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MECCANICA E MACCHINE

G. Cornetti

MECCANICA E MACCHINE
Per Istituti Tecnici Industriali
Progetto grafico e copertina:
Valentino Oro

Realizzazione:
Ufficio tecnico Novidee - Torino

Videoimpaginazione e illustrazioni:
JGL - Torino

Realizzazione lastre CTP:


Lithonova - Torino

Stampa:
Signum Scuola - Torino

PrOPrIeT LeTTerArIA rISerVATA


Leditore, nellambito delle leggi internazionali sul copyright, a di-
sposizione degli aventi diritto non potuti rintracciare.

I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o par-


ziale, con qualsiasi mezzo, compresi microlm e copie fotostatiche,
sono riservati per tutti i Paesi.

1 edizione: Marzo 2000

Ristampa:
10 9 8 7 6 2009 2008 2007 2006 2005
A questo volume allegato il diagramma
di Mollier del vapor dacqua.

eDIZIONI SIGNUM SCUOLA


Via Sansovino, 243/22 - 10151 Torino
Telefono 011/451.36.11
Internet: www.signumscuola.it
e-mail: info@signumscuola.it
In copertina:
Analisi fotoelastica della distribuzione
delle sollecitazioni nella biella
di un motore presso il Centro
Ricerche Iveco di Arbon in Svizzera.
PREFAZIONE

Il corso presenta i concetti di base della meccanica e delle macchine rispettando i limiti di un
corso annuale. Il capitolo introduttivo, dedicato ai principi della meccanica e delle macchine ed
alle unit di misura, seguito da undici capitoli di meccanica e dieci capitoli di macchine. La
meccanica inizia con il secondo capitolo su forze e momenti, seguono cinque capitoli di statica
e si conclude con cinque capitoli dedicati allo studio dei movimenti dei corpi, delle forze, che
accompagnano oppure causano questi movimenti, e delle applicazioni agli organi delle mac-
chine. Le macchine a fluido iniziano con il capitolo tredici, dedicato alle fonti di energia e alle
emissioni; seguono due capitoli di idraulica e macchine idrauliche e quindi sei capitoli dedicati
alle scienze termiche, termodinamica e trasmissione del calore, e alle macchine termiche. Il
corso termina con il capitolo ventidue che esamina la conversione di energia di sistemi diversi
nelle trasformazioni non cicliche, come avviene ad esempio nelle pile a combustibile, e nelle
trasformazioni cicliche, tipiche del motore termico.

Per rendere pi efficace la funzione didattica del testo, lapprofondimento dei principi fisici e
la loro applicazione allo studio della meccanica e delle macchine sono stati affrontati attraverso:
Il largo uso degli esempi (oltre 120) posti immediatamente a valle della presentazione della
teoria. Lesempio spesso seguito da commenti intesi a chiarire la procedura seguita e a inte-
grare la trattazione fatta nel testo. Alla fine di ogni capitolo, sono riportati degli esercizi piut-
tosto semplici (circa 350) con a fianco il risultato.
La conclusione di ogni capitolo con un sommario, sintesi dei concetti fondamentali e delle
formule principali.
Luso sistematico dellunit di misura che, posta accanto al numero, rende immediatamente
riconoscibile le dimensioni della grandezza trattata.
Limpiego dei colori per
evidenziare le equazioni pi importanti del singolo capitolo (arancio) oppure a livello gene-
rale (giallo);
isolare i diversi termini del bilancio energetico;
facilitare la comprensione dei disegni di meccanica e del funzionamento delle macchine.
Unappendice con:
richiami delle nozioni di base di matematica e di trigonometria;
i principali casi di travi inflesse;
le propriet e le trasformazioni dei gas perfetti.
Otto tabelle, le prime cinque allinterno della copertina e le ultime tre a fine volume, dalle
quali possibile ricavare:
i fattori di conversione e i prefissi delle unit di misura;
le costanti che pi ricorrono nella meccanica e nelle macchine;
VI PREFAZIONE

le principali formule trigonometriche;


le coordinate del baricentro, larea di una superficie e la lunghezza di una linea;
i momenti di inerzia delle superfici;
la massa e i momenti di inerzia di massa dei solidi.

LAutore desidera ringraziare coloro che hanno rivisto con pazienza lopera: il dr. Pietro
Cornetti e il prof. Fabrizio Pirri del Politecnico di Torino rispettivamente per la statica e la cine-
matica/dinamica. Un particolare ringraziamento va al prof. Livio Leonessa dalla cui lunga espe-
rienza didattica nata una collaborazione che ha portato alla stesura di parti di meccanica che
sono state evidenziate nel testo.
SIMBOLI

Simbolo Grandezza Unit


A Area di una sezione m2
a Accelerazione m/s2
C Corsa dello stantuffo mm
Cx Coefficiente di resistenza aerodinamica
cp Capacit termica massica a pressione costante kJ/(kgK)
cv Capacit termica massica a volume costante kJ/(kgK)
Ds Diametro specifico
E Modulo di elasticit o modulo di Young MPa
f Frequenza: numero di cicli al secondo Hz = 1/s
F Forza N
G Modulo di elasticit tangenziale MPa
g Accelerazione di gravit m/s2
Hi Potere calorifico inferiore MJ/kg
h Entalpia massica kJ/kg
I, I Momenti di inerzia geometrici m4
Ixx, Iyy, Izz Momenti di inerzia di massa rispetto a x, y, z kgm2
iV Cilindrata totale di un motore con i cilindri dm3
JO Momento di inerzia geometrico polare rispetto al punto O m4
k Rigidezza di una molla kN/m
L, l Lavoro, lavoro massico kJ, kJ/kg

L Lavoro nellunit di tempo (Potenza meccanica) kW


M Momento, momento flettente Nm
Mt Momento torcente Nm
m Massa kg
m Portata in massa kg/s
N Carico assiale normale alla sezione kN
n Coefficiente o fattore di sicurezza
Frequenza di rotazione (o frequenza rotazionale) s 1
P Potenza kW
p Pressione Pa
VIII SIMBOLI

Simbolo Grandezza Unit


Q, q Calore, calore massico kJ, kJ/kg

Q Calore scambiato nellunit di tempo (Potenza termica) kW
qb Consumo specifico di combustibile g/MJ
R Costante del gas nellequazione di stato kJ/(kgK)
Numero di Reynolds
Reazione vincolare N
Resistenza kN
s Entropia massica kJ/(kgK)
S Momento statico m3
T Forza di taglio tangente alla sezione N
Periodo s
Temperatura K, C
t Tempo s
U Coefficiente globale di scambio W/(m2K)
u Energia interna massica kJ/kg
V, v Volume, volume massico m3, m3/kg

V Portata in volume m3/s
v Velocit m/s
w Carico per unit di lunghezza (o carico lineico) kN/m
Z Modulo di resistenza a flessione o modulo della sezione m3

Simbolo
Grandezza Unit
(lettere greche)
(alfa) Angolo rad,
(beta) Rapporto di pressione
(gamma) Rapporto delle capacit termiche cp/cv
(epsilon) Accelerazione angolare rad/s2
(eta) Rendimento
(mi) Coefficiente di attrito
Viscosit dinamica (Ns)/m2
n (ni) Rapporto di Poisson
Viscosit cinematica mm2/s
(ro) Massa volumica kg/m3
Rapporto di compressione
Raggio di inerzia m
(sigma) Sforzo normale MPa
(tau) Sforzo tangenziale o sforzo di taglio MPa
Rapporto totale di trasmissione
(fi minuscolo) Angolo di attrito rad,
(omega) Velocit angolare rad/s
s Velocit specifica
SOMMARIO

Prefazione V

Simboli VII

PRINCIPI DELLA MECCANICA E DELLE MACCHINE

1. MECCANICA E MACCHINE
1.1 Che cosa tratta la meccanica 3
1.2 Fondamenti della meccanica elementare 4
1.3 Fondamenti delle scienze termiche 5
1.4 Dimensioni 6
1.5 Unit di misura 8
1.6 Sistemi di unit di misura 8
1.7 Unit fondamentali e unit derivate 8
1.8 Lunghezza, area e volume 10
1.9 Massa 10
1.10 Tempo 10
1.11 Temperatura 11
1.12 Angolo 12
Esempio 1.1 - Conversione di gradi decimali e radianti 12
Esempio 1.2 - Conversione di gradi sessagesimali 13
1.13 Velocit 13
1.14 Accelerazione 13
1.15 Forza 14
Esempio 1.3 - Misura della massa al polo nord e allequatore 14
1.16 Lavoro, energia e coppia 16
1.17 Potenza 16
1.18 Pressione 17
1.19 Grandezze specifiche 17
1.20 Simbologia 18
Esempio 1.4 - Conversione di unit di misura 19
1.21 Sommario 20
ESERCIZI PROPOSTI 21
X SOMMARIO

MECCANICA

2. FORZE E MOMENTI
2.1 Forze 25
2.2 Scalari e vettori 26
2.3 Composizione di forze nel piano 27
Esempio 2.1 - Composizione grafica e analitica di due forze 30
2.4 Scomposizione di forze 31
Esempio 2.2 - Scomposizione di una forza secondo due direzioni 32
2.5 Teorema delle proiezioni 33
Esempio 2.3 - Risultante di quattro forze 34
2.6 Momento di una forza 36
Esempio 2.4 - Momento di una forza rispetto a un punto 38
2.7 Teorema di Varignon 39
Esempio 2.5 - Calcolo del momento attraverso le componenti 40
Esempio 2.6 - Posizione della risultante di forze parallele 41
Esempio 2.7 - Momento risultante di un sistema di forze piano 43
2.8 Coppia di forze 44
2.9 Coppia di trasporto e sistemi equivalenti 45
Esempio 2.8 - Sostituzione di una coppia e di una forza con una unica
forza equivalente 47
Esempio 2.9 - Sistemi equivalenti di forze 49
2.10 Sommario 51
ESERCIZI PROPOSTI 52

3. LEQUILIBRIO STATICO
3.1 Equilibrio di un corpo rigido 57
Esempio 3.1 - Equilibrio di sistemi di forze 59
3.2 Diagramma di corpo libero 60
3.3 Vincoli 61
3.4 Forze esterne: carichi e reazioni 62
3.5 Strutture labili, isostatiche e iperstatiche 64
3.6 Determinazione delle reazioni vincolari 65
Esempio 3.2 - Trave appoggiata soggetta a forze parallele 65
Esempio 3.3 - Trave appoggiata soggetta a una forza inclinata 67
Esempio 3.4 - Carico concentrato e carico distribuito 69
Esempio 3.5 - Trave soggetta a carichi a sbalzo 70
Esempio 3.6 - Telaio ad A con carico orizzontale 71
Esempio 3.7 - Carico concentrato applicato ad una gru 72
Esempio 3.8 - Trave incastrata 74
Esempio 3.9 - Assi inclinati 74
3.7 Sommario 75
ESERCIZI PROPOSTI 76
SOMMARIO XI

4. BARICENTRI, MOMENTI STATICI


E MOMENTI DI INERZIA
4.1 Baricentro e momenti statici 82
Esempio 4.1 - Baricentro di un sistema di masse 85
Esempio 4.2 - Baricentro di una sezione a C 86
4.2 Teoremi di Pappo-Guldino 87
Esempio 4.3 - Baricentro di un triangolo rettangolo 89
Esempio 4.4 - Baricentri di semicerchio e semicirconferenza 90
4.3 Momenti e raggi di inerzia 90
Esempio 4.5 - Momento di inerzia polare di un rettangolo 93
Esempio 4.6 - Raggio di inerzia di un rettangolo 93
4.4 Teorema di trasposizione 94
Esempio 4.7 - Momento di inerzia baricentrico di un triangolo 95
Esempio 4.8 - Momento di inerzia di una sezione a C 95
Esempio 4.9 - Momenti di inerzia di una sezione a doppia T 97
4.5 Sommario 100
ESERCIZI PROPOSTI 101

5. SFORZI E DEFORMAZIONI
5.1 Resistenza di un materiale 106
5.2 Tensione e deformazione normali 108
Esempio 5.1 - Tensione normale 108
5.3 Prova di trazione ed elasticit 109
Esempio 5.2 - Allungamento di una barra con sezioni diverse 112
5.4 Rapporto di Poisson 113
Esempio 5.3 - Contrazione laterale di una barra 114
5.5 Tensione e deformazione tangenziali 114
Esempio 5.4 - Sforzi in un gancio 116
5.6 Sforzi termici 116
Esempio 5.5 - Sforzo termico in un distanziale 117
5.7 Creep e fatica 118
5.8 Fattore di sicurezza, progetto e verifica 120
Esempio 5.6 - Dimensionamento di unasta 122
5.9 Concentrazione degli sforzi 122
Esempio 5.7 - Dimensionamento di una barra scanalata 124
5.10 Propriet dei materiali 124
5.10.1 Metalli e loro leghe 124
5.10.2 Polimeri e plastiche 125
5.10.3 Fibre 126
5.10.4 Materiali compositi 126
5.11 Sommario 126
ESERCIZI PROPOSTI 127
XII SOMMARIO

6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI
6.1 Sovrapposizione degli effetti e sollecitazioni 130
6.2 Forza normale (trazione o compressione) 131
Esempio 6.1 - Dimensionamento di un tirante 133
Esempio 6.2 - Barra composita con fili di ottone e acciaio 133
6.3 Flessione 134
Esempio 6.3 - Dimensionamento di una trave a flessione 136
Esempio 6.4 - Flessione di una trave a sezione rettangolare 137
6.4 Taglio 138
Esempio 6.5 - Trave con sezione a doppia T 140
Esempio 6.6 - Saldatura 140
6.5 Torsione 141
Esempio 6.7 - Confronto tra albero pieno e albero cavo 144
Esempio 6.8 - Dimensionamento di un albero cavo 145
6.6 Sommario 146
ESERCIZI PROPOSTI 147

7. TRAVI INFLESSE
7.1 Azioni interne nelle travi inflesse 150
Esempio 7.1 - Trave soggetta a un carico inclinato 153
Esempio 7.2 - Trave appoggiata soggetta a carichi combinati 156
Esempio 7.3 - Mensola soggetta a un carico concentrato inclinato 158
ESERCIZI PROPOSTI 160

8. CINEMATICA
8.1 Moto traslazionale 167
8.1.1 Spostamento, velocit e accelerazione 167
Esempio 8.1 - Velocit media 169
Esempio 8.2 - Accelerazione di un aeroplano al decollo 170
8.1.2 Equazioni del moto rettilineo ad accelerazione costante 172
8.1.3 Analisi grafica 173
Esempio 8.3 - Treno tra due stazioni 175
Esempio 8.4 - Tempo in un moto ad accelerazione costante 175
Esempio 8.5 - Accelerazione di gravit 176
Esempio 8.6 - Moto relativo 178
8.2 Moto rotazionale 180
Esempio 8.7 - Moto della ruota di unautomobile 182
8.3 Moto circolare: relazioni tra quantit lineari e angolari 183
Esempio 8.8 - Moto della pala di un elicottero 187
8.4 Sommario 187
ESERCIZI PROPOSTI 188
SOMMARIO XIII

9. DINAMICA
9.1 Dinamica del moto traslazionale 191
9.1.1 Principi della dinamica 191
Esempio 9.1 - Distanza percorsa da un carrello 194
Esempio 9.2 - Puleggia con masse 194
Esempio 9.3 - Piano inclinato 195
Esempio 9.4 - Decelerazione di un veicolo 196
Esempio 9.5 - Collisione di due vagoni ferroviari 198
Esempio 9.6 - Forza su una paletta di una turbina idraulica 199
9.1.2 Lavoro, energia e potenza 199
Esempio 9.7 - Lavoro su un piano inclinato 202
Esempio 9.8 - Energia per frenare una vettura 203
9.2 Dinamica del moto rotazionale 203
Esempio 9.9 - Rotazione di un cilindro cavo 207
Esempio 9.10 - Coppia per frenare un volano 207
Esempio 9.11 - Tamburo di montacarichi 208
Esempio 9.12 - Funzione del volano 208
Esempio 9.13 - Rotazione di due masse 210
9.3 Forza centrifuga 211
Esempio 9.14 - Angolo di sopraelevazione di una curva 213
9.4 Sommario 214
ESERCIZI PROPOSTI 215

10. VIBRAZIONI
10.1 Moto periodico 218
10.2 Moto armonico semplice 219
Esempio 10.1 - Manovellismo con elevato rapporto biella/manovella 221
10.3 Molla - massa 222
Esempio 10.2 - Blocco oscillante 224
10.4 Pendolo semplice 224
Esempio 10.3 - Pendolo semplice 225
10.5 Risonanza 226
Esempio 10.4 - Risonanza da sporgenze trasversali su una strada 228
10.6 Sommario 228
ESERCIZI PROPOSTI 229

11. RESISTENZE PASSIVE


11.1 Attrito radente 231
Esempio 11.1 - Massima velocit di una vettura in curva 234
11.2 Attrito volvente 235
11.3 Resistenza del mezzo 235
11.4 Forza motrice 236
Esempio 11.2 - Forza motrice massima 237
11.5 Sommario 237
ESERCIZI PROPOSTI 238
XIV SOMMARIO

12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA


12.1 Rendimenti 241
12.2 Ruote di frizione 243
Esempio 12.1 - Frizione 243
12.3 Ruote dentate 245
Esempio 12.2 - Geometria di una ruota dentata 248
Esempio 12.3 - Dimensionamento di una coppia di ruote dentate 248
12.4 Cinghie 249
Esempio 12.4 - Cinghie piatte 251
12.5 Biella - manovella 251
Esempio 12.5 - Momento motore sulla manovella 253
12.6 Sommario 253
ESERCIZI PROPOSTI 254

MACCHINE A FLUIDO

13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO


13.1 Sviluppo sostenibile 259
13.2 Fonti di energia 261
13.3 Risparmio energetico 264
13.4 Inquinanti 267
13.5 Classificazione delle macchine a fluido 269
13.5.1 Macchine motrici, operatrici e trasformatrici 269
13.5.2 Macchine idrauliche e termiche 270
13.5.3 Macchine volumetriche e dinamiche 270
13.5.4 Motori a combustione esterna e a combustione interna 271
13.5.5 Suddivisione delle macchine a fluido 272
13.6 Sommario 273

14. IDRAULICA
14.1 Fluidi 275
14.2 Pressione 276
Esempio 14.1 - Carico idraulico 280
14.3 Moto dei fluidi 281
Esempio 14.2 - Transizione da regime laminare a regime turbolento 283
14.4 Conservazione della massa 284
Esempio 14.3 - Relazione tra portata, diametro e velocit in un sistema di tubi 285
14.5 Conservazione dellenergia 286
Esempio 14.4 - Velocit e pressione in un condotto 290
14.6 Movimento dei liquidi ideali e reali nei condotti 291
Esempio 14.5 - Perdita di carico complessiva 295
14.7 Teorema di Torricelli 296
14.8 Sommario 298
ESERCIZI PROPOSTI 299
SOMMARIO XV

15. MACCHINE IDRAULICHE


15.1 Pompe dinamiche 301
15.1.1 Classificazione 301
15.1.2 Prevalenza manometrica e potenza della turbopompa 306
15.1.3 Coefficienti adimensionali 308
Esempio 15.1 - Caratteristiche al variare di velocit e diametro 313
Esempio 15.2 - Scelta di una turbopompa 314
15.2 Ventilatori 316
Esempio 15.3 - Prevalenza del ventilatore 317
15.3 Pompe volumetriche 318
15.4 Accoppiamento macchina operatrice e sistema 319
15.4.1 Punto di funzionamento 319
Esempio 15.4 - Due pompe uguali poste in parallelo e in serie 322
Esempio 15.5 - Punto di funzionamento di un ventilatore 323
15.4.2 Cavitazione 325
Esempio 15.6 - Pompa che aspira da un bacino 328
15.5 Turbine idrauliche 329
15.5.1 Classificazione 329
15.5.2 Caduta utile e potenza 333
15.5.3 Velocit e diametro specifici 336
Esempio 15.7 - Confronto tra due soluzioni di turbine 338
15.6 Macchine reversibili 340
15.7 Turbine eoliche 343
Esempio 15.8 - Aerogeneratore a due pale 344
15.8 Sommario 345
ESERCIZI PROPOSTI 346

16. TERMODINAMICA
16.1 Sistema termodinamico e trasformazioni 349
16.2 Calore 350
Esempio 16.1 - Vaporizzazione dellacqua 350
16.3 Primo principio della termodinamica 351
16.3.1 La conservazione dellenergia in un sistema chiuso 351
Esempio 16.2 - Corsa di compressione 352
16.3.2 La conservazione dellenergia in un sistema aperto 352
16.4 Secondo principio della termodinamica 354
16.4.1 Lentropia 354
16.4.2 I diagrammi termodinamici (applicazione ai vapori) 354
Esempio 16.3 - Propriet del vapore dal diagramma di Mollier 356
Esempio 16.4 - Bilancio energetico in una turbina 357
Esempio 16.5 - Lavoro e potenza in una turbina 358
16.5 Gas 359
16.5.1 Equazione di stato del gas perfetto 359
16.5.2 Grandezze termodinamiche del gas perfetto 359
16.5.3 Trasformazioni del gas perfetto 360
XVI SOMMARIO

16.5.3.1 Sistema chiuso 360


16.5.3.2 Sistema aperto 360
Esempio 16.6 - Trasformazione isotermica del gas perfetto 361
Esempio 16.7 - Trasformazione adiabatica del gas perfetto 361
Esempio 16.8 - Trasformazione politropica del gas perfetto 362
16.6 Cicli termodinamici 363
16.6.1 Il ciclo di Carnot 363
16.6.2 Le macchine termiche 364
16.6.3 Rendimento del ciclo 366
Esempio 16.9 - Coefficienti di prestazione 368
16.7 Rendimenti interni della macchina 369
Esempio 16.10 - Lavoro e temperatura di mandata in un compressore 370
16.8 Sommario 371
ESERCIZI PROPOSTI 372

17. TRASMISSIONE DEL CALORE


17.1 I tre modi di trasmissione del calore 374
17.2 Classificazione degli scambiatori di calore 375
17.2.1 Classificazione basata sullapplicazione 376
17.2.2 Classificazione basata sulla configurazione dei flussi 377
17.3 Progetto dello scambiatore di calore 378
Esempio 17.1 - Scambiatore in controcorrente 382
Esempio 17.2 - Scambiatore a correnti incrociate 383
17.4 Sommario 384
ESERCIZI PROPOSTI 384

18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE


18.1 Impianto motore a vapore e ciclo Rankine 385
18.2 Rendimenti dellimpianto a vapore 389
Esempio 18.1 - Rendimento di un ciclo con surriscaldamento 391
Esempio 18.2 - Rendimenti dellimpianto a vapore 392
18.3 Cogenerazione 393
18.4 Sommario 395
ESERCIZI PROPOSTI 395

19. COMPRESSORI DI GAS


19.1 Macchine operatrici a gas 397
19.2 Lavoro richiesto nella compressione 400
Esempio 19.1 - Lavoro ideale di compressione per trasformazioni diverse 401
19.3 Compressori ideali multistadio interrefrigerati 402
Esempio 19.2 - Lavoro ideale richiesto da un compressore interrefrigerato 404
SOMMARIO XVII

19.4 Potenza e rendimenti 405


Esempio 19.3 - Potenza effettiva assorbita da un compressore 406
19.5 Curve caratteristiche 406
19.6 Sommario 408
ESERCIZI PROPOSTI 409

20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS


20.1 Impianto motore con turbina a gas 410
20.2 Ciclo Brayton 417
Esempio 20.1 - Ciclo Brayton ideale 420
20.3 Potenza e rendimenti 421
Esempio 20.2 - Rendimenti di un impianto con turbina a gas 422
20.4 Cicli combinati 423
20.5 Sommario 423
ESERCIZI PROPOSTI 424

21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA


21.1 Motori alternativi a combustione interna 425
21.1.1 Descrizione 425
21.1.2 Grandezze caratteristiche di un motore alternativo a combustione interna 428
Esempio 21.1 - Corsa e velocit media del pistone 429
Esempio 21.2 - Spazio morto e alesaggio 429
21.1.3 Motori a quattro tempi 430
21.1.4 Motori a due tempi 431
21.2 Ciclo indicato 432
Esempio 21.3 - Ciclo Otto 435
Esempio 21.4 - Ciclo Diesel 435
21.3 Rendimenti e consumo specifico di combustibile 436
21.4 Potenza 437
21.5 Pressione media effettiva e momento motore 438
21.6 Accoppiamento motore - veicolo 439
Esempio 21.5 - Prestazioni di un motore ad accensione comandata 442
Esempio 21.6 - Prestazioni di un motore Diesel aspirato 444
Esempio 21.7 - Dosatura di un motore Diesel sovralimentato 446
Esempio 21.8 - Utilizzazione del veicolo 447
21.7 Sommario 451
ESERCIZI PROPOSTI 452

22. CONFRONTO DEI SISTEMI ENERGETICI


22.1 Conversione dellenergia 454
22.2 Conversione dellenergia - Trasformazioni non cicliche 454
22.3 Conversione dellenergia - Trasformazioni cicliche 455
XVIII SOMMARIO

22.4 Rendimenti degli impianti termici 457


22.5 Il recupero dellenergia termica nel motore Diesel 460
22.6 Sommario 462

APPENDICE
A.1 Algebra 465
A.1.1 Proporzioni 465
A.1.2 Risoluzione di equazioni 465
A.1.3 Sistemi di equazioni 466
A.1.4 Equazioni di secondo grado 466
A.2 Esponenti e logaritmi 467
A.2.1 Esponenti 467
A.2.2 Logaritmi 468
A.3 Geometria e trigonometria 469
A.3.1 Angoli 469
A.3.2 Triangoli 470
A.3.3 Triangolo rettangolo 470
A.3.4 Triangolo qualunque 473
A.4 Travi inflesse 174
A.5 Propriet di alcuni gas perfetti 477
A.6 Trasformazioni del gas perfetto 477

Indice Analitico 481

Bibliografia 489

TABELLE DI COPERTINA

Tabella I Fattori di conversione delle unit di misura Prima di copertina


Tabella II Prefissi delle unit di misura SI Terza di copertina
Tabella III Grandezze importanti Terza di copertina
Tabella IV Formule di base del triangolo rettangolo Terza di copertina
Tabella V Formule di base del triangolo qualunque Terza di copertina

ALTRE TABELLE

Tabella VI Coordinate del baricentro, area della superficie o lunghezza della linea 492
Tabella VII Momenti di inerzia di superfici 493
Tabella VIII Massa e momenti di inerzia di massa di solidi 494
PRINCIPI
DELLA MECCANICA
E DELLE MACCHINE
Capitolo 1
MECCANICA
E MACCHINE

1. 1 CHE COSA TRATTA LA MECCANICA


La meccanica la scienza che descrive le condizioni di quiete oppure di moto di corpi soggetti
allazione di forze. Essa viene suddivisa in tre parti:
meccanica dei corpi rigidi,
meccanica dei corpi deformabili,
meccanica dei fluidi.
La meccanica dei corpi rigidi, che affronta con i metodi propri della matematica i principi fisici
generali che caratterizzano la quiete oppure il moto del corpo rigido, viene chiamata meccanica
razionale ed suddivisa in due branche principali: la statica, che studia lequilibrio dei corpi,
e la dinamica, che studia i movimenti dei corpi e le forze che accompagnano oppure causano
questi movimenti. Per renderne pi agevole lo studio, la trattazione della dinamica viene pre-
ceduta da unaltra branca della meccanica razionale, chiamata cinematica, basata solo su con-
siderazioni di spazio e di tempo. Una volta definiti i principi fisici generali, lo studio della mec-
canica del corpo rigido pu venire applicato in modo specifico alle macchine ed allora prende
il nome di meccanica delle macchine.
Nella trattazione della meccanica dei corpi rigidi si fa lipotesi che i corpi siano perfettamente
rigidi. Tuttavia, le strutture e le macchine non sono mai assolutamente rigide: esse quindi si
deformano sotto lazione dei carichi. Ma queste deformazioni sono di solito piccole e non
influenzano in modo apprezzabile le condizioni di equilibrio oppure di moto della struttura con-
siderata. Le deformazioni diventano invece importanti quando viene considerata la resistenza
a rottura della struttura e vengono allora studiate nellambito della resistenza dei materiali,
scienza che fa parte della meccanica dei corpi deformabili.
La meccanica dei fluidi prende in considerazione lo studio dei fluidi incomprimibili, come lac-
qua, oppure dei fluidi comprimibili, come un gas o un vapore. Lo studio della meccanica dei
fluidi richiede, a sua volta, la conoscenza di tre discipline legate, in modo particolare, allenergia
termica:
la termodinamica: scienza che abbraccia lo studio delle trasformazioni dellenergia e la
relazione tra le varie propriet di una sostanza, conseguenza oppure causa di queste stesse tra-
sformazioni;
la fluidodinamica: scienza che tratta il trasporto di energia e la resistenza al movimento, asso-
ciata con lo scorrimento dei fluidi;
la trasmissione del calore: scienza che descrive la trasmissione di una specifica forma di ener-
gia, risultante dallesistenza di una differenza di temperatura.
Nellapplicazione della meccanica dei fluidi alle macchine si fa distinzione tra le macchine che
trattano fluidi incomprimibili, chiamate macchine idrauliche, e quelle che trattano fluidi com-
primibili, chiamate macchine termiche, in quanto la compressione e lespansione di un gas sono
accompagnate da variazione di temperatura.
4 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

1. 2 FONDAMENTI DELLA MECCANICA ELEMENTARE


Bench lo studio della meccanica risalga fino ad Aristotele (384-322 a.C.) e ad Archimede
(287-212 a.C.), solo dopo le osservazioni di Galileo (1564-1642), premesse per ricavare le
leggi del moto di un corpo indipendentemente dalla sua natura, che Newton (1642-1727)1.1, con
le definizioni di massa e di forza, riesce a formulare i principi fondamentali della meccanica.
Da allora1.2 questi principi caratterizzano la meccanica elementare o meccanica newtoniana1.1
che ancora oggi, sia pure con i limiti enunciati da Einstein nella teoria della relativit (1905)1.3,
rimane la base per le applicazioni della tecnica.
I quattro concetti fondamentali della meccanica, frutto dellintuizione e dellesperienza del-
luomo, sono quelli di spazio, tempo, massa e forza:
Il concetto di spazio associato alla posizione del punto P; questa posizione pu essere defi-
nita da tre lunghezze, le coordinate di P, misurate a partire da un dato punto di riferimento,
lorigine, lungo tre direzioni prefissate1.4.
Per definire un evento non basta individuare la posizione del punto P nello spazio; occorre
anche assegnare il tempo in cui quel dato evento si verifica.
Per caratterizzare e confrontare i corpi viene usato il concetto di massa; sulla base di alcuni
esperimenti fondamentali, si pu, ad esempio, affermare che due corpi di ugual massa ven-
gono attratti dalla terra nello stesso modo oppure che essi offrono la stessa resistenza ad una
variazione del moto di traslazione.
La forza legata allazione di un corpo su un altro corpo; essa pu venire esercitata da un con-
tatto effettivo oppure a distanza come nel caso della forza di gravit o di forze magnetiche.
Una forza caratterizzata dal suo punto di applicazione, dalla sua intensit ( la grandezza
della forza) e dalla sua direzione: un ente cos definito costituisce un vettore.
Mentre i concetti di spazio, tempo e massa sono, nella meccanica newtoniana, concetti indi-
pendenti luno dallaltro1.3, il concetto di forza dipende dai primi tre: uno dei principi fonda-
mentali della meccanica newtoniana stabilisce che la forza risultante che agisce su un corpo
legata alla massa del corpo e al modo in cui la sua velocit varia con il tempo.
I quattro concetti di spazio, tempo, massa e forza consentono di studiare le condizioni di equi-
librio oppure di movimento delle particelle o dei corpi rigidi. Per particella si intende una quan-
tit molto piccola di materia, talmente piccola da poter essere considerata coincidente con un
punto dello spazio. Per corpo rigido si intende invece la combinazione di un gran numero di par-
ticelle che occupano posizioni fisse le une rispetto alle altre. La meccanica delle particelle il
presupposto indispensabile per affrontare lo studio pi complesso della meccanica dei corpi
rigidi; i risultati ottenuti nello studio delle particelle possono venire inoltre direttamente appli-
cati a molti problemi che si incontrano nelle applicazioni.

1.1 - Pronunciare Newton e meccanica assoluti nel senso che ciascuno indi- e la costanza della velocit della luce
newtoniana rispettivamente niuton e pendente dallaltro; in particolare per (299.792,5 km/s). Il principio di relati-
meccanica niutoniana. Newton il tempo assoluto, vero e mate- vit, formulato per la prima volta da
matico, di per s e per sua natura, scorre Galileo, stato aggiornato da Einstein:
1.2 - I principi di Newton sono stati in modo regolare senza rapporti con esso afferma che tutte le leggi della
successivamente esposti in forma mo- alcunch di esterno. Ma ci non pi fisica sono le stesse in tutti i sistemi non
dificata da dAlembert (1717-1783), vero nella meccanica relativistica di sottoposti ad accelerazioni.
Lagrange (1736-1813) e Hamilton Einstein (1879-1955), dove il tempo di
(1805-1865). un evento dipende dalla sua posizione e 1.4 - Nel piano sono sufficienti due sole
dove la massa di un corpo varia con la coordinate per definire la posizione del
1.3 - Nella meccanica newtoniana, lo sua velocit. La teoria della relativit si punto P.
spazio, il tempo e la massa sono concetti basa su due fatti: il principio di relativit
1.3. FONDAMENTI DELLE SCIENZE TERMICHE 5

I sei principi su cui si basa la meccanica elementare sono ricavati dallesperienza1.5:


La legge del parallelogramma per la somma delle forze, scoperta da Leonardo da Vinci
(1452-1519): due forze che agiscono su una particella possono venire sostituite da una sola
forza, la loro risultante, ottenuta tracciando la diagonale del parallelogramma avente lati
uguali alle forze date.
Il postulato di trasmissibilit: la condizione di equilibrio oppure di movimento di un corpo
rigido rimarr inalterato se una forza che agisce in un dato punto di un corpo rigido viene
sostituita da una forza della stessa intensit e con la stessa direzione, ma applicata in un punto
diverso, purch le due forze abbiano la stessa retta dazione.
I tre principi della dinamica o leggi di Newton1.6:
Primo principio: Se la forza risultante che agisce su una particella nulla, la particella
rimarr in quiete se originariamente era in quiete oppure si sposter con velocit costante
lungo una linea retta se originariamente era in movimento.
Secondo principio: Se la forza risultante che agisce su una particella non nulla, la parti-
cella si sposter con una accelerazione proporzionale allintensit della risultante e nella
direzione di questa forza risultante1.7.
Terzo principio: le forze di azione e reazione tra corpi a contatto hanno la stessa intensit,
la stessa retta dazione e verso opposto.
La legge di gravit di Newton: due particelle si attraggono tra loro con due forze uguali ed
opposte; la grandezza della forza di attrazione risulta direttamente proporzionale al prodotto
delle masse delle due particelle e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.

1. 3 FONDAMENTI DELLE SCIENZE TERMICHE


La termodinamica riguarda lo studio dellenergia associata con una data quantit di materia
(sistema termodinamico) oppure con un volume chiaramente delimitato nello spazio (volume
di controllo). La base della termodinamica sempre losservazione sperimentale, riassunta in
alcuni principi. Il primo principio stabilisce la conservazione dellenergia: la somma algebrica
di calore e di lavoro, le due forme dellenergia che attraversano il contorno del sistema termo-
dinamico, deve essere uguale al cambiamento netto di energia immagazzinata, o posseduta,
allinterno del sistema. Per poter valutare lenergia immagazzinata, occorre allora conoscere il
comportamento di quella data sostanza e le relazioni che intercorrono tra determinate propriet
della sostanza. Alcuni cambiamenti delle propriet procedono soltanto secondo un dato verso:
il verso naturale della trasformazione fornito dal secondo principio della termodinamica. Se
un oggetto viene lasciato scivolare con velocit uniforme lungo un piano inclinato, la diminu-
zione nellenergia potenziale (lenergia legata alla quota che loggetto ha nel campo gravita-

1.5 - I principi della meccanica elemen- dinamica nella letteratura italiana. A questo studio richiede lintroduzione di
tare vengono chiamati in modo diverso parte la differenza di denominazione tutte le tre leggi di Newton e di altri con-
nelle varie letterature tecniche. Cos (principio, legge o postulato), si vuole cetti ancora.
quella che la regola (o anche il me- qui sottolineare che in generale questi
todo) del parallelogramma per la lette- principi vengono proposti sulla base del- 1.6 - Galileo ha scoperto le prime due
ratura italiana, diviene la legge del paral- levidenza sperimentale in quanto non leggi della dinamica, ma Newton ne ha
lelogramma nella letteratura di lingua possono essere provati oppure derivati dato la formulazione definitiva. Queste
inglese; il principio di trasmissibilit per matematicamente. Alcuni potrebbero leggi vengono perci ricordate nella let-
la letteratura di lingua inglese diviene essere derivati, ma allora occorrerebbe teratura internazionale come leggi di
un postulato per la letteratura italiana, far ricorso a concetti che verranno intro- Newton.
intendendosi per postulato una verit dotti pi avanti nel corso. Ad esempio, il
fondamentale che viene ammessa senza postulato di trasmissibilit, che viene 1.7 - Il secondo principio di Newton
dimostrazione; le tre leggi fondamentali introdotto nei primi capitoli della sta- verr ripreso nella definizione del new-
di Newton per la letteratura di lingua tica, potrebbe essere derivato dallo stu- ton, che lunit di misura delle forze.
inglese divengono i tre principi della dio della dinamica dei corpi rigidi, ma
6 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

zionale terrestre) dissipata dallattrito tra loggetto e il piano. Anche nellipotesi che lener-
gia dovuta allattrito venga in qualche modo immagazzinata nelloggetto oppure nel piano, non
vi alcuna possibilit di reimpiegare quellenergia per far ritornare loggetto al livello che ini-
zialmente possedeva sul piano inclinato. Esiste perci un verso naturale per questo tipo di tra-
sformazione e il secondo principio afferma che il verso opposto impossibile. In modo pi signi-
ficativo, il secondo principio afferma che il lavoro pu venire completamente e continuamente
convertito in calore, ma che la trasformazione opposta impossibile. Ogni volta che in un
sistema si vuole realizzare la conversione continua di calore in lavoro, soltanto una parte del
calore fornito al sistema pu essere convertita in lavoro; la parte rimanente viene rigettata: esi-
ste perci un limite teorico, indipendente dalle propriet della sostanza oppure dal tipo di tra-
sformazione o di macchina impiegata, alla frazione di calore fornito che pu essere convertito
in lavoro. Il secondo principio misura anche lo scostamento di una trasformazione reale da quella
ideale, definita quale trasformazione reversibile, permettendo cos di confrontare tra loro le varie
trasformazioni reali e di scegliere quella che raggiunge il rendimento pi elevato.
Una volta individuata la sorgente di energia, questa va utilmente impiegata trasportandola da una
posizione ad unaltra, come avviene, ad esempio, per lacqua calda oppure laria calda che, for-
nita da una caldaia che in un sotteraneo brucia del gasolio, viene fatta circolare con una deter-
minata spesa di energia (lenergia elettrica che aziona la pompa oppure il ventilatore) fino ai
diversi piani di un edificio. Occorre allora individuare le forze che si oppongono al moto del
fluido e poterne calcolare intensit e direzione in modo da poter progettare la struttura del cir-
cuito che convoglia il fluido e rendere minima lenergia richiesta per poter trasportare il fluido
tra i diversi livelli delledificio. La fluidodinamica studia il tipo di flusso (laminare o turbolento)
con cui si muove il fluido, le sue propriet di trasporto (viscosit, conduttivit, ecc.) e quelle
propriet del fluido che sono indipendenti dal movimento ma che lo distinguono dagli altri fluidi
(come densit, tensione di vapore, velocit del suono, ecc.).
Se un pacchetto di piselli surgelati viene posto in un recipiente contenente dellacqua, la tem-
peratura del pacchetto sale mentre quella dellacqua diminuisce progressivamente finch le due
temperature, quella dei piselli e quella dellacqua, divengono uguali. La trasmissione del
calore il trasferimento di energia che avviene come conseguenza della sola differenza di tem-
peratura, cos come avviene tra due sostanze inizialmente a temperature diverse, e non viene
svolto alcun lavoro sulle o dalle sostanze. La trasmissione del calore pu avvenire secondo tre
diversi modi: conduzione, convezione ed irraggiamento. La legge di Fourier consente di cal-
colare la conduzione, trasferimento di energia che avviene attraverso una sostanza, rappresen-
tata da un solido o da un fluido, provocato da un gradiente (variazione lungo una data direzione)
di temperatura allinterno della sostanza. La cosiddetta legge di Newton consente di calcolare
la convezione, trasferimento di energia tra il fluido e la superficie di un solido, nella direzione
perpendicolare allinterfaccia superficie-fluido, in funzione dellarea superficiale del corpo e
della differenza di temperatura. Lirraggiamento il trasferimento di energia per mezzo di onde
elettromagnetiche; tutti i corpi che si trovano ad una temperatura maggiore dello zero assoluto
irradiano energia. Lenergia pu venire trasferita per irraggiamento tra un gas ed una superficie
solida oppure tra due o pi superfici. Lirraggiamento emesso da una superficie ideale, chiamato
il corpo nero, , per la legge di Stefan-Boltzmann, funzione della quarta potenza della tempe-
ratura della superficie.

1. 4 DIMENSIONI
Qualsiasi situazione fisica, sia che coinvolga un oggetto singolo oppure un sistema completo,
pu essere descritta facendo riferimento a un certo numero di propriet riconoscibili che log-
getto oppure il sistema possiede. Per esempio un oggetto che si muove dovrebbe essere descritto
in termini di massa, lunghezza, area oppure volume, velocit e accelerazione. Anche altre pro-
priet di tale oggetto potrebbero essere interessanti, come la sua temperatura oppure la densit
1.4. DIMENSIONI 7

e la viscosit del mezzo in cui esso di muove. Tutte le propriet misurabili utilizzate per descri-
vere lo stato fisico di un corpo o di un sistema sono le sue dimensioni. La notazione usualmente
adottata per indicare una dimensione racchiudere il nome oppure il simbolo della grandezza
interessata allinterno di parentesi quadre: cos [lunghezza] indica la dimensione lunghezza e non
una particolare lunghezza con un valore numerico definito, ad esempio 1 metro.
Una equazione che traduce una determinata situazione fisica per essere vera deve avere i due
membri, a destra e a sinistra del segno di uguale, uguali sia numericamente che dimensional-
mente. In altre parole, lequazione
2+4=6
corretta in termini numerici, ma potrebbe non essere pi vera dal punto di vista fisico qualora
scrivessimo che
2 dromedari + 4 treni = 6 giorni
Lequazione ancora valida se scriviamo che
2 metri + 4 metri = 6 metri
in quanto abbiamo confrontato delle lunghezze con delle altre lunghezze.
Possiamo concludere che unequazione che descrive una determinata situazione fisica vera se
tutti i suoi termini sono della stessa specie e hanno le stesse dimensioni. In tal caso lequazione
si dice dimensionalmente omogenea ed valida solo in relazione a queste dimensioni.
Lanalisi dimensionale dei fenomeni fisici coinvolti nel funzionamento delle macchine a fluido
appunto il metodo che ci consentir di definire le relazioni fondamentali utili per descrivere
il comportamento della singola macchina. Sarebbe possibile attribuire a ogni grandezza fisica
una dimensione indipendente; molto pi comodo tuttavia, in modo da facilitare la compren-
sione delle relazioni che intercorrono tra le varie grandezze, scegliere alcune dimensioni fon-
damentali ed esprimere le altre dimensioni, dette dimensioni derivate, in funzione delle prime.
Qualora si scelga come dimensione fondamentale la lunghezza, larea e il volume vanno con-
siderati come dimensioni derivate. La superficie di un rettangolo avente i lati di lunghezza a e
di lunghezza b espressa infatti da
Area del rettangolo = Lunghezza a Lunghezza b
e quindi, trattandosi di dimensioni omogenee, si pu scrivere

[Area] = [Lunghezza] [Lunghezza] = [Lunghezza2] 1-1

dove le dimensioni dellarea sono rappresentate dal quadrato della lunghezza. Analogamente per
il volume di un recipiente con spigoli di lughezza a, b, c si pu scrivere
Volume recipiente = Lunghezza a Lunghezza b Lunghezza c
e quindi

[Volume] = [Lunghezza] [Lunghezza] [Lunghezza] = [Lunghezza3] 1-2

dove le dimensioni del volume, dimensione derivata dalla lunghezza, sono rappresentate dal
cubo della lunghezza. Qualora vengano prese come dimensioni fondamentali la lunghezza e il
tempo, allora la velocit (spazio percorso nellunit di tempo) data da

[Velocit] = [Lunghezza]/[Tempo] = [Lunghezza Tempo1] 1-3

ricordando che 1/Tempo = Tempo 1. Lesponente negativo indica infatti che la grandezza al
denominatore; esempio: 1/Tempo2 = Tempo 2.
Abbiamo infine delle grandezze senza dimensioni, dette adimensionali; esse sono quindi dei puri
numeri. Se consideriamo ad esempio la deformazione di una trave, rapporto tra lallunga-
8 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

mento L ( la variazione di lunghezza rispetto alla lunghezza originale) e la lunghezza origi-


nale L, abbiamo:
Allungamento L
Deformazione = =
Lunghezza originale L
Trattandosi del rapporto tra due lunghezze, la dimensione della deformazione data da

[Lunghezza]
[Deformazione] = = [Lunghezza +1 Lunghezza 1 ] = [Lunghezza 0 ] = [1] 1-4
[Lunghezza]

in quanto, essendo la base [Lunghezza] comune, si sommano gli esponenti + 1 e 1; il risultato


di questa somma zero, e un qualsiasi numero elevato a zero d come risultato 1. Tutte le volte
che incontreremo una grandezza con esponente zero, avremo una quantit senza dimensioni.

1. 5 UNIT DI MISURA
La descrizione della situazione fisica di un oggetto oppure di un sistema non completa se non
si conosce il valore di ciascuna dimensione. Non sufficiente sapere, ad esempio, che un oggetto
ha le dimensioni di una lunghezza; occorre anche conoscere quanto vale questa lunghezza. Per
far questo abbiamo bisogno delle unit di misura.
Una lunghezza deve venire valutata in una unit universalmente accettata: il metro. cos che
possiamo, ad esempio, dire che quel tale oggetto lungo 7 metri. Analogamente occorre accor-
darsi su altre unit per poter misurare le altre dimensioni. Qual la distinzione tra unit e dimen-
sioni? Le dimensioni sono propriet che possono essere misurate mentre le unit sono quei cri-
teri concordati a livello della comunit per poter descrivere quantitativamente le dimensioni e
assegnare a queste dei valori numerici.

1. 6 SISTEMI DI UNIT DI MISURA


Nel corso della storia laccordo sulle unit di misura si andato progressivamente allargando
dalla comunit locale a comunit sempre pi vaste, sia per dimensioni che per interessi, fino ad
abbracciare tutti i paesi. Il Sistema Internazionale (abbreviato SI in tutte le lingue) rappresenta
il tentativo pi recente di fornire un sistema unico, comprensivo di tutte le unit di misura, che
possa essere utilizzato a livello mondiale. Creato nel 1960 a seguito della revisione del sistema
metrico, il nuovo sistema SI ha sostituito tutti gli altri sistemi fino a ora impiegati, come il
sistema Giorgi (cgs: centimetro, grammo e secondo; MKS: metro, kilogrammo e secondo), il
sistema tecnico e i sistemi inglesi.
Nel seguito verranno riportate le principali grandezze fisiche e le relative unit di misura nel
sistema SI. Verranno anche riportati i fattori di conversione per passare dai vecchi al nuovo
sistema, in modo da poter affrontare tutti quei problemi per cui i dati, forniti sotto forma di
tabelle e/o diagrammi, sono ancora, per una lunga consuetudine derivante da decenni di appli-
cazioni, espressi nei vecchi sistemi.

1. 7 UNIT FONDAMENTALI ED UNIT DERIVATE


Parallelamente a quanto viene fatto per le dimensioni, in modo da facilitare la comprensione
delle relazioni che intercorrono tra le varie grandezze fisiche, vengono scelte delle unit di
misura fondamentali o primitive in funzione delle quali vengono a loro volta espresse tutte le
altre unit, dette unit di misura derivate. Ad esempio, una volta scelta la lunghezza come
1.7. UNIT FONDAMENTALI ED UNIT DERIVATE 9

dimensione fondamentale e parallelamente definito il metro come unit di misura della lun-
ghezza, converr esprimere larea del rettangolo come prodotto di due lunghezze e quindi pro-
dotto dei valori in metri delle lunghezze dei due lati, piuttosto che ricorrere alla definizione di
una nuova dimensione e della relativa unit di misura valida solo per larea.
Nel sistema SI ci sono sette unit di misura fondamentali (Tabella 1.1):
metro (simbolo: m) come unit di misura della lunghezza
kilogrammo (simbolo: kg) come unit di misura della massa
secondo (simbolo: s) come unit di tempo
kelvin (simbolo: K) come unit di temperatura
mole (simbolo: mol) come unit di quantit di sostanza
ampere (simbolo: A) come unit di corrente elettrica
candela (simbolo: cd) come unit di intensit luminosa.
Di queste, solo le prime cinque verranno utilizzate in questo corso dedicato alla meccanica e alle
macchine a fluido.

Tabella 1.1
Grandezze fondamentali del sistema SI
Grandezza fondamentale Nome dellunit Simbolo dellunit
Lunghezza metro m
Massa kilogrammo kg
Tempo secondo s
Temperatura kelvin K
Quantit di sostanza mole mol
Intensit di corrente elettrica ampere A
Intensit luminosa candela cd

La definizione delle unit di misura fondamentali riportata nella Tabella 1.2.


Tutte le altre unit di misura sono derivate da quelle fondamentali.
Molto spesso conveniente utilizzare dei multipli delle unit SI: la tabella, con i fattori di mol-
tiplicazione di ciascun prefisso e il relativo simbolo, riportata nella terza pagina di copertina
(in fondo al volume).

Tabella 1.2
Definizione delle unit di misura fondamentali
Il metro la lunghezza del tragitto compiuto dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a
1/299.792.458 di secondo.
Il kilogrammo la massa pari a quella del campione internazionale in platino-iridio conservato nel
museo di Svres.
Il secondo la durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra i
due livelli iperfini dello stato fondamentale dellatomo di cesio 133.
Il kelvin la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dellacqua.
La mole la quantit di sostanza di un sistema che contiene tante entit elementari quanti sono gli
atomi in 0,012 kilogrammi di carbonio 12. Le entit elementari possono essere atomi, molecole, ioni,
elettroni, altre particelle oppure raggruppamenti specificati di tali particelle.
Lampere lintensit di una corrente elettrica costante che, circolando in due conduttori paralleli ret-
tilinei di lunghezza infinita e di sezione trascurabile posti alla distanza di un metro luno dallaltro nel
vuoto, produce tra questi due conduttori una forza uguale a 2 10 7 newton su ogni metro di lunghezza.
La candela pari a 1/60 dellintensit luminosa, emessa in direzione normale, da una superficie pari
a 1 cm2 di corpo nero alla temperatura di fusione del platino.
10 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

1. 8 LUNGHEZZA, AREA, VOLUME


Lunit di lunghezza il metro [m]. I suoi derivati sono il metro quadrato [m2] per le superfici
e il metro cubo [m3] per i volumi. Esempi di prefissi applicati al metro sono (Tabella II di coper-
tina) il kilometro [1 km = 1000 m], il millimetro [1 mm = 0,001 m], ecc. Nel convertire super-
fici e volumi, occorre tener presente che i valori di questi sono in relazione rispettivamente con
il quadrato e con il cubo di una lunghezza; avremo cos:
1 km2 = (1000 m)2 = 1000 m 1000 m = 1.000.000 m2 = 106 m2
oppure, operando sugli esponenti ( la via che verr seguita in questo corso):
1 km2 = (1000 m)2 = (103 m)2 = (103)2 m2 = 103 2 m2 = 106 m2
1 mm2 = (0,001 m)2 = (10 3 m)2 = (10 3)2 m2 = 10 (3 2) m2 = 10 6 m2
1 km3 = (1000 m)3 = (103)3 m3 = 103 3 m3 = 109 m3
1 mm3 = (0,001 m)3 = (10 3 m)3 = (10 3)3 m3 = 10 (3 3) m3 = 10 9 m3

1. 9 MASSA
A causa di un incidente storico, il kilogrammo [kg] (Figura 1.1) a fungere da unit di massa,
e non il grammo [g], come ci si sarebbe potuti aspettare. Poich aggiungere un prefisso a un pre-
fisso potrebbe causare confusione, i multipli e i sottomultipli dellunit sono formati con la
parola grammo. Cos avremo, ad esempio, 1 milligrammo [mg], pari a un milionesimo di kg, e
1 megagrammo [Mg], pari a 1000 kg, cio a 1 tonnellata.

Fig. 1.1 - Il campione internazionale del kilogrammo conservato nel museo di Svres (insieme
con altre sei copie).

1. 10 TEMPO
Il secondo [s] lunit di tempo del sistema SI. Esso sostituisce tutte le unit fin qui usualmente
impiegate, come minuti [min], ore [h] e giorni. Diamo qui di seguito alcuni esempi di applica-
zione:
1 ks [kilosecondo] equivale a circa un quarto dora (15 min 60 s/min = 900 s = 0,9 ks 1 ks);
in un giorno vi sono circa 100 ks (1 giorno 24 h/giorno 3600 s/h = 86.400 s = 86,4 ks
100 ks);
1.11. TEMPERATURA 11

let del ferro inizia circa 100 Gs [gigasecondi] fa (preso come riferimento lanno 2000 e ricor-
dando che ogni quattro anni c un giorno in pi, il tempo che ci separa dal 1500 avanti Cristo,
inizio dellet del ferro, pu essere calcolato cos: (1500 + 2000) anni 365,25 giorni/anno
24 h/giorno 3600 s/h = 110 109 s 100 Gs).
Si sottolinea che il simbolo del secondo s e non sec e che, come tutte le altre unit di
misura, non deve mai essere seguito dal punto ( un errore scrivere s.).

1. 11 TEMPERATURA
Il kelvin (tutte le unit di misura iniziano con la lettera minuscola, anche quando devono il loro
nome a persone) lunit di misura della temperatura e il suo simbolo K (non deve essere
preceduto dal segno di grado : sbagliato scrivere K). Il kelvin pu essere messo in relazione
con i gradi Celsius o centigradi (simbolo: C) tenendo presente che 273,16 K (0 C) il punto
di congelamento dellacqua e che 373,16 K (100 C) il suo punto di ebollizione. Abitualmente
la costante viene posta a 273,15 oppure, pi semplicemente, arrotondata a 273.
La temperatura T perci data in kelvin da
[K]
platino
2000 T [K] = T [C] + 273,15 T [C] + 273 1-5

1800 oppure in gradi centigradi da


acciaio

1600 T [C] = T [K] 273,15 T [K] 273 1-5

ghisa
1400
Ad esempio, la temperatura di 40 C, espressa in kelvin, diviene
rame per la 1-5

1200 40 C + 273,15 = 313,15 K 313 K


sale
mentre la temperatura di 1500 K, espressa in gradi centigradi,
1000
diviene per la 1-5
alluminio

800 1500 K 273,15 = 1226,85 C 1227 C


zinco
Luso dei gradi centigradi al posto dei kelvin lunica deroga che
600 qualche volta ci permetteremo allimpiego del sistema SI. Nel
stagno dimensionare gli elementi della macchina avremo spesso a che fare
400
con delle differenze di temperatura T; una variazione di tempe-
paraffina ratura ha lo stesso valore in ambedue le scale, in quanto queste dif-
ghiaccio (0 C) feriscono tra loro per una costante (273,15); perci, ad esempio,
200 ammoniaca
T = 400 C 350 C = 50 C
aria
0 273,15 C
T = 673 K 623 K = 50 K
Fig. 1.2 - Punti di fusione di varie sostanze
in kelvin. A scopo orientativo, sono riportati, nella Figura 1.2 i punti di
fusione di varie sostanze in funzione della temperatura in kelvin.
12 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

1. 12 ANGOLO
Lunit angolare il radiante (simbolo: [rad]). 1 rad langolo sotteso da un arco di circon-
ferenza uguale al raggio (Figura 1.3). Il radiante viene considerato una grandezza supplemen-
tare1.8 in quanto completa il sistema SI pur non potendo a rigore rientrare nel gruppo delle gran-
dezze fondamentali. una grandezza adimensionale, cio un puro numero determinato dal
rapporto tra due lunghezze (lunghezza dellarco di cerchio e lunghezza del raggio del cerchio):
[Lunghezza]
[Angolo] = = [Lunghezza0] 1-6
[Lunghezza]
Lultimo termine tra parentesi quadre la lunghezza elevata
rad a zero (non si confonda lesponente zero 0 con il segno
3 rad
indicante grado ). Di solito il simbolo rad non viene scritto
2 rad
vicino alla grandezza a meno che ci sia necessario per evi-
R
tare confusione.
1 rad Per quanto il grado non sia una unit coerente, i 360 del-
R langolo giro possono an cora essere accettati, fermo
restando che le ulteriori suddivisioni in minuti dangolo []
e secondi dangolo [] (nel seguito individuati come gradi
sessagesimali ) vengano sostituite da suddivisioni deci-
Fig. 1.3 - Definizione di radiante.
mali: i gradi sessadecimali (nel seguito indicati come gradi
decimali o semplicemente come gradi ).

1.8 - Vi sono due grandezze supplemen- misura dellangolo piano, e lo stera- dellangolo solido.
tari nel sistema SI: il radiante, unit di diante (simbolo: [sr]), unit di misura

Esempio 1.1 Conversione di gradi decimali e radianti


Convertire:
a) langolo 0,0572 in mrad (milliradianti);
b) langolo di 1 rad in gradi.

SOLUZIONE
a) Dalla definizione sappiamo che un angolo piatto (180) equivale a rad (Figura 1.3). Per passare da
y gradi a z radianti facciamo allora la proporzione:
[rad] z [rad] 3,14 [rad]
= z [rad] = y = 0,0175 [rad/1] y 1-7
180 y 180

z = 0,0175 rad/1 0,0572 = 0,001 rad = 1 mrad

b) Per passare dallangolo espresso in radianti al corrispondente angolo in gradi occorre invece dividere
per 0,0175 rad/l. Dalla 1-7 abbiamo infatti:
z [rad]
z [rad] = 0,0175 [rad/1] y y = 1-7
0,0175 [rad/1]
1 rad
y= = 57,2
0,0175 rad/1
1.14. ACCELERAZIONE 13

Esempio 1.2 Conversione di gradi sessagesimali


Convertire:
a) langolo di 14 25 36 in gradi decimali;
b) langolo di 22 30 in gradi decimali e quindi in radianti.

SOLUZIONE
a) Per passare dai gradi sessagesimali ai gradi decimali occorre tenere presente che 1 minuto dangolo []
corrisponde a 1/60 di grado, mentre 1 secondo dangolo [] corrisponde a 1/(60 60) = 1/3600 di grado.
Abbiamo allora:
14 +
25/60 = 0,416667 +
36/3600 = 0,01 +
14,426667 = 14,43
b) Applichiamo prima la procedura precedente per passare da gradi sessagesimali a gradi decimali:
22 +
30/60 = 0,5 +
00/3600 = 0,00 +
22,50
Applichiamo poi la relazione 1-7:
0,0175 rad/1 22,5 = 0,39 rad

1. 13 VELOCIT
La velocit una unit derivata; nel caso di moto lineare (movimento cio di un punto lungo
una linea) essa determinata dal rapporto tra la distanza percorsa e il tempo. Dimensionalmente
si era gi visto:

[Spostamento]
[Velocit] = = [Lunghezza Tempo 1 ] (1-3)
[Tempo]

Lunit di misura rappresentata da metro/secondo ([m/s] oppure [ms 1]).

1. 14 ACCELERAZIONE
A sua volta laccelerazione data dal rapporto tra velocit e tempo. Dimensionalmente :

[Velocit] [Lunghezza Tempo 1 ]


[Accelerazione] = = = [Lunghezza Tempo 2 ] 1-8
[Tempo] [Tempo]

Lunit di misura il metro/secondo al quadrato [m/s2]. Laccelerazione di gravit (usualmente


indicata con la lettera g) varia da punto a punto della superficie terrestre; nei calcoli conside-
reremo un valore medio pari a 9,81 m/s2.
14 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

1. 15 FORZA
La seconda legge di Newton ci dice che il prodotto della massa m per laccelerazione a uguale
alla forza F:
F = ma 1-9

Dimensionalmente si ha (1-8):
[Forza] = [Massa] [Accelerazione] = [Massa Lunghezza Tempo 2] 1-9
Parallelamente viene definito, come unit di misura della forza, il newton1.1: esso rappresenta la
forza necessaria per imprimere alla massa di 1 kg laccelerazione di 1 m/s2. Si tratta quindi di
ununit derivata, espressa da
kgms 2
oppure da
kgm/s2
Il simbolo del newton N. La distinzione tra lunit di misura della massa e lunit di misura
della forza una delle principali differenze tra il sistema SI e il vecchio sistema tecnico. Nel
sistema tecnico lunit di forza, il kilogrammo peso [kp], era definito come la forza generata
dalla massa unitaria nel campo gravitazionale terrestre. In questo modo i valori della forza e
della massa rimanevano numericamente gli stessi e ambedue venivano riferiti al peso.
Ma laccelerazione di gravit non la stessa in tutti i punti della Terra; si pensi poi a luoghi al
di fuori del campo gravitazionale terrestre come, ad esempio, un satellite in orbita, oppure la
Luna. Si preferito allora eliminare una possibile confusione ponendo una netta distinzione tra
unit di massa e unit di forza. La conversione dellunit fondamentale di forza del sistema tec-
nico, il kilogrammo peso [kp], nel newton viene fatta prendendo un valore medio dellaccele-
razione di gravit pari a 9,80665 m/s2, arrotondato a 9,81 m/s2. La Tabella II di copertina
riporta i fattori di conversione delle principali grandezze del sistema tecnico nel sistema SI. Si
pu dunque vedere che
1 kp (kilogrammo peso) = 9,81 N (newton) 1-10
Se nella seconda legge di Newton 1-9, si pone al posto dellaccelerazione generica a laccele-
razione di gravit g = 9,81 m/s2, la forza cos ottenuta si chiama forza peso P o, pi semplice-
mente, peso del corpo di massa m; il peso di un corpo allora dato dal prodotto della sua massa
per laccelerazione di gravit:
P = mg 1-10

Quanto grande la forza di un newton? Si pu pensare a Newton e al suo albero da cui sarebbe
caduta la mela che gli avrebbe ispirato lidea della legge che porta il suo nome: una piccola mela,
con massa allincirca uguale a 100 grammi (m 100 g = 0,1 kg), esercita la forza peso di
1 newton come risulta applicando la 1-10:
Pmela = mmela g = 0,1 kg 9,81 m/s2 = 0,981 N 1 N

Esempio 1.3 Misura della massa al polo nord e allequatore


Un paese N, situato al polo nord, spedisce una certa quantit di oro al paese E, che si trova allequatore.
Questa quantit viene determinata per mezzo di una scala azionata dalla deformazione di una molla.
Anche il sistema di misura viene inviato al paese E, dove viene ripetuta la misura, riscontrando per che
nel frattempo la quantit di oro diminuita (Figura 1.4-a). Perch avviene questo fenomeno?
1.15. FORZA 15

100 kg 99,5 kg

kg kg

ORO ORO

paese N paese E

Fig. 1.4-a - Lindicazione data dalla deformazione della molla dello strumento una misura della forza di gra-
vit e non della massa.

SOLUZIONE
Questo esempio illustra la distinzione tra il numero che traduce la massa e il numero che traduce la forza
partendo dal fatto che laccelerazione di gravit (al livello del mare) diversa tra le regioni polari
(9,83 m/s2) e le regioni equatoriali (9,78 m/s2). La scala dello strumento, che basata sulla deformazione
di una molla, misura infatti la forza di gravit e non la massa. Laccelerazione di gravit pi bassa alle-
quatore e quindi lago dello strumento indica un valore inferiore.

COMMENTI
Se al contrario la scala viene interpretata come unit di forza, noi potremmo determinare la massa
applicando la legge di Newton 1-9 (Figura 1.4-b): letta in questo modo (m = F/a,), la massa risulta uguale
nei due paesi. La scala che permette di ottenere lo stesso valore delle masse in due luoghi diversi si basa
sul confronto diretto delle masse: questo il tipo di misura da sempre impiegato nel campo dei metalli
preziosi (Figura 1.4-c).
Il sistema, descritto nella Figura 1.4-b, pu essere convenientemente impiegato per la misura della
massa. Si applica cio una forza nota F alloggetto di massa m, si misura la sua accelerazione a e si cal-
cola m = F/a (1-9). Nella pratica questo viene fatto attaccando loggetto a un sistema costituito da una
molla, disturbandolo (lo si allontana cio dalla sua posizione di equilibrio) e calcolando la massa in base
al tempo di risposta delloscillazione libera.

(m = F/a)

983 N 978 N

N N
983 kgm/s2 978 kgm/s2
2
= 100 kg =
9,83 m/s 9,78 m/s2

ORO ORO

paese N paese E

Fig. 1.4-b - La massa viene misurata in modo corretto come rapporto tra la forza F in newton misurata nei due
paesi e la rispettiva accelerazione di gravit a.
16 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

100
ORO kg

Fig. 1.4-c - Il confronto tra le masse il metodo corretto per la misura di una massa in
qualsiasi paese.

1. 16 LAVORO, ENERGIA, COPPIA


Il lavoro il prodotto di una forza per uno spostamento; quindi dimensionalmente (1-9 ):

[Lavoro] = [Forza] [Spostamento] = [Massa Lunghezza Tempo 2] [Lunghezza] = [Massa Lunghezza2 Tempo 2] 1-11

e in unit SI si esprime in Nm. In onore dello scienziato inglese James Prescott Joule, si dato
a questa unit il nome di joule (si pronuncia giul, e non giaul); il suo simbolo J. Il joule
anche lunit di energia. Il lavoro pu essere il risultato del prodotto di una coppia per una
rotazione rappresentata da un angolo, numero puro (cio senza dimensioni) espresso in radianti:

[Lavoro] = [Coppia] [Angolo] 1-12

Si preferisce esprimere la coppia in Nm e il lavoro o lenergia in J in modo da evidenziare la


differenza fisica tra queste grandezze.
Luso del joule permette di eliminare numerose unit e, in primo luogo, quelle del sistema tec-
nico che potevano far pensare a una diversit sostanzialmente erronea tra calore e lavoro.
Calore equivale a lavoro, come si vedr nella termodinamica, e va quindi espresso in joule come
qualsiasi altra forma di energia. Le vecchie unit del sistema tecnico che misuravano il calore
(piccola caloria [cal] e grande caloria [kcal]) equivalgono rispettivamente a 4,186 J e a 4,186 kJ
(Tabella I di copertina).

1. 17 POTENZA
La potenza definita come il lavoro nellunit di tempo. Dimensionalmente (1-11):

[Lavoro] [Massa Lunghezza 2 Tempo 2 ]


[Potenza] = = = [Massa Lunghezza 2 Tempo 3 ] 1-13
[Tempo] [Tempo]

e in unit SI si esprime in J/s. A questa unit stato dato il nome di watt (simbolo: W), in onore
dello scienziato inglese che introdusse il termine cavallo-vapore. Il watt (spesso viene utilizzato
il suo multiplo, il kW) sostituisce non solo le unit di misura tradizionali della potenza del tipo
1.19. GRANDEZZE SPECIFICHE 17

appunto del cavallo-vapore1.9, ma anche data lequivalenza tra calore e lavoro le unit soli-
tamente usate per esprimere la potenza termica (cio il calore trasmesso nellunit di tempo)
come, ad esempio, la kilocaloria al secondo [kcal/s].
Alcune volte lenergia viene ricavata dal valore della potenza moltiplicata per il tempo, poich
come si detto pi sopra la potenza il lavoro fatto nellunit di tempo. Troviamo cos, ad esem-
pio, il kilowattora (kWh) che equivale a 3,6 MJ oppure a 3,6 103 kJ (Tabella I di copertina).
Si tenga sempre ben presente che energia e potenza sono due grandezze diverse: lenergia [J]
la misura di quanto lavoro viene effettuato, la potenza [W] misura con quanta rapidit il lavoro
viene svolto. Una cosa la quantit di energia elettrica che paghiamo ogni mese allente che
rifornisce la nostra casa, altra cosa la quantit di energia elettrica erogata nellunit di tempo,
e cio la potenza che ci permette di far funzionare contemporaneamente lavastoviglie, lava-
biancheria e scaldabagno elettrico.

1. 18 PRESSIONE
La pressione p definita come lazione di una forza F su una superficie di area A:

F
p= 1-14
A

Dimensionalmente si ha (1-9 e 1-1):

[Forza ] [ Massa Lunghezza Tempo 2 ]


[Pressione] = = = [ Massa Lunghezza 1 Tempo 2 ] 1-14
[Area] [Lunghezza 2 ]

Nel sistema SI la pressione si esprime in N/m2 oppure Nm 2, unit che prende il nome di pascal
(simbolo: Pa), in onore dello scienziato francese. Il pascal, introdotto nel 1971, lultimo
nome di una lunga lista di unit di pressione tra cui ricordiamo tra le tante latmosfera [atm],
il bar, il torr (o mm di mercurio: simbolo chimico Hg) e il mm di colonna dacqua (simbolo chi-
mico dellacqua: H2O). I fattori di conversione tra le unit utilizzate in passato e il pascal sono
riportati nella Tabella I di copertina.
1 Pa rappresenta una pressione relativamente bassa. I micropascal (1 Pa = 10 6 Pa) e i milli-
pascal (1 mPa = 10 3 Pa = 0,001 Pa) sono prevalentemente utilizzati in acustica e nelle tecniche
del vuoto, mentre i gigapascal (1 GPa = 109 Pa) vengono utilizzati nel valutare la resistenza dei
materiali. Nelle macchine a fluido conviene far ricorso ai kPa (1 kPa = 103 Pa = 1000 Pa) oppure
ai MPa (1 MPa = 106 Pa = 1.000.000 Pa). La pressione atmosferica vale 101.325 Pa = 101,325 kPa
e di solito viene arrotondata a 101,32 kPa (Tabella III di copertina). 1 bar esattamente uguale
a 100 kPa oppure a 0,1 MPa.

1. 19 GRANDEZZE SPECIFICHE
Lo studio della meccanica e delle macchine pu richiedere luso anche di grandezze diverse da
quelle che sono state fino a ora presentate; le loro dimensioni e le relative unit di misura ver-
ranno illustrate con il procedere del corso. La Tabella I di copertina riassume i fattori di con-

1.9 - Si presti attenzione al fatto che il diverso dal cavallo-vapore internazio-


cavallo-vapore in unit inglesi [HP] nale [CV] (Tabella I di copertina).
18 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

versione necessari per passare da unit di misura espresse nei vecchi sistemi al sistema SI, e vice-
versa.
Esistono poi delle grandezze riferite ad altre grandezze come, per esempio, massa, peso,
volume, area, ecc.: in passato, esse venivano genericamente indicate con il nome di grandezze
specifiche; adesso si preferisce precisare di volta in volta a quale grandezza si fa riferimento.
Cos non diremo pi energia specifica ma preciseremo se si tratta di energia per unit di massa
(o energia massica), per unit di peso (o pesica), per unit di volume (o volumica) e per unit
di area (o areica). In particolare al posto di volume specifico utilizzeremo il termine di volume
massico [m3/kg] e, al posto dellabituale densit, verr utilizzato il termine di massa volumica
[kg/m3], che appunto indicher la massa per unit di volume. Il termine densit indicher
invece il rapporto adimensionale tra la massa volumica di un corpo e quella di un corpo di rife-
rimento (solitamente lacqua).
La capacit di un fluido di scambiare calore sotto una data variazione di temperatura prende il
nome di capacit termica del fluido; quando la capacit termica viene riferita allunit di massa,
viene indicata come capacit termica massica e sostituisce la vecchia denominazione di
calore specifico. Dimensionalmente, dato che il calore equivale al lavoro, la capacit termica
massica rappresentata da

[Lavoro]
[Capacit termica massica] = 1-15
[Massa] [Temperatura]

mentre in unit SI la capacit termica massica espressa da J/(kgK) oppure, utilizzando un mul-
tiplo del joule, da kJ/(kgK).
Conserveremo il termine specifico per quelle grandezze, come il consumo specifico di com-
bustibile, per le quali la precisazione del riferimento porterebbe a inutili forzature. Il consumo
specifico di combustibile il rapporto tra la portata di combustibile [kg/s] che alimenta la mac-
china e la potenza ottenuta [W]; la sua unit di misura quindi espressa da

(kg /s)/W = kg /(Ws) = kg /J

in quanto il prodotto della potenza di 1 W per il tempo di 1 s d il lavoro di 1 J. opportuno


esprimere il consumo specifico in g/MJ in modo da evitare di ottenere numeri troppo piccoli.
Come esempio possiamo citare il consumo specifico minimo di gasolio raggiungibile con un
motore Diesel di 0,01 m3 (10 litri) di cilindrata, che risulta pari a 55 g/MJ (198 g /(kWh)).

1. 20 SIMBOLOGIA
Dei due segni ( oppure ) che possono essere utilizzati per indicare la moltiplicazione tra
unit di misura, si preferisce utilizzare il punto ; il per ( ), caratteristico del prodotto, viene
invece impiegato per indicare la moltiplicazione tra numeri. Per esempio:
grandezza coppia
unit newton metro
simbolo Nm

La divisione tra unit di misura viene indicata con la barretta / oppure, meno abitualmente,
con la linea di frazione , di solito riservata alle operazioni tra numeri. Una generica gran-
dezza G frazionaria pu essere scritta 1/G oppure G 1, facendo cio ricorso agli esponenti nega-
tivi. Per esempio:
1.20. SIMBOLOGIA 19

grandezza accelerazione
unit metro diviso secondo elevato al quadrato
m
simbolo m/s2, ms 2,
s2

Quando si adotta la barretta per segnalare la divisione, essenziale separare chiaramente i pro-
dotti presenti al numeratore da quelli al denominatore facendo uso delle parentesi. Le unit di
misura della capacit termica massica vanno, ad esempio, rappresentate con
kJ/(kgK)
e non con
kJ/kgK
perch questultima espressione pu far pensare al lettore meno esperto che si tratti di kJ/kg mol-
tiplicati (e non divisi) per K.

Esempio 1.4 Conversione di unit di misura


Convertire in:
a) kilojoule [kJ], il lavoro L = 15 kpm
b) kilogrammi peso per metro [kpm], il lavoro L = 15 J
c) kilowatt [kW], la potenza P = 250 CV
d) grammi al cavallo ora [g/(CVh)] e grammi al kilowattora [g/(kWh)], il consumo di combustibile
csf = 55 g/MJ
e) radianti [rad], langolo = 45
f) kilocalorie riferite a ora, metro e grado centigrado [kcal/(hmC)], la conduttivit dellargento
k = 429 W/(mK).

SOLUZIONE
Per rispondere alle domande dellEsempio, utilizziamo la Tabella I di copertina.
a) L = 15 kpm 9,81 J/(kpm) = 147,1 J = 0,1471 kJ
15 J
b) L= = 1,53 kpm
9,81 J/(kpm)

c) P = 250 CV 0,735 kW/CV = 183,75 kW


55 g/MJ
d) c sf = = 145,8 g/(CVh)
g/MJ
0,3776
g/(CVh)

55 g/MJ
c sf = = 198 g/(kWh)
g/MJ
0,2778
g/(kWh)
Si poteva anche passare direttamente dal consumo di combustibile in g/(CVh) al consumo in g/(kWh)
convertendo i CV in kW.
145,8 g/(CVh)
c sf = = 198 g/(kWh)
0,735 kW/CV
20 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

e) = 45 0,0175 rad/1 = 0,78 rad

429 W/(mK)
f) k = = 369 kcal/(hmC)
W/(mK)
1,163
kcal/(hmC)

1. 21 SOMMARIO
La meccanica, che la scienza che descrive le condizioni di quiete oppure di moto di corpi sog-
getti allazione di forze, si rivolge ai corpi rigidi, ai corpi deformabili e ai fluidi. La meccanica
dei corpi rigidi, quando affronta con metodi matematici i principi fisici generali, viene chiamata
meccanica razionale, mentre, quando viene applicata alle macchine, prende il nome di mecca-
nica delle macchine. Qualora il corpo non possa pi essere considerato rigido, come avviene
vicino a rottura, occorre passare alla meccanica dei corpi deformabili e in particolare alla resi-
stenza dei materiali. La meccanica dei fluidi si occupa infine dello studio dei fluidi incompri-
mibili impiegati nelle macchine idrauliche e di quello dei fluidi comprimibili utilizzati nelle mac-
chine termiche.
I concetti fondamentali della meccanica elementare sono quelli di spazio, tempo, massa e
forza; questi quattro concetti consentono di studiare le condizioni di equilibrio (statica) oppure
di movimento (dinamica) delle particelle o dei corpi rigidi. Mentre i primi tre concetti sono, nella
meccanica newtoniana, indipendenti luno dallaltro, il concetto di forza dipende dallo spazio,
dal tempo e dalla massa.
Lo studio della meccanica dei fluidi richiede la conoscenza di tre discipline legate, in modo par-
ticolare, allenergia termica:
la termodinamica: scienza che abbraccia lo studio delle trasformazioni dellenergia e la
relazione tra le varie propriet di una sostanza, conseguenza oppure causa di queste stesse tra-
sformazioni;
la fluidodinamica: scienza che tratta il trasporto di energia e la resistenza al movimento, asso-
ciata con lo scorrimento dei fluidi;
la trasmissione del calore: scienza che descrive la trasmissione di una specifica forma di ener-
gia, risultante dallesistenza di una differenza di temperatura.
Per descrivere lo stato fisico di un corpo o di un sistema facciamo uso delle dimensioni. A que-
ste sono associate delle unit di misura che, per legge, vanno espresse nel Sistema Internazio-
nale (SI).
Unequazione che descrive una determinata situazione fisica vera se tutti i suoi termini sono
della stessa specie e hanno le stesse dimensioni, se cio dimensionalmente omogenea. Mentre
non ha senso scrivere
10 aeroplani 6 aquile = 4 mesi
corretto scrivere lequazione
10 kg 6 kg = 4 kg
Quando poi incontriamo lequazione
10 kg 6 ?? = 4 kg
noi sappiamo che lunit di misura del secondo termine posto a sinistra del segno di uguale, non
pu che essere il kg in quanto, accanto agli altri termini, c appunto il kg.
1.21. SOMMARIO 21

Le grandezze fondamentali e le corrispondenti unit di misura pi frequentemente utilizzate


nello studio della meccanica e delle macchine sono:
lunghezza metro [m]
massa kilogrammo [kg]
tempo secondo [s]
temperatura kelvin [K]
Molto spesso conveniente utilizzare dei multipli oppure dei sottomultipli delle unit SI; se con-
sideriamo, ad esempio, il metro (unit di misura della lunghezza), abbiamo:
1 km = 1 m 1000 = 1000 m = 103 m
1 mm = 1 m/1000 = 0,001 m = 10 3 m
1 m = 1 m/1.000.000 = 0,000001 m = 10 6 m
Lunit di misura dellangolo piano il radiante [rad]: si tratta di una grandezza senza dimen-
sioni in quanto si ottiene come rapporto di due lunghezze (lunghezza dellarco di cerchio e lun-
ghezza del raggio del cerchio). Al posto della misura in radianti, langolo pu essere misurato
in gradi decimali, facendo riferimento allangolo giro pari a 360.

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

1.1 Esprimere in cm2 ed in mm2 larea di 4,26 m2. 1.8 Convertire le seguenti misure:
4,26 m2 = 4,26 104 cm2 = 4,26 106 mm2 18,9 rad/s in giri/min 18,9 rad/s = 180 giri/min

1 giro/giorno in rad/s 1 giro/giorno = 72,7 10 6 rad/s


1.2 Esprimere in dm3 ed in m3 il volume di 1600 cm3.
1600 cm3 = 1,6 dm3 = 1,6 10 3 m3
1.9 Convertire in unit SI la velocit di unautomo-
bile pari a 140 km/h.
1.3 Esprimere in kg/m3 la massa volumica di una 140 km/h = 38,9 m/s
benzina pari a 0,835 kg/dm3.
0,835 kg/dm3 = 835 kg/m3 1.10 Qual la velocit, in km/h, di un aereo che
vola a 416 m/s?
1.4 Quanti gigasecondi fa, rispetto al 1990, iniziata 416 m/s = 1498 km/h
let del bronzo, che viene datata nel 3000 avanti Cristo?
157 Gs 1.11 Assumendo unaccelerazione di gravit pari a
9,81 m/s2, calcolare il peso P di una massa di 800 kg.
1.5 Esprimere in rad langolo di 87. P = 7848 N
87 = 1,52 rad
1.12 Qual il valore della pressione atmosferica
1.6 Trasformare prima in gradi decimali e poi in rad standard p0 al livello del mare?
p0 = 101,32 kPa
langolo di 95 15 30.
95 15 30 = 95,26 = 1,667 rad
1.13 Esprimere in MN/m2 la pressione di 460 kPa.
1.7 Convertire le seguenti misure: 460 kPa = 0,46 MN/m2
1,5 giri in radianti 1,5 giri = 9,4248 rad
1.14 Trasformare in giri al minuto e rad/s la velocit
60 in radianti 60 = 1,05 rad di rotazione di una turbina pari a 500 giri/s.
120 giri/minuto in rad/s 120 giri/min = 12,56 rad/s 500 giri/s = 30.000 giri/min = 52,3 rad/s
22 CAPITOLO 1. MECCANICA E MACCHINE

1.15 Convertire in C la temperatura di 170 K. 1.18 Convertire in unit SI la conduttivit termica di


un acciaio inossidabile AISI 304 (Paragrafo 5.10.1) pari a
170 K = 103 C 12,8 kcal/(hmC).
12,8 kcal/(hmC) = 14,9 W/(mK)

1.16 Convertire in K la temperatura di 250 C. 1.19 Calcolare laccorciamento percentuale di un


campione che misurava inizialmente 25 cm, e misura,
250 C = 523 K dopo esser stato sottoposto a compressione, 24,6 cm.
= 1,6%

1.17 Convertire in unit SI il potere calorifico infe- 1.20 Una barra lunga 14 cm viene sottoposta a tra-
riore (Paragrafo 13.1) di un gasolio pari a 10.330 kcal/kg. zione allungandosi dello 0,7%. Calcolare la lunghezza
finale l.
10.330 kcal = 43,2 MJ/kg l = 14,098 cm
MECCANICA
Capitolo 2
FORZE E MOMENTI

2. 1 FORZE
Una forza rappresenta lazione di un corpo su un altro
a Scala delle forze: corpo. Per descrivere una forza applicata ad un corpo
lunghezza AB = 1 kN a
A B C
occorre conoscere tre elementi (Figura 2.1):
punto di applicazione,
kN
10 intensit,
B
A 30
direzione orientata.
x
Il punto di applicazione il punto del corpo a cui
applicata la forza (il punto A della figura). Lintensit
a (oppure il modulo o la grandezza) di una forza il
b
numero espresso in newton [N] che misura il valore
della forza: facendo uso di una scala appropriata delle
kN forze con il segmento AB uguale a 1 kN, la lunghezza
10
del segmento AC rappresenta lintensit della forza. La
A 30
direzione orientata di una forza definita dalla retta di
x
azione e dal verso della forza: la retta di azione la retta
lungo la quale agisce la forza (ad esempio la retta incli-
nata di 30 sullasse x della figura), mentre il verso
c corrisponde allorientamento indicato dalla freccia
(nella Figura 2.1-a il verso della forza risulta ascen-
dente, da sinistra verso destra).

di
F Levidenza sperimentale mostra che le due forze P e Q,
ione applicate nel punto A, possono venire riassunte dallu-
d az
tta nica forza R, che esercita lo stesso effetto su A (Figura
Re
2.2-c): la forza R, che viene indicata come la risul-
tante delle due forze P e Q, si ottiene (Figura 2.2-b)
rzaF
Fo tracciando la diagonale passante per A del parallelo-
gramma, che ha per lati P e Q. questa la legge (o
Punto dapplicazione di F
regola) del parallelogramma con la quale si effettua la
somma di due forze.
Fig. 2.1 - a) Forza con punto di applicazione in A, di
intensit pari a 10 kN (segmento AC ) e direzione indivi-
duata dalla retta dazione a inclinata di un angolo di 30
rispetto allasse orizzontale x e dal verso ascendente.
b) Forza di verso opposto (discendente) rispetto alla
forza rappresentata in Figura 2.1-a.
c) Retta dazione di una forza.
26 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a b c
P P R R

A Q A Q A

Fig. 2.2 - a) Due forze P e Q applicate nel punto A.


b) La diagonale del parallelogramma che ha per lati P e Q d la forza risultante R, somma delle due forze P e Q.
c) La forza risultante R sul punto A ha lo stesso effetto delle due forze originali P e Q.

2. 2 SCALARI E VETTORI
Le forze, per quanto detto sopra, vengono sommate seguendo la legge del parallelogramma e
non secondo i criteri appresi nellalgebra ordinaria. Ad esempio, la somma di due forze, tra loro
perpendicolari, di 3 kN e 4 kN d come risultato (Figura 2.3-a) una forza di 5 kN e non di 7 kN;
la loro somma sarebbe invece risultata ancora uguale a 7 kN solo nel caso illustrato nella
Figura 2.3-b: due forze con la stessa retta di azione e uguale verso. Non solo le forze, ma anche
altre quantit fisiche, come, ad esempio, i momenti, le velocit e le accelerazioni, sono definite
solo quando siano note intensit e direzione orientata; ognuna di queste quantit va quindi som-
mata con la legge del parallelogramma. Si definiscono vettori2.1 le quantit fisiche che possie-
dono intensit (sempre positiva) e direzione orientata e che vengono sommati tra loro con la
legge del parallelogramma.
Per definire altre quantit fisiche chiamate scalari, pi semplici perch fanno a meno della di-
rezione propria dei vettori, invece sufficiente un numero preceduto da un segno e seguito dal-

a Scala delle forze: b Scala delle forze:


lunghezza AB = 1 kN lunghezza AB = 1 kN
A B A B
5 kN
3 kN

4 kN
7 kN
A
A
4 kN 3 kN

Fig. 2.3 - a) Somma di due forze, che formano tra loro un angolo di 90, secondo la legge del parallelo-
gramma; langolo retto fa s che il parallelogramma sia un rettangolo.
b) Somma di due forze situate sulla stessa retta dazione e concordi; in questo caso il parallelogramma si
appiattisce fino a diventare un segmento di retta.

2.1 - Di seguito vengono riportate le essere spostato senza modificare le quantit fisiche come le forze agenti
definizioni di alcuni tipi di vettori trattati condizioni del problema. su un corpo rigido che possono venir
nel corso: Vettore libero: un vettore che espri- fatte scorrere liberamente lungo la
Vettore applicato: un vettore con un me quantit fisiche, come le coppie, loro retta dazione.
punto di applicazione ben definito che possono essere rappresentate da Vettore nullo: lintensit del vettore
come nel caso di una forza che si vettori che si muovono liberamente uguale a zero.
esercita nel punto A di un corpo gene- nello spazio. Versore (vettore unitario): vettore con
rico; il vettore applicato non pu Cursore: il vettore che esprime intensit uguale a 1.
2.3. COMPOSIZIONE DI FORZE NEL PIANO 27

lunit di misura della quantit fisica considerata. Cos lascissa x di un punto P, che individua
una lunghezza, sar rappresentata, secondo una data scala, da un determinato numero misu-
rato in metri, numero preceduto dal segno + o dal segno a seconda che si trovi sul semiasse
positivo o negativo rispetto allorigine dellasse: ad esempio, + 5 m oppure 5 m. Un altro esem-
pio di scalare la temperatura di + 100 C. Lo scalare dunque individuato dallunit di mi-
sura e da un numero reale, positivo o negativo, che ne d la misura nellunit considerata.
Scalare diviene il numero che rappresenta lintensit di un vettore, nel momento in cui, sulla
base di una convenzione, lo si fa precedere da un segno + o dal segno , che ne indica il verso
rispetto ad un riferimento assegnato. Le operazioni sugli scalari seguono le normali regole del-
lalgebra ordinaria.
Il vettore viene indicato con una lettera scritta in grassetto, ad esempio
B B B
P, mentre la lettera in corsivo (P) ne indica lintensit2.2. Il vettore
forza F viene espresso dal numero accompagnato dallunit di misura
P P P
(newton), che definisce lintensit F del vettore, seguito dalla dire-
zione orientata; ad esempio:
F = 100 N (forza di 100 newton orientata nel verso positivo del-
lasse y),
F = 20 kN (forza di 20 kilonewton orientata nel verso negativo
dellasse x),
A A A
F = 800 N 6 30 (forza di 800 newton inclinata di 30 sul semiasse
Fig. 2.4 - Rappresentazione grafica di
x positivo).
vettori: i tre vettori, che hanno la stessa
intensit e la stessa direzione con lo Nelle illustrazioni, il vettore rappresentato da un segmento orientato
stesso verso, sono uguali indipenden- (ad esempio il segmento AB di Figura 2.4 ), la cui lunghezza, letta in
temente dal fatto che abbiano o non una scala opportuna, fornisce lintensit del vettore stesso. Tutti i seg-
abbiano lo stesso punto di applica-
zione; vengono perci indicati con la
menti orientati AB, AB e AB ecc. equipollenti, aventi cio la stessa
stessa lettera P. lunghezza, la stessa direzione e lo stesso verso, rappresentano lo stesso
vettore.

2. 3 COMPOSIZIONE DI FORZE NEL PIANO


Linsieme di due o pi forze, agenti contemporaneamente su un corpo, costituisce un sistema
di forze; in un sistema piano di forze, le rette dazione di tutte le forze giacciono sul medesimo
piano e le forze si dicono complanari (Figura 2.5-a). La somma dei due vettori P e Q, che rap-
presentano due forze non parallele, viene ottenuta (Paragrafo 2.1) portando i due vettori nello
stesso punto A e costruendo un parallelogramma avente per lati P e Q (Figura 2.6-a): la dia-
gonale, che passa per A, rappresenta la somma dei due vettori e viene rappresentata dal vettore
risultante (o risultante) R = P + Q. I due vettori possono essere paralleli, come le due forze F1
ed F2 rappresentate nella Figura 2.6-b; in questo caso i due vettori vengono combinati aggiun-
gendo dapprima le due forze F e F uguali ed opposte e con la stessa retta dazione, che prese
insieme non producono alcun effetto sul corpo2.3, e quindi si procede alla somma delle due risul-
tanti R1 = F1 + F ed R2 = F2 + ( F) ottenendo R = R1 + R2 = [F1 + F] + [F2 + ( F)] = F1 + F2.

2.2 - In questo corso, i vettori verranno su di esso si bilanciano in modo tale che getto allazione di due forze, si pu af-
indicati con la lettera scritta in grassetto il loro effetto complessivo f inale fermare che il corpo sar in equilibrio se
quando vi sia la necessit di evitare con- quello di lasciare invariati la posizione le due forze hanno la stessa intensit, la
fusioni tra operazioni su vettori e opera- del corpo (se esso era originariamente in stessa retta dazione e verso opposto
zioni su scalari. quiete) oppure lo stato di moto a velocit dando luogo cos a una risultante uguale
costante secondo una linea retta (se il a zero (Figura 2.5-b).
2.3 - Un corpo soggetto a pi forze in corpo era originariamente in moto). Con-
equilibrio se tutte le forze che agiscono siderando, per semplicit, un corpo sog-
28 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a b
B Punto per il quale passano le rette
P dazione delle due forze
A Q
S
C
Forza di 10 N Forza di 10 N

Corpo

Fig. 2.5 - a) Forze complanari che costituiscono un sistema piano di forze.


b) Due forze in equilibrio.

Il metodo del triangolo rappresenta una procedura alternativa a quella del parallelogramma per
il calcolo della risultante di 2 vettori anche se non ne consente la determinazione del punto di
applicazione: si consideri la Figura 2.7, dove la somma dei due vettori P e Q stata ottenuta con
il parallelogramma. Essendo il lato del parallelogramma opposto a Q (Figura 2.6-a) uguale in
intensit, direzione e verso a Q, si pu considerare soltanto la met superiore del parallelogramma
(Figura 2.7-a) di modo che la somma dei due vettori pu
essere ottenuta disponendo la coda di Q sulla punta di P e
a R=P+Q
congiungendo poi la coda di P con la punta di Q. Se fosse
P stata presa la met inferiore del parallelogramma (Figura
2.7-b), si sarebbe ottenuto lo stesso risultato.
La sottrazione tra due vettori (si voglia, ad esempio, sot-
A Q trarre al vettore P il vettore Q) viene ottenuta sommando a
P il vettore Q cambiato di segno o con la regola del paralle-
b logramma, analogamente a quanto fatto nella Figura 2.6-b a
proposito della somma F2 + ( F), oppure con il metodo del
F triangolo (Figura 2.8): P Q = P + ( Q).
Si consideri ora la somma di tre o pi vettori. La somma di
F tre vettori, ad esempio i vettori P, Q ed S, si ottiene, per defi-
F2 nizione, sommando con il metodo del parallelogramma i
R2 primi due vettori P e Q e quindi aggiungendo al risultato di
R1 questa somma, sempre con il metodo del parallelogramma,
F1

a Q
R1
P
P+Q

R2
A Q
R
b Q+P
P P

Fig. 2.6 - a) Facendo uso della legge del paralle-


logramma vengono sommati i due vettori P e Q, che A Q
rappresentano due forze non parallele.
Fig. 2.7 - Somma di due vettori P e Q con il metodo del triangolo.
b) Somma, con la legge del parallelogramma,
di due vettori F1 ed F2, che rappresentano due forze a) Met superiore del parallelogramma.
parallele. b) Met inferiore del parallelogramma.
2.3. COMPOSIZIONE DI FORZE NEL PIANO 29

a b Q Q
P

P
PQ
P S
P+Q
A Q
A
P+Q+S
Fig. 2.8 - Sottrazione di due vettori con il metodo del triangolo.
a) I due vettori P e Q. Fig. 2.9 - Applicazione ripetuta del metodo
b) Somma di P e Q con il metodo del triangolo. del triangolo alla somma di tre vettori.

il terzo vettore S: P + Q + S = (P + Q) + S. Si potrebbe anche utilizzare il metodo del triangolo


che, per applicazioni ripetute, risulta pi conveniente di quello del parallelogramma anche se,
come gi detto, non consente di determinare il punto dapplicazione. Cos la somma dei tre
vettori P, Q ed S si ottiene (Figura 2.9) sommando dapprima P
Q
e Q e quindi aggiungendo a ( P + Q) il terzo vettore S. Si
a potrebbe tuttavia omettere la determinazione del vettore somma
(P + Q) e congiungere direttamente (Figura 2.10-a), dopo aver
disposto i vettori luno di seguito allaltro in modo che la punta
P S
del vettore che precede tocchi la coda del successivo, la coda del
primo vettore con la punta dellultimo (metodo del poligono) 2.4;
quando i vettori sono rappresentati da forze il procedimento
P+Q+S grafico illustrato prende il nome di poligono delle forze. Nel caso
in cui le rette dazione2.5 delle forze convergono in un unico
b Q

P
a b
S
F1 F1 F2

P
P+Q+S F3
R R

A
Q F3 A
S F2

Fig. 2.10 - a) Metodo del poligono applicato


alla somma di tre o pi vettori. Fig. 2.11 - a) Tre forze complanari, rappresentate dai vettori F1, F2 ed
b) Lordine, in cui vengono disposti i vettori F3 le cui rette dazione passano per il punto A.
nel poligono, non influenza il risultato della b) Procedimento del poligono delle forze applicato alle tre forze con-
somma. correnti; indifferente lordine in cui vengono disposti i vettori F1, F2 ed F3.

2.4 - indifferente lordine nel quale, ma della Figura 2.7, costruito su P e Q, pure di moto del corpo rigido rimango-
facendo la somma, vengono disposti i non dipende dallordine in cui vengono no invariate se la forza F, che agisce in
vettori nel poligono: cambiando infatti la scelti P e Q. un dato punto del corpo, viene sostitui-
successione dei vettori, la somma d ta con la forza equivalente F, che ha la
sempre lo stesso risultato (propriet 2.5 - Una forza pu essere fatta scorre- stessa intensit e la stessa direzione ma
commutativa). Ci poteva essere osser- re lungo la propria retta dazione per il che agisce in un punto diverso, purch
vato anche nel parallelogramma e nel postulato di trasmissibilit che stabili- le due forze abbiano la stessa retta da-
triangolo; ad esempio il parallelogram- sce che le condizioni di equilibrio op- zione.
30 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

punto (forze concorrenti), come ad esempio il punto A per le tre forze della Figura 2.11-a, allora
la risultante R, determinata col poligono delle forze (Figura 2.11-b), ha A come punto di
applicazione.

Esempio 2. 1 Composizione grafica e analitica di due forze


Due forze F1 e F2 (Figura 2.12-a) sono applicate al bullone A; la loro
F2 = 60 N intensit vale rispettivamente F1 = 42 N e F2 = 60 N. Langolo tra le due
forze vale + = 25, mentre langolo tra la forza F1 e lorizzontale
vale = 20. Determinare la risultante R delle due forze mediante:
+ = 25
F1 = 42 N a) il procedimento grafico: metodi del parallelogramma e del triangolo;
A = 20
b) il procedimento analitico con la trigonometria richiamata in Ap-
pendice (pagine 470-473).

Fig. 2.12-a - Bullone A con applicate le due


forze di intensit F1 = 42 N e F2 = 60 N.

SOLUZIONE
a) Fissata la scala delle forze, si traccia, seguendo il metodo illustrato nella Figura 2.6-a, un parallelo-
gramma avente per lati le forze F1 ed F2: la lunghezza dei lati rappresenta, secondo la scala adottata,
lintensit delle forze, mentre la direzione delle forze espressa dagli angoli assegnati (Figura
2.12-b). Si legge, sulla scala delle forze, la lunghezza R della diagonale del parallelogramma, men-
tre la direzione della risultante viene rilevata leggendo sul disegno langolo , al quale va aggiunto
langolo assegnato = 20 in modo da fare riferimento allorizzontale con il metodo del triangolo
(Figura 2.12-c); alla punta della forza F1 si collega la coda della forza F2 e si misura intensit e dire-
zione della risultante R.

R = 100 N + = 15 + 20 = 35 R = 100 N 6 35

b) Al metodo grafico si contrappone il metodo analitico (vedere lAppendice A.3), basato cio sul calcolo
dellintensit con il teorema del coseno e della direzione con il teorema dei seni (Figura 2.12-d):

A.3-13: R 2 = F12 + F22 2 F1 F2 cos R= F12 + F22 2 F1 F2 cos

b c d C
R 10
F2 R
R = 10
F2 F2 = 60 N
= 10 10
+ = 25
= 15 15
= 15
B = 155
F1 F1 F1 = 42 N
A A A
Scala delle forze: 1 mm = 2 N = 20

Fig. 2.12 - b) Soluzione grafica basata sul metodo del parallelogramma.


c) Soluzione grafica basata sul metodo del triangolo.
d) Soluzione analitica con la trigonometria.
2.4. SCOMPOSIZIONE DI FORZE 31

Paragrafo A.3.2: ++= = ( + )


Tabella A.3.1: cos = cos [ ( + )] = cos ( + )

R= F12 + F22 + 2 F1 F2 cos ( + ) = (42 N )2 + (60 N)2 + 2 42 N 60 N cos 25 = 99,658 N 100 N

F1 F2 R F2 R F2
A.3-14: = = = sen = sen
sen sen sen sen sen R
Tabella A.3.1: sen = sen [ ( + )] = sen ( + )
F2 60 N
sen = sen ( + ) = sen 25 = 0,254
R 99, 658 N
= arcsen 0,254 = 14,71 15 + = 15 + 20 = 35

2. 4 SCOMPOSIZIONE DI FORZE
La forza F, che agisce in un punto A, pu venire sostituita (scomposizione) con due o pi forze
(componenti) che, insieme, hanno lo stesso effetto. Anche volendo scomporre la forza F in due
sole componenti 2.6, rimane illimitato il numero delle coppie di componenti in cui la stessa forza
F pu venire risolta nelle due componenti F1 ed F2 (Figura 2.13).
Qualora si voglia risolvere la forza F nelle due componenti F1 ed F2 passanti per il suo punto
di applicazione A, due sono i casi di particolare interesse nelle applicazioni:
1. nota una sola delle due componenti (F1). La seconda componente (F2 ) si ottiene
mediante il metodo del triangolo, congiungendo la punta di F1 alla punta di F (Figura
2.14-a); una volta determinata F2, si applicano ad A ambedue le componenti F1 ed F2.

F2

F2
F2
F F F

A A
A
F1
F1 F1

Fig. 2.13 - Tre esempi, tra il numero illimitato di modi in cui la stessa forza F pu venire scomposta nelle due
componenti F1 ed F2.

2.6 - Nella scomposizione dellunica dazione di F: il problema impossi- questo modo un quadrilatero: il pro-
forza F secondo tre componenti, definite bile; blema possibile e determinato.
dalle rispettive rette dazione, si possono b) le tre rette e la retta dazione di F si
presentare i seguenti casi: incontrano tutte nello stesso punto: Per maggiori dettagli in proposito si
a) le tre rette si incontrano tutte in un il problema indeterminato; rimanda a Scienza delle costruzioni,
punto che non appartiene alla retta c) le tre rette e la retta dazione di F si Volume primo, Paragrafo 38, di Odone
incontrano due a due formando in Belluzzi, editore Zanichelli.
32 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a b
F1 F2
F2
F F
A
A
F2 F1

Fig. 2.14 - a) Scomposizione della forza F in due componenti quando nota una delle componenti (ad
esempio F1).
b) Scomposizione della forza F in due componenti quando sono note le rette dazione delle componenti F1
ed F2.

2. sono note le rette dazione di ciascuna componente. Tirando per la punta di F (regola del
parallelogramma illustrata nella Figura 2.14-b) le parallele alle due rette dazione assegnate,
si ottengono intensit e verso di F1 ed F2.

Esempio 2. 2 Scomposizione di una forza secondo due direzioni


Risolvere (Figura 2.15-a) la forza F = 10 N 30 0 nelle due componenti F1 ( ) ed F2 (45 9) applicando:
a) il procedimento grafico;
b) il procedimento analitico.

a Scala delle forze: 2 mm = 1 N b


Retta dazione di F1 F1

30
F F 30

45 45
F2
Retta dazione di F2

c d F2 sen 45

F2 F2
F2 cos 45
= 45
F1
F1
= 105 F = 30 F cos 30
F

F sen 30

Fig. 2.15 - a) Dati dellEsempio: la forza F, di intensit F = 10 N, e le rette dazione delle due forze F1 ed
F2 in cui si vuole scomporre la forza F; le tre forze si trovano tutte nel piano del disegno.
b) Scomposizione grafica secondo i criteri rappresentati nella Figura 2.14-b.
c) Scomposizione analitica seguendo i criteri della trigonometria.
d) Metodo delle proiezioni applicato alla scomposizione della forza F, la cui intensit F = 10 N.
2.5. TEOREMA DELLE PROIEZIONI 33

SOLUZIONE
a) Seguendo i criteri illustrati nella Figura 2.14-b, si tracciano (Figura 2.15-b) le parallele, a partire dalla
punta della forza, alle rette dazione di F1 ed F2, fino ad intercettare i segmenti la cui lunghezza, letta
sulla scala delle forze, fornisce lintensit delle due forze in cui stata scomposta F:
F1 = 13,7 N F2 = 7,1 N
b) un procedimento analogo a quello seguito nellEsempio 2.1 per la composizione delle forze.
Applicando il teorema dei seni (pag. 474) al triangolo della Figura 2.15-c, si calcola lintensit delle
due forze F1 ed F2, in cui stata risolta la forza F:
F1 F2 F
A.3-14: = =
sen sen sen

Figura A.3.3: ++= = ( + ) = 180 (30 + 105) = 45

F sen 10 N sen 105


F1 = = = 13,66 N
sen sen 45

F sen 10 N sen 30
F2 = = = 7,07 N
sen sen 45

COMMENTI
Il procedimento analitico poteva anche essere impostato considerando (Figura 2.15-d) le proiezioni oriz-
zontali e verticali delle forze secondo un metodo che verr ripreso nel paragrafo che segue:
1. La proiezione orizzontale di F2 deve essere uguale alla proiezione orizzontale di F (A.3-3 a pag. 470):
10 N 0,5
F2 sen 45 = F sen 30 = 10 N sen 30 F2 = = 7,07 N
0,707

2. F1 la somma della proiezione verticale di F e di F2 (A.3-4 a pag. 471):


F1 = F cos 30 + F2 cos 45 = 10 N 0,866 + 7,07 N 0,707 = 8,66 N + 4,99 N = 13,65 N

2. 5 TEOREMA DELLE PROIEZIONI


La risultante R della somma di pi forze, ad esempio F1, F2 ed F3 che agiscono in un punto O,
si esprime con lequazione vettoriale R = F1 + F2 + F3; la soluzione di questa equazione
richiede di tenere presenti quelle regole di calcolo vettoriale che si rifanno sostanzialmente alla
legge del parallelogramma. Ma, ciascuna forza di questa equazione, sia il vettore R sia i tre vet-
tori F1, F2 ed F3, pu venire risolta nelle sue componenti rettangolari, ottenute proiettando la
forza lungo gli assi x e y (Figura 2.16): il numero, che misura quella data componente, sar pre-
ceduto dal segno +, oppure dal segno , a seconda che essa sia orientata, oppure non sia orien-
tata, nel verso positivo dellasse considerato. Allequazione vettoriale, citata sopra, si possono
cos sostituire le due equazioni scalari Rx = F1x + F2x + F3x ed Ry = F1y + F2y + F3y, una per cia-
scun asse x e y, che danno le componenti scalari Rx ed Ry, della risultante R come somma alge-
brica delle corrispondenti componenti scalari Fx ed Fy (teorema delle proiezioni); Rx ed Ry pos-
sono venire espresse, pi sinteticamente, come sommatoria (indicata con il simbolo ) di tutte
le componenti rettangolari delle forze rispettivamente lungo lasse x e lasse y:

Rx = F x Ry = F y 2-1
34 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a Scala delle forze: 1 cm = 1 kN b c y F1x = + 1,4 kN


y
F1y
F1
F
F1y = + 2,9 kN
F3x = 1,4 kN
F sen
F3
F3y = + 0,9 kN F3y
F1x
O F cos x O F3x O F2x x
F2 F2y = 1,4 kN
F2y

F2x = + 0,9 kN
e y
d y f
R
Ry Ry
F1
R
R y = + 2,4 kN
F2
Rx F1x
F2x
O x O Rx O x
F1x Rx
R x = + 0,9 kN

Fig. 2.16 - Somma delle forze attraverso la somma delle componenti rettangolari lungo gli assi x e y.
a) Componenti rettangolari della generica forza F lungo gli assi x e y (Tabella IV di copertina); langolo viene misurato in
senso antiorario a partire dal semiasse x positivo.
b) Tre forze F1, F2 ed F3 applicate al punto O.
c) Componenti rettangolari delle tre forze F1, F2 ed F3 lungo x e y.
d) Componenti rettangolari Rx ed Ry della risultante lungo x e y.
e) Determinazione della risultante R con la legge del parallelogramma.
f) La dimostrazione geometrica della somma delle componenti rettangolari, applicata al caso semplificato di due sole forze,
si basa sulluguaglianza dei triangoli rosa. Per semplicit, la dimostrazione considera le sole componenti delle forze e della risul-
tante lungo lasse x.

Esempio 2. 3 Risultante di quattro forze


Determinare, attraverso il calcolo dellintensit R e direzione (angolo rispetto al semiasse x positivo),
la risultante R di quattro forze F1, F2, F3 ed F4, applicate al gancio della Figura 2.17-a.

SOLUZIONE
La risultante R delle quattro forze applicate al gancio avr come componenti scalari Rx e Ry la somma delle
componenti scalari delle forze rispettivamente lungo gli assi x e y (2-1):

Rx = Fx = F1x + F2 x + F3 x + F4 x Ry = Fy = F1y + F2 y + F3 y + F4 y

Nella tabella sono riportate le componenti delle forze calcolate con (A.3-4 ed A.3-3) Fx = F cos e
Fy = F sen . Langolo , per convenzione, si misura in senso antiorario a partire dal semiasse x positivo
(Figura 2.17-b).
2.5. TEOREMA DELLE PROIEZIONI 35

a y y
b
F2x F1x
F2
20
F2 F1 F2y 2 = 110 F1 F1y

30 A 1 = 30
A
15 x F4y x
F4 3 = 270
F4 x F4
4 = 345
F3 F3 F3y

c d
y
F2 cos 20 F2y F1y F1
F2
F1 sen 30 y
Ry R x = + 398,3 N
F1 cos 30
F2x F1x
R y = + 28,5 N
F2 sen 20 A x Rx x
F4x 3 = 4,1
F4y F4 cos 15
F4 sen 15 F4
F3
F3y

Fig. 2.17 - a) Forze F1 = 300 N, F2 = 160 N, F3 = 220 N ed F4 = 200 N applicate al gancio A.


b) Angoli (misurati in senso antiorario) che le forze assegnate formano con il semiasse x positivo.
c) Risoluzione di ciascuna forza nelle componenti rettangolari.
d) Risultante delle quattro forze.

La Tabella A.3.1 a pag. 472 d:


cos 110 = cos (90 + 20) = sen 20 = 0,342 sen 110 = sen (90 + 20) = + cos 20 = + 0,94
cos 345 = cos (270 + 75) = + sen 75 = + 0,966 sen 345 = sen (270 + 75) = cos 75 = 0,259

Intensit Componente secondo x Componente secondo y


Forza
[N] [N] [N]
F1 300 F1x = 300 cos 30 = + 259,8 F1y = 300 sen 30 = + 150
F2 160 F2x = 160 cos 110 = 54,7 F2y = 160 sen 110 = + 150,3
F3 220 0 F3y F3 = 220
F4 200 F4x = 200 cos 345 = + 193,2 F4y = 200 sen 345 = 51,8
Rx = + 398,3 Ry = + 28,5

Tenendo presente che la componente della forza positiva se orientata nel senso positivo dellasse con-
siderato (verso destra per x e verso lalto per y) e in caso contrario negativa, le componenti di F2 ed F4
36 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

potevano essere anche calcolate (Figura 2.17-c) facendo uso degli angoli assegnati inizialmente (Figura
2.17-a):
F2x = 160 N sen 20 = 54,7 N F2y = + 160 N cos 20 = + 150,3 N
F4x = + 200 N cos 15 = + 193,2 N F4y = 200 N sen 15 = 51,8 N
Seguendo le convenzioni di segno, le componenti vettoriali delle forze e della risultante lungo gli assi si
esprimono con:
F1x = 259,8 N F1y = 150,0 N
F2x = 54,7 N F2y = 150,3 N
F3x = 0 F3y = 220,0 N
F4x = 193,2 N F4y = 51,8 N
R x = 398,3 N R y = 28,5 N
Lintensit R della risultante (A.3-2):

R= Rx2 + Ry2 = (398,3 N)2 + (28,5 N)2 = 158.643 N 2 + 812 N 2 = 159.455 N 2 = 399.3 N
e la direzione (Figura 2.17-d) individuata dallangolo (A.3-5 a pag. 471):
Ry 28,5 N
tan = = = 0,07155 = arctan 0,07155 = 4,1
Rx 398,3 N
permettono di definire il vettore risultante R:
R = 399,3 N 6 4,1

2. 6 MOMENTO DI UNA FORZA


Una forza F viene applicata nel punto A della barretta OA (Figura 2.18);
O F la posizione di A definita dal vettore posizione r che congiunge il punto
r fisso di riferimento O con A; sulla figura inoltre rappresentata la distanza

A b, perpendicolare tracciata dal punto O alla retta dazione di F. Il
b momento della forza F rispetto al punto O il vettore M O, rappresen-
B tato con un segmento orientato che termina con una doppia freccia, avente
come:
Fig. 2.18 - Forza F applicata ad un
pezzo meccanico che genera un punto di applicazione: il punto O;
momento MO rispetto al punto O. intensit MO: il prodotto dellintensit F della forza per la distanza b
(braccio) tra il punto O (polo) e la retta dazione della forza;
direzione: la perpendicolare al piano definito dal punto O e dalla retta dazione della forza;
verso: quello descritto nelle Figure 2.19 e 2.20.
Il momento misura la tendenza della forza F a far ruotare un corpo attorno ad un asse fisso
diretto lungo M O, tendenza che risulta tanto maggiore quanto pi elevate sono lintensit F e
la distanza b da questo asse:
MO = Fb 2-2

Essendo la forza espressa in newton [N] e la distanza in metri [m], il momento di una forza sar
espresso in newton-metro [Nm]. Il verso della direzione del momento M O definito dal senso
di rotazione che porta (Figura 2.19) il vettore r in linea con il vettore F: tale rotazione deve esse-
re vista come antioraria da un osservatore che ha la testa al livello della punta di M O. Un altro
modo di definire il verso del momento basato sulla regola della mano destra (Figura 2.20):
2.6. MOMENTO DI UNA FORZA 37

MO

MO

F

r
O
F
b A
B O r

Fig. 2.19 - Rappresentazione generale del momento MO Fig. 2.20 - Regola del pollice della mano
della forza F rispetto al punto O. destra per stabilire il verso del momento.

chiudendo la mano destra in modo tale che le dita siano piegate facendo una curva nel senso
della rotazione che F dovrebbe impartire al corpo rigido attorno alla retta dazione di M O, il pol-
lice indicher il verso del momento M O. Nel caso in cui la forza F avesse verso opposto a quello
indicato nella Figura 2.19, allora la rotazione e il verso del vettore momento sarebbero oppo-
sti a quelli indicati in figura; analogo risultato si sarebbe ottenuto applicando la regola della mano
destra, con il pollice rivolto, nel caso di rotazione oraria, verso il basso.
Nelle strutture piane (bidimensionali) possibile trascurare una dimensione (la profondit)
rispetto alle altre due dimensioni (lunghezza e larghezza): queste strutture possono perci
essere rappresentate su un foglio, come la piastra della Figura 2.21 soggetta alla forza F, con-
tenuta nel piano. Il momento di F rispetto a un punto O, scelto sul piano della figura, rappre-
sentato dal vettore M O perpendicolare al foglio e di intensit Fb. Nel caso della Figura 2.21-a
il vettore M O esce dal foglio, mentre nel caso della Figura 2.21-b entra nel foglio; guardando
la figura, si osserva che nel primo caso la forza F d luogo ad una rotazione antioraria (fi), men-
tre nel secondo caso la rotazione oraria (fl). Nei problemi piani si pu allora rappresentare sem-

a b
MO
F MO

b b
O O F

Fig. 2.21 - Rappresentazione convenzionale semplificata del momento nel caso di una forza che agisce su una
piastra, tipica struttura bidimensionale.
a) Il vettore momento MO, di direzione perpendicolare al foglio, ha verso uscente dal foglio. Allintensit del
momento viene associato il segno positivo (+) quando la forza genera una rotazione di verso antiorario:
MO = + Fb.
b) Il vettore momento MO, di direzione perpendicolare al foglio, ha verso entrante nel foglio. Allintensit
del momento viene associato il segno negativo () quando la forza genera una rotazione di verso orario:
MO = Fb.
38 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

plicemente il momento facendo riferimento al senso di


rotazione di F rispetto ad O: ad esempio, M O = 300
Nm fl indicher un momento di 300 newton-metro
orario con il vettore momento entrante nel foglio. Nel
F||
caso in cui si debba operare su pi momenti
A Parallela ad (Paragrafo successivo) occorre stabilire una conven-
a
F
zione di segno che associa allintensit M O il segno
F positivo (+ Fb) in presenza di rotazione antioraria (fi)
B
b oppure negativo ( Fb) nel caso di rotazione oraria (fl):
a
Retta a si ottengono cos degli scalari che possono essere
O
sommati algebricamente tra loro.
Il momento di una forza F rispetto ad un asse, di
solito asse di rotazione di un corpo rigido, si ottiene
Fig. 2.22 - Determinazione del momento assiale Ma della
considerando (Figura 2.22) la componente F della
forza F rispetto alla retta di direzione a (a ne indica il forza F perpendicolare allasse, che tende a generare
verso). Si costruisce un piano perpendicolare ad a: sia O la una rotazione del corpo tanto maggiore quanto pi
sua intersezione con lasse a e A la sua intersezione con la grande F e quanto maggiore la sua distanza b dal-
retta dazione di F. Si scompone la forza F nelle due com- lasse a. Essendo F = F cos , con angolo tra la
ponenti F|| ed F rispettivamente parallela e perpendico-
lare ad a. Al contrario di F||, la componente normale F
forza F e la sua componente normale F, il momento
tende a mettere in rotazione il corpo attorno allasse a. assiale Ma della forza F rispetto allasse dato da
Ma = Fb = Fb cos .

Esempio 2. 4 Momento di una forza rispetto a un punto


Allestremit di una leva, lunga r = 600 mm e inclinata dellangolo = 60 rispetto allorizzontale, appli-
cata una forza verticale di intensit Fv = 1 kN (Figura 2.23-a). Determinare:
a) il momento M O della forza verticale Fv rispetto al punto O;
b) lintensit Fo di una forza orizzontale Fo che, applicata nel punto A, generi, rispetto ad O, lo stesso
momento di quello prodotto dalla forza verticale Fv;
c) lintensit della pi piccola forza che, applicata in A, dia luogo allo stesso momento rispetto ad O.

SOLUZIONE
a) Si calcola prima (A.3-4) il braccio b = r cos e poi (2-2) lintensit MO del momento generato dalla
forza Fv = 1 kN = 1000 N rispetto al punto O (Figura 2.23-b). Il vettore momento M O, di direzione
perpendicolare al piano della figura, ha verso entrante nel foglio poich la forza tende a imprimere una
rotazione di senso orario:

b = r cos = 0,6 m cos 60 = 0,6 m 0,5 = 0,3 m

MO = Fvb = 1000 N 0,3 m = 300 Nm M O = 300 Nm fl

b) La forza orizzontale Fo ha, rispetto ad O, un braccio bo (Figura 2.23-c) dato da (A.3-3):

b = r sen = 0,6 m sen 60 = 0,6 m 0,866 = 0,52 m

Si impone che il momento della forza orizzontale Fo rispetto ad O conservi la stessa intensit
(300 Nm) di quella ottenuta con la forza verticale Fv (Figura 2.23-c):
300 Nm
M O = Fob = 300 Nm Fo = = 576,9 Fo = 576,9 N
0,52 m
2.7. TEOREMA DI VARIGNON 39

a A
b A

m
0m

0m
60

60
Fv = 1 kN Fv

r=

r=
= 60 = 60
MO O
O b = r cos

c d 90
A FO

mm
m

F
0m

00
A

b = r sen

=6
60

r
r=

b
= 60
MO MO
O O

Fig. 2.23 - Leva trattata nellEsempio 2.4.


a) Dimensioni e condizioni di carico della leva.
b) Calcolo del momento rispetto ad O della forza verticale Fv.
c) Calcolo del momento rispetto ad O della forza orizzontale Fo.
d) Determinazione della forza pi piccola F.

c) Dovendo rimanere costante il valore del momento MO , la forza F raggiunge il valore minimo quando
il braccio massimo e cio quando coincide con la lunghezza della leva (b r = 600 mm), mentre
la forza risulta perpendicolare ad r (Figura 2.23-d ):
300 Nm
F b = 300 Nm F = = 500 N F = 500 N 8 30
0,6 m

2. 7 TEOREMA DI VARIGNON
Si immagini che nel punto A della cassa della Figura 2.24 siano applicate le forze F1 ed F2,
aventi i bracci b1 e b2 rispetto al punto O; la risultante R di queste due forze ha invece il brac-
cio b rispetto ad O; per il teorema di Varignon2.7, il momento della risultante rispetto ad O
(MO = Rb) uguale alla somma dei momenti delle due forze rispetto al punto O (M1O = F1b1 ed
M2O = F2b2 ): MO = Rb = F1b1 + F2 b2. Considerando un sistema di n forze complanari, si pu scri-
vere, in forma sintetica, che il momento della risultante Rb rispetto ad O uguale alla somma-
toria (simbolo ) del prodotto della generica forza Fi per il proprio braccio bi rispetto ad O:

Rb = Fb i i 2-3

2.7 - Il teorema di Varignon, dal mate- Nel caso di forze complanari, esso si Nel caso invece della coppia di forze
matico francese Pierre Varignon (1654- pu ancora applicare ad ogni passo (Paragrafo 2.8), non si pu pi appli-
1722), afferma che il momento rispetto della composizione delle forze (le care in quanto, non esistendo la risul-
ad un dato punto O della risultante di prime due forze tra loro, quindi la loro tante di una coppia (R = 0 e mancanza
pi forze concorrenti nello spazio risultante con la terza e cos via) e della retta dazione), non si pu cono-
uguale alla somma dei momenti delle quindi il teorema di Vari gnon vale scere la distanza b di R e il prodotto
varie forze rispetto allo stesso punto O. anche per i sistemi di forze complanari. Rb risulta indeterminato.
40 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a F2 R b F2 R

A A
F1 F1
b b1

b2
O O

Fig. 2.24 - a) Cassa da imballaggio sollecitata dalle forze F1 ed F2, di risultante R.


b) Braccio dei momenti delle forze F1 ed F2 e della risultante R rispetto al punto O.

Esempio 2. 5 Calcolo del momento attraverso le componenti


Determinare il momento MO della forza F rispetto al punto O risolvendola in componenti tali da facili-
tare il calcolo del momento relativamente alle condizioni di carico presentate:
a) nella staffa di Figura 2.25-a;
b) nella leva di Figura 2.26-a.

a b y c y
Fy F
F F

= 60 = 60 = 60
A A A
Fx 30
bx = 0,115 m bx = 0,115 m r = 0,23 m
115 mm O O O
30
x x
200 mm by = 0,2 m by = 0,2 m
MO MO

Fig. 2.25 - Staffa trattata nella prima domanda dellEsempio 2.5.


a) Forza F di intensit pari a 1000 N applicata allestremit A della staffa.
b) Calcolo del momento dopo aver risolto la forza nelle sue componenti rettangolari dirette secondo gli assi x e y.
c) Verifica del teorema di Varignon.

a b F||
F
= 20
F A = 70
A
= 40 = 40
1m

F
1m

=
b

50
MO
O
O

Fig. 2.26 - Leva trattata nella seconda domanda dellEsempio 2.5.


a) Forza F di intensit pari a 120 N applicata allestremit A della leva.
b) Risoluzione della forza F nelle due componenti, luna diretta secondo lasse della leva (F||) e laltra per-
pendicolare allasse (F).
2.7. TEOREMA DI VARIGNON 41

SOLUZIONE
a) Si risolve la forza F nelle sue due componenti rettangolari Fx ed Fy (Figura 2-25):

Fx = + F cos = + 1000 N cos 60 = + 1000 N 0,5 = + 500 N Fx = 500 N

Fy = + F sen = + 1000 N sen 60 = + 1000 N 0,866 = + 866 N Fy = 866 N

La forza F la risultante di Fx ed Fy e il problema pu essere trattato con il teorema di Varignon (equa-


zione 2-3). Le forze Fx ed Fy danno luogo ad una rotazione oraria rispetto ad O e quindi i loro
momenti sono negativi (convenzione di Figura 2.21):

MO = Fxbx Fyby = (500 N 0,115 m) (866 N 0,2 m) = 230 Nm

Il momento M O di F rispetto ad O un vettore di direzione perpendicolare al piano della figura e con


verso entrante nel foglio in quanto, essendo negativo lo scalare che rappresenta il momento
( 230 Nm), la rotazione ha senso orario:

M O = 230 Nm fl

b) La forza F viene risolta in una componente parallela F|| e in una componente perpendicolare F alla
leva (Figura 2.26-b). Mentre il momento di F|| rispetto ad O uguale a zero in quanto la sua retta da-
zione passa per O, la componente normale F ha un braccio pari alla lunghezza della leva (b = 1 m).

A.3-4: F = F cos 70 = 120 N 0,342 = 41 N F = 41 N 8 40

MO = Fb = (120 N 1 m) = 120 Nm M O = 120 Nm fl

COMMENTI
Nella Figura 2.25-c la forza F perpendicolare ad r, distanza di A dal polo O; r perci il braccio b della
forza:
A.3-2: r = (0,115 m)2 + (0,2 m)2 = 0,0132 m 2 + 0,04 m 2 = 0,0532 m 2 = 0,23 m
2-2: MO = Fb = (1000 N 0,23 m) = 230 Nm
Questo valore, momento di F rispetto ad O, coincide con quanto era stato trovato nella risposta alla prima
domanda dellesempio, facendo il momento delle due componenti Fx ed Fy rispetto ad O. In tal modo si
verificato il teorema di Varignon che afferma che il momento della risultante (la forza F) rispetto al punto
O uguale alla somma dei momenti delle due componenti Fx ed Fy rispetto allo stesso punto O.

Esempio 2. 6 Posizione della risultante di forze parallele


Utilizzare il teorema di Varignon per determinare la posizione b del vettore risultante R di:
a) forze complanari parallele concordi (Figura 2.27-a);
b) forze complanari parallele discordi (Figura 2.27-b).

SOLUZIONE

a) Assunte come forze positive quelle orientate nel verso positivo dellasse y [], la somma algebrica
delle quattro forze parallele concordi d un valore negativo ( 6 kN); anche il vettore risultante R
perci orientato verso il basso (verso negativo dellasse y):
R = 1 kN 1,5 kN 2 kN 1,5 kN = 6 kN R = 6 kN
42 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a b

F1 = 1 kN

F2 = 1,5 kN

F3 = 2 kN

F4 = 1,5 kN

F1 = 200 N

F2 = 100 N

F3 = 150 N

F4 = 200 N

F5 = 100 N
b2 = 1 m b 2 = 2,5 m
R
b 3 = 2,5 m
b 3 = 3,5 m
b=?m b=?m
b 4 = 4,5 m
b 4 = 5,5 m
O
R b5 = 7 m
O

Fig. 2.27 - a) Forze complanari parallele concordi F1 = 1 kN , F2 = 1,5 kN , F3 = 2 kN e F4 = 1,5 kN .


b) Forze complanari parallele discordi F1 = 200 N , F2 = 100 N , F3 = 150 N , F4 = 200 N e F5 = 100 N .

Il punto O, rispetto al quale vanno calcolati i momenti, viene scelto arbitrariamente sulla retta dazione
della forza F1 (Figura 2.27-a): essendo cos nullo il braccio (b1 = 0), il momento di F1 risulta uguale
a zero (F1b1 = 0). Si ignora la posizione della risultante; si fa allora lipotesi che la retta dazione della
risultante R si trovi alla distanza b da O: questa lincognita del problema. Nellapplicare il teorema
di Varignon (2-3) si ricorda che (convenzione di Figura 2.21) i momenti vanno assunti positivi se di
verso antiorario [ ]:

Rb = Fi bi = 0 F2b2 F3b3 F4b4 Rb = F2b2 + F3b3 + F4b4

F2b2 + F3b3 + F4b4 1,5 kN 1 m + 2 kN 2,5 m + 1,5 kN 4,5 m 13,25 kNm


b= = = = 2,2 m
R 6 kN 6 kN

Il valore positivo di b indica che la posizione ipotizzata inizialmente per la risultante, a destra di O,
corretta; un valore negativo di b avrebbe invece indicato che occorreva spostare la retta dazione della
risultante dalla parte opposta di O, rispetto a quanto era stato ipotizzato inizialmente, in modo da rista-
bilire una rotazione corretta del momento generato dalla risultante. Se, ad esempio, si fosse ipotizzata
la risultante passare alla sinistra di O, il momento della risultante sarebbe risultato + Rb, perch di senso
antiorario, e il calcolo avrebbe fornito b = 2,2 m evidenziando che la retta dazione della risultante
deve invece passare a destra di O in modo da generare un momento orario.

b) Sulla Figura 2.27-b mostrata la disposizione delle forze parallele discordi, cio non tutte orientate
nello stesso modo.

R = 200 N + 100 N 150 N 200 N + 100 N = 350 N R = 350 N

Rb = Fi bi = 0 + F2b2 F3b3 F4b4 + F5b5 Rb = F2b2 + F3b3 + F4b4 F5b5

F2b2 + F3b3 + F4b4 F5b5 100 N 2,5 m + 150 N 3,5 m + 200 N 5,5 m 100 N 7 m
b= = = 1,93 m
R 350 N
2.7. TEOREMA DI VARIGNON 43

Esempio 2. 7 Momento risultante di un sistema di forze piano


La trave della Figura 2.28-a caricata
a con le forze F1, F2, F3 ed F4 di intensit
F4 = 250 N y
F1 = 650 N, F2 = 500 N, F3 = 1700 N ed
F4 = 250 N
F4 = 250 N. Determinare il momento risul-
b4I = 2,85 m x tante M RA delle forze rispetto al punto A.

8 F3 = 1,7 kN
b4II = 4,35 m SOLUZIONE
15
A
Il momento risultante MR rispetto ad un
12 4 dato punto di un sistema piano di forze ha
3 come direzione la direzione comune di tutti
5 F2 = 500 N
F1 = 650 N i momenti componenti, che quella della
1,2 m 2,4 m 3m 1,8 m perpendicolare al piano delle forze, e come
valore la somma algebrica dei momenti di
tutte le forze rispetto allo stesso punto. Per
b rendere pi semplice la ricerca del mo-
F3 = 28,1 mento generato da tutte le forze che agi-
3
F3 y scono sulla trave della Figura 2.28-a ri-
A
F1x F2x F3x spetto al punto A, conviene applicare il
teorema di Varignon (2-3) risolvendo le
1 = 67,4 2 = 53,1 forze inclinate (F1, F2 ed F3) nelle due com-
F2y ponenti rettangolari, orientata luna (Fx )
F1 y F2
secondo lasse x che lasse della trave
F1
principale, e laltra (Fy ) secondo lasse y.
Tutte le componenti dirette secondo lasse x
Fig. 2.28 - Ricerca dei momenti generati dai carichi applicati alla trave non producono momento in quanto, pas-
dellEsempio 2.7. sando per il punto A, hanno braccio nullo;
a) Condizioni di carico della trave. le componenti delle forze lungo y hanno
b) Risoluzione di ciascuna forza inclinata nelle due componenti rettango-
invece per braccio la distanza tra il punto di
lari Fx ed Fy. applicazione della forza relativa e il punto
A, braccio che pu quindi essere letto im-
mediatamente sul disegno. Per poter scom-
porre ciascuna forza nella componente Fy ( infatti inutile ricavare laltra componente Fx che non d con-
tributo al momento) si utilizzano le pendenze indicate dai triangolini posti sotto ciascuna forza seguendo
le formule A.3-7 che (Figura A.3.5-b dellAppendice) danno il cateto verticale a (cio Fy ) in funzione del
valore dellipotenusa b (cio F) e dei numeri m (quota verticale) ed n (quota orizzontale) posti accanto
alla retta dazione di ciascuna forza.

650 N 650 N 650 N 650 N


F1y = 12 = 12 = 12 = 12 = 12 50 N = 600 N
2
5 + 12 2
169 13 2 13

500 N 500 N 500 N 500 N


F2 y = 4 =4 =4 =4 = 4 100 N = 400 N
2
3 +4 2
25 52 5

1700 N 1700 N 1700 N 1700 N


F3 y = 8 =8 =8 =8 = 8 100 N = 800 N
15 + 82 2
289 17 2 17


Si applica la convenzione di segno dei momenti: positivo se senso di rotazione antiorario [ ] oppure nega-
tivo se orario [].
44 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

F1yb1 = (600 N 1,2 m) = 720 Nm


F2yb2 = (400 N 2,4 m) = 960 Nm
+ F3yb3 = + (800 N 6,6 m) = + 5280 Nm
+ F4b4I = + (250 N 2,85 m) = + 712,5 Nm
F4b4II = (250 N 4,35 m) = 1087,5 Nm
+ 3225,0 Nm

M AR = + 3225 Nm M RA = 3225 Nm fi
I valori delle componenti Fy potevano anche essere calcolati applicando lespressione A.3-3 del seno dopo
aver ricavato gli angoli (Figura 2.28-b) con la definizione A.3-5 di tangente.

COMMENTI
Come verr spiegato nel paragrafo successivo, le due forze F4 aventi rette dazione parallele e verso op-
posto danno origine ad una coppia. La caratteristica principale delle coppie che il loro momento, dato
dal prodotto di una delle due forze per la loro distanza { [250 N 1,5 m] = 375 Nm} lo stesso
rispetto a qualsiasi punto. Questo valore infatti uguale al momento delle due forze rispetto al punto A:
+ F4b4I F4b4II = + 712,5 Nm 1087,5 Nm = 375 Nm.

2. 8 COPPIA DI FORZE
Due forze F e F, aventi stessa intensit, rette dazione parallele e versi opposti, formano una
coppia (Figura 2.29-a). La risultante della coppia nulla poich la somma delle due forze lungo
qualsiasi direzione uguale a zero; al contrario, la somma dei momenti delle due forze rispetto
ad un punto determinato non nulla: lintensit del momento M rispetto al punto O (Figura
2.29-b) data da:
M = + F (b + d) Fd = Fb 2-4

a
M

F
F
b F
c

b
M
O d+b
O d + b d
b
d F F
M F

Fig. 2.29 - a) Coppia di forze.


b) Lintensit del momento di una coppia di forze non dipende dal punto rispetto al quale viene calcolato.
c) Le dita piegate della mano destra accompagnano leffetto di rotazione di F e di F nel loro piano, men-
tre il pollice indica il verso dellasse di rotazione della coppia.
2.9. COPPIA DI TRASPORTO E SISTEMI EQUIVALENTI 45

Se, al posto della distanza d che figura in questa formula, si fosse considerata la nuova distanza
d relativa ad un diverso punto O rispetto al quale calcolare il momento, si sarebbe ottenuto
ancora Fb: il momento di una coppia lo stesso rispetto a qualsiasi punto. La coppia di forze
risulta cos un vettore libero2.1 (pu cio essere applicato a qualsiasi punto) di direzione per-
pendicolare al piano definito dalle rette dazione delle due forze (Figura 2.29-a) e di verso defi-
nito dalla regola della mano destra (Figura 2.29-c).
Dalla definizione di momento di una coppia si ricava che due coppie, una costituita dalle forze
F1 e F1 e laltra dalle forze F2 e F2 (Figura 2.30-a) avranno momenti uguali M se hanno
uguale intensit (F1b1 = F2b2) e se le due coppie giacciono in piani paralleli (oppure nello stesso
piano) e hanno lo stesso verso. Diremo equivalenti le tre coppie della Figura 2.30-b oppure
quelle della Figura 2.30-c, che hanno tutte:
la stessa intensit pari a 120 Nm;
forze le cui rette dazione, giacendo nello stesso piano o in piani
F1 b1 F1 paralleli, determinano una stessa direzione del momento (in questo
caso quella dellasse y);
lo stesso senso di rotazione antiorario che determina lorientamento
F2 della direzione del momento nel verso dellasse y positiva.
F2 b2
Di conseguenza, una coppia pu venire:
trasformata in unaltra di uguale intensit;
Fig. 2.30-a - Due coppie aventi lo
stesso momento M sono equivalenti. pu venire trasportata dal suo piano in altri piani paralleli;
pu essere fatta traslare oppure ruotare nel suo piano.

y y y
b M M M
300 N

300 N
x 300 N x x
0,4 m 0,4 m
200 N 300 N
0,6 m 200 N
z z z

c
120 N
30 N

1m
5
m

4m 24 N
24 N
120 N

30 N

Fig. 2.30 - b) Esempio di coppie aventi lo stesso momento M: intensit pari a 120 Nm, direzione perpen-
dicolare al piano definito dagli assi x e z, verso nel senso dellasse y positiva.
c) Esempio di coppie costituite da forze le cui rette dazione giacciono sul piano della pagina; ciascuna delle
tre coppie vale 120 Nm antiorario.

2. 9 COPPIA DI TRASPORTO E SISTEMI EQUIVALENTI


Una forza F (Figura 2.31-a) agisce su un corpo rigido nel punto A distante b da un punto O; si
vuole far agire la forza nel punto O. La forza F pu essere fatta scorrere lungo la sua retta da-
zione2.5; ma la forza non pu venire spostata dalla retta dazione originale fino al punto O senza
46 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

a b c

MO

O O
F O
F b F
b = =
A F A F
A

Fig. 2.31 - Sistema forza-coppia.


a) Forza che agisce nel punto A del corpo rigido; il piano rappresentato in prospettiva pu essere quello della pagina del libro.
b) Nel punto O vengono applicate le due forze F e F.
c) Nel punto O sono adesso applicati i vettori forza F e coppia M O equivalenti alla forza F applicata originariamente in A; essendo
i due vettori tra loro perpendicolari, la forza F giace nel piano del foglio, mentre la coppia, di senso antiorario e di intensit pari a
Fb, un vettore che esce dal foglio.

modificare in modo sostanziale la sua azione sul corpo rigido. tuttavia possibile applicare, nel
punto O, due forze, luna uguale a F e laltra uguale a F, senza modificare2.3 lazione della forza
originale sul corpo rigido (Figura 2.31-b). Risultato di questa trasformazione che adesso nel
punto O applicata una forza F, mentre le altre due forze formano una coppia di momento
MO = Fb. Ne segue che una forza qualsiasi F, che agisce su un corpo rigido, pu essere spostata
fino ad un punto O arbitrario, purch venga aggiunta una coppia, detta coppia di trasporto, di
momento uguale al momento di F rispetto ad O. La coppia tende ad impartire al corpo rigido
quello stesso movimento di rotazione rispetto ad O che la forza F tendeva a produrre prima di
venire trasferita dal punto A al punto O. La coppia rappresentata dal vettore coppia M O per-
pendicolare al piano che contiene b ed F. Essendo M O un vettore libero pu venire applicato
in qualsiasi punto; di solito si preferisce tuttavia applicare il vettore coppia nel punto O
insieme con la forza F: la combinazione cos ottenuta (Figura 2.31-c) costituisce un sistema
forza-coppia.
Anche un sistema di pi forze agenti su un corpo rigido pu essere ridotto a un sistema forza-
coppia riferito a un punto O qualsiasi; trattandosi di pi forze, occorre (Figura 2.32) calcolare
la forza risultante R, sommando le componenti rettangolari della forze lungo lasse x (Fx ) e le
componenti rettangolari lungo lasse y (Fy ), e il momento risultante della coppia M OR, som-
mando i momenti di tutte le forze rispetto ad O (MO). Il nuovo sistema equivalente forza-cop-
pia caratterizza completamente leffetto di tutte le forze agenti sul corpo rigido. Due sistemi S1
ed S2 di forze, appartenenti al piano x-y, sono perci equivalenti quando possono venire ridotti
allo stesso sistema forza-coppia riferito ad O: ci si esprime scrivendo che la somma delle com-
ponenti rettangolari delle forze lungo x e y e dei momenti rispetto ad O 2.8 uguale per i due
sistemi S1 ed S2:

[ F ] = [ F ]
x
1
x
2
[ F ] = [ F ]
y
1
y
2
[ M ] = [ M ]
O
1
O
2
2-5

2.8 - Per provare che i due sistemi S1 ed viene scritta rispetto al punto O. Tuttavia, luguaglianza dei momenti vale rispetto
S2 di forze sono equivalenti, lequazione se i due sistemi 1 e 2 sono equivalenti, a qualsiasi altro punto.
che esprime luguaglianza dei momenti
2.9. COPPIA DI TRASPORTO E SISTEMI EQUIVALENTI 47

a b
y y y
F2y F2

O x R
Ry
z

A2 F2x

x
= x
F1 F1y O M OR O Rx
F3x
A3
F1x
A1
F3y
F3

Fig. 2.32 - Riduzione di un sistema di tre forze complanari ad una forza R e ad una coppia risultante MOR riferite al punto O.
a) Sistema di tre forze risolte nelle rispettive componenti secondo gli assi x e y.
R
b) Riduzione del sistema di tre forze a risultante R e coppia risultante M O riferite al punto O.

possibile passare da un sistema S1 di vettori ad un sistema equivalente S2 applicando ai vet-


tori di S1 la traslazione lungo la propria retta dazione 2.5 e la regola del parallelogramma. La
somma delle componenti delle forze secondo x e y misura la tendenza del sistema ad impar-
tire al corpo rigido un movimento di traslazione nelle direzioni rispettivamente di x e di y; ana-
logamente, la somma dei momenti delle componenti Fx ed Fy rispetto ad O misura la tendenza
del sistema ad impartire al corpo rigido un movimento di rotazione rispetto allasse z, passante
per O e perpendicolare al piano x-y. Due sistemi di forze complanari equivalenti tendono per-
ci ad impartire al corpo rigido:
a) la stessa traslazione nella direzione dellasse x;
b) la stessa traslazione nella direzione dellasse y;
c) la stessa rotazione attorno al punto O, origine degli assi.

Esempio 2. 8 Sostituzione di una coppia e di una forza con ununica


forza equivalente
La leva della Figura 2.33-a soggetta alla coppia costituita da due forze di intensit
pari a 240 N, applicate ad un disco di diametro 120 mm con centro O, e alla forza
F = 430 N applicata in A. Questa coppia e questa forza vanno sostituite da unu-
A nica forza, sempre di intensit pari a 430 N. Determinare la distanza, tra O e il nuovo
punto di applicazione B, dellunica forza equivalente al sistema assegnato.
0mm
28

F
r=

240 N SOLUZIONE
= 60
Sono assegnate la forza F = 430 N e la coppia M = 28,8 Nm fl di momento (2-4)
O M = Fb = [240 N 0,12 m] = 28,8 Nm, essendo b pari al diametro del disco
240 N di 120 mm. Il problema si pu risolvere nei due modi che seguono:
a) Si porta F dal punto A fino al punto O; si calcola il momento complessivo dato
Fig. 2.33-a - Forze applicate alla dalla somma del momento della coppia di trasporto e del momento della coppia
leva. assegnata; infine si determina a quale distanza da O occorre spostare la forza F
lungo la leva in modo da annullare il momento complessivo (Figura 2.33-b).
48 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

b
B
A

F
F = 28,8 Nm
= 89 Nm
=
28,8 Nm
= 60
O O O O
60,2 Nm
b = 140 mm
F F

c 28,8 Nm
B
A
A A

F
F = F =
28,8 Nm
= 60
O O O

b = 140 mm

Fig. 2.33 - b) I diversi passaggi necessari per risolvere lEsempio con il primo metodo.
c) I diversi passaggi necessari per risolvere lEsempio con il secondo metodo.

Si calcola il momento (fl) della coppia di trasporto affinch si possa applicare la forza F nel punto O:

A.3-4: b = r cos = 280 mm cos 60 = 280 mm 0,5 = 140 mm = 0,14 m

2-2: MO = Fb = (430 N 0,14 m) = 60,2 Nm

La somma di questa coppia e della coppia assegnata d una coppia risultante di momento comples-
sivo M pari a:
M = 60,2 Nm 28,8 Nm = 89 Nm
Nel punto O esiste adesso un sistema forza-coppia rappresentato da F = 430 N e da M = 89 Nm fl.
Questultima coppia pu essere eliminata portando la forza F dal punto O ad un nuovo punto di appli-
cazione B distante una lunghezza OB tale da generare un momento Fb in grado di eliminare il
momento della coppia:

89 N m = Fb = (430 N OB cos 60) = (430 N OB 0,5)

89 N m 89 N m
OB = = = 0,414 m = 414 mm
430 N 0,5 215 N

b) Si porta M in A, dove applicata F, concentrando cos in A la forza e la coppia; si sposta poi la forza
dal punto A lungo la leva fino ad un nuovo punto in cui il momento della forza rispetto ad A diviene
uguale al momento da eliminare (Figura 2.33-c).

