasi centrali del lento in piedi con il passaggio attraverso le zone che abbiamo definito
precedentemente, a destra le fasi centrali del presso olimpico. In questo esercizio il passaggio da
C ad E è assolutamente repentino: lo scopo è in pratica eliminare la zona del carico in cui questo
tirerebbe il bilanciere verso il basso.
L’atleta spinge verso l’alto il bilanciere con tutto il corpo, cosce e sterno ai limiti del regolamento,
per accelerarlo il più possibile, per “renderlo veloce” e creare l’impennata di velocità dei grafici. Poi,
quando il carico discostandosi dalla spalla creerebbe la coppia per la rotazione in basso, l’atleta
“entra sotto” il bilanciere stendendo le braccia e di fatto annullando la zona del carico stessa. A
questo punto, si mette in posizione eretta. È chiaro che il movimento non coinvolge pettorale e
deltoide ma praticamente tutti i muscoli del corpo.
La differenza fondamentale fra il lento in piedi ed il press olimpico è che la zona dello sticking point
viene ad essere annullata! Questo è il motivo per cui i carichi con questa tecnica si sono quasi
raddoppiati nel tempo: via lo sticking point, via la zona in cui i muscoli non riescono a trasferire
bene la loro forza alla rotazione degli arti!
Perciò: in qualsiasi movimento di un bilanciere vengono a crearsi zone in cui i muscoli possono o
non possono funzionare al meglio, queste zone possono essere eliminate cambiando l’assetto
delle leve durante il movimento stesso!
Powerlifting vs Weightlifting
Le considerazioni precedenti possono così, a mio avviso, essere generalizzate: il Powerlifting è
definito come lo sport della massima forza, il Weightlifting quello della massima potenza. Sono due
definizioni secondo me errate perché non tengono conto delle caratteristiche biomeccaniche intime
dei movimenti con il bilanciere.

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La differenza fondamentale fra il powerlifting ed il weightlifting è perciò dovuta alla diversa
meccanica degli esercizi:
 Nel powerlifting l’atleta deve necessariamente attraversare la zona del carico in cui il
bilanciere rallenta, deve lottare contro il suo rallentamento che è inevitabile che ci sia. Non
deve solamente generare quanta più forza possibile ma principalmente deve generarla per
più tempo possibile: tanta forza per tanto tempo, dare gas e mantenere la manetta al
massimo più a lungo possibile.
 Nel weightlifting l’atleta deve cambiare l’assetto delle sue leve perché la zona del carico
non esista, deve evitare il rallentamento del bilanciere creando le condizioni per cui non
esista. Per farlo deve accelerare il più possibile il bilanciere nella fase iniziale del
movimento, creando forza e velocità insieme, cioè potenza, ma anche deve muoversi
velocemente intorno a lui per trovarsi sempre nelle posizioni migliori per usare i suoi
muscoli.
Ma non è la massima forza che caratterizza il primo, quanto la massima forza nel tempo, né la
potenza che caratterizza il secondo, quanto la capacità di cambiare assetto sotto carico.
Una alzata di lento in piedi fallisce quando il bilanciere è al livello della sommità della testa
dell’atleta, cioè l’atleta è riuscito a dargli velocità per farlo salire fin lì ma non è capace a continuare
a generare forza per il resto del movimento. Non è la massima forza che gli manca, ma la
massima forza in relazione al tempo che deve essere applicata.
Un press olimpico, analogamente, non fallisce perché la velocità del bilanciere è insufficiente, cioè
la potenza scarsa, ma perché la velocità del bilanciere è insufficiente rispetto all’abilità dell’atleta di
infilarsi sotto di lui a braccia tese!
Sembrano sfumature stupide, ma sono invece le differenze fondamentali dei due sport.
Assetti biomeccanici vantaggiosi o esecuzioni dimmerda

L’inserzione L’inserzione
Inserzione non si è si è spostata
prossimale spostata
del pettorale

50 50
Ton Ton

50 Fpett
Fpett Ton Fpett

0
  L’inclinazione
è diminuita

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Nei disegni precedenti a sinistra la posizione iniziale del lento in piedi e del press olimpico, a
destra il passaggio dell’omero al parallelo nel lento e nel press. Una differenza che non si coglie a
causa della velocità del movimento è che nel press olimpico l’atleta, molto più sbilanciato indietro,
cambia la direzione di trazione del pettorale: i disegni in basso vogliono dare evidenza di questo
fatto.
Notate come l’angolo fra omero e direzione di trazione del pettorale sia differente, molto maggiore
nel caso del press rispetto al lento in piedi: questo significa che il pettorale può funzionare meglio
nel press rispetto al lento in piedi perché il muscolo può meglio trasferire la sua forza alla rotazione
dell’omero.
Zona del
1 – La curva

Trasferimento Forza
Trasferimento Forza

carico
si alza…

 

Zona del Zona del 2 - … e la zona


pettorale deltoide del pettorale si
estende

In pratica lo sbilanciamento indietro del torace altera la curva del trasferimento della forza del
pettorale che passa da quella del grafico a sinistra a quella del grafico a destra: la curva è più
“alta” e più “larga”, la forza si trasferisce meglio e per più tempo!
Qualsiasi variazione di assetto che permetta al pettorale di funzionare meglio in termini di
rotazione dell’omero è vantaggioso. Queste variazioni possono essere ricercate con una tecnica
codificata all’interno di un regolamento come nel press olimpico, oppure accidentali come quando
si vedono panche inarcate abbestia e rimbalzi assurdi. Il rimbalzo aumenta la velocità del
bilanciere, l’inarcamento improvviso sposta il pettorale in alto in modo da avere una trazione
migliore, il tizio solleva 30-40Kg.
In entrambi i casi viene cambiato l’assetto biomeccanico dell’atleta in modo da ottenere il massimo
dai propri muscoli, in entrambi i casi l’esecuzione non piace. Un clean & jerk è esteticamente
gradevole, un press olimpico no, una panca con fermo e “press” del giudice è esteticamente
gradevole, una panca con rimbalzo e inarcamento no.
Se ci soffermiamo su queste frasi si capisce come vi sia molta irrazionalità nell’estetica di un gesto:
da certi movimenti pretendiamo una manifestazione di “forza fisica”, da altri di “velocità”. Mah…
Però è così possibile definire una “tecnica esecutiva”
La “tecnica” nel Powerlifting è la scelta dei migliori assetti biomeccanici atti ad ottimizzare la
generazione di coppia a partire dalle forze muscolari: il miglior trasferimento di forza alla rotazione
delle ossa coinvolte in modo da affrontare al meglio la zona dello sticking point. Adduzione delle
scapole, bacino spostato indietro, spinta del bilanciere verso i piedi, spingere e non tirare sono tutti
elementi della “tecnica”.

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La “tecnica” nel Weightlifting è la scelta dei migliori assetti e dei migliori cambiamenti di questi atti
ad eliminare la zona dello sticking point. Questo sport avrà i suoi equivalenti analoghi al
Powerlifting.
Come sempre vi starete chiedendo “quale sia migliore” ad esempio per una preparazione atletica
di uno sport. Come sempre, se vi concentrate su questa domanda otterrete la risposta sbagliata. E
topperete.
Se vi concentrate sulla potenza o sulla velocità non starete attenti al fatto che i sollevamenti
olimpici per funzionare bene hanno bisogno di sviluppare la capacità di girare intorno al bilanciere
per cambiare assetto e non solo quella di tirare via dal suolo velocemente un carico, né starete
attenti al fatto che le alzate del powerlifting hanno bisogno di generare forza per molto tempo,
imparando a continuare a spingere sempre.
Semplicemente, farete movimenti sempre frenetici con carichi del cazzo, non imparando nulla se
non perché magari il vostro livello è scarsissimo.

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