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Luce, suono, clima

Dispense del corso

Corso di Laurea in Disegno Industriale


Politecnico di Bari

Aggiornamento del 16/03/2015


Luce, suono, clima
Corso di Laurea in Disegno Industriale, Politecnico di Bari

Lezione #1: Cenni di termodinamica

Lenergia e le sue forme


Non facile dare una definizione semplice e precisa della parola energia,
perch un concetto molto astratto che attraversa fenomeni estremamente
diversi tra loro (per esempio la caduta dacqua da un lago di montagna e
il funzionamento di una lavatrice). Intuitivamente possiamo pensare
allenergia come a qualcosa che si trasforma continuamente e che pu
essere utilizzato per compiere lavori utili (sollevare, spostare,
riscaldare, raffreddare, ). Qualcosa che immagazzinato in ogni sistema
(nella benzina, ma anche in una massa dacqua che si trova in una
posizione elevata o in un oggetto che si muove velocemente) e che cambia
facilmente forma, conservandosi per globalmente, di modo che si usa dire
che lenergia non si crea n si distrugge.
Per affrontare largomento in termini pi precisi e rigorosi corretto
esaminare il concetto di lavoro, poich lenergia una grandezza che
misura la capacit di produrre lavoro.
Perch una forza che agisce su un corpo compia un lavoro necessario che
il punto in cui essa applicata subisca uno spostamento. Definiamo quindi
lavoro, quello di una forza costante applicata ad un oggetto che si sposta
nella stessa direzione e nello stesso verso della forza. In questa
situazione il lavoro L compiuto dalla forza costante F, mentre loggetto
si sposta di una lunghezza s, uguale al prodotto dellintensit della
forza per il valore dello spostamento:

L = F s [J] (1.1)

Nel Sistema Internazionale il lavoro si misura in joule (J), ovvero,


tenendo conto della definizione, in newton (N) per metro (m). Una forma
appariscente di energia quella cinetica, cos detta in quanto legata
al moto di un corpo. Se un corpo di massa m si muove con una velocit w,
la sua energia cinetica Ec sar pari a:

E = [J] (1.2)

e potr essere convertita integralmente in lavoro nel momento in cui il


corpo viene fermato (cio la sua velocit viene azzerata). Lanalisi
dimensionale mostra che lenergia cinetica si esprime in J, cos come il
lavoro.
Una forma di energia sicuramente meno appariscente quella potenziale.
Consideriamo un oggetto fermo che si trovi allaltezza z1 rispetto a una
quota di riferimento scelta da noi (per esempio quella del pavimento, o
del livello stradale). Esso non ha energia cinetica; per se cade per un
tratto h, fino allaltezza z2 = z1 h, la forza-peso compie su di esso un
lavoro L = mgh. Cos, quando giunge alla quota z2, loggetto possiede

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unenergia cinetica che allinizio non aveva. Possiamo descrivere questa


situazione dicendo che anche nella condizione iniziale loggetto possedeva
unenergia. Non si tratta di un energia che poteva essere spesa lass, ma
che si trasforma in energia cinetica se loggetto cade. In altri termini
un oggetto che si trova in una posizione elevata ha una capacit di
compiere lavoro a causa della forza di gravit che lo attrae verso il
basso.
Questa energia, che dipende soltanto dalla posizione, si chiama energia
potenziale (o della forza-peso). In particolare, nel nostro caso,
definiamo lenergia potenziale che loggetto possiede quando si trova nel
punto di partenza, come il lavoro che la forza-peso compie su di esso nel
farlo passare dallaltezza z a quota zero:

E = mgz [J] (1.3)

pertanto il lavoro compiuto nel passaggio da z1 a z2 pu essere espresso


come variazione fra lenergia potenziale nel punto 1 e quella nel punto 2.
Lenergia cinetica e lenergia potenziale sono le due forme sotto cui si
pu presentare lenergia meccanica. Durante il moto di un oggetto esse
assumono valori che, in generale, cambiano da istante a istante. Per
esempio, quando un sasso cade, la sua energia cinetica aumenta (perch
cresce la velocit) e quella potenziale gravitazionale diminuisce (perch
laltezza del sasso diminuisce). Ma nonostante queste grandezze cambino
continuamente, c qualcosa che (se non ci sono attriti) rimane costante.
lenergia meccanica, cio la somma dellenergia cinetica e di quella
potenziale. Questo risultato valido per tutti i sistemi isolati, vale a
dire i sistemi sui quali non agiscono forze esterne. In generale se le
forze che agiscono in un sistema isolato sono tutte conservative, la somma
dellenergia cinetica e dellenergia potenziale totale si mantiene
costante durante il moto (legge di conservazione dellenergia meccanica).
In presenza di attriti sappiamo che la "conversione" di energia da una
forma all'altra non perfetta, cio alla fine una parte dell'energia
iniziale appare dispersa. Tuttavia non cos, in quanto se misurassimo la
temperatura inziale e finale del nostro sistema osserveremmo sicuramente
che al termine di una trasformazione che avviene in presenza di attrito la
temperatura finale pi alta di quella iniziale. Tale incremento dovuto
al fatto che l'energia che manca all'appello in realt si trasformata in
una forma di energia "microscopica", l'energia interna (U).
In ogni processo quindi lenergia non scompare mai, n nasce dal nulla, ma
si trasforma, cio cambia continuamente aspetto. Se si conteggiano tutte
le quantit che intervengono in un processo, si scopre che in un sistema
isolato (cio in un sistema sul quale non agiscono forze esterne)
lenergia totale, data dalla somma di tutte le diverse forme di energia,
si conserva. questa la formulazione pi generale del principio di
conservazione dellenergia.
E' possibile distinguere fra forme di energia macroscopiche,
corrispondenti all'energia cinetica o potenziale, normalmente considerate
forme organizzate di energia, e forme microscopiche, come l'energia
interna, considerate forme disorganizzate di energia.

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La temperatura
La TEMPERATURA una grandezza fisica fondamentale che corrisponde alla
nostra sensazione soggettiva di quanto un corpo pi caldo o pi freddo
di un altro. Tuttavia dare una definizione precisa della temperatura non
cosa facile, anche perch i nostri sensi possono essere facilmente
ingannati e giudicare pi freddi o pi caldi corpi che invece si trovano
esattamente alla stessa temperatura (come ad esempio accade quando in un
ambiente ci sono una sedia in metallo e una in legno, entrambe alla stessa
temperatura, e sedendocisi sopra quella in legno "appare" pi calda di
quella in ferro [per la spiegazione di questo fenomeno clicca qui]).
Fortunatamente in natura vi sono sostanze le cui propriet variano in
maniera ripetibile e prevedibile con la temperatura e ci consente,
basandosi sul PRINCIPIO ZERO DELLA TERMODINAMICA di effettuare una misura
accurata di questa propriet fisica.
Il principio zero della termodinamica stabilisce che due corpi, ognuno in
equilibrio termico con un terzo, sono anche in equilibrio termico fra
loro. Sostituendo il terzo corpo con un termometro il principio zero pu
essere riformulato dicendo che due corpi, anche non in contatto fra di
loro, sono in equilibrio termico se hanno la stessa temperatura letta su
un termometro.
Le prime scale di temperatura, come la scala Celsius o centigrada (C),
sono state definite per mezzo di due punti fissi, quello del ghiaccio
fondente e quello dellacqua bollente.

E opportuno ricordare che quando una sostanza subisce un cambiamento


di fase, ovvero passa dallo stato solido a quello liquido, o da quello
liquido a quello gassoso, se la pressione rimane costante durante la
trasformazione, anche la temperatura non potr subire alcuna
variazione. Ci dipende dalla regola delle fasi che stabilisce che il
numero delle grandezze fisiche necessarie a descrivere un sistema
composto da C componenti indipendenti e da F fasi pari a N = C + 2 -
F. Pertanto per una sostanza pura (C=1) in presenza di due fasi si ha
che N = 1.

Per definizione la temperatura di questi stati rispettivamente di 0C e


di 100 C. Il grado Celsius definito come la centesima parte
dellaumento di pressione subito da una massa di gas perfetto quando,
mantenendo costante il volume, il gas passa da 0 C a 100 C.
importante osservare che le propriet termometriche delle sostanze
variano linearmente in intervalli di temperatura piuttosto limitati che
possono essere estesi in particolari condizioni ambientali (ad esempio
operando a bassa pressione per quanto riguarda i gas). Pertanto nella
maggior parte dei casi i termometri vengono realizzati per funzionare
entro un ben preciso intervallo di temperature oltre il quale, venendo
meno la linearit delle propriet termometriche, la misura non pi
attendibile.
Utilizzando termometri a gas perfetto a volume costante e utilizzando la
pressione come propriet termometrica, si osservato che variando il tipo
di gas si ottenevano equazioni lineari caratterizzate da diverse pendenze,
ma tutte (seppur per estrapolazione) apparivano convergere verso un solo
punto al quale corrisponde una pressione nulla (al disotto della quale,
evidentemente, impossibile andare) e una temperatura di -273,15 C. Tale

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temperatura quindi anch'essa la pi bassa temperatura alle quale


possibile giungere con un termometro a gas perfetto.

Figura 1.1 Diagrammi p-T ottenuti usando un termometro a volume costante e


variando tipologia di gas

A questo punto l'esistenza di un limite inferiore comune a tutti i gas


perfetti rende ragionevole pensare di definire una scala di temperatura
ASSOLUTA, la cui unit di misura il grado Kelvin (K), ottenuta assumendo
come origine il punto a -273.15 C e stabilendo la costante di
proporzionalit fra temperatura e propriet termometrica mediante
confronto in un solo punto. Per convenzione tale punto il punto triplo
dell'acqua (cio lo stato in cui coesistono le tre fasi dell'acqua), cui
viene assegnato il valore i 273.16 K. In tal modo lo zero della scala
Celsius corrisponde a 273.15 K e su entrambe le scale lintervallo di
temperatura unitario coincide. Pertanto le variazioni di temperatura
possono essere misurate indifferentemente in K o in C, ma quando la
temperatura compare nelle equazioni come propriet termodinamica (ad es.
l'equazione dei gasi ideali) sar necessario impiegare sempre la
temperatura assoluta.

I principi della termodinamica


Da quanto visto in precedenza un sistema si caratterizza per la sua
energia totale, data dalla somma dei diversi contributi (potenziale,
cinetica, interna), tuttavia, se tale sistema permane nello stato
originario nessuna di questa forme di energia pu mutare, n tanto meno
produrre lavoro o calore. Infatti, il calore e il lavoro sono forme
DINAMICHE di energia, che si manifestano cio solo durante le
trasformazioni, attraversando il contorno del sistema. Infatti, mentre
l'energia interna, come pure quella totale, sono funzioni di stato, cio
propriet di un sistema associate univocamente ad un particolare stato, il
calore (Q) e il lavoro (L) sono definiti solo in relazione ad una
trasformazione che porti da uno stato ad un altro. Tuttavia l'analisi
delle trasformazioni che avvengono in un sistema chiuso in assenza di
lavoro scambiato mostra che il calore scambiato indipendente dal
particolare percorso ed eguaglia la variazione di energia totale del
sistema. Analogamente nelle trasformazioni che non comportano scambio di
calore (adiabatiche) il lavoro scambiato anch'esso costante e pari alla
variazione di energia totale del sistema. Combinando tali osservazioni e

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generalizzando, possibile enunciare il PRIMO PRINCIPIO DELLA


TERMODINAMICA affermando che lo scambio netto di energia fra sistema e
ambiente sotto forma di calore (Q) e lavoro (L) deve eguagliare la
variazione dell'energia totale (E) del sistema:

Q L = E = U + E + E [J] (1.4)

Avendo assunto la convenzione che il calore ha segno positivo se


entrante nel sistema, mentre il lavoro ha segno positivo se uscente dal
sistema.

Mentre il primo principio della termodinamica stabilisce che qualsiasi


trasformazione lungo la quale l'energia totale si conserva possibile,
l'esperienza mostra che non tutte le trasformazioni che soddisfano tale
criterio risultano in pratica attuabili. In particolare, per quanto
riguarda lo scambio termico, l'esperienza mostra che le trasformazioni
possono avvenire nella direzione che porta il calore a fluire dal corpo a
temperatura pi alta verso quello a temperatura pi bassa fino al
raggiungimento dell'equilibrio termico. Il processo opposto, secondo cui
il corpo pi freddo si raffredda ancora di pi per riscaldare il corpo pi
caldo impossibile che avvenga spontaneamente. Tale osservazione ha
condotto alla formulazione del SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA che,
nell'enunciato di Clausius, stabilisce che "E' impossibile realizzare una
macchina cicilica il cui unico effetto sia il trasferimento di calore da
un corpo a bassa temperatura a un altro a temperatura pi alta".
Pertanto affinch una trasformazione sia possibile essa dovr soddisfare
entrambi i principi della termodinamica.
Analogamente il primo principio ci dice che lenergia meccanica si pu
trasformare integralmente in energia termica (calore) per via degli
effetti di attrito, tuttavia tale trasformazione risulta di scarso
interesse pratico e, anzi, si cerca di limitarla il pi possibile. Al
contrario una applicazione di notevole interesse pratico rappresentata
dalla possibilit di sfruttare lenergia termica per la produzione di
lavoro. Una macchina capace di ci prende il nome di macchina termica
Tuttavia lesperienza rivela che in questo caso non in alcun modo
possibile convertire completamente il calore in lavoro dal momento che una
parte del calore assorbito dalla macchina viene poi disperso o ceduto
allambiente esterno. Per tale motivo si introduce il rendimento definito
come:


= (1.5)
! "# $ % %$ " ! "

e tale valore risulta sempre minore dellunit.


Limpossibilit di convertire integralmente il calore in lavoro sempre
una conseguenza del secondo principio della termodinamica espresso
mediante lenunciato di Kelvin-Planck secondo cui impossibile
realizzare un processo il cui unico risultato sia quello di trasformare in
lavoro il calore estratto da una sorgente.
Il secondo principio ci permette quindi di comprendere che non tutte le
forme di energia sono equivalenti, ma esistono forme pi nobili e meno
nobili, a seconda della loro maggiore o minore attitudine ad essere
convertite in lavoro. Le forme pi nobili sono l'energia cinetica,

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potenziale, chimica ed elettrica le quali possono essere convertite quasi


integralmente in lavoro. Il calore invece una forma meno nobile in
quanto per poter produrre lavoro richiede delle macchine che possono
convertire solo una piccola parte in lavoro, cedendo la differenza sotto
forma di calore ad una temperatura pi bassa di quella di ingresso. Poich
il calore fornito a temperatura pi bassa ha meno attitudine a
"trasferirsi" rispetto a quello fornito ad una temperatura pi alta, ne
deriva che maggiore sar la temperatura della sorgente pi alta sar la
qualit dell'energia.

Calori specifici
Per una generica somministrazione di calore Q possibile definire una
grandezza, denominata calore specifico (c), pari alla quantit di calore
che necessario somministrare allunit di massa di una sostanza affinch
la sua temperatura aumenti di 1C. Pertanto, per variazioni
sufficientemente piccole, si avr:

'
c= [kJ/kgC]. (1.6)
()

In generale c dipende sia dalla temperatura che dalla particolare


trasformazione subita (pressione o volume costante), per cui la relazione
Q = cmT valida solo per intervalli infinitesimi di temperatura. Se c
indipendente dalla temperatura (come accade per alcuni gas monoatomici) la
relazione valida anche per intervalli T molto grandi. Il calore
specifico una grandezza molto importante perch fornisce una indicazione
della capacit di accumulo del calore da parte di una sostanza. Infatti,
maggiore sar il calore specifico, maggiore sar il calore accumulato
allinterno della massa a parit di variazione di temperatura. Il prodotto
del calore specifico per la densit () di una sostanza prende il nome di
CAPACITA TERMICA e denota la capacit di accumulo di calore a parit di
volume.

Per chiarire il concetto di capacit termica si pensi ad una spiaggia.


La sabbia ed il mare sono sottoposti al medesimo irraggiamento solare,
quindi ricevono entrambi la stessa quantit di energia termica per
unit di superficie. Tuttavia la sabbia si riscalda molto pi
rapidamente dellacqua. Analogamente, quando il sole tramonta si pu
verificare che la sabbia cede calore pi rapidamente dellacqua.
Infatti di sera lacqua a risultare pi calda della sabbia. Tutto ci
dovuto al fatto che la capacit termica dellacqua maggiore di
quella della sabbia.

Propriet delle sostanze pure


La conoscenza dei passaggi di fase che caratterizzano le sostanze pure
necessaria per esaminare tutte quelle trasformazioni che coinvolgono
cambiamenti di stato o che hanno a che fare con sostanze prossime alla
saturazione.

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Consideriamo una quantit di acqua allo stato liquido a T=20C e p=101325


Pa = 1atm, contenuta all'interno di un dispositivo cilindro-pistone. Nelle
condizioni iniziali il LIQUIDO SOTTORAFFREDDATO. Se inizialmente
somministriamo calore si verificher un modesto incremento di volume
(incremento che sar impercettibile a occhio nudo). Ad una T di circa
100C si inizieranno a vedere delle bollicine che salgono in superficie:
l'acqua che passa allo stato di vapore. Il pistone, libero di muoversi,
tende a sollevarsi distaccandosi dal pelo libero dell'acqua: il vapore
acqueo non potendo uscire si dispone sopra l'acqua allo stato liquido.
Rappresentiamo le trasformazioni che si osservano a seguito di una
somministrazione di calore su un diagramma T,v (T=temperatura , v=volume
specifico).

Figura 1.2. Trasformazioni a seguito di somministrazione di calore ad un


sistema cilindro-pistone

Quando si arriva T=100C l'acqua ancora allo stato liquido e si sta per
trasformare in vapore: tale sostanza nello stato di LIQUIDO SATURO.
Qualsiasi somministrazione di calore sar impiegata per il passaggio di
stato e non si verificher alcun un aumento di temperatura (T = costante)
fintanto che rimane anche solo una goccia di acqua in fase liquida. Il
calore somministrato in questa trasformazione si chiama CALORE LATENTE
poich non induce alcun aumento di temperatura. In virt della regola
delle fasi la temperatura dipende solo da un unico parametro, ovvero dalla
pressione alla quale si opera, e prende il nome di temperatura di
saturazione. Durante il passaggio di stato il volume specifico varia solo
in conseguenza dell'aumento della fase vapore (meno densa) rispetto alla
fase liquida. In questa fase si dice che la sostanza una miscela di
liquido e vapore saturo caratterizzata dal titolo del vapore:

1
x= (1.7)
232

dove mv la massa di vapore e mTOT la massa totale data dalla somma


della massa di vapore e di quella liquida.

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In corrispondenza del punto 2 x sar 0 e in corrispondenza del punto 4 x


sar 1. Noto x possibile identificare univocamente i punti compresi tra
2 e 4.
Quando il passaggio di stato terminato, l'acqua si trasforma in VAPORE
SATURO. Dopo il punto 4 l'acqua diventata tutta vapore e si parla di
vapore surriscaldato (lontano dalla saturazione). Se si continua a
somministrare calore questo induce una variazione di volume pi
significativa rispetto a quelle che avvengono quando l'acqua liquida. A
fronte di una stessa variazione di calore la variazione di volume pi
rilevante.

Questo processo vale sia in una direzione che nell'altra. Se raffreddiamo


il vapore surriscaldato raggiungiamo la condizione di vapore saturo; se
continuassimo a raffreddare si verificherebbe il passaggio di stato
gassoso-liquido a p=cost e T=cost fino al punto 2 dove l'acqua tutta
liquida.

E' interessante osservare che cambiando la pressione alla quale si opera


cambiano anche le curve:
se p<1 atm il punto 2 (liquido saturo) caratterizzato da una
temperatura di saturazione minore e da minore v, mentre il punto 4
caratterizzato da un volume maggiore.

se p > 1 atm: il punto 2 caratterizzato da una temperatura di


saturazione pi alta e v maggiore, il punto 4 caratterizzato da v
pi piccolo. Man mano che p aumenta, si ha un restringimento della
curva fino al raggiungimento del la pressione critica alla quale il
passaggio di stato avviene in modo indistinto, senza passare dalla
saturazione intermedia 2-4 a T=cost si avr un passaggio graduale da
liquido a gassoso.

Figura 1.3. Curva limite inferiore e superiore

Congiungendo i punti in corrispondenza dei quali inizia l'ebollizione


(punti 2) al variare della pressione si ottiene la CURVA LIMITE INFERIORE.

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Analogamente la CURVA LIMITE SUPERIORE la curva che collega i punti, in


corrispondenza dei quali termina l'ebollizione (punti 4), relativi a
trasformazioni eseguite a diversa pressione. In generale la curva limite
ha un andamento a campana sul piano T-v.

La p e la T alla quale si verifica l'ebollizione sono collegate. Infatti


nota la pressione di saturazione pSAT (alla quale inizia l'ebollizione) si
pu determinare l'andamento della temperatura di saturazione TSAT secondo
quanto riportato in figura. La relazione biunivoca fra temperatura e
pressione di vapore anche alla base dei concetti relativi all'aria umida
che saranno discussi di seguito.

Figura 1.4. Relazione tra la pressione di saturazione e la temperatura di


saturazione

Aria umida
L'aria una miscela di azoto (78%), ossigeno (21%) e di piccoli
quantitativi di altri gas. L'aria dell'atmosfera contiene anche vapore
d'acqua o umidit. Il termine vapore indica uno stato gassoso vicino alla
regione di saturazione ed evidenzia la possibilit di una condensazione a
seguito di una trasformazione. Nel caso in cui l'aria non contenga vapore
viene detta aria secca. Laria secca e il vapor dacqua sono entrambi
assimilabili a gas ideali per temperature prossime alla temperatura
ambiente.

Per le miscele di gas vale la legge di Dalton, in base alla quale la


pressione della miscela uguale alla somma delle pressioni che ogni gas
avrebbe se da solo fosse nelle stesse condizioni di temperatura e volume.
Pertanto per l'aria atmosferica si pu scrivere:

p = p$ + p5 [Pa] (1.8)

dove pv rappresenta la pressione parziale di vapore ovvero la pressione


che il vapore eserciterebbe se occupasse da solo il volume alla

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temperatura della miscela. Tuttavia la pressione parziale del vapore non


pu variare in maniera arbitraria, ma limitata superiormente dalla
pressione di saturazione, gi definita nella sezione precedente, la quale
dipende dalla temperatura alla quale ci si trova.

Per comprendere meglio il concetto di saturazione consideriamo un ambiente


chiuso, in presenza di aria secca, nel quale poniamo un recipiente
contenente acqua, mantenendo la pressione (pa) e la temperatura (T)
costanti, dopo un certo lasso di tempo notiamo che il livello dellacqua
nel contenitore calato; una certa massa dacqua, dunque, evaporata
nellaria. Questo fenomeno continuer fino a raggiungere un livello di
stabilit, e quindi fino a rimanere costante.

Figura 1.5. Dallaria secca allaria umida satura

Questo esperimento dimostra che, se si mettono a contatto, in un ambiente


in cui la temperatura e la pressione siano costanti, aria secca e acqua
allo stato liquido, questa evapora finch non si eguaglino la pressione
parziale del vapore (pv) e la pressione di saturazione dellacqua alla
temperatura a cui si opera (psat).
Quando lacqua non evapora pi, parliamo di saturazione e quindi di
pressione di saturazione (psat): ad ogni valore di temperatura (T),
corrisponde un dato valore di psat. Le condizioni di saturazione legano in
maniera indissolubile i valori di pressione e temperatura.

Per quantificare il contenuto di vapore dacqua nellaria possibile


impiegare due grandezze specifiche: l'umidit assoluta o titolo dell'aria
umida e lumidit relativa.
Lumidit assoluta (x) la massa di vapore d'acqua presente nell'unit di
massa di aria secca:

x = ma / mv [kg/kg] (1.9)

Lumidit relativa (UR) data dal rapporto, espresso in percentuale, fra


la pressione parziale del vapore e la pressione di saturazione alla
temperatura data:

UR = 100*(pv / psat) [%] (1.10)

Poich la pressione parziale del vapore non pu mai essere superiore alla
pressione di saturazione, lumidit relativa potr essere al massimo pari
al 100%. Se si aggiunge vapor d'acqua all'aria non ancora satura l'umidit
assoluta aumenta di conseguenza e lo stesso far pv, tuttavia quando la

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pressione parziale del vapore eguaglia la pressione di saturazione


corrispondente alla temperatura dell'aria, ogni ulteriore somministrazione
d luogo alla formazione di minuscole goccioline di condensa. Pertanto una
volta raggiunta la condizione di saturazione, se non avvengono variazioni
della temperatura, si instaura una condizione di equilibrio in cui per
ogni quantit di acqua che passa dallo stato liquido a quello di vapore ce
ne sar una eguale quantit che dallo stato di vapore condenser.

In presenza di una variazione di temperatura dellaria, invece, si potr


avere una variazione dellumidit relativa anche senza modificare
lumidit assoluta. Infatti, cambiando la temperatura cambia la pressione
di saturazione (Fig. 4). In particolare se la temperatura aumenta, lo
stesso far la pressione di saturazione e quindi lumidit relativa
tender a diminuire (e la massa di aria potr pertanto accogliere una
maggiore quantit di vapore). Al contrario se la temperatura diminuisce si
avr un aumento dellumidit relativa fino a che, ad una certa temperatura
che chiameremo temperatura di rugiada, non si arriver nuovamente alla
saturazione (poich la pressione di saturazione si ridotta fino ad
uguagliare la pressione di vapore iniziale).

Si definisce temperatura di bulbo umido (o bagnato) la temperatura a cui


si porta lacqua in condizioni di equilibrio di scambio di calore
convettivo e di massa con aria in moto fortemente turbolento. Si pu
rilevare con un termometro schermato da ogni effetto radiante il cui
elemento sensibile venga mantenuto costantemente bagnato da acqua liquida
(ad esempio mediante una garza immersa in acqua). Quando viene lambita con
aria non satura, lacqua tende a vaporizzare nellaria, richiedendo un
flusso termico di cambiamento di fase che, allequilibrio, dovr essere
esattamente compensato dal flusso termico convettivo che, per effetto di
differenza di temperatura, si trasferisce dallaria allacqua che bagna il
bulbo, la cui temperatura dovr quindi essere inferiore a quella
dellaria.

La misura della temperatura di bulbo umido alla base del funzionamento


dello psicrometro. Lo psicrometro lo strumento pi preciso per misurare
lumidit ed costituito da un tubo in acciaio inox a Y ai cui tratti
paralleli sono collegati due termometri, uno con una garza imbevuta d
acqua per mantenerlo umido e laltro asciutto. In questi condotti
paralleli entra laria che si vuole analizzare, dallaltro, in cui si pu
trovare una ventola per favorire il passaggio dellaria, esce. Quando si
comincia a far scorrere laria i due termometri indicano temperature
diverse, in particolare Ta>Tb dove Ta la temperatura del termometro
asciutto e Tb di quello bagnato e saranno uguali solo quando lumidit
relativa al 100%. La conoscenza delle due temperature consente poi di
ricavare lumidit relativa utilizzando un diagramma psicrometrico.

Tutte le propriet precedentemente citate possono essere rappresentate sul


diagramma psicrometrico (Fig. 1.6)

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Figura 1.6 Misura della temperatura di bulbo umido e sezione di uno


psicrometro

Lumidit relativa svolge un ruolo importante per il microclima


ambientale, dal momento che ha ricadute dirette sulla quantit di calore
che il corpo umano pu scambiare con lambiente circostante e, quindi,
sulla sensazione di benessere termico provata.

Figura 1.7. Diagramma psicrometrico

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Lezione #2: Trasmissione del


calore1

Le modalit di scambio termico


La trasmissione del calore avviene spontaneamente solo da un corpo caldo
ad un corpo freddo, fino a che i due corpi raggiungono la stessa
temperatura, detta di equilibrio termico. Il corpo caldo comunica a quello
freddo parte della sua energia termica intensificandone lagitazione
molecolare. La propagazione del calore pu avvenire per conduzione,
convezione o per irraggiamento.

La conduzione
Il trasferimento per conduzione avviene tra corpi che sono a contatto, o
tra parti di uno stesso corpo che si trovano a temperature diverse. Esso
causato dal trasferimento di energia cinetica da una molecola a quella
adiacente che possiede una velocit di vibrazione minore. Poich la
velocit di vibrazione delle particelle direttamente proporzionale alla
temperatura, il corpo caldo cede energia a quello freddo, aumentandone la
temperatura, finch non raggiunto lequilibrio termico. Prendiamo ad
esempio, come indicato in figura 1, due corpi a temperature diverse. Una
volta posti in contatto, per conduzione il calore fluisce dal corpo pi
caldo a quello pi freddo. La quantit di calore che si propaga per
conduzione tra due regioni di un corpo dipende dalla geometria e dalle
caratteristiche del corpo, cos come dalla differenza di temperatura tra
le due regioni del corpo.
Ad esempio rivestendo un serbatoio di acqua bollente con lana di vetro
(materiale isolante) si riduce lentit della perdita di calore dal
serbatoio tanto pi quanto maggiore lo spessore dellisolante.

Figura 2.1 Schema del meccanismo di scambio termico conduttivo

1 A cura di Ammirabile, Antonicelli, Bruno, Campanale, Spinelli A.A. 13/14

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La convezione
La convezione ha luogo quando uno dei due corpi interessati dallo scambio
termico un fluido, e la trasmissione del calore pu essere associata ad
un trasferimento di materia. In un fluido a temperatura non uniforme, per
effetto combinato di un campo di temperatura e di velocit, si determina
una distribuzione dei valori di densit variabile da punto a punto,
conseguenza dei fenomeni di dilatazione termica. In questi casi le forze
gravitazionali provocano continui movimenti delle particelle del fluido,
con conseguente miscelazione, favorendo pertanto la trasmissione del
calore dalle particelle pi calde a quelle pi fredde. Questo fenomeno
prende il nome di convezione naturale. Quando invece i movimenti delle
particelle del fluido sono imposti essenzialmente da cause meccaniche (una
pompa, nel caso di circolazione dellacqua, o semplicemente lazione del
vento), il fenomeno prende il nome di convezione forzata. Ad esempio si ha
convezione quando tra due corpi circola un fluido intermedio (detto fluido
termovettore), che si riscalda per conduzione a contatto con il corpo
caldo, e poi cede il calore quando viene a contatto con il corpo freddo.
In entrambi i casi, la quantit di calore scambiata proporzionale alla
differenza di temperatura.

Figura 2.2 Schema dello scambio termico per convezione

Lirraggiamento
Nellirraggiamento il calore viene scambiato mediante emissione e
assorbimento di radiazione elettromagnetica. Il calore cos scambiato
aumenta molto rapidamente con la differenza di temperatura.
A differenza delle altre due modalit di scambio termico, lirraggiamento
non richiede la presenza di un mezzo perch vi sia trasmissione di
energia. La radiazione elettromagnetica che opera da "trasmettitore" di
calore, generata dalleccitazione termica della superficie del corpo, a
sua volta causata dallo stato energetico degli atomi che la costituiscono,
ed emessa in tutte le direzioni.
Quindi in questo caso il corpo avente temperatura maggiore emette
radiazioni elettromagnetiche che vengono assorbite dal corpo pi freddo,
come si vede in figura 3 (nella figura sono rappresentate soltanto le
radiazioni termiche che investono il corpo freddo).

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Figura 2.3 Schema dello scambio termico per irraggiamento

Scambio termico per conduzione


Si consideri una grande parete piana avente uno spessore x e area
superficiale A soggetta alla differenza di temperatura fra le facce che la
delimitano T = T2 T1 (Figura 2.4). In condizioni di stazionariet,
quando cio le temperature non subiscono alcuna variazione nel tempo, si
osserva che la potenza termica Q che attraversa la parete si raddoppia
quando la differenza di temperatura T o quando larea A della superficie
di scambio si raddoppia, mentre si dimezza quando lo spessore della parete
si raddoppia. Si pu pertanto affermare che la potenza termica trasmessa
per conduzione attraverso uno strato di spessore costante x
proporzionale alla differenza di temperatura T attraverso lo strato e
allarea A della superficie normale alla direzione di propagazione del
calore ed inversamente proporzionale allo spessore dello strato:

()
Q A [W] (2.1)
(:

Figura 2.4 Conduzione di calore attraverso una parete piana

La costante di proporzionalit la conducibilit termica del materiale


(misurata in W/mK o W/mC), che misura la capacit del materiale a
condurre calore e non altro che la potenza termica che si trasmette
attraverso uno spessore unitario del materiale per unit di superficie e
per differenza di temperatura unitaria.
dunque evidente che la conducibilit termica ha un ruolo determinante
nello scambio termico per conduzione. Si pu affermare che, per un certo
materiale, la conducibilit termica tanto maggiore quanto pi alta la
densit dello stesso. In generale, i solidi avranno quindi una
conducibilit termica maggiore di quella dei liquidi e questi, a loro
volta, condurranno pi facilmente rispetto ai gas. La spiegazione pu

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trovarsi nel fatto che una maggiore densit comporta una minore distanza
tra le particelle, il che aumenta la probabilit e la frequenza degli urti
tra di esse, generando quindi unaccelerazione dello scambio termico.
Per i gas, dunque, si hanno valori molto bassi di : per laria immobile
tale valore si attesta intorno a 0,03 W/mC. importante evidenziare che
il fluido considerato non deve essere in moto, altrimenti si
innescherebbero altri meccanismi di scambio termico come la convezione.
Infatti, laria, per la sua bassa conducibilit termica, viene spesso
usata come materiale isolante, inserendola nella cavit ricavata tra due
strati di un altro materiale. Tale propriet, per, verrebbe meno qualora
essa avesse la possibilit di entrare in movimento e ci non sempre
facile da evitare. Si usano allora come isolanti dei materiali con una
struttura porosa (ad esempio il polistirolo) che riesca a contenere grandi
quantit di aria confinandola in volumi molto ristretti, in modo da
impedirne il movimento e sfruttarne quindi le propriet isolanti.
Altri materiali hanno una conducibilit termica molto maggiore: per il
calcestruzzo circa uguale a 1.4 W/mC, mentre per il legno i valori
dipendono da diversi parametri, ma 0.15 W/mC pu essere ritenuto
mediamente un valore abbastanza veritiero.
Nei metalli, ancora notevolmente pi alta: lacciaio ha =50 W/mC,
mentre per il rame si ha addirittura =400 W/mC; si pu affermare che nei
metalli la conducibilit termica legata a quella elettrica, e
ovviamente, per ogni metallo, aumenta insieme a questultima.
In generale, tra le grandezze che compaiono nellequazione 1, la
differenza di temperatura quella per la quale pi facile e frequente
osservarne la variazione, mentre gli altri parametri, che dipendono dal
materiale e dalla geometria del sistema, in una determinata situazione,
rimangono costanti. Perci pu essere utile raggrupparli in ununica
grandezza R, detta resistenza termica, che evidentemente sar pari a:

(:
R [K/W] (2.2)
<=

In questo modo lequazione 1 viene riscritta come:

()
Q= [W] (2.3)
>

Figura 2.5 Distribuzione delle temperatura in una parate multistrato

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Con tale approccio diventa pi immediato considerare il contributo allo


scambio termico per conduzione per ogni strato in cui pu essere suddiviso
lo spessore attraverso cui fluisce il calore. Si consideri una parete
piana composta da n strati di materiali diversi (resistenze termiche in
serie). In condizioni stazionarie, la temperatura allinterfaccia di
ciascuno strato deve rimanere costante in modo che in nessun punto ci sia
un accumulo di calore. Per la conservazione dellenergia, il calore che
attraversa ogni singolo strato deve essere sempre lo stesso; applicando
quindi lequazione 3 allo strato i-esimo, si scriver:

() ()
Q= = (2.4)
> >

dove Ttot=Ti=Ti-Te (dette Ti e Te le temperature delle facce estreme della


parete) e Rtot=Ri.

Dallequazione 4 si ricava anche che:

>
Ti = Ttot (2.5)
>

Attraverso la relazione 5 quindi possibile calcolare la differenza di


temperatura tra le facce di ogni singolo strato, la quale risulta
proporzionale alla differenza di temperatura globale tramite il
coefficiente Ri/Rtot.
Ne risulta che: maggiore il contributo che ogni strato d alla
resistenza totale, maggiore la differenza di temperatura che si instaura
alle sue estremit. evidente quindi che la posizione allinterno di una
parete stratificata di un materiale con una certa resistenza termica
influenza la distribuzione delle temperature tra i vari strati. Da un
punto di vista pratico, la scelta di un certo materiale e della sua
posizione pu avere importanti conseguenze sul comportamento di un oggetto
rispetto a sensazioni come il tatto o ad altri parametri che si vogliono
tenere in considerazione nello specifico caso.

Scambio termico per convezione


In un corpo generico, solido o fluido che sia, la somministrazione di
calore genera unalterazione nel moto di agitazione termica delle
particelle che lo compongono; allaumentare delle oscillazioni, aumenta
anche lenergia cinetica posseduta da ogni singola particella e,
conseguentemente, la frequenza con cui queste si urtano tra loro. Poich
attraverso gli urti esse trasferiscono energia alle altre particelle si ha
che in termini macroscopici la quantit di calore scambiato dalle
particelle dipende sia da quanta energia cinetica possiedono e sia dalla
frequenza con cui entrano in contatto tra loro. La maggiore capacit delle
particelle di un solido di scambiare pi calore rispetto a quelle di un
fluido dipende, nel caso pi generale, proprio dalla maggiore frequenza
con cui si urtano tra loro, determinata dalla maggiore vicinanza e dalla
disposizione secondo reticoli cristallini molto pi rigidi che facilitano
il contatto reciproco. Nei fluidi invece le particelle, oltre ad essere
molto pi distanti tra loro e a muoversi in maniera del tutto casuale, si

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urtano con molta meno frequenza di come farebbero in un solido. Quanto


appena detto alla base dei meccanismi di scambio termico tra i solidi e
i fluidi.
In ogni caso nei fluidi, non appena si verifica una minima variazione di
temperatura e/o di pressione, si generano moti convettivi che, a livello
macroscopico, corrispondono a delle correnti. Queste correnti si generano
perch si registrano condizioni differenti allinterno dello stesso fluido
tali per cui le particelle ad esempio a temperatura pi alta, e quindi pi
leggere, salgono verso lalto mentre quelle a temperatura pi bassa, e
quindi pi pesanti, scendono verso il basso (principio di Archimede).

Figura 2.6 Visualizzazione delle correnti convettive allinterno di una


bacinella di acqua contenente un colorante che, posto al di sopra di una
sorgente di calore, si sposta verso lalto.

PRINCIPIO DI ARCHIMEDE
Un corpo immerso (totalmente o parzialmente) in un fluido riceve una
spinta (detta forza di galleggiamento) verticale (dal basso verso
l'alto) di intensit pari al peso di una massa di fluido di forma e
volume uguale a quella della parte immersa del corpo.

Uno stesso fluido scambia molto pi efficacemente calore per convezione


che per conduzione; in altre parole, scambia meglio calore quando in
movimento piuttosto che quando in quiete. Non a caso, per migliorare
lisolamento termico degli involucri esterni degli edifici, sia
trasparenti che opachi, si progettano delle intercapedini daria al loro
interno. Limportante che laria sia in quiete perch altrimenti si
genererebbero dei moti convettivi che annullerebbero il suo potere
isolante. Molti materiali isolanti sfruttano lo stesso principio, in
particolare quelli porosi, cio quelli che trattengono molta aria al loro
interno. Per fare un esempio, uno strato in lana isola molto meglio di uno
strato in cotone solamente perch la trama di fibre di cui composto
trattiene molti pi vuoti daria al suo interno.
Supponiamo ora di esaminare il caso in cui un fluido scambia energia
termica con un solido lambendone la superficie:

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Figura 2.7 Scambio di energia termica fluido-solido

La relazione pi generale che regola lo scambio termico convettivo la


Legge di Newton, in base alla quale si ha:

Q h A C TD TE F [W] (2.6)

dove:
h = coefficiente di scambio termico convettivo [W/m2K];
A = superficie di scambio [m2];
GH = temperatura superficie solida [K, o C];
GE = temperatura del fluido in condizioni indisturbate [K, o C];;

Ai fini dello studio di un moto convettivo, vitale conoscere h che


dipende dalle seguenti grandezze fisiche:

w = velocit del fluido [m/s];


L = dimensione caratteristica [m];
= conducibilit del fluido [W/mK];
= viscosit del fluido [Pa.s o Ns/m2];
= densit del fluido [kg/m3];
c = calore specifico del fluido [kJ/kgK];

Il parametro in particolare, permette di misurare la resistenza che un


fluido oppone ad uno scorrimento quando lambisce una superficie: maggiore
sar il suo valore e pi lento sar il fluido.
La velocit di un fluido che entra a contatto con una superficie inoltre,
non uguale in ogni punto ma aumenta mano a mano che ci si allontana da
essa. In particolare il flusso pu essere descritto come il moto di tanti
strati sottili che si muovono parallelamente tra loro: il primo di questi
strati, quello direttamente a contatto con la superficie, avr velocit
w=0 per via dellattrito con la superficie solida mentre gli strati
superiori, scorreranno reciprocamente luno sullaltro con sempre meno
attrito e con velocit crescente mano a mano che ci allontaniamo dalla
superficie. Quando un fluido si comporta nel modo appena visto, si dice
che si muove secondo un MOTO LAMINARE.

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Figura 2.8 Moto laminare dellaria lungo il profilo di unautomobile


sportiva. In questo caso il profilo aerodinamico appositamente studiato
per ridurre i gradienti verticali di velocit e limitare la forza di
attrito agente sulla vettura.

Noto il profilo delle velocit che il fluido assume man mano che si
allontana dalla superficie solida possibile definire il gradiente di
velocit in direzione normale al moto come:

(
grad w
(L
(y = distanza tra due strati adiacenti di fluido )

Da tale gradiente, per il tramite della viscosit dipende la forza


tangenziale , che si genera tra uno strato e laltro:

( O
[ ] (2.7)
(L
da cui ricaviamo la definizione di viscosit:
P T#
QR [ ] (2.8)
%
QS

La viscosit trattata fino ad ora, prende il nome di viscosit dinamica ;


esiste poi un altro tipo di viscosit che prende il nome di viscosit
cinematica :

V
[ ] (2.9)
W %

La definizione di viscosit cinematica legata alla differente velocit


con cui fluidi di diversa viscosit scorrono lungo un piano inclinato.
Maggiore sar la viscosit cinematica, minore sar la velocit che
caratterizza il moto del fluido.
http://www.youtube.com/watch?v=1AESWxko4nI

Esiste un certo valore della velocit w tale per cui il fluido smette di
muoversi secondo un moto laminare e passa ad un MOTO TURBOLENTO; in questa
fase, il fluido passa da un movimento ordinato ad un movimento disordinato
e casuale:

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Figura 2.9 Transazione dal moto laminare al moto turbolento

In generale possiamo dire che, quando prevalgono le forze viscose, abbiamo


un moto laminare mentre, quando prevalgono le forze dinerzia, abbiamo un
moto turbolento.

In virt della dipendenza da tali parametri la soluzione teorica dei


problemi relativi alla convezione risulta particolarmente complessa.
Pertanto, si soliti procedere in maniera empirica riducendo il numero
delle variabili da analizzare mediante l'impiego di parametri fittizi,
ottenuti mediante la combinazione delle variabili da cui il problema
dipende in modo da produrre dei gruppi adimensionali. Alla base di questo
procedimento vi il Teorema di Buckingham il quale stabilisce che
se abbiamo un fenomeno fisico descritto da N grandezze fisiche, possiamo
studiarlo utilizzando un numero di parametri adimensionali pari al numero
delle grandezze fisiche N che lo descrivono meno il numero M delle
grandezze fisiche fondamentali coinvolte.

Nel nostro caso:


N = 7 perch 6 sono le grandezze pi hc
M = 4 perch le grandezze fondamentali comuni a tutti i 7 parametri sono:
massa, lunghezza, tempo e temperatura.
Il numero di parametri adimensionali quindi: P = N-M = 7 4 =3.

I tre parametri adimensionali sono denominati:

Numero di Nusselt (Nu);


Numero di Prandtl (Pr);
Numero di Reynolds (Re).
e sono determinati in modo tale da rappresentare, seppur in forma
adimensionale, importanti aspetti fisici del problema della convezione e,
pi in generale, del moto dei fluidi.

Il numero di Nusselt viene definito come il rapporto tra la quantit di


calore scambiato per conduzione e la quantit di calore scambiato per
convezione. Se si considera il fenomeno convettivo la potenza termica
scambiata proporzionale a hAT, mentre quella scambiata per conduzione
(nell'ipotesi di considerare perfettamente immobile il fluido e di
assumere che la trasmissione avvenga attraverso uno spessore fittizio L)
AT/L, per cui Nu = hL/.

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Il numero di Nusselt rappresenta dunque lincremento della potenza termica


trasmessa per convezione attraverso uno strato di fluido rispetto a quella
trasmessa per conduzione attraverso lo stesso strato.
Il valore unitario (Nu = 1) caratteristico della trasmissione del calore
per conduzione pura attraverso lo strato di fluido. Allaumentare del
valore di Nu risulta sempre pi sviluppato il fenomeno della convezione.

Il numero di Prandtl rappresenta il rapporto fra la rapidit con cui varia


la velocit allinterno dello spessore del fluido (proporzionale alla
viscosit cinematica ) e la velocit con cui si propaga il calore
(rappresentata dalla diffusivit termica =/cp), pertanto Pr = cp/

Infine il numero di Reynolds rappresenta il rapporto fra le forze


dinerzia che favoriscono il moto del fluido e le forze viscose che vi si
oppongono, e si pu dimostrare che pari a wL/. Il numero di Reynolds
rappresenta un indicatore del tipo di moto a cui il fluido va soggetto.
Infatti, quando assume un valore superiore a quello critico per la
configurazione geometrica esaminata il moto diventa turbolento, mentre per
valori inferiori il moto pu essere considerato puramente laminare.

Nella convezione naturale non abbiamo pi una sorgente esterna che


movimenta il fluido ma, come anticipato, questo si muove per il solo
effetto della differenza di temperatura che, causando una variazione di
densit, induce il movimento. Pertanto nello studio della convezione
naturale il coefficiente di scambio termico h verr espresso non pi in
funzione di w ma di una grandezza che prende il nome di coefficiente di
dilatazione cubica , che ci d una misura di quanto varia il volume di un
fluido al variare della sua temperatura:

(Y Z Z
[ ] (2.10)
Y () [

Si pu dimostrare che per i gas ideali = T-1 A pertanto un fluido che si


dilata maggiormente al variare della temperatura sar soggetto a un
movimento pi accentuato.

Nella convezione naturale la velocit viene pertanto a dipendere da e


T, e pertanto anche il numero di Reynolds deve essere riscritto, tenendo
conto che la forza dinerzia presente al numeratore potr essere espressa
proprio come la forza netta (galleggiamento meno peso) agente sul fluido.
Per evitare confusione la grandezza adimensionale viene chiamata numero di
Grashof ed pari a gTL3/2, g essendo laccelerazione di gravit.

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Scambio termico per irraggiamento


Lirraggiamento un altro fenomeno di trasmissione del calore, si basa
sul concetto di onda elettromagnetica che rappresenta lenergia emessa da
un corpo.
Le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con la velocit della
luce c pari a 300000 km/s e pu variare di poco in funzione di quelle che
sono le caratteristiche ottiche del mezzo che viene attraversato.
Come tutti i fenomeni ondulatori, possibile caratterizzare le onde
elettromagnetiche utilizzando la frequenza , numero di oscillazioni al
secondo, o facendo riferimento alla lunghezza donda , distanza che viene
percorsa dallonda elettromagnetica durante un ciclo di oscillazioni
completo. Lunghezza donda e frequenza sono legate fra di loro dalla
seguente relazione:

=c/ (2.11)

Si fa riferimento alla lunghezza donda come parametro caratterizzante


delle onde elettromagnetiche. Lunit di misura della lunghezza donda
m=10-6 m o nm=10-9 m.
Il campo di variazione delle onde elettromagnetiche estremamente vasto
perch abbiamo una grande variet di questo tipo di onde. Quelle a cui
facciamo riferimento sono quelle termiche che includono anche, per una
piccola porzione, la radiazione visibile e coprono una porzione
relativamente piccola dello spettro di radiazioni elettromagnetiche.
Lenergia che viene associata ad unonda elettromagnetica direttamente
proporzionale alla sua frequenza, quindi maggiore sar la frequenza
dellonda meno energetica essa sar, minore sar la lunghezza donda pi
energetica sar. Pi energetica significa che in alcuni casi potr avere
un tale contributo di energia da provocare alterazioni sullo stato della
materia che viene incontrata nel percorso.

Figura 2.10. Spettro elettromagnetico: indica linsieme di tutte le


possibili frequenze delle onde elettromagnetiche

In corrispondenza dellestremit inferiore delle lunghezze donda


abbiamo i raggi gamma, fondamentalmente provenienti dal sole e dallo
Spazio, e sono fortemente energetiche e molto dannose. Ai raggi gamma
seguono i raggi e e i raggi X, i raggi ultravioletti. In questo

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spettro abbiamo un minuscolo intervallo in corrispondenza del quale la


radiazione elettromagnetica d luogo alla radiazione visibile, con
lunghezze donda che vanno da circa 380nm a circa 780nm e man mano che
cambiamo lunghezza donda dar luogo ad un colore diverso. Quelli che noi
percepiamo come colori sono onde elettromagnetiche ciascuna caratterizzata
da una propria lunghezza donda, variabile tra 380nm, cui corrisponde il
violetto, a 780nm, cui corrisponde il rosso. La sovrapposizione di tutti i
colori produce il bianco.
Proseguendo in questo elenco di onde elettromagnetiche segue linfrarosso,
zona in cui sono maggiormente concentrate le radiazioni termiche e sono
tutte quelle radiazioni che vanno da 780nm fino a 10-3 m; seguono le
microonde, le onde radio e le onde elettriche che sono caratterizzate da
lunghezze donda anche dellordine dei metri.
Le microonde non rientrano nel campo della radiazione termica, infatti
quando si parla di radiazione termica si parla di onde elettromagnetiche
che vengono emesse dai corpi che si trovano ad una temperatura maggiore
dello zero assoluto. Per produrre microonde non possiamo utilizzare il
moto di agitazione termica delle particelle.

Aspetto termico

Lemissione della radiazione e il modo di reagire del corpo sono propriet


che dipendono dai trattamenti superficiali dei corpi. Per cercare di
semplificare il problema si introdotta una semplificazione attraverso il
concetto di corpo nero, rispetto al quale confrontare il comportamento di
tutti i corpi reali.
Un corpo nero assorbe tutte le radiazioni che incidono su di esso ed
emette la massima quantit possibile di radiazione assorbita. La
realizzazione pratica di un corpo nero costituita da una cavit opaca
nella quale realizziamo un minuscolo foro dal quale la luce che entra non
potr mai uscire e quindi il foro sar la migliore approssimazione pratica
di un corpo nero, dal punto di vista dellassorbimento.
Un corpo nero ci consente di capire qual la massima radiazione che un
corpo potrebbe emettere ad una certa temperatura. Questa radiazione viene
chiamata POTERE EMISSIVO GLOBALE En, potenza riferita allunit di
superficie, e seguir la seguente formulazione:

\] = G ^ [W/m2] (2.12)

Dove la costante =5,67x10-8 W/(m2K4) prende il nome di costante di


Stefan-Boltzmann e T la temperatura assoluta della superficie in K.
Secondo questa relazione la potenza termica, se viene emessa sotto forma
di onde elettromagnetiche da un corpo nero che si trova alla temperatura
T, proporzionale alla quarta potenza della temperatura, e quindi
maggiore sar la temperatura maggiore sar la potenza emessa.
Laspetto interessante del corpo nero che si pu studiare la variazione
del potere emissivo in funzione della lunghezza donda e faremo
riferimento al POTERE EMISSIVO MONOCROMATICO En e quindi come varia il
potere emissivo al variare della singola lunghezza donda.

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Figura 2.11. Variazione del potere emissiva di un corpo nero con la


lunghezza donda per vari valori di temperatura.

Nel diagramma (figura 11) riportata sullasse delle ascisse la lunghezza


donda e sullasse delle ordinate il potere emissivo. possibile
osservare che se il corpo si trova alle basse temperature la sua
radiazione sar collocata nella parte destra del diagramma e questo
significa che il corpo nero emette radiazione termica localizzata nella
zona dellinfrarosso. Il nostro occhio non sensibile e non vediamo tale
radiazione, ma possiamo sentirla con il corpo, sensibile allo scambio
termico radiativo.

Ad esempio se passassimo vicino ad un termosifone che non ha parti


mobili, che non mettono in movimento laria, anche stando a una certa
distanza, possiamo immediatamente percepire il calore che viene da
quellelemento.

Se continuiamo a riscaldare il corpo osserviamo che, al crescere della


temperatura, si modifica, oltre che lenergia globalmente irradiata dal
corpo, anche lo spettro di emissione della radiazione. La curva si sposta
gradualmente al crescere della temperatura e in particolar modo il picco,
in corrispondenza del quale si verifica la massima emissione, si sposta
gradualmente verso sinistra, verso lunghezze donda pi piccole. Man mano
che la temperatura aumenta la frazione di energia emessa nella zona del
visibile tender a crescere. Si arriver ad una certa temperatura alla
quale avremo la massima radiazione in corrispondenza del colore rosso. Se
si continua a riscaldare lemissione nel campo del visibile sar
abbastanza uniforme.

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Man mano che riscaldo un corpo avr una temperatura in cui il colore
della radiazione emessa dal corpo sar rosso, pensiamo alla resistenza
del forno; se continuiamo a riscaldarla diventa arancione e cio
abbiamo il rosso ma anche il giallo che si trova pi o meno al centro
dello spettro del visibile; se potessimo riscaldarlo ancora avremmo il
bianco, con la resistenza del forno non ci riusciamo ma non la
resistenza di una lampada ad incandescenza ci si riesce molto bene. Il
principio di funzionamento di una lampada ad incandescenza
esattamente questo: prendo una resistenza elettrica, faccio passare
della corrente e la porto ad una temperatura pi alta possibile.

Il concetto fondamentale che alla graduale crescita della temperatura,


cambia il comportamento radiativo dei corpi.
I picchi in corrispondenza dei quali si verifica la massima emissione
seguono la legge di Wien:

T=2897.8 [K m] (2.13)

Allaumentare della temperatura la lunghezza donda diminuisce secondo


questa funzione iperbolica (Eq. 9).

Un corpo nero un corpo di riferimento e quindi facendo riferimento ad un


generico corpo che si trova alla temperatura T, il potere emissivo di
corpo nero alla temperatura T rappresenter il riferimento, cio la
massima energia che potr emettere quel corpo.

Figura 2.12. Confronto del potere emissivo di una superficie reale con
quella di una superficie grigia e del corpo nero alla stessa temperatura.

In generale un corpo reale avr un andamento che sar pi o meno ondulato


ma che sar sempre minore dellenergia irradiata dal corpo nero. Il

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comportamento del corpo reale sar pi o meno simile al comportamento del


corpo nero a seconda delle caratteristiche del corpo reale. possibile
ipotizzare che lemissione di un corpo reale possa essere calcolata come
una frazione di quella del corpo nero e quindi si passa da un andamento
pi o meno ondulato ad un andamento approssimato ma ottenuto da un
rapporto costante tra energia irradiata dal corpo nero e quella irradiata
questo corpo che chiameremo corpo grigio.

Un corpo grigio un corpo reale che emette meno energia del copro nero,
in particolare emette una frazione dellenergia del copro nero
indipendente dalla lunghezza donda. Con riferimento ai corpi reali si
introduce una grandezza che prende il nome di EMISSIVITA .

_
=_ riferita allenergia globale (valida per corpi grigi);
`
_a
= riferita a ciascuna lunghezza donda (valida sempre).
_`a

Figura 2.13. Confronto dellemissivit di una superficie reale con quella


di una superficie grigia e del corpo nero alla stessa temperatura.

Figura 2.14. La denominazione corpo grigio viene mutuata dal comportamento


delle superfici rispetto alla luce visibile. Una superficie colorata
appare tale in quanto riflette selettivamente solo alcune lunghezze donda
(ovvero alcuni colori), ma una superficie grigia assorbe in eguale
proporzione tutti i colori dello spettro, perci non esiste una dominante
cromatica, infatti vedremo pi avanti che in questi casi si dice che il
colore non saturo.

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Lemissivit pu variare tra 0 e 1, dove il valore 1 corrisponde al corpo


nero. Per un generico corpo reale pu essere variabile e il passaggio al
corpo grigio si ottiene sostituendo a questo andamento la retta di miglior
adattamento, quella che va a interpolare il comportamento variabile per
ogni lunghezza donda.
Per un corpo grigio si pu dimostrare che lemissivit anche uguale a un
altro parametro che prende il nome di COEFFICIENTE DI ASSORBMENTO perch
quando parliamo di irraggiamento dobbiamo considerare sia lenergia che
viene emessa dal corpo sia quella che viene assorbita.

Figura 2.15. Assorbimento, riflessione e trasmissione della radiazione


incidente.

Facciamo riferimento ad una generica superficie e data lenergia incidente


G, avremo, per il principio di conservazione dellenergia:

G = GA + GR + GT = G + G + G (2.14)

Dove GA lenergia assorbita, GR lenergia riflessa e GT energia


trasmessa e , e sono rispettivamente il coefficiente di assorbimento,
riflessione e trasmissione della radiazione incidente.
Dividendo tutto per G si avr:

+ + = 1 (2.15)

Si pu dimostrare che per un corpo grigio lemissivit, che misura la


frazione, valutata rispetto al corpo nero, di energia che il corpo in
grado di emettere, uguale al coefficiente di assorbimento: =. Questa
relazione vera a condizione che il corpo da cui la radiazione proviene
abbiamo approssimativamente la stessa temperatura del corpo che la riceve.
Se facciamo riferimento alla radiazione solare questa condizione non pi
rispettata dato che la radiazione solare proviene da un corpo con una
temperatura di circa 5800 K, la temperatura terrestre dellordine di 300
K e quindi non potr mai verificarsi questuguaglianza.
Per comprendere come avviene lo scambio termico per irraggiamento partiamo
da due corpi neri (figura 2.16) con =1 e =1.

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Figura 2.16. Corpi neri a temperature differenti

Volendo quantificare la potenza termica che viene scambiata fra due corpi
per effetto dellirraggiamento si rende preliminarmente necessario
definire il cosiddetto fattore di vista Fij, che rappresenta laliquota
dellenergia irradiata dal corpo i che incide sul corpo j. Esso un
parametro puramente geometrico, che dipende dalla posizione relativa delle
superfici e, in alcuni casi particolari come quello di superfici
concentriche o ampie lastre piane parallele, risulta pari a 1.

La relazione con la quale possiamo quantificare lo scambio termico fra una


superficie 1 e una superficie 2, si ottiene scrivendo un bilancio fra la
potenza irradiata da 1 incidente su 2 e quella irradiata da 2 e incidente
su 1 (che avr segno opposto per via del verso):

Q= A1F12 GZ^ - A2F21G ^ =A1F12(GZ^ -G ^ ) (2.16)

Avendo richiamato la propriet di reciprocit (facilmente dimostrabile


imponendo lequilibrio termico fra i due corpi), per cui A1F12 = A2F21.
La quantit di calore scambiato sar uguale alla quantit di calore che
viene emessa dal primo corpo, realisticamente assorbita dal secondo, a cui
viene sottratta la quantit di calore emessa dal secondo corpo,
completamente assorbita dal primo.
Scomponendo (GZ^ -G ^ )= (GZ + G )(GZ G )= (GZ + G )(T1+T2)(T1-T2) e ponendo
hr=(GZ + G )(T1+T2), se il fattore di vista unitario, otteniamo una
formula simile a quella ottenuta per la convezione:

Q= hr A (T1-T2) (2.17)

Se prendessimo corpi con geometria differente dovremmo considerare un


fattore di vista diverso da 1 che andrebbe a influenzare hr.

Nel caso di corpi grigi lenergia emessa dal corpo 1 finir sul corpo 2,
ma solo una parte di questenergia, proporzionale ad , rimane nel corpo
2, mentre la restante torna indietro. In questi casi lespressione della
potenza termica scambiata si complica leggermente e nel coefficiente hr
compariranno anche i coefficienti di assorbimento e le emissivit (che,
per, se i corpi hanno temperature simili, coincidono), per cui: hr= f(,
F12, 1,2).

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La quantit di calore scambiato sar maggiore quanto maggiore il


coefficiente di assorbimento e lemissivit.

Ad esempio se utilizzassi una vernice scura, realisticamente starei


aumentando lemissivit, anche perch la vernice scura fa aumentare il
coefficiente di assorbimento. Se usassi la vernice chiara andrei in
direzione opposta. Se utilizzassi un rivestimento lucido mi sposterei
verso una soluzione nella quale lemissivit sarebbe bassa; I fogli di
alluminio sono caratterizzati da unemissivit molto bassa.
Sugli infissi si utilizzano trattamenti basso-emissivi che riducono
lemissivit superficiale con il vantaggio di ottenere, a parit di
temperatura superficiale dellelemento, un minore scambio di calore con
lambiente circostante.

La combinazione dei diversi meccanismi di scambio


termico

Una volta chiarito il funzionamento delle tre modalit di scambio termico


e le rispettive dipendenze dai diversi parametri fisici possibile
analizzare come esse si combinino insieme negli scambi termici reali.
A tale proposito possiamo prendere ad esempio il caso del corpo umano
posto allinterno di un ambiente confinato. Ipotizziamo che, inizialmente,
il corpo si possa schematizzare privo di vestiario e caratterizzato da una
temperatura superficiale Tsk. Lambiente caratterizzato da una
temperatura dellaria Ta, mentre le superfici che delimitano il volume
daria potranno avere, ciascuno, una propria temperatura superficiale(Ti,
i=1n) Tuttavia, al fine di semplificare lo studio analitico del problema
si soliti ricorrere allintroduzione della cosiddetta temperatura media
radiante che, come sar meglio chiarito nella parte successiva, riveste
grande importanza nella valutazione del benessere termico degli individui
che occupano un ambiente. Per definizione, la temperatura media radiante
(Tmr) quella temperatura che tutte le superfici dovrebbero avere per
scambiare per irraggiamento la stessa quantit di calore che
cumulativamente scambierebbero le singole superfici (ciascuna con la
propria temperatura).
A questo punto, chiarite le condizioni al contorno, possiamo esplicitare
il diverso contributo dovuto ai meccanismi di scambio termico coinvolti.
La conduzione, pur presente in corrispondenza dei piedi, la sola parte del
corpo a diretto contatto con una superficie solida, pu in questa fase
essere trascurata in virt della modesta entit del contributo. Al
contrario lo scambio termico convettivo potr essere quantificato in:

Qc = hc*A*(Tsk-Ta) (2.18)

Quello per irraggiamento sar invece pari a:

Qr = hr*A*(Tsk-Tmr) (2.19)

Se per semplicit ipotizziamo che Tmr = Ta, si pu agevolmente verificare


che possibile raccogliere i termini comuni, per cui:

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Qc+Qr=(hc+hr)*A*(Tsk-Ta) (2.20)

Di norma, si soliti riferirsi alla potenza termica scambiata per


convezione e irraggiamento come scambio termico superficiale, per cui si
assume (hc+hr)=hs, con hs denominato coefficiente di scambio termico
superficiale.
A questo punto diventa interessante analizzare come si modifica lo
scenario nel momento in cui si introduce il contributo della conduzione,
ad esempio ipotizzando che il soggetto indossi uno o pi strati di
vestiario (Fig. 2.17).
In queste condizioni si verr quindi a creare un flusso termico, che
ipotizzeremo di studiare solo in condizioni stazionarie, e che pertanto
sar costante attraverso ciascuno degli strati attraversati. Partendo
sempre dallo strato di pelle a temperatura Tsk, il primo passaggio avverr
attraverso lo strato di aria che separa la pelle dal primo strato di
abbigliamento. Questo un tipico scambio superficiale, per cui la potenza
termica si esprimer come

Q=hsi*A*(Tsk-T1) (2.21)

Il successivo passaggio avverr per conduzione attraverso il primo strato


di vestiario, per cui la potenza si esprimer come:

Q=1 A (T1-T2)/s1 (2.22)

E poi attraverso il secondo:

Q=2 A (T2-Tcl)/s2 (2.23)

E, infine, dalla superficie pi esterna del vestiario lo scambio verso


lambiente seguir quanto stato visto precedentemente:

Q=hse A (Tcl-Ta) (2.24)

A tal punto, per esprimere la potenza termica scambiata in funzione della


differenza di temperatura nota (Tsk-Ta) e in funzione del contributo di
ciascuno degli strati coinvolti, possiamo richiamare il concetto di
resistenza termica gi introdotto parlando della conduzione, da cui
consegue che

Q=(Tsk-T1)/Rsi=(T1-T2)/R1=(T2-Tcl)/R2=(Tcl-Ta)/Rse (2.25)

E quindi, ricordando che in una serie di uguaglianze se facciamo il


rapporto fra la somma di tutti i termini al numeratore e la somma di tutti
i termini al denominatore, questo sar ancora uguale alla serie degli
altri rapporti (ovvero, nel nostro caso, alla potenza termica Q), ne
consegue che:

Q=(Tsk-Ta)/(Rsi+R1+R2+Rse) (2.26)

Pertanto, in presenza di un flusso termico che interessa una sequenza di


strati, in condizioni stazionarie, la potenza termica pu essere

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agevolmente calcolata ricorrendo alla resistenza termica equivalente


intesa come somma delle singole resistenze attribuibili a ciascuno strato.
Lunica accortezza che necessario avere relativa a quei casi, come le
superfici, in cui coesistono simultaneamente due diversi meccanismi di
scambio termico fra i quali viene ripartita la potenza termica attribuita
allo strato. In tal caso necessario sommare fra loro le potenze e quindi
i relativi coefficienti di scambio termico convettivo e radiativo.

Da quanto visto, risulta pertanto possibile determinare il valore della


temperatura superficiale del vestiario (Tcl) richiamando la costanza della
potenza che attraversa ciascuno strato, per cui possibile scrivere

(Tcl-Ta)/Rse = (Tsk-Ta)/Rtot Tcl = Ta + (Tsk-Ta)Rse/Rtot

Tuttavia, nel caso, preferibile esprimere il valore riferendosi alla


resistenza dellabbigliamento e data dalla somma dei primi tre valori,
includendo perci anche la resistenza superficiale pi interna dovuta
allaria (Rcl=Rsi+R1+R2). In tal coso si consegue:

(Tsk-Tcl)/Rcl = (Tsk-Ta)/Rtot Tcl = Tsk (Tsk-Ta)Rcl/Rtot

Come tale si pu osservare che la temperatura sulla superficie esterna del


vestiario dipende, oltre che dalla Tsk e dalla Ta, principalmente dalle
caratteristiche di isolamento del vestiario, cosa che, come vedremo, ci
consentir di caratterizzare e personalizzare la valutazione delle
condizioni di comfort degli individui.

Figura 2.17 Schematizzazione dei flussi termici combinati dovuti ai


diversi meccanismi di trasmissione del calore nei fluidi (convezione e
irraggiamento) e nei solidi (conduzione)

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Lezione #3: Comfort termico2


Benessere termico
La sensazione di comfort termico pu essere definita come lassenza di
sensazione di caldo o freddo allinterno del nostro corpo e pu essere
descritta attraverso lassenza di reazioni fisiologiche involontarie, come
sudorazione o brividi. Dal punto di vista fisico la condizione di
benessere termico scaturisce nel momento in cui il nostro corpo in
equilibrio termico, ovvero quando la quantit di calore che viene
scambiata con lambiente circostante esattamente compensata dallenergia
prodotta dallattivit metabolica.

Infatti, il nostro corpo non altro che una macchina termica capace di
trasformare in calore il combustibile (cibo) bruciato. Questo calore
prende il nome di metabolismo energetico (M) e lo si pu utilizzare in due
modi:
- Producendo lavoro;
- Scambiando calore con lesterno.

Il corpo umano una macchina parecchio scadente, in quanto ha un


rendimento ( = effetto utile / energia spesa per ottenerlo) che si aggira
mediamente tra il 10% ed il 15%, raggiungendo in casi rari picchi del 20%
e quindi spreca molta energia. Dal punto di vista della conversione del
calore in lavoro questa grandezza si ritiene addirittura trascurabile
proprio perch la maggior parte dellenergia che noi produciamo attraverso
il cibo viene utilizzata per scambiare calore con lesterno (Q).

Il metabolismo energetico del nostro corpo viene a dipendere dallattivit


svolta (Fig. 3.1) e si valuta di solito utilizzando una unit di misura
incoerente, il met pari a 58.2 W/m2, pertanto per conoscere la potenza
prodotta da un individuo tramite il metabolismo necessario conoscere
anche la sua area corporea Ab, valutata solitamente tramite la formula di
Du Bois:
Ab = 0.202 Wb0.425 Hb0.725

Figura 3.1 Dipendenza del metabolismo energetico dallattivit svolta

2 A cura di Sciancalepore, Cassone, Giorgio, Lobianco A.A. 13/14

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Ad esempio per un uomo di 70 kg di massa e alto 1.75 m, la superficie


corporea risulta pari a 1.80 m2 e, ipotizzando che svolga unattivit
sedentaria, cui corrisponde M=1.1 met, ci significa che produrr una
potenza di 58.2 (W/m2)x 1.1 x 1.8 (m2) = 115.24 (W). Se si moltiplicasse
questa quantit per il numero di secondi contenuti in un giorno (86400)
otterremmo lenergia giornaliera prodotta dal corpo, pari a 9956 kJ.
interessante osservare che convertendo tale quantit in kcal (1 kcal =
4.186 kJ) si ottiene una energia pari a 2378 kcal, ovvero, grosso modo,
quello che viene ritenuto il fabbisogno calorico che un individuo normale
deve assumere tramite il cibo.

Si dice che siamo in equilibrio termico quando la somma tra il lavoro


compiuto ed il calore scambiato pari al metabolismo energetico.

AbM = Q + L [W] (3.1)

Ma considerato che il calore scambiato con lesterno ed il lavoro prodotto


possono essere sia ceduti che ricevuti, i due termini dellequazione
possono assumere sia segno negativo che positivo.

AbM = Q L [W] (3.2)

Normalmente il lavoro quasi sempre positivo, perch prodotto dal corpo,


ma per il calore, pu succedere che ci sia uno scambio dal corpo
allambiente esterno, o, se la temperatura esterna fosse particolarmente
elevata, viceversa.

Cosa succede quando lequazione non viene soddisfatta?


Quando il bilancio energetico non perfettamente soddisfatto, il
risultato che la temperatura interna del nostro corpo (la cosiddetta
temperatura del nucleo), che dovrebbe rimanere intorno ai 37 C, inizia
a variare. Ci pu la nostra condizione fisiologica di omeotermia, ovvero
la sostanziale invarianza della temperatura corporea nel tempo. Variazioni
di 3 C sono normalmente tollerate, mentre al di fuori dei limiti
dell'intervallo considerato il corpo in condizioni di estrema
vulnerabilit (a basse temperature si corre il rischio di congelamento,
alle alte la coagulazione di alcune proteine), per cui per prevenire
linsorgere di tali nefaste conseguenze il nostro corpo dispone di un
sofisticato sistema di termoregolazione in grado di attivare diversi
meccanismi di difesa.

I meccanismi di tipo naturale o involontario sono:


- a livello fisiologico, mediante lazione vasomotoria;
- a livello comportamentale, mediante sudorazione o brivido.

A ci si possono aggiungere altre azioni di tipo artificiale o volontario


quali:
- modifiche posturali;
- il controllo e ladeguamento dellabbigliamento;
- la modificazione delle condizioni ambientali.

Il primo dei meccanismi di termoregolazione naturali, lattivit


fisiologica vasomotoria, consiste nella modifica involontaria del flusso

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sanguigno in prossimit della superficie della pelle (vasodilatazione o


vasocostrizione). Esso ha come effetto quello di aumentare o diminuire
dapprima gli scambi termici tra il nucleo e la superficie del corpo,
quindi (per effetto dellaumento o della diminuzione della temperatura
della pelle) anche gli scambi termici tra superficie del corpo e ambiente.
Tale modifica avviene grazie allintervento dellipotalamo, struttura
del sistema nervoso centrale situata nella zona centrale interna ai
due emisferi cerebrali, che gestisce, tra le altre cose, la rete dei
sensori che abbiamo distribuiti sul nostro corpo (essenzialmente a livello
cutaneo).
Qualora il meccanismo vasomotorio non sia sufficiente a garantire gli
scambi termici necessari subentra il secondo tipo di meccanismo di
carattere naturale, ovvero quello di carattere comportamentale. A seconda
che lo scambio termico debba essere aumentato o ridotto subentrano la
sudorazione o il brivido.

Figura 3.2. Meccanismi di termoregolazione naturale

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Nel primo caso, la sudorazione favorisce una maggiore cessione di calore


corporeo dal momento che le goccioline di soluzione salina che vengono
rilasciate per passare dallo stato liquido a quello di vapore richiedono
una elevata quantit di calore latente. Tuttavia, affinch questo
meccanismo possa funzionare efficacemente, necessario che laria
circostante non sia gi troppo carica di vapore, nel qual caso il sudore
permane sulla superficie corporea senza riuscire ad evaporare. Nel secondo
caso, i brividi determinano in modo del tutto involontario, un aumento
dellattivit muscolare e, quindi, del metabolismo energetico.

Ci sono poi i meccanismi di tipo volontario: prima di tutto la scelta di


un adeguato abbigliamento e quindi, ove possibile, il ricorso a sistemi
che consentano la modificazione delle condizioni termo-igrometriche
ambientali mediante gli impianti di climatizzazione.

Alcuni esperimenti hanno dimostrato che:


- l'attivazione del meccanismo vasomotorio, anche in presenza di una
leggera sudorazione, non compromette la sensazione di comfort;
- quando invece il corpo umano deve attivare anche i meccanismi di
termoregolazione naturali di tipo comportamentale, sudorazione visibile o
brivido, la sensazione percepita dall'uomo decisamente di discomfort.

Ma, a questo punto, si rende necessario comprendere da quali parametri


viene a dipendere lo scambio termico fra il corpo e lambiente, in modo da
poterne controllare adeguatamente gli effetti.

Lo scambio termico corpo-ambiente


La potenza termica che il corpo umano scambia con lambiente circostante
pu essere quantificata esaminando individualmente i diversi contributi,
dovuti ai meccanismi di scambio termico coinvolti. Fondamentalmente gli
scambi termici possono essere di tipo sensibile, ovvero dovuti a
differenze di temperatura fra lambiente e il corpo, oppure latenti,
legati cio allevaporazione cutanea o alla respirazione. Nel primo caso
il corpo deve essere inteso come corpo vestito, pertanto la temperatura
rilevante sar quella della pelle (Tsk) solo per le parti scoperte, oppure
quella superficiale valutata sulla parte pi esterna del vestiario (Tcl).
Tenendo conto di quanto visto a proposito dei diversi meccanismi di
scambio termico, questultima dipender dalla differenza di temperatura
fra aria e pelle, nonch dalla resistenza termica dellabbigliamento
(Icl). Inoltre la presenza di correnti daria (dipendenti dalla velocit
dellaria, va) potr favorire gli scambi di tipo convettivo, mentre la
presenza di superfici con temperatura diversa rispetto a quella dellaria
potr contribuire ad enfatizzare gli scambi termici di tipo radiante. A
tal proposito, si rende necessario introdurre il concetto di temperatura
media radiante (Tmr), intesa come la temperatura fittizia che lintero
involucro dovrebbe uniformemente avere per dar luogo allo scambio per
irraggiamento che avviene nella realt (Fig. 3.2). Infine, sebbene le
parti del corpo a diretto contatto con altre superfici solide sono
limitate, di fatto, ai soli piedi, vi potr essere anche un contributo
dovuto a conduzione pura.

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Figura 3.3. La temperatura media radiante di un ambiente la temperatura


che le sue superfici dovrebbero avere per poter scambiare con lindividuo
la stessa quantit di calore che viene scambiata complessivamente da
ciascuna di esse, considerando la temperatura effettiva a cui si trova.

Per quanto riguarda gli scambi termici latenti, invece, entreranno in


ballo tutti quei fattori che possono favorire levaporazione dellacqua,
come lumidit relativa dellaria e la sua temperatura, ma anche le
caratteristiche dellabbigliamento, come la permeabilit al vapore e la
percentuale di superficie corporea che viene effettivamente coperta.

In sintesi, i diversi contributi possono essere cos sintetizzati:

Esk [W], misura la potenza termica dispersa per evaporazione


attraverso la pelle, pertanto costituita da una sola componente
latente che dipende dallumidit relativa dellaria, dalla
temperatura dellaria, dalla temperatura della pelle, dalla velocit
relativa soggetto aria, oltre che dal tipo di abbigliamento e dalla
percentuale di pelle bagnata dal sudore;
Rres [W], misura la potenza termica dispersa nella respirazione,
costituita da una quota di calore latente e una quota di calore
sensibile e dipende da attivit svolta, umidit relativa dellaria e
temperatura dellaria;
C [W], misura la potenza termica scambiata per convezione pura e
dipende da temperatura della superficie esterna del corpo vestito,
temperatura dellaria, velocit relativa soggetto-aria,
caratteristiche dellabbigliamento;
R [W], misura la potenza termica scambiata per irraggiamento e
dipende dalla temperatura della superficie esterna del corpo
vestito, dalla temperatura media radiante (o, per essere pi
precisi, da temperatura ed emissivit di ciascuna superficie e dai
rispettivi fattori di vista) e dalle caratteristiche
dellabbigliamento.
K [W], misura la potenza termica scambiata per conduzione

Prima di esaminare in che modo i contributi sopra elencati concorrono a


definire le condizioni di comfort termico individuale, si rende necessario
per comprendere meglio come possa essere contabilizzato il contributo
dellabbigliamento.

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Se la pelle a diretto contatto con laria ambiente, lo scambio termico


avverr per convezione e irraggiamento, partendo da una temperatura
superficiale pari proprio a quella della pelle. Ma se fra la pelle e
laria si frappongono uno o pi strati, rappresentati dai diversi capi di
abbigliamento indossati e dallaria interposta fra essi, la nostra
temperatura alla quale si trover la superficie pi esterna del vestiario
(Tcl) verr a dipendere dalla differenza di temperatura fra Tsk e Ta, ma
soprattutto dalla resistenza termica R opposta dallabbigliamento.
Si visto, infatti, parlando dello scambio termico che la differenza che
si verifica allinterno di uno strato direttamente proporzionale al
rapporto tra la resistenza di quello strato e la resistenza totale che
viene attraversata:

Ti=(Ri/Rtot) * Ttot (3.3)

Il passaggio di calore che avviene tra la superficie della nostra pelle e


lambiente esterno incontra due resistenze: una puramente conduttiva e
una che sar una combinazione degli effetti convettivi e radiativi.
La cosa interessante che se aumentiamo la resistenza termica del nostro
abbigliamento aumenteremo anche la differenza di temperatura tra la
superficie della pelle e la superficie esterna dellabbigliamento, di
conseguenza andremo a ridurre il calore scambiato con lambiente esterno.
Controllando la resistenza termica dellabbigliamento abbiamo quindi la
possibilit di limitare gli scambi termici.
Lunit di misura solitamente usata per la resistenza termica
dellabbigliamento , come per il metabolismo, ununit incoerente, il
clo, che per pu essere facilmente espressa nelle unit di misura del
S.I.: mC/ W

1 CLO=0,155 mC/ W (3.4)

La scala dei clo strutturata in modo che ad una persona nuda corrisponda
un valore di 0,0 mentre un abbigliamento maschile da ufficio abbia una
resistenza termica pari a 1,0 clo. La dipendenza dellisolamento termico
dellabbigliamento dalle caratteristiche del vestiario sar meglio
chiarita pi avanti.

Figura 3.3. Diversi valori di isolamento termico dellabbigliamento

Una volta chiarito questo aspetto, possibile combinare insieme i diversi


contributi allinterno di una sola equazione, in base alla quale:

M Ab L Esk Rres C R K = S (3.5)

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In cui S rappresenta il calore accumulato o ceduto dal nucleo, per cui a


valori diversi da zero corrispondono differenti livelli di discomfort
termico.

Esplicitando i singoli contributi in funzione delle sole variabili


indipendenti, possibile verificare che la suddetta equazione viene a
dipendere solo da quattro grandezze caratterizzanti lambiente (Ta, va,
URa, Tmr) e due caratterizzanti lindividuo (M, Icl).

In particolare, il metabolismo energetico M compare direttamente nella


(Eq. 7); la resistenza termica dellabbigliamento, Icl, compare nella
valutazione delle potenze termiche disperse per convezione ed
irraggiamento. La temperatura di bulbo asciutto dellaria umida, Ta,
influenza la potenza termica rilasciata per convezione e laliquota
sensibile della potenza termica rilasciata per respirazione. Lumidit
relativa (o grado igrometrico) dellaria umida presente in ambiente, URa,
influenza la potenza termica rilasciata per evaporazione del sudore,
quella legata al vapore diffuso attraverso la pelle in ambiente
(traspirazione) e laliquota latente della potenza termica rilasciata per
respirazione (tutte queste potenze termiche latenti si riducono
allaumentare dellumidit relativa dellaria ambiente). La velocit
dellaria, va, influenza i coefficienti di scambio che caratterizzano i
fenomeni di trasporto di massa e di energia che influenzano la potenza
termica dispersa per convezione e quelle connesse al sudore ed alla
traspirazione: valori accettabili della va sono compresi tra 0.05 e 0.40
m/s, meglio ancora se inferiori a 0.15 m/s circa. Infine, la temperatura
media radiante, Tmr, influenza lo scambio termico radiativo: si noti che
pu capitare che le potenze convettiva e radiativa abbiano verso opposto,
ad esempio nel caso di aria fredda e pareti calde (per la presenza di un
camino o di un impianto di riscaldamento a parete o a pavimento), o nel
caso di aria calda e pareti fredde (ad esempio per la presenza di ampie
superfici vetrate).

Ora, lequazione 7 sebbene fornisca tutte le informazioni necessarie a


comprendere se la temperatura del nucleo sta aumentando o diminuendo non
fornisce una informazione di facile interpretazione per i non specialisti.
Pertanto, a seguito degli studi condotti negli anni 70 dal ricercatore
danese Ole Fanger, il quale indag la reazione soggettiva di un gruppo di
individui a diverse combinazioni microclimatiche mediante limpiego di una
scala di valutazione a 7 punti variabile fra 3 (corrispondente a molto
freddo) e +3 (corrispondente a molto caldo), con lo 0 a rappresentare la
condizione di neutralit termica (comfort). Al termine egli trov una
relazione empirica che, partendo dalla determinazione del termine S della
Eq. 7, restituiva una numero compreso fra 3 e +3, analogo alla scala da
lui usata per far valutare la sensazione termica ai soggetti partecipanti.
Tale indice numerico fu chiamato Predicted Mean Vote (voto medio previsto)
e abbreviato con PMV. Come sottolinea il nome, esso da intendersi come
il voto che una popolazione statisticamente ampia di soggetti esprimerebbe
in relazione alle condizioni ambientali a cui si trova esposta. Ci vuol
dire che i voti dei singoli partecipanti si distribuiranno normalmente
intorno al valor medio, e pertanto anche quando il PMV risulta pari a 0 il
modello non esclude la presenza di un numero, seppur ridotto, di persone
che proveranno una sensazione termica diversa da zero e conseguentemente

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saranno insoddisfatti delle condizioni termiche. Sempre traendo spunto


dagli studi condotti, Fanger trov una relazione analitica per esprimere
la percentuale di soggetti insoddisfatti in funzione del valore del PMV.
Tale grandezza, denominata predicted percentage of dissatisfied (PPD)
assunta pari a:

PPD = 100 95 e(0.03353PMV^4 + 0.2179PMV^2) (3.6)

Come si pu osservare dal diagramma della Figura 3.4, quando il PMV pari
a zero il PPD comunque pari al 5%, mentre se il PMV compreso fra -0.5
e +0.5 la percentuale sale al 10%. Tale il limite normalmente accettato
negli ambienti termici moderati.

Figura 3.4 Relazione fra PMV e PPD

Da quanto visto sinora, raggiungere il comfort termico operazione


complessa dal momento che malgrado tutti gli sforzi effettuati sul
controllo delle variabili ambientali ci potranno sempre essere soggetti
statisticamente insoddisfatti dello stesso. Pertanto lobiettivo da
perseguire dovrebbe essere quello di minimizzare per quanto possibile il
numero di questi ultimi. I parametri sui quali agire devono
necessariamente dipendere dal tipo di attivit svolta e dallabbigliamento
indossato (Fig. 3.5). Questultimo risultando spesso la pi difficile
variabile da stimare, stante la estrema soggettivit dello stesso.
Tuttavia, proprio per questo, la scelta di un idoneo abbigliamento pu
essere il modo migliore per adattarsi ad un ambiente termico non ottimale
rispetto a quelli che sono i propri gusti individuali.

Figura 3.5 - Il comfort termico sempre il risultato della combinazione


di parametri ambientali e individuali

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Il discomfort termico locale

Per valutare correttamente gli ambienti dal punto di vista


termoigrometrico non sufficiente determinare il PMV ma necessario
anche verificare che non esistano condizioni di discomfort locale, ovvero
di discomfort localizzato esclusivamente ad alcune zone del corpo umano. I
fenomeni legati al discomfort termico locale possono essere raggruppati in
4 categorie :

1) Discomfort da corrente daria;


2) Discomfort da asimmetria media radiante;
3) Discomfort da differenza verticale della temperatura dellaria;
4) Discomfort da temperatura del pavimento.

Figura 3.6 Diverse cause di discomfort localizzato

Discomfort da corrente daria

La velocit dellaria in un ambiente chiuso fluttua continuamente nel


tempo per effetto dei movimenti naturali dellaria, del moto imposto dalla
ventilazione naturale oppure dagli impianti di ventilazione o
climatizzazione.
Il sistema di termoregolazione non riesce ad adattarsi alle sollecitazioni
localizzate su una parte del corpo umano, come le correnti daria, oppure
ad azioni pulsanti come la fluttuazione di velocit, pertanto reagisce
alle condizioni medie. In tal modo la parte interessata dal flusso daria
risulta male adattata alle condizioni ambientali e si percepisce una
sensazione di disagio. Per caratterizzare la fluttuazione dellaria si usa

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la grandezza chiamata indice di turbolenza (Tu), espressa in percentuale


e correlata allentit delle variazioni che la velocit dellaria subisce.
Con Tu=40% e Ta= 26C, la velocit dellaria non deve superare il valore
di 0.2 m/s se si vuole che la percentuale di insoddisfatti risulti non
superiore al 15%.

Figura 3.7 Correlazione fra temperatura e velocit dellaria, indice di


turbolenza e percentuale di insoddisfatti

Discomfort da asimmetria radiante delle temperature

Se si sta in piedi di fronte ad un fal ardente in un giorno di freddo,


dopo un po di tempo si sentir la parte posteriore del corpo
fastidiosamente fredda. A questo disagio non si pu ovviare mettendosi pi
vicini al fuoco, perch ne risulterebbe un aumento della temperatura
corporea. Questo un esempio di quanto una radiazione termica non
uniforme possa essere causa di una sensazione di discomfort per il corpo.
Per rappresentare questa non uniformit del campo radiante, viene usata la
grandezza asimmetria media radiante, anche detta asimmetria della
temperatura radiante (tpr), definita come la differenza tra la
temperatura piana radiante(tpr) valutata in una certa direzione.
Gli esperimenti condotti su persone esposte a variazioni della asimmetria
di temperatura radiante, hanno dimostrato che i soffitti caldi e le
finestre fredde sono la causa dei maggiori disagi termici. Durante questi
esperimenti tutte le altre superfici della stanza e laria sono state
mantenute ad uguale temperatura.

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Figura 3.8 Correlazioni fra percentuali di insoddisfatti e differenze di


temperatura piana radiante in direzione verticale e orizzontale

Disagio localizzato da gradiente verticale di temperatura dellaria

Generalmente non piacevole sentire caldo alla testa ed allo stesso tempo
avvertire freddo ai piedi, a prescindere dal fatto che ci sia causato da
irraggiamento o convezione.
Sono stati fatti degli esperimenti con persone in stato di neutralit
termica; i risultati mostrano che 3C di differenza nella temperatura
dell'aria tra la testa ed i piedi determinano una percentuale di
insoddisfatti pari al 5%. I 3C sono riportati come livello di
accettabilit nella UNI-EN-ISO 7730 per una persona seduta che svolge
unattivit sedentaria.
La differenza verticale della temperatura dellaria viene espressa come la
differenza tra la temperatura dellaria a livello della caviglia e la
temperatura dellaria a livello del collo.

Discomfort da temperatura del pavimento

Il discomfort locale ai piedi, dovuto al contatto diretto con il


pavimento, pu essere spesso determinato da una temperatura di
questultimo troppo alta o troppo bassa.
Parlare di discomfort causato dalla temperatura del pavimento non
corretto in quanto lo scambio termico attraverso i piedi che produce il
discomfort. Questo scambio dipende anche da altri parametri oltre che
dalla temperatura del pavimento; di grande importanza sono la
conducibilit termica e la capacit termica del materiale di cui fatto
il pavimento e il tipo di calzature indossato. Il motivo per cui un
pavimento di sughero d una sensazione termica di caldo, mentre un
pavimento di marmo d una sensazione di freddo nella differenza tra i
valori di conducibilit termica e capacit termica esistente tra i due
materiali.
Se le persone indossano normali calzature da casa, il materiale di cui
fatto il pavimento meno importante; in ogni caso stato possibile
stabilire dei livelli di comfort proprio per questa situazione "normale".
La norma UNI-EN-ISO 7730 fissa i livelli di comfort per una attivit
sedentaria in corrispondenza di una percentuale di insoddisfatti pari al

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10%, il che porta a considerare accettabile una temperatura del pavimento


variabile tra 19C e 29C.
I limiti di temperatura del pavimento nel caso di persone a piedi nudi
sono leggermente differenti: in un bagno la temperatura ottimale pari a
29C per un pavimento in marmo e a 26C per un pavimento di linoleum su
legno.

Figura 3.9. Il discomfort localizzato dovuto a gradiente termico verticale


(sinistra) e pavimento freddo (destra). Nel primo caso il parametro
rilevante la differenza di temperatura valutata fra testa (h=1.7m) e
caviglia (h=0.10m), mentre nel secondo il parametro rilevante la
temperatura del pavimento.

Lisolamento termico del vestiario

La valutazione della resistenza termica dellabbigliamento viene


effettuata tramite tabelle riportate dalla norma UNI 9920. La norma
fornisce varie possibilit, nel senso che si va dalla valutazione pi
semplice, fatta mediante tabelle che riportano i valori di resistenza
termica relativi a generici capi di abbigliamento quotidiani o da lavoro,
un esempio dei quali riportato in Figura 3.10, ad una valutazione pi
complicata, fatta con tabelle che riportano insiemi di capi di
abbigliamento quotidiani o da lavoro, fino ad una valutazione per cos
dire sofisticata, fatta utilizzando pi tabelle che tengono conto sia del
modello e delle caratteristiche del singolo capo che del tipo di tessuto
con cui questultimo realizzato.

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Figura 3.10 Differenti valori di isolamento termico complessivo


derivante dalla combinazione di diverse tipologie di vestiario

Tutti i dati tabellati disponibili vengono ricavati in camera climatica su


manichino termico in piedi, immobile. Pero ogni capo di abbigliamento
possono essere determinati due distinti valori di isolamento: quello
totale (IT) inteso come la somma di tutte le resistenze termiche
interposte fra la pelle e lambiente circostante e lisolamento intrinseco
(Icl) definito considerando tutti gli strati dalla pelle alla superficie
pi esterna dellabbigliamento. Il primo pertanto uguale al secondo con
laggiunta dellisolamento dellaria (Ia), opportunamente ponderato
mediante il fattore di copertura dellabbigliamento (fcl) che pari al
rapporto fra larea coperta dai vestiti e larea totale del corpo:

IT = Icl + Ia/fcl

Lisolamento dovuto allaria viene a dipendere dai coefficienti di scambio


termico convettivo e radiativo, i quali vengono a dipendere dai parametri
ambientali, secondo formule riportate dalla norma ISO 9920.

La determinazione dellisolamento intrinseco pu essere effettuata


direttamente a partire da combinazioni predeterminate riportate dalla
normativa, oppure Nel caso si vogliano comporre abbigliamenti a partire da
singoli capi lisolamento totale deve essere calcolato con la relazione:

Icl= 0,161 + 0,835 Iclu (3.7)

La resistenza termica dellabbigliamento poco influenzata dal tipo di


tessuto, mentre dipende dallo spessore e dalla superficie di area coperta.
Partendo da questo presupposto, possibile ricavarne il valore
utilizzando una delle seguenti formule:

Icl = 0,919 + 0,255 m 0,00874 Ab - 0,00510 Acl (3.8)

con:
m = massa dellabbigliamento (tranne le scarpe), kg;
Ab = area della superficie del corpo umano non coperta da abiti, m2;

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Acl = area della superficie del corpo umano coperta da un singolo strato
di abbigliamento, m2;

Ambedue le aree sono espresse in percentuale rispetto al totale e sono


ricavabili dalla Figura 3.11.

Figura 3.11 Percentuale di superficie corporea (valutata rispetto al


totale) di pertinenza di ciascuna parte del corpo
Un aspetto importante da considerare con riferimento al vestiario la
valutazione delle sue caratteristiche in relazione alla permeabilit al
vapore. Infatti, si visto che tutte le componenti di scambio termico
latente sono fortemente influenzate da questo aspetto. Pertanto vale la
pena esaminare i parametri da cui il flusso di vapore attraverso
labbigliamento viene a dipendere.

La resistenza evaporativa per unit di superficie (Re), misurata in


m2kPaW-1, genericamente definita dalla relazione:

Re = A pv/G (3.9)

con:
A = area della superficie di scambio termico, m2;
pv = differenza di pressione parziale, kPa;
G = potenza evaporativa scambiata attraverso la superficie, W.

Per caratterizzare la resistenza evaporativa dell'abbigliamento nella


letteratura tecnica sono comunemente utilizzate diverse grandezze, ma la
resistenza evaporativa totale, Re,T, quella a cui pi facilmente fare
riferimento. Essa espressa in m2kPaW-1 ed definita come:

Re,T = Ab(pvs,sk pa)/G (3.10)

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con:
Ab = area della superficie del corpo umano, m2;
pvs,sk = tensione di vapore alla temperatura della pelle, kPa;
pa = pressione parziale del vapore nellaria, kPa;
G = potenza termica evaporativa, W;

Come si pu notare la definizione analoga a quella di resistenza termica


in cui al posto della differenza di temperatura compare la differenza di
pressione e al posto della potenza termica sensibile compare quella
evaporativa. Alternativamente, partendo dallisolamento termico, si pu
esprimere Re,T come:

Re,T = IT/(L im) (3.11)

con:
IT = isolamento termico totale del vestiario
L = relazione di Lewis, L=16,5 K.kPa-1;
im = indice di permeabilit statica dellabbigliamento, adim.

Questultimo pu essere ricavato dalla Tabella 3.1 e vale 0.5 per la pelle
scoperta, mentre tende a zero in presenza di capi scarsamente permeabili.
In condizioni normali si pu ragionevolmente assumere il valore pari a
0.34, per cui la 3.11 si riscrive come:

Re,T = 0.16(Icl + Ia/fcl) (3.12)

Tabella 3.1. Dati tipici dellindice di permeabilit statica


dellabbigliamento per alcune tipologie di abbigliamento.

La presenza di due differenti valori dovuta alla possibilit di


formazione di condensa nellabbigliamento o alla superficie di
questultimo; la relazione per interpolare tra i due estremi
dellintervallo di temperatura la seguente:

im= im,15 + (1-)im,30,

con: = (30 ta)/15

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La norma riporta anche tabelle con i valori di resistenza evaporativa


totale e di indice di permeabilit per alcuni abbigliamenti composti da
capi caratterizzati in termini di modello e tessuto. Tutti i dati
tabellati disponibili sono stati ricavati in camera climatica su manichino
termico bagnato o sudato, in piedi, immobile.
Infine, le grandezze evaporative possono essere facilmente calcolate a
partire da quelle termiche intrinseche (Icl) con la seguente relazione:

Re,cl = 0.06 Icl/im,cl (3.13)

Ovvero, tenendo conto del valore tipico di im pari a 0.34, si ha:

Re,cl = 0.18*Icl (3.14)

Infine, un aspetto da considerare nella valutazione dellisolamento


termico dovuto allabbigliamento quello legato al contributo dellaria
trattenuta fra i diversi strati di tessuto sovrapposti. Tale aria pu
essere pi o meno ferma e, conseguentemente, svolgere un ruolo ben diverso
dal punto di vista dellisolamento termico. In particolare, quando le
persone si muovono, questaria, insieme a quella che entra attraverso le
aperture dei capi, quali polsini e colletti, entra in movimento
determinando un effetto, noto come pumping effect, che pu essere
determinato anche da elevati valori di velocit dellaria, dovuti ad
esempio alla presenza di vento. In conseguenza del pumping effect si pu
determinare una compressione degli strati di tessuto, che ne riduce lo
spessore con conseguente variazione sia dellisolamento termico sia della
resistenza evaporativa. Uno schema del pumping effect riportato in
Figura 3.12. Considerando che i valori della resistenza termica e di
quella evaporativa riportati nelle tabelle della norma e, pi in generale,
nella letteratura tecnica, sono tutti stati ricavati su manichino
immobile, per tener conto del pumping effect si pu utilizzare un modello
di calcolo in cui si considera sia la velocit relativa dellaria rispetto
al soggetto sia la velocit con cui il soggetto cammina.

Figura 3.12 Schema del pumping effect

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