Rimanendo invariato rispetto a qualsiasi punto il momento di una coppia, la coppia M = 28,8 Nm fl
pu venire spostata dal punto O al punto A, dove applicata F. Adesso, nel punto A presente un
sistema forza-coppia dato da F = 430 N e da M = 28,8 Nm fl . Questa coppia pu essere eliminata
2.9. COPPIA DI TRASPORTO E SISTEMI EQUIVALENTI 49

portando la forza F dal punto A ad un nuovo punto di applicazione B distante una lunghezza AB tale
da generare un momento Fb in grado di eliminare il momento della coppia:
28,8 N m = Fb = (430 N AB cos 60) = (430 N AB 0,5)
28,8 N m 28,8 N m
AB = = = 0,134 m = 134 mm
430 N 0,5 215 N
Per ottenere la lunghezza complessiva OB occorre aggiungere alla lunghezza r = 280 mm, tra O ed
A, la lunghezza AB = 134 mm appena trovata (OB = 280 mm + 134 mm = 414 mm), riottenendo cos
il valore ricavato con il primo metodo.

Esempio 2. 9 Sistemi equivalenti di forze


Tra le varie condizioni di carico applicate alla trave della Figura 2.34, determinare quali casi possono
essere considerati appartenere a sistemi di forze equivalenti.

a b c d 500 N
300 N 300 N
200 N 200 N
3m 400 Nm

A B
400 Nm 400 Nm 400 Nm
200 N
300 N

e 800 N f g 800 N h

300 N 300 N
200 N 200 N
400 Nm 400 Nm

1000 Nm 400 Nm 1000 Nm 500 Nm 200 Nm

300 N 300 N

Fig. 2.34 - Condizioni di carico diverse di una trave lunga 3 m (Esempio 2.9); i sistemi di forze considerati sono soltanto quelli rap-
presentati dai carichi, prescindendo da qualsiasi considerazione sullequilibrio della trave.

SOLUZIONE
Essendo le forze tutte verticali (dirette secondo y), non si considera Fx = 0, prima equazione delle 2-5,
in quanto risulta identicamente verificata per tutti i sistemi. Dal momento che luguaglianza dei momenti,
terza equazione delle 2-5, vera rispetto a un qualsiasi punto del piano x-y (vedere i Commenti
dellEsempio), i momenti vengono calcolati rispetto al punto A, estremo di sinistra della trave.

Sistema S1 (Figura 2.34-a):


Fy = 300 N 200 N = 500 N
MA = 400 Nm (200 N 3 m) = 1000 Nm
Sistema S2 (Figura 2.34-b)
Fy = + 200 N + 300 N = + 500 N
MA = 400 Nm + (300 N 3 m) = + 500 Nm
50 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

Sistema S3 (Figura 2.34-c)


Fy = 200 N 300 N = 500 N
MA = + 400 Nm (300 N 3 m) = 500 Nm
Sistema S4 (Figura 2.34-d)
Fy = 500 N = 500 N
MA = + 400 Nm (500 N 3 m) = 1100 Nm
Sistema S5 (Figura 2.34-e)
Fy = + 300 N 800 N = 500 N
MA = + 400 Nm + 1000 Nm (800 N 3 m) = 1000 Nm
Sistema S6 (Figura 2.34-f)
Fy = 300 N 200 N = 500 N
MA = + 400 Nm (200 N 3 m) = 200 Nm
Sistema S7 (Figura 2.34-g)
Fy = 800 N + 300 N = 500 N
MA = 1000 Nm 400 Nm + (300 N 3 m) = 500 Nm
Sistema S8 (Figura 2.34-h)
Fy = 200 N 300 N = 500 N
MA = + 500 Nm + 200 Nm (300 N 3 m) = 200 Nm
Risultano allora sistemi di forze equivalenti:
S1 e S5 (Figure 2.34-a e 2.34-e), Fy = 500 N MA = 1000 Nm
S3 e S7 (Figure 2.34-c e 2.34-g), Fy = 500 N MA = 500 Nm
S6 e S8 (Figure 2.34-f e 2.34-h), Fy = 500 N MA = 200 Nm

COMMENTI
Se due sistemi di forze sono equivalenti, la seconda equazione delle 2-5 che impone luguaglianza dei
momenti risulta verificata anche se il momento delle forze viene calcolato rispetto ad un altro punto2.8.
Si prenda, ad esempio, lestremo destro B della trave al posto di A:

Sistema S1 (Figura 2.34-a)


MB = 400 Nm + (300 N 3 m) = + 500 Nm

Sistema S5 (Figura 2.34-e)


MB = + 400 Nm + 1000 Nm (300 N 3 m) = + 500 Nm

Sistema S3 (Figura 2.34-c)


MB = + 400 Nm + (200 N 3 m) = + 1000 Nm

Sistema S7 (Figura 2.34-g)


MB = 1000 Nm 400 Nm + (800 N 3 m) = + 1000 Nm

Sistema S6 (Figura 2.34-f)


MB = + 400 Nm + (300 N 3 m) = + 1300 Nm

Sistema S8 (Figura 2.34-h)


MB = + 500 Nm + 200 Nm + (200 N 3 m) = + 1300 Nm
2.10. SOMMARIO 51

2. 10 SOMMARIO
Una forza rappresenta lazione di un corpo su un altro corpo. Le forze sono dei vettori definiti
da punto di applicazione, intensit e direzione orientata (es.: F = 5 kN ); la loro somma si basa
sulla legge del parallelogramma. Gli scalari invece sono definiti da un numero preceduto da un
segno e seguito dallunit di misura della quantit fisica considerata (es.: T = + 100 C); la
somma degli scalari si effettua con le normali regole dellalgebra ordinaria.

La forza F, che agisce in un punto A, pu venire sostituita (scomposizione) con due o pi forze
(componenti) che, insieme, hanno lo stesso effetto.
La risultante della somma di pi forze, ad esempio 3, si esprime con lequazione vettoriale
R = F1 + F2 + F3. Allequazione vettoriale si possono sostituire (teorema delle proiezioni) le due
equazioni scalari Rx = Fx ed Ry = Fy, una per ciascun asse x e y, che danno le componenti ret-
tangolari Rx ed Ry della risultante R come somma algebrica delle corrispondenti componenti ret-
tangolari Fx ed Fy delle forze.

Il momento della forza F rispetto al punto O il vettore MO avente come:


punto di applicazione: il punto O;
intensit MO: il prodotto dellintensit F della forza per la distanza b (braccio) tra il punto O
(polo) e la retta dazione della forza;
direzione: la perpendicolare al piano definito dal punto O e dalla retta dazione della forza;
verso: quello stabilito dalla regola della mano destra.

Nelle strutture piane il momento di F rispetto a un punto O, scelto sul piano della figura, rap-
presentato dal vettore MO perpendicolare al foglio e di intensit Fb. Il momento viene rappre-
sentato facendo riferimento al senso di rotazione di F rispetto ad O: ad esempio, MO = 300 Nm fl
indicher un momento di 300 newton-metro orario con il vettore momento entrante nel foglio.
Volendo sommare algebricamente i momenti come scalari, si segue una convenzione di segno
che associa allintensit MO il segno positivo (+ Fb) in presenza di rotazione antioraria (fi) oppure
il segno negativo ( Fb) nel caso di rotazione oraria (fl).

Per n forze complanari, il momento della risultante rispetto ad O uguale alla somma dei
momenti delle forze rispetto al punto O: Rb = Fi bi con b braccio della risultante R e bi brac-
cio della generica forza Fi (teorema di Varignon).

Due forze F e F, aventi stessa intensit, rette dazione parallele e versi opposti, formano una
coppia, vettore libero di momento M = Fb uguale rispetto a qualsiasi punto, di direzione per-
pendicolare al piano definito dalle rette dazione delle due forze e di verso definito dalla regola
della mano destra.

Una forza qualsiasi F, che agisce su un corpo rigido, pu essere spostata fino ad un punto O arbi-
trario, purch venga aggiunta la coppia di trasporto, di momento uguale al momento di F
rispetto ad O: la combinazione della forza pi la coppia di trasporto costituisce un sistema forza-
coppia. Anche un sistema di pi forze, agenti su un corpo rigido, pu essere ridotto a un
sistema forza-coppia riferito a un punto O; il nuovo sistema equivalente forza-coppia caratte-
rizza completamente leffetto delle forze agenti sul corpo rigido. Due sistemi di forze compla-
nari sono equivalenti quando tendono ad impartire al corpo rigido:
a) la stessa traslazione nella direzione dellasse x;
b) la stessa traslazione nella direzione dellasse y;
c) la stessa rotazione attorno al punto O, origine degli assi.
52 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

2.1 Rappresentare graficamente, nella scala


a 1000 N
1 mm = 50 N, le forze: F1 = 2800 N 6 45; F2 = 3400 N F2
20 7; F3 = 1600 N 60 9; F4 = 2200 N 8 40.
4

2.2 Interpretare, nella scala 1 mm = 20 N, linten- 3


A 900 N
sit e la direzione delle forze Fa, Fb ed Fc, rappresentate F1
dai lati di un triangolo rettangolo (Figura 2.35) che misu-
rano rispettivamente: a = 4,5 cm, b = 7,5 cm, c = 6 cm.
Fa = 900 N 6 53,13;
Fb = 1500 N ;
Fc = 1200 N 36,87 7
b Scala delle forze:
1 cm = 400 N
Scala delle forze:
1 mm = 20 N
F2 R

a = 4,5 cm c = 6 cm = 25 4
= 127
3
= 28 +
F1

b = 7,5 cm c Scala delle forze:


1 cm = 400 N
F1
Fig. 2.35 - Forze dellEsercizio 2.2. R
F2
R
F2
2.3 Sulla cassa da imballaggio della Figura 2.36-a,
due cavi esercitano la forza F1 = 900 N e la forza
F2 = 1 kN 6 53 (linclinazione di F2 anche espressa
mediante la verticale 4 e lorizzontale 3). Determinare F1
graficamente, mediante i metodi del parallelogramma
(Figura 2.36-b) e del triangolo (Figura 2.36-c), la risultante
R, specificando gli angoli (Figura 2.36-b) (tra R ed F1), Fig. 2.36 - Cassa dellEsercizio 2.3.
(opposto a R) e (tra R ed F2). a) Cassa da imballaggio trascinata mediante due cavi.
b) Legge del parallelogramma.
R = 1,7 kN 6 28; c) Metodo del triangolo; i due triangoli costruiti ponendo indif-
= 28; ferentemente prima una oppure laltra delle due forze confermano
= 127; = 25 la propriet commutativa della somma dei vettori.

2.4 Determinare graficamente ed analiticamente la ri- 2.6 Un cilindro, pesante F = 290 N, appoggiato
sultante R di due forze F1 = 800 N 6 30 ed F2 = 500 N 6 75 (Figura 2.37 ) su una guida a V. Calcolare lintensit della
e langolo tra R ed F1. forza di destra e della forza di sinistra che il cilindro
scambia con le pareti della guida. Il cilindro sostenuto
R = 1206,5 N 6 47;
dalle forze generate dal contatto con le pareti della guida
= 17
e perpendicolari a queste. Si scompone quindi la forza
peso col metodo del triangolo nella forza di destra che
2.5 Nello stesso punto di una staffa sono applicate le forma langolo di 45 con la verticale e nella forza di sini-
forze F1 = 30 kN 25 7 ed F2 = 20 kN 50 9. Determinare stra che forma langolo di 30 con la verticale. Langolo
graficamente ed analiticamente la risultante R nonch opposto ad F misura 180 45 30 = 105. Si applica
langolo tra F1 ed R. quindi il teorema dei seni (A.3-14).
R = 40,1 kN 3,8 9; forza di destra = 150 N;
= 28,8 forza di sinistra = 212 N
ESERCIZI PROPOSTI 53

(Figura 2.39-d ) fino a trovarne il valore minimo F1 min


(Figura 2.39-e).
= 105; F1 = 25,9 kN; F2 = 36,6 kN;
= 90; = 60; F1 min = 25,0 kN
45
30
a
A

Fig. 2.37 - Cilindro sulla guida a V dellEsercizio 2.6. 2


= 30
B
= 45
2.7 La sfera della Figura 2.38 in equilibrio. Nota la 1
forza FB = 500 , calcolare le forze FA ed FC.
FA = 866 N ;
C
FC = 1000 N 30 7

b c
Scala delle forze: 1 cm = 20 kN
FA
F2
30 = 30 F = 50 kN = 30
F = 50 kN
FC = 45 = 105
= 45 F2
F1
F1
FB

Fig. 2.38 - Sfera in equilibrio dellEsercizio 2.7. d e


1 1 1
F = 50 kN 2 F = 50 kN = 30
2.8 Determinare la forza F della quale si conoscono le
componenti rettangolari Fx = 700 N ed Fy = 1500 N . = 60
= 90 F2
F1 min
F = 1655 N 6 65
1
1
2.9 Calcolare le componenti rettangolari Fx ed Fy 2
1
della forza F = 10 kN 60 7, che forma langolo = 120
antiorario con lasse x positivo. Fig. 2.39 - Chiatta trainata da rimorchiatori (Esercizio 2.10).
Fx = 5 kN ; a) Presentazione del problema fisico.
Fy = 8,66 kN b) Legge del parallelogramma applicata alla determinazione
delle due componenti F1 ed F2.
c) Metodo del triangolo.
2.10 Una chiatta trainata da due rimorchiatori
d) Il disegno mostra la direzione 2-2 assegnata alla tensione F2
(Figura 2.39-a). La forza risultante R, che viene esercitata e varie direzioni della linea 1-1, associata alla tensione F1; tra le
mediante i cavi di traino, ha intensit R = 50 kN ed diverse possibili direzioni di F1 , la lunghezza minima (F1 min) si
diretta secondo lasse della chiatta. Sapendo che gli raggiunge quando F1 perpendicolare ad F2 (cio = 90).
angoli formati dai due cavi con lasse della chiatta val- e) Triangolo con le due tensioni F1 ed F2 perpendicolari tra loro
gono rispettivamente = 45 e = 30, determinare gra- ( = 90), secondo la ricerca fatta nella Figura 2.37-d ; sono indi-
cati il minimo di F1 (F1 min) e i corrispondenti valori degli angoli
ficamente (Figura 2.39-b) lintensit delle due tensioni e .
F1 ed F2 alle quali sono assoggettati i due cavi dei rimor-
chiatori. Verificare poi con il calcolo (Figura 2.39-c) lan-
golo opposto alla risultante delle due forze F1 ed F2 non- 2.11 Unautomobile in avaria viene trainata con due
ch la loro intensit. Mantenendo fisso langolo = 30, cavi (Figura 2.40). Si conosce la tensione F2 (intensit
valutare infine il nuovo valore (e quindi ) che tale F2 = 3 kN ed angolo = 30 con lorizzontale) esercitata
angolo deve assumere affinch la tensione nel cavo 1 sia lungo il secondo cavo; sono inoltre conosciute la retta
minima (F1 min); per questo si provino a tracciare, con il dazione della forza risultante di traino F (diretta lungo
metodo del triangolo, varie posizioni della tensione F1 lasse dellautomobile) e la direzione dellaltra forza F1
54 CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

(angolo = 20 con lorizzontale) che viene impiegata


per trainare lautomobile. Determinare graficamente ed b y
analiticamente le intensit della forza di traino F e della
F1 = 40 kN F
tensione F1 nel primo cavo. 1y
1 = 120
F = 6,7 kN; F1 = 4,4 kN 2 = 225
F1 x F4 x
F2 x O x
F2 3 = 270
4 = 330
F4 y F4 = 80 kN
F2 y
A = 30 F
F2 = 100 kN
= 20

F1
F3 y F3 = 150 kN
Fig. 2.40 - Esercizio 2.11.

y
2.12 La piastra nodale di testa della Figura 2.41-a c
soggetta a quattro forze concorrenti F1 = 40 kN 60 7, = 264,6 R x = 21,4 kN
F2 = 100 kN 45 9, F3 = 150 kN ed F4 = 80 kN 8 30.
Dopo aver calcolato le componenti rettangolari Fx ed Fy di Rx O
ciascuna forza (Figura 2.41-b), determinare, mediante il x
teorema delle proiezioni, prima le componenti Rx ed Ry e
poi la risultante R. Esprimere la direzione di R sia come R y = 226,1 kN
= 84,6
angolo di verso antiorario rispetto allasse x positivo, sia
come angolo rispetto allasse y negativo (Figura 2.41-c). R
Ry
F1x = 20 kN ; F2x = 70,7 kN ;
F3x = 0; F4x = 69,3 kN ; = 5,4
F1y = 34,6 kN ; F2y = 70,7 kN ;
F3y = 150 kN ; F4y = 40 kN ; Fig. 2.41 - Esercizio 2.12.
Rx = 21,4 kN ; Ry = 226,1 kN ; b) Componenti rettangolari delle forze lungo gli assi.
R = 227,1 kN 84,6 9; = 264,6; = 5,4 c) Risultante del sistema di forze concorrenti.

a 2.13 Determinare il momento M della coppia di


forze di intensit pari a 100 N, generata da un uomo per
smontare una ruota con una chiave a tubo (Figura 2.42).
M = 40 Nm fi

F3 = 150 kN
y

F1 = 40 kN 100 N

y F2 = 100 kN

30 400 mm
F4 = 80 kN x
30

45
30 O

O z
100 N
x

Fig. 2.41 - Esercizio 2.12.


a) Piastra nodale di testa con le forze applicate. Fig. 2.42 - Esercizio 2.13.
ESERCIZI PROPOSTI 55

2.14 Per sbloccare il bullone centrale della puleggia


Fx
(Figura 2.43) richiesto un momento di 46 Nm. Deter- A
minare lintensit F della forza da applicare alla chiave. 25
Fy
F
F = 173,6 N
bx

65
B

O by

Fig. 2.45 - Esercizio 2.16.


b = 265 mm
300 mm
2.17 Un sistema di forze parallele concordi F1 = 4 kN ,
F2 = 6 kN ed F3 = 2 kN applicato alla trave della
F
Figura 2.46. Determinare la risultante R e la sua posizione
xR rispetto allestremo A della trave.
R = 12 kN ; xR = 1,83 m

Fig. 2.43 - Chiave dellEsercizio 2.14. R

2.15 Sul pedale della F2 = 6 kN


F1 = 4 kN
Figura 2.44 si vuole appli- F F3 = 2 kN
care, mediante una forza, A
A B
il momento di 100 Nm fl.
Dopo aver calcolato la di-
stanza AB, determinare in 2m 3m
225 mm
direzione e in intensit la xR
pi piccola forza F che va
esercitata sul pedale per Fig. 2.46 - Esercizio 2.17.
B
ottenere il momento citato
sopra. 2.18 Un sistema di
R
AB = 250 mm; forze parallele discordi
F = 400 N 8 26 F1 = 12 kN ,
110 mm
F2 = 8 kN ,
Fig. 2.44 - Esercizio 2.15. F3 = 14 kN ,
applicato alla trave
yR

verticale della Figura


2.16 La forza F = 100 N 8 25 applicata nel punto 2.47.
A allasta di controllo AB, lunga 230 mm (Figura 2.45). Determinare la risultan-
Dopo aver scomposto la forza nelle componenti rettan- te R e la sua posizione A
yR rispetto allestremo A F1
golari Fx ed Fy e aver calcolato i loro bracci bx e by rispetto
della trave.
3m

al punto B, determinare il momento MB della forza F


rispetto a B. R = 6 kN ;
yR = 7,67 m F2
Fx = 90,6 N ;
2m

Fy = 42,3 N ;
bx = 0,208 m; F3
B
by = 0,097 m;
MB = 14,7 Nm fl Fig. 2.47 - Esercizio 2.18.
56

a CAPITOLO 2. FORZE E MOMENTI

FA

A
200 mm

Fig. 2.48 - Esercizio 2.19.


B

C
a
2.19 La forza FA di 300 N agisce nel punto A della
staffa della Figura 2.48, fissata alla parete con le due viti
applicate nei punti B e C. Si chiede di sostituire FA con il
sistema forza-coppia FA-MB applicato nel punto B, dove
MB il momento della coppia di trasporto, e successiva-
mente di trovare due forze orizzontali FB ed FC applicate
rispettivamente in B e in C, equivalenti alla coppia MB.

120 mm 80 mm
FA = 300 N ;
MB = 60 Nm fi;
FB = 500 N ;
FC = 500 N

2.20 Allangolare della Figura 2.49 sono applicate le


tre forze FA = 1 kN , FB = 2,5 kN 6 60 ed FC = 4 kN
e la coppia di momento M incognito. Dopo aver risolto la
forza FB nelle due componenti FBx ed FBy , determinare il
momento imponendo, di volta in volta, che la retta da-
zione della risultante del sistema di forze passi per il
punto A (caso a) oppure per il punto B (caso b) oppure
infine per il punto C (caso c). Risolvere lEsercizio,
ponendo sempre zero nel primo membro dellequazione
2-3 del teorema di Varignon, poich il braccio b della
risultante , di volta in volta, b = 0.

FA

M
A
FBx = 1,25 kN ; FBy = 2,17 kN ;
a) 150 Nm fi; b) 500 Nm fi; c) 50 Nm fl

300 mm

C
FB
60

200 mm
FC

Fig. 2.49 - Angolare trattato nellEsercizio 2.20.

2.21 La mensola ( il nome di una trave incastrata)


della Figura 2.50 soggetta ad un sistema di carichi, tra
i quali stato indicato (punto C) il carico mobile di 12 kN
che dista della lunghezza variabile x dallestremo di sini-
stra A. Determinare la risultante dei carichi R e la posi-
zione b della sua retta dazione rispetto ad A; questa
posizione verr espressa in funzione della ascissa varia-
bile x.

A
3 kN
1m
R = 20 kN ; b = 0,25 m + 0,6x

Fig. 2.50 - Esercizio 2.21.


5 kN

12 kN
C
2m

D
Capitolo 3
LEQUILIBRIO
STATICO

3. 1 EQUILIBRIO DI UN CORPO RIGIDO


Un sistema di pi forze F, che agisce sul corpo rigido, pu venir ridotto (Paragrafo 2.9) a un
sistema equivalente forza-coppia costituito dalla forza risultante R, applicata in un punto O
scelto in modo arbitrario, e dalla coppia risultante M OR; R espressa dalle somme delle com-
ponenti rettangolari delle forze lungo gli assi x ed y, mentre M OR espresso dalla somma dei
momenti di tutte le forze rispetto ad O. Il corpo rigido in equilibrio quando la somma delle
forze (risultante) e la somma dei momenti delle forze rispetto ad O (momento risultante) sono
ambedue uguali a zero. Nel caso di un corpo rigido bidimensionale (o piano), soggetto a forze
e momenti che agiscono nel suo piano, le condizioni di equilibrio si scrivono:

F x =0 F
y =0 M O =0 3-1

Con le prime due equazioni di equilibrio alla traslazione le sommatorie delle componenti
delle forze Fx ed Fy, lungo gli assi x e y, vengono poste uguali a zero e quindi le forze non sono
in grado di generare alcun moto di traslazione rispettivamente lungo x e lungo y; con la terza
equazione di equilibrio alla rotazione la sommatoria dei momenti MO delle componenti Fx ed
Fy, rispetto al punto O arbitrario, posta uguale a zero e non vi quindi la possibilit di gene-
rare una rotazione attorno a un punto. Il sistema di forze esterne non potr impartire al corpo
rigido il movimento elementare composto appunto, nel piano, da due traslazioni secondo i due
assi x e y e da una rotazione attorno allasse z
C y perpendicolare al piano x-y: il corpo conside-
rato, inizialmente in quiete, continuer a rima-
x nere in quiete.

L/2 Per garantire lequilibrio del sistema di forze, le


PV tre equazioni vanno verificate tutte insieme;
HA A PH B esse possono essere risolte per non pi di tre
incognite. Nello scrivere queste equazioni si
D
VA RB raccomanda di specificare sempre, accanto ad
ogni equazione, la relativa convenzione di segno
L/2 L/2
delle forze e dei momenti. Come esempio, si
L
applichino le equazioni di equilibrio al sistema
di forze applicate ad un corpo rigido, rappre-
Fig. 3.1 - Sistema di forze PH e PV note e HA, VA e R B incognite, sentato dalla trave della Figura 3.1, in cui le
applicate ad un corpo rigido rappresentato da una trave di lun-
ghezza L. forze incognite sono HA, VA e R B (in verde),
mentre le forze note sono PH e PV (in blu).
58 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

Si scrive che deve essere uguale a zero:


la somma dei momenti rispetto allestremo A della trave;
la somma delle forze lungo lasse x;
la somma delle forze lungo lasse y.
MA = 0 + RB L PV ( L/2) = 0 RB = PV /2
Fx = 0 HA PH = 0 HA = PH
Fy = 0 VA PV + RB = 0 VA = PV RB = PV PV /2 = PV /2
Si potrebbero scrivere delle equazioni addizionali imponendo che la somma dei momenti delle
forze rispetto a punti diversi da A sia uguale a zero: ad esempio, MB = 0. Tale equazione non
aggiungerebbe, tuttavia, alcuna nuova informazione in quanto gi stato stabilito che il sistema
delle forze della Figura 3.1 in equilibrio. Lequazione addizionale non indipendente dalle
equazioni precedenti; pu rivelarsi utile per controllare la soluzione:
M B = 0 VA L + PV ( L/2) = 0 ( PV /2) L + PV ( L/ 2 ) = 0 0=0
Mentre alle tre equazioni di equilibrio non si possono aggiungere altre equazioni, ciascuna di
esse pu venire sostituita con una nuova equazione. Un sistema di equazioni alternativo :

F x =0 M A =0 M B =0 3-2

dove la linea AB va scelta in una direzione diversa da quella dellasse y (Figura 3.1). Le tre equa-
zioni 3-2 sono sufficienti per lequilibrio della trave: le prime due equazioni, imponendo lan-
nullarsi della somma sia delle forze orizzontali che dei momenti di tutte le forze rispetto ad A,
indicano che le forze devono ridursi ad ununica forza verticale passante per A, mentre la terza
equazione, imponendo che il momento di questa unica forza verticale sia uguale a zero rispetto
ad un punto B che non sta sulla sua retta dazione (rappresentata appunto dallasse y), stabili-
sce che anche questultima forza deve essere nulla, facendo cos risultare il corpo rigido in equi-
librio.
Un terzo possibile sistema di equazioni consiste in:

M A =0 M B =0 M C =0 3-3

dove i punti A, B e C non devono stare sulla stessa retta (Figura 3.1). La prima equazione
impone che le forze si riducano ad ununica forza passante per A; la seconda equazione impone
che questa forza passi per B; infine la terza equazione impone il suo passaggio per C. Non appar-
tenendo questi tre punti alla stessa retta, la forza nulla e la trave risulta in equilibrio. Scrivendo
il sistema delle tre equazioni 3-3 per la trave della Figura 3.1, si ottiene:
MA = 0 + R B L PV ( L/2 ) = 0 R B = PV /2
MB = 0 VA L + PV ( L/2) = 0 VA = PV /2
M C = 0 + HA ( L/2) PH ( L/2) PV ( L/2) + RB L = 0 HA = PH ( L/2) PV ( L/2) + ( PV /2) L = PH ( L/2)
Se, al contrario, fossero stati scelti tre punti allineati, come, ad esempio, il punto D che,
essendo situato in mezzeria, appartiene allasse della trave analogamente ai punti A e B, la terza
equazione sarebbe stata:
M D = 0 VA ( L/2) + R B( L/2) = 0 VA = R B
una inutile ripetizione delle prime due, senza fornire informazioni sulla incognita HA che
invece occorreva ricavare.
Da ultimo, si suggerisce di fare attenzione a scegliere, dove possibile, delle equazioni di equi-
librio contenenti soltanto unincognita in modo da eliminare la necessit di dover poi risolvere
un sistema di equazioni.
3.1. EQUILIBRIO DI UN CORPO RIGIDO 59

Esempio 3. 1 Equilibrio di sistemi di forze


Verificare lequilibrio dei seguenti sistemi di forze (Figura 3.2):
1. F1 = 3,2 kN , F2 = 8,5 kN 6 30, F3 = 4,5 kN 30 9 e F4 = 5,0 kN 45 7;
2. F1 = 3,2 kN , F2 = 8,5 kN 6 30, F3 = 4,5 kN 30 9, F4 = 5,0 kN 45 7 e F5 = 6,4 kN 8 60;
3. F1 = 3,2 kN , F2 = 8,5 kN 6 30, F3 = 4,5 kN 30 9, F4 = 5,0 kN 45 7, F5 = 6,4 kN 8 60,
F6 = 8,6 kN e F7 = 8,6 kN .

m y

0,6

F7
0,5

0,4
F1
F2
0,3
F3 F6
0,2
F4
0,1

x
0
O F5
m

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8

Fig. 3.2 - Sistemi di forze complanari trattati nellEsempio 3.1.

SOLUZIONE
Si applicano le equazioni 3-1 dopo aver ricavato le componenti di ciascuna forza lungo gli assi x e y. Il
momento delle componenti delle forze viene preso rispetto al punto O, origine degli assi; ma poteva essere
preso qualsiasi altro punto. La Tabella 3.1 riporta i calcoli eseguiti nel rispetto delle convenzioni di segno
relative a forze e momenti: , , . Volendo, ad esempio, valutare componenti e momento della forza
F3 = 4,5 kN 30 9, si ha:
F3x = F3cos 30 = (4,5 kN 0,866) = 3,9 kN
F3y = F3 sen 30 = (4,5 kN 0,5) = 2,25 kN
M3O = + (F3xb3x) (F3yb3y) = + (3,9 kN 0,3 m) (2,25 kN 0,5 m) = + 0,045 kNm

1. Fx = 3,2 kN Fy = + 5,5 kN MO = + 1,825 kNm


2. Fx = 0 Fy = 0 MO = 1,29 kNm
3. Fx = 0 Fy = 0 MO = 0

Solo il terzo sistema di forze in equilibrio.


60 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

Tabella 3.1
Calcoli relativi ai sistemi di forze esaminati nellEsempio 3.1
Fx bx O Fy by O MO
Forze
[kN] [m] [kN] [m] [kNm]
F1 = 3,2 kN 3,2 0,35 0 + 1,12
F2 = 8,5 kN 6 30 + 7,4 0,10 + 4,25 0 0,74
F3 = 4,5 kN 30 9 3,9 0,30 2,25 0,50 + 0,045
F4 = 5,0 kN 45 7 3,5 0 + 3,5 0,40 + 1,4
3,2 + 5,5 + 1,825
F5 = 6,4 kN 8 60 + 3,2 0,20 5,5 0,45 3,115
0 0 1,29
F6 = 8,6 kN 0 8,6 0,60
+ 1,29
F7 = 8,6 kN 0 + 8,6 0,75
0 0 0

3. 2 DIAGRAMMA DI CORPO LIBERO


Nel risolvere un problema riguardante lequilibrio del corpo rigido essenziale considerare tutte
le forze che agiscono sul corpo, come pure importante escludere qualsiasi forza che non sia
direttamente applicata al corpo; si rischia infatti di stravolgere le condizioni di equilibrio qua-
lora si tralasci anche una sola delle forze agenti sul corpo oppure se ne aggiunga unaltra che
non agisce su quello stesso corpo. Il diagramma di corpo libero mostra la struttura comple-
tamente isolata, dopo averla staccata dal terreno e separata da ogni altro corpo, soggetta a tutte
quelle forze esterne (e a quei momenti) che il terreno e i corpi che sono stati separati esercitano
sulla struttura. Sul diagramma di corpo libero vanno chiaramente segnalate intensit e direzione
delle forze esterne (e delle coppie) note; parti-
colare cura va messa nellindicare il verso della
a forza esercitata sul corpo libero. Sulla base di
cavo ipotesi, vanno rappresentati anche direzione e
verso delle forze esterne incognite: queste con-
sistono solitamente nelle reazioni che il terreno
A braccio B
o gli altri corpi oppongono al possibile movi-
mento del corpo libero, costringendolo cos a
rimanere nella posizione assegnata; queste rea-
P zioni vengono esercitate nei punti in cui la strut-
tura supportata o collegata agli altri corpi. Il
diagramma di corpo libero dovrebbe infine
b B includere anche quelle dimensioni che sono

necessarie per il calcolo dei momenti delle
A forze applicate, mentre qualsiasi altro dettaglio
P
andrebbe omesso.
Si consideri, ad esempio, il braccio della gru
(Figura 3.3) sottoposto al carico P e soggetto ai
Fig. 3.3 - Braccio di una gru soggetta al carico P. vincoli presenti nel punto A (estremo a sinistra
a) Schematizzazione del problema fisico. del braccio della gru) e nel punto B (estremo a
b) Diagramma di corpo libero. destra). Il diagramma di corpo libero (Figura
3.3-b) presenta lo schema del braccio della gru
3.3. VINCOLI 61

isolato, soggetto alle forze esterne rappresentate dal carico P noto e dalle reazioni incognite
necessarie per mantenere il braccio immobile nella posizione originale. Queste reazioni consi-
stono in:
A reazione della cerniera sul braccio della gru, incognita in intensit e direzione;
B trazione che il cavo esercita sul braccio della gru, nota come direzione ( quella del cavo)
ma incognita come intensit.

3. 3 VINCOLI
Per struttura si intende una costruzione destinata a sopportare un determinato sistema di forze
esterne. Con trave3.1 si intende una struttura (Figura 3.4) formata da un solido la cui lunghezza
notevolmente superiore alle dimensioni della sezione perpendicolare (o sezione trasversale)
allasse geometrico. Se lasse geometrico contenuto in un piano la trave viene detta piana. La
trave piana si dice rettilinea quando il suo asse geometrico una retta.

Il corpo rigido, libero di muoversi, ha tre possibilit di movimento: le due traslazioni generate
dalle componenti delle forze secondo i due assi x e y, e la rotazione attorno allasse z normale
al piano x-y e passante per lorigine O degli assi x e y. Queste tre possibilit di movimento costi-
tuiscono i tre gradi di libert del corpo rigido nel piano. Volendosi realizzare lequilibrio del
corpo rigido, occorre sopprimere i tre gradi di libert del corpo rigido introducendo dei vincoli
che lo colleghino alle altri parti della struttura oppure al terreno in modo tale che il corpo non
abbia pi alcuna possibilit di movimento. I vincoli che si incontrano nella pratica possono ricon-

a Asse geometrico

Sezione trasversale

b Asse geometrico

Sezione trasversale

Fig. 3.4 - a) Trave piana


b) Trave piana rettilinea.

3.1 - Condizione necessaria affinch un superiore a 10 volte quella della mag- superi di 10 volte la maggiore dimen-
solido possa definirsi una trave che giore dimensione trasversale e che il pi sione trasversale (Figura 3.4-a).
lasse della trave abbia una lunghezza piccolo valore del raggio di curvatura
62 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

Tabella 3.2
I vincoli pi comuni nel piano: carrello, cerniera e incastro
Schema N gradi di Possibilit
Denominazione Raffigurazione del vincolo
del vincolo libert eliminati di movimento
SI
Carrello
SI
(appoggio 1
semplice)
NO

SI

Cerniera NO
2
fissa
NO

NO
NO
Incastro 3 NO

dursi ad alcuni tipi fondamentali che vengono classificati in funzione del numero di gradi di
libert che riescono a sopprimere (Tabella 3.2):
Vincoli semplici, perch sopprimono un solo grado di libert del corpo considerato, rappre-
sentati dal carrello o appoggio semplice che blocca la sola traslazione nella direzione per-
pendicolare al piano di scorrimento, mentre consente la traslazione lungo il piano di scorri-
mento e la rotazione3.2;
Vincoli doppi, perch sopprimono due gradi di libert del corpo, rappresentati dalla cerniera,
che sopprime solo le due traslazioni, mentre consente la rotazione relativa attorno allasse pas-
sante per la cerniera e perpendicolare al piano;
Vincoli tripli, perch sopprimono tutti e tre i gradi di libert del corpo, rappresentati dal-
lincastro che blocca ogni possibilit di movimento nel piano e cio le due traslazioni e la
rotazione.

3. 4 FORZE ESTERNE: CARICHI E REAZIONI


Le forze esterne applicate alla struttura si possono suddividere nei carichi (o forze attive) asse-
gnati allinizio del progetto e nelle reazioni dei vincoli (o forze reattive) incognite che
nascono per impedire gli spostamenti dei punti vincolati, che si muoverebbero sotto leffetto dei
carichi. Le reazioni vincolari incognite sono perci funzione dei carichi assegnati e si deter-
minano, nel caso piano, attraverso le 3 equazioni di equilibrio 3-1.
I carichi possono essere originati dal contatto con altri corpi, dalla forza peso relativa alla trave
stessa (prodotto della massa della trave per laccelerazione di gravit), da azioni naturali come

3.2 - Il carrello va inteso come un vin- mento in ambedue i sensi. Ad esempio, cale del corpo sia verso il basso che
colo bilaterale poich, lungo una deter- il carrello della Tabella 3.2 un vincolo verso lalto.
minata direzione, contrasta lo sposta- che si oppone allo spostamento verti-
3.4. FORZE ESTERNE: CARICHI E REAZIONI 63

il vento, la neve, ecc. I carichi sono concentrati quando


W [N] agiscono in un punto isolato della superficie della trave,
sono invece distribuiti (oppure ripartiti o diffusi)
w [ N/m] quando agiscono su una porzione di trave. La Figura
3.5 mostra un esempio di carico distribuito in modo
A B uniforme su un tratto di trave lungo l. Lintensit del
carico w [N/m] rappresenta il valore del carico [N] rife-
rito al tratto l della trave [m]; il carico complessivo W
l/2 dato perci dal prodotto dellintensit del carico w mol-
l tiplicato per il tratto di trave lungo l:
L
W = wl 3-4

Fig. 3.5 - Carico distribuito di intensit w [N/m] applicato Nel calcolo delle reazioni possibile sostituire al carico
in modo uniforme lungo un tratto l della trave. uniformemente distribuito w un carico concentrato
equivalente al carico totale W, applicato, per motivi di
simmetria, a met di l (cio a l/2)3.3.
Sono in equilibrio quelle strutture nelle quali ogni elemento, attraverso le reazioni esercitate dai
vincoli, risulta bloccato nei riguardi di qualunque moto rigido. Le reazioni suscitate dal vincolo
corrispondono agli spostamenti che vengono bloccati dal vincolo stesso. Cos (Figura 3.6):
il carrello o appoggio, vincolo semplice che blocca la traslazione perpendicolare al piano di
scorrimento, esercita la forza di reazione R perpendicolare al piano di scorrimento passante
per il punto di applicazione del vincolo;
la cerniera, vincolo doppio che blocca sia la componente orizzontale che la componente ver-
ticale dello spostamento, esercita la reazione orizzontale H e la reazione verticale V;
lincastro, vincolo triplo che blocca le due traslazioni e la rotazione, reagisce con la forza ver-
ticale V, la forza orizzontale H e la coppia di incastro avente il momento M.

a b c
R V R
R V

H H

Fig. 3.6 - Reazioni dei diversi vincoli nel caso piano.


a) Carrello o appoggio semplice: reagisce con una forza R di cui si conosce la retta dazione.
b) Cerniera: reagisce con una forza R di cui non si conosce la direzione; la reazione R ha la componente orizzontale H e la com-
ponente verticale V.
c) Incastro: reagisce con la forza R, di cui non si conosce la direzione, e la coppia di momento M; la reazione R ha la compo-
nente orizzontale H e la componente verticale V.

3.3 - La sostituzione del carico distri- W [N] lecita soltanto nei calcoli delle statiche; non invece accettabile nel cal-
buito w [N/m] con un carico concentrato reazioni dei vincoli nelle strutture iso- colo delle azioni interne (Paragrafo 5.1).
64 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

3. 5 STRUTTURE LABILI, ISOSTATICHE E IPERSTATICHE


Le reazioni vincolari incognite, funzione dei carichi assegnati, si
a determinano attraverso le 3 equazioni di equilibrio 3-1. Avendo a
F
disposizione 3 equazioni di equilibrio, si possono presentare, nel
caso della trave della Figura 3.7, i casi seguenti:
a) il numero di incognite introdotte dalle reazioni dei vincoli
minore del numero di equazioni di equilibrio Il sistema delle
equazioni 3-1 impossibile3.4 in quanto 3 sono i gradi di libert
del corpo rigido, nel caso piano; la struttura, che dunque
caratterizzata da una prevalenza dei gradi di libert (che sono 3)
sui gradi di vincolo (che sono meno di 3), si dice labile ed ha
b la possibilit di compiere quei movimenti concessi dai gradi di
F
libert residui che non sono stati sottratti dai vincoli;
b) le incognite introdotte dalle reazioni dei vincoli sono 3 come le
equazioni di equilibrio Il sistema di equazioni possibile e non
ammette che una sola soluzione in quanto i 3 vincoli sono in
numero strettamente sufficiente per bloccare ogni spostamento
della struttura relativo ai 3 gradi di libert dellelemento. La
c struttura risulta staticamente determinata e si dice isostatica3.5;
F
c) il numero di incognite introdotte dalle reazioni dei vincoli
eccede il numero di equazioni Il sistema indeterminato in
quanto, essendo i vincoli (pi di 3) in eccesso (sovrabbondanti)
rispetto ai 3 gradi di libert della struttura, esistono infinite
soluzioni equilibrate. La struttura si dice iperstatica3.6.

Fig. 3.7 - I diversi tipi di strutture nel caso


delle travi piane. F1
RA RB
a) Struttura labile: 3 gradi di libert della
trave ma solo 2 gradi di vincolo dovuti alla
F2
cerniera. La trave libera di ruotare.
F1cos
b) Struttura isostatica: 3 gradi di libert e
3 gradi di vincolo dovuti allincastro.
c) Struttura iperstatica: 3 gradi di libert A B
della trave e 6 gradi di vincolo dovuti ai due
incastri. Fig. 3.8 - Trave su due appoggi in equilibrio apparentemente labile.

3.4 - Se i carichi assegnati soddisfano cos lequilibrio del sistema. che, essendo il numero delle incognite
determinate condizioni in modo che superiore a quello delle equazioni di
complessivamente si possano scrivere 3.5 - In modo generale si dice che un equilibrio della struttura piana, la deter-
tante equazioni quanti sono i gradi di sistema isostatico quando il numero minazione delle reazioni vincolari non
libert, allora anche un sistema con un delle incognite, rappresentate dai gradi pu pi avvenire con le equazioni della
numero di reazioni vincolari inferiori a di vincolo, uguale al numero dei gradi statica 3-1. In realt lindeterminazione
tre diventa possibile. Considerata, ad di libert, che vengono coperti dalle del sistema solo apparente. Trattandosi
esempio, la trave su due appoggi della equazioni di equilibrio. Naturalmente i infatti di sistemi materiali che si defor-
Figura 3.8, accanto alle due equazioni vincoli devono essere ben disposti in mano sotto lazione delle forze, lo studio
contenenti le reazioni dei due appoggi modo da bloccare effettivamente ogni delle deformazioni (Capitolo 5) per-
RA ed RB, occorre aggiungere una equa- elemento costituente la struttura nei mette di scrivere quelle equazioni sup-
zione tra le forze F1 ed F2 (F1 cos = F2) riguardi di ogni possibile moto rigido. plementari, basate sulle propriet del
in modo tale da annullare la componente materiale, che, aggiunte alle equazioni
orizzontale dei carichi, non contrastata 3.6 - Le strutture iperstatiche sono stati- della statica, sono in grado di rimuovere
dalla reazione dei vincoli, e garantire camente indeterminate dal momento lindeterminazione.
3.6. DETERMINAZIONE DELLE REAZIONI VINCOLARI 65

Nel caso di una struttura compo-


sta, formata da pi corpi sempli-
ci collegati tra loro mediante ap-
poggi e/o cerniere, la valutazione
del tipo di struttura (labile, iso-
statica o iperstatica) avviene at-
Fig. 3.9 - Esempio di struttura composta: due travi vincolate con cerniera, appoggio
e incastro; la struttura isostatica in quanto i sei gradi di libert vengono saturati dai
traverso il confronto del numero
sei vincoli. complessivo dei gradi di libert
della struttura con il numero com-
plessivo dei gradi di vincolo: il
numero complessivo dei gradi di libert uguale al numero degli elementi della struttura mol-
tiplicati per 3 (ogni elemento ha infatti 3 gradi di libert), mentre il numero complessivo dei
gradi di vincolo rappresentato dalla somma dei vincoli di tutta la struttura. Ad esempio, nel
caso della struttura di Figura 3.9, composta da due travi vincolate esternamente con un incastro
e un carrello e connesse tramite una cerniera si ha:
gradi di libert
2 travi 3 = 6 gradi di libert complessivi
trave
vincoli vincolo vincoli
1 cerniera 2 + 1 carrello 1 + 1 incastro 3 = 6 vincoli complessivi
cerniera carrello incastro

3. 6 DETERMINAZIONE DELLE REAZIONI VINCOLARI


Le equazioni della statica 3-1, oppure le equazioni alternative 3-2 e 3-3, consentono di deter-
minare le reazioni vincolari. In accordo con le prime due equazioni di equilibrio, si suggeri-
sce di scomporre le forze esterne, carichi e reazioni, secondo la direzione degli assi, tra loro per-
pendicolari, x e y.
Quando non appare immediatamente evidente il verso della reazione incognita, sia questa rap-
presentata da una forza oppure da una coppia, non va fatto alcun tentativo per indovinare il verso
della forza (oppure il senso di rotazione della coppia). Il verso della forza incognita (oppure il
senso di rotazione della coppia incognita) viene assunto in modo arbitrario allinizio delleser-
cizio; il segno positivo (+) davanti al numero, che rappresenta alla fine dellesercizio il valore
della forza (oppure della coppia) di reazione, significa che lassunzione iniziale era corretta,
mentre il segno negativo () indica che lipotesi di partenza non era corretta e che quindi
occorre rovesciare quel verso della forza di reazione (oppure quel senso di rotazione della cop-
pia di reazione), che era stato assunto inizialmente.
Una volta trovati i valori delle reazioni incognite, conviene sempre effettuare un controllo dei
risultati ottenuti: si verifica, ad esempio, che il momento delle forze esterne calcolato rispetto
ad un punto diverso dal punto O (equazioni 3-1) risulti uguale a zero, dovendo essere uguale a
zero in un sistema equilibrato la somma dei momenti di tutte le forze esterne rispetto ad un qual-
siasi punto.

Esempio 3. 2 Trave appoggiata soggetta a forze parallele


La trave della Figura 3.10-a, vincolata con carrello in A e cerniera in B, lunga L = 7 m ed soggetta
ad un sistema di forze parallele rappresentate da F1 = 7,5 kN , F2 = 5 kN , F3 = 10 kN ed F4 = 5 kN ,
che distano dallestremo di sinistra A rispettivamente b1 = 1 m, b2 = 2,5 m, b3 = 4 m e b4 = 5 m. Deter-
minare le reazioni R1 ed R2, rispettivamente del carrello e della cerniera.
66 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

a 1 m 1,5 m 1,5 m 1m 2m

F1 F2 F3 F4

A B

L=7m

F1 F2 F3 F4
H2 = 0

R1 R2 = V2
1 m 1,5 m 1,5 m 1m 2m

L=7m

Fig. 3.10 - Trave appoggiata soggetta ad un sistema di forze parallele trat-


tata nellEsempio 3.2.
a) Condizioni di carico e di vincolo.
b) Diagramma di corpo libero.

SOLUZIONE
Si traccia il diagramma di corpo libero (Figura 3.10-b), si fissa in modo arbitrario il verso delle due rea-
zioni e si applicano le equazioni di equilibrio 3-1.
Fx = 0 + H2 = 0 H2 = 0
Essendo nulla la componente orizzontale H2 della reazione della cerniera, la sua reazione si riduce alla
sola componente verticale V2 e quindi risulta R2 = V2. Invece di scrivere la seconda equazione di equili-
brio alla traslazione secondo y, si scriva adesso lequilibrio alla rotazione prendendo i momenti delle forze
rispetto ad A; in tal modo la reazione R1, che passa per A, non compare e nellequazione rimane la sola
incognita R2. Se invece si fosse scritta subito lequazione di equilibrio alla traslazione secondo y, si sarebbe
ottenuta unequazione con due incognite (R1 ed R2) da risolversi simultaneamente alla terza equazione del-
lequilibrio dei momenti.
MA = 0 (7,5 kN 1 m) + (5 kN 2,5 m) (10 kN 4 m) (5 kN 5 m) + (R2 7 m) = 0
7,5 kNm 12,5 kNm + 40 kNm + 25 kNm
R2 = = + 8,57 kN R 2 = 8,57 kN
7m
Fy = 0 R1 7,5 kN + 5 kN 10 kN 5 kN + R2 = 0
R1 = 7,5 kN 5kN + 10 kN + 5 kN 8,57 kN R1 = + 8,93 kN R1 = 8,93 kN
Il verso delle due reazioni R1 ed R2, ipotizzato allinizio, quello corretto perch il risultato positivo:
rispettivamente + 8,93 kN e + 8,57 kN.
Controllo Il calcolo viene verificato, prendendo i momenti delle forze esterne rispetto a B (estremo
destro della trave), diverso dal punto A gi utilizzato per il calcolo delle reazioni:
MB = 0 (8,93 kN 7 m) + (7,5 kN 6 m) (5 kN 4,5 m) + (10 kN 3 m) + (5 kN 2 m) = 0 0=0
3.6. DETERMINAZIONE DELLE REAZIONI VINCOLARI 67

COMMENTI
In questo Esempio ambedue le reazioni sono verticali perch:
in A, la trave supportata da un carrello e quindi la reazione non pu avere una componente orizzon-
tale;
in B, dove la trave vincolata con una cerniera, la componente orizzontale H2 della reazione uguale
a zero poich nessuna delle altre forze esterne ha una componente orizzontale.
Si sarebbe potuto osservare subito che, sotto un sistema di carichi paralleli, la reazione in B doveva essere
verticale e disegnare cos una trave semplicemente appoggiata, vincolata cio con due appoggi semplici
anzich con un appoggio semplice e cerniera. Occorre tuttavia verificare sempre, nel caso di una trave vin-
colata con carrello e cerniera, che non vi siano componenti orizzontali da bilanciare. Si visto inoltre che
la reazione orizzontale della cerniera H2 nulla dopo aver scritto lequazione Fx = 0; se si fosse posto
subito H2 = 0, si sarebbe potuto dimenticare di aver gi fatto implicitamente uso di questa equazione e
non sarebbe cos rimasta traccia del numero complessivo delle equazioni che si hanno a disposizione per
risolvere lEsempio, equazioni che rimangono soltanto 3 compresa la prima Fx = 0 anche se questa non
viene materialmente scritta.

Esempio 3. 3 Trave appoggiata soggetta a una forza inclinata


Una trave, lunga L = 8 m con cerniera allestremo sinistro A e carrello nellestremo destro B, soggetta
al carico P = 520 N 8 78 applicato alla distanza a = 6 m da A (Figura 3.11-a). Determinare le reazioni
della cerniera RA e del carrello R B.

SOLUZIONE
a) Si traccia il diagramma di corpo libero (Figura 3.11-b), si assumono in modo arbitrario i versi delle
due componenti orizzontale HA e verticale VA della reazione RA della cerniera e della reazione R B del
carrello, si calcolano le componenti orizzontale PH e verticale PV (negativa perch orientata nel verso
negativo di y) del carico P e si applicano le equazioni di equilibrio 3-1, scrivendo prima Fx = 0, quindi
MA = 0 e finalmente Fy = 0 in modo da avere sempre una sola incognita in ogni equazione:

A.3-4: PH = + P cos = + 520 N cos 78 = + 108,1 N PH = 108,1 N

A.3-3: PV = P sen = 520 N sen 78 = 508,6 N PV = 508,6 N


Fx = 0 + 108,1 N HA = 0 HA = + 108,1 N HA = 108,1 N
MA = 0 (PV 6 m) + (RB 8 m) = 0
508,6 N 6 m
RB = = + 381,45 N R B = 381,45 N
8m
Fy = 0 VA + R B 508,6 N = 0 VA + 381,45 N 508,6 N = 0
VA = + 127,15 N VA = 127,15 N

Le tre reazioni HA, VA ed R B risultano orientate in accordo con il verso assunto inizialmente poich
sono misurate da numeri positivi. Note le componenti HA = 108,1 N e VA = 127,15 N, si calcola la rea-
zione della cerniera RA e la sua inclinazione (Figura 3.11-b):

A.3-2: RA = H A2 + VA2 = (108,1 N) 2 + (127,15 N) 2 = 166,9 N

VA 127,15 N
A.3-5: tan = = = 1,176 = arctg 1,176 = 49,6
HA 108, 1 N

RA = 166,9 N 49,6 7
68 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

Controllo Si verifichino i risultati ottenuti, prendendo i


a momenti delle forze esterne rispetto allestremo di destra
della trave B diverso da A gi considerato:
P MB = 0 (127,15 N 8 m) + (508,6 N 2 m) =
0
0=0
= 78
A B

COMMENTI
a=6m b=2m Sotto condizioni di carico piuttosto semplici, come il caso
L=8m dellEsempio, si pu effettuare il calcolo grafico delle rea-
zioni vincolari. Fissata la scala delle forze, si traccia la retta
dazione b nota della reazione R B del carrello ( la verticale
b passante per B) che incontra nel punto O la retta dazione del
HA PH = Pcos carico P (Figura 3.11-c). Per questo punto deve anche passare
A B la retta dazione incognita della reazione RA della cerniera: le
RA
VA RB tre forze esterne (P, RA ed R B), passando tutte per lo stesso
punto O, diventano cos forze concorrenti (Paragrafo 2.3); in
PV = Psen P tal caso la chiusura del poligono delle forze ( il triangolo
della Figura 3.11-d) condizione necessaria e sufficiente per
lequilibrio. Sono infatti verificate le due condizioni di:
equilibrio alla traslazione: il poligono delle forze chiuso
a=6m b=2m (la punta dellultima forza coincide con la coda della prima
L=8m forza del sistema) e quindi il vettore risultante R delle
forze esterne nullo (R = 0);
equilibrio alla rotazione: preso O come polo, i momenti
c delle tre forze risultano nulli poich le loro rette dazione
passano tutte per O e quindi il momento risultante nullo
P
(M OR = 0).
d Si scompone infine P secondo le direzioni a e b individuate
sopra e si ottengono (Figura 3.11-d) in intensit (RA = 170 N,
= 78
A B RB = 380 N) e verso le reazioni cercate.
RA
RB
RB
P

RA

Fig. 3.11 - Carico inclinato applicato ad una trave vinco-


lata con cerniera e carrello (Esempio 3.3).
a) Condizioni di carico e di vincolo.
b) Diagramma di corpo libero.
c) Costruzione grafica per la ricerca delle reazioni.
d) Triangolo delle forze.
3.6. DETERMINAZIONE DELLE REAZIONI VINCOLARI 69

Esempio 3. 4 Carico concentrato e carico distribuito


Determinare le reazioni dei vincoli nella trave appoggiata della Figura 3.12-a soggetta ad un carico distri-
buito di intensit w = 2 kN/m e ad un carico concentrato P = 6 kN .

a w = 2 kN/m
P = 6 kN

A B

l=6m 2m 2m
L = 10 m

b y

x W = 12 kN

P = 6 kN
HA

VA 3m
RB
8m 2m

Fig. 3.12 - Trave appoggiata trattata nellEsempio 3.4.


a) Condizioni di carico e di vincolo.
b) Diagramma di corpo libero.

SOLUZIONE
Nel diagramma di corpo libero della Figura 3.12-b sono indicati i versi delle due reazioni e i carichi con-
centrati P e W; questultimo vale (3-4) W = wl = 2 kN/m 6 m = 12 kN e viene applicato, per simmetria,
alla distanza l/2 = 6 m/2 = 3 m dalla cerniera A. Con le equazioni di equilibrio 3-1 si trova:
Fx = 0 + HA = 0 HA = 0
Si scrive subito la terza equazione dellequilibrio alla rotazione, prendendo i momenti delle forze rispetto
ad A in modo che compaia la sola incognita RB:
MA = 0 (12 kN 3 m) (6 kN 8 m) + (RB 10 m) = 0
36 kN m + 48 kN m
RB = = + 8,4 kN R B = 8,4 kN
10 m

Fy = 0 VA 12 kN 6 kN + RB = 0 VA 12 kN 6 kN + 8,4 kN = 0
VA = 12 kN + 6 kN 8,4 kN VA = + 9,6 kN VA = + 9,6 kN

Controllo I risultati ottenuti si verificano prendendo i momenti delle forze esterne rispetto allestremo
di destra della trave B, diverso da A gi utilizzato:
MB = 0 (9,6 kN 10 m) + (12 kN 7 m) + (6 kN 2 m) = 0 0=0
70 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

Esempio 3. 5 Trave soggetta a carichi a sbalzo


Una trave vincolata con carrello e cerniera (Figura
a 3.13-a) soggetta ai tre carichi concentrati F1 = 15 kN ,
F1 = 15 kN F2 = 6 kN F3 = 6 kN F2 = 6 kN ed F3 = 6 kN ; gli ultimi due carichi sono
applicati nel tratto a sbalzo della trave. Determinare le
reazioni R A ed R B del carrello e della cerniera.
A B

3m 6m 2m 2m

L= 13 m

b
15 kN 6 kN 6 kN

RA RB

3m 6m 2m 2m

L= 13 m

Fig. 3.13 - Trave trattata nellEsempio 3.5.


a) Essendo tutti i carichi verticali, la trave potrebbe venire
vincolata con due appoggi semplici (o carrelli) al posto del
carrello e della cerniera, richiesta quando occorre equilibrare
anche carichi orizzontali.
b) Diagramma di corpo libero.

SOLUZIONE
Si usano le equazioni 3-2 con lequilibrio alla rotazione scritto rispetto ai punti A e B; la prima equazione
di equilibrio delle forze orizzontali gi verificata in quanto non vi sono carichi (e quindi reazioni) oriz-
zontali.
MA = 0 (15 kN 3 m) + (RB 9 m) (6 kN 11 m) (6 kN 13 m) = 0
45 kNm + 66 kNm + 78 kNm
RB = = + 21 kN R B = 21 kN
9m

MB = 0 (RA 9 m) + (15 kN 6 m) (6 kN 2 m) (6 kN 4 m) = 0
+ 90 kNm 12 kNm 24 kNm
RA = = + 6 kN R A = 6 kN
9m

Controllo La verifica dei risultati viene fatta con lequilibrio alla traslazione verticale Fy = 0, equa-
zione che non figurava nel sistema di equazioni 3-2 utilizzato per risolvere lEsempio:

Fy = 0 RA 15 kN + R B 6 kN 6 kN = 0
+ 6 kN 15 kN + 21 kN 6 kN 6 kN = 0 0=0
3.6. DETERMINAZIONE DELLE REAZIONI VINCOLARI 71

Esempio 3. 6 Telaio ad A con carico orizzontale


Il telaio della Figura 3.14-a soggetto al carico orizzontale Q = 375 N . Determinare la reazione R A
della cerniera, sulla base delle due componenti HA e VA, e la reazione R C del carrello.

a Q = 375 kN b y Q = 375 kN c
B B
x

HA
4m 4m
= 45
VA
6 0 A C R C H = 0,866 R C RA
A C
HA 3m RC
60
VA R C V = 0,5 R C = 30
1,5 m 1,5 m

Fig. 3.14 - Telaio, fatto ad A, trattato nellEsempio 3.6.


a) Condizioni di carico e di vincolo.
b) Diagramma di corpo libero.
c) Verso corretto della reazione verticale VA della cerniera A.

SOLUZIONE
Si traccia il diagramma di corpo libero (Figura 3.14-b) in cui sono evidenziati i versi arbitrariamente asse-
gnati alle due componenti orizzontale HA e verticale VA della reazione della cerniera R A, della quale non
si conosce la direzione, e la reazione RC del carrello, perpendicolare al piano di appoggio. La reazione
R C viene scomposta nelle due componenti orizzontale R CH (negativa perch orientata nel verso negativo
dellasse x) e verticale R CV (positiva perch orientata nel verso positivo di y). Si applicano le equazioni
di equilibrio 3-1, scrivendo prima MA = 0, quindi Fx = 0 e finalmente Fy = 0 in modo da avere, di volta
in volta, una sola incognita in ciascuna equazione.
A.3-4: R CH = R C cos = R C cos 30 = 0,866 R C
A.3-3: RCV = + R C sen = + R C sen 30 = + 0,5 R C
MA = 0 + (RCV 3 m) (Q 4 m) = 0 + (0,5 R C 3 m) (375 N 4 m) = 0
1 (375 N 4 m)
RC = = + 1000 N R C = 1000 N 30 7
0,5 3m
R CH = 0,866RC = 0,866 (1000 N) = 866 N R CH = 866 N
R CV = + 0,5RC = + 0,5 (1000 N) = + 500 N R CV = 500 N
Fx = 0 HA + 375 N 866 N = 0
HA = 866 N 375 N = + 491 N HA = 491 N
Fy = 0 VA + R CV = 0 VA + 500 N = 0 VA = 500 N
Mentre le reazioni HA ed R C , che sono risultate positive, conservano il verso assunto inizialmente, il segno
meno davanti al numero che misura il valore della reazione verticale della cerniera, indica che (Paragrafo
3.6) occorre rovesciare il verso di VA (Figura 3.14-c):
VA = 500 N
72 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

A.3-2: RA = H A2 + VA2 = ( 491 N) 2 + ( 500 N) 2 = 700,77 N 700 N


VA 500 N
A.3-5: tan = = = 1, 018 = arctg 1,018 = 45,5 45
HA 491 N
R A = 700 N 8 45
Controllo La verifica dei risultati ottenuti pu essere effettuata, prendendo i momenti delle forze
esterne, carico e reazioni, rispetto al punto C:
MC = 0 + (VA 3 m) (Q 4 m) = + (500 N 3 m) (375 N 4 m) = 0 0=0

COMMENTI
Guardando la Figura 3.14-a, si intuisce che il carico Q tende a strappare la cerniera A e a comprimere
il carrello C, e che quindi la reazione R A della cerniera e, pi in particolare, la reazione verticale VA
devono essere orientate verso il basso (Figura 3.14-c) e non verso lalto.

Esempio 3. 7 Carico concentrato applicato ad una gru


Una gru fissa (Figura 3.15-a), avente una massa di 1020 kg, vincolata in A con una cerniera e in B con
un carrello; essa viene utilizzata per sollevare una cassa avente una massa di 2549 kg. Moltiplicando le
masse della gru e della cassa per laccelerazione di gravit 9,81 m/s2 si ottengono (1-10 ) la forza peso
P1 = 1020 kg 9,81 m/s 2 = 10 kN e la forza peso P2 = 2549 kg 9,81 m/s 2 = 25 kN : queste forze
rappresentano due carichi concentrati, applicati il primo nel punto G, baricentro della gru (Capitolo 4),
e il secondo nel punto C. Determinare la reazione R A della cerniera, sulla base delle due componenti oriz-
zontale HA e verticale VA, e la reazione R B del carrello.

SOLUZIONE
Si traccia il diagramma di corpo libero (Figura 3.15-b) in cui sono evidenziate le due componenti oriz-
zontale HA e verticale VA della reazione della cerniera R A, della quale non nota la direzione, e la rea-
zione R C del carrello, orizzontale perch perpendicolare alla parete; come verso delle reazioni, si assume
quello coincidente con il verso positivo degli assi x e y. Le equazioni di equilibrio sono le 3-1; si scrive
prima MA = 0, quindi Fx = 0 e finalmente Fy = 0 in modo da avere, di volta in volta, una sola inco-
gnita in ciascuna equazione:
MA = 0 + (RB 1,5 m) (P1 2 m) (P2 6 m) = 0
R B 1,5 m = 10 kN 2 m + 25 kN 6 m
20 kNm + 150 kNm
RB = = + 113,3 kN R B = 113,3 kN
1,5 m
Fx = 0 HA + R B = 0 HA + 113,3 kN = 0 HA = 113,3 kN
Il risultato negativo di questa reazione indica che il verso di HA opposto a quello che stato ipotizzato
allinizio (Figura 3.15-c):
HA = 113,3 kN
Fy = 0 VA 10 kN 25 kN = 0 VA = + 35 kN VA = 35 kN

A.3-2: RA = H A2 + VA2 = (113,3 kN) 2 + ( 35 kN) 2 = 118,6 kN


VA 35 kN
A.3-5: tan = = = 0,3089 = arctg 0,3089 = 17,2
HA 113,3 kN
R A = 118,6 kN 17,2 7
3.6. DETERMINAZIONE DELLE REAZIONI VINCOLARI 73

a C

A G

2549 k g
1,5 m

2m 4m

y C
b
x

VA
P2 = 25 kN
HA A G

P1 = 10 kN
RB

B 2m 4m

C
c

RA = 118,6 kN VA = 35 kN P2 = 25 kN
= 17,2 A G

HA = 113,3 kN

P1 = 10 kN
R B = 113,3 kN
B 2m 4m

Fig. 3.15 - Gru trattata nellEsempio 3.7. a) Condizioni di carico e di vincolo. b) Diagramma di corpo
libero. c) Valore delle reazioni con indicato il verso corretto.

Controllo Il momento di tutte le forze esterne rispetto ad un qualsiasi punto deve essere uguale a zero;
preso, ad esempio il punto B, si ha (Figura 3.15-c):
MB = 0 + (HA 1,5 m) (P1 2 m) (P2 6 m) = 0
113,3 kN 1,5 m 10 kN 2 m 25 kN 6 m = 0
170 kNm 20 kNm 150 kNm = 0 0=0
74 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

Esempio 3. 8 Trave incastrata


La trave a mensola, incastrata in A, di lunghezza L = 4,5
a a = 3,3 m
m della Figura 3.16-a soggetta al carico di intensit
w = 4 kN/m P w = 4 kN/m distribuito uniformemente sulla lunghezza
= 30 l = 2 m, al carico concentrato P = 6 kN 6 30 e alla cop-
pia di momento M L = 2,1 kNm . Determinare le rea-
A B zioni HA e VA ed il momento di incastro M i .
l=2m ML
L = 4,5 m
SOLUZIONE
b Si traccia il diagramma di corpo libero (Figura 3.16-b) in
y
cui vengono evidenziate le reazioni dellincastro compo-
x l/2 = 1 m ste (Figura 3.16-c) dalla forza orizzontale HA, dalla forza
W
verticale VA e dalla coppia di momento M i: si fa lipotesi
PV
HA A PH B che le due reazioni HA e VA siano orientate nel verso posi-
tivo degli assi, mentre il senso di rotazione di M i sia antio-
VA rario. Sono anche riportati i carichi applicati alla mensola:
Mi a = 3,3 m ML
coppia di momento M L = 2,1 kNm ,
L = 4,5 m
carico concentrato verticale (3-4)
Fig. 3.16 - Trave incastrata trattata nellEsempio 3.8. W = wl = 4 kN/m 2 m = 8 kN applicato alla distanza
a) Condizioni di carico.
l /2 = 2 m/2 = 1 m dallincastro A,
b) Diagramma di corpo libero. componente orizzontale PH e componente verticale PV
del carico concentrato P = 6 kN 6 30; queste compo-
nenti, ambedue negative perch orientate nel verso
negativo degli assi x e y, valgono:
A.3-4: PH = P cos = 6 kN cos 30 = 5,196 kN 5,2 kN PH = 5,2 kN
A.3-3: PV = P sen = 6 kN sen 30 = 3 kN PV = 3 kN
Fx = 0 HA 5,2 kN = 0 HA = + 5,2 kN HA = 5,2 kN
Fy = 0 VA 8 kN 3 kN = 0 VA = + 11 kN VA = 11 kN
MA = 0 + M i W (l /2) PV a ML = 0 M i = W (l /2) + PV a + ML
M i = 8 kN 1 m + 3 kN 3,3 m + 2,1 kNm = + 20 kNm M i = 20 kNm
Le reazioni HA e VA come pure il momento di incastro Mi sono risultati positivi; essi conservano perci
il verso e il senso di rotazione che erano stati assunti allinizio.

Controllo I risultati ottenuti vengono verificati prendendo il momento delle forze esterne (carichi pi
reazioni) rispetto al punto B:
M B = 0 + M i VA L + W ( L l /2) + PV ( L a) ML = 0
+ 20 kNm 11 kN 4,5 m + 8 kN 3,5 m + 3 kN 1,2 m 2,1 kNm = 0 0=0

Esempio 3. 9 Assi inclinati


Un carrello di una miniera (Figura 3.17-a) del peso P = 30 kN , applicato nel punto G in mezzo ai due
assi A e B, viene fatto scorrere, mediante un cavo su un binario, inclinato dellangolo = 30 rispetto alla
verticale. Determinare la forza T, che agisce lungo il cavo, e le reazioni R A ed R B di ciascun paio di ruote
del carrello.
3.7. SOMMARIO 75

a
SOLUZIONE
Per comodit, si fissa (Figura 3.17-b) un sistema di assi x e y, diretti
mm rispettivamente secondo il binario e secondo la normale al binario. Nel
600 diagramma di corpo libero sono evidenziate le reazioni dei vincoli con
il verso scelto: la tensione T, diretta lungo il cavo, e le reazioni R A ed
R B , perpendicolari al terreno. Si risolve la forza peso P (applicata in
= 30 G al carrello) nelle due componenti Px e Py ; si applicano le equazioni
G di equilibrio 3-2, avendo lavvertenza di scrivere prima le due equa-
zioni dei momenti in modo da avere sempre una sola incognita in
650 mm ogni equazione.

650 mm A.3-4: Px = + P cos = + 30 kN cos 30 = + 25,98 kN + 26 kN


P = 30 kN Px = 26 kN 1

A.3-3: Py = P sen = 30 kN sen 30 = 15 kN


Py = 15 kN 4
b
MA = 0 (15 kN 0,65 m) (26 kN 0,15 m) +
T
+ R B (0,65 m + 0,65 m) = 0
y

mm 9,75 kNm + 3,9 kNm


600 RB = = + 10,5 kN R B = 10,5 kN 2
1,3 m
x

A
MB = 0 [RA (0,65 m + 0,65 m)] +
G
RA = 30 + (15 kN 0,65 m) (26 kN 0,15 m) = 0
Py
650 mm 9,75 kNm 3,9 kNm
B Px RA = = + 4,5 kN R A = 4,5 kN 2
1,3 m
650 mm 150 mm
Fx = 0 T + 26 kN = 0 T = + 26 kN
RB
P = 30 kN
T = 26 kN 3
Fig. 3.17 - Carrello trattato nellEsempio 3.9.
Controllo La verifica viene fatta scrivendo lequazione Fy = 0 che
a) Condizioni di carico e di vincolo.
non stata utilizzata sopra:
b) Diagramma di corpo libero.
Fy = 0 + 4,5 kN 15 kN + 10,5 kN = 0 0=0

3. 7 SOMMARIO
Il corpo rigido in equilibrio quando la somma delle forze e la somma dei momenti delle forze
rispetto ad O del sistema sono ambedue uguali a zero. Nel caso di un corpo rigido bidimen-
sionale (o piano) si hanno due equazioni di equilibrio alla traslazione e una alla rotazione:

F x =0 F y =0 M O =0

Con il diagramma di corpo libero si rappresenta la struttura completamente isolata, dopo averla
staccata dal terreno e separata da ogni altro corpo, soggetta a tutte quelle forze esterne (carichi
e reazioni) che il terreno e i corpi che sono stati separati esercitano sulla struttura. Una strut-
tura tipica la trave piana ad asse rettilineo, il cui asse contenuto nel piano della figura.
Il corpo rigido, libero di muoversi, ha tre possibilit di movimento: le due traslazioni generate
dalle componenti delle forze secondo i due assi x e y, e la rotazione attorno allasse z normale
76 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

al piano x-y e passante per lorigine O degli assi x e y. Queste tre possibilit di movimento costi-
tuiscono i tre gradi di libert del corpo rigido nel piano. Volendosi realizzare lequilibrio del
corpo rigido, occorre sopprimere i tre gradi di libert del corpo rigido introducendo dei vincoli
che lo colleghino alle altri parti della struttura oppure al terreno in modo tale che il corpo non
abbia pi alcuna possibilit di movimento. I vincoli pi usati sono il carrello, la cerniera e lin-
castro che sopprimono rispettivamente uno, due e tre gradi di libert.
Sono in equilibrio quelle strutture nelle quali ogni elemento, attraverso le reazioni esercitate dai
vincoli, risulta bloccato nei riguardi di qualunque moto rigido. Le reazioni suscitate dal vincolo
si determinano attraverso le tre equazioni di equilibrio. Si possono presentare tre casi:
a) le incognite introdotte dalle reazioni dei vincoli sono meno di 3. Il problema impossibile
in quanto tre sono i gradi di libert del corpo rigido e la struttura si dice labile;
b) le incognite introdotte dalle reazioni dei vincoli sono tre. La struttura, che risulta staticamente
determinata, isostatica;
c) le incognite introdotte dalle reazioni dei vincoli sono pi di tre. Essendo i vincoli sovrab-
bondanti rispetto ai tre gradi di libert della struttura, esistono infinite soluzioni equilibrate
e la struttura si dice iperstatica.

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

3.1 Determinare le reazioni RA ed RB della trave sem-


1,5 m
plicemente appoggiata della Figura 3.18 soggetta ad un
sistema di forze parallele concordi. w

RA = 7,75 kN ; RB = 4,25 kN
A B

6 kN
4 kN 4m 1m

2 kN
Fig. 3.19 - Trave con carico distribuito dellEsercizio 3.2.
A B

8 kN
6 kN 6 kN
1 m 2m 3m 2m
4 kN
2 kN

Fig. 3.18 - Trave trattata nellEsercizio 3.1.


A B

3.2 Calcolare le reazioni RA ed RB della trave della 1,5 m 1,5 m 2m 1,5 m 1 m 2m


Figura 3.19 soggetta al carico distribuito di intensit
w = 1,4 kN/m. Fig. 3.20 - Trave trattata nellEsercizio 3.3.

RA = 0,13 kN ; RB = 2,23 kN
3.4 Determinare la reazione RA del carrello A, le
reazioni RC ed MC dellincastro C e lintensit RB della rea-
3.3 Determinare le reazioni RA ed RB della trave sem- zione che le due travi della struttura composta di Figura
plicemente appoggiata della Figura 3.20 soggetta ad un 3.21, soggetta al carico P = 40 kN , si scambiano attra-
sistema di forze parallele discordi. verso la cerniera B.
RA = 20 kN ; RC = 20 kN ;
RA = 0,67 kN ; RB = 13,33 kN MC = 60 kNm ; RB = 20 kN
ESERCIZI PROPOSTI 77

a C F1
P = 40 kN
A B C

1,5 m
F2
RB

1m
RA
5m 3m VA
B
HA A F3 F4
b P = 40 kN
A B 1,5 m 1,5 m 1,5 m
RA RB
RB Fig. 3.23 - Struttura con cerniera e carrello dellEsercizio 3.6.
C

RC
FC
MC
A = 18 C B
Fig. 3.21 - Trave trattata nellEsercizio 3.4.
a) Condizioni di carico e di vincolo.
b) Diagramma di corpo libero della struttura smembrata in due
travi. 4m 2m

Fig. 3.24 - Trave dellEsercizio 3.7.


3.5 Determinare le reazioni RA ed RB della trave sem-
plicemente appoggiata della Figura 3.22 soggetta alle
due forze parallele concordi P1 = 1 kN e P2 = 4 kN , 3.8 Determinare la reazione del carrello RA e la rea-
delle quali una a sbalzo. zione della cerniera RB (sulla base delle componenti HB e
VB) della gru, mostrata nella Figura 3.25, soggetta alle
RA = 2,5 kN ; RB = 7,5 kN forze P1 = 2 kN , P2 = 2 kN e P3 = 1 kN .
RA = 6 kN ; HB = 6 kN ;
VB = 5 kN ; RB = 7,81 kN 6 39,8
RB

1m 1m 1m
A
A B
P1 = 1 kN
RA

P2 = 4 kN
1,5 m
2m 2m 3m

Fig. 3.22 - Trave semplicemente appoggiata dellEsercizio 3.5.


B

3.6 Determinare la reazione RA della cerniera, sulla


base delle componenti HA e VA, e la reazione del carrello 1m 1m 1m
R B della trave della Figura 3.23 soggetta alle forze RA A
F1 = 1,5 kN , F2 = 1 kN , F3 = 1 kN ed F4 = 2 kN .
P3
P1 RB
HA = 2,5 kN ; VA = 0,28 kN ; VB P2
RA = 2,52 kN 6,4 7; RB = 2,72 kN 1,5 m

3.7 Trovare le reazioni RA ed RB della trave della


Figura 3.24 e caricata dalla forza FC = 20 kN 18 7. B HB

RA = 19,13 kN 8 6,15; RB = 4,12 kN Fig. 3.25 - Gru con cerniera e carrello trattata nellEsercizio 3.8.
78 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

3.9 Calcolare le reazioni RA ed RB della trave della


a 3,6 m
Figura 3.26 con cerniera e carrello caricata con una forza
verticale di 300 N e con una coppia di 50 Nm. A

RA = 250 N ; RB = 50 N 2,4 kN
2,7 m

C
300 N B D

2,7 m
0,5 m 0,6 m

E F
A B

50 N m
4,8 m
2m

b 3,6 m
Fig. 3.26 - Trave con cerniera e carrello dellEsercizio 3.9. A y

2,4 kN x
2,7 m

3.10 Calcolare le reazioni RA e RB della trave sem- C


plicemente appoggiata della Figura 3.27 soggetta ad un B D
carico concentrato verticale di 20 kN e ad un carico
uniformemente distribuito su un tratto a sbalzo lungo 5 m 2,7 m
avente unintensit pari a 4 kN/m.
HE
RA = 35 kN ; RB = 5 kN E F
VE RF

4,8 m
20 kN

c 2,4 m 1,2 m

2,4 kN
4 kN/m VB VC

D
HB B C HC
A B
VA
A HA
5m 5m 5m A
HA
VA
2,7 m
2,4 m
Fig. 3.27 - Trave con carico distribuito a sbalzo dellEsercizio 3.10. VB
HB C
B
HC
VC
3.11 Risolvere la struttura isostatica composta vin-
2,7 m
colata con cerniera in E e carrello in F della Figura 3.28,
calcolando dapprima le reazioni RF, VE ed HE e quindi le
forze VC e VB (membro BCD), HB, HA e VA (membro ABE) E F
e infine HC (ancora membro BCD) che si trasmettono VE = 0,6 kN R F = 1,8 kN
attraverso i vincoli interni. Da ultimo, si effettui il con-
trollo dei risultati verificando, attraverso il momento Fig. 3.28 - Struttura rigida trattata nellEsercizio 3.11.
rispetto a C, che il membro ACF in equilibrio. a) Condizioni di carico e di vincolo.
b) Diagramma di corpo libero della struttura nel suo insieme.
RF = 1,8 kN ; VE = 0,6 kN ; HE = 0; VC = + 3,6 kN; c) Diagramma di corpo libero di ciascuno dei tre elementi della
VB = + 1,2 kN; HB = HA = 0; VA = + 1,8 kN; HC = 0 struttura.
ESERCIZI PROPOSTI 79

3.12 Ciascuna trave della struttura isostatica a tre carrello G della trave intermedia, cambiata di segno,
travi della Figura 3.29 lunga L = 4 m. La trave superiore diventer il carico applicato sulla trave inferiore DE; alla
soggetta ai carichi P1 = 24 kN e P2 = 48 kN . La strut- fine, ricomporre la struttura verificando, attraverso il dia-
tura vincolata con tre cerniere in A, B e D ed un carrello gramma di corpo libero complessivo, che si annullino le
in E. Determinare le reazioni dei vincoli esterni nonch le forze presenti in F e G.
forze che si trasmettono attraverso gli appoggi interni F e
HA = HB = HD = 0; VA = 8 kN ; VB = 20 kN ;
G. Risolvere dapprima la trave superiore AC, la reazione
VD = 45 kN ; RE = 15 kN ;
presente in F diventa, cambiata di segno, carico applicato
VF = 80 kN ; VG = 60 kN
alla trave intermedia GB; analogamente la reazione del

a P2 = 48 kN e 48 kN
24 kN
P1 = 24 kN A C
L L L
2 4 4 8 kN 80 kN
A C
F
B F
G
D E
80 kN

L 3 60 kN 30 kN
L
4 4
L=4m L
4 G

b P2 = 48 kN 60 kN

P1 = 24 kN D E
L L
HA A 2 2 15 kN
45 kN
C
VA 3 VF
L
4

c L VF 3 48 kN
L f 24 kN
4 4
B
G A C
HB F
VG VB 8 kN
B
G
D E 30 kN
d VG
L 3
L 15 kN
4 4 45 kN
D
E
HD
VD RE

Fig. 3.29 - a) Struttura a pi elementi dellEsercizio 3.12; i rulli F e G sono gli appoggi interni (cio i carrelli) che permettono di trasferire i cari-
chi al resto della struttura.
b) Diagramma di corpo libero della trave superiore.
c) Diagramma di corpo libero della trave centrale.
d) Diagramma di corpo libero della trave inferiore.
e) Intensit delle forze esterne ed interne; sono stati isolati i due appoggi interni F e G su cui agiscono le forze uguali ed opposte provenienti
dalle travi confinanti.
f) Controllo dei risultati con la struttura soggetta alle forze esterne (carichi e reazioni vincolari).
80 CAPITOLO 3. LEQUILIBRIO STATICO

3.13 La trave della Figura 3.30 lunga L = 8 m ed


soggetta ai carichi concentrati P1 = 2134 N , P2 = 2000 N
e P3 = 1000 N 60 9 ed alle coppie di estremit di momento
M1 = 2000 Nm ed M2 = 2536 Nm . Dopo aver calcolato
le componenti orizzontale P3H e verticale P3V di P3, deter-
minare le reazioni della cerniera HA e VA e la reazione RB 250 N
del carrello.

P3H = 500 N ; P3V = 866 N ; HA = 500 N ;


VA = 2500 N ; RB = 2500 N
60 N

a P1 P2
P3

A 60 B

M1 M2

2m 3m 1m 2m
a a 700 mm
L=8m a = 150 mm

Fig. 3.32 - Carriola dellEsercizio 3.15 con applicate le due forze di


b P1 P2
P3 60 N e 250 N.

HA A 60 B
3.16 Nel gioco dellaltalena, una trave labile
M1 M2 intorno ad una sola cerniera. Dalla parte sinistra dellal-
VA RB talena, ed alla distanza di 1,2 m dalla cerniera, seduta
una bambina del peso di 240 N. Calcolare la distanza d
Fig. 3.30 - Trave con cerniera e carrello trattata nellEsercizio 3.13. dalla cerniera alla quale potr sedere, dalla parte destra,
una seconda bambina pesante 180 N.
d = 1,6 m
3.14 Determinare le reazioni della cerniera HA e VA
e la reazione del carrello RB di una trave (Figura 3.31) 3.17 Ad una trave sostenuta dai due cavi passanti
lunga L = 5 m a cui applicata la coppia di momento per A e per B (Figura 3.33) sono applicati due carichi ver-
M = 50 kNm . ticali: uno noto pari a 7,5 kN e laltro P incognito.
Determinare lintervallo di valori che pu assumere P in
HA = 0; VA = 10 kN ; RB = 10 kN modo che il cavo passante per B non diventi lasco (RB 0)
oppure non superi la forza di 12 kN (RB 12 kN), che
costituisce il valore massimo sopportabile dal cavo.
A B
1,25 kN < P < 10,25 kN
HA

1,8 m
VA RB
L

Fig. 3.31 - Trave soggetta ad una coppia distante 1,8 m da A; osser- 7,5 kN P
vare come il risultato dellEsercizio 3.14 dia una reazione VA di
verso opposto a quanto assunto sul disegno in modo da generare,
insieme ad RB, una rotazione antioraria che equilibra la coppia.

A B
3.15 Quale forza deve esercitare con ciascuna mano 0,5 m 2,25 m 0,75 m
una donna per trasportare con la carriola della Figura 3.32
un sacco di fertilizzante? Fig. 3.33 - Valutazione dellintervallo di valori che rende sicura
42 N lapplicazione di un dato carico (Esercizio 3.17 ).
ESERCIZI PROPOSTI 81

3.18 La trave della Figura 3.34 lunga L = 3 m ed


soggetta ad un carico distribuito di intensit w = 30 kN/m, 12 kN/m
ad un carico concentrato P = 40 kN e a due coppie di
250 kNm
estremit di momento M1 = 34 kNm ed M2 = 39,8 kNm .
Determinare le reazioni della cerniera HA e VA e la rea- A B
zione del carrello RB. L=6m

HA = 0; VA = 59,1 kN ; RB = 70,9 kN
Fig. 3.35 - Mensola trattata nellEsercizio 3.19.

3.20 Calcolare le reazioni orizzontale e verticale HA


w e VA e il momento di incastro MA della mensola, lunga
L = 4 m, soggetta al carico concentrato P = 40 N appli-
M1 M2 cato alla distanza di 3 m dallincastro.
A B
HA = 0; VA = 40 kN ; MA = 120 kNm
1,8 m 1,2 m
L=3m
P
Fig. 3.34 - Trave con cerniera e carrello dellEsercizio 3.18. 3m

3.19 La mensola della Figura 3.35 soggetta ad un HA A B


carico uniformemente distribuito di intensit pari a Mi
L
12 kN/m su tutta la sua lunghezza L = 6 m e ad una cop- VA
pia antioraria allestremo libero di momento pari a
250 kNm. Dopo aver sostituito al carico distribuito il
carico totale W applicato a met trave, calcolare le reazioni
orizzontale e verticale HA e VA e il momento di incastro MA.
Fig. 3.36 - Mensola con carico concentrato trattata nellEserci-
W = 72 kN ; HA = 0; VA = 72 kN ; MA = 34 kNm zio 3.20.
Capitolo 4
BARICENTRO,
MOMENTI STATICI E
MOMENTI DI INERZIA

4. 1 BARICENTRO E MOMENTI STATICI


Lazione esercitata dalla gravit su un corpo rigido (Figura 4.1)
dovrebbe venire rappresentata da un gran numero di piccole forze
P1 P2 peso P1, P2, P3 , , Pn, dirette verso il centro della terra e
G quindi, praticamente, parallele tra loro; tutte queste piccole forze Pi
P3 possono venire sostituite da ununica forza peso equivalente P,
P4
P5 Pn avente:
per direzione la loro stessa direzione,
P come intensit la somma delle forze elementari (P = Pi ),
come punto di applicazione il baricentro di coordinate x e y
(Figura 4.2).
Fig. 4.1 - La forza peso P di un corpo la
risultante delle forze peso elementari Pi
Tutti i corpi, e quindi anche le lastre (Figura 4.2) e i fili (Figura 4.3),
che agiscono sulle masse dei singoli ele- hanno un baricentro.
menti in cui si pu immaginare scomposto
Essendo in un dato luogo costante laccelerazione di gravit g, la
il corpo solido; il baricentro G il punto di
applicazione di questa risultante. forza peso P risulta proporzionale alla massa m (1-10: P = mg); il
peso di ciascun elemento di un corpo, ad esempio la lastra della

z z

y y

P Pi
xi Ai
x
G s yi s
O y O
x x

Fig. 4.2-a - Le coordinate x e y del baricentro G di una lastra (disegno di sinistra) si ottengono scrivendo che,
per il teorema di Varignon (2-3), i momenti di P rispetto agli assi y e x sono uguali alla somma dei corrispon-
denti momenti delle forze peso elementari Pi rispetto agli stessi assi:

(P x ) x = P
( Pi xi )
M : y P x = P1 x1 + P2 x2 + P3 x3 + + Pn xn = i i

M : x P y = P1 y1 + P2 y2 + P3 y3 + + Pn yn = ( P y ) y =
i i
(P y ) i i

P
4.1. BARICENTRO E MOMENTI STATICI 83

Figura 4.2-a, pu allora venire conside-


rato in funzione della massa dellelemento
A B stesso che origina quella data forza peso.
Come prima la risultante di tutti i vettori
A che esprimevano le forze peso elementari
B G aveva come punto di applicazione il bari-
centro del corpo, adesso la risultante di
tutti i vettori funzioni delle masse elemen-
tari avr ancora lo stesso punto di applica-
Fig. 4.2-b - Determinazione sperimentale del baricentro. Il corpo viene zione che rappresenta per il centro delle
sospeso al punto A generico: si raggiunger lequilibrio quando i momenti masse (o centro di massa) che, con la loro
delle particelle costituenti il corpo generano un momento orario che distribuzione continua, tutte insieme costi-
bilancia esattamente quelle che provocano un momento antiorario; quando tuiscono la lastra. Il centro di massa coin-
ci avviene il baricentro giace lungo la verticale passante per A. Se il cide perci con il baricentro del corpo e,
corpo viene sospeso ad un altro punto B, in condizioni di equilibrio il bari-
centro si trover lungo la verticale passante per B. Lintersezione delle
per semplicit, si user ancora nel seguito
linee passanti per A e per B individua la posizione del baricentro G. il termine di baricentro anche per indicare
il centro di un sistema di masse4.1.

La massa m [kg] il prodotto della massa volumica [kg/m3] per il volume V [m3] del corpo, volume
che a sua volta si ottiene moltiplicando larea A [m2] per lo spessore s [m]: m = V = (As) = sA.
Si consideri ancora la lastra della Figura 4.2-a; si assume che questa lastra sia omogenea: abbia
cio in ciascuno dei suoi punti la medesima costituzione ed una struttura uniforme in modo tale
che siano costanti la massa volumica e lo spessore s. Essendo costanti la massa volumica
e lo spessore s, la massa di ciascun elemento della lastra risulta proporzionale a ciascuna area
elementare: ciascun elemento della piastra non viene pi considerato per la forza peso originata
dalla massa dellelemento ma per la sua area. Come prima la risultante di tutti i vettori che espri-
mevano le forze peso elementari aveva come punto di applicazione il baricentro di un corpo

z z

y y

P Pi
xi
x
G yi
O y O
x x

Fig. 4.3 - Baricentro di un filo; le coordinate del baricentro si calcolano dividendo il filo in tanti elementi (tron-
chetti elementari): nel disegno di destra stato indicato il generico tratto di filo di coordinate xi ed yi, sul quale
si esercita la forza Pi.

4.1 - Il termine centro di massa (in delle forze esercitate dalla gravit su una linea oppure una superficie oppure
inglese center of mass) fa riferimento quel corpo. Nel caso in cui il campo un volume, in italiano si fa ancora uso
al centro relativo alla distribuzione gravitazionale sia uniforme e parallelo, del termine baricentro, mentre in inglese
della massa in un corpo, mentre il ter- il baricentro indipendente dallorien- si preferisce usare la parola centroid
mine baricentro (in inglese center of tamento del corpo ed ha la stessa posi- (che si potrebbe tradurre in italiano
gravity o centro di gravit) indica il zione del centro di massa. Passando come centroide) anzich center of
punto di applicazione della risultante poi ad una figura geometrica, sia questa gravity.
84 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

rigido (la lastra), adesso la risultante di tutti i vettori funzioni delle aree elementari avr ancora
lo stesso punto di applicazione che rappresenta per il baricentro di unarea: al posto del peso
P oppure della massa m del corpo rigido si considera la figura geometrica di area A. Questo
ragionamento pu essere esteso anche alla linea L, schematizzazione del filo omogeneo di
sezione trasversale uniforme rappresentato nella Figura 4.34.2.

Se unarea A (oppure una linea L) possiede unasse di


a simmetria, il suo baricentro G si trova su quellasse
P B
(Figura 4.4). Se poi una superficie (oppure una linea)
possiede due assi di simmetria, il suo baricentro G
coincide con il punto di intersezione dei due assi di
P
simmetria (Figura 4.5). Questa propriet consente di
B
individuare immediatamente il baricentro di super-

b y
a b
x x
G
A A G
G
A
O x

Fig. 4.5 - Il baricentro G di figure geometriche aventi due


Fig. 4.4 - Determinazione del baricentro di una superficie assi di simmetria cade nellintersezione dei due assi di sim-
simmetrica di area A. metria.
a) Superficie simmetrica rispetto allasse BB. a) Triangolo equilatero.
b) Superficie simmetrica rispetto allasse y. b) Sezione ad I.

y fici come cerchi, ellissi, quadrati, rettangoli, triangoli


x equilateri nonch il baricentro di linee come la cir-
conferenza di un cerchio, il perimetro di un quadrato,
A A ecc. Se una superficie simmetrica rispetto ad un
centro O (Figura 4.6) il baricentro G della superficie
y coincide con il centro di simmetria O (O G)4.3.
Al concetto di baricentro di una figura geometrica, sia
x
OG questa una linea o una superficie oppure un volume,
y associato il concetto di momento statico o
momento primo di quella figura geometrica rispetto
A ad un asse. Preso infatti lasse x, il momento statico
Fig. 4.6 - Figura di area A
Sx la sommatoria dei prodotti delle varie aree ele-
x
simmetrica rispetto ad un
centro O. mentari Ai, in cui si pu immaginare scomposta una
data superficie ( Figura 4.7 ), per le rispettive

4.2 - Le coordinate x e y del bari- 4.3 - Una figura che possiede un centro 4.5-a). Tuttavia se una figura possiede
centro, larea della superficie oppure la di simmetria non necessariamente pos- due assi di simmetria perpendicolari
lunghezza della linea delle figure geo- siede un asse di simmetria (Figura 4.6), luno allaltro, il punto di intersezione di
metriche, che si incontrano pi fre - mentre una figura che possiede due assi questi assi sar un centro di simmetria
quentemente nelle applicazioni, sono di simmetria non necessariamente pos- (Figura 4.5-b).
riportate nella Tabella VI a pag. 492. siede un centro di simmetria (Figura
4.1. BARICENTRO E MOMENTI STATICI 85

distanze yi dallasse x: Sx = (Aiyi), termine che figura al numeratore della formula che d la
coordinata del baricentro x (didascalia di Figura 4.2), qualora si sostituisca al peso larea. Le
coordinate del baricentro di una figura geometrica di area A sono allora date da:

x =
A1 x1 + A2 x2 + + An xn
=
(A x ) = S
i i y

A1 + A2 + + An A A
4-1

y =
A1 y1 + A2 y2 + + An yn
=
(A y ) = S
i i
x
A1 + A2 + + An A A

Qualora siano note le coordinate del bari-


y centro di unarea, le equazioni 4-1 possono
A2 essere invertite per il calcolo dei momenti
A1 A3
statici di tale area rispetto ad un asse qual-
y1 y2 y3 siasi. Essendo il prodotto di unarea [mm2]
y5 x
per una lunghezza [mm], il momento statico
y4 y6 si misura in mm3. Il momento statico pu
A5 risultare sia positivo che negativo in fun-
A6
A4 zione del valore positivo oppure negativo
che la distanza dellarea considerata assume
Fig. 4.7 - Il momento statico Sx della superficie di area A rispetto allasse rispetto allasse di riferimento (Figura 4.7).
x la somma dei prodotti delle diverse aree elementari A1, A2, A3,
, A6 per le rispettive distanze y1, y2, y3 , , y6 dallasse x; esso
pu perci assumere valori positivi oppure negativi a seconda che pre-
valgano i prodotti Aiyi positivi oppure i prodotti Aiyi negativi.

Esempio 4.1 Baricentro di un sistema di masse


Determinare le coordinate x ed y del baricentro G del sistema di masse costituito da una sfera di massa
m1 = 10 kg e da due barre uniformi di massa m2 = 6 kg ed m3 = 4 kg (Figura 4.8 ).

y
x = 1,55 m
2m
3m
G2 G1
m1 = 10 kg
m2 = 6 kg x
1m G y = 0,2 m
2m m3 = 4 kg G3

1,5 m 1,5 m 1m

Fig. 4.8 - Sistema di masse trattato nellEsempio 4.1.

SOLUZIONE
Prima si scrivono le equazioni 4-1 in funzione delle masse elementari mi al posto delle aree elementari
Ai; si sostituiscono poi alle masse elementari mi, le masse m1, m2 ed m3 concentrate nei rispettivi bari-
86 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

centri di coordinate x1 y1 , x2 y2 e x3 y3 . Si fissi lorigine degli assi x ed y nel centro della sfera. Il centro
della sfera anche il suo baricentro G1 poich la sfera una figura simmetrica rispetto ad un centro.
Essendo le barre uniformi, i baricentri G2 e G3 delle due barre cadono nel mezzo di ciascuna barra.

Corpo Massa Coordinate del baricentro


i mi [kg] x [m] y [m]
1 10 0 0
2 6 2,5 0
3 4 4 1

m1 x1 + m2 x2 + m3 x3 10 kg 0 + 6 kg ( 2, 5 m) + 4 kg ( 4 m)
x = = = 1, 55 m
m1 + m2 + m3 10 kg + 6 kg + 4 kg

m1 y1 + m2 y2 + m3 y3 10 kg 0 + 6 kg 0 + 4 kg ( 1 m)
y = = = 0, 2 m
m1 + m2 + m3 10 kg + 6 kg + 4 kg

COMMENTI
I corpi dellEsempio vanno considerati nello spazio in quanto sia la sfera che le due barre hanno anche
una dimensione lungo il terzo asse z. Essendo tuttavia tali corpi simmetrici rispetto allasse z, la terza coor-
dinata z del baricentro G del sistema di masse sar nulla per simmetria.

Esempio 4.2 Baricentro di una sezione a C


Determinare le coordinate x ed y del baricentro della trave con sezione traversale a C illustrata nella
Figura 4.9-a.

a y b c y y
175 mm
G1 200 mm 150 mm
50 mm
600 mm

G3
Gp Gv
50 mm
G2
50 mm
x 25 mm x x
350 mm
200 mm 150 mm

Fig. 4.9 - Trave con sezione trasversale a C trattata nellEsempio 4.2.


a) Dati dellEsempio.
b) Posizione dei baricentri dei tre rettangoli che compongono la sezione a C.
c) Soluzione alternativa come differenza tra un rettangolo pieno di area Ap e un rettangolo vuoto di area Av.
4.2. TEOREMI DI PAPPO-GULDINO 87

SOLUZIONE
Essendo la figura simmetrica rispetto ad un asse parallelo ad x e passante a met dellaltezza del rettan-
golo di sinistra (Figura 4.9-a), lordinata del baricentro G vale:
y = 300 m
Lascissa x si determina con la prima delle 4-1: x = ( S y / A). Il momento statico Sy , rispetto allasse y,
si calcola con il metodo delle parti composte. Con
questo metodo, al posto delle aree elementari A1, A2, , A n che figurano nelle 4-1, si considerano
le aree A1, A2 , , An (la cui somma d larea A totale della superficie composta) concentrate nel proprio
baricentro di coordinate x1 y1 , x2 y2 , , x n y n . Nel caso dellEsempio la sezione a C si pu considerare
composta da tre rettangoli aventi i baricentri G1, G2 e G3
(Figure 4.9-a e 4.9-b):
Rettangolo 1: Base = 350 mm 50 mm = 300 mm Altezza = 50 mm
Rettangolo 2: Base = 350 mm 50 mm = 300 mm Altezza = 50 mm
Rettangolo 3: Base = 50 mm Altezza = 600 mm

Parte Ai [mm2 ] xi [mm] Ai xi [mm 3 ]


Rettangolo 1 + 15.000 + 200 + 3.000.000
Rettangolo 2 + 15.000 + 200 + 3.000.000
Rettangolo 3 + 30.000 + 25 + 750.000
SOMMATORIA 60.000 + 6.750.000

Sy + 6.750.000 mm 3
S y = ( Ai xi ) = + 6.750.000 mm 3 x = = = + 112,5 mm
A 60.000 mm 2

COMMENTI
Larea della sezione composta pu essere anche ottenuta come (Figura 4.9-c) differenza tra due rettan-
goli, uno pieno di area Ap ed uno vuoto di area Av (questultima area va quindi considerata negativa), di
dimensioni:
Pieno: Base = 350 mm Altezza = 600 mm
Vuoto: Base = 350 mm 50 mm = 300 mm Altezza = 600 mm 2 50 mm = 500 mm

Parte Ai [mm2] xi [mm] Ai xi [mm 3 ]


Rettangolo pieno + 210.000 + 175 + 36.750.000
Rettangolo vuoto 150.000 + 200 30.000.000
SOMMATORIA 60.000 + 6.750.000

4. 2 TEOREMI DI PAPPO-GULDINO
Il calcolo dellarea di una superficie di rotazione (Figura 4.10-a) oppure il volume di un corpo di
rotazione (Figura 4.10-b) direttamente legato alla determinazione del baricentro della linea e del-
larea usata per generare quella superficie o quel corpo di rotazione; cos possibile calcolare:
nota lordinata y del baricentro, una superficie o un volume di rotazione oppure
noti la superficie o il volume di rotazione, lordinata y del baricentro.
88 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

B B

A C A C A C
Sfera Cono Toro

Fig. 4.10-a - Una superficie di rotazione la superficie che pu essere generata facendo ruotare una linea piana,
detta linea generatrice, attorno ad un asse fisso:
superficie della sfera per rotazione della semicirconferenza ABC attorno al diametro AC;
superficie laterale del cono per rotazione del segmento di retta AB attorno allasse AC;
superficie di un anello per rotazione di una circonferenza attorno ad un asse che non la interseca.

Sfera Cono Toro

Fig. 4.10-b - Un solido di rotazione il volume che pu essere generato facendo ruotare unarea piana, detta
superficie generatrice, attorno ad un asse fisso:
volume della sfera per rotazione del semicerchio;
volume del cono per rotazione del triangolo rettangolo;
volume di un anello per rotazione di un cerchio.

Per il primo teorema di Pappo-Guldino4.4, larea A di una superficie di rotazione uguale al


prodotto della lunghezza L della linea generatrice per la lunghezza 2 y della circonferenza
descritta dal suo baricentro (Figura 4-11-a):

A = L2 y = 2 y L 4-2

y y

Superficie di
rotazione A y
L
y
x

x
z
2 y
Fig. 4-11-a - Primo teorema di Pappo-Guldino.

4.4 - I due teoremi sono attribuiti a Paolo Guldino (1577-1643) ne rivendic Guldino sono immediate facendo uso
Pappo di Alessandria, studioso greco di la paternit, anche se apparentemente degli integrali; per semplicit, in questo
geometria che visse nel terzo secolo gli erano noti i lavori di Pappo. Le dimo- corso vengono omesse.
avanti Cristo. Il matematico svizzero strazioni dei due teoremi di Pappo-
4.2. TEOREMI DI PAPPO-GULDINO 89

Per il secondo teorema di Pappo-Guldino, il volume V di un solido di rotazione uguale al


prodotto dellarea A della superficie generatrice per la lunghezza 2 y della circonferenza
descritta dal suo baricentro (Figura 4.11-b):

V = A2 y = 2 y A 4-3

y y

Volume V
del solido
di rotazione

x
y
A
x z y
2 y

Fig. 4-11-b - Secondo teorema di Pappo-Guldino.

Esempio 4.3 Baricentro di un triangolo rettangolo


Calcolare le coordinate del baricentro del triangolo rettangolo di base b e di altezza h, mostrato nella
Figura 4.12.

a b y
y

G h G h

y = h/3
x x
b x = b/3
b

Fig. 4.12 - Determinazione delle coordinate del baricentro di un triangolo rettangolo.


a) Rotazione attorno allasse x. b) Rotazione attorno allasse y.

SOLUZIONE
Facendo ruotare il triangolo rettangolo (Figura 4.12-a) attorno allasse x si genera un cono il cui volume
V uguale ad 1/3 dellarea del cerchio di base h2 per laltezza del cono b: V = (h2b)/3. Per il secondo
teorema di Pappo-Guldino (4-3) questo volume V pari al prodotto dellarea del triangolo A = (1/2)bh
per la lunghezza della circonferenza descritta dal baricentro:
h 2b
2
V 3 = 1 h b = h
V = 2 yA y = =
2 A bh 3 bh 3
2
2
90 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

Facendo ruotare adesso il triangolo rettangolo (Figura 4.12-b) attorno allasse y si genera un cono il cui
volume V uguale ad 1/3 dellarea del cerchio di base b 2 per laltezza del cono h. Adesso si pone 2 x
come lunghezza della circonferenza descritta dal baricentro poich la rotazione avviene attorno allasse y:
b2h
V 1 b 2 h b
V = 2 xA x = = 3 = =
2A bh 3 bh 3
2
2

COMMENTI
questo un modo non comune per determinare il baricentro di un triangolo in quanto si voluto
mostrare lapplicazione del teorema di Pappo-Guldino. Pi semplicemente il baricentro di un triangolo
il punto di incontro delle tre mediane. Queste infatti dividono il triangolo in aree uguali.

Esempio 4.4 Baricentri di semicerchio e semicirconferenza


Determinare lordinata y r2
del baricentro di: a A= b L = r
2
a) un semicerchio; G
G
y
b) una semicirconferenza. r y r
x x

Fig. 4.13 - Determinazione del baricentro di solidi o superfici generati per rotazione.
a) Semicerchio. b) Semicironferenza.

SOLUZIONE
a) Facendo ruotare attorno allasse x (Figura 4.13-a) il semicerchio di area A = (r2)/2, si genera la sfera
di volume V = (4/3)r3. Per il secondo teorema di Pappo-Guldino (4-3) questo volume V pari al pro-
dotto dellarea A per la lunghezza della circonferenza descritta dal suo baricentro:
4 r 3
V 3 4r
V = 2 yA y = = =
2 A r2 3
2
2
b) Facendo ruotare attorno allasse x (Figura 4.13-b) la semicirconferenza di lunghezza L = r si genera
la sfera avente unarea superficiale A = 4 r 2. Per il primo teorema di Pappo-Guldino (4-2), larea A
pari al prodotto di L per la lunghezza della circonferenza descritta dal suo baricentro:
A 4 r 2 2r
A = 2 yL y = = =
2 L 2 r

4. 3 MOMENTI E RAGGI DI INERZIA


Il momento di inerzia di una superficie rispetto ad un asse la somma dei prodotti delle aree ele-
mentari per il quadrato della distanza da quellasse; ad esempio il momento di inerzia assiale
rispetto a x vale Ix = (Aiy i2 ) con Ai area elementare e yi distanza dallasse x (Figura
4.14-a). In realt, essendo la superficie un sistema continuo, il momento di inerzia va espresso
4.3. MOMENTI E RAGGI DI INERZIA 91

y y
a b
A A
xi Ai x dA

ri yi r y

O x O x

Fig. 4.14 - Momenti di inerzia di una superficie di area A rispetto agli assi coordinati x ed y e rispetto al polo
O. Lasse z (non rappresentato nella figura) lasse passante per lorigine O e perpendicolare al piano x-y.
a) La superficie di area A si considera composta da tanti elementi discreti di area Ai.
b) La superficie di area A viene trattata come un insieme continuo a cui appartiene larea infinitesima dA.

integrando larea infinitesima dA sullintera area A della super-


a y
ficie (Figura 4.14-b); si ottengono cos nel piano x-y i due
momenti di inerzia assiali, Ix rispetto ad x ed Iy rispetto ad y, e
A il momento di inerzia polare JO rispetto al polo O:

O x Ix =
y dA
2
Iy =
x dA
2
JO =
r dA
2
4-4

Essendo per il teorema di Pitagora x2 + y2 = r 2, il momento


y
polare risulta uguale alla somma dei due momenti assiali:
b A
JO = Ix + I y 4-5
x
relazione questa che consente il calcolo del momento polare JO
O x rispetto al punto O quando siano noti i due momenti assiali Ix ed
Iy rispetto ai due assi perpendicolari x ed y passanti per quello
y stesso punto O, origine degli assi coordinati4.5. Il momento di
c y inerzia anche detto momento quadratico in quanto dato da
unarea moltiplicata per il quadrato di una distanza; di conse-
guenza il momento di inerzia di una superficie4.6 risulta sempre
una quantit positiva. Essendo il prodotto di unarea [mm2] per
O x
il quadrato di una lunghezza [mm2], il momento di inerzia si
A misura in mm4.
Si consideri la superficie di area A (Figura 4.15-a) che ha i
y
d A momenti di inerzia assiali Ix ed Iy e polare JO. Si immagini di
concentrare tutta larea A in una sottilissima strisciolina sempre
O

O x
4.5 - Le formule che esprimono i sono gli assi principali della
momenti di inerzia delle superfici superficie rispetto ad O, mentre i
di uso pi comune sono riportate momenti sono chiamati i momenti
nella Tabella VII a pag. 493. principali di inerzia della superfi-
Fig. 4.15 - Definizione del raggio di inerzia di cie rispetto ad O. Quando il punto
una superficie. 4.6 - Per ogni superficie esistono O coincide con il baricentro G
due assi, perpendicolari luno della superficie, i due assi princi-
a) Superficie di area totale A.
allaltro passanti per un punto O, pali della superficie passanti per il
b) Raggio di inerzia x rispetto allasse x. rispetto ai quali i momenti di iner- suo baricentro vengono individuati
c) Raggio di inerzia y rispetto allasse y. zia risultano uno massimo (Imax) e quali assi principali baricentrici
laltro minimo (Imin): questi assi della superficie.
d) Raggio di inerzia O rispetto al polo O.
92 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

di area A posta ad una distanza x dallasse x (Figura 4.15-b). Il momento di inerzia della stri-
sciolina rispetto ad x sar lo stesso di quello dellarea originale se x2 A = I x . La distanza x
nota come raggio di inerzia della superficie rispetto allasse x. Si pu scrivere una relazione
analoga nel confronto dellasse y immaginando che tutta larea A venga adesso concentrata in
una sottilissima strisciolina parallela allasse y cos come mostrato nella Figura 4.15-c. Se infine
si immagina di concentrare tutta larea in un anello sottilissimo di raggio O (Figura 4.15-d ),
si pu esprimere il momento polare di inerzia come O2 A = J O . Il raggio di inerzia perci una
misura della distribuzione dellarea rispetto allasse
o al polo considerato:

x = I x /A y = I y /A O = JO / A 4-6

Anche al raggio di inerzia si pu applicare unequazione analoga alla 4-5:

O2 = x2 + 2y 4-7

Si consideri una piccola massa m montata su unasticella di massa trascurabile che pu ruo-
tare liberamente attorno allasse AA (Figura 4.16). Se viene applicata una coppia al sistema,
lasta e la massa, che inizialmente erano in quiete, cominceranno a ruotare attorno ad AA. Il
tempo richiesto dal sistema per raggiungere una data velocit di rotazione proporzionale alla
massa m e al quadrato della sua distanza r dallasse. Il prodotto mr 2 rappresenta perci una
misura dellinerzia del sistema dove per inerzia si intende la resistenza offerta dal sistema allor-
ch lo si vuole porre in movi-
mento. Per questo motivo il pro-
a A b A c A dotto mr 2 viene chiamato il mo-
mento di inerzia della massa m
rispetto allasse AA. Se si indica
con dm lelemento infinitesimo di
r1 massa del corpo continuo, il mo-
mento di inerzia di massa del
m1 m
corpo espresso dallintegrale:
m
r m2
r2
r3
I =
r dm
2
4-8
m3
ed ha le dimensioni di una massa
A A A [kg] per il quadrato di una lun-
Fig. 4.16 - Linerzia rappresenta la resistenza offerta dalla piccola massa m ad
ghezza [mm2] 4.7. In analogia con le
essere posta in rotazione. Il momento di inerzia rappresenta la reazione del corpo 4-6, il raggio di inerzia di massa
di massa m alla rotazione rispetto allasse AA sia che il corpo mantenga la sua = I /m rappresenta la distanza
forma originale (b) sia che venga concentrato (c).
a) Una piccola massa m libera di ruotare attorno ad un asse.
alla quale dovrebbe essere con-
b) Un corpo di massa m composto da pi masse elementari posto in rotazione
centrata lintera massa del corpo
attorno ad un asse. in modo che il suo momento di
c) Definizione del raggio di inerzia di massa.
inerzia rispetto allasse AA riman-
ga invariato (Figura 4.16-c).

4.7 - Nella Tabella VIII a pag. 494 sono momenti di inerzia di massa dei corpi corpo rigido calcolati rispetto agli assi x,
riportati la massa, in funzione del rigidi di uso pi comune; i simboli Ixx, Iyy y e z.
volume e della massa volumica , e i ed Izz indicano i momenti di inerzia del
4.3. MOMENTI E RAGGI DI INERZIA 93

Esempio 4.5 Momento di inerzia polare di un rettangolo


Sulla base dellespressione dei momenti di inerzia Ix 0
y0
ed Iy 0 rispetto agli assi ortogonali baricentrici x0
ed y0 , calcolare il momento polare di inerzia bari-
centrico JG del rettangolo della Figura 4.17 di cui si
conosce la base b = 15 mm e laltezza h = 25 mm.
G
h
x0

Fig. 4.17 - Rettangolo trattato nellEsempio 4.5.

SOLUZIONE
Si applica la 4-5 alle espressioni dei due momenti di inerzia assiali baricentrici Ix0 ed Iy0 del rettangolo che
si leggono sulla Tabella VII a pag. 493; si verifica lespressione del momento di inerzia polare baricentrico
JG (il polo G lorigine degli assi x0 ed y0) con quella che si legge sempre sulla Tabella VII:
bh 3 b 3h bh 3 b 3h bh(b 2 + h 2 )
I x0 = I y0 = J G = I x0 + I y0 = + =
12 12 12 12 12

bh (b 2 + h 2 ) 15 mm 25 mm [(15 mm)2 + (25 mm)2 ]


JG = = = 26.562, 5 mm 4
12 12

COMMENTI
Nel caso particolare del quadrato, del cerchio oppure della corona circolare, i momenti di inerzia Ix0 ed
Iy0 rispetto agli assi ortogonali

baricentrici

x0 ed y0 risultano uguali Ix0 = Iy0 = I e il momento polare JG
diviene: JG = Ix0 + Iy0 = I + I = 2I . Ad esempio, per un quadrato di lato a (b = h = a) si ha (Tabella VII a
pag. 493):
bh 3 aa 3 a4 b 3h a 3a a4 a4 a4 a4
I x0 = = = I y0 = = = I x0 = I y0 = I = JG = 2I = 2 =
12 12 12 12 12 12 12 12 6

Esempio 4.6 Raggio di inerzia di un rettangolo


Assegnato il momento di inerzia Ix rispetto alla
base del rettangolo, calcolare il raggio di inerzia x
del rettangolo della Figura 4.18 di cui si conosce
laltezza h = 27 mm.

h
G
x y
Fig. 4.18 -
Rettangolo
trattato
b nellEsempio 4.6.
94 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

SOLUZIONE
Ricavata dalla Tabella VII a pag. 493 lespressione del momento di inerzia Ix rispetto alla base del ret-
tangolo, si applica la 4-6:

COMMENTI
Il raggio di inerzia x = 0,577h del rettangolo valutato rispetto ad x (Figura 4.18), non va confuso con lor-
dinata del baricentro del rettangolo. Il raggio di inerzia x infatti legato al momento
quadratico, mentre lordinata del baricentro G collegata al momento statico Sx della superficie.

4. 4 TEOREMA DI TRASPOSIZIONE
Presi due assi paralleli qualsiasi di cui uno x0 passante per il baricentro (Figura 4.19), il teorema
di trasposizione afferma4.8 che il momento di inerzia I dellarea A rispetto al primo asse uguale
al momento di inerzia dellarea rispetto allasse baricentrico pi il termine di trasporto Ad 2,
prodotto dellarea A per il quadrato della distanza d tra i due assi x ed x04.9:

4-9

Si sottolineano due punti:


1. Gli assi tra i quali avviene la trasposizione del
momento di inerzia devono essere paralleli.
x0 2. Uno dei due assi deve passare per il baricentro
G
d
della superficie. Se si desidera operare la tra-
sposizione tra due assi paralleli, ad esempio
x ed x, nessuno dei quali passa per il bari-
x centro, necessario passare dapprima dallasse
Fig. 4.19 - Significato del teorema di tra-
x allasse parallelo baricentrico x0 e successi-
sposizione applicato ad assi paralleli oriz-
zontali. vamente dallasse baricentrico x0 al secondo
asse x.

4.8 - Il teorema di trasposizione pu stessa rispetto al suo baricentro G, il teo- inglese, di tracciare una lineetta sopra
essere anche espresso in funzione del rema di trasposizione si scrive: un dato simbolo per indicare che la
raggio di inerzia, ponendo 2A al posto J O = J G + Ad 2 e O2 = G2 + d 2 quantit fisica rappresentata da quel
di I e 2 A al posto di I ( il raggio (con d distanza tra O e G). simbolo riferita al baricentro. Cos con
di inerzia baricentrico): 2 = 2 + d 2 . x , y , I , J e si intendono rispettiva-
Se JO il momento polare di inerzia di 4.9 - In questo testo si usata la con- mente le coordinate del baricentro, i
unarea rispetto al punto O e J G il venzione, seguita a livello internazio- momenti di inerzia assiali e polari bari-
momento polare di inerzia dellarea nale soprattutto dagli autori di lingua centrici e il raggio di inerzia baricentrico.
4.4. TEOREMA DI TRASPOSIZIONE 95

Esempio 4.7 Momento di inerzia baricentrico di un triangolo


Noto il momento di inerzia Ix rispetto ad un asse
passante per la base, calcolare il momento di x

inerzia baricentrico I x0 e il momento di inerzia Ix 2


d = h
rispetto allasse parallelo 3
h
x passante per il vertice del triangolo (Figura
4.20) di base b = 26 mm ed altezza h = 30 mm. x0
1 G
d = h
3
x
b

Fig. 4.20 - Triangolo trattato nellEsempio 4.7.

SOLUZIONE
Si legge sulla Tabella VII a pag. 493 lespressione del momento di inerzia del triangolo rispetto ad un asse
passante per la base che dista d = h/3 dal baricentro G e si risolve rispetto al momento di inerzia bari-
centrico il teorema di trasposizione (4-9):
2
bh 3 bh h bh 3 bh 3 3bh 3 2bh 3 bh 3
I x = I x0 + Ad 2 I x0 = I x Ad 2 = = = =
12 2 3 12 18 36 36
bh 3 26 mm (30 mm)3 26 mm 27.000 mm 3 702.000 mm 4
Ix = = = = = 19.500 mm 4
0
36 36 36 36
Applicando ancora la 4-9, si trova il momento di inerzia rispetto allasse orizzontale x che dista
d = (2/3)h dal baricentro G:
2
bh 3 bh 2h bh 3 2bh 3 bh 3 + 8bh 3 9bh 3 bh 3
I x = I x0 + Ad 2 = + = + = = =
36 2 3 36 9 36 36 4

bh 3 26 mm (30 mm)3 26 mm 27.000 mm 3 702.000 mm 4


I x = = = = = 175.500 mm 4
4 4 4 4

COMMENTI
2
La presenza del termine di trasporto Ad nella relazione 4-9 fa s che il momento di inerzia I baricen-
trico sia inferiore a quello calcolato rispetto a qualsiasi altro asse parallelo allasse baricentrico: il pro-
dotto Ad 2 viene infatti aggiunto nel passare da un asse baricentrico ad un altro asse parallelo; viene invece
sottratto quando si trasporta il momento di inerzia allasse baricentrico. Dal valore minimo del momento
di inerzia tra tutti gli assi paralleli, che si raggiunge sullasse baricentrico, si passa a valori via via pi ele-
vati mano a mano che aumenta la distanza dal baricentro.

Esempio 4.8 Momento di inerzia di una sezione a C


Determinare il momento di inerzia della sezione a C della Figura 4.21-a rispetto allasse x0 baricentrico
considerando la sezione a C composta come:
a) somma di tre rettangoli;
b) differenza di un rettangolo pieno ed un rettangolo vuoto.
96 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

a 90 mm b c
1
12 mm

1 2
154 mm

3
x0 x0 x0
G

2
12 mm
O x
78 mm

Fig. 4.21 - Sezione a C trattata nellEsempio 4.8.


a) Dimensioni della sezione composta; sono indicati i due assi paralleli: lasse orizzontale x e lasse x0 passante per il bari-
centro G della sezione composta rispetto al quale va determinato il momento di inerzia.
b) Momento di inerzia della sezione composta ottenuto considerando larea complessiva come somma di tre rettangoli.
c) Momento di inerzia della sezione composta ottenuto considerando larea complessiva come differenza di un rettangolo
pieno e di un rettangolo vuoto.

SOLUZIONE
a) Il momento di inerzia di unarea composta A rispetto ad un dato asse dato dalla somma dei momenti
di inerzia delle sue aree componenti A1, A2, A3, ecc. rispetto allo stesso asse. Il teorema di trasposizione
(4-9) fornisce per ciascuna parte i il momento di inerzia Ii rispetto allasse desiderato: I i = I i + Ai d i2 .
Il momento di inerzia I dellintera sezione composta si ottiene facendo la somma () dei momenti di
inerzia Ii di ciascuna parte i:

I = I i = ( I i + Ai d i2 ) = I i + Ai d i2

Si considera la sezione a C composta dalle tre parti indicate nella Figura 6.39-b:
Parte 1: rettangolo 1 con base b = 78 mm ed altezza h = 12 mm;
Parte 2: rettangolo 2 con base b = 78 mm ed altezza h = 12 mm;
Parte 3: rettangolo 3 con base b = 12 mm ed altezza h = 154 mm.

I rettangoli 1 e 2 sono uguali, mentre la distanza d3 tra il baricentro del rettangolo 3 e lasse x0 uguale
a zero perch il baricentro del rettangolo 3 giace su questasse.
A1 = A2 = b1h1 = 78 mm 12 mm = 936 mm 2 d1 = d 2 = (154 mm)/2 (12 mm)/2 = 71 mm

b1h13 78 mm (12 mm)3


I1 = I 2 = = = 11.232 mm 4
12 12
b3h33 12 mm (154 mm)3
A3 = b3h3 = 12 mm 154 mm = 1848 mm 2 I3 = = = 3.652.264 mm 4
12 12

I dati vengono disposti in una tabella che, per ciascuna parte i, riporta:
larea Ai,
il momento di inerzia I i dellarea Ai rispetto allasse passante per il proprio baricentro,
la distanza di dallasse baricentrico di Ai allasse rispetto al quale viene calcolato il momento di iner-
zia dellintera area composta A,
il prodotto Ai d i2 .
4.4. TEOREMA DI TRASPOSIZIONE 97

Dalla tabella: Ix0 = 13.111.480 mm4

Ai di Ai d i2 Ii I = I i + Ai d i2
Parte
[mm2] [mm] [mm4] [mm4] [mm4]
Rettangolo 1 936 71 4.718.376 11.232
Rettangolo 2 936 71 4.718.376 11.232
Rettangolo 3 1.848 0 0 3.652.264
SOMME 9.436.752 3.674.728 13.111.480

b) Larea complessiva (Figura 4.21-c) viene ottenuta come differenza del rettangolo pieno 1 ( parte
positiva) e del rettangolo vuoto 2 (parte negativa). Il momento di inerzia dellarea negativa 2 viene per-
ci trattato come una quantit negativa. Essendo d1 = d2 = 0 in quanto i baricentri dei due rettangoli
si trovano sullasse x0 , il prodotto Ai d i2 risulta nullo.

b1h13 90 mm (154 mm)3


A1 = b1h1 = 154 mm 90 mm = 13.860 mm 2 I1 = = = 27.391.980 mm 4
12 12
b2 h 32 78 mm (130 mm)3
A2 = b2 h2 = 78 mm 130 mm = 10.140 mm 2 I2 = = = 14.280.500 mm 4
12 12

Ai di Ai d i2 Ii I = I i + Ai d i2
Parte
[mm2] [mm] [mm4] [mm4] [mm4]
Rettangolo 1 13.860 0 0 27.391.980
Rettangolo 2 10.140 0 0 14.280.500
SOMME 0 13.111.480 13.111.480

COMMENTI
1. Il contributo al momento di inerzia complessivo I dei due rettangoli estremi della sezione composta
(prima domanda) molto alto (9.436.752
mm4/13.111.480 mm4 = 0,72 = 72%) perch, nonostante il
basso momento di inerzia baricentrico Ii di ciascun rettangolo (11.232 mm4), il termine di trasporto
Ai di2 relativo a ciascun rettangolo, essendo funzione del quadrato della distanza di , molto grande
(4.718.376 mm4).
2. Il momento di inerzia di un rettangolo molto pi sensibile allaltezza h che alla base b perch h nella
formula elevata al cubo. Cos il rettangolo 3 della prima domanda, avente per base b = 12 mm e per
altezza h = 154 mm, ha un momento di inerzia baricentrico pari a 3.652.264 mm4, mentre se si fosse
considerato un rettangolo con le dimensioni scambiate (b = 154 mm e h = 12 mm) il momento di iner-
zia sarebbe stato 160 volte pi piccolo (22.176 mm4 ).

Esempio 4.9 Momenti di inerzia di una sezione a doppia T


La sezione trasversale di una trave ad ali larghe e parallele alta h = 360 mm, larga b = 300 mm ed ha
come spessore dellanima a = 12,5 mm e delle ali e = 22,5 mm (Figura 4.22-a). Trascurando il raccordo
delle ali con lanima, determinare:
a) il momento di inerzia rispetto allasse baricentrico x0;
98 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

b) il momento di inerzia rispetto allasse baricentrico y0;


c) i raggi di inerzia baricentrici rispetto agli assi;
d) il momento di inerzia e il raggio di inerzia polari rispetto al baricentro G.

y0
a b
e
h = altezza
l = altezza dellanima
b = base
h l a = spessore dellanima
x0
G e = spessore delle ali
a x0 = asse baricentrico orizzontale
y0 = asse baricentrico verticale

Fig. 4.22 - a) Sezione a doppia T trattata nellEsempio 4.9.


b) Calcolo del momento di inerzia di una sezione a doppia T ottenuta come differenza di un rettangolo pieno
e di due rettangoli vuoti.

SOLUZIONE
a) Il momento di inerzia della sezione composta viene calcolato rispetto allasse x0. Si considera la
sezione a doppia T composta da tre rettangoli: le due ali aventi ciascuna la base b = 30 cm e laltezza
e = 2,25 cm e lanima avente base a = 1,25 cm ed altezza l = h 2e = 31,5 cm. Si applica quindi il
metodo illustrato nellEsempio 4.8 che richiede di calcolare per ciascun rettangolo i (con i = 1, 2 ,3):
larea Ai = bihi ,
la distanza di tra il baricentro di ciascun rettangolo e lasse rispetto al quale va calcolato il momento
di inerzia della sezione composta,
il momento di inerzia I i = (bi h 3i )/12 (Tabella VII a pag. 493) rispetto ad un asse x passante per il
baricentro di ciascun rettangolo.
In queste formule i simboli bi ed hi indicano la base e laltezza di ciascun rettangolo; essi verranno
sostituiti dai simboli usati nella Figura 4.22-a. La distanza d3x0 tra il baricentro dellanima e lasse x0
uguale a zero perch questo baricentro si trova sullasse x0.
A1 = A2 = be = 30 cm 2,25 cm = 67,5 cm 2 d1x0 = d 2 x0 = (36 cm)/2 (2, 25 cm)/2 = 16, 9 cm

be 3 30 cm (2, 25 cm)3
I1x = I 2 x = = = 28, 5 cm 4
12 12
al 3 1,25 cm (31,5 cm)3
A3 = al = 1, 25 cm 31,5 cm = 39,4 cm 2 I 3x = = = 3.255,8 cm 4
12 12
Dalla tabella: Ix0 = 41.870 cm4

Ai dix0 Ai d ix20 I ix I x0 = I ix + Ai d ix20


Parte
[cm2 ] [cm] [cm4 ] [cm4 ] [cm4 ]
1. Ala superiore 67,5 16,9 19.278,7 28,5
2. Ala inferiore 67,5 16,9 19.278,7 28,5
3. Anima 39,4 0 0 3.255,8
SOMME 38.557,4 3.312,8 41.870,2
4.4. TEOREMA DI TRASPOSIZIONE 99

b) Si calcola il momento di inerzia della sezione composta rispetto ad y0. Si considerano sempre tre ret-
tangoli (le due ali e lanima) nei quali, a causa del nuovo asse di riferimento (y0 e non pi x0 ), quella
che prima era la base diviene adesso laltezza, mentre laltezza di prima adesso la base. Inoltre il bari-
centro di tutti e tre i rettangoli cade sullasse y0 e quindi d1y0 = d2y0 = d3 = 0.

eb 3 2,25 cm (30 cm)3


A1 = A2 = eb = 2,25 cm 30 cm = 67,5 cm 2 I1y = I 2 y = = = 5062,5 cm 4
12 12

la 3 31,5 cm (1,25 cm)3


A3 = la = 31,5 cm 1,25 cm = 39,4 cm 2 I 3y = = = 5,1 cm 4
12 12
Dalla tabella: Iy0 = 10.130 cm4

Ai diy0 Ai d iy2 0 I iy I y0 = I iy + Ai d iy2 0


Parte
[cm2] [cm] [cm4] [cm4] [cm4]
1. Ala superiore 67,5 0 0 5.062,5
2. Ala inferiore 67,5 0 0 5.062,5
3. Anima 39,4 0 0 5,1
SOMME 0 10.130,1 10.130,1

c) Noti i momenti di inerzia assiali baricentrici e larea totale della sezione composta A = 67,5 cm2 +
+ 67,5 cm2 + 39,4 cm2 = 174,4 cm2, si possono calcolare i raggi di inerzia baricentrici (4-6):

I x0 41.870 cm 4 I y0 10.130 cm 4
x0 = = = 15,5 cm y0 = = = 7,6 cm
A 174, 4 cm 2 A 174,4 cm 2

d) Il momento di inerzia polare JG rispetto al baricentro G della sezione a doppia T si calcola con la 4-5:
JG = Ix0 + Iy0 = 41.870 cm4 + 10.130 cm4 = 52.000 cm4
mentre il raggio di inerzia polare baricentrico vale (4-6):

JG 52.000 cm 4
G = = = 17,3 cm
A 174,4 cm 2

COMMENTI
1. Le ali contribuiscono per il 92% (38.557 cm4/41.870 cm4 = 0,92) al momento di inerzia della sezione
composta rispetto a x0 a causa del valore elevato del termine di trasporto Ai d i2 .

2. Il contributo dellanima al momento di inerzia della sezione composta rispetto a y0 insignificante


(5 cm4/10.130 cm4 = 0,0005 = 0,05%) in quanto larea dellanima molto vicina a y0.

3. Invece di considerare la sezione composta dalla somma di tre rettangoli (le due ali pi lanima), si
poteva (Figura 4.22-b) considerare la sezione differenza tra un rettangolo pieno (area positiva) e due
vuoti (aree negative): i momenti di inerzia delle due aree negative vanno sottratti al momento di iner-
zia dellarea positiva.
100 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

4. 5 SOMMARIO
Il baricentro il punto in cui applicata la risultante delle forze peso elementari esercitate dalla
gravit su un corpo rigido. Il baricentro anche il centro di un sistema di masse, di un volume,
di una superficie oppure di una linea. Se unarea possiede unasse di simmetria, il suo baricentro
si trova su quellasse; se larea possiede due assi di simmetria, il suo baricentro coincide con il
punto di intersezione dei due assi di simmetria. Al concetto di baricentro di una figura geome-
trica associato il concetto di momento statico di quella figura geometrica rispetto ad un asse,
dove per momento statico si intende la sommatoria dei prodotti delle varie aree elementari, in
cui si pu immaginare scomposta una data superficie, per le rispettive distanze da un asse di rife-
rimento. Essendo il prodotto di unarea [mm2] per una lunghezza [mm], il momento statico si
misura in mm3. Il momento statico pu risultare sia positivo che negativo in funzione del
valore positivo oppure negativo che la distanza dellarea considerata assume rispetto allasse di
riferimento.
Il calcolo dellarea di una superficie di rotazione oppure il volume di un corpo di rotazione
direttamente legato alla determinazione del baricentro della linea e dellarea usata per gene-
rare quella superficie o quel corpo di rotazione; cos possibile calcolare con i due teoremi di
Pappo-Guldino:
nota lordinata y del baricentro, una superficie o un volume di rotazione oppure
noti la superficie o il volume di rotazione, lordinata y del baricentro.
Il momento di inerzia di una superficie rispetto ad un asse oppure rispetto ad un polo la somma
dei prodotti delle aree elementari per il quadrato della distanza da quellasse oppure da quel polo;
essendo il prodotto di unarea [mm2] per il quadrato di una lunghezza [mm2], il momento di iner-
zia sempre positivo e si misura in mm4. Il raggio di inerzia, misura della distribuzione dellarea
rispetto allasse o al polo considerato, dato dalla radice quadrata del momento di inerzia diviso
per larea.
Analogamente a quanto fatto per una superficie, si definisce il momento di inerzia di massa che
ha le dimensioni di una massa [kg] per il quadrato di una lunghezza [mm2]. Il raggio di inerzia
di massa rappresenta la distanza alla quale dovrebbe essere concentrata lintera massa del
corpo in modo che il suo momento di inerzia rispetto allasse di riferimento rimanga invariato.
Presi due assi paralleli qualsiasi di cui uno x0 passante per il baricentro, il teorema di trasposi-
zione afferma che il momento di inerzia I dellarea A rispetto al primo asse uguale al momento
di inerzia I dellarea rispetto allasse baricentrico pi il termine di trasporto Ad 2, prodotto
dellarea A per il quadrato della distanza d tra i due assi x ed x0.
ESERCIZI PROPOSTI 101

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

4.1 Determinare larea complessiva A, i momenti baricentro della sezione ad L ottenuta per differenza
statici Sx ed Sy rispetto agli assi x ed y e le coordinate x ed (Figura 4.25) tra il rettangolo pieno che abbraccia tutta le
y del baricentro della trave con sezione trasversale a T sezione e il rettangolo vuoto situato allinterno della
illustrata nella Figura 4.23. sezione ad L.
A = 2400 mm2; Sx = 120.000 mm3; A = 15.300 mm2; Sx = 1.444.500 mm3;
Sy = 0; x = 0; y = 50 mm Sy = 2.686.500 mm3; x = 175,6 mm; y = 94,4 mm

60 mm y 30 mm

20 mm

300 mm
y
60 mm

30 mm
x
20 mm
x
240 mm
Fig. 4.23 - Trave con sezione trasversale a T trattata nellEserci-
zio 4.1.
Fig. 4.25 - Sezione ad L trattata nellEsercizio 4.3.

4.2 Determinare larea totale A, i momenti statici Sx


ed Sy rispetto agli assi x ed y e le coordinate x ed y del 4.4 Determinare larea totale A, i momenti statici Sx
baricentro della sezione composta della Figura 4.24. ed Sy rispetto agli assi x ed y e le coordinate x ed y del
baricentro della sezione (Figura 4.26) ottenuta per diffe-
A = 14 m2; Sx = 21 m3; Sy = 34 m3; renza tra un rettangolo pieno che abbraccia tutta le
x = 2,43 m; y = 1,50 m sezione composta e le due aree costituite da un triangolo
vuoto e da un rettangolo vuoto.
y
A = 3088 mm2; Sx = 147.872 mm3;
Sy = 142.834 mm3; x = 46,2 mm; y = 47,9 mm

2m y

2m
4m G1
48 mm

2m
y = 2 m G3 2m
1
1m G2 y = 1 m
3

O x = 1 m x
y = 0,5 m

1
x = 3 m
32 mm

2
2

x = 5 m
3

Fig. 4.24 - Superficie composta trattata nellEsercizio 4.2.


x
42 mm 26 mm

4.3 Determinare larea totale A, i momenti statici Sx Fig. 4.26 - Sezione composta trattata nellEsercizio 4.4.
ed Sy rispetto agli assi x ed y e le coordinate x ed y del
102 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

4.5 Determinare larea complessiva A, i momenti 4.7 Determinare lascissa x del baricentro del sistema
statici Sx ed Sy rispetto agli assi x ed y e le coordinate x ed di masse presentato nella Figura 4.29.
y del baricentro della figura composta ottenuta per diffe- x = 0,7 m
renza tra un rettangolo pieno e un triangolo vuoto (Figura
4.27). 4 kg 2 kg 3 kg 8 kg 5 kg
2 3
A = 3300 mm ; Sx = 138.000 mm ;

Sy = 108.000 mm3; x = 32,7 mm; y = 41,8 mm

0,2 m 0,3 m 0,4 m 0,3 m


y
Fig. 4.29 - Sistema di masse trattato nellEsercizio 4.7.
60 mm

4.8 assegnato (Figura 4.30) un albero omogeneo in


acciaio composto da due tratti lunghi L1 = 2000 mm ed
L2 = 1500 mm aventi i raggi r1 = 20 mm ed r2 = 25 mm.
40 mm

Dopo aver calcolato i volumi V1 e V2 dei due tratti


(V = r 2L) e le ascisse x1 ed x2 dei rispettivi baricentri,
determinare lascissa x del baricentro dellalbero. Essendo
la massa volumica costante poich lalbero omoge-
neo, i volumi risultano proporzionali alle masse (m = V )
e quindi i volumi V1 e V2 possono essere sostituiti alle
masse m1 e m2 nellequazione 4-1.
30 mm

V1 = 2.513.274 mm3; V2 = 2.945.243 mm3;


x 1 = 1000 mm; x2 = 2750 mm; x = 1944 mm

x
y
Fig. 4.27 - Figura composta trattata nellEsercizio 4.5.
D1 = 40 mm D2 = 50 mm

4.6 Determinare larea complessiva A, i momenti x


statici Sx ed Sy rispetto agli assi x ed y e le coordinate x ed L1 = 2000 mm L2 = 1500 mm
y del baricentro della sezione (Figura 4.28) ottenuta per
differenza tra un rettangolo pieno che abbraccia tutta le Fig. 4.30 - Albero con due sezioni di diametro D1 e D2 (Esercizio 4.8).
sezione composta e il semicerchio vuoto di raggio pari a
50 mm. Lordinata y2 del baricentro del semicerchio va
calcolata con la formula citata nella Tabella VI a pag. 492. 4.9 Una trave appoggiata lunga L = 7 m soggetta al
carico di intensit w [kN/m] distribuito secondo il dia-
A = 88,7 mm2; y2 = 58,8 mm; Sx = 2809 mm3; gramma della Figura 4.31. Determinare il carico totale W,
S = 0; x = 0; y = 31,7 mm
y lascissa x del punto di applicazione di W (lorigine
posta allestremit di sinistra della trave) e le reazioni dei
y
due appoggi RA ed RB.
W = 12 kN; x = 3 m; RA = 9,6 kN ; RB = 2,4 kN

w = 2 kN/m

50 mm

80 mm
A B

x 2m 3m 2m
80 mm 80 mm
Fig. 4.31 - Trave appoggiata dellEsercizio 4.9 soggetta ad un carico
Fig. 4.28 - Superficie trattata nellEsercizio 4.6. distribuito.
ESERCIZI PROPOSTI 103

4.10 Una mensola soggetta al carico di intensit


w [kN/m] distribuito secondo il diagramma della Figura
4.32. Determinare il carico totale W, lascissa x del punto r
di applicazione di W (lorigine posta in A) e la reazione
verticale VA e il momento di incastro M i della mensola.
Nel calcolo dellarea del diagramma di carico occorre y R
tener presente che le due aree (quella del rettangolo e
x
quella del triangolo) avranno segni opposti in quanto le
ordinate del diagramma rettangolare sono orientate verso
il basso mentre le ordinate del diagramma triangolare
sono orientate verso lalto.

W = 4,6 kN ; x = 0,33 m;
VA = 4,6 kN ; Mi = 1,5 kNm fi
Fig. 4.34 - Rotazione di una circonferenza (Esercizio 4.12).

4 kN/m
4.13 Facendo uso del secondo teorema di Pappo-
Guldino, in cui si pone 2 x come lunghezza della cir-
conferenza descritta dal baricentro in quanto la rotazione
della corona circolare avviene attorno allasse y (Figura
A B
4.35), calcolare il volume V di un toro cavo.
V = 2 2R (Re2 Ri2 )
3 kN/m
1,6 m 1,2 m
y
Fig. 4.32 - Carico distribuito applicato alla mensola trattata nel-
lEsercizio 4.10.

Ri
4.11 Facendo uso del primo teorema di Pappo- R
Guldino, calcolare la superficie laterale A del cono cir- Rc x
colare retto generato dalla rotazione intorno ad x del
segmento lungo L (Figura 4.33).
A = r r 2 + h2 Fig. 4.35 - Volume del toro cavo trattato nellEsercizio 4.13.

4.14 Noto il volume del cono V = (Abaseh)/3, ricavare,


y servendosi dei teoremi di Pappo-Guldino, le coordinate
L del baricentro della sezione triangolare retta che ha gene-
rato il cono per rotazione (Figura 4.36).
G
r
x = b/3; y = h/3
r
y =
2

h x
a y

Fig. 4.33 - Rotazione di un segmento dellEsercizio 4.11.

h
4.12 Facendo uso del primo teorema di Pappo- G
Guldino, calcolare la superficie laterale A di un toro h
y =
generata dalla rotazione intorno ad x della circonferenza 3
x
della Figura 4.34. b
A = 2 2Rr
104 CAPITOLO 4. BARICENTRO, MOMENTI STATICI E MOMENTI DI INERZIA

b 4.16 Facendo uso del teorema di trasposizione deter-


y
minare il momento di inerzia It di unarea circolare
rispetto alla tangente t alla circonferenza della Figura 4.38
di raggio r = 12 mm.
It = 81.430 mm4

h
G

x G
b
x = r
3
b d=r

t
Fig. 4.36 - Volume di rotazione di un cono (Esercizio 4.14).
a) Rotazione attorno allasse x. Fig. 4.38 - Calcolo del momento di inerzia rispetto ad una tangente
b) Rotazione attorno allasse y. alla circonferenza (Esercizio 4.16 ).

4.15 La diga illustrata in Figura 4.37 abbraccia un 4.17 Calcolare il momento di inerzia Ix rispetto
arco di 90. Dopo aver calcolato le aree A R e A T del ret- allasse x di una sezione composta ottenuto come somma
tangolo e del triangolo, i rispettivi baricentri xR, xT e dei momenti di inerzia I1x, I2x e I3x dei tre rettangoli della
quello xG della sezione composta, determinare, con il Figura 4.39; indicare le distanze d1, d2 e d3 dei baricen-
secondo teorema di Pappo-Guldino, il volume V di cal- tri che vengono utilizzate nel teorema di trasposizione.
cestruzzo necessario alla costruzione della diga.
d1 = 70 cm; d2 = d3 = 30 cm; I1x = 5.920.000 cm4;
AR = 48 m2; A T = 96 m2; xR = 98,5 m; I2x = I3x = 1.440.000 cm4; Ix = 8.800.000 cm4
x = 93 m; x = 94,8 m; V = 21.443 m3

T G

a b
60 cm
y
x
R 1
x
G
x
80 cm

T bR = 3 m
60 cm

2 3

h = 16 m

AT AR x x x
x 20 cm

4 b T = 12 m
Fig. 4.39 - Sezione composta dellEsercizio 4.17.
3
a) Dimensioni della sezione.
R = 100 m
b) Sezione decomposta nei rettangoli 1, 2 e 3.

b=3m
4.18 Calcolare i momenti di inerzia Ix0 ed Iy0, rispetto
agli assi baricentrici x0 ed y0 di una sezione a Z, ottenuti
come somma dei momenti di inerzia rispettivamente I1x0,
I2x0 e I3x0 e I1y0, I2y0 e I3y0 dei tre rettangoli della Figura 4.40;
indicare le distanze d1x0, d2x0 e d3x0 nonch d1y0, d2y0 e d3y0
dei baricentri da utilizzare nel teorema di trasposizione.
m

d1x0 = d3x0 = 70 mm; d2x0 = 0; d1y0 = d3y0 = 50 mm;


0
10

d2y0 = 0; I1x0 = I3x0 = 7.893.333 mm4;


=
R

I2x0 = 6.826.667 mm4; Ix0 = 22.613.334 mm4 = 2261 cm4;


I1y0 = I3y0 = 4.853.333 mm4; I2y0 = 106.667 mm4;
Fig. 4.37 - Diga dellEsercizio 4.15. Iy0 = 9.813.333 mm4 = 981 cm4
ESERCIZI PROPOSTI 105

a 100 mm
50
20 mm

y0
25
140 mm

x0

20 mm
20 mm 400

z 50 100 z
100 mm G

b 1

y0

x0

2 50
3
100
150
Fig. 4.40 - Sezione a Z trattata nellEsercizio 4.18.
a) Dimensioni della sezione. Fig. 4.41 - Volano dacciaio dellEsercizio 4.19: le dimensioni sono
b) Sezione decomposta nei tre rettangoli 1, 2 e 3. in millimetri.

4.20 Determinare la massa m, il momento di inerzia


baricentrico Izz e il momento di inerzia Iz z rispetto allasse
4.19 Determinare il momento Izz e il raggio di inerzia parallelo z dellanello della Figura 4.42 in acciaio (massa
z del volano in acciaio di massa volumica = 7850 kg/m3 volumica = 7850 kg/m3) utilizzando le formule della
rispetto allasse z (Figura 4.41). Facendo riferimento alle Tabella VIII a pag. 494. I raggi interno ed esterno dellanel-
formule del cilindro cavo citate nella Tabella VIII a lo valgono rispettivamente ri = 100 mm ed re = 200 mm,
pag. 494, calcolare nellordine: massa m1 e momento di mentre laltezza l = 150 mm.
inerzia I1zz della corona interna, massa m2 e momento di m = 110,98 kg; Izz = 2,77 kgm2; Iz z = 3,88 kgm2
inerzia I2zz della corona intermedia e infine massa m3 e
momento di inerzia I3zz della corona esterna. La somma di
questi tre momenti baricentrici d il momento di inerzia
del volano. z z
rc
ri
z z
m1 = 6,94 kg;
I1zz = 10.844 kgmm2;
m2 = 12,33 kg;
I2zz = 154.125 kgmm2;
m3 = 43,16 kg; l
I3zz = 1.348.750 kgmm2;
Izz = 1.513.719 kgmm2 = 1,51 kgm2; Fig. 4.42 - Momento di inerzia di un cilindro cavo rispetto ad un
z = 155,7 mm asse non baricentrico (Esercizio 4.20).
Capitolo 5
SFORZI E
DEFORMAZIONI

5. 1 RESISTENZA DI UN MATERIALE
La verifica di resistenza di un elemento di macchina consiste nel verificare che i diversi carichi
applicati non assumano valori tali da produrre il cedimento dellelemento. Il modo pi completo
per eseguire la verifica di resistenza quello di sottoporre lelemento di macchina ad una prova
di carico e valutarne il comportamento; le condizioni di questa prova dovranno essere tali da
riprodurre perfettamente il funzionamento dellelemento della macchina non solo come valore
dei carichi e del tipo di vincoli, ma anche come tempo e velocit con cui i carichi vengono appli-
cati, come temperatura a cui il pezzo viene fatto lavorare, ecc. Tale metodo, di natura speri-
mentale, richiede una prova per ogni elemento di macchina, ogni condizione di carico, ecc. con
conseguenze inaccettabili nei costi e nei tempi che intercorrono tra la progettazione e la pro-
duzione. Si ricorre allora, nel progetto delle macchine, ad un procedimento teorico che, partendo
sempre da prove sperimentali realizzate in condizioni di carico standard, permette di effettuare
con il calcolo la verifica di resistenza dellelemento facendo a meno della lunga e costosa inda-
gine sperimentale. Alla base del metodo teorico c lipotesi fondamentale che il cedimento sia
dovuto non allo stato complessivo dei carichi, ma allo stato locale di sollecitazione dellele-
mento di macchina; il progetto dellelemento basato cio sulla stima, la pi accurata possibile,
della natura e del valore degli sforzi a cui verranno assoggettati i materiali impiegati e sulla cono-
scenza, la pi estesa possibile, della loro capacit di resistenza in modo da verificare che le sol-
lecitazioni del materiale in esame non raggiungano valori tali da provocarne il cedimento.
Ma in che cosa consiste lo stato di sollecitazione in un elemento di macchina e quali sono i fat-
tori che occorre conoscere per poterlo definire? Un corpo materiale5.1 costituito da piccole par-
ticelle tra cui si esercitano delle forze (Figura 5.1); queste forze interne si oppongono alla modi-
fica nella forma del corpo che le forze esterne, cio carichi (incluso il peso del corpo) e
reazioni vincolari, cercano di produrre. Sotto lazione delle forze esterne le particelle del corpo
si muovono; il corpo allora si deforma dando luogo a forze interne che crescono fino a quando
non si raggiunge lequilibrio con le forze esterne5.2: si dice che il corpo si trova in uno stato di

5.1 - Nellambito di questa trattazione ci oppure di impurezze. Si definisce iso- seguito delle deformazioni che il solido
limiteremo allo studio dei corpi omo- tropo un materiale che esibisce pro- subisce, deformazioni che, a loro volta,
genei ed isotropi. Si definisce omoge- priet meccaniche uniformi secondo sono il risultato delle applicazioni delle
neo un materiale che in ciascuno dei tutte le direzioni attorno a un punto forze esterne; solo perci attraverso
suoi punti possiede la medesima costi- qualsiasi. Per converso quando un mate- la deformazione che le forze esterne
tuzione e una struttura uniforme. Un riale non esibisce questo comporta- applicate al corpo danno origine alle
materiale non omogeneo (o disomoge- mento uniforme viene detto non iso- forze interne. Al crescere delle forze
neo), come ad esempio la ghisa di qua- tropo (o anisotropo). esterne, il solido si deforma progressi-
lit modesta, avr perci una struttura vamente f ino al momento in cui le
che varia da punto a punto in funzione 5.2 - Le forze interne rappresentano le forze interne generate raggiungono
dei suoi costituenti e a causa della pre- reazioni molecolari che il solido op- valori tali da equilibrare le forze
senza di porosit derivanti dalla fusione pone alla deformazione: esse nascono a esterne.
5.1. RESISTENZA DI UN MATERIALE 107

a b c

F F
F
G G

A
A

Fig. 5.1 - a) Trave incastrata, a sezione quadrata costante di area A, sollecitata dal F
solo carico assiale F (si fa lipotesi che il peso sia trascurabile); questa forza tende
ad allungare le fibre del materiale di cui composta la trave.
b) Al posto dellincastro si pu sostituire la reazione del vincolo, uguale al carico
F, e isolare la trave come corpo libero. Quindi la trave viene divisa in due parti distinte
con un piano perpendicolare allasse della trave stessa.
c) Lintero corpo in equilibrio e quindi anche qualsiasi parte di esso dovr essere in equilibrio; in particolare nelle due sezioni
affacciate, originate dal taglio della trave, agiranno le forze interne necessarie per equilibrare le forze esterne (carico F e reazione
dellincastro F ) applicate allestremit di ciascun tronco. Le forze interne generano lo sforzo .

sollecitazione. La misura dellintensit delle forze interne presenti nel materiale generate dal-
lapplicazione delle forze esterne lo sforzo, definito come la forza esterna F rapportata
allarea A sulla quale agisce:
forza F
sforzo = = 5-1
area A

Sforzo il termine generale per indicare una forza [N] diviso larea [m2]; si misura perci in pascal
[Pa = N/m2] come la pressione; volendo evitare di avere a che fare con numeri troppo grandi, abi-
tualmente si fa uso del megapascal [MPa = N/mm2 = 106 Pa]. Nei casi specifici useremo spesso
il termine equivalente e pi intuitivo di tensione5.3. Si parla di tensione normale quando la linea
di azione della forza esterna F perpendicolare allarea A su cui agisce (Figura 5.2); la tensione
tangenziale invece tangente allarea in quanto la forza F applicata sullo stesso piano della-
rea A interessata dallo sforzo (Figura 5.12). Lo stato di sollecitazione di un elemento di macchina
determinato quando sono note, in ogni punto del materiale e per ogni giacitura nellintorno del
punto, la tensione normale e la tensione tangenziale .

5.3 - Molti Autori (ad esempio, Bruno tensione. Si allora fatto uso di ten- sioni, si sono indicate col nome di forza
Finzi in Meccanica razionale/Statica e sione nei casi specifici (tensione nor- normale N e di forza tagliante T, in
Giovanni Jacazio in Progettazione delle male, tensione ammissibile, ecc.) men- quanto forze misurate in newton, quelle
strutture meccaniche) usano il termine tre si parla di sforzo come termine azioni interne (trattate nel Capitolo 6)
sforzo, laddove altri autori (si veda generale per indicare la forza rappor- che altri autori designano con il nome di
Alberto Carpinteri in Scienza delle tata alla superficie. Inoltre, per non sforzi.
costruzioni) e le stesse norme parlano di generare una confusione sulle dimen-
108 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

5. 2 TENSIONE E DEFORMAZIONE NORMALI


Allorch (Figura 5.2) si assoggetta una barra al carico F normale alla superficie A e quindi alla
tensione normale , la sua lunghezza l varia di l; la deformazione normale (o dilatazione)
viene definita da:

Deformazione = l/l variazione di lunghezza l


= = 5-2
F F lunghezza originaria l

La deformazione un puro numero5.4, non ha cio dimensioni


l l essendo il rapporto tra le due lunghezze l ed l; spesso viene
espressa come percentuale della lunghezza originaria (Esempio
Fig. 5.2 - Deformazione normale di una 5.2). Gli sforzi e le deformazioni di trazione (Figura 5.2), che pro-
barra sotto lazione della tensione normale ducono un aumento della lunghezza, vengono considerati positivi;
, rapporto tra forza F ed area A perpendi-
colare alla retta dazione della forza.
gli sforzi e le deformazioni di compressione, che danno luogo ad un
accorciamento del materiale, vengono considerati negativi.

Esempio 5. 1 Tensione normale


Calcolare il valore dello sforzo nei seguenti casi:
trave di sezione trasversale normale allasse A = 119 mm2 a cui applicata la forza F = 5000 N;
filo di acciaio del diametro D = 5 mm a cui applicato un carico assiale F = 3000 N;
tubo, di diametro esterno D = 50 mm e interno d = 45 mm, soggetto al carico assiale di trazione
F = 37,3 kN.

SOLUZIONE
Lo sforzo (equazione 5-1) rappresentato dalla tensione normale , perch agisce su una sezione per-
pendicolare allasse del corpo:
F 5000 N
= = = 42 MPa
A 119 mm 2

F F 3000 N
= = = = 153 MPa
A ( D 2 ) /4 (5 mm)2
4

F F 37.300 N
= = = = 100 MPa
A [ ( D 2 d 2 )]/4 [(50 mm )2 (45 mm )2 ]
4

5.4 - Trattandosi di una quantit senza deformazione unitaria o relativa; per deformazione.
dimensioni, si dovrebbe parlare di semplicit, si preferisce abbreviare in
5.3. PROVA DI TRAZIONE ED ELASTICIT 109

5. 3 PROVA DI TRAZIONE ED ELASTICIT


Lo sforzo, che esiste nellelemento di una macchina, acquista un significato nel momento in cui
viene confrontato con la resistenza del materiale. Una prova tipica per accertare la resistenza del
materiale la prova di trazione5.5. In questa prova, un campione del materiale in esame, detto
provino o provetta, avente una sezione circolare uniforme A, viene sollecitato con un carico di
trazione F diretto secondo lasse del provino; il carico viene gradualmente aumentato fino a rea-
lizzare la rottura del provino. La misura con estensimetri (Figura 5.3) della variazione l di una
determinata lunghezza l del provino, scelta come lunghezza di misura, durante lapplicazione
della forza F permette di ottenere il diagramma caratteristico della Figura 5.4 avente in ordi-
nate la tensione normale = F/A [MPa] e in ascisse la deformazione = l/l.

a Fili connettori b
Filo molto sottile

Materiale
sollecitato

Base
Cemento di carta
legante

Fig. 5.3 - a) Per la misura delle deformazioni del materiale vengono utilizzati degli estensimetri elettrici. Si
tratta di un filo molto sottile che viene incollato al materiale sollecitato. Allorch viene applicato il carico, il mate-
riale subisce degli allungamenti oppure delle contrazioni e parallelamente il filo molto sottile si allunga oppure
si contrae. Queste variazioni di lunghezza alterano la resistenza elettrica del filo ed perci possibile, attraverso
unadeguata taratura del circuito elettrico di misura, risalire alla deformazione avvenuta nel materiale.
b) Anche la resistenza elettrica di un film metallico sottilissimo (foglia) pu venire utilizzato come estensi-
metro; la figura mostra un tipico estensimetro a foglia costituito da un solo elemento: la parte centrale, costi-
tuita da tanti filetti orizzontali paralleli, la parte sensibile dellestensimetro, mentre i due rettangoli alle estre-
mit raccolgono e trasferiscono allesterno il segnale elettrico dovuto alla variazione di resistenza elettrica dei
filetti centrali; lingrossamento alle due estremit della superficie del film permette di ottenere, analogamente
ai fili connettori della Figura 5.3-a, una resistenza elettrica molto pi bassa e quindi trascurabile rispetto a quella
della parte sensibile dellestensimetro.

Il diagramma mostra una parte iniziale lineare OP dove la tensione proporzionale alla defor-
mazione; qui il materiale si comporta elasticamente poich, come avviene per una molla,
allorch il carico viene rimosso il materiale riassume completamente le dimensioni che aveva
prima dellapplicazione del carico. La legge di Hooke (pronuncia uc) stabilisce che, nel
campo elastico, esiste una proporzionalit tra tensione e deformazione : il rapporto / cos

5.5 - Le propriet a trazione di un mate- prova di trazione sono pi facilmente carichi ciclici, oppure di taglio, oppure
riale vengono utilizzate come base nel disponibili di qualsiasi altro dato relativo durto, perch informazioni pi ade-
progetto degli elementi della struttura alle propriet dei materiali. Molto spesso guate sul comportamento del materiale
molto pi frequentemente di quelle otte- il progettista costretto a basare i suoi in quelle determinate condizioni di
nute attraverso le altre prove meccaniche calcoli sulle propriet di trazione, anche carico non sono disponibili.
sui materiali, anche perch i dati della quando la struttura viene sollecitata con
110 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

uguale ad una costante, indicata con E, che prende il nome di modulo di elasticit o modulo
di Young (pronuncia iang):

tensione normale
= = costante = E = E 5-3
deformazione normale

Il modulo di elasticit E, come rapporto tra [Pa] ed [-], ha le dimensioni di uno sforzo [Pa];
essendo sempre molto piccolo (in molte applicazioni non supera 0,003), E risulta molto grande
e viene di solito espresso in gigapascal [GPa = kN/mm2 = 109 Pa]; ad esempio, per gli acciai, il
suo valore oscilla tra 200 e 207 GPa. Noto il modulo di elasticit del materiale, la misura delle
deformazioni5.2 consente di risalire agli sforzi presenti nellelemento di macchina sotto esame.

Elastico
F
Parzialmente plastico
Provino
U
u

s SS
F E F Sezione
Sforzo

P SI trasversale Lunghezza di riferimento


circolare A (o di misura) l

F
O s u F
Deformazione
Fig. 5.4 - Curva dello sforzo in funzione della deformazione in una prova tipica di trazione per un materiale
duttile (acciaio a basso tenore di carbonio). Questo stesso diagramma potrebbe essere tracciato riportando il
carico applicato F [N] in funzione dellallungamento l [m] del provino. Il punto P individua il limite di pro-
porzionalit, E il limite elastico, SS il limite di snervamento superiore, SI il limite di snervamento inferiore, U
il punto in cui si raggiunge la sollecitazione massima, F il punto in cui avviene la frattura del provino.

Dal punto P in avanti il diagramma della


Limite di snervamento S Figura 5.4 inizia a deviare dalla linea retta;
corrispondente a = 0,2%
per questo motivo che il punto P prende
nome di limite di proporzionalit. Per un
breve tratto, oltre a P e fino al punto E, il dia-
ico

gramma non segue pi una linea retta, ma il


Sforzo

r
di sca

materiale manifesta ancora un comporta-


mento elastico nel senso che se il carico
Linea

viene rimosso la deformazione ritorna a zero,


nel provino cio non rimane alcuna defor-
mazione permanente; il punto E viene perci
chiamato limite elastico. Al di l del punto E,
0 0,2% Deformazione quando il carico viene rimosso, nel provino
Deformazione permanente
rimane sempre una deformazione perma-
Fig. 5.5 - Determinazione del punto di snervamento sulla curva
sforzi/deformazioni di un materiale duttile sulla base di una deforma-
nente: si dice che la deformazione plastica.
zione permanente pari a 0,2%. Si traccia una linea parallela al tratto Proseguendo lungo il diagramma, in campo
lineare del diagramma sforzi-deformazioni e passante per una defor- plastico, si arriva a un momento in cui
mazione = 0,2%. Il limite di snervamento S dello 0,2% il valore avviene lo snervamento del materiale: la
dello sforzo che corrisponde alla deformazione permanente dello 0,2%. deformazione comincia a crescere molto
La pendenza della retta passante per lorigine rappresenta, per la 5-3,
rapidamente senza che si verifichi un corri-
il modulo di elasticit E.
spondente elevato aumento dello sforzo; il
5.3. PROVA DI TRAZIONE ED ELASTICIT 111

momento in cui si ha lo snervamento definito cio dal pi basso valore di sollecitazione s al


di l del quale lallungamento aumenta senza aumento dello sforzo. Sul diagramma si possono
distinguere i due punti molto vicini SS (limite di snervamento superiore) ed SI (limite di sner-
vamento inferiore). Ma per molti materiali, come ad esempio i materiali non ferrosi, questi due
punti coincidono in un unico punto di snervamento. Per altri materiali addirittura impossibile
individuare sulla curva anche questo unico punto; si assume allora come limite di snerva-
mento la tensione s a cui corrisponde un dato valore della deformazione permanente (di
solito lo 0,2%, = 0,002), cos come mostrato nella Figura 5.5.
Proseguendo nellapplicazione del carico (Figura 5.4), si arriva al punto
U, dove si raggiunge il valore massimo u dello sforzo detto resistenza
a trazione: la sollecitazione massima (o ultima) raggiunta dal provino
in una prova di trazione semplice data dal carico nel punto U diviso la
sezione originaria della barra. Quando il materiale si trova tra SI e U, si
Forma dice che nello stato elasto-plastico; se infatti il carico viene rimosso
del provino
in prossimit parte della sezione rimane elastica e quindi contribuisce a recuperare la
del punto forma originaria, mentre la parte restante rimane deformata in modo per-
di rottura
manente. Dopo U, la sezione del provino inizia rapidamente a ridursi in
corrispondenza di un tratto centrale del provino relativamente corto
(Figura 5.6) finch si arriva alla frattura del provino nel punto F (Figura
5.4), mentre nel frattempo il carico si riduce.
A partire dal punto di snervamento S fino alla rottura F, il diagramma
sforzi/deformazioni (Figura 5.4 ) risulta piuttosto piatto e interessa un
Diametro intervallo di deformazioni ben superiore al tratto coperto in campo ela-
originale del
provino stico. La capacit di un materiale a sottostare a notevoli deformazioni pla-
stiche prima della frattura un indice di una propriet del materiale che
Fig. 5.6 - Contrazione tipica di un prende il nome di duttilit; i materiali che manifestano unelevata dutti-
provino di acciaio dolce vicino al lit vengono detti duttili. Lallungamento (percentuale) a rottura5.6 che
punto di rottura in una prova di tra- confronta la lunghezza finale del provino, ottenuta accostandone i due
zione.
pezzi dopo la frattura, con la lunghezza iniziale:
lunghezza finale lunghezza iniziale
allungamento % = 100
lunghezza iniziale
una misura indicativa della duttilit del materiale: maggiore il valore
dellallungamento percentuale e pi il materiale duttile. I materiali
invece che hanno bassa duttilit, come la ghisa, vengono chiamati fragili:
Sforzo

questi materiali manifestano un allungamento del provino in prossimit


della frattura molto pi contenuto cosicch la regione parzialmente pla-
stica del diagramma sforzi/deformazioni risulta estremamente ridotta
(Figura 5.7 ); i materiali fragili mantengono cio un comportamento
elastico fin quasi alla frattura. Anche laspetto della frattura (Figura
5.8 ) evidenzia la notevole deformazione che avviene nei materiali dut-
Deformazione tili in contrapposizione alla deformazione trascurabile di un materiale fra-
gile. I diagrammi sforzi/deformazioni di alcuni metalli e di fili incruditi
Fig. 5.7 - Diagramma tipico sforzi/
deformazioni per un materiale fra-
sono riportati nelle Figure 5.9-a e 5.9-b; per i valori del limite di sner-
gile. vamento, della resistenza a trazione e di altre propriet dei materiali, che
si possono ricavare dalla prova di trazione, si rimanda ai manuali.

5.6 - Analogamente allallungamento individuare la duttilit del materiale, trasversale iniziale del provino con quel-
percentuale, dalla prova di trazione si chiamata riduzione percentuale del - la dellarea trasversale pi piccola che si
pu ottenere unaltra quantit, utile per larea che confronta la misura dellarea riscontra al momento della frattura.
112 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

a b c

Fig. 5.8 - Fratture a cono-coppa duttili per (a) lacciaio A572 e per (b) la lega
di alluminio 6061-T6. Rottura fragile (c) per la ghisa.

a Acciaio Nichel-Cromo b
1500 Acciaio dolce
600
Acciaio semidolce
con trattamento termico
1200
450
Sforzo [MPa]

Rame
Sforzo [MPa]

900 Acciaio rullato a freddo


Acciaio semidolce ricotto
300
600 Alluminio
Bronzo duro
Acciaio dolce
150
300
Ottone dolce

0
10 20 30 40 50 2 4 6
Deformazione [%] Deformazione [%]

Fig. 5.9 - a) Comportamento in prove di trazione per metalli diversi.


b) Comportamento in prove di trazione per fili incruditi (osservare la riduzione notevole delle deformazioni rispetto ai materiali
della Figura 5.9-a).

Esempio 5. 2 Allungamento di una barra con sezioni diverse


Una barra di acciaio (modulo di elasticit E = 207 GPa) composta da tre diverse sezioni circolari aventi
le dimensioni indicate nella Figura 5.10; la barra soggetta ad un carico assiale di trazione F = 22 kN.
Determinare:
a) gli sforzi che agiscono su ciascuna sezione normale allasse;
b) lallungamento totale l della barra.
5.4. RAPPORTO DI POISSON 113

SOLUZIONE
a) Gli sforzi, che agiscono sulle sezioni perpendicolari allasse
d2 = 30 mm
d1 = 20 mm della barra, sono tensioni normali e si calcolano con la 5-1
d3 = 15 mm che assume la forma = F/A = F/(d 2/4) con F = 22.000 N:
F = 22 kN F = 22 kN
d1 = 20 mm A1 = 314 mm2 1 = 70,1 MPa
2
d2 = 30 mm A2 = 707 mm 2 = 31,1 MPa
l1 = 250 mm l3 = 400 mm d3 = 15 mm A3 = 177 mm 2
3 = 124,3 MPa
l2 = 100 mm b) Lallungamento totale l della barra la somma degli allun-
gamenti l1, l2 e l3 dei tre tratti a sezione diversa di cui
Fig. 5.10 - Barra sottoposta ad un carico assiale di tra- composta la barra. Lallungamento di ciascun tratto si calcola
zione dellEsempio 5.2.
combinando insieme lespressione 5-2 della deformazione con
il legame 5-3 tra tensioni e deformazioni normali dato dalla
legge di Hooke:
l1 1l1 70,1 MPa 250 mm
1 = E1 = E l1 = = = 84,7 m
l1 E 207.000 MPa

2 l2 31,1 MPa 100 m


l2 = = = 15,0 m
E 207.000 MPa
3l3 124,3 MPa 400 m
l3 = = = 240,2 m
E 207.000 MPa
l = l1 + l2 + l3 = 84, 7 m + 15,0 m + 240,2 m = 339 m

COMMENTI
Lallungamento l sempre estremamente contenuto e viene quindi espresso in m = 10 3 mm = 10 6 m;
altrettanto modesta la deformazione = l/l (5-2), di solito espressa in percentuale:

l1 0,0000847 m
1 = = = 0,000339 = 0,0339%
l1 0,25 m

l2 0,000015 m
2 = = = 0,00015 = 0,015%
l2 0,100 m

l3 0,00002402 m
3 = = = 0,00006 = 0,006%
l3 0,400 m

5. 4 RAPPORTO DI POISSON
Entro i limiti di applicazione della legge di Hooke, un materiale, quando sottoposto a carico
assiale, subisce, in aggiunta alla deformazione assiale lungo la direzione del carico, una defor-
mazione laterale nelle direzioni perpendicolari alla prima (Figura 5.11 ). Queste due deforma-
zioni sono legate luna allaltra dalla relazione:

( deformazione laterale)
v= 5-4
deformazione assiale

dove v, rapporto di Poisson (pronuncia puasn), una quantit senza dimensioni essendo il
rapporto tra due deformazioni, anchesse senza dimensioni. Il segno meno al numeratore del-
114 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

a Forma finale Forma finale


b

F F

F F

Forma iniziale Forma iniziale

Fig. 5.11 - a) Effetto di Poisson: contrazione laterale di un solido soggetto a una forza assiale di trazione.
b) Effetto di Poisson: espansione laterale di un solido soggetto a una forza assiale di compressione.

lequazione 5-4 sta ad indicare che la deformazione assiale d luogo ad una deformazione late-
rale di segno opposto: uno sforzo assiale di trazione induce una contrazione laterale. Per molti
materiali usati nelle costruzioni, il valore di v compreso tra 0,25 e 0,33; in particolare nel caso
dei materiali metallici il rapporto di Poisson vale circa 0,3. Essendo la deformazione assiale data
da = /E (5-3), la deformazione laterale per la 5-4 risulta:

deformazione laterale = v = v 5-5
E

Esempio 5. 3 Contrazione laterale di una barra


Calcolare la variazione laterale del diametro d = 25 mm di una barra di acciaio (modulo di elasticit
E = 206 GPa e rapporto di Poisson v = 0,29) soggetta ad un carico assiale che d luogo alla tensione nor-
male = 240 MPa.

SOLUZIONE
La deformazione laterale d/d della barra, funzione della deformazione assiale , si calcola con la 5-5:
d 240 MPa
= v = 0,29 = 0,0000338
d E 206.000 MPa
e quindi il diametro d della barra subisce una contrazione d (il numero risulta infatti negativo) pari a:
d = 0,0000338 d = 0,0000338 25 mm = 8,44 10 3 mm

5. 5 TENSIONE E DEFORMAZIONE TANGENZIALI


Area A su cui
x La Figura 5.12-a mostra come un materiale pu
applicata la forza venire assoggettato al taglio: le due forze vengono
applicate in modo tale da far scorrere uno strato del
Angolo materiale sopra lo strato adiacente; questo sistema
F
l potrebbe venire realizzato dal blocchetto di gomma
del freno di una bicicletta nel momento in cui viene
F
frenata la ruota. Lo sforzo , diretto secondo la
tangente al piano della sezione, viene chiamato
Fig. 5.12-a - Deformazione tangenziale o scorrimento angolare tensione tangenziale o di taglio; questultimo
di un cubo soggetto a forze di taglio F. Sullarea A agisce la nome legato alla disposizione caratteristica delle
tensione tangenziale .
due forze uguali ed opposte della Figura 5.12-b,
5.5. TENSIONE E DEFORMAZIONE TANGENZIALI 115

che tendono a tagliare il materiale


F
con una tensione di taglio uguale
al rapporto tra la forza di taglio F e
larea A interessata dallo sforzo. La
F tensione di taglio genera una defor-
mazione tangenziale o scorrimento
F
angolare che, come rapporto tra
F due lunghezze (dalla Figura 5.12-a
risulta tan = x/l e quindi, per angoli
piccoli, x/l ), un puro numero e
si misura in radianti. In campo ela-
Fig. 5.12-b - Schematizzazione dellapplicazione delle forze di taglio F e della ten- stico (legge di Hooke) la deforma-
sione di taglio risultante. Al contrario della tensione normale sempre perpendi-
colare allarea interessata, la tensione di taglio tangente allarea sulla quale agi- zione tangenziale risulta propor-
sce. zionale allo sforzo tangenziale che
lha generata:

tensione tangenziale
= = costante = G = G 5-6
deformazione tangenziale

attraverso la costante di proporzionalit G 5.7, propriet caratteristica del materiale chiamata


modulo di elasticit tangenziale; essendo un puro numero, G ha le dimensioni di uno
sforzo [Pa]. Nel caso degli acciai il modulo di elasticit tangenziale G si aggira attorno a 80 GPa;
per le ghise circa 30 GPa, mentre per leghe di alluminio, titanio e per gli ottoni vale rispetti-
vamente 27, 48 e 40 GPa.

Fino ad ora si sono considerate condizioni di taglio semplice in cui (Figura 5.13-a) la tensione
tangenziale , generata dalle forze di taglio F, interessa un solo piano e viene quindi calcolato
applicando la 5-1 allarea coinvolta A. Esistono tuttavia casi in cui, come per la chiodatura a
doppio coprigiunto della Figura 5.13-b, ciascun chiodo viene sollecitato al taglio sulle due
facce, e cio ad un taglio doppio; in tal caso larea trasversale A del chiodo che resiste alle forze
applicate doppia e quindi la tensione di taglio vale = F/2A anzich F/A, come avviene per
il taglio semplice.

a b
F
F F F

Cedimento della Cedimento della


chiodatura sotto chiodatura sotto
taglio semplice taglio doppio

Fig. 5.13 - a) Giunzioni chiodate: chiodatura a sovrapposizione semplice sollecitata al taglio semplice.
b) Giunzioni chiodate: chiodatura a doppio coprigiunto sollecitata al taglio doppio.

5.7 - Le tre costanti E (modulo di elasti- introdotte rispettivamente dalle equa- Esse sono legate tra loro dalla relazione:
cit normale), G (modulo di elasticit zioni 5-3, 5-6 e 5-5 (o 5 -4) sono le E = 2G (1 + v).
tangenziale) e v (rapporto di Poisson) costanti elastiche.
116 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

Esempio 5. 4 Sforzi in un gancio


Il gancio di acciaio della Figura 5.14 progettato per trasmettere una forza di trazione F = 56 kN. Sapendo
che il perno ha diametro d = 16 mm, determinare:
a) la tensione di taglio nel perno;
b) la tensione normale sulla piastra;
c) la tensione normale sui due rami della forcella.

Perno
28 kN
7 mm 56 kN 56 kN
50 mm
56 kN
28 kN
7 mm 7 mm Sollecitazione
7 mm
di taglio
sul perno

Fig. 5.14 - Gancio trattato nellEsempio 5.4; a sinistra illustrata la sollecitazione di taglio doppio applicata
al perno.

SOLUZIONE

a) Il perno soggetto ad una tensione di taglio sulle due facce e cio ad un doppio taglio (Figura 5.14);
perci larea che resiste al carico applicato due volte larea A della sezione del perno (5-1):
F F 2F 2 56.000 N
= = = = = 139,3 MPa
2A d2 d2 (16 mm)2
2
4
b) La forza F applicata perpendicolarmente alla sezione rettangolare A della piastra genera la tensione
normale (5-1):
F 56.000 N
= = = 160 MPa
A 50 mm 7 mm
c) Ciascuno dei due rami della forcella sopporta un carico pari alla met della forza F (F/2 = 28.000 N),
che genera la tensione normale (5-1):

F/2 28.000 N
= = = 80 MPa
A 50 mm 7 mm

5. 6 SFORZI TERMICI
Allorch la temperatura di un elemento di una struttura meccanica viene aumentata oppure dimi-
nuita, il materiale si allunga oppure si accorcia. Se non si interviene in alcun modo per impe-
dire la variazione di lunghezza, questo processo si realizza senza che nascano sforzi nella
struttura. Al contrario, se le variazioni nelle dimensioni del pezzo vengono contrastate dai
vincoli, allora, allinterno del materiale, si generano degli sforzi termici, che sono di com-
pressione nel caso di un allungamento del pezzo e di trazione nel caso di un suo accorciamento.
5.6. SFORZI TERMICI 117

Si consideri una barra di un materiale di lunghezza originaria l sottoposto ad un aumento di tem-


peratura T. Se la barra libera di espandersi, si verifica un allungamento l dato da5.8:

l = l T 5-7

dove [K 1] il coefficiente di dilatazione termica lineare del materiale. Ma se questo allun-


gamento viene completamente impedito nasce nella barra una deformazione di compressione:
l
= = T 5-8
l

che, a sua volta, per la 5-3, genera uno sforzo pari a:


= E = E T 5-8

5.8 - La 5-7 si ricava dalla definizione l rapportato alla lunghezza originaria l e una differenza di temperatura indiffe-
tradizionale del coefficiente di dilata- alla variazione di temperatura T. Le rente usare i gradi centigradi oppure i
zione termica lineare = l/(lT ), dimensioni di sono quindi [K 1 ] kelvin; esempio: T = 363 K 313 K =
quale variazione di dimensione lineare oppure [C 1], in quanto trattandosi di = 50 K = 90 C 40 C = 50 C.

Esempio 5. 5 Sforzo termico in un distanziale


Un distanziale in ottone OT95 (modulo di elasticit E = 117 GPa, coefficiente di dilatazione termica
lineare = 18 10 6 K 1) ha, alla temperatura di 20 C, una lunghezza l = 250 mm e un diametro
d = 28 mm. Il distanziale viene portato alla temperatura di 100 C, mentre la dilatazione viene comple-
tamente impedita. Calcolare:
a) la tensione normale ;
b) la forza F generata dalla dilatazione termica.

SOLUZIONE
a) Nota la variazione di temperatura T = 100 C 20 C = 80 C = 80 K5.8, si determina la deforma-
zione unitaria con la 5-8:
= T = 18 10 6 K 1 80 K = 0,00144
e poi con la 5-3 (oppure, saltando il passaggio precedente, con la 5-8 ) lo sforzo di compressione
generato dalla dilatazione impedita del distanziale:
= E = 117.000 MPa 0,00144 = 168,5 MPa
b) Si risolve la 5-1 rispetto alla forza F sul distanziale:
d2 (28 10 3 m)2
F = A = = 168,5 10 6 Pa = 103,7 kN
4 4

COMMENTI
Lallungamento l del distanziale, qualora non si impedisse la dilatazione, sarebbe pari a (5-7):
1 = lT = 250 mm 18 10 6 K 1 80 K = 360 m
Si tratta di un allungamento imponente (360 m) che giustifica i valori estremamente elevati della ten-
sione (168,5 MPa) e della forza F (103,7 kN) di compressione che nascono nel momento in cui si impe-
118 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

disce questo allungamento. Se, ad esempio, si considerasse anche una differenza di temperatura di solo
1 C, si avrebbe sempre un allungamento non trascurabile di 4,5 m; per ottenere infatti questo stesso
allungamento l = 4,5 m, facendo ricorso ad una forza e non ad una variazione di temperatura, sarebbe
necessaria una tensione di trazione (5-3 e 5-2):
l 0,0045 mm
= E = E = 117.000 MPa = 2,1 MPa
l 250 mm
e un carico di trazione F non certo trascurabile (5-1):
F = A = 2,1 106 Pa 6,157 10 4 m2 = 1,3 kN
Negli organi delle macchine, anche non termiche, il funzionamento d luogo ad aumenti di temperatura
spesso importanti di 10, 20, 40 C ed oltre dovute a quelle dissipazioni di energia che vengono espresse
dal concetto di rendimento. In un cambio di velocit, ad esempio, lenergia meccanica entrante supe-
riore a quella che viene restituita: la differenza di energia tra ingresso e uscita viene dissipata negli attriti
dei vari organi (cuscinetti, ingranaggi, ecc.) e viene scambiata sotto forma di calore con aumenti locali
della temperatura. Gli aumenti di temperatura sono non solo diversi per i vari organi (gli alberi del cam-
bio di velocit lavorano ad una temperatura pi alta del carter che ha la possibilit di essere raffreddato
dallaria ambiente), ma danno origine anche ad effetti diversi in quanto i materiali differenti con cui ven-
gono realizzate le diverse parti della macchina hanno coefficienti di dilatazione tra loro diversi. Nel pro-
getto degli organi della macchina occorre quindi fare attenzione ad adottare un disegno e dei materiali
che consentano di minimizzare gli effetti delle variazioni di temperatura.

5. 7 CREEP E FATICA
Esistono delle condizioni di carico per cui il
Frattura cedimento del materiale pu avvenire per
Sforzo o Frattura valori dello sforzo molto inferiori a quanto si
temperatura elevati verifica nella prova di trazione (Paragrafo 5.3);
Deformazione

queste condizioni sono rappresentate dal creep


Sforzo o
temperatura bassi
(pronuncia crip) e dalla fatica. Il creep (scor-
rimento plastico a caldo) laumento graduale
della deformazione plastica in un materiale
con il tempo sotto carico costante. Alcuni
materiali sono soggetti a questo fenomeno par-
Creep Creep Creep ticolarmente a temperature elevate: anche sotto
Deformazione
iniziale primario secondario terziario un carico costante le deformazioni dovute al
creep possono aumentare continuamente fino
Tempo alla frattura. Questa forma di frattura di par-
ticolare interesse nel caso di organi di mac-
Fig. 5.15 - Curva tipica di creep. chine sollecitati ad alta temperatura, come, ad
esempio, palette delle turbine termiche, com-
ponenti di reattori nucleari, motori a razzo. La Figura 5.15 presenta la forma tipica del diagramma
della deformazione in funzione del tempo o curva di creep per due condizioni di bassa ed alta
temperatura. In ciascun caso la curva mostra le seguenti caratteristiche principali:
a) una deformazione iniziale, dovuta allapplicazione del carico. In molti casi si tratta di una
deformazione elastica;
b) una regione di creep primario, durante la quale la velocit di creep (pendenza del grafico)
diminuisce;
c) una regione di creep secondario, quando la velocit di creep sensibilmente costante (il gra-
fico una linea retta);
d) una regione di creep terziario, durante la quale la velocit di creep accelera fino alla frattura.
5.7. CREEP E FATICA 119

Trazione (+)
Sforzo
Cicli
1

Compressione ()
1 3 1
2
4 4

b
Ampiezza
a delloscillazione
Sforzo (+ )

dello sforzo
Intervallo r
dello sforzo max
Sforzo
m
medio
min

Tempo (t)

Fig. 5.16 - I tipi pi diffusi di sollecitazione a fatica.


a) Fatica alternata (simmetrica): la sollecitazione espressa da uno sforzo variabile tra due valori uguali, ma
di segno opposto.
b) Fatica pulsatoria ondulata: le alternanze oscillano fra un valore massimo ed uno minimo entrambi dello
stesso segno (in questo caso positivo).

Il materiale sensibile agli effetti del creep dovr allora essere soggetto nella sua vita soltanto a
sforzi che non facciano uscire quel determinato elemento di macchina dalla regione secondaria.
La fatica il cedimento del materiale sotto sforzi non pi statici ma dinamici. La fatica inte-
ressa in modo particolare quegli elementi meccanici, come componenti di motori, palette di tur-

a b
Ampiezza delloscillazione

Ampiezza delloscillazione
dello sforzo ( a)

dello sforzo ( a)

Limite a fatica ( f) Resistenza a fatica ( )


N

N
Numero di cicli a rottura (N ) Numero di cicli a rottura (N )

Fig. 5.17 - Diagrammi tipici di resistenza a fatica (curva di Whler) con 1ampiezza di oscillazione della sol-
lecitazione a in funzione del numero di cicli N che determina la frattura del provino (N pu arrivare fino ad oltre
100 milioni di cicli).
a) Curva per cui esiste il limite di fatica f (potrebbe essere quella di un acciaio dolce).
b) Curva per cui non esiste il limite di fatica (potrebbe essere una lega leggera); in tal caso viene preso il valore
dellampiezza delloscillazione dello sforzo ( la resistenza a fatica N) al di sotto della quale il provino in grado
di raggiungere una vita a fatica di N cicli.
120 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

bine, sospensioni dei veicoli, ecc., che durante la loro vita sono soggetti a fluttuazioni cicliche
del carico (Figura 5.16 ). Il comportamento dei materiali a fatica viene di solito descritto dalla
curva di Whler (Figura 5.17), un diagramma avente in ordinate lampiezza delloscillazione
della sollecitazione a (Figura 5.16) e in ascisse il corrispondente numero di cicli N che porta
alla frattura del provino. Laspetto fondamentale della curva di Whler (Figura 5.17-a) il valore
asintotico dello sforzo f , chiamato limite di fatica, al di sotto del quale non si verifica il cedi-
mento del provino per fatica qualunque sia il numero di cicli N (ad esempio, superiore a
100 milioni): il pezzo viene progettato in modo che gli sforzi non superino il limite di fatica ed
il pezzo pu cos raggiungere una vita infinita. Ci, tuttavia, implica molto spesso un sovradi-
mensionamento del pezzo sia in termini di massa che di qualit del materiale anche in quei casi
in cui lo sforzo supera solo occasionalmente il limite di fatica, come pu avvenire per le strut-
ture aeronautiche; la situazione viene ulteriormente complicata dal fatto che molti materiali non
mostrano un limite di fatica (Figura 5.17-b). Il pezzo viene allora progettato per rispettare un
valore dello sforzo, chiamato resistenza a fatica N , al di sotto della quale il pezzo in grado
di raggiungere una vita finita di N cicli accettando che sul lavoro gli sforzi superino occasio-
nalmente N .

5. 8 FATTORE DI SICUREZZA, PROGETTO E VERIFICA


Vi sempre il rischio che lo sforzo, al quale, durante il lavoro, soggetto un membro di una
struttura meccanica, possa eccedere la resistenza del materiale con cui quel membro stato rea-
lizzato. Lo scopo del fattore (o coefficiente o grado) di sicurezza n proprio quello di rendere
minimo questo rischio; esso definito dal rapporto tra un valore caratteristico della resistenza
del materiale e la tensione ammissibile che il valore dello sforzo che, in un determinato mem-
bro di una struttura meccanica, non deve essere superato durante il lavoro per evitare danni alla
struttura:

resistenza del materiale


n= 5-9
tensione ammissibile

Il valore caratteristico della resistenza del materiale rappresentato da:


il limite di snervamento s per i materiali duttili, come gli acciai, di cui si vuole limitare lec-
cessiva deformazione, causata dalla deformazione plastica al di l del punto di snervamento;
la resistenza a trazione o a compressione u5.9, nel caso dei materiali fragili per i quali il cedi-
mento coincide con la rottura;
il limite di fatica f oppure la resistenza a fatica N5.10, nel caso in cui il pezzo sia sottopo-
sto a carichi dinamici.
Un valore del fattore di sicurezza pari a 3 significa, ad esempio, che nel progetto si previsto
che la tensione ammissibile dovr essere inferiore di 3 volte alla resistenza del materiale con cui
realizzato il membro della struttura oppure che quel dato membro della struttura in grado
di sopportare fino a 3 volte il valore dello sforzo a cui il membro sar soggetto nelle normali con-

5.9 - Nei materiali fragili la resistenza a materiali, non siano conosciuti n il li- da costruzione il limite di fatica f ri-
compressione uc normalmente mag- mite di fatica f n la resistenza a fatica sulta (0,4 0,6) u per la flessione al-
giore della resistenza a trazione ut. N , si adotta un valore ridotto della resi- ternata, (0,3 0,45) u per la trazione-
stenza a trazione u, di solito riportato compressione assiale alternata e (0,23
5.10 - Allorch, come accade per molti nei manuali. Ad esempio, per gli acciai 0,35) u per la torsione alternata.
5.8. FATTORE DI SICUREZZA, PROGETTO E VERIFICA 121

dizioni di lavoro. Il fattore di sicurezza tiene conto di diverse fonti di incertezza relative al pro-
getto della struttura meccanica:
a) Natura del carico Anche se il progetto viene basato su carichi considerati statici, variazioni
nelle condizioni del servizio oppure disattenzioni da parte degli operatori possono portare
a condizioni di carico dinamico oppure durto che comportano un aumento significativo nel
livello degli sforzi massimi.
b) Natura degli sforzi I metodi di fabbricazione e di assemblaggio del componente possono
incidere significativamente sulla sua vita in opera; si pensi agli sforzi residui introdotti dal
processo di lavorazione e trattamento oppure agli sforzi indotti dal montaggio (ad esempio
con saldature oppure provocando deformazioni oltre il limite elastico), come pure ai possi-
bili danneggiamenti subiti durante la manipolazione e il trasporto. Agli sforzi vanno colle-
gate le propriet meccaniche del materiale usato che non sono mai perfettamente conosciute.
I valori elastici standard riportati nei manuali si riferiscono infatti a materiali ideali5.1 con
uguale resistenza in tutte le direzioni. Questo comportamento si riscontra raramente nella
realt e gli effetti di discontinuit interne, inclusioni ed altri difetti possono indebolire in
modo significativo il materiale.
c) Tipo di servizio Il componente della struttura pu trovarsi a lavorare in condizioni anche
molto diverse da quelle previste in sede di progetto. Ad esempio la variabilit delle condi-
zioni ambientali, ed in particolare la presenza di fenomeni di corrosione, pu far insorgere
degli effetti non previsti dal progetto. Occorre allora introdurre un fattore di rischio che tenga
conto, tra laltro, della possibilit che una rottura possa provocare danni a persone.
I valori del fattore di sicurezza variano perci in funzione del tipo di industria e dellarea di appli-
cazione a cui quel dato componente destinato. La Tabella 5.1 mostra, per alcuni casi scelti
come esempio, il fattore di sicurezza complessivo ottenuto moltiplicando i valori specifici
relativi ai diversi aspetti elencati sopra. I valori tipici del fattore di sicurezza n oscillano da 2,5
(casi di carico statico e rischio modesto) fino a 10 (carichi durto e applicazioni ad altissimo
rischio).

Tabella 5.1
Come i diversi aspetti del progetto della struttura meccanica possono influenzare il fattore di sicu-
rezza n
(a) (b) (c) Fattore di
Applicazione Natura Natura Tipo di sicurezza
del carico dello sforzo servizio (a b c)
Acciaio per costruzioni 1,2 1 2 2,4
Recipienti in pressione 1 1 3 3

Allorch si vuole procedere al progetto di un elemento di una struttura meccanica, si fissa il


valore del fattore di sicurezza n e si legge sulle tabelle dei manuali il valore caratteristico della
resistenza del materiale; si ricava quindi (5-9) la tensione ammissibile, valore dello sforzo da
non superarsi se si vuole evitare il cedimento:

resistenza del materiale


tensione ammissibile = 5-10
n

e infine si risolve, rispetto alle dimensioni dellelemento meccanico (area A), lequazione 5-1,
in cui al posto dello sforzo si considera la tensione ammissibile. Nel calcolo di verifica vengono
invece assegnate le dimensioni dellelemento e si vuole verificare che lo sforzo, calcolato con
la 5-1, risulti inferiore alla tensione ammissibile, data dalla 5-10.
122 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

Esempio 5. 6 Dimensionamento di unasta


Unasta di sezione rettangolare, realizzata con un acciaio da bonifica 42 Cr Mo 4 avente un limite di sner-
vamento s = 900 MPa, sollecitata a trazione da una forza F = 50 kN. Nellipotesi di adottare un fat-
tore di sicurezza n = 5 e sapendo che la larghezza b uguale a 6 volte lo spessore c, determinare le dimen-
sioni della sezione A dellasta.

SOLUZIONE
Il valore caratteristico della resistenza del materiale da introdurre nellequazione 5-10, che d la tensione
ammissibile amm, il limite di snervamento s, poich il materiale un acciaio (materiale duttile):
s 900 MPa
amm = = = 180 MPa
n 5

Una volta determinata la tensione ammissibile amm, si calcola con la 5-1, che ora si scrive amm = F/A,
la sezione A; questa, essendo lasta di sezione rettangolare, vale A = bc = 6cc = 6c2, poich la larghezza
b uguale a 6 volte lo spessore c (b = 6c):

F F F
amm = 6c 2 = c2 =
A amm 6 amm

50.000 N
c= = 6,8 mm b = 6c = 6 6,8 mm = 40,8 mm
6 180 166 Pa

COMMENTI
1. Per esercizio si rifacciano i calcoli con un diverso valore del fattore di sicurezza, ad esempio n = 2,5.
In tal caso le dimensioni della sezione trasversale dellasta risulterebbero: c = 4,8 mm e b = 28,8 mm.
Come si vede le dimensioni e quindi la massa dellasta vengono notevolmente modificate al variare
del valore del fattore di sicurezza, parametro che tra i pi importanti nel progetto di una struttura mec-
canica e che quindi va scelto con particolare attenzione. Il fattore di sicurezza non deve essere cio
troppo basso perch in tal caso si rischia il cedimento della struttura, ma neanche troppo alto perch,
a parte gli sprechi di materiale, masse eccessive rendono praticamente irrealizzabile la struttura:
tipico il caso dei motori alternativi a combustione interna dove masse eccessive del manovellismo sono
fonte di forze di inerzia non pi dominabili.

2. Si voglia adesso verificare, per il materiale avente amm = 180 MPa, la resistenza di unasta di area
A = bc = 44 mm 7,1 mm = 312,5 mm 2. La sollecitazione nellelemento, data da (5-1)
= F/A = 50.000 N / 312,5 mm2 = 160 MPa, risulta inferiore a amm ed il pezzo quindi verificato.
Se al contrario lasta da verificare avesse avuto una sezione pi piccola, ad esempio A = 250 mm2, la
sollecitazione sarebbe risultata = 200 MPa, valore maggiore dello sforzo amm = 180 MPa che si
ammette per la sicurezza dellelemento in quelle date condizioni di lavoro; lelemento di macchina in
questultimo caso potrebbe arrivare al cedimento.

5. 9 CONCENTRAZIONE DEGLI SFORZI


Un carico concentrato (Figura 5.18) determina la presenza nelle immediate vicinanze del
punto di applicazione di sforzi particolarmente elevati che diventano uniformi con un valore pari
a quello dello sforzo medio, o sforzo nominale nom, solo a partire da una distanza pari alla lar-
5.9. CONCENTRAZIONE DEGLI SFORZI 123

a b c d
F F F F

b/2
b
b/4
nom = F/A
nom
max = 2,575 nom max = 1,387 nom nom
b
max = 1,027 nom

Fig. 5.18 - Distribuzione degli sforzi in prossimit del carico concentrato F applicato ad una colonna corta ottenuta facendo uso dei
metodi della teoria della elasticit.
a) Colonna sollecitata a compressione dalle forze F applicate alle due estremit.
b) Distribuzione degli sforzi ad una distanza pari ad un quarto della larghezza b della colonna.
c) Distribuzione degli sforzi ad una distanza pari a met della larghezza b della colonna.
d) Distribuzione degli sforzi ad una distanza uguale alla larghezza b della colonna.

ghezza b della colonna 5.11 (Figura 5.18-d). Allo stesso modo (Figura 5.19) la presenza di bru-
sche variazioni della sezione resistente, fori, intagli, scanalature, ecc. determina un aumento,
anche notevole, degli sforzi locali. Questi sforzi massimi dipendono soltanto dalle proporzioni
geometriche dellelemento e vengono messi in relazione
nom
con lo sforzo nominale, dato dallequazione 5-1, mediante
il fattore teorico di concentrazione degli sforzi Kt :
sforzo massimo
Kt = 5-11
max
sforzo nominale
rapporto tra lo sforzo massimo raggiunto a causa della
presenza della discontinuit e lo sforzo nominale relativo
ad una distribuzione uniforme del carico sulla sezione
lontana in cui non presente lindebolimento provocato
dalla discontinuit (Figura 5.19 ). Lo sforzo massimo va
nom confrontato con la tensione ammissibile (equazione 5-10)
in quanto superando localmente lo sforzo massimo si veri-
Fig. 5.19 - In corrispondenza della sezione con il foro fica il cedimento della struttura. Nel dimensionamento, il
la distribuzione degli sforzi non pi uniforme: max
la tensione normale massima, mentre nom la ten-
valore dello sforzo massimo viene uguagliato alla ten-
sione normale nominale. sione ammissibile in modo da ricavare la dimensione inco-
gnita del membro della struttura che si vuole progettare.

5.11 - Per un materiale puramente ela- tutti i materiali esibiscono qualche com- della regione dove il carico applicato.
stico lo sforzo massimo max diviene teo- portamento plastico; ne segue che im- Perci, nella determinazione degli sforzi
ricamente infinito nel punto in cui con- possibile raggiungere uno sforzo infinito. in una trave, verranno considerate quel-
centrato il carico, poich la forza finita F Il principio di Saint Venant, enunciato le sezioni, che distano dal carico con-
agisce su unarea che vale zero ( larea dal grande scienziato francese nel 1855, centrato di una distanza maggiore della
del punto). Tuttavia, nelle situazioni reali, afferma che il modo di applicazione del larghezza della trave stessa in quanto su
non possibile imbattersi in un carico carico importante, ai fini della distri- queste sezioni possibile assumere una
veramente concentrato e virtualmente buzione degli sforzi, solo nelle vicinanze distribuzione uniforme degli sforzi.
124 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

Esempio 5. 7 Dimensionamento di una barra scanalata


Una barra circolare, realizzata in acciaio inossidabile AISI 403
F = 300 kN F = 300 kN indurito e temprato avente un limite di snervamento s = 585 MPa,
D d sollecitata a trazione pura da una forza F = 300 kN. La barra
reca una scanalatura (Figura 5.20) alla quale corrisponde un
fattore di concentrazione degli sforzi Kt = 1,6. Nellipotesi di
Fig. 5.20 - Barra sollecitata a trazione dellEsempio 5.6. adottare un fattore di sicurezza n = 3, determinare il diametro D
della barra.

SOLUZIONE
La tensione ammissibile amm , per la 5-10, data da:
s 585 MPa
amm = = = 195 MPa
n 3
Lo sforzo nominale la tensione normale riferita alla sezione di diametro D in cui non presente la
scanalatura; lo sforzo massimo invece la tensione normale massima max che si raggiunge nella sezione
indebolita di diametro d in cui presente la scanalatura e coincide, per il dimensionamento, con la ten-
sione ammissibile amm (max = amm). Con la 5-11 si ricava la tensione normale nominale (nom = ):

sforzo massimo amm 195 MPa


Kt = = max = = = 121,9 MPa
sforzo nominale nom Kt 1,6

e quindi, con la 5-1, la sezione A della barra di diametro D:


F F 300.000 N
= A= = = 0,002461 m 2 = 2461 mm 2
A 121,9 10 6 Pa

D 2 4A 4 2461 mm 2
A= D= = = 56 mm
4

5. 10 PROPRIET DEI MATERIALI

5. 10. 1 Metalli e loro leghe


I metalli utilizzati nelle macchine possono essere divisi in due gruppi sulla base del loro con-
tenuto di ferro: quelli costituiti prevalentemente da ferro vengono chiamati metalli ferrosi, men-
tre tutti gli altri sono detti non ferrosi. I metalli leggeri comprendono alluminio, magnesio e tita-
nio; i metalli refrattari, caratterizzati da una elevata resistenza al calore, comprendono tungsteno
e molibdeno.
Le leghe vengono ottenute aggiungendo quantit, che possono essere anche estremamente
modeste, di elementi diversi al metallo di base che, in tal modo, acquista propriet significati-
vamente differenti da quelle dei singoli costituenti. Le leghe pi usate sono quelle a base di ferro
con piccole quantit di carbonio, di solito inferiore al 4% in massa, in modo da produrre
acciaio oppure ghisa. Lacciaio contiene meno del 1,5% di carbonio; i comuni acciai al carbo-
nio, composti quasi interamente di ferro e carbonio, si suddividono in acciai dolci o basso tenore
di carbonio (carbonio inferiore a 0,25%), acciai a medio (carbonio da 0,25 a 0,6%) e acciai ad
alto tenore di carbonio (carbonio da 0,6 a 0,9%). Prende il nome di acciaio legato quellacciaio
5.10. PROPRIET DEI MATERIALI 125

a cui, oltre al carbonio, vengono aggiunti altri elementi; lelemento predominante aggiunto deter-
mina il nome dellacciaio: ad esempio, lacciaio al silicio usato per fare le molle. Le ghise hanno
un pi alto contenuto di carbonio (maggiore del 2,11%) insieme ad altri elementi quali silicio,
magnesio, zolfo e fosforo. La ghisa pi comune la ghisa grigia, molto fragile, facilmente lavo-
rabile di macchina, che conduce bene il calore; laggiunta di piccole quantit di magnesio alla
ghisa allo stato liquido porta alla ghisa sferoidale, materiale resistente, tenace e duttile.
Tra i metalli non ferrosi e le loro leghe occorre citare in primo luogo lalluminio, metallo a basso
punto di fusione di elevata conducibilit elettrica e termica e con buona resistenza alla corro-
sione; dopo lacciaio, il materiale pi usato a causa dellelevato rapporto tra resistenza e massa.
Il rame, in lega con lo zinco (fino al 40%) e a piccole quantit di altri elementi come lo stagno
d luogo allottone; quando invece il rame viene legato, non allo zinco, ma ad altri elementi
come stagno, fosforo, silicio o alluminio si ha il bronzo, di cui alcuni tipi, come il bronzo fosfo-
roso (bronzo a base di stagno con aggiunto fosforo) oppure il bronzo-manganese sono parti-
colarmente resistenti alla corrosione provocata dallacqua salata. Altre leghe non ferrose sono
quelle basate su nichel (dure e resistenti), magnesio (il metallo pi leggero) e titanio (leggere
e particolarmente resistenti anche ad alta temperatura).

5. 10. 2 Polimeri e plastiche


Un polimero una sostanza costituita principalmente da atomi di carbonio e creata legando tra
loro piccole molecole, dette monomeri, in modo da formare molecole grandi o macromolecole.
In funzione del tipo di legame tra i monomeri, il polimero risultante pu essere cristallino oppure
amorfo o una combinazione di questi due stati. Esempi esistenti in natura sono il diamante (poli-
mero cristallino), la gomma e la cellulosa (ambedue polimeri amorfi).
Plastica indica di solito il polimero sintetico ( il polimero che viene ottenuto artificialmente,
cio per sintesi, chiamato anche resina) a cui sono state aggiunte sostanze diverse, chiamate
additivi. Le plastiche, a meno che non vengano rinforzate con altri materiali, sono poco adatte
a sopportare i carichi soprattutto a causa delle modeste propriet elastiche e della bassa resistenza
a trazione o a compressione. Tuttavia la bassa densit delle plastiche permette di ottenere un rap-
porto ancora moderatamente favorevole tra la sia pure modesta resistenza e la loro densit con-
sentendone la diffusione nelle pi diverse applicazioni.
I valori del modulo di elasticit, della resistenza alla trazione e della percentuale di allunga-
mento a frattura delle plastiche sono grandemente influenzate dalle condizioni di temperatura
e dalla velocit e dalla durata di applicazione del carico. Si possono distinguere tre categorie
di plastiche:
a) Termoplastiche Sono di solito derivate dalletilene ( lidrocarburo C2H4 con due atomi
di carbonio e quattro atomi di idrogeno); una volta formate, possono essere rammollite e
colate negli stampi scaldandole. Sono in genere duttili, con alti allungamenti sotto carico,
buona resistenza allurto ma molto sensibili al calore. Il nailon (in inglese nylon) un
esempio di termoplastica, tenace, resistente agli urti e alla corrosione e con buone propriet
autolubrificanti.
b) Plastiche termoindurenti Sono formate da polimeri amorfi che vengono fatti diventare
cristallini quando scaldati ad una data temperatura che funzione del tipo di polimero. Sono
fragili, ma piuttosto resistenti. Vengono danneggiate se scaldate o sottoposte a pressione.
Esempi di plastiche termoindurenti sono le resine epossidiche.
c) Elastomeri Vengono cos chiamate le gomme naturali e sintetiche e tutte quelle materie
plastiche che hanno propriet simili alle gomme. Lelastomero, quando sottoposto ad un
carico di trazione alla temperatura ambiente, si allunga moltissimo con corrispondente
riduzione della sezione trasversale; proprio a causa della sensibile riduzione dellarea tra-
sversale, allaumentare del carico, questi materiali non seguono la legge di Hooke.
126 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

5. 10. 3 Fibre
Le fibre inorganiche, principalmente vetro, carbonio e acciaio, rappresentano lo sviluppo del
concetto di fibra organica utilizzata nei tessuti. La differenza tra la propriet del materiale e la
fibra , ad esempio, messa in evidenza dalle fibre di vetro: il vetro ordinario ha una resistenza
a trazione generalmente inferiore a 170 MPa, ma in forma di fibre pu arrivare fino a 3000 MPa.
Le fibre di carbonio hanno un modulo di elasticit molto alto pari a 410 GPa ed una resistenza
a trazione fino a 2000 MPa.

5. 10. 4 Materiali compositi


Le fibre vengono utilizzate per rinforzare le plastiche ed altri materiali in modo da migliorarne
alcune propriet come, ad esempio, il rapporto tra resistenza e massa oppure la capacit da parte
di un materiale debole di sopportare un carico di trazione. Questo rinforzo pu essere fatto sotto
forma di nervature (fibre molto lunghe disposte come un tessuto) oppure con una matassa con-
tinua di fibre molto sottili ma pi spesso le fibre vengono sminuzzate in piccoli pezzi di filato
sotto forma di feltro. Il rinforzo delle materie plastiche, mediante fibre di vetro, di carbonio
oppure di acciaio agglomerate nella plastica, d luogo a materiali particolarmente leggeri,
detti materiali compositi, in cui la plastica protegge le fibre da sfregamento e da attacchi chi-
mici, mentre le fibre sopportano i carichi di trazione.
Le propriet del materiale composito dipendono non solo da quelle delle fibre e della plastica
che le ospita, ma anche dalla lunghezza e dalla massa delle fibre contenute oltre che dal tipo di
legame tra fibra e plastica. I valori risultanti del modulo di elasticit e della resistenza a trazione
del materiale rinforzato sono di solito pi bassi di quelli delle fibre impiegate nel rinforzo. Una
tipica termoplastica, come il poliestere, ha, quando non ancora rinforzato, bassi valori del
modulo elastico (E = 500 MPa) e della resistenza a trazione (u < 70 MPa) e un elevato allun-
gamento (dal 60 al 110%); quando il poliestere viene rinforzato, a seconda delle fibre, il
modulo elastico aumenta fino a tre volte e la resistenza fino a 10 volte, mentre si verifica una
perdita di duttilit e di resistenza allurto. Significative applicazioni dei materiali compositi sono
rappresentate da pale per le eliche di turboelica oppure per i rotori delle turbine eoliche.

5. 11 SOMMARIO
Le forze interne si oppongono alla modifica nella forma del corpo, che le forze esterne rap-
presentate dai carichi (incluso il peso del corpo) e dalle reazioni vincolari cercano di produrre,
generando degli sforzi, rapporto tra la forza esterna F e larea A interessata. Lo sforzo si
misura in pascal [Pa = N/m2] o pi abitualmente in megapascal [MPa = N/mm2 = 106 Pa]. Nei
casi specifici useremo spesso il termine equivalente e pi intuitivo di tensione; si ha cos la ten-
sione normale quando larea A interessata dallo sforzo forma un angolo retto con la linea di
azione della forza esterna F, mentre la tensione tangenziale o di taglio tangente allarea in
quanto la forza F applicata sullo stesso piano dellarea A interessata dallo sforzo. Alle due ten-
sioni e corrispondono delle deformazioni del corpo espresse da puri numeri (cio senza
dimensioni): deformazione normale (o dilatazione) , rapporto tra la variazione di lunghezza l
e la lunghezza originaria l, e la deformazione tangenziale (o scorrimento angolare) . Nel
campo elastico, le tensioni sono proporzionali alle deformazioni attraverso i moduli di elasti-
cit normale E e tangenziale G: = E , = G ; esiste, inoltre, il rapporto di Poisson v tra defor-
mazione laterale e deformazione assiale.
Il fattore di sicurezza n il rapporto tra un valore caratteristico della resistenza del materiale e
la tensione ammissibile che il valore dello sforzo che, in un determinato membro di una strut-
5.11. SOMMARIO 127

tura meccanica, non deve essere superato durante il lavoro per evitare danni alla struttura. Il
valore caratteristico della resistenza del materiale rappresentato da:
il limite di snervamento s per i materiali duttili, come gli acciai, di cui si vuole limitare lec-
cessiva deformazione, causata dalla deformazione plastica al di l del punto di snervamento;
la resistenza a trazione o a compressione u, nel caso dei materiali fragili per i quali il cedi-
mento coincide con la rottura;
il limite di fatica f oppure la resistenza a fatica N, nel caso in cui il pezzo sia sottoposto a
carichi dinamici.
Nel progetto di un elemento di una struttura meccanica, si fissa il valore del fattore di sicurezza
n e si legge sulle tabelle dei manuali il valore caratteristico della resistenza del materiale; si
ricava quindi la tensione ammissibile (rapporto tra resistenza del materiale ed n); si risolve infine
lequazione sforzo = F/A, in cui al posto dello sforzo si considera la tensione ammissibile,
rispetto alle dimensioni dellelemento meccanico. Nel calcolo di verifica vengono invece asse-
gnate le dimensioni dellelemento e si vuole verificare che lo sforzo risulti inferiore alla tensione
ammissibile.

Esercizi proposti
5.1 Trovare lallungamento di una barra di acciaio 5.6 Calcolare la deformazione di un provino,
lunga 3 m che, sottoposta a trazione, si allunga di 1,8 mm. avente una lunghezza di misura pari a 50 mm, che sot-
toposto ad una prova di trazione aumenta la sua lun-
= 0,0006 ghezza di 25 m.
= 0,0005 = 0,05%

5.2 Calcolare il tipo e il valore dello sforzo esercitato


da un carico di trazione pari a 1 kN sulla sezione tra- 5.7 Una barra di alluminio lunga 300 mm e con un
sversale di 50 mm2 di una barra. diametro di 50 mm, quando sottoposta ad una forza di tra-
zione di 100 kN, subisce un allungamento di 0,219 mm,
sforzo = = 20 MPa mentre il diametro subisce una contrazione di 0,01215 mm.
Calcolare il rapporto di Poisson e il modulo di elasticit E.

5.3 Sapendo che il modulo di elasticit E di un = 0,33; E = 70 GPa


acciaio pari a 206 GPa, determinare la deformazione
prodotta da uno sforzo di 310 MPa. 5.8 Calcolare la deformazione corrispondente ad
= 0,0015 una tensione normale di 9,5 MPa su una barra in lega di
alluminio (avional 24 ricotto) avente un modulo di ela-
sticit pari a 73 GPa.
5.4 Calcolare il tipo e il valore dello sforzo esercitato = 0,00013 = 0,013%
da un carico di trazione pari a 59 kN sulla sezione tra-
sversale di un tubo avente un diametro esterno di 40 mm
5.9 Una barra di diametro pari a 30 mm, quando
e un diametro interno di 35 mm.
sottoposta ad un carico assiale di trazione pari a 101,4 kN,
sforzo = = 200 MPa manifesta una deformazione lungo lasse dello 0,2%, men-
tre il diametro subisce una contrazione di 0,002 mm.
Calcolare i valori delle costanti elastiche E, G e .
5.5 Calcolare la tensione sulla sezione trasversale
(6,0 mm 25 mm) di una barra di acciaio lunga 5 m sol- E = 71,7 GPa; G = 26,95 GPa; = 0,33
lecitata da un carico di 22,5 kN. Sapendo che il materiale
della barra acciaio con modulo di elasticit E = 206 GPa, 5.10 Calcolare il tipo e il valore dello sforzo in una
determinare la deformazione e lallungamento comples- barra di ottone di sezione circolare con diametro 27,6 mm
sivo . a cui applicato un carico di taglio pari a 30 kN.
= 150 MPa; = 0,000728; = 3,64 mm sforzo = = 50 MPa
128 CAPITOLO 5. SFORZI E DEFORMAZIONI

5.11 Unasta in acciaio (E = 200 GPa, = 11,7 10 6 K 1) 5.17 Unasta di una struttura in lega di alluminio
lunga l = 5 m di una struttura viene posta tra due pareti 2024-T3 (E = 73 GPa, = 23 10 6 K 1) lunga 170 mm
ciascuna delle quali consente una dilatazione di 0,4 mm. e ha un diametro di 9,5 mm alla temperatura di 20 C.
Determinare lo sforzo di compressione che viene gene- Calcolare lallungamento I quando la temperatura del-
rato, qualora si verifichi un aumento di temperatura lasta viene portata a 75 C. Determinare poi, nel caso di
T = 50 C. A differenza dellEsempio 5.5 dove la dilata- dilatazione completamente impedita, lo sforzo e il
zione del distanziale era completamente impedita, in carico F nellasta.
questo caso le pareti laterali, in mezzo alle quali si trova
l = 0,215 mm; = 92,3 MPa; F = 6,5 kN
lasta di acciaio, sono in grado di impedirne solo par-
zialmente la dilatazione. Occorre allora tener conto che
la dilatazione libera dellasta l = lT viene contrastata 5.18 Calcolare la tensione di taglio in un gancio,
solo per la parte Ip = l L dove L la dilazione con- supportato da un blocchetto a base rettangolare di area
sentita ai due estremi dellasta dalla permeabilit delle pari a 200 mm2 incollato ad una parete verticale, che
due pareti; nel nostro caso L vale 2 0,4 mm = 0,8 mm sostiene un carico complessivo (incluso il peso del gan-
in quanto, trattandosi di due pareti, occorre moltiplicare cio) di 200 N.
per le 2 la dilatazione di 0,4 mm consentita da una sola = 1 MPa
parete.
= 85 MPa 5.19 Quale valore deve avere il diametro interno d
di una barra cilindrica avente un diametro esterno di
25 mm soggetta ad un carico assiale di 100 kN in modo
5.12 Calcolare lo sforzo sulla sezione trasversale
da rispettare una tensione ammissibile di 240 MPa.
(30 mm 50 mm) normale allasse di una barra di acciaio
a cui applicata una forza di 19,5 kN. d = 9,7 mm

sforzo = = 13 MPa
5.20 Calcolare la dilatazione e la contrazione late-
rale di una barra in lega di ferro per alta temperatura (A
5.13 Determinare il massimo diametro d del foro in 286 con coefficiente di Poisson = 0,31) lunga 100 mm
una lastra in lega di alluminio (amm = 120 MPa) dello e larga 11 mm, sapendo che sotto carico la barra si
spessore di 15 mm sapendo che la forza di punzonatura allunga di 0,012 mm.
va limitata a 80 kN.
d = 14 mm = 0,00012 = 0,012%;
contrazione laterale = 0,0004 mm

5.14 Calcolare il modulo di elasticit E del mate- 5.21 Una barra di acciaio da bonifica al nichel-
riale di una barra lunga 200 mm che, sotto lazione di un cromo 35 Ni Cr 9 (E = 200 GPa, = 11,7 106 K1)
carico assiale di 100 kN, subisce un allungamento di lunga 685 mm ed ha una sezione circolare costante di
0,000196 mm. diametro pari a 11 mm. La barra, che ha i due estremi fissi,
E = 208 GPa
viene riscaldata in modo tale che la temperatura del
primo estremo pari a 15 C mentre quella del secondo
5.15 Ad una barra di acciaio a sezione circolare estremo pari a 75 C con una distribuzione lineare
applicato un carico di taglio uguale a 31,5 kN. Deter- della temperatura dal primo verso il secondo estremo; la
minare il diametro D della sezione necessario per non variazione di temperatura T da considerare allora un
eccedere una tensione di taglio pari a 100 MPa. valor medio rappresentato dalla semisomma delle tem-
perature ai due estremi: T = (15 C + 85 C)/2 = 50 C.
D = 20,0 mm Calcolare lo sforzo di compressione e il carico F sulla
barra; determinare infine lallungamento I nel caso in cui
la barra fosse libera di muoversi ai due estremi.
5.16 Determinare il carico massimo F che pu essere
= 117 MPa; F = 11,1 kN; l = 0,4 mm
applicato ad un perno (diametro 11 mm) di un gancio del
tipo di quello mostrato nella Figura 5.14, sapendo che la
tensione di taglio ammissibile pari a 200 MPa. Il perno 5.22 Determinare il massimo carico F sopportabile
sollecitato a taglio doppio e quindi larea interessata dal da una barra di acciaio avente una sezione trasversale
taglio il doppio della sezione trasversale del perno. pari a 34 mm 15 mm qualora la tensione ammissibile
sia pari a 400 MPa.
F = 38 kN F = 204 kN
ESERCIZI PROPOSTI 129

5.23 Unasta di sezione circolare, realizzata con un = 11,7 106 K 1) limitata da due supporti rigidi a causa
acciaio avente un limite di snervamento s = 360 MPa, di un aumento di temperatura di 9 C.
sollecitata a trazione pura da una forza di 113,15 kN. = 21,8 MPa
Nellipotesi di adottare un fattore di sicurezza pari a 4,
calcolare la sollecitazione ammissibile amm, larea A 5.26 Una barra circolare, realizzata in acciaio inos-
della sezione trasversale e il diametro d dellasta. sidabile AISI 301 lavorato a freddo (limite di snervamento
s = 965 MPa), sollecitata da un carico di trazione
amm = 90 MPa; A = 1257 mm2; d = 40 mm
assiale pari a 438,6 kN. La barra indebolita da una sca-
nalatura alla quale corrisponde un fattore di concentra-
5.24 Una barra a sezione circolare, realizzata in zione degli sforzi K O = 1,8. Il fattore di sicurezza pari a
acciaio avente un limite di snervamento s = 300 MPa, 2,4. Calcolare la tensione ammissibile amm, lo sforzo
soggetta ad un carico di trazione assiale di 200 kN. nominale , la sezione della barra A e il suo diametro D.
Sapendo che occorre assumere un fattore di sicurezza
n = 4 e che il fattore di concentrazione degli sforzi Kt amm = 402,1 MPa; = 223,4 MPa;
uguale a 1, calcolare la tensione ammissibile amm, larea A = 1963 mm2; D = 50 mm
A della sezione della barra e il suo diametro D.
5.27 Determinare il minimo diametro d di un bul-
amm = 75 MPa; A = 0,002667 m2; lone in acciaio strutturale (limite di snervamento
D = 58,3 mm 60 mm s = 300 MPa) che deve resistere a un carico di 700 kN,
sapendo che per quella data applicazione si richiede un
5.25 Calcolare lo sforzo provocato in una barra di fattore di sicurezza pari a 3.
d = 94,4 mm
acciaio strutturale (modulo di elasticit E = 207 GPa,
Capitolo 6
SOLLECITAZIONI
SEMPLICI

6. 1 SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFETTI E SOLLECITAZIONI


Il principio di sovrapposizione degli effetti afferma che lo sforzo oppure la deformazione
risultante in un sistema soggetto a pi forze rappresentato dalla somma algebrica degli effetti
delle forze stesse qualora le singole forze vengano applicate separatamente. Se si considera, ad
esempio, la mensola della Figura 6.1, la somma algebrica delle singole frecce prodotte da cia-
scun carico preso singolarmente d luogo alla freccia totale prodotta dalla applicazione con-
temporanea dei due carichi. Ma la sovrapposizione degli effetti pu, a rigore, essere applicata solo
se ciascun effetto legato in modo lineare alla forza che lo produce. Si visto infatti che, quando
il materiale rimane elastico (Paragrafo 5.3), la relazione tra forze e deformazioni di tipo
lineare, nel senso che (Figura 6.2), raddoppiando il carico (da F a 2F ), raddoppia anche la defor-
mazione (da 1 a 2 ); ci non avviene per un sistema non-lineare, per cui non esiste una pro-
porzionalit diretta tra carico (che passa da F a 2F ) e deformazione (che aumenta da 1 a 2 ).
Oltre alla condizione che il materiale abbia un comportamento elastico lineare, occorre anche
verificare, per poter applicare il principio di sovrapposizione, che le deformazioni siano mode-
ste: nel caso, ad esempio, della Figura 6.1, una flessione molto ampia della trave produrrebbe una
deviazione inaccettabile delle linee di azione dei carichi relativamente allasse della trave.
In virt del principio di sovrapposizione degli effetti lecito considerare separatamente i
sistemi di carico che danno luogo agli sforzi presenti allinterno dellelemento meccanico, soli-
tamente assimilato ad una trave6.1; si possono cos considerare quattro sollecitazioni, dette sem-

F2
F1 F2
F1

f1
= f1
+ f2
f
f2

Fig. 6.1 - Trave incastrata soggetta ai due carichi F1 ed F2; linflessione della trave (spostamento dellasse della trave rispetto allo-
rizzontale) di entit estremamente modesta anche se stata grandemente esagerata per renderla visibile.

6.1 - Una trave un solido lungo in con- di tutte le sezioni rette una linea chia- giore dimensione trasversale e che il pi
fronto alla sua sezione retta, che la mata asse geometrico della trave; lasse piccolo valore del raggio di curvatura
sezione trasversale perpendicolare geometrico pu essere un segmento di superi di 10 volte la maggiore dimensione
allasse longitudinale. La forma della retta oppure una linea curva continua. trasversale. Si definisce piana una trave
sezione retta pu essere qualsiasi e le Condizione necessaria affinch questo il cui asse geometrico tutto contenuto
sue dimensioni possono variare lungo solido possa definirsi una trave che in un piano che contiene anche uno degli
la trave, ma lentamente e in modo con- lasse geometrico abbia una lunghezza assi principali di inerzia della sezione
tinuo. La curva descritta dai baricentri G superiore a 10 volte quella della mag- retta (si veda anche il Paragrafo 3.3).
6.2. FORZA NORMALE (TRAZIONE O COMPRESSIONE) 131

plici (o pure) in quanto ciascuna sollecitazione si presenta isolata dalle


Materiale altre, di forza normale, flessione, taglio e torsione. Preso un tratto infini-
elastico
lineare tesimo di trave, si calcolano le tensioni che risultano dalle sollecitazioni
2F semplici6.2; queste tensioni, opportunamente combinate, vanno poi con-
frontate con la tensione ammissibile del materiale in modo da procedere
al progetto oppure alla verifica dellelemento seguendo il metodo illu-
strato nel Paragrafo 5.8.
Forze

Sistema
non-lineare
F

6. 2 FORZA NORMALE
1 (TRAZIONE O COMPRESSIONE)
0 1 2 2 Si verifica una sollecitazione di forza normale quando la trave ad asse
Deformazioni geometrico rettilineo soggetta sulle basi estreme alle due forze uguali
Fig. 6.2 - Confronto di due diverse
ed opposte N dirette secondo lasse della trave; se le due forze tendono ad
relazioni tra forze F e deformazioni allungare la trave la sollecitazione di trazione (Figura 6.3), mentre se
per sistemi lineari e sistemi non- le due forze tendono ad accorciare la trave la sollecitazione di com-
lineari. pressione. Il calcolo degli sforzi viene fatto tenendo presente le consi-
derazioni introdotte nei primi tre paragrafi del Capitolo 5. Il carico assiale

A N N A N N A N

G G G

Asse della trave

c A

N N
( A) = N
dx N
=
A
Fig. 6.3 - Trave caricata assialmente dalla forza di trazione N applicata alla sezione retta.
a) Sezione perpendicolare (o normale) A allasse della trave.
b) Tronco di trave a sinistra e tronco di trave a destra della sezione trasversale A; N a sinistra (in verde) indica la reazione vin-
colare.
c) Tratto infinitesimo di trave con distribuzione dello sforzo normale . La sommatoria delle forze elementari A pari a N.

6.2 - Si parla di sollecitazioni composte simultanea di pi sollecitazioni semplici, tazioni composte si rimanda ai manuali
(o combinate) quando le forze applicate variamente combinate tra loro. Per il cal- specializzati.
sono tali da determinare la presenza colo degli sforzi risultanti dalle solleci-
132 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

a F
b

F F

Fig. 6.4 - a) Trave soggetta al carico assiale di compressione F; la trave corta sollecitata a compressione sem-
plice, mentre la trave snella ha problemi di stabilit: in questultimo caso la trave va progettata al carico di punta
consultando i manuali.
b) Ingobbamento di un tubo sottile pressurizzato sollecitato a compressione.

N deve essere equilibrato dalla sommatoria delle tensioni normali per ciascuna area elemen-
tare A, in cui si pu immaginare suddivisa una sezione perpendicolare allasse della trave;
essendo costante, pu essere portato fuori dalla sommatoria, mentre la sommatoria delle aree
elementari d larea complessiva A della sezione; cos possibile ricavare il valore della tensione
normale :

N = ( A) = A = A =

6-1

Sostituendo il valore di N dato dalla 6-1, nella espressione della legge di Hooke (5-3) si ottiene
lallungamento nella trazione (o laccorciamento se compressione) l di una trave lunga l defi-
nito dalla 5-2:
Nl
l = l = l = 6-2
E EA

Nel progetto o nella verifica di una trave a compressione occorre limitarsi a quelle travi che
hanno un rapporto tra la lunghezza l e la dimensione minore della sezione trasversale della trave
inferiore a 10 (trave tozza). Nel caso in cui tale rapporto sia superiore a 10 (trave snella in Figura
6.4-a), si pu verificare infatti un fenomeno di instabilit tale per cui leventuale inflessione
generata dal carico non viene sufficientemente contrastata dalle reazioni elastiche: si determina
prima lincurvamento e quindi il cedimento (si dice per carico di punta) molto prima che
venga raggiunto il limite di snervamento a compressione del materiale. Fenomeni di instabilit
della struttura sono particolarmente frequenti nelle situazioni dove sono presenti sforzi di com-
pressione: un tubo con la parete sottile si deforma come un fazzoletto di carta quando viene sot-
toposto a un carico assiale di compressione (Figura 6.4-b). Questi fenomeni di incurvamento
oppure di ingobbamento, che si osservano negli elementi sollecitati, possono manifestarsi
improvvisamente; per questo motivo che i cedimenti dovuti ad instabilit strutturale sono
spesso spettacolari e sempre pericolosi.
6.2. FORZA NORMALE (TRAZIONE O COMPRESSIONE) 133

Esempio 6. 1 Dimensionamento di un tirante


Un tirante a sezione circolare in acciaio strutturale Fe 42, avente un limite di snervamento s = 240 MPa
e un modulo di elasticit E = 207 GPa, lungo l = 3 m ed caricato da una forza assiale N = 100 kN. Si
chiede di:
a) determinare il diametro D del tirante, assumendo un fattore di sicurezza n = 3;
b) calcolarne lallungamento l.

SOLUZIONE
a) La determinazione del diametro D viene fatta uguagliando la tensione normale (6-1) alla tensione
ammissibile amm (5-10), in cui figura come valore caratteristico della resistenza del materiale il
limite di snervamento s:
N nN D 2 nN 4nN
= = amm = s A= = D2 =
A n s 4 s s
4nN 4 3 100.000 N
D= = = 40 mm
s 240 N/mm 2

b) Lallungamento del tirante l si ricava con la 6-2:


Nl Nl 4 Nl 4 100 103 N 3 m
l = = = = = 115
, mm
EA D2 ED 2 207 109 Pa (0,04 m)2
E
4

Esempio 6. 2 Barra composita con fili di ottone e acciaio


Una barra composita, formata da 4 fili di ottone, aventi ciascuno un diametro do = 2,5 mm, e un filo di
acciaio, avente un diametro da = 1,5 mm, soggetta ad un carico assiale di trazione N = 1000 N. Sapendo
che il modulo elastico dellottone Eo = 103 GPa e quello dellacciaio Ea = 200 GPa, si chiede di:
a) calcolare i carichi No ed Na sostenuti rispettivamente dai fili di ottone e da quello di acciaio;
b) verificare la resistenza della barra composita, sapendo che le tensioni ammissibili dei fili di ottone e
acciaio valgono amm,o = 45 MPa e amm,a = 110 MPa.

SOLUZIONE
a) La barra composita una barra in cui due o pi membri sono rigidamente collegati tra loro in modo
tale da sostenere insieme lo stesso carico totale e subire lo stesso allungamento oppure accorciamento.
Sotto le ipotesi che:
ciascun membro si allunga o si contrae della stessa quantit l,
la quota di carico sostenuta dal membro i il prodotto della tensione i per larea Ai,
il carico totale N la somma dei carichi Ni sostenuti dai singoli membri;
si trova che il carico sopportato da ciascun membro i dato da6.3:
Ei Ai
Ni = N 6-3
E A
i
i i

6.3 - Ciascun membro della barra in bedue la lunghezza originaria l, i due totale N = N 1 + N 2 in funzione delle
materiale composito, subisce lo stesso materiali subiranno lo stesso allun - sezioni trasversali A1 ed A2 e dei moduli
allungamento o lo stesso accorciamento. gamento l e quindi uguale deforma- di elasticit E1 ed E2 dei due materiali e
Considerando, ad esempio, una barra zione 1 = 2 = l/l; risultando allora quindi i carichi N1 ed N2 sostenuti dai
composita sollecitata a trazione e costi- 1 = 1/E1 = (N1/A1)/E1 = 2 = 2/E2 = singoli membri (equazione 6-3).
tuita da due materiali 1 e 2 aventi am- = (N2/A2)/E2, si pu ricavare il carico
134 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

d o2
4 Eo
4 {Fili} Eo Ao 4 Eo d o2
No = N = 2 2
N = N =
4 {Fili} Eo Ao + E a Aa do d a 2 d a2
4 Eo + Ea E o d + E a
o
4 4 4
103.000 MPa (2,5 mm)2
= 1000 N = 850 N
(1,5 mm)2
103.000 MPa (2,5 mm)2 + 200.000 MPa
4
Si pu ottenere il carico Na sostenuto dal filo di acciaio applicando ancora la 6-3 oppure, pi
semplicemente, per differenza del carico sullottone No dal carico totale N:
Na = N No = 1000 N 850 N = 150 N
b) La barra composita risulta verificata se le tensioni (6-1) presenti nei 4 fili di ottone o e nel filo di
acciaio a sono inferiori alle rispettive tensioni ammissibili:

No 850 N
o = 2
= = 43,3 MPa < amm,o = 45 MPa
d o (2,5 mm)2
4 {Fili}
4
Na 4 150 N
a = 2
= = 85 MPa < amm, a = 110 MPa
da (1,5 mm)2
4

6. 3 FLESSIONE
y
Una trave ad asse geometrico rettilineo e di sezione costante
Figura 6.5) sollecitata a flessione semplice quando, per tutta la
Mf
lunghezza, soggetta ad un momento costante, quale pu essere
ottenuto applicando alle due estremit due coppie uguali e contra-
z
rie di momento Mf , che agiscono in un piano, detto piano di sol-
lecitazione, contenente lasse geometrico della trave6.4. Flettendo
Mf
tra le dita un blocchetto di gomma a sezione trasversale rettango-
lare (Figura 6.6), sulla faccia inferiore (convessa) della gomma le
x
fibre risultano allungate, mentre sulla faccia superiore (concava) le
fibre risultano accorciate. Uno strato neutro, caratterizzato da fibre,
Fig. 6.5 - Flessione della trave originata dalle
che non sono n allungate n accorciate, lelemento di separa-
due coppie uguali e contrarie di momento Mf
applicate alle due sezioni estreme. zione tra le due regioni; lintersezione dello strato neutro con la
sezione trasversale costituisce lasse neutro. La trave si flette con
una deformazione che, a causa della costanza del valore del
momento flettente Mf , si mantiene costante in ogni tratto: lasse della trave diviene una curva
(la linea elastica) che risulta essere un arco di cerchio di raggio e centro O. Le fibre parallele
allasse della trave si incurvano anchesse secondo archi circolari: sul lato convesso della trave
le fibre risultano tese con tensione normale di trazione e quindi positiva, mentre sul lato con-
cavo le fibre risultano compresse con tensione normale di compressione e quindi negativa; le

6.4 - La trattazione quella della fles- uno degli assi di simmetria della se- sollecitazione non contiene un asse di
sione retta che si verifica quando il zione; per la dimostrazione delle for- simmetria della sezione, si parla di fles-
piano di sollecitazione contiene, oltre mule si rimanda ai trattati sulla resi- sione deviata.
allasse geometrico della trave, anche stenza dei materiali. Quando il piano di
6.3. FLESSIONE 135

a b O
Fibre compresse
y
Piano di simmetria
e piano di flessione Asse neutro
Mf
Strato neutro

Strato neutro
z Asse neutro
Mf Fibre tese
della trave

Asse neutro
della sezione x

Fig. 6.6 - Sotto lazione delle due coppie uguali e contrarie di momento Mf lasse della trave si trasforma in una
curva (la linea elastica) rappresentata dallarco circolare di raggio e centro O.
a) Tratto di trave non ancora deformato.
b) Tratto di trave deformato dalla flessione.

fibre cio non possono essere o tutte tese o tutte compresse poich, complessivamente, la trave
non risulta n tesa n compressa dal momento Mf applicato. Si dimostra che, quale che sia la
forma della sezione, lasse neutro passa sempre per il suo baricentro.
La tensione normale , che perpendicolare alla sezione ed quindi diretta secondo lasse della
trave, aumenta con laumentare del momento flettente Mf applicato alla trave, risulta tanto
maggiore quanto maggiore la distanza y delle fibre dallasse neutro (Figura 6.7) ed inver-
samente proporzionale al momento di inerzia I (della sezione trasversale calcolato rispetto
allasse neutro) in quanto, minore il momento di inerzia, maggiore la flessibilit della trave
e pi grande risulta :
Mf
= y 6-4
I

La Figura 6.7 mostra tipiche distribuzioni delle tensioni normali in travi aventi sezione tra-
sversale diversa; a differenza della tensione normale generata dalla forza normale, nella flessione
le tensioni normali sono variabili da punto a punto e cambiano segno attraversando lasse neu-
tro: il materiale vicino allasse neutro soggetto a tensioni relativamente basse, mentre nella
fibra pi distante dallasse neutro si raggiunge la tensione massima max. Per ottenere la mas-
sima resistenza alla flessione perci opportuno impiegare sezioni trasversali aventi il materiale
disposto il pi possibile lontano dallasse neutro, come le sezioni a doppia T oppure a T, in modo
da massimizzare I.

a b max
Mf A
y Mf
Fibre compresse A
ymax
Asse neutro +y z
z G

Fibre tese

Fig. 6.7 - Distribuzione delle tensioni normali in una trave inflessa con due diverse sezioni trasversali:
a) Sezione rettangolare.
b) Sezione trapezia.
136 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

Il raggio di curvatura di una trave, a cui applicato il momento Mf , viene misurato rispetto
allasse neutro (Figura 6.6 ):
EI
= 6-5
Mf

Il raggio di curvatura una misura diretta del grado di flessibilit della trave: maggiore il valore
di , pi piccola risulta linflessione e pi grande la sua rigidezza; per uno stesso valore del
momento flettente Mf applicato alla trave, linflessione tanto minore quanto maggiore sono il
momento di inerzia I e il modulo elastico E. Il loro prodotto EI viene perci chiamato rigidezza
flessionale della trave. La rigidezza di travi aventi sezioni diverse e/o costituite da materiali dif-
ferenti pu allora essere facilmente ottenuta confrontando i valori di EI. Tenendo presente che
langolo , di cui ruotano tra loro le due sezioni estreme della trave (Figura 6.6-b), moltipli-
cato per il raggio di curvatura d la lunghezza di tutta la trave l ( = l ), si pu ricavare dalla
6-5 lespressione di in radianti:

l l Ml
= = = f 6-6
EI/M f EI

Come ricordato nel Paragrafo 6.1, la verifica di resistenza a flessione richiede che la tensione
massima max, calcolata (6-4) per la fibra (tesa o compressa) che si trova alla distanza ymax pi
lontana dallasse neutro sia inferiore alla tensione ammissibile. La formula 6-4 si pu sempli-
ficare considerando il modulo di resistenza a flessione o modulo della sezione Z = I/ymax (citato
nella Tabella VII a pag. 493 insieme ai momenti di inerzia):

Mf
max = 6-7
Z

Esempio 6. 3 Dimensionamento di una trave a flessione


Sapendo che il limite di snervamento del materiale vale s = 300 MPa ( quello di un acciaio con valore
uguale sia a trazione che a compressione) e che lapplicazione richiede un fattore di sicurezza n = 3,
dimensionare la sezione trasversale di una trave soggetta al momento flettente Mf = 84 kNm per tre diverse
forme:
a) circolare di diametro d;
b) rettangolare di base b e di altezza h con rapporto b/h = 0,6;
c) a doppia T avente come dimensioni i seguenti rapporti: d/t = 45, h/t = 42 e b/t = 21 con d altezza della
sezione, h altezza dellanima, b larghezza delle ali e t larghezza dellanima.

SOLUZIONE
Uguagliando la tensione massima max data dalla 6-7 (max ha lo stesso valore assoluto sia per le fibre tese
che per quelle compresse perch la sezione simmetrica) alla tensione ammissibile amm data dalla 5-10,
si ricava il modulo di resistenza a flessione Z, che viene utilizzato per dimensionare la sezione leggen-
done lespressione sulla Tabella VII a pag. 493:
Mf Mf Mf 84 106 Nmm
max = = amm Z = = = = 840.000 mm 3
Z amm s /n 300 MPa /3
6.3. FLESSIONE 137

a) Nota lespressione di Z per un cerchio, si ricavano diametro d ed area A:


1/3 0, 33
Z 840.000 mm 3
Z 0,1d 3 d = = = 203 mm
0,1 0,1

d2 (203 mm)2
A= = = 32.365 mm 2
4 4
b) Con riferimento al rapporto assegnato tra base b e altezza h della sezione rettangolare, si ricava il valore
b = 0,6h da inserire nellespressione di Z:
0, 33
bh 2 0,6h 3 6 840.000 mm 3
Z = = h= = 203 mm
6 6 0,6

b = 0,6h = 0,6 203 mm = 122 mm


A = bh = 122 mm 203 mm = 24.766 mm2
c) Le quote sono quelle indicate per la sezione a doppia T della Tabella VII a pag. 493. Si risolve rispetto
alla larghezza dellanima t lespressione di Z e quindi si ricavano le dimensioni della sezione facendo
uso dei rapporti assegnati d/t = 45, h/t = 42 e b/t = 21:

bd 3 h 3 (b t ) 21t (45t )3 (42t )3 (21t t )


Z = = = 840.000 mm 3
6d 6 45t
t = 8 mm d = 360 mm h = 336 mm b = 168 mm
A = bd h (b t) = 168 360 mm2 336 (168 8) mm2 = 6720 mm2
Il profilo a doppia T, che ha una sezione notevolmente inferiore a quella del cerchio ed anche a quella
del rettangolo, d luogo ad una trave pi leggera e quindi quello pi vantaggioso dal punto di vista
economico.

Esempio 6. 4 Flessione di una trave a sezione rettangolare


Una trave in acciaio, lunga l = 5050 mm e avente la sezione trasversale rettangolare di larghezza
b = 24 mm e di altezza h = 100 mm, sollecitata a flessione da due coppie uguali ed opposte di momento
Mf = 10 kNm. Assegnati modulo elastico E = 206 GPa, limite di snervamento s = 810 MPa (uguale in
valore assoluto sia a trazione che a compressione) e fattore di sicurezza n = 3, si chiede di:
a) calcolare il raggio di curvatura dellasse neutro e langolo di cui ruotano tra loro le due sezioni
estreme della trave;
b) verificare la resistenza della trave.

SOLUZIONE
a) Ricavati il momento di inerzia I ( quello baricentrico indicato con Ix0 nelle formule della Tabella VII
a pag. 493):
bh 3 24 mm (100 mm)3
I = = = 2 10 6 mm 4
12 12

e la rigidezza flessionale EI:


EI = 206 103 N/mm2 2 106 mm4 = 4,12 1011 Nmm2
138 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

si calcolano il raggio di curvatura della trave inflessa e langolo rispettivamente con la 6-5 e
la 6-6 (langolo viene convertito dai radianti ai gradi utilizzando le formule della Tabella I di
copertina):
EI 4,12 1011 Nmm 2
= = = 41.200 mm = 41,2 m
Mf 10 106 Nmm

Mf l 10 106 Nmm 5050 mm


= = = 0,12257 rad = 7
EI 4,12 1011 Nmm 2

b) Le massime tensioni max di trazione e di compressione si raggiungono sulle fibre estreme che si tro-
vano alla distanza y max = y = 100 mm/2 = 50 mm dallasse neutro; queste tensioni sono uguali
in valore assoluto, poich la distanza y dallasse neutro che passa per il baricentro uguale per le fibre
tese e per quelle compresse, e si calcolano con la 6-4 in cui si pone y = ymax:
Mf 10 10 6 Nmm
max, trazione = ( + y max ) = ( + 50 mm) = + 250 MPa
I 2 10 6 mm 4
max, compressione = 250 MPa
La trave risulta verificata poich, in valore assoluto, la tensione massima inferiore alla tensione
ammissibile amm (5-10):

s 810 MPa
max = 250 MPa < amm = = = 270 MPa
n 3

6. 4 TAGLIO
La sezione trasversale S di una trave sollecitata al
y
taglio semplice quando la risultante di tutte le forze
T
esterne, che precedono la sezione, d luogo alla sola
S0
forza tagliante T che giace nel piano della sezione e
S passa per il suo baricentro (Figura 6.8). Questa forza
Mf0 G G inseparabilmente legata alla variazione del momento
z flettente Mf nelle sezioni vicine; lequilibrio del tronco
T x di trave viene assicurato dalla presenza, nella sezione
l S0 alla base del tronco, da una forza uguale ed oppo-
sta a T e da una coppia flettente Mf0 = Tl necessaria per
Fig. 6.8 - Trave soggetta al taglio semplice nella sezione tra- impedire la rotazione attorno allasse z.
sversale S; la forza tagliante T diretta secondo lasse y, che
asse di simmetria della sezione. Situazioni tipiche di sollecitazione di taglio sono state
esaminate nel Paragrafo 5.5.
Si considerino due travi appoggiate luna sullaltra (Figura 6.9-a); si applichi un carico ver-
ticale e si faccia lipotesi che lattrito tra le superfici a contatto delle due travi sia trascurabile;
ciascuna trave si infletter, luna indipendentemente dallaltra, e di conseguenza la superficie
sottostante della trave superiore scorrer relativamente alla superficie sovrastante della trave
inferiore (Figura 6.9-b). Se le due travi vengono unite strettamente tra loro con chiodature
oppure con una colla in modo da formare una sola trave, dovr nascere dentro questa unica
trave un sistema di forze interne, e quindi di sforzi, tali da contrastare lo scorrimento delle fibre
centrali provocate dalla flessione (Figura 6.9-c). Dal momento che le tensioni normali
generate dalla flessione sono uguali a zero al centro della sezione rettangolare della trave (cio
sullasse neutro), lo scorrimento pu essere solo impedito da tensioni tangenziali orizzontali;
si pu dimostrare che alle orizzontali corrispondono delle tensioni verticali complemen-
6.4. TAGLIO 139

tari di uguale valore (Figura 6.9-d). Non possono invece essere presenti delle orizzontali sulla
superficie inferiore o superiore della trave, perch qui non agiscono i carichi; quindi per un ele-
mentino, che si trovi agli estremi della sezione, saranno uguali a zero anche le verticali. La
forza tagliante T genera perci una tensione di taglio che raggiunge il valore massimo in cor-
rispondenza dellasse baricentrico orizzontale mentre si annulla alle estremit della sezione;
landamento della tensione di taglio quindi opposto a quello della tensione normale gene-
rata dalla flessione, che si annulla sullasse neutro e raggiunge il valore massimo nei punti pi
distanti da esso.
Il massimo sforzo di taglio max, raggiunto sullasse baricentrico, si esprime come prodotto di
, fattore senza dimensioni funzione della forma della sezione, per il valor medio medio = T/A:
T
max = 6-8
A
Nel caso di un chiodo si pu ipotizzare una distribuzione uniforme della tensioni di taglio sulla
sezione per cui possibile assumere come tensione massima di taglio il valore medio T/A (cio
= 1). Tuttavia, di solito il valore del fattore maggiore di 1: vale 1,5 per una sezione rettan-
golare (Figura 6.9-d) e 1,33 per una sezione circolare. La distribuzione di sulla sezione a dop-
pia T, ancora parabolica, come per la sezione rettangolare, con una forte discontinuit tra gli
sforzi nelle ali, decisamente bassi, e quelli nellanima, notevolmente elevati; si trascurano allora
le tensioni di taglio delle ali e si approssima max considerando la tensione di taglio riferita alla-
rea della sola anima. Dal momento che lanima lavora bene al taglio mentre le ali lavorano bene
a flessione (Paragrafo 6.3), il profilato a doppia T si presta ad essere utilizzato in quelle strutture
metalliche dove sono contemporaneamente presenti le sollecitazioni di flessione e di taglio.

a c Tensioni di taglio
b Scorrimento relativo nelle fibre centrali
F tra le due travi F

A B
RA RB RA RB

d medio =
T
A

T
max = 1, 5
A
max
x

T
T

Fig. 6.9 - a) Due travi (non collegate tra loro) sostenute da appoggi semplici prima dellapplicazione del carico.
b) Scorrimento relativo tra i piani adiacenti delle due travi sollecitate a flessione.
c) Allorch le due travi vengono unite strettamente tra loro con chiodature, nelle fibre centrali della trave unica nasce una ten-
sione di taglio per contrastare lo scorrimento relativo della trave sollecitata a flessione.
d) Distribuzione delle tensioni di taglio sulla sezione rettangolare della trave.
140 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

La max va confrontata con la tensione tangenziale ammissibile amm; il valore caratteristico della
resistenza del materiale da considerarsi nella formula 5-10 che d la tensione ammissibile , per
i materiali duttili, il limite di snervamento a sforzo tangenziale s che pu venire espresso in fun-
zione del limite di snervamento a trazione s (s = 0,577s). Un altro valore caratteristico della
resistenza del materiale allo sforzo tangenziale la resistenza al taglio u i cui valori tipici sono:
360 MPa per lacciaio dolce;
150 MPa per lottone e la ghisa;
680 MPa per lacciaio da utensili temprato.

Esempio 6. 5 Trave con sezione a doppia T


Verificare la resistenza al taglio di una trave in acciaio dolce costituita da un profilato a doppia T, la cui
anima alta h = 275 mm e larga t = 12,5 mm (le quote sono quelle indicate nella Tabella VII a pag. 493),
sapendo che al centro della sezione viene applicato il carico di taglio T = 440 kN e che il fattore di sicu-
rezza vale n = 4.

SOLUZIONE
Nella trave a doppia T, la tensione massima max di taglio viene approssimata (Paragrafo 6.4) con la rife-
rita alla sola area A = ht dellanima:
T 220.000 N
max anima = = = 64 MPa
ht 275 mm 12,5 mm
La verifica di resistenza richiede che la tensione max sia inferiore alla tensione tangenziale ammissibile
amm (5-10) che (fine del Paragrafo 6.4) viene espressa in funzione della resistenza al taglio u = 360 MPa
per lacciaio dolce:
360 MPa
max = 64 MPa < amm = u = = 90 MPa
n 4

Esempio 6. 6 Saldatura
Un ferro piatto da carpenteria
Saldatura
viene saldato su una struttura con
2 due cordoni di saldatura ad angolo
aventi lo spessore a = 5 mm (Figura
1 Saldatura 6.10). Calcolare la lunghezza l da
dare alla saldatura in modo che il
collegamento tra il ferro e la strut-
tura sia in grado di sopportare la
forza F = 30 kN, nellipotesi che la
l tensione ammissibile al taglio valga
F amm = 180 MPa.

Fig. 6.10 - Saldatura trattata nellEsempio 6.6.


6.5. TORSIONE 141

SOLUZIONE
Sotto lazione della forza F i due cordoni di saldatura sono sollecitati al taglio lungo la sezione minima della
saldatura corrispondente allo spessore a (Figura 6.10). La sezione resistente, relativa ad un cordone di sal-
datura, vale l (lunghezza della saldatura) moltiplicato lo spessore a; la sezione complessiva A, relativa ai due
cordoni, sar perci data da 2al. La tensione di taglio = T/A (con T = F = 30 kN) va uguagliata alla ten-
sione ammissibile amm = 180 MPa in modo da ottenere l:

F F 30.000 N
= = amm = l = = = 17 mm
2al 2a amm 2 5 mm 180 MPa

COMMENTI
Lo sforzo di taglio ammissibile amm in una saldatura pu venire espresso, a seconda delle norme, in fun-
zione del limite di snervamento s (amm = 0,65s) oppure della resistenza di trazione u (amm = 0,3u).
A queste norme occorre rifarsi anche per ottenere, a fronte dei diversi tipi di saldature, i coefficienti cor-
rettivi del fattore di sicurezza, funzioni principalmente dello spessore a del cordone di saldatura e della
posizione della saldatura rispetto alla forza F applicata.

6. 5 TORSIONE
Nella torsione semplice (Figura
Mt
6.11) la trave6.5 soggetta sulle
basi estreme a due coppie uguali
ed opposte che imprimono il
z momento torcente Mt. Allorch
viene applicato un momento tor-
cente ad un albero circolare
(Figura 6.12), una sezione qual-
siasi perpendicolare allasse del-
y
R lalbero si conserva piana e per-
l
pendicolare allasse geometrico
G
della barra senza manifestare
alcun ingobbamento. Sotto la-
Mt
x zione del momento torcente, il
raggio R = O1D, sulla faccia di
destra del tratto di un albero,
Fig. 6.11 - Albero (trave di forma cilindrica a sezione circolare) soggetto a due cop- ruota da D a D con angolo di
pie uguali ed opposte di momento torcente Mt, applicate alle facce estreme.
torsione (Figura 6.13).
Langolo , sulla faccia di
destra, sottende langolo , che
visualizza lo spostamento, rispetto alla faccia di sinistra, della generatrice CD in CD. Langolo
, di cui viene deformato lalbero, la deformazione tangenziale (o scorrimento angolare) gene-
rata dalla torsione (gi introdotta nel Paragrafo 5.5). La deformazione tangenziale perci
r
legata allangolo di torsione dalla relazione l = r: = aumenta proporzionalmente al gene-
l

6.5 - La torsione pu essere affrontata con un procedimento elementare rigoroso solo nel caso delle travi cilin-
driche aventi come sezione retta un cerchio pieno oppure cavo.
142 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

Fig. 6.12 - Albero circolare prima (a) e dopo (b) lapplicazione del momento torcente; le sezioni piane per-
pendicolari allasse geometrico dellalbero, che sono dei cerchi, si deformano conservandosi per piane e per-
pendicolari allasse: le sezioni circolari rimangono circolari.

Mt O 3C = R
O3E = r

l
E r O3
C

O2
B
B R

max O1
D U
Mt
D

Fig. 6.13 - Deformazione del tronco lungo l di un albero a seguito dellapplicazione del momento torcente Mt.
La deformazione tangenziale varia linearmente dallasse centrale raggiungendo il valore massimo max sulla
periferia. Langolo di torsione tanto maggiore quanto maggiore la distanza l tra le due facce estreme; se,
ad esempio, venisse considerata una faccia intermedia, langolo di cui ruota il raggio O2B, per portarsi in O2B
risulterebbe inferiore a per la minore distanza della faccia intermedia dalla faccia di sinistra.

rico raggio r della sezione circolare arrivando al valore massimo max quando il raggio diviene
uguale a R. Essendo proporzionale allo scorrimento angolare (5-6), le tensioni tangenziali
generate dalla torsione (Figura 6.14) sono perpendicolari al raggio r e crescono linearmente
con questo da un valore nullo, nel centro del cerchio O, fino al massimo max, sulla periferia del
cerchio (Figura 6.14-a); nel caso della sezione circolare cava (Figura 6.14-b) le passano dal
valore minimo min al bordo interno della corona circolare fino al massimo max sulla periferia.

La distribuzione delle tensioni tangenziali, generate dalla torsione, crescente dal centro alla peri-
feria, dove raggiunge il massimo, analoga a quella delle tensioni normali, generate dalla fles-
sione, che passava dal valore zero sullasse neutro al massimo nella fibra pi distante dallasse
6.5. TORSIONE 143

a max
b max

r
max
R R R min

O
O Ri
r

Fig. 6.14 - Distribuzione delle tensioni tangenziali originate dalla torsione.


a) Variazione delle lungo una sezione circolare piena: dal valore nullo al centro O fino al valore massimo
sulla periferia.
b) Variazione delle in una sezione circolare cava.

neutro; alla simmetria assiale della flessione, si sostituisce cos la simmetria polare (il polo il
centro del cerchio) della torsione. Si possono allora, per analogia, dedurre dalla flessione le for-
mule da applicare alla torsione, avendo cura di operare le seguenti sostituzioni:
le tensioni tangenziali [MPa] alle tensioni normali ;
il momento di inerzia polare J [mm4] al momento di inerzia assiale I;
il raggio generico r [mm] alla distanza dallasse neutro y;
il momento torcente Mt [Nm] al momento flettente Mf ;
il modulo di elasticit tangenziale G [GPa], introdotto nel Paragrafo 5.5, al modulo di elasticit
normale E;
langolo di torsione [rad] allangolo , di cui ruotano tra loro le due sezioni estreme della
trave nella flessione;
la rigidezza tangenziale GJ [kNm2] alla rigidezza flessionale EI.
Si possono cos ricavare le espressioni della tensione tangenziale (o di taglio) e dellangolo
di torsione :

Mtr M tl
= 6-9 U = 6-10
J GJ

Nella Tabella VII a pag. 493 sono riportate le espressioni per il calcolo dei momenti di inerzia
polare J del cerchio e della corona circolare, che sono le sezioni interessate dalla torsione6.5.
Per procedere al dimensionamento di un albero occorre individuare in primo luogo la sezione
in cui si raggiunge il massimo valore del momento torcente Mtmax (questa procedura verr
spiegata in dettaglio per le azioni interne di taglio e momento flettente sulle travi inflesse trat-
tate nel Capitolo 7). Se alle facce estreme dellalbero della Figura 6.15 vengono applicate due
coppie uguali ed opposte (ad esempio, la prima dovuta al carico e la seconda generata dalla rea-
zione vincolare) il momento Mt costante su tutta la lunghezza dellalbero. Qualora invece siano
applicate pi coppie il valore del momento torcente interno Mt risulta costante solo lungo il tratto
di albero compreso tra due coppie consecutive; nel caso della Figura 6.15, il momento torcente
interno risulta pari a 20 Nm nel tratto tra A e B (esempio: sezione S1) e a 30 Nm nel tratto tra
B e C (esempio: sezione S2 ). Il momento torcente massimo si raggiunge su qualsiasi sezione (ad
esempio la S2) del tratto B-C. Si calcola infine, con la 6-9, la tensione massima di taglio max, che
si raggiunge quando il raggio r della generica circonferenza situata tra il baricentro dellalbero
e la periferia diventa uguale al raggio R della circonferenza periferica; la max va confrontata con
i valori di amm riportati alla fine del Paragrafo precedente.
144 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

a b
30 Nm 30 Nm
x x

10 Nm 10 Nm
C C
20 Nm S2 S2
B B
S1
Momento torcente interno
S1 Mt = 20 Nm
A

Fig. 6.15 - Determinazione del momento torcente Mt in un albero.


a) I momenti torcenti esterni sono equilibrati in quanto il momento in C (30 Nm antiorario) bilanciato dai
momenti in A (20 Nm orario) e in B (10 Nm orario). Lintero corpo risulta perci in equilibrio.
b) Isolando come corpo libero quella parte dellalbero che confina con la sezione S1, perpendicolare allasse
dellalbero, e applicando lequazione dellequilibrio tra momenti esterni e momento interno (Mt = 0), si
ottiene il momento torcente interno Mt = 20 Nm. Considerazioni analoghe portano alla conclusione che il
momento torcente interno presente nel tratto di albero tra B e C, vale Mt = 30 Nm.

Esempio 6. 7 Confronto tra albero pieno e albero cavo


Un albero in acciaio, lungo l = 1370 mm e con diametro esterno D = 100 mm, soggetto al momento tor-
cente Mt = 10 kNm. Si chiede di:
a) calcolare le tensioni tangenziali massime max e minime min per un albero pieno e per un albero cavo
(in questultimo caso il diametro interno vale Di = 60 mm);
b) determinare le riduzioni percentuali di momento torcente e di massa nellipotesi che lalbero cavo
debba rispettare la stessa tensione di taglio max dellalbero pieno.

SOLUZIONE
a) Dopo aver ricavato i momenti polari di inerzia J per le due sezioni (piena e cava) leggendone le espres-
sioni sulla Tabella VII a pag. 493 ( quello baricentrico JG ), si calcola (6-9) la tensione tangenziale mas-
sima max, tensione che si raggiunge alla periferia estrema della sezione dove il generico raggio r
assume il valore R = D/2 = 100 mm/2 = 50 mm:

D 4 (100 mm) 4
J piena = = = 9,8 10 6 mm 4
32 32


Jcava = ( D 4 Di4 ) = [(100 mm) 4 (60 mm) 4 ] = 8,5 106 mm 4
32 32

Mt R 10 106 Nmm 50 mm
max, piena = = = 51,0 MPa
J piena 9,8 106 mm 4

M t R 10 106 Nmm 50 mm
max, cava = = = 58,8 MPa
Jcava 8,5 106 mm 4
6.5. TORSIONE 145

La tensione tangenziale minima si raggiunge in corrispondenza del valore minimo del raggio; per la
sezione piena min nullo in quanto il raggio nel centro del cerchio uguale a zero, mentre per la
sezione cava si calcola per r = Di /2 = 30 mm:

M t Di /2 10 106 N mm 30 mm
min, cava = = = 35,3 MPa
Jcava 8,5 106 mm 4

b) Se la sezione cava deve rispettare la stessa tensione max = 51,0 MPa dellalbero pieno, il momento tor-
cente Mt,cavo corrispondente vale (6-9):

M t, cavo R max J 51 MPa 8,5 106 mm 4


max = M t, cavo = = = 8,67 kNm
J R 50 mm

con una riduzione percentuale del momento:

M t M t, cavo 10 kNm 8,67 kNm


100 = 100 = 13,3%
Mt 10 kNm

e una riduzione percentuale della massa (la massa uguale al prodotto dellarea della sezione inte-
ressata per la lunghezza l dellalbero e per la massa volumica dellacciaio ) data da:

D2 ( D 2 Di2 )
l l
4 4 Di2 (60 mm)2
100 = 100 = 100 = 36%
D2 D2 (100 mm)2
l
4

COMMENTI
Esiste un deciso vantaggio nel passare dallalbero pieno a quello cavo: a fronte di una riduzione del 13%
del momento torcente sopportabile risulta infatti ben il 36% di riduzione della massa: la sezione resi-
stente in tal modo concentrata prevalentemente in periferia dove maggiori sono le (Figura 6.14 ). Il
caso limite rappresentato dai tubi con spessore di parete sottile per i quali tutto il materiale viene con-
centrato in periferia e lavora approssimativamente allo stesso livello di sforzo. per tale motivo che i
tubi in parete sottile sono pi efficaci nel trasmettere la coppia torcente degli alberi pieni; tuttavia, lo
spessore di parete non deve essere troppo sottile e la lunghezza del tubo non deve essere eccessivamente
lunga allo scopo di evitare fenomeni di instabilit elastica a torsione analoghi di quelli a compressione
(Paragrafo 6.2).

Esempio 6. 8 Dimensionamento di un albero cavo


Un albero cavo in acciaio (modulo di elasticit tangenziale G = 80 GPa), lungo l = 4000 mm con il dia-
metro interno Di = 0,75D (D il diametro esterno), deve trasmettere la potenza P = 75,4 kW alla velo-
cit angolare = 25,13 s 1. Sapendo che il momento torcente Mt = P/ (verr trattato nel Paragrafo 9.2),
si proceda al dimensionamento dellalbero in modo da rispettare due vincoli:
a) max amm = 70 MPa;
b) angolo di torsione 3,6.
146 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

SOLUZIONE
a) Il momento torcente Mt dellalbero vale Mt = P/ = 75.400 W / 25,13 s 1 = 3000 Nm. Il valore del
diametro esterno D, necessario per dimensionare la sezione, si ricava uguagliando la tensione massima
max (6-9 in cui si pone r = D/2) alla tensione ammissibile amm, dopo aver ricavato lespressione del
momento di inerzia polare J della sezione (JG della corona circolare della Tabella VII a pag. 493) in
funzione di D:

J = ( D 4 Di4 ) = [ D 4 (0,75) 4 ( D ) 4 ] = [1 (0,75) 4 ]D 4 = 0,067 D 4
32 32 32
(1/3) 0, 33
M t D/2 7,46 M t 7,46 3 106 Nmm
max = = amm D= = = 68 mm
0,067 D 4 amm 70 MPa

D = 68 mm Di = 0,75D = 51 mm

b) Si pone la condizione limite = 3,6 0,0175 rad/1 = 0,063 rad (Tabella I di copertina) nella equa-
zione 6-10 per soddisfare il vincolo dellangolo di torsione assegnato:
(1/4 )
M tl 3 106 Nmm 4000 mm
U = = 0,063 D= = 77 mm
G (0,067 D 4 ) 80.000 MPa 0,067 0,063

D = 77 mm Di = 0,75D = 58 mm

Lalbero va perci dimensionato rispettando il vincolo dellangolo di torsione perch pi severo.

COMMENTI
necessario determinare langolo di torsione per i seguenti motivi:
lalbero va dimensionato non solo perch sia sufficientemente resistente ma anche in modo che non
si deformi eccessivamente;
nellanalisi delle vibrazioni torsionali delle macchine richiesta la conoscenza dellentit delle rota-
zioni angolari degli alberi;
langolo di torsione dellelemento meccanico necessario per trattare problemi torsionali staticamente
indeterminati.

6. 6 SOMMARIO
Il principio di sovrapposizione degli effetti consente di isolare i sistemi di carico che danno luogo
alle quattro sollecitazioni semplici: forza normale, flessione, taglio e torsione. Le tensioni che
risultano dalle sollecitazioni semplici, opportunamente combinate, vanno confrontate con la ten-
sione ammissibile del materiale in modo da procedere al progetto oppure alla verifica dellele-
mento.
Le sollecitazioni di forza normale provocata dalla forza assiale N normale alla sezione e di fles-
sione provocata dal momento flettente Mf , generano delle tensioni normali espresse da:
N
= << forza normale >>
A
M f ymax
max = << flessione >>
I
6.6. SOMMARIO 147

con A area della sezione trasversale della trave, I momento di inerzia della sezione rispetto
allasse baricentrico (coincidente con lasse neutro) ed ymax distanza delle fibre pi lontane dal-
lasse neutro.
Le sollecitazioni di taglio provocate dalla forza tagliante T e di torsione provocata dal momento
torcente Mt danno origine a tensioni tangenziali o di taglio espresse da:

T
max = << taglio >>
A
Mt R
max = << torsione di alberi circolari >>
J
con fattore di taglio funzione della forma della sezione di area A, R raggio della sezione cir-
colare e J momento di inerzia polare rispetto al centro del cerchio.
La distribuzione delle dovute alla forza normale N uniforme; la distribuzione delle
dovute alla flessione e delle dovute alla torsione lineare raggiungendo il valore massimo in
corrispondenza delle fibre pi lontane rispettivamente dallasse neutro e dal centro del cerchio;
le generate dalla forza tagliante raggiungono il valor massimo a livello baricentrico, mentre
si annullano sulle fibre estreme.

Esercizi proposti
6.1 Un tirante, in acciaio avente modulo di elasticit 6.3 Calcolare lallungamento l e la deformazione
E = 200 GPa e rapporto di Poisson = 0,28, lungo l = 4 di una barra a sezione circolare di diametro 18 mm e
m e ha una sezione circolare di diametro d = 24 mm. Il lunga 700 mm sottoposta ad un carico assiale di 4,8 kN.
tirante soggetto al carico assiale N = 30 kN. Determinare Il materiale della barra acciaio avente un modulo di ela-
la tensione sulle sezioni rette, lallungamento l del sticit pari a 200 GPa.
tirante, la variazione laterale d del diametro.
l = 0,066 mm; = 0,0094%
= 66,3 MPa;
l = 1,32 mm;
6.4 Un tirante, avente una sezione quadrata di lato
d = 0,0022 mm
15 mm, soggetto ad un carico statico di trazione
(negativa perch una contrazione)
22,5 kN. Lacciaio del tirante ha un limite di snervamento
306 MPa. Verificare il tirante tenendo conto di un fattore
di sicurezza pari a 1,7 e, a causa di un raccordo presente
6.2 Calcolare la tensione presente in unasta di
sulle due estremit del tirante, di un fattore teorico di
un freno sollecitato da un carico dinamico di trazione pari
concentrazione degli sforzi Kt = 1,5.
a 4,8 kN, sapendo che il tirante ha la sezione circolare di
diametro d = 18 mm ed realizzato in acciaio C 20 = 100 MPa; amm = 180 MPa; nom = 120 MPa;
avente un limite di fatica f = 240 MPa. Calcolare la ten- = 100 MPa < nom = 120 MPa
sione ammissibile amm, per un fattore di sicurezza n = 4,
e lulteriore riduzione della amm alla tensione nominale
nom, dovuta al fattore teorico di concentrazione degli 6.5 Assumendo un fattore di sicurezza n = 2, dimen-
sforzi Kt = 2,5 per la presenza di un foro sulle due estre- sionare il diametro d di un tirante, a sezione circolare in
mit del tirante. Effettuare infine la verifica di resistenza. acciaio avente un limite di snervamento s = 320 MPa,
caricato da una forza assiale di 114 kN. Calcolarne poi
= 18,9 MPa; lallungamento l sapendo che il tirante lungo 2 m,
amm = 60 MPa; mentre lacciaio ha un modulo di elasticit E = 207 GPa.
nom = 24 MPa;
= 18,9 MPa < nom = 24 MPa d = 30 mm; l = 1,56 mm
148 CAPITOLO 6. SOLLECITAZIONI SEMPLICI

6.6 Una colonna, sottoposta ad un carico di com- sopportabile da ciascuna sezione in corrispondenza di
pressione pari a 200 kN, composta da un tubo di acciaio max = 76 MPa.
di diametro interno d = 80 mm riempito con calcestruzzo;
Cerchio Rettangolo T semplice Doppia T
il diametro esterno del tubo pari a 85 mm. Sono asse-
A [mm2 ] 8742 8750 8750 8741
gnati il modulo elastico dellacciaio Ea = 200 GPa e il
y [mm] 52,75 87,5 152,5 200,0
modulo elastico del calcestruzzo Ec = 20 GPa. Si consi-
I [mm4 ] 6,1 106 22,3 106 44,1 106 240,2 106
derano inoltre trascurabili gli sforzi generati dallinterfe-
Z [mm3 ] 0,11 106 0,25 106 0,29 106 , 106
12
renza tra acciaio e calcestruzzo. Dopo aver calcolato le
Mfmax [kNm] 8,6 19,1 216
, 90,1
aree delle sezioni resistenti rispettivamente del calce-
struzzo Ac e dellacciaio Aa, determinare la forza Nc soste-
nuta dal calcestruzzo e quella Na sostenuta dallacciaio. d = 105,5 mm b = 50 mm
Verificare quindi che le tensioni c e a presenti nel cal-
cestruzzo e nellacciaio siano inferiori alle rispettive ten-

h = 175 mm
sioni ammissibili amm,c = 21 MPa e amm,a = 200 MPa.

Ac = 5026 mm2; Aa = 648 mm2;


Nc = 87,4 kN; Na = 112,6 MPa;
c = 17,4 MPa < 21 MPa;
a = 173,8 MPa < 200 MPa b = 150 mm

h = 200 mm s
d = 225 mm
6.7 Calcolare il modulo di resistenza Z e determinare
la tensione massima a flessione max di una trave a t = s = 25 mm
sezione rettangolare (base 120 mm, altezza 40 mm) sog-
getta al momento Mf = 1,2 kNm.
b = 150 mm
Z = 32.000 mm3;
max = 37,5 MPa
(per la simmetria della sezione, le max a trazione s = 19 mm
d = 400 mm

h = 362 mm

e a compressione sono uguali in valore assoluto)


t = 8,4 mm

6.8 La sezione trasversale di una trave a doppia T ha


le seguenti misure (i simboli che indicano le quote sono
b = 150 mm
quelli citati nella Tabella VII a pag. 493): altezza della
Fig. 6.16 - Dimensioni delle sezioni trattate nellEsercizio 6.9.
sezione d = 300 mm, altezza dellanima h = 260 mm, lar-
ghezza delle ali b = 200 mm e spessore dellanima
t = 20 mm. Dopo aver calcolato il valore del modulo di
resistenza a flessione Z, determinare la tensione mas- 6.10 Calcolare il diametro d della sezione circolare
sima a flessione max sapendo che sulla sezione presente di una trave in acciaio (amm = 100 MPa) soggetta al mo-
il momento Mf = 65,6 kNm. mento Mf = 1,2 kNm.
d = 50 mm
Z = 0,00126 mm3;
max = 51,8 MPa 6.11 Una saldatura composta da due cordoni dello
(per la simmetria della sezione, le max a trazione
spessore di 4 mm sollecitata da una forza di 120 kN
e a compressione sono uguali in valore assoluto)
(Figura 6.10). Sapendo che la tensione di taglio ammissibile
pari a 125 MPa, calcolare la lunghezza l della saldatura.
6.9 Una trave pu essere realizzata con una sezione l = 120 mm
trasversale a forma di cerchio oppure di rettangolo oppure
di T semplice oppure infine di doppia T (Figura 6.16).
Si chiede di calcolare larea A di queste diverse sezioni 6.12 A due piastre sovrapposte sono applicati quat-
e di verificare che il suo valore sia sempre pari a circa tro chiodi aventi ciascuno il diametro di 25 mm. Sapendo
8750 mm2. Dopo aver calcolato la posizione y dellasse che la tensione ammissibile amm = 76,4 MPa, calcolare
neutro rispetto alla fibra pi sollecitata, il il massimo carico F a cui possibile sottoporre le piastre.
momento di inerzia I e il modulo di resistenza Z, deter-
minare il massimo valore del momento flettente Mfmax F = 150 kN
ESERCIZI PROPOSTI 149

6.13 Sapendo che la massima tensione ammissibile di 6.17 Determinare langolo di torsione di un albero
un punzone amm = 450 MPa e che la resistenza al taglio pieno, in acciaio (G = 80 GPa) di 100 mm di diametro e
di un foglio di lamiera in acciaio dolce u = 350 MPa, lungo 1300 mm, al quale viene applicato un momento
determinare lo spessore massimo t della lamiera nel caso torcente di 3 kNm.
si voglia ricavare un foro di 15,6 mm di diametro. = 0,005 rad = 0,28

t = 5 mm
6.18 Calcolare la massima tensione di taglio max di un
6.14 Un tubo di diametro esterno pari a 20 mm e albero circolare pieno, avente un diametro di 10 mm, al
diametro interno pari a 16 mm soggetto ad un momento quale viene applicato un momento torcente pari a 30 Nm.
torcente di 40 Nm. Calcolare le tensioni di taglio mas- max = 153 MPa
simo max e minimo min.
max = 43,1 MPa; min = 34,5 MPa
6.19 Sapendo che la tensione di taglio ammissibile
pari a 55 MPa, calcolare il diametro D di un albero pieno
6.15 Confrontare la rigidezza torsionale GJ di due che deve trasmettere la potenza di 7,5 kW alla velocit
alberi: uno pieno in acciaio (G = 80 GPa) con diametro di angolare = 188,5 s 1.
50 mm e laltro cavo in lega di alluminio (G = 27 GPa) con D = 15,4 mm
diametro esterno di 75 mm e diametro interno di 50 mm.
GJ dellalbero pieno = 49 kNm2; 6.20 La coppia applicata ad un albero in acciaio
GJ dellalbero cavo = 67 kNm2 lungo 400 mm pari a 33 Nm. Sapendo che il diametro
dellalbero uguale a 25 mm e che il modulo tangenziale
6.16 Calcolare il diametro D di un albero pieno che vale 80 GPa, calcolare il momento di inerzia polare J,
deve trasmettere la potenza di 150 kW alla velocit ango- langolo di torsione e la tensione massima di taglio max.
lare = 52,36 s 1. Il momento torcente Mt si calcola con
il procedimento illustrato nellEsempio 6.8. J = 38.350 mm4;
= 0,0043 rad = 0,25;
Mt = 2865 Nm; D = 79 mm max = 172 MPa
Capitolo 7
TRAVI INFLESSE

7. 1 AZIONI INTERNE NELLE TRAVI INFLESSE


Si divida (Figura 7.1) una trave ad asse ret-
a
F1 F2 tilineo vincolata con carrello e cerniera in
due parti; attraverso la sezione si trasmet-
tono delle azioni interne (forza normale N,
forza tagliante T e momento flettente M) che
A B vengono chiamate caratteristiche della sol-
lecitazione. Le azioni interne, in corrispon-
denza di una generica sezione, vengono cal-
colate, una volta determinate le reazioni
vincolari, come quei valori che sono neces-
sari per ripristinare lequilibrio esistente ori-
b ginariamente nella trave non suddivisa in cia-
RA F1 F2 RB scuno dei due tronchi ottenuti dividendo la
trave con la sezione. Per lequilibrio del
tronco di sinistra della trave (Figura 7.1-c)
occorre considerare insieme alle forze
A B esterne (il carico F1 e la reazione RA) anche
le azioni interne agenti sulla sezione trasver-
sale: queste rappresentano lazione della por-
c zione di destra della trave sulla porzione di
sinistra. Le azioni interne (N, T ed M) devono
F1 F2 RB
RA
T essere tali da equilibrare le forze esterne F1
M M
ed RA; in particolare, una volta fissate le con-
venzioni di segno (Figura 7.2), dovr essere:
G N N G
A B la forza normale N uguale ed opposta alle
T componenti delle forze esterne secondo la
direzione di N ( lasse orizzontale della
Fig. 7.1 - a) Trave piana soggetta ai carichi inclinati F1 ed F2 vin- trave);
colata con carrello e cerniera.
b) La trave viene isolata come corpo libero su cui agiscono le forze la forza tagliante T uguale ed opposta alle
esterne: carichi (F1 ed F2) e reazioni (RA ed RB). componenti delle forze esterne secondo la
c) Azioni interne sulla sezione (forza normale N, forza tagliante T direzione di T ( la perpendicolare allasse
e momento flettente M) della trave divisa in due tronchi; queste azioni della trave);
sono richieste per ripristinare lequilibrio della trave originale indivisa:
se infatti lintera struttura in equilibrio, dovr essere altrettanto in il momento flettente M uguale e con senso
equilibrio ciascun tronco. Il verso delle azioni interne presenti su una
di rotazione opposto ai momenti delle
faccia della sezione opposto a quello delle azioni interne presenti sul-
laltra faccia. forze esterne rispetto al baricentro G della
sezione con cui si divisa la trave.
7.1. AZIONI INTERNE NELLE TRAVI INFLESSE 151

a N+ N+ N N

negativo
positivo

y
b

Elemento isolato T+
T+ T+
a sinistra x

Tronco di trave

Elemento isolato T+ T+
a destra

Sezione arbitraria

Fig. 7.2 - Convenzioni di segno delle azioni interne.


a) Forza normale N La retta dazione di N sempre diretta secondo il baricentro della sezione trasversale della trave. La forza
normale N deve soddisfare lequazione di equilibrio Fx = 0. La forza normale positiva nel caso in cui sia una forza di trazione,
mentre negativa se di compressione.
b) Forza tagliante T Sulla sezione generica sono presenti la forza di taglio T perpendicolare allasse della trave e il momento
flettente M. Per mantenere un elemento isolato della trave in equilibrio, T deve soddisfare lequazione Fy = 0; la forza di taglio
perci uguale alla somma algebrica di tutte le componenti verticali delle forze esterne che agiscono sullelemento isolato della trave,
ma ha verso opposto. Definizione di taglio positivo: una forza tagliante T diretta verso il basso sulla sezione di un elemento di trave
isolato a sinistra, oppure una forza tagliante T diretta verso lalto che agisce sulla stessa sezione di un elemento di trave isolato a
destra, corrisponde ad un taglio positivo T +; nella Figura anche rappresentata una forza di taglio positiva T + su un tronco estratto
dalla trave oppure tra due sezioni affacciate.

Le azioni interne possono essere anche calcolate sulla base delle forze esterne (F2 ed RB) che
si trovano nel tronco situato a destra della sezione; in tal caso occorre tener presente che il verso
delle azioni interne si inverte (Figura 7.1-c) rispetto a quanto avveniva per il tronco di sinistra.
Per poter dimensionare o verificare la trave occorre individuare la sezione in cui le azioni
interne (N, T ed M) raggiungono i valori pi elevati: le tensioni oppure vanno infatti calcolate
ponendo nelle formule del Capitolo 6 il momento flettente massimo oppure la forza tagliante
massima. Ci si ottiene tracciando dei diagrammi7.1 che mostrano la variazione delle azioni
interne lungo la trave; questi diagrammi si ottengono sezionando progressivamente la trave a par-

7.1 - Nel tracciare il diagramma dei mo- sentazione grafica del taglio e della forza abitualmente adottata, per il solo mo-
menti flettenti, si sono riportati i mo- normale, comune a quasi tutte le lette- mento flettente, una rappresentazione
menti positivi al di sopra dellasse della rature ed in particolare a quella inglese contraria a quella proposta dalle altre
trave e quelli negativi al di sotto dellas- (si veda il terzo capitolo di Mechanics of letterature, con i momenti positivi diret-
se; in altre parole, se si considera come Materials di E.J. Hearn, Pergamon ti verso il basso in modo che il dia-
zero lasse della trave, i momenti positi- Press, 1985) ed americana (si veda il gramma del momento flettente abbia un
vi, sul diagramma, sono diretti verso terzo capitolo di Strength of Materials di andamento simile alla deformata assun-
lalto. Questa convenzione, che rispec- S. Timoshenko, R.E. Krieger Publishing ta dalla trave sotto lazione dei carichi.
chia lusuale orientamento degli assi car- Company, 1976). Si tenga tuttavia pre-
tesiani cos come avviene per la rappre- sente che, nella letteratura italiana, viene
152 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

c
M+ M+
Fibre compresse
Elemento isolato
a sinistra M+
T Fibre tese

M+

M M
M+ Fibre tese
Elemento isolato
T
a destra
Fibre compresse

Fig. 7.2 - segue


c) Momento flettente M Il momento resistente interno deve essere uguale ed opposto al momento delle forze esterne per sod-
disfare la terza equazione di equilibrio M = 0. Lintensit del momento flettente si ricava sommando i momenti causati da tutte le
forze moltplicati per i rispettivi bracci. In modo da escludere i momenti dovuti alla forza tagliante T e alla forza normale N, con-
viene far coincidere il punto di intersezione di queste due forze interne con il punto rispetto al quale vengono sommati i momenti:
questo punto si trova sullasse baricentrico della sezione trasversale della trave. Un momento flettente M + che tende le fibre allin-
tradosso (parte inferiore della trave) e comprime le fibre allestradosso (parte superiore della trave) positivo; nel caso contrario
negativo (M ). Con un momento positivo si verifica un insellamento della trave, mentre un momento negativo tende ad inarcarla.

tire da un estremo. Facendo uso dei diagrammi del taglio e del momento flettente riportati per
le situazioni pi comuni di travi inflesse nellAppendice A.4, si applicher, nei casi in cui siano
presenti pi condizioni di carico, il principio di sovrapposizione degli effetti (Paragrafo 6.1),
considerando le azioni interne generate nella trave da ciascun carico preso singolarmente: la
somma di queste azioni interne uguale allazione interna presente nella trave quando viene sot-
toposta a tutti i carichi contemporaneamente.
I carichi possono essere concentrati, agiscono cio in un punto isolato della superficie della trave,
oppure diffusi (o ripartiti o distribuiti) se agiscono lungo un dato tratto di trave; quando il carico
distribuito in modo uniforme, il carico totale W risulta il prodotto del carico riferito allunit
di lunghezza w [N/m] per la lunghezza l [m] del tratto di trave interessato: W = wl. Se nel cal-
colo delle reazioni vincolari lecito sostituire al sistema di carico la sua risultante, questa ope-
razione ancora possibile nella determinazione delle azioni interne purch si considerino solo
i carichi presenti a sinistra (oppure a destra) della sezione rispetto a cui vengono calcolate le
azioni interne.
Si pu dimostrare che la forza tagliante T legata al carico diffuso w ed al momento flettente
M dalle due equazioni differenziali:

dT dM
=w =T 7-1
dx dx

La prima equazione afferma che, tra due sezioni della trave, la forza di taglio T cambia di una
quantit pari alla forza verticale compresa tra queste sezioni; se perci tra le sezioni non pre-
7.1. AZIONI INTERNE NELLE TRAVI INFLESSE 153

sente alcuna forza, allora la forza di taglio rimane costante. Dal momento che le condizioni di
massimo oppure di minimo del momento flettente si raggiungono quando si annulla la derivata
prima (dM/dx = 0), la seconda equazione (dM/dx = T) afferma che, dove la forza di taglio si
annulla, il momento flettente massimo oppure minimo. La pendenza del diagramma del
momento flettente rappresentata da dM/dx, che uguale alla forza di taglio (dM/dx = T ); ne
segue che, dove la forza di taglio T uguale a zero, la pendenza del diagramma del momento
flettente vale zero e il momento flettente M risulta costante. Inoltre, proprio perch T rappresenta
la pendenza del diagramma del momento flettente, dove la forza di taglio positiva la pendenza
del diagramma del momento flettente positiva, mentre dove la forza di taglio negativa la pen-
denza del diagramma del momento flettente negativa.

Esempio 7.1 Trave soggetta ad un carico inclinato


La trave della Figura 7.3, vincolata con la cerniera A e lappoggio B, soggetta al carico centrale
F = 50 kN 6 53. Determinare:
a) le reazioni dei vincoli HA, VA e RB;
b) il diagramma della forza normale N;
c) il diagramma della forza tagliante T;
d) il diagramma del momento flettente M.

SOLUZIONE
a) Dopo aver calcolato (Figura 2.16-a) le componenti verticale FV ed orizzontale FH del carico
F = 50 kN 9 53:
FV = F sen = 50 kN sen 53 = 40 kN FV = 40 kN
FH = F cos = 50 kN cos 53 = 30 kN FH = 30 kN
si determinano le reazioni HA e VA della cerniera A e la reazione verticale RB dellappoggio B con le
equazioni di equilibrio della statica (3-1):
Fx = 0 HA FH = 0 HA = FH = + 30 kN HA = 30 kN
MA = 0 + (RB 10 m) (FV 5 m) = 0 RB = + 20 kN RB = 20 kN
Fy = 0 VA + RB FV = 0 VA = + 20 kN VA = 20 kN
Essendo il carico applicato in mezzeria, le due reazioni verticali risultano essere, per simmetria, uguali
tra loro e pari quindi alla met del carico, cos come trovato con il calcolo.

b) Si scrive lequilibrio delle forze orizzontali nel tronco di trave AC considerando la forza normale N
orientata verso destra sulla faccia della sezione C (Figura 7.3-k).
Fx = 0 HA + NC = 0 NC = HA = 30 kN NC = 30 kN
La forza normale NC sulla sezione C risulta negativa e tende quindi a comprimere il tronco AC per
lequilibrio (Figura 7.3-c).
Al di l del punto D di applicazione del carico, in un qualsiasi tronco di trave (Figura 7.3-d), N nulla
in quanto sono assenti forze con direzione orizzontale (la reazione orizzontale del carrello B infatti
non esiste).

c) la situazione della trave appoggiata con un carico verticale (nel caso dellEsempio il carico
FV = 40 kN in D) concentrato in mezzeria presentata nella Figura A.4-5 dellAppendice. Per deter-
minare il diagramma della forza tagliante T (Figura 7.3-i) si immagini di far scorrere una sezione lungo
154 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

a g FV = 40 kN
F = 50 kN 5m M = 40 kN

= 53 HA = 30 kN FH = 30 kN

A D B A C D E
VA = 20 kN T = 20 kN

5m 5m 8m

b FV = 40 kN F = 50 kN
h
HA = 30 kN FH = 30 kN 0
@
A C D D+ E B
VA = 20 kN 30 kN

2m RB = 20 kN
8m

+ 20 kN
c d i
M = 40 kNm M = 40 kNm
HA = 30 kN T = 20 kN T = 20 kN !
0
N = 30 kN
2m 2m
@
VA = 20 kN
RB = 20 kN 20 kN
e
T = 20 kN M = 100 kNm
HA = 30 kN
N = 30 kN
j + 10 kNm
VA = 20 kN 5 m
+ 4 kNm
! + 4 kNm

f
FV = 40 kN
M = 100 kNm
k M
HA = 30 kN
N
N=0
FH = 30 kN
VA = 20 kN 5+ m T = 20 kN T

Fig. 7.3 - Trave con cerniera A ed appoggio semplice B, soggetta f) Particolare della determinazione delle azioni interne in
ad un carico concentrato inclinato (Esempio 7.1) applicato nella un tratto di trave interrotto immediatamente dopo (5+ m) il
mezzeria D della trave. punto di applicazione del carico F (sezione D+).
a) Trave e carichi. g) Tratto di trave tra la cerniera A e la sezione E in equilibrio
b) Diagramma di corpo libero. sotto le forze esterne (carichi e reazioni vincolari) e le azioni
c) Tronco di trave, tra la cerniera e la sezione C, in equilibrio interne.
sotto i carichi e le azioni interne. h) Diagramma dellazione assiale N.
d) Tronco di trave, tra la sezione E e lappoggio B, in equi- i) Diagramma della forza di taglio T.
librio sotto i carichi e le azioni interne. j) Diagramma del momento flettente M 7.1.
e) Particolare della determinazione delle azioni interne in un k) Nello scrivere lequilibrio del tronco di trave, i versi delle
tratto di trave interrotto immediatamente prima (5 m) del punto azioni interne N, T ed M sulla faccia della sezione sono quelli
di applicazione del carico F (sezione D). presentati nella Figura 7.1-c.
7.1. AZIONI INTERNE NELLE TRAVI INFLESSE 155

la trave iniziando da A e di considerare il contributo delle forze che si trovano nel tronco di trave situato
a sinistra di questa sezione. Presa la sezione in C (Figura 7.3-c), per lequilibrio si ottiene un taglio
che per le convenzioni di segno della Figura 7.2-b positivo:
Fy = 0 VA TC = 0 TC = VA = 20 kN TC = + 20 kN

Fino alla sezione D , immediatamente prima del punto di applicazione del carico F, il taglio rimane
costante in quanto non compaiono nuove forze (Figura 7.3-e); ma, quando si arriva in D+ (Figura
7.3-f ), a sinistra della sezione oltre alla reazione VA = 20 kN si trova adesso anche il carico
FV = 40 kN . Si scrive lequilibrio delle forze verticali nel tronco di trave AD+ considerando la
forza tagliante TD+ orientata verso il basso (Figura 7.3-k).
Fy = 0 VA FV TD+ = 0 TD+ = VA FV = 20 kN 40 kN = 20 kN TD+ = 20 kN
La forza tagliante risulta negativa ed quindi orientata verso lalto per lequilibrio del tronco AD+
(Figura 7.3-f ).
Passando attraverso la sezione E, che non modifica il diagramma in quanto non intervengono nuove
forze, si arriva infine sullappoggio B, dove lintervento della reazione RB = 20 kN riporta a zero il
diagramma del taglio.
d) Si faccia sempre scorrere la sezione immaginaria lungo la trave a partire dalla cerniera A verso lap-
poggio B e si considerino i momenti rispetto al baricentro della sezione considerata originati dalle forze
che si trovano nel tronco di sinistra. Considerata la sezione C (Figura 7.3-c), per lequilibrio si
ottiene, per le convenzioni di segno della Figura 7.2-c, il momento flettente MC (Figura 7.3-j) posi-
tivo:
MC = 0 (VA 2 m) + MC = 0 MC = VA 2 m = 20 kN 2 m = 40 kNm MC = + 40 kNm
Il momento flettente della sezione C pu essere anche calcolato considerando il tronco di trave CB a
destra della sezione:
MC = 0 + (RB 8 m) (FV 3 m) MC = 0
MC = RB 8 m FV 3 m = 20 kN 8 m 40 kN 3 m = + 40 kNm MC = + 40 kNm
Facendo scorrere la sezione immaginaria oltre C, il momento flettente continua ad aumentare fino in
D dove raggiunge il valore massimo MD = 20 kN 5 m = + 100 kNm; dopodich, per lintervento del
carico FV = 40 kN , il momento inizia a diminuire: in E, il momento generato dalle forze presenti nel
tronco EB (Figura 7.3-d) risulta positivo:
ME = 0 + RB 2 m ME = 0 ME = RB 2 m = 20 kN 2 m = 40 kNm ME = + 40 kNm
Il momento flettente continua a ridursi, finch si annulla sullappoggio B.

COMMENTI
1. Le Figure 7.3-c e 7.3-d, riferite a due tronchetti di estremit della trave, mostrano in quale modo ven-
gono calcolate le azioni interne forza normale N, forza tagliante T e momento flettente M. Il metodo
di calcolo basato su questa domanda: quali sono le azioni interne necessarie affinch il tronco di trave
considerato, su cui agiscono le forze esterne rappresentate dai carichi (FV ed FH ) e dalle reazioni vin-
colari (HA, VA e RB), rimanga in equilibrio?
2. A causa della discontinuit provocata dal carico concentrato, i valori delle azioni interne cambiano
sostanzialmente qualora si consideri un tronco di trave delimitato da una sezione posta immediatamente
prima del punto di applicazione del carico (Figura 7.3-e) oppure immediatamente dopo (Figura 7.3-f ):
la forza normale N passa da 30 kN a 0 kN, mentre la forza di taglio T passa da + 20 kN a 20 kN.
3. La forza tagliante uniforme in quelle porzioni della trave (come AD e DB) nelle quali non sono appli-
cate delle forze, mentre cambia bruscamente nella mezzeria della trave (punto D) dove applicata una
forza, cos come previsto dalla prima equazione 7-1.
4. Il diagramma del momento flettente M ha andamento lineare al variare della lunghezza della trave in
quanto espresso dal prodotto di una forza per la distanza dal baricentro della sezione in esame. Il
momento flettente raggiunge il suo valore massimo sulla sezione D, laddove la forza di taglio, cam-
biando di segno, determina una cuspide nel diagramma di M (7-1).
156 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

Esempio 7.2 Trave appoggiata soggetta a carichi combinati


Una trave lunga L = 3a = 12 m soggetta ai due cari-
a RA RB
chi concentrati F = 60 kN applicati alla distanza
w = 30 kN/m a = 4 m dalle due estremit e al carico distribuito
y
w = 30 kN/m . Determinare le reazioni R e R dei
due appoggi, il diagramma della forza di taglio T e
x
A B quello del momento flettente M mediante il principio
di sovrapposizione che consente di considerare:
L = 12 m a) la trave appoggiata con il solo carico distribuito w;
b) la trave caricata con i due carichi concentrati F;
RA = 180 kN RB = 180 kN c) la somma delle due situazioni precedenti.
b
w = 30 kN/m

SOLUZIONE
A B
2m 2m 2m 2m 2m 2m a) Il carico totale applicato alla trave della Figura 7.4
W = wL = 30 kN/m 12 m = 360 kN. La trave,
L = 12 m
oltre che piana, ad asse rettilineo ed soggetta
ad un carico perpendicolare al suo asse; le rea-
zioni dei due appoggi sono ambedue verticali
wL poich uneventuale reazione orizzontale non sa-
T = wx
w 2 rebbe equilibrata da nessun altro carico (Fx = 0).
wx
c M =
2
(L x) Nellapplicare lequilibrio dei momenti (3-1) al
calcolo delle reazioni vincolari, il carico W si con-
A sidera applicato in mezzeria:
wL
x
2 MA = 0
L
+ (RB 12 m) (W 6 m) = 0
RB = + 180 kN RB = 180 kN
d + 180 kN

! Fy = 0 RA + RB W = 0
0 @ RA = + 180 kN RA = 180 kN

180 kN Pi semplicemente, si potevano calcolare le rea-


zioni RA ed RB, tenendo presente che, a causa della
e + 540 kNm simmetria del carico, ciascuna reazione sopporta
+ 480 kNm + 480 kNm
met del carico totale W = wL per cui si ha:
+ 300 kNm + 300 kNm
! wL
RA = RB =
0 2
Nel calcolo delle azioni interne si considera
(Figura 7.4-c) lelemento di trave a sinistra di una
Fig. 7.4 - a) Trave dellEsempio 7.2 con carico uniformemente
generica sezione distante x dallappoggio A.
distribuito.
Scrivendo lequilibrio alla traslazione e alla rota-
b) La trave viene isolata come corpo libero, soggetta alle forze
zione dellelemento di trave si ottengono le espres-
esterne: carichi pi reazioni vincolari.
sioni del taglio e del momento flettente riportate
c) Elemento di trave isolato a sinistra di una generica sezione anche in Appendice (equazioni A.4-7):
distante x dallappoggio A.
d) Diagramma della forza di taglio T lungo la trave. Fy = 0 RA wx T = 0
e) Diagramma del momento flettente M lungo la trave7.1.
wL
T = RA wx = wx
2
7.1. AZIONI INTERNE NELLE TRAVI INFLESSE 157

x
a y M = 0 ( RA x ) + wx + M = 0
2
x F = 60 kN F = 60 kN
wx wx wx wx
a=4m a/2 a/2 a=4m M = RA x x = L x = (L x)
2 2 2 2
Sostituendo alla coordinata x via via le diverse lunghezze della
A B
trave, si ottengono i valori del taglio T e del momento flettente M
nelle diverse sezioni; ad esempio, in C si ha:
R1 = 60 kN R2 = 60 kN
L = 3a = 12 m wL 30 kN/m 12 m
TC = wxC = 30 kN/m 4 m = +60 kN
2 2

b wxC 30 kN/m 4 m
M = Fx MC = ( L xC ) = (12 m 4 m ) = + 480 kN m
2 2
R1 Il diagramma del momento parabolico, poich nellespressione
x
del momento figura una lunghezza al quadrato (xx = x 2). La forza
T=F
di taglio decresce uniformemente tra i due appoggi, passando
per zero in mezzeria (Figura 7.4-d); qui si raggiunge il massimo
c F valore del momento flettente (Figura 7.4-e) cos come previsto
a a/2 M = Fa dalle equazioni 7-1.

b) Nel caso dei due carichi uguali concentrati F (Figura 7.5), le due
R1 reazioni, a causa della simmetria, fanno equilibrio ai due carichi
con i valori R1 = R2 = F = 60 kN . Considerati due elementi di
trave: il primo lungo x (Figura 7.5-b) e il secondo lungo 3a/2 pari
cio a met della lunghezza della trave (Figura 7.5-c), taglio e
momento valgono (equazioni A.4-9 dellAppendice):
d
+F Fy = 0 R1 T = 0 T = R1 = F = 60 kN
<< lungo x >>
!
0 M = 0 (R1x) + M = 0 M = R1x = Fx
@ << lungo x >>
F
Fy = 0 R1 F T = 0 T = R1 F = F F = 0
e << lungo L/2 >>
! + Fa
a a
M = 0 R1 a + + F + M = 0
2 2

Fig. 7.5 - a) Trave con due carichi concentrati. 3a a 3 1


M = F F = Fa = Fa
b) Elemento di trave isolato a sinistra di una 2 2 2 2
generica sezione distante x dallappoggio A; sul-
lelemento non applicato alcun carico. << lungo L/2 >>
c) Met trave a sinistra della sezione di mez-
zeria; sullelemento applicato il carico F distante c) Sommando gli effetti della condizione di carico distribuito (Figura
a dallappoggio ed a dalla mezzeria. 7.4 ) a quelli prodotti dalla condizione di carico concentrato
(Figura 7.5), si ottengono le reazioni R ed R degli appoggi e i
d) Diagramma della forza di taglio T [kN]
lungo la trave. diagrammi della forza di taglio T e del momento flettente M
(Figura 7.6) relativi alla situazione di carico combinato.
e) Diagramma del momento flettente M [kNm]
lungo la trave7.1; dove il taglio uguale a zero, il
momento costante cos come previsto dalle
R = RA + R1 = 180 kN + 60 kN = 240 kN R = 240 kN
equazioni 7-1.
R = RB + R2 = 180 kN + 60 kN = 240 kN R = 240 kN
158 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

y
a F = 60 kN F = 60 kN
R w = 30 kN/m R

A B x

a a a
L = 3a

T
b [ kN ]
+ 240
+ 180
+ 120
!
0
x
120
@
180
240

c M
[ kN m]
+ 780
+ 720

+ 420 !

0 2 4 6 8 10 12 xm

Fig. 7.6 - a) Trave su due appoggi soggetta alla combinazione di due carichi concentrati ed un carico distri-
buito; composizione delle due condizioni di carico illustrate nelle Figure 7.4 e 7.5.
b) Diagramma della forza tagliante T.
c) Diagramma del momento flettente M 7.1.

Esempio 7.3 Mensola soggetta a un carico concentrato inclinato


Una trave incastrata lunga L = 5 m e, allestremit destra, soggetta al carico F = 141,42 kN 8 45. Si
chiede di:
a) determinare le reazioni dellincastro HA, VA ed Mi;
b) tracciare i diagrammi della forza normale N, della forza di taglio T e del momento flettente M.

SOLUZIONE
a) Dopo aver calcolato (Figura 2.16-a) le componenti verticale FV ed orizzontale FH del carico
F = 141,42 kN 8 45:
FV = F sen = 141,42 kN sen 45 = 100 kN FV = 100 kN
FH = + F cos = + 141,42 kN cos 45 = + 100 kN FH = 100 kN
si determinano le reazioni HA, VA ed Mi dellincastro A con le equazioni di equilibrio 3-1:
7.1. AZIONI INTERNE NELLE TRAVI INFLESSE 159

Fx = 0 HA + FH = 0 HA = FH = 100 kN HA = 100 kN
Fy = 0 + VA FV = 0 VA = FV = 100 kN VA = 100 kN
MA = 0 + Mi (FV L) = 0 Mi = FV L = 100 kN 5 m = 500 kNm Mi = 500 kNm fi

b) Le azioni interne si ottengono scrivendo lequilibrio del tronco di trave lungo x; si assume che sulla
faccia della sezione le azioni interne N, T ed M siano orientate come mostrato nella Figura 7.7-g. La
forza normale N e la forza tagliante T non variano al variare di x e sono tutte e due positive secondo
le convenzioni di segno della Figura 7.2. La somma dei momenti rispetto a C d invece un momento

a F = 141,42 kN

A = 45

L=5m

b FV = 100 kN
F = 141,42 kN

Mi = 50 kNm

HA = 100 kN
FH = 100 kN
VA = 100 kN

c MA = FV L T M
N
HA = FH

x
VA = FV

d + 100 kN

!
0
Fig. 7.7 - Trave incastrata dellEsempio 7.3 soggetta ad un
e + 100 kN carico concentrato inclinato.
! a) Carico inclinato dellangolo di 45.
b) Componenti orizzontale FH e verticale FV del carico pi
0 le reazioni dellincastro.
c) Elemento isolato di trave distante x dallincastro.
0
f
d) Diagramma della forza normale N.
@
e) Diagramma della forza di taglio T.
500 kN m f ) Diagramma del momento flettente M. Il verso di rota-
zione di M indicato sulla figura corrisponde ad un momento
g M negativo secondo le convenzioni di segno della Figura
N 7.2-c 7.1.
g) Nello scrivere lequilibrio del tronco di trave lungo x,
i versi delle azioni interne sulla sezione sono quelli presen-
T
tati nella Figura 7.1-c.
160 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

flettente che varia linearmente con x ed negativo (si veda il senso di rotazione nel tronco in equilibrio
della Figura 7.7-c) poich fa inarcare la trave.

Fx = 0 HA + N = 0 N = HA = FH = 100 kN N = + 100 kN

Fy = 0 + VA T = 0 T = VA = FV = 100 kN T = + 100 kN

MC = 0 (VAx) + Mi + M = 0 M = Mi + VAx = 500 kNm + 100 kN x

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

7.1 Verificare i valori delle reazioni e gli andamenti


dei diagrammi del taglio e del momento flettente delle a
travi inflesse citate nellAppendice A.4; considerare i
seguenti valori: carico concentrato F = 100 kN , carico
distribuito w = 20 kN/m , lunghezza della trave l = 4 m.
cavo

7.2 Una trave, incernierata in A e sostenuta in B da


un cavo inclinato di 30 sullorizzontale, soggetta nel- 30
lestremo C al carico m = 2,04 Mg che d luogo alla forza
F = 20 kN . Determinare le reazioni VA ed HA della cer- A B C
niera, le componenti VB ed HB della reazione RB della cer- m = 2,04 Mg
cerniera 4m 2m
niera e il valore del momento flettente MB in B (Figura
7.8). Una volta calcolate le reazioni verticali VA e VB
applicando F y = 0 e M A = 0, si determina
HB = VB/tan 30 e quindi si ricava HA applicando Fx = 0. b RB VB
Lesercizio poteva essere risolto anche graficamente: per
lequilibrio alla rotazione le forze RA, RB ed F devono A HB C
HA
passare tutte per lo stesso punto D (Figura 7.8-b) ren- VA B
dendo cos nullo il momento; sommando i tre vettori RA, RA D
RB ed F, il triangolo delle forze risulta chiuso (Figura F = 20 kN
7.8-c) in quanto il punto di partenza di RA coincide con
il punto di arrivo di F e quindi la risultante nulla.
c RB
F
VA = 10 kN ; HA = 52 kN ; VB = 30 kN ;
HB = 52 kN ; MB = 40 kNm RA

7.3 Una trave con incastro a sinistra, come quella


Fig. 7.8 - Trave dellEsercizio 7.2.
della Figura A.4-1 dellAppendice, lunga L = 4 m ed
a) Disposizione della trave con la massa applicata in C.
soggetta al carico concentrato F = 200 kN applicato
b) Trave isolata come corpo libero con carico e reazioni. La rea-
allestremit libera. Calcolare i valori della forza di taglio zione RB in B ha la direzione del cavo in quanto il cavo resiste solo
T e del momento flettente M lungo la trave. a sforzo normale; nel calcolo della reazioni, RB viene scomposta
nella componente verticale VB e nella componente orizzontale HB.
Momento c) Risoluzione grafica con il triangolo delle forze.
Lunghezza Forza di taglio T
flettente M
[m] [kN]
[kNm]
Incastro 0 + 200 800
1 + 200 600 7.4 Una trave con incastro a sinistra in A, come
2 + 200 400 quella della Figura A.4-3 dellAppendice, lunga L = 4 m
3 + 200 200 ed soggetta alla coppia di momento MB = 400 kNm fi
Estremo libero 4 + 200 0 applicata allestremit libera B. Calcolare i valori della
forza di taglio T e del momento flettente M lungo la trave.
ESERCIZI PROPOSTI 161

Momento a F = 200 kN
Lunghezza Forza di taglio T
flettente M
[m] [kN] w = 30 kN/m
[kNm]
Incastro 0 0 + 400
1 0 + 400
A B
2 0 + 400
3 0 + 400 L=4m M B = 400 kNm
Estremo libero 4 0 + 400

7.5 Una trave con incastro a sinistra, come quella b T


della Figura A.4-4 dellAppendice, lunga L = 4 m ed
soggetta al carico uniforme w = 30 kN/m presente
lungo tutta la trave. Calcolare i valori della forza di taglio
T e del momento flettente M lungo la trave. !

Momento x
Lunghezza Forza di taglio T
flettente M c
[m] [kN]
[kNm] M
Incastro 0 + 120 240
1 + 90 135
2 + 60 60
!
3 + 30 15 0
Estremo libero 4 0 0 x
@
7.6 La trave incastrata della Figura 7.9 lunga L = 4 m
ed soggetta ai seguenti carichi combinati: carico con-
centrato F = 200 kN allestremit libera (Esercizio 7.3),
momento MB = 400 kNm fi allestremit libera (Esercizio Fig. 7.9 - Trave con incastro a sinistra dellEsercizio 7.6 soggetta ai
7.4) e carico uniforme w = 30 kN/m presente lungo carichi combinati F = 200 kN , MB = 400 kNm fi, w = 30 kN/m .
tutta la trave (Esercizio 7.5). Calcolare i valori della forza a) Mensola con carichi.
di taglio T e del momento flettente M lungo la trave appli- b) Diagramma della forza di taglio T.
cando il principio di sovrapposizione degli effetti. c) Diagramma del momento flettente M.

Momento
Lunghezza Forza di taglio T
flettente M
[m] [kN] 7.8 Una trave appoggiata, lunga l = 4 m, sopporta un
[kNm]
carico uniformemente distribuito di intensit w = 10 kN/m.
Incastro 0 + 320 640 Determinare il carico totale W, le reazioni R1 e R2 dei due
1 + 290 335 appoggi, tracciare i diagrammi della forza di taglio T e del
2 + 260 60 momento flettente M, calcolare il momento flettente mas-
3 + 230 + 185 simo Mmax con la relativa posizione xmax e i valori del
Estremo libero 4 + 200 + 400 momento Mx per x = 1,5 m ed MB in B (Figura 7.11).

7.7 Una trave appoggiata lunga 6 m, soggetta ai W = 40 kN ; R1 = 20 kN ; R2 = 20 kN ;


due carichi concentrati FD = 20 kN ed FE = 60 kN e Mmax = + 20 kNm; xmax = 2 m;
alla coppia MC = 30 kNm fl. Sdoppiando le condizioni di Mx = + 18,75 kNm; MB = 0
carico combinato nei due casi di soli carichi concentrati
e di sola coppia, determinare, mediante il principio di 7.9 Una trave in acciaio avente amm = 150 MPa di
sovrapposizione, le reazioni RA ed RB, la forza di taglio TF sezione circolare piena e peso proprio trascurabile, lunga
e il momento flettente MF in mezzeria, il diagramma della l = 3 m, incastrata a destra ed soggetta al carico con-
forza di taglio T e quello del momento flettente M centrato F = 10 kN sullestremo sinistro non vincolato.
(Figura 7.10). Determinare la reazione R1 e il momento di incastro M1,
RA = 18,3 kN ; RB = 61,7 kN ;
tracciare i diagrammi della forza di taglio T e del mo-
TF = 1,7 kN; MF = + 34,9 kNm
mento flettente M, calcolare i valori massimo della forza
162 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

a
FE = 60 kN l=4m
FD = 20 kN w = 10 kN/m

A D F C E B
A B

MC = 30 kNm

(cerniera di sinistra) (appoggio di destra)


2m 1m 1m 1m 1m
6m
y
W

b FE = 60 kN
FD = 20 kN A B
x
R1 R2

T
RA = 23,3 kN
RB = 56,7 kN
!
c RA = 5 kN x
@

RB = 5 kN M
MC = 30 kNm Mmax
Mx

d !
T (carichi concentrati)
+ 23,3 kN x = 1,5 m xmax x
!
5 kN T (coppia)

TF = 1,7 kN @ Fig. 7.11 - Trave appoggiata dellEsercizio 7.8.

56,7 kN

e + 46,7 kNm
+ 56,7 kNm
M (carichi
concentrati) y
! MF = + 34,9 kNm R1
20 kNm F

M (coppia)
+ 10 kNm
x
A B
l=3m
Fig. 7.10 - Trave appoggiata dellEsercizio 7.7.
a) Condizioni di carico combinato.
T
b) Situazione dei soli carichi concentrati.
c) Situazione della sola coppia. x
d) Diagramma della forza di taglio T: larea rosa che si ottiene @
dal diagramma della forza di taglio relativo ai carichi concentrati
spostando il livello orizzontale di riferimento (linea continua) verso
M
lalto di 5 kN (linea a tratti, corrispondente al diagramma del taglio
dovuto alla coppia).
e) Diagramma del momento flettente M: larea che si ottiene
x
@
sovrapponendo al diagramma del momento flettente relativo ai
carichi concentrati (linea continua) il diagramma del momento
dovuto alla coppia (linea a tratti) invertito in modo che larea
negativa possa venire sottratta; i valori finali vanno perci valutati
rispetto alla linea tratteggiata. Fig. 7.12 - Mensola dellEsercizio 7.9 con incastro a destra.
ESERCIZI PROPOSTI 163

di taglio Tmax e del momento flettente Mmax e dimensio- 7.11 Una trave, lunga 12 m, soggetta ai carichi
nare il diametro d della trave alla tensione normale concentrati F1 = 10 kN , F2 = 20 kN , F3 = 20 kN ,
indotta dal momento flettente (Figura 7.12). F4 = 30 kN . Determinare le reazioni R1 e R2 dei due
appoggi e il diagramma delle azioni interne: forza di
R1 = 10 kN ; M1 = 30 kNm fl; Tmax = 10 kN; taglio T e momento flettente M (Figura 7.14).
Mmax = 30 kNm; d = 130 mm
R1 = 10 kN ; R2 = 30 kN

7.10 Una trave soggetta ad un insieme di carichi


combinati rappresentati dai carichi uniformemente distri-
buiti pari a w1 = 10 kN/m lungo il tratto AB = 2 m e F4 = 30 kN
a
w2 = 20 kN/m lungo il tratto CE = 3 m, e dai carichi
F3 = 20 kN
concentrati FB = 20 kN , FC = 20 kN , FD = 10 kN ,
F1 = 10 kN
FF = 40 kN . Calcolare le reazioni degli appoggi R1 (in A)
2m 4m 2m
ed R2 (in E); tracciare poi i diagrammi della forza di taglio
T e del momento flettente M, riportando i valori pi signi-
ficativi (Figura 7.13). A B C D E F

R1 = 42,5 kN ; R2 = 127,5 kN F2 = 20 kN
4m
12 m

b F4 = 30 kN
FF
FB FC
FD F3 = 20 kN
w1 w2
2m F1 = 10 kN 4m 2m

A B C D E F
A B C D E F
F2 = 20 kN

2m 3m 2m 1m 2m R 1 = 10 kN R 2 = 30 kN
4m
R1 l = 10 m R2
12 m

T c
[kN]
+ 40
+ 42,5 T
+ 22,5 [ kN ]
! + 2,5 + 20
+ 10 ! !
17,5
@ @
30
57,5
67,5 87,5
d
M + 60
M [ kN m ]
[kNm] + 72,5
+ 65
+ 45 + 20 !
!

2,5
@
Fig. 7.14 - Trave semplicemente appoggiata con pi carichi con-
centrati dellEsercizio 7.11.
80 a) Trave con carichi vincolata con due carrelli.
b) Schema di corpo libero.
c) Diagramma della forza tagliante T [kN].
Fig. 7.13 - Trave appoggiata dellEsercizio 7.10. d) Diagramma del momento flettente M [kNm].
164 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

R1 = 3 kN ; R2 = 3 kN ;
a FC = 12 kN
TAC = 3 kN; Mmax = 12 kNm

7.14 La trave di Figura 7.15 sopporta un carico con-


centrato FC = 12 kN . Dopo aver trovato le reazioni RA
A C B D
ed RB, valutare landamento del taglio T e del momento
M lungo la trave e tracciare i relativi diagrammi.
3m 2m 2m RA = 4,8 kN ; RB = 7,2 kN ; TAC = + 4,8 kN;
TCB = 7,2 kN; MC = + 14,4 kNm
FC
b
7.15 La trave di Figura 7.16 sopporta un carico con-
centrato FD = 6 kN posto allestremit dello sbalzo.
Dopo aver trovato le reazioni RA ed RB, valutare landa-
mento del taglio T e del momento M lungo la trave e trac-
ciare i relativi diagrammi.
RA
RB RA = 2,4 kN ; RB = 8,4 kN ; TAB = 2,4 kN;
c TBD = + 6 kN; MB = 12 kNm

! a
FD = 6 kN
x
@
d
M A B D

5m 2m
!
FD
x b
Fig. 7.15 - Trave con appoggi e sbalzo dellEsercizio 7.14.
a) Trave e carico applicato.
b) Diagramma di corpo libero.
c) Diagramma della forza di taglio T.
RA
d) Diagramma del momento flettente M.

RB

c
7.12 Calcolare le reazioni R1 ed R2 di una trave T
come quella della Figura A.4.6 dellAppendice, lunga !
5 m e sollecitata da una forza F = 8 kN applicata in un
punto che dista 2 m dal vincolo di sinistra. Valutare lan- @ x
damento del taglio T e del momento M e tracciare i rela- d
tivi diagrammi. M

R1 = 4,8 kN ; R2 = 3,2 kN ; x
@
TAB = 4,8 kN; TBC = + 3,2 kN; MB = 9,6 kNm

7.13 Una trave, lunga 6 m, appoggiata agli estremi,


ed sollecitata da una coppia di momento M = 18 kNm fl Fig. 7.16 - Trave con appoggi e sbalzo dellEsercizio 7.15.
applicata in un punto C che dista 4 m dal vincolo di sini- a) Trave e carico applicato.
stra. Utilizzando lo schema e le equazioni della Figura b) Diagramma di corpo libero.
A.4.8 in Appendice, calcolare le reazioni R1 ed R2, trac- c) Diagramma della forza tagliante T.
ciare i diagrammi del taglio T e del momento M, indi- d) Diagramma del momento flettente M.
candone lintensit massima Mmax.
ESERCIZI PROPOSTI 165

7.16 La trave di Figura 7.17 sopporta un carico posto allestremit dello sbalzo. Utilizzando i dati acqui-
FC = 12 kN concentrato in C ed un carico FD = 6 kN siti nel precedente Esercizio 7.16, determinare la posi-
posto allestremit dello sbalzo. Dopo aver trovato le zione del punto E in cui il momento flettente si annulla.
reazioni RA ed RB, valutare landamento del taglio T e del
CE = 0,75 m
momento M lungo la trave e tracciare i relativi dia-
grammi. LEsercizio proposto la combinazione dei due
Esercizi precedenti: sia le reazioni che i diagrammi si 7.18 La trave della Figura 7.18 soggetta al carico
possono ottenere sommando algebricamente le corri- FD = 15 kN . Dopo aver calcolato le reazioni RA ed RB,
spondenti intensit. valutare landamento del taglio T e del momento M lungo
la trave.
RA = 2,4 kN ; RB = 15,6 kN ; TAC = + 2,4 kN;
TCB = 9,6 kN; TBD = + 6 kN; RA = 5,45 kN ; RB = 20,45 kN ;
MC = + 7,2 kNm; MB = 12 kNm TAB = + 5,45 kN; TBD = 15 kN;
MB = + 24 kNm

a FC = 12 kN

FD = 6 kN
a
FD = 15 kN

A C B D
C A B D

3m 2m 2m
2m 4,4 m 1,6 m
FC
b
FD
b
FD

RA

RA
c RB
RB
T
c
!
!
x
d @ T

M !
x
@

! d
C E x
M
@

Fig. 7.17 - Trave con appoggi e sbalzo dellEsercizio 7.16.


!
a) Trave e carico applicato.
b) Diagramma di corpo libero. x
c) Diagramma del taglio T.
Fig. 7.18 - Trave con appoggi e due sbalzi dellEsercizio 7.18.
d) Diagramma del momento M.
a) Trave e carico applicato.
b) Diagramma di corpo libero.
c) Diagramma della forza tagliante T.
7.17 La trave di Figura 7.17 sopporta un carico d) Diagramma del momento flettente M.
FC = 12 kN concentrato in C ed un carico FD = 6 kN
166 CAPITOLO 7. TRAVI INFLESSE

7.19 La trave della Figura 7.19 soggetta al mo- le reazioni che i diagrammi si possono ottenere som-
mento MC = 16 kNm fi applicato alla sua estremit sini- mando algebricamente le corrispondenti intensit.
stra. Dopo aver calcolato le reazioni RA ed RB, valutare
RA = 9,08 kN ; RB = 24,08 kN ; TCA = 0;
landamento del taglio T e del momento M lungo la trave.
TAB = + 9,08 kN; TBD = 15 kN;
RA = 3,63 kN ; MA = MC = 16 kNm; MB = + 24 kNm
RB = 3,63 kN ;
TAB = + 3,63 kN;
MA = MC = 16 kNm a
FD
MC

C A B D
a
MC
2m 4,4 m 1,6 m
C A B D

b
FD
2m 4,4 m 1,6 m MC

b
MC

RA

c RB
RA RB
c
T
T
! !
x
x
d
M
@
d

x M

!
Fig. 7.19 - Trave con appoggi e due sbalzi dellEsercizio 7.19.
a) Trave e carico applicato.
x
b) Diagramma di corpo libero.
c) Diagramma forza tagliente T. @
d) Diagramma del momento flettente M.

Fig. 7.20 - Trave con appoggi e due sbalzi dellEsercizio 7.20.


7.20 La trave della Figura 7.20 soggetta al carico a) Trave e carico applicato.
FD = 15 kN ed al momento MC = 16 kNm fi. Dopo aver b) Diagramma di corpo libero.
calcolato le reazioni RA ed RB, valutare landamento del c) Diagramma della forza tagliente T.
taglio T e del momento M lungo la trave. LEsercizio pro- d) Diagramma del momento flettente M.
posto la combinazione dei due esercizi precedenti: sia
Capitolo 8
CINEMATICA

8. 1 MOTO TRASLAZIONALE

8. 1. 1 Spostamento, velocit e accelerazione


La cinematica descrive il movimento dei corpi, associando al concetto di spazio il concetto di
tempo, senza tener conto delle forze che sono la causa del moto oppure vengono generate come
risultato di questo stesso moto. Nella cinematica del punto, il movimento di un corpo, anche
grande come unautomobile, viene esaminato trascurando le sue dimensioni, cos come pos-
sibile fare per lautomobile che risulta piccolo rispetto allautostrada che sta percorrendo: tutto
il corpo viene ridotto ad una particella, cio ad un punto di materia concentrata nel suo baricentro.
Al trascorrere del tempo t in secondi
[s], il corpo nel suo movimento occupa
posizioni successive descrivendo una
traiettoria (Fi gu ra 8.1). Quando il
corpo descrive una traiettoria rettilinea,
il moto si dice traslazionale (o ret-
tilineo), in quanto compie una trasla-

y P3 (t3)

P2 (t2)

P1 (t1)

Fig. 8.1-b - La traiettoria la linea che uni-


sce le successive posizioni occupate dalla
particella. La figura mostra un esempio di
traiettoria curvilinea con le successive posi-
Fig. 8.1-a - La fotografia al rallentatore visualizza la traiettoria di una palla zioni P1, P2 e P3 occupate negli istanti cor-
che rimbalza sul terreno. rispondenti t1, t2 e t3.
168 CAPITOLO 8. CINEMATICA

zione, ad esempio, secondo lasse x8.1. Nel passare da una posizione a quella successiva il
corpo compie uno spostamento in metri [m] (Figura 8.2).

t0 t

Origine

x0 Spostamento = x

P0
x

P
Fig. 8.2-a - Moto di unautomobile lungo un rettilineo. Al tempo t = t0 + t, il corpo, che nellistante t0 occupava la posizione ini-
ziale P0 di coordinata x0, si mosso fino alla posizione finale P e la sua coordinata diventata x = x0 + x. Lo spostamento del corpo,
nel moto traslazionale, la variazione x nella coordinata della posizione durante lintervallo di tempo t.

La velocit (istantanea) v del corpo la rapidit con cui lo spostamento


[m] cambia con il tempo [s]; essa una quantit vettoriale e si misura in
metri al secondo [m/s]. La velocit media vm del corpo, che nel suo moto
lungo una retta passato dalla posizione di ascissa x0 (occupata al tempo
t0) alla posizione x (tempo t), il rapporto tra lo spostamento x = x x0
e il corrispondente intervallo di tempo t = t t0:

Spostamento x x x0
Velocit media = vm = = 8-1
Spostamento

Tempo trascorso t t t0

Si consideri, ad esempio, un automobilista che percorre una strada con


molte curve lunga 50 km = 50.000 m in 3570 s; la velocit media in m/s
oppure in km/h risulta:
50.000 m
vm =
= 14 m/s
3750 s
m m (1 km/1000 m) 3600 km km
14 = 14 = 14 = 14 3,6 = 50,5 km/h
s s (1 h/3600 s) 1000 h h
Fig. 8.2-b - Anche nel moto cur -
vilineo, ad esempio la traiettoria in Essendo un valore medio, non si pu sapere quanto rapidamente lauto-
curva di unautomobile da corsa, si mobile si muova in ciascun istante: potrebbe infatti aver raggiunto punte
definisce lo spostamento s come la
distanza pi corta tra la posizione
istantanee di 22 m/s (79 km/h) accanto a valori piuttosto bassi di 9 m/s
iniziale e la posizione finale. (32 km/h). Facendo tendere a valori via via pi piccoli sia lintervallo di
tempo sia il corrispondente spostamento dellautomobile, ad esempio fino

8.1 - Posizione, spostamento, velocit allora precisare soltanto il loro verso e la negativo dellaccelerazione a indica che
ed accelerazione sono dei vettori. Queste loro intensit, facendo uso di una quan- la velocit v diminuisce; qualche volta si
quantit hanno, nel moto rettilineo, dire- tit scalare, numero algebrico costituito usa il termine decelerazione per indi-
zioni fisse e note in quanto la traiettoria dalla intensit del vettore accompagnata care a quando il corpo si muove pi len-
rappresentata da una retta; occorre dal segno pi oppure meno. Un valore tamente.
8.1. MOTO TRASLAZIONALE 169

a 0,00001 s e 0,0002 m, si pu ricavare il valore della velocit media (0,0002 m / 0,00001 s =


20 m/s) in quel dato intervallo prossimo ad un punto P del percorso dellautomobile; la velo-
cit media si avvicina alla velocit istantanea nel punto P fino a coincidere con essa allistante
considerato, allorch lintervallo di tempo diventa al limite infinitamente piccolo (e cio infi-
nitesimo). Il valore della velocit (istantanea) interpreta cos la diversa rapidit con cui i due ter-
mini del rapporto, spostamento ed intervallo di tempo divengono infinitesimi8.2.
Laccelerazione (istantanea) a la rapidit con cui cambia la velocit [m/s] con il tempo
[s]8.2; un vettore e si misura in metri al secondo quadrato [m/s 2]. Se il corpo passa dalla velo-
cit v0 (quando il tempo vale t0) alla velocit v (in corrispondenza del tempo t), laccelerazione
media am data dal rapporto tra la variazione di velocit v e il corrispondente intervallo di
tempo t:
v v v0
am = = 8-2
t t t0

8.2 - La velocit media vm, rapporto tra colo da svanire (t 0); questo rap- v/t nel momento in cui t diviene tal-
spostamento x e intervallo di tempo t porto , per definizione (dallanalisi mente piccolo da svanire (t 0); que-
(8-1), si avvicina sempre di pi alla velo- matematica), uguale alla derivata della sto rapporto, che, per definizione,
cit istantanea v allorch sia lintervallo distanza x rispetto al tempo t (dx/dt): uguale alla derivata della velocit v
di tempo t che lo spostamento corri- rispetto al tempo t (dv/dt ), misura la
spondente x vengono via via fatti dive- x dx rapidit con cui cambia la velocit v:
nire sempre pi piccoli. A rigore, la v = lim =
t 0 t dt
velocit istantanea v allistante t il v dv
valore limite del rapporto x/t nel Analogamente, laccelerazione a alli- a = lim =
t 0 t dt
momento in cui t diviene talmente pic- stante t il valore limite del rapporto

Esempio 8.1 Velocit media


Di unautomobile sportiva vengono valutate le prestazioni in un circuito di prova su un rettilineo lungo
1000 m (Figura 8.3 ). Determinare:
a) la velocit media vm nel caso in cui il tratto del circuito venga percorso verso destra nel tempo
t = 10,41 s;
b) il tempo impiegato t per percorrere lo stesso tratto, sapendo che la velocit media risultata
vm = 95,6 m/s.

SOLUZIONE
a) Si fissa il senso positivo () dellasse x, che individua il rettilineo lungo il quale corre lautomobile,
in modo da attribuire il segno allo spostamento (x = + 1000 m). Allinizio del moto, sia il tempo t0
che il tratto percorso x0 sono uguali a zero e la velocit media diviene (8-1):
x x0 x0 x + 1000 m
vm = = = = = + 96,06 m/s + 345,8 km/h
t t0 t0 t 10,41 s

b) Il segno meno davanti al numero che esprime la velocit media indica che il tratto viene adesso per-
corso nel senso negativo (verso sinistra); la pi bassa velocit (95,6 m/s invece di 96,06 m/s)
dovuta al vento che, questa volta, ostacola il moto.
x x 1000 m
vm = t = = = 10,46 s
t vm 95,6 m/s
170 CAPITOLO 8. CINEMATICA

a t0 = 0 t = 10,41 s

Inizio Fine

Origine

x = + 1000 m

b t = ?,?? s t0 = 0

Fine Inizio

Origine

x = 1000 m

Fig. 8.3 - Moto di unautomobile lungo un rettilineo.


a) Moto nel senso positivo (verso destra).
b) Moto nel senso negativo (verso sinistra).

Esempio 8.2 Accelerazione di un aeroplano al decollo


Un aeroplano partendo dalla velocit iniziale v0 = 0 al tempo t0 = 0, raggiunge, al momento del decollo
(tf = 32 s), la velocit finale vf = + 80 m/s (+ 288 km/h), positiva perch laeroplano si sposta nel verso
positivo dellasse e cio verso destra (Figura 8.4).
Determinare:
a) laccelerazione media am;
b) le velocit raggiunte dallaeroplano negli istanti t1 = 1 s, t2 = 2 s e t3 = 3 s.

SOLUZIONE
a) Con la 8-2 si calcola laccelerazione media:
v f v0 + 80 m/s 0
am = = = + 2,5 m/s 2
t f t0 32 s 0

b) Si risolve la 8-2 rispetto alla velocit:


v v0
am = v v0 = am (t t0 ) v 0 = a m (t 0) v = amt
( t t0 )
v1 = amt1 = + 2,5 m/s2 1 s = + 2,5 m/s = + 9 km/h
8.1. MOTO TRASLAZIONALE 171

t0 t

am
v0 v

Fig. 8.4-a - Unaccelerazione media pari a + 2,5 m/s 2 vuol dire che la velocit dellaeroplano aumenta di 2,5 m/s (9 km/h) ad ogni
secondo.

v2 = amt2 = + 2,5 m/s2 2 s = + 5 m/s = + 18 km/h


2
v3 = amt3 = + 2,5 m/s 3 s = + 7,5 m/s = + 27 km/h

Per verifica, si pu calcolare, al tempo finale tf , il valore assegnato della velocit vf prima del decollo:
vf = amtf = + 2,5 m/s2 32 s = 80 m/s = 288 km/h

am = 2,5 m/s2
t0 = 0

v0 = 0

t1 = 1 s

v1 = + 2,5 m/s

t2 = 2 s

v2 = + 5 m/s

t3 = 3 s
v3 = + 7,5 m/s

Fig. 8.4-b - Velocit raggiunte dallaeroplano negli istanti t1, t2 e t3.


172 CAPITOLO 8. CINEMATICA

8. 1. 2 Equazioni del moto rettilineo ad accelerazione costante


Il caso pi comune di moto rettilineo ad accelerazione costante8.3 rappresentato da un corpo
che cade liberamente senza incontrare resistenza nellaria che attraversa. Essendo costante lac-
celerazione, il valore istantaneo a coincide con il valor medio am espresso dallequazione 8-2;
si pone, inoltre, il tempo iniziale t0 uguale a zero in modo che t individui un qualsiasi istante
successivo.
v v0 v v0 v v0
a = am = = = v = v0 + at 8-3
t t0 t0 t

Presi x0 posizione iniziale ed x, posizione del corpo al tempo t, la distanza x in funzione della
velocit media vm risulta (8-1):
x x x0 x x0
vm = = = x x0 = vmt x = x0 + vmt
t t0 t
Sostituendo in questa equazione a vm lespressione della velocit media8.4 vm = (v0 + v)/2 valida
per un moto ad accelerazione costante (Figura 8.5), si ottiene:

v0 + v 1
x = x0 + t = x0 + ( v0 + v) t 8-4
2 2

La distanza coperta x pu venire espressa in funzione dellaccelerazione a e del tempo t:

1 1 1 1
x = x0 + [ v0 + v]t = x0 + [ v0 + ( v0 + at )]t = x0 + [2 v0 + at ]t = x0 + v0 t + at 2 8-5
2 2 2 2

Se invece si introduce il tempo trascorso t ricavato dalla 8-3:


v v0
v = v0 + at t =
a
nella 8-4, si ottiene unequazione che non contiene il tempo t:

v + v v v0 v2 v02 v2 v02
x = x0 + 0 = x0 + x x0 = v2 = v02 + 2 a ( x x0 ) 8-6
2 a 2a 2a

Ciascuna delle equazioni citate sopra va scelta sulla base dei dati assegnati in modo da ricavare
le incognite del problema. Cos, se, ad esempio, sono assegnate la velocit v e laccelerazione
a e si vuole ricavare lo spostamento x = x x0, occorrer applicare lequazione 8-6, in cui
manca il tempo t.
Il moto rettilineo uniforme un caso particolare del moto ad accelerazione costante in cui il
valore dellaccelerazione viene posto uguale a zero; in queste condizioni il corpo si muove con
velocit costante. Se nellequazione 8-5 si pone a = 0 ed anche v = v0, dal momento che la velo-

8.3 - Nel caso del moto rettilineo, si parla di moto ad accelerazione costante oppure di moto uniformemente
accelerato anzich di moto uniformemente vario, che era il termine usato in passato per indicare un moto ad
accelerazione costante. Nel caso del moto circolare, si parla di moto non uniforme oppure di moto unifor-
memente accelerato per indicare un moto circolare in cui laccelerazione tangenziale costante.

8.4 - Larea sotto il diagramma velocit-tempo rappresenta lo spostamento (Paragrafo 8.1.3). La velocit
media, rapporto tra lo spostamento e il tempo trascorso poteva essere ricavata da (Figura 8.5):
Area ABCD + Area BCE v t + (1/ 2)( v v0 )t v +v
vm = = 0 = 0
t t 2
8.1. MOTO TRASLAZIONALE 173

cit costante, si ottiene la distanza coperta x, a partire dalla posi-


v E zione iniziale x0:
v0 + v x = x0 + vt oppure x = vt << quando x0 = 0 >> 8-7
vm =
2
Essendo la velocit una costante, lo spostamento x = x x0 (oppure
Velocit

la distanza x nel caso in cui sia nullo x0) direttamente proporzionale


al tempo t (Appendice A.1.1).

v0 C
B
A D 8. 1. 3 Analisi grafica
t0 t
Tempo
In un diagramma posizione-tempo8.5 come quello della Figura 8.6,
Fig. 8.5 - Diagramma velocit-tempo per le successive posizioni x in funzione del tempo t di un corpo che si
un moto ad accelerazione a costante che muove con velocit costante sono rappresentate, secondo la 8-7, da
ha velocit iniziale v0 diversa da zero. una linea retta (relazione detta appunto lineare), la cui pendenza
Essendo a costante, v , per la 8-2, pro-
porzionale a t (v = at); il diagramma
x/t d, per la 8-1, la velocit media. Allorch la velocit non pi
della velocit perci una retta con un costante ma varia, e quindi il corpo accelera, il diagramma posizione-
valor medio dato da vm = (v0 + v)/2 .8.4 tempo non rappresentato da una retta ma da una curva come quella
della Figura 8.7. La velocit in un dato istante pu essere calcolata
misurando la pendenza della curva in quellistante, pendenza definita
dalla tangente alla curva nel punto; in pratica ci equivale ad eseguire la derivata della funzione
che lega la posizione x al tempo t 8.2.
Nel diagramma velocit-tempo delle Figure 8.8-a e 8.8-b, lo spostamento x = vmt (8-1)
rappresentato dallarea del rettangolo di base t e di altezza vm. Quando la velocit non
costante ma variabile come nel caso della Figura 8.8-c, si pu ricavare lo spostamento rappre-

x x x1 +8 m 80,0 Tangente
Pendenza = v = = 2 = = + 4 m/s
t t 2 t1 2s
Posizione x [m]

+ 16 60,0 x = + 26 m

+ 12 x2 t = 5,0 s
Posizione x [m]

40,0
x =
+8
+8m 20,0

+ 4 x1
t = 2 s 0
t1 t2 0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0
0
0 1 2 3 4 Tempo t [s]
Tempo t [s]
Fig. 8.7 - Diagramma posizione-tempo x-t per un corpo che si muove,
secondo una traiettoria rettilinea, con velocit variabile; la curva stata
Fig. 8.6 - Diagramma posizione-tempo x-t per un tracciata con la 8-5, assumendo a = + 0,26 m/s2, v0 = 0 e x0 = 0. Per
corpo che si muove, secondo una traiettoria rettili- determinare la pendenza della tangente in t = 20 s, si costruisce un
nea, con velocit costante. Avendo posto x0 = 0 triangolo usando un intervallo di tempo arbitrario t = 5,0 s; in cor-
allistante t = 0, la posizione x del corpo coincide rispondenza a questo t si legge sulla figura x = + 26 m. La pendenza
con lo spostamento x valutato a partire dallori- della tangente x/t = + 26 m/5.0 s = + 5,2 m/s la velocit istanta-
gine. La velocit pari a + 4 m/s; essendo costante, nea v. Come verifica, si ricavi v con la 8-3 facendo uso dei valori di
la velocit media vm coincide con la velocit istan- accelerazione, velocit iniziale e tempo citati: v = v 0 + at = 0 +
tanea v. + 0,26 m/s2 20,0 s = + 5,2 m/s.

8.5 - Si chiama equazione oraria del Lallievo pu diagrammare, per eserci- tempo t e lequazione x = 2t + t 2 in cui
moto la relazione che descrive la posi- zio, lequazione x = 2t in cui la posi- invece x varia con il quadrato di t.
zione x in funzione del tempo t: x = f(t). zione x varia in modo lineare con il
174 CAPITOLO 8. CINEMATICA

sentato dallarea sotto la curva, suddividendo


a v questa area in tante piccole striscie rettangolari
aventi per base lintervallo di tempo t e per
Velocit

va
altezza la velocit vm (media tra i valori finale ed
xa = tva
iniziale nellintervallo) riportata a met di t. La
somma dei singoli spostamenti d lo spostamento
0 t t
totale: x 1 + x 2 + x 3 + = v m1 t 1 +
Tempo
+ vm 2t2 + vm3t3 + Prendendo degli inter-
b v valli sempre pi piccoli, il calcolo diviene via
via pi accurato; in pratica ci equivale ad
Velocit

approssimare loperazione di integrazione con


vb cui si fanno tendere a zero gli intervalli t.
xb = tvb
0 t t La pendenza della curva nel diagramma velo-
Tempo cit-tempo d, per la 8-2, laccelerazione istan-
tanea, corrispondente ad am = v/t per v e t
c v
vm x
molto piccoli. Nel caso di accelerazione nulla, la
Velocit

velocit costante e quindi la retta, che la rap-


presenta, orizzontale, cio ha pendenza uguale
a zero (Figura 8.9-a). Se invece laccelerazione
0 t1 t3 t
costante (Figura 8.9-b), la pendenza della linea
t/2
t
della velocit in funzione del tempo si conserva
t2
Tempo inalterata; la Figura 8.9-c mostra un esempio di
determinazione grafica dellaccelerazione. Quan-
Fig. 8.8 - Diagrammi della velocit v in funzione del tempo t nel do infine la velocit variabile (Figura 8.9-d),
moto rettilineo; larea del rettangolo, quando la velocit costante, laccelerazione istantanea a, analogamente a
oppure larea sotto la curva, quando la velocit variabile, d lo
spostamento x. a) Velocit elevata va costante. b) Velocit
quanto avviene per la velocit sulla curva posi-
bassa vb costante. c) Velocit variabile. zione-tempo, si ottiene tirando la tangente alla
curva velocit-tempo nel punto voluto8.2.

a v b v
Pendenza = =0 Pendenza = = costante
t t
Velocit v

Velocit v

v
t

0 Tempo t 0 Tempo t

c d v
+ 36 Pendenza = , non costante
t
Velocit v [m/s]

Velocit v

+ 24 v = + 12 m/s Tangente

t = 2 s v
+ 12
v0 = + 5 m/s t
0
0 Tempo t
0 1 2 3 4 5
Tempo t [s]

Fig. 8.9 - Diagramma velocit-tempo: laccelerazione a la pendenza della curva della velocit v in funzione
del tempo t.
a) Accelerazione uguale a zero. b) Accelerazione costante positiva in quanto la velocit aumenta in modo
costante al crescere del tempo; una situazione analoga a quella della Figura 8.5. c) Esempio di determi-
nazione dellaccelerazione dalla pendenza della linea: Pendenza = a = v/t = (+ 12 m/s )/2 s = + 6 m/s2.
Lequazione della velocit v = 5 + 6t con v0 = + 5 m/s per t = 0. d) Accelerazione variabile.
8.1. MOTO TRASLAZIONALE 175

Esempio 8.3 Treno tra due stazioni


La Figura 8.10 mostra il diagramma velocittempo
B C di un treno che si muove tra due stazioni.
30
Determinare:
a) lo spostamento complessivo;
Velocit [m/s]

20
b) le accelerazioni.

10

A E F D SOLUZIONE
0
100 200 300 400 500 600
a) Larea sotto il diagramma della Figura 8.10, som-
Tempo [s] ma delle aree del triangolo ABE, del rettangolo
Fig. 8.10 - Diagramma velocit-tempo di un treno che si muove tra
BCFE e del triangolo CDF, rappresenta (Para-
le due stazioni dellEsempio 8.3. grafo 8.1.3) lo spostamento x, distanza coperta
dal treno tra le due stazioni:
30 m/s 100 s 30 m/s 200 s
x = + (30 m/s 300 s) + = 13.500 m
2 2
b) La pendenza del diagramma velocit-tempo d (Paragrafo 8.1.3) laccelerazione a; sulla Figura
8.10 laccelerazione media positiva allinizio (AB), nulla nel tratto centrale (BC ) e negativa alla fine
(CD), poich in questultimo tratto la velocit finale in D inferiore a quella iniziale in C (8-2):
+ 30 m/s 0 30 m/s
am = = + 0,3 m/s 2 am = =0 am = = 0,15 m/s2
AB 100 s BC 300 s CD 200 s

Esempio 8.4 Tempo in un moto ad accelerazione costante


Unautomobile attraversa con la velocit iniziale v0 = + 12 m/s una prima striscia bianca tracciata su un
rettilineo che dista x0 = + 50 m dal punto di partenza. Prosegue con laccelerazione costante a = + 2 m/s2
fino ad attraversare una seconda striscia, che dista x = + 270 m dal punto di partenza. Calcolare il tempo
t impiegato dallautomobile per passare dalla prima alla seconda striscia.

SOLUZIONE
Si sostituiscono nella 8-5 i valori di accelerazione, velocit e spostamento x x0 = + 270 m 50 m = + 220 m
e si risolve (A.1-2 a pag. 466) lequazione di secondo grado rispetto al tempo t:
1 2 1 2 1 2
x = x0 + v0t + at at + v0t + x0 x = 0 at + v0t ( x x0 ) = 0
2 2 2
1
(2 m/s 2 )t 2 + (12 m/s)t 220 m = 0 1t 2 + 12t 220 = 0
2

( + 12) 12 2 4 ( + 1) ( 220) 12 144 + 880 1024


t = = = 6 = 6 16 s
2 ( + 1) 2 2
Si ottengono due valori del tempo: 10 s e 22 s; scartando il tempo negativo che non ha significato dal
punto di vista fisico, si ricava il tempo necessario per passare dalla prima alla seconda striscia:
t = 10 s
176 CAPITOLO 8. CINEMATICA

Esempio 8.5 Accelerazione di gravit


Nel vuoto, dove manca la resistenza dellaria, tutti i corpi nella stessa posizione rispetto alla terra
cadono verticalmente con unaccelerazione costante; si tratta dellaccelerazione di gravit, orientata verso
il basso in direzione del centro della terra e di intensit media g = 9,81 m/s2. Immaginando di lasciare
cadere (Figura 8.11) una pietra dalla sommit di una torre alta 128 m e che la resistenza dellaria si possa
trascurare, si chiedono:
a) le distanze verticali y percorse nei primi due secondi della caduta della pietra;
b) le velocit v nei primi due secondi;
c) la velocit finale vf e il tempo tf impiegato dalla pietra per toccare il suolo.

SOLUZIONE
a) Il moto avviene lungo lasse verticale y, che nelle equazioni del moto del Paragrafo 8.12, prende il
posto dellasse orizzontale x. un moto con accelerazione costante a = g = 9,81 m/s2; laccele-
razione di gravit negativa in quanto, essendo diretta verso il basso, ha senso opposto al verso posi-
tivo dellasse y. Al tempo t = 0, posizione e velocit iniziali sono nulle: y0 = 0 e v0 = 0. Con la 8-5, si
ricavano, agli istanti t1 = 1 s e t2 = 2 s, le posizioni y1 ed y2, anchesse negative essendo orientate in
senso opposto al verso positivo di y:

1 2 1 1 1 2 1
y = y0 + v0t gt = 0 + 0t gt 2 = gt 2 y = gt = (9,81 m/s 2 )t 2 = ( 4,9 m/s 2 ) t 2
2 2 2 2 2

y1 = ( 4,9 m/s 2 )t12 = ( 4,9 m/s 2 ) (1 s)2 = ( 4,9 m/s 2 ) (1 s 2 ) = 4,9 m

y2 = ( 4,9 m/s 2 )t22 = ( 4,9 m/s 2 ) (2 s)2 = ( 4,9 m/s 2 ) (4 s 2 ) = 19,6 m

a +y b
y v
v0 = 0 0s 0m 0 m/s

1s 4,9 m 9,8 m/s

2s 19,6 m 19,6 m/s


y

t=3s 3s 44,1 m 29,4 m/s


h = 128 m

4s 78,4 m 39,2 m/s

Fig. 8.11 - Caduta di una pietra dallalto di una torre.


a) Dati dellEsempio.
b) Spostamenti y e velocit v della pietra che cade nei primi quattro secondi.
8.1. MOTO TRASLAZIONALE 177

b) Le velocit v1 e v2 della pietra agli istanti t1 = 1 s e t2 = 2 s dalla caduta si ricavano con la 8-3 dove si
pone a = g:
v = v0 gt = 0 gt = gt v = gt v = ( 9,81 m/s2)t
v1 = ( 9,81 m/s2)t1 = ( 9,81 m/s2) (1 s) = 9,81 m/s
2 2
v2 = ( 9,81 m/s )t2 = ( 9,81 m/s ) (2 s) = 19,62 m/s

c) Nella risposta precedente (b), si visto che la velocit di caduta v della pietra allistante t rappre-
sentata da v = gt. Nella risposta alla prima domanda (a), si era invece ottenuta la posizione y rag-
1
giunta dalla pietra allistante t: y = gt 2. Si ricavi il tempo t da questa equazione:
2

2 2
t2 = y t = y
g g

e lo si sostituisca nella espressione della velocit di caduta:


2 2
v = gt = g y = g 2 y = 2 gy
g g

Allorch la pietra tocca il suolo ha raggiunto la posizione finale yf = h: lordinata h negativa per-
ch (Figura 8.11-a) il verso positivo dellasse y orientato verso lalto8.6; lespressione sotto radice
perci positiva: 2gyf = 2gh . Il segno meno, davanti alla radice, indica che anche la velocit di
caduta negativa: infatti diretta verso il basso. La velocit finale vf , velocit raggiunta dalla pietra
corrispondente alla quota h = 128 m, vale:

v f = 2 gh = 2 9,81 m/s 2 128 m = 2511 m 2 /s 2 = 50,1 m/s

A prescindere dal segno della velocit, questa formula che d la velocit v di un corpo che cade sotto
lazione della gravit nota come formula di Torricelli:

v= 2gh 8-8

Allo stesso risultato si poteva pervenire facendo uso dellequazione 8-6 che, nel caso del moto con-
siderato, diviene: v2f = v20 2g (y y0) = 0 + 2gh. Questa equazione presenta il vantaggio di non avere
il tempo t; purtroppo contiene il quadrato della velocit v2f e quindi in grado di fornire il modulo |vf |
della velocit finale della pietra, modulo a cui solo successivamente si pu attribuire un segno sulla
base del segno negativo della velocit evidenziato dalla risposta alla seconda domanda (b): v = gt.

vf = 2 gh = 2 9,81 m/s 2 128 m = 2511 m 2 /s 2 = 50,1 m/s v f = 50,1 m/s

Sostituendo infine la velocit vf = 50,1 m/s nellequazione v = gt, si ottiene il tempo tf impiegato
dalla pietra per toccare il suolo:
v ( 50,1 m/s)
t = tf = = 5,1 s
g 9,81 m/s 2

8.6 - Si potrebbe assumere, come fanno avente verso opposto (a = g) nel moto Tale approccio viene tuttavia sconsi-
alcuni autori, unaccelerazione avente ascendente: lasse y risulta cio orientato gliato perch non coerente con la con-
lo stesso verso dellaccelerazione di gra- verso il basso nel moto discendente e venzione abituale: verso positivo del-
vit (a = g) nel moto discendente e verso lalto quando il moto ascendente. lasse y orientato verso lalto.
178 CAPITOLO 8. CINEMATICA

COMMENTI
Le velocit v sono proporzionali ai tempi t (v = gt), mentre le posizioni y variano con il quadrato dei
1
tempi t: y = gt 2. Se, ad esempio, il tempo viene triplicato, la velocit viene anchessa triplicata,
2
mentre la posizione viene aumentata di ben 9 volte (Figura 8.11-b). Dopo appena 2 s, per lelevato valore
dellaccelerazione di gravit (9,81 m/s2), la velocit della pietra arriva a 19,6 m/s (70,6 km/h); ad esem-
pio, laccelerazione di unautomobile si aggira attorno a valori pi bassi: 2 m/s2.

La formula di Torricelli v = 2gh indica che la velocit di caduta nel vuoto v dipende solo dallacce-
lerazione di gravit g e dallaltezza di caduta h, mentre non dipende n dalla forma n dalla massa m
del corpo, caratteristiche che non figurano nella formula. Ne segue che tutti i corpi, lasciati cadere nel
vuoto dalla stessa altezza h, raggiungono il suolo con la stessa velocit di caduta v e nello stesso
tempo t, a causa della proporzionalit tra velocit v e tempi t (v = gt con g costante di proporzio-
nalit).

Esempio 8.6 Moto relativo


La portaerei B si muove con la velocit VB = 8 m/s (direzione Nord) relativa ad un osservatore fisso con
la terra. Con il radar, la portaerei determina la velocit dellaeroplano A, che risulta avvicinarsi con la velo-
cit VA/B = 160 m/s 6 45 (direzione Nord-Est) relativa alla portaerei. Calcolare intensit e direzione della
velocit VA dellaeroplano relativa ad un osservatore fisso con la terra.

SOLUZIONE
Rispetto ad un osservatore fermo, una persona, che cammina su un tappeto mobile, si muove con una velo-
cit insolitamente elevata in quanto alla velocit propria del camminare occorre sommare quella con cui
scorre il tappeto. Allo stesso modo se un treno B si muove con la velocit assoluta VB rispetto al riferi-
mento fisso, rappresentato ad esempio da un punto sul terreno, il passeggero A cammina sul treno con la
velocit relativa (al treno) VA/B, ma, per il riferimento fisso, si muove con la velocit assoluta VA (Figura
8.12-a):
VA = VB + VA/B 8-9

Cos, nellesempio, il vettore velocit VA dellaeroplano A rispetto al riferimento fisso, rappresentato dal
punto O origine degli assi x e y, la somma dei vettori VB e VA/B (Figura 8.12-b); lintensit vA e la dire-
zione si ottengono considerando le componenti lungo x e y (Figura 2.16-a e Tabella IV di copertina):

vA/B = vA/B cos 45 = 160 m/s 0,707 = + 113,1 m/s vA/B = vA/B sen 45 = 160 m/s 0,707 = + 113,1 m/s
x y

vB =0 vB = + 8 m/s
x y

vA = 0 + 113,1 m/s = 113,1 m/s vA = + 8 m/s + 113,1 m/s = 1211


, m/s
x y

1211
, m/s
vA = (113,1 m/s)2 + (1211
, m/s)2 = 165,7 m/s = arctan = 47
113,1 m/s
8.1. MOTO TRASLAZIONALE 179

vA / B = + 2 m/s B vB = + 18 m/s

a
VA /B VB
Osservatore fisso
sul terreno
vA = + 20 m/s

b N

O E

S
VA / B

VB

B
A

O
VB

VA
VA / By

= 47 VA /Bx

Fig. 8.12 - Moto relativo.


a) Per il riferimento fisso, rappresentato da un osservatore fermo sul terreno, la velocit VA del passeggero A, che cammina su
un treno in corsa, pari alla somma della velocit del passeggero relativa al treno VA/B e della velocit VB del treno B: vA = + 2 m/s +
+ 18 m/s = + 20 m/s.
b) Posizione dellaeroplano A rispetto alla portaerei B dellEsempio 8.6; losservatore fisso con la terra si trova nel punto O.
180 CAPITOLO 8. CINEMATICA

8. 2 MOTO ROTAZIONALE
Come nel moto traslazionale si esaminata la variazione dello spostamento del corpo lungo una
retta, ad esempio le direzioni x oppure y, in funzione del tempo, cos nel moto rotazionale8.7 il
movimento viene descritto mediante una variazione dellangolo. Ponendo in rotazione la ruota
di una bicicletta attorno al suo asse fisso passante per O (Figura 8.13-a), langolo esprime la
posizione angolare di un punto sulla ruota di raggio r rispetto ad una linea di riferimento, assunta
come origine per la misura degli angoli. Allorch la ruota si muove, il raggio r passa (Figura
8.13-b) dal suo orientamento iniziale in corrispondenza dellangolo 0 allorientamento finale
in corrispondenza dellangolo : langolo al centro del settore spazzato dal raggio lo sposta-
mento angolare = 08.8 che, per convenzione, viene assunto positivo quando, come nel
caso della figura, risulta di senso antiorario. Lo spostamento angolare si misura in radianti [rad],
numero senza dimensioni rapporto tra la lunghezza dellarco s e la lunghezza del raggio r 8.9:

Lunghezza dellarco s
[rad] = = 8-10
Raggio r

s r

Fig. 8.13-a - Ruota posteriore di una bicicletta posta in rotazione attorno allasse fisso passante per il centro O.

8.7 - Il moto rotazionale riveste una par- tempo t = 0, si ponga uguale a zero lan- rapporto tra due lunghezze (lunghezza
ticolare importanza nel caso del corpo golo iniziale 0. dellarco di cerchio s e lunghezza del
rigido, quel corpo cio che, messo in raggio r). Si passa dalla misura dellan-
rotazione, ruota senza alcuna deforma- 8.9 - Il radiante (Paragrafo 1.12) una golo in radianti a quella tradizionale
zione cosicch ciascuna parte dellog- grandezza supplementare del sistema SI espressa in gradi con un fattore di con-
getto continua a mantenere le stesse in quanto completa questo sistema pur versione (Tabella I di copertina) basato
distanze rispetto a tutte le altre parti. non rientrando nel gruppo delle gran- sul fatto che un angolo di radianti equi-
dezze fondamentali. Il radiante una vale a un angolo di 180 ( rad = 180);
8.8 - Lo spostamento angolare grandezza senza dimensioni, cio un un giro completo viene perci espresso o
= 0 coincide con allorch, al puro numero in quanto determinato dal da 2 radianti oppure da 360.
8.2. MOTO ROTAZIONALE 181

La velocit angolare istantanea [rad/s] esprime la rapidit con la quale, in un dato istante,
gli angoli vengono percorsi dal raggio r che ruota; in accordo con la convenzione di segno adot-
tata per lo spostamento angolare, la velocit angolare risulta positiva quando la rotazione
antioraria, mentre negativa quando la rotazione oraria. La velocit angolare media m il
rapporto tra lo spostamento angolare e il tempo trascorso durante il quale avvenuto quello
spostamento:
Spostamento angolare
Velocit angolare media =
Tempo trascorso

Se n il numero di giri al secondo [giri/s], allora la velocit angolare , sapendo che un giro
corrisponde a 2 radianti8.8, vale:

giri rad
= n 2 = 2 n [rad/s] = 2 n 8-11
s giro

Laccelerazione angolare [rad/s2] la rapi-


y dit con cui cambia nel tempo la velocit ango-
lare; ad esempio, unaccelerazione angolare di
5 rad/s2 significa che la velocit angolare del-
loggetto che ruota cambia di 5 radianti al

secondo durante ciascun secondo di accelera-
r s zione. La descrizione del moto rotazionale
richiede la conoscenza dei valori delle quan-
O 0 x
tit cinematiche angolari: spostamento ango-
Linea di riferimento lare = 0, velocit angolare finale ,
velocit angolare iniziale 0, accelerazione
angolare e tempo trascorso t. Poich queste
quantit corrispondono alle quantit cinemati-
che lineari (Tabella 8.1), si possono scrivere,
per un moto ad accelerazione angolare co-
z stante, delle relazioni analoghe a quelle del
Asse di
rotazione moto traslazionale mediante le sostituzioni:
x, v, a, cos come riportato nella
Tabella 8.2.
Fig. 8.13-b - Lo spostamento angolare definito come differenza
tra langolo corrispondente allorientamento finale del raggio r e Al pari della velocit e dellaccelerazione
langolo 0 corrispondente allorientamento iniziale del raggio r. Per
lineari, le quantit angolari sono dei vettori,
convenzione, lo spostamento angolare positivo quando in senso
antiorario e negativo quando orario. aventi cio oltre allintensit, oggetto delle equa-
zioni precedenti, una direzione che perpendi-

Tabella 8.1
Corrispondenza tra quantit lineari della cinematica traslazionale e quantit angolari della
cinematica rotazionale
Quantit Moto traslazionale Moto rotazionale
Spostamento x = x x0 = 0
Velocit iniziale v0 0
Velocit finale v
Accelerazione a
Tempo t t
182 CAPITOLO 8. CINEMATICA

Tabella 8.2
Principali equazioni del moto traslazionale e del moto rotazionale
Moto traslazionale Moto rotazionale
x x x0 0
vm = = 8-1 m= = 8-1
t t t0 t t t0

v v v0 0
a m= = 8-2 m= = 8-2
t t t0 t t t0

v2 = v02 + 2a ( x x0 ) 8-6 2 = 02 + 2 ( 0 ) 8-6

v = v0 + at 8-3 = 0 + t 8-3

1 1
x = x0 + ( v0 + v)t 8-4 = 0 + ( 0 + )t 8-4
2 2

1 2 1 2
x = x0 + v0t + at 8-5 = 0 + 0t + t 8-5
2 2

colare al piano dove avviene il moto; il verso della velocit angolare viene definito mediante
la regola della mano destra (Figura 8.14), mentre il verso dellaccelerazione quello stesso
di , vettore che esprime il cambiamento della velocit angolare.


Mano destra

Mano destra

Fig. 8.14 - Il vettore velocit angolare di un corpo che ruota diretto lungo il suo asse di rotazione. Regola
della mano destra: abbracciando loggetto che ruota con le quattro dita dirette secondo il senso di rotazione, il pol-
lice steso indica il verso del vettore: verso lalto per rotazione antioraria e verso il basso per rotazione oraria.

Esempio 8.7 Moto della ruota di unautomobile


La ruota di unautomobile rallenta, con accelerazione angolare costante, passando dalla velocit iniziale
0 = 80 rad/s, in corrispondenza del tempo t0 = 0, alla velocit finale = 40 rad/s, in un tempo t = 4 s
(Figura 8.15-a). Determinare:
a) laccelerazione angolare della ruota;
b) lo spostamento angolare e il numero di giri N compiuto dalla ruota;
c) la distanza s coperta dalla vettura, sapendo che il raggio di rotolamento della ruota vale r = 0,30 m.
8.3. MOTO CIRCOLARE 183

t0 = 0 t=4s
a
0 = 80 rad/s = 40 rad/s

Distanza coperta

b B A

s
r

A B
d=s

Fig. 8.15 - a) Moto rotazionale della ruota dellautomobile descritta nellEsempio 8.7.
b) Se il pneumatico rotola e non slitta, la distanza d coperta uguale alla lunghezza dellarco circolare s misu-
rata lungo la sua periferia.

SOLUZIONE
a) Essendo il moto con accelerazione costante, laccelerazione angolare media m della ruota coincide
con laccelerazione istantanea (8-2 ):
0 40 rad/s 80 rad/s
= m = = = 10 rad/s 2
t t0 4s0

b) Lo spostamento angolare della ruota = 0 vale (8-5 ):


1 2 1 2
= 0 + 0t + t = 0 = 0t + t
2 2
( 10 rad/s 2 ) (4 s)2
= 80 rad/s 4 s + = 240 rad
2
Sapendo che un angolo di 2 radianti corrisponde ad un giro, il numero di giri N compiuto dalla ruota
dato da:
240 rad
N = = 38, 197 giri 38 giri
2 rad/giro
c) La distanza s coperta dallautomobile (Figura 8.15-b) la lunghezza dellarco, prodotto (8-10) del rag-
gio di rotolamento r = 0,30 m per lo spostamento angolare di 240 rad, calcolato sopra:
s
= s = r = 0,30 m 240 rad = 72 m
r

8. 3 MOTO CIRCOLARE:
RELAZIONI TRA QUANTIT LINEARI E ANGOLARI
Nel moto circolare uniforme il corpo, nella sua traiettoria, descrive una circonferenza di rag-
gio r con una velocit costante v tangente in ogni istante alla circonferenza (Figura 8.16-a).
Questa velocit tangenziale (o periferica), pur mantenendo la stessa intensit, ha perci dire-
184 CAPITOLO 8. CINEMATICA

a b
O

r

P
C

V al tempo t

c V

ac

Fig. 8-16 - a) Il movimento di un modellino di aeroplano che vola con una velocit costante (in intensit ma non in direzione)
costituisce un esempio di moto circolare uniforme.
b) Per un corpo che si muove di moto circolare uniforme il vettore velocit V risulta sempre tangente alla circonferenza descritta
cambiando cos direzione in ogni istante del moto.
c) Nel moto circolare uniforme, proprio a causa della variazione della direzione della velocit v, nasce unaccelerazione centripeta
ac. La presenza dellaccelerazione centripeta perci il principale elemento che distingue il moto circolare uniforme dal moto ret-
tilineo uniforme.

zioni sempre diverse, dovendo in ogni punto mantenersi tangente alla circonferenza (Figura
8.16-b). Tale variazione di direzione, che fa s che nellintervallo di tempo t il vettore velocit
cambi di V, determina, per la 8-2, il sorgere di una accelerazione normale o centripeta ac, per-
ch diretta verso il centro della cerchio8.10 (Figura 8.16-c), la cui intensit data da (Figura 8.17):

v2
ac = 8-12
r

Lintensit v della velocit tangenziale aumenta con laumentare della distanza della particella
dal centro della circonferenza; se infatti si considera la fila di pattinatori della Figura 8.18-a, si
osserva che, tanto pi ciascun pattinatore si trova distante dal pattinatore fisso che fa da perno,
tanto maggiore risulta v in modo da mantenere in linea i diversi pattinatori. Perci, assunta una
data velocit angolare della semiretta imperniata sul pattinatore fisso ( il raggio ruotante della
figura disegnata dai pattinatori), la velocit tangenziale v risulta direttamente proporzionale al
raggio r, mentre nel tempo t il pattinatore si spostato dellangolo (Figura 8.18-b). Si pu cal-
colare la distanza s coperta dal pattinatore lungo larco circolare mediante la 8-10 (s = r), pur-
ch langolo sia misurato in radianti. Dividendo ambedue i membri di questa equazione per

8.10 - La velocit angolare che figura soltanto in radianti al secondo [rad/s] e dellaccelerazione tangenziale a = r ,
nellespressione della velocit tangen- non in altre unit in quanto stata deri- possono essere utilizzati soltanto i
ziale v = r oppure in quella della acce- vata dalla def inizione di radiante: radianti per la misura dellaccelerazione
lerazione centripeta ac = r 2 va espressa s = r . Analogamente, nellespressione angolare [rad/s2].
8.3. MOTO CIRCOLARE 185

VP VP VP
a P
b VQ P
c
VQ
Q
r r r

O O O

V
e
d ac
VP
r
s V
VP
V O
VQ

Fig. 8.17 - Moto circolare uniforme con determinazione dellaccelerazione centripeta.


Calcolo dellaccelerazione centripeta. Per la definizione di radiante (8-10) langolo tra VP e VQ il rapporto tra la lunghezza
s v t
dellarco s e il raggio r; ma la lunghezza dellarco il prodotto della velocit v per lintervallo di tempo t: = = .
r r
Al divenire sempre pi piccolo di , lintensit del vettore V, indicata con V , approssima la lunghezza dellarco s V s ( )
V
ottenuto facendo ruotare un vettore di intensit VP dellangolo ; langolo pu allora essere espresso dal rapporto .
VP
Essendo costante lintensit v della velocit (V P )
= VQ = v perch il moto uniforme, si pu scrivere:
V
V v
v
V v
Lintensit a m dellaccelerazione media vale (8-2): a m = =
t t
v t v2
Sostituendo in questa equazione il valore di ricavato nella prima equazione: = , si ottiene la 8-12: ac = .
r r
Direzione dellaccelerazione centripeta. La velocit, pur mantenendo la stessa intensit, ha direzioni sempre diverse, dovendo in
ogni punto mantenersi tangente alla circonferenza. Tale variazione di direzione fa s che nellintervallo di tempo t la velocit cambi
di V = VP VQ . Dopo aver traslato i due vettori VP e VQ in unorigine comune, si osserva che, al diminuire di t, i punti P e Q si acco-
stano determinando la progressiva riduzione di . Questangolo pu divenire talmente piccolo da far risultare paralleli e quindi
uguali i due vettori Vp VQ V; di conseguenza la loro differenza V diviene perpendicolare ad ambedue i vettori. Al limite per t
che tende a zero, V risulta perpendicolare a V; quindi laccelerazione istantanea ac, che ha la stessa direzione e lo stesso verso di
V, risulta diretta radialmente verso il centro del cerchio.
a) Il vettore velocit istantanea VP nel punto P di una particella che si muove lungo una traiettoria circolare.
b) In un tempo successivo il vettore velocit istantanea si spostato nel punto Q dando luogo alla velocit VQ .
c) I due vettori VP e VQ vengono traslati nella stessa origine per poterli confrontare.
d) Se diviene sempre pi piccolo fino a tendere a zero, il vettore differenza V = VP VQ diviene perpendicolare sia a VP che
a VQ ; esso inoltre approssima la lunghezza dellarco s = v .
e) La particella ha la velocit istantanea V tangente alla circonferenza e una accelerazione centripeta ac diretta verso il centro O
del cerchio di raggio r.

il tempo t e tenendo presente che s/t (8-1) la velocit tangenziale v [m/s], mentre /t
(8-1) la velocit angolare del raggio ruotante [rad/s], si vede che la velocit tangenziale v, per
una data velocit angolare = 2 n (8-11), direttamente proporzionale al raggio r (oppure al
diametro d = 2r):

s = r (s/t) = r( /t) v = r oppure v = 2 rn = dn 8-13


186 CAPITOLO 8. CINEMATICA

a b
V

Pattinatore Pattinatore
fisso fisso
o perno o perno r

Fig. 8.18 - a) Figura eseguita da pattinatori che ruotano attorno a uno di loro fisso, perno della rotazione. La velocit tangenziale
V di ciascun pattinatore rappresentata da un vettore tangente al relativo arco descritto dal pattinatore.
b) Nel tempo t, la linea dei pattinatori ruota dellangolo ; un pattinatore che si trova alla distanza r dal pattinatore fisso, che fa
da perno, percorre la distanza s su un arco di cerchio.

Laccelerazione centripeta ac (8-12) pu essere riscritta in funzione della velocit angolare 8.9
mediante la 8-13:
v2 ( r ) 2 r 2 2
ac = = = = 2r 8-12
r r r
Nel moto circolare uniformemente accelerato il corpo percorre una traiettoria circolare con
accelerazione tangenziale costante diversa da zero, come conseguenza di un cambiamento
della velocit tangenziale che fa s che il moto circolare non sia pi uniforme8.3. Laccelerazione
tangenziale (o periferica) a [m/s2] legata allaccelerazione angolare [rad/s2]8.9 del raggio ruo-
tante r [m] da una formula analoga a quella della velocit tangenziale v (8-13):

a = r 8-14
con le intensit a, ed r non accompagnate da alcun segno algebrico (+ oppure ). Nel moto cir-
colare uniformemente accelerato la velocit tangenziale v cambia non solo in direzione, come
avveniva gi prima per il moto circolare uniforme, ma anche come intensit e quindi la parti-
cella (Figura 8.19) viene assoggettata simultaneamente a due componenti di accelerazione: lac-
celerazione centripeta ac, presente prima, e laccelerazione tangenziale a, presente adesso
come risultato della variazione dellintensit di V.

a b
ac
+

a
a


ac ac

r r

Fig. 8.19 - Modellino di aeroplano che vola trattenuto da un filo.


a) Esempio di moto circolare uniforme nel caso in cui lintensit v della velocit tangenziale sia costante.
b) Esempio di moto circolare uniformemente accelerato nel caso in cui lintensit v della velocit tangenziale cambi generando
unaccelerazione tangenziale a che si aggiunge allaccelerazione centripeta ac.
8.4. SOMMARIO 187

Esempio 8.8 Moto della pala di un elicottero


La pala di un elicottero, che allinizio del moto
2 (t0 = 0) ferma, raggiunge, con unaccelerazione
3m angolare costante, una velocit di rotazione finale
1 n = 420 giri/min nel tempo t = 5 s. Determinare:
a) velocit angolare finale e accelerazione ango-
lare
6,7 m
b) velocit v e accelerazione a tangenziali
nei due punti della pala posti a 3,0 m e 6,7 m dal-
lasse di rotazione (Figura 8.20).

SOLUZIONE
a) Si converte la velocit di rotazione n da giri/min
a giri/s (Tabella I di copertina), si calcola con la
8-11 la velocit angolare finale e con la 8-2
laccelerazione angolare che, essendo il moto
angolare ad accelerazione costante, coincide con
Fig. 8.20 - Pala dellelicottero dellEsempio 8.8 con i punti e laccelerazione media.
rispetto ai quali viene calcolata la velocit e laccelerazione tan-
genziali. 420 giri/min
n= = 7 giri/s
60 s/min

= 2n = 2 7 giri/s = 43,98 rad/s 44 rad/s


0 44 rad/s 0
= m = = = 8,8 rad/s 2
t t0 5s0
b) Le velocit e le accelerazioni tangenziali nei due punti della pala si calcolano rispettivamente con la
8-13 e con la 8-14:
Punto 1: v = r = 44 rad/s 3,0 m = 132 m/s a = r = 8,8 rad/s2 3,0 m = 26,4 m/s2
Punto 2: v = r = 44 rad/s 6,7 m = 295 m/s 2
a = r = 8,8 rad/s 6,7 m = 59,0 m/s 2

COMMENTI
Al contrario di quanto avviene per le quantit angolari ed che descrivendo il movimento dellintero
corpo hanno un unico valore, le quantit tangenziali v ed a descrivono soltanto il movimento di un sin-
golo punto del corpo e quindi i due punti diversi della pala, situati a due distanze r diverse, danno luogo
a valori diversi della velocit tangenziale v e dellaccelerazione tangenziale a.

8. 4 SOMMARIO
La cinematica descrive il movimento dei corpi senza tener conto delle forze che sono la causa
del moto oppure vengono generate come risultato di questo stesso moto. Nella cinematica del
punto materiale o particella, il movimento di un corpo viene esaminato trascurando le sue dimen-
sioni. Al trascorrere del tempo t, il corpo nel suo movimento occupa posizioni successive
descrivendo una traiettoria; nel caso di traiettoria rettilinea, il moto si dice traslazionale o ret-
tilineo. Nel passare da una posizione a quella successiva il corpo compie lo spostamento x [m].
188 CAPITOLO 8. CINEMATICA

La velocit v la rapidit con cui lo spostamento cambia con il tempo; essa una quantit vet-
toriale e si misura in metri al secondo [m/s]. Laccelerazione a la rapidit con cui cambia la
velocit con il tempo; anche laccelerazione un vettore e si misura in metri al secondo qua-
drato [m/s2]. In un diagramma posizione-tempo, le successive posizioni x in funzione del
tempo t di un corpo che si muove con velocit costante sono rappresentate da una linea retta,
la cui pendenza x/t d la velocit media. Allorch la velocit non pi costante ma varia, il
diagramma posizione-tempo rappresentato da una curva; la velocit istantanea la tangente
alla curva nel punto. Nel diagramma velocit-tempo, lo spostamento rappresentato dallarea
sotto la curva, mentre la tangente alla curva nel punto voluto d laccelerazione istantanea.
Nel moto rotazionale il movimento viene descritto mediante una variazione dellangolo. Lo spo-
stamento angolare si misura in radianti [rad], numero senza dimensioni rapporto tra la lun-
ghezza dellarco s e la lunghezza del raggio r: = s/r. La velocit angolare istantanea
[rad/s] esprime la rapidit con la quale, in un dato istante, gli angoli vengono percorsi dal rag-
gio r che ruota; la velocit angolare risulta positiva quando la rotazione antioraria, mentre
negativa quando la rotazione oraria. Se n il numero di giri al secondo [giri/s], allora la velo-
cit angolare , sapendo che un giro corrisponde a 2 radianti, vale = 2 n. Laccelerazione
angolare istantanea [rad/s2] la rapidit con cui cambia nel tempo la velocit angolare. Nella
descrizione del moto rotazionale si possono scrivere delle relazioni analoghe a quelle del moto
traslazionale sostituendo le quantit angolari a quelle lineari: x, v, a.
Nel moto circolare uniforme la particella, che rappresenta il corpo, descrive, nella sua traiettoria,
una circonferenza di raggio r con una velocit costante v tangente in ogni istante alla circon-
ferenza. Avendo questa velocit tangenziale (o periferica) direzioni sempre diverse, nasce una
accelerazione normale o centripeta di intensit ac = v2/r. La velocit tangenziale v direttamente
proporzionale al raggio r (oppure al diametro d = 2r): v = r oppure v = 2 rn = dn.
Nel moto circolare uniformemente accelerato la particella percorre una traiettoria circolare con
accelerazione tangenziale costante diversa da zero, come conseguenza di un cambiamento
della velocit tangenziale che fa s che il moto circolare non sia pi uniforme. Laccelerazione
tangenziale a [m/s2] legata allaccelerazione angolare [rad/s2] del raggio ruotante r [m] da
una formula analoga a quella della velocit tangenziale v: a = r.

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

8.1 Determinare il valore


istantaneo v e quello medio vm Velocit Velocit nulla Velocit
positiva negativa
della velocit nonch laccelera-
zione a di un ciclista che percorre
i tratti 1 (andata), 2 (fermata per la
merenda) e 3 (ritorno) secondo il
diagramma della Figura 8.21.
2
6000
v1 = vm1 = + 10 m/s = + 36 km/h;
v2 = vm2 = 0; t = 400 s
1 3 t = 400 s
v3 = vm3 = 5 m/s = 18 km/h;
Posizione x [m]

4000
a1 = a2 = a3 = 0
x = + 2000 m x = 2000 m

2000
t = 200 s
8.2 Il grafico della posizione
x di un punto, in funzione del 0
tempo, una linea retta. Al tempo 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800
t1 = 4 s, la posizione x1 vale 40 m; Tempo t [s]
al tempo t2 = 12 s, la posizione x2
Fig. 8.21 - Diagramma posizione-tempo relativo al tragitto del ciclista descritto nellEsercizio 8.1.
vale 112 m. Scrivere lequazione
ESERCIZI PROPOSTI 189

del moto del punto in funzione del tempo. Si tratta di un Determinare lo spostamento y e laccelerazione a durante
moto uniforme: si imposti un sistema con le equazioni 8- i primi 4 s. La posizione funzione quadratica del tempo;
5 negli istanti t1 e t2; la soluzione fornir i valori dello spo- si tratta perci di un moto uniformemente accelerato con
stamento iniziale x0 e della velocit iniziale v0. velocit iniziale nulla e posizione iniziale nellorigine.

x0 = 4 m; v0 = 9 m/s; x = 4 m + (9 m/s)t y = 256 m; a = 32 m/s2

8.3 Una motocicletta attraversa con velocit v0 = +4 m/s 8.10 Un entomologo sostiene che una pulce, per
una prima striscia bianca tracciata su un rettilineo che saltare, acquista una velocit di 1,3 m/s con una rincorsa
dista x0 = + 4 m dal punto di partenza. Prosegue con lac- pari alla lunghezza del suo corpo 1 mm. Di quale acce-
celerazione costante a = + 0,4 m/s2 fino ad attraversare lerazione a capace?
una seconda striscia, che dista x = + 40 m dal punto di a = 845 m/s2
partenza. Determinare il tempo t impiegato dalla moto-
cicletta per passare dalla prima alla seconda striscia. 8.11 Un automobilista, che sta percorrendo una
strada alla velocit v0 = 30 m/s (108 km/h), blocca i freni
t = 6,7 s
della sua automobile esercitando laccelerazione
a = 6,0 m/s2 per evitare di investire un cane che sta
8.4 Un aeroplano sulla pista dellaeroporto, par- attraversando la strada ad una distanza di 80 m. Calcolare
tendo da fermo, raggiunge, al momento del decollo, la lo spazio di frenatura, che la distanza percorsa nel
velocit finale di 80 m/s in 32 s. Determinare laccelera- periodo di tempo che va dallistante in cui il guidatore ini-
zione media am e le velocit v1, v2 e v3 raggiunte dallae- zia ad azionare il comando del freno a quello in cui il vei-
roplano dopo 1 s, 2 s e 3 s dalla partenza. colo si arresta. Considerata lequazione 8-6, lo spazio di
frenatura corrisponde allo spostamento x x0, dove x0
am = 2,5 m/s2; v1 = 2,5 m/s; v2 = 5 m/s; v3 = 7,5 m/s la posizione iniziale dellautomobile, mentre la velocit
finale nulla (v = 0).
8.5 Determinare la velocit finale v e la distanza x x x0 = 75 m
coperta da unautomobile, avente una velocit iniziale di
17 m/s, che si muove per 4 s con unaccelerazione 8.12 La velocit di un ghepardo stimata in 25 m/s,
costante di 3 m/s2. quella di unantilope in 16 m/s. Gli animali procedono
v = 29 m/s; x = 92 m lungo la stessa traiettoria rettilinea, partono allo stesso
istante, raggiungono entrambi la propria velocit massima
8.6 Nellipotesi di trascurare la resistenza dellaria, in 5 s; il ghepardo raggiunge la sua preda in 18 s: quale
determinare il tempo t e lintensit vf della velocit rag- vantaggio x0V (x0V = x0Antilope x0Ghepardo) aveva lantilope
giunta da un oggetto che viene lasciato cadere da unal- quando iniziata la caccia? Entrambi i moti si svolgono
tezza di 30 m. in due fasi; nei 5 s della prima fase, i moti sono unifor-
t = 2,5 s; vf = 24 m/s memente accelerati; le formule 8-2 e 8-5 consentono di
determinare le accelerazioni aA e aG dei due animali ed i
rispettivi spostamenti x1A e x1G. Nei 13 s della seconda
8.7 Un oggetto viene lanciato verticalmente verso
fase i due moti sono uniformi: essi sono caratterizzati da
lalto con una velocit iniziale di 15 m/s. Calcolare la
una posizione iniziale che per lantilope comprende sia
massima altezza h raggiunta ed il tempo t impiegato a
il vantaggio iniziale x0V che lo spostamento x1A effettuato
raggiungerla.
nella prima fase: x0A = x0V + x1A mentre il ghepardo inizia
h = 11,47 m; t = 1,53 s
il moto dalla posizione x1G. Le posizioni finali coinci-
dono con la fine dellinseguimento.
8.8 Un piano a rulli liberi, inclinato di 18 sulloriz-
zontale, viene utilizzato per far scendere le merci imbal- aA = 3,2 m/s2; aG = 5 m/s2; x1A = 40 m;
late dal magazzino al piano di carico. Trascurando ogni x1G = 62,5 m; x0V = 139,5 m
forma di attrito, calcolare la velocit v raggiunta da un
cassone dopo che questo avr percorso 1,6 m di rampa. 8.13 Un fiume scorre parallelamente alla riva con
velocit vF/R di 1 m/s, mentre nel fiume nuota un delfino
v = 11 m/s (Figura 8.22) con velocit, rispetto al fiume, vD/F di 3 m/s
ed in direzione inclinata di 25 rispetto alla direzione
8.9 Un razzo parte da fermo e sale verticalmente della corrente. Qual la velocit VD/R del delfino rispetto
mentre un radar rileva la sua traiettoria: nellintervallo di alla riva? Assunto un sistema dassi con gli assi x ed y
tempo 0 5 s, il moto obbedisce alla legge y = 16t 2 m. rispettivamente parallelo e normale alla riva, si trovano le
190 CAPITOLO 8. CINEMATICA

componenti ortogonali vD/F e vD/F della velocit del 8.18 Un atleta accelera il disco che sta lanciando da
x y
delfino rispetto al fiume, quindi si applica la 8-9. una velocit iniziale nulla fino ad una velocit angolare
finale di + 15.0 rad/s (rotazione antioraria evidenziata
vD/F = 2,72 m/s; vD/F = 1,27 m/s; nella Figura 8.23-a) nel tempo di 0,267 s, descrivendo
x y
una circonferenza di raggio r = 0,8 m. Determinare lac-
vD/R = 3,93 m/s 8 18,85
celerazione normale (o centripeta) ac, laccelerazione
tangenziale a, laccelerazione totale a + ac e la direzione
con lorizzontale (Figura 8.23-b).

ac = 180 m/s2; a = 44,9 m/s2; a + ac = 185,5 m/s2;


= 14
VF/R = 1 m/s
x
25 a

VD/F = 3 m/s b a + ac
a
ac
Fig. 8.22 - Delfino nel fiume dellEsercizio 8.13.

Fig. 8.23 - Lancio del disco dellEsercizio 8.18.


8.14 Assegnati langolo di 2 e il raggio di 4,2 m, a) Rotazione compiuta dallatleta.
calcolare la lunghezza s dellarco. Ricordarsi di conver- b) Accelerazione normale o centripeta ac , accelerazione tan-
tire prima langolo da gradi a radianti. genziale a e accelerazione totale a + ac.

2 = 0,035 rad; s = 0,147 m


8.19 Calcolare lintensit ac (veicolo) dellaccelerazione
8.15 Un esploratore sta seduto in un punto situato a normale (o centripeta) di un veicolo che segue, alla velo-
78 di latitudine Sud. Dopo aver calcolato la velocit cit costante di 30 m/s (108 km/h), un percorso circolare
angolare terrestre , determinare la velocit v e laccele- di raggio 120 m. Sapendo che il raggio della ruota del vei-
razione ac conseguenti al movimento della terra (raggio colo 0,3 m, calcolare lintensit ruota della velocit
terrestre: R = 6377 km). angolare e l intensit ac (ruota) dellaccelerazione normale
= 72,7 10 6 rad/s; v = 96,43 m/s; ac = 0,007 m/s2 (o centripeta) di un punto del bordo della ruota rispetto al
suo centro nellipotesi che il bordo abbia la stessa velo-
8.16 Un ciclista, frenando, determina larresto com- cit dellautomobile (non vi cio nessun scorrimento
pleto in 2 giri della ruota della sua bicicletta da una velo- della ruota rispetto al terreno).
cit angolare iniziale 0 = 0,21 rad/s. Dopo aver conver-
tito i giri in radianti, determinare laccelerazione angolare ac (veicolo) = 7,5 m/s2; ruota = 100 rad/s;
della ruota, nellipotesi che questa sia costante, con le- ac (ruota) = 3000 m/s2
quazione 8-6 scritta ponendo langolo iniziale 0 uguale
a zero.
2 giri = 4 rad; = 1,75 10 3 rad/s2
8.20 Ad una centrifuga da laboratorio viene richiesta
una accelerazione centripeta pari a 1000g (pari cio a
8.17 Il compressore di un turboreattore passa da una 1000 volte laccelerazione di gravit). Calcolare la fre-
velocit angolare iniziale 0 = + 110 rad/s, nelle condi-
quenza di rotazione n di esercizio in giri/min e laccele-
zioni di funzionamento al minimo, alla velocit angolare
razione angolare costante sapendo che il diametro della
= + 348 rad/s nel tempo di 14 s per preparare laereo al
centrifuga di 0,64 m e che la velocit di esercizio deve
decollo (il segno positivo della velocit angolare indica una
rotazione antioraria). Determinare laccelerazione angolare essere raggiunta in 1 minuto.
nellipotesi che questa sia costante.
= 17 rad/s2 n = 16.500 giri/min; = 2,92 rad/s2
Capitolo 9
DINAMICA

9. 1 DINAMICA DEL MOTO TRASLAZIONALE

9. 1. 1 Principi della dinamica


La dinamica studia il moto dei corpi considerando le forze che lo producono in una relazione
di causa, la forza, ed effetto, il moto, collegando ai concetti di spazio e di tempo, propri della
cinematica, i concetti di forza e di massa. I principi della dinamica furono scoperti da Galileo
che, nel diciassettesimo secolo, mise in relazione laccelerazione con le forze che agiscono sul
corpo. Newton svilupp le idee di Galileo ed enunci questi principi sotto forma di tre leggi:
Prima legge (o legge di inerzia): Un corpo permane nel suo stato di quiete, se originariamente
era in quiete, oppure di moto rettilineo uniforme, se originariamente era in movimento, fino a
che non venga costretto a cambiare questo stato da una forza esterna9.1.
Seconda legge: Forza ed accelerazione di un corpo sono proporzionali e il coefficiente di pro-
porzionalit la massa.
Terza legge (o legge di azione e reazione): se un corpo esercita una forza su un secondo corpo,
allora il secondo corpo esercita una forza uguale ed opposta sul primo; ad ogni azione corri-
sponde cio una reazione uguale ed opposta.
La seconda legge di Newton la legge fondamentale della dinamica. Definita la quantit di
moto (lineare) [kg(m/s)] come prodotto della massa m [kg] per la velocit V [m/s]:
Quantit di moto = m V 9-1
la seconda legge, nella sua formulazione originale, afferma che la forza esterna applicata ad una
particella uguale alla variazione della quantit di moto mV nel tempo t; ma, se la massa
costante come avviene nella meccanica elementare, la forza F uguale al prodotto della massa
m per la variazione V della velocit nel tempo t, e cio allaccelerazione a9.2:

V
F= ( mV) = m F = ma 9-2
t t

9.1 - La prima legge di Newton costitui- della velocit rispetto al tempo era stata al tempo della quantit di moto oppure,
sce un caso particolare della seconda introdotta con la 8-2. Cos come per se la massa costante, della velocit:
legge in quanto, se la forza applicata al velocit ed accelerazione (nota 8.2), al d
corpo nulla, anche laccelerazione posto del simbolo che indica la varia- F= (m V)
dt
uguale a zero. zione di una data quantit fisica, la
seconda legge di Newton va espressa, a dV
e per m = costante F = m = ma
9.2 - Laccelerazione come variazione rigore, facendo uso della derivata rispetto dt
192 CAPITOLO 9. DINAMICA

In realt il corpo va considerato un sistema di particelle (Figura


9.1-a) su cui agiscono pi forze esterne F e lequazione 9-2
FA (esterna) FB (esterna) andrebbe scritta nella forma: F = ma (Figura 9.1-b); F va perci
interpretata come la forza risultante, somma di tutte le forze esterne
mA mB
F che agiscono sul corpo; si conclude che la somma di tutte le
FA FB forze esterne uguale al prodotto della massa totale m del corpo
(interna) (interna) per laccelerazione a del baricentro G (Figura 9.1-b) o anche che
il corpo si sposta con una accelerazione (o una variazione nel
F (totale) = FA (esterna) + FB (esterna)
tempo della quantit di moto) proporzionale allintensit della
forza risultante e nella direzione di questa. La quantit di moto mv,
un vettore avente direzione e verso della velocit. Anche forza F

mA mB mD mC
Fy
ay Fx
G
G x
mB Fz ax
mA
az
Fig. 9.1-a - Un corpo concepito come un
sistema formato da due sole particelle di
z
massa mA ed mB che interagiscono tra loro. Fig. 9.1-b - Corpo con-
La forza che agisce su ciascuna particella cepito come un sistema
la somma di una forza esterna e di una forza formato da diverse par-
interna. Le forze interne tra le due particelle ticelle. La somma di Fig. 9.1-c - La legge fondamentale della
sono, per la legge di azione e reazione, tutte le forze esterne F dinamica F = ma un equazione vet-
uguali ed opposte tra loro; la somma delle uguale al prodotto della toriale; va quindi risolta nelle compo-
forze interne perci uguale a zero. La forza massa totale m del corpo nenti scalari, secondo gli assi, di forza ed
risultante che agisce sul sistema allora rap- per laccelerazione a del accelerazione: Fx = max, Fy = may e
presentata dalla somma delle forze esterne. baricentro G: F = ma. Fz = maz.

ed accelerazione a sono delle quantit vettoriali; lequazione 9-2 va perci risolta nelle com-
ponenti secondo gli assi di forza ed accelerazione (Figura 9.1-c). La 9-2 permette (Paragrafo
1.15) di definire lunit di misura della forza, il newton [N = kg(m/s2)] come prodotto della
massa [kg] per laccelerazione [m/s2]. Se come accelerazione viene presa laccelerazione di gra-
vit g, allora la forza esercitata sul corpo di massa m la forza peso o, pi semplicemente, il peso
del corpo mg (1-10 ).
La massa, coefficiente di proporzionalit tra forza ed accelerazione, misura linerzia posseduta
dal corpo nel contrastare ogni cambiamento dallo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme:
maggiore la massa di un corpo, maggiore la sua inerzia e pi grande risulta la forza neces-
saria per accelerare quel corpo e per impartire ad esso una data quantit di moto. possibile

a Accelerazione a b Accelerazione a

F ma Fm ma Fr
m m

Velocit

Fig. 9.2 - a) La forza di inerzia ma fa equilibrio, istante per istante durante il moto, alla forza totale F che
agisce sul corpo: la forza di inerzia una forza fittizia, una forza cio che non esiste ma alla quale si ricorre per
trattare la legge fondamentale della dinamica con i metodi della statica.
b) Diagramma di corpo libero del sistema di forze che agisce sul corpo: la forza motrice Fm contrastata dalla
forza resistente Fr e dalla forza di inerzia ma.
9.1. DINAMICA DEL MOTO TRASLAZIONALE 193

affrontare con il metodo sviluppato per la statica nel Capitolo 3 la soluzione dellequazione 9-2
(principio di dAlembert), se si pensa il corpo in equilibrio sotto lazione di F, forza totale
somma delle forze esterne, e di una forza uguale ed opposta di intensit ma: ma la forza di
inerzia che equilibra F (Figura 9.2-a). Il sistema di forze esterne pu essere, per semplicit,
immaginato composto da due forze: la forza motrice Fm e la forza resistente Fr. Mentre la forza
di inerzia va interpretata come un ostacolo a cambiare lo stato di moto esistente oppure come
una riluttanza del corpo ad essere accelerato, la forza resistente, dovuta ad esempio agli attriti,
diretta nel verso opposto alla velocit e tende a rallentare il moto del corpo rappresentando la
resistenza ad un moto con velocit costante; la forza motrice rappresenta cos lo sforzo richie-
sto per superare la resistenza e produrre laccelerazione (Figura 9.2-b):

F + ( ma) = 0 Fm Fr + ( ma) = 0 9-3

Se nella 9-2 si pone F = 0, la quantit di moto lineare mv non varia nel tempo: in assenza di forze
esterne la quantit di moto si conserva costante (principio di conservazione della quantit di
moto lineare). Si considerino, ad esempio, due corpi che si urtano (Figura 9.3): se lurto istan-
taneo, la quantit di moto iniziale, cio quella posseduta dai due corpi prima dellurto, uguale
alla quantit di moto finale, dopo lurto:
mAvA + mBvB = mAvA + mBvB 9-4

vA vB
a
Prima dellurto
A B

A B
b
A R
Durante lurto
R B

c vA vB

Dopo lurto
A B

Fig. 9.3 - a) I due corpi A e B di massa mA ed mB e velocit iniziali vA e vB si muovono lungo la stessa traiet-
toria coincidente con la retta che congiunge i loro baricentri.
b) Durante lurto, ciascun corpo esercita sullaltro una forza di intensit R parallela alla retta sulla quale i corpi
si spostano e diretta verso i loro baricentri; questa condizione, chiamata urto centrale, significa che i due
corpi, dopo lurto, continuano a muoversi lungo la stessa retta.
c) Dopo lurto centrale, i due corpi A e B continuano a muoversi lungo la stessa retta con le velocit finali
vA e vB.

Limpulso [Ns] il prodotto della forza F [N] per lintervallo di tempo t [s] durante il quale
essa agisce; limpulso una quantit vettoriale. Moltiplicando ambo i membri della 9-2 espressa
in funzione della quantit di moto per lintervallo t e tenendo conto delle velocit iniziale v0
e finale v, si ottiene:

Impulso = Ft = mv = mv mv0 9-5

con F intensit media della forza durante lintervallo di tempo t; la variazione della quantit
di moto non viene infatti influenzata dalle eventuali variazioni istantanee della forza allinterno
194 CAPITOLO 9. DINAMICA

dellintervallo di tempo as-


Forza segnato (Figura 9.4). Lim-
pulso Ft viene misurato
Fig. 9.4 - Valor medio e valore istantaneo
dalla variazione della quan-
della forza durante la collisione di due corpi. tit di moto che esso pro-
Limpulso rappresentato dallarea rosa duce (legge fondamentale
F
sotto la curva a campana del valore istanta- della dinamica impulsiva).
neo della forza nellintervallo di tempo t.
Ma questa area rosa uguale allarea ret-
tangolare tratteggiata alta F (intensit
media della forza) e lunga t (intervallo di
tempo). Limpulso si ottiene allora sosti-
Tempo tuendo al valore istantaneo della forza il
t valore medio.

Esempio 9.1 Distanza percorsa da un carrello


Un minatore spinge un carrello di massa m = 1600 kg su un piano orizzontale, applicando una forza di
intensit costante F = 500 N anchessa orizzontale. Nellipotesi che il carrello abbia velocit v nulla nel-
listante iniziale (per t0, x0 = v0 = 0), si calcoli il suo spostamento x dopo 9 s.

SOLUZIONE
Laccelerazione si calcola con la seconda legge di Newton (9-2). Quindi con la 8-5, dove si pone
x0 = v0 = 0, si determina lo spostamento x.

F 500 N
F = ma a= = = 0,31 m/s 2
m 1600 kg
1 2 1 1
x = x0 + v0 t + at = at 2 = 0,31 m/s 2 (9 s)2 = 12,66 m
2 2 2

Esempio 9.2 Puleggia con masse


Due corpi di massa m1 = 2 kg ed m2 = 5 kg, appesi agli estremi di un filo avvolto attorno ad una puleg-
gia (Figura 9.5-a), vengono rilasciati dalla quiete. Trascurando gli attriti e linerzia alla rotazione della
puleggia, calcolare laccelerazione a del moto e la tensione T nel filo.

SOLUZIONE
La forza F2 che agisce sulla massa m2 (Figura 9.5-b) , per la seconda legge di Newton (9-2), la risultante
della tensione T fornita dal filo e della forza peso m2g ed imprime ad m2 laccelerazione a diretta verso
il basso in quanto la massa m2 = 5 kg maggiore di m1 = 2 kg. Preso positivo il verso dellaccelerazione,
dal diagramma di corpo libero relativo alla massa m2 (Figura 9.5-b) si ha: F2 = m2g T = m2a. Sulla massa
m1 agisce la forza F1, risultante di T e di m1g; essendo le due masse collegate da un filo, laccelerazione
a di m1 quella stessa a cui soggetta m2 ed diretta verso lalto poich la massa m1 pi leggera della
9.1. DINAMICA DEL MOTO TRASLAZIONALE 195

a b

T
a T

m1
m2
T
T
a
m1g

m2 g
m1g

m2g

Fig. 9.5 - a) Essendo la massa m2 maggiore della massa m1 (m2 = 5 kg > m1 = 2 kg), la rotazione della puleg-
gia avviene in senso orario.
b) Con il diagramma di corpo libero vengono evidenziate tutte le forze che agiscono su quel dato corpo; nel
caso dellEsempio si hanno due corpi: sul corpo di massa m1 agiscono la tensione T fornita dal filo diretta verso
lalto e la forza peso m1g diretta verso il basso, mentre sul corpo di massa m2 agiscono ancora la tensione T for-
nita dal filo e la forza peso m2g. Il movimento verso il basso di m2 viene assunto come verso positivo; mentre
la massa m2 scende, la massa m1 sale e quindi il moto di m1 positivo verso lalto.

massa m2 (Figura 9.5-b): F1 = T m1g = m1a. Risolvendo il sistema formato da queste due equazioni
(Paragrafo A.1.3), si ottengono accelerazione a delle masse e tensione T nel filo:
T m1 g = m1a T = m1 g + m1a
m1 g + m1a = m2 g m2 a
m2 g T = m2 a T = m2 g m2 a
m2 m1 5 kg 2 kg
a= g = 9,81 m/s 2 = 4,2 m/s 2
m2 + m1 5 kg + 2 kg
2m1m2 2 2 kg 5 kg
T = g = 9,81 m/s2 = 28,03 N
m1 + m2 2 kg + 5 kg

Esempio 9.3 Piano inclinato


Una cassa di massa m1 = 4 kg scivola senza attrito su un piano inclinato di = 30 sullorizzontale tra-
scinata da una seconda massa m2 = 5 kg mediante un filo che scorre su una puleggia (Figura 9.6-a).
Trascurando linerzia e gli attriti del filo e della puleggia, calcolare laccelerazione a del sistema e la ten-
sione T nel filo.

SOLUZIONE
Si risolve la forza di gravit m1g che agisce sulla massa m1 (Figura 9.6-b) nelle due componenti parallela
m1g sen e perpendicolare m1g cos alla superficie del piano inclinato. Dal momento che la componente
perpendicolare equilibrata dalla forza normale N del piano che sostiene la massa: N m1g cos = 0,
196 CAPITOLO 9. DINAMICA

a b N
a
T
N

m1g sen m1
m1
m1g cos
m2

m1g
m2g m1g


c
T

m2
a

Fig. 9.6 - a) Piano inclinato trattato nellEsempio 9.3. m2 g


b) Diagramma di corpo libero per la massa m1.
c) Diagramma di corpo libero per la massa m2 .

le forze che determinano il movimento di m1 si riducono alla componente della forza di gravit parallela
al piano e alla tensione T dovuta al filo. Per la seconda legge di Newton (9-2), la risultante F1 di queste
due forze imprime ad m1 laccelerazione a diretta verso la sommit del piano inclinato; assunto come posi-
tivo il verso dellaccelerazione, si ha: F1 = T m1g sen = m1a. Sulla massa m2 (Figura 9.6-c) agisce la
forza F2, risultante di T e di m2g; essendo le due masse collegate da un filo, laccelerazione a di m1 quella
stessa a cui soggetta m2 ed diretta verso il basso: F2 = m 2g T = m 2a. Sommando membro a membro
le equazioni del sistema (Paragrafo A.1.3), si elimina T ottenendo cos laccelerazione a delle masse;
quindi, sostituendo laccelerazione nella seconda equazione del sistema, si ricava la tensione T nel filo:
T m 1 g sen = m 1a
m2 g m 1 g sen = (m 1 + m2 ) a
m2 g T = m2 a

m2 m 1 sen 5 kg 4 kg sen30
a= g = 9,81 m/s 2 = 3,27 m/s 2
m 1 + m2 4 kg + 5 kg
T = m2 g m2 a = m2 ( g a) = 5 kg (9,81 m/s2 3,27 m/s2 ) = 32,7 N

Esempio 9.4 Decelerazione di un veicolo


Unautomobile di massa m = 1000 kg sta scendendo lungo una strada inclinata di = 20 (Figura 9.7-a)
allorch vengono applicati i freni per produrre una decelerazione di intensit a = 3 m/s2. Determinare lin-
tensit della forza frenante Ff e delle reazioni R1 ed R2 sulle ruote anteriori e posteriori applicando:
a) la legge fondamentale della dinamica;
b) il principio di dAlembert.
9.1. DINAMICA DEL MOTO TRASLAZIONALE 197

a b
a a

Ff G Ff G
mg mg
sen sen
s

s
R1 R1
co

co
mg mg ma
mg

mg
0,9 m

0,9 m
A

1,2 1,2
m m
2,7 R 2,7 R
m 2 m 2
= 20 = 20

Fig. 9.7 - a) Diagramma di corpo libero applicando la legge fondamentale della dinamica.
b) Nellapplicare il principio di dAlembert occorre aggiungere nel diagramma di corpo libero della Figura 9.7-a la forza di iner-
zia ma, che agisce in G: dato il segno negativo, la forza di inerzia ha verso rivolto in avanti, poich la decelerazione a orientata
allindietro, ed ha intensit ma = 1000 kg 3 m/s2 = 3000 N. A differenza delle altre forze, la forza di inerzia non una forza reale
ma una forza fittizia che viene introdotta per risolvere il problema con i principi della statica; essa viene quindi disegnata a strisce
per evidenziarne la differenza dalle forze reali Ff , R1, R2 ed mg.

SOLUZIONE
a) Si risolve la forza di gravit mg che agisce sulla massa m (Figura 9.7-a) nella componente parallela
mg sen e nella componente perpendicolare mg cos al piano stradale. La risultante (9-2) della forza
frenante Ff e della componente della forza peso mg sen = 1000 kg 9,81 m/s2 sen 20 = 3355 N,
nella direzione del moto, uguale a ma = 1000 kg 3 m/s2 = 3000 N; preso come positivo il verso
della decelerazione a, si ha:

Ff mg sen = ma Ff = ma + mg sen = 3000 N + 3355 N = 6355 N

Nella direzione perpendicolare alla strada, per lequilibrio la somma delle forze uguale a zero:
F = 0. Inoltre, passando la forza risultante che agisce sul corpo per il suo baricentro G, il momento
risultante di tutte le forze rispetto al baricentro deve essere nullo: MG = 0.

F = 0 R1 + R2 mg cos = 0 R1 + R2 = 1000 kg 9,81 m/s 2 cos 20 = 9218 N

MG = 0 + (R2 1,2 m) (R1 1,5 m) (Ff 0,9 m) = 0

Queste due equazioni costituiscono un sistema (Paragrafo A.1.3):


R1 + R2 = 9218

1,2 R2 1,5R1 = 0,9 F f
Nella prima equazione si esprime R1 in funzione di R2 e lo si sostituisce nella seconda equazione:

R1 = 9218 R2
19.546
1,2R2 1,5(9218 R2 ) = 0,9 6355 2,7R2 13.827 = 5719 R2 = = 7239 N
2,7
R1 = 9218 R2 = 9218 7239 = 1979 N
198 CAPITOLO 9. DINAMICA

b) Con il principio di dAlembert (9-3) la soluzione dellEsempio viene riportata a un problema di equi-
librio statico. Nella direzione del moto, parallela alla strada, sono presenti la forza frenante Ff , la com-
ponente della forza di gravit mg sen che trascina verso valle la vettura e la forza di inerzia che si
oppone al cambiamento del moto e cio alla decelerazione a imposta dai freni della vettura (Figura
9.7-b):
Ff mg sen ma = 0 Ff = mg sen + ma = 3355 N + 3000 N = 6355 N
Mentre prima lequazione di equilibrio dei momenti andava scritta rispetto al baricentro G, quando si
ricorre al principio di dAlembert questa equazione pu essere scritta rispetto ad ogni punto conve-
niente perch la soluzione viene formalmente ricondotta ad un problema di statica. Come punto
rispetto al quale calcolare i momenti, viene allora scelto il punto A di contatto tra la ruota anteriore
e la strada in modo da avere la sola incognita R1 nellequazione dei momenti.
MA + (mg cos 1,2 m) (mg sen 0,9 m) (ma 0,9 m) ( R1 2,7 m) = 0

(9218 N 1,2 m) (3355 N 0,9 m) (3000 N 0,9 m)


R1 = = 1979 N
2,7 m
Scrivendo lequilibrio delle forze in direzione perpendicolare al piano inclinato della strada, si ricava
infine la reazione R2:
F = 0 R1 + R2 mg cos = 0 R2 = 9218 N 1979 N = 7239 N

Esempio 9.5 Collisione di due vagoni ferroviari


Un vagone ferroviario di massa mA = 28 Mg procede per inerzia con velocit vA = 4 m/s su un binario lungo
il quale si muove nello stesso verso con velocit vB = 1,8 m/s un secondo vagone di massa mB = 20 Mg.
Dopo che il primo vagone ha urtato il secondo, i due procedono uniti, avendo il sistema degli ammortiz-
zatori dissipato lenergia restituita dalle molle dei respingenti. Determinare la velocit v dopo lurto.

vA = 4 m/s vB = 1,8 m/s

mA = 28 Mg mB = 20 Mg

Fig. 9.8 - Collisione di due vagoni ferroviari che dopo lurto procedono uniti con la stessa velocit v.

Con il contributo del prof. L. Leonessa


9.1. DINAMICA DEL MOTO TRASLAZIONALE 199

SOLUZIONE
Detta v la velocit comune dei due vagoni dopo lurto, per la 9-4 si ha:

mA vA + mB vB 28.000 kg 4 m/s + 20.000 kg 1,8 m/s


mA vA + mB vB = (mA + mB ) v v = = = 3,08 m/s
mA + mB 28.000 kg + 20.000 kg

COMMENTI
Nellurto si conserva la quantit di moto del sistema: essa rimane cio inalterata prima e dopo lurto
(Paragrafo 9.1.1). Il caso descritto nellEsempio quello dellurto anelastico in cui lenergia accumulata
nella deformazione elastica dei molloni dei respingenti non viene restituita alle masse, ma dissipata.
Nellurto perfettamente elastico viene invece rispettata anche la conservazione dellenergia.

Esempio 9.6 Forza su una paletta di una turbina idraulica


Un getto dacqua esce con velocit v = 122 m/s da un ugello del diametro D = 218 mm investendo fron-
talmente la pala di una turbina idraulica (Figura 15.26-c). Calcolare lintensit media F della forza eser-
citata dal getto sulla pala. Si prenda, come massa volumica dellacqua, = 1000 kg/m3.

SOLUZIONE
Nellintervallo di tempo t durante il quale il getto agisce sulla pala, dallugello esce il volume dacqua
Ax [m3] prodotto della sezione trasversale del getto A per la lunghezza del getto x = vt [m] dato a sua
volta dalla velocit v [m/s] moltiplicata per lintervallo di tempo t [s]. La massa m [kg] del getto dac-
qua che colpisce la pala nel tempo t uguale al prodotto della massa volumica dellacqua [kg/m3] per
il volume del getto Ax [m3]: m = Ax = Avt. Dalla 9-5 che esprime limpulso F t = mv, si risale
alla intensit media della forza F durante lintervallo di tempo t : F = (mv)t, dove v, differenza
tra velocit finale ed iniziale, pari alla velocit v del getto. La sezione trasversale del getto : A = D2/4.

mv ( Avt ) v D 2 2 1000 kg/m 3 (0,218 m)2 (122 m/s)2


F = = = Av2 = v = = 555 kN
t t 4 4

9. 1. 2 Lavoro, energia e potenza


Se si esercita una forza costante F su un corpo spostandolo di una distanza x parallela a F, il
lavoro L compiuto dalla forza il prodotto dellintensit della forza [N] per la distanza [m] lungo
la quale la forza agisce allorch il corpo si muove (Figura 9.9-a); il lavoro una quantit sca-
lare e si misura (Paragrafo 1.16) in joule [J = Nm]. Nel caso pi generale, in cui la forza appli-
cata al corpo non sia diretta secondo la direzione del moto, occorre risolvere la forza nelle due
componenti parallela e perpendicolare allo spostamento del corpo e considerare la componente
della forza parallela allo spostamento in quanto solo questa contribuisce al lavoro (Figura
9.9-b):

Lavoro = Forza Spostamento L = Fxx = (F cos ) x = Fx cos 9-6


200 CAPITOLO 9. DINAMICA

a F b Fx = F cos

F

x x

Fig. 9.9 - a) Una forza F che agisce in una direzione parallela allo spostamento x di un corpo compie il lavoro
L = Fx. Se, ad esempio, F = 800 N e x = 3,9 m, il lavoro vale L = 800 N 3,9 m = 3,1 kJ.
b) Una forza F, che forma langolo con lasse x, compie il lavoro L = F x cos prodotto della componente
di F nella direzione dello spostamento x del corpo. Se, ad esempio, F = 800 N, x = 3,9 m e = 30, il lavoro
vale L = 800 N 3,9 m 0,866 = 2,7 kJ.

Energia la capacit di un corpo di produrre lavoro; esistono forme molto diverse di energia:
chimica, nucleare, elettrica, solare, sonora, ecc. Lenergia meccanica, che una quantit scalare
e si misura in joule come il lavoro9.3, si pu presentare sotto forma di energia cinetica, ener-
gia derivante dalla velocit del corpo, ed energia potenziale, che lenergia posseduta dal corpo
in virt della sua posizione. Si consideri un corpo di massa m, inizialmente in quiete, a cui venga
applicata la forza esterna costante F; per accelerare il corpo fino alla velocit v lungo la
distanza x si richiede (9-2) la forza F = ma, dove, per la 8-6 in cui si pongono uguali a zero posi-
zione iniziale x0 e velocit iniziale v0, laccelerazione vale a = v2/(2x). Il lavoro (9-6) compiuto
dalla forza costante F nello spostare il corpo lungo la distanza x si trasforma in energia cinetica:

v2 1 1
Lavoro = Fx = [ma] x = m x = m v2 Energia cinetica = mv2 9-7
2x 2 2

Lenergia cinetica indipendente dalla variazione della forza durante


laccelerazione dalla quiete fino alla velocit v e, al contrario di quanto
k avviene per la quantit di moto, non occorre, nel calcolo, tener conto
Molla in della direzione della velocit. Se il corpo ha una velocit iniziale v0
equilibrio
diversa da zero, allora il lavoro compiuto sul corpo dalla forza applicata,
per farlo accelerare fino alla velocit finale v, viene misurato dalla
variazione di energia cinetica:
1 1
k
x Lavoro = Energia cinetica finale Energia cinetica iniziale = mv2 mv02
2 2
Fest
Per energia potenziale di solito si intende lenergia posseduta da un
corpo a causa della sua altezza h al di sopra di un determinato livello
di riferimento, cio lenergia potenziale dovuta alla gravit. Ma, ci
Fig. 9.10-a - La molla spostata dalla posi-
zione originale di equilibrio subisce lal-
possono essere altre forme di energia immagazzinata a causa della
lungamento x proporzionale alla forza posizione: una molla che viene allungata, per esempio, possiede une-
esterna applicata Fest, espresso dalla equa- nergia potenziale poich, quando viene rilasciata in modo da tornare
zione Fest = kx (legge di Hooke) con k alla lunghezza originale, in grado di produrre lavoro (Figura 9.10). Il
[N/m] rigidezza della molla. La forza Fest lavoro compiuto nel sollevare un carico di massa m fino allaltezza h
applicata alla molla , a differenza della
forza peso, una forza variabile perch
dato dal prodotto della forza peso mg per h:
varia in funzione dellallungamento x.
Energia potenziale = mgh 9-8

9.3 - Lenergia cinetica, prodotto della kg (m2/s2) = kg (m/s2) m = Nm = J, cos mgh prodotto della forza peso mg [N]
massa [kg] per il quadrato della ve- come avviene per lenergia potenziale per la lunghezza h [m].
locit v 2 [m 2/s 2], si misura in joule:
9.1. DINAMICA DEL MOTO TRASLAZIONALE 201

Fest = kx
Fig. 9.10-b - Essendo Fest una forza variabile, per calcolare il lavoro si suddivide la-
F7 scissa x in tanti allungamenti elementari x; nel punto di mezzo di ciascun x si con-
centra il valor medio F della forza nellintervallo x, seguendo lo stesso procedimento
L5 della Figura 8.8. Larea di ciascun rettangolino, prodotto dellallungamento elementare
Forza media

F5 per il valor medio della forza, uguale al lavoro elementare; esempio: F3x3 = L 3 .
L4
Il lavoro totale L la somma delle aree di tutti i rettangolini; facendo diventare sem-
L3 pre pi piccoli i x, aumenta il numero dei rettangolini fino al punto in cui la loro area
F3 totale si avvicina a quella del triangolo di base x e di altezza Fest = kx:
L2
1 1 1
L= xFest = x(kx ) = kx 2 << Energia di deformazione >> 9-8
F1 2 2 2
x1 x3 x5 Trattandosi di lavoro ottenuto mediante la deformazione della molla, lenergia imma-
x2 x4 gazzinata viene chiamata energia potenziale elastica o, pi semplicemente, energia di
Allungamento deformazione.

Lenergia potenziale9.3 una quantit relativa poich la posizione originale di riferimento pu


essere scelta arbitrariamente; di solito vengono quindi considerate le variazioni dellenergia
potenziale. Il lavoro compiuto contro la gravit per aumentare lenergia potenziale di un corpo
pu venire recuperato lasciando ricadere il corpo nella sua posizione originale. In questo modo
lenergia potenziale viene convertita in energia cinetica in virt del lavoro compiuto dal corpo
che cade sotto lazione della gravit (Figura 9.11). Ci significa che la somma dellenergia cine-
tica e dellenergia potenziale costante:

Energia cinetica + Energia potenziale = costante 9-9

Se lenergia cinetica aumenta, lenergia potenziale dovuta alla forza di gravit mgh deve dimi-
nuire e viceversa in quanto mgh rappresenta un serbatoio di energia cinetica potenziale; pro-
prio per questo motivo che mgh viene chiamata energia potenziale. Se in corrispondenza di una

mgh
Fig. 9.11 - Un corpo viene sollevato fino allaltezza h da terra, acquistando
cos lenergia potenziale mgh. La fune si rompe e il corpo cade aumentando
progressivamente la sua velocit a causa dellaccelerazione di gravit g.
Allaltezza h1 il corpo raggiunge la velocit v1, a cui corrisponde lenergia
1
1 cinetica mv 12 . La velocit v2, corrispondente allaltezza h2, vale (8-6):
mv12 2
2
v22 = v12 + 2 g (h1 h2 ); lenergia cinetica in h2 perci:
h 1 1 1
m v22 = m v12 + mg (h1 h2 ) = m v12 + mgh1 mgh2
2 2 2
1 1 1
h1 mv22 m v22 + mgh2 = m v12 + mgh1
2 9-9
2 2

h2 Questa equazione dimostra che in h2 lenergia meccanica totale, somma


dellenergia cinetica e dellenergia potenziale, uguale allenergia meccanica
totale in h1.
202 CAPITOLO 9. DINAMICA

data forza F esiste unenergia potenziale, la forza si dice conservativa 9.4; quando le forze che
producono lavoro sono conservative, allora lenergia totale, somma dellenergia cinetica e del-
lenergia potenziale, si conserva, rimane cio costante come stabilito dalla 9-9. La forza peso
esercitata dalla gravit appunto una forza conservativa; cos pure conservativa la forza ela-
stica di una molla. Tipiche forze non conservative sono invece quelle dovute agli attriti; lattrito
una forza dissipativa il cui lavoro perso dal punto di vista meccanico, anche se riappare come
calore (Capitolo 16).
La potenza P il rapporto tra il lavoro [J] compiuto da una forza e il tempo [s] impiegato a svol-
gere quel dato lavoro; si misura in watt [W = J/s] (Paragrafo 1.17) o, pi spesso, in un suo mul-
tiplo il kilowatt [kW]. Essendo il lavoro risultato della forza per lo spostamento, la potenza pu
venire espressa anche come prodotto della forza F [N] per la velocit v [m/s]:

Lavoro Forza Spostamento L


Potenza = = = Forza Velocit P = = Fv 9-10
Tempo Tempo t

Esempio 9.7 Lavoro su un piano inclinato


Un treno, di massa complessiva m = 380 Mg, procede
su un piano di pendenza 1/60 con accelerazione
Fm
a = 0,1 m/s2. Il convoglio incontra una resistenza speci-
a fica al moto Fr = 0,055 kN/Mg.
Fr Calcolare il lavoro speso L per percorrere la distanza
m
s s = 800 m nella direzione parallela al piano incli-
ma
nato.

mg cos
mg SOLUZIONE
mg sen = mg (1/60) La forza resistente al moto data dal prodotto della resi-
stenza specifica al moto Fr per la massa del treno m.
Fig. 9.12 - Diagramma di corpo libero relativo allEsempio Lintensit Fm della forza motrice si ricava dalla 9-3 (prin-
9.7. La pendenza del piano vale tan = 1/60, rapporto tra 1 cipio di dAlembert), dove, accanto alla forza resistente,
(cateto opposto ad ) e 60 (cateto adiacente); essendo un
occorre introdurre mg sen = mg (1/60), componente
angolo piccolo [ = arctan (1/60) = arctan 0,0166 1],
sen tan per la A.3-10 e quindi anche sen = 1/60. Nel
della forza peso non equilibrata dal terreno (Figura 9.12):
disegno langolo stato volutamente aumentato per eviden- Fm Fr m mg sen ma = 0
ziare la disposizione delle forze.
Fm = Fr m + mg sen + ma
1
Fm = 0,055 kN/Mg 380 Mg + 380 Mg 9,81 m/s2 + 380 Mg 0,1 m/s2 = 20,9 kN + 62,1 kN + 38,0 kN = 121 kN
60
Per la 9-6, il lavoro vale:
L = Fms = 121 kN 800 m = 96,8 MJ

9.4 - Il lavoro compiuto su un corpo da seguito; se si muove un corpo soggetto uguale a zero. Al contrario, il lavoro
una forza conservativa dipende soltanto ad una forza conservativa da una posi- compiuto su un corpo in presenza di una
dalla posizione iniziale e finale del zione ad unaltra e quindi si ritorna al forza di attrito dipende dal percorso
corpo; non dipende cio dal percorso punto di partenza, il lavoro totale seguito.
9.2. DINAMICA DEL MOTO ROTAZIONALE 203

Esempio 9.8 Energia per frenare una vettura


Una vettura di massa m = 1200 kg scende con velocit v = 20 m/s (72 km/h) lungo una strada collinare,
incontrando la resistenza al moto Fr = 250 N. Calcolare, utilizzando le equazioni dellenergia, la forza fre-
nante Ff richiesta per arrestare la vettura nello spazio s = 100 m, sapendo che nel frattempo la quota
diminuita di h = 10 m.

SOLUZIONE
Il lavoro (9-6) dissipato nella discesa dalla forza frenante Ff e dalla forza resistente Fr dovr compensare
sia lenergia cinetica (9-7), inizialmente posseduta, sia quella potenziale (9-8), acquistata nella discesa.
1 v2 v2
Ff s + Fr s = m v2 + mgh = m + gh Ff s = m + gh Fr s
2 2 2

v2 (20 m/s)2
m + gh Fr s 1200 kg + 9,81 m/s2 10 m 250 N 100 m
2 2
Ff = = = 3,3 kN
s 100 m

9. 2 DINAMICA DEL MOTO ROTAZIONALE


Una particella di massa m, posta allestremit di un braccio lungo r,
libera di ruotare attorno al punto fisso O (Figura 9.13). Per iniziare
M la rotazione, o per accelerare la massa, viene applicata la forza F per-
pendicolare al raggio r. Se laccelerazione angolare nellistante
a considerato ed a laccelerazione lineare della massa tangente al cer-
m chio descritto dalla massa m, la forza richiesta F = ma = m r (9-1
F e 8-14) . Moltiplicando lintensit F [N] della forza per il braccio r
O r
[m], si ottiene lintensit M [Nm] del momento corrispondente alla
coppia Fr:
M = Fr = (mr) r = [mr 2] = I 9-2

dove il termine tra parentesi quadre rappresenta il momento di iner-


zia I della massa m distante r da O (Paragrafo 4.3). Lequazione 9-2
Fig. 9.13 - Una particella di massa m rimane valida se, al posto della particella, si considera il corpo
libera di ruotare attorno al punto fisso O; rigido, combinazione di un gran numero di particelle che occupano
in questo punto non esiste attrito. posizioni fisse le une rispetto alle altre. La 9-2 la legge fonda-
mentale della dinamica rotazionale: momento9.5 ed accelerazione
angolare del corpo rigido sono proporzionali e il coefficiente di proporzionalit il momento
di inerzia di massa; se, ad esempio, si applica ad un solido in grado di ruotare attorno ad un asse
la coppia di momento M, questo inizier a ruotare con accelerazione angolare tanto maggiore
quanto minore il momento di inerzia I rispetto a quellasse. Il momento di inerzia di massa I
[kgm2] (oppure in kgmm2) e il raggio di inerzia di massa = I/m sono stati definiti alla
fine del Paragrafo 4.3; nella Tabella VIII a pag. 494 sono citati i valori di I e per i corpi rigidi
di uso pi comune.

9.5 - Come per il moto traslazionale (9-2), M va inteso come il momento risultante M di tutte le forze che
agiscono sul corpo.
204 CAPITOLO 9. DINAMICA

La quantit di moto angolare di un corpo il momento della quantit di moto lineare rispetto
ad un asse di rotazione. Per una particella di massa m che si muove seguendo un percorso cir-
colare di raggio r con la velocit lineare v, la quantit di moto lineare vale mv e cos il momento
il prodotto di mv per r (mvr); tenendo presente il legame 8-13 tra velocit tangenziale e velo-
cit angolare (v = r), e che mr 2 il momento di inerzia della massa considerata, si ha:

Quantit di moto angolare = mvr = m ( r)r = mr 2 = I 9-1

Questa equazione rimane valida


per il corpo rigido, avente un
momento di inerzia I [kgm 2]
V rispetto allasse di rotazione. La
r
quantit di moto angolare di un
corpo un vettore (Figura 9.14)
ed, essendo il prodotto del mo-
mento di inerzia di massa I [kgm2]
e della velocit angolare [rad/s],
Quantit di moto angolare si misura in [kgm2/s] oppure in
[Nms]. Come la forza era pro-
porzionale alla variazione nel
Fig. 9.14 - Un disco di raggio r ruota con la velocit tangenziale tempo della quantit di moto
V attorno ad un asse. Facendo uso della regola della mano destra, (9-2), cos la coppia di momento
si trovano direzione e verso della quantit di moto angolare: M = Fr risulta proporzionale (9-1 )
piegando le dita nel senso di rotazione del disco, il pollice
orientato secondo la quantit di moto angolare. alla variazione della quantit di
moto angolare nel tempo t:


M = Fr = [( mv)r ] = ( mr 2 ) = ( I ) 9-2
t t t
Al pari della quantit di moto lineare, la quantit di moto angolare totale di un sistema rimane
costante a meno che un momento esterno venga applicato a quel sistema (conservazione della
quantit di moto angolare); se infatti nella 9-2 si pone M = 0, non si pu verificare alcuna varia-
zione nel tempo di I e quindi il valore iniziale della quantit di moto angolare coincide con il
valore finale:
I = I
iniziale finale

Nellambito della dinamica impulsiva esiste unespressione analoga alla 9-3 per cui limpulso
angolare (o momento dellimpulso) Mt uguaglia la variazione della quantit di moto ango-
lare I I0. Anche limpulso angolare, come la quantit di moto angolare, si misura in
[kgm2/s] oppure in [Nms]; si preferisce tuttavia far uso di [Nms] in quanto esprime pi chia-
ramente il prodotto di un momento [Nm] per un tempo [s].
Confrontando le formule 9-2 (F = ma) e 9-2 (M = I), si nota che il momento di inerzia I svolge
nel moto rotazionale lo stesso ruolo della massa m nel moto traslazionale. Per analogia con la
forza di inerzia, si pu immaginare il momento M equilibrato da una coppia di inerzia I, che
ruota in senso opposto a quello dellaccelerazione angolare (Figura 9.15). La ruota di bici-
cletta che, anche se sostenuta dal cuscinetto, richiede un certo sforzo per essere messa in rota-
zione con le mani offre unindicazione della coppia di inerzia. Con lequilibrio tra M e I,
la dinamica rotazionale pu venire trattata con i metodi della statica (principio di dAlembert);
nel caso pi generale il corpo soggetto a una coppia motrice di momento Mm e ad una cop-
pia resistente di momento Mr come per il rotore della Figura 9.15-b:

M + ( I) = 0 Mm Mr + ( I) = 0 9-3
9.2. DINAMICA DEL MOTO ROTAZIONALE 205

a b c
o o o

ot

ot

ot
M

M
I I Mm

Mm Mr I
Mr
M

Fig. 9.15 - Principio di dAlembert nella dinamica rotazionale; si osservi come la coppia di inerzia I si
opponga al cambiamento del moto e come la coppia resistente Mr dovuto agli attriti abbia verso opposto al moto.
a) Rotore che ruota attorno al proprio asse in equilibrio sotto lazione del momento risultante M e della cop-
pia di inerzia I; la coppia di inerzia una coppia fittizia a cui si ricorre per trattare la dinamica rotazionale
con i metodi della statica.
b) Sul rotore agiscono la coppia motrice Mm e la coppia resistente Mr generata dallattrito sul cuscinetto del-
lalbero; la coppia motrice deve equilibrare sia la coppia di inerzia che la coppia resistente: Mm = I + Mr
c) Si vuole fermare la rotazione del rotore applicando la coppia frenante Mm; sempre presente la coppia resi-
stente Mr generata dallattrito sul cuscinetto mentre laccelerazione angolare adesso una decelerazione e il
suo verso si oppone a quello del moto. La somma dei due momenti Mm + Mr equilibra il momento della cop-
pia di inerzia: Mm + Mr = I. Se viene a mancare la coppia frenante, larresto del rotore determinato dal-
lequilibrio tra coppia resistente e coppia di inerzia: Mr = I.

Si consideri (Figura 9.16) lasta OA di lunghezza r, che ruota attorno ad


un asse perpendicolare al piano del foglio passante per O, sotto lazione
r
della forza costante F applicata tangenzialmente in A: il momento della
A
M = Fr coppia rispetto ad O vale M = Fr. Se lasta ruota dellangolo [rad], la
F forza F [N] si sposta della distanza r [m] lungo larco (8-10). Il lavoro
r L [J] compiuto dalla forza (9-6) e quindi dalla coppia dato dal prodotto
O del momento M [Nm] per lo spostamento angolare [rad] subito dal
corpo:

Fig. 9.16 - Lavoro compiuto da una L = Fr = (Fr) = M 9-6


coppia.

Un albero di momento di inerzia I viene portato dalla quiete (0 = 0) alla velocit angolare ;
avendo indicato con [rad] lo spostamento angolare corrispondente, laccelerazione angolare
media vale (8-6) = 2/(2). Si calcola allora con la 9-2 (M = I) il momento richiesto per
accelerare lalbero e quindi con la 9-6 il lavoro L [J] compiuto dalla coppia di momento M
[Nm] nel ruotare lalbero dellangolo [rad].

2 2 1 2
M = I = I L = M = I = I << Energia cinetica di rotazione >> 9-7
2 2 2
questa lenergia cinetica di rotazione di un albero, e pi in generale di un corpo rigido, avente
velocit angolare pari a . In modo analogo si pu dimostrare che il lavoro compiuto nellac-
celerare il corpo dalla velocit iniziale 0 alla velocit finale uguale alla variazione delle-
nergia cinetica di rotazione:
1 2 1 2
Lavoro = M = Energia cinetica finale Energia cinetica iniziale = I I 0
2 2
La Figura 9.17-a mostra un disco di momento di inerzia I = (mr 2)/2 alla sommit di un piano
inclinato; essendo lasse del disco parallelo al bordo superiore del piano inclinato e la forza di
attrito sufficientemente elevata, quando viene rilasciato il disco rotola senza strisciare sul
206 CAPITOLO 9. DINAMICA

a b

h r

Fig. 9.17 - a) Un disco di massa m e raggio r che rotola, senza scivolare, su un piano inclinato. Lenergia poten-
ziale che aveva in alto si trasformata in energia cinetica di traslazione e rotazione quando il disco arrivato in
basso. Il momento di inerzia del disco rispetto al suo asse di rotazione vale I = (mr 2)/2 (Tabella VIII a pag. 494).
b) Se il disco rotola con velocit lineare v, allora il movimento istantaneo del baricentro rispetto al punto di
contatto P una rotazione con velocit angolare = v/r. Spostandosi il baricentro lungo una retta, un punto sul
bordo ruota rispetto al baricentro con lo stesso valore di : le due velocit lineare e angolare del disco allar-
rivo sono perci legate da v = r.

piano inclinato. Lenergia potenziale del disco alla sommit del piano inclinato mgh, con h
distanza tra le due posizioni del baricentro del disco in alto e in basso. Allarrivo, lenergia poten-
ziale iniziale si completamente trasformata nellenergia cinetica totale, somma dellenergia
cinetica di traslazione del baricentro (9-7) e dellenergia cinetica di rotazione attorno al bari-
centro (9-7), verificando cos il principio di conservazione dellenergia. Dal momento che il
disco rotola senza scivolare, vi un legame diretto tra moto di traslazione e moto di rotazione
(Figura 9.17-b); si pu allora esprimere la velocit angolare finale in funzione della velocit
lineare finale v: = v/r.

1 1 1 1 mr 2 v 2 3 gh
mgh = mv 2 + I 2 = mv 2 + 2
= mv 2 v =2 9-9
2 2 2 2 2 r 4 3
La potenza P [W] il lavoro M [J] compiuto da una coppia nel tempo t [s]; ma /t uguale,
per la 8-1 dove si pone 0 = 0 = 0, alla velocit angolare . La potenza pu anche essere
espressa in funzione della velocit di rotazione n [giri/s] mediante la 8-11 ( = 2 n):
M
P= =M = M oppure P = 2 nM 9-10
t t

Tabella 9.1
Corrispondenza tra quantit lineari della dinamica traslazionale e quantit angolari della dinamica rotazionale
Moto traslazionale Moto rotazionale
Spostamento lineare* x [m] Spostamento angolare* [rad]
Massa m [kg] Momento di inerzia di massa I [kgmm2]
Forza F [N] Momento M [Nm]
Velocit lineare iniziale v0 [m/s] Velocit angolare iniziale 0 [rad/s]
Velocit lineare finale v [m/s] Velocit angolare finale [rad/s]
Accelerazione lineare a [m/s2] Accelerazione angolare [rad/s2]
Quantit di moto lineare mv [kg(m/s)] Quantit di moto angolare** I [kgmm2/s]
Impulso lineare*** Ft [Ns] Impulso angolare*** Mt [Nms]
Tempo t [s] Tempo t [s]
* Le posizioni iniziali x0 ed 0 sono poste uguali a zero.
** Quantit di moto angolare oppure momento della quantit di moto.
*** Per semplicit si indicato con t, anzich con t, lintervallo di tempo e si omessa lindicazione di valor medio di forza e momento.
9.2. DINAMICA DEL MOTO ROTAZIONALE 207

Nella dinamica rotazionale si possono scrivere delle relazioni analoghe a quelle della dinamica
traslazionale mediante le sostituzioni (Tabella 9.1): x, I m, M F, v, a,
I mv, ottenendo le formule elencate nella Tabella 9.2.

Tabella 9.2
Formule importanti della dinamica traslazionale e della dinamica rotazionale
Moto traslazionale Moto rotazionale
Legge fondamentale della dinamica F = ma 9-2 M = I 9-2
Dinamica impulsiva Ft = mv mv0 9-5 Mt = I I 0 9-5
Lavoro Fxx 9-6 M 9-6
Potenza Fv 9-10 M 9-10
1 1 2
Energia cinetica mv2 9-7 I 9-7
2 2

Esempio 9.9 Rotazione di un cilindro cavo


Un cilindro cavo di acciaio di diametro esterno de = 400 mm, diametro interno di = 200 mm e lunghezza
l = 800 mm, viene messo in rotazione attorno al suo asse. Calcolare lintensit M della coppia necessa-
ria ad imprimergli laccelerazione angolare = 0,5 rad/s2.

SOLUZIONE
Noti massa volumica dellacciaio = 7850 kg/m3 (Tabella III di copertina), massa m e momento dinerzia
di massa I del cilindro cavo (Tabella VIII a pag. 494), si ricava il momento M con la 9-2.
l 2 0,8 m
m= (d e d i2 ) = [(0,4 m )2 (0,2 m )2 ] 7850 kg/m 3 = 591,6 kg
4 4
m 591,6 kg
I = (d e2 + d i2 ) = [(0,4 m )2 + (0,2 m )2 ] = 14,8 kgm 2
8 8
M = I = 14,8 kgm2 0,5 rad/s2 = 7,4 Nm

Esempio 9.10 Coppia per frenare un volano


Un volano di massa m = 300 kg, comprensiva di quella dellalbero sul quale calettato, ruota con fre-
quenza n = 16 giri/s; il suo raggio di inerzia = 900 mm e la coppia dovuta allattrito dei perni sui cusci-
netti ha un momento resistente Mr = 80 Nm. Calcolare lintensit Mf della coppia frenante richiesta per
fermare il volano nel tempo t = 10 s.

SOLUZIONE
Noti momento dinerzia I del volano in funzione del suo raggio dinerzia (Paragrafi 4.3 e 9.2), velo-
cit angolare (8-11) e accelerazione angolare (8-2), si calcola la coppia frenante Mf sapendo che, per
il principio di dAlembert (9-3), durante la fase di frenata la coppia frenante Mf insieme alla coppia resi-
stente dovuta allattrito Mr deve equilibrare la coppia dinerzia I (Figura 9.15-c).
I = m2 = 300 kg (0,9 m)2 = 243 kgm2
= 2 n = 2 16 giri/s = 100 rad/s
100 rad/s
= = = 10 rad/s2
t 10 s
Mf + Mr = I Mf = I Mr = 243 kgm2 10 rad/s2 80 Nm = 2,35 kNm
208 CAPITOLO 9. DINAMICA

Esempio 9.11 Tamburo di montacarichi


Il tamburo di un montacarichi, di diametro d = 1000 mm e di massa mt = 680 kg,
Mm deve sollevare un carico di massa m = 1200 kg con laccelerazione a = 1 m/s2.
Determinare lintensit del momento motore Mm e la velocit angolare del tam-
r
buro dopo il tempo t = 3 s dallavvo.
M oto

Mr I
SOLUZIONE
Fm Il momento di inerzia di massa I del tamburo del montacarichi pu essere assi-
milato ad un cilindro pieno e vale (Tabella VIII a pag. 494):
mt d 2 680 kg (1 m )2
I = = = 85 kgm 2
Fm 8 8
ma Laccelerazione a del carico anche laccelerazione tangenziale del tamburo di
raggio r = d/2 = 500 mm (8-14):
a 1 m/s 2
a m a = r = = = 2 rad/s 2
r 0,5 m
mg
Sul carico agiscono la forza peso mg e la forza dinerzia ma di braccio r rispetto
allasse di rotazione del tamburo; esse danno luogo alla coppia resistente
Mr = (mg + ma) r. Scrivendo con il principio di dAlembert (9-3) lequilibrio dei
Fig. 9.18 - Sollevamento di un cari- momenti relativi alle coppie evidenziate nella Figura 9.18, si ricava la coppia
co nellEsempio 9.11. richiesta al tamburo per sollevare il carico; quindi con la 8-3 si ottiene la velo-
cit angolare.
Mm Mr I = 0 Mm = I + (mg + ma) r = I + mr (g + a)
Mm = 85 kgm2 2 rad/s2 + 1200 kg 0,5 m (9,81 + 1) m/s 2 = 6,6 kNm
2
= t = 2 rad/s 3 s = 6 rad/s

Esempio 9.12 Funzione del volano


Una punzonatrice, di cui la Figura
9.19-a mostra una configurazione
tipica, opera secondo il ciclo di lavoro
descritto nella Figura 9.19-b: in cia-
scun ciclo di punzonatura lalbero
della macchina fornisce il lavoro
L = 270 J durante una rotazione di 30
(/6 rad) arrivando ad un picco di
coppia Mpicco = 774 Nm, mentre nes-
sun lavoro viene esercitato durante i
330 (2 /6 rad) che rimangono
per terminare il ciclo. Sapendo che la
velocit angolare media del volano
vale medio = 20 rad/s e che la mac-
Fig. 9.19 - a) Esempio di punzonatrice con accanto la sezione di un tipico volano
in ghisa. I volani possono essere realizzati anche in acciaio o, pi recentemente, con china richiede un coefficiente di flut-
i materiali compositi citati nel Paragrafo 5.10.4. tuazione della velocit Cs = 0,10, cal-
colare:
a) il momento di inerzia I del volano, nellipotesi che si possa trascurare linerzia delle altre parti
rotanti;
b) la potenza P richiesta al motore elettrico in assenza e in presenza del volano.
9.2. DINAMICA DEL MOTO ROTAZIONALE 209

SOLUZIONE
Un volano costituito generalmente da una corona o da un disco pieno dotato di un elevato momento di
inerzia I (Figura 9.19-a). La funzione del volano di immagazzinare energia in modo da smorzare le
variazioni nella velocit dellalbero di una data macchina generate da variazioni cicliche delle potenze
o delle coppie impegnate. Usando la sua energia cinetica (1/2) I 2 (9-7 ) immagazzinata alla velocit
angolare , il volano assorbe le variazioni di coppia durante un ciclo della macchina attutendo le flut-
tuazioni di velocit della macchina. Il coefficiente di fluttuazione della velocit Cs , definito da:

max min
Cs = 9-11
medio

con min, max e medio = (min + max )/2 rispettivamente velocit angolare minima, massima e media del
volano, viene fissato in funzione della variazione della velocit di rotazione che pu essere tollerata per
una determinata macchina: 0,003 per una velocit molto uniforme, 0,003 0,012 per una velocit
moderatamente uniforme, 0,012 0,05 quando si pu accettare qualche variazione, ecc. Espressa
1 2 1 2
la massima variazione di energia cinetica E = I max min in funzione del coefficiente di flut-
tuazione C : 2 2
s

1 1
E =
2
( 2
I max 2
min )
= I ( max min ) ( max + min ) medio
2 medio
= ICs 2medio 9-11

possibile ricavare il momento di inerzia I del volano.

a) Il momento medio Mmedio richiesto per compiere il


lavoro L = 270 J, nei 360 (2 rad) in cui si compie
un ciclo della macchina, si ricava con la 9-6:
Un ciclo della macchina
800 Mmedio = L/(2) = 270 J/(2 rad) = 43 Nm. Il mo-
774
tore elettrico fornisce appunto questa coppia costante
Coppia di carico [Nm]

600 durante il ciclo. Il volano dovr essere in grado di


fornire lenergia immagazzinata nei 30 (/6 rad)
in cui va effettuata la punzonatura: lenergia evi-
400
denziata dallarea rosa della curva della Figura
9.19-b al di sopra della linea del momento medio di
200 43 Nm; la restante energia di 43 Nm /6 rad =
= 22,5 J 23 J, visualizzata dal rettangolo bianco
43
0 alla base della curva, verr fornita dal motore elet-
0 30 180 360 390 trico. La massima variazione di energia vale allora
Angolo di rotazione dellalbero E = 270 J 23 J = 247 J e quindi, per la 9-11, si ha:

Fig. 9.19-b - Ciclo di lavoro (punzonatrice dellEsempio 9.12), 2


E = IC s medio
che viene ripetuto dopo 360 (2 rad). La linea orizzontale trat-
teggiata indica il valor medio della coppia Mmedio = 43 Nm, E 247 J
I = 2
= = 6,2 kgm 2
mentre larea rosa della prima curva lenergia E = 247 J C s medio 0,1 (20 rad/s)2
fornita dal volano nei 30 (/6 rad) in cui va effettuata la
punzonatura. Durante i rimanenti 330 (2 /6) del ciclo, il
b) Nellipotesi che la velocit angolare sia quella media
motore elettrico provvede a rifornire di nuovo il volano con
lenergia 43 Nm (2 /6) rad = 247 J, espressa dallarea durante il picco di coppia Mpicco = 774 Nm (Figura
celeste. La velocit angolare del volano raggiunge il suo valore 9.19-b), si ricava (9-10 ) la potenza di picco P richie-
massimo e quello minimo nel punto in cui la curva interseca la sta in assenza del volano; in presenza del volano, la
linea Mmedio = 43 Nm. potenza viene calcolata facendo riferimento al valor
medio della coppia Mmedio = 43 Nm.

P = Mpiccomedio = 774 Nm 20 rad/s = 15.480 W 15,5 kW << senza volano >>

P = Mmediomedio = 43 Nm 20 rad/s = 860 W 0,9 kW << con volano >>


210 CAPITOLO 9. DINAMICA

Esempio 9.13 Rotazione di due masse


Due masse, ciascuna del valore m = 3 kg, sono poste alle due estremit di unasta di massa trascurabile
e messe in rotazione con frequenza n1 = 360 giri/min attorno ad un asse passante per la mezzeria della-
sta e normale ad essa (Figura 9.20). Le due masse, inizialmente alla distanza r1 = 1,0 m dallasse di rota-
zione, vengono fatte avvicinare lungo lasta fino alla distanza r2 = 0,5 m. Calcolare la nuova frequenza
di rotazione n2 e la variazione di energia cinetica Ec.

r1 = 1
,0 m

r2 = 0
,5 m

Fig. 9.20 - Le due masse rotanti dellEsempio 9.13.

SOLUZIONE
Nellipotesi che ciascuna massa si possa ritenere concentrata allestremit del raggio r, il momento
dinerzia di massa per le due masse vale I = 2mr2 (Paragrafi 4.3 e 9.2):
I1 = 2mr12 = 2 3 kg (1,0 m )2 = 6,0 kgm 2 I 2 = 2mr22 = 2 3 kg (0,5 m )2 = 1,5 kgm 2
Si divide per 60 la frequenza di rotazione n, assegnata come giri/min, in modo da poterla esprimere in
giri/s (Tabella I di copertina) e, mediante la 8-11, si ricava la velocit angolare iniziale:
n1 2 360 giri/min
1 = 2 = = 37,7 rad/s
60 60 s/min
Dal momento che non vi alcun momento esterno che agisce sullasse attorno al quale ruotano le due
masse, la quantit di moto angolare si conserva (Paragrafo 9.2); uguagliando allora la quantit di moto
angolare finale a quella iniziale, si ricava la frequenza di rotazione finale n2.

I1 6,0 kgm 2
I = I I 2 2 = I1 1 2 = 1 = 37,7 rad/s = 150,7 rad/s
finale iniziale I2 1,5 kgm 2

2 150,7 rad/s
2 = 2 n2 n2 = = = 24 giri/s n 2 = 24 giri/s 60 s/min = 1440 giri/min
2 2 rad
Nel calcolare la variazione di energia cinetica con la 9-7, si osserva un guadagno di 12,8 kJ derivante dal
lavoro fatto nel far scorrere le masse verso linterno contro la forza di inerzia radiale dovuta alla rotazione.
1 1 1 1
Ec = I 2 22 I1 12 = 1,5 kgm 2 (150,7 rad/s)2 6,0 kgm 2 (37,7 rad/s)2 = 12,8 kJ
2 2 2 2
9.3. FORZA CENTRIFUGA 211

9. 3 FORZA CENTRIFUGA
Se un corpo di massa m percorre una traiettoria circolare di raggio r con velocit v costante
soggetto ad una accelerazione centripeta di intensit ac = v2/r (8-12) in quanto la velocit cam-
bia continuamente direzione; oppure, se il corpo ruota con la velocit angolare costante
attorno ad un asse, un punto del corpo di raggio r soggetto ad ac = 2r (8-12). Per la seconda
legge di Newton (9-2), il corpo risulta sottoposto a una forza, chiamata forza centripeta Fc,
orientata come laccelerazione centripeta ac (Paragrafo 8.4) e quindi diretta verso il centro del
cerchio, di intensit:
v2
Fc = mac = m = m 2 r 9-12
r

Ad esempio (Figura 9.21-a), il corpo A fatto ruotare secondo un cerchio orizzontale di centro
O allestremit di un filo mantenuto nella sua traiettoria circolare dalla tensione nel filo che
agisce radialmente verso linterno: questa la forza centripeta di intensit Fc che fa s che il moto
del corpo sia circolare; se si taglia il filo, la forza centripeta scompare e il corpo si muove
secondo una retta tangente alla traiettoria circolare (Figura 9.21-b). Secondo il principio di
dAlembert, nel corpo A, la forza centripeta Fc in equilibrio con una forza di inerzia uguale
ed opposta di intensit m 2r (Figura 9.21-c). Si consideri adesso la tensione del filo in O richie-
sta perch il moto segua una traiettoria circolare; questa uguale ed opposta alla forza centri-
peta in A e perci diretta radialmente verso lesterno: la forza centrifuga risultato della-
zione di A sopra il punto O dovuto alla rotazione di A.

a b c

ac
A
A A
Forza di
inerzia

Forza
Tensione centripeta
nel filo Fc

O O O Forza
centrifuga

Fig. 9.21 - Corpo A che ruota con la velocit angolare costante descrivendo una traiettoria circolare attorno al centro O.
a) Il corpo A viene mantenuto nella sua traiettoria circolare attorno al centro O dalla tensione nel filo espressione della forza cen-
tripeta Fc che agisce radialmente verso linterno; ac laccelerazione centripeta.
b) Se si taglia il filo, che congiunge il corpo A al centro O del cerchio, la forza centripeta scompare e il corpo non viene lanciato
radialmente verso lesterno ma viene proiettato nella direzione tangente alla traiettoria circolare.
c) Forza centripeta e forza di inerzia (principio di dAlembert); indicata anche la forza centrifuga.

Cos su una vettura che effettua una curva (Figura 9.22), il guidatore avverte una spinta sul suo
corpo che lo spinge lungo la curva; ma, per il principio di azione e reazione (terza legge di
Newton), il suo corpo spinge contro la vettura nella direzione opposta verso lesterno. Questa
spinta contraria del corpo sulla vettura la forza centrifuga. Naturalmente, quando si conside-
rano le forze che agiscono sul corpo del guidatore, occorre considerare soltanto la forza cen-
tripeta. La forza di inerzia, che, secondo il principio di dAlembert, fa equilibrio alla forza cen-
212 CAPITOLO 9. DINAMICA

Forza centripeta Tendenza della


sulla vettura vettura a muoversi
in linea retta

m
1 47
r=

Fig. 9.22 - Per poter effettuare la curva a velocit Fig. 9.23-a - Stazione spaziale di cui si vuole
costante, evitando di andare diritta, la vettura deve calcolare la velocit angolare in modo da simu-
essere soggetta alla forza centripeta generata dal- lare il 60% della gravit terrestre.
lattrito tra le ruote e la strada.

Direzione normale

Direzione
tangenziale

Fc
Fig. 9.23-b - Persone che lavorano nellanello esterno della stazione.

Fig. 9.23-c - Diagramma di corpo libero di una


persona che si trova sul pavimento dellanello
tripeta ed quindi diretta radialmente verso esterno di una stazione spaziale. Lanello
lesterno, una forza fittizia. La forza centri- descrive una traiettoria circolare di raggio
fuga invece una forza reale; nella vettura in r = 147 m rispetto al centro della stazione. Fc
la forza centripeta esercitata sulla persona dal
curva, la forza centrifuga la forza diretta pavimento; la persona esercita una forza uguale
radialmente verso lesterno esercitata dalle ed opposta sul pavimento (forza centrifuga):
ruote della vettura sulla strada. In quanto tale, questo il suo peso effettivo. Volendo, ad esem-
essa non pu venire inclusa nel sistema di forze pio, simulare il 60% della gravit terrestre, la
rappresentate nel diagramma di corpo libero velocit angolare risulta (9-11):
(Figura 9.23), il cui scopo quello di mostrare 0,6 (mg ) = m 2 r
soltanto le forze che agiscono sul corpo in que- 0,6 g 0,6 9,81 m/s2
stione, e non le forze esercitate da esso sugli = = = 0,2 rad/s
r 147 m
altri corpi.
9.3. FORZA CENTRIFUGA 213

Esempio 9.14 Angolo di sopraelevazione di una curva


Il progetto di una pista prevede una curva di raggio r = 975 m. Calcolare con:
a) la seconda legge di Newton,
b) il principio di dAlembert;
langolo di sopraelevazione della curva affinch alla velocit v = 240 km/h = 66,7 m/s non si verifichi
lo slittamento laterale della vettura che sta percorrendo la curva (Figura 9.24).

(mv2)/r
a b c

ante
Rcos

le
le

Norma

Risult
Norma

Rsen mg
(mv )/r
2

(mv2)/r

Fr Fr
R R R R


mg mg mg
mg

Fig. 9.24 - Vettura in curva dellEsempio 9.14.


a) Vettura che affronta una curva in piano. Il peso mg della vettura equilibrato dalla somma delle forze normali R. Laccelerazione
centripeta viene assicurata dalle forze di attrito Fr tra le ruote e la strada.
b) LEsempio viene risolto con la legge fondamentale della dinamica: nella curva sopraelevata la reazione totale R = R della
strada sulla vettura viene scomposta in una componente verticale e in una componente orizzontale diretta verso il centro della curva.
Per ciascun angolo di inclinazione della curva esiste una data velocit della vettura in corrispondenza della quale la forza normale
soddisfa la forza centripeta richiesta.
c) LEsempio viene risolto con il principio di dAlembert: la reazione totale R = R della strada sulla vettura deve far equili-
brio al peso mg e alla forza di inerzia (mv2)/r. Trovata la risultante di queste due forze con la regola del parallelogramma, la reazione
R diretta nel verso opposto alla risultante; linclinazione della curva si ricava dal triangolo delle tre forze.

SOLUZIONE
a) Se la curva sopraelevata dellangolo , la forza normale R ha la componente Rsen diretta verso
il centro della traiettoria circolare (Figura 9.24-b). Per una particolare velocit della vettura, questa
componente provvede la forza esattamente necessaria perch la vettura percorra la curva senza slit-
tare di lato anche in mancanza di attrito tra pneumatici e strada; in altre parole la vettura non slitter
anche se la strada fosse ricoperta di ghiaccio. In corrispondenza di questa velocit di non slittamento,
tutte le forze tra strada e vettura sono perpendicolari (normali) alla superficie della strada: la strada
esercita la forza normale R sulla vettura. La componente verticale Rcos deve essere uguale ed oppo-
sta alla forza di gravit mg, mentre la componente orizzontale Rsen fornisce la forza centripeta
(mv2)/r diretta verso il centro del cerchio che fa curvare la vettura.
m v2 R sen (m v2 )/r v2
R cos = mg R sen = = tan =
r R cos mg gr
2 2
v (66,7 m/s)
= arctan = = 24,9 25
gr 9,81 m/s2 975 m
214 CAPITOLO 9. DINAMICA

b) Con il principio di dAlembert si considera, nellequilibrio delle forze, la forza di inerzia (mv2)/r diretta
verso lesterno della curva (Figura 9.24-c):
(m v2 )/r v2 v2 (66,7 m/s)2
tan = = = arctan = = 24,9 25
mg gr gr 9,81 m/s2 975 m

9. 4 SOMMARIO
La dinamica si basa sulle tre leggi di Newton:
Prima legge (o legge di inerzia): un corpo permane nel suo stato di quiete, se originariamente
era in quiete, oppure di moto rettilineo uniforme, se originariamente era in movimento, fino a
che non venga costretto a cambiare questo stato da una forza esterna.
Seconda legge: forza ed accelerazione di un corpo sono proporzionali e il coefficiente di pro-
porzionalit la massa.
Terza legge (o legge di azione e reazione): se un corpo esercita una forza su un secondo corpo,
allora il secondo corpo esercita una forza uguale ed opposta sul primo; ad ogni azione corri-
sponde cio una reazione uguale ed opposta.
La seconda legge F = ma la legge fondamentale della dinamica; F la somma di tutte le forze
esterne che agiscono sul corpo, mentre m la massa del corpo ed a laccelerazione del bari-
centro. Se come accelerazione viene presa laccelerazione di gravit g, allora la forza esercitata
sul corpo di massa m la forza peso o, pi semplicemente, il peso del corpo mg. La legge fon-
damentale della dinamica pu anche essere scritta nella forma F + ( ma) = 0; in tal caso (prin-
cipio di dAlembert), il problema dinamico pu essere trattato con i metodi sviluppati nella sta-
tica in quanto il corpo pu essere immaginato in equilibrio sotto lazione di F e della forza di
inerzia ma.
In assenza di forze esterne, la quantit di moto lineare mV [kg(m/s)], prodotto della massa m per
la velocit V, si conserva costante (principio di conservazione della quantit di moto). Questo
principio viene particolarmente utilizzato nellurto dei corpi. Limpulso Ft [Ns], prodotto
della forza F [N] per lintervallo di tempo t [s] durante il quale essa agisce, viene misurato dalla
variazione della quantit di moto che esso produce (legge fondamentale della dinamica impul-
siva).
Il lavoro L [J = Nm] compiuto da una forza il prodotto dellintensit della forza [N] per la
distanza [m] lungo la quale la forza agisce allorch il corpo si muove. Energia la capacit di
un corpo di produrre lavoro; lenergia meccanica, che una quantit scalare e si misura in joule
come il lavoro, si pu presentare sotto forma di energia cinetica (mv2)/2, energia derivante dalla
velocit v del corpo di massa m, ed energia potenziale mgh, che lenergia posseduta dal corpo
in virt della sua altezza h rispetto ad un livello di riferimento. La somma delle due energie, cine-
tica e potenziale, costante. La potenza P [W] il rapporto tra il lavoro [J] compiuto da una
forza e il tempo [s] impiegato a svolgere quel dato lavoro; pu venire espressa anche come pro-
dotto della forza F per la velocit v: P = Fv.
Per la dinamica rotazionale valgono delle relazioni analoghe a quelle della dinamica traslazio-
nale, tenendo presente le seguenti sostituzioni: spostamento angolare x, momento di iner-
zia di massa I m, coppia di momento M F, velocit angolare v, accelerazione ango-
lare a e quantit di moto angolare I m v.
ESERCIZI PROPOSTI 215

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

9.1 Un aeroplano (Figura 9.25-a) di massa pari a


220 mg si appresta a decollare. La spinta complessiva y
delle sue quattro turbine T = 600 kN. Dopo aver trac-
ciato il diagramma di corpo libero (Figura 9.25-b) e tra-
scurando le forze orizzontali esercitate sulle ruote, cal-
colare laccelerazione a dellaeroplano e le reazioni RA ed
RB sul carrello nei punti A e B, applicando la seconda G 2m
legge di Newton.
ma 3m
T
a = 2,7 m/s2; RA = 1,8 MN; RB = 355 kN A x

RA mg RB

5m 22 m

Fig. 9.25-c - Diagramma di corpo libero relativo allEsercizio 9.2. Il


principio di DAlembert consente di riferire le condizioni di equi-
librio ad un punto qualsiasi, per esempio al punto A di contatto tra
il carrello principale ed il terreno. Ci comporta una semplifica-
T zione del calcolo.
A B

Fig. 9.25-a - Aeroplano degli Esercizi 9.1 e 9.2. 9.4 Un martello di 4 kg colpisce con la velocit di
8,0 m/s un chiodo fermandosi nel tempo di 0,1 s. Deter-

minare limpulso del martello e la forza F esercitata sul
y chiodo.
Impulso = 32 Ns; F = 320 N

9.5 Due carrelli, con massa di 200 kg ciascuno, sono


collegati tra loro per mezzo di una fune, e si muovono su
G 2m
di un piano orizzontale trainati da una forza di 1,8 kN
applicata al carrello che sta davanti. Trascurando ogni
3m attrito, determinare laccelerazione a del complesso e la
T
x trazione T sul cavo di collegamento.

a = 4,5 m/s2; T = 900 N


RA mg RB

5m 22 m
9.6 Due veicoli commerciali le cui masse sono
4000 kg e 6000 kg si scontrano frontalmente. Le rispettive
Fig. 9.25-b - Diagramma di corpo libero relativo allEsercizio 9.1.
Quando si applica la seconda legge di Newton, le condizioni di
velocit prima dellurto erano 5 m/s e 2,6 m/s. Calcolare
equilibrio vanno riferite al baricentro G. la velocit v dei due veicoli che dopo lurto procedono
uniti.
v = 0,44 m/s
9.2 Si risolva lEsercizio 9.1 (Figura 9.25-a) con il
principio di DAlembert. Lequilibrio dei momenti pu 9.7 Una vettura di massa pari a 1600 kg e velocit di
essere scritto rispetto al punto A dove il carrello principale + 8 m/s si scontra frontalmente con una vettura di massa
tocca terra (Figura 9.25-c). pari a 800 kg e velocit di 10 m/s. Calcolare la velocit
v delle due vetture che dopo lurto procedono unite e la
9.3 Un razzo pesante 800 kN mosso da una spinta variazione di velocit (velocit finale velocit iniziale)
verticale di 1080 kN. Mentre attraversa gli strati bassi della vettura pi piccola vpiccola e della vettura pi grossa
dellatmosfera, laccelerometro a bordo indica una acce- vgrossa. Determinare infine il valore assoluto del rapporto
lerazione di 3,4 m/s2. Determinare lintensit R della resi- tra laccelerazione della vettura pi piccola apiccola e lac-
stenza opposta dallatmosfera. celerazione della vettura pi grossa agrossa. Essendo il
R = 2,7 kN
tempo in cui avviene la collisione uguale per le due vet-
216 CAPITOLO 9. DINAMICA

ture, il rapporto tra le accelerazioni uguale al rapporto 9.11 Un razzo di massa pari a 450 kg dispone di una
tra le variazioni delle velocit. spinta costante di 12 kN; la rampa di lancio (Figura 9.27)
sviluppa una lunghezza complessiva l = 10 m ed un disli-
v = + 2 m/s; vpiccola = + 12 m/s; vello h = 2 m. Trascurando ogni tipo di resistenza e le
vgrossa = 6 m/s; apicccola /agrossa = 2 variazioni di massa dovute al consumo del propellente,
determinare la velocit v del razzo al momento del
distacco dalla rampa.
9.8 Unimbarcazione mossa da un idrogetto che v = 22,2 m/s
imprime allacqua un incremento di velocit v = 12 m/s.
Calcolare la portata m dacqua necessaria ad assicurare
la spinta di 2200 N.
m = 183kg/s 2m

9.9 Uno statoreattore9.6 vola alla velocit di 280 m/s


ad una quota in cui la massa volumica dellaria
= 0,9 kg/m3. La velocit di efflusso dei gas, riferiti al
motore, di 600 m/s. Calcolare larea frontale A della
Fig. 9.27 - Razzo sulla rampa di lancio dellEsercizio 9.11.
presa daria affinch la spinta sia di 13 kN.

A = 0,16 m2 9.12 La massa di 160 kg di un demolitore appesa


ad un cavo lungo 5 m; se la posizione 1 (Figura 9.28)
quella di velocit nulla, quale sar la velocit v della
9.10 Una barra orizzontale porta due masse uguali massa nella posizione 2?
poste da bande opposte dal suo centro a distanza r1 = 1 m v = 2,97 m/s
(Figura 9.26). La barra ruota attorno ad un asse verticale
y passante per il suo centro alla frequenza di 6 Hz. Se,
durante la rotazione, le masse si allontanano dal centro 1 = 65
= 95
fino alla distanza r2 = 1,25 m dallo stesso, quale sar la 2

nuova frequenza n2 di rotazione? Quale la perdita Ec di 1

energia cinetica nellipotesi che le masse siano di 3 kg


2
ciascuna? Ignorare la massa e linerzia della barra.

n2 = 3,8 Hz; Ec = 1,5 kJ 1


2

y
Fig. 9.28 - Massa di un demolitore dellEsercizio 9.12.

9.13 Per il lancio di un fuoco dartificio della massa


di 5 kg, viene usato un mortaio a molla (Figura 9.29). La
molla, che a riposo misura 75 cm, ha una rigidezza di
r2 21 N/mm e viene compressa fino alla lunghezza di
r2 15 cm. Trascurando ogni tipo di resistenza e linerzia
della molla stessa, calcolare con quale velocit v il fuoco
Fig. 9.26 - Barra con due masse dellEsercizio 9.10.
dartificio abbandoner il mortaio.
v = 38,85 m/s

9.6 - Lo statoreattore, o autoreattore, un fa seguito la camera di combustione che senta quindi come un condotto nel quale,
motore a reazione privo di compressore e fornisce lenergia termica e quindi lo sca- ad eccezione della pompa di alimentazione
di turbina. La compressione, che richiede rico in un condotto convergente-divergente combustibile, non vi sono parti in movi-
una elevata velocit del mezzo rispetto dove avviene lespansione dei prodotti mento.
allaria, avviene in un condotto divergente; della combustione. Lo statoreattore si pre-
ESERCIZI PROPOSTI 217

9.16 Di un albero si conosce il momento dinerzia


pari a 20 kgm2; esso compie tre giri per passare da 1800
a 1960 giri/min; la coppia resistente di 96 Nm. Cal-
colare la variazione Ec di energia cinetica e la coppia M
necessaria a provocarla.
Ec = 66,2 kJ; M = 3,6 kNm
75 cm

9.17 Un rullo cilindrico, parcheggiato sul ciglio di


un fosso, scavalca accidentalmente i ceppi che lo bloc-
cano e rotola sulla sottostante scarpata. Con quale velo-
15 cm cit v raggiunger il fondo del fosso che si trova ad un
dislivello h = 4 m al disotto del ciglio? Trascurare le per-
75 dite per urti ed attriti.
v = 7,2 m/s

Fig. 9.29 - Mortaio a molla; Esercizio 9.13. 9.18 Un aeroplano vola orizzontalmente alla velo-
cit di 250 m/s con una spinta complessiva dei reattori di
19 kN. Calcolare la potenza P corrispondente.
9.14 Il cannone Berta usato dalla Germania nella
prima guerra mondiale aveva una canna lunga 37,5 m, e P = 4,75 MW
poteva sparare un proiettile di 120 kg di massa con una
velocit, alluscita della canna, di 1550 m/s. Determinare 9.19 La paletta di una turbina ha una massa di 200 g
la potenza P trasferita al proiettile al momento dello ed posta alla distanza di 48 cm dallasse di rotazione.
sparo. Calcolare la forza centrifuga Fc mentre la turbina ruota
P = 5958 MW
con la frequenza di 1500 giri/min.
Fc = 2,4 kN
9.15 Una massa ha un momento dinerzia di 55 kgm2
rispetto allalbero sul quale calettata. Calcolare la cop- 9.20 Una vettura di massa pari a 1800 kg percorre
pia M necessaria per portare lalbero, da fermo, alla rota- una curva piana di raggio 68 m alla velocit di 18 m/s.
zione con frequenza di 8 Hz in 10 giri, tenendo conto di Calcolare la spinta laterale F esercitata dalla strada sulle
una coppia resistente di 260 Nm. ruote.
M = 1,4 kNm F = 8,6 kN
Capitolo 10
VIBRAZIONI

10. 1 MOTO PERIODICO


Vibrazione10.1 il moto oscillatorio o periodico del corpo attorno ad
una posizione di equilibrio, dove per moto periodico si intende
qualsiasi moto che riproduce se stesso regolarmente ad uguali inter-
valli di tempo. Ad esempio, nel manovellismo dei motori alterna-
tivi (Figura 10.1 ) la manovella che ruota con velocit angolare
uniforme fa muovere lo stantuffo tra due posizioni limiti, i punti
morti, con un moto che si ripete ad uguali intervalli di tempo; non
essendo costanti n la velocit n laccelerazione dello stantuffo,
non si possono usare le formule del moto ad accelerazione costante
esaminate nel Capitolo 8, e occorre quindi sviluppare metodi che
consentano la trattazione dei moti periodici. La Figura 10.2 illustra
i principali parametri del moto periodico:
il periodo T [s]: tempo che passa tra una ripetizione del moto e
quella successiva;
la frequenza f: numero delle oscillazioni complete compiute nel
tempo e quindi uguale al reciproco del periodo; la frequenza si
Fig. 10.1 - Manovellismo di un motore misura in hertz [Hz = 1/s = s 1], con 1 Hz uguale a 1 oscillazione
alternativo a combustione interna (Capitoli al secondo:
12 e 21).
1
f = 10-1
T
lampiezza A: spostamento massimo della oscillazione completa dalla posizione iniziale di
quiete; pu assumere valori positivi e negativi.
Il moto alternativo periodico dello stantuffo di un motore complesso; tuttavia, si avvicina molto
ad un moto periodico importante e meno complesso: il moto armonico semplice. questo un
moto in cui laccelerazione del corpo nella sua traiettoria sempre diretta verso un punto fisso
ed proporzionale al suo spostamento da quel punto10.2. Nel Paragrafo che segue verr pre-
sentato il moto armonico semplice derivandolo dal moto circolare ed applicandolo (Esempio
10.1) al moto di uno stantuffo avente una biella lunga rispetto alla manovella; negli altri para-
grafi verranno esaminati il caso di una massa oscillante posta in fondo ad una molla e quello del
pendolo semplice.

10.1 - Anche se questo capitolo dedi- 10.2 - Nel moto armonico semplice, data pre diretta verso un punto fisso ed pro-
cato alle vibrazioni meccaniche, i con- la proporzionalit tra forza ed accelera- porzionale allo spostamento da quel
cetti esposti si possono ugualmente zione (F = ma), anche la forza interna punto.
applicare ai sistemi elettrici, fluidi, ecc. di richiamo del sistema vibrante sem-
10.2. MOTO ARMONICO SEMPLICE 219

Spostamento
+
Ampiezza A

Tempo
0


Periodo T

Fig. 10.2 - Diagramma dello spostamento (dalla posizione iniziale di quiete) in funzione del tempo per un moto
periodico con evidenziati il periodo e lampiezza delloscillazione completa.

10. 2 MOTO ARMONICO SEMPLICE


Si immagini di proiettare il moto circolare di un punto P, che percorre con velocit angolare
uniforme una circonferenza, su uno sfondo orizzontale mobile (Figura 10.3-a): al ruotare di
P, la sua proiezione X si sposta alternativamente avanti e indietro con moto periodico (Figura
10.3-b). Preso il tempo iniziale (t0 = 0) in corrispondenza alla posizione estrema a destra
quando P sovrapposto a X, si ricavano langolo , di cui ruotato nel tempo t il raggio r, lo
spostamento x e la velocit v del punto X (Figura 10.3-c), ed infine laccelerazione a di X
(Figura 10.3-d); velocit ed accelerazione sono negative in quanto dirette verso il centro O del
cerchio e cio nel verso opposto allaumento dello spostamento:

= t x = A cos t v = ( A2 x 2 ) a = 2x 10-2

La distanza massima r a cui arriva X nel suo movimento da una parte e dallaltra del punto fisso
O lungo lasse x (Figura 10.4-a) lampiezza A del moto; la distanza totale 2r la corsa. Il
periodo T del moto armonico semplice il tempo necessario perch X completi unoscillazione
da B ad A e poi indietro da A a B, passando cos per un dato punto due volte lungo la stessa dire-
zione. Questo anche il tempo necessario perch il braccio rotante OP, che genera il moto armo-
nico, descriva un angolo di 2 rad alla velocit di rad/s; il periodo vale perci T = (2)/. Il
periodo pu anche essere espresso in funzione del rapporto tra spostamento ed accelerazione con
T = 2 x/a , poich la velocit angolare per la 10-2 = a /x . Da queste formule si pu
ricavare la frequenza f del moto armonico semplice che, per la 10-1, il reciproco del periodo.

2 a 1 x
T = = 2 f = = << Moto armonico semplice >> 10-3
x 2 2 a

La velocit di X (Figura 10.4-b) nulla in A ( = 180) e in B ( = 0) dove x uguale allam-


piezza A (x = A); in questi punti infatti la velocit di P verticale e non d componenti lungo
AB. Quando P in C ( = 90) oppure in D ( = 270), lampiezza A nulla (x = 0) poich X
coincide con O, punto di mezzo del suo percorso; la velocit di X coincide con quella di P e la
velocit raggiunge il suo valore massimo r. Laccelerazione di X (Figura 10.4-c) raggiunge
il suo massimo valore 2r in A e in B, poich in questi due punti rappresentata dallaccele-
razione centripeta di P. In C e in D invece laccelerazione di P verticale e quindi, non avendo
componenti lungo AB, nulla. Si conclude che (Tabella 10.1) quando laccelerazione di X
zero, la velocit raggiunge il massimo, mentre quando la velocit di X zero, laccelerazione
massima.
220 CAPITOLO 10. VIBRAZIONI

a b Sfondo y

n te
sta

co
P
r A
y
= t
O x X x
Posizione per
t0 = 0
O
P

Luce

Luce

c y d y

r
n te nte
st a vy = r cos st a
co

co

ax = 2 r cos
P P
vx = r sen
A ay = 2 r sen
r y r
2


O r cos X x O x = r cos X x

x = A cos t

Fig. 10.3 - Generazione del moto armonico semplice per proiezione del moto circolare uniforme del punto P sul diametro del cer-
chio rappresentato dallasse x.
a) La proiezione del moto circolare uniforme della sferetta P su un rotolo mobile di carta per registrazione genera un moto armo-
nico semplice.
b) Il moto descritto dalla proiezione della sferetta P sullo sfondo parallelo allasse x dipende dellangolo , funzione del moto
di P lungo la circonferenza. Preso il tempo iniziale t0 = 0 quando P coincide con X, langolo, di cui ruotato nel tempo t il raggio
r, (8-1 ) = t.
c) Il punto P descrive la traiettoria circolare con la velocit tangenziale costante r (8-13). Lo spostamento x di X x = r cos = r cos t,
essendo = t; ma il raggio r del cerchio coincide con lampiezza A del moto (r A) e quindi lo spostamento vale
x = A cos t. La velocit v di X la componente orizzontale della velocit di P: vx = r sen = r sen t = (r 2 x 2 ),

(r 2 x 2 ) 2 2
essendo sen = con sen = y/r ed y = r 2 x 2 per il teorema di Pitagora. Risulta infine vx = ( A x ) ,
r
essendo r A.
d) Laccelerazione centripeta di P 2 r (8-12 ) ed diretta radialmente verso il centro del cerchio. Laccelerazione a di X la
componente orizzontale dellaccelerazione di P: ax = 2r cos = 2x, essendo x = r cos . Laccelerazione di X perci pro-
porzionale alla sua distanza x dal punto fisso O ed sempre diretta verso O. Verificando queste due condizioni, il moto un moto
armonico semplice.
10.2. MOTO ARMONICO SEMPLICE 221

a C

P
Spostamento x

A T
Ampiezza
Ar A O B
T 2T Tempo t X
A

D

t = t = t=0
2
b r C

r
Velocit v

O XO
T 2T XA XB
Tempo t
2 r

r
D
v=0 v= r

c C

2 r
Accelerazione a

2 r
XO 2 r O B
T 2T Tempo t XA XB
2r

D
a=0 a= 2r

Fig. 10.4 - Andamento di spostamento, velocit ed accelerazione in funzione del tempo t nel moto armonico semplice.
a) Diagramma dello spostamento x con la posizione di P lungo la circonferenza. Lintervallo di tempo tra due massimi succes-
sivi il periodo T. Quando P in B, = 0 e t = 0. Dopo il tempo t = ( /2)/ = /(2) = T/4, quando = 90, P arrivato a met
corsa, e dopo il tempo t = / = T/2, quando = 180, P raggiunge la posizione estrema A.
b) Diagramma della velocit v lungo lasse x con i valori nei punti caratteristici del moto.
c) Diagramma dellaccelerazione a lungo lasse x con i valori nei punti caratteristici del moto.

Tabella 10.1
Valori minimi e massimi (max) di velocit, accelerazione, energia cinetica ed energia potenziale
nel moto armonico semplice
Velocit Accelerazione Energia cinetica Energia potenziale
x=0 max zero max zero
x=A zero max zero max

Esempio 10.1 Manovellismo con elevato rapporto biella/manovella


Un pistone viene azionato da un sistema biella/manovella di lunghezza r = 70 mm ed l = 420 mm. Alla
velocit di rotazione n = 360 giri/min, calcolare (Figura 10.5):
a) le intensit di velocit v e accelerazione a del pistone quando langolo della manovella vale = 60;
b) la massima accelerazione amax del pistone e il corrispondente valore di x.
222 CAPITOLO 10. VIBRAZIONI

P
l r
= 60 O
PMS PMI A X B

v
a

Fig. 10.5 Nel manovellismo dellEsempio 10.1, il pistone si muove di moto rettilineo alternato tra i punti PMS
(punto morto superiore) e PMI (punto morto inferiore)12.4. Quando la biella abbastanza lunga nei confronti della
manovella (l/r 6), il moto del pistone pu essere assimilato al moto armonico del punto X, proiezione di P sul
diametro AB. Lampiezza A viene a coincidere con il raggio di manovella r.

SOLUZIONE
a) Lampiezza A del moto armonico semplice coincide con la lunghezza r della manovella; la velocit
angolare della manovella si ricava dalla 8-11, mentre velocit v e accelerazione a del pistone sono
date dalla 10-2. 2 2
= n= 360 giri/min = 37,7 rad/s
60 60
x = OX = r cos = 0,070 m cos 60 = 0,035 m

v = A2 x 2 = 37,7 rad/s (0,07 m )2 (0,035 m )2 = 2,28 m/s

a = 2 x = (37,7 rad/s)2 0,035 m = 49,7 m/s2

b) Laccelerazione raggiunge il valore massimo amax quando massimo il valore di x (10-2), cio per
x = r, il che si verifica in corrispondenza dei punti morti inferiore e superiore (Figura 10.5).

amax = 2 r = (37,7 rad/s)2 0,070 m = 99,5 m/s2

10. 3 MOLLA-MASSA
Una massa sospesa ad una molla verticale pu essere fatta oscillare tirando gi la massa,
allungando cos la molla, e quindi lasciandola andare. La forza di richiamo F, che agisce sulla
molla, funzione dellallungamento e della contrazione della molla. Se la molla segue la legge
di Hooke (Figura 10.6), la forza risulta proporzionale allo spostamento x della molla dalla posi-
zione di riposo (Figura 10.7):
F = kx 10-4
dove k [N/m] la costante di elasticit o rigidezza della molla e il segno meno indica che la forza
di richiamo sempre orientata nel verso opposto allo spostamento della molla10.3. Il movimento
della massa attaccata alla molla un moto armonico semplice; la frequenza (Figura 10.8) ed il
periodo (10-1) risultano:
1 k m
f = T = 2 10-5
2 m k

10.3 - Nella Figura 9.10 era stato pre- molla. In questo calcolo si era considerata lo spostamento (Fest = kx), mentre qui
sentato il calcolo dellenergia potenziale la sola relazione numerica senza riguardo viene precisato F = kx, essendo la forza
elastica o energia di deformazione di una al verso e quindi al segno della forza con F opposta allo spostamento x.
10.3. MOLLA-MASSA 223

a b c a
x=0

x
b
x
Forza di
richiamo
m
x F = kx
Forza di
gravit
Fig. 10.7 - Massa m, su una superficie senza attrito, attac-
cata ad una molla di costante di elasticit o rigidezza k.
a) Molla in posizione di riposo: spostamento x = 0.
b) Quando la massa viene spostata della lunghezza x,
la molla esercita la forza di richiamo F = kx, negativa
perch la forza F diretta nel verso opposto allallunga-
mento x.

Fig. 10.6 - Lallungamento di una molla proporzionale alla


forza applicata (legge di Hooke).
Il moto della massa attaccata alla molla descritto
a) Non applicato il carico e la molla in posizione di riposo.
dalle curve della Figura 10.4 con unoscillazione
b) Allungamento della molla pari a x sotto il carico di 1 N.
periodica, di tipo sinusoidale, che, in assenza di
c) Allungamento della molla pari a 2x sotto il carico di 2 N. smorzamento, dovrebbe continuare indefinitamente
nel tempo: un tale sistema viene chiamato un oscil-
latore armonico semplice.
Se si trascura la forza dissipativa legata agli attriti
interni della molla, lenergia totale, somma delle
energie cinetica (9-7) e potenziale (9-8 ), , per la
9-9, costante e si scrive:
1 1
Energia totale = m v2 + k x 2 10-6
2 2
dove i valori istantanei della velocit v e dello spo-
stamento x sono quelli dati dalla 10-2. Landamento
A
m
pi
ez

dellenergia meccanica del moto armonico semplice


za
A

illustrato nella Figura 10.9, con i minimi e i mas-


simi mostrati nella Tabella 10.1.
A
m
pi
ez
za
A

x = 0 la
posizione
di riposo Cinetica Potenziale Totale
0
Energia

0,5
Fig. 10.8 - Immaginando di proiettare lo spostamento x della
massa attaccata alla molla su un rotolo scorrevole di carta in
modo da registrarne la variazione in funzione del tempo, viene
visualizzato un moto armonico semplice. La forza in un moto 1
Tempo
armonico semplice vale F = ma = m 2x (con laccelerazione a
ricavata dalla 10-2); la forza di richiamo della molla allora Fig. 10.9 - Energie cinetica, potenziale e totale di un
F = kx = m 2x; risolvendo rispetto ad , si ricava la fre- sistema oscillante molla-massa: si verifica una trasforma-
quenza f (10-3): zione continua dellenergia potenziale in energia cinetica
2 = k /m = k /m f = /(2 ) = (1/ 2 ) k /m . che a sua volta si converte in energia potenziale e cos via.
224 CAPITOLO 10. VIBRAZIONI

Esempio 10.2 Blocco oscillante


Una massa m = 2,8 kg, pilotata da una molla di costante k = 27 N/m, oscilla con ampiezza A = 16 cm.
Determinare:
a) periodo T e frequenza f di una oscillazione completa;
b) la massima velocit v raggiunta dalla massa.

SOLUZIONE
a) Periodo T e frequenza f sono dati dalla 10-5; noto il periodo, la frequenza pu essere pi semplicemente
ricavata dalla sua definizione 10-1, come reciproco del periodo. Non intervenendo alcuna forza
esterna, periodo e frequenza sono quelli naturali del sistema oscillante (Paragrafo 10.5).

m 2,8 kg 1 1
T = 2 = 2 = 2,0 s f = = = 0,5 Hz
k 27 N/m T 2,0 s

b) Lintensit della velocit della massa raggiunge il suo valore massimo v = A quando nella 10-2 lo
spostamento x si annulla; la velocit angolare si ricava con la 10-3 dal periodo: T = (2)/
= (2)/T.
2 2
v = A = A= (0,16 m ) = 0,5 m/s
T 2,0 s

10. 4 PENDOLO SEMPLICE


Un pendolo semplice consiste in una massa m sospesa ad un supporto rigido per mezzo di un
filo di lunghezza l; se la massa viene tirata da un lato e quindi rilasciata, la forza di gravit mg
genera unoscillazione da una parte e dallaltra del punto di riposo. Allorch la massa del pen-
dolo viene spostata da un lato rispetto alla verticale di un angolo (Figura 10.10), la compo-
nente perpendicolare al filo della forza di gravit genera la forza F = mg sen , preceduta dal
segno meno perch questa una forza di richiamo che tende appunto a ridurre langolo . Lo
spostamento s, lunghezza dellarco lungo il quale il pendolo oscilla, vale s = l ; ma se langolo
sufficientemente piccolo10.4, sen pu essere approssimato dallangolo [rad]: sen .
La forza di richiamo F risulta allora proporzionale allangolo e quindi, essendo s = l, allo
spostamento s:
mg
F = mg sen = mg = s << Solo angoli piccoli >>
l
Questa equazione formalmente identica a quella di una molla (10-4) fatta eccezione per la
costante di elasticit della molla k che figura al posto di mg/l; si ricava allora il periodo T (oppure
la frequenza f ) sostituendo k nella 10-5 con mg/l:

m m l 1 g
T = 2 = 2 = 2 f = << Solo angoli piccoli >> 10-7
k mg/l g 2 l

10.4 - Per angoli piccoli, inferiori a 10 golo (relazione A.3-10 dellAppendice). gente coincidono praticamente con :
(0,175 rad), possibile confondere il Se, ad esempio, si prende un angolo di sen (0,07) = 0,069942 tan (0,07) =
seno, cos come la tangente, con lan- 0,07 rad (pari a 4), i valori di seno e tan- = 0,070114 = 0,07.
10.4. PENDOLO SEMPLICE 225

m
O s
mg sen mg cos

mg

Fig. 10.10 - Un pendolo semplice, sospeso al perno Q, ha la massa m che oscilla avanti e indietro passando ogni
volta per O. Se langolo piccolo, loscillazione pu essere considerata quella di un moto armonico semplice.

Il periodo del pendolo indipendente dalla massa del pendolo e dallampiezza dellangolo, pur-
ch questultimo sia piccolo; nella formula del periodo T non figurano infatti n la massa m n
langolo . La costanza del periodo del pendolo tutte le piccole oscillazioni, anche di
ampiezza diversa, si compiono nello stesso periodo di tempo (oscillazioni isocrone) fu sco-
perta da Galileo nel sedicesimo secolo.

Esempio 10.3 Pendolo semplice


Il pendolo semplice della Figura 10.11 ha compiuto 80 piccole oscil-
Q lazioni ( = 4) in 200 s. Calcolare:
a) la lunghezza l del pendolo;
b) velocit vmax ed accelerazione amax massime lineari della massa del
l pendolo;
c) la massima velocit angolare del pendolo;
d) la velocit lineare v della massa del pendolo per uno spostamento
A lungo larco pari a met dellampiezza.
O
amax
vmax

Fig. 10.11 - Pendolo trattato nellEsempio 10.3.


226 CAPITOLO 10. VIBRAZIONI

SOLUZIONE
a) Il periodo T del pendolo misurato dal tempo impiegato a compiere 80 oscillazioni; noto il periodo,
con la 10-7, si risale alla lunghezza l del pendolo.
tempo totale 200 s
T= = = 2,5 s
numero oscillazioni 80

l T 2g (2,5 s)2 9,81 m/s 2


T = 2 l = = = 1,55 m
g 4 2 4 2

b) Dopo aver convertito in radianti langolo (Paragrafo 1.12), si calcolano prima la velocit angolare
(10-3) e lampiezza A delloscillazione (8-10); in questultima equazione il raggio r corrisponde
alla lunghezza l del pendolo. Quindi, con la 10-2, si calcolano velocit e accelerazione della massa del
pendolo: la velocit massima nel punto intermedio O (x = 0); laccelerazione massima nelle due
posizioni estreme quando lo spostamento x lungo larco massimo in corrispondenza dellampiezza
dellarco OA .
2 2
= 4 = 0,07 rad = = = 2,51 rad/s
180 T 2,5 s
s OA
= = A = OA = l = 1,55 m 0,07 rad = 0,1085 m
r l

vmax = A2 x 2 = A = 2,51 rad/s 0,1085 m = 0,272 m/s

amax = 2 A = (2,51 rad/s)2 0,1085 m = 0,684 m/s2

c) La velocit angolare del pendolo la velocit lineare della massa del pendolo divisa per la lunghezza
l del pendolo (8-13); il valore massimo viene perci raggiunto in corrispondenza della velocit mas-
sima vmax.
v 0,272 m/s
Velocit angolare massima = max = = 0,175 rad/s
l 1,55 m

d) Per uno spostamento lungo larco pari a met dellampiezza, cio a 2 dalla posizione intermedia O,
la velocit lineare massima vmax della massa del pendolo data dalla 10-2:
A 0,1085 m
x= = = 0,054 m
2 2

vmax = A2 x 2 = 2,51 rad/s (0,1085 m)2 (0,054 m )2 = 0,236 m/s

10. 5 RISONANZA
Il termine vibrazioni naturali (o libere) viene usato per descrivere le vibrazioni di un corpo
quando esso oscilla sotto lazione della propria forza di richiamo, sia questa di origine elastica
oppure dovuta alla gravit, senza lintervento di alcuna forza esterna. Le equazioni utilizzate fino
ad ora per il pendolo semplice e il sistema molla-massa si riferiscono appunto a vibrazioni libere
per cui si calcolata la frequenza naturale di vibrazione. Il termine vibrazioni forzate viene
invece utilizzato allorch viene applicato al sistema oscillante una forza esterna periodica
oppure intermittente. Se si vuole ottenere unampiezza notevole delle oscillazioni di unaltalena,
occorre spingere il bambino, che vi seduto, in modo regolare e ripetitivo facendo s che la fre-
10.5. RISONANZA 227

quenza delle spinte sia pari alla


frequenza naturale dellaltalena.
questo un esempio di vibrazioni
A
forzate in cui la forza esterna
4 applicata ha una frequenza vicina
Ampiezza relativa
a quella della frequenza naturale
3
del sistema. Risonanza appunto
B la condizione per cui coincidendo
2
la frequenza della forza esterna
1 C applicata con la frequenza natu-
rale (o frequenza critica) del si-
0
stema si verifica unampiezza
1 2 3 4 5 delle oscillazioni estremamente
Frequenza della forza esterna applicata elevata, tendente ad infinito nel
caso teorico di assenza completa
di smorzamento (Figura 10.12).
Fig. 10.12 - Ampiezza delle vibrazioni in funzione della fre- Queste vibrazioni vengono tutta-
quenza della forza esterna applicata espressa come multiplo via smorzate dagli attriti sempre
della frequenza naturale del sistema: 1 la frequenza naturale presenti nei sistemi reali; in molte
del sistema. La curva A la curva teorica di risonanza in assenza applicazioni lo smorzamento delle
completa di smorzamento, mentre le curve B e C corrispondono
a due condizioni di smorzamento: pi debole per B e pi elevato
vibrazioni viene ottenuto facendo
per C. ricorso ad apparecchiature speci-
fiche (Figura 10.13).

a
Olio

Ammortizzatore

Foro

Molla a
balestra Pistone

Fig. 10.13 - Schema semplificato di un ammortizzatore di una vettura. Il pistone situato in un serbatoio pieno
dolio; allorch il pistone si muove reagendo ad una gobba della strada, lolio che passa attraverso i fori genera
delle forze viscose che smorzano le oscillazioni.
228 CAPITOLO 10. VIBRAZIONI

Esempio 10.4 Risonanza da sporgenze trasversali su una strada


Una pista di collaudo presenta delle ondulazioni trasversali disposte ogni 2 m. A quale velocit v si mani-
festeranno gli effetti della risonanza in un carrello le cui sospensioni elastiche presentano una deforma-
zione statica x = 150 mm?

2m

Fig. 10.14 - Risonanza sulle molle di un carrello dellEsempio 10.4.

SOLUZIONE
La frequenza fforzante = v/(2 m) con cui il carrello incontra le ondulazioni, data dal rapporto tra
la velocit v e la distanza di 2 m tra due on du lazioni successive, rappresenta la frequenza
forzante generata dalla forza esterna periodica. La risonanza si verifica quando tale frequenza uguaglia
la frequenza naturale (o critica) f naturale = (1/2 ) k /m , espressa dalla 10-5. A carrello fermo, la de-
formazione elastica x delle molle della sospensione sotto il peso del carrello mg vale, per la 10-4,
F = mg = kx, essendo m la massa del carrello, g laccelerazione di gravit e k la costante elastica delle
molle. La costante elastica risulta perci in valore assoluto k = (mg)/x. Si sostituisce questa espressione
di k nella formula della frequenza naturale e si impongono le condizioni di risonanza uguagliando le due
frequenze: forzante e naturale; risolvendo, si ottiene la velocit v a cui si manifesta la risonanza del
sistema.
1 k 1 (mg )/x 1 9,81 m/s2
f naturale = = = = 1,29 Hz
2 m 2 m 2 0,15 m

v
f forzante = f naturale = 1,29 Hz v = 1,29 Hz 2 m = 2,58 m/s
2m

10. 6 SOMMARIO
I parametri principali di un moto periodico sono:
il periodo T [s]: tempo che passa tra una ripetizione del moto e quella successiva;
la frequenza f = 1/T: numero delle oscillazioni complete compiute nel tempo; si misura in
hertz [Hz = 1/s = s 1].
lampiezza A: spostamento massimo della oscillazione completa dalla posizione iniziale di
quiete.
Proiettando il moto circolare di un punto P, che percorre con velocit angolare uniforme una
circonferenza, sul diametro del cerchio, si ottiene il moto armonico semplice del punto X. La
distanza massima r a cui arriva X nel suo movimento da una parte e dallaltra del punto fisso
O lungo lasse x lampiezza A del moto; la distanza totale 2r la corsa. Langolo , di cui ruota
il raggio del cerchio nel tempo t, lo spostamento x, la velocit v e laccelerazione a nel moto
ESERCIZI PROPOSTI 229

armonico semplice valgono: = t, x = A cos t, v = ( A2 x 2 ), a = 2x. Il periodo


T del moto armonico semplice il tempo necessario perch X completi unoscillazione
T = (2)/ , mentre la frequenza vale f = /(2).
Nel sistema massa-molla, la forza di richiamo F risulta proporzionale allo spostamento x della
molla dalla posizione di riposo: F = kx, dove k [N/m] la costante di elasticit o rigidezza della
molla. Il movimento della massa attaccata alla molla un moto armonico semplice di frequenza
f = (1/ 2 ) k /m e periodo T = 2 m /k . Un pendolo semplice consiste in una massa m
sospesa ad un supporto rigido per mezzo di un filo di lunghezza l; nel caso di angoli piccoli il
periodo T costante e vale T = 2 l /g .
Le vibrazioni naturali (o libere) sono le vibrazioni di un corpo che oscilla sotto lazione della
propria forza di richiamo, senza lintervento di alcuna forza esterna. Le vibrazioni forzate
sono quelle generate allorch viene applicato al sistema oscillante una forza esterna periodica
oppure intermittente. Risonanza la condizione per cui coincidendo la frequenza della forza
esterna applicata con la frequenza naturale (o frequenza critica) del sistema si verifica unam-
piezza delle oscillazioni estremamente elevata, a meno che queste non vengano smorzate.

Esercizi proposti Con il contributo del prof. L. Leonessa

10.1 Determinare il periodo T e lintensit v della 10.6 Una piattaforma la cui massa di 5 kg, poggia
velocit di un moto armonico di un punto che presenta su quattro molle, di rigidit uguale e pari a 25 kN/m.
unaccelerazione di 10 m/s2 in corrispondenza della posi- Calcolare la frequenza f di oscillazione del sistema piat-
zione x = 70 mm. Lampiezza del moto 100 mm. taforma-molle.
f = 22,5 Hz
v = 0,85 m/s; T = 0,53 s
10.7 Una massa di 12 kg appesa allestremit di un
10.2 Calcolare lampiezza A, il periodo T e la fre- cavetto metallico che, sotto lazione del peso della massa,
quenza f di un moto armonico conoscendo le velocit si allunga di 1,6 mm. Se tale massa viene sostituita con
v1 = 4 m/s e v2 = 2,8 m/s in corrispondenza delle posizioni unaltra di 16 kg, quale sar la nuova frequenza f di oscil-
x1 = 0,4 m e x2 = 0,64 m. lazione?
f = 10,79 Hz
A = 0,81 m; T = 1,1 s; f = 0,91 Hz
10.8 Una massa di 8 kg, scorrevole senza attrito su
10.3 La frequenza di un moto armonico di 20 Hz; un piano inclinato di 24, trattenuta (Figura 10.15) da
la sua velocit, nella posizione x = 28 mm, v = 0,4 vmax. una molla di rigidit pari a 360 N/m. Determinare la fre-
Calcolare lampiezza A del moto e laccelerazione mas- quenza f di oscillazione libera.
sima amax. f = 1,07 Hz
A = 0,03 m; amax = 482,4 m/s2

10.4 Calcolare il periodo T e scrivere lequazione


degli spostamenti in funzione del tempo t, del moto oscil-
latorio di una massa di 8 kg che si muove su un piano
orizzontale, eccitata da una molla di rigidit k = 100 N/m, k
sapendo che lampiezza del moto 0,16 m.
T = 1,78 s; x = 0,16 m cos (3,53 rad/s) t
m

10.5 Una molla disposta verticalmente si allunga di


13 mm per effetto di un carico appeso alla sua estremit = 24
inferiore. Calcolare la frequenza f con cui oscilla il si-
stema quando il carico viene tirato verso il basso e poi
rilasciato. Fig. 10.15 - Massa su un piano inclinato dellEsercizio 10.8.
f = 4,37 Hz
230 CAPITOLO 10. VIBRAZIONI

10.9 Un accelerometro, costituito da una massa e da dovr essere la correzione l da apportare alla lunghezza
una molla, viene installato allinterno di un missile in dellasta se, conservando la frequenza di 1 Hz, si vuole
modo che lunico grado di libert della massa sia alli- trasferire lorologio a Belluno dove laccelerazione di
neato con lasse longitudinale del missile. La frequenza di gravit risulta gBL = 9,806 m/s2?
oscillazione dellaccelerometro 36 Hz; calcolare la l = + 0,05 mm
deflessione x della molla quando il missile soggetto
alla accelerazione di 10g (dieci volte laccelerazione di 10.14 Un densimetro costituito da un cilindro gra-
gravit). duato immerso nel liquido di cui si vuole conoscere la
x = 1,92 mm
massa volumica, zavorrato nella sua parte inferiore in
modo da mantenere sempre la posizione verticale. Il den-
10.10 La valvola di un impianto di circolazione ha simetro dellesercizio ha una massa di 125 g ed un dia-
incorporata una massa di 5 kg trattenuta in posizione metro di 16 mm; esso galleggia ed fermo in un liquido
intermedia da una molla. Il movimento della parte mobile la cui massa volumica di 960 kg/m3 quando viene leg-
della valvola richiede che salita e discesa avvengano con germente premuto verso il basso di una generica quota z
legge armonica di periodo T = 0,16 s e che lescursione e quindi rilasciato. Scrivere lequazione della spinta F in
massima sia di 14 mm pari al doppio dellampiezza A. funzione della quota z e della sezione A del densimetro.
Calcolare la rigidit k e la massima forza Fmax esercitata Stabilire lanalogia tra la spinta del liquido e la reazione
dalla molla. della molla in modo da poter ricavare la costante k della
k = 7,71 kN/m; Fmax = 53,97 N
molla. Determinare infine la frequenza f del moto oscil-
latorio originato dallaffondamento del densimetro.
10.11 Un pendolo costituito da una massa appesa
ad un filo lungo 0,4 m e privo di massa propria. Determi- F = gAz = kz; k = 1,894 N/m; f = 0,62 Hz
nare il periodo T delle sue piccole oscillazioni.
T = 1,27 s 10.15 Una prova di coraggio in uso presso alcune
trib primitive dellOceania consiste nel lanciarsi nel
10.12 Quale lunghezza l deve avere lasta di un pen- vuoto legati alle caviglie per mezzo di liane. Tale prova,
dolo semplice affinch il suo periodo sia di 1 s? ripresa in senso sportivo, consiste nel lanciarsi, legati per
le caviglie con una fune di nylon. Calcolare il periodo T
l = 248,49 mm delloscillazione che si instaura al momento dello strappo,
nota la lunghezza iniziale di 25 m della fune e lulteriore
10.13 Un orologio a pendolo spacca il secondo allungamento elastico di 15 m dovuto allo strappo.
(ha cio una frequenza f = 1 Hz) a Palermo dove lacce-
T = 3,36 s
lerazione di gravit rilevata gPA = 9,804 m/s2. Quale
Capitolo 11
RESISTENZE
PASSIVE

11. 1 ATTRITO RADENTE

Fig. 11.1 - a) Linvenzione della ruota ha segnato


una svolta fondamentale nellevoluzione del pro-
gresso tecnologico. Il faraone Tutankhamen sul carro
a caccia di leoni.
b) Lattrito sempre stato un ostacolo agli sposta-
menti. Antico Egitto: monumento trainato su slitta.

Con il contributo del prof. L. Leonessa


232 CAPITOLO 11. RESISTENZE PASSIVE

Fig. 11.1-c - La tecnologia moderna offre numerosi esempi di cuscinetti a rotolamento: turboreattore Pratt &
Witney JT9D-734.

Si consideri un oggetto, per esempio un telefono


(Figura 11.2-a), posto su un piano orizzontale; si
N cerchi di spostarlo esercitando una leggera forza
di trazione T attraverso il suo cavo. Il corpo non
si muove in quanto la forza T contrastata dalla
Fr forza di attrito Fr , che nasce sulla superficie di
contatto tra loggetto ed il piano dappoggio.
Aumentando lintensit della forza T, anche Fr
aumenta fino ad un valore, definito forza di attrito
limite, raggiunto il quale loggetto comincia a
T strisciare. Successivamente, a contrastare lo spo-
stamento del corpo, ormai in movimento, inter-
viene una forza di attrito cinetico, di intensit
inferiore a quella dellattrito limite.
mg Nellattrito radente tra due superfici a contatto,
secche (cio non unte) e pulite, si osservano i
seguenti fatti sperimentali:
Fig. 11.2-a - Il peso del telefono mg equilibrato dalla reazione N Se si applica una forza per far scivolare un
normale (cio perpendicolare) al piano orizzontale. Allorch si
applica la forza T per spostare il telefono, nasce la forza di attrito
corpo su un altro, la forza di attrito che si
Fr tangente al piano orizzontale. genera tangente alle superfici a contatto ed
esattamente sufficiente ad equilibrare la forza
applicata.
Vi un limite al di l del quale la forza di attrito non pu pi aumentare. Quando questo limite
viene raggiunto, il corpo sul punto di iniziare a strisciare, mentre la forza di attrito corri-
spondente viene chiamata forza di attrito limite.
La forza di attrito limite proporzionale alla forza normale che tiene premute insieme le due
superfici ed indipendente dallarea di contatto.
11.1. ATTRITO RADENTE 233

b Fr

R
N
R

Moto

Fr

c ersi
T
m uov
t o di
pun
Sul

mg sen
mg sen
Fr N

mg

mg cos
mg

mg cos

Fig. 11.2 - b) Aumentando lintensit della forza T, il corpo arriva sul punto di muoversi. A questa situazione
corrisponde il coefficiente di attrito limite , costante di proporzionalit tra forza di attrito Fr e reazione nor-
male N: Fr = N. Il coefficiente di attrito limite uguale alla tangente dellangolo di attrito rapporto tra la
F
forza di attrito Fr e la reazione normale N: = tan = r . La reazione totale R fa equilibrio alle due forze:
N
Fr ed N. R agisce secondo langolo rispetto ad N solo nel caso di attrito limite; se R si trova allinterno del-
langolo di attrito , la forza di attrito inferiore al valore limite e il corpo non pu iniziare a scivolare.
c) la rappresentazione delle forze che agiscono sul corpo che si trova su un piano inclinato quando il corpo
sul punto di muoversi, la forza di attrito raggiunge cio il suo valore limite. Si ha: N = mg cos e
T = Fr + mg sen , mentre ancora Fr = N, dove il coefficiente di attrito limite.

Il rapporto tra la forza di attrito limite Fr e la reazione normale N una costante, il coefficiente
di attrito limite , che dipende soltanto dalla natura delle due superfici a contatto:

Forza dattrito limite F


= r = Fr = N 11-1
Reazione normale N
234 CAPITOLO 11. RESISTENZE PASSIVE

Essendo la reazione normale e la forza dattrito sempre perpendicolari tra loro, il coefficiente
di attrito limite anche la tangente dellangolo dattrito (Figura 11.2-b):

= tan 11-2

Una volta superata la forza di attrito limite, il corpo striscia incontrando la forza di attrito cine-
tico orientata in senso opposto al moto. Questa forza di attrito ancora rappresentata da una
equazione analoga alla 11-1: Fr = cN, dove c il coefficiente di attrito cinetico. Esso
approssimativamente indipendente dalla velocit di strisciamento ed inferiore al coefficiente
di attrito limite . La dissipazione di energia provocata dallattrito secco pu essere drastica-
mente ridotta evitando il contatto diretto delle superfici. Interponendo infatti tra due superfici
un sottile strato (film) di liquido, si viene a sostituire al contatto tra due superfici asciutte lo scor-
rimento allinterno del film di liquido. Anche senza arrivare ad una lubrificazione spinta quale
pu essere realizzata con lubrificanti specifici tra due superfici metalliche, si constata una
sostanziale riduzione del coefficiente di attrito al passare da superfici secche a superfici bagnate
e quindi a superfici unte. Come esempio si riportano i seguenti valori indicativi dei coefficienti
di attrito:

Coefficiente di attrito
Natura dei corpi a contatto Stato delle superfici
Limite Cinetico c
Metallo/metallo Secche 0,50 0,15
Bagnate 0,30 0,10
Unte 0,15 0,05
Gomma/metallo Secche 0,80 0,50

Esempio 11.1 Massima velocit di una vettura in curva


Una vettura percorre una curva di raggio r = 975 m, sopraelevata di 25. Il coefficiente di attrito limite
tra pneumatici e strada vale = 0,7. Calcolare la massima velocit v della vettura affinch non si veri-
fichi slittamento.

a b c
le
r ma
No

(mv2/r) (mv2/r)
e
nt
lta
su

25+
Ri

(mv2)/r 25+ mg mg
25+ R

R
25
25
mg

Fig. 11.3 - Vettura in curva dellEsempio 11.1.


11.3. RESISTENZA DEL MEZZO 235

SOLUZIONE
La situazione analoga a quella dellEsempio 9.14, a cui si aggiunge la presenza dellattrito che fa s che
la reazione totale R della strada sulla vettura agisca secondo un angolo rispetto alla normale, dove
tan = = 0,7 (11-2). Con tan = 0,7, langolo vale = arctan 0,7 = 35. La reazione R in equilibrio
con la forza di inerzia (mv2)/r (principio di dAlembert del Paragrafo 9.1.1) e il peso mg della vettura
(Figura 11.3). Le tre forze passano tutte per un punto (il baricentro della vettura) e quindi lequilibrio si
trova con il triangolo delle forze; trovata infatti la risultante di (mv2)/r ed mg con la regola del paralle-
logramma, la reazione diretta nel verso opposto alla risultante. Nel triangolo delle forze la tangente del-
langolo (25 + ) uguale (Tabella IV di copertina) al rapporto tra il cateto opposto allangolo (mv2)/r
e il cateto adiacente mg.
(m v2 )/r v2
tan (25 + ) = tan (25 + 35) = tan 60 =
mg gr
v= (tan 60) gr = 1,73 9,81 m/s2 975 m = 128,6 m/s

11. 2 ATTRITO VOLVENTE


Un cilindro perfettamente rigido che rotola senza strisciare su un piano altrettanto rigido, non
incontra nessuna resistenza di attrito radente. Poich tuttavia non esistono corpi perfettamente
rigidi, la reazione normale tra le superfici a contatto determina la deformazione delle stesse, e
lavanzamento del cilindro comporta la spesa di un progressivo lavoro di deformazione funzione
della resistenza al rotolamento Fr . Per i movimenti delle macchine, a parit di reazioni normali,
lattrito volvente presenta valori di resistenza allavanzamento molto pi bassi di quelli offerti
dallattrito radente. I movimenti vengono realizzati con linterposizione di cuscinetti a sfere o
rulli; essi richiedono una modesta lubrificazione, destinata perlopi a proteggere il materiale
dalla corrosione ed a facilitare occasionali slittamenti dellelemento rotolante sulla propria sede
(ralla) quando il carico diventa importante. Tenuto conto della concomitante azione del lavoro
di deformazione e della resistenza in ambiente viscoso offerta dalla presenza del lubrificante,
la resistenza al rotolamento pu considerarsi in prima approssimazione ancora proporzionale alla
reazione normale N, ma con valori del coefficiente dattrito volvente o di rotolamento r deci-
samente ridotti rispetto a quelli dellattrito radente; mediamente si ha:
0,001 ruota su rotaia;
0,006 0,009 pneumatico su buona superficie asfaltata;
0,15 pneumatico su fondo naturale non buono.
Nel campo del trasporto su ruota o su rotaia, si usa abitualmente la resistenza specifica al moto
spec [N/Mg], parametro che consente di valutare con immediatezza la resistenza in newton
incontrata nel moto per ogni tonnellata [Mg] di massa del veicolo (o del convoglio nel caso
di treni):
Resistenza al moto F [N]
spec = = r 11-1
massa m [Mg]

11. 3 RESISTENZA DEL MEZZO


Un corpo che si muove in un fluido incontra una resistenza del mezzo allavanzamento Fa
legata a:
la forma del corpo ( la cosiddetta forma aerodinamica degli aerei e delle macchine veloci);
la rugosit superficiale del corpo (una superficie liscia offre minore resistenza di una super-
ficie scabra);
236 CAPITOLO 11. RESISTENZE PASSIVE

la massa volumica del fluido;


larea dingombro frontale A, cio la proiezione della sagoma del corpo su un piano perpen-
dicolare alla direzione della velocit;
il quadrato della velocit relativa v tra fluido e corpo.
Lespressione della resistenza allavanzamento del mezzo Fa [N] data da:

1
Fa = C x Av2 11-3
2

con (1/2) v 2 termine cinetico e Cx coefficiente di resistenza aerodinamica o di forma. Il coef-


ficiente di resistenza un puro numero, cio non ha dimensioni e dipende prevalentemente dalla
forma; in campo automobilistico si ha mediamente: 0,27 0,4 per le autovetture; 0,45 0,85
per gli autocarri; 0,35 0,6 per gli autobus. Lincidenza dei parametri ambientali, per esempio
la circostanza di muoversi in aria calda piuttosto che fredda, o in acqua o in olio, lordine di gran-
dezza della velocit o delle dimensioni del corpo, determinano la variazione del coefficiente di
resistenza Cx secondo un altro numero puro: il numero di Reynolds che verr pi ampiamente
illustrato nel Capitolo 14.

11. 4 FORZA MOTRICE


Nel suo movimento un veicolo deve vincere delle forze resistenti [N] che ne ostacolano la mar-
cia (Figura 11.4). Le cause principali che concorrono a generare tali forze sono legate a:
resistenza al rotolamento, dovuta alla deformazione dei11.1 pneumatici: Fr = rN = rmgcos ;
ovvero, utilizzando la resistenza specifica al moto (11-1 ): Fr = spec m;
resistenza dellaria (11-3): Fa = (1/2) Cx Av 2;
pendenza del percorso nel caso di strada non piana; la forza che si oppone allavanzamento
la componente della forza peso in direzione del moto: Fp = mgsen .

La resistenza totale da vincere la somma delle


Fa
singole componenti; essa dovr essere bilanciata
dalla forza motrice Fm:
Fp =
mg s
en

1/2 F Fm = Ftot = Fr + Fa + Fp 11-4


r

1/2 F La forza motrice viene esercitata dal pneumatico


os

r
sulla strada; essa una forza di attrito radente sta-
mg c

tico e come tale non pu superare la forza motrice


massima che, in funzione del peso della vettura
(11-1), garantisce laderenza delle ruote al terreno.
mg

Se dal motore dovesse arrivare alle ruote una forza


motrice maggiore di quella massima cos definita,
Fig. 11.4 - Forze resistenti e forza motrice. le ruote slitterebbero invece di trainare la vettura.
La stessa forza motrice massima pu essere valu-

11.1 - Le regole grammaticali impongono regole sono sempre pi frequentemente vole pronuncia fonetica (vedi anche:
luso degli articoli lo e gli davanti sopraffatte dalluso degli articoli il e Gabrielli, Dizionario della lingua ita-
alle parole che iniziano con pn; tali i, uso favorito anche da una pi scorre- liana, edizioni Signorelli 1993, pag. 2250).
11.5. SOMMARIO 237

tata solo in via approssimativa, poich la forza peso che la condiziona si distribuisce sulle quat-
tro ruote in modo variabile durante la marcia, per effetto di accelerazioni e decelerazioni, sia late-
rali che longitudinali.

Esempio 11.2 Forza motrice massima


Una vettura a quattro ruote motrici di massa m = 1000 kg presenta un coefficiente di attrito limite = 0,65
tra la strada e le ruote; la resistenza specifica al rotolamento dei pneumatici spec = 160 N/Mg e la resi-
stenza aerodinamica Fa = 120 N. Calcolare la forza motrice massima possibile Fmax e la corrispondente
accelerazione a quando procede su una strada in salita inclinata di 10.

SOLUZIONE
La forza motrice massima funzione del coefficiente di attrito limite e della componente della forza
peso normale al piano stradale secondo la 11-1 (Figura 11.4).

Fmax = mgcos = 0,65 1000 kg 9,81 m/s2 cos 10 = 6280 N

nota la resistenza Fa allaria; quella al rotolamento Fr si ricava dalla resistenza specifica al moto
(11-1); quella dovuta alla pendenza Fp la componente della forza peso in direzione del moto. La forza
resistente totale Ftot si ricava dalla 11-4.
Fr = specm = 1000 kg 0,16 N/kg = 160 N
Fp = mgsen = 1000 kg 9,81 m/s2 sen 10 = 1703 N
Ftot = Fr + Fa + Fp = 160 N + 120 N + 1703 N = 1983 N

La massima forza motrice possibile supera la forza resistente totale; laccelerazione corrispondente si cal-
cola con la 9-2:

Fmax Ftot 6280 N 1983 N


Fmax Ftot = ma a= = = 4,3 m/s 2
m 1000 kg

11. 5 SOMMARIO
La forza dattrito ha direzione e verso tali da opporsi al moto relativo tra due corpi; essa
dipende dalla natura fisica e dallo stato superficiale dei corpi a contatto nonch dalla reazione
normale; essa non dipende invece dallestensione delle superfici a contatto. Il parametro che rias-
sume le condizioni fisiche e lo stato superficiale dei corpi che si toccano viene definito coeffi-
ciente dattrito ; esso pu essere espresso come tangente di un angolo detto angolo dattrito.
Un corpo che rotola su un altro corpo senza strisciare incontra una resistenza dattrito volvente,
funzione di un coefficiente dattrito e della reazione normale. La forza dattrito volvente, a parit
di altre condizioni, notevolmente inferiore a quella di attrito radente.
Un corpo che si muove in un fluido incontra una resistenza al moto che dipende dalla sua forma,
dalla superficie frontale dingombro, dalla densit del fluido e dal quadrato della velocit rela-
tiva al fluido. Il coefficiente Cx, che tiene conto della forma e dello stato superficiale del corpo
a sua volta controllato da un altro puro numero, il numero di Reynolds.
238 CAPITOLO 11. RESISTENZE PASSIVE

Esercizi proposti
11.1 Il frigorifero di Figura 11.5 ha una massa di 11.3 Un corpo di massa 1400 kg giace su un piano
70 kg; il coefficiente di attrito limite con il pavimento inclinato di 60 sullorizzontale (Figura 11.7-a). Noto il
= 0,28. Calcolare lintensit della forza F necessaria a coefficiente di attrito limite = 0,5, calcolare la forza Ta
spostarlo e stabilire se tale forza, applicata allaltezza parallela al piano da applicare al corpo per non farlo
h = 1,5 m, ne pu determinare il ribaltamento; la base del slittare. La forza applicata Ta e la forza di attrito Fra si
frigorifero 2b = 0,7 m. oppongono alla discesa e fanno equilibrio alla compo-
nente del peso mgx; poich il corpo deve restare fermo, il
F = 192,28 N; s, questa forza ribalta il frigorifero coefficiente da applicare quello dattrito limite.
Ta = 8460 N

F
Tb
Ta x x

Fra Frb
y mgy y mgy
h

mgx mg mgx mg

A B
b b

Fig. 11.5 - Frigorifero dellEsercizio 11.1.


Fig. 11.7 - Attrito sul piano inclinato degli Esercizi 11.3, 11.4 e 11.5.

11.2 Un corpo di massa 15 kg appoggiato su un


piano inclinato di 22 (Figura 11.6); il coefficiente dattrito 11.4 Un corpo di massa 1400 kg giace su un piano
limite tra il corpo ed il piano = 0,2. Stabilire se la forza inclinato di 60 sullorizzontale (Figura 11.7- b). Noto il
dattrito limite Fr in grado di opporsi alla componente coefficiente di attrito cinetico c = 0,42, calcolare la forza
mgx della forza peso impedendo al corpo di scivolare Tb parallela al piano necessaria a trascinarlo in salita con
sul piano. Se invece il corpo scivola, quale ulteriore forza velocit costante. Poich il corpo si muove, il coeffi-
N occorre applicare normalmente al piano affinch non ciente da applicare quello di attrito cinetico. La forza Frb
vi sia slittamento? si oppone alla salita assieme alla componente mgx della
forza peso.
Fr = 27,29 N; mgx = 55,12 N; Tb = 14.778 N
Fr < mgx: il corpo scivola; N = 139,2 N
11.5 Per trascinare un corpo di massa pari a 500 kg
su un piano orizzontale richiesta una forza di 850 N.
N
Calcolare la forza Ta richiesta per trascinarlo in salita su
y
un piano inclinato di 35 (Figura 11.7-b) nonch la forza
x
frenante Tb da applicare perch scivoli in basso con velo-
mgx cit costante (Figura 11.7-a).
Fr
Ta = 3508 N; Tb = 2118 N
mgy

= 22 11.6 Una scatola appoggiata su un piano incli-


mg nato di 30. Determinare il minimo valore del coeffi-
ciente di attrito limite affinch non vi sia slittamento.
Fig. 11.6 - Attrito sul piano inclinato dellEsercizio 11.2. = 0,554
ESERCIZI PROPOSTI 239

11.7 Il coefficiente di attrito limite tra i due cassoni 11.11 Valutare il coefficiente dattrito volvente r che
di uguale peso (Figura 11.8) e tra il cassone inferiore ed compete ai rulli di un cuscinetto che, disposti lungo una
il piano = 0,32. Determinare il massimo valore del- circonferenza del diametro di 80 mm, generano, sotto
langolo per il quale non vi sia slittamento del cassone un carico di 4000 N, una coppia dattrito di 0,256 Nm.
inferiore.
= 43,83 r = 0,0016

11.12 Valutare la resistenza specifica al moto spec di


un autobus sapendo che il coefficiente dattrito volvente
tra pneumatici ed asfalto r = 0,008.

spec = 78,48 N/Mg

11.13 Una sfera di massa 15 kg e diametro 32 cm,


mgx
lasciata cadere da un elicottero, aumenta la sua velocit
mg fino a quando, uguagliandosi la forza di gravit con la
mgy resistenza aerodinamica, essa procede con velocit
Fr sup costante. Calcolare tale velocit v, noti il coefficiente di
mgx resistenza C x = 0,26 e la massa volumica dellaria
mg = 1,29 kg/m3.
mgy
v = 104,73 m/s
Fr inf

11.14 Un paracadutista di massa pari a 80 kg, prima


di far aprire il paracadute, vuole ridurre al minimo la
Fig. 11.8 - Attrito sul piano inclinato dellEsercizio 11.7.
velocit di caduta libera, offrendo alla resistenza dellaria
la massima superficie frontale A = 0,96 m 2 ottenuta
11.8 Un corpo viene trascinato in salita su un piano lasciando gonfiare la giacca a vento ed assumendo lat-
inclinato di 22 con una forza di 220 N parallela al piano. teggiamento cui corrisponde il peggior coefficiente di
Quando la forza viene ridotta a 80 N, il corpo scivola resistenza Cx = 0,92. Calcolare la velocit v raggiunta in
verso il basso con velocit costante; determinare i valori caduta libera ad una quota in corrispondenza della quale
della massa m e del coefficiente c di attrito cinetico. la massa volumica dellaria = 1,22 kg/m3.

m = 40,82 kg; c = 0,189 v = 38,17 m/s

11.9 Una vettura di massa pari a 1100 kg viaggia alla 11.15 Calcolare la potenza P richiesta ad un convo-
velocit di 35 m/s su una strada orizzontale; tra lasfalto glio ferroviario che procede su una salita inclinata di 0,4
ed i pneumatici sussistono i coefficienti di attrito limite sullorizzontale mentre viaggia alla velocit di 30 m/s.
= 0,54 e cinetico c = 0,48. Determinare lo sposta- Dati dellesercizio: massa del convoglio m = 450 Mg,
mento xa percorso nella fase di frenata nel caso che la resistenza specifica al moto spec = 16 N/Mg, coefficiente
stessa avvenga senza slittamento; determinare quale di resistenza Cx = 0,48, superficie frontale A = 16 m2,
sarebbe invece lo spostamento xb nel caso che le ruote massa volumica dellaria = 1,29 kg/m3. Calcolare pre-
restino bloccate. Le forze frenanti vengono determinate in liminarmente le forze che concorrono a determinare la
base ai coefficienti di attrito limite quando non vi slit- potenza e cio: la componente Fp della forza peso, la
tamento, cinetico quando vi slittamento. resistenza Fr che il convoglio incontra sui binari, la resi-
xa = 11,56 m; xb = 13 m stenza aerodinamica Fa.
Fp = 30,8 kN; Fr = 7,2 kN;
Fa = 4,46 kN; P = 1274 kW
11.10 Un convoglio ferroviario formato da una
motrice di massa pari a 28 Mg che traina 22 vagoni aventi
ciascuno 12 Mg di massa. Calcolare la forza resistente 11.16 Il coefficiente di attrito limite tra la barra ed il
di attrito volvente Fr tot di tutto il convoglio sapendo che pavimento = 0,3; non vi attrito tra la barra e la parete
il coefficiente dattrito volvente tra ruota e rotaia verticale (Figura 11.9 ); determinare il massimo valore di
r = 0,0012. per il quale non si avr slittamento.
Fr tot = 3437 N = 30,96
240 CAPITOLO 11. RESISTENZE PASSIVE

11.19 Una locomotiva diesel ha la massa di 40.000 kg;


il coefficiente di attrito limite tra ruote e binario 0,12.
A La locomotiva traina un convoglio di massa pari a
340.000 kg. Il coefficiente di attrito volvente 0,005.
Calcolare il massimo sforzo di trazione F che pu essere
esercitato dalla locomotiva e la corrispondente accelera-
zione iniziale a del convoglio.
l
F = 47,1 kN; a = 0,075 m/s2

11.20 Noto il coefficiente di attrito limite = 0,7 tra


B la strada e le ruote del veicolo della Figura 11.10, deter-
minare le massime accelerazioni: aanteriori quando sono
Fig. 11.9 - Barra appoggiata dellEsercizio 11.16.
motrici le ruote anteriori, aposteriori quando sono motrici le
ruote posteriori, aquattroruote quando le ruote sono tutte
motrici.
11.17 Un corpo di 4 kg di massa, giace su un piano
aanteriori = 2,77 m/s2;
orizzontale. Il coefficiente di attrito cinetico tra il corpo ed
aposteriori = 2,32 m/s2;
il piano 0,45. Dopo aver calcolato la forza Fr di attrito
aquattroruote = 6,87 m/s2
cinetico, determinare laccelerazione a che il corpo
acquista sotto la spinta di una forza orizzontale di 80 N.
Fr = 17,66 N; a = 15,59 m/s2

11.18 Un convoglio ferroviario di massa pari a


480.000 kg viene trainato da due locomotive su una salita G
inclinata di 0,7. Esso aumenta la sua velocit da 5 m/s a 0,65 m
15 m/s in 100 s; il coefficiente di attrito volvente
r = 0,0052; se una delle locomotive esercita una tra- 1,2 m 1,8 m
zione di 55 kN, determinare la trazione Fseconda esercitata
dalla seconda locomotiva. Fig. 11.10 - Veicolo dellEsercizio 11.20.
Fseconda = 75.000 N
Capitolo 12
TRASMISSIONE
MECCANICA
DELLA POTENZA

12. 1 RENDIMENTI
Tutte le macchine convertono energia da una forma ad unaltra; questo processo di conversione
inevitabilmente accompagnato dalla presenza di perdite; il rendimento il parametro che
indica quanto piccole sono queste perdite oppure quanto buona una macchina nel convertire
energia. Il rendimento di una macchina viene definito come rapporto tra il lavoro che esce dalla
macchina e il lavoro che viene immesso nella macchina in quel dato tempo. Essendo la potenza
uguale al lavoro compiuto nellunit di tempo, il rendimento pu essere espresso non solo come
rapporto di lavori ma anche come rapporto tra potenza uscente e potenza entrante nella macchina:

Lavoro uscente Potenza uscente


Rendimento = in un dato tempo = 12-1
Lavoro immesso Potenza immessa

Cos in un motore ad accensione comandata si immette una potenza generata dalla combustione
della benzina con laria aspirata dal motore ed esce una potenza che viene utilizzata per far muo-
vere lautomobile, mentre in una pompa il motore elettrico immette una data potenza che, assor-
bita dalla pompa, esce sotto forma di potenza idraulica utilizzata per mandare lacqua ad un ser-
batoio; in entrambi i casi la presenza delle perdite, inevitabili nella conversione dellenergia, fa
s che il rendimento sia sempre inferiore ad uno. Le macchine sono tuttavia complesse, consi-
stendo di numerosi elementi che presiedono alla conversione dellenergia; quindi opportuno
distinguere le varie sorgenti di perdite, definendo i rendimenti corrispondenti, in modo da
poter intervenire prima in sede di progetto e successivamente nelle prove fornendo quelle
indicazioni che consentono di migliorare la macchina. Il rendimento complessivo della macchina
uguale al prodotto dei rendimenti dei vari elementi che compongono la macchina; le stesse
considerazioni possono essere applicate ad un impianto (si vedano i Capitoli sulle macchine
idrauliche e sugli impianti termici).
Il rendimento meccanico m di una macchina il rapporto tra il lavoro utile Lu [J] fatto dalla
macchina e il lavoro Li [J] generato allinterno della macchina in un dato tempo. Ad esempio,
nel caso di un motore ad accensione comandata, il rendimento meccanico il rapporto tra il
lavoro prodotto dallalbero del motore e il lavoro interno (per un motore, si veda il Paragra-
fo 21.3, si preferisce parlare di lavoro indicato) generato dalla pressione del gas esercitata
durante la combustione sul pistone; la differenza tra lavoro interno Li e lavoro utile Lu dovuta
al lavoro Lattrito perso negli attriti fra gli accoppiamenti presenti negli organi (pistone-canna cilin-
dro, biella-manovella, ecc.) che trasmettono il lavoro raccolto dal pistone allalbero del motore:
Lu = Li Lattrito. Il rendimento meccanico, espresso come rapporto di lavori oppure come rapporto
tra potenza utile Pu [kW] e potenza interna Pi [kW], risulta allora: m = Lu /Li = Pu /Pi . Si pu valu-

Con il contributo del prof. L. Leonessa


242 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

a
Due teste fuse in ghisa

Iniettore
Alternatore collegato
allalbero motore con
trasmissione a cinghia

Gruppo
turbocompressore
Basamento in ghisa,
con canne cilindri
nitrurate ad alto tenore di
fosforo, sfilabili a secco
Stantuffi in lega leg-
gera di alluminio, tre
Bielle stampate anelli con galleria
in acciao ad alta anulare di raffredda-
resistenza mento, alimentata
attraverso ugelli nel
Albero basamento
distribuzione
Albero motore stampato in acciaio ad alta
resistenza e indurito con tempra a induzione

Pompa acqua comandata ad ingranaggi

Pompa olio ad ingranaggi


comandata dallalbero motore
Volano smorzatore al silicone

Ventola di raffreddamento con comando


tramite giunto viscostatico

b Gruppo ausiliario
pompa combustibile Ingranaggi del gruppo ausiliario

Albero portaelica

Ingranaggi del gruppo riduttore

Fig. 12.1 - Una parte del lavoro interno viene speso per azionare gli organi ausiliari, unaltra parte viene dissipata in attriti meccanici.
a) Motore Iveco 8460.41.
b) Turboelica Garret TPE 331 - Il lavoro interno della turbina in parte dissipato dagli attriti del gruppo riduttore, in parte speso
per alimentare il gruppo ausiliario della pompa combustibile. Il lavoro utile disponibile alla flangia dellalbero portaelica.
12.2. RUOTE DI FRIZIONE 243

tare il rendimento meccanico dellintera macchina nel suo complesso, ad esempio un motore o
un cambio di velocit, come pure i rendimenti dei vari elementi che compongono la macchina;
in tal caso il rendimento meccanico complessivo m uguale al prodotto dei rendimenti mec-
canici di ciascuno dei singoli elementi m1, m2, m3, ecc.: m = m1m2m3... Nelle macchine pi
complesse (Figura 12.1) e soprattutto negli impianti occorre spendere ancora del lavoro per la-
zionamento degli ausiliari necessari per il funzionamento dellintera macchina o dellimpianto:
si pensi alle diverse pompe di alimento, di estrazione della condensa, ecc. presenti in un
impianto motore a vapore (Capitolo 18) oppure alle pompe dellacqua e dellolio o alla ventola
di raffreddamento necessarie al funzionamento del motore a combustione interna (Capitolo 21)
che, anche se comandate direttamente dal motore, sottraggono lavoro utile. In tal caso si parla
di rendimento organico o, rendimento che tiene conto anche del lavoro speso negli accessori
Laccessori. Definito il lavoro passivo Lv = Lattrito + Laccessori, lavoro utile e rendimento organico,
espresso sia in funzione del lavoro che della potenza, risultano:

Lu L Lv Pu
Lu = Li Lv o = = i oppure o = 12-1
Li Li Pi

Nella maggior parte dei casi gli organi mobili delle macchine sono dotati di moto rotatorio, e
la potenza viene trasmessa da un albero ad un altro, ciascun albero porta calettati gli organi della
trasmissione che possono essere rigidi (ruote di frizione, ruote dentate) o flessibili (cinghie,
catene, cavi). Fattore comune a tutte le trasmissioni tra organi dotati di moto rotatorio il rap-
porto di trasmissione , tra la velocit angolare m della ruota motrice (o conduttrice) e
quella c della ruota condotta, oppure, per la costanza dei rispettivi fattori di conversione, tra
le corrispondenti velocit di rotazione n.
m n
= = m 12-2
c nc

12. 2 RUOTE DI FRIZIONE


Le ruote di frizione sono ruote caratterizzate da superfici con elevato coefficiente dattrito;
infatti la forza dattrito F a garantire il trascinamento della ruota condotta; tale forza richiede
lapplicazione di una adeguata reazione normale N tra le superfici a contatto, tanto maggiore
quanto minore il coefficiente dattrito (Figura 12.2). Laumento progressivo della reazione
normale, consentendo uno slittamento iniziale, rende lavviamento del moto dolce e senza
strappi fino al raggiungimento delle condizioni di regime. Il rendimento della coppia di ruote
non particolarmente elevato poich le consistenti reazioni normali richieste, scaricandosi sui
cuscinetti, comportano perdite per attrito non trascurabili. In assenza di slittamento, le velocit
periferiche delle ruote, nei loro punti di contatto, sono uguali; ne deriva che il rapporto di tra-
smissione uguale al reciproco del rapporto dei rispettivi raggi r o diametri d (8-13 e 12-2):

m r d
v = mrm = crc = = c = c 12-2
c rm dm

Esempio 12.1 Frizione


Un innesto a frizione costituito (Figura 12.2-c) da un anello piatto trascinato dallalbero motore e premuto
sulle due facce dagli elementi piani collegati allalbero condotto. Sono assegnati: il coefficiente dattrito
tra le superfici di frizione = 0,42, la pressione ammissibile sulla superficie del disco pamm = 0,02 N/mm2,
la potenza da trasmettere P = 60 kW alla velocit angolare = 300 rad/s. Calcolare la reazione normale
N che dovr essere generata dalla molla ed i raggi interno ri ed esterno re del disco centrale ad anello.
244 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

a b
N

F Linea di contatto

Linea di contatto

c d
A

Fig. 12.2 - Vari tipi di ruote di frizione.


a) Ruote cilindriche. Gli assi sono paralleli, le velocit angolari sono discordi. La forza periferica F funzione della reazione nor-
male N (11-1): F = N.
b) Le ruote coniche consentono la trasmissione del moto tra assi concorrenti.
c) Sezione trasversale di una frizione monodisco: A = cassa frizione (conduttore), B = disco frizione (condotto), C = spingidisco.
d) Negli innesti a frizione centrifughi, la reazione normale tra le superfici fornita dalla stessa forza centrifuga delle masse in
rotazione.
12.3. RUOTE DENTATE 245

SOLUZIONE
Il momento da trasmettere dato dalla 9-10.
P 60.000 W
P = M M = = = 200 N m
300 rad/s
Fissato arbitrariamente un raggio medio di 14 cm, si ricava con la 2-2 la forza F che ha generato il
momento.
M 200 N m
M = F r F r = = = 1430 N
r 0,14 m
Poich entrambe le facce del disco sono impegnate, ciascuna faccia dovr dare origine ad una forza peri-
ferica F = F /2 = 715 N che, nella ipotesi che la pressione sia uniformemente distribuita, richieder una
reazione normale N data dalla 11-2.
F 715 N
F = N N = = = 1702 N
0,42
Il disco pu sopportare una pressione pamm = 0,02 N/mm2, pari al rapporto tra la forza normale N e la
superficie anulare di contatto A (1-14); i raggi interno ri ed esterno re si ottengono dalla definizione di rag-
gio medio r, semisomma dei raggi interno ed esterno:
N N 1702 N
pamm = A= = = 85.100 mm 2 = 851 cm 2
A pamm 0,02 N/mm 2
1
r = (re + ri ) re + ri = 2r
2
A 851 cm 2
A = (re2 ri2 ) = (re ri )(re + ri ) = 2 (re ri ) r re ri = = = 9,67 cm
2 r 2 3,14 14 cm
re + ri = 2r = 28 cm
re = 18,84 cm ri = 9,16 cm
re ri = 9,67 cm

12. 3 RUOTE DENTATE


In un ingranaggio, una ruota trasmette allaltra il moto attraverso denti che vengono via via a
contatto. Con le ruote dentate (Figura 12.3) la trasmissione avviene per spinta dei denti della
ruota motrice su quelli della ruota condotta. Il profilo dei denti va disegnato in modo tale da assi-
curare un moto uniforme e lassenza di perdite di potenza dovute allattrito. In genere i fianchi
dei denti sono tracciati secondo un profilo ad evolvente di cerchio (Figura 12.4-a); la retta da-
zione della forza che si scambiano i denti inclinata dellangolo di pressione , in genere pari
a 20. Solo la componente della forza tangente alle circonferenze primitive, circonferenze con-
venzionali corrispondenti a quelle di ruote senza denti (analogamente alle ruote di frizione) che
rotolano senza strisciare, contribuisce alla trasmissione della spinta rotatoria, mentre la com-
ponente radiale si scarica sui supporti dellalbero.
Oltre che dal cerchio primitivo di diametro d, la geometria della ruota dentata caratterizzata
(Figura 12.4-b) dal cerchio di troncatura esterna (o di testa), dal cerchio di troncatura interna
(o di piede) e dal passo p, distanza tra due punti corrispondenti misurata sulla circonferenza pri-
mitiva. Una ruota dentata viene definita indicandone il numero di denti z ed i parametri fonda-
mentali del profilo: angolo di pressione e modulo m. Il modulo [mm] un parametro unifi-
cato di proporzionamento delle dentature, definito come rapporto tra diametro primitivo d e
numero dei denti z:
d
m= d = mz 12-3
z
246 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

a 2 b

d z1
n3 z1
=
n1 z3

c
z2

n3 = n4 z3

z4 n5 z4
=
n4 z5

z5

n5 z1 z4
= =
n1 z3 z5

Fig. 12.3 - Diversi tipi di ruote dentate (dal secondo volume di Disegno tecnico industriale di Emilio Chirone e Stefano Tornincasa,
edizioni Il Capitello, 1997).
a) 1 - ruote cilindriche con dentature diritte;
2 - ruote cilindriche con dentature elicoidali;
3 - ruote coniche.
b) Ruote cilindriche esterne a denti diritti ingrananti tra loro. In genere la ruota minore viene chiamata pignone o rocchetto.
c) Pignone accoppiato con una corona a dentatura interna.
d) Ruotismo o ingranaggio ( un insieme di pi ruote ingrananti tra loro) con numero di giri n di ciascun albero e numero di denti
z di ciascuna ruota. Nel primo gruppo la ruota intermedia 2 (ruota oziosa) inverte il verso di rotazione della terza ruota rendendolo
concorde con la prima. Il rapporto tra il numero di giri dellultimo e del primo albero uguale al prodotto dei rapporti dei due gruppi.
12.3. RUOTE DENTATE 247

a
Base
r Primitiva

T
Linea dazione

ha T

Primitiva
h hd
Base

b
b
te
en
ld
de
za
hez

ta
rg

s
Te
La

Circonferenza (di tro


ncatura) es
terna sta
Co
Addendum ha o
Passo p
anc
Fi
Altezza h Spessore Circon
fere
del dente s Vano v primi nza
Dedendum hd tiva
Circonfere
e
nza de ed
l gioc
Pi
o
Gioco g = ha hd
Circonfere
nza (di
Raccordo tronca
tura)
inter
na

Fig. 12.4 - a) Elementi geometrici nella trasmissione del moto: la retta passante per il punto di contatto fra le circonferenze pri-
mitive di raggio r ed inclinata dellangolo di pressione normale al profilo dei denti ma anche tangente in T alle circonferenze
di base su cui viene costruita levolvente che definisce il profilo dei denti (dal secondo volume di Disegno tecnico industriale di
Emilio Chirone e Stefano Tornincasa, edizioni Il Capitello, 1997; per la costruzione dellevolvente si rimanda al primo volume della
stessa opera). La distanza tra i centri delle due ruote linterasse I.
b) Parametri per il proporzionamento della ruota dentata di modulo m e numero di denti z:
passo p = m addendum ha = m lunghezza assiale = (8 12)m
diametro primitivo d = mz dedendum hd = 1,25m spessore e vano s = v = m/2
diametro esterno dest = d + 2m = (z + 2)m altezza del dente h = ha + hd = 2,25m gioco g = hd ha = 0,25m.
diametro interno dint = d 2,5m larghezza della ruota b = m

Due ruote, per poter ingranare tra loro, devono avere lo stesso passo e quindi lo stesso modulo.
Anche il passo una funzione del modulo:

p = lunghezza circonferenza primitiva = d = mz = m 12-4


numero denti z z

Visto frontalmente, il dente presenta dei fianchi curvi che hanno la caratteristica di garantire tra-
smissioni continue e rapporti di trasmissione costanti:
trasmissione continua significa che i denti, quando vengono a contatto tra loro, scivolano uno
sullaltro senza urti e senza abbandonare la presa prima che altre coppie di denti siano suben-
trate nellingranamento;
248 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

rapporto di trasmissione costante significa che, a velocit angolare costante m del pignone,
corrisponde una velocit angolare costante c anche per la ruota.
Dalla combinazione della 12-2 e della 12-3 risulta che il rapporto di trasmissione per le ruote
dentate anche funzione del numero di denti z di ciascuna ruota:

m d mz c z
= = c = = c 12-2
c dm mz m zm

Il progetto delle ruote dentate consiste nellassegnare un numero di denti adeguato a soddisfare
i rapporti di trasmissione richiesti e moduli che consentano ai denti di sostenere gli sforzi ai quali
sono soggetti. Le verifiche richieste per il dente sono a rottura per flessione ed allusura super-
ficiale. Nel caso di verifica a rottura il dente viene trattato come una trave incastrata ad un
estremo e caricata allaltro estremo dalla forza periferica applicata12.1. Presi Mt [Nmm] momento
torcente, z numero dei denti, il fattore che determina la larghezza b della ruota (b = m) e amm
[N/mm2] tensione ammissibile del materiale, il modulo m [mm] risulta12.2:

Mt
m = 2,22 3 12-5
z amm

12.1 - Lingranamento impegna contem- forza periferica allestremit di un solo 12.2 - Momento torcente Mt e numero di
poraneamente pi di due coppie di denti dente quindi molto pi severa di denti z devono riferirsi alla stessa ruota.
in punti diversi dalle loro estremit; quanto avviene effettivamente. Per la dimostrazione della formula 12-5
lipotesi di calcolo che applica tutta la si rimanda ai testi specializzati.

Esempio 12.2 Geometria di una ruota dentata


Occorre confezionare i contenitori per una partita di ruote dentate. Indicare le dimensioni interne, lato
dest (uguale al diametro esterno della ruota) ed altezza b, della scatola quadrata destinata a contenere una
ruota con 22 denti di modulo m = 4 mm e larghezza b pari a 10 moduli. Si calcoli anche il passo p che
servir per il collaudo delle ruote.

SOLUZIONE
Si calcola il diametro esterno dest secondo il proporzionamento indicato nella didascalia della Figura
12.4-b. Il passo p si calcola con la 12-4.
dest = (z + 2) m = (22 + 2) 4 mm = 96 mm
b = m = 10 4 mm = 40 mm
p = m = 3,14 4 mm = 12,566 mm

Esempio 12.3 Dimensionamento di una coppia di ruote dentate


Proporzionare una coppia di ruote dentate a denti diritti, in ghisa, atta a trasmettere la potenza P = 56 kW
alla velocit angolare = 224 rad/s del pignone e con rapporto di trasmissione = 2,5. Vengono asse-
gnati la tensione ammissibile amm = 40 N/mm2, il numero dei denti del pignone zm = 18 e il fattore = 10.
12.4. CINGHIE 249

SOLUZIONE
Dalla potenza P si ricava il momento torcente Mt del pignone con la 9-10 ed il modulo m con la 12-5.

P 56.000 W
P = M t Mt = = = 250 N m = 250.000 N mm
224 rad/s

Mt 250.000 N mm
m = 2,22 3 = 2,22 3 = 7,24 mm m = 7,5 mm
z amm 18 40 N/mm 2 10

Il modulo risultante m dal calcolo stato arrotondato alla dimensione unificata immediatamente superiore.
Il numero dei denti zc della ruota condotta si ricava dal rapporto di trasmissione (12-2); i diametri pri-
mitivi dm e dc si ottengono dalla 12-3; la larghezza b di entrambe le ruote si legge nella didascalia della
Figura 12.4-b.
z
= c zc = z m = 2,5 18 = 45
zm

dm = mzm = 7,5 mm 18 = 135 mm dc = mzc = 7,5 mm 45 = 337,5 mm

b = m = 10 7,5 mm = 75 mm

12. 4 CINGHIE
Alberi distanti tra loro possono essere collegati con linterposizione di organi flessibili detti cin-
ghie; le ruote che ospitano le cinghie sono dette pulegge. Lesempio pi semplice rappresen-
tato dalle cinghie piatte (Figura 12.5-a), costituite da una maglia in fibra naturale o sintetica di
elevata aderenza, affogata in una resina che la protegge dallusura e dagli aggressivi chimici pre-
senti in alcuni ambienti. Per evitare lo slittamento, alla cinghia viene applicata una tensione ini-
ziale che genera una pressione tra cinghia e puleggia; la pressione d luogo alla forza dattrito
che si trasmette dalla puleggia motrice alla cinghia e dalla cinghia alla puleggia condotta.
Durante il funzionamento la puleggia conduttrice (Figura 12.5-a) sovraccarica la tensione nel
tratto inferiore della cinghia al valore T e la scarica nel tratto superiore al valore t secondo la
relazione:
T = te 12-6

con e = 2,718 base dei logaritmi naturali, coefficiente dattrito tra cinghia e puleggia ed [rad]
angolo di avvolgimento che sottende la parte di cinghia a contatto della puleggia. Essendo pi
piccolo per la ruota di diametro minore, questultima che limita la forza periferica trasmissi-
bile. Con i valori correnti dei coefficienti dattrito e per un angolo di avvolgimento = (4/5)
risulta e 2 e quindi T = 2t. La forza periferica F, che viene trasmessa alla puleggia condotta,
la differenza tra le due tensioni: F = T t = 2t t = t. Per mettere in tensione le cinghie occorre
applicare ad uno dei due cuscinetti una forza Q pari a T + t = 3t = 3F, ma per prevenire slitta-
menti dovuti a variazioni del carico si preferisce porre Q = 4F.

Nelle cinghie a sezione trapezia (Figura 12.5-b) il contatto tra cinghia e puleggia avviene tra le
facce oblique della cinghia e le pareti anchesse oblique della gola ricavata nella puleggia; la rea-
zione normale R viene equilibrata dalle due componenti N = R/(2 sen ); per i valori correnti
di 20, la forza periferica risulta sensibilmente maggiore di quella ottenibile da una cinghia
piatta sottoposta alla stessa tensione.
250 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

a Puleggia condotta
Tratto condotto
Puleggia conduttrice
(o motrice) t

F
Q nm

d
m c

D
nc

Tratto conduttore
I

b c
2
R
R/2

N N= R
2sen

Fig. 12.5 - Trasmissione per cinghie.


a) Cinghie piatte con indicate le dimensioni caratteristiche della puleggia conduttrice (o motrice) e della puleggia condotta.
b) Cinghie trapezoidali: la puleggia fa equilibrio con due spinte N, normali alle pareti laterali della gola, alla componente radiale
R delle tensioni sulla cinghia.
c) Cinghie dentate.

Il rapporto di trasmissione per le cinghie assume la consueta forma della 12-2; si tratta per
di un rapporto approssimato perch la cinghia, passando dal ramo pi teso a quello meno teso
e viceversa, subisce variazioni nella propria lunghezza, e tali variazioni avvengono proprio nella
zona di contatto con la puleggia e di conseguenza la cinghia viagger con un piccolo ritardo
rispetto alla puleggia motrice mentre la puleggia condotta accuser analogo ritardo rispetto alla
cinghia. Per rapporti di trasmissione esatti si fa uso di cinghie dentate (Figura 12.5-c) che, causa
i denti, non possono scorrere.
Il progetto di una trasmissione per cinghie consiste nella determinazione della lunghezza L della
cinghia12.3, in funzione dei diametri D e d delle pulegge (Figura 12.5-a) e dellinterasse I, e nel
calcolo della larghezza b della cinghia nel caso delle cinghie piatte, o nella scelta della sezione

12.3 - Le cinghie vengono poste in commercio gi chiuse ad anello e con lunghezze standard.
12.5. BIELLA-MANOVELLA 251

nel caso delle cinghie trapezoidali e dentate. La formula per il calcolo della lunghezza L della
cinghia suggerita dalle norme UNI (tutte le grandezze sono espresse in mm):

( D d )2
L = 2 I + 1,57 ( D + d ) + 12-7
4I

Il calcolo della larghezza b o della scelta della sezione segue invece una procedura riportata sui
manuali specializzati, forniti dalle stesse ditte produttrici, ai quali si rimanda.

Esempio 12.4 Cinghie piatte


Si vuole trasmettere la potenza P = 6 kW tra due pulegge (Figura 12.5-a) di diametri d = 80 mm e
D = 125 mm; la puleggia minore, motrice, ruota con velocit angolare = 200 rad/s; linterasse I tra le
pulegge di 380 mm. Calcolare la lunghezza L della cinghia e la trazione Q da applicare ad uno dei due
cuscinetti per garantire una trasmissione senza slittamenti.

SOLUZIONE
La lunghezza L della cinghia si calcola con la 12-7.
( D + d )2
L = 2 I + 1,57 ( D + d ) +
4I
(125 mm 80 mm )2
L = 2 380 mm + 1,57 (125 mm + 80 mm ) + = 1083 mm
4 380 mm
Uno dei due cuscinetti deve consentire la possibilit di registrazione; si adatta quindi linterasse alla lun-
ghezza commerciale della cinghia (1080 mm da catalogo). La registrazione consente di mettere in ten-
sione la cinghia applicando al cuscinetto la forza Q = 4F (Paragrafo 12.4). La forza periferica F si ricava
dal momento motore (2-2) che a sua volta si ottiene con la 9-10.
P 6000 W
P = M M = = = 30 N m
200 rad/s
M 30 N m
M = Fr F = = = 75 N
r 0,4 m
Q = 4F = 4 75 N = 300 N

12. 5 BIELLA-MANOVELLA
La catena cinematica biella-manovella (Figura 12.6) consiste di una biella AB, di lunghezza l,
incernierata in B ad una manovella BC di lunghezza r; essa consente la trasformazione del moto
alternativo (o alterno) del piede di biella A nel moto rotatorio della manovella e quindi del-
lalbero; il punto B detto bottone di manovella. Quando l 6r (vedere Esempio 10.1), il moto
del piede di biella pu confondersi col moto del punto H, proiezione di B sulla linea dei punti
morti12.4, e quindi si riduce ad un moto armonico semplice la cui accelerazione si approssima

12.4 - Le posizioni estreme vengono e PMI (punto morto inferiore). La dire- linea dei punti morti (Figura 12.6).
definite punti morti ed indicate con i zione che contiene i punti morti con-
simboli PMS (punto morto superiore) tiene anche il punto C e viene definita
252 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

l
r

Linea dei

A H punti morti
PMS PMI C
x = r cos

corsa = 2r
l+r

Fig. 12.6 - Il meccanismo biella-manovella trasforma il moto alternativo del pistone nel moto rotatorio della manovella.

con la 10-3: a = 2x = 2r cos 12.5. La presenza dellaccelerazione provoca la forza dinerzia


(Paragrafo 9.1.1) Fi = ma; la massa che interessa questa espressione costituita dalla somma
delle masse alterne: pistone, fasce elastiche, spinotto, testa croce quando esiste e fusto della
biella conteggiato per un terzo.
Sul piede di biella A (Figura 12.7-a) agisce la forza F, somma della forza di inerzia alterna Fi
e della forza di pressione Fp proveniente dal pistone; essa si scompone (Figura 12.7-b) in F1,
lungo la biella ed F2, in direzione normale alla linea dei punti morti. Attraverso la biella, F2 arriva

a b T

F1
ma A
B
a Fp

Moto F1 N

A

F2 F C

Fig. 12.7 - Il momento motore generato dalla componente tangenziale T.


a) Forze che agiscono sul piede di biella A: forza Fp generata dalla pressione dei gas sul pistone e forza dinerzia Fi = ma.
b) La forza F, somma di Fp ed Fi, si scompone in F1 lungo la biella ed F2 normale ad F; F1, attraverso la biella, giunge in B, e
qui si scompone nelle componenti N, lungo il raggio di manovella, e T, tangente alla traiettoria di B.

12.5 - Una espressione pi completa del- che sufficiente nella grande maggio- r
laccelerazione del piede di biella, anche ranza delle applicazioni, : a = 2r cos + cos 2 12-8
se non esatta ma di approssimazione pi l
12.6. SOMMARIO 253

al bottone di manovella, e qui si scompone nuovamente in N lungo la manovella e T, forza tan-


genziale che dar origine al momento motore secondo la 2-2.

F sen ( + )
F1 = T = F1 sen ( + ) = F 12-9
cos cos

Esempio 12.5 Momento motore sulla manovella


Un pistone viene azionato da un sistema biella-manovella di lunghezze rispettivamente r = 75 mm ed
l = 450 mm. La massa complessiva soggetta allaccelerazione del moto alterno di 2,4 kg. La manovella
si trova nella posizione = 60; la velocit angolare della manovella = 37,7 rad/s; la forza Fp, gene-
rata dalla pressione agente sul pistone, ha unintensit di 840 N ed diretta verso il punto C. NellEsempio
10.1 il piede di biella, che si considerava soggetto ad un moto armonico semplice, forniva unaccelera-
zione approssimata aappr = 53,3 m/s2. Confrontare tale valore con quello ricavabile dalla espressione pi
completa12.5 e calcolare il momento motore MC nelle condizioni citate.

SOLUZIONE
Laccelerazione a si ricava dalla 12-8 12.5.
r 0,075 m
a = 2 r cos + cos 2 = (37,7 rad/s)2 0,075 m cos 60 + cos 120 = 44,415 m/s 2
l 0,45 m

Il confronto tra laccelerazione approssimata aappr e quella pi completa a indica un errore percentuale
non trascurabile.
aappr a 53,3 m/s 2 44,415 m/s 2
errore percentuale = 100 = 100 = 16,7%
aappr 53,3 m/s2
nota la forza generata dalla pressione sul pistone: Fp = 840 N; a questa si aggiunge la forza dinerzia
Fi delle masse dotate di moto alterno ottenendo la forza F che agisce sul piede di biella. Langolo si
ricava applicando il teorema dei seni (Tabella V di copertina) al triangolo ABC. La componente tangen-
ziale T si ricava dalla 12-9, ed il momento motore MC dalla 2-2.
Fi = ma = 2,4 kg 53,3 m/s2 = 128 N
F = Fp + Fi = 840 N 128 N = 712 N
l r r 75 mm
= sen = sen = sen 60 = 0,144 = arcsen 0,144 = 8,3
sen sen l 450 mm
sen ( + ) sen (60 + 8,3)
T = F = 712 N = 669 N
cos cos 8,3
MC = T r = 669 N 0,075 m = 50,2 Nm

12. 6 SOMMARIO
Il rendimento m di una trasmissione il rapporto tra la potenza uscente Pu dalla trasmissione
e la potenza immessa Pi ; poich una parte della potenza immessa viene dissipata in strisciamenti
ed urti tra gli organi a contatto, sempre Pu < Pi ed m < 1.
Le ruote di frizione sono cilindri o coni che rotolano uno sullaltro senza strisciare. La tra-
smissione avviene per attrito radente; richiesta una forza che tenga premuta una ruota contro
laltra e limpiego di materiali che presentino una buona resistenza alla compressione.
254 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

Le ruote dentate presentano dei rilievi, i denti, che sporgono da una superficie cilindrica o conica,
(superficie primitiva) di una quantit, addendum, e rientrano di unaltra quantit, dedendum. Il
modulo il rapporto tra il diametro della superficie primitiva ed il numero di denti; una lun-
ghezza espressa in millimetri ed ha valori unificati. Tutte le misure delle ruote dentate sono date
in funzione del modulo.
La trasmissione con cinghie consente il collegamento tra alberi distanti tra loro; sono costituite
da fibre naturali o sintetiche affogate in resine sintetiche che le proteggono dallusura e ne carat-
terizzano il coefficiente dattrito. Poich il trascinamento tra cinghia e puleggia avviene per
attrito, occorre montare la cinghia con una tensione preventiva. Vengono commercializzate cin-
ghie piatte, cinghie a sezione trapezia e cinghie dentate. Le cinghie a sezione trapezia sono le
pi diffuse, specialmente in campo motoristico, poich sono leggere, robuste, affidabili, e
richiedono una ridotta tensione di montaggio. Le cinghie dentate forniscono rapporti di tra-
smissione esatti, poich la presenza dei denti non consente slittamenti; negli altri tipi di cinghia
si verifica sempre un lievissimo scorrimento tra cinghia e puleggia.
Il meccanismo biella-manovella trasforma il moto alternativo di un pistone nel moto rotatorio
di una manovella con linterposizione tra i due di una biella. La conoscenza delle accelerazioni
delle parti in movimento necessaria per poter valutare le forze di inerzia. In prima approssi-
mazione, il moto del pistone pu essere assimilato al moto armonico semplice della proiezione
del bottone di manovella sulla linea dei punti morti.

Esercizi proposti
12.1 Calcolare la potenza P da assegnare ad un questa benzina, ne consuma in unora 4,9 kg fornendo
motore per ascensore la cui massa a pieno carico di una potenza meccanica di 15 kW. Calcolare il rendi-
1800 kg e la cui velocit di esercizio di 2 m/s; il rendi- mento complessivo del motore.
mento dellimpianto 0,72. = 0,25
P = 49 kW
12.6 Un elicottero di massa pari a 15.000 kg, pro-
12.2 La slitta di una piallatrice mossa da tre viti con cede con una velocit verticale di salita costante di 5 m/s
passo di 6 mm; la massa della slitta di 220 kg ed il coef- incontrando una resistenza aerodinamica di 8 kN.
ficiente di attrito tra slitta e guide 0,12. Trovare la Assunto un rendimento delle pale di 0,7, determinare
potenza Pi da immettere nel movimento (escludendo lintensit F della spinta richiesta al rotore e la potenza P
quella richiesta per vincere le forze dinerzia) sapendo allalbero.
che le viti ruotano alla frequenza di 16 giri/s e che il loro F = 155 kN; P = 1,1 MW
rendimento 0,7.
Pi = 35,5 W 12.7 Si vuole trasmettere la potenza di 4 kW me-
diante una coppia di ruote di frizione cilindriche che
12.3 Unidrovora deve smaltire una portata dacqua realizzino il rapporto di trasmissione 2,2. Linterasse
di 240 litri al minuto con un dislivello di 30 m. Il rendi- imposto di 140 mm; la velocit angolare della ruota
mento complessivo dellimpianto 0,32. Calcolare la motrice di 160 rad/s. Assunto un coefficiente di attrito
potenza Pi da immettere nel motore. limite tra le superfici primitive = 0,15, calcolare la rea-
Pi = 3,7 kW zione normale N ed i raggi r1 ed r2 delle due ruote.

12.4 Una turbina idraulica eroga la potenza di N = 3810 N; r1 = 43,75 mm; r2 = 96,25 mm
80 kW alla frequenza di 1450 giri/min. Interrotto il flusso
dellacqua, il rotore passa dalla velocit di esercizio alla 12.8 Una coppia di ruote di frizione ha le seguenti
frequenza di 800 giri/min in 15 s; si conosce il momento dimensioni: raggi delle ruote: 43,75 mm e 96,25 mm;
dinerzia del rotore I = 44 kgm2. Calcolare il rendimento raggi degli alberi: 10 mm e 12 mm. La ruota motrice
meccanico della turbina. immette la potenza di 4 kW alla velocit angolare di
= 0,62 160 rad/s; la reazione normale tra le due ruote di
3810 N. Assunti i coefficienti di attrito volvente per le
12.5 La combustione di 1 kg di benzina libera une- ruote v = 0,013 e radente cinetico per i perni c = 0,05,
nergia termica di 44 MJ. Il motore che viene alimentato da calcolare la potenza P uscente dalla ruota condotta ed il
ESERCIZI PROPOSTI 255

rendimento complessivo . Occorre determinare pre- 12.12 Calcolare il modulo m, il numero di denti z2
ventivamente la potenza Pv dissipata per attrito volvente della ruota condotta, i diametri primitivi d1 del pignone e
sulle superfici di rotolamento in funzione della reazione d2 della ruota, di una coppia di ruote dentate a denti
normale N scambiata tra le stesse, poi la potenza Pc dis- diritti che permetta di raggiungere una potenza uscente di
sipata per attrito radente cinetico tra perni e cuscinetti; i 16 kW quando il pignone ruota con velocit angolare di
cuscinetti sopportano sia la reazione normale N che la 180 rad/s. Calcolare anche il passo p e linterasse I. Assu-
forza periferica di trascinamento T. mere rapporto di trasmissione = 1,43, amm = 60 N/mm2,
= 10, numero denti del pignone z1 = 21 e rendimento
T = 571 N; Pv = 347 W; Pc = 476 W; meccanico della coppia = 0,97.
P = 3,2 kW; = 0,79
m = 4,5 mm; z2 = 30; d1 = 94,5 mm;
d2 = 135 mm; p = 14,137 mm; I = 114,75 mm
12.9 Con una coppia di ruote dentate cilindriche a
denti diritti, di modulo 4,5 mm, si vuole realizzare una 12.13 Un pignone caratterizzato da un numero di
trasmissione con rapporto pari a 3,4. La ruota motrice denti z = 21, un modulo m = 4,5 mm ed un angolo di
deve avere un numero di denti z1 17, mentre linterasse pressione = 20. Calcolare la forza F scambiata tra i
non pu superare i 220 mm. Assegnare i numeri di denti denti lungo la linea di azione (Figura 12.4-a) per trasmet-
z1 e z2 alle due ruote e calcolare i diametri primitivi d e tere al momento Mt = 91,7 Nm. Si scompone (Figura
D e linterasse I. 12.9) la forza F nelle due componenti tangenziale Ft,
z1 = 20; z2 = 68; d = 90 mm; secondo la tangente alla primitiva nel punto di contatto dei
D = 306 mm; I = 198 mm profili e radiale Fr, secondo la congiungente i centri delle
due ruote dentate. Mentre la componente radiale non
presenta interesse (tende al allontanare le ruote durante la
12.10 Una coppia di ruote dentate, di modulo trasmissione del moto), la componente tangenziale Ft pre-
m = 5 mm, con z1 = 21 e z2 = 33 denti, va confezionata siede alla trasmissione del momento Mt . Da Mt = Ft d /2,
per limmagazzinamento e la spedizione, in una scatola con il diametro d espresso in funzione del modulo m e del
rettangolare (Figura 12.8). Quali devono essere le dimen- numero di denti z, si ricava prima Ft e quindi Ft essendo
sioni b ed h della scatola affinch la sua superficie sia Ft = F cos .
minima? Ft = 1940 N; F = 2065 N
b = 175 mm; h = 276,63 mm

ione
a daz
line
r+m

F
r Fr
U Ft
x

I Primitiva
h

R
R+m

Fig. 12.9 - Componenti tangenziale Ft e radiale Fr della forza F


scambiata tra i denti dellEsercizio 12.13.

b = D + 2m
12.14 Calcolare la lunghezza L di una cinghia che
Fig. 12.8 - Scatola dellEsercizio 12.10 con indicate linterasse I collega due pulegge di diametri pari a 224 mm e 355 mm,
delle due ruote e le altre dimensioni caratteristiche.
aventi un interasse di 580 mm.
L = 2076 mm

12.11 Calcolare la potenza P che pu essere tra- 12.15 In una trasmissione per cinghie (Figura 12.10)
smessa da una ruota dentata costituita da 20 denti di le pulegge hanno i raggi r = 60 mm ed R = 100 mm;
modulo 4,5 mm quando ruota alla velocit angolare di richiesto un interasse I = 180 mm. Determinare il rapporto
360 rad/s, avendo assunto per il materiale una tensione di trasmissione , langolo m di avvolgimento sulla puleg-
ammissibile amm = 54 N/mm2 e per la larghezza il fattore gia minore e la lunghezza L della cinghia.
= 12.
P = 33,6 kW = 1,67; m = 154; L = 871 mm
256 CAPITOLO 12. TRASMISSIONE MECCANICA DELLA POTENZA

12.17 In una trasmissione per cinghie (Figura 12.11)


una puleggia di diametro d = 80 mm trascina una cinghia
i cui rami trasmettono alla puleggia le tensioni T0 = 105 N
m e T1 = 175 N. Calcolare il lavoro L prodotto dalla tra-
smissione in 400 giri della puleggia.
L = 7,0 kJ

12.18 Il progetto di una trasmissione per cinghie pre-


vede pulegge di diametri 224 mm e 355 mm ed interasse
I = 580 mm. Per queste misure, il calcolo prevede una

I cinghia di lunghezza L = 2076 mm (vedi Esercizio 12.14),
non reperibile in commercio in quanto non unificata. Si
adotta pertanto la cinghia di lunghezza unificata
L1 = 2080 mm. Calcolare il nuovo valore I1 da assegnare
allinterasse. Si suggerisce di scrivere due volte la 12-7
R
assegnandole una volta i valori originari L ed I, una
r seconda volta i valori corretti L1 ed I1; si ottiene per sot-
trazione la differenza L1 L in cui si pu trascurare la dif-
(D d)2
ferenza dei termini il cui ordine di grandezza
4I
risulta trascurabile nei confronti degli altri valori.

I1 = 582 mm
Fig. 12.10 - Trasmissione per cinghie dellEsercizio 12.15.

12.19 Un biellismo (Figura 12.6-b) costituito da


12.16 In una trasmissione per cinghie (Figura 12.11) una biella di lunghezza pari a 160 mm ed una manovella
una cinghia aderisce ad una puleggia con un angolo di di raggio 44 mm. Calcolare la corsa c, il massimo valore
avvolgimento = 160. Calcolare la tensione T1 dalla dellangolo max, la posizione s del piede di biella riferita
parte pi tesa quando dalla parte opposta si applica la al punto morto superiore negli istanti t1 = 2 s, t2 = 15 s e
tensione T0 = 105 N, noto il coefficiente di attrito tra cin- t 3 = 32 s, nota la velocit angolare della manovella
ghia e puleggia = 0,18. = 215 rad/s.
T1 = 174 N
c = 88 mm; max = 15,38;
s1 = 85,47 mm; s2 = 56,81 mm; s3 = 0,22 mm
T0

12.20 In una motrice alternativa il vapore espande a


pressione costante di 320 kPa entro un cilindro di sezione
d

pari a 0,032 m2. Le masse che partecipano al moto del


piede di biella hanno un valore complessivo di 28 kg. La
biella lunga 2 m, la corsa vale 0,7 m, mentre la velocit
angolare della manovella pari a 24 rad/s. Calcolare i
T1 valori del momento motore M in corrispondenza degli
angoli di manovella 1 = 15, 2 = 75 ed 3 = 140.
Fig. 12.11 - Trasmissione per cinghie degli Esercizi 12.16 e 12.17.
M1 = 0,42 kNm; M2 = 3,4 kNm; M3 = 2,8 kNm
MACCHINE
A FLUIDO
Capitolo 13
ENERGIA, AMBIENTE
E MACCHINE
A FLUIDO

13. 1 SVILUPPO SOSTENIBILE


Lo sviluppo sostenibile quello sviluppo che consente di soddisfare le necessit della gene-
razione presente senza compromettere la capacit delle generazioni future di soddisfare le
loro necessit13.1. Lo sviluppo sostenibile richiede di rendere minimo:
il consumo delle risorse naturali;
il livello di inquinamento dellaria, delle acque e del suolo.
Risorse naturali sono le fonti di energia primaria dalle quali si ottiene direttamente, oppure
mediante ulteriori trasformazioni, quellenergia che alla base dello sviluppo. Le fonti ener-
getiche si classificano in fonti:
non rinnovabili, come il petrolio greggio, il carbone, il gas naturale, luranio impiegato
quale combustibile nucleare: queste fonti, che sono purtroppo le pi utilizzate, sono limitate
in natura e sono quindi destinate ad esaurirsi pi o meno rapidamente a seconda dellinten-
sit del loro sfruttamento;
rinnovabili, come lenergia dellacqua (idraulica), del vento (eolica) e del sole (solare): sono
fonti non limitate dalle risorse finite della Terra la cui utilizzazione condizionata soltanto
dallefficienza con cui vengono captate.
Se si tiene presente che la risorsa energetica pi vicina ad estinguersi, perch maggiormente uti-
lizzata, il petrolio greggio da cui vengono ottenuti combustibili come benzina e gasolio, ven-
gono individuate come energie alternative tutte quelle energie che consentono di sostituire il
petrolio come, ad esempio, il gas naturale, gas che si estrae dal sottosuolo costituito quasi com-
pletamente, spesso in concentrazioni maggiori del 90%, da metano.
Le diverse fonti vengono confrontate tra loro valutandone lenergia, che (Paragrafo 1.16)
viene misurata in joule [J] e multipli relativi. Nel caso dei combustibili fossili (Tabella 13.1),
come il petrolio greggio, il gas naturale ed il carbone, lenergia data dal prodotto della massa
del combustibile [kg] per una quantit, chiamata potere calorifico [MJ/kg], che rappresenta il
contenuto di energia (megajoule [MJ] = 106 J) riferito allunit di massa [kg] di quel dato com-
bustibile. Nel caso del combustibile nucleare, lenergia quella che risulta dalla fissione di 1 g
di uranio U-235 con il rilascio di unenergia termica pari a 86.500 MJ. Lenergia solare
fortemente variabile in funzione della latitudine, della stagione e dello stato del cielo; lenergia
della radiazione solare che incide in un giorno su un m2 di superficie terrestre oscilla da
5 MJ/(m2giorno) in gennaio a 22 MJ/(m2giorno) in giugno.

13.1 - La frase la traduzione del Rap- Sustainable development is the deve- the ability of future generations to meet
porto Brundtland, Commissione mon- lopment that meets the needs of the pre- their own needs.
diale su ambiente e sviluppo, 1987: sent generation without compromising
260 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

Quando lenergia viene valutata nellunit di tempo, si ottiene una potenza termica, misurata
(Paragrafo 1.17) in watt [W] e multipli relativi. Cos la radiazione raccolta su un m2 di super-
ficie di un collettore solare pu arrivare in condizioni di esposizione ed incidenza estremamente
favorevoli a 900 W/m2.

Tabella 13.1
Trasformazione di unit di uso corrente nel campo dei combustibili fossili in misure di energia
e di potenza*

1 barile di petrolio = 0,159 m3 = 136 kg


1 miliardo di barili di petrolio = 109 136 kg = 0,136 1012 kg
Energia equivalente ad 1 miliardo di barili di petrolio = 0,136 1012 kg 42 MJ/kg =
= 5,712 1012 MJ = 5,712 1012 106 J = 5,712 1018 J = 5,712 EJ (exajoule)
1 TEP = Energia equivalente ad 1 tonnellata di petrolio = 1000 kg 42 MJ/kg = 42.000 MJ
=
= 42 GJ (gigajoule)
1 milione di TEP = 106 42 GJ = 106 42 109 J = 42 1015 J = 42 PJ (petajoule)
1 barile/giorno = 136 kg/86.400 s = 1,574 10 3 kg/s
1 milione di barili/giorno = 106 1,574 10 3 kg/s = 1,574 103 kg/s
Potenza termica equivalente ad 1 milione di barili al giorno =
= 1,574 103 kg/s 41,868 MJ/kg = 65.900 MJ/s = 65,9 GW (gigawatt)
1 trilione di m3 di gas naturale = 1000 miliardi m3 = 1000 109 m3 = 1012 m3
Energia equivalente ad un trilione di m3 di gas naturale = 1012 m3 0,83 kg/m3 47,7 MJ/kg =
= 39,59 1012 MJ/kg = 39,59 1012 106 J/kg = 39,59 1018 J/kg = 39,59 EJ (exajoule)
1 miliardo di tonnellate di carbone = 1000 milioni di tonnellate di carbone =
= 103 106 1000 kg = 1012 kg
Energia equivalente ad un miliardo di tonnellate di carbone = 1012 kg 33 MJ/kg =
= 33 1012 MJ/kg = 33 1012 106 J/kg = 33 1018 J/kg = 33 EJ (exajoule)
* Poteri calorifici medi dei combustibili fossili assunti nel calcolo:
33 MJ/kg per il carbone;
42 MJ/kg per il petrolio;
47,7 MJ/kg, insieme ad una massa volumica di 0,83 kg/m3, per il gas naturale.

Il risparmio energetico (Paragrafo 13.3), indispensabile per ridurre il consumo delle risorse natu-
rali, rappresenta una strada obbligata sia perch la maggior parte di queste risorse limitata sia
perch il loro sfruttamento, in tempi brevi, pu determinare gravi squilibri sullambiente.
Linquinamento dellaria, che condiziona pesantemente linquinamento delle acque e del suolo,
deriva, in larga misura, dalle sostanze utilizzate nelle macchine a fluido. Queste sostanze sono
rappresentate sia dai combustibili fossili o nucleari che, opportunamente trasformati, forniscono
lenergia necessaria al funzionamento della macchina sia da fluidi, come i refrigeranti degli
impianti di condizionamento, sia da materiali utilizzati nella costruzione della macchina, quali
lasbesto usato per lungo tempo come isolante. Lesame dei criteri che consentono di rendere
minimi consumo dellenergia e livello di inquinamento quanto verr esposto lungo tutta la trat-
tazione delle macchine a fluido13.2.

13.2 - Solo al termine del corso la cono- zionamento di ciascuna macchina a i diversi sistemi energetici.
scenza, nel frattempo maturata, del fun- fluido render possibile il confronto tra
13.2. FONTI DI ENERGIA 261

13. 2 FONTI DI ENERGIA


La sintesi dei consumi di energia (Tabella 13.2) mette in rilievo come attualmente circa il 93%
dellenergia utilizzata nel mondo proviene da risorse non rinnovabili: gas naturale, petrolio greg-
gio, carbone e combustibile nucleare; le fonti rinnovabili, idriche, eoliche e solari, rappresen-
tano perci una quota estremamente modesta.

Tabella 13.2
Destinazione percentuale ai settori di utilizzazione dellenergia prodotta, a livello mondiale, dalle
diverse fonti: gas naturale, petrolio greggio, carbone, combustibile nucleare e idraulica (in questo
termine comprendiamo tutte le fonti rinnovabili come le energie idraulica, eolica, solare, ecc.)
Gas Petrolio Carbone Nucleare Idraulica Totale
a) Residenziale/commerciale 9,7 6,9 2,0 18,6
b) Industriale 5,0 7,4 6,0 18,4
c) Trasporti 0,1 18,0 18,1
d) Energia elettrica 2,5 3,2 18,2 4,5 7,0 35,4
e) Usi diversi 2,7 3,5 3,3 9,5
Totale 20,0 39,0 29,5 4,5 7,0 100,0
a) Il settore residenziale/commerciale comprende case, appartamenti, teatri, alberghi, scuole, negozi, costru-
zioni per uffici e fabbricati simili.
b) Il settore industriale comprende soprattutto la generazione di vapore per processi e il riscaldamento diretto del
processo.
c) Il settore trasporti include i trasporti su strada, in ferrovia, per mare e il trasporto aereo.
d) La trasformazione di energia, necessaria per la generazione di energia elettrica, viene utilizzata da tutti gli altri
settori e in particolare da quello industriale.
e) Gli usi diversi stanno a significare ogni impiego di gas, petrolio e carbone in modo diverso da quello usuale come
combustibile. Citiamo, come esempi, luso del carbone nei processi di produzione del ferro, luso del gas natu-
rale nella produzione di prodotti chimici, fertilizzanti e materiali di sintesi, nonch luso del petrolio greggio
come materiale base nella petrolchimica.

La distribuzione dei consumi di energia nelle varie nazioni notevolmente disuguale; essa risulta
infatti concentrata nei paesi a elevato livello di industrializzazione e in particolare negli Stati
Uniti dAmerica, dove il 5% della popolazione mondiale assorbe un quarto dellenergia utiliz-
zata su tutta la Terra.
La Figura 13.1 mostra il consumo e i relativi interscambi di energia primaria nel 1994.
Il progressivo aumento del fabbisogno di energia porta a due ordini di problemi:
la ricerca di espandere il pi possibile le fonti di energia rinnovabile e in particolare modo di
poter attingere, a fronte dello sviluppo tecnologico, allenergia solare con costi pi contenuti
di quelli attuali;
la ricerca di sempre nuovi giacimenti delle risorse non rinnovabili e contemporaneamente lo
sviluppo di conoscenze e tecnologie che permettano di raggiungere rendimenti pi elevati nel
processo di trasformazione dellenergia posseduta da queste fonti.
La fonte di energia pi utilizzata nei paesi maggiormente industrializzati (Tabella 13.2) il
petrolio in quanto stata fino ad ora la fonte economicamente pi conveniente e, essendo
liquido, pi facilmente trasportabile. Questa fonte tuttavia prossima ad estinguersi: in 43 anni
sulla base delle risorse gi accertate (Tabella 13.3) e circa 60 70 anni se si fa riferimento alle
risorse stimate, cio a quelle risorse che si prevede di poter scoprire nei prossimi anni; presenta
inoltre linconveniente di provenire per la maggior parte (65%) da una sola area politica
(medio-oriente), e come tale esposta a crisi, come gi avvenuto in passato, che rendendone
difficile lapprovvigionamento, potrebbero determinare il collasso delleconomia quando que-
sta basata su una sola fonte energetica.
262 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

CONSUMO DI ENERGIA PRIMARIA


Zone geografiche Consumo [%]
Stati Uniti Canada 2360 29,8
C.S.I. Europa Orientale 1270 16
Europa Occidentale 1430 18
Cina 750 9,5
Asia Sud-Orientale 695 8,8
Estremo Oriente 480 6
America Latina 306 3,9
Medio Oriente 300 3,8
Africa 225 2,8
Australasia 110 1,4
TOTALE TERRA 7925 100

Fig. 13.1 - Lenergia sulla Terra nel 1994 espressa in milioni di TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio):
1 106 TEP = TEP = 42 1015 J = 42 109 MJ (vedere le equivalenze della Tabella 13.1).
13.3. FONTI DI ENERGIA 263

PRODUZIONE DI ENERGIA PRIMARIA

Petrolio Gas naturale Carbone Nucleare Idraulica

SCAMBI INTERNAZIONALI DI
Petrolio greggio
Mediante gasdotti
Gas
Gas naturale liquefatto
Carbone
264 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

Il gas naturale, soprattutto perch caratterizzato da una migliore distribuzione geopolitica


essendo presente in molti altri paesi e non solo in medio-oriente (Figura 13.1), rappresenta vera-
mente una fonte energetica alternativa al petrolio con il solo inconveniente che, essendo un gas,
ha bisogno di una rete di metanodotti molto diffusa per poter venire utilizzato anche in luoghi
piuttosto distanti dai giacimenti da cui viene estratto. Il gas naturale estremamente interessante
dal punto di vista ambientale per lassenza di zolfo, di idrocarburi aromatici e per la scarsa reat-
tivit del metano, il suo costituente principale: esso, al contrario della benzina e del gasolio, non
d luogo a quei prodotti della combustione che tanto contribuiscono allinquinamento della-
ria come lozono, le aldeidi, l1,3-butadiene, ecc. (si veda il Paragrafo 13.4). per questi motivi
che si prevede un sostanziale aumento dellimpiego del gas naturale nei prossimi anni, paral-
lelamente alla riduzione delluso del petrolio.
Il carbone rappresenta la risorsa maggiormente disponibile con risorse accertate di 235 anni
(Tabella 13.3) e risorse stimate pari a circa 400 500 anni. Attualmente il carbone viene
impiegato soprattutto nei grandi impianti termoelettrici; tale tipo di impiego imposto da
motivi ambientali in quanto il carbone, al pari dellolio combustibile che rappresenta la frazione
pi pesante che si ricava dalla distillazione del petrolio greggio, contiene zolfo e d luogo ad
inquinanti che possono essere efficacemente controllati solo in impianti di grosse dimensioni
dove possibile installare depuratori adeguati. Il carbone potrebbe venire utilizzato nella pro-
duzione di benzina e gasolio sintetici, indispensabili nei trasporti, in modo da sostituire quelle
riserve di petrolio che si stanno esaurendo.
La quarta sorgente di energia non rinnovabile il combustibile nucleare, rappresentato dal-
lossido di uranio (U3O8): non possibile fare una stima degli anni di disponibilit di questa
risorsa, poich non chiaro il programma di sviluppo delle centrali nucleari. Inizialmente era
stato ipotizzato uno sviluppo molto pi intenso del programma nucleare; negli Stati Uniti, ad
esempio, era stata prevista la realizzazione, entro il 2000, di 1000 unit nucleari, successiva-
mente le previsioni erano state portate a 170 unit e poi questo programma stato congelato.
Problemi di sicurezza del reattore, alcuni reali (si ricordano gli incidenti in USA, Inghilterra,
in Unione Sovietica di Chernobyl nel 1986 e in Giappone nel 1999) e altri immaginari, la man-
canza di un programma generale per la collocazione dei rifiuti radioattivi e infine il timore della
popolazione hanno influito pesantemente nel ridimensionamento del programma nucleare.

Tabella 13.3
Riserve mondiali accertate di combustibili in tonnellate [Mg] ed energia termica corrispon-
dente in megajoule [MJ] e in tonnellate di petrolio equivalente [TEP]; gli anni che rimangono
allesaurimento di ciascuna fonte sono stati calcolati sulla base dei consumi energetici attuali
Riserve Energia Esaurimento
9
[10 Mg] [1012 m3] 15
[10 MJ] [109 TEP] [anni]
Petrolio greggio 137,3 5,77 137,3 43,0
Gas naturale 117,0 141,0 5,58 132,8 66,4
Carbone 1043,9 34,45 820,2 235,0

13. 3 RISPARMIO ENERGETICO


Nella Comunit Economica Europea (C.E.E.), lenergia, fornita dalle diverse fonti illustrate nella
Figura 13.2, si ripartisce nei tre settori principali: industria, attivit domestiche, trasporti
(Figura 13.3). Il trasporto assorbe circa il 30% del totale. Dallinizio degli anni 70 lassorbi-
mento di energia da parte del trasporto si almeno raddoppiato, nonostante il considerevole
miglioramento nel consumo di combustibile dei mezzi utilizzati.
13.3. RISPARMIO ENERGETICO 265

45% 18% 22% 14% 1% Ripartizione %


100

80

60

40

20

0
1980 1985 1990

Petrolio Gas Altro


Settore Settore Settore
domestico industriale trasporti
Carbone Nucleare
Fig. 13.3 - Ripartizione del consumo di energia nella
Fig. 13.2 - Ripartizione delle fonti di energia nella Comunit (C.E.E.) relativamente ai tre principali settori: domestico,
Economica Europea (C.E.E.). industriale e trasporti.

La maggior parte dellenergia viene ottenuta mediante la combustione di combustibili fossili che,
reagendo con lossigeno dellaria, danno luogo a diossido di carbonio (CO2) e vapor dacqua
(H2O). Il diossido di carbonio un gas che contribuisce alleffetto serra (Figura 13.4), fenomeno
naturale per il quale alcuni gas riescono a intrappolare nellatmosfera le radiazioni infrarosse
emesse dalla Terra. leffetto serra che mantiene la temperatura del globo sufficientemente alta
da consentire la vita sulla Terra. La natura stessa in grado, entro certi limiti, di equilibrare le
emissioni naturali di CO2. Lopera delluomo ha aumentato la presenza di questi gas, portandola
a un livello che pu diventare critico per i cicli naturali. Il risultato un potenziale riscaldamento
globale del clima della Terra.

Una parte della radiazione


SOLE solare riflessa dalla Terra
e dallatmosfera

La radiazione solare Una parte della radiazione


attraversa latmosfera infrarossa assorbita e riemessa
ATMOSFERA
limpida dai gas che contribuiscono
alleffetto serra. Il risultato di ci
il riscaldamento della superficie
e della parte bassa dellatmosfera

La maggior parte della radiazione La superficie terrestre emette


assorbita dalla superficie terrestre TERRA radiazione infrarossa
e la riscalda

Fig. 13.4 - Modello semplificato delleffetto serra.

Il diagramma di Figura 13.5 mostra come nella C.E.E. i vari settori di attivit siano responsa-
bili della produzione di CO2. Complessivamente il trasporto responsabile per il 25% delle
emissioni totali di CO2. La met delle emissioni dovute al trasporto avviene nel traffico urbano.
266 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

19,7% 25,5% 31,3% 19,6% 3,9%

Generaz. di potenza

Trasporti

Attivit domestiche

Industria

Energia

Fig. 13.5 - Ripartizione delle emissioni di CO2 nei diversi settori di attivit della Comunit Economica Europea.

Lobbiettivo della C.E.E. era di stabilizzare per lanno 2000 le emissioni di CO2 al livello del
1990, mentre in realt si verificato un aumento del 25%. Per limitare la generazione di dios-
sido di carbonio indispensabile, come si visto, limitare il consumo di combustibile fossile.
La riduzione del consumo di combustibile si ottiene aumentando lefficienza del sistema che
converte lenergia termica, originariamente contenuta nel combustibile, nellenergia elettrica di
un alternatore oppure nel lavoro meccanico disponibile allasse di un motore a combustione
interna. Requisito fondamentale, al quale deve sottostare il progetto di ciascuna macchina, il
risparmio energetico con essa realizzabile in modo da limitare il consumo di quella data
fonte di energia e, di conseguenza, le emissioni di CO2. Quanto sopra non vale solo per il motore
di unautomobile, del quale si vuole ovviamente limitare il consumo di benzina, ma anche per
una pompa che, venendo trascinata da un motore elettrico, ha bisogno dellenergia fornita
dalla centrale termoelettrica; anzi, le considerazioni di risparmio energetico vanno viste in un
contesto globale: una migliore efficienza infatti di conversione dellenergia idraulica in ener-
gia elettrica determina, su scala nazionale, una minore richiesta dellenergia elettrica prodotta
da impianti termici.

a b
MJ/(Ggkm) MJ/(Ggkm)

Carro 28,8 Filobus 199


leggero 2 assi
77
Autotreno 9 Autobus 166
leggero a CNG

Autotreno 5,9 Autobus 133


medio diesel

Autotreno 4,4 Autobus 104


pesante ibridi

Treno 11,9 Treno 78


interurbano
4,7 31
0 10 20 30 0 100 200
energia ricavata da combustibile fossile energia idroelettrica

Fig. 13.6 - Confronto del consumo energetico (1 MJ = 106 J) tra diversi sistemi di trasporto (1 Gg = 109 g =
= 103 106 g = 103 Mg = 1000 tonnellate).
a) Trasporto merci.
b) Trasporto persone.
13.4. INQUINANTI 267

pertanto opportuno confrontare tra loro i diversi sistemi in modo da operare delle scelte inci-
sive in termini di risparmio energetico, cos come mostra la Figura 13.6 relativa al consumo di
energia in megajoule [MJ] riferita al prodotto delle migliaia di tonnellate (gigagrammi [Gg]) per
i kilometri [km] trasportati.

13. 4 INQUINANTI
La combustione, reazione dellossigeno dellaria con il combustibile, il processo che consente
di ricavare lenergia utilizzata da molti tipi di macchine a fluido. Nella combustione dei com-
bustibili fossili si formano cinque classi di inquinanti primari (Scheda 13.1):
Ossidi di azoto NOx (NO ed NO2): sia lossido di azoto NO che il diossido NO2 reagiscono
con altri composti dando luogo ad inquinanti, mentre il diossido di azoto anche tossico.
Monossido di carbonio CO tossico.
Composti organici volatili: idrocarburi incombusti (HC) e prodotti di parziale ossidazione
come ad esempio le aldeidi, irritanti e di odore sgradevole; il benzolo e alcuni idrocarburi aro-
matici policiclici, sono mutageni.
Particolato: aggregati di particelle costituite da un nucleo carbonioso e da una frazione
organica solubile potenzialmente mutagena pi un residuo di acqua e solfati.
Ossidi di zolfo SOx (SO2 ed SO3): tossici.
Prodotto principale della combustione, pi o meno completa, del combustibile fossile il
diossido di carbonio CO2 che di per s un gas inerte e non tossico, ma che, per il suo contri-
buto alleffetto serra (Figura 13.4), va limitato aumentando il rendimento della macchina e ridu-
cendo cos il consumo di combustibile, a cui il CO2 proporzionale. Una macchina tanto pi
efficiente, e cio lenergia termica posseduta dal combustibile viene convertita con tanta mag-
giore efficienza in lavoro meccanico, quanto pi elevate sono le temperature con cui si realizza
la combustione; ma temperature elevate significano anche alti NOx e quindi, purtroppo, i due
termini NOx e CO2 (o il consumo di combustibile) sono in conflitto tra loro.
Gli inquinanti primari, immessi dalle varie sorgenti: trasporti, industria, impianti termoelettrici,
riscaldamento domestico, ecc., possono, in determinate condizioni, reagire nellatmosfera
dando luogo agli inquinanti secondari che vengono rilevati nellambiente (Figura 13.7). Gli
inquinanti secondari sono principalmente rappresentati da:
precipitazioni acide, costituite da solfati e nitrati, originate dallossidazione di NOx e SOx;

Ambito locale Ambito regionale Ambito globale


(10 km) ( > 100 km) (> 1000 km)
Effetti salute, smog fotochimico ossidanti, piogge acide cambiamenti climatici
(potenziale riscaldamento
terrestre)
Piombo
Particolato organico
Ossidi di zolfo
Ossidi dazoto 7
Ozono
Idrocarburi 11
Monossido di carbonio 3
Metano 21
Diossido di carbonio 1
Protossido dazoto 290
Cloro-Fluoro-Carburi 1500-7300

Fig. 13.7 - Effetti delle emissioni dovute alle attivit umane (riferite al diossido di carbonio posto uguale a 1).
268 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

SCHEDA 13.1

INQUINANTI PRIMARI
Monossido di carbonio (CO): gas incolore e inodoro.
Cause: Incompleta combustione.
Effetti su:
Salute: Formazione di carbossiemoglobina, riduce la capacit del sangue di portare
in circolo lossigeno. Letale in concentrazioni elevate (> 0,3%); in piccole
concentrazioni aggrava situazioni patologiche come langina pectoris.
Ambiente: pu contribuire alla formazione di ozono;
collegato alla formazione di acidi nellatmosfera;
contribuisce alleffetto serra.
Composti Organici Volatili: complessi di composti organici gassosi costituiti da idrocar-
buri incombusti (HC) e da prodotti parzialmente ossidati come le aldeidi.
Cause: Incompleta combustione.
Effetti su:
Salute: in genere non tossici con qualche eccezione;
cancerogeni: benzene, 1,3-butadiene;
irritanti: aldeidi.
Ambiente: formazione di smog fotochimico.
Ossidi di azoto (NOx): due gas monossido NO e diossido di azoto NO2.
Cause: Alte temperature (e quindi combustione molto efficiente) e presenza di ossigeno.
Effetti su:
Salute: livelli di picco ( 300 400 ppb [parti per bilione o per miliardo])
influenzano le persone affette da asma e aumentano la probabilit di
attacchi di asma. Lesposizione prolungata in casa aumenta la probabilit
di infezioni respiratorie nei bambini. Non sono stati dimostrati effetti
sulla salute per esposizione allaperto.
Ambiente: formazione di ozono;
precipitazioni acide;
effetto serra.
Particolato: particelle con dimensioni < 10 m, solide o liquide alla temperatura di 52 C,
costituite da un nucleo carbonioso su cui adsorbono composti organici altobollenti, solfati
ed acqua.
Cause: Insufficiente ossidazione del combustibile iniettato in camera di combustione.
Effetti su:
Salute: Potenzialmente mutageno o per i composti organici oppure per il nucleo
carbonioso della particella.
Ambiente: Relazione complessa con leffetto serra: il particolato carbonioso peg-
giora leffetto serra, mentre le particelle a base di solfati lo riducono.
Ossidi di zolfo SOx: diossido SO2 e triossido di zolfo SO3.
Cause: Combustione dello zolfo contenuto nel combustibile.
Effetti su:
Salute: Sistema respiratorio.
Ambiente: Precipitazioni acide con danni allecosistema ed agli edifici.
Diossido di carbonio (CO2): gas inerte
Cause: Combustione del combustibile fossile.
Effetti sullambiente: Effetto serra.
13.5. CLASSIFICAZIONE DELLE MACCHINE A FLUIDO 269

smog fotochimico, che ha per prodotto principale lozono atmosferico O3 (cio lozono cat-
tivo, causa di disturbi alla respirazione, e non quello buono che manca nel cosiddetto buco
dellozono), originato da reazioni di NOx ed HC, in presenza di una intensa radiazione solare.

La limitazione degli inquinanti primari viene stabilita in funzione della qualit dellaria, e
cio del livello di soglia di quel determinato inquinante primario, come il CO, oppure secondario,
come lozono, al di l del quale si manifestano dei rischi per la salute delle persone.

Vi sono poi degli inquinanti che non derivano dal processo di combustione come, ad esempio:
lasbesto (amianto): pericoloso per gli organi della respirazione a causa delle microfibre che
penetrando negli alveoli polmonari provocano una reazione dellorganismo che pu deter-
minare linsorgere di tumori;
i CloroFluoroCarburi (CFC): oltre a contribuire (per circa il 20%) alleffetto serra, danneg-
giano il sottile strato di ozono buono, che, sopra la stratosfera, protegge la Terra dai raggi
ultravioletti provenienti dal Sole.
Lasbesto, essendo usato tra laltro nei materiali di attrito impiegati per il rivestimento di freni
e frizioni, si poteva disperdere nellatmosfera, in microscopiche concentrazioni, per effetto del-
lusura di tali materiali. I CFC venivano invece impiegati come solventi per la pulizia dei cir-
cuiti elettronici e come fluidi frigoriferi negli impianti di climatizzazione. Ambedue queste
sostanze sono state sostituite da materiali non inquinanti.

13. 5 CLASSIFICAZIONE DELLE MACCHINE A FLUIDO


Una macchina a fluido un insieme di elementi fissi e mobili il cui scopo quello di trasfor-
mare lenergia meccanica in energia contenuta nel fluido, oppure, viceversa, lenergia contenuta
nel fluido in energia meccanica. Questa distinzione, basata sulla direzione dellenergia tra-
smessa, costituisce la base per un primo raggruppamento delle macchine in due categorie
principali: macchine motrici e macchine operatrici.

13. 5. 1 Macchine motrici, operatrici e trasformatrici


Tutte le macchine in cui lenergia contenuta nel fluido viene trasformata nellenergia meccanica
fornita da un albero rotante oppure da una parte in movimento della macchina si dicono mac-
chine motrici; esempi possono essere le turbine e i motori alternativi. La seconda categoria
le macchine operatrici comprende quelle macchine in cui lenergia meccanica viene trasfe-
rita al fluido in modo da aumentare lenergia di questultimo in termini di velocit, pressione
e/o temperatura; appartengono a questa seconda categoria le pompe e i compressori.
Cos nella prima categoria il lavoro viene eseguito dal fluido e lenergia sottratta a questo, men-
tre nelle macchine della seconda categoria il lavoro viene esercitato sul fluido e lenergia viene
aggiunta a quella originariamente presente in esso.

Esiste poi una terza categoria di macchine, che potremmo definire macchine trasformatrici,
la cui funzione quella di utilizzare particolari propriet del fluido nel trasferimento dellenergia.
In un giunto idraulico, ad esempio, lenergia meccanica viene prima trasformata in energia idrau-
lica e quindi ritrasformata, nellaltra met dellaccoppiamento, in energia meccanica: in questo
modo possibile trasmettere, grazie alle particolari propriet dellolio presente nellaccoppia-
mento, una coppia il pi possibile dolce e graduale. Le macchine trasformatrici riuniscono le
due funzioni precedentemente illustrate delle macchine: quella motrice e quella operatrice.
270 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

13. 5. 2 Macchine idrauliche e termiche


Unulteriore classificazione delle macchine si basa sul tipo di fluido trattato, che pu essere
incomprimibile, come lacqua, oppure comprimibile, come un gas oppure un vapore. Nel primo
caso parliamo di macchine idrauliche, nel secondo ci riferiamo alle macchine termiche, in
quanto la compressione e lespansione di un gas sono accompagnate da variazione di tempera-
tura.
Non deve sorprendere che alcune macchine il caso dei ventilatori vengano classificate come
macchine idrauliche anche se trattano un gas. In questo caso infatti lincremento di pressione
subito dal fluido piuttosto modesto e tale per cui il fluido pu ancora essere trattato come
incomprimibile. In altre parole, la legge fisica cui si attiene il fluido che evolve nella macchina
a determinarne lappartenenza alluno oppure allaltro tipo di macchina.

13. 5. 3 Macchine volumetriche e dinamiche


Con riferimento al modo di lavorare del fluido, distinguiamo le macchine indipendentemente
dal fatto che esse siano motrici, operatrici oppure trasformatrici in macchine volumetriche
e in macchine dinamiche.

Nelle macchine volumetriche il fluido aspirato ovvero forzato in uno spazio finito delimitato
da parti meccaniche (il volume), dove viene trattenuto per mezzo di adatte guarnizioni.
Successivamente il fluido o viene spinto fuori oppure abbandona spontaneamente il volume in
cui era stato racchiuso e il ciclo viene ripetuto. Nelle macchine volumetriche quindi la portata
del fluido intermittente oppure fluttuante in modo pi o meno marcato, e la velocit con cui
si attua il ricambio del fluido governata dalle dimensioni del volume in cui esso viene tratte-
nuto e dalla frequenza con cui questo volume viene riempito e svuotato. Si tratta cio di mac-
chine a regime periodico, in cui il trasferimento di energia dovuto alla pressione statica che
si esercita sulle parti mobili della macchina.

Nelle macchine dinamiche o a flusso continuo, al contrario, presente un flusso continuo di


fluido tra ingresso e uscita della macchina, senza che questo possa mai venire intercettato in uno
spazio e in modo intermittente come avviene nel caso del le macchine volumetriche.
Generalmente le macchine dinamiche hanno una parte rotante chiamata girante che ruota con-
tinuamente e liberamente nel fluido: facendo scorrere un flusso ininterrotto di fluido attraverso
di essa, si attua un trasferimento continuo di energia tra fluido e girante. Questo trasferimento
di energia reso possibile dallapplicazione agli organi mobili della macchina di forze dinamiche
che sono generate dalla velocit del fluido in movimento relativamente agli organi mobili. Par-
leremo cos di turbomacchine per significare appunto che questo scambio di energia tra fluido
e macchina reso possibile da organi che ruotano. Fra le varie macchine dinamiche ce ne sono
alcune per le quali non si richiede la presenza di organi che si muovano di moto rotatorio: in esse
il trasferimento di energia avviene sempre in virt di forze tipicamente fluidodinamiche che si
esercitano sul fluido in moto relativo rispetto alla macchina. Al limite potrebbero anche man-
care del tutto gli organi mobili, come ad esempio nel caso di un motore a razzo oppure di una
pompa a eiettore.

Come applicazioni esiste una parziale sovrapposizione tra le macchine volumetriche e le tur-
bomacchine; il gas infatti pu venire compresso sia in un compressore alternativo sia in un tur-
bocompressore, e lacqua pu essere aspirata sia per mezzo di una pompa alternativa sia con una
turbopompa. La scelta tra macchina volumetrica e turbomacchina principalmente legata alla
portata in volume del fluido: alle basse portate la macchina volumetrica presenta rendimenti pi
elevati, mentre al crescere della portata la turbomacchina presenta rendimenti via via migliori
e allo stesso tempo diminuiscono i costi di costruzione riferiti allunit di potenza installata.
13.5. CLASSIFICAZIONE DELLE MACCHINE A FLUIDO 271

13. 5. 4 Motori a combustione esterna e a combustione interna


Le varie macchine motrici possono essere ulteriormente suddivise a seconda che la combustione
avvenga esternamente al fluido motore (motori a combustione esterna) oppure internamente
al fluido motore (motori a combustione interna).
Come esempio di motore a combustione esterna si pu citare un impianto termoelettrico fun-
zionante con turbina a vapore: in questo caso il fluido motore, cio il vapore caldo e compresso
che verr fatto espandere in turbina, viene generato in una particolare sezione dellimpianto, la
caldaia, utilizzando il calore sviluppato dalla reazione chimica di un combustibile. Occorre
quindi provvedere un sistema efficace di scambio tra la sorgente esterna di calore e il fluido che
lavora nel sistema.

Al contrario, in un impianto motore con turbina a gas, la combustione avviene iniettando il com-
bustibile nellaria: il fluido, che viene poi fatto espandere in turbina, costituito dai gas caldi
generati dalla combustione del combustibile con laria; la generazione di calore quindi interna
al fluido motore.
Esiste poi il caso in cui nella stessa macchina si svolgano in un primo tempo tutte le operazioni
che rendono possibile la formazione del fluido di lavoro caldo e ad alta pressione, e successi-
vamente la sua utilizzazione: si tratta del motore alternativo a combustione interna, in cui i vari
processi che prima (per esempio nel turboelica) avvenivano in parti diverse dellimpianto
motore, avvengono adesso nello stesso organo (il cilindro) della macchina, ma in tempi diversi.

SCHEDA 13.2

SUDDIVISIONE DELLE MACCHINE IDRAULICHE

Macchine operatrici Macchine motrici


(energia aggiunta al fluido: (energia sottratta al fluido:
il lavoro viene effettuato il lavoro effettuato
sul fluido) dal fluido)
Turbopompe, Ventilatori Turbine
senza cassa con cassa ad azione a reazione
Macchine elica marina assiale ruote a vento flusso assiale
dinamiche a flusso misto Pelton (Kaplan)
centrifugo flusso misto
(Francis)
Pompe Motori
alternative rotative
ad a vite a stantuffi
Macchine azionamento a ingranaggi a paletta
volumetriche diretto a palette a ingranaggi
ad albero a lobi
a gomito
a stantuffi
rotanti
272 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

SCHEDA 13.3

SUDDIVISIONE DELLE MACCHINE TERMICHE

Macchine operatrici Macchine motrici


(energia aggiunta al fluido: (energia sottratta al fluido:
il lavoro viene effettuato il lavoro effettuato
sul fluido) dal fluido)
Turbocompressori Turboespansori a gas e a vapore
senza cassa con cassa ad azione a reazione
Macchine elica aerea assiale semplici flusso assiale
dinamiche a flusso misto a salti di flusso misto
centrifugo velocit flusso radiale
a salti di
pressione
Eiettori daria a vapore Propulsori a getto e a razzo
Compressori Motori
alternativi rotativi
Macchine ad a vite a combustione interna a due o
volumetriche azionamento a ingranaggi quattro tempi
diretto a palette ad accensione comandata
ad albero a lobi ad accensione per compressione
a gomito alternativi a vapore a semplice e
doppio effetto

13. 5. 5 Suddivisione delle macchine a fluido


I criteri che abbiamo esaminato costituiscono la base per una suddivisione delle macchine a
fluido in macchine idrauliche (Scheda 13.2) e macchine termiche (Scheda 13.3), con unulte-
riore precisazione ottenuta attraverso una classificazione verticale tra macchine motrici e mac-
chine operatrici e una classificazione orizzontale tra macchine dinamiche e macchine volume-
triche. Non vengono citate, per semplicit, le macchine trasformatrici, che sono di tipo
volumetrico quando impiegate negli impianti idrostatici, e di tipo dinamico se utilizzate in idro-
dinamica.
Se consideriamo, ad esempio, le macchine idrauliche (Scheda 13.2), le pompe che sono
macchine operatrici in quanto fanno aumentare lenergia del fluido possono essere sia dina-
miche (cio turbopompe) sia volumetriche. Nelle macchine idrauliche motrici abbiamo analo-
gamente delle turbomacchine, le turbine, e delle macchine volumetriche, come i motori a stan-
tuffi impiegati in idrostatica. Nelle turbomacchine si distingue poi se la girante sia, oppure non
sia, racchiusa in un involucro, chiamato cassa. La corrente fluida che esce da una girante priva
di cassa (ad esempio una ruota a vento oppure lelica di un aereo o di una nave), non essendo
contrastata dalla schiera di pale fisse presenti nella cassa, animata da un movimento rotato-
rio che fonte di una sensibile perdita di energia.
Oltre alle singole macchine, in questo corso vengono trattati anche gli impianti, che possiamo
definire come sistemi composti da pi di una macchina. Analogamente a quanto abbiamo fatto
con le macchine, possiamo distinguere due categorie di impianti a fluido:
13.6. SOMMARIO 273

1) impianto motore che ha la funzione di sviluppare un lavoro;


2) impianto operatore che assorbe lavoro per generare un effetto desiderato.

Gli impianti motori, a loro volta, si suddividono, sulla base del fluido di lavoro, in
impianti motori idraulici esemplificati dal sistema bacino, condotta forzata e turbina, predi-
sposto per lo sfruttamento dellenergia messa a disposizione dellacqua;
impianti motori termici come gli impianti con turbina a gas oppure a vapore;
impianti motori eolici in cui viene sfruttata lenergia del vento.
Tra gli impianti operatori citiamo limpianto frigorigeno e la pompa di calore. Ambedue que-
sti impianti assorbono lavoro per modificare, in modo opposto, la temperatura di un determinato
ambiente: per ridurla nel caso del frigorigeno e per aumentarla nel caso della pompa di calore.

13. 6 SOMMARIO
Gli obbiettivi principali che vengono seguiti nel progetto di una macchina a fluido sono quelli
di renderne minimi il consumo dellenergia e il livello di inquinamento, presupposti essenziali
dello sviluppo sostenibile di ogni economia.
La maggior parte dellenergia viene ottenuta mediante la combustione di combustibili fossili che,
reagendo con lossigeno dellaria, danno luogo a diossido di carbonio (CO2) e vapor dacqua
(H2O). Il diossido di carbonio un gas che contribuisce alleffetto serra, fenomeno naturale per
il quale alcuni gas riescono a intrappolare nellatmosfera le radiazioni infrarosse emesse dalla
Terra; il risultato un potenziale riscaldamento globale del clima.

Nella combustione dei combustibili fossili si formano cinque classi di inquinanti primari:
ossidi di azoto NOx (NO ed NO2);
monossido di carbonio CO;
composti organici volatili;
particolato;
ossidi di zolfo SOx (SO2 ed SO3).

Gli inquinanti primari possono reagire nellatmosfera dando luogo agli inquinanti secondari prin-
cipalmente rappresentati da:
precipitazioni acide, costituite da solfati e nitrati, originate dallossidazione di NOx e SOx;
smog fotochimico, che ha per prodotto principale lozono atmosferico O3, originato da rea-
zioni di NOx ed HC in presenza di una intensa radiazione solare.

Una macchina tanto pi efficiente, e cio lenergia termica posseduta dal combustibile viene
convertita con tanta maggiore efficienza in lavoro meccanico, quanto pi elevate sono le tem-
perature con cui si realizza la combustione; ma temperature elevate significano anche alti NOx
e quindi, purtroppo, i due termini NOx e CO2 (o il consumo di combustibile) sono tra loro con-
trastanti.

Le macchine a fluido possono essere classificate sulla base:


della direzione di trasferimento dellenergia tra fluido e macchina in:
macchine motrici, quando si utilizza lenergia del fluido per produrre energia meccanica,
macchine operatrici, quando la macchina assorbe energia per immetterla nel fluido;
274 CAPITOLO 13. ENERGIA, AMBIENTE E MACCHINE A FLUIDO

del tipo di fluido trattato in:


macchine idrauliche, nel caso di un fluido incomprimibile come lacqua,
macchine termiche, nel caso di un fluido comprimibile come un gas o un vapore;
del modo di lavorare del fluido in:
macchine volumetriche, quando il fluido racchiuso periodicamente in un volume, scambia
energia attraverso la pressione statica che si esercita con le pareti mobili della macchina,
macchine dinamiche, quando un flusso continuo di fluido determina forze dinamiche
generate dalla velocit del fluido che si muove relativamente agli organi mobili della mac-
china.

Gli impianti a fluido sono un insieme di pi macchine e possono essere classificati in:
impianti motori, quando sviluppano un lavoro;
impianti operatori, quando assorbono lavoro per generare un effetto desiderato.
Capitolo 14
IDRAULICA

14. 1 FLUIDI
La meccanica dei fluidi14.1 ha per oggetto lo studio del fluido, un corpo che non ha forma pro-
pria e che pu assumere la forma del recipiente che lo contiene. I fluidi si distinguono in
liquidi e in gas (Figura 14.1). I liquidi, pur non avendo forma propria, sono sensibilmente dotati
di volume proprio, mentre i gas non hanno neppure volume proprio. Al contrario dei solidi, i
fluidi non possono offrire una resistenza permanente a forze che tendono a deformarli: i diversi
strati di fluido iniziano a scorrere uno sullaltro continuando a deformarsi fino a tanto che la
forza rimane applicata. La deformazione causata dallo sforzo di taglio , rapporto tra la
forza F che agisce tangenzialmente alla superficie e larea A della superficie stessa. Per converso,
se il fluido si muove deformandosi, in seno al fluido nascono degli sforzi di taglio, che dipen-
dono dalla velocit con cui il fluido si deforma e che si annullano allorch la velocit di defor-
mazione si annulla. Possiamo cos definire un fluido come una sostanza che si deforma in modo
continuo sotto lazione di sforzi di taglio, per quanto piccoli questi possano essere.

a b
Deformazione statica
Pelo libero

Solido

Liquido Gas

Fig. 14.1 - a) Un solido in quiete pu resistere agli sforzi di taglio che nascono a seguito di una deformazione
(linea tratteggiata) causata dal proprio peso.
b) Un liquido oppure un gas in quiete, al contrario di un solido, richiede delle pareti che lo sostengano, in
modo da eliminare gli sforzi di taglio.

Per la legge di Newton (Figura 14.2), lo sforzo di taglio = F/A [Pa] proporzionale alla varia-
zione della velocit v [m/s] del fluido ed inversamente proporzionale alla distanza h [m] tra i

14.1 - La meccanica dei fluidi (Para- dinamica che considera il moto dei rivolta ad un liquido, come lacqua, si
grafo 1.1) pu essere suddivisa in: fluidi associato alle forze, cause o preferisce parlare di idrostatica e di idro-
statica dei fluidi, rivolta allo studio risultato di questo movimento. dinamica.
dei fluidi in quiete; Quando lattenzione prevalentemente
276 CAPITOLO 14. IDRAULICA

due strati di fluido considerati attraverso una costante [Pas] che prende il nome di viscosit
dinamica: = (v/h). La viscosit funzione del fluido considerato; alla temperatura di 20 C,
per laria vale 1,8 10 5 Pas, mentre per lacqua 100 volte pi grande: 1,0 10 3 Pas. Si
definisce fluido reale un fluido per cui occorre tener presente la viscosit nei calcoli; fluido
ideale invece il fluido che ha un coefficiente di viscosit nullo. Un fluido in quiete si comporta
nel modo ideale perch sono assenti quelle variazioni di velocit che danno origine alla visco-
sit; ma anche quando non esistono forti variazioni di velocit tra strato e strato di fluido pos-
sibile considerare il fluido ideale in quanto il risultato del prodotto di per la variazione di velo-
cit v sufficientemente piccolo da poterlo ritenere trascurabile e sono quindi trascurabili gli
sforzi di taglio che nascono in seno al fluido. Altre volte esistono invece delle forti variazioni
di velocit da punto a punto (gradienti), come avviene per un fluido che scorrendo in un canale
passa da una velocit molto bassa, al limite nulla, in prossimit della parete alla velocit mas-
sima in mezzo al canale; in questo caso gli effetti della viscosit non si possono pi trascurare.
La massa volumica = m/V [kg/m3] di un fluido la massa m [kg] di fluido contenuto nellunit
di volume V [m3]; il suo reciproco v = V/m [m3/kg] il volume massico. Il rapporto tra la visco-

A F

Fig. 14.2 - Deformazione di un fluido, posto tra due piatti distanti h, sotto lazione
di sforzi di taglio = F/A generati dalla forza tangenziale F.

sit dinamica [Pas = (N/m2) s = (Ns)/m2 = (kgms 2s)/m2 = (kgs 1)/m = kg/(ms)] e la massa
volumica [kg/m3], la viscosit cinematica = / [m2/s], detta cos perch nelle dimensioni
non compare pi la massa. Quando la variazione della massa volumica, al variare della pres-
sione, cos piccola da potersi ritenere trascurabile, allora il fluido pu essere trattato come
incomprimibile, caso usuale dei liquidi. Al contrario, i gas possono essere compressi con
estrema facilit e, fatta eccezione per variazioni di pressione e quindi di massa volumica molto
modeste, saranno considerati comprimibili.

14. 2 PRESSIONE
Si visto (Paragrafo 14.1) che in un fluido in quiete non vi possono essere forze tangenziali:
tutte le forze nel fluido devono perci essere perpendicolari alle superfici sulle quali esse agi-
scono; in particolare, le forze esercitate tra il fluido e il contorno solido sono perpendicolari al
contorno (Figura 14.3). Il rapporto tra la forza F [N] e la superficie A [m2] la pressione p,
misurata in pascal [Pa = N/m2]:
F
p= 14-1
A

In un fluido in quiete la pressione la stessa in tutte le direzioni (principio di Pascal): al con-


trario del solido, dove una forza viene trasmessa essenzialmente in una sola direzione (se si
preme il blocco della Figura 14.4-a la forza si trasmette solo sulla faccia opposta), una forza
14.2. PRESSIONE 277

a b c

Fluido Solido Fluido F1 Solido


F F2 Fluido
F
A A R1
Fn
R2
R R

Piano immaginario

Rn

Fig. 14.3 - Forze in un fluido in quiete (ad esempio acqua); la forza F (Figura 14.3-a), a cui corrisponde per la terza
legge di Newton la reazione uguale ed opposta R esercitata dal fluido, perpendicolare alla superficie del recipiente.
Ci vero anche per una superficie curva (Figura 14.3-b), con pi forze F1, F2, Fn perpendicolari ai vari seg-
menti, in cui si pu pensare di suddividere la parete, oppure per un piano immaginario (Figura 14.3-c), tracciato
allinterno del fluido.

esercitata su un liquido contenuto in un recipiente (Figura 14.4-b) viene trasmessa ugual-


mente al suo interno, in tutte le direzioni, sotto forma di pressione. Un liquido contenuto in un
circuito idraulico di forma qualsiasi (Figura 14.5), trasmetter perci la pressione nello stesso
modo, prescindendo da come questultima viene generata. Lintervento di una forza, cio, d ori-

a Pistone b Pistone
kg mobile kg mobile

Solido Liquido

Fig. 14.4 - a) Forza trasmessa in un solido.


b) Forza applicata ad un liquido contenuto in un recipiente.

kg

Fig. 14.5 - Lapplicazione di una forza comunque generata, determina in un liquido una pressione che si trasmette
ugualmente in tutte le direzioni al suo interno.
278 CAPITOLO 14. IDRAULICA

gine a una pressione, sia che la forza venga determinata dal-


lapplicazione di una massa, sia dalla spinta di una mano, sia
p1
infine dallazione di un torchio.
z1

Allinterno di un fluido si isoli un cilindretto di fluido di


massa volumica , compreso tra le profondit z1 e z2 (Figura
Area A
14.6 ). Essendo il fluido in quiete, il cilindro di fluido deve
z2
trovarsi in equilibrio e quindi la somma delle forze verticali
deve essere nulla; queste forze sono dovute alle pressioni
(14-1) p1A (orientata verso il basso) e p2A (orientata verso
lalto) e al peso del fluido contenuto nel cilindro (1-10)
mg = Vg = A(z2 z1)g:
p1A p2A + A(z2 z1)g = 0 p2 = p1 + g (z2 z1)
La pressione p2 nel punto 2 data dalla somma della pres-
p2 sione p1, presente al livello 1, pi il termine g (z2 z1) che
tanto maggiore quanto maggiore la profondit z2 del
punto 2 rispetto al punto 1. Qualora la profondit venga
Fig. 14.6 - Variazione della pressione con la profon- misurata a partire dalla faccia superiore del cilindro, allora z1
dit. Nel fluido in quiete, il cilindro di fluido risulta risulta uguale a zero; se inoltre la pressione p1 nulla, le-
in equilibrio sotto lazione delle forze verticali
dovute alla pressione e al peso del fluido; sono quazione precedente d la pressione (che adesso indichiamo
invece nulle le forze verticali, determinate dal fluido con p al posto di p2 ) in funzione della profondit (indicata
circostante che insistono sul mantello del cilindro con z al posto di z2 ):
perch, essendo il fluido in quiete, sono assenti gli
sforzi di taglio. p = gz 14-2

La pressione, ad esempio, che si raggiunge a 40 m sotto la superficie del mare ( = 1025 kg/m3)
vale:
p = gz = 1025 kg/m3 9,81 m/s2 40 m = 402.210 Pa = 0,4 MPa
La formula 14-2 stabilisce anche che la pressione p esercitata da un fluido dipende solo dal-
laltezza z della colonna di fluido che sovrasta il punto considerato (Figura 14.7 ) e dalla sua
massa volumica .

Area A Area A Area A Area A

Fig. 14.7 - Il paradosso idrostatico: i quattro recipienti, tutti con la stessa area di base A e riempiti fino allaltezza
z dallo stesso liquido di massa volumica , hanno sul fondo uguale pressione p e uguale forza F = pA = gzA
anche se il peso del liquido contenuto in ciascun recipiente diverso.

In un fluido in quiete la pressione in due punti situati allo stesso livello la stessa (Figura 14.8-a).
La superficie libera del contenitore si trova alla pressione atmosferica e forma un piano oriz-
zontale. I punti A, B, C e D sono a uguale profondit, in un piano orizzontale, e sono collegati
dallo stesso fluido, lacqua; su tutti i punti agisce quindi la stessa pressione. Anche i punti A,
B e C, che si trovano sul fondo del contenitore, sopportano la stessa pressione, che pi alta
14.2. PRESSIONE 279

Pressione atmosferica

Acqua

A B C D

Mercurio
A B C D

Fig. 14.8-a - Distribuzione della pressione in un liquido in quiete.

di quella che agisce nei punti A, B, C e D in quanto la


Pressione atmosferica
profondit di A, B e C maggiore. Il punto D, tut-
tavia, anche se si trova alla stessa profondit di A, B
e C, sopporta una pressione diversa, poich si trova
h
sotto un fluido diverso il mercurio e non quindi
collegato a questi ultimi punti da un percorso di acqua.

M
La pressione misurata partendo da un livello di pres-
sione uguale a zero si chiama pressione assoluta, men-
tre quella misurata al di sopra della pressione atmo-
Fig. 14.8-b - La pressione assoluta nel punto M, che si sferica prende il nome di pressione relativa; la
trova alla profondit h, data dalla pressione atmosferica pressione assoluta perci data dalla somma della
(che agisce sul pelo libero del liquido contenuto nel reci-
piente) pi la pressione relativa uguale a gh (14-2). pressione atmosferica e da quella relativa (Figura
14.8-b):

pressione assoluta = pressione relativa + pressione atmosferica 14-3

Risolvendo rispetto ad h la formula che d la pressione (p = gh), si ottiene lespressione del-


laltezza verticale o carico h = p/g. Ad esempio, alla pressione atmosferica patm pari a 101,32 kPa
(cio 101.320 Pa) corrisponde unaltezza hH O della colonna dacqua (simbolo chimico H2O) di
2

massa volumica H O = 1000 kg/m3:


2

101.320 Pa
hH O = = 10, 33 m dacqua
2
1000 kg/m 3 9, 81 m/s 2

e unaltezza hHg della colonna di mercurio (simbolo chimico Hg) di massa volumica
Hg = 13.600 kg/m3:
101.320 Pa
h Hg = = 0, 76 m = 760 mm di mercurio
13.600 kg/m 3 9, 81 m/s 2
La relazione h = p/( g) tra pressione e altezza (carico) viene utilizzata per la misura della pres-
sione con manometri. Il manometro pi semplice il tubo di pressione o piezometro
(Figura 14.9-a) consistente in un tubo verticale aperto allestremit superiore e inserito nel reci-
piente contenente il liquido in pressione. Laltezza, raggiunta dalla colonna di liquido allinterno
del piezometro dipende dalla pressione presente nel recipiente. Se la parte superiore del tubo
in comunicazione con latmosfera, la pressione misurata la pressione relativa.
280 CAPITOLO 14. IDRAULICA

patm patm
Il manometro a U a tubo aperto (Figure
14.9-b e 14.9-c) pu venire utilizzato per
misurare la pressione sia di liquidi che di
gas. Il ramo del tubo a U che si trova dal
lato dellatmosfera viene riempito con
un liquido di misura della pressione
(liquido manometrico) non miscibile con
h1 h2 il fluido di cui si intende misurare la
pressione, e contraddistinto da una massa
volumica man pi elevata di quella del
fluido . Siano B il punto che individua il
A livello della superficie di separazione tra
liquido manometrico e fluido, di cui si
B
vuole misurare la pressione (ramo a sini-
stra), e C il punto che si trova allo stesso
livello di B, ma sul ramo di destra. Es-
Fig. 14.9-a - Tubo piezometrico installato in un condotto: la pressione in A
sendo i due punti B e C allo stesso li-
quella dovuta alla colonna liquida di altezza h1 e vale pA = gh1, mentre la vello, risulta (Figura 14.9-b) pB = pC con
pressione in B vale pB = gh2. p B = p + gh1 (pressione p in A pi la
pressione dovuta alla profondit h1) e
pC = patm + man gh man (pressione atmosfe-
rica pi la pressione dovuta allaltezza
hman del liquido manometrico). Tenendo presente che patm = 0, in quanto si considera la pres-
sione relativa, e che il termine gh1 notevolmente inferiore a man ghman essendo man , la
pressione p che si vuole misurare data da:

p + gh1 = man ghman p = man ghman gh1 p = man ghman

patm

patm
D

A hman A h1
B C
h1 D hman

B C

Fig. 14.9-b - Manometro a U a tubo aperto. Fig. 14.9-c - Manometro a U con hman negativo.

Esempio 14.1 Carico idraulico


Un cilindro contiene un liquido alla pressione relativa di 400 kPa. Si chiede di
a) esprimere questa pressione in termini di altezza (carico) di una colonna di acqua (H O = 1000 kg/m3)
2

e di una colonna di mercurio (densit 13,6);


b) calcolare, assumendo una pressione atmosferica pari a 101,3 kPa, la pressione assoluta esistente nel
cilindro.
14.3. MOTO DEI FLUIDI 281

SOLUZIONE
Applicando le considerazioni svolte alla fine del Paragrafo 14.2 otteniamo laltezza della colonna di acqua
hH O:
2
400.000 Pa
hH O = = 40,77 m di colonna dacqua
2
1000 kg/m 3 9, 81 m/s 2

La massa volumica del mercurio data dal prodotto della sua densit per la massa volumica dellacqua
(Paragrafo 1.19):
Hg = 13,6 1000 kg/m3 = 13.600 kg/m3

e quindi si calcola laltezza della colonna di mercurio hHg:

400.000 Pa
h Hg = = 3,0 m di colonna di mercurio
13.600 kg/m 3 9,81 m/s2

La pressione assoluta vale (14-3):


passoluta = prelativa + patmosferica = 400 kPa + 101,3 kPa = 501,3 kPa

14. 3 MOTO DEI FLUIDI


Il movimento di un fluido pu variare da punto a punto e da istante a istante. Il moto si dice
uniforme se la velocit, in un dato istante, si mantiene identica in intensit e direzione in cia-
scun punto del fluido. Se, al contrario, la velocit in un determinato istante varia da punto a
punto, il moto viene definito non uniforme. Il moto si dice stazionario quando tutte le condi-
zioni in ciascun punto della corrente rimangono costanti rispetto al tempo, pur potendo variare
in punti diversi: quando cio le principali grandezze che caratterizzano il moto del fluido
(velocit, pressione e sezione trasversale del flusso) possono variare da punto a punto ma non
cambiano con il tempo.
Se, al contrario, in un dato punto, le condizioni di moto cambiano al variare del tempo, allora
il moto si dice non stazionario.
Il moto stazionario (o non stazionario) e il moto uniforme (o non uniforme) possono esistere
indipendentemente luno dallaltro; sono quindi possibili quattro combinazioni. Cos un liquido
che si muove con portata costante, in un condotto lungo e diritto di sezione costante, d luogo
a un moto stazionario uniforme (la velocit del liquido infatti in ogni punto del condotto e in ogni
istante la stessa); il moto di un liquido con una portata costante in un condotto conico un moto
stazionario non uniforme (essendo la portata costante, la velocit del liquido si mantiene la stessa
ad ogni istante in un determinato punto, ma varia da punto a punto nel procedere lungo il con-
dotto in quanto varia il diametro della sezione). Al variare della portata del liquido i due casi pre-
cedenti diventano rispettivamente esempi di moto non stazionario uniforme (nel condotto a
sezione costante la velocit varia da istante a istante in quanto cambia la portata, ma non da
punto a punto lungo lasse del condotto, in quanto la sezione rimane costante) e di moto non sta-
zionario e non uniforme ( il condotto conico in cui la velocit del liquido varia, da istante a
istante, per la variazione della portata e, da punto a punto lungo lasse, in quanto varia la sezione
del condotto).
Nel funzionamento delle macchine possiamo distinguere un periodo iniziale transitorio, soli-
tamente molto breve, caratterizzato da una sensibile variazione delle grandezze, in funzione del
tempo, seguito da un periodo a regime, in cui le principali grandezze che individuano il moto
del fluidi si sono stabilizzate: si sono cos raggiunte le condizioni di moto stazionario.
Nel caso di moto non uniforme, si verificano, da punto a punto, delle variazioni del campo di
moto, in modo tale che velocit, pressioni e altri fattori variano rispetto alle tre coordinate spa-
ziali. Ma la maggior parte dei problemi pratici pu essere trattata come se la variazione delle
282 CAPITOLO 14. IDRAULICA

principali grandezze caratterizzanti il moto del fluido avvenisse secondo una sola direzione (cor-
rente unidimensionale). In pratica ci equivale a considerare tutte le propriet del fluido pres-
sione, velocit e quota uniformi su una data sezione trasversale. Nella trattazione delle mac-
chine a fluido verr considerato il solo caso di moto stazionario, perch questo caratterizza il
funzionamento abituale della macchina, al di fuori del breve transitorio iniziale, e di flusso uni-
dimensionale, perch rappresentativo di quanto avviene nel condotto della macchina.

Colore

Filamento di colore Rubinetto

Acqua
Uscita
Serbatoio

Fig. 14.10-a - Esperimento di Reynolds (1883).

Iniettando del colore allingresso di un tubo di vetro trasparente nel quale fluisce dellacqua pro-
veniente da un serbatoio (Figura 14.10-a) si trova che, per basse velocit dellacqua, le parti-
celle dacqua si muovono per linee parallele. Questo tipo di moto viene chiamato laminare o
per linee di flusso oppure viscoso in quanto (Figura 14.10-b):

il fluido sembra venir laminato in strati molto sottili che scorrono luno sullaltro; oppure
le particelle del fluido si muovono in modo ordinato lungo linee di flusso; oppure
il moto caratteristico di un fluido viscoso o un moto in cui la viscosit giuoca un ruolo fon-
damentale.

Aprendo via via il rubinetto (Figura 14.10-a), in modo da far aumentare progressivamente la
velocit dellacqua, si raggiunge una condizione per cui il filo di colore dapprima inizia a oscil-
lare, e successivamente, per velocit dellacqua ancora maggiori, si rompe e il colore si diffonde
nel volume: il liquido tende a colorarsi tutto, mostrando cos che le particelle del fluido non si
muovono pi in modo ordinato, ma occupano posizioni diverse, le une rispetto alle altre, nelle
successive sezioni trasversali (Figura 14.10-c). Definiamo questo tipo di moto turbolento: esso
caratterizzato da piccole ma continue fluttuazioni nella intensit e nella direzione della velo-
cit del fluido, accompagnate da corrispondenti fluttuazioni della pressione.

b c

Fig. 14.10 - b) Schema di moto laminare.


c) Schema di moto turbolento.
14.3. MOTO DEI FLUIDI 283

Il numero di Reynolds R un numero puro che ci dice quando siamo in presenza di moto lami-
nare e quando di moto turbolento14.2. Esso funzione della massa volumica , della velocit v,
della viscosit dinamica del fluido (oppure della viscosit cinematica = /) e di una lun-
ghezza caratteristica L del sistema fisico considerato (potrebbe essere il diametro del canale in
cui scorre il fluido):
Lv Lv
R= = 14-4
v

Da esperienze effettuate facendo scorrere liquidi diversi in tubi diritti di vario diametro, stato
calcolato il numero di Reynolds, assumendo come lunghezza caratteristica il diametro del tubo
e, come velocit, la velocit media del liquido. Si visto che per valori del numero di Reynolds
al di sotto di 2100 il moto laminare, tra 2100 e 4000 vi una zona di transizione tra i due regimi,
mentre al di sopra di 4000 il moto turbolento. Questi valori del numero di Reynolds si appli-
cano soltanto al moto dei fluidi in condotti, ma altri valori di R possono essere ricavati per altri
tipi di flusso, come, ad esempio, quello lungo la paletta di un compressore.
Definiamo come numero di Reynolds critico Rc quel valore del numero di Reynolds in corri-
spondenza del quale si verifica la transizione da regime laminare a regime turbolento. A Rc cor-
risponde, per una data lunghezza caratteristica, una velocit del fluido vc (chiamata velocit cri-
tica), al di sotto della quale il moto ancora laminare.

14.2 - Allorch viene disturbato il movimento di una particella di fluido in una corrente, la sua inerzia ten-
der a portarla nella nuova direzione, ma le forze viscose, dovute al fluido circostante, tenderanno a inca-
nalarla secondo il movimento del resto della corrente. Nel moto laminare gli sforzi viscosi di taglio sono suf-
ficienti per eliminare gli effetti di qualsiasi deviazione, ma in un flusso turbolento questi risultano inadeguati.
Il criterio per decidere se siamo in presenza di flusso laminare oppure di flusso turbolento dato quindi dal
rapporto tra forze di inerzia e forze viscose che agiscono sulle particelle di fluido: questo rapporto appunto
il numero di Reynolds. Si veda il Paragrafo 5.4 di Macchine Idrauliche dello stesso Autore.

Esempio 14.2 Transizione da regime laminare a regime turbolento


Dellacqua (v = 1,01 10 6 m2/s) alla pressione atmosferica e alla temperatura di 20 C scorre in un tubo
cilindrico di 30 mm di diametro.
Determinare:
a) la velocit critica a cui pu iniziare la transizione da regime laminare a regime turbolento;
b) la velocit critica nel caso in cui nel tubo venisse fatta passare dellaria ( = 1,51 10 5 m2/s).

SOLUZIONE
a) Risolvendo rispetto alla velocit v lequazione 14-4, si ha:
Lv Rv
R= v=
v L
Se in questa espressione sostituiamo al valore generico del numero di Reynolds R, il valore critico Rc,
che possiamo assumere pari a 2100, limite superiore delle condizioni per cui il moto sicuramente
ancora laminare, otteniamo la velocit critica vc. Come lunghezza caratteristica L, si considera il dia-
284 CAPITOLO 14. IDRAULICA

metro del tubo, poich questa la dimensione piu significativa al fine di individuare il passaggio
dalIuno allaltro regime del flusso che avviene nel tubo.
Rc v 2100 1, 01 10 6 m 2 /s
vc = = = 0, 07 m/s
L 0, 03 m
b) Qualora nel tubo passasse dellaria, avremmo come velocit critica:
2100 1, 51 10 5 m 2 /s
vc = = 1, 06 m/s
0, 03 m

COMMENTI
1. Ricordarsi sempre di convertire le unit di misura prima di iniziare i calcoli in modo da avere gran-
dezze omogenee: il diametro del tubo deve figurare in metri e non in millimetri in quanto la viscosit
cinematica espressa in m2/s.
2. La velocit critica dellaria circa 15 volte maggiore di quella dellacqua; il rapporto uguale a quello
delle rispettive viscosit cinematiche.

14. 4 CONSERVAZIONE DELLA MASSA


Nellipotesi di corrente unidimensionale, possibile trascurare la variazione della velocit del
fluido in prossimit delle pareti (Figure 14.11-a e 14.11-b), assumendo una velocit v pari al
valor medio quale si avrebbe nel caso di un fluido ideale (Figura 14.11-c). Nellipotesi di moto
stazionario, la massa di fluido che si trova tra le due sezioni di ingresso 1 e di uscita 2 di un con-
dotto (Figura 14.11-d ) rimane costante: non si hanno cio n accumuli n fughe di fluido, ma
la quantit di fluido che entra uguale alla quantit di fluido che esce. Sotto queste due ipotesi,
si pu scrivere lequazione di continuit che afferma che la portata in massa m [kg/s], massa
di fluido [kg] che passa nellunit di tempo [s] attraverso la sezione trasversale del condotto, si
conserva:
m = 1 A1v1 = 2 A2v2 = Av 14-5

Portata in massa Portata in massa Portata in massa


del fluido che del fluido che del fluido in una
entra nella esce dalla generica sezione
sezione 1 [kg/s] sezione 2 [kg/s] tra 1 e 2 [kg/s]

La portata in massa di fluido m che attraversa la generica sezione (massa volumica , area tra-
sversale A e velocit v) deve essere uguale alla portata di fluido che entra nella sezione 1, di area
trasversale A1 con velocit v1 diretta normalmente a questa sezione e con massa volumica 1;
la portata m deve poi essere uguale alla portata di fluido che esce dalla sezione 2, di area tra-
sversale A2 con velocit v2 diretta normalmente ad A2 e con massa volumica 2. Nel caso di un
liquido, il fluido si considera incomprimibile ( 1 = 2 = = costante), e lequazione di conti-
nuit afferma la conservazione della portata in volume V [m3/s]:

V = A1v1 = A2v2 = Av 14-6

Portata in volume Portata in volume Portata in volume


del fluido che del fluido che del fluido in una
entra nella esce dalla generica sezione
sezione 1 [m3/s] sezione 2 [m3/s] tra 1 e 2 [m3/s]
14.4. CONSERVAZIONE DELLA MASSA 285

a b c d
sezione trasversale
del condotto 2 v2
A2
v v

v1 A1
A1

Fig. 14.11 - a) Profilo di velocit addolcito nelle condizioni di moto laminare passando dal valore zero alla parete al valor mas-
simo nel centro del condotto.
b) Nelle condizioni di moto turbolento il profilo di velocit risulta ripido in prossimit della parete, a causa del forte rimesco-
lamento tra gli strati di fluido, e piatto nel centro del condotto.
c) Profilo di velocit in un condotto nel caso di fluido ideale: lassenza della viscosit fa s che il profilo della velocit non vari
lungo la sezione.
d) Condotto a cui viene applicato il principio di conservazione della massa.

Esempio 14.3 Relazione tra portata, diametro e velocit in un sistema


di tubi
Dellacqua scorre nel sistema di tubi della Figura 14-12. I primi due tratti a e b sono in serie, mentre la
parte finale costituita da due tratti di tubo c e d in parallelo. Sono assegnati i seguenti dati per i tratti
a: diametro Da = 60 mm = 0,06 m;
b: diametro Db = 80 mm = 0,08 m; velocit vb= 2 m/s;
c: velocit vc = 2 m/s
d: diametro Dd = 40 mm = 0,04 m; portata in volume Vd = Vc /2

Si chiede di determinare per i tratti


a: portata in volume V e velocit v ;
a a

b: portata in volume Vb ;
c: portata in volume Vc e diametro Dc ;
d: portata in volume Vd e velocit vd.

Da = 60 mm Db = 80 mm vc = 2 ms
Va = ? vb = 2 ms Vc = ?
va = ? Vb = ? Dc = ?
c

a b
d

Dd = 40 mm
Vd = Vc /2
Fig. 14.12 - Relazioni tra portata in volume, diametro
e velocit per i vari tratti delle tubazioni illustrate V = ?
d

nellEsempio 14.3. vd = ?
286 CAPITOLO 14. IDRAULICA

SOLUZIONE
Le ipotesi di questo Esempio sono: moto stazionario, corrente unidimensionale, fluido incomprimibile
(si tratta di acqua). Sotto queste condizioni lecito applicare lequazione 14-6. Nei primi due tratti
in serie a e b la portata in volume uguale (Va = Vb ) . Quindi per il tratto b dove abbiamo una sola
incognita la portata Vb possiamo scrivere:
Db2 (0,08 m)2
Vb = Ab vb = vb = 2 m/s = 0,01 m 3 /s
4 4
V = V = 0, 01 m 3 /s
a b

La velocit va si ricava risolvendo rispetto alla velocit lequazione 14-6:


Va Va 4Va 4 0,01 m 3 /s
va = = = = = 3,54 m/s
Aa Da2 / 4 Da2 (0,06 m)2
Consideriamo adesso la portata che esce dal tubo b per immettersi nei due tubi in parallelo c e d. Per la
continuit del flusso, la portata in b deve essere data dalla somma delle due portate in c e in d:
Vb = Vc + Vd
Daltra parte uno dei dati dellEsempio e il rapporto tra le due portate in c e in d:
V = (1/2) V
d c

1 3 V
Vb = Vc + Vc = Vc = 1,5 Vc Vc = b
2 2 1,5

0, 01 m 3 /s
Vc = = 0, 00667 m 3 /s
1, 5

Vd = (1/2) Vc = 0, 0033 m 3 /s

Sempre dallequazione 14-6, risolta prima rispetto al diametro Dc e poi rispetto alla velocit vd, si otten-
gono:
Dc2 4Vc 4V
Vc = vc Dc2 = Dc = c
4 vc vc

4 0,00667 m 3 /s
Dc = = 0,065 m = 65 mm
2 m/s

Dd2 4Vd
Vd = vd vd =
4 Dd2

4 0,0033 m 3 /s
vd = = 2,65 m/s
(0,004 m )2

14. 5 CONSERVAZIONE DELLENERGIA


Allo stesso modo di quanto avviene per un corpo solido, lelemento fluido di massa m che si
muove lungo il condotto della Figura 14.13 possiede unenergia potenziale (originata dal fatto
di trovarsi a una determinata quota z valutata rispetto a un piano di riferimento) e unenergia
cinetica (determinata dalla sua velocit v). Lelemento di fluido di massa m [kg], che si trova sog-
getto allazione dellaccelerazione di gravit g [m/s2], d origine a una forza: la forza peso mg
[N]; questa forza moltiplicata per lo spostamento z [m], che potrebbe subire lelemento qualora
14.5. CONSERVAZIONE DELLENERGIA 287

fosse portato dalla quota attuale al livello di riferimento, d origine a unenergia [Nm = J], che
prende il nome di energia potenziale, in quanto energia posseduta dallelemento di fluido in
potenza; diviene cio attuale soltanto quando si realizza la variazione di quota z:

Energia potenziale = mgz

Il semiprodotto della massa m dellelemento fluido per il quadrato della sua velocit v
lenergia cinetica, anchessa espressa in Joule ([kg] [m2/s2] = [kgm/s2] [m] = [Nm] = J):

1
Energia cinetica = mv2
2

Lelemento di fluido che si sposta compie anche un lavoro in


virt della sua pressione poich, sulla sezione trasversale
OP di area A (Figura 14.13), la pressione p d luogo alla
v P
P
forza F = pA che, muovendosi il fluido da OP ad OP di una
lunghezza pari al rapporto tra il volume V (lunghezza3) e la-
O
rea A (lunghezza2), genera il lavoro pA(V/A) = pV; essendo
O il volume di fluido V dato dal rapporto tra massa m e massa
z
mg
volumica (V = m/), il lavoro assume lespressione p(m/).
Il prodotto della forza dovuta alla pressione per lo sposta-
Livello di riferimento mento il lavoro del flusso, chiamato di solito energia di
pressione, effettuato dalla pressione per spingere la massa di
Fig. 14.13 - Energia di un fluido in moto; z la fluido attraverso la sezione:
distanza del baricentro dellelemento di fluido con-
siderato rispetto al livello di riferimento.
p
Energia di pressione = m

Lenergia di pressione viene espressa in Joule al pari delle altre due energie potenziale e cine-
tica considerate prima:

Energia di pressione = [ kg]


[Pa]
= [ kg ]
N/m 2 [ ]
= [ N m] = [J ]
kg/m 3 [ ]
kg/m 3 [ ]
Il concetto di energia di pressione non di facile comprensione. Nella meccanica dei corpi solidi,
un corpo libero di cambiare la sua velocit, nel senso che la sua energia potenziale pu essere
liberamente convertita in energia cinetica allorch la quota diminuisce. Non cos in una corrente
di fluido, dove la velocit deve soddisfare lequazione di continuit della portata, funzione della
sezione trasversale della corrente. Se, ad esempio, un fluido incomprimibile come lacqua
scorre in un tubo a sezione costante inclinato, per la 14-6 la sua velocit non pu cambiare.
Perci lenergia potenziale che, al diminuire della quota, non riesce a convertirsi in energia cine-
tica, appare sotto forma di aumento di pressione.

Facciamo lipotesi che, nel moto del fluido incomprimibile, non vi siano perdite di energia
dovute agli attriti. Allora, per il principio di conservazione dellenergia, la somma delle tre forme
di energia introdotte sopra deve essere costante:

p v2
m + m + mgz = costante 14-7
2

Energia di Energia Energia Energia


pressione [J] cinetica [J] potenziale [J] totale [J]
288 CAPITOLO 14. IDRAULICA

Pi spesso si considera unenergia riferita allunit di massa oppure allunit di peso: si indica
con e lenergia totale per unit di massa e con H lenergia totale per unit di peso; si passa
da e ad H moltiplicando questultima per laccelerazione di gravit g: e = gH. Dividendo la 14-7
per la massa di fluido m, si ottiene lespressione del principio di conservazione dellenergia rife-
rita allunit di massa:

p v2
+ + gz = e 14-8
2

Energia di Energia Energia Energia


pressione per cinetica per potenziale per totale per
unit di massa unit di massa unit di massa unit di massa
[J/kg] [J/kg] [J/kg] [J/kg]

oppure, dividendo per la forza peso mg, si ottiene lespressione della conservazione dellener-
gia riferita allunit di peso:

p v2
+ + z = H 14-9
g 2g

Energia di Energia Energia Energia


pressione per cinetica per potenziale per totale per
unit di peso unit di peso unit di peso unit di peso
[J/N = m] [J/N = m] [J/N = m] [J/N = m]

Ciascun membro di questa equazione, detta equazione di Bernoulli, ha le dimensioni di una


lunghezza in quanto, essendo il lavoro dato dal prodotto di una forza per una lunghezza (1-11),
dividendo un lavoro [J] per una forza [N] si ottiene una lunghezza; ciascun membro rappresenta
perci laltezza o carico della colonna di fluido espressa in metri: carico di pressione o carico
piezometrico p/(g), carico cinetico v2/(2g) e carico geodetico z, mentre la somma z + p/(g)
viene indicata con il nome di quota piezometrica ed H il carico totale del fluido o anche carico
idraulico totale. Lequazione di Bernoulli afferma che, nel moto stazionario di un liquido senza
attrito, la somma delle tre forme di energia rimane costante, anche se la distribuzione tra que-
ste pu variare da punto a punto lungo il condotto. Scritta, ad esempio, tra le sezioni 1 e 2 del
condotto schematizzato nella Figura 14.14, lequazione di Bernoulli diviene:

p v2 p v2
+ +z = + +z 14-10
g 2 g 1
g 2 g 2

Carico totale del Carico totale del


liquido che entra liquido che esce
nella sezione 1, dalla sezione 2,
H1 [m] H2 [m]

che, dopo aver precisato i valori di pressione, velocit e quota assunti sulla sezione considerata
(la massa volumica rimane invariata in quanto, trattandosi di un liquido, costante), assume
la forma:
p1 v2 p v2
+ 1 + z1 = 2 + 2 + z 2 14-11
g 2 g g 2 g
14.5. CONSERVAZIONE DELLENERGIA 289

oppure pu venire espressa in funzione delle differenze di pressione, velocit e quota:

p2 p1 v22 v12
+ + (z2 z 1) =0 14-12
g 2g

Differenza Differenza
Dislivello
delle altezze delle altezze
geodetico
piezometriche cinetiche
[m]
[m] [m]

Lequazione 14-11 stata scritta nellipotesi che tra le


1 sezioni 1 e 2 non venga fornita energia al fluido n
v1 gliene venga sottratta. Si potrebbe fornire energia al
Lavoro scambiato
tra fluido e macchina
fluido introducendo tra 1 e 2 una pompa; parimenti
potrebbe essere sottratta energia come lavoro perso per
2 superare gli attriti che si oppongono al moto dei fluido
reale, oppure come lavoro effettuato dal fluido in una
z1 v2 turbina. Lequazione di Bernoulli pu essere cos gene-
ralizzata, in modo da tener conto del lavoro per unit
z2 di peso o carico equivalente hi, trasmesso dagli organi
mobili di una macchina allunit di peso del fluido che
Livello di riferimento lattraversa, e dellenergia meccanica per unit di peso
hw, persa sia per le dissipazioni provocate dallattrito
in seno al fluido sia per le dissipazioni tra fluido e
Fig. 14.14 - Variazioni di energia di un fluido che scorre
in un condotto.
pareti collegate al movimento del fluido reale nel con-
dotto (perdita di carico per resistenze passive):

p2 p1 v22 v12
+ + (z 2 z 1) + hi + hw =0 14-13
g 2g

Carico
Perdita
Differenza equivalente
Differenza di carico
delle Dislivello al lavoro
delle altezze dovuta alle
altezze geodetico scambiato
piezometriche dissipazioni
cinetiche [m] tra macchina
[m] di energia
[m] e fluido
[m]
[m]

Il carico equivalente hi scambiato allinterno della macchina con il fluido sar negativo quando
fatto da una macchina operatrice come una pompa (viene immesso nel fluido dalla macchina)
e positivo quando fatto da una macchina motrice come una turbina (il carico viene fornito dal
fluido alla macchina).
Lequazione di Bernoulli generalizzata pu venire riferita allunit di massa anzich allunit di
peso del fluido moltiplicando tutti i termini della 14-13 per laccelerazione di gravit g:

p2 p1 v22 v12
+ + g ( z 2 z1 ) + li + lw = 0 14-14
2

In questa equazione li rappresenta il lavoro interno scambiato dagli organi mobili della macchina
con lunit di massa del fluido che lattraversa (negativo nel caso di una pompa e positivo nel
290 CAPITOLO 14. IDRAULICA

caso di una turbina), mentre lw il lavoro perso, riferito allunit di massa del fluido, a causa delle
dissipazioni di energia meccanica, provocate dallattrito in seno al fluido e tra fluido e pareti. Il
ricorrere, nel progetto di una macchina, allenergia per unit di massa anzich allenergia per
unit di peso, spesso essenziale, in quanto lenergia per unit di massa indipendente dal-
laccelerazione di gravit. Le pompe, per esempio, sviluppano lo stesso lavoro per unit di massa
del fluido senza relazione con la forza di gravit. Cos il lavoro massico li, fornito dalla pompa
al liquido, sar lo stesso sulla Terra o sulla Luna, oppure infine su un laboratorio spaziale.

Esempio 14.4 Velocit e pressione in un condotto


Una pompa per irrigazione (Figura 14.15) fornisce
allacqua (massa volumica = 1000kg/m3) unener-
gia per unita di peso pari a 25 J/N, cio un carico hp
b 3
Pompa 2m di 25 m di colonna dacqua. La pompa aspira lacqua
da un bacino, che si trova 4 m pi in basso della
pompa, e la invia a un ugello di diametro pari a 40
2
a mm, situato 2 m al di sopra della pompa. Il diametro
4m del tubo nel tratto a, tra bacino e pompa, e nel tratto
b, tra pompa e ugello, pari a 120 mm. Nellipotesi
1 Livello di riferimento di poter trascurare lenergia persa per unita di peso
nei vari tratti dellimpianto, determinare:
a) la velocit del getto dacqua che esce dallugello
(punto 3 della figura);
Fig. 14.15 - Dati sulla pompa per irrigazione dellEsempio 14.4. b) la pressione esistente nel tubo di aspirazione
allingresso della pompa (punto 1 in figura).

SOLUZIONE
a) Conviene applicare lequazione di Bernoulli generalizzata 14-13, in quanto i dati principali, come ad
esempio il carico equivalente generato dalla pompa, sono forniti in metri. Conviene inoltre fare rife-
rimento alle sezioni 1 e 3, che si trovano rispettivamente sul pelo libero del bacino, in prossimit della
sezione di ingresso del tubo che porta alla pompa, e sulla sezione di uscita dallugello (Figura
14.15). Si scelto il punto 1 in quanto qui sono noti:
la pressione p1: p1 = 0 in quanto, essendo situato in corrispondenza del pelo libero dellacqua nel
bacino, si trova alla pressione atmosferica
la velocit v1: v1 = 0, in quanto la superficie del bacino grande rispetto allarea del tubo di aspira-
zione e quindi, per lequazione di continuit, la velocit certamente trascurabile rispetto a quella del-
lacqua allinterno del tubo14.3;
la quota z1: z1 = 0, in quanto il livello di riferimento quello del pelo libero del bacino.
Si e poi scelto il punto 3 perch qui che occorre calcolare la velocit del getto dacqua che esce dal-
lugello. Nel punto 3:
la pressione di nuovo quella atmosferica: p3 = 0;
la quota z3 = 4 m + 2 m = 6 m.
Nellapplicare lequazione 14-13, occorre infine tener presente che
il carico fornito dalla pompa hi = hP;
hw = 0, in quanto non si tiene conto delle perdite di carico.
p1 v2 p v2
+ 1 + z1 + hP = 3 + 3 + z 3
g 2 g g 2 g

v32
(0 + 0 + 0) m + 25 m = 0 m + 2
+ 6 m
2 9,81 m/s
14.6. MOVIMENTO DEI LIQUIDI IDEALI E REALI NEI CONDOTTI 291

v32
= 19 m v23 = 2 9,81 m/s 2 19 m
2 9,81 m/s 2

v3 = (2 9,81 m/s 2 19 m) = 19,3 m/s

b) Per determinare la pressione di aspirazione in 2, Si applica nuovamente lequazione 14-13 tra le sezioni
1 e 2, tenendo presente che, in questo tratto di condotto (tratto a), oltre a mancare il termine relativo
alle perdite di carico, che vengono trascurate, non ce la pompa e quindi risulta hp = 0. Siamo cio ritor-
nati allequazione di Bernoulli scritta nella forma 14-11.

p1 v2 p v2
+ 1 + z1 = 2 + 2 + z 2
g 2 g g 2 g

p v2
(0 + 0 + 0 ) m = 2 + 2 + 4 m
g 2 g

Non solo la pressione p2 incognita, ma anche la velocit dellacqua v2. Determiniamo allora que-
stultima con lequazione di continuit 14.6, applicata tra le sezioni 2 e 3; in questultima sezione
infatti abbiamo appena ricavato la velocit v3 = 19,3 m/s.

D22 D32
A2 v2 = A3 v3 v2 = v3
4 4
2 2
D 0,04 m
v2 = 3 v3 = 19,3 m/s = 2,14 m/s
D2 0,12 m

p2 v2 (2,14 m/s)2
= 2 + 4 m = 4 m = 0,23 m 4 m = 4, 23 m
g 2g 2 9,81 m/s 2

p2 = 1000 kg/m3 9,81 m/s2 ( 4,23 m) = 41.496 Pa = 41,496 kPa 41,5 kPa

14. 6 MOVIMENTO DEI LIQUIDI IDEALI E REALI NEI CONDOTTI


Quando un liquido ideale scorre in un condotto, nellequazione 14-13 nullo il termine che
esprime la dissipazione legata alle resistenze passive (hw = 0); se poi nullo lo scambio di lavoro
con lesterno (non vi sono n pompe n turbine) allora anche nullo il carico scambiato tra mac-
china e liquido (hi = 0). Lequazione 14-13 si riduce allora alla 14-9 che, associata allequazione
di continuit 14-6, permette di descrivere gli andamenti della velocit v e della quota piezo-
metrica z + p/(g) in un condotto; per far questo occorre isolare nella 14-9 i due termini della
quota piezometrica e del carico cinetico:
V
V = A v v= (14-6)
A
p v2
z + + = H (14-9)
g 2 g

Data la costanza della portata, la 14-6 permette di affermare che, essendo inversamente pro-
porzionale allarea A della sezione, la velocit v (prima riga della Tabella 14.1):
aumenta in un condotto convergente;
diminuisce in un condotto divergente;
rimane costante in un condotto a sezione costante.
292 CAPITOLO 14. IDRAULICA

Tabella 14.1
Andamenti di velocit v, quota piezometrica z + p/(g) e carico totale H al variare della sezione
di un condotto in assenza di lavoro scambiato e di resistenze passive
Condotto convergente a sezione costante divergente
v aumenta costante diminuisce
z + p/(g) diminuisce costante aumenta
H costante costante costante

Ma quando la velocit v aumenta, come avviene nel condotto convergente, la quota piezome-
trica z + p/g) (seconda riga della Tabella) deve, per la 14-9, diminuire, dal momento che H man-
tiene un valore costante (terza riga della Tabella). Allo stesso modo, se v diminuisce, la quota
piezometrica aumenta. In conclusione, sulla base delle due equazioni 14-6 e 14-9, possiamo
affermare che la quota piezometrica z + p/(g)
aumenta in un condotto divergente;
diminuisce in un condotto convergente;
non cambia in un condotto in cui la sezione rimane costante.

Nel caso del condotto della Figura 14.16, la


Linea del linea del carico totale H una retta orizzon-
carico totale tale perch nel moto stazionario di un
v12 v22 liquido essa, in assenza di perdite e di scam-
2g 2g v32 bio di lavoro, rimane costante; questa linea
2g scenderebbe se ci fossero delle perdite. La
Linea
piezo
metri
linea piezometrica, che unisce le varie quote
ca piezometriche z + p/( g) scende progressi-
vamente: essa, data infatti dalla differenza
p1 p2 p3
g g g
tra il carico totale H costante e il carico cine-
tico v2/(2g), carico cinetico che aumenta, in
H quanto la velocit della corrente diventa via
3 via pi elevata a mano a mano che diminui-
sce la sezione del condotto. Sempre nella
2
Figura 14.16 sono stati evidenziati il tubo di
1 ristagno (sezioni 1 e 3) per la misura del
carico totale e il tubo piezometrico o piezo-
metro (sezione 2) per la misura del carico
z1 z2 z3
piezometrico. Il tubo di ristagno, avendo la
sezione di imbocco piegata ad angolo retto,
Livello di riferimento
costringe la corrente ad annullare la propria
velocit nellentrare nel tubo (con appunto il
Fig. 14.16 - Rappresentazione grafica dellequazione di Bernoulli nel
caso del moto stazionario di un liquido in assenza di scambio di lavoro ristagno del flusso) e quindi laltezza della
e di resistenze passive. colonna di liquido rappresenta il carico
totale H.

Nel moto del liquido reale cio di un liquido di cui non possibile trascurare la viscosit
nascono, a causa dei gradienti di velocit presenti in seno al liquido nellimmediata prossimit
della parete del condotto (Figure 14.11-a e 14.11-b), degli sforzi di taglio che devono essere vinti
se si vuole mantenere il liquido in moto. La linea del carico totale non pi orizzontale, come
avveniva per il liquido ideale, ma scende gradualmente (Figura 14.17 ) a causa di una perdita
di carico distribuita o continua yc , collegata appunto alla resistenza di attrito presente lungo
le pareti del condotto. In aggiunta alla perdita di energia provocata dallattrito, vi possono essere
anche perdite di energia allorch linterruzione della sezione uniforme del condotto, a causa di
14.6. MOVIMENTO DEI LIQUIDI IDEALI E REALI NEI CONDOTTI 293

valvole, giunzioni, gomiti, ecc., provochi


discontinuit nella corrente. Definiamo questo
Linea del yc secondo tipo di perdita di carico come perdita
carico tota
le di carico accidentale oppure localizzata yl, in
quanto connessa alla presenza, in una deter-
minata sezione del condotto, di elementi che
causano una separazione locale della corrente.
2
In questo caso non avremo pi, come nel caso
visto in precedenza della perdita di carico
continua, un abbassamento graduale della
linea del carico totale, bens una discesa bru-
D
1 sca in corrispondenza della regione del con-
l dotto in cui si verifica la perdita localizzata
(Figura 14.18).

Fig. 14.17 - Perdita di carico continua in un tubo


cilindrico.

yl

Linea del
carico tota
le

Flusso stabile Flusso instabile Flusso stabile

1 2 3 4

Fig. 14.18 - Resistenze localizzate; in alto tracciata la linea del carico totale: questa scende gradualmente a
causa della perdita di carico continua determinata dallattrito (tratto 1-2 e tratto 2-4), ma in corrispondenza del-
lostruzione (sezione 2) subisce una variazione brusca, pari al valore yl dovuto alla perdita di carico localizzata.

Sia le perdite di carico continue yc che quelle localizzate yl sono funzione del carico cinetico
v2/(2g) della corrente:

v2 v2
yc = k a 14-15 yl = k 14-16
2g 2g

attraverso dei coefficienti di resistenza che si ricavano sperimentalmente:


il coefficiente di resistenza di attrito ka funzione a sua volta di lunghezza l e diametro del con-
dotto D mediante il fattore di attrito :

l
ka = 14-17
D

il coefficiente di resistenza localizzata k (Tabelle 14.2 e 14.3) presente nelle zone di separa-
zione della corrente (Figura 14.19).
294 CAPITOLO 14. IDRAULICA

Tabella 14.2
Valori rappresentativi del coefficiente di resistenza localizzata k per varie geometrie di variazione
della sezione trasversale del condotto
Ingresso Tubo che si Ingresso
a spigolo v
prolunga arrotondato v
k = 0,5 v k = 1,0 k = 0,05
vivo allinterno

Restringimento
brusco D/d 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0
D v d
k 0,28 0,36 0,40 0,42 0,44 0,45

Riduzione Allargamento
k = 0,05
graduale brusco v d D
D v d
2 2
k = [(1 (d/D) ]
Allargamento graduale l
k = k [1 (d/D)2 ] 2 (D d)/2l 0,05 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,80
d v D k 0,14 0,20 0,47 0,76 0,95 1,05 1,10

Perdita di uscita (a spigoli vivi, prolungato, arrotondato), k = 1,0.

La somma di tutte le perdite, provocate dallattrito e dalla separazione della corrente, costitui-
sce il carico Y in metri di colonna del fluido considerato, ad esempio lacqua, perso comples-
sivamente a causa della dissipazione di energia per unit di peso incontrata dal liquido reale nel
suo moto lungo il condotto:
Y = yc + yl 14-18

Tabella 14.3
Valori rappresentativi del coefficiente di resistenza localizzata k per valvole, curve e collegamenti
vari nelle tubazioni
k
Valvola a globo, tutta aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Valvola ad angolo, tutta aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
Valvola a saracinesca:
tutta aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,26
aperta a 3/4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,7
aperta a met . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3,2
aperta a 1/4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
Valvola di ritegno a cerniera, tutta aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,7
Valvola in linea a sfera, tutta aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
Valvola a farfalla da 150 mm in su, tutta aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,4
Gomito standard a 90 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,6
Gomito standard a 45 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,32
Gomito a raggio ampio a 90 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,4
Gomito con filettatura maschio e femmina a 90 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
Gomito con filettatura maschio e femmina a 45 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,52
Giunzione a T standard:
flusso nella direzione principale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0,4
flusso attraverso la diramazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1,2
14.6. MOVIMENTO DEI LIQUIDI IDEALI E REALI NEI CONDOTTI 295

Per poter effettuare il bilancio energetico, la perdita di


Regioni di separazione della corrente
carico complessiva Y del condotto va introdotta nelle-
quazione 14-13 al posto della generica altezza hw , che
esprime la perdita di carico dovuta alle dissipazioni di
R energia. Alla perdita di carico Y associata la caduta di
pressione p nel condotto (14-2):
p = gY 14-19
D
mentre la potenza P [W = J/s = (Nm)/s], richiesta per
mantenere in moto il liquido (oppure il gas) nel condotto
in modo da vincere la perdita di carico Y, data dal pro-
dotto della portata del liquido V [m3/s] per la caduta di
Fig. 14.19-a - Andamento della cor- pressione p [Pa = N/m2]:
rente in una curva del condotto.
P = Vp 14-20

k = 1,0 k = 0,5 k0

D D D

Fig. 14.19-b - Perdita di ingresso in un tubo.

Esempio 14.5 Perdita di carico complessiva


In un tubo di acciaio commerciale, di diametro D = 50 mm e lungo l = 30 m, scorre dellacqua. Il fattore
di attrito del tubo = 0,02. La portata dacqua nel tubo V = 0, 012 m 3 /s. Il tubo collega due serba-
toi: occorre quindi considerare una resistenza di ingresso a
spigolo vivo e una resistenza di uscita. Nel tubo sono inoltre presenti due gomiti a 90 e una valvola a
saracinesca completamente aperta. Calcolare la perdita di carico complessiva Y, la caduta di pressione p
generata da Y e la potenza P necessaria per vincere questa caduta di pressione.

SOLUZIONE
La perdita di carico totale Y (14-18) uguale alla perdita di carico continua yc pi la somma () delle varie
perdite di carico localizzate yl espresse rispettivamente dalle equazioni 14-15 e 14-16:

v2 v2 v2
Y = yc + yl = k a + k = (k a + k )
2g 2g 2g

Assegnato il fattore di attrito = 0,02, il coefficiente di resistenza di attrito vale (14-17):

l 30 m
ka = = 0,02 = 12,0
D 0,05 m
296 CAPITOLO 14. IDRAULICA

Il coefficiente di resistenza localizzata k relativo alle diverse perdite si ricava dalle Tabelle 14.2 e 14.3:
k1 = 0,5 per 1 imbocco a spigolo vivo
k2 = 2k = 2 0,6 = 1,2 per 2 gomiti a 90
k3 = 0,26 per 1 valvola a saracinesca
k4 = 1,0 per 1 uscita
k = 2,96 totale

Dallequazione di continuit si ricava la velocit v dellacqua (14-6):

V V 4V 4 0,012 m 3 /s
v= = 2
= 2
= = 6,11 m/s
A D /4 D (0,05 m )2

v2 (6,11 m/s)2
Y = (k a + k ) = (12,0 + 2,96) = 28,4 m di colonna dacqua
2g 2 9,81 m/s2

La caduta di pressione p nel condotto vale (14-19):


kg
p = gY = 1000 9,81 m/s 2 28,4 m dacqua = 278,6 kPa
m3

La potenza richiesta vale (14-20):


P = Vp = 0,012 m 3 /s 278,6 kPa = 3,34 kW

14. 7 TEOREMA DI TORRICELLI


Il serbatoio della Figura 14.20 riempito con un liquido di massa volumica fino ad unaltezza
h al di sopra del centro di un orifizio circolare. Si fanno le seguenti ipotesi:
1. Sia la superficie libera del liquido nel serbatoio (punto A) sia il getto liquido alluscita nel
punto O appena fuori dellorifizio sono esposti alla pressione atmosferica (pA = pO);
2. Il livello h del pelo libero nel serbatoio rimane costante;
3. Larea della superficie del liquido nel serbatoio grande in confronto con quella dellorifi-
zio (ci vuol dire che la velocit del liquido in A trascurabile14.3);
4. Non vi sono perdite di energia.
Prendendo come livello di riferimento la quota che passa per il centro dellorifizio, scriviamo
lequazione 14-11 tra le sezioni A e O

pA v2 p v2
+ A + z A = O + O + zO
g 2 g g 2 g

14.3 - Se scriviamo lequazione di con- tubo) si ha: in quanto il rapporto A/A1 molto pic-
tinuit 14-6 tra la sezione 1 di area A1 A colo (A 1 , area della superf icie del
A1v1 = Av v1 = v v1 0
molto grande ( la superficie del bacino) A1 bacino, molto grande rispetto ad A).
e la generica sezione A (allinterno del
14.7. TEOREMA DI TORRICELLI 297

Ma, per le ipotesi fatte, abbiamo:

pA = pO vA = 0 zA zO = h

e allora, risolvendo rispetto alla velocit vO nellorifizio, si ottiene:

vO = 2gh 14-21

equazione che conosciuta come teorema di Torricelli. interessante osservare che la velo-
cit di efflusso vO identica alla velocit raggiunta da un corpo in caduta libera.

La portata teorica VO attraverso lorifizio pu essere calcolata con la 14-6 moltiplicando larea
AO della sezione dellorifizio per la velocit del getto vO:

VO = AO vO = AO 2 gh 14-22

In pratica la portata reale V si pu discostare anche notevolmente da quella teorica VO , data dal-
lequazione 14-22; occorre perci introdurre una correzione attraverso un coefficiente di
efflusso o coefficiente di portata Ce, in modo tale che risulti:

V = CeVO = Ce AO 2 gh 14-23

Il coefficiente di efflusso definito come

Portata effettivamente misurata V


Ce = = 14-24
Portata teorica VO

v02
h
2g
zA
O vO

zO

Fig. 14.20 - Principio di Torricelli: velocit di efflusso da un serbatoio.


298 CAPITOLO 14. IDRAULICA

14. 8 SOMMARIO
In questo corso la trattazione del moto dei fluidi viene fatta supponendo il moto stazionario e
unidimensionale. Il moto stazionario quando tutte le condizioni in ciascun punto della corrente
rimangono costanti rispetto al tempo. Il moto unidimensionale quando la variazione delle prin-
cipali grandezze caratterizzanti il moto del fluido avviene secondo una sola direzione; in par-
ticolare, in ciascuna sezione di un condotto, vengono assunte delle propriet medie del fluido
considerato, in modo che queste propriet abbiano uguale valore in tutti i punti della sezione.
Nel moto di un fluido possono esistere due correnti essenzialmente diverse, caratterizzate da
valori diversi del numero di Reynolds R:
Lv
R=

con , v e rispettivamente massa volumica, velocit e viscosit del fluido, mentre L una lun-
ghezza caratteristica del sistema fisico considerato. Per bassi valori del numero di Reynolds, il
moto laminare, con le particelle di fluido che si muovono per linee parallele, mentre per alti
valori del numero di Reynolds il moto turbolento, con continue fluttuazioni nella intensit e
nella direzione della velocit del fluido.
Il moto dei fluidi incomprimibili viene descritto dalle seguenti equazioni:

A. Equazione di stato
= costante
La massa volumica del liquido rimane costante.

B. Equazione di continuit
V = A1 v1 = A 2 v2 = Av

La portata in volume di liquido V data dal prodotto dellarea della sezione di passaggio A per
la velocit del liquido v; essa si mantiene costante, passando dalla sezione 1 alla sezione 2.

C. Equazione dellenergia o di Bernoulli


p v2
+ +z = H
g 2 g
Ciascun membro dellequazione viene indicato con il nome di altezza ( infatti laltezza di una
colonna di fluido espressa in metri) oppure, pi spesso, di carico e precisamente carico di pres-
sione o carico piezometrico p/(g), carico cinetico v 2/(2g) e carico geodetico z. A sua volta, H
prende il nome di carico totale del fluido o anche carico idraulico totale.
Unapplicazione dellequazione di Bernoulli costituita dalla descrizione della velocit vO di
efflusso di un liquido da un orifizio in funzione dellaltezza h del liquido:

vO = 2gh

equazione conosciuta come teorema di Torricelli.


ESERCIZI PROPOSTI 299

Esercizi proposti
14.1 Dellacqua, alla temperatura di 20 C, posta 14.10 Un manometro ad U viene utilizzato per misu-
tra due piatti, di cui uno e fisso e laltro si muove con rare la pressione relativa di un gasolio avente massa volu-
velocit di 3 m/s (Figura 3.2). La distanza tra i due piatti mica 835 kg/m3. Il liquido manometrico mercurio con
pari a 3 cm. Determinare lo sforzo di taglio . massa volumica pari a 13.600 kg/m3. Determinare la
= 0,1 Pa pressione relativa p considerando prima anche laltezza
h1 del gasolio e poi laltezza hman del solo mercurio nei
due casi di:
14.2 Assegnata la massa volumica dellaria di 1,2 kg/m3, a) h1 = 0,4 m e hman = 0,8 m (Figura 14.9-b);
calcolarne il volume massico v. b) h1 = 0,1 m e hman = 0,15 m (Figura 14.9-c).
v = 0,83 m3/kg
Il segno negativo del caso b) indica che la pressione rela-
tiva inferiore a quella atmosferica.
14.3 Calcolare la pressione p generata dalla massa di
51 kg applicata a uno stantuffo di area pari a 500 cm2, a) p = 103,5 kPa 106,7 kPa;
sapendo che lo stantuffo in equilibrio. b) p = 20,8 kPa 20,0 kPa
p = 10 kPa

14.11 Qual e la pressione p indicata da un mano-


14.4 Qual la pressione p presente nel mare alla
metro a U applicato ad un recipiente pieno dacqua con
profondita di 1000 m, se la massa volumica dellacqua
H O = 1000 kg/m3 (Figura 14.9-b), se sul ramo di sinistra
pari a 1025 kg/m3? 2

p = 10 MPa il mercurio (Hg = 13.600 kg/m3) si abbassa di h1 = 25 cm,


mentre sul ramo di destra il dislivello manometrico vale
14.5 Calcolare la pressione p presente a una profon- h2 = 45 cm?
p = 57,6 kPa
dita di 10,2 m nel caso in cui il liquido sia acqua di
massa volumica pari a 1000 kg/m3, oppure olio di massa
volumica pari a 0,85 kg/dm3. 14.12 Una portata di 3 kg/s di olio, avente massa
volumica 0,93 kg/dm3 e viscosit 0,26 Pas scorre in un
pH2O = 100 kPa; polio = 85kPa condotto di diametro pari a 80 mm. Calcolare la velocit
v dellolio nel condotto e il numero di Reynolds R.
14.6 Quale deve essere la profondit h di benzina v = 0,64 m/s; R = 183
con massa volumica pari a 735 kg/m3 che d luogo alla
pressione di 0,11 MPa? Quale sarebbe la profondita di
acqua necessaria per dar luogo alla stessa pressione? 14.13 Calcolare il numero di Reynolds Rc, che cor-
risponde al raggiungimento della velocit critica di
hbenzina = 15,25 m; hH2O = 11,2 m 0,31 m/s da parte di aria che scorre in un condotto di
100 mm di diametro. Calcolare poi la velocit critica vc
14.7 Calcolare la pressione relativa p e la pressione che avrebbe lacqua se fosse immessa in questo con-
assoluta pa esistente nellacqua, di massa volumica pari a dotto. Le viscosit cinematiche dellaria e dellacqua val-
1000 kg/m3, a una profondit di 8 m al di sotto del pelo gono rispettivamente 1,51 10 5 m2/s e 1,01 10 6 m2/s.
libero, nellipotesi che la pressione atmosferica sia Rc = 2053; vc = 0,02 m/s
101,32 kPa.
p = 78,5 kPa; pa = 179,8 kPa
14.14 Una portata di 5 dm3/s di olio, avente massa
14.8 Qual la pressione p data da unaltezza di volumica relativa di 0,93 e viscosit dinamica di
colonna di fluido di 500 mm, nei casi in cui il fluido sia 0,26 kg/(ms), passa in un tubo di 50 mm di diametro.
benzina ( = 720 kg/m3), oppure olio ( = 860 kg/m3), Calcolare velocit v, numero di Reynolds R e indicare il
oppure acqua ( = 1000 kg/m3), oppure infine mercurio tipo di moto.
v = 2,5 m/s; R = 547; laminare
( = 13.600 kg/m3)?
pbenzina = 3,05 kPa; polio = 4,2 kPa; 14.15 Una portata pari a 2,5 kg/s di alcol etilico,
pH2O = 4,9 kPa; pHg = 66,7 kPa avente massa volumica relativa di 0,789 e viscosit dina-
mica di 0,0012 kg/(ms), scorre in un condotto di 70 mm
14.9 Determinare la massima pressione relativa dac- di diametro. Calcolare velocit v, numero di Reynolds R
qua p misurabile con un tubo piezometrico alto tre metri. e indicare il tipo di moto.
p = 29,43 kPa v = 0,82 m/s; R = 37.700; turbolento
300 CAPITOLO 14. IDRAULICA

14.16 Dellacqua scorre in un primo tubo a, di 1,1 m 14.19 In un tubo di 50 mm di diametro scorre del-
di diametro, con velocit pari a 2,6 m/s; passa poi in un lacqua (massa volumica pari a 1000 kg/m3) con una
secondo tubo b, posto in serie, con diametro pari a 1,3 m. velocit costante pari a 2,4 m/s. Calcolare la pressione p
Calcolare la portata V e la velocit vb dellacqua nel in una sezione, che si trova a una quota di 2 m, sapendo
secondo tubo. che in un altra sezione, situata a 10 m, la pressione pari
V = 2,471 m3 /s; a 275 kPa.
vb = 186
, m/s p = 353 kPa

14.17 Una portata dacqua pari a 3,6 m3/s viene con- 14.20 Un tubo, in cui scorre una portata dacqua
vogliata a due tubi c e d disposti in parallelo (si veda la (massa volumica 1000 kg/m3) pari a 0,1 m3/s, ha nella
Figura 14.12). Il tubo c, con 0,9 m di diametro, smaltisce sezione superiore di 1,4 m di diametro, posta a un livello
una portata pari a 1,2 m3/s, mentre nel tubo d la velocit di 4 m, una pressione pari a 80 kPa. Nella sezione infe-
vale 2,4 m/s. Calcolare la velocit vc nel tubo c e il dia- riore, posta al livello di riferimento preso uguale a zero, il
metro Dd del tubo d. diametro pari a 0,5 m. Calcolare velocit v2 nella sezione
vc = 2,22 m/s; superiore, velocit v1 e pressione p1 nella sezione inferiore.
Dd = 1,13 m
v2 = 0,06 m/s; v1 = 0,51 m/s; p1 = 119 kPa

14.18 Calcolare il carico totale H di una corrente 14.21 Calcolare la portata V di un liquido che esce
dacqua (massa volumica 1000 kg/m3), che scorre in un da un orifizio di 20 mm di diametro sotto un battente di
condotto, alla quota di 5 m, con velocit di 10 m/s e pres- 6 m, sapendo che il coefficiente di efflusso pari a 0,64.
sione di 40 kPa.
H = 14,17 J/N = 14,17 m V = 2,15 dm3 /s
Capitolo 15
MACCHINE
IDRAULICHE

15. 1 POMPE DINAMICHE

15. 1. 1 Classificazione
Le pompe dinamiche sono macchine operatrici idrauliche: aggiungono energia a un fluido con-
siderato incomprimibile nelle normali condizioni duso (acqua, olio, ecc.); anche laria, in
condizioni di modesti incrementi di pressione, pu essere considerata incomprimibile: quanto
avviene nei ventilatori. Le pompe dinamiche fanno aumentare la quantit di moto del fluido trat-
tato per mezzo di pale (Figura 15.1), come nel caso delle turbopompe, oppure per mezzo di
meccanismi speciali. Il fluido aumenta la propria quantit di moto nel muoversi attraverso
passaggi aperti e successivamente trasforma la velocit elevata in un aumento di pressione pas-
sando attraverso un diffusore.
Al secondo tipo di pompe dinamiche, basate sempre sulla forza indotta dalla variazione della
quantit di moto ma caratterizzate dallassenza di organi mobili (che sono invece presenti
nelle turbopompe), appartiene leiettore idraulico o pompa a getto. In questo tipo di macchina
il fluido, uscendo ad alta velocit da un ugello, aspira un altro fluido, trascinandolo con s alla
mandata (Figura 15.2).
Gli elementi essenziali di una pompa centrifuga (Figura 15.1) sono il rotore, consistente nel-
lalbero e nella girante, e lo statore, consistente nella cassa a spirale, nelle tenute e nei cusci-
netti. Il liquido, che si trova a una determinata pressione (atmosferica o diversa), entra assial-
mente nel centro (occhio) della cassa e viene costretto a percorrere una serie di condotti mobili
generati dalle pale della girante e infine scaricato radialmente, a pressioni e velocit pi elevate,
attraverso lintera periferia della girante nella cassa.
Nella cassa il liquido viene raccolto, dece-
lerato e quindi scaricato attraverso la bocca
Cassa
di mandata. Nella cassa, la maggior parte
dellenergia cinetica viene convertita in
energia di pressione per mezzo di una voluta
a spirale, camera a sezione crescente nel
verso del moto del fluido (Figure 15.1-a e
15.1-b), oppure per mezzo di una corona di
condotti fissi di diffusione, delimitati da pale,
Girante
che circondano la periferia della girante
Voluta (Figura 15.1-c).
Le pompe con cassa a voluta vengono chia-
mate pompe a voluta (si pu dire che siamo
Fig. 15.1-a - Schema di pompa centrifuga a voluta. in presenza di un diffusore non palettato);
quelle con condotti di diffusione vengono
302 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

451 Corpo del premistoppa 502.1 Anello di tenuta 165 Coperchio della camera 230 Girante
452 Premitreccia 502.2 Anello di tenuta di raffreddamento con 321 Cuscinetto a sfere a gole
454 Anello del premistoppa, 524 Bussola di protezione premistoppa raffreddato profonde
diviso albero 183 Piede di appoggio 330 Supporto dei cuscinetti
458 Anello di tenuta, diviso 102 Corpo a spirale 210 Albero 332 Supporto a sedia
461 Baderna 360 Coperchio del cuscinetto

Fig. 15.1-b - Pompe centrifughe per basse pressioni (KSB, modelli ETA ed ETANORM).

denominate a diffusore.
Mandata
Cassa
Si fa ricorso a questul-
tima soluzione, non
Girante molto comune, nel caso
di pompe piuttosto
grandi, dove i condotti
Diffusore fissi del diffusore sono
necessari per motivi
Voluta strutturali oltre che per
mantenere, in presenza
di aumenti di pressione
Fig. 15.1-c - Schema di pompa a diffusore. I con-
piuttosto sostenuti, un
Ugello dotti di diffusione sono tridimensionali e non pos- rendimento elevato della
sono facilmente essere rappresentati in un disegno. pompa.

Nelle pompe a ingresso singolo (o a singola aspirazione), il fluido entra da un


solo lato della cassa e della girante (Figura 15.1 e Figura 15.3-a). Nelle
pompe a doppio ingresso (o a doppia aspirazione), vengono utilizzati ambe-
due i lati per lentrata del fluido e la girante solitamente di spessore doppio
Fig. 15.2 - Schema di eiettore e dotata di un piatto centrale (Figura 15.3-d): questo tipo di soluzione si pre-
idraulico. senta in forma di due giranti piazzate, schiena a schiena, luna acanto allal-
tra e ha come risultato il raddoppio della portata ottenuto a parit di aumento
di pressione. Le pompe a doppio ingresso hanno il vantaggio della simmetria
che idealmente dovrebbe eliminare la spinta allestremit. Inoltre esse forni-
scono una maggiore area di ingresso con velocit allaspirazione inferiori a
quelle che potrebbero essere raggiunte con una pompa a ingresso singolo
avente una girante di pari diametro.
15.1. POMPE DINAMICHE 303

a b c

Fig. 15.3 - Diversi tipi di giranti per


d e
turbopompe (KSB).
a) Girante radiale.
b) Girante semiassiale chiusa.
c) Girante semiassiale aperta.
d) Girante semiassiale chiusa, a
doppio ingresso.
e) Girante assiale.

Una disposizione di pi giranti in parallelo, come in Figura 15.4, permette di aumentare la por-
tata, a parit di aumento di pressione.

Flusso
Flusso

Fig. 15.4 - Giranti a flusso radiale montate in parallelo; giranti a ingresso sin-
golo (a sinistra) e giranti a doppio ingresso (a destra).

Le pompe a un solo ingresso possono essere disposte in serie, sullo stesso albero, in modo che
il fluido, che esce da una girante, sia indirizzato, attraverso una serie di condotti fissi, allingresso
della girante successiva (Figura 15.5-a). Quando vengono utilizzate due o pi giranti che ope-
rano in serie, parliamo di pompe pluristadio, per contrapposizione alla soluzione a un solo sta-
dio o monostadio, in cui laumento di pressione viene raggiunto attraverso lazione di una sola
girante.

Flusso

Fig. 15.5-a - Schema di giranti a flusso radiale montate in serie (a pi stadi).

Nelle pompe pluristadio (Figura 15.5), ogni girante costituisce uno stadio: leffetto quello di
un aumento della pressione, mentre la portata rimane la stessa. In teoria, laumento di pressione,
prodotto da una pompa pluristadio, uguale allaumento di pressione prodotto dallo stadio sin-
golo moltiplicato per il numero degli stadi; tuttavia a causa delle perdite nei condotti fissi
304 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

1) Girante del primo stadio a doppio ingresso. 6) Premitreccia. 10) Diaframmi tra gli stadi accompagnano il
2) Cassa cilindrica. 7) Bussola centrale. fluido nellocchio della girante.
3) Voluta doppia per lequilibrio radiale. 8) Anello di tenuta della cassa e anello di 11) Scatola premitreccia.
4) Giranti opposte per lequilibrio assiale. usura della girante. 12) Cuscinetti.
5) Giranti sfalsate in senso radiale per evitare 9) Le parti interne sono divise in senso assiale
pulsazioni. per facilitare la manutenzione.

4 5 10
11 6 12

1 2 3 9

8 7

Fig. 15.5-b - Pompa centrifuga multistadio con dettaglio della disposizione delle giranti (tre da una parte e tre dallaltra) per le-
quilibrio permanente delle forze assiali (Worthington tipo UXH).

situati tra gli stadi, laumento di pressione complessivo risulta leggermente inferiore a quello
teorico.
Dal punto di vista meccanico la girante si classifica come chiusa (le pale sono racchiuse da due
telai situati rispettivamente sul mozzo e sulla corona: Figure 15.3-b, 15.3-d e 15.3-a, oppure
aperta se manca dei due telai (Figure 15.3-c e 15.6-b), oppure infine semiaperta o semichiusa
quando si in presenza di una soluzione intermedia.
La posizione dellasse di rotazione della girante determina poi se si tratta di unit orizzontali
(Figura 15.5-b) o verticali (Figura 15.5-c).
Qualora si voglia aumentare la portata di liquido senza variare il diametro della girante, occorre
accrescere le dimensioni della girante nella direzione parallela allalbero. Ci richiede a sua volta
un aumento nel diametro dellocchio della pompa per far passare la maggiore portata e una
modifica corrispondente nei condotti di ingresso: la pompa centrifuga si trasforma allora in una
pompa a flusso misto o semiassiale, con ingresso assiale e uscita prevalentemente radiale
(Figure 15.3-b, 15.3-c, 15.3-d e 15.7). Lulteriore aumento della portata del liquido trattato deve
essere realizzato con la pompa a flusso assiale o pompa a elica (Figura 15.3-e), il cui flusso
diretto parallelamente allasse della girante.
15.1. POMPE DINAMICHE 305

Fig. 15.5-d - Rotore di una pompa a quattro stadi in lavorazione in offi-


cina con prevalenza hu = 757,5 m, portata V = 10, 9 m 3 /s, potenza
assorbita Pa = 121,5 MW (De Pretto-Escher Wyss).

Fig. 15.5-c - Pompe centrifughe multistadio som-


merse (KSB).

a b

Fig. 15.6 - a) Girante chiusa.


b) Girante aperta semiassiale (Mitsubishi); i disegni
sulla superficie della girante sono prodotti da una ver- Fig. 15.7 - Pompa semiassiale, a pale regolabili, impiegata nel
nice speciale applicata, prima della prova, per visua- raffreddamento di condensatori con prevalenza hu = 22 m, portata

lizzare le linee di flusso dellacqua a contatto con la V = 15,16 m3/s, velocit n = 3,93 giri/s (236 giri/min) e potenza assor-
superficie durante il funzionamento della pompa. bita Pa = 3,87 MW (Riva Calzoni).
306 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

15. 1. 2 Prevalenza manometrica e potenza della turbopompa


Esaminiamo il caso di una pompa (schema
della Figura 15.8-a) che aspiri acqua dal
serbatoio inferiore, in cui il pelo libero del
m
liquido si trovi al livello v (a valle), e la
mandi al serbatoio superiore, in cui il pelo
libero si trovi al livello m (a monte). I
numeri 1 e 2 individuano le sezioni di
zp ingresso (bocca di aspirazione) e di uscita
(bocca di mandata) della pompa. La Figura
2
15.8-b riporta landamento della quota pie-
zometrica z + p/( g ), dellaltezza cinetica
v 2/(2g) e del carico totale H in presenza
delle perdite: a sinistra della pompa, lal-
za z1 z2 tezza piezometrica negativa p/( g ), in
hg quanto il valore della pressione, a causa del-
1
laspirazione, inferiore a zero; a destra
della pompa lungo la tubazione di mandata,
la linea dei carichi totali non rimane co-
v stante, ma va diminuendo, a causa della pre-
senza delle perdite.
Si definisce prevalenza manometrica hu [m
di colonna di fluido] la variazione di carico
che pu essere misurata con un manometro
posto tra la bocca di mandata e la bocca di
zm zv
aspirazione della pompa. La prevalenza
manometrica hu perci data dalla differenza
Fig. 15.8-a - Impianto di pompaggio funzionante in aspirazione; signi- tra il carico totale H2, alla bocca di mandata,
ficato dei simboli: e il carico totale H1, alla bocca di aspirazione
v = pelo libero del liquido nel serbatoio a valle,
della pompa: nella Figura 15.8-b la preva-
m = pelo libero del liquido nel serbatoio a monte,
1 = sezione di ingresso della pompa (bocca di aspirazione), lenza manometrica il segmento che si
2 = sezione di uscita della pompa (bocca di mandata), aggiunge al carico totale H1, in modo da por-
za = altezza di aspirazione: altezza del baricentro della pompa rispetto tare la linea dei carichi totali al livello H2.
al livello v, Ricordando lespressione del carico totale H
zp = altezza di mandata: altezza del livello m rispetto al baricentro (14-9) in funzione del carico di pressione
della pompa,
hg = prevalenza geodetica: hg = zm zv = za + zp. p/( g ), del carico cinetico v 2/(2g) e del
carico geodetico z, si ha:

p2 p1 v22 v12
hu = H2 H1 = + + ( z 2 z1 ) 15-1
g 2g

La potenza ideale P [W = J/s] della pompa, cio quella che si avrebbe in assenza di perdite, si
ottiene moltiplicando la portata in massa m [kg/s] (prodotto della portata in volume V [m3/s]
per la massa volumica del fluido [kg/m3]) per il lavoro massico interno li [J/kg] che le pale
della girante immettono nel fluido; il lavoro massico li [J/kg = Nm/kg = (kgm/s2)m/kg = m2/s2]
a sua volta dato dal prodotto dellaccelerazione di gravit g [(m/s2)] per la prevalenza mano-
metrica hu [m]. Per passare dalla potenza ideale alla potenza effettivamente assorbita dalla
pompa occorre introdurre il rendimento del processo di conversione dellenergia rappresentato
dal rendimento totale della pompa P; questo tiene conto delle perdite:
1) che si verificano nel trasmettere al fluido il lavoro proveniente dalle pale della turbopompa
(rendimento idraulico);
15.1. POMPE DINAMICHE 307

v22
2g
Linea d
el caric
o totale
H
Linea p
iezome
trica
m
p2
H2 hu g

1 2

z1 p1
<0 z2
v g
Livello di
H1 riferimento
v12
2g

Fig. 15.8-b - Andamento della quota piezometrica z + p/(g), dellaltezza cinetica v2/(2g) e del carico totale H
in presenza di perdite per un impianto di pompaggio funzionante in aspirazione; evidenziata la prevalenza
manometrica hu .

2) dovute al lavoro che la girante compie nuovamente su quella parte del fluido che, sfuggendo
attraverso i giochi, viene ricircolato allaspirazione invece di essere inviato alla mandata (ren-
dimento volumetrico);
3) legate alla potenza persa per attrito nella trasmissione e nel comando degli organi meccanici
della macchina (rendimento organico).

La potenza assorbita dalla pompa Pa risulta allora:

Vghu
Pa = 15-2
P

Questa espressione ci dice che, se vogliamo immettere la potenza Vghu nel fluido, occorre
assorbire una potenza pi elevata Pa, a causa delle diverse perdite conglobate nel rendimento P;
dividendo infatti la potenza fluida Vghu per un numero inferiore a uno ( il rendimento P)
ottengo il valore maggiore Pa, che la turbopompa assorbe dal motore primo che la comanda. Il
significato del rendimento totale della pompa P perci riassunto dal seguente rapporto:

potenza fluida che esce dalla pompa Vghu


P = =
potenza meccanica assorbita dalla pompa Pa

Il rendimento totale P, prodotto dei tre rendimenti prima indicati, si pu avvicinare a valori di
0,9; esso risulta prevalentemente condizionato dal rendimento idraulico (0,70 0,93) che va
migliorato attraverso lottimizzazione del disegno della turbopompa, mentre gli altri due ren-
dimenti volumetrico (0,92 0,99) e organico (0,98 0,99) avendo valori ormai prossimi allu-
nit non possono essere ulteriormente migliorati. Moltiplicando il rendimento totale della
pompa P per il rendimento dei condotti cond si ottiene il rendimento globale dellimpianto g
che tiene conto delle dissipazioni presenti in tutto limpianto in cui inserita la pompa.
308 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

Essendo la potenza P il prodotto di una coppia di momento M per la velocit angolare = 2n


con n in giri/s:
[Lavoro] [Coppia] [Angolo] [Angolo]
P = = = [Coppia] = M
[Tempo] [Tempo] [Tempo]
il momento assorbito dalla pompa Ma dato da:

Pa
Ma = 15-3

Sia nel lavoro li = ghu [J/kg = m2/s2], svolto dalla girante sullunit di massa del fluido che lat-
traversa, sia nella prevalenza hu [J/N = m], lavoro utile ricevuto dallunit di peso del fluido che
viene convogliato dalla pompa, non compare la massa volumica del fluido e quindi sia il lavoro
massico li che la prevalenza hu non dipendono dal tipo di fluido; a pari valore del rendimento
con cui lenergia viene trasmessa dalle pale della girante, questi assumono lo stesso valore per
lacqua, laria, lolio, ecc. Ad esempio una pompa centrifuga convoglia i fluidi alla stessa pre-

valenza hu indipendentemente dalla loro massa volumica . Anche la portata volumetrica V
(14-6) indipendente dalla massa volumica del fluido. Ma la massa volumica del fluido figura
sia nella differenza di pressione generata dalla pompa (14-2), sia nella potenza Pa (15-2) e nel
momento Ma (15-3) assorbiti dalla pompa. Queste grandezze assumono perci valori diversi con
fluidi diversi. Se, ad esempio, la pompa venisse utilizzata per mandare del mercurio anzich
acqua, la potenza sarebbe circa 13 volte maggiore, mentre portata, prevalenza e rendimento
sarebbero circa gli stessi; ma in tal caso la prevalenza h andrebbe interpretata come metri di mer-
curio e non come metri dacqua.

15. 1. 3 Coefficienti adimensionali


I diagrammi che riportano la prevalenza manometrica hu, il rendimento della pompa P e la
potenza assorbita Pa in funzione della portata V, a velocit di rotazione n costante, prendono il
nome di curve caratteristiche o, pi semplicemente di caratteristiche (Figura 15.9). In que-
sta figura sono indicate la prevalenza
manometrica di progetto e la portata di
b progetto, valori di prevalenza e di portata
40 che vengono raggiunti in corrispondenza
hu
D De del valore massimo del rendimento: sono
hu [m di colonna dacqua]

Prevalenza manometrica cio le condizioni per cui stata progettata


30 di progetto P [%]
la macchina.
100 P a [kW]
P La determinazione delle caratteristiche di
20 80 40 una turbopompa piuttosto laboriosa; si
Pa
60 30 tratta infatti di misure che richiedono
tempo e soprattutto apparecchiature di
10 40 20
prova molto costose. Inoltre, essendo le
Portata di
progetto

20 10 curve caratteristiche associate a una deter-


0
minata macchina, occorrerebbe valutare
0 0
0 50 100 200 le prestazioni caso per caso. Si pu evitare

V [m3/s] di misurare le caratteristiche di ogni
pompa facendo ricorso al concetto di simi-
Fig. 15.9 - Curve caratteristiche di una pompa centrifuga a velocit
costante n = 24 giri/s (1440 giri/min):
litudine fluidodinamica, concetto che fissa
D = 340 mm; b = 44 mm; De = 180 mm; s = 0,7. determinate regole, dette regole di simili-
tudine, con cui possibile estendere i
15.1. POMPE DINAMICHE 309

risultati delle misure ottenute su una prima pompa, che individuiamo come pompa A, a una
seconda pompa, che individuiamo come pompa B.
Si pu dimostrare infatti che se le due turbopompe A e B
sono geometricamente simili: i rapporti tra dimensioni corrispondenti delle due macchine
sono cio uguali (ad esempio, il rapporto tra diametro della girante e larghezza della cassa della
pompa A uguale al rapporto tra diametro della girante e larghezza della cassa della pompa B);
landamento della corrente allingresso e alluscita della girante sia simile: ci si ottiene
mediante un adatto disegno delle pale della girante;
presentano uguale regime di moto del fluido: hanno cio lo stesso numero di Reynolds rife-
rito al diametro massimo D della girante e lo stesso attrito nei passaggi interni della macchina;
allora la pompa A e la pompa B hanno lo stesso valore del rendimento e dei seguenti coeffi-
cienti adimensionali15.1

V
= << coefficiente di portata >>
nD 3

gh
= << coefficiente di pressione >> 15-4
n D22

P
= << coefficiente di potenza >>
n3 D 5

1 P Al posto delle curve caratteristiche che davano preva-


P 0,9 lenza hu, rendimento P e potenza Pa in funzione della

0,8 portata V, abbiamo adesso delle altre curve caratteri-
Pompa A stiche, questa volta senza dimensioni, che legano tra
7 Pompa B 0,7
loro i coefficienti adimensionali, che abbiamo appena
6 0,6

introdotto e che rappresentano tutte le pompe appar-
5
tenenti alla stessa famiglia. Se ad esempio conside-
4 0,8

riamo la relazione tra prevalenza hu e portata V, esi-

3 0,6 stono tante curve tra loro diverse hu = f (V ) quante
2 0,4 sono le pompe della famiglia; qualora invece si con-
1 0,2 sideri la relazione tra coefficiente di pressione e
0 coefficiente di portata , allora esiste ununica curva
0 0,05 0,1 0,15 0,2 = f ( ) che rappresenta tutte le pompe della stessa
Fig. 15.10 - Le turbopompe A e B, pur avendo diametri famiglia (Figura 15.10). Le prestazioni della pompa A
diversi della girante (rispettivamente 810 mm e 960 mm), possono venire utilizzate per predire le prestazioni
appartengono alla stessa famiglia e quindi presentano gli della pompa fluidodinamicamente simile (omologa)
stessi valori dei coefficienti adimensionali: le modeste dif-
B; per questo opportuno evidenziare quali fattori (e
ferenze tra le due pompe (curva continua e curva tratteg-
giata) sono dovute agli errori che si commettono nel rilievo in che modo) condizionano i rapporti di portata V,
delle caratteristiche delle pompe. Per maggiori dettagli si prevalenza h e potenza P nel passare dalla pompa A
consulti il Capitolo 8 del corso di Macchine idrauliche alla pompa B. Se infatti per pompe della stessa fami-
dello stesso Autore. glia, e in particolare per la pompa A e la pompa B, si

15.1 - I coefficienti adimensionali sono abbiamo ulteriormente precisato le pompa. La derivazione dei coefficienti
del tutto generali; vengono cio utilizzati diverse grandezze; cos, ad esempio, il adimensionali riportata nel Capitolo 7
per tutte le turbomacchine siano esse carico h pu rappresentare la caduta del corso di Macchine Idrauliche dello
idrauliche o termiche, operatrici oppure utile sfruttata in una turbina oppure la stesso Autore.
motrici. per questo motivo che non prevalenza manometrica generata da una
310 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

deve avere luguaglianza dei rendimenti (A = B) e dei coefficienti di portata (A = B ), di pres-


sione (A = B ) e di potenza (A = B), possiamo ricavare, dalle espressioni citate sopra, le
seguenti relazioni:

3
VB n D
A = B = B B
VA nA DA
2 2
ghB h B nB DB
A = B = = 15-5
ghA hA nA DA
3 5
PB n D
A = B = B B B
PA A nA DA

Queste relazioni ci consentono di prevedere leffetto della variazione o del fluido (), o della
velocit (n) oppure infine delle dimensioni (D) di turbomacchine appartenenti alla stessa fami-
glia su portata V, prevalenza manometrica hu e potenza assorbita Pa. Si parla di leggi di affi-
nit quando la valutazione viene fatta non pi tra le due diverse pompe A e B appartenenti alla
medesima famiglia ma allinterno della stessa pompa per condizioni di funzionamento diverse;
come illustra lEsempio 15.1, le leggi di affinit descrivono la variazione, a parit di fluido
( A = B), dei rapporti di portata, prevalenza e potenza (15-5) allorch:
viene mantenuto costante il diametro (DA = DB) al variare della velocit (nA nB) oppure
viene mantenuta costante la velocit (nA = nB ) al variare del diametro (DA DB).
pratica normale, da parte dei costruttori di turbomacchine, quella di confrontare le prestazioni
di macchine appartenenti a famiglie diverse attraverso la rappresentazione grafica delle relative
caratteristiche adimensionali. Per questo confronto sono necessari almeno due dei coefficienti
adimensionali che abbiamo citato precedentemente; di solito si utilizzano il coefficiente di pres-
sione e il coefficiente di portata , funzioni ambedue della velocit n e del diametro D. In
modo da potersi svincolare dalla presenza contemporanea di velocit e diametro, da tempo si
preferisce far uso di altri due coefficienti adimensionali, la velocit specifica e il diametro spe-
cifico, derivati15.1 da e in modo tale che luno sia indipendente dal diametro e laltro sia indi-
pendente dalla velocit.
La velocit specifica s15.2 identifica la capacit della turbopompa a trattare portate V pi o
meno grandi di fluido, relativamente a un determinato valore del lavoro massico gh sviluppato,
in funzione della velocit angolare = 2n, ma indipendentemente dal diametro D della
girante:
V V
s = 0 ,75
= 2 n 15-6
( gh) ( gh) 0,75

dove il carico generico h , nel caso di una turbopompa, rappresentato dalla prevalenza mano-
metrica hu.

15.2 - La velocit specifica va valutata come numero di giri caratteristico ns e di giri caratteristico nq, riferito alla velo-
tramite la velocit angolare [rad/s] e non come velocit specifica s, baste- cit di rotazione misurata in giri/min; si
non la velocit di rotazione n [giri/s], in rebbe applicare labituale relazione tra passa dal numero di giri caratteristico
quanto il radiante e non il giro lunit velocit angolare e numero di giri n, alla velocit specifica con la relazione
che deve essere impiegata per valutare ottenendo: s = 2ns ns = s /(2). s = 0,0189 nq.
langolo (Paragrafo 1.9). Qualora si vo- In passato, soprattutto per le turbine
lesse esprimere questo coeff iciente idrauliche, veniva utilizzato il numero
15.1. POMPE DINAMICHE 311

Nel caso di pompe a pi stadi (pluristadio) il valore del lavoro ghu, da utilizzare per calcolare
la velocit specifica, il lavoro riferito al singolo stadio. Per le pompe a doppio ingresso il cal-
colo della velocit specifica fa riferimento a met della portata totale (V / 2 ), sulla base del fatto
che una girante a doppio ingresso equivale a due giranti a un solo ingresso disposte in parallelo
(Figura 15.4 ).
Il diametro specifico Ds un coefficiente adimensionale che identifica la capacit di una tur-
bopompa di scambiare pi o meno lavoro gh con il fluido, in corrispondenza di una determinata
portata V, in funzione del suo diametro D ma indipendentemente dalla velocit angolare della
pompa:
( gh) 0,25
Ds = D 15-7
V

Si sottolinea che il diametro specifico un puro numero [m/m]: esso cio un coefficiente senza
dimensioni come tutti gli altri coefficienti che abbiamo citato precedentemente.
A ogni coppia di valori della velocit specifica s e del diametro specifico Ds corrisponde un
determinato valore del rendimento della turbopompa: la Figura 15.11 mostra appunto un dia-
gramma per turbopompe Dss (sviluppato da Balje), con evidenziate le zone di funzionamento
tipiche delle pompe radiali, delle pompe a flusso misto e di quelle assiali.
In molti casi lobbiettivo principale per la scelta della turbopompa quello di trovare la confi-
gurazione che offre il massimo rendimento. In tal caso possibile una rappresentazione sem-

Ds 100
80

60

40
Linea a Ds
ottimizzato
20

Ra
dia
10 li
8 Flus
so m
isto
6 Assiali

4 =0
,9

2
0,8
0,7
0,6
1
0,8
0,6

0,4
0,06 0,1 0,2 0,4 0,6 0,8 1 2 4 6 8 10 20 40 s
0,04 0,08

Fig. 15.11 - Diagramma di Balje Dss per pompe a un solo stadio con curve di isorendimento idraulico; la linea
a tratti si riferisce allEsempio 15.2.
312 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

plificata tracciando il rendimento massimo in funzione della velocit specifica, cos come
mostrato nella Figura 15.12. Si fa cio lipotesi che la macchina venga progettata in corri-
spondenza del valore ottimo del diametro specifico. Tale metodo si applica quando, pur essendo
noti i parametri principali di progetto (prevalenza hu, portata V e velocit di rotazione n, fun-
zione del motore elettrico che fornisce la potenza alla turbopompa), manca tuttavia qualsiasi
informazione sul tipo di macchina (a flusso radiale, a flusso misto oppure infine a flusso
assiale), che risulta pi adatto a soddisfare le prestazioni richieste. In questo caso la scelta della
turbomacchina avviene per mezzo della velocit specifica valutata in corrispondenza delle con-
dizioni di massimo rendimento, che abbiamo indicato con il nome di punto di progetto.

P 100
[%]
95
90
85
80
75
70 A flusso
Pompe centrifughe A flusso misto assiale
65
60

0,2 0,3 0,4 0,6 0,8 1 2 3 4 5 6 s

Fig. 15.12 - Rendimento totale P in funzione di s per turbopompe.

La Figura 15.12 mostra anche profili di giranti per alcuni valori della velocit specifica.
Lintervallo in cui cadono le pompe radiali stato ulteriormente suddiviso in base a tre tipi di
giranti; si passa progressivamente da un profilo piuttosto assottigliato, in corrispondenza della
velocit specifica pi bassa (s 0,2), alla girante radiale pi larga (s 0,9).
La linea tratteggiata superiore, inviluppo dei massimi dei rendimenti dei tre tipi di giranti
radiale, a flusso misto e assiale, indica i valori probabili del rendimento nelle zone di confine.
Le curve della Figura 15.12 non necessariamente rappresentano valori massimi assoluti del ren-
dimento; tanto meno ci si pu aspettare che qualsiasi pompa debba raggiungere un valore di ren-
dimento tanto elevato, in quanto rendimenti di questo tipo sono relativi a pompe di grandi dimen-
sioni, il cui progetto e la cui realizzazione sono stati condotti con cura particolare.
Quando la velocit specifica s scende al di sotto di 0,2 (Figura 15.11), il rendimento della
girante radiale diviene inferiore a 0,6. Si deve allora preferire una macchina multistadio (Figura
15.5), con un numero di stadi i determinato in modo tale da ottenere una velocit specifica s
che cada nella zona di massimo rendimento per il tipo di girante adottato. Se, ad esempio, si
vuole progettare una pompa centrifuga per una portata V = 0,02 m 3 /s con una prevalenza
15.1. POMPE DINAMICHE 313

hu = 100 m e una velocit di rotazione n = 24,167 giri/s (1450 giri/min), la velocit specifica cal-
colata con la 15-6

V 0,02 m 3 /s
s = 2n = 2 24 ,167 giri/s = 0,12
( ghu ) 0,75 (9,81 m/s 2 100 m)0,75
risulta inferiore al limite di 0,2. Fissato un valore di s = 0,4, a cui corrisponde (Figura 15.11)
un rendimento di 0,85, abbiamo che adesso ciascuno stadio i della pompa multistadio in grado
di sviluppare la prevalenza hu /i con la velocit specifica s

V V 0,75
s = 2n = 2 n i = 0,4
( ghu /i ) 0,75 ( ghu ) 0,75

mentre lintera pompa fornisce tutta la prevalenza hu con la velocit specifica s,pompa:

V
s , pompa = 2 n = 0,12
( ghu ) 0,75
Dividendo, membro a membro, le due espressioni, otteniamo:
s 0,4
= i 0,75 = = 3,3 i = 3,31/ 0,75 = 4,91 5
s , pompa 0,12
e la prevalenza per stadio vale hu = hu /i = (100 m)/5 = 20 m di colonna dacqua.

Esempio 15.1 Caratteristiche al variare di velocit e diametro


Una pompa centrifuga, progettata per una velocit n = 30 giri/s (1800 giri/min) e una prevalenza
hu = 60 m, manda una portata V = 190 dm 3 /s, assorbendo una potenza Pa = 130 kW.
Determinare i nuovi valori di portata V , prevalenza h e potenza P, quando:
a) la velocit passa da nA = 30 giri/s a nB = 20 giri/s (1200 giri/min), mentre il diametro della girante viene
mantenuto fisso (D = 300 mm);
b) il diametro della girante passa da DA = 300 mm a DB = 250 mm, mentre la velocit viene mantenuta
costante (n = 30 giri/s). In questo caso si fa lipotesi che contemporaneamente vengano modificate le
altre dimensioni caratteristiche della pompa, ad esempio la cassa, in modo tale che i rapporti tra dimen-
sioni simili si conservino inalterati.

SOLUZIONE
a) La valutazione viene fatta non tra due diverse pompe A e B appartenenti alla medesima famiglia, ma
allinterno della stessa pompa al variare delle condizioni di operazione (la velocit n). Applichiamo
allora le leggi di affinit espresse dalle equazioni 15-5, indicando con il pedice B la nuova condizione
relativa alla nuova velocit nB, mentre il pedice A rimane a indicare la condizione iniziale in cui si trova
la pompa. Le equazioni citate possono essere semplificate, in quanto il diametro della girante D rimane
costante; occorre inoltre tener presente che, essendo il fluido trattato lo stesso ( sempre acqua), la
massa volumica non varia.
VB VB
3
nB DB n n 20 giri/s
= = B VB = VA B = 190 dm 3 /s = 126,7 dm 3 /s
VA nA DA
VA n A nA 30 giri/s
2 2 2 2 2
hB n D hB n n 20 giri/s
= B B = B h B = hA B = 60 m = 26,7 m
hA nA DA hA nA nA 30 giri/s
314 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

3 5 3 3
PB n D PB n 3 n 20 giri/s
= B B B = B PB = PA B = 130 kW = 38,5 kW
PA A nA DA PA nA nA 30 giri/s

b) In questo caso il diametro della girante che varia passando dal valore originale DA al nuovo valore
DB; la velocit n scompare nelle equazioni 15-5, in quanto rimane costante.
VB VB
3
n D D 3 D 3 250 mm 3
= B B = B VB = VA B = 190 dm 3 /s 3
= 109,9 dm /s
VA nA DA VA DA DA 300 mm

hB n 2 D 2 hB D 2 D 2 250 mm 2
= B B = B h B = hA B = 60 m = 41,6 m
hA nA DA hA DA DA 300 mm
3 5 5
PB B nB DB PB DB D 5 250 mm 5
= = PB = PA B = 130 kW = 52,2 kW
PA A nA DA PA DA DA 300 mm

COMMENTI
Molti costruttori suggeriscono di adottare giranti diverse sulla stessa cassa oppure di tornire, anche pesan-
temente, la girante per adeguare la pompa a nuove prestazioni; allo stesso tempo si pretende di calcolare
le prestazioni nella nuova configurazione, applicando le leggi di affinit.
evidente che cos facendo si viola la similitudine geometrica che impone che il rapporto tra dimensioni
simili sia uguale nelle due macchine; cos, ad esempio, se si cambia la girante, occorre modificare
anche la cassa in modo tale che il rapporto tra diametro della girante e dimensioni caratteristiche della
cassa si conservi inalterato nel passare alla nuova pompa. In caso contrario, non si pu parlare pi di mac-
chine appartenenti alla stessa famiglia.

Esempio 15.2 Scelta di una turbopompa


Si prenda come riferimento una pompa centrifuga che ha una velocit di rotazione n = 11,8 giri/s
(710 giri/min) e un diametro D = 960 mm e che, nel punto di progetto dove il rendimento P massimo
e vale 0,88 ha i seguenti dati: V = 1, 25 m 3 /s, hu = 66 m, Pa = 950 kW, = 0,12, = 5, = 0,7.
Si vuole utilizzare una pompa della stessa famiglia per mandare una portata dacqua V = 5, 22 m 3 /s con
una prevalenza manometrica h u = 7,5 m. Si chiede di:
a) calcolare velocit specifica s e diametro specifico Ds della pompa centrifuga di riferimento;
b) calcolare diametro della girante D, velocit di rotazione n e potenza assorbita Pa della nuova pompa
nelle condizioni di massimo rendimento;
c) studiare, nel caso che la soluzione precedente non sia adeguata, unaltra soluzione tale da soddisfare
le richieste di portata e di prevalenza della nuova pompa.

SOLUZIONE
a) La velocit specifica s della pompa di riferimento viene calcolata con lequazione 15-6. Il diametro
specifico Ds si ottiene con lequazione 15-7:

V 1,25 m 3 /s
s = 2 n = 2 11,8 giri/s = 0,65
( gh)0,75 (9,81 m/s 2 66 m)0,75
( gh)0,25 (9,81 m/s 2 66 m)0,25
Ds = D = 0,96 m = 4,3
V 1,25 m 3 /s
15.1. POMPE DINAMICHE 315

b) La velocit di rotazione n e il diametro della girante D della nuova pompa si deducono dai valori della
velocit specifica s e del diametro specifico Ds della pompa di riferimento. Abbiamo detto infatti che
la nuova pompa dovrebbe appartenere alla stessa famiglia della pompa di riferimento ed calcolata
per le condizioni di massimo rendimento. Poniamo quindi nelle espressioni della velocit specifica e
del diametro specifico s = 0,65 e Ds = 4,3 mentre i valori della portata V e della prevalenza h u sono
quelli della nuova pompa.

V s ( gh)0,75
s = 2 n n=
( gh)0,75 2 V
0,65 (9,81 m/s 2 7,5 m)0,75
n= = 1,14 giri/s
2 5,22 m 3 /s

( gh)0,25 V
Ds = D D = Ds
V ( gh)0,25

5,22 m 3 /s
D = 4,3 = 3,354 m
(9,81 m/s 2 7,5 m)0,25

La potenza assorbita si ricava dalla definizione del coefficiente di potenza prendendo per il valore
di 0,7 ottenuto per la pompa di riferimento:
Pa
= Pa = gn 3 D 5 = 0,7 1000 kg/m 3 (11
, giri/s)3 (3,354 m )5 = 395.449 W = 395,4 kW
n 3 D 5
La nuova pompa dovrebbe quindi avere una velocit di rotazione pari a 1,14 giri/s (68,4 giri/min) e
un diametro di 3354 mm.
una soluzione, anche se matematicamente corretta, piuttosto grottesca: abbiamo infatti una girante
enorme di quasi 3,5 metri di diametro che ruota a una velocit talmente bassa da poter essere seguita
con locchio nelle sue evoluzioni.
c) A causa dellelevata portata e della bassa prevalenza la nuova pompa rientra nel campo delle pompe
assiali. Leggiamo allora sul diagramma di Balje della Figura 15.11 (linea a tratti) un valore della velo-
cit specifica e del diametro specifico tali da poter mantenere un buon rendimento anche per una
pompa assiale: scegliamo s = 4 e Ds = 2 nella regione con rendimento compreso tra 0,8 e 0,9.
Ricaviamo prima n dallespressione 15-6 di s e poi D dallespressione 15-7 di Ds:

s ( gh)0,75 4 (9,81 m/s2 7,5 m)0,75


n= = = 7 giri/s
2 V 2 5,22 m 3 /s

V 5,22 m 3 /s
D = Ds = 2 = 1,56 m
( gh)0,25 (9,81 m/s2 7,5 m)0,25

La potenza assorbita si ottiene con la 15-2, dove, come rendimento totale della pompa P , prendiamo
0,82.
Vghu 5,22 m 3 /s 1000 kg/m 3 9,81 m/s 2 7,5 m
Pa = = = 468.368 W = 468,4 kW
P 0,82

COMMENTI
1. La pompa di riferimento ha una velocit specifica s = 0,65 e un diametro specifico Ds = 4,3. Andan-
do a leggere in corrispondenza di questi due numeri il diagramma della Figura 15-11, si vede che la
regione individuata quella delle pompe centrifughe con un redimento compreso tra 0,85 e 0,9.
2. Accontentandosi di un valore pi basso del rendimento (0,8), si poteva, in corrispondenza della
stessa velocit specifica s = 4, scegliere per la nuova pompa (Figura 15.11) un valore del diametro
316 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

specifico pi basso (Ds 1,6 al posto di 2). Il diametro della girante sarebbe cos risultato inferiore
(D = 1,25 m invece di 1,56 m), con notevoli semplificazioni costruttive. Si presti attenzione al fatto
che le scale delle ordinate e delle ascisse della Figura 15-11 sono logaritmiche.

15. 2 VENTILATORI
I ventilatori sono macchine che hanno la funzione di accelerare un gas (di solito laria) e di supe-
rare eventuali perdite di carico del condotto mediante un incremento di pressione che, essendo
estremamente modesto, rende trascurabile la variazione di massa volumica del gas; il gas pu
perci essere ancora considerato incomprimibile come avviene per un liquido. Applicazioni tipi-
che sono rappresentate da ventilatori prementi (per laria) e aspiranti (per i fumi) nei generatori
di vapore degli impianti termoelettrici e da quelli usati per il riscaldamento e per il raffredda-
mento negli impianti di condizionamento dellaria. Gli elementi essenziali dei ventilatori, qui

1
2

4
5

3 4 1 2 3 4 1 2

Fig. 15.13 - Configurazioni diverse di ventilatore a flusso assiale (Voith): 1. mozzo della girante; 2. pale;
3. cuscinetti; 4. alloggiamento dei cuscinetti; 5. motore elettrico alloggiato nel mozzo.
15.2. VENTILATORI 317

considerati, sono quelli comuni a tutte le turbomacchine e precisamente (Figura 15.13): un


rotore, consistente nellalbero e nella girante, per produrre il flusso di gas e una parte fissa, lo
statore, consistente nella cassa a spirale, nelle tenute e nei cuscinetti, in modo da guidare il flusso
verso la girante e poi facilitarne luscita.
La potenza assorbita dal ventilatore viene espressa con una formula analoga a quella impiegata
per le turbopompe (15-2):
Vghu
Pa = 15-8
V

dove V il rendimento totale del ventilatore, mentre la portata in volume V , la massa volumica
e la prevalenza manometrica hu sono riferite al fluido trattato dal ventilatore. In particolare h u [m
di colonna di fluido] ancora espressa dalla 15-1, dove per si pu adesso trascurare la variazione
di quota z = z2 z1, che d un contributo estremamente modesto rispetto alla variazione di pres-
sione p poich la massa volumica di un gas circa 1000 volte inferiore a quella di un liquido:
p2 p1 v22 v12
hu = + 15-9
g 2g
Il termine contenente la variazione di pressione viene chiamato prevalenza statica hstat , mentre
quello relativo alla variazione di energia cinetica la prevalenza dinamica hdinam; in questo ter-
mine, di solito la velocit iniziale v1 viene posta uguale a zero perch trascurabile.

Esempio 15.3 Prevalenza del ventilatore


La camera di combustione di un generatore di vapore deve essere alimentata con una portata daria
V1 = 3,5 m 3 /s sotto un salto di pressione p = 125 mm di colonna dacqua. Laria, che ha massa volumica
1,225 kg/m3 (alla pressione atmosferica p1 = 101,3 kPa e alla temperatura di 15 C), entra nella bocca di
aspirazione di un ventilatore, che ha rendimento V = 0,85, con velocit praticamente trascurabile
(v1 0 m/s) ed esce dalla bocca di mandata con v2 = 30 m/s. Determinare:
a) prevalenza statica hstat , prevalenza dinamica hdinam e prevalenza complessiva hu misurate in metri di
colonna di fluido;
b) potenza Pa assorbita dal ventilatore.

SOLUZIONE
a) assegnata una prevalenza statica hstat = 125 mm = 0,125 m di colonna dacqua. Per convertirla in
metri di colonna di fluido, occorre moltiplicare per il rapporto tra le masse volumiche H O /aria. Infatti
2

si pu scrivere:
p = H O ghH O
2 2
e p = aria gharia H O ghH O = aria gharia
2 2

H O 1000 kg/m 3
h stat, aria = h H O 2
= 0,125 m di H 2O = 102 m di colonna daria
2
aria 1,225 kg/m 3
La prevalenza dinamica hdinam data da:
v22 v12 (30 m/s)2 (0 m/s)2
hdinam = = = 46 m di colonna daria
2g 2 9,81 m/s 2
La prevalenza complessiva allora:
hu = hstat + hdinam = 102 m + 46 m = 148 m di colonna daria
b) La potenza assorbita dal ventilatore si ricava con la 15-8
V gh 3,5 m 3 /s 1,225 kg/m 3 9,81 m/s 2 148 m
Pa = aria aria aria = = 7323 W = 7,3 kW.
V 0,85
318 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

15. 3 POMPE VOLUMETRICHE


Vi sono essenzialmente due tipi di pompe volumetriche caratterizzate dalla forma dellelemento
mobile e dal suo movimento: le pompe alternative a stantuffo quando lelemento mobile che
determina la formazione della cavit uno stantuffo che scorre, con moto alterno, allinterno
di un cilindro (Figura 15.14) e le pompe rotative, contraddistinte da elementi dotati di moto
rotatorio (Figura 15.15).

a Collettore di mandata

Testata di compressione

Valvola a sfera Albero a gomiti


(mandata)

Stantuffo
pompante
Valvola a sfera Stantuffo a guida
(aspirazione)
Biella

Collettore di aspirazione

Fig. 15.14 - Schema di funzionamento di una pompa volumetrica alternativa (Soavi):


a) Fase di aspirazione: durante la corsa verso destra, lo stantuffo determina una depressione allinterno del cilindro, che fa aprire
la valvola automatica (in basso) collegata con il condotto di aspirazione e che richiama il liquido nella cavit, cavit il cui volume
aumenta progressivamente mano a mano che lo stantuffo si ritira;
b) Fase di mandata: durante la corsa dello stantuffo verso sinistra, laumento della pressione provoca dapprima la chiusura della
valvola di aspirazione, intercettando cos il liquido allinterno della cavit; lulteriore corsa verso sinistra dello stantuffo determina
dapprima laumento della pressione del liquido, a causa della diminuzione della cavit in cui stato intercettato il liquido, e suc-
cessivamente lapertura della valvola automatica di mandata (in alto), con trasferimento del liquido alla tubazione di mandata.
15.4. ACCOPPIAMENTO MACCHINA OPERATRICE E SISTEMA 319

Le pompe a stantuffo sono costituite da uno stantuffo (o


M
pistone), che, scorrendo allinterno di un cilindro di diame-
tro D (detto alesaggio), alternativamente aspira e comprime
il liquido. Il volume della camera variabile in funzione
p p della corsa C dello stantuffo. La valvola di aspirazione si
apre nella fase in cui lo stantuffo si sposta verso destra:
quando il volume della camera aumenta, si crea una depres-
sione che fa aprire la valvola e richiama il liquido prove-
niente dal condotto di aspirazione. La valvola di mandata si
apre nella fase in cui lo stantuffo si sposta verso sinistra:
L M1 A M2 C
quando il volume della camera diminuisce, sale la pres-
Fig. 15.15-a - Pompa a lobi con indicati: alloggia- sione nel liquido, determinando la chiusura della valvola di
mento (C ) dei lobi (L), alberi di trasmissione del aspirazione e lapertura della valvola di mandata che viene
moto (M1 e M2), collegamenti con il condotto di tarata perch si apra a una determinata pressione. In questo
aspirazione (A) e di mandata (M), velocit angolare
caso le valvole sono automatiche perch si aprono e si chiu-
della pompa P .
dono in funzione della pressione che esiste nel liquido. Altre
volte le valvole sono comandate, sono cio azionate diret-
tamente da parti mobili che assorbono potenza dal motore
primo che trascina la pompa, in tal caso la regolazione della
pressione di mandata ottenuta variando la legge di apertura
delle valvole.
Nei casi in cui vengano richieste alte pressioni (fino a
130 MPa) e/o il trattamento di acque non limpide, lo stantuffo
tuffante, cio massiccio e totalmente immerso nel liquido;
le tenute sono realizzate sulla parte fissa con il notevole van-
taggio che possono essere successivamente registrate, anche
Fig. 15.15-b - Pompa a vite (Mannesmann Rexroth). a macchina in moto, per riprendere i giochi provocati dalle
usure.
La potenza assorbita dalla pompa a stantuffo Pa ancora espressa dalla 15-2 oppure, meglio, da:

Vp
Pa = 15-10
P

in quanto laumento di pressione p estremamente elevato che viene ottenuto con queste pompe
fa passare in secondo piano gli altri termini, legati alle variazioni di quota e velocit, presenti

nella prevalenza manometrica hu (15-1). A pari potenza assorbita, la portata V mandata dalla
pompa varia in modo inversamente proporzionale allaumento di pressione: V ~ Pa /p. Perci,
qualora si voglia aumentare la portata, per una data potenza fornita dal motore elettrico che
aziona la pompa, occorre rinunciare a parte dellaumento della pressione disponibile con quel
dato modello di pompa. Viceversa, qualora si vogliano raggiungere pressioni molto elevate,
occorre per una data potenza disponibile, lavorare con portate molto basse.

15. 4 ACCOPPIAMENTO MACCHINA OPERATRICE E SISTEMA

15. 4. 1 Punto di funzionamento


Si consideri un sistema di tubazioni che collega due bacini di un impianto del tipo di quello illu-
strato nella Figura 15.8-b; si voglia spostare lacqua con una pompa avente la prevalenza
manometrica hu. Per far ci necessario vincere la prevalenza del sistema hs in cui inserita la
320 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

pompa, rappresentata dal dislivello tra i due


Caratteristica bacini z = zm zv , detta componente sta-
del sistema tica di hs, e dalle perdite di carico dellim-
pianto che, aumentando con il quadrato
v (14-15 e 14-16)
della velocit dellacqua
Componente dinamica e quindi della portata V (14-6), rappresen-
Prevalenza h

f (V 2) tano la componente dinamica di hs. Lin-


Punto di funzionamento tersezione tra la curva caratteristica della
pompa hu e la curva caratteristica del siste-
ma hs in funzione della portata V (Figura
Caratteristica Componente statica 15.16) individua il punto di funzionamento
z m zv
della pompa (hu = hs ), dove la pompa nel suo funziona-
mento si stabilisce automaticamente in
quanto questo punto appartiene sia alla
Portata V
pompa che al sistema. La ricerca del miglior
Fig. 15.16 - Caratteristiche di una turbopompa (centrifuga) e del sistema. accoppiamento tra pompa e sistema consi-
ste appunto nello scegliere la pompa adatta
a operare in unione con un dato sistema, in
modo tale da mandare la portata richiesta nelle condizioni, le pi vicine possibili, a quelle di
massimo rendimento.
Quando la pompa presente nel sistema idraulico una turbopompa, la variazione della posizione
del punto di funzionamento pu essere ottenuta attraverso:
la variazione della velocit di rotazione n: nella Figura 15.17-a si vede che nel passare da un
valore basso della velocit di rotazione (0,8 n) a un valore alto (1,2 n) la caratteristica della
pompa si sposta e di conseguenza si modifica anche il punto di funzionamento15.3;
il cambiamento del diametro della girante D, secondo quanto illustrato nella Figura 15.17-b15.3;

a b
V ~ n V ~ D 3
D = Costante n = Costante Caratteristica
hs ~ n 2 Caratteristica hs ~ D 2 del sistema
del sistema
1,2 n
Prevalenza h

Prevalenza h

n A3 B3
0,8 n A2 B2
1,1 D
A1 B1
D
0,9 D

Portata V Portata V

Fig. 15.17 - a) Spostamento del punto di funzionamento da A1 ad A3 sulla curva hs del sistema a seguito del-
laumento della velocit di rotazione di una turbopompa da 0,8 n a 1,2 n, mantenendo invariato il diametro D
della girante.
b) Spostamento del punto di funzionamento da B1 a B3 sulla curva caratteristica hs del sistema a seguito del-
laumento del diametro D della girante da 0,9 D a 1,1 D, mantenendo invariata la velocit di rotazione n della
turbopompa.

15.3 - Il procedimento che consente di velocit di rotazione n, a parit di dia- metro, a parit di velocit di rotazione,
valutare leffetto della variazione della metro della girante D, oppure del dia- stato illustrato nellEsempio 15.1.
15.4. ACCOPPIAMENTO MACCHINA OPERATRICE E SISTEMA 321

la variazione della curva caratteristica


del sistema facendo aumentare o dimi-
nuire le resistenze dellimpianto (Figura
15.18) attraverso, ad esempio, lapertura
C3 o la chiusura di una saracinesca oppure
infine il cambiamento del diametro delle
Prevalenza h

C2
tubazioni, in occasione di lavori di modi-
C1 fica o a seguito di incrostazioni.

La variazione del punto di funzionamento


pu essere ottenuta anche in esercizio,
Curva caratteristica
hu = f (V ) della pompa
quando siano cambiate le esigenze del ser-
vizio che la pompa deve prestare ( il pro-
Portata V blema della regolazione).
Il metodo pi semplice sarebbe quello di far
Fig. 15.18 - Spostamento del punto di funzionamento da C1 a C3 sulla variare la velocit di rotazione n (Figura
curva caratterista hu = f (V ) della pompa a seguito dellaumento dello 15.17 ). Ci possibile soltanto quando la
strozzamento sulla saracinesca di mandata. pompa comandata da un motore elettrico
a corrente continua (soluzione non molto
frequente) oppure da un motore a combu-
stione interna (zone isolate in cui non esiste un collegamento con la rete elettrica di distribu-
zione). Di solito per la pompa azionata da un motore elettrico con velocit non regolabile
(motori elettrici in corrente alternata trifase). Il metodo di regolazione pi seguito quello di
far variare la caratteristica del sistema (Figura 15.18); tale metodo mentre non presenta incon-
venienti per le pompe centrifughe, deve essere applicato con cautela alle pompe assiali, in cui,
per la diversa caratteristica del sistema, si corre il rischio di assorbire una potenza maggiore e
quindi di sovraccaricare il motore elettrico.
Alcune volte pu essere necessario utilizzare pi pompe collegate in parallelo oppure in serie
(Figura 15.19). Le pompe operano in parallelo quando ciascuna pompa elabora parte della por-
tata in quanto sia gli ingressi che le uscite delle pompe sono collegati. In questo modo la por-
tata totale elaborata dal sistema uguale alla somma delle portate che passano attraverso a
ognuna delle pompe sotto una data prevalenza, che la stessa per ciascuna delle pompe. Per


V/2 V V
V
V
V
V/2 Caratteristica pompe
in serie

Caratteristica pompe
singole
Prevalenza h

Prevalenza h

Caratteristica
pompe singole h2 = h1

V/2
V/2
Caratteristica
del sistema
Caratteristica
Caratteristica in parallelo
del sistema h1

Portata V Portata V

Fig. 15.19-a - Operazione in parallelo di due turbopompe Fig. 15.19-b - Operazione in serie di due turbopompe uguali.
uguali.
322 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

motivi economici opportuno scegliere pompe dello stesso tipo e della stessa grandezza
(Figura 15.19-a). Le pompe operano in serie quando lingresso della seconda pompa colle-
gato alluscita della prima pompa in modo tale che la stessa portata passa attraverso le due
pompe. In questo modo le prevalenze, generate dalle due pompe, vengono sommate luna
allaltra in corrispondenza di una data portata (Figura 15.19-b).

Esempio 15.4 Due pompe uguali poste in parallelo e in serie


Si vuole pompare acqua da un bacino a un altro, situato z = 2 m pi in alto, attraverso una tubazione in
cui le perdite di carico complessive sono rappresentate dalla funzione 200 V 2, dove V la portata misu-
rata in m3/s. Si ha a disposizione una pompa assiale, la cui caratteristica descritta nella tabella che segue:

V [m3/s] 0,0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
hu [m] 5,6 4,75 4,2 4,3 4,3 3,75 3,25 2,3 1,25 0,0

Determinare la portata V nel punto di funzionamento per i seguenti casi:


a) pompa singola;
b) due pompe (ciascuna uguale a quella assegnata) poste in parallelo;
c) due pompe (ciascuna uguale a quella assegnata) poste in serie.

SOLUZIONE

a) Calcoliamo, alle diverse portate V, i corrispondenti valori hs = 2 + 200 V 2 della resistenza del sistema:

V [m3/s] 0,0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
hs [m] 2,0 2,08 2,32 2,72 3,28 4,0 4,9 5,9 7,1 8,5

Tracciamo quindi Figura 15.20 la caratteristica della pompa singola e quella del sistema; lintersezione
delle due curve permette di ricavare il punto di funzionamento. In corrispondenza leggiamo la por-
tata nel caso di utilizzo della pompa da sola:

Vsingola = 0,1 m 3 /s

b) Quando le due pompe sono poste in parallelo, la prevalenza della pompa rimane la stessa, mentre la
portata della pompa singola viene moltiplicata per due, in quanto le due pompe sono uguali. La carat-
teristica delle due pompe poste in parallelo allora data da:

V [m3/s] 0,0 0,04 0,08 0,12 0,16 0,20 0,24 0,28 0,32 0,36
hu [m] 5,6 4,75 4,2 4,3 4,3 3,75 3,25 2,3 1,25 0,0

Lintersezione (Figura 15.20) di questa caratteristica con la curva del sistema, che avevamo gi cal-
colato, avviene a una portata
Vparallelo = 0,11 m 3 /s
15.4. ACCOPPIAMENTO MACCHINA OPERATRICE E SISTEMA 323

10
Nuova caratteristica

8 Caratteristica del sistema


hs

Prevalenza h [m]
6 Pompe in serie
2hu

4
Pompe in parallelo
2V
2
Pompa singola
hu

0 0,1 0,2 0,3 0,4


Portata V [m 3 /s]

Fig. 15.20 - Caratteristiche della pompa assiale relative alle diverse configurazioni trattate nellEsempio. La curva
a tratti rappresenta una nuova caratteristica del sistema citata nei commenti dellEsempio 15.4.

c) Se le due pompe sono in serie, la portata rimane invariata, mentre la prevalenza viene moltiplicata per
due, poich le due pompe sono uguali. La caratteristica delle due pompe poste in serie data da:

V [m3/s] 0,0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
hu [m] 11,2 9,5 8,4 8,6 8,6 7,5 6,5 4,6 2,5 0,0

Lintersezione (Figura 15.20) di questa caratteristica con la curva del sistema avviene a una portata
Vserie = 0,13 m 3 /s

COMMENTI
Se la caratteristica della tubazione partisse da z = 5,6 m, anzich dal valore 2 assegnato, n la pompa
singola n le due pompe in parallelo sarebbero in grado di spostare la portata dacqua richiesta dal bacino
inferiore a quello superiore. In questo caso infatti la caratteristica del sistema hs = 5,6 + 200 V 2 (curva
a tratti di Figura 15.20), sarebbe tutta al di sopra delle due caratteristiche citate. Soltanto con le due pompe
collegate in serie si potrebbe trasferire lacqua tra i due bacini.

Esempio 15.5 Punto di funzionamento di un ventilatore


Nella tabella che segue sono riportate le curve caratteristiche in termini di portata V, prevalenza h u e ren-
dimento V di un ventilatore centrifugo. Si chiede di:
a) tracciare i dati su un diagramma;
b) calcolare e tracciare la curva della potenza assorbita Pa ;
c) determinare il punto di funzionamento e il corrispondente valore della potenza assorbita, qualora la
resistenza del sistema sia di 100 mm di colonna dacqua alla portata di 40 m3/s.
324 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

V [m3/s] 0 10 20 30 40 50 60 70
hu [mm di H2O] 85 92,5 95 90 80 65 47,5 25
V 0 0,46 0,66 0,7 0,67 0,6 0,48 0,32

SOLUZIONE

a) Nel diagramma di Figura 15.21 sono rappresentate le curve che corrispondono ai dati assegnati.
b) La potenza assorbita dal ventilatore si ricava con la 15-8, nella quale si posta, tra parentesi rotonde,
la parte relativa alla pressione, che viene calcolata facendo riferimento alla prevalenza assegnata misu-
rata in mm di colonna dacqua H O ghH O. 2 2

Varia ( H O gh H O )
Pa = 2 2

Come esempio calcoliamo la potenza assorbita alla portata di 10 m3/s.


10 m 3 /s (1000 kg/m 3 9,81 m/s 2 0,0925 m)
Pa = = 19,7 kW
0,46

p [kPa]
1
h [mm H2O] hu
Punto di
90 funzionamento

0,8 80
V
70 V 0,7
Pa [kW]
0,6 60 Pa 0,6 60

50 0,5 50
hs
0,4 40 0,4 40

30 0,3 30

0,2 20 0,2 20

10 0,1 10

0 0 0 0
0 10 20 30 40 50 60 70 80

Fig. 15.21 - Prestazioni del ventilatore e caratteristica del sistema relativi allEsempio 15.5. A differenza di quanto
avviene per limpianto in cui inserita la pompa, qui la caratteristica del sistema hs parte da zero poich per
un ventilatore il contributo della variazione di quota z = z2 z1 trascurabile, cos come spiegato nel
Paragrafo 15.2.
15.4. ACCOPPIAMENTO MACCHINA OPERATRICE E SISTEMA 325

I dati completi, riassunti nella tabella sottostante, vengono quindi tracciati nella Figura 15.21.

V [m3/s] 0 10 20 30 40 50 60 70
Pa [kW] 0 19,7 28,2 37,8 46,8 53,1 58,2 53,6

c) assegnata la resistenza del sistema pari a 100 mm di colonna dacqua nel punto con portata di 40 m3/s
di aria. Dal momento che la caratteristica di un ventilatore una parabola passante per lorigine
(Figura 15.21) possiamo determinare lequazione della parabola che rappresenta la caratteristica hs del
sistema in cui inserito il ventilatore.
hs = KV 2 100 mm di H 2O = K (40 m 3 /s)2

100 mm di H 2O mm di colonna dacqua


K = = 0,0625
(40 m 3 /s)2 (m 3 /s)2

hs = 0,0625 V 2
Lintersezione della parabola, data da questa equazione, con la curva hu = f (V ) determina il punto
di funzionamento (Figura 15.21). Il punto di funzionamento allora caratterizzato da:
V = 36,7 m 3 /s hu = 84,2 mm dacqua V = 0,69
e la potenza risulta:
36,7 m 3 /s 1000 kg/m 3 9,81 m/s 2 0,0842 m
Pa = = 43,9 kW
0,69
mentre sul diagramma si legge una potenza Pa 44 kW.

15. 4. 2 Cavitazione
Laltezza di aspirazione di una pompa limitata dalla impossibilit fisica di raggiungere pres-
sioni assolute negative, e cio al di sotto di zero, alla bocca di aspirazione; non infatti possi-
bile raggiungere pressioni assolute negative in quanto si pu al massimo arrivare ad estrarre tutte
le particelle del fluido dal recipiente (pressione assoluta uguale a zero), realizzando il vuoto per-
fetto. Nel caso di una pompa per acqua, al pelo libero del bacino posto a valle, esiste la pres-
sione atmosferica (10,33 m di colonna dacqua secondo quanto calcolato nel Paragrafo 14.2);
laltezza di aspirazione za, evidenziata nella Figura 15.8-a, deve perci essere inferiore a
10,33 m. Ma il valore di 10,33 m un valore teorico. In realt la presenza delle perdite di carico
Ya , relative al condotto di aspirazione, fa s che, allaltezza di 10,33 m, vada sottratto Ya: la
pompa deve cio trovarsi a unaltezza, rispetto al pelo libero del serbatoio sottostante, inferiore
alla quota teorica di 10,33 m. Si pu evitare tale problema ponendo la pompa al di sotto del ser-
batoio da cui aspira il liquido (Figura 15.22) oppure, laddove il costo dellimpianto sotto bat-
tente sia rilevante, con pompe sommerse (Figura 15.5-c).
Nel caso dellimpianto funzionante in aspirazione (Figura 15.8-a), allorch la pressione assolu-
ta diviene uguale o inferiore al valore della tensione di vapore del liquido a quella data tempera-
tura, si formano delle piccole bolle di vapore accompagnate da ebollizione. Dal momento che nor-
malmente i liquidi trasportano dellaria disciolta, labbassarsi della pressione fino a un valore
prossimo a quello della tensione di vapore porta dapprima a liberare laria disciolta nel liquido e
successivamente alla vaporizzazione del liquido stesso. Le bolle di vapore, insieme allaria, ven-
gono poi trascinate dalla corrente; se le bolle arrivano in zone a pressione pi elevata della tensione
di vapore, allora si verifica il collasso delle bolle: il fenomeno della cavitazione. In tempi
molto brevi si formano le bolle, aumentano di dimensione e infine collassano, producendo onde
326 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

di pressione di alta intensit seguite dalla for-


m mazione di nuove bolle. Tra un ciclo e il ciclo
successivo trascorrono soltanto pochi millise-
condi: le particelle di liquido colpiscono con
estrema violenza le pareti della macchina, dando
luogo ad aumenti locali di pressione e di tempe-
ratura enormi (fino a 400 MPa e 800 C) ac-
hg compagnati da sollecitazioni meccaniche tal-
zp mente alte da provocare prima lerosione e
quindi la rottura del materiale (Figura 15.23).
zm
Un parametro quasi universalmente utilizzato
v per definire la tendenza alla cavitazione di una
pompa rappresentato dallaltezza netta
positiva di aspirazione NPSH (dallingle -
se Net Po si tive Suction Head) che misura, in
metri, laltezza che occorre rispettare per im-
pedire linsorgere della cavitazione nel liqui-
do. In tutto limpianto infatti il lato in aspira-
zv za z1 z2 zione della pompa allingresso della zona
palettata quello in cui (Figura 15.23) si rag-
giunge la massima depressione: qui che nasce
la cavitazione. Il parametro NPSHdisp rappre-
senta lenergia disponibile alla flangia di aspi-
razione della pompa, rilevata dalla differenza
della pressione assoluta alla flangia di aspira-
zione della pompa (riferita ad una data portata)
Fig. 15.22 - Schema di sistemazione di pompa sotto battente in
e la pressione assoluta del vapore del liquido
modo da evitare inconvenienti provocati dal rilascio di bolle di
vapore dal liquido. trattato alla temperatura di esercizio; per il teo-
rema di Bernoulli15.4, esso si esprime con:

p serb pvap
NPSH disp = z a Ya 15-11
g

a b

Fig. 15.23 - Elementi di macchina danneggiati dalla cavitazione (Voith): a) girante di turbina Francis; b) distributore di una
pompa-turbina. Sul dorso delle pale rotoriche la velocit del liquido aumenta e corrispondentemente la pressione per il teorema
di Bernoulli diminuisce, causando la formazione di bolle che, portandosi poi in zone a pi alta pressione, collassano provocando
lerosione della superficie con cui vengono a contatto.

15.4 - Per una trattazione pi approfondita della cavitazione si rimanda ai Paragrafi 10.4 e 13.11 del testo di
Macchine idrauliche dello stesso Autore.
15.4. ACCOPPIAMENTO MACCHINA OPERATRICE E SISTEMA 327

Linea c Ya
arichi to
tali
Linea pie
zometric 2
ving
a
2g

NPSH
ping
p serb g
pvap
g
g

za

patm pserb

Linea di riferimento

Fig. 15.24 - Elementi del circuito idraulico che intervengono nella definizione dellaltezza netta positiva di aspi-
razione NPSHdisp.

dove (Figura 15.24):


10
pserb la pressione assoluta che agisce sul pelo
libero del serbatoio da cui aspira la pompa;
equivalente alla tensione di vapore [m]

8 pvap la pressione assoluta del vapore (tensione di


Altezza della colonna dacqua

vapore) del liquido trattato dalla pompa ed


esprime il contributo del liquido a formare,
6
alle diverse temperature, il vapore che d
luogo alla cavitazione (Figura 15.25);
4 la massa volumica del fluido, valutata nelle
condizioni di temperatura in cui lavora la
pompa;
2 za laltezza di aspirazione della pompa;
Ya la perdita di carico complessiva (continua
pi locale) nel tratto in aspirazione della
0
20 40 60 80 100 pompa.
Temperatura [C]
Il parametro NPSHrich, richiesto dalla pompa, equi-
Fig. 15.25 - Variazione della tensione di vapore dellacqua in vale invece alla caduta di pressione tra la flangia di
funzione della temperatura. aspirazione della pompa e il punto di minor pres-
sione nella zona di ingresso della palettatura, pi
laltezza cinetica relativa alla velocit del liquido alla bocca aspirante della pompa. Per un rego-
lare funzionamento della pompa occorre che la pressione del liquido nel punto di massima
depressione allingresso della zona palettata sia superiore a quella della tensione di vapore; ci
equivale a scrivere NPSHdisp NPSHrich.
Nel caso in cui sul pelo libero del liquido contenuto nel serbatoio sia presente la pressione atmo-
sferica patm, allora la pressione nel serbatoio pserb viene sostituita, nella 15-11, da patm:
patm pvap
NPSH disp = z a Ya 15-12
g
328 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

che, per lacqua, pu essere approssimata da:

pvap
NPSH disp = 10 [m] z a Ya 15-12
g

dove 10 m rappresenta laltezza della colonna dacqua patm /( g) corrispondente alla pressione
atmosferica.

Esempio 15.6 Pompa che aspira da un bacino


Una turbopompa aspira acqua da un serbatoio soggetto alla pressione assoluta di 101,32 kPs ( la pres-
sione atmosferica); alla portata trattata dalla pompa il costruttore fornisce un valore NPSHrich = 12 m. Se
la perdita di carico Ya tra serbatoio e ingresso pompa vale 2 m, si chiede a quale altezza deve essere siste-
mato lingresso della pompa per evitare la cavitazione nel caso in cui venga alimentata con acqua alla tem-
peratura di:
a) 15 C con pressione assoluta di vapore pvap = 1,7 kPa e con massa volumica = 1000 kg/m3;
b) 90 C con pressione assoluta di vapore pvap = 70 kPa e con massa volumica = 965 kg/m3.

SOLUZIONE
a) Se vogliamo evitare la cavitazione, la bocca di aspirazione della pompa si deve trovare a unaltezza
za tale per cui laltezza NPSHdisp disponibile (15-12) risulti maggiore o al limite uguale dellaltezza
NPSHrich di 12 m richiesta dalla pompa.
patm pvap
NPSH rich < z a Ya
g
Risolvendo allora rispetto allaltezza geodetica di aspirazione za, otteniamo
patm pvap
z a < NPSH rich + Ya
g
Sostituiamo nellequazione 15-12 il NPSHrich richiesto e i valori assegnati di pressione atmosferica patm,
pressione di vapore pvap, massa volumica e perdita di carico nel condotto di aspirazione Ya:

101.320 Pa 1700 Pa
z a < 12 m + 2m
1000 kg/m 3 9,81 m/s 2
za 12 m + 10,16 m 2 m
za 3,84 m
La quota za risulta negativa; ci significa che la pompa va posta almeno 3,84 m sotto al livello della
superficie del serbatoio (funzionamento sotto battente, come nella Figura 15.22) se si vuole evitare
la cavitazione. Il carico di 3,84 m rappresenta cio il valore limite per linsorgere della cavitazione;
carichi maggiori, ad esempio un battente di 5 m, andranno ancora meglio, mentre carichi inferiori, ad
esempio 3 m, porterebbero alla cavitazione accompagnata dagli inevitabili danni alla girante.
Con la formula approssimata 15-12, dove poniamo (Figura 15.25) patm /( g) = 0,15 m di colonna
dacqua, corrispondente alla tensione di vapore alla temperatura di 15 C, avremmo invece:
pvap pvap
NPSH rich < 10 [m] z a Ya z a < NPSH rich + 10 [m] Ya
g g
za 12 m + 10 m 0,15 m 2 m
za 4,15 m
15.5. TURBINE IDRAULICHE 329

b) Sostituiamo adesso, nellequazione esplicitata rispetto a za , i valori relativi a una temperatura dellacqua
pari a 90 C:
101.320 Pa 70.000 Pa
z a < 12 m + 2m
965 kg/m 3 9,81 m/s2
za 12 m + 3,3 m 2 m
za 10,69 m
in questo secondo caso, con lacqua a temperatura molto alta, la pompa deve avere laspirazione posta
10,69 m al di sotto della superficie del serbatoio per evitare la cavitazione.
Il caso esaminato particolarmente severo in quanto si considerata una portata elevata e quindi il
valore di NPSHrich alto (il parametro NPSHrich aumenta infatti allaumentare della portata).
Il metodo approssimato della formula 15-12 d
za 12 m + 10 m 7,2 m 2 m
con 7,2 m altezza corrispondente alla tensione di vapore che si ricava dalla Figura 15.25 per la tem-
peratura di 90 C:
za 11,2 m

15. 5 TURBINE IDRAULICHE

15. 5. 1 Classificazione
Una turbina idraulica una macchina che estrae energia da un fluido in possesso di un carico
idraulico sufficientemente elevato. Tale carico (o caduta) generato dal dislivello esistente tra
la quota a cui opera la turbina e la quota a cui viene prelevato il fluido che deve lavorare nella
turbina. La differenza di livello pu essere molto elevata (ad esempio pi di 500 m nel caso di
un bacino di alta montagna che alimenti con una condotta forzata una turbina posta sul fondo

Installazione ad asse orizzontale Installazione ad asse verticale

Fig. 15.26-a - Turbina Pelton a un solo ugello per microcentrali idroelettriche (Riva Calzoni).
330 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

della valle), come pu essere piuttosto modesta (ad esempio 40 m o meno nel
caso di turbine che utilizzino dislivelli creati artificialmente in un fiume mediante
sbarramenti oppure nel caso limite di turbine che sfruttino, per mezzo di dighe
che isolano un braccio di mare, il dislivello provocato dalle maree).
Elementi essenziali di una turbina sono il distributore e la girante. Il distribu-
tore, ricavato nella parte fissa (statore), costituito da condotti in cui lacqua,
proveniente dallimpianto motore a monte, assume una velocit prestabilita
adatta per entrare nella girante. Qualora i condotti fissi del distributore siano
costruiti in forma di uno o pi ugelli in modo da generare uno o pi getti di
acqua che colpiscono la girante, abbiamo il distributore a getto caratteristico
Fig. 15.26-b - Girante ad asse
della turbina Pelton (Figura 15.26-a). Se invece i condotti fissi del distributore
verticale per turbina Pelton sono generati da pale di adatto profilo ( pale direttrici) abbiamo la turbina
da 117 MW (Franco Tosi). Francis (Figura 15.27-a), in cui il distributore consiste in una camera a spirale
(Figura 15.27-b). La girante (o rotore) la parte mobile della turbina: prati-
camente una ruota sulla cui periferia sono riportate delle pale che, percorse dal-
lacqua inviata dal distributore, permettono di trasformare lenergia posseduta dallacqua in ener-
gia meccanica resa disponibile allalbero della girante. Le pale della girante, portate da un disco
(Figura 15.26-b) oppure collegate direttamente al mozzo dellalbero (Figura 15.27-b), generano
condotti che assumono forma diversa a seconda del tipo di turbina.
In base al modo in cui viene convertito il carico idraulico disponibile, risultato della variazione
di quota piezometrica z + p/( g), distinguiamo due tipi di turbine: ad azione e a reazione. Nelle
turbine ad azione, la variazione di quota piezometrica viene trasformata completamente in
energia cinetica allinterno del distributore; nelle turbine a reazione la variazione di quota pie-
zometrica viene trasformata solo in parte in energia cinetica nel distributore, mentre la parte rima-
nente viene utilizzata nella girante. Nelle turbine ad azione (la Pelton, esemplificata dalla Figura
15.26, in pratica lunico tipo che si sia affermato nelle applicazioni) il getto dacqua che esce
dagli ugelli del distributore e che investe solo parte (ammissione parziale 15.5 ) della periferia della

Cerchio dei getti

D C d
d
A

E
B

d
1

Fig. 15.26-c - Schema di una turbina Pelton e dimensioni principali della pala riferite al diametro d del getto:
A = (0,9 1,2) d C = (0,8 0,9) d 2 = 10 20 angolo della pala in uscita
B = (2,8 3,5) d E = (1,2 1,3) d N = 15 + D/(2d) numero delle pale.

15.5 - La turbina si dice ad ammissione inviato dal distributore non copre tutta la Pelton, che investe solo alcune zone
parzializzata in contrapposizione al- periferia della girante: questo il caso della girante.
lammissione totale quando il fluido tipico del distributore a ugelli della
15.5. TURBINE IDRAULICHE 331

Installazione ad asse orizzontale


Fig. 15.27-b - Allestimento di una turbina
Installazione ad asse verticale Francis: si osservano la cassa a spirale con
ingresso obliquo da sotto e la girante in
Fig. 15.27-a - Turbina Francis per microcentrali idroelettriche (Riva Calzoni). centro (Voith).

girante colpisce le pale, trasformando lenergia cinetica in lavoro, che viene raccolto allalbero.
Le pale non sono riempite completamente dal liquido: il getto che scorre sulle pale essenzial-
mente a pressione costante ( la pressione atmosferica dellaria che circonda il getto) e la sua velo-
cit relativa viene solo leggermente modificata a causa degli attriti. Le turbine Pelton sono per-
ci chiamate a getto libero: infatti, nel tratto compreso tra uscita dal distributore e ingresso nella
girante, il getto non viene guidato da un condotto e si muove in un ambiente a pressione atmo-
sferica. Nelle turbine a reazione (Figura 15.27) quando il liquido che ha trasformato solo parte
della energia totale disponibile in energia cinetica allinterno del distributore entra nella
girante lungo lintera periferia (ammissione totale 15.6 ) dotato oltre che di energia cinetica
anche (a differenza delle turbine ad azione) di energia di pressione. Lenergia di pressione viene
poi convertita in energia cinetica nei condotti della girante, che questa volta sono riempiti com-
pletamente dal liquido, e quindi la velocit relativa non si mantiene costante ma aumenta nel pas-
sare lungo la girante. La variazione di energia di pressione, attraverso la girante, espressa dalla
caduta di pressione che si pu misurare tra ingresso e uscita dalla girante. Nelle turbine a reazione
la girante viene, in genere, seguita da un condotto divergente (il diffusore) che ha lo scopo di tra-
sformare, almeno parzialmente, lelevata energia cinetica, posseduta dal liquido alluscita dalla
girante, in aumento della quota piezometrica. Analogamente a quanto abbiamo visto nelle tur-
bopompe (Figura 15.3 ), distinguiamo, nel progetto delle turbine a reazione, i tipi a flusso
radiale, a flusso misto e a flusso assiale (Figura 15.28).
Le turbine a reazione, a differenza delle turbine ad azione, sono macchine adatte a trattare disli-
velli geodetici z non elevati e portate V molto alte (Tabella 15.1). Il rendimento realizzato con
le prime turbine a reazione era molto basso in quanto, mancando i condotti fissi del distributore,
il liquido non era guidato opportunamente verso i condotti mobili della girante. La prima tur-
bina centripeta (il flusso entra sulla periferia della girante e viene scaricato al centro: il con-
trario di una pompa centrifuga) ad alto rendimento fu costruita nel 1849 da James B. Francis e
da allora tutte le macchine radiali oppure a flusso misto sono chiamate turbine Francis. Per salti
molto bassi (Tabella 15.1), una turbina, analogamente a quanto visto per le pompe, pu essere

15.6 - Le turbine a reazione possono fluido, metterebbero in corto circuito la sione esistente tra monte e valle della
solo funzionare ad ammissione totale. regione a monte e la regione a valle della girante nel funzionamento a reazione.
Nel caso di ammissione parziale, infatti, girante, con la conseguenza di ridurre
i condotti del rotore, non alimentati dal (fino ad annullarla) la differenza di pres-
332 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

a
s = 0,5
b Ds = 4,1
k = 0,7

b s = 1,8 c s = 3,7
Ds = 2,0 b Ds = 1,5

b k = 0,8 k = 2,0

D D

Fig. 15.28 - Dimensioni relative di differenti tipi di giranti di turbine a reazione soggette alla stessa caduta utile
e in grado di sviluppare uguale potenza; sono citati, per ogni girante, velocit specifica s , diametro specifico
Ds e rapporto velocit periferica k:
a) Francis a flusso radiale (s = 0,5, Ds = 4,1, k = 0,7);
b) Francis a flusso misto (s = 1,8, Ds = 2,0, k = 0,8);
c) Turbina a flusso assiale o turbina a elica (s = 3,7, Ds = 1,5, k = 2,0).

Tabella 15.1
Intervallo di dislivelli geodetici z [m] e portate V [m 3 /s] in funzione dei diversi tipi di turbine
idrauliche
Tipo di turbina Dislivello geodetico z Portate V
Pelton 150 1800 0,5 20
Francis 10 500 2 150
Elica e Kaplan 2 40 8 400

Installazione ad asse orizzontale

Installazione ad asse verticale Installazione ad asse inclinato

Fig. 15.29-a - Microcentrali idroelettriche con turbina a elica (Riva calzoni).


15.5. TURBINE IDRAULICHE 333

Fig. 15.29-b - Girante di turbina Kaplan da 30 MW; il diametro pari a 7,040 m (Franco Tosi).

disegnata in modo pi compatto con un flusso completamente assiale, ed chiamata turbina


ad elica. Lelica pu essere a pale fisse (Figura 15.29-a) oppure regolabili, e allora viene chia-
mata Kaplan (Figura 15.29-b); questultima pi complessa come meccanica, ma ha il note-
vole vantaggio di poter conservare rendimenti ancora elevati, quando viene utilizzata a carichi
inferiori al massimo carico per cui stata progettata la turbina.

15. 5. 2 Caduta utile e potenza


Le grandezze principali utilizzate per la definizione del funzionamento di una turbina sono gran-
dezze legate al fluido, come:
portata in volume V [m 3 /s];
caduta netta o utile hu [m] data dal salto che pu effettivamente uti-
m lizzare la turbina: al dislivello geodetico z = zm zv esistente tra i due
bacini situati a monte e a valle (Figura 15.30) e che prende il nome di
caduta disponibile, va sottratta la perdita di carico Y, relativa alla
condotta in cui inserita la turbina. Altre grandezze invece, analoga-
z zm
mente a quanto gi stato presentato per le turbopompe (Paragrafo
15.1.2), sono pi direttamente legate alle caratteristiche meccaniche
della turbina:
v potenza utile Pu [W], che la potenza che viene raccolta allalbero
zv della turbina;
velocit di rotazione dellalbero della macchina n [ giri/s] oppure
velocit angolare = 2n [rad/s];
rendimento totale della turbina T : un numero puro che tiene conto
Fig. 15.30 - Schema di installazione
di una turbina idraulica. del fatto che non tutta la potenza idraulica, fornita dal liquido, viene
convertita in potenza meccanica disponibile allalbero della turbina;
334 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

una o pi dimensioni caratteristiche [m]: solitamente viene preso come riferimento il diametro
massimo della girante D [m];
la coppia M, data dal rapporto tra potenza e velocit angolare (M = P/).
La potenza utile della turbina Pu espressa da:

Pu = T Vghu 15-13

dove T , rendimento totale della turbina, compreso tra 0,85 e 0,94 ed dato dal prodotto dei
tre rendimenti idraulico y, volumetrico v e organico o.
Il rendimento idraulico (y 0,88 0,96) ci dice che non tutta lenergia corrispondente alla
caduta utile viene trasformata in lavoro a causa delle resistenze passive incontrate dal liquido
nellattraversamento della turbina e delle eventuali perdite per energia cinetica non recuperate
allo scarico. Il rendimento volumetrico v esprime la perdita legata a quella frazione di liquido
che, sfuggendo attraverso i giochi, non agisce sulle pale fornendo lavoro; questo rendimento
sempre molto alto e normalmente viene considerato uguale a uno. Il rendimento organico
(o 0,96 0,99) tiene conto della potenza che viene persa per attrito e nellazionare gli ausi-
liari; anche il rendimento organico viene considerato uguale a uno, a meno che non si tratti di
turbine di piccola potenza, nelle quali le perdite di origine meccanica possono rappresentare una
frazione significativa della potenza utile generata dalla turbina.
In base ai valori dei rendimenti che abbiamo appena elencato e che sono rappresentativi delle
turbine idrauliche realizzate pi recentemente, si pu affermare che la maggior parte delle per-
dite in una turbina sono di origine idraulica. quindi al rendimento idraulico che occorre rivol-
gere la maggiore attenzione nel progetto della turbina. Allorch venga esaminato il sistema com-
prendente limpianto idraulico e la turbina, occorre moltiplicare il rendimento totale della
turbina T per il rendimento della condotta cond, che permette di risalire al rendimento globale
g dellimpianto idraulico in cui inserita la turbina.
Le turbine idrauliche sono macchine che lavorano usualmente a velocit di rotazione n costante
funzione della frequenza f del generatore elettrico sincrono accoppiato alla turbina. Nel caso di
frequenza f = 50 Hz, la velocit di rotazione n data da:
2f 100 6000
n= = << n [giri/s] >> n= << n [giri/min] >> 15-14
Np Np Np
dove Np il numero dei poli (Tabella 15.2). Le turbine idrauliche sfruttano inoltre una caduta
utile hu che viene determinata dalla configurazione dellimpianto: questa caduta deve perci
essere considerata costante. Mantenendo costanti la velocit di rotazione e la caduta utile hu, si
fa variare, attraverso la regolazione dellapertura del distributore, la portata V che passa nella
turbina. La prima cosa che occorre conoscere perci landamento della potenza utile Pu e del
rendimento totale della turbina T al variare della portata V, in corrispondenza del valore di pro-
getto della velocit di rotazione e per il valore assegnato della caduta utile: questi diagrammi
prendono il nome di curve di parzializzazione, in quanto la portata V viene fatta variare,
assu-
mendo tutta la sequenza di valori parziali V /Vmax dal valore zero fino al valore massimo Vmax che
corrisponde al distributore completamente aperto (Figura 15.31-a). La Figura 15.31-a mette in

Tabella 15.2
Velocit di sincronismo n in corrispondenza di una frequenza f = 50 Hz per generatori elettrici sincroni aventi
Np poli
Np 2 4 6 8 10 12 14 16 20 24 32 40 48 64 80
n [giri/s] 50 25 16,67 12,5 10 8,33 7,14 6,25 5 4,16 3,125 2,5 2,08 1,56 1,25
n [giri/min] 3000 1500 1000 750 600 500 428,6 375 300 250 187,5 150 125 93,7 75
15.5. TURBINE IDRAULICHE 335

rilievo che, a causa della potenza persa per attrito e per azionare gli ausiliari, potenza utile e ren-
dimento totale si annullano per un valore della portata molto basso, ma ancora diverso da zero;
in queste condizioni infatti tutta la potenza che si genera allinterno della macchina viene
spesa per bilanciare la potenza persa. Si osserva poi che il valore massimo del rendimento si rag-
giunge per un valore della portata pari a circa 80% della portata massima V /Vmax = 0,8 in modo
da permettere un ampio campo di regolazione della turbina con rendimenti ancora elevati, anche
se questo viene ottenuto a prezzo di una modesta perdita del rendimento in corrispondenza della
portata massima.

a b
T massimo
T Pu
.
V
T

Pu

0 0,8 1 V 0 nf n

Vmax

Fig. 15.31 - a) Curve di parzializzazione di una turbina idraulica.


b) Curve di potenza utile Pu , portata V, coppia M e rendimento T al variare della velocit di rotazione n di
una turbina idraulica; nf la velocit di fuga.

La potenza massima (valore di Pu che corrisponde a Vmax ) la potenza massima garantita dal
costruttore ed diversa dalla potenza normale, che la potenza che la macchina sviluppa in cor-
rispondenza del massimo rendimento.
Quando invece la turbina viene alimentata ad apertura costante del distributore, si ottengono
le curve caratteristiche della Figura 15.31-b, che indicano landamento di potenza utile Pu, por-
tata V e rendimento hT in funzione della velocit di rotazione n. Il valore della velocit di rota-
zione n f , in corrispondenza del quale si annullano potenza e rendimento, prende il nome di velo-
cit di fuga, e individua la condizione di funzionamento per cui tutta la potenza generata
allinterno della macchina viene assorbita da attriti e dagli ausi-
liari.
Analogamente alle pompe, abbiamo
V infine il diagramma colli-
nare che, riportando sul piano Vn (portata e velocit di rota-
zione) le linee di isorendimento (cio a uguale rendimento)
V0 0,9 sotto lassegnato valore di caduta utile hu, permette di indivi-
0,8 duare in modo completo il funzionamento della turbina (Figura
0,7 15.32). Si osserva che a mano a mano che si sale dalla periferia
alla sommit della collina, il rendimento aumenta, per arrivare
0,6
al valor massimo Tmax nel centro della regione individuata dalla
0,7 curva di isolivello pi piccola e dai valori V0 e n0.
Quanto pi ci allontaniamo da V0 e n0, tanto pi il rendimento
n0 n diminuisce, in quanto aumentano le perdite idrauliche provocate
dal progressivo allontanarsi della velocit dalla direzione, cal-
Fig. 15.32 - Diagramma collinare di una turbina
idraulica.
colata in sede di progetto, che rende minima la resistenza incon-
trata dal fluido nel percorrere la pala.
336 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

15. 5. 3 Velocit e diametro specifici


Analogamente a quanto fatto per le turbopompe (Paragrafo 15.1.3), i risultati delle misure otte-
nute su una prima turbina vengono estesi alle altre turbine mediante i coefficienti adimensio-
nali. La velocit specifica s, espressa in funzione della velocit angolare = 2 n, data da:

V V
s = = 2 n 15-15
( gh) 0,75 ( gh)0,75

La velocit specifica identifica la capacit della turbina di sviluppare un determinato lavoro gh (qui
h indica la caduta utile), relativamente alle portate pi o meno grandi di fluido V che lattraver-
sano, in funzione della velocit di rotazione n, ma indipendentemente dal diametro D della
girante. tradizione nel campo delle turbine idrauliche utilizzare anche unaltra espressione
della velocit specifica che fa riferimento alla potenza utile Pu , essendo questa la grandezza di mag-
giore interesse per il progettista. In tal caso, sostituendo alla portata V la potenza utile (indicata
semplicemente con P e legata alla prima dalla relazione 15-13) si ottiene, a meno del rendimento:

P P
s = = 2 n 15-15
( gh)1.25 ( gh)1,25

relazione in tutto equivalente alla 15-15, con linconveniente per di introdurre in pi la massa
volumica del fluido trattato.
Il diametro specifico Ds definito dalla relazione:

( gh) 0,25
Ds = D 15-16
V

ed esprime la capacit di una turbina a sviluppare pi o meno lavoro gh, in corrispondenza di


una determinata portata V , in funzione del suo diametro D, ma indipendentemente dalla velo-
cit di rotazione n.
Considerati insieme, questi due coefficienti individuano il piano s Ds (Figura 15.33) su cui
sono riportate le linee a ugual rendimento idraulico caratteristiche dei diversi tipi di turbine
idrauliche ad azione (Pelton) e a reazione (radiali e assiali). A ogni coppia di valori s e Ds cor-
risponde un determinato valore del rendimento idraulico conseguibile con il tipo di turbina che
risulta il pi adatto per soddisfare i vincoli posti dalla caduta utile hu e dalla portata V trattate
dalla turbina. Questo diagramma (di Balje) consente perci di prevedere il rendimento idrau-
lico, che potr essere ottenuto con il tipo di turbina scelto.
Sul diagramma di Balje sono riportati anche i valori del rapporto di velocit periferica k 15.7,
coefficiente adimensionale usato per lunga tradizione nel dimensionamento delle turbine e defi-
nito come rapporto tra la velocit periferica u = n D, allingresso nella girante di diametro D,
e la velocit ideale 2gh che si otterrebbe dalla completa trasformazione del lavoro gh in ener-
gia cinetica:
u nD
k = = 15-17
2 gh 2 gh

15.7 - Il rapporto di velocit periferica k unaltra forma del coefficiente di pressione citato nelle 15-4.
15.5. TURBINE IDRAULICHE 337

Ds 100
80 0,4 4 10
k=1
60 y = 0,7 Pelton con 1 o 2 getti
40

0,8
20 0,1 0,9

Francis
10
8 Pelton con Linea a Ds
3 o 6 getti ottimizzato
6 0,8 y =0
y = 0,9 ,9
4
Assiali

2
0,85

1
0,01 0,02 0,04 0,06 0,1 0,2 0,4 0,6 0,8 1 2 4 6 8 10 s

Fig. 15.33 - Diagramma di Balje: curve di isorendimento idraulico per lo stadio y singolo di turbine idrauli-
che nel piano che reca in ordinate il diametro specifico Ds e in ascisse la velocit specifica s; le linee a tratti e
a punti si riferiscono allEsempio 15.7. La regione regione delle turbine Pelton compresa tra 0,03 0,35, tra
0,25 2,5 per le Francis e tra 1,7 10 per le turbine assiali (Tabella 15.3).

Assegnato un valore a k e note velocit di rotazione n e caduta utile hu, possibile ricavare il
diametro D della girante. Il rapporto di velocit periferica rappresenta perci un coefficiente adi-
mensionale alternativo allaltro coefficiente adimensionale Ds , con linconveniente che, men-
tre nellespressione del diametro specifico non figura la velocit di rotazione n, nellespressione
del rapporto di velocit periferica k abbiamo anche questultima.
Anche per le turbine idrauliche, come per le turbopompe, quando si vuole determinare il tipo di
turbina che permette di raggiungere il massimo rendimento si ricorre a un diagramma (Figura
15.34), che riporta in ordinate il rendimento della turbina T e in ascisse la velocit specifica s;
questo un modo semplificato per rappresentare le informazioni contenute nel piano s Ds: cio
sottointeso che la turbina venga progettata per il valore ottimo del diametro specifico che consente
di rendere massimo il rendimento. Sulle ascisse della Figura 15.34 e cos pure nella Tabella 15.3
sono indicati gli intervalli ottimi di velocit specifica s per i diversi tipi di turbine idrauliche
Pelton, Francis e assiali.

0,96
0,94
Rendimento totale T

0,92
0,90
0,88
0,86
0,84
Turbine Francis Turbine Kaplan
0,82
Turbine Pelton
0,80
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 s

Fig. 15.34 - Curve di massimo rendimento totale della turbina T per i diversi tipi di turbine in funzione della velo-
cit specifica s.
338 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

Tabella 15.3
Velocit specifiche s caratteristiche dei vari tipi di turbine idrauliche
Tipo di turbina Velocit specifica s
Limite inferiore Valore centrale Limite superiore
Pelton a un getto 0,03 0,07
Pelton a tre getti 0,1 0,35
Francis lenta 0,25 0,6
Francis normale 1,1
Francis veloce 1,6 2,5
Kaplan a otto pale 1,7 2,5
Kaplan a sei pale 3,2
Kaplan a cinque pale 3,8
Kaplan a quattro pale 4,3 6
A elica 4,6 10

Esempio 15.7 Confronto tra due soluzioni di turbine


a disposizione una portata dacqua V = 5,7 m 3 /s sotto una caduta utile hu = 370 m. Nellipotesi di sce-
gliere una velocit di rotazione n tale da poter accoppiare la turbina a un generatore elettrico sincrono,
si chiede di valutare le caratteristiche principali (velocit di rotazione n, diametro della girante D e potenza
utile Pu ) raggiungibili nelle condizioni di massimo rendimento T con
a) una turbina Pelton (con rapporto di velocit periferica k = 0,46) oppure
b) una turbina Francis (con rapporto di velocit periferica k = 0,75).
Si chiede inoltre di
c) confrontare le due soluzioni.

SOLUZIONE
a) La portata, come vedremo meglio nel seguito, molto alta; ci orientiamo allora su una Pelton a tre ugelli,
che, secondo la Tabella 15.3, ha un valore centrale di velocit specifica pari a 0,1. Questo anche il
valore che (Figura 15.34) permette di raggiungere il massimo del rendimento (T 0,88). Una volta
fissato il valore della velocit specifica, ricaviamo la velocit di rotazione n dalla 15.15:

V s ( gh)0,75
s = 2 n n=
( gh)0,75 2 V
0,1 (9,81 m/s 2 370 m)0,75
n= = 3,12 giri/s (187 giri/min)
2 5,7 m 3 /s
La turbina potrebbe cos essere accoppiata a un generatore sincrono con velocit di rotazione n = 3,125
giri/s a 32 poli e frequenza f = 50 Hz (Tabella 15.2).
Sul diagramma della Figura 15.33 (linea a tratti), in corrispondenza della velocit specifica s = 0,1,
leggiamo, allinterno dellisola di massimo rendimento idraulico per le turbine Pelton (a tre getti), un
valore del diametro specifico Ds = 13. Dallespressione del diametro specifico otteniamo il valore del
diametro D della Pelton (15-16):

( gh)0,25 Ds V
Ds = D D=
V ( gh)0,25

13 5,7 m 3 /s
D= = 3,998 m
(9,81 m/s2 370 m)0,25
15.5. TURBINE IDRAULICHE 339

Il diametro poteva anche essere calcolato dal rapporto di velocit periferica k = 0,46:

u1 nD k 2 gh
k = = D=
2 gh 2 gh n

0,46 2 9,81 m/s2 370 m


D= = 3,998 m
3,12 giri/s

La potenza utile Pu data dalla 15-13:

Pu = T Vghu = 0,88 5,7 m 3 /s 1000 kg/m 3 9,81 m/s2 370 m = 18.206.575 W = 18,2 MW

b) Dalla Figura 15.34 e dalla Tabella 15.3, la velocit specifica che permette di raggiungere il rendimento
pi elevato (T 0,94) per una turbina Francis lenta s = 0,6. Una volta fissato il valore della velo-
cit specifica, ricaviamo la velocit di rotazione n seguendo il procedimento della domanda precedente:

0,6 (9,81 m/s 2 370 m)0,75


n= = 18,7 giri/s
2 5,7 m 3 /s

Questo valore della velocit di rotazione piuttosto distante da quello che bisognerebbe avere per
accoppiare la turbina Francis a un generatore sincrono con velocit di rotazione n = 16,67 giri/s
(1000 giri/min) con 6 poli e frequenza f = 50 Hz (Tabella 15.1). Scegliamo allora una velocit spe-
cifica s prossima a 0,6, ma tale da dare, come velocit di rotazione, n = 16,67 giri/s.

V 5,7 m 3 /s
s = 2 n = 2 16, 67 = 0,535 0,55
( gh)0,75 (9,81 m/s2 370 m)0,75

Entriamo nel diagramma di Figura 15.33 (linea a punti) con s = 0,55 e, nellisola di massimo ren-
dimento idraulico per le turbine a reazione, leggiamo un valore del diametro specifico Ds = 4.
Dallespressione del diametro specifico otteniamo il valore del diametro D della Francis:

4 5,7 m 3 /s
D= = 1,23 m
(9,81 m/s 2 370 m)0,25

Il diametro poteva anche essere calcolato dal rapporto di velocit periferica k = 0,75:

0,75 2 9,81 m/s2 370 m


D= = 1,22 m
16,67 giri/s

La potenza utile Pu data dalla 15.13:

Pu = T Vghu = 0,94 5,7 m 3 /s 1000 kg/m 3 9,81 m/s2 370 m = 19.447.932 W = 19,4 MW

c) La turbina Francis ha una velocit di rotazione un po pi alta di quelle usuali delle turbine a reazione
(n = 16,67 giri/s) e deve sopportare allinterno della cassa una pressione p (14-2)

p = ghu = 1000 kg/m 3 9,81 m/s2 370 m = 3,63 MPa

Tuttavia un diametro della girante D = 1,23 m molto interessante, se confrontato a quello della Pelton
che arriva a 4 m. La Francis inoltre ha un rendimento pi elevato della Pelton e quindi la potenza utile
maggiore (Pu = 19,4 MW invece di 18,2 MW). Va poi tenuto presente che attualmente le turbine
Francis arrivano a trattare cadute fino a 600 m.
340 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

COMMENTI
Qualora si volesse insistere su una soluzione basata su una turbina Pelton, occorre ridurre il diametro D
e aumentare la velocit di rotazione n, seguendo due strade:
1. Si aumenta la velocit specifica s , accettando la corrispondente perdita di rendimento (Figura
15.34). Posto, ad esempio, s = 0,2 ( 0,84), otteniamo una velocit di rotazione n

0,2 (9,81 m/s 2 370 m)0,75


n = = 6,24 giri/s (374 giri/min)
2 5,7 m 3 /s
e un diametro D
0,46 2 9,81 370 m
D = = 1,999 m
6,24 giri/s

2. Passare a una turbina Pelton a due ruote affiancate con il generatore elettrico in mezzo, ciascuna in
. In tal caso per ciascuna ruota abbiamo:
grado di trattare con tre getti la portata V/2

V/2 V 1/2 ( gh)0,75 ( gh)0,75


s = 2 n = 2 n n = 2 s = 1,41 s
( gh)0,75 ( gh)0,75 2 V 2 V
Ma il termine tra parentesi quadre non altro che la velocit di rotazione n che avevamo gi calco-
lata allinizio e che valeva 3,12 giri/s; quindi la nuova velocit di rotazione n vale:
n = 1,41 n = 1,41 3,12 giri/s = 4,4 giri/s (264 giri/min)
mentre il nuovo diametro D dato da:

0,46 2 9,81 370 m


D = = 2,835 m
4,4 giri/s
In ogni caso, o per il rendimento piuttosto basso della prima alternativa o per il diametro ancora elevato
(D = 2,835 m) della Pelton a due ruote, conviene adottare la soluzione Francis.

15. 6 MACCHINE REVERSIBILI


Con gli impianti di accumulazione o di pompaggio eccedenze di energia di basso valore, for-
nite da impianti idrici oppure termici, vengono impiegate per pompare acqua ad un serbatoio
elevato, dove lenergia potenziale cos accumulata pu essere utilizzata nei momenti di punta.
Per far ci si ricorre alle macchine reversibili (Figura 15.35), costituite da ununica turbo-
macchina in grado di funzionare sia come pompa che come turbina ( per questo motivo che
vengono chiamate anche pompe-turbine), al posto dei gruppi separati di pompe e di turbine
idrauliche di disegno convenzionale usate per questo scopo in passato. Una turbomacchina rever-
sibile a un solo stadio con palettatura Francis (Figura 15.35-a) pu venire utilizzata per cadute
fino a 600 m. In particolare le pale distributrici sono progettate per permettere il flusso in ambe-
due le direzioni. Infatti, quando lacqua entra alla periferia del rotore e si dirige verso il centro,
la macchina lavora come una turbina. Quando invece lacqua entra al centro e il flusso diretto
verso la periferia, la macchina lavora come una pompa. Naturalmente la direzione di rotazione
lopposto nei due casi. La reversibile collegata a una macchina elettrica che pu lavorare sia
come motore sia come generatore a seconda del senso di rotazione.
Per cadute utili al di sotto dei 200 m, viene anche utilizzata la palettatura semiassiale Deriaz
(Figura 15.35-b), adatta a sopportare variazioni elevate di carico e di portata mediante la
modifica del calettamento delle pale della girante (Figura 15.35-c) ottenuta con servomotori
posti nel mozzo. Le reversibili sono molto spesso a pi stadi (Figura 15.36), soluzione usuale
15.6. MACCHINE REVERSIBILI 341

Fig. 15.35-a - Schema di


turbomacchina reversibile
(Voith).

Fig. 15.35-b - Girante semi-


assiale Deriaz per turbomac-
china reversibile
(Mitsubishi).

Fig. 15.35-c - Reversibile (Mitsubishi) con le seguenti carat-


teristiche nel funzionamento come turbina e come pompa:

Turbina Pompa
Carico hu [m] 136,2 79,7 137,6 80,5
Potenza massima [MW] Pu = 87,3 Pa = 99,4
Portata massima V [m3/s] 80 66,3
Velocit n [giri/s] 4,616 4,616
Velocit specifica s [] 1,2 1,7 1,1 1,6
342 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

Fig. 15.36 - Turbomacchina reversibile di Edolo (Lombardia) realizzata da Hydroart con le seguenti caratteristiche
nel funzionamento come turbina e come pompa:

Turbina Pompa
Carico hu [m] 1256 1224 1169 1290 1231 1211
Potenza [MW] 127 122 112 134 139 141
Portata V [m3/s] 11,9 11,7 11,4 9,2 9,1 10,3
Velocit n [giri/s] 4,616 4,616

a) diffusore/convogliatore;
b
b) sezione verticale del gruppo;
c) fotografia della turbomacchina.

c
15.7. TURBINE EOLICHE 343

per le turbopompe, ma non per le turbine idrauliche; in tal caso sono in grado di trattare cari-
chi hu anche piuttosto elevati.
La girante di una reversibile essenzialmente la girante di una pompa modificata in modo da
fornire prestazioni ottime nel momento in cui necessario generare potenza. Non si possono
impiegare le giranti delle turbine convenzionali in quanto, a causa delle loro pale corte, non sono
adatte a soddisfare le pi severe richieste delle pompe in termini di cavitazione.

15. 7 TURBINE EOLICHE


La trasformazione dellenergia eolica in energia elet-
trica avviene attraverso una macchina, laerogene-
ratore, costituita da un rotore, che per mezzo di un
certo numero di pale fissate su di un mozzo, sottrae
al vento parte della sua energia cinetica e la tra-
sforma in energia meccanica, e da un generatore
elettrico, che trasforma lenergia meccanica in ener-
gia elettrica, riversandola sulla rete in modo da inte-
grare lenergia prodotta dalle fonti tradizionali, soli-
tamente basate sui combustibili fossili.
Sulla base della disposizione del rotore rispetto alla
direzione del vento, possiamo classificare le mac-
chine eoliche in due categorie: ad asse orizzontale e
ad asse verticale. Quelle pi diffuse sono ad asse
orizzontale, quali le turbine eoliche ad elica con
una sola pala (Figura 15.37) oppure con due (Figura
15.38) o tre pale che trovano il loro equivalente nelle
turbine idrauliche ad elica. Nelle caratteristiche
occorre precisare, oltre alla velocit del vento per cui
stata progettata la macchina, la velocit minima
del vento detta di avviamento (alla quale laeroge-
neratore inizia ad erogare energia elettrica) e quella
Fig. 15.37 - Aerogeneratore ad una sola pala (Riva Calzoni, di taglio (la velocit cio alla quale laerogeneratore
tipo M7):
viene staccato dalla rete provocando lintervento
Tipo: ad asse orizzontale, sottovento
Rotore: monopala con passo variabile
delle protezioni contro la sovravelocit).
Mozzo: di tipo oscillante La potenza ideale di una turbina eolica , a meno del
Regolatore: idromeccanico
rendimento, quella data dalla 15-13 ( Pideale = Vgh)
Moltiplicatore: ad alberi paralleli, rapporto 1:5
Generatore: sincrono con raddrizzatore potenza 5,2 kW dove la portata in volume pari al prodotto dellarea
Sostegno: tubolare dacciaio A spazzata dal rotore di diametro D per la velocit del
Diametro rotore: 6,5 m vento v [V = Av = ( D 2 /4 ) v], la massa volumica
Altezza mozzo: 12 m quella dellaria ( = 1,225 kg/m3), e la caduta utile
Velocit vento: di avviamento: 4 m/s
di progetto: 10 m/s della turbina idraulica diviene il carico h generato
di taglio: 20 m/s dallenergia cinetica della massa daria che attra-
Potenza di progetto: 5,2 kW. versa il rotore [h = v 2/(2g)]:
v2
Pideale = Vgh = D 2 v 1,225 g = 0,48 D 2 v3
4 2g
Se si considera il caso di un rotore a due pale progettato in modo molto accurato si passa dalla
potenza ideale Pideale alla potenza utile Pu effettivamente generata allasse del rotore, moltipli-
cando per un coefficiente pari a 0,375:

Pu = 0,18 D 2 v3 << Rotore a due pale >> 15-18


344 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

Fig. 15.38 - a) Aerogeneratore a due pale ENEL-FIAT con sostegno a Sostegno: tubolare dacciaio
profilo alare nella parte superiore: Massa totale: 2200 kg (escluso sostegno)
Tipo: ad asse orizzontale, sottovento Diametro rotore: 13,5 m
Rotore: bipala con passo variabile con messa in bandiera Altezza mozzo: 18,5 m
Mozzo: di tipo oscillante Velocit vento: di avviamento: 5 m/s
Regolatore: idromeccanico con comando a distanza per lavviamento e di progetto: 11,7 m/s
larresto di taglio: 30 m/s
Moltiplicatore: di tipo coassiale, a due stadi, rapporto 1:16,5 Potenza di progetto: 50 kW.
Generatore: asincrono trifase, quattro poli, 55 kW, 400 V, 50 Hz b) Schema costruttivo.

Nella espressione della potenza Pu compare il diametro del rotore D elevato al quadrato e la velo-
cit del vento v elevata al cubo; ne segue che se il diametro D raddoppia (a pari valore della velo-
cit v) la potenza aumenta di quattro volte (22 = 4), mentre se raddoppia la velocit v (a pari
valore del diametro D) la potenza aumenta di otto volte (23 = 8).
Nel progetto della turbina eolica possono ancora essere utilizzati la velocit specifica s (15-15)
e il diametro specifico Ds (15-16) in cui introduciamo il carico h = v 2/(2g) e la portata daria
V = A v , espressi, per semplicit, in funzione della velocit del vento indisturbata a monte del
rotore. Come per le turbine idrauliche (15-17), si utilizza anche per le turbine eoliche il coefficiente
di velocit periferica k, rapporto tra la velocit periferica del rotore u e la velocit del vento v.

Esempio 15.8 Aerogeneratore a due pale


Si vuole realizzare un aerogeneratore in grado di sfruttare una velocit del vento v = 11,7 m/s. Si decide
di adottare un rotore a due pale. Determinare:
a) il diametro del rotore, sapendo che la velocit di rotazione n = 1,65 giri/s;
b) la potenza utile erogata Pu sapendo che il coefficiente di velocit periferica k = 6;
c) la potenza elettrica disponibile ai morsetti del generatore, nellipotesi di assumere un prodotto del ren-
dimento della trasmissione meccanica m ed un rendimento del generatore e pari a 0,80.
15.8. SOMMARIO 345

SOLUZIONE
a) Dalla definizione del coefficiente di velocit periferica k, rapporto tra la velocit periferica del rotore
u e la velocit del vento v, possibile risalire al diametro D del rotore:

u Dn kv 6 11,7 m/s
k = = Dn = k v D= = = 13,5 m
v v n 1,65 giri/s

b) La potenza utile Pu disponibile allasse del rotore vale (15-18):

Pu = 0,18 D2v3 = 0,18 (13,5 m)2 (11,7 m/s)3 = 52,5 kW


c) La potenza elettrica disponibile ai morsetti del generatore elettrico data dal prodotto della potenza
utile Pu per i due rendimenti della trasmissione m e del generatore elettrico e:
Pe = me Pu = 0,80 52,5 kW = 42 kW

15. 8 SOMMARIO
Il prodotto della portata in volume V [m 3 /s] di liquido che circola nel condotto in cui inserita
la pompa, della massa volumica [kg/m3], dellaccelerazione di gravit g [m/s2] e della preva-
lenza manometrica hu [m] d la potenza ideale P [m3/s kg/m3 m/s2 m = (kgm/s2)m/s =
= Nm/s = J/s = W]; il prodotto va poi diviso per il rendimento totale della pompa P, in modo
da ottenere la potenza Pa effettivamente assorbita:

Vghu
Pa =
P

Questa relazione ci dice che, se vogliamo immettere la potenza Vghu nel fluido, occorre
assorbire una potenza pi elevata Pa , a causa delle diverse perdite conglobate nel rendimento P.
Il momento assorbito dalla pompa Ma [Nm] dato dal rapporto tra potenza assorbita Pa
[W = Nm/s] e velocit angolare [1/s]:
Pa
Ma =

con = 2 n, funzione della velocit di rotazione n [giri/s].
I diagrammi che riportano la prevalenza manometrica hu , il rendimento della pompa P e la
potenza assorbita Pa in funzione della portata V, a velocit di rotazione n costante, prendono il
nome di curve caratteristiche o, pi semplicemente, di caratteristiche.
Il prodotto di T , (rendimento totale della turbina pari a 0,85 0,94), V [m 3 /s] (portata dacqua
in volume), [kg/m3] (massa volumica dellacqua), g [m/s2] (accelerazione di gravit) e hu [m]
(caduta utile dellimpianto) d la potenza utile Pu della turbina [m3/s kg/m3 m/s2 m =
= (kgm/s2)m/s = (Nm)/s = J/s = W]:
Pu = T Vghu
Le turbine idrauliche sono macchine che lavorano usualmente a velocit di rotazione n costante,
funzione della frequenza f del generatore elettrico sincrono accoppiato alla turbina; esse sfrut-
tano una caduta utile hu costante determinata dalla configurazione dellimpianto. Le curve di par-
zializzazione riportano perci landamento della potenza utile Pu e del rendimento totale della
turbina T al variare della portata V in corrispondenza del valore di progetto della velocit di
rotazione n e per il valore assegnato della caduta utile hu .
346 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

Quando invece la turbina viene alimentata a portata costante V (cio ad apertura costante del
distributore), si ottengono le curve caratteristiche, che esprimono landamento di potenza utile
Pu, portata V e rendimento T in funzione della velocit di rotazione n.
La scelta di prima approssimazione di una turbopompa oppure di una turbina viene realizzata
mediante dei coefficienti adimensionali; particolarmente utili sono la velocit specifica e il dia-
metro specifico. La velocit specifica identifica la capacit della turbomacchina di trattare por-
tate V [m 3 /s] pi o meno grandi di fluido, relativamente a un determinato valore del lavoro mas-
sico gh [9,81 m/s2 m] sviluppato, in funzione della velocit di rotazione n [giri/s], ma indi-
pendentemente dal diametro D[m] della girante:

V
s = 2 n << velocit specifica >>
( gh) 0,75
Il diametro specifico un coefficiente senza dimensioni che identifica la capacit di una tur-
bomacchina di scambiare pi o meno lavoro gh con il fluido, in corrispondenza di una deter-
minata portata V, in funzione del suo diametro D ma indipendentemente dalla velocit ango-
lare della turbomacchina.
( gh) 0,25
Ds = D << diametro specifico >>
V
A ogni coppia di valori della velocit specifica s e del diametro specifico Ds corrisponde un
determinato valore del rendimento della turbomacchina (diagramma di Balje).

Esercizi proposti
15.1 Calcolare la potenza assorbita Pa da una pompa 15.5 Calcolare la coppia Ma di una pompa che
che, con un rendimento totale di 0,83, imprime una pre- assorbe la potenza di 18,39 kW alla velocit di rotazione
valenza manometrica di 56,43 m a una portata dacqua n = 48,33 giri/s.
di 0,04 m3/s. Ma = 60,5 Nm
Pa = 26,68 kW

15.2 Calcolare la potenza assorbita Pa da una pompa 15.6 In una pompa centrifuga, che ruota alla velocit
per acqua che manda una portata di 0,1 m3/s con un di 24 giri/s e manda una portata dacqua di 160 dm3/s con
rendimento totale di 0,8 e una prevalenza manometrica una prevalenza di 60 m assorbendo la potenza di
uguale a 15 m. 110 kW, la velocit viene ridotta fino a 16 giri/s. Calcolare
Pa = 18,39 kW portata V , prevalenza hu e potenza assorbita Pa alla
nuova velocit.
V = 106,7 dm3 /s;
15.3 Calcolare la potenza assorbita Pa da una pompa hu = 26,7 m; Pa = 32,6 kW
che, con un rendimento totale di 0,7, imprime una preva-
lenza manometrica di 90 m a una portata pari a 25 dm3/s
di un liquido, avente una massa volumica di 1,4 kg/dm3.
15.7 Calcolare la velocit specifica s di un modello
Pa = 44,145 kW di pompa centrifuga di cui, nelle prove di laboratorio, ven-
gono misurati 48,33 giri/s di velocit, 75 m di prevalenza
e 0,05 m3/s di portata. Calcolare poi la velocit n di una
15.4 Calcolare il rendimento totale P di una pompa pompa simile, che, lavorando in un punto corrispondente
per acqua sapendo che la potenza assorbita pari a 500 della sua caratteristica, manda una portata di 0,4 m3/s di
kW, mentre portata e prevalenza manometrica sono pari acqua con prevalenza manometrica pari a 120 m.
rispettivamente a 500 dm3/s e 80 m.
P = 0,78 s = 0,48; n = 24,27 giri/s
ESERCIZI PROPOSTI 347

15.8 Calcolare la velocit specifica s, diametro spe- Tracciare la curva del sistema e determinare il valore
cifico Ds, rendimento e tipo di pompa, qualora, avendo della portata V nel punto di funzionamento.
a disposizione una girante di 400 mm di diametro, si
debba trattare una portata di 0,16 m3/s, con una preva- V [dm3 /s] 0 4 8 12 16 20 23
lenza manometrica di 60 m e una velocit di rotazione di
hS [m] 10 12,4 19,6 31,6 48,4 70 89,3
24 giri/s.
V = 10 dm3/s
s = 0,5; Ds = 4,9; = 0,85; pompa centrifuga

15.14 Anzich una pompa, per compiere la stessa


15.9 Calcolare la velocit specifica s, diametro spe- operazione descritta nellEsercizio 15.13, si utilizzano
cifico Ds, rendimento e tipo di pompa, qualora, avendo due turbopompe uguali, ciascuna delle quali ha la stessa
a disposizione una girante di 2400 mm di diametro, si caratteristica citata nellEsercizio 15.13. Qualora le due
debba trattare una portata di 10,2 m3/s, con una preva- pompe vengano poste in parallelo e poi in serie, tracciare
lenza manometrica di 4 m e una velocit di rotazione di le rispettive caratteristiche e determinare, nel punto di
4,7 giri/s. funzionamento, le portate Vparallelo e Vserie .
s = 6; Ds = 1,9; = 0,8; pompa a elica
Per la soluzione in parallelo si ha:
V [dm3 /s] 0 8 16 24 32 40 46
15.10 Calcolare la velocit specifica s corrispon-
hu [m] 30 29 27 24 18 10 0
dente alle condizioni di lavoro di una pompa (Figura

Vparallelo = 11 dm /s
3
15.7 ), che tratta una portata di 15,16 m3/s, con una pre-
valenza manometrica di 22 m e una velocit di rota-
zione di 3,93 giri/s. Individuare il tipo di pompa pi Per la soluzione in serie si ha:
adatto e determinare il diametro D corrispondente alle V [dm3 /s] 0 4 8 12 16 20 23
condizioni di massimo rendimento . hu [m] 60 58 54 48 36 20 0

Vserie = 14,5 dm /s
3
s = 1,7; pompa a flusso misto; D = 2,5; = 0,9

15.11 Una pompa centrifuga di un motore a razzo 15.15 Da un serbatoio, in cui regna la pressione
manda la portata di 40 kg/s di ossigeno liquido, avente un atmosferica (101,32 kPa), viene aspirata dellacqua a
volume massico di 0,000876 m3/kg. Calcolare la portata in 15 C da una pompa che ha un valore di NPSH richiesto
volume V . Sapendo che la pompa fa aumentare la pres- pari a 4 m. Sapendo che le perdite di carico nel condotto
sione dellossigeno da 99,43 kPa a 3,5 MPa con un ren- di aspirazione sono pari a 1,85 m, calcolare laltezza di
dimento totale di 0,82, calcolare la potenza assorbita Pa. aspirazione za.
za 4 m
V = 0,035 m3 /s; Pa = 145,1 kW

15.16 Da un serbatoio, al cui interno esiste una pres-


15.12 Calcolare la potenza assorbita Pa da una pompa sione di 150 kPa, viene aspirata dellacqua a 15 C da
a stantuffo che tratta una portata dacqua di 12 dm3/s una pompa che ha valore di NPSH richiesto pari a 4 m.
con un aumento di pressione di 6 MPa e un rendimento Sapendo che le perdite di carico nel condotto di aspira-
totale di 0,88. zione sono pari a 1,85 m calcolare laltezza di aspira-
Pa = 81,8 kW zione za.
za 9,3 m

15.13 Si vuole pompare acqua da un serbatoio a un


altro situato 10 m pi in alto attraverso una tubazione in 15.17 Da un serbatoio, al cui interno esiste la pres-
cui le perdite di carico complessivo sono rappresentate sione atmosferica (101,32 kPa), viene aspirato un liquido,
dalla funzione 0,15 V 2, dove V la portata misurata in di massa volumica 1500 kg/m3 e tensione di vapore
dm3/s. La caratteristica della turbopompa la seguente: 0,38 kPa, da una pompa che ha valore di NPSH richiesto
pari a 3,5 m. Sapendo che le perdite di carico nel con-
V [dm3 /s] 0 4 8 12 16 20 23 dotto di aspirazione sono pari a 1,5 m, calcolare lal-
tezza di aspirazione za.
hu [m] 30 29 27 24 18 10 0 za 1,9 m
348 CAPITOLO 15. MACCHINE IDRAULICHE

15.18 Da un serbatoio, al cui interno esiste una pres- 15.22 Calcolare velocit specifica s, diametro spe-
sione di 150 kPa, viene aspirato un liquido, di massa cifico Ds, nelle condizioni di massimo rendimento, tipo di
volumica 1500 kg/m3 e tensione di vapore 0,38 kPa, da turbina e diametro D di una turbina che, sotto la caduta
una pompa che ha valore di NPSH richiesto pari a 3,5 m. di 6 m, tratta una portata dacqua di 16,5 m3/s ruotando
Sapendo che le perdite di carico nel condotto di aspi- alla velocit di 5 giri/s.
razione sono pari a 1,5 m, calcolare laltezza di aspira-
zione za. s = 6; Ds = 1,1; tipo di turbina = a elica;
za 5,2 m D = 1613 mm

15.19 Calcolare la potenza Pu sviluppata da una tur-


bina, che, sotto la caduta di 310 m, tratta una portata 15.23 Di una turbina, che ruota alla velocit di
dacqua di 7 m3/s con un rendimento di 0,94. 12,5 giri/s sotto la caduta di 200 m, assegnato il coeffi-
ciente di velocit periferica, che vale 0,75. Calcolare il
Pu = 20 MW diametro D.
D = 1200 mm
15.20 Calcolare la velocit specifica s, diametro
specifico Ds, tipo e rendimento di una turbina che,
sotto la caduta di 310 m, tratta una portata dacqua di 15.24 Si vuole realizzare un aerogeneratore in grado
7 m3/s con un diametro di 1425 mm ruotando alla velo- di sfruttare una velocit del vento di 13,3 m/s con un
cit di 12,5 giri/s. rotore a due pale che ruota alla velocit di rotazione di
0,423 giri/s. Fissato il valore del rapporto di velocit peri-
s = 0,51; Ds = 4; tipo di turbina = Francis; > 0,9 ferica k, determinare il diametro del rotore D, la potenza
utile erogata Pu dalla turbina eolica e la potenza elettrica
15.21 Calcolare la velocit specifica s di una turbina Pe disponibile ai morsetti del generatore, nellipotesi di
che, sotto la caduta di 310 m, sviluppa la potenza di assumere un rendimento complessivo della trasmissione
20 MW alla velocit di rotazione di 12,5 giri/s. meccanica e del generatore elettrico di 0,80.
s = 0,49 k = 6; D = 60 m; Pu = 1,52 MW; Pe = 1,22 MW
Capitolo 16
TERMODINAMICA

16. 1 SISTEMA TERMODINAMICO E TRASFORMAZIONI


Un sistema termodinamico la porzione di materia delluniverso scelta per unanalisi ter-
modinamica. Il sistema separato dagli altri corpi, esterni al sistema, per mezzo di un contorno
chiaramente definito. Il sistema si dice chiuso se il suo contorno non viene attraversato da mate-
ria (Figura 16.1-a); aperto in caso contrario (Figura 16.1-b).

a Calore Q
b Calore Q
Lavoro L
Q+ Massa m
Sistema Sistema
Lavoro L
L+
Contorno
Contorno del sistema
del sistema
Ambiente esterno Ambiente esterno

Fig. 16.1 - a) Sistema termodinamico chiuso: scambio di calore Q e di lavoro L attraverso il contorno che
separa dallesterno il sistema sotto esame. Il calore entrante e il lavoro uscente sono assunti positivi; il calore
uscente e il lavoro entrante sono invece negativi.
b) Sistema termodinamico aperto: scambio di calore Q, di lavoro L e di massa m attraverso il contorno.

Lo stato di un sistema termodinamico specificato dal valore delle sue propriet e pi preci-
samente dalle sue variabili di stato: pressione p, massa volumica (oppure il suo reciproco che
il volume massico v) e temperatura T. Lespressione il sistema si trova in un certo stato signi-
fica che le variabili di stato assumono determinati valori che individuano quel dato stato.
Un sistema termodinamico in uno stato di equilibrio quando non pu evolvere spontaneamente
da uno stato ad un altro. Se si sottopone il sistema a una serie continua di cambiamenti attra-
verso una successione di stati di equilibrio, allora lo stato del sistema cambia con continuit e
conseguentemente si modificano i valori delle propriet di stato: il sistema subisce una tra-
sformazione (o processo) reversibile. Reversibile vuol dire che il sistema passa da uno stato ini-
ziale 1 allo stato finale 2 e pu essere poi riportato, per mezzo della trasformazione inversa, da
2 a 1 attraverso la stessa successione di stati percorsi in senso inverso. Dal momento che le pro-
priet di stato assumono valori definiti in un dato stato termodinamico, la variazione di valore
di una propriet di stato dipende solo dalla differenza tra il valore che questa propriet raggiunge
alla fine 2 della trasformazione (ad esempio p2 per la pressione) e il valore che essa aveva alli-
nizio 1 ( p1), mentre non dipende dal particolare percorso seguito dalla trasformazione per pas-
sare dallo stato 1 allo stato 2.
350 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

Quando il passaggio dallo stato 1 allo stato 2 non avviene pi per successivi stati di equilibrio,
quando cio la trasformazione avviene bruscamente con disuniformit allinterno del sistema
che fanno s che le propriet assumano valori diversi in punti diversi del sistema oppure si in
presenza di attriti che introducono delle dissipazioni di energia, allora la trasformazione
irreversibile. Il secondo principio della termodinamica misura lo scostamento della trasforma-
zione reale (irreversibile) da quella ideale (reversibile), permettendo cos di confrontare tra loro
le varie trasformazioni reali e di scegliere quella che raggiunge il rendimento pi elevato.

16. 2 CALORE
Il calore Q energia che il sistema scambia con lesterno attraverso il contorno (Figura 16.1-a).
Non quindi posseduto dal sistema, ma energia che viene identificata come calore solo nel
momento in cui attraversa il contorno del sistema; non si pu perci immagazzinare il calore, ma
occorre invece convertirlo in qualche altra forma di energia dopo che ha attraversato il sistema.
Non essendo energia immagazzinata o posseduta dal sistema, il calore non una propriet del
sistema; ne segue che lo scambio di calore a, oppure da, un sistema richiede una variazione dello
stato del sistema e che la quantit di calore scambiata funzione del percorso che il sistema segue
durante la trasformazione. Per evidenziare il fatto che lo scambio di calore funzione del tipo di
percorso effettuato, si usa il simbolo 1Q2 , calore scambiato durante la trasformazione per passare
dallo stato iniziale 1 allo stato finale 2.
La differenza di temperatura lelemento essenziale che determina il trasferimento di calore.
In base allesperienza, ripresa dal secondo principio della termodinamica, il calore viene scam-
biato dal corpo a temperatura pi alta verso quello a temperatura pi bassa. Lunit di misura
del calore il joule [J], mentre la temperatura si misura in kelvin [K] oppure in gradi centigradi
[C] con lo zero della scala kelvin posto a 273,15 C (Paragrafi 1.16 e 1.11).
Il trasferimento di calore pu risultare in una variazione di temperatura del corpo con aumento
dellenergia degli atomi o delle molecole. Si tiene conto di ci attraverso la capacit termica
massica c del materiale [J/(kgK)] (Paragrafo 1.19), che la quantit di calore trasferita alla
oppure dalla massa m [kg] del materiale allorch la temperatura aumenta da T1 a T2:
1Q2 = mc(T2 T1) 16-1
In altre circostanze, il trasferimento di calore al corpo non d origine ad alcuna variazione di
temperatura ma in un cambiamento di fase16.1, ad esempio da liquido a vapore. Lenergia imma-
gazzinata dal corpo in tale situazione viene utilizzata per cambiare i legami tra gli atomi
oppure tra le molecole. Il calore che non d luogo ad un aumento di temperatura viene chiamato
calore latente qL [J/kg]; il trasferimento di calore necessario per portare la massa m [kg] del
materiale da uno stato f allo stato g si esprime con:
f Q g = mqL 16-1

16.1 - Una fase definita come quella con una sola fase avente dovunque la quando il ghiaccio si scioglie vi un
regione in un materiale che mantiene in stessa composizione chimica e la stessa cambiamento di fase. Lacqua con pez-
ogni sua parte la stessa composizione struttura, cio la stessa disposizione zetti di ghiaccio contenuta in un bic-
chimica e la stessa struttura. Lacqua allo degli atomi. Lacqua allo stato liquido e chiere un esempio di un sistema a due
stato liquido un esempio di un sistema il ghiaccio hanno strutture diverse e cos fasi.

Esempio 16.1 Vaporizzazione dellacqua


Calcolare il calore totale Qtot necessario per portare una massa m di 3 kg di acqua (H2O) da 20 C allo stato
di vapore a 100 C, sapendo che la capacit termica massica dellacqua cH O vale 4,18 kJ/(kgK) e che il
2
calore latente di vaporizzazione qL a 100 C 2257 kJ/kg.
16.3. PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 351

SOLUZIONE
Occorre prima trasferire al liquido il calore Qliq necessario per innalzare la temperatura dellacqua da 20 C
fino a 100 C (16-1) e poi somministrare il calore Qvap necessario per il cambiamento di fase (16-1) in
modo da far passare lacqua da liquido a vapore.
Qliq = mcH O(T2 T1) = 3 kg 4,18 kJ/(kgK) 80 K = 1003,2 kJ
2

Qvap = mqL = 3 kg 2257 kJ/kg = 6771 kJ


Qtot = Qliq + Qvap = 1003,2 kJ + 6771 kJ = 7774,2 kJ

COMMENTI
Nella 16-1 presente una differenza di temperatura; perci possibile usare indifferentemente i kelvin
oppure i gradi centigradi: 100 C 20 C = 373,15 K 293,15 K = 80 K.

16. 3 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

16. 3. 1 La conservazione dellenergia in un sistema chiuso


Il primo principio lapplicazione del principio di conservazione dellenergia a un sistema ter-
modinamico. Il principio di conservazione dellenergia stabilisce che la somma algebrica di tutte
le energie che attraversano il contorno del sistema e quindi di calore e lavoro, che sono gli unici
meccanismi attraverso cui possono avvenire questi trasferimenti di energia, deve essere uguale
alla variazione di energia del sistema. Lenergia del sistema rappresentata dalla sola energia
interna u poich per un sistema chiuso in quiete non vi variazione n di energia cinetica n
di energia potenziale. Considerando le energie di solito misurate in kilojoule [kJ] per unit
di massa [kg], la conservazione dellenergia per un sistema chiuso (Figura 16.1-a) si scrive:

q 1l2
1 2 = u2 u1 16-2

Energia Energia interna Energia interna


che entra nel nello stato nello stato
sistema [kJ/kg] finale [kJ/kg] iniziale [kJ/kg]

Il lavoro massico stato indicato con 1l2 poich, come il calore massico 1q2, dipende dal percorso
seguito nella trasformazione; la variazione di energia interna, che invece una propriet del
sistema, viene definita solo dalla differenza tra i valori finale u2 e iniziale u1 raggiunti nella tra-
sformazione. Per convenzione, si assume positivo il calore entrante e negativo il calore uscente
dal sistema; il contrario avviene per il lavoro che positivo quando esce dal sistema e negativo
se entra (Figura 16.1-a).
Il lavoro elementare in un sistema chiuso, ad esempio quello svolto dallespansione del gas sullo
stantuffo della Figura 16.2, dato dal prodotto della forza pA [kN] (pressione p [kN/m2] per A [m2],
area dello stantuffo) per lo spostamento elementare dx = dV/A [m] (volume V [m3] diviso larea
A [m2]). Il lavoro massico 1l 2, nella trasformazione da 1 a 2, lintegrale del lavoro elementare,
rapportato alla massa m del gas, pA(dV/A)/m = pdV/m = pdv con v volume massico [m3/kg]:

1 l2 =
pdv
1
16-3
352 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

a b p
Contorno
Stantuffo
del sistema
1
p=
Lavoro (+) f (V
)
pA
p
2
V1 dV V2 V
Spostamento dx

Fig. 16.2 - a) Spostamento dello stantuffo provocato dallespansione di un gas di massa m = 1 kg in un sistema
termodinamico chiuso.
b) Espansione nel piano pressione-volume (p V): larea gialla sottesa alla curva p = f (V ), che individua il
cammino fatto durante la trasformazione reversibile, rappresenta il lavoro svolto dal sistema. Essendo la massa
unitaria, si pu scrivere, al posto del volume V, il volume massico v in modo da ottenere, con larea, la misura
del lavoro massico 1l 2.

In una trasformazione a pressione costante 1l 2 vale p(v2 v1); nella 16-2, che adesso diviene
1q2 = (u2 + pv2 ) (u1 + pv1), compare unaltra funzione di stato chiamata entalpia h [kJ/kg]:

h = u + pv 16-4

e il principio di conservazione dellenergia 16-2 si scrive:

q = h2 h1
1 2 << trasformazione a pressione costante >> 16-5

Esempio 16.2 Corsa di compressione


Il lavoro 1 l2 svolto sul gas, durante la corsa di compressione di un motore alternativo a combustione
interna, pari a 70 kJ/kg e il calore 1q2, che lascia il cilindro del motore, vale 40 kJ/kg. Calcolare la varia-
zione di energia interna u2 u1.

SOLUZIONE
Si applica lequazione di conservazione dellenergia 16-2, tenendo presente che, per le convenzioni
assunte, il lavoro negativo perch entrante nel sistema (viene fatto dallo stantuffo sul gas) e il calore
negativo perch uscente dal sistema (il calore generato dallaumento di temperatura del gas, prodotto dalla
compressione, viene trasmesso allesterno attraverso le pareti del cilindro):
u2 u1 = 1q2 1l 2 = 40 kJ/kg ( 70 kJ/kg) = + 30 kJ/kg

16. 3. 2 La conservazione dellenergia in un sistema aperto


Sotto le ipotesi di moto stazionario e flusso unidimensionale (Paragrafo 14.3), al sistema
aperto della Figura 16.3 si applica lequazione di conservazione della massa, scritta tra le sezioni
di ingresso 1 e di uscita 2 nella forma generale 14-5 valida per i fluidi comprimibili come gas
e vapori (Paragrafo 14.1). Al posto della sola energia interna u considerata nel sistema chiuso,
nel caso del sistema aperto occorre tener conto anche delle energie di pressione pv, cinetica v2/2
e potenziale gz (Paragrafo 14.5) riferite allunit di massa; di conseguenza lenergia del sistema
16.3. PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 353

h1 1 q

1
v1

z1
Livello di riferimento

2 z2
v2

h2 2

li

Fig. 16.3 - Schematizzazione del sistema aperto; lungo il contorno del sistema (linea a tratti verde) lenergia viene
scambiata come calore q e lavoro interno alla macchina li (rappresentato da un albero rotante), mentre attraverso
le sezioni di entrata A1 e di uscita A2 circola il fluido comprimibile con entalpie h1 ed h 2, masse volumiche 1 e
2, velocit v1 e v2 .

risulta u + pv + v 2 /2 + gz = h + v 2/2 + gz, avendo convertito u + pv nellentalpia h (16-4). Il


bilancio dellenergia per il sistema aperto tra la sezione di ingresso 1 e la sezione di uscita 2
espresso dallequazione:

v12 v22
q + h1 + + gz1 = h2 + + gz 2 + li 16-6
2 2

calore energia del fluido energia del fluido lavoro


massico che entra nel che lascia il massico
aggiunto sistema per sistema per fatto dal fluido
al sistema unit di massa unit di massa nel sistema
[kJ/kg] [kJ/kg] [kJ/kg] [kJ/kg]

dove si pu trascurare, essendo il fluido comprimibile, il contributo dellenergia potenziale gz.


Trascurando i contributi dellenergia potenziale poich il fluido
1 comprimibile e dellenergia cinetica rilevante solo nel caso dei venti-
Area proporzionale latori, il lavoro massico interno alla macchina li nel sistema aperto, ad
dp al lavoro esempio quello descritto nella Figura 16.4, si esprime con16.2:
Pressione p


li = vdp lw
1
16-7
2
dove lw indica il lavoro massico fatto dalle resistenze passive interne al
v
sistema che, nel fluido reale e quindi viscoso (Paragrafo 14.1), porta
0 ad un aumento del lavoro tipico della trasformazione irreversibile.
Volume massico v

Fig. 16.4 - Lavoro interno alla macchina


raccolto durante lespansione del gas tra 16.2 - Per la derivazione delle equa- testo Macchine termiche dello stesso
zioni citate nel Capitolo e gli even- Autore.
la sezione di ingresso 1 e la sezione di
tuali approfondimenti si rimanda al
uscita 2 di uno stadio di una turbina.
354 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

Dallenergia fino ad ora considerata, si passa alla potenza P [kW = kJ/s] moltiplicando lener-
gia massica [kJ/kg] per la portata in massa m [kg/s] del fluido di lavoro che attraversa il
sistema. Avremo cos una potenza termica Q = mq , relativa alla quantit di calore scambiata nel-

lunit di tempo attraverso il contorno del sistema, oppure una potenza meccanica L = m li , che
rappresenta il lavoro scambiato nellunit di tempo dagli organi mobili della macchina con il
fluido che attraversa il sistema.

16. 4 SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

16. 4. 1 Lentropia
Il primo principio della termodinamica fornisce un bilancio energetico; sostanzialmente garan-
tisce limpossibilit di produrre energia meccanica senza la simultanea diminuzione di unal-
tra energia, come il calore, suscettibile di trasformazione. Ogni processo pu tuttavia essere
ripercorso in senso inverso senza violare il primo principio. Tale possibilit negata dal
secondo principio che afferma che alcuni processi non possono avvenire. Di fatto lesperienza
dice che, mentre alcuni processi avvengono in modo naturale, altri processi possono avvenire
soltanto sotto lazione di forze esterne: un gas, ad esempio, si pu espandere liberamente, ma
in natura non possibile osservare una compressione libera. Il secondo principio della ter-
modinamica fornisce una guida per determinare la direzione naturale dei processi; tale guida
rappresentata da una funzione di stato, lentropia, che misura la preferenza della natura per
alcune trasformazioni. La variazione di entropia massica s1 s2 [kJ/(kgK)], tra lo stato iniziale
1 e lo stato finale 2 della trasformazione, si esprime con:
2
q
s2 s1 >

1 T
16-8

dove q [kJ/kg] il calore elementare scambiato alla temperatura T [K], mentre il segno di mag-
giore si riferisce alla trasformazione reale (irreversibile) e il segno uguale a quella ideale
(reversibile).

16. 4. 2 I diagrammi termodinamici (applicazione ai vapori)


Si visto che, nel diagramma pressione-volume massico
one 2
T azi q
1 2 =
Td s pv, larea sottesa alla trasformazione rappresenta il lavoro
s f orm ile 2 reversibile 1
massico 1l2 scambiato (Figure 16.2 e 16.4). Il diagramma
Tra ersib
rev entropico, avente in ascisse lentropia massica s e in ordi-
1 nate la temperatura assoluta T, consente invece di risalire
dA = Tds
(16-8) al calore massico scambiato 1q2, misurato dallarea
T
sottesa alla trasformazione reversibile (Figura 16.5).
I diagrammi pi utilizzati sono quelli in cui lentalpia mas-
sica h una delle due coordinate. Il diagramma di Mollier
o diagramma entalpico, una rappresentazione del pro-
s
ds cesso sul piano h-s (ordinate: entalpia massica h; ascisse:
Fig. 16.5 - La somma delle aree infinitesime dA = Tds,
entropia massica s); pur essendo simile al diagramma entro-
con loperazione di integrazione, misura il calore pico, il diagramma di Mollier non esprime pi il calore
2 scambiato attraverso la lettura dellarea sottesa alla tra-
q =
1 2
Tds scambiato durante la trasformazione re-
1
sformazione. Nel caso degli impianti frigorigeni viene
versibile tracciata sul piano temperatura-entropia Ts. comunemente utilizzato il diagramma pressione-entalpia
massica ph.
16.4. SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 355

I diagrammi termodinamici vengono impiegati per descrivere levoluzione del fluido di lavoro
allinterno del sistema termodinamico. Di particolare interesse sono i diagrammi delle fasi
liquido e vapore di una sostanza, ad esempio lacqua 16.3. Aumentando la temperatura ad una
pressione costante (ad esempio 0,1 MPa) della regione del liquido compresso (stati 1 e 2 della
Figura 16.6), lacqua inizia a trasformarsi da liquido a vapore: nello stato 3 il liquido viene detto
liquido saturo perch lulteriore somministrazione di calore (stato 4) determina la trasformazione
di parte del liquido in vapore. Durante il passaggio di stato la pressione (di saturazione) e la tem-
peratura (di saturazione) rimangono costanti: 0,1 MPa e 99,63 C. Alla fine (stato 5) tutta lac-
qua si trasformata in vapore saturo cosiddetto perch la rimozione di una sia pur piccola quan-
tit di calore dal vapore determinerebbe linizio della condensazione. Se si continua a
somministrare calore, la temperatura del vapore inizia a salire: il vapore si dice surriscaldato
(stato 6) poich si trova a una temperatura maggiore della temperatura di saturazione (99,63 C)
a quella data pressione (0,1 MPa). Nel diagramma entropico si osserva la curva limite fatta a
campana, allinterno della quale avviene il progressivo passaggio da liquido a vapore: in cor-
rispondenza del lato di sinistra (curva limite inferiore) inizia il processo di vaporizzazione, men-
tre a destra, sulla curva limite superiore, si completa il processo di vaporizzazione. Allinterno
della curva limite, la miscela liquido-vapore si trova in condizioni di equilibrio; allaumentare

1 Liquido 2 Liquido 3 Liquido saturo 4 Liquido + 5 Vapore 6 Vapore


vapore saturo surriscaldato

Fig. 16.6-a - Cambiamento di fase per lacqua da liquido a vapore.

T [C]
400 Punto critico
Isoterma critica

Liquido Vapore
Cu
ore

compresso surriscaldato
rva

a
eri

300
MP
inf

lim

0,1

Liquido +
ite

ite
lim

vapore
p=
sup
rva

erio

200 6
Cu

Liquido
re

saturo

3 3 4 5
100
2 Vapore
1 saturo

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
s [kJ/(kgK)]

Fig. 16.6-b - Diagramma entropico per le fasi liquido e vapore dellacqua.

16.3 - I diagrammi consentono di visua- vapore. Per una descrizione accurata pore occorre ricorrere alle tabelle di dati
lizzare rapidamente il processo termo- delle propriet termodinamiche del va- memorizzate nei calcolatori.
dinamico a cui viene assoggettato il
356 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

della temperatura, larea si va progressivamente restringendo fino ad arrivare al punto critico (per
lacqua si verifica con pcritica = 22,080 MPa e Tcritica = 374,136 C), al di l del quale svanisce la
distinzione tra la fase liquido e la fase vapore. La miscela liquido-vapore viene caratterizzata
con il titolo x, rapporto tra la massa di vapore saturo e la massa totale di liquido e vapore saturi:
massa di vapore saturo
x= 16-9
massa di vapore saturo + massa di liquido saturo
Lo scheletro del diagramma di Mollier per lacqua illustrato nella Figura 16.7; sono tracciate
le trasformazioni con valore costante di pressione p (isobara in azzurro), temperatura T (isoterma
in rosso), volume massico v (isocora in verde) e titolo x (in nero). Il diagramma completo del-
lacqua allegato al testo.

h [hJ/kg] Isocora

/kg

/kg
m3

g
0m

/k
m3
4000

1
0,0

0,9

14
Isobara

Pa

Pa
Pa
M

0k
2M
40 400 C

20
Isoterma
3000
210 C
a
Punto 120 C kP
critico 10
Curva limite

2000 Vapore saturo


Isotitolo

Liquido saturo
1000

3 4 5 6 7 8 9
s [kJ/(kgK)]

Fig. 16.7 - Scheletro del diagramma di Mollier per lacqua.

Esempio 16.3 Propriet del vapore dal diagramma di Mollier


Utilizzando il diagramma di Mollier allegato al testo, determinare per 1 kg di vapor dacqua:
a) temperatura Tg, volume massico vg, entalpia massica hg ed entropia massica sg nelle condizioni di
vapore saturo a 0,1 MPa;
b) volume massico v, entalpia massica h ed entropia massica s nelle condizioni di 0,1 MPa e 200 C;
c) la quantit di calore q, che deve essere fornita al vapore saturo, per portarlo a 200 C lungo lisobara
con p = 0,1 MPa.

SOLUZIONE
a) Sono le condizioni di vapore saturo (titolo x = 1) alla pressione di 0,1 MPa. Sul diagramma di
Mollier, il punto individuato dalla intersezione della linea nera ascendente (pressione p = 0,1 MPa)
con la curva nera del vapore saturo o curva limite superiore (luogo dei punti per i quali il titolo x
uguale a 1). La temperatura si legge sulla curva nera con andamento prossimo ad un orizzontale pas-
16.4. SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 357

sante per questo punto, mentre il volume massico un valore intermedio tra due curve verdi ascendenti
con 1,6 e 1,8 m3/kg. Sulle ordinate e sulle ascisse si leggono rispettivamente entalpia ed entropia.
Tg = 100 C; vg = 1,7 m3/kg; hg = 2675 kJ/kg; sg = 7,35 kJ/(kgK)
b) A 0,1 MPa e 200 C, il vapore surriscaldato; sul diagramma di Mollier si osserva infatti che il
punto, intersezione della isobara nera ascendente (a 0,1 MPa) con lisoterma nera quasi orizzontale
(a 200 C), si trova nella regione situata al di sopra della curva limite superiore. Il volume massico ha
un valore leggermente superiore alla curva verde ascendente con 2,0 m3/kg. Entalpia ed entropia si
leggono sugli assi.
v = 2,2 m3/kg; h = 2875 kJ/kg; s = 7,83 kJ/(kgK)
c) Trattandosi di una trasformazione a pressione costante, il calore da fornire al vapore (16-5) la dif-
ferenza delle entalpie del vapore surriscaldato hsurr (indicata con h nella risposta precedente) e del
vapore saturo hg:
q = hsurr hg = 2875 kJ/kg 2675 kJ/kg = 200 kJ/kg

Eempio 16.4 Bilancio energetico in una turbina


Una turbina (Figura 16.8), che elabora una portata di vapore
Contorno del sistema m = 2 kg/s, cede allesterno nellunit di tempo la quantit di ca-
1 lore Q = 11 kW. Le condizioni del vapore, allingresso 1 e allu-
scita 2 della turbina, sono riassunte nella tabella che segue (in
questa tabella la quota z viene misurata rispetto ad un piano di rife-
L i rimento).

Pressione Temperatura Titolo Velocit Quota


p [MPa] T [K] x [] v [m/s] z [m]
Q = 11 kW
2 1) Ingresso 3,0 400 60 5
2) Uscita 0,125 106 1 180 2

Fig. 16.8 - Schema della turbina, descritta nellEsem-


pio 16.4, con evidenziato il contorno del sistema.
Determinare la potenza meccanica Li sviluppata dalla turbina.

SOLUZIONE
Scrivendo lequazione 16-6 del bilancio dellenergia per il sistema aperto tra la sezione di ingresso 1 e
la sezione di uscita 2 della turbina, si ricava il lavoro massico interno li [kJ/kg]; moltiplicando questul-
timo per la portata in massa di vapore m [kg/s], si ottiene (Paragrafo 16.3.2) la potenza meccanica svilup-
pata Li [kJ/s = kW]. I valori delle grandezze sono noti dalla tabella, fatta eccezione per le entalpie in
ingresso e in uscita che si leggono sul diagramma di Mollier in corrispondenza dei valori assegnati di pres-
sione e temperatura: h1 = 3230 kJ/kg ed h2 = 2685 kJ/kg. Il calore massico q [kJ/kg], che figura nel bilan-
cio dellenergia, si ottiene dividendo il calore nellunit di tempo Q [kJ/s] ceduto allesterno (e quindi
negativo) per la portata in massa di vapore m [kg/s].
v12 v2
q + h1 + + gz1 = h2 + 2 + gz2 + li
2 2
1
li = (h1 h 2 ) + ( v12 v22 ) + g ( z1 z2 ) + q
2
h1 h2 = 3230 kJ/kg 2685 kJ/kg = 545 kJ/kg
358 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

1 2 (60 m/s)2 (180 m/s)2


( v1 v22 ) = = 14.000 m 2 /s 2 = 14,4 kJ/kg
2 2
g (z1 z2 ) = 9,81 m/s2 (5 m 2 m) = 29,43 m2/s2 = 0,029 kJ/kg

Q 11 kW
q= = = 5,5 kJ/kg
m 2 kg/s

li = 545 kJ/kg 14,4 kJ/kg + 0,029 kJ/kg 5,5 kJ/kg = 525,1 kJ/kg

L i = ml
i = 2 kg/s 525,1 kJ/kg = 1050,2 kW

COMMENTI
Se si confrontano tra loro i vari termini del bilancio energetico, si vede che il termine di gran lunga
prevalente la differenza di entalpia h1 h2 = 545 kJ/kg, mentre lapporto di energia potenziale
g (z 1 z 2) = 0,029 kJ/kg del tutto trascurabile. Il vantaggio di aver determinato, a uno a uno, i vari ter-
mini, che compongono il bilancio del sistema aperto, proprio quello di evidenziarne il peso e quindi
offrire un criterio per poterli o meno trascurare nei calcoli semplificati. Nel calcolo delle turbine, a parte
lo scambio termico con lesterno di solito molto modesto (per la rapidit del processo) e quindi trascu-
rabile, viene sempre trascurata la variazione di energia potenziale, mentre la variazione di energia cine-
tica pu essere trascurata soltanto per velocit basse, inferiori a 30 m/s.

Esempio 16.5 Lavoro e potenza in una turbina


Una portata m = 10 kg/s di vapore entra in una turbina con entalpia h1 = 3161,7 kJ/kg ed esce con ental-
pia h2 = 2310,1 kJ/kg.
Determinare:
a) lavoro massico li;
b) potenza meccanica Li .

SOLUZIONE
a) La turbina termica (a gas oppure a vapore) una macchina che trasforma in lavoro meccanico lenergia
posseduta dal fluido. Di solito si assume che (si veda anche lEsempio 16.4 e il Paragrafo 16.7):
1. la variazione di energia potenziale sia trascurabile;
2. la trasformazione avvenga in modo sufficientemente rapido da poter trascurare lo scambio termico
con lesterno (q = 0);
3. lenergia cinetica allingresso e alluscita sia trascurabile.
Sotto queste ipotesi, nellequazione del bilancio energetico 16-6, il lavoro massico li risulta uguale alla
variazione di entalpia:
li = h1 h2 = 3161,7 kJ/kg 2310,1 kJ/kg = 851,6 kJ/kg

b) Secondo quanto esposto alla fine del Paragrafo 16.3.2, la potenza meccanica data da:
Li = ml
i = 10 kg/s 851,6 kJ/kg = 8516 kW = 8,5 MW
16.5. GAS 359

16. 5 GAS

16. 5. 1 Equazione di stato del gas perfetto


Lesperienza mostra che, per ogni fluido, esiste un legame finito ben determinato, lequazione
di stato, tra le variabili di stato: pressione p, massa volumica (oppure volume massico v) e tem-
peratura T. Nel caso di un liquido (Paragrafi 14.1 e 14.4), questo legame si esprime dicendo che
il fluido incomprimibile ( = costante); nel caso della miscela liquido-vapore che si trova allin-
terno della curva limite (16.4.2), il legame stabilisce che ad un determinato valore della pres-
sione corrisponda un dato valore di temperatura ed infatti, durante il passaggio di stato, la tra-
sformazione avviene a pressione e temperatura costanti (isotermobarica). Nel caso di un gas
perfetto, gas per il quale possibile trascurare le forze che si esercitano tra le molecole come
avviene in condizioni di bassa massa volumica quando le molecole sono ampiamente separate
le une dalle altre, lequazione di stato espressa da:
pv = RT 16-10

con R [kJ/(kgK)] costante caratteristica del gas in esame il cui valore riportato nella
Tabella A.5 dellAppendice. Nessun gas reale ubbidisce esattamente a questa equazione; tutta-
via essa si pu ritenere sufficientemente approssimata per le normali applicazioni. Nel-
lequazione di stato, al posto del volume massico v, si pu scrivere la massa volumica = 1/v
(p/ = RT) oppure il rapporto volume/massa del gas V/m = v ( pV = mRT).

16. 5. 2 Grandezze termodinamiche del gas perfetto


Per i fluidi, come ad esempio i vapori, le relazioni tra le variabili di stato che, a loro volta con-
dizionano le propriet di stato, come lenergia interna e lentalpia, variano a seconda della
regione considerata; i valori delle propriet di stato vanno perci ricavati dai diagrammi oppure
dalle tabelle. Al contrario, nel caso del gas perfetto, possibile calcolare le propriet di stato
ricorrendo allequazione di stato e ad altre semplici relazioni che verranno presentate in que-
sto paragrafo e in quello successivo.
Per il gas perfetto, lenergia interna e cos pure lentalpia (per la 16-4 e la 16-10) risultano fun-
zioni della sola temperatura e non di due variabili tra loro indipendenti (ad esempio, tempera-
tura e volume massico) come avviene in generale. Dallequazione generale 16-1 si ricava la
capacit termica massica [kJ/(kgK)], propriet di stato che assume un valore costante per cia-
scun gas perfetto (Tabella A.5 dellAppendice). In particolare, si parla di capacit termica mas-
sica a volume costante cv , funzione della variazione di energia interna u2 u1 rappresentando
questa il calore scambiato a volume costante nella 16-2, e di capacit termica massica a pres-
sione costante cp, funzione della variazione di entalpia h2 h1 essendo questa il calore scambiato
a pressione costante (16-5):

u2 u1 = cv (T2 T1) 16-11 h2 h1 = cp (T2 T1) 16-11

Essendo le capacit termiche legate alla costante del gas R dalla relazione16.2:

cp cv = R 16-12

possibile esprimere ciascuna capacit termica in funzione della costante del gas R e del loro
rapporto :
c R R
= p cv = cp = 16-12
cv 1 1
360 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

16. 5. 3 Traformazioni del gas perfetto

16.5.3.1 Sistema chiuso


Nel sistema chiuso le equazioni che caratterizzano le trasformazioni a temperatura costante (iso-
terma), a pressione costante (isobara) e a volume costante (isocora) si ottengono dallequazione
di stato del gas perfetto 16.10 ponendo costante rispettivamente la temperatura T, la pressione
p e il volume massico v. Le equazioni del primo (Paragrafo 16.3.1) e del secondo principio della
termodinamica (Paragrafo 16.4.1) consentono di ricavare le espressioni del lavoro e del calore
scambiati nonch quelle delle variazioni di energia interna, entalpia ed entropia16.2. Queste
espressioni sono elencate nelle tabelle dellAppendice A.6.
La trasformazione reversibile del gas perfetto in cui non viene scambiato calore con lesterno
(adiabatica) anche isoentropica, cio a variazione nulla di entropia per la 16-8, ed carat-
terizzata dallequazione:
pv = costante = p1v1 = p2 v2 16-13
Di particolare interesse, in quanto molto spesso le trasformazioni dei gas seguono questa
legge, la politropica, trasformazione nella quale avviene uno scambio di calore tale da poter
essere rappresentato dallequazione:
pv n = costante = p1v1n = p2 v2n 16-14
con n, esponente della politropica, costante. Assegnando un valore opportuno a questo espo-
nente, possibile comprendere tutte le trasformazioni del gas perfetto fino ad ora esaminate
(Figura 16.9): isoterma (n = 1), isobara (n = 0), isocora (n = ) e adiabatica reversibile o isoen-
tropica (n = ).
n=

n=
n=1

n=0
n=

n=

p T

n=0 n=1

v s

Fig. 16.9 - Assegnando opportuni valori allesponente della politropica si ottengono tutte le trasformazioni del
gas perfetto: isoterma (n = 1), isobara (n = 0), isocora (n = ) e isoentropica (n = ).

16.5.3.2 Sistema aperto


Tenendo conto delle equazioni introdotte con la conservazione dellenergia nel sistema aperto
(Paragrafo 16.3.2), possibile ricavare le espressioni del lavoro e del calore scambiati e le
espressioni della variazione di energia interna, entalpia ed entropia per le trasformazioni isoen-
tropica e politropica. Anche queste espressioni sono elencate nelle tabelle dellAppendice A.6.
Una trasformazione che interessa gli impianti frigorigeni la laminazione, processo per cui, a
causa della presenza di una valvola solo parzialmente aperta oppure di una strozzatura creata
da un capillare, avviene una caduta di pressione nel gas, che si muove in un condotto, in un
16.5. GAS 361

tempo talmente breve e in uno spazio talmente ridotto da non consentire alcun scambio di calore.
Il processo perci adiabatico; inoltre non vi scambio di lavoro (le pareti del condotto sono
fisse), la variazione di energia cinetica trascurabile e cos pure quella di energia potenziale (il
fluido un vapore). Sotto queste condizioni lequazione 16-6 del bilancio energetico del
sistema aperto si riduce ad affermare che lentalpia finale uguale a quella iniziale (h1 = h2 ). La
trasformazione perci isoentalpica; per irreversibile a causa delle forti dissipazioni gene-
rate nel moto del fluido attraverso la strozzatura.

Esempio 16.6 Trasformazione isotermica del gas perfetto


Una massa di aria m = 2 kg contenuta in un cilindro di volume V1 = 1,8 m3 alla temperatura T1 = 298 K.
Laria viene compressa lentamente da uno stantuffo fino a un volume V2 = 0,7 m3. La trasformazione pu
essere considerata unisoterma (T1 = T2 = T ), in quanto, trattandosi di una compressione lenta, esiste un
tempo sufficiente perch la temperatura del gas uguagli la temperatura della parete del cilindro attraverso
lenergia scambiata sotto forma di calore. Calcolare il calore scambiato 1Q2 durante la trasformazione.

SOLUZIONE
In una trasformazione isotermica (formula A-6 dellAppendice A.6) il calore scambiato per unit di massa
1q2 uguale al lavoro 1l2 ed dato da:

v2 V /m V 0,7 m 3
q = RT ln
1 2 = RT ln 2 = RT ln 2 = 0,287 kJ/(kgK) 298 K ln = 80,78 kJ/kg
v1 V1/m V1 1,8 m 3
dove R = 0,287 kJ/(kgK) la costante dellaria ricavata dalla Tabella A.5. Il calore complessivo scam-
biato 1Q2 vale:
1Q2 = m1q2 = 2 kg ( 80,78 kJ/kg) = 161,56 kJ
Il segno negativo indica che il calore esce dal sistema, viene cio ceduto dal gas alle pareti del cilindro.

Esempio 16.7 Trasformazione adiabatica del gas perfetto


Due kg di argon sono contenuti in un cilindro chiuso da uno stantuffo alla pressione p1 = 700 kPa e alla
temperatura T1 = 400 K. Largon viene fatto espandere fino alla pressione p2 = 100 kPa in una trasfor-
mazione adiabatica reversibile. Calcolare il lavoro fatto dallargon durante lespansione.

SOLUZIONE
Il lavoro per unit di massa si calcola con la formula A-45 dellAppendice A.6:
R(T1 T2 )
l =
1 2
1
Nella Tabella A.5 si leggono la costante dellargon R = 0,208 kJ/(kgK) e il rapporto tra le capacit mas-
siche = 1,667. La temperatura finale T2 si ricava con la A-39 dellAppendice A.6:
( 1)/ (1, 667 1) /1, 667
p 100 kPA
T2 = T1 2 = 400 K = 184 K
p1 700 kPA
0,208 kJ/(kgK)(400 K 184 K)
1 l2 = = 67,4 kJ/kg
1,667 1
Il lavoro 1L2 fatto da tutta la massa di gas vale:
L = m1l2 = 2 kg 67,4 kJ/kg = 134,8 kJ
1 2
362 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

Esempio 16.8 Trasformazione politropica del gas perfetto


Nel cilindro di un motore Diesel viene compressa dellaria dalla pressione p1 = 0,1 MPa e dalla tempe-
ratura T1 = 300 K fino alla pressione p2 = 4,42 MPa. La trasformazione pu essere approssimata con una
politropica avente per esponente n = 1,35. Si chiede di:
a) determinare la temperatura T2 alla fine della compressione;
b) calcolare il lavoro scambiato 1l2;
c) calcolare il calore scambiato 1q2;
d) tracciare, in modo qualitativo, il diagramma sul piano pressione-volume e temperatura-entropia.

SOLUZIONE
a) La temperatura si determina con la A-55 dellAppendice A.6:
( n 1) /n ( n 1) /n
T2 p p
= 2 T2 = T1 2
T1 p1 p1
(1, 35 1) /1, 35
4,42 MPa
T2 = 300 K = 800,3 K
0,1 MPa

b) Il lavoro scambiato 1l2 dato dalla A-58 (Appendice A.6) con la costante dellaria R = 0,287 kJ/(kgK)
che si legge sulla Tabella A.5 dellAppendice:
R(T1 T2 ) 0,287 kJ/(kgK) (300 K 800,3 K)
l =
1 2 = = 410,25 kJ/kg
n 1 1,35 1

Il lavoro negativo in quanto viene fatto dallo stantuffo sullaria, entra cio nel sistema (convenzione
del Paragrafo 16.3.1).

c) Il calore scambiato 1q2 si determina con la A-63 in cui figura la variazione di energia interna e una fra-
zione che rappresenta il lavoro 1l2, gi calcolato nella risposta precedente. La variazione di energia
interna si calcola con la 16-11, in cui si pone la capacit termica massica dellaria cv = 0,7165 kJ/(kgK)
letta nella Tabella A.5.
u2 u1 = cv (T2 T1) = 0,7165 kJ/(kgK) [800,3 300] K = 358,46 kJ/kg
q = (u2 u1) + 1l2 = 358,46 kJ/kg 410,25 kJ/kg = 51,79 kJ/kg
1 2

d) Nella Figura 16.10 rappresentato landamento della trasformazione nei piani pv e Ts.

T [K] p [MPa]
2
800,3 2
4,42
1
300 1
0,1
q = 51,79 kJ/kg
1 2 l = 410,25 kJ/kg
1 2

s [kJ/(kgK)] v [m3/kg]

Fig. 16.10 - Compressione politropica dellEsempio 16.8 sul piano pressione-volume e temperatura-entropia.
16.6. CICLI TERMODINAMICI 363

16. 6 CICLI TERMODINAMICI

16. 6. 1 Il ciclo di Carnot


Il sistema termodinamico esegue un ciclo quando viene assoggettato ad una serie di trasfor-
mazioni tali da farlo ritornare nelle stesse condizioni che aveva allinizio. La variazione delle
propriet di stato del sistema quali, ad esempio, pressione, volume massico, temperatura, ener-
gia interna, entalpia ed entropia nulla: coincidendo infatti il punto iniziale con il punto finale
della trasformazione ed essendo le propriet citate funzione solo dello stato del sistema, i
valori iniziale e finale delle propriet devono essere uguali. Un ciclo viene quindi rappresentato
in un piano, avente per coordinate determinate propriet dello stato del sistema, ad esempio pres-
sione p e volume massico v oppure temperatura T ed entropia massica s, da una linea chiusa
(Figura 16.11).

a p b T

p1 1

TS 1
TS 2
p2 2
p4
4
TI
TI 3
4
p3 3

1 4 2 3 v 1 2 s

Fig. 16.11 - a) Ciclo di Carnot nel piano pv.


b) Ciclo di Carnot nel piano Ts.

Il ciclo di Carnot costituito da due trasformazioni isoterme (1 2 e 3 4) e da due tra-


sformazioni adiabatiche (2 3 e 4 1). Iniziamo considerando il ciclo percorso in senso
orario. Si ricorda che larea sottesa ad una trasformazione reversibile esprime nel piano p v il
lavoro massico che, per la 16-3, positivo in una trasformazione in cui il volume massico v
aumenta, mentre larea sottesa ad una trasformazione reversibile esprime nel piano T s il
calore massico scambiato che, per la 16-8, positivo quando lentropia s aumenta.

I lavori scambiati durante le singole trasformazioni sono rappresentati da (Figura 16.11-a):


l area 1221 il lavoro positivo poich il volume massico aumenta nel passare da 1 a 2;
1 2

l area 2332 il lavoro ancora positivo;


2 3

l area 3443 il lavoro diviene negativo poich il volume massico diminuisce nel passare
3 4
da 3 a 4;
l area 4114 il lavoro rimane negativo.
4 1

Il lavoro del ciclo espresso dal lavoro positivo scambiato lungo il cammino da 1 a 3 passando
per 2 (area 12331 ) a cui va sottratto il lavoro negativo scambiato lungo il cammino da 3 a 1
passando per 4 (area 34113). Il lavoro complessivo, rappresentato dallarea interna al ciclo,
risulta positivo.
364 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

I calori scambiati durante le singole trasformazioni sono rappresentati da (Figura 16.11-b):


q area 1221 il calore positivo poich lentropia massica aumenta nel passare da 1 a 2;
1 2

q area nulla
2 3 trattandosi di una adiabatica reversibile (isoentropica) il calore scambiato
uguale a zero;
q area 3412 il calore negativo poich lentropia massica diminuisce nel passare da 3
3 4
a 4;
q area nulla
4 1 il calore scambiato uguale a zero come lungo la trasformazione 2 3.

Il calore scambiato dallunit di massa del fluido rappresentato dallarea a tratti interna al ciclo,
area che rimane allorch al calore positivo 1q2 si toglie la parte negativa 3q4.

Nel ciclo di Carnot, percorso in senso orario, il lavoro complessivo scambiato positivo; per la
convenzione di segno del Paragrafo 16.3.1, ci significa che il sistema fornisce lavoro alle-
sterno. Allo stesso tempo anche il calore scambiato positivo; per la medesima convenzione,
ci vuol dire che il calore entra dallesterno nel sistema. Un generico ciclo termodinamico per-
corso in senso orario prende il nome di ciclo diretto oppure di ciclo motore in quanto al sistema
viene fornita una data quantit di calore per produrre lavoro.

Il ciclo inverso invece un ciclo percorso in senso antiorario (Figura 16.12); larea del ciclo
inverso nel piano pv rappresenta questa volta un lavoro negativo, fatto cio dallesterno sullunit
di massa del fluido durante il ciclo, mentre nel piano Ts rappresenta una quantit di calore nega-
tiva: il calore viene cio trasmesso dal sistema allesterno. In un ciclo inverso viene fornito del
lavoro al sistema per sottrarre calore allesterno; un ciclo inverso tipico il ciclo frigorigeno.

a p b T

p1 1

TS 1
TS 2
p2 2
p4
4
TI
TI 3
4
p3 3

1 4 2 3 v 1 2 s

Fig. 16.12 - a) Ciclo di Carnot inverso nel piano pv.


b) Ciclo di Carnot inverso nel piano Ts.

16. 6. 2 Le macchine termiche


Un motore termico un sistema costituito da uno o pi componenti che, operando in modo con-
tinuo secondo un ciclo termodinamico, trasforma in lavoro parte del calore trasferito al fluido
di lavoro. Un motore termico (Figura 16.13) riceve il calore qS da una regione ad alta tempe-
ratura TS, la sorgente superiore, trasforma in lavoro l soltanto una parte dellenergia fornita e
cede infine la parte di calore qI, che rimane, a una regione a bassa temperatura TI , la sorgente
inferiore.
16.6. CICLI TERMODINAMICI 365

qS
Sorgente superiore
TS
Caldaia
qS

Motore l
l
termico

qI Pompa Turbina

Sorgente inferiore Condensatore


TI
qI

Fig. 16.13 - Schema del motore termico. Fig. 16.14 - Schema di un impianto a vapore per la generazione di potenza.

La Figura 16.14 mostra un impianto semplificato per la generazione di potenza:


la pompa porta il liquido fino alla pressione richiesta dalla caldaia;
una sorgente ad alta temperatura, la caldaia, fornisce il calore qS necessario per generare il
vapore;
il lavoro l viene prodotto facendo espandere il vapore nella turbina termica;
il calore qI viene ceduto alla sorgente inferiore, facendo condensare il vapore per mezzo del-
lacqua di raffreddamento che circola in un condensatore, in modo da chiudere il ciclo.

Se si cambia il verso delle frecce che indicano il flusso dellenergia


Sorgente superiore nel motore termico, si ottiene una macchina che, invece di produrre,
TS assorbe lavoro. Questa macchina, che effettua un ciclo inverso,
prelevando il calore qI dalla sorgente inferiore e cedendo il calore
qS
qS alla sorgente superiore (Figura 16.15) viene chiamata pompa di
calore perch il lavoro meccanico l immesso nel sistema viene uti-
Pompa l
di calore lizzato per trasferire energia, sotto forma di calore, da una regione
a bassa temperatura a una regione ad alta temperatura, in modo ana-
qI logo a quanto avviene per una pompa che sposta lacqua da una
zona, situata a una quota bassa, a unaltra zona che si trova a una
Sorgente inferiore quota pi elevata.
TI

Fig. 16.15 - Schema di una pompa di calore.

La Figura 16.16 mostra una pompa di calore nei suoi elementi di base:
1 2: il vapore saturo a bassa pressione di un fluido frigorifero, come ammoniaca oppure
HFC 134a (tetrafluoroetano), entra nel compressore dove subisce una compressione isoen-
tropica;
2 3: allambiente, che si trova alla temperatura superiore TS , da riscaldare (la casetta del
disegno) viene ceduto il calore qS generato nel cambiamento di fase (condensazione a pres-
sione costante) che avviene attraverso uno scambiatore di calore, il condensatore, da cui il
fluido di lavoro esce come liquido saturo;
366 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

a b Ambiente
interno
caldo
l

qS qS
qI
3 2
Compressore
Condensatore
Valvola l
di espansione
c Evaporatore
p
4 1
qI
3 2

Ambiente
esterno freddo
4 1

Fig. 16.16 - La pompa di calore. a) Il trasferimento di energia. b) Componenti dellimpianto. c) Rappresentazione del pro-
cesso nel piano pressione-entalpia.

3 4: attraverso la valvola di espansione si realizza un processo di laminazione isoental-


pica, con il quale il fluido passa dalla pressione pi alta alla pressione pi bassa diminuendo
contemporaneamente la temperatura;
4 1: dallambiente, che si trova alla temperatura inferiore TI (lambiente esterno freddo
del disegno), si sottrae il calore qI in un altro cambiamento di fase (evaporazione a pressione
costante) che avviene attraverso uno scambiatore di calore, levaporatore, in modo da chiu-
dere il ciclo.

16. 6. 3 Rendimento del ciclo


Il rendimento del ciclo di un motore termico il rapporto tra il lavoro l ottenuto nel ciclo e
la quantit di calore qS fornita al fluido dalla sorgente superiore:

energia voluta l
= = 16-15
energia spesa qS

Il calore scambiato nel ciclo la differenza tra il calore entrante qS e il calore uscente qI . Se si
applica ad un ciclo lequazione 16-2 di conservazione dellenergia, la variazione di energia
interna, propriet di stato, nulla; il calore scambiato risulta allora uguale al lavoro scambiato.
Sostituendo, nella 16-15, al lavoro la differenza tra calore entrante e uscente, si ottiene unal-
tra espressione del rendimento del ciclo:
qS qI q
l = qS qI = =1 I 16-15
qS qS

Nel caso di un ciclo inverso, si parla di coefficiente di prestazione della pompa di calore (o
coefficiente di effetto utile) P , rapporto tra la quantit di calore qS , che viene trasmessa per
riscaldare la regione ad alta temperatura, e il lavoro speso l; applicando ancora la relazione
l = qS qI , si ottiene:
16.6. CICLI TERMODINAMICI 367

energia voluta q qS 1
P = = S = = 16-16
energia spesa l qS qI 1 (qI /qS )

Gli impianti per la generazione del freddo (frigorigeni) possono essere considerati una classe
speciale di pompe di calore in cui il calore qS reso disponibile dal processo di condensazione
viene smaltito nellambiente esterno caldo, mentre il calore qI viene estratto mediante il processo
di evaporazione dallinterno dellimpianto frigorigeno che si trova alla temperatura TI, inferiore
alla temperatura ambiente. Essendo questa volta leffetto desiderato rappresentato dal calore qI
sottratto alla sorgente inferiore, limpianto ottimo raggiunge il massimo coefficiente di pre-
stazione del ciclo frigorigeno F sottraendo la quantit di calore qI (e quindi raffreddando un
determinato ambiente) con la minima richiesta di lavoro l:

energia voluta q qI 1
F = = I = = 16-17
energia spesa l qS qI (qS /qI) 1

Dei molti enunciati del secondo princi-


a Sorgente b Sorgente superiore pio della termodinamica, tutti tra loro
di calore TS equivalenti, due riguardano in particola-
re le macchine termiche (Figura 16.17):
q qS = qI
1. Enunciato di Kelvin-Planck: impos-
Macchina Macchina sibile realizzare un ciclo con produ-
che nega l che nega l=0 zione di lavoro utilizzando una sola
lenunciato di lenunciato
Kelvin-Planck di Clausius sorgente di calore.
2. Enunciato di Clausius: impossibile
qI
realizzare un ciclo che trasferisca ca-
lore da una sorgente, a una determi-
Sorgente inferiore
TI nata temperatura, a una sorgente a
temperatura pi alta senza apporto
di energia.
Fig. 16.17 - a) Schema di macchina che nega lenunciato di Kelvin-Planck.
b) Schema di macchina che nega lenunciato di Clausius.

Si visto sopra che le macchine termiche richiedono rispettivamente:


1. Una sorgente a bassa temperatura, a cui trasferire il calore proveniente dalla sorgente ad alta
temperatura, qualora, attraverso un ciclo diretto, si voglia produrre lavoro (Figura 16.13).
2. Unimmissione di lavoro dallesterno nel sistema qualora si voglia pompare calore dalla sor-
gente con temperatura bassa a quella con temperatura alta, secondo il ciclo inverso della
Figura 16.15.
Si pu cos spiegare come mai viene posto un limite superiore al rendimento dei motori termici;
il rendimento della trasformazione del calore in lavoro non pu arrivare ad 1 a causa della neces-
sit di disporre della sorgente fredda inferiore, la qual cosa implica la presenza del termine sot-
trattivo qI /qS nellespressione 16-15 del rendimento. Per quantificare il limite del rendimento,
occorre ritornare al ciclo di Carnot il cui rendimento dato da16.2:

TI
=1 16-18
TS

Il rendimento del ciclo di Carnot non dipende dalle caratteristiche del fluido di lavoro ed fun-
zione soltanto delle due temperature superiore TS e inferiore TI. Il rendimento del ciclo aumenta
368 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

rapidamente allaumentare della temperatura superiore TS , come si vede mantenendo, ad esem-


pio, fissa la temperatura inferiore ad un valore prossimo a quella ambiente TI = 300 K:

TS [K] 500 1000 1500 2000 2500


0,4 0,7 0,8 0,85 0,88

Tra tutti i cicli possibili, realizzabili tra le stesse temperature estreme TS e TI, il ciclo di Carnot
quello che presenta il rendimento maggiore; il valore del rendimento del ciclo di Carnot,
comunque sempre inferiore ad 1, rappresenta il limite a cui debbono tendere, senza mai poterlo
raggiungere, i motori termici.
Il ciclo di Carnot, che essendo un ciclo reversibile pu essere percorso in senso inverso, forni-
sce le seguenti espressioni del coefficiente di prestazione della pompa di calore P e dellim-
pianto frigorigeno F :
TS TI
P = F = 16-19
TS TI TS TI
Il coefficiente di prestazione dipende solo dalle temperature estreme del ciclo e rappresenta il
limite a cui tendono, senza poterlo raggiungere, una pompa di calore e un impianto frigorigeno
che operano tra le stesse temperature estreme.

Esempio 16.9 Coefficienti di prestazione


Limpianto di condizionamento di una casa, alimentato con una potenza meccanica L = 3 kW, in grado
di trasferire alla sorgente superiore il calore nellunit di tempo QS = 12 kW.
Determinare:
a) il coefficiente di prestazione P, quando, durante linverno, la casa va riscaldata con la potenza ter-
mica Q S , fornita dallimpianto che funziona come pompa di calore;
b) il coefficiente di prestazione F , quando, nella stagione estiva, la casa va raffreddata, cedendo alle-
sterno la potenza termica QS con limpianto che funziona come refrigeratore.

SOLUZIONE
a) Essendo assegnate delle potenze, il coefficiente di prestazione va calcolato come rapporto tra potenza
termica e potenza meccanica anzich dei corrispondenti lavori (16-16):
Q 12 kW
P = S = =4
L 3 kW
b) Il lavoro qS scambiato nel ciclo la differenza tra il calore entrante qS e il calore uscente qI (16-15 ):
l = qS qI . Si esprima questo bilancio in termini di potenze:
L = Q S Q I Q I = Q S L = 12 kW 3 kW = 9 kW
e si applichi la 16-17 per calcolare il coefficiente di prestazione dellimpianto frigorigeno:
Q 9 kW
F = I = =3
L 3 kW

COMMENTI
regola generale, come si ricava da questo Esempio, che il coefficiente di prestazione della pompa di calore
uguale al coefficiente di prestazione del corrispondente impianto frigorigeno aumentato di 1.
16.7. RENDIMENTI INTERNI DELLA MACCHINA 369

16. 7 RENDIMENTI INTERNI DELLA MACCHINA


Nellespansione del gas in una turbina, il processo sempre piuttosto rapido e il gas non fa a
tempo a scambiare calore con lesterno; la trasformazione pu quindi essere considerata adia-
batica. Se lespansione avviene in modo reversibile, allora la trasformazione anche isoentro-
pica (Paragrafo 16.5.3): sul diagramma entropico (Figura 16.18-a) infatti larea sottesa alla tra-
sformazione 1 2s, che un segmento verticale, uguale a zero e lentropia finale s2s
coincide con lentropia iniziale s1. Se invece, come accade per il processo reale, lespansione
ancora adiabatica, ma avviene in modo irreversibile (linea 1 2) allora, per la 16-8, la varia-
zione di entropia risulta maggiore di zero e lentropia finale s2 maggiore dellentropia iniziale
s1. Irreversibilit tipiche delle trasformazioni reali sono le perdite generate dagli attriti presenti
allinterno del sistema, evidenziate dal lavoro delle resistenze passive che, nellequazione 16-7,
stato indicato con lw.

a T
b T [K]
p1
p2 = 1000 kPA
2
1 T2
T1
2s
p2 T2s
p1 = 100 kPA
T2
2
T2s 1
2s T1 = 300 K

s1 s2 s s1 s2 s [kJ/(kgK)]

Fig. 16.18 - a) Espansione in una turbina a gas sul diagramma entropico temperatura-entropia.
b) Compressione in un compressore sul diagramma entropico temperatura-entropia.

Si tiene conto di tutte le perdite presenti nella macchina che attua quella particolare trasfor-
mazione (nel caso esaminato lespansione che avviene nella turbina) attraverso il rendi-
mento interno della macchina o rendimento della trasformazione, indice del grado di perfe-
zione con cui avviene la trasformazione. Questo rendimento dato dal rapporto tra il lavoro
interno li , che il fluido compie sugli organi mobili della macchina, ed il lavoro ideale corri-
spondente a una trasformazione priva di perdite, che si svolga tra le stesse pressioni estreme del-
lespansione reale, partendo dalle stesse condizioni iniziali del fluido di lavoro. Il secondo prin-
cipio della termodinamica afferma che la trasformazione ideale, a cui fare riferimento per
confrontare le prestazioni effettive della macchina, quella che avviene in modo reversibile. In
una turbina la trasformazione anche adiabatica; la trasformazione ideale di riferimento quindi
una trasformazione isoentropica. Si definisce allora rendimento interno della turbina termica
o rendimento isoentropico t il rapporto tra il lavoro li effettivo prodotto dalla turbina, in un pro-
cesso adiabatico reale e quindi irreversibile, e il lavoro ideale ls, che potrebbe essere realizzato
in una espansione isoentropica da una turbina che operi tra lo stesso stato iniziale e la stessa pres-
sione di scarico della turbina. Per la 16-6, equazione del bilancio energetico nel sistema aperto,
quando la variazione di energia cinetica trascurabile e il processo adiabatico, il lavoro
risulta uguale alla variazione di entalpia; il rendimento della turbina pu cos essere espresso
in funzione della variazione di entalpia:

li h1 h 2
t = = 16-20
ls h1 h 2 s
370 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

Nel caso del compressore (Figura 16.18-b) si definisce un rendimento isoentropico di com-
pressione adiabatica c come rapporto tra il lavoro ls , riferito a una trasformazione isoentropica
(linea 1 2s), e il lavoro li assorbito, nel caso di una trasformazione adiabatica che si svolga
tra lo stesso stato iniziale 1 e la stessa pressione di mandata p2 (linea 1 2):

ls
c = 16-21
li

Dal momento che il lavoro richiesto per produrre un dato aumento di pressione in una com-
pressione adiabatica reale pi grande di quello richiesto in una compressione isoentropica, il
rendimento di compressione sempre inferiore a 1. I compressori assiali e centrifughi, impie-
gati negli impianti di turbine a gas e nei motori a getto, hanno rendimenti isoentropici compresi
tra 0,75 e 0,85. Il fatto che impianti di turbine a gas di potenza modesta e quindi con compres-
sori piccoli siano diventati recentemente una realt dovuto allo sviluppo di conoscenze che
hanno permesso di raggiungere rendimenti interni particolarmente elevati anche con i turbo-
compressori.

Esempio 16.10 Lavoro e temperatura di mandata in un compressore


Un compressore, che opera adiabaticamente con un rendimento c = 0,85, aspira aria avente pressione
p1 = 100 kPa, temperatura T1 = 300 K e velocit trascurabile. Laria viene inviata alla mandata con velo-
cit trascurabile e pressione p2 = 1000 kPa.
Nellipotesi di considerare laria un gas perfetto con = 1,4 e cp = 1,0035 kJ/(kgK), determinare:
a) il lavoro interno li = 1l 2 assorbito dal compressore;
b) la temperatura effettiva alla mandata.

SOLUZIONE
a) Il lavoro interno li , dallinizio 1 alla fine 2 della compressione (Figura 16.18-b), funzione, per la
16-21, del lavoro isoentropico di compressione ls e del rendimento di compressione c: c = ls /li
li = ls/c. Il rendimento di compressione un dato dellEsempio; occorre quindi determinare ls.
Trascurando la variazione di energia potenziale (fluido comprimibile), la variazione di energia cine-
tica (velocit molto basse) e lo scambio termico con lesterno (processo molto rapido e quindi q = 0),
il lavoro di compressione, per lequazione di bilancio energetico 16-6, si esprime, analogamente a
quanto avviene per una turbina, con la variazione di entalpia. Il lavoro di compressione isoentropico
perci uguale alla variazione di entalpia tra linizio 1 e la fine 2s della compressione isoentropica.
Ma, per la 16-11, la variazione di entalpia di un gas perfetto funzione del prodotto della capacit
termica massica a pressione costante, che assegnata, per la differenza delle temperature.

ls = h1 h2s = cp(T1 T2 ) s

La temperatura T2s si calcola con la formula A-39 dellAppendice A.6.


( 1) / (1, 4 1) /1, 4
p 1000 kPa
T2 s = T1 2 = 300 K = 579 K
p1 100 kPa
ls = cp (T1 T2s) = 1,0035 kJ/(kgK) (300 K 579 K) = 280 kJ/kg

ls 280 kJ/kg
li = = = 329,4 kJ/kg
c 0,85
16.8. SOMMARIO 371

b) Applicando unespressione simile a quella del lavoro isoentropico, si ricava il lavoro reale del com-
pressore li e da qui la temperatura T2 raggiunta effettivamente dallaria alluscita del compressore.

li
li = h1 h2 = c p (T1 T2 ) T2 = T1
cp

329,4 kJ/kg
T2 = 300 K = 628 K
1,0035 kJ/(kgK)

COMMENTI
Il lavoro interno assorbito dal compressore ( 329,4 kJ/kg) risulta negativo in quanto lavoro assorbito
dal compressore; cio un lavoro che entra nel sistema.

16. 8 SOMMARIO
Lapplicazione del principio di conservazione dellenergia ad un sistema termodinamico chiuso
stabilisce che, nel passare dallo stato iniziale 1 allo stato finale 2 della trasformazione, la
somma algebrica di calore 1q2 [kJ/kg] e lavoro 1l2 [kJ/kg] uguale alla variazione di energia
interna del sistema u2 u1:
1q2 1l2 = u2 u1

Il lavoro massico espresso dallintegrale del prodotto della pressione per la variazione di
2
volume massico: 1 l2 =
pdv. Introdotta lentalpia h = u + pv, propriet dello stato del sistema
1
come lenergia interna, il principio di conservazione dellenergia, nel caso di una trasformazione
a pressione costante del sistema chiuso, si scrive:
q = h2 h1
1 2

Al sistema termodinamico aperto, che tiene conto anche degli scambi di massa m oltre che di
calore q e di lavoro interno alla macchina li , si applicano lequazione di continuit della portata
e il bilancio dellenergia tra la sezione di ingresso 1 e di uscita 2 del sistema:
v12 v2
q + h1 + + gz1 = h2 + 2 + gz 2 + li
2 2
2

resistenze passive interne al sistema. 1


Nel sistema aperto il lavoro si esprime con li = vdp lw dove lw indica il lavoro fatto dalle

Il bilancio energetico, ripreso dal primo principio della termodinamica, garantisce limpossibilit
di produrre energia meccanica senza la simultanea diminuzione di unaltra energia, come il
calore, suscettibile di trasformazione. Ogni processo pu tuttavia essere ripercorso in senso
inverso senza violare il primo principio. Tale possibilit negata dal secondo principio che
afferma che alcuni processi non possono avvenire. La guida offerta dal secondo principio per
determinare la direzione naturale dei processi rappresentata da una funzione di stato, lentropia
2
q
[kJ/(kgK)], la cui variazione si esprime con s2 s1 >
1 T
, dove q [kJ/kg] il calore ele-
mentare scambiato alla temperatura T [K], mentre il segno di maggiore si riferisce alla tra-
sformazione reale (irreversibile) e il segno uguale a quella ideale (reversibile).
Nel diagramma pressione-volume pv, larea sottesa alla trasformazione rappresenta il lavoro
1l2, mentre nel diagramma temperatura-entropia Ts larea sottesa il calore 1q2. I diagrammi
termodinamici pi utilizzati sono quelli in cui lentalpia h una delle due coordinate.
372 CAPITOLO 16. TERMODINAMICA

Lequazione di stato del gas perfetto espressa da pv = RT, con R [kJ/(kgK)] costante caratte-
ristica del gas; al posto del volume massico v, si pu scrivere la massa volumica = 1/v
(p/ = RT) oppure il rapporto volume / massa del gas V/m = v (pV = mRT). Per un gas perfetto,
lenergia interna e cos pure lentalpia risultano funzioni della sola temperatura. La capacit ter-
mica massica [kJ/(kgK)] assume un valore costante per ciascun gas perfetto.
Il rendimento del ciclo di un motore termico il rapporto tra il lavoro l ottenuto nel ciclo e
la quantit di calore qS fornita al fluido dalla sorgente superiore:
energia voluta l
= =
q
energia spesa S

Oppure, tenendo presente che il lavoro nel ciclo la differenza tra il calore entrante qS e il calore
uscente qI , il rendimento si esprime con:
qS qI q
l = qS qI = =1 I
qS qS
Tra tutti i cicli possibili, realizzabili tra le stesse temperature superiore TS e inferiore TI , il ciclo
di Carnot, costituito da due isoterme e da due adiabatiche, quello che presenta il rendimento
maggiore; il valore del rendimento del ciclo di Carnot, comunque sempre inferiore ad 1, rap-
presenta il limite a cui debbono tendere, senza mai poterlo raggiungere, i motori termici:
TI
=1
TS
Si tiene conto di tutte le perdite presenti nella macchina, ad esempio una turbina, che attua una
data trasformazione attraverso il rendimento interno della macchina o rendimento della tra-
sformazione (indicato con t nel caso della turbina), indice del grado di perfezione con cui
avviene la trasformazione. Questo rendimento dato dal rapporto tra il lavoro interno li , che il
fluido compie sugli organi mobili della macchina, ed il lavoro ideale (isoentropico) ls corri-
spondente a una trasformazione priva di perdite, che si svolga tra le stesse pressioni estreme del-
lespansione reale, partendo dalle stesse condizioni iniziali del fluido di lavoro.

Esercizi proposti
16.1 Calcolare il calore scambiato 1Q2 durante una 16.3 Le condizioni iniziali dellaria, contenuta in un
trasformazione di un sistema termodinamico chiuso in cilindro, sono caratterizzate dalla pressione di 100 kPa,
cui viene scambiata una quantit di lavoro pari a 40 kJ dalla temperatura di 500 K e dal volume di 10 m3. Cal-
con una variazione di energia interna U = U2 U1 pari colare le condizioni finali di temperatura T2 e pressione
a 660 kJ. Sapendo che lenergia interna iniziale vale p2, qualora il volume dellaria venga ridotto fino a 1,5 m3
U1 = 200 kJ, calcolare lenergia interna finale U2. seguendo una trasformazione isobarica oppure isoter-
mica oppure politropica di esponente n = 1,33 oppure
1Q2 = 700 kJ; U2 = 860 kJ infine adiabatica.
isobara: T2 = 75 K, p2 = 100 kPa;
16.2 Calcolare la massa m daria contenuta in un
isoterma: T2 = 500 K, p2 = 666,7 kPa;
cilindro di 1 m3 alla pressione di 4 MPa e alla temperatura
politropica: T2 = 935,1 K, p2 = 1264,8 kPa;
di 600 K. Sapendo che laria viene fatta espandere in
adiabatica: T2 = 1067,9 K, p2 = 1426,9 kPa
modo reversibile in condizioni isoterme fino alla pres-
sione di 0,1 MPa, calcolare calore massico 1q2, lavoro
massico 1l2, quantit di calore 1Q2 e lavoro 1L 2 scambiati 16.4 Laria contenuta in un cilindro di 0,5 m3 alla
nella trasformazione. pressione di 173 kPa e alla temperatura di 300 K viene
m = 23,2 kg; 1q2 = 1 l2 = 635,2 kJ/kg; compressa da uno stantuffo, secondo una politropica di
esponente n = 1,3, fino a raggiungere la pressione finale
1Q2 = 1 L2 = 14,74 MJ
di 600 kPa.
ESERCIZI PROPOSTI 373

Calcolare la massa daria m contenuta nel cilindro, il 16.10 Calcolare il coefficiente di prestazione F di un
volume finale V2, il rapporto tra i volumi iniziale e finale ciclo frigorigeno che opera tra le temperature estreme di:
V1/V2, il lavoro scambiato 1L 2, la temperatura finale T2, le- a) 5 C e + 35 C;
nergia interna massica iniziale u1 e finale u2, il calore b) 20 C e + 35 C.
scambiato 1Q2. a) F = 6,7; b) F = 4,6
m = 1 kg; V2 = 0,192 m3;
V1/V2 = 2,6; 1L2 = 95,3 kJ; 16.11 Una grande centrale termoelettrica sviluppa
T2 = 400 K; u1 = 214,09 kJ/kg; una potenza meccanica di 1000 MW con un rendimento

u2 = 286,19 kJ/kg; 1Q2 = 23,6 kJ del ciclo di 0,4. Calcolare la potenza termica Q s da for-
nire allimpianto e la potenza termica Q l che va ceduta
16.5 Leggere, sul diagramma di Mollier, titolo x, ed allambiente.
Q s = 2500 MW; Q l = 1500 MW
entalpia h1 di 0,5 kg dacqua alla pressione di 140 kPa e
con un volume massico di 1,0 m3/kg. Leggere il nuovo
16.12 Una portata dacqua di 75,6 kg/s entra con
valore di entalpia h2, che si raggiunge in un riscalda-
lentalpia di 688 kJ/kg in un generatore di vapore ed esce
mento a pressione costante fino alla temperatura di
con lentalpia di 2765 kJ/kg. Calcolare la potenza termica
170 C. Determinare infine la quantit di calore q som-
Q fornita dal generatore.
ministrata allunit di massa e il calore complessivo Q. Q = 157 MW
x = 0,8; h1 = 2240 kJ/kg; h2 = 2820 kJ/kg;
q = 580 kJ/kg; Q = 290 kJ 16.13 Servendosi del diagramma di Mollier, deter-
minare entalpia iniziale h1, entropia iniziale s1, e salto
entalpico ideale hs effettuato in una turbina dal vapore
16.6 Calcolare il rendimento di un motore ter- che entra con 4 MPa di pressione e 480 C di temperatura
mico, sapendo che il lavoro ottenuto 400 kJ/kg e il per espandersi adiabaticamente fino alla pressione di
calore fornito dalla sorgente superiore pari a 1000 kJ/kg. 10 kPa. Sapendo che il rendimento isoentropico delle-
spansione pari a 0,85, determinare, alla fine delle-
= 0,4 spansione reale, entalpia h2, titolo del vapore x2 e lavoro
effettivo in turbina 1l 2.
16.7 Calcolare il lavoro l ottenuto in un ciclo motore,
h1 = 3398 kJ/kg; s1 = 7,02 kJ/(kgK);
sapendo che il calore fornito al fluido dalla sorgente
hs = 1173 kJ/kg; h2 = 2401 kJ/kg;
superiore 1000 kJ/kg e il calore ceduto dal fluido alla
x2 = 0,923; 1l2 = 997 kJ/kg
sorgente inferiore pari a 600 kJ/kg.
l = 600 kJ/kg
16.14 Una turbina alimentata con vapore avente
pressione 1,5 MPa e temperatura 350 C. Il vapore lascia
16.8 Calcolare il rendimento di un motore, che la turbina alla pressione di 10 kPa. Il lavoro raccolto
segue un ciclo di Carnot tra la temperatura superiore di dalla girante pari a 744,5 kJ/kg. Utilizzando il dia-
2160 C e la temperatura inferiore di 700 C. gramma di Mollier, determinare, allinizio dellespan-
= 0,6 sione, entalpia h1 ed entropia s1, e, alla fine dellespan-
sione, entalpia ideale h2, salto entalpico ideale hs , titolo
ideale x2s , rendimento dellespansione ht, entalpia effet-
s
16.9 Calcolare il rendimento di una centrale nu- tiva h2 e titolo effettivo x2.
cleare, in cui si produce una potenza meccanica di
40,9 MW introducendo una potenza termica di 157 MW. h1 = 3147 kJ/kg; s1 = 7,10 kJ/kg(kgK);
h2s = 2250 kJ/kg; hs = 897 kJ/kg; x2s = 0,86;
= 0,26 t = 0,83; h2 = 2402,5 kJ/kg; x2 = 0,925
Capitolo 17
TRASMISSIONE
DEL CALORE

17. 1 I TRE MODI DI TRASMISSIONE DEL CALORE


Se accostiamo corpi aventi temperatura diversa, la temperatura del corpo pi caldo diminuisce
mentre la temperatura di quello pi freddo aumenta. Consideriamo, ad esempio, una lattina di
birra che, tolta dal frigorifero, viene posta sul tavolo, a contatto quindi con laria pi calda della
stanza. La temperatura della birra inizia ad aumentare e continuer a farlo fino a quando non
diventer uguale alla temperatura dellaria circostante. La temperatura della lattina, appena tolta
dal frigorifero, pi bassa di quella che raggiunge dopo due ore: toccandola possiamo renderci
conto di questa variazione; non siamo invece in grado di avvertire una diminuzione della tem-
peratura dellaria circostante a causa della notevole massa di aria contenuta nella stanza. La pro-
gressiva riduzione della differenza di temperatura deve essere ricondotta a uno scambio di ener-
gia tra la lattina e lambiente, scambio che continua finch esiste la differenza di temperatura.
I fenomeni fisici e i parametri che governano sia la velocit con cui viene scambiata energia sia
la sua quantit totale sono piuttosto complessi. Quando il trasferimento di energia avviene solo
a causa di una differenza di temperatura e non viene fatto alcun lavoro dalla oppure sulla
sostanza, allora il trasferimento di energia viene studiato in una scienza che prende il nome di
trasmissione del calore. Lo scopo di questa scienza appunto quello di individuare i fattori che
condizionano lenergia scambiata nellunit di tempo tra solidi e fluidi, oppure in una combi-
nazione di questi, in modo da poter prevedere la distribuzione delle temperature e la velocit di
trasferimento dellenergia nei sistemi termodinamici.
Questo trasferimento di energia viene espresso come quantit di calore Q trasmessa nellunit di
tempo t; un flusso di calore e prende il nome di flusso termico. Il flusso termico si indica con
Q = Q / t e si misura in W dal momento che 1 J/s equivale a 1 W; Q perci una potenza termica.
Molto spesso utile considerare il calore scambiato nellunit di tempo e per unit di area A
normale alla direzione secondo cui viene trasmesso il calore. questa una grandezza riferita
a unarea (e quindi chiamata areica); viene perci chiamata flusso termico areico e indicata con
= Q / A [W/m 2 ].

a Conduzione b Convezione c Irraggiamento

T1 T1 > T2 T2 Superficie alla


T Temperatura del temperatura T1
fluido in moto T1 > T
1


2
T1 Temperatura Superficie alla
della superficie temperatura T2

Figura 17.1 - I tre modi di trasmissione del calore.


17.2. CLASSIFICAZIONE DEGLI SCAMBIATORI DI CALORE 375

La trasmissione del calore in sostanza energia che viene trasmessa in conseguenza di una dif-
ferenza (o gradiente) di temperatura T. Come si realizza questo trasferimento di energia? Vi
sono tre modi (Figura 17.1):
a) conduzione: quando il trasferimento di calore, prodotto dal gradiente di temperatura,
avviene in un solido oppure in un fluido in quiete;
b) convezione: si tratta invece del trasferimento di calore che avviene tra una superficie e un
fluido in movimento dotati di temperature diverse;
c) irraggiamento: tutte le superfici che si trovano a una data temperatura emettono energia sotto
forma di onde elettromagnetiche; perci, in assenza di un mezzo situato tra di esse, il calore
tra le due superfici a diversa temperatura viene trasmesso per solo irraggiamento.

17. 2 CLASSIFICAZIONE DEGLI SCAMBIATORI DI CALORE


Uno scambiatore di calore tipicamente una macchina in cui lenergia viene trasferita da un
fluido ad un altro attraverso una superficie solida (Figura 17.2). I meccanismi, che governano
questo trasferimento di energia, sono soprattutto quelli di convezione e di conduzione.
Gli scambiatori di calore possono essere classificati sia in funzione del tipo di applicazione sia
sulla base della configurazione relativa, che assumono tra loro la corrente del fluido pi freddo
e la corrente del fluido pi caldo.

Evaporatore Seconda
dellimpianto di vaschetta
condizionamento di espansione
del radiatore

Valvola
di laminazione

Vaschetta
di espansione

Radiatore di
raffreddamento
motore Filtro deidratatore

Interrefrigeratore
aria/aria

Condensatore
dellimpianto di
Scambiatore condizionamento
dellolio lubrificante
Compressore
raffreddato dallacqua
dellimpianto Ventilatore
di raffreddamento motore
di condizionamento viscostatico

Fig. 17.2 - Scambiatori Behr impiegati nei diversi circuiti di un autocarro: condizionamento della cabina
(verde) con evaporatore e condensatore, raffreddamento dellaria di alimentazione del motore Diesel con inter-
refrigeratore (grigio chiaro con tubo celeste), raffreddamento dellacqua del motore con radiatore (marrone), raf-
freddamento dellolio del motore con scambiatore (giallo).
376 CAPITOLO 17. TRASMISSIONE DEL CALORE

17. 2. 1 Classificazione basata sullapplicazione


Ingresso Ingresso Senza cambiamento di fase. Esistono
tubi mantello Diaframmi trasversali sostanzialmente due tipi di scambiatori in
cui i fluidi, che scorrono allinterno del-
lunit, non sono soggetti a un passaggio
di stato. Nello scambiatore a fascio tubiero
(Figura 17.3-a), utilizzato prevalente-
mente per liquidi, uno dei due fluidi scorre
allinterno dei tubi mentre laltro ne lam-
bisce la superficie esterna descrivendo un
Uscita Uscita percorso, determinato dalla posizione di
mantello tubi
diaframmi trasversali i quali, oltre a gene-
Fig. 17.3-a - Schema dello scambiatore di calore a fascio tubiero. rare turbolenza, promuovono una compo-
nente della velocit di questo fluido diretta
normalmente ai tubi (flusso incrociato). Lo scambiatore compatto (Figura 17.3-b) viene invece
principalmente impiegato quando occorre trasferire calore tra due gas oppure tra un liquido e
un gas. Questi scambiatori hanno una superficie di scambio, per unit di volume, molto ampia,
che viene raggiunta con pacchi di lamierini oppure alette poste attorno ai tubi.

Flusso Flusso
del gas del gas

Flusso Flusso
nei tubi nei tubi
Fig. 17.3-b - Schema dello scambiatore compatto e particolare di tubi alettati in modo da aumentare la super-
ficie di scambio.

Con cambiamento di fase. Molte applicazioni sono


1 fase 2 fase
rivolte a ottenere il passaggio di stato di uno dei due
Gas freddi fluidi. Lo scambiatore, di disegno molto spesso derivato
dallo scambiatore a fascio tubiero, prende il nome di
evaporatore quando si forma vapore e di condensatore
quando invece si voglia condensare una corrente di
vapore. Come esempio di questi processi, possiamo
Materiale
citare la caldaia, alimentata con aria e combustibile
di fossile, la cui combustione genera dei gas caldi che
immagazzinamento trasferiscono lenergia termica necessaria per il pas-
saggio dellacqua allo stato di vapore.
Rigeneratore. lo scambiatore in cui le correnti dei
due fluidi scambiano calore usando periodicamente lo
stesso passaggio in modo tale che, in un dato istante,
Gas caldi soltanto uno dei due fluidi sia a contatto con lo scam-
Calore da immagazzinare Calore ricuperato biatore (Figura 17.4 ). Nel progetto del rigeneratore
occorre dedicare unattenzione particolare alla capa-
Fig. 17.4 - Rigeneratori a letti fissi impiegati in siderurgia: cit di immagazzinare calore, raggiunta con una note-
il flusso dei gas viene cambiato tra il periodo di imma-
gazzinamento del calore e il periodo di ricupero del calore. vole massa di materiale; questi scambiatori possono
raggiungere perci dimensioni notevoli.
17.2. CLASSIFICAZIONE DEGLI SCAMBIATORI DI CALORE 377

17. 2. 2 Classificazione basata sulla configurazione dei flussi


Equicorrente. I due fluidi scorrono, uno parallelo allaltro, nella stessa direzione (Figura
17.5-a); si tratta di unit non molto diffuse in quanto di efficienza piuttosto bassa.
Controcorrente. I due fluidi scorrono luno parallelamente allaltro, ma in direzione opposta
(Figura 17.5-b); la configurazione di scambiatore caratterizzata dallefficienza pi elevata.
A correnti incrociate. I due flussi formano tra loro un angolo retto (Figura 17.5-c); per quanto
questi scambiatori non siano cos efficienti come quelli in controcorrente, queste unit vengono
impiegate per la facilit con cui il fluido pu essere convogliato allo scambiatore. Esemplifi-
cazioni tipiche di questa soluzione sono i radiatori degli autoveicoli e gli interrefrigeratori usati
nei motori alternativi a combustione interna sovralimentati.
Controcorrente a flusso incrociato. un compromesso (Figura 17.5-d) tra uno scambiatore
di costruzione pi semplice e unalta efficienza che approssima quella dello scambiatore in con-
trocorrente allaumentare dei passaggi (il numero delle volte in cui la corrente viene ripiegata).
Fascio tubiero a pi passaggi. Sono scambiatori utilizzati in molte applicazioni per la sempli-
cit di costruzione (Figura 17.5-e).

a b

c d

e1 e2 Ingresso mantello

Ingresso mantello
Uscita tubi
Uscita tubi

Ingresso tubi Ingresso tubi


Uscita mantello

Fig. 17.5 - Tipi diversi di scambiatori di calore: Uscita mantello


a) equicorrente;
b) controcorrente;
c) a correnti incrociate;
d) controcorrente a flusso incrociato;
e) fascio tubiero a pi passaggi: e1. un passaggio nel mantello e due passaggi nel tubo; e2. due passaggi nel mantello e quattro
passaggi nel tubo.
378 CAPITOLO 17. TRASMISSIONE DEL CALORE

17. 3 PROGETTO DELLO SCAMBIATORE DI CALORE


Nel calcolo di progetto oppure di previsione delle prestazioni di uno scambiatore di calore
essenziale arrivare a espressioni che mettono in relazione la quantit di calore trasmesso nel-
lunit di tempo Q con le temperature di ingresso e di uscita dei due fluidi e larea A della super-
ficie totale richiesta per quel dato scambio termico. Due di queste espressioni possono essere
facilmente ottenute applicando lequazione del bilancio energetico di sistemi aperti al fluido
caldo (pedice c) e al fluido freddo (pedice f ), caratterizzati rispettivamente dalle portate in massa
m c e m f .
Nellipotesi che siano trascurabili il calore trasmesso tra scambiatore e ambiente esterno, le
variazioni di energia cinetica e le variazioni di energia potenziale, lequazione del bilancio ener-
getico 16-6, scritta in termini di flusso termico Q , diviene:

Q = m ( h u hi ) 17-1

dove hu e hi rappresentano rispettiva-


mente le entalpie in uscita (pedice u) e in
m c Tcu
Q ingresso (pedice i ) del fluido. Se espri-
Tci
miamo lentalpia in funzione della tem-
m f peratura (per un gas perfetto h = cpT ),
Q
Tf i Tf u otteniamo una prima equazione, che
afferma che il flusso Q (Figura 17.6 )
Fig. 17.6 - Bilancio energetico complessivo tra fluido caldo e fluido freddo
entra nel fluido freddo, facendone au-
di uno scambiatore. men tare la tempera tura dal valore in
ingresso Tfi al valore in uscita Tfu17.1:

Q = m f c pf (Tfu Tf i ) 17-2

Ma la sottrazione del flusso termico Q fa diminuire la temperatura del fluido caldo dal valore
in ingresso Tci al valore in uscita Tcu e quindi per il fluido caldo lequazione 17-1 diviene:

Q = m c c pc (Tci Tcu ) 17-3

Note le temperature di ingresso dei due fluidi e specificate, oppure facilmente determinabili in
base alle equazioni di bilancio 17-2 e 17-3, le temperature in uscita, si procede al dimensiona-
mento dellarea A della superficie di scambio con una equazione che mette in relazione il
calore trasmesso nellunit di tempo Q tra i due fluidi (caldo e freddo) con larea A e la diffe-
renza media di temperatura Tm dei due fluidi.

Q = UATm 17-4

Il legame tra il flusso termico Q [W] (a sinistra nellequazione 17-4) e il prodotto (a destra nel-
lequazione) dellarea A [m2] per la differenza di temperatura Tm [K] espresso dal coefficiente

17.1 - La grandezza mc p [J/(K s)] de- simbolo C . relativo al fluido caldo C c = m c c pc .


finita la capacit termica del fluido per Abbiamo perci un valore relativo al
unit di tempo e viene indicata con il fluido freddo C f = m f c p f e un valore
17.3. PROGETTO DELLO SCAMBIATORE DI CALORE 379

Tabella 17.1
Valori rappresentativi del coefficiente globale di scambio U
Combinazione di fluidi U [W/(m2K)]
Acqua/acqua 850 1700
Acqua/olio 110 350
Gas/gas 10 40
Condensatore di vapore (acqua nei tubi) 1000 6000
Condensatore di ammoniaca (acqua nei tubi) 1000 6000
Condensatore di alcool (acqua nei tubi) 250 700
Vapore/olio combustibile denso 56 170
Scambiatore di calore a tubi alettati
(acqua nei tubi, aria in corrente incrociata) 25 50

globale di scambio U [W/(m 2K)], coefficiente che


T Tci va determinato empiricamente. La Tabella 17.1 riporta
dei valori indicativi di U per diverse condizioni di
scambio termico che si possono incontrare nelle appli-
Tcu cazioni.
T1 T T2 Nellequazione 17-4 si considerato un valore medio
Tfu appropriato Tm della differenza di temperatura tra i
due fluidi dal momento che la differenza di tempera-
Tf i
tura T varia con la posizione nello scambiatore di
calore. Se consideriamo infatti lo scambiatore in equi-
0 1 2 Lunghezza corrente (flussi che scorrono nello stesso verso) della
di scambio
Figura 17.7, tra i due fluidi esiste una differenza di
Fig. 17.7 - Distribuzione di temperatura per uno scambiatore temperatura iniziale T1, una differenza di temperatura
di calore in equicorrente. finale T2 ed una differenza di temperatura T in una
posizione generica.
Lespressione generale della differenza media di temperatura, detta differenza di temperatura
media logaritmica (al denominatore figura infatti il logaritmo naturale, il logaritmo cio in base
e), si ottiene facendo riferimento alla sezione iniziale 1 e alla sezione finale 2 dello scambiatore
ed data da:

T1 T2
Tm = 17-5
T
ln 1
T2

con T1 = Tc1 Tf 1: differenza di temperatura iniziale;


T2 = Tc2 Tf 2: differenza di temperatura finale.

La valutazione della differenza media logaritmica di temperatura Tm dipende dal flusso rela-
tivo dei due fluidi che scambiano calore. Abbiamo visto che, sulla base dei flussi, gli scambia-
tori possono essere classificati in tre tipi principali: equicorrente, controcorrente e a correnti
incrociate. Ricordiamo che abbiamo indicato rispettivamente con 1 la sezione iniziale e con 2
la sezione finale dello scambiatore, mentre con i pedici i ed u rispettivamente le sezioni di
ingresso e di uscita del fluido caldo (pedice c) e del fluido freddo (pedice f ).
Tenendo presente il senso di scorrimento allinterno dello scambiatore dei due fluidi otte-
niamo, nelle due disposizioni di base equicorrente e controcorrente, le differenze di tempera-
tura evidenziate rispettivamente nella Figura 17.8-a e nella Figura 17.8-b. Nel caso dello
scambiatore a correnti incrociate (Figura 17.8 c) occorre introdurre un fattore di correzione Fincr
380 CAPITOLO 17. TRASMISSIONE DEL CALORE

a Tcu
Tci T1 = Tc1 T f 1 = Tci Tf i
Tf u T
T2 = Tc 2 T f 2 = Tcu Tf u
Tc u
T1 T2 (Tci Tf i ) (Tcu Tf u )
Tm = 17-6
Tf u Tci Tf i
ln
Tf i Tf i Tcu Tf u

Tci 1 2
Lunghezza di scambio

b Tcu
Tc i
T1 = Tc1 T f 1 = Tci Tf u
Tf i T
T1 T2 = Tc 2 T f 2 = Tcu Tf i
Tc u
(Tci T f u ) (Tcu Tf i )
T2 Tm = 17-7
Tf u Tci T f u
ln
Tf u Tf i Tcu Tf i

Tci 1 2
Lunghezza di scambio

c Tcu
Tc i T1 = Tc1 Tf 1 = Tci Tf u
T T2 = Tc 2 Tf 2 = Tcu Tf i
T1 Tc u
(Tci Tf u ) (Tcu Tf i )
Tf i Tf u T2 Tm = Fincr 17-7
Tf u Tci Tf u
ln
Tf i Tcu Tf i

1 2
Tci
Lunghezza di scambio

Fig. 17.8 - Differenza di temperatura media logaritmica Tm tra fluido pi caldo c e fluido pi freddo f per i tipi
principali di scambiatori di calore.
a) Scambiatore in equicorrente.
b) Scambiatore in controcorrente.
c) Scambiatore a correnti incrociate con Fincr calcolato in base alla Figura 17.9.

Tc i

Fincr 1,0

0,9 Tf i Tf u

0,8

Tc u
0,7
R = 4,0 3,0 2,0 1,5 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2
Tf u Tf i
P = 17-8
0,6 Tci Tf i

Tci Tcu
0,5 R= 17-8
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0 Tf u Tf i
P

Fig. 17.9 - Fattore di correzione Fincr per lo scambiatore di calore a flusso incrociato di Figura 17.8-c.
17.3. PROGETTO DELLO SCAMBIATORE DI CALORE 381

a T
Tc
T2 T1 = Tc 1 Tf 1 = Tc Tf i
Tf u T2 = Tc 2 T f 2 = Tc Tf u
T1
Tf u Tf i
Tm = 17-9
Tc Tf i
Tf i ln
Tc Tf u

1 2
Lunghezza di scambio

b T

Tci
T1 = Tc1 Tf 1 = Tci Tf
T2 = Tc 2 T f 2 = Tcu Tf
T1 Tci Tcu
Tc u Tm = 17-10
Tci Tf
T2 ln
Tcu Tf
Tf

1 2
Lunghezza di scambio

Fig. 17.10 - Distribuzione di temperatura per uno scambiatore di calore in cui uno dei due fluidi subisce un pas-
saggio di stato.
a) Vapore condensante.
b) Liquido evaporante.

(si veda la Figura 17.9), per tener conto del fatto che questo tipo di flusso si avvicina, ma non
uguale a quello a correnti incrociate.
Vi sono dei casi particolari in cui la temperatura di uno dei due fluidi, che circolano nello scam-
biatore, non varia tra le sezioni di ingresso e di uscita; ci avviene in presenza di un passaggio
di stato
o di condensazione (Figura 17.10-a), in cui la temperatura del vapore caldo che condensa
rimane costante (Tci = Tcu = Tc = cost),
o di vaporizzazione (Figura 17.10-b), in cui la temperatura del liquido freddo che evapora
rimane costante (Tfi = Tfu = Tf = cost).
In queste condizioni lespressione della temperatura media Tm si semplifica e assume i valori
illustrati nella Figura 17.10 17.2.

17.2 - Quando la differenza di tempera- Tci + Tcu Tf i + Tf u Tci + Tcu


tura tra ingresso e uscita del fluido Tm = 17-11 Tm = Tf 17-12
2 2 2
modesta la media logaritmica pu essere
convenientemente approssimata dalla Qualora uno dei due fluidi subisca un e nel caso di condensazione del fluido
differenza media aritmetica di tempera- passaggio di stato, allora la relazione caldo (Tci = Tcu = Tc = costante):
tura; si semplificano i calcoli e lerrore precedente si semplifica ulteriormente e
che si commette molto piccolo. La dif- diviene nel caso di vaporizzazione del Tf i + Tf u
Tm = Tc 17-13
ferenza media aritmetica T m data da: fluido freddo (Tfi = Tfu = Tf = costante): 2
382 CAPITOLO 17. TRASMISSIONE DEL CALORE

Esempio 17.1 Scambiatore in controcorrente


Uno scambiatore in controcorrente a tubi concentrici (Figura 17.11) viene impiegato per raffreddare
lolio lubrificante di un impianto motore a turbina a gas. La portata dellacqua di raffreddamento, che
scorre nel tubo interno di diametro Di = 15 mm, m f = 0,1 kg/s, mentre la portata dellolio, che circola
nel tubo esterno di diametro De = 30 mm, mc = 0,05 kg/s. Olio e acqua di raffreddamento entrano
rispettivamente alle temperature Tci = 110 C e Tf i = 30 C. Nellipotesi di assumere un coefficiente glo-
bale di scambio U = 40 W/(m2K), si chiede la lunghezza del tubo necessaria affinch lolio esca dallo
scambiatore con una temperatura Tcu = 70 C. Si considerino dei valori della capacit termica massica per
lolio lubrificante cpc = 2,13 kJ/(kgK) e per lacqua cp f = 4,18 kJ/(kgK).

T T = 110 C
ci

m c = 0,05 kg/s U = 40 W/(m2K)


Olio

De = 30 mm
Di = 15 mm
Tc u = 70 C
m f = 0,1 kg/s
Acqua
Tf u = 40 C
Tf i = 30 C
L

Lunghezza di scambio

Figura 17.11 - Schema dello scambiatore in controcorrente e profilo di temperatura relativi allEsempio 17.1.

SOLUZIONE
Lequazione 17-4 ci permette di calcolare larea di scambio A e quindi la lunghezza del tubo L legata alla-
rea dalla relazione A = DiL:
Q
Q = UATm = U Di LTm L=
U Di Tm
In questa espressione U e Di sono noti perch assegnati; rimangono da determinare Q , attraverso il bilan-
cio del flusso di calore scambiato attraverso la parete (con le equazioni 17-3 per il fluido caldo e 17-2 per
il fluido freddo), e la differenza media di temperatura con la 17-7. Per il fluido caldo si ha:
Q = m c = (T T ) = 0,05 kg/s 2130 J/(kgK) (110 C 70 C) = 4260 W
c pc ci cu

mentre per il fluido freddo :


Q
Q = m f c pf = (Tf u Tf i ) Tf u = + Tf i
m f c pf
4260 W
Tf u = + 30 C = 40,2 C
0,1 kg/s 4180 J/(kgK)
(Tci Tf u ) (Tcu Tf i ) (110 40,2) C (70 30) C 69,8 C 40 C
Tm = = = = 53,5 C = 53,5 K
Tci Tf u 110 C 40,2 C 69,8 C
ln ln ln
70 C 30 C 40 C
Tcu Tf i

Q 4260 W
L= = = 42,2 m
U Di Tm 40 W/(m 2 K) 0,015 m 53,5 K

COMMENTI
Trattandosi di una differenza di temperatura, Tm pu essere espresso indifferentemente in gradi centi-
gradi oppure in kelvin.
17.3. PROGETTO DELLO SCAMBIATORE DI CALORE 383

Esempio 17.2 Scambiatore a correnti incrociate


I gas di scarico di un motore Diesel lento a due tempi vengono fatti passare allinterno di una serie di tubi
paralleli lambiti, in direzione normale ai tubi, da acqua pressurizzata. Lo scambiatore e perci a correnti
incrociate (Figura 17.12) con temperatura dei gas di scarico allingresso Tci = 400 C e in uscita
Tcu = 120 C. Il calore viene ceduto ad acqua pressurizzata che, con portata m f = 1,2 kg/s passa da
Tf i = 30 C a Tfu = 140 C. La capacit termica massica dellacqua cpf = 4,187 kJ/(kgK) e il coefficiente
globale di scambio U = 110 W/(m2K). Determinare larea A della superficie di scambio.

Tci
T
Tc i = 4000 C

Tf i Tf u
cp f = 4,187 kJ/(kgK)
Tc u = 120 C
Tf u = 40 C
Tf i = 30 C
m f = 1,2 kg/s

Tcu Lunghezza di scambio

U = 110 W/(m K) 2

Figura 17.12 - Schema dello scambiatore a flusso incrociato e profilo delle temperature relative allEsempio 17.2.

SOLUZIONE
Larea di scambio A si calcola con la 17.4:
Q
Q = UATm A=
UTm

In questa espressione conosciamo soltanto il coefficiente globale di scambio U, che uno dei dati
dellEsempio. Calcoliamo Q con la 17-2, relativa al fluido freddo, dal momento che, in questo caso,
abbiamo tutti gli ingredienti dellequazione:
Q = m f c pf (Tf u Tf i ) = 1,2 kg/s 4187 J/(kgK) (140 C 30 C) = 553.000 W

La differenza media di temperatura Tm si calcola con la 17-31, in cui figura il fattore correttivo Fincr , che
tiene conto del fatto che lo scambiatore a correnti incrociate. Il valore di Fincr si ricava dalla Figura 17.9,
in cui entriamo calcolando i valori di P e R:

Tf u Tf i 140 C 30 C Tci Tcu 400 C 120 C


P = = = 0,3 R= = = 2,5
Tci Tf i 400 C 30 C Tf u Tf i 140 C 30 C

Fincr = 0,88

(Tci Tf u ) (Tcu Tf i ) (400 140) C (120 30) C


Tm = Fincr = 0,88 = 141 K
Tci Tf u 400 C 140 C
ln ln
Tcu Tf i 120 C 30 C

Q 553.000 W
A= = = 35,65 m 2
UTm 110 W/(m 2 K) 141 K
384 CAPITOLO 17. TRASMISSIONE DEL CALORE

17. 4 SOMMARIO
La trasmissione del calore studia il trasferimento di energia che avviene in conseguenza di una
differenza di temperatura T tra i corpi. La quantit di calore Q, trasmessa nellunit di tempo
t, un flusso termico, si indica con Q = Q /t e si misura in W dal momento che 1 J/s equivale

a 1 W; Q perci una potenza termica.
Il dimensionamento dellarea A della superficie di uno scambiatore di calore viene fatto con le-
quazione:
Q
Q = UATm A=
UTm

che lega il flusso termico Q [W] alla superficie di scambio A [m2] e alla differenza media di tem-
peratura Tm [K], attraverso il coefficiente globale di scambio U[W/(m2K)]. Lespressione gene-
rale della differenza media di temperatura, detta differenza di temperatura media logaritmica,
si ottiene facendo riferimento alla sezione iniziale 1 e alla sezione finale 2 dello scambiatore:
T1 T2
Tm =
T
ln 1
T2
con T1 = Tc1 Tf 1: differenza di temperatura iniziale;
T2 = Tc2 Tf 2: differenza di temperatura finale.

Esercizi proposti
17.1 Calcolare la differenza di temperatura media coefficiente globale di scambio (100 W/(m2K)) e la diffe-
logaritmica Tm di uno scambiatore in controcorrente in renza media di temperatura (140 K).
cui il fluido caldo (olio) entra alla temperatura di 100 C A = 40 m2
ed esce alla temperatura di 60 C, mentre il fluido freddo
(acqua) entra a una temperatura di 15 C ed esce alla tem- 17.4 In uno scambiatore di calore a fascio tubiero
peratura di 40 C. passa una una portata mc = 10,45 kg/s di etanolo che
Tm = 52,1 C
deve essere raffreddato dalla temperatura Tci = 60 C fino
alla temperatura Tcu = 35 C con una portata mf = 6 kg/s
17.2 In uno scambiatore di calore a fascio tubiero in
di acqua molto fredda con temperatura
controcorrente il fluido caldo entra alla temperatura di
Tf i = 6 C. Si
160 C ed esce alla temperatura di 95 C, mentre il fluido
conoscono la capacit termica massica delletanolo
freddo entra a una temperatura di 20 C ed esce ad una
cpc = 2,4 kJ/(kgK), la capacit termica massica dellac-
temperatura di 80 C. Sapendo che larea dello scambia-
qua cpf = 4,18 kJ/(kgK), il diametro esterno del tubo
tore pari a 15 m2 e che il coefficiente globale di scam-
(D = 0,25 mm) che viene utilizzato per realizzare il
bio vale 240 W/(m2K), calcolare la differenza di tempe-
fascio tubiero dello scambiatore e il coefficiente globale
ratura media logaritmica Tm e il flusso termico Q .
di scambio, riferito alla superficie esterna del tubo,
Tm = 77,5 C; Q = 279 kW U = 550 W/(m2K).
Determinare la lunghezza del tubo nel caso di scambia-
tore equicorrente (L1), controcorrente (L2), a flussi incro-
17.3 Calcolare la superficie di scambio A di uno scam-
ciati (L3 ).
biatore di cui sono assegnati il flusso termico (560 kW), il
L1 = 756 m; L2 = 500 m; L3 = 556 m
Capitolo 18
IMPIANTO MOTORE
A VAPORE

18. 1 IMPIANTO MOTORE A VAPORE E CICLO RANKINE


Un impianto motore a vapore consiste in un insieme di macchine che trasformano in lavoro
meccanico lenergia termica posseduta da un fluido che si trova allo stato di vapore. Il fluido pu
gi essere disponibile come vapore: il caso del vapore naturale proveniente dal sottosuolo;
oppure viene portato allo stato di vapore, utilizzando lenergia termica derivante dalla combu-
stione dei combustibili fossili o quella prodotta dalla reazione di fissione dei combustibili
nucleari.
Negli ultimi due casi il calore viene ceduto dalla sorgente, a temperatura superiore, al fluido di
lavoro attraverso una superficie: cos, ad esempio, il fluido di lavoro pu scorrere allinterno di
tubi che vengono lambiti esternamente dal gas caldo ( la sorgente ad alta temperatura) prodotto
dalla combustione di olio combustibile; si tratta cio di un impianto a combustione esterna. Il
fluido che descrive il ciclo rimane perci sempre lo stesso (ciclo chiuso): con lambiente non
vi cio scambio di massa, ma solo di energia18.1.
Il ciclo Rankine rappresenta il ciclo pi semplice che si pu effettuare sullacqua per conver-
tire in lavoro parte del calore sviluppato dal generatore di vapore. Il ciclo Rankine ideale
(fluido ideale in una macchina ideale) costituito dalle seguenti fasi (Figura 18.1):
1 2s compressione secondo un trasformazione adiabatica reversibile (e quindi isoentropica)
dellacqua di alimento fino alla pressione esistente nel generatore di vapore;
2s 2 inizio del riscaldamento, a pressione costante, dellacqua fino alla temperatura di satu-
razione corrispondente alla pressione esistente nel generatore (stato di liquido saturo);
2 3 vaporizzazione, sempre a pressione costante, dellacqua fino allo stato di vapore
saturo (titolo x = 1), come indicato in figura, oppure oltre nella regione del vapore sur-
riscaldato;
3 4s espansione adiabatica reversibile (e quindi isoentropica) del vapore in turbina in
modo da produrre lavoro;
4s 1 sottrazione di calore, a pressione costante, nel condensatore con la condensazione del
vapore scaricato dalla turbina fino a far ritornare lacqua nello stato iniziale del ciclo.

18.1 - La definizione di ciclo chiuso si stultimo caso, il ciclo si chiuda attraverso vapore, il fluido motore subisce dei cam-
contrappone a quella di ciclo aperto, latmosfera con unipotetica trasforma- biamenti di fase liquido-vapore durante
quando limpianto riceve dallambiente zione che riporta allo stato iniziale il la descrizione del ciclo termodinamico;
una parte del fluido che compir il ciclo e fluido espulso in modo tale che, anche i cambiamento tipico il passaggio da
la restituisce in condizioni diverse da cicli aperti, si possano trattare come chiusi liquido a vapore, che avviene allinterno
quelle iniziali; si veda, ad esempio, il ciclo dal punto di vista termodinamico. Dal del generatore di vapore al momento della
tipico dellimpianto motore con turbina a punto di vista del fluido, la differenza somministrazione di calore, oppure il pas-
gas in cui laria iniziale, aspirata dallam- principale tra un impianto motore a saggio da vapore a liquido, che avviene al
biente, viene restituita come gas combu- vapore e limpianto motore con turbina a momento della sottrazione di calore allin-
sto. Possiamo tuttavia ritenere che, in que- gas consiste nel fatto che, nellimpianto a terno del condensatore.
386 CAPITOLO 18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE

a 3 b T
Turbina
Generatore
di
vapore
2 3
4s

2
2s
4s
Pompa Condensatore 1

1
A B s

c h
3

lt s = h3 h4 s

4s
qS = h3 h2s

2 qI = h4 s h1

2s
1
lps = h2s h1
s

Fig. 18.1 - Ciclo Rankine.


a) Schema di impianto a vapore nei suoi elementi essenziali.
b) Rappresentazione del ciclo nel piano entropico Ts.
c) Rappresentazione del ciclo sul diagramma di Mollier h s.

Se si trascurano le variazioni di energia cinetica e potenziale, il calore scambiato (Capitolo 16)


e il lavoro possono essere rappresentati dalle diverse aree sul piano temperatura ed entropia. Il
calore qs trasferito nella caldaia al fluido di lavoro rappresentato dallarea A-2s-2-3-B-A, men-
tre il calore qI ceduto dal fluido di lavoro rappresentato dallarea A-1-4s-B-A. Per il primo prin-
cipio della termodinamica il lavoro scambiato nel ciclo dato dalla differenza tra il calore
entrante qS e il calore uscente qI (16-15) e viene perci rappresentato geometricamente dalla
differenza tra queste due aree:
l = qS qI = area 1-2s-2-3-4s-1

Il rendimento del ciclo Rankine viene allora espresso come rapporto di aree da (16-15):

l area 1-2 s-2 -3-4 s-1


= =
qS area A-2 s-2 -3-B- A

Il riscaldamento del fluido, che avviene lungo lisobara (2s 3), fatto a spese del calore qS ,
uguale alla corrispondente variazione di entalpia tra 3 e 2s (16-6) poich nel generatore di vapore
si possono ritenere uguali a zero:
le variazioni di energia potenziale;
le variazioni di energia cinetica essendo molto bassa la velocit del fluido sia in ingresso che
in uscita;
18.1. IMPIANTO MOTORE A VAPORE E CICLO RANKINE 387

il lavoro scambiato con lesterno in quanto non esiste alcun organo mobile che possa scam-
biare lavoro con lambiente (le pareti della caldaia sono infatti fisse).

Se si tiene presente che il lavoro di compressione di un liquido, per definizione incomprimibile,


molto piccolo, si pu trascurare la variazione di entalpia nella compressione da 1 a 2s e con-
siderare coincidenti questi due punti (1 2s). Si ha perci qS = h3 h2s h3 h1. Il calore del
fluido viene ceduto nel condensatore lungo lisobara 4s 1 (che anche isoterma); analoga-
mente a quanto avviene per il generatore di vapore, il calore qI sottratto dal condensatore per
la 16-6 uguale alla variazione di entalpia: qI = h4s h1. Il lavoro massico allora dato da:

l = qS qI h3 h1 (h4s h1) h3 h4s

ed il rendimento del ciclo ideale da:

l l h h4 s
= = 3 18-1
qS h3 h2 s h 3 h1

Il lavoro del ciclo pu essere ottenuto, oltre che dalla differenza tra i calori scambiati con le due
sorgenti superiore e inferiore, anche come differenza tra il lavoro ideale prodotto dalla turbina
lts e il lavoro ideale assorbito dalla pompa lps (Figura 18.1-c); trascurando questultimo perch
molto piccolo, si ha:
l = lts lps = h 3 h4s (h 2s h1) h3 h4s 0 h3 h4s

a T b

2 3 h
3
2
4 lt = h3 h4
1
4
s

qS = h3 h2
c p qI = h4 h1
2
2 2 3

2
1
lp = h2 h1
s
1 4

Fig. 18.2 - Ciclo Rankine con il fluido di lavoro portato fino allo stato di vapore saturo (cio titolo x = 1) nei piani:
a) temperatura T ed entropia s (diagramma entropico);
b) entalpia h ed entropia s (diagramma di Mollier);
c) pressione p ed entalpia h.
388 CAPITOLO 18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE

a b h
3

3 lt = h3 h4

4
T qS = h3 h2

3
qI = h4 h1
2 3 2

2
2
1 4
1 lp = h2 h1
s s

Fig. 18.3 - Ciclo Rankine con il fluido di lavoro portato fino allo stato di vapore surriscaldato nei piani:
a) temperatura T ed entropia s (diagramma entropico);
b) entalpia h ed entropia s (diagramma di Mollier). Nella letteratura italiana questo ciclo (con il vapore por-
tato fino allo stato di vapore surriscaldato) viene talvolta chiamato ciclo Hirn, riservando il nome di ciclo Rankine
al ciclo con il vapore che si ferma allo stato di vapore saturo, come avviene nella Figura 18.2.

Nel caso reale le trasformazioni di compressione del liquido nella pompa e di espansione del
vapore nella turbina avvengono ancora senza scambio di calore con lesterno (il processo cio
adiabatico) ma, proprio perch reali, irreversibili. Si tiene conto di ci attraverso il rendimento
interno della turbina (16-20) t = lt /lts , rapporto tra il lavoro reale di espansione lt e quello ideale
lts, e il rendimento interno della pompa p = lp /lps, analogo a quello del compressore (16-21) altra
macchina operatrice. Al posto dei segmenti verticali 1 2s, relativo alla compressione ideale
operata dalla pompa, e 3 4s, relativo allespansione ideale in turbina, compaiono adesso sul
diagramma entropico (Figura 18.2-a) e sul diagramma di Mollier (Figura 18.2-b) dei segmenti
inclinati 1 2 e 3 4 che rappresentano le rispettive trasformazioni reali subite dal fluido. Su
questa figura anche rappresentata (Figura 18.2-c) la trasformazione nel piano pressione p ed
entalpia h in modo da evidenziare laumento di pressione subito dallacqua nel passare attraverso
la pompa.

In generale il vapore viene portato, sempre lungo una trasformazione a pressione costante, fino
allo stato di vapore surriscaldato come nella Figura 18.3. Il lavoro l del ciclo per le trasforma-
zioni reali 1 2 3 4, nellipotesi di considerare coincidenti il punto 1 con il punto 2
(1 2), dato da:

l = lt lp = (h3 h4) (h 2 h1) = (h3 h4) 0 h3 h4 18-2

con il rendimento del ciclo reale espresso da:

l l lp h h4
= = t 3 18-1
qS h3 h2 h 3 h1
18.2. RENDIMENTI DELLIMPIANTO A VAPORE 389

18. 2 RENDIMENTI DELLIMPIANTO A VAPORE


Il lavoro utile lu (12-1 ) il lavoro disponibile allalbero motore e viene calcolato come diffe-
renza tra il lavoro l, complessivamente fornito dal fluido motore lungo il ciclo (18-2), e i lavori
spesi per gli attriti fra gli accoppiamenti degli organi di trasmissione (lattrito) e per azionare gli
accessori non comandati direttamente dalla turbina (laccessori):

lu = l lattrito laccessori 18-3

La potenza utile data dal prodotto della portata in massa del fluido di lavoro m lungo il ciclo
e il lavoro utile per unit di massa lu (Paragrafo 16.3.2):

u
Pu = ml 18-4

Il rendimento utile u il rapporto tra il lavoro utile lu [kJ/kg] e il calore qS [kJ/kg] ricevuto dal
fluido nel generatore di vapore. Il rendimento organico o, che tiene conto del lavoro perso
negli attriti e speso per gli ausiliari18.2, dato dal rapporto tra il lavoro utile lu [kJ/kg] e il lavoro
l [kJ/kg] fornito dal fluido motore lungo il ciclo. Il rendimento del generatore b il rapporto
tra la potenza termica Q S = mq S [kW] ricevuta dal fluido nel generatore ( m [kg/s] la portata
in massa di fluido lungo il ciclo) e la potenza termica messa a disposizione dalla combustione
del combustibile Q b = m b H i [kW] con m b [kg/s] portata in massa di combustibile e Hi [kJ/kg]
potere calorifico inferiore del combustibile18.3.

lu lu Q S S
mq
u = o = b = = 18-5
qS l
Qb m b Hi

Il rendimento globale dellimpianto g, prodotto dei due rendimenti u ed o oppure dei tre ren-
u [kW]
dimenti , o ed b (essendo u = o), esprime il rapporto tra la potenza utile Pu = ml
prodotta dallimpianto a vapore e la potenza termica Q b = m b H i [kW] fornita bruciando il
combustibile:
P u
ml
g = ub = ob = u = 18-6
Qb
mb H i

Tra i vari rendimenti che compongono il rendimento globale, il rendimento del ciclo quello
che assume i valori pi modesti, proprio perch, a differenza degli altri rendimenti (e prescin-
dendo dalle perdite legate ai rendimenti interni della pompa e della turbina), esso riguarda la con-
versione del calore in lavoro. Per un grosso impianto termoelettrico, ad esempio, si ha:
rendimento del ciclo = 0,43;
rendimento organico o = 0,98;
rendimento del generatore b = 0,94;
rendimento globale g = ob = 0,40.

18.2 - Gli ausiliari comprendono le quantit di calore [MJ] sviluppata nel potere calorifico inferiore quello che si
pompe di estrazione della condensa e di corso della combustione completa del- misura quando, alla fine del processo di
alimento in modo da trascurare nel cal- lunit di massa [kg] del combustibile combustione, lacqua si trova allo stato
colo del rendimento del ciclo il lavoro (Paragrafo 13.1). Il potere calorifico di vapore; perci pi basso (si dice
di compressione del liquido. superiore quello che si misura quando appunto inferiore) del primo in quanto
lacqua, presente al termine della com- manca il calore necessario per far con-
18.3 - Il potere calorifico [MJ/kg] la bustione, si trova allo stato liquido. Il densare lacqua.
390 CAPITOLO 18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE

a 3 c

AP BP
h 5
4 3

6
5 4
2

6
1

b T 3 5

4
2
1

s
2

1 6

Fig. 18.4 - Ciclo con surriscaldamenti ripetuti:


a) schema dellimpianto (AP indica lo stadio ad alta pressione, mentre BP indica lo stadio a bassa pressione);
b) rappresentazione nel piano T s.
c) rappresentazione nel piano h s.

I valori dei rendimenti organico e del generatore sono, come si vede, sensibilmente pi elevati
del rendimento del ciclo; sono inoltre gi piuttosto elevati in assoluto e un ulteriore ipotetico
miglioramento avrebbe uninfluenza percentualmente modesta sul rendimento globale. Al con-
trario il rendimento del ciclo raggiunge il valore di 0,43, citato sopra, solo se si introducono
accorgimenti particolari in quanto il rendimento del ciclo base (Figura 18.1) si aggira attorno
a valori piuttosto bassi, ad esempio 0,2. I mezzi che possono venire utilizzati per aumentare il
rendimento del ciclo sono:
abbassamento della pressione di condensazione;
aumento della temperatura finale di surriscaldamento;
aumento della pressione di vaporizzazione;
surriscaldamenti ripetuti (Figura 18.4);
la rigenerazione (Figura 18.5), con cui viene trasferito calore dal vapore, che si espande,
allacqua che deve venire riscaldata approssimando un ciclo di Carnot che (Paragrafo 16.6.3)
quello che presenta il rendimento maggiore tra tutti i cicli possibili effettuati tra le stesse
temperature estreme T2 e T1.
18.2. RENDIMENTI DELLIMPIANTO A VAPORE 391

a b T
3
Turbina
Generatore 2 3
di 4 T2
vapore

Condensatore

2 T1
1 1 4 4
Pompa

1
A B C D s

Fig. 18.5 - Ciclo rigenerativo ideale:


a) schema dellimpianto;
b) rappresentazione del ciclo nel piano Ts. Il calore equivalente allarea C-4-3-D-C viene spillato dal vapore che si sta espan-
dendo nella turbina per preriscaldare lacqua (area A-1-2-B-A) da T1 a T2 .

Esempio 18.1 Rendimento di un ciclo con surriscaldamento


In un ciclo a vapore surriscaldato (Figura 18.3) la pressione iniziale vale p1 = 4 kPa e i valori di pressione
e temperatura nello stato 3 (ammissione in turbina) valgono rispettivamente p3 = 4,5 MPa e T3 = 600 C.
Sono assegnati la portata di vapore nel ciclo m = 800 kg/s, il rendimento della turbina t = 0,9 e il ren-
dimento organico o = 0,97, comprensivo anche del lavoro assorbito dalla pompa. Determinare:
a) il rendimento del ciclo ;
b) la potenza utile Pu .

SOLUZIONE
a) Il rendimento del ciclo dato dalla 18-1:
h3 h 4

h 3 h1
Occorre quindi determinare i valori di entalpia negli stati 1, 3 e 4. Nello stato 1 la condizione quella
di liquido saturo alla pressione p1 = 4 kPa = 0,004 MPa. In corrispondenza di questa pressione, sul dia-
gramma di Mollier18.4 allegato al testo, si legge una temperatura di saturazione T1 di circa 30 C.
Lentalpia h1 del liquido si ricava (Esempio 16.1) sapendo che la capacit termica massica dellacqua
cH2O vale 4,18 kJ/(kgK); trattandosi di una differenza di temperatura (rispetto alla temperatura di 0 C
che anche la temperatura di riferimento del diagramma di Mollier) pu essere espressa indifferen-
temente in gradi centigradi o in kelvin:
h1 cH2O (T1 0) = 4,18 kJ/(kgK) 30 K = 125 kJ/kg

18.4 - Dal diagramma di Mollier possibile ricavare la velocit v [m/s], con cui esce il vapore dagli ugelli
di uno stadio della turbina a vapore, facendo uso della formula di Torricelli (8-8 e 14-21) che viene appli-
cata al salto entalpico del vapore h [kJ/kg] moltiplicato per 1000 in modo da ottenere la radice quadrata di
J/kg [J/kg = Nm/kg = (kgms 2)m/kg = m2/s2], unit omogenea con la velocit misurata in m/s:

v= 2h = 2 ( h [ kJ/kg] 1000 [J/kJ] = 2000 [J/kJ] h [kJ/kg] = 44,72 [J/kJ] h [kJ/kg]


392 CAPITOLO 18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE

Nello stato 3, condizioni di vapore surriscaldato, individuato dal punto avente p3 = 4,5 MPa e
T3 = 600 C, leggiamo lentalpia h3 = 3670 kJ/kg e lentropia s3 = 7,31 kJ/(kgK). Dello stato 4, cono-
sciamo la pressione p4 = 4 kPa = 0,004 MPa uguale alla pressione p1. Per determinare lentalpia h4 ,
occorre prima individuare le condizioni dello stato 4s relativo allespansione isoentropica. Scendendo,
sul diagramma di Mollier, dal punto 3 lungo la verticale ad entropia costante s3 = 7,31 kJ/(kgK) fino
ad incontrare lisobara p4 = 0,004 MPa, leggiamo lentalpia h4 s = 2200 kJ/kg e il titolo x4 s = 0,855. Il
lavoro lt s relativo allespansione isoentropica in turbina :
lts = h3 h4 s = 3670 kJ/kg 2200 kJ/kg = 1470 kJ/kg
Sulla base della definizione di rendimento interno (16-20), si ottiene il lavoro effettivo in turbina:
l
t = t lt = t lts = 0,9 1470 kJ/kg = 1323 kJ/kg
lts
Ma il lavoro effettivo uguale alla variazione di entalpia nellespansione reale:
lt = h3 h4 h4 = h3 lt = 3670 kJ/kg 1323 kJ/kg = 2347 kJ/kg
Lintersezione dellorizzontale h4 = 2347 kJ/kg con lisobara p4 = 0,004 MPa individua il punto 4, rela-
tivo allo scarico della turbina; si tratta di una miscela liquido-vapore con un titolo x4 = 0,91. La tabella
che segue riassume le principali propriet del fluido di lavoro nei diversi stati.

Pressione Temperatura Entalpia


Stato Condizione del fluido
[MPa] [C] [kJ/kg]
1 0,004 30 125 Liquido saturo
3 4,5 600 3670 Vapore surriscaldato
4s 0,004 30 2200 Liquido-vapore (x = 0,855)
4 0,004 30 2347 Liquido-vapore (x = 0,91)

Il rendimento del ciclo vale allora:


h h4 3670 kJ/kg 2347 kJ/kg
3 = = 0,37
h3 h1 3670 kJ/kg 125 kJ/kg

u (18-4), occorre calcolare il lavoro utile lu passando attraverso


b) Per calcolare la potenza utile Pu = ml
il lavoro del ciclo l (18-2), praticamente coincidente con il lavoro lt della turbina calcolato sopra
essendo trascurabile il lavoro della pompa, e lespressione dei rendimenti (18-5):
l = lt = h3 h4 = 3670 kJ/kg 2347 kJ/kg = 1323 kJ/kg
lu
o = lu = o l = 0,97 1323 kJ/kg = 1283 kJ/kg
l
Pu = 800 kg/s 1283 kJ/kg = 1026,4 MW

Esempio 18.2 Rendimenti dellimpianto a vapore


Nella caldaia di un impianto a vapore viene bruciata una portata mb = 2,5 kg/s di olio combustibile avente
un potere calorifico Hi = 42 MJ/kg. Il lavoro massico complessivo fornito dal fluido l = 1200 kJ/kg.
Lacqua di raffreddamento ha una portata VH2O = 1,45 m3/s e, nel far condensare il vapore, subisce un
aumento di temperatura T = 10 K. Sono assegnati il rendimento organico o = 0,97 e il rendimento della
caldaia b = 0,88. Determinare:
a) il calore QS fornito nellunit di tempo dal generatore allacqua;
b) il calore Q I sottratto nellunit di tempo dallacqua di raffreddamento;
18.3. COGENERAZIONE 393

c) il rendimento del ciclo, il rendimento utile u e il rendimento globale g dellimpianto;


d) la portata del fluido di lavoro m .

SOLUZIONE
a) Il calore fornito nellunit di tempo dal generatore ( una potenza termica) si ricava dalla definizione
del rendimento del generatore b (18-5).

Q S
b = Q S = b m b Hi
m b Hi

Q S = 0,88 2,5 kg/s 42 MJ/kg = 92,4 MW

b) Il calore sottratto nellunit di tempo Q I dallacqua di raffreddamento dato (Esempio 16.1) dal pro-
dotto della portata in massa di acqua di raffreddamento m H2O per la sua capacit termica massica
cH2O = 4,18 kJ/(kgK) e per il suo aumento di temperatura T = 10 K. Al posto della portata in massa,
che non nota, sostituiamo il prodotto della massa volumica H2O = 1000 kg/m3 per la portata in
volume VH2O = 1,45 m3/s, che invece assegnata.

Q I = m H O cH O T = VH O cH O T = 1000 kg/m 3 1,45 m 3 /s 4,18 kJ/(kgK ) 10 K = 60,61 MW


2 2 2 2

c) Il rendimento pu essere espresso sia in termini di lavoro (o calore) per unit di massa sia in termini
di potenza meccanica L , fornita dal ciclo, e di potenza termica Q , trasmessa dalla sorgente superiore.

l L
= =
qS Q S

Ma, per la 16-15, la potenza meccanica L data dalla differenza tra Q S e Q I .

L = m (qS q I ) = Q S Q I = 92,4 MW 60,61 MW = 31,79 MW


31,79 MW
= = 0,344
92,4 MW

Per le definizioni di rendimento utile e di rendimento globale (18-5 e 18-6) si ha poi:


u = o = 0,344 0,97 = 0,33
g = ub = 0,33 0,88 = 0,293

d) Noto il lavoro massico complessivo l, fornito dal fluido, si ricava la portata di vapore (18-4):

L 31,79 MW
L = ml
m = = = 26,49 kg/s
l 1,2 MJ/kg

18. 3 COGENERAZIONE
Gli impianti di cogenerazione (o a recupero) sono impianti destinati alla produzione di ener-
gia termica, sotto forma di vapore o di acqua compressa, da utilizzare nelle lavorazioni indu-
striali o in centri di riscaldamento di grosse aree urbane, con produzione congiunta (di qui il ter-
mine di cogenerazione) di energia elettrica quale risultato del lavoro prodotto dalla turbina. In
molte industrie (chimiche, tessili oppure alimentari) che richiedono elevate quantit di vapore
o in centri di riscaldamento conviene produrre vapore a temperature e pressioni pi elevate, di
quelle che sarebbero necessarie per lutilizzazione termica, in modo da sfruttarne il lavoro di
394 CAPITOLO 18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE

Generatore
elettrico
Generatore
di Turbina
vapore

Pompa
Riduttore di
pressione
Rigeneratore
Utilizzazione
aperto
termica

Pompa del
condensato

Fig. 18.6 - Cogenerazione con turbina a contropressione.

espansione in una turbina e ottenere cos la produzione di energia elettrica che viene impiegata
a coprire il fabbisogno dello stabilimento o dellarea urbana.
Il caso pi semplice di cogenerazione quando tutto il vapore prodotto viene fatto espandere
nella turbina fino a raggiungere le condizioni richieste dallutilizzazione termica. proprio que-
sta utilizzazione che assume la funzione di condensatore dellimpianto: la condensa, ove pos-
sibile, viene poi inviata nuovamente al generatore. Questo tipo di impianto viene detto a recu-
pero totale o anche a contropressione, dal momento che la pressione di scarico della turbina,
imposta dalle esigenze dellutilizzazione termica, , in genere, superiore o, al limite, uguale alla
pressione atmosferica (Figura 18.6).
Nel caso in cui non vi sia equilibrio tra potenza termica e meccanica e non perci possibile
soddisfare lutenza con un impianto a recupero totale, viene impiegato limpianto a recupero
parziale (Figura 18.7): si tratta di un impianto nel quale la portata di vapore, necessaria per lu-
tilizzazione termica, viene estratta dalla turbina (turbina a estrazione), mentre la portata di
vapore, che rimane, continua a espandersi e si scarica in un condensatore ( il solito impianto
a condensazione). Anche qui, ove possibile, la condensa proveniente dallutilizzazione termica
viene di nuovo mandata nel generatore di vapore.

Generatore
di Turbina
vapore

Condensatore

Utilizzazione
termica
Scambiatore
di calore

Pompa

Fig. 18.7 - Cogenerazione con turbina a estrazione.


ESERCIZI PROPOSTI 395

18. 4 SOMMARIO
Il ciclo Rankine il ciclo dellimpianto motore a vapore; esso rappresenta il ciclo pi semplice
che si pu effettuare sullacqua per convertire in lavoro parte del calore immesso dal generatore
di vapore. Il ciclo Rankine costituito dalla compressione dellacqua di alimento con una pompa
fino alla pressione esistente nel generatore di vapore (1 2), dal riscaldamento a pressione
costante dellacqua fino allo stato di vapore surriscaldato (1 3), dallespansione in turbina
(3 4) e infine dalla condensazione del vapore (4 1).
Il rendimento del ciclo Rankine, rapporto tra il lavoro raccolto l e il calore introdotto qS ,
espresso da: l h h 3 4
=
qS h 3 h1

Il rendimento globale dellimpianto g, prodotto del rendimento del ciclo, del rendimento
organico e del rendimento del generatore, il rapporto tra la potenza utile Pu = ml u prodotta
dallimpianto a vapore e la potenza termica Q b = m b H i fornita nella combustione del combu-
stibile:
P
g = u
Q b

Tra i vari rendimenti che compongono il rendimento globale, il rendimento del ciclo quello
che assume i valori pi modesti, proprio perch, a differenza degli altri rendimenti, riguarda la
conversione del calore in lavoro. I mezzi che possono venire utilizzati per aumentare il rendi-
mento del ciclo sono:
abbassamento della pressione di condensazione;
aumento della temperatura finale di surriscaldamento;
aumento della pressione di vaporizzazione;
surriscaldamenti ripetuti;
rigenerazione.

Esercizi proposti
18.1 Vapore, che descrive un ciclo Rankine ideale, 18.2 Vapore entra in una turbina, che ha un rendi-
entra con una portata di 10 kg/s in turbina con pressione mento di 0,8, con pressione p3 = 10 MPa e temperatura
p3 = 10 MPa e temperatura T3 = 500 C; viene poi scari- T3 = 500 C; viene poi scaricato alla pressione p4 = 10 kPa.
cato alla pressione p4 = 10 kPa. Successivamente il vapore Successivamente il vapore viene fatto condensare fino
viene fatto condensare fino allo stato 1 di liquido saturo allo stato 1 di liquido saturo e dopo viene portato da
e dopo viene portato dalla pompa allo stato 2s di ingresso una pompa, che ha un rendimento di 0,8, allo stato 2 di
nel generatore. ingresso nel generatore.
Determinare entalpia h3 ed entropia s3 allingresso della
Determinare entalpia h3 ed entropia s3 allingresso della
turbina, entalpia h1 e volume massico v1 nello stato di
turbina, entalpia h1 e volume massico v1 nello stato di
liquido saturo, lavoro della pompa lp s , entalpia h2s allu-
liquido saturo, lavoro della pompa lp , entalpia h2 alluscita
scita dalla pompa, entalpia h4s e titolo x4s allo scarico
dalla pompa, lavoro della turbina lt , entalpia h4 e titolo x4
della turbina, lavoro della turbina lt s , lavoro l e potenza
allo scarico della turbina, lavoro l del ciclo, calore mas-
meccanica L del ciclo, calore massico qS fornito dal gene-
sico qs fornito dal generatore, calore massico ql ceduto nel
ratore e calore massico qI ceduto nel condensatore e ren-
condensatore e rendimento del ciclo .
dimento del ciclo .
h3 = 3373,7 kJ/kg; h2s = 201,9 kJ/kg; L = 12,74 MW; h3 = 3373,7 kJ/kg; lp = 12,6 kJ/kg; x4 = 0,9;
s3 = 6,6 kJ/kg; h4s = 2090 kJ/kg; qs = 3171,8 kJ/kg; s3 = 6,6 kJ/kg; h2 = 204,4 kJ/kg; l = 1014,4 kJ/kg;
h1 = 191,8 kJ/kg; x4s = 0,793 ql = 1898,2 kJ/kg; h1 = 191,8 kJ/kg; lt = 1027 kJ/kg; qs = 3169,3 kJ/kg;
v1 = 0,00101 m3/kg; lts = 1283,7 kJ/kg; = 0,40 v1 = 0,00101 m3/kg; h4 = 2346,7 kJ/kg; ql = 2154,9 kJ/kg;
lps = 10,1 kJ/kg; l = 1273,6 kJ/kg; = 0,32
396 CAPITOLO 18. IMPIANTO MOTORE A VAPORE

18.3 Il lavoro di un ciclo Rankine pari a 1014,4 kJ/kg, p3 = 6 MPa h3 = 3043,0 kJ/kg;
mentre il calore fornito dal generatore pari a 3169,3 kJ/kg. s3 = 6,33 kJ/(kgK);
Calcolare il lavoro utile lu , sapendo che il rendimento h4s = 2005 kJ/kg;
organico vale 0,98, il rendimento utile u e la potenza h1 = 191,8 kJ/kg;
utile Pu corrispondente a una portata di vapore di 10 kg/s. = 0,36;
lu = 994,1 kJ/kg; u = 0,31; Pu = 9,94 MW x4s = 0,76

18.4 Calcolare la portata m di fluido motore in un 18.7 In un ciclo Rankine ideale il vapore entra in
impianto a vapore, sapendo che il lavoro utile raccolto turbina con pressione di 17,5 MPa e temperatura di
pari a 1250 kJ/kg mentre la potenza utile pari a 150 MW 550 C; viene poi scaricato alla pressione di 10 kPa.
= 120 kg/s
m Determinare entalpia h3 ed entropia s3 allingresso della
turbina, entalpia allo scarico h4s, entalpia del liquido
saturo alla fine della condensazione h1, rendimento e
18.5 Un generatore di vapore viene alimentato con
titolo allo scarico x4s.
una portata di 4 kg/s di olio combustibile avente un pote- h3 = 3421,4 kJ/kg;
re calorifico inferiore pari a 41 MJ/kg. La potenza termica s3 = 6,42 kJ/(kgK);
sottratta dal condensatore pari a 88,6 MW, mentre il h4s = 2030 kJ/kg;
lavoro massico complessivo fornito dal vapore pari a h1 = 191,8 kJ/kg;
1180 kJ/kg. Sapendo che il rendimento del generatore = 0,43;
pari a 0,9 e che il rendimento organico pari a 0,97, cal- x4s = 0,77
colare la potenza termica Q s fornita dal generatore, la

potenza meccanica L del ciclo, la portata del fluido di

lavoro m , i rendimenti del ciclo , utile u e globale del- 18.8 In un ciclo Rankine ideale determinare entalpia
limpianto g. h3 ed entropia s3 allingresso del vapore in turbina, ental-
pia allo scarico h4s , entalpia del liquido saturo h1, rendi-
Q s = 147,6 MW; m
= 50 kg/s; u = 0,39;
L = 59 MW; mento e titolo allo scarico x4s al variare della tempera-
= 0,40; g = 0,35 tura T3 di ingresso in turbina (300 C, 400 C e 600 C),
mentre rimangono fisse pressione di ingresso p3 (3 MPa)
18.6 In un ciclo di Rankine ideale determinare ental- e pressione di scarico p4 (7,5 kPA).
pia h3 ed entropia s3 allingresso del vapore in turbina,
entalpia allo scarico h4s, entalpia del liquido saturo h1 alla T3 = 300 C h3 = 2993,5 kJ/kg;
fine della condensazione, rendimento e titolo allo sca- s3 = 6,54 kJ/(kgK);
rico x4s al variare della pressione p3 di ingresso in turbina h4s = 2035 kJ/kg;
(1 MPa, 3 MPa e 6 MPa), mentre rimangono fisse tempe- h1 = 168,8 kJ/kg;
rature T3 di ingresso (350 C) e pressione di scarico p4 = 0,34;
(10 kPa). x4s = 0,778;
p3 = 1 MPa h3 = 3157,7 kJ/kg; T3 = 400 C h3 = 3230,9 kJ/kg;
s3 = 7,30 kJ/(kgK); s3 = 6,92 kJ/(kgK);
h4s = 2320 kJ/kg; h4s = 2160 kJ/kg;
h1 = 191,8 kJ/kg; h1 = 168,8 kJ/kg;
= 0,28; = 0,35;
x4s = 0,887; x4s = 0,828;
p3 = 3 MPa h3 = 3115,3 kJ/kg; T3 = 600 C h3 = 3682,3 kJ/kg;
s3 = 6,74 kJ/(kgK); s3 = 7,51 kJ/(kgK);
h4s = 2140 kJ/kg; h4s = 2340 kJ/kg;
h1 = 191,8 kJ/kg; h1 = 168,8 kJ/kg;
= 0,33; = 0,38;
x4s = 0,813; x4s = 0,902
Capitolo 19
COMPRESSORI
DI GAS

19. 1 MACCHINE OPERATRICI A GAS


Definiamo macchine operatrici a gas quelle macchine che comunicano energia al fluido
determinandone una variazione del livello di velocit o di pressione, distinguendo tra mac-
chine che:
generano prevalentemente una corrente, un vento del gas considerato (ventilatori trattati nel
Paragrafo 15.2, pneumofore, soffianti);
restituiscono il gas a una pressione maggiore di quella a cui lo ricevono, chiamate compres-
sori oppure aspiratori, a seconda che lobiettivo sia quello di restituire il fluido a una pres-
sione maggiore di quella atmosferica oppure sia quello di ridurre la pressione nellambiente
di aspirazione a un valore inferiore alla pressione atmosferica.

Dal punto di vista costruttivo tra i due tipi di macchine, ventilatori e compressori, non esiste una
distinzione netta in quanto, per mantenere in moto il gas, occorre generare una differenza di pres-
sione. Esiste al contrario una distinzione basata proprio sullentit della compressione eserci-
tata dalla macchina. Quando infatti la compressione determina una variazione modesta del
volume massico (o della massa volumica) del gas, allora diventano trascurabili i fenomeni ter-
mici, come flussi di calore e variazioni di temperatura, che accompagnano la compressione e
la macchina operatrice a gas pu essere trattata con le stesse equazioni dei fluidi incomprimi-
bili, che abbiamo utilizzato nello studio delle macchine idrauliche. Quando invece la com-
pressione diviene elevata, occorre utilizzare le equazioni dei fluidi comprimibili necessarie per
lo studio delle macchine termiche.
Definito come rapporto di compressione il rapporto tra la pressione p2 a valle della macchina
(o pressione di mandata) e la pressione p1 a monte della macchina (o pressione di aspira-
zione),

p2
= 19-1
p1

si assume abitualmente come limite un valore del rapporto di compressione pari a 1,2 1,3; al
di sotto di questo rapporto si possono ritenere trascurabili le variazioni di massa volumica e la
macchina operatrice a gas pu essere trattata seguendo i criteri delle macchine idrauliche,
mentre al di sopra la macchina operatrice va trattata con i criteri delle macchine termiche.

Sulla base del modo di comunicare energia al fluido, le macchine operatrici a gas vengono clas-
sificate in macchine
dinamiche, a cui appartengono ventilatori e turbocompressori;
volumetriche sia a stantuffo che a capsulismi.
398 CAPITOLO 19. COMPRESSORI DI GAS

Nella macchina dinamica o a flusso continuo lenergia


viene comunicata al fluido dalle palette della girante che,
muovendosi ad alta velocit, determinano un aumento
della quantit di moto del gas; alluscita della parte
mobile, la corrente di gas viene rallentata, nei condotti fissi
di forma divergente, in modo da trasformare la diminu-
zione della velocit in aumento della pressione di mandata
del compressore (Figura 19.1): analogamente alle turbo-
pompe, i turbocompressori possono essere assiali oppure
centrifughi. Nella macchina volumetrica invece lenergia
viene comunicata al fluido attraverso la pressione statica
applicata alle pareti mobili che, muovendosi, determinano
Fig. 19.1-a - Palettatura del rotore il volume in cui viene a trovarsi il fluido (Figura 19.2).
di un compressore assiale (Franco
Tosi). Esiste una parziale sovrapposizione nelle applicazioni tra
le macchine volumetriche e le turbomacchine. Se si vuole,
ad esempio, aumentare la pressione di un gas, possibile
utilizzare sia un compressore a stantuffo che un turbocompressore; si constata tuttavia che,
allaumentare della portata in volume del fluido trattato, i vantaggi del turbocompressore, in ter-
mini di semplicit costruttiva e di rendimento, prevalgono sul compressore alternativo. Limpiego
della turbomacchina si impone cos per tutte quelle applicazioni che richiedono portate elevate
e rapporti di compressione non estremamente alti.

Fig. 19.1-b - Compressore centrifugo in pi stadi per medie e basse pressioni con cassa aperta orizzontalmente (Nuovo Pignone).
19.1. MACCHINE OPERATRICI A GAS 399

a Valvole
Pistone di bassa pressione,
pi grande, di lega leggera
in modo che il suo peso
uguale a quello del pistone
di alta pressione in ghisa
Passaggi daria

Refrigerante

Separatore di condensa

Raffreddamento ad acqua Vista frontale


dei cilindri e delle testate

Pistone di alta
pressione,
pi piccolo Flange

Boccole della testa a croce Indicatore di livello dellolio

Il compressore messo a
vuoto allavviamento dalla
valvola automatica di by-pass

Valvole a cuscino daria

Tenute metalliche

Anelli raschiaolio metallici


Vista laterale Incastellatura stagna
Boccole flottanti in bronzo
sugli spinotti della testa a croce
Bielle

Boccole flottanti in alluminio


dellalbero a gomiti

Lubrificatore dei cilindri

Pompa ad ingranaggi dellolio


Carter
Motore elettrico
b Albero a gomiti
e relativi contrappesi

Fig. 19.2 - a) Compressore alternativo a due cilindri disposti a L


a doppio effetto in due stadi (Ingersoll-Rand tipo XLE).
b) Particolare di compressore a vite (Ingersoll-Rand).
400 CAPITOLO 19. COMPRESSORI DI GAS

19. 2 LAVORO RICHIESTO NELLA COMPRESSIONE


Il lavoro interno li di compressione di un gas, quando avviene in modo sufficientemente rapido
da poter trascurare lo scambio termico con lesterno e la variazione di energia cinetica, pari
alla differenza tra lentalpia entrante h1 e lentalpia uscente h2 (16-6), differenza di entalpia che,
nel caso del gas perfetto, si pu esprimere mediante il prodotto della capacit massica a pres-
sione costante per la differenza di temperatura (16-11 ). Il numero che rappresenta il lavoro
assorbito dal compressore risulterebbe negativo in quanto lavoro fatto dallesterno sul sistema
(entra cio nel fluido); volendo ottenere invece un numero positivo, si cambia il segno alla dif-
ferenza di entalpia e di temperatura e si scrive:

l i = h 2 h 1 = c p(T 2 T 1) 19-2

Il lavoro interno di compressione pu anche esprimersi con laltra equazione dei fluidi com-
primibili (16-7), dove si cambia sempre il segno del lavoro in modo da ottenere un numero posi-
tivo:
2
li =
vdp + l
1
w 19-3

Terremo conto pi avanti delle resistenze passive attraverso il rendimento; per ora, considerando
il caso ideale di assenza di resistenze passive (lw = 0), questa equazione si riduce a:

2
lideale =
vdp
1

equivalente allarea della figura che, nel diagramma pv, compresa tra lasse delle pressioni
p, le due isobare p1 e p2 e la linea di compressione (Figura 19.3).
Possiamo infatti applicare al sistema aperto i criteri che avevamo seguito per spiegare il signi-
ficato del lavoro sul piano pv per un sistema chiuso (Paragrafo 16.3); occorre solo scambiare
2
gli assi p e v dal momento che per il sistema chiuso il lavoro era espresso da l =
pdv.
1

2
p2

pv = cost
pressione p

pv n = cost dp

pv = cost

p1
1
v

v volume massico v

Fig. 19.3 - Confronto tra diversi percorsi di compressione.


19.2. LAVORO RICHIESTO NELLA COMPRESSIONE 401

Il lavoro assorbito dal compressore influenzato dal modo in cui il volume massico varia con
la pressione in quanto leggi differenti di variazione di v in funzione di p determineranno risul-
tati diversi nel calcolo dellintegrale 19-3; le diverse trasformazioni (Paragrafo 16.5.3) che pu
seguire il gas perfetto nella compressione daranno perci origine ad espressioni diverse del
lavoro (Scheda 19.1).

SCHEDA 19.1

LAVORO DI COMPRESSIONE
IN FUNZIONE DEL TIPO DI TRASFORMAZIONE

Il segno del lavoro stato cambiato in modo da poterlo rappresentare con un numero posi-
tivo; il rapporto (19-1) tra la pressione di mandata p2 e la pressione di aspirazione p1, men-
tre T1 la temperatura iniziale di compressione. Per le dimostrazioni si rimanda al Capitolo
30 di Macchine Termiche dello stesso Autore.

Compressione isoentropica (trasformazione adiabatica reversibile in cui non solo sono


assenti le resistenze passive ma anche nullo il calore ceduto allesterno):

ls = RT1 ( ( 1)/ 1) 19-4
1

Compressione isotermica, relativa al caso in cui il raffreddamento del gas sia talmente effi-
cace da mantenerlo costantemente alla temperatura iniziale T1:
lisoterma = RT1 ln 19-5

Compressione politropica con esponente n compreso tra 1 (compressione isotermica) e


(compressione isoentropica):
n
l politrop = RT1 ( ( n 1) /n 1) 19-6
n 1

Compressione isocora (a volume costante), trasformazione applicabile ad un fluido


incomprimibile, come un liquido, oppure ad un gas fino a inferiore a 1,2 1,3 quando
non si avverte ancora leffetto della comprimibilit del fluido:
lisocora = v1 (p2 p1) = RT1 ( 1) 19-7

Esempio 19.1 Lavoro ideale di compressione per trasformazioni diverse


Un compressore aspira aria, alla temperatura T1 = 20 C e alla pressione assoluta p1 = 100 kPa, e la sca-
rica alla pressione assoluta p2 = 800 kPa. Determinare il lavoro massico ideale richiesto dal compressore
nel caso di trasformazione:
a) isoentropica;
b) isotermica;
c) politropica con esponente n = 1,31 e la relativa temperatura di fine compressione.
402 CAPITOLO 19. COMPRESSORI DI GAS

SOLUZIONE
a) Determiniamo in primo luogo il rapporto di compressione con la 19-1.
800 kPa
==8
100 kPa
Per calcolare il lavoro richiesto nella compressione isoentropica (19-4) occorre conoscere (Tabella A.5)
il rapporto = 1,4 tra le capacit termiche e la costante dellaria R = 0,287 kJ/(kgK).
1,4
ls = RT1 ( ( 1) / 1) = 0,287 kJ/(kgK) 293,15 K [8(1, 4 1)/1, 4 1] =
1 1,4 1
= 3,5 0,287 kJ/(kgK) 293,15[80, 286 1] = 239,26 kJ/kg

b) Nel caso di compressione isotermica si applica la 19-5.


lisoterma = RT1 ln = 0,287 kJ/(kgK) 293,15 K ln 8 = 174,95 kJ/kg

c) Nel caso di compressione politropica con esponente n = 1,31 (19-6) si ha:


n 1,31
l politrop = RT1 ( ( n 1) /n 1) = 0,287 kJ/(kgK) 293,15 K [8(1,31 1)/1,31 1] =
n 1 1,31 1
= 4,22 0,287 kJ/(kgK) 293,15[80, 237 1] = 226,14 kJ/kg
La temperatura T2 del gas scaricato nella compressione politropica si calcola con la A-55 dellAppen-
dice A.6.
( n 1) /n
T2 p
= 2 = 80, 237 = 1,64 T2 = 1,64 293,15 K = 480,8 K = 207,65 C
T1 p1

COMMENTI
Il lavoro minimo richiesto dalla compressione isotermica (174,95 kJ/kg), mentre quello richiesto dalla
compressione politropica (226,14 kJ/kg) sensibilmente pi alto ma ancora inferiore a quello richiesto
dalla isoentropica (239,26 kJ/kg).

19. 3 COMPRESSORI IDEALI MULTISTADIO


INTERREFRIGERATI
Anche se la riduzione del lavoro richiesto, a seguito del raffreddamento durante la compressione,
sia di estremo interesse, nella pratica risulta difficile smaltire, in modo continuo, elevate quan-
tit di calore durante il processo di compressione in modo da avvicinarsi il pi possibile alla
curva di compressione isotermica. La soluzione allora quella di ricorrere alla compressione
del gas in pi stadi, intercalando un refrigeratore fra stadio e stadio.
La Figura 19.4-a mostra i componenti di un compressore in due stadi. Il gas viene compresso
dalla pressione p1 fino alla pressione p2, viene quindi refrigerato mantenendone la pressione
costante ed entra poi nel secondo stadio dove viene compresso fino alla pressione di scarico p3.
Si assume che la compressione in ogni stadio segua una legge politropica di ugual esponente n
in ogni stadio. Leffetto prodotto dalla interrefrigerazione sul lavoro illustrato nella Figura
19.4-b: il raffreddamento del gas, a pressione costante, lungo il tratto 2 2 riduce il lavoro di
compressione del secondo stadio tra 2 e 3. Se si fosse utilizzato un solo stadio di compressione,
il gas sarebbe stato scaricato nello stato 2*. Perci la riduzione del lavoro totale di compressione
realizzata utilizzando la compressione in due stadi rappresentata dallarea colorata del dia-
19.3. COMPRESSORI IDEALI MULTISTADIO INTERREFRIGERATI 403

gramma. La temperatura pi bassa a cui si


pu tentare di raffreddare laria quella con
3 cui laria entra nel compressore T1; si dice
che linterrefrigerazione attuata completa
Compressore quando la temperatura di uscita dallinterre-
secondo stadio
frigeratore T2 viene riportata al valore che il
gas aveva inizialmente (T2 = T1).
2

Interrefrigeratore
p
3 2*
p3
2

p2 2
2
Compressore
primo stadio

p1 1
1

v
Fig. 19.4-a - Illustrazione del concetto di com-
pressione in pi stadi con interrefrigerazione: com- Fig. 19.4-b - Rappresentazione del processo sul
pressione in due stadi con interrefrigerazione. piano p v.

Si pu dimostrare che in generale, per un compressore avente N stadi di compressione, esiste


un rapporto ottimo ottimo di compressione uguale per tutti gli stadi che, nel caso di interrefri-
gerazione completa, consente di rendere minimo il lavoro di compressione complessivo. Tale
rapporto dato da:
1/N
p p p p
ottimo = 2 = 3 = 4 = = finale 19-8
p1 p2 p3 p1

dove pfinale il valore di pressione a cui viene scaricato il gas dallultimo stadio e p1 , al solito,
la pressione iniziale del gas allingresso del primo stadio.
Essendosi attuata la interrefrigerazione completa, la temperatura di ingresso in tutti gli stadi
sempre uguale alla temperatura iniziale T1. La 19-8 ci dice inoltre che il rapporto di compres-
sione lo stesso per tutti gli stadi; allora il lavoro di compressione, dato dalla 19-6 che con-
tiene come variabili T1 e , uguale in tutti gli stadi.
Cos, ad esempio, nel caso della compressione in due stadi della Figura 19.4-a con interrefri-
gerazione attuata alla pressione p2, abbiamo:

1/2
p2 p p p3
ottimo = = 3 = finale = 19-8
p1 p2 p1 p1

Il volume massico v del gas che entra in uno stadio pi basso di quello elaborato nello stadio
precedente; se, ad esempio, consideriamo una compressione in due stadi interrefrigerata, il
volume massico v2 del gas che, dopo il raffreddamento completo fino alla temperatura iniziale
T1, entra nel secondo stadio legato al volume massico v1 del gas che entra nel primo stadio da
404 CAPITOLO 19. COMPRESSORI DI GAS

v2 = v1/ottimo, relazione che si ottiene dallequazione di stato dei gas (16-10) e che si pu appli-
care a ognuno degli stadi di una compressione interrefrigerata.
La riduzione del volume massico del gas, che avviene tra uno stadio e laltro, si ripercuote sul
dimensionamento dello stadio del compressore; nella Figura 19.2-a possiamo, ad esempio,
osservare che il diametro del cilindro (in alto) del primo stadio maggiore di quello del cilin-
dro (in basso a sinistra) del secondo stadio in cui il gas viene mandato dopo essere stato raf-
freddato nellinterrefrigeratore posto tra i due cilindri.

Esempio 19.2 Lavoro ideale richiesto da un compressore interrefrigerato


Un compressore a due stadi con interrefrigeratore aspira aria alla pressione assoluta p1 = 100 kPa e alla
temperatura T1 = 20 C e la scarica alla pressione assoluta p3 = 800 kPa. Viene attuata linterrefrigerazione
completa e quindi laria viene riportata dallinterrefrigeratore alla temperatura iniziale (T2 = T1). La
compressione in ambedue gli stadi avviene secondo una politropica con esponente n = 1,31.
Determinare:
a) pressione p2 ottima a cui occorre refrigerare laria;
b) lavoro massico lstadio ideale richiesto da ogni stadio e lavoro complessivo lcompless richiesto dalla com-
pressione;
c) temperatura alluscita di ciascuno stadio;
d) calore qinterrefr sottratto nellinterrefrigeratore.

SOLUZIONE
a) Il rapporto ottimo di compressione ottimo si calcola con la 19-8.

p2 p p3 800 kPa
ottimo = = 3 = = = 8 = 2,83
p1 p2 p1 100 kPa
La pressione p2 a cui conviene arrestare la compressione nel primo stadio per iniziare la refrigerazione
allora
p2 = ottimo p1 = 2,83 100 kPa = 283 kPa

b) Il lavoro richiesto dai due stadi uguale dal momento che, nella 19-6, figurano sia la temperatura ini-
ziale T1 che il rapporto di compressione e questi sono uguali nei due stadi. Il lavoro di compressione
politropica in ciascuno stadio vale allora

n 1,31
l stadio = RT1 ( ( n 1) /n 1) = 0,287 kJ/(kgK) 293,15 K [2,83(1,31 1)/1,31 1] =
n 1 1,31 1
= 4,22 0,287 kJ/(kgK) 293,15 K (2,830,237 1) = 99,27 kJ/kg

Il lavoro complessivo dato dalla somma dei lavori richiesti dai due stadi
lcompless = l I,stadio + l II,stadio = 99,27 kJ/kg + 99,27 kJ/kg = 198,5 kJ/kg

c) La temperatura alluscita di ciascuno stadio si calcola con la A-55 avente come esponente n = 1,31.
( n 1) /n
T2 p
= 2 = 2,830, 237 = 1,28 T2 = 1,28 293,15 K = 375,2 K = 102 C
T1 p1
Alluscita del secondo stadio la temperatura T3 risulta uguale alla temperatura calcolata per il primo
stadio T2 in quanto nellespressione precedente figurano solo la temperatura iniziale T1 e il rapporto
di compressione , parametri che rimangono immutati anche nel secondo stadio.
19.4. POTENZA E RENDIMENTI 405

d) Il calore viene sottratto nellinterrefrigeratore a pressione costante; dato perci dalla differenza di
entalpia (16-6), uguale a sua volta al prodotto della capacit termica a pressione costante dellaria per
la differenza di temperatura.
qinterrefr = h2 h2 = cp(T2 T2) = 1,0035 kJ/(kgK) (375,2 K 293,15 K) = 82,34 kJ/kg

COMMENTI
1. Confrontiamo i dati ottenuti in questo Esempio con quelli dellEsempio 19.1 (domanda c). Il lavoro
complessivo richiesto per la compressione interrefrigerata (198,5 kJ/kg) sempre maggiore di quello
richiesto per la compressione isotermica (174,95 kJ/kg), ma risulta decisamente inferiore al lavoro di
compressione senza interrefrigerazione (226,14 kJ/kg). La temperatura di fine compressione senza
interrefrigerazione (480,8 K = 207,65 C) risulta molto pi elevata di quella raggiunta in ciascuno sta-
dio in presenza di interrefrigerazione (375,2 K = 102 C). Una temperatura tanto elevata testimonia
che la interrefrigerazione del compressore, pi che un vantaggio, rappresenta una necessit per il cor-
retto impiego della macchina.
2. Abbiamo considerato per semplicit due soli stadi con refrigerazione intermedia. Questa stessa pro-
cedura applicabile a pi stadi. Si tenga presente che in questo caso la quantit di calore da sottrarre
nei vari refrigeratori e le temperature massime di ogni stadio sono uguali, cos come il lavoro di com-
pressione.

19. 4 POTENZA E RENDIMENTI


La potenza ideale Pideale data dal prodotto della portata in massa di gas m mandata, quella
cio che viene valutata allo scarico del compressore, per il lavoro massico ideale ls , espresso
dalla 19-4.

s = mRT
Pideale = ml 1 ( ( 1) / 1) 19-9
1
Molto spesso assegnata la portata in volume V1 , valutata nelle condizioni iniziali di pressione
p1 e di temperatura T1. Si preferisce allora (16-10) sostituire a RT il prodotto pv ed esprimere
la potenza in funzione di V1 [ m 3 /s] = mv
1 [( kg/s) ( m 3 /kg )].


Pideale = m p1v1 ( ( 1) /
1) = V1 p1 ( ( 1) /
1) 19-9
1 1

Il rapporto poi tra la potenza ideale e rendimento del compressore C d la potenza Pa assor-
bita al giunto del compressore.
Pideale
Pa =
C
19-10

Il rendimento del compressore C il prodotto del rendimento interno (16-21), compreso tra 0,70
e 0,85, e del rendimento organico (0,95 0,99) che tiene conto delle perdite per attriti mecca-
nici e di quelle necessarie al comando degli accessori. Occorrerebbe considerare anche il ren-
dimento volumetrico che, oltre a indicare nel caso delle macchine volumetriche lincompletezza
del riempimento della macchina reale rispetto alla corrispondente ideale, valuta lincidenza delle
fughe di fluido attraverso i giuochi tra parti fisse e parti mobili o tra le diverse parti mobili. Ma
il rendimento volumetrico viene posto solitamente uguale a 1 nel caso di turbocompressori, men-
tre viene conteggiato a parte, nel suo aspetto legato al riempimento, per il dimensionamento della
cilindrata dei compressori volumetrici.
406 CAPITOLO 19. COMPRESSORI DI GAS

Esempio 19.3 Potenza effettiva assorbita da un compressore


Nello stadio di un compressore centrifugo, avente un rendimento C = 0,84, viene trattata una portata di
aria V1 = 0,5 m 3 /s dalla pressione p1 = 0,1 MPa alla pressione p2 = 0,14 MPa. Calcolare la potenza Pa
assorbita dallo stadio.

SOLUZIONE
Dopo aver calcolato il rapporto di compressione (19-1)
p2 0,14 MPa
= = = 1,4
p1 0,1 MPa

ricaviamo lespressione della potenza assorbita Pa (19-9 e 19-10), tenendo presente che per laria
(Tabella A.5) = 1,4.

V1 p1 0,5 m 3 /s 100 kPa 1,4


Pa = ( ( 1) /
1) = (1,4(1, 4 1) /1,4 1) = 21,04 kW
C 1 0,84 1,4 1

19. 5 CURVE CARATTERISTICHE


Analogamente al ventilatore (Figura 15.21), il compressore ha una propria curva caratteristica
che va confrontata con la caratteristica del sistema, il condotto o il circuito cio in cui inse-
rito il compressore. Di solito la curva caratteristica base di un compressore (Figura 19.5) porta
in ordinate il rapporto di compressione e in ascisse una portata resa adimensionale, in base a
determinati criteri (Paragrafo 15.1.3), in modo da poter considerare insieme tutti i compressori
appartenenti alla stessa famiglia.

Stabile Instabile
Rapporto di compressione

Caratteristica
del compressore

c s > 0 c s < 0

Punto di Portata Portata


Caratteristica funzionamento
del sistema
Caratteristica del compressore ( c)

Caratteristica del sistema ( s)


Portata adimensionale

Fig. 19.5 - Curve caratteristiche del compressore e del sistema con determinazione del punto di funzionamento.

Il compressore funziona in quel punto della sua curva caratteristica per cui fornisce una portata
corrispondente alla resistenza opposta dal sistema (punto di funzionamento). Il punto di fun-
zionamento del compressore stabile quando la caratteristica del compressore ha pendenza infe-
riore alla pendenza della caratteristica del sistema: in questo caso infatti, al diminuire della por-
tata, la pressione fornita dal compressore pi grande di quella necessaria e la velocit del gas
pu aumentare, ripristinando la portata di normale funzionamento.
Le Figure 19.6-a e 19.6-b mostrano le prestazioni di una famiglia di compressori radiali e di una
di compressori assiali con le curve di isorendimento per diversi valori della velocit di rotazione
19.5. CURVE CARATTERISTICHE 407

a b
P = punto di progetto P = punto di progetto
n0 = velocit di progetto n0 = velocit di progetto
3,5 8
Linea di
pompaggio
7
3 0,88 0,85
= 0,9

5
6

0,7
0,80
P
2,5 P 0,75
5
Linea di
0,6 0
0,7

pompaggio
5

0,70
=

60 1,1
2 0, 4
5
0,5 1
3
1,5 1 1,05
2
n
= 0,8 n 0,9 0,95
n0 = 0,8
n0
1 1
Portata adimensionale Portata adimensionale

Fig. 19.6 - Prestazioni di compressori con curve di isorendimento per diversi valori della velocit di rotazione riferita alla velocit
di progetto:
a) compressore radiale;
b) compressore assiale.

Temperatura ingresso compressore = 293 K 20 2,6


Pressione ingresso compressore = 98.000 Pa
2,4
Velocit compressore = 1400 giri/s
18 2,2

Coppia [Nm]
Punto di 2,0
funzionamento
Potenza [kW]

16 1,8
2,2 a
p pi 1,6
Co 14 1,4
Ra
ppo
1,0 2,0 rto 1,2
di c
om
pre 12 1,0
Rapporto di compressione

ssi
a

one
nz

0,8 1,8
te

ento
Po

dim 10
Ren
Rendimento

0,6 1,6

0,4 1,4

0,2 1,2

0,0 1,0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Portata in massa [kg/s]

Fig. 19.6-c - Caratteristiche di un compressore radiale.


408 CAPITOLO 19. COMPRESSORI DI GAS

6,5 2,0 Pr Temperatura aria in aspirazione = 288 K


ev
ale Pressione aria in aspirazione = 98.000 Pa
nz
a Velocit di rotazione = 58 giri/s

6,0 1,5 Punto di


Potenza assorbita [kW]
funzionamento
1,0

p [kPa]

Poten
5,5 1,0 0,8

za

Rendimento
0,6
nt o
d ime
5,0 0,5 Ren 0,4

0,2

4,5 0 0

0 1 2 3 4 5
Portata aria [kg/s]

Fig. 19.6-d - Caratteristiche di un ventilatore assiale.

riferita a quella di progetto. Sulla sinistra del diagramma indicata la linea limite di pompag-
gio; qualora si scenda al di sotto dei valori di portata corrispondenti a questa linea (per i nor-
mali compressori radiali circa i1 60%, mentre per quelli assiali senza pale orientabili varia dal
60 all85% della portata di progetto) il funzionamento del compressore diventa instabile.
Nellaccoppiare la macchina operatrice (sia questa una pompa, un compressore oppure un
ventilatore) al motore elettrico occorre fare attenzione allandamento della curva caratteristica
della potenza. Se infatti la scelta della potenza del motore elettrico fosse soltanto basata sulla
potenza di usuale funzionamento della macchina (quella cio di massimo rendimento), si cor-
rerebbe il rischio, a differenza della macchina radiale che presenta una caratteristica ascendente
(Figura 19.6-c), di bruciare il motore elettrico nel caso della macchina assiale (Figura 19.6-d),
che, allavviamento, assorbe una potenza tre volte maggiore di quella a regime.

19. 6 SOMMARIO
Il lavoro interno di un compressore, nel caso ideale di assenza di resistenze passive (lw = 0) dato
da li = h2 h1. Nel caso di un gas perfetto le variazioni di entalpia sono espresse semplicemente
dal prodotto della differenza di temperatura T2 T1 per la capacit termica cp e quindi il lavoro
diviene li = cp(T2 T1). Nel caso in cui sia nullo il calore q ceduto allesterno, abbiamo il
lavoro ideale di compressione isoentropica, lavoro che aumenta al crescere del rapporto di com-
pressione = p2/p1 e della temperatura iniziale T1.

ls = RT1 ( ( 1)/
1)
1
Nel caso in cui sia possibile raffreddare il gas durante tutta la compressione mantenendolo
costantemente alla temperatura iniziale T1, abbiamo la compressione isotermica, compres-
sione che permette di ottenere il lavoro ideale pi basso in assoluto lisoterma = RT1 ln .
ESERCIZI PROPOSTI 409

Nella pratica risulta difficile smaltire, in modo continuo, elevate quantit di calore durante il pro-
cesso di compressione. Si ricorre allora alla compressione del gas in pi stadi, intercalando un
refrigeratore fra stadio e stadio, che, nel caso di interrefrigerazione completa, riporta sistema-
ticamente la temperatura di uscita dallinterrefrigeratore T2 al valore T1 che il gas aveva ini-
zialmente (T2 = T1). In tal caso, esiste un rapporto ottimo ottimo di compressione, uguale per tutti
gli stadi, che consente di rendere minimo il lavoro di compressione complessivo.
Il prodotto della portata in massa di gas m [kg/s] mandata dal compressore per il lavoro
ideale ls [kJ/kg] d la potenza ideale [kW]. La potenza assorbita Pa si ottiene dividendo la
potenza ideale per il rendimento complessivo del compressore C , prodotto dei rendimenti
interno e organico.

Esercizi proposti
19.1 Un compressore aspira aria alla pressione asso- pleta e quindi laria, prima di entrare nel secondo stadio,
luta di 100 kPa e alla temperatura di 300 K per portarla viene riportata dallinterrefrigeratore alla temperatura ini-
fino alla pressione di 600 kPa. Determinare il rapporto di ziale. La compressione in ambedue gli stadi avviene
compressione e il lavoro massico ideale del compres- secondo una politropica con esponente n = 1,3. Deter-
sore nel caso di trasformazione isoentropica (ls), isoter- minare la pressione p2 ottima a cui occorre refrigerare la-
mica (lisoterma) e politropica con esponente n = 1,31 (lpolitrop). ria, il lavoro massico lstadio ideale richiesto da ogni stadio
e il lavoro complessivo lcompless richiesto dalla compres-
= 6;
ls = 201,7 kJ/kg; sione, la temperatura T2 alluscita di ciascuno stadio e il
lisoterma = 154,3 kJ/kg; calore qinterrefr sottratto nellinterrefrigeratore.
lpolitrop = 192,1 kJ/kg p2 = 370 kPa;
lstadio = 130,7 kJ/kg;
19.2 Calcolare la temperatura T2 di fine compres- lcompless = 261,4 kJ/kg
sione secondo una politropica di esponente n = 1,31 T2 = 403 K;
quando il rapporto di compressione pari a 6 e la tem- qinterrefr = 105 kJ/kg
peratura iniziale uguale a 300 K.
T2 = 458,7 K = 185,6 C 19.6 Un compressore a due stadi con interrefrigera-
tore viene alimentato con una portata daria di 0,06 kg/s
alla pressione assoluta di 100 kPa e alla temperatura di
19.3 Calcolare il rapporto ottimo di compressione
25 C. La pressione finale risulta di 1369 kPa. Viene attuata
ottimo del singolo stadio di un compressore alternativo in
linterrefrigerazione completa e quindi laria, prima di
tre stadi che lavora tra le pressioni di 0,1 MPa e 6,4 MPa.
entrare nel secondo stadio, viene riportata dallinterrefri-
ottimo = 4 geratore alla temperatura iniziale. Nellipotesi di com-
pressione isoentropica, calcolare il lavoro massico lstadio
19.4 Un piccolo compressore centrifugo, avente un ideale richiesto da ogni stadio, il lavoro complessivo
rendimento complessivo pari a 0,8, manda una portata lcompless , la temperatura T2 alluscita di ciascuno stadio e il
daria di 0,02 m3/s nel condotto di scarico di un motore calore qinterrefr sottratto nellinterrefrigeratore. Assunto
ad accensione comandata per ossidare gli inquinanti. La infine un rendimento del compressore di 0,88, calcolare
pressione iniziale pari a 100 kPa e la pressione finale la potenza assorbita Pa , dal compressore e la potenza ter-
pari a 140 kPa. Calcolare la potenza Pa assorbita dal com- mica Q che occorre sottrarre con linterrefrigeratore.
pressore. l stadio = 135,9 kJ/kg;
Pa = 0,88 kW
l compless = 2718 , kJ/kg;
T2 = 432 K;
19.5 Un compressore a due stadi con interrefrigera-
qinterrefr = 134,3 kJ/kg;
tore aspira aria alla pressione assoluta di 100 kPa e alla
Pa = 19 kW;
temperatura di 25 C per portarla fino alla pressione asso-
luta di 1369 kPa. Viene attuata linterrefrigerazione com- Q = 8 kW
Capitolo 20
IMPIANTO MOTORE
CON TURBINA A GAS

20. 1 IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS


In senso stretto il termine turbina a gas indica la macchina motrice termica a flusso continuo,
in cui, invece di un vapore come avviene nel caso della turbina a vapore, viene fatto espandere
un gas. In senso ampio il termine turbina a gas individua lintero impianto motore con tur-
bina a gas per la produzione di energia meccanica comprendente nei suoi elementi essenziali
(Figura 20.1), oltre alla turbina, anche il compressore e il combustore, dove viene riscaldato il
gas compresso prima della sua espansione nella turbina. Nel seguito, quando ci sar la possi-
bilit di confondere la macchina motrice termica con limpianto motore completo, utilizzeremo
il termine turboespansore per indicare la turbina in senso stretto, come macchina motrice inse-
rita in un impianto motore.

Camino

Camera di combustione
Bruciatore

Alternatore
Filtro
presa aria

Compressore Turbina

Trasformatore

Fig. 20.1 - Centrale elettrica a turbina a gas di Camerata Picena (Enel): schema dellimpianto.

Nellimpianto estremamente semplificato schematizzato nella Figura 20.1, laria ambiente, a


bassa pressione e bassa temperatura, entra nel compressore, da cui esce con pressione e tempe-
ratura pi alte; passa quindi nel combustore dove la combustione, che era stata innescata allav-
viamento dellimpianto dalle candele di accensione e viene successivamente mantenuta dalli-
niezione continua del combustibile, fa aumentare la temperatura del gas in un processo a
pressione costante; il gas ad alta temperatura e ad alta pressione entra infine nella turbina dove,
espandendosi, produce lavoro, che, una volta depurato della parte utilizzata per azionare il com-
pressore e gli ausiliari e per vincere le resistenze passive, costituisce il lavoro utile dellimpianto.
20.1 IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS 411

Fig. 20.2 - a) Impianti motore con turbina a gas: turbina a gas da 5 MW (Nuovo Pignone tipo MS1002).
b) Motore con turbina a gas da 550 kW per carri armati (Garrett tipo GT601).

Le turbine a gas (Figure 20.2, 20.3 e 20.4) coprono un campo di potenze estremamente esteso
(da 5 kW a 250 MW) con una massa dellimpianto che parallelamente passa da pochi chilo-
grammi alle centinaia di tonnellate.
Il compressore di una turbina a gas un turbocompressore a causa delle elevate portate di gas
richieste; ne sono stati costruiti esemplari per portate fino a 400 m3/s. Fino a potenze di
0,4 0,5 MW, si preferisce utilizzare un compressore centrifugo, a uno o pi stadi (2 3), che,
rispetto al compressore assiale, pi compatto, pi semplice anche come progettazione e
garantisce un funzionamento pi stabile, al variare delle condizioni operative. Al crescere della
potenza richiesta alla macchina, diventa preponderante un criterio di scelta che premia il ren-
dimento al posto della semplicit costruttiva e quindi dei costi; si passa allora al compressore
assiale contraddistinto da un numero elevato di stadi (10 13), in quanto il rapporto di com-
pressione realizzabile dal singolo stadio pi basso di quello del compressore centrifugo.
412 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

Fig. 20.2-c - Fotografia dellinsieme durante il montaggio in officina, fotografia dellalbero palettato e schema della turbina a gas
da 140 MW; velocit di rotazione: 50 giri/s; rendimento: 0,33; portata dei gas di scarico: 506 kg/s; temperatura dei gas di sca-
rico: 525 C (Brown-Boveri tipo GT 13E).

Il turboespansore di solito una turbina assiale. Uno dei limiti della turbina assiale la caduta
del valor ottimo del rendimento quando ci si allontana dalle condizioni di progetto. Negli
impianti di potenza modesta pu anche essere utilizzata una turbina radiale centripeta. La tur-
bina radiale centripeta simile a un compressore centrifugo, ma con il flusso diretto dalla peri-
20.1 IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS 413

Iniezione del combustibile

Combustore

Turbina in tre stadi

Compressore del secondo stadio

Compressore del primo stadio

Albero di potenza principale

Riduttore

b c

Fig. 20.3 - Turbina a gas per applicazioni industriali e marine (Garrett tipo IM831-800).
a) Spaccato della turbina.
b) Descrizione del circuito del fluido di lavoro.
c) Albero palettato.

feria verso il centro (centripeto) anzich dal centro verso la periferia (centrifugo) e con i con-
dotti del distributore al posto dei condotti del diffusore (propri del compressore). Il grande van-
taggio della turbina centripeta la possibilit di mantenere rendimenti elevati anche quando
ridotta a dimensioni estremamente modeste e in condizioni di funzionamento lontane da quelle
di progetto; da qui il suo impiego privilegiato nel campo della trazione stradale e ferroviaria.
inoltre pi robusta e meno costosa, sia come sviluppo che come produzione, della turbina assiale.
Poich il rendimento dellimpianto motore tanto pi alto quanto maggiore la temperatura del
gas allingresso del turboespansore, il raggiungimento di alte temperature costituisce un incen-
tivo notevole. Si impiegano allora leghe, a base di nickel e cobalto, per far s che le palette del
distributore e della girante possano resistere allalta temperatura. Esistono anche esempi di mate-
riali ceramici particolarmente resistenti alle alte temperature.
414 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

Alta velocit Palettatura fissa


Bassa pressione del diffusore

Aria Aria

Rotazione

Girante Bassa velocit Diffusore


Alta pressione

ASSIALE CENTRIFUGO

Fig. 20.3-d - Compressore: flusso dellaria e due diverse configurazioni assiale e centrifugo.

Il combustore deve portare i gas a una temperatura controllata e uniforme e allo stesso tempo
deve ridurre al minimo le perdite di pressione. Oltre al raggiungimento di un elevato rendimento
di combustione e alla corretta miscelazione dei gas, i maggiori problemi sono legati alla stabi-
lizzazione della fiamma, alleliminazione delle pulsazioni e del rumore e al controllo delle emis-
sioni gassose, rappresentate soprattutto dagli ossidi di azoto. I combustori sono usualmente rea-
lizzati in metallo raffreddato lungo le pareti da un sottile strato dellaria entrante, ma possono
venire utilizzati anche materiali ceramici. Liniezione del combustibile pu avvenire lungo
lasse del tubo di fiamma (combustore tubolare) oppure, nel caso in cui si desideri ridurre al
minimo lingombro, alla periferia (combustore anulare).
Non appena possibile, nellimpianto a turbina a gas viene recuperata lenergia dal calore dei gas
di scarico per aumentare il rendimento; questa la pratica della rigenerazione. Il recuperatore,
quando a pareti fisse, oppure il rigeneratore, quando viene realizzato con elementi rotanti, ,
nella sua forma pi semplice, uno scambiatore di calore che utilizza i gas di combustione sca-
ricati dalla turbina per aumentare il contenuto termico dellaria che esce dal compressore
prima della sua introduzione nel combustore. Questo scambiatore ha linconveniente di aumen-
tare la massa, il volume e il costo dellimpianto con turbina a gas. Le grandi dimensioni dei recu-
peratori (possono superare come ingombro quelle del gruppo compressore-combustore-turbina),
sono dovute alla necessit di ridurre al minimo la caduta di pressione lato gas, in quanto ogni
riduzione di pressione deve essere compensata da un aumento del rapporto di compressione del
compressore, se non si vuole poi dover sfruttare una minore espansione in turbina. Le loro
dimensioni notevoli li rendono inadatti per la propulsione aeronautica. Lalta temperatura del gas
20.1 IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS 415

Aria mandata dal compressore

TUBOLARE ANULARE

Fig. 20.3-e - Camera di combustione: miscelazione di aria con il combustibile e due diverse configurazioni tubolare e anulare.

Statore

Rotazione

Girante

Turbina assiale

ASSIALE CENTRIPETO

Fig. 20.3-f - Turbina: flusso dei gas e due diverse configurazioni assiale e radiale centripeto.
416 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

250 C 250 C
500 C
550 C
550 C 300 C
40 C 40 C Scarico
900 C 900 C

Recuperatore

Ingresso del Turbina Ingresso del Turbina


compressore compressore

Fig. 20.3-g - Impianto senza e con rigenerazione.

Recuperatore Rigeneratore
Uscita
turbina Mandata
compressore
Mandata Azionamento
compressore dellelemento rotante
Al combustore

Al combustore
Scarico

Scarico
Uscita turbina

Fig. 20.3-h - I due diversi sistemi per attuare la rigenerazione: recuperatore (fisso) e rigeneratore (rotante).

( 600 C) impone luso di acciai


legati o di ceramici. I rigeneratori (gli
scambiatori cio che hanno elementi
rotanti) permettono di ridurre lin-
gombro e quindi offrono elevate pre-
v0 w stazioni e masse pi basse; ma questa
F
soluzione soggetta a fughe di gas
attraverso la parte rotante con ridu-
zione della portata in turbina.
Gli interrefrigeratori degli stadi del
Fig. 20.4-a - Schema di turboreattori a doppio flusso. Delle due turbine, una di compressore sono anchessi soggetti a
bassa pressione e laltra di alta pressione, una comanda il compressore che, con limitazioni sulla massima caduta di
rapporti di compressione che possono arrivare fino al valore di 25, manda la- pressione tollerabile e per di pi
ria compressa in camera di combustione, mentre laltra comanda una ventola che richiedono lalimentazione del fluido
invia un secondo flusso daria allo scarico dove si unisce al primo flusso di gas di raffreddamento. La turbina a gas
combusti provenienti dalla turbina.
richiede poi dei filtri allaspirazione
per proteggere le turbine a gas indu-
striali o marine da polveri, fumi e sali che possono provocare erosioni o corrosioni oppure infine
formare depositi su compressore e turbina, riducendone il rendimento. infine richiesto un
dispositivo di avviamento, costituito da un motore elettrico oppure da un motore Diesel, che
assorbe dal 5 al 10% della potenza nominale.
20.2 CICLO BRAYTON 417

Collegamento
di bassa pressione
Sezione
di comando
della ventola di alta
pressione

Turbina di bassa
pressione in tre stadi

Turbina di alta pressione


a stadio singolo
Ventola
Riduttore per
a stadio singolo Combustore anulare
lazionamento Compressore di bassa a flusso rovesciato
della ventola pressione in quattro stadi
Prese di moto Compressore di alta
per ausiliari pressione a stadio singolo

Fig. 20.4-b - Turboreattore a doppio flusso (Garrett tipo TFE731). Pi di un terzo delle turbine a gas esistenti
vengono utilizzate nella propulsione a getto degli aeroplani; in questo caso il lavoro prodotto dal sistema com-
pressore-combustore-turbina sotto forma di una corrente di gas di scarico ad alta energia.

20. 2 CICLO BRAYTON


Possiamo distinguere gli impianti motore in turbina a gas a ciclo semplice aperto e in turbina a
gas a ciclo semplice chiuso. Nella turbina a gas a ciclo semplice aperto (Figura 20.5-a) il com-
pressore viene alimentato prelevando aria dallambiente esterno, mentre lo scarico dei gas
avviene direttamente nellatmosfera; in questo caso la turbina a gas una macchina a combustione
interna in cui il fluido di lavoro pu essere soltanto aria, che aspirata allinizio dallambiente,
diviene poi gas combusto dopo aver reagito con il combustibile allinterno del combustore.

qS
a qS Combustore b Scambiatore
3 3
Compressore 2 Turbina Compressore 2 Turbina

Scambiatore
1 4 1 4

Prodotti di
combustione qI

Fig. 20.5 - Turbina a gas funzionante secondo il ciclo Brayton:


a) a ciclo aperto; b) a ciclo chiuso.
418 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

Nella turbina a gas a ciclo semplice chiuso (Figura 20.5-b) il circuito del fluido di lavoro sepa-
rato dallatmosfera: uno scambiatore di calore, al posto del combustore, trasferisce il calore dalla
sorgente alla temperatura superiore al fluido di lavoro mentre un altro scambiatore, al posto dello
scarico diretto dei gas combusti nellatmosfera, provvede a trasferire il calore del fluido di lavoro
alla sorgente a temperatura inferiore. La turbina a gas a ciclo chiuso pu perci operare con fluidi
di lavoro qualsiasi diversi dallaria, ad esempio elio, e con pressioni minime al di sotto di quella
atmosferica.
Il ciclo della turbina a gas semplice prende il nome di ciclo di Brayton. Le trasformazioni del ciclo
ideale sono considerate stazionarie e reversibili; si fa inoltre lipotesi che le variazioni di ener-
gia cinetica e potenziale siano trascurabili. Il ciclo Brayton ideale composto da (Figura 20.6):
1 2s compressione adiabatica reversibile (e quindi isoentropica) nel compressore;
2s 3 somministrazione di calore a pressione costante;
3 4s espansione adiabatica reversibile (e quindi isoentropica) nella turbina;
4s 1 sottrazione di calore a pressione costante.

p T h

2s 3 3

2s 4s

1
1 4s
v s

Fig. 20.6 - Ciclo ideale della turbina a gas nei piani pv e Ts 20.1, al posto delle sezioni 2 e 4 di Figura 20.5, si
sono indicati i punti 2s e 4s per sottolineare i punti di arrivo di trasformazioni isoentropiche.

Il rendimento del ciclo Brayton si ricava dalla espressione generale del rendimento 16-15,
come rapporto tra il lavoro l eseguito nel ciclo e la quantit di calore qS fornita al fluido dalla
sorgente superiore tra le temperature T2 e T3:
l
= 20-1
qS
Il lavoro l il risultato della differenza tra il lavoro di espansione lt nella turbina e il lavoro di
compressione lc nel compressore: l = lt lc. Nel caso del ciclo ideale della Figura 20.6, i lavori
di espansione e compressione sono ideali e quindi isoentropici; inoltre il gas che evolve nel ciclo
si considera un gas perfetto:
il lavoro isoentropico lts della turbina si esprime con le formule dellespansione isoentropica
in un sistema aperto, e cio come differenza di entalpia (A-69) o di temperatura (A-70)
lts = h3 h4s = cp (T3 T4s) oppure con la A-72;
il lavoro isoentropico lcs del compressore si esprime ancora (19-2) come differenza di ental-
pia o di temperatura lcs = h2s h1 = cp (T2s T1) oppure con la 19-4.

20.1 - I diagrammi entropici Ts pre- tandosi di gas perfetti, lentalpia h fun- costante c p. Sullasse delle ordinate
sentati in questo Capitolo sono anche zione della sola temperatura T attraverso compare perci anche lentalpia h
diagrammi di Mollier hs, poich, trat- la capacit termica massica a pressione accanto alla temperatura T.
20.2 CICLO BRAYTON 419

La quantit di calore qS viene somministrata al gas perfetto in una trasformazione a pressione


costante; essa perci uguale alla variazione di entalpia oppure si pu esprimere in funzione
della variazione di temperatura: qS = h3 h2s = cp (T3 T2s ).
Se il rapporto tra le pressioni del ciclo dato da:

p2 s p
= = 3 20-2
p1 p4 s

si pu dimostrare20.2 che il rendimento del ciclo Brayton nel caso ideale funzione del solo
rapporto di pressione :
1
=1 ( 1)/
20-3

Il ciclo reale dellimpianto con turbina a gas (Figura 20.7)


T h
differisce dal ciclo ideale principalmente a causa delle irre-
versibilit, presenti nel compressore e nella turbina, e a causa
3
della caduta di pressione del gas nei condotti e nel combu-
store (oppure nello scambiatore di calore di una turbina a
4 ciclo chiuso). Mediante i rendimenti interni del compressore
2 (16-21) e della turbina (16-20) si ricavano, dai lavori isoen-
2s
4s tropici, i lavori interni di compressore lc e turbina lt e quindi
si determina il rendimento con la 20-1.
1 Il rendimento del ciclo Brayton ideale aumenta al crescere
del rapporto di pressione; ad esempio, con un rapporto di
pressione = 6, il rendimento del ciclo ideale raggiunge
s 0,40, mentre quello del ciclo reale, sia pure con rendimenti
Fig. 20.7 - Ciclo reale della turbina a gas nel piano interni molto buoni del compressore (0,85) e della turbina
entropico Ts. La distanza tra le linee blu visualizza (0,90), arriva a 0,29; allaumentare del rapporto di pressione
la caduta di pressione. tuttavia il rendimento interno del compressore scende e
quindi il valore di pi utilizzato compreso tra 4 e 6. Il ren-
dimento del ciclo reale pu venire aumentato in modo signi-
ficativo con la rigenerazione, processo con cui mediante uno scambiatore si trasferisce parte del
calore dei gas combusti ad alta temperatura uscenti dalla turbina allaria che esce dal com-
pressore riducendo in modo sensibile la quantit di combustibile che deve essere iniettata nel
combustore per raggiungere una determinata temperatura. Negli impianti di potenza molto ele-
vata, destinati alla generazione di elettricit, viene spesso impiegata la pratica dellinterrefri-
gerazione e del riscaldamento ripetuto. La Figura 20.8 mostra un sistema con uno stadio di inter-
refrigerazione e un riscaldamento ripetuto. Linterrefrigerazione permette di ridurre il lavoro
richiesto dal compressore (Paragrafo 19.3); il minimo lavoro di compressione viene raggiunto
quando il numero di stadi di refrigerazione talmente elevato da far s che la compressione sia
isotermica. Analogamente, il riscaldamento ripetuto tra gli stadi della turbina fa aumentare il
lavoro massico per un dato rapporto di pressione e per una data temperatura di ammissione in tur-
bina. Il lavoro massico prodotto nel ciclo viene perci aumentato dallinterrefrigerazione e/o dal
riscaldamento ripetuto. Tuttavia il rendimento del ciclo Brayton con interrefrigerazione e riscal-
damento ripetuto pi basso di quello del ciclo Brayton semplice in quanto pi energia viene
scambiata sotto forma di calore.

20.2 - Le dimostrazioni non riportate si trovano nel capitolo 33 di Macchine termiche dello stesso Autore.
420 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

a Rigeneratore b
10 9
T
5
Combustore Ricombustore 6 8

4 5
6 7 8
Compressore 7 9
4 2
10

Compressore 3 1
Turbina Turbina
1 2 3 s

Refrigeratore

Fig. 20.8 - Turbina a gas a ciclo aperto con interrefrigerazione, riscaldamento ripetuto e rigenerazione:
a) schema dellimpianto; b) rappresentazione del ciclo ideale nel piano Ts.

Interrefrigerazione e riscaldamento ripetuto contribuiscono ad aumentare il potenziale di ener-


gia utilizzabile per la rigenerazione, facendo aumentare la temperatura del gas combusto sca-
ricato dalla turbina e allo stesso tempo riducendo la temperatura dellaria che esce dal com-
pressore. Di norma interrefrigerazione e riscaldamento ripetuto sono perci impiegati con la
rigenerazione secondo lo schema illustrato dalla Figura 20.8.

Esempio 20.1 Ciclo Brayton ideale


Nel ciclo Brayton ideale della Figura 20.6, laria entra nel compressore alla pressione atmosferica
p1 0,1 MPa e alla temperatura T1 = 300 K. Il rapporto tra le pressioni del ciclo = p2s /p1 = 6, mentre
la temperatura massima T3 = 1200 K. Determinare:
a) pressione p e temperatura T nei vari punti del ciclo;
b) lavori del compressore lcs e della turbina lts ;
c) rendimento del ciclo .

SOLUZIONE
a) Riportiamo di seguito le pressioni e le temperature nei vari punti del ciclo:

1) p1 = 0,1 MPa T1 = 300 K

2s) Per la 20-2 si ha:


p2 s
p2 s = p1 = 6 0,1 MPa = 0,6 MPa
=
p1
Dal punto 1 al punto 2s si passa con una trasformazione isoentropica definita da s1 = s2s ( lapplica-
zione del secondo principio della termodinamica): si applica la A-39.
T2 s
= ( 1) /
T2 s = T1 ( 1) /
T1

T2s = 300 K 6(1,4 1)/1,4 = 300 K 60,286 = 500,8 K


20.3 POTENZA E RENDIMENTI 421

3) p3 = p2 s = 0,6 MPa T3 = 1200 K

4s) p4 s = p1 = 0,1 MPa

Applicando ancora la A-39 alla espansione isoentropica 3 4s, si ha:


T3 T3
= ( 1) /
T4 s =
T4 s ( 1) /
1200 K
T4 s = = 718,8 K
60, 286
b) Il lavoro richiesto dal compressore si ottiene dalla 19-2 dove usiamo una capacit termica massica a
pressione costante dellaria cp = 1,0035 kJ/(kgK) (Tabella A.5).
lcs = cp (T2s T1 ) = 1,0035 kJ/(kgK) (500,8 K 300 K) = 201,5 kJ/kg
Il lavoro prodotto dalla turbina (A-70):
lts = cp (T3 T4s ) = 1,0035 kJ/(kgK) (1200 K 718,8 K) = 482,9 kJ/kg

c) Il rendimento pu essere ricavato con la 20-3:


1 1
= 1 = 1 = 0,40
( 1) /
60,286
oppure con la 20-1:
l lt lc 482,9 kJ/kg 201,5 kJ/kg 281,4 kJ/kg
= = = = = 0,40
qS c p (T3 T2 s ) 1,0035 kJ/(kgK) (1200 K 500,8 K ) 701,6 kJ/kg

20. 3 POTENZA E RENDIMENTI


Moltiplicando la differenza tra i lavori interni di turbina lt e compressore lc per il rendimento
organico o dellimpianto si ottiene il lavoro utile lu [kJ/kg] disponibile allalbero della macchina:
lu = o (lt lc). Il rendimento globale g dellimpianto, tanto pi alto quanto pi elevata la tem-
peratura di ammissione in turbina, dato dal rapporto tra la potenza utile Pu [kW] disponibile
allasse della macchina, prodotto della portata di aria m [kg/s] per il lavoro utile lu [kJ/kg], e la
potenza termica messa a disposizione dalla combustione del combustibile Q b = m b H i [kW] con
mb [kg/s] portata in massa di combustibile e Hi [kJ/kg] potere calorifico inferiore del combu-
stibile18.3:
Pu
g = 20-4
m b H i

Il consumo specifico di combustibile qb il rapporto tra la portata di combustibile mb e la


potenza utile Pu ; tenendo conto della 20-4, si ha:

m b 1
qb = = 20-5
Pu g H i
La dosatura , rapporto tra la portata di aria m e quella di combustibile mb , data da20.2:

m H
= = b i 1 20-6

mb qb

dove b il rendimento del combustore gi definito per il generatore degli impianti a vapore (18-5).
422 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

Esempio 20.2 Rendimenti di un impianto con turbina a gas


Di una turbina a gas occorre determinare:
a) potenza utile Pu con assegnata
portata in massa di aria trattata m = 56 kg/s
lavoro utile lu = 178,7 kJ/kg;
b) dosatura e consumo specifico di combustibile qb con assegnati
potere calorifico dellolio combustibile Hi = 41 MJ/kg
rendimento del combustore b = 0,86;
c) rendimento globale g;
d) portata di aria che entra nel compressore V1 con assegnate
pressione di aspirazione p1 = 100 kPa
temperatura di aspirazione T1 = 300 K
costante dellaria R = 0,287 kJ/(kgK).

SOLUZIONE
a) La potenza utile data da:
u = 56 kg/s 178,7 kJ/kg = 10 MW
Pu = ml

b) La dosatura del combustibile (20-6)


b H i 0,86 41.000 kJ/kg kg aria
= 1 = 1 = 51,9
qs 666,6 kJ/kg kg combustibile

Il consumo specifico del combustibile qb per la 20-5


m b
qb =
Pu
dove la portata di combustibile mb si determina come rapporto tra la portata di aria m e la dosatura :
m m 56 kg/s di aria
= m b = = = 1,08 kg/s
m b kg di aria
51,9
kg di combustibile
1,08 kg/s
qb = = 0,108 kg/MJ
10 MW
c) Il rendimento globale pu essere ricavato con:
Pu 10 MW
g = = = 0,226
m b H i 1,08 kg/s 41 MJ/kg
oppure come reciproco del consumo di combustibile (20-4)
1 1 1
qb = g = = = 0,226
g H i qb H i 0,108 kg/MJ 41 MJ/kg

d) La conoscenza della portata di aria V1 che entra nel compressore un dato essenziale per il dimen-
sionamento. Si calcola dividendo ambo i membri dellequazione di stato dei gas 16-10 per il tempo
in modo da far figurare delle portate in volume V1 e in massa m dellaria trattata dal compressore.
V1
p1 = RT1 p1V1 = mRT1 p1V1 = mRT 1
m
1
mRT 56 kg/s 0,287 kJ/(kgK) 300 K
V1 = = = 48,2 m 3 /s
p1 100 kPa
20.5 SOMMARIO 423

20. 4 CICLI COMBINATI


Lenergia posseduta dai gas ad alta temperatura che sono scaricati dalla turbina viene utilizzata
per generare vapore, recuperando cos energia altrimenti dispersa nellatmosfera da parte della
turbina a gas. La Figura 20.9 mostra un impianto a ciclo combinato nelle sue linee essenziali:
il generatore di vapore a recupero utilizza, come fonte termica, i gas combusti della turbina a
gas. Molto spesso questi gas, che hanno un elevato contenuto di ossigeno a causa dellalto
eccesso di aria con cui funziona la turbina a gas, vengono in parte utilizzati come comburente
caldo per bruciare in caldaia dellaltro combustibile. Con i cicli combinati si possono raggiun-
gere rendimenti molto elevati (0,49).

Combustore

Compressore 2 3 Turbina a gas

Generatore
elettrico
A
4 Turbina a vapore
1

Generatore
elettrico

Condensatore
5
D
C

Fig. 20.9 - Schema di impianto a ciclo combinato composto da turbina a gas, generatore di
vapore e turbina a vapore.

20. 5 SOMMARIO
Il rendimento del ciclo Brayton ideale, riferito ad un gas avente il rapporto tra le capacit ter-
miche , aumenta con il crescere del rapporto tra le pressioni estreme del ciclo:
1
=1 ( 1)/

Il rendimento globale g non pi funzione del solo rapporto di pressione , come nel caso
ideale, ma anche di altri fattori, tra cui, in primo luogo, la temperatura di ammissione in turbina
T3, che influenza in modo determinante il lavoro di espansione lt s e quindi anche il lavoro utile.
per questo motivo che una particolare cura viene rivolta al progetto di turbine a gas in mate-
riali resistenti allalta temperatura oppure a soluzioni che consentano di raffreddare le parti pi
esposte in modo da poter aumentare il pi possibile la temperatura T3.
Il consumo specifico del combustibile qb [g/MJ] pu essere ottenuto come rapporto tra portata
di combustibile mb [g/s] e potenza utile Pu [MW] ( qb = m b /Pu ) oppure come reciproco del pro-
dotto del rendimento globale g per il potere calorifico inferiore Hi [MJ/g] (qb = 1/(gHi )).
La dosatura il rapporto tra la portata di aria m [kg/s] e quella di combustibile mb [kg/s]
( = m /m b ) ed data da:
H
= b i 1
qS
424 CAPITOLO 20. IMPIANTO MOTORE CON TURBINA A GAS

con b rendimento del combustore, Hi [kJ/kg] potere calorifico inferiore del combustibile e
qS [kJ/kg] calore somministrato tra i punti 2 e 3 del ciclo.
Un mezzo per aumentare in modo sensibile il rendimento del ciclo Brayton rappresentato dalla
rigenerazione che, attraverso uno scambiatore, permette di recuperare il calore dei gas combusti
scaricati alla temperatura T4, riversandolo nellaria che esce alla temperatura T2 dal compressore;
si realizza cos un aumento della temperatura dellaria, aumento che consente di ridurre la quan-
tit di combustibile iniettato nel combustore per raggiungere la stessa temperatura T3.
Il ciclo combinato, che permette di arrivare fino a un rendimento pari a 0,49, e costituito dalla
combinazione di due cicli: il ciclo dellimpianto con turbina a gas (ciclo Brayton) e il ciclo del-
limpianto a vapore (ciclo Rankine). Nel ciclo combinato lenergia posseduta dai gas ad alta tem-
peratura, che sono scaricati dalla turbina, viene utilizzata per generare vapore, recuperando cos
energia altrimenti dispersa nellatmosfera da parte della turbina a gas: il generatore di vapore
a recupero utilizza come fonte termica i gas combusti della turbina a gas. Questi gas, che hanno
un elevato contenuto di ossigeno a causa dellalto eccesso di aria con cui funziona la turbina a
gas, possono venire in parte utilizzati come comburente caldo per bruciare in caldaia dellaltro
combustibile.

Esercizi proposti
20.1 In un ciclo Brayton ideale laria entra nel com- Calcolare /( 1), pressione p e temperatura T nei vari
pressore alla pressione di 0,1 MPa e alla temperatura di punti del ciclo (seguire la numerazione di Figura 20.6 ),
288 K. La pressione alluscita del compressore pari a lavori del compressore lc s e della turbina lt s , lavoro nel
0,5 MPa e la temperatura massima del ciclo pari a ciclo l, rendimento del ciclo .
1170 K. Calcolare rapporto di pressione , pressione p e
/( 1) = 0,40; T4s = 615 K;
temperatura T nei vari punti del ciclo (seguire la nume-
p1 = p4s = 0,1 MPa; lc s = 1350 kJ/kg;
razione di Figura 20.6), lavori del compressore lc s e della
p3 = p2s = 0,5 MPa; lt s = 2882 kJ/kg;
turbina lt s , lavoro nel ciclo l, rendimento del ciclo .
T1 = 288 K; l = 1532 kJ/kg;
= 5; T4s = 738 K; T2s = 548 K; = 0,47
p1 = p4s = 0,1 MPa; lc s = 168,6 kJ/kg; T3 = 1170 K;
p3 = p2s = 0,5 MPa; lt s = 433,5 kJ/kg;
T1 = 288 K; l = 264,9 kJ/kg;
20.4 Di un combustore si conoscono rendimento
T2s = 456 K; = 0,37
(0,96), potere calorifico inferiore del combustibile
T3 = 1170 K;
(43,5 MJ/kg) e calore fornito (470 kJ/kg). Calcolare la
dosatura .
= 88 kg aria / kg combustibile
20.2 Calcolare il rendimento di un ciclo Brayton
chiuso (Figura 20.5-b) avente un rapporto di pressione
pari a 4 nel caso in cui venga utilizzato come fluido di 20.5 Calcolare il rendimento globale g di un im-
lavoro aria ( = 1,4J oppure elio ( = 1,667) oppure infine pianto con turbina a gas sapendo che la potenza utile di
propano ( = 1,126). 12 MW viene ottenuta con una portata di 0,9 kg/s di com-
bustibile avente un potere calorifico inferiore di 42 MJ/kg.
aria = 0,33;
elio = 0,42; g = 0,32
propano = 0,14

20.6 ll lavoro utile sviluppato da un impianto di tur-


20.3 In un ciclo Brayton ideale chiuso (Figura 20.5-b) bina a gas pari a 125 kJ/kg. Calcolare la portata di aria
viene utilizzato come fluido di lavoro elio avente m necessaria per sviluppare la potenza utile di 30 MW.
cp = 5,1926 kJ/(kgK) e = 1,667 (Tabella A.5 ). Lelio Calcolare poi la portata di combustibile mb sapendo che
entra nel compressore alla pressione di 0,1 MPa e alla la dosatura vale 89 kg di aria / kg di combustibile.
temperatura di 288 K. Il rapporto di pressione pari a 5. = 240 kg/s; m
b = 2,7 kg/s
m
La temperatura massima del ciclo pari a 1170 K.
Capitolo 21
MOTORI ALTERNATIVI
A COMBUSTIONE
INTERNA

21. 1 MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

21. 1. 1 Descrizione
I motori alternativi a combustione interna sono macchine termiche che forniscono lavoro
allalbero attraverso la combustione discontinua del combustibile in una camera di lavoro il cui
volume viene fatto variare per mezzo del moto di uno stantuffo (o pistone) (Figura 21.1). Il
pistone scorre allinterno di un cilindro chiuso superiormente da una testata; lenergia liberata
dalla combustione del fluido motore, consistente in aria a cui viene aggiunto il combustibile,
viene ceduta al pistone, il cui moto alterno viene poi convertito, attraverso un meccanismo biella-
manovella, nel moto rotatorio dellalbero motore, che lorgano da cui viene prelevato il
lavoro prodotto. La combustione avviene allinterno del fluido motore e quindi il fluido, una
volta combusto, deve venire rinnovato attraverso un apparato di distribuzione capace di ricam-
biare periodicamente il fluido motore.

1) Termostato acqua
2) Punteria
3) Valvola di scarico
4) Valvola daspirazione
5) Iniettore
6) Testa cilindri
7) Pistone con camera di combustione
toroidale
8) Basamento motore
9) Biella
10) Volano motore
11) Valvola regolazione pressione olio
12) Pompa olio
13) Coppa olio
14) Albero motore, contrappesato
15) Ingranaggio conduttore, sullalbero
motore
16) Ingranaggio di invio comando pompa
a iniezione
17) Ingranaggio comando albero
distribuzione
18) Pompa acqua
19) Ventilatore

Fig. 21.1-a - Sezione longitudinale di un motore ad accensione per compressione a quattro cilindri.
426 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

1) Scarico eccesso combustibile iniettori


e alimentazione termoavviatore
2) Tubazione combustibile dalla pompa
iniezione alliniettore
3) Bilanciere
4) Albero porta bilancieri
5) Collettore di scarico
6) Filtro olio
7) Asta livello olio
8) Albero distribuzione
9) Tubazione sfiato vapore olio
10) Pompa olio
11) Corona dentata per innesto motore
davviamento
12) Albero motore
13) Motore davviamento
14) Pompa alimentazione combustibile
15) Pompa iniezione combustibile
16) Filtro combustibile
17) Collettore daspirazione
18) Diffusore con farfalla daccelerazione
19) Serbatoio del termoavviatore

Fig. 21.1-b - Sezione trasversale di un motore ad accensione per compressione a quattro cilindri.

A differenza delle macchine a combustione esterna e delle macchine a combustione interna a


flusso continuo, come limpianto di turbina a gas, la combustione, nei motori alternativi a com-
bustione interna (abbreviazione: motori a c.i.), avviene allinterno della stessa macchina che for-
nisce lavoro: il cilindro in cui scorre il pistone. Questo fatto porta da una parte a semplificazioni
dovute allassenza di scambiatori di calore con il vantaggio di minori fonti di perdite; dallal-
tra parte esistono delle limitazioni nella scelta dei combustibili che non possono essere solidi
e devono avere requisiti tali da realizzare la combustione nei modi e nei tempi voluti, cos come
esistono delle complicazioni legate alla necessit di rinnovo del fluido motore. La combustione
tuttavia nei motori alternativi pu avvenire a temperature molto alte proprio perch di breve
durata e perch il materiale delle pareti del cilindro stato precedentemente raffreddato dal
nuovo fluido entrato; questo fa s che quelle che potrebbero sembrare esigenze estremamente
severe rappresentino al contrario le condizioni indispensabili perch questo tipo di motore
possa raggiungere rendimenti molto alti, i pi elevati nel campo delle macchine termiche.
Fatto tanto pi rilevante se si pensa che
questi rendimenti possono essere rag-
giunti anche con macchine aventi po-
tenze modeste.
Gli organi che convertono il moto rettili-
neo alterno del pistone nel moto rotatorio
Spinotto
dellalbero motore sono solitamente una
Asta
biella e una manovella, ma talvolta, so-
Pattino prattutto nel caso di motori di grandi
Testa a croce
Biella dimensioni, fra il pistone e la biella viene
Biella
interposta unasta e una testa a croce
Manovella
(Figura 21.2). Per i motori che presen-
Manovella tano un solo albero motore le disposi-
zioni pi adottate sono (Figura 21.3):

Fig. 21.2 - Schema di motore a c.i. con manovellismo. a) in linea: tutti i cilindri giacciono su
uno stesso piano;
21.1. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA 427

b) a V semplice o multipla: i cilindri giacciono su 2 o


a b pi piani che si intersecano formando un determi-
nato angolo.
La struttura del motore alternativo fondamental-
mente costituita da:
cilindro: formato da una canna, alettata allesterno
Fig. 21.3 - Disposizione dei cilindri: (quando raffreddata ad aria) oppure non alettata e
a) in linea; b) a V semplice o multipla. circondata da un involucro che lascia il posto a
unintercapedine per il liquido refrigerante;
testata: chiude in alto il cilindro;
incastellatura: collega il cilindro con il basamento;
basamento: su cui si scaricano le forze di inerzia del manovellismo e le forze generate dalla
pressione dei gas;
pistone: delimita la parete della camera variabile che riceve il lavoro dal fluido per trasmet-
terlo allalbero a gomiti;
manovellismo: trasmette il lavoro allalbero a gomiti ed costituito da spinotto, biella e manovella;
coppa dellolio: chiude inferiormente il carter e raccoglie lolio di lubrificazione della canna
del cilindro.
Affinch il motore funzioni correttamente necessaria tutta una serie di apparati e dei rispet-
tivi organi che provvedano a soddisfare le diverse esigenze del motore stesso:
distribuzione: ha il compito di rinnovare allistante voluto il fluido motore;
alimentazione: provvede a fornire combustibile al motore nel momento, nella quantit e nel
modo richiesti;
accensione: apparato utilizzato in quei motori dove la combustione del fluido va innescata arti-
ficialmente;
lubrificazione: si incarica di portare il lubrificante nei punti e nella quantit stabilita, a filtrarlo
dalle impurit ed eventualmente a refrigerarlo;
refrigerazione: ha il compito di provvedere al raffreddamento delle parti fisse e mobili della
camera a volume variabile;
avviamento: deve trascinare il motore a una velocit di rotazione sufficiente affinch esso
possa sostenersi autonomamente e in modo regolare.
I motori alternativi a combustione interna possono essere suddivisi in due grandi categorie a
seconda di come viene risolto il problema del ricambio del fluido motore. La prima rappre-
sentata dai motori a quattro tempi, la seconda dai motori a due tempi. Il ciclo utile di un
motore a quattro tempi richiede due giri dellalbero motore, mentre per il ciclo utile del motore
a due tempi occorre un solo giro dellalbero motore; un tempo equivale ad una corsa del
pistone tra i due punti morti21.1.
Unaltra suddivisione dei motori basata su come viene innescata la combustione allorch il
pistone prossimo alla testa del cilindro. Si parla di motori ad accensione comandata quando
laccensione della carica aria-combustibile avviene grazie ad una scintilla che, allistante
voluto, viene fatta scoccare fra due elettrodi. Si parla, invece, di motori ad accensione per com-
pressione se la temperatura e le pressioni raggiunte in camera di combustione sono tali da inne-
scare la reazione di ossidazione del combustibile.
Solitamente i motori ad accensione comandata aspirano allinterno del cilindro aria e combustibile
gi miscelati fra loro, mentre nei motori ad accensione per compressione il combustibile viene
iniettato nel cilindro pochi istanti prima che avvenga la combustione. Unaltra differenza sostan-
ziale sta nella soluzione adottata per la regolazione del motore. Infatti, mentre nei motori ad
accensione per compressione il lavoro fornito viene fatto variare agendo sulla quantit di com-
bustibile iniettato, nei motori ad accensione comandata, dove il rapporto fra aria e combustibile
deve rimanere costante per consentire la propagazione della fiamma allinterno della miscela, esi-
ste, nel condotto di aspirazione, una valvola (valvola a farfalla) a chiusura graduale che parzia-
lizza la miscela dando luogo a un minor riempimento dei cilindri e quindi a un minor lavoro.
428 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

21. 1. 2 Grandezze caratteristiche di un motore alternativo a c.i.


Di seguito sono riportati gli elementi caratteristici del motore alternativo (Figura 21.4):
Punto Morto Superiore (PMS): punto in cui il pistone si trova pi vicino alla testa del cilin-
dro e Punto Morto Inferiore (PMI): punto in cui il pistone si trova pi lontano dalla testata
che chiude superiormente il cilindro21.1.
Alesaggio (D): diametro interno del cilindro in cui scorre il pistone.
Corsa (C ): distanza percorsa dal pistone fra le posizioni di PMS e di PMI. Questa distanza
uguale al doppio del raggio r della manovella (Figura 21.4):

C = 2r 21-1

Cilindrata unitaria oppure, semplicemente, cilin-


D
drata (V): volume generato dal pistone durante la
corsa. Data la particolare forma della camera, den-
PMS Vm
tro la quale scorre il pistone la cilindrata unitaria
espressa da:
C

D2
V V= C 21-2
PMI 4

PMS
Cilindrata totale (iV ): utilizzata per motori aventi
C = 2r

un numero i di cilindri, data dalla cilindrata uni-


taria moltiplicata per il numero di cilindri del
PMI motore. Nel caso di motore monocilindrico (motore
r

avente un solo cilindro) la cilindrata unitaria coin-


Fig. 21.4 - Schema di motore alternativo a combustione cide naturalmente con quella totale.
interna con indicate le varie grandezze caratteristiche. Volume di spazio morto (Vm): volume compreso fra
la testa e il pistone quando questo si trova al PMS.
Rapporto volumetrico di compressione (): rapporto fra il volume della camera quando il
pistone si trova al PMI (V + Vm) e il volume della camera quando il pistone si trova al PMS
(Vm).
V + Vm V
= = 1+ 21-3
Vm Vm

Velocit di rotazione dellalbero motore: si tratta di una velocit angolare e pu essere misu-
rata in giri al secondo (n) oppure in radianti al secondo (). Il passaggio da una misura allal-
tra viene effettuato tramite la formula 8-11: = 2 n.
Velocit media del pistone (vm): media delle velocit del pistone durante un giro completo del-
lalbero motore. Tale media pu essere espressa in funzione di n, sapendo che a ogni giro
dellalbero motore il pistone percorre un spazio che corrisponde a due volte la corsa, oppure
in funzione di = 2 n:
C
vm = 2 cn = 21-4

21.1 - Si parla di punti morti perch la velocit del pistone si annulla in corrispondenza del PMS e del PMI.
21.1. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA 429

Esempio 21.1 Corsa e velocit media del pistone


Un motore per automobile a quattro cilindri, avente cilindrata totale iV = 0,999 dm3, ruota alla velocit
n = 50 giri/s (3000 giri/min). Calcolare la corsa C e la velocit media vm del pistone, sapendo che il rap-
porto corsa/alesaggio C/D di 0,93.

SOLUZIONE
I dati fondamentali da cui partire per eseguire i calcoli sono: i = 4, iV = 0,999 dm3, n = 50 giri/s,
C/D = 0,93. Prima di tutto occorre conoscere la cilindrata unitaria V data da:
iV 0,999 dm3
V= = = 0,24975 dm3 = 0,24975 10 3 m3
i 4
Conoscendo il rapporto corsa/alesaggio C/D, possiamo, nella formula 21-2, sostituire lalesaggio espri-
mendolo in funzione della corsa: D = C/0,93. A questo punto lunica grandezza incognita che compare
nella formula la corsa C; dobbiamo allora esplicitare la 21-2 in funzione di C, ottenendo:
(C/0,93)2 4V (0,93)2
V= C C3 =
4
C3 =
4 0,24975 10 3 m3 0 932
= 2,75 10 4 m3

C = (C 3)1/3 = (2,75 104 m3)1/3 = 0,065 m = 65 mm
La velocit media del pistone vm si determina con la 21-4:
vm = 2nC = 2 50 giri/s 0,065 m = 6,5 m/s

COMMENTI
La velocit media del pistone una velocit lineare e pertanto va misurata in metri al secondo. Tale velocit
importante perch tanto pi alta tanto pi elevate sono le sollecitazioni generate dalle forze di inerzia.

Esempio 21.2 Spazio morto e alesaggio


Un motore a sei cilindri per veicoli industriali ha un rapporto volumetrico di compressione = 16 e cilin-
drata totale iV = 9,5 dm3. Calcolare il volume dello spazio morto Vm e lalesaggio D sapendo che il rag-
gio di manovella dellalbero motore r = 70 mm.

SOLUZIONE
La cilindrata unitaria risulta:
iV 9,5 dm3
V= = = 1,583 dm3 = 0,001583 m3
i 6
Risolvendo rispetto al volume di spazio morto lespressione 21-3, abbiamo:
V V 1,583 dm3
=1+ Vm = = = 0,105 dm3
Vm 1 16 1
Per calcolare lalesaggio D, occorre prima ricavare la corsa C con la 21-1
C = 2r = 2 70 mm = 140 mm = 0,140 m
e poi esplicitare la 21-2 rispetto allalesaggio D.
430 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

D2 4V 4 0,001583 m3
V= C D2 = = = 0,0144 m2
4 C 0,14 m

D= D2 = 0,0144 m 2 = 0,12 m = 120 mm

21. 1. 3 Motori a quattro tempi


Nella testata dei motori a quattro tempi vengono alloggiate almeno due valvole che permettono
il ricambio dei gas presenti allinterno del cilindro. Da una valvola (valvola di scarico) fuorie-
scono i gas combusti, mentre dallaltra (valvola di aspirazione) entra la carica fresca.
Il ciclo di lavoro21.2 che caratterizza il funzionamento del motore a quattro tempi (Figura 21.5)
composto da:

A S A S A S A S A S A S

Scarico spontaneo
Compressione

Combustione
Aspirazione

Espansione

Espulsione
Fig. 21.5-a - Fasi del ciclo di un motore a quattro tempi: A = valvola di aspirazione, S = valvola di scarico.

I Fase (Aspirazione): il pistone scendendo genera un volume che viene riempito dalla carica
fresca, entrata nel cilindro attraverso la valvola di aspirazione A;
II Fase (Compressione): il pistone risalendo, a valvole chiuse, comprime la carica entro la
camera di combustione;
III Fase (Combustione): o spontaneamente, grazie alle elevate pressioni e temperature rag-
giunte, o artificialmente, mediante una scintilla che scocca fra due elettrodi, poco prima del
punto morto superiore (PMS) i gas incominciano a bruciare. La combustione termina quando
il pistone sta gi scendendo;
IV Fase (Espansione): i gas combusti fanno scendere verso il basso il pistone;
V Fase (Scarico spontaneo): la valvola di scarico si apre con un certo anticipo rispetto alla
fine della corsa di espansione, per permettere ai gas che sono in pressione di fuoriuscire dal
cilindro;
VI Fase (Espulsione): salendo nuovamente il pistone espelle i gas combusti che ancora
erano rimasti allinterno del cilindro.
Il motore a quattro tempi ha il vantaggio del basso consumo di combustibile in quanto le sin-
gole operazioni sono accuratamente scandite dalle valvole. Per contro la potenza prodotta sol-

21.2 - Nel motore alternativo il fluido ma percorre unevoluzione aperta. Pos- zione chiusa dal momento che, al ter-
non compie un ciclo termodinamico, siamo tuttavia parlare ancora di ciclo di mine di ogni periodo, ritorna nelle con-
non ritorna cio, dopo una serie di tra- lavoro, ma esclusivamente per il motore, dizioni iniziali.
sformazioni, nelle condizioni iniziali, il quale segue effettivamente unevolu-
21.1. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA 431

tanto met di quella che corrisponde alla capacit del motore dal momento che un ciclo di lavoro
richiede due rotazioni dellalbero motore (schema di Figura 21.5-b). Inoltre parte della potenza
meccanica viene assorbita nelle due corse in cui non viene effettuato lavoro e dallapparato della
distribuzione.

1 2
Fig. 21.5-b - Diagramma della distribuzione di un motore a quattro tempi;
PMS per tener conto dei ritardi nel moto del fluido, sia allingresso nel cilindro
sia allo scarico lapertura e la chiusura delle valvole viene anticipata e
Aspirazione
posticipata secondo i seguenti angoli:
1 anticipo allapertura della valvola di aspirazione
Compressione
2 ritardo alla chiusura della valvola di aspirazione
Combustione 1 anticipo allapertura della valvola di scarico
2 ritardo alla chiusura della valvola di scarico.
Espansione
Come si osserva sul diagramma, per un certo periodo si ha la sovrapposi-
Scarico e zione dei tempi di apertura delle due valvole: langolo di incrocio somma
espulsione degli angoli 1 e 2. Sempre nella figura si anche indicato lanticipo ,
rispetto al punto morto superiore, con cui occorre accendere la miscela, con
PMI
una scintilla nei motori ad accensione comandata oppure iniettare il gaso-
2 1 lio nei motori ad accensione per compressione, per tener conto del fatto che
il processo reale di combustione non istantaneo.

21. 1. 4 Motori a due tempi


Al fine di garantire il ricambio dei gas presenti allinterno del cilindro, i motori a due tempi pre-
sentano dei fori lungo il cilindro, detti luci, che possiamo distinguere in Figura 21.6: una luce
di alimentazione A, una luce di carica C dalla quale entra la carica fresca e una luce di scarico
S dalla quale fuoriescono i gas combusti. Di seguito viene descritto il ciclo di lavoro di un
motore a due tempi, ciclo che si svolge in un giro dellalbero motore:
I Fase (Lavaggio): il pistone prossimo al punto morto inferiore (PMI) e le luci di alimen-
tazione A e di scarico S sono aperte. La carica di aria fresca mandata da una pompa, detta
pompa di lavaggio, spinge innanzi a s i gas combusti e lava linterno del cilindro;
II Fase (Carica): il pistone inizia la sua risalita, viene chiusa la luce di scarico, mentre la
pompa di lavaggio immette altra carica fresca attraverso la luce di carica C;
III Fase (Compressione): tutte le luci sono chiuse e il pistone risale verso lalto comprimendo
i gas presenti allinterno del cilindro;
Scarico spontaneo

C S C S C S C S C S C S
Compressione

Combustione

Espansione
Lavaggio

Carica

A A A A A A

Fig. 21.6-a - Fasi del ciclo di lavoro di un motore a due tempi.


432 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

IV Fase (Combustione): la combustione inizia leggermente prima del PMS e si protrae


anche per un tratto della corsa di discesa del pistone;
V Fase (Espansione): i gas combusti, mentre le luci sono ancora chiuse, espandendosi fanno
scendere il pistone;

VI Fase (Scarico spontaneo): prima che il pistone rag-


giunga il punto morto inferiore (PMI) si apre la luce di
PMS Lavaggio scarico, e i gas combusti in virt della loro pressione,
superiore a quella dellambiente esterno, fuoriescono dal
Carica cilindro.
Compressione Rispetto al motore a quattro tempi, il motore a due tempi pre-
senta i vantaggi di un disegno pi semplice, della assenza di
Combustione valvole e del relativo apparato di distribuzione, della mag-
giore potenza per unit di cilindrata, del pi basso rapporto
Espansione
massa/potenza e di bassi costi di produzione. Per contro il
PMI
Scarico motore a due tempi ha un consumo di combustibile pi ele-
spontaneo
vato a causa delle perdite legate al lavaggio e alla carica, un
pi alto carico termico dovuto allassenza delle due corse,
Fig. 21.6-b - Diagramma della distribuzione in un
tipiche del motore a quattro tempi, in cui non viene effettuato
motore e due tempi. lavoro, un rumore pi elevato e presenza di fumi di olio
lubrificante solo parzialmente bruciato.

21. 2 CICLO INDICATO


La schematizzazione pi semplice del motore alternativo a combustione interna viene fatta idea-
lizzando sia il comportamento del fluido che quello della macchina mediante un ciclo ideale o
teorico, privo cio di perdite e percorso da unaria che si comporta come un gas perfetto. Il ciclo
Otto, ciclo termodinamico ideale che approssima il comportamento del motore ad accensione
comandata, composto (Figura 21.7) dalle seguenti trasformazioni reversibili:
1 2 adiabatica, ci senza scambio di calore con lesterno, in corrispondenza della corsa di
compressione dellaria contenuta nel cilindro;
2 3 isocora (a volume costante) durante la quale laria assorbe istantaneamente (al PMS)
il calore q23 dalla sorgente esterna;
3 4 espansione adiabatica dellaria;
4 1 isocora con cessione istantanea (al PMI) del calore dellaria q41 allambiente esterno.

3
p T 3
q
2 3

q
2 3

2 q 4
l q
4 2
4q1
1 1 q
4 1

0 v 0 s

Fig. 21.7 - Diagramma nel piano pv e nel piano Ts del ciclo Otto. Larea racchiusa dal ciclo rappresenta
(Paragrafi 16.4.2 e 16.6.1) nel piano pv il lavoro scambiato l e nel piano Ts il calore scambiato q.
21.2. CICLO INDICATO 433

Il rendimento del ciclo Otto21.3:


1
1
Otto =1 21-5

tanto migliore quanto pi alto il valore del rapporto di compressione = v1/v2.


Il ciclo Diesel, ciclo termodinamico ideale che approssima il comportamento del motore ad
accensione per compressione, composto (Figura 21.8) dalle seguenti trasformazioni reversibili:
1 2 compressione adiabatica dellaria contenuta nel cilindro;
2 3 isobara (a pressione costante) durante la quale viene fornito allaria il calore q23
3 4 espansione adiabatica dellaria;
4 1 isocora con cessione istantanea (al PMI) del calore dellaria q41 allambiente esterno.

p q
2 3 T

2 3
q 3
2 3

l
2 q
4 4
4q1
1 1 q
4 1

0 v 0 s

Fig. 21.8 - Diagramma nel piano pv e nel piano Ts del ciclo Diesel.

Il rendimento del ciclo Diesel21.3:


1
1 1
Diesel =1 21-6
( 1)

funzione non solo del rapporto di compressione ma anche del rapporto di temperatura
= T3/T2 nella combustione a pressione costante.
Volendo andare oltre alla schematizzazione estremamente semplificata del ciclo ideale, si pu
supporre ancora la macchina ideale ma percorsa questa volta da un fluido reale (con propriet
fisiche e composizione variabile al contrario di quanto avveniva con laria perfetta di prima),
ottenendo il ciclo limite, visto appunto come il limite superiore delle prestazioni ottenibili dal
motore perfezionando sempre pi la macchina.
Infine, si lascia cadere anche lipotesi di idealit della macchina per considerare un fluido
reale che evolve in un cilindro reale caratterizzato cio dalle sue tipiche perdite energetiche.
Questo ciclo prende il nome di ciclo indicato proprio perch le trasformazioni, che lo caratte-
rizzano, vengono rilevate da appositi strumenti indicatori (si tratta di trasduttori di pressione
affacciati sulle pareti della camera di combustione e fasati opportunamente con lalbero motore
per avere un diagramma del ciclo sul piano pV), come mostrato dai diagrammi della Figura
21.9, che riportano, in ascisse, il volume V del cilindro variabile con la posizione del pistone e,

21.3 - Per questa ed altre relazioni di la dimostrazione, si rimanda al Capitolo dello stesso Autore.
questo Capitolo di cui non si e riportata 36 del corso sulle Macchine termiche
434 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

3 Inizio combustione
3

Pressione
2
2 4
5 p 4
1 5
atm
1

PMS Volume PMI 180 270 360 450 540


PMI PMS PMI
V Angolo di manovella Aspirazione
90
450 Compressione

0 360 540 180 Combustione

630 Espansione
270
Scarico e
espulsione
Pressione

6 5 5 6
patm
1

PMS Volume PMI 540 630 0 90 180


PMI PMS PMI
Angolo di manovella

Fig. 21.9 - Diagrammi che danno luogo al ciclo indicato (pressione in funzione del volume del cilindro sulla sini-
stra della figura) ottenuti dal rilievo della pressione in funzione dellangolo di manovella (a destra sulla figura)
su un motore ad accensione comandata a quattro tempi aspirato.

in ordinate, la pressione p del gas contenuto nel cilindro. Si tratta di un motore a quattro tempi
ad accensione comandata aspirato con le fasi di:
aspirazione (6 1) espansione (3 4)
compressione (1 2) scarico (4 5)
combustione (2 3) espulsione (5 6).
Larea maggiore verde 1 2 3 4 5 (compressione-combustione-espansione) rappre-
senta il ciclo motore durante il quale il lavoro viene raccolto dal pistone; larea minore viola
5 6 1 (espulsione-aspirazione) rappresenta il ciclo di sostituzione del fluido durante il quale
viene speso lavoro dal pistone per immettere e per espellere il fluido dal cilindro.

p 3 p 3

2 2 4
4
patm patm 1 6 5
1 5
6
Vm V Vm V

Ciclo indicato di motore a quattro tempi Ciclo indicato di motore a due tempi

Fig. 21.10 - Diagrammi del ciclo indicato di motori aspirati a quattro e a due tempi. Larea racchiusa dal ciclo
rappresenta, nel piano pV, un lavoro.
21.2. CICLO INDICATO 435

Si consideri adesso un diagramma del ciclo indicato, come quello della Figura 21.10, avente,
sulle ordinate, la pressione p, e, sulle ascisse, il volume V. Il lavoro indicato per ciclo e per unit
di massa del fluido lind ceduto dal fluido di lavoro al pistone uguale allarea racchiusa dal ciclo
indicato e si calcola integrando, su tutto il ciclo, il lavoro elementare pdv:

Lind =
pdv
ciclo
21-7

Questarea risulter positiva (lavoro uscente dal sistema fluido = raccolto dal pistone) se il ciclo
percorso in senso orario (ciclo motore: area verde della Figura 21.9), negativa (lavoro speso
dal pistone = entrante nel sistema fluido) se il ciclo percorso in senso antiorario (ciclo di sosti-
tuzione del fluido, area viola della Figura 21.9).

Esempio 21.3 Ciclo Otto


Il rapporto di compressione di un ciclo Otto = 8, mentre il calore fornito allaria qS = l800 kJ/kg.
Determinare:
a) rendimento del ciclo ideale Otto ;
b) lavoro massico ideale lideale nel ciclo.

SOLUZIONE
a) Calcoliamo il rendimento con lespressione 21-5:
1 1, 4 1
1 1
Otto = 1 = 1 = 1 0,1250, 4 = 0,565 = 56,5%
8
b) Il lavoro compiuto durante il ciclo lideale si ottiene dalla definizione di rendimento (16-15).
lideale
ideale = lideale = ideale qS = 0,565 1800 kJ/kg = 1017 kJ/kg
qS

Esempio 21.4 Ciclo Diesel


Il rapporto di compressione di un ciclo Diesel = 16, mentre il calore fornito allaria dalla sorgente
qS = 1800 kJ/kg. Determinare:
a) rendimento del ciclo Diesel assumendo un rapporto di temperatura a pressione costante = 3,05;
b) lavoro massico ideale lideale compiuto durante il ciclo.

SOLUZIONE
a) Il rendimento del ciclo dato dalla 21-6.
1 1, 4 1
1 1 1 3,051, 4 1
Diesel = 1 = 1 = 0,567 = 56,7%
( 1) 16 1,4 (3,05 1)
b) Il lavoro compiuto durante il ciclo lideale si ottiene dalla definizione di rendimento (16-15).
lideale
ideale = lideale = ideale qS = 0,567 1800 kJ/kg = 1021 kJ/kg
qS
436 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

21. 3 RENDIMENTI E CONSUMO SPECIFICO DI COMBUSTIBILE


Chiamato qS il calore massico introdotto nel ciclo, il rendimento indicato ind dato da
(16-15): ind = lind qS. Il lavoro indicato lind del ciclo indicato non ancora il lavoro utile lu dispo-
nibile allalbero motore; il lavoro utile differisce dal lavoro indicato per la presenza del lavoro
passivo lv, lavoro che tiene conto del lavoro perduto per attriti meccanici e del lavoro speso per
il comando degli accessori. Il lavoro utile lu cio dato dalla differenza tra il lavoro indicato lind
e il lavoro passivo lv: lu = lind lv. Di questa differenza si tiene conto attraverso il rendimento
organico, rapporto tra il lavoro utile lu e il lavoro indicato lind: o = lu /lind. Il rendimento utile
u viene definito come rapporto tra il lavoro utile lu e il calore fornito dal combustibile qS; per-
ci uguale al prodotto del rendimento indicato per il rendimento organico: u = indo.
Il bilancio tra lavoro ottenuto lu e calore introdotto qS, che d luogo al rendimento, pu anche
essere espresso in termini di potenze. Si pu allora scrivere, come espressione del rendimento
utile u il rapporto tra la potenza utile Pu e la potenza termica QS introdotta. Ma la potenza ter-
mica QS data a sua volta dal prodotto della portata di combustibile mb , che alimenta il
motore, per il potere calorifico inferiore Hi del combustibile Q S = m b H i ; e il rendimento utile
diviene:
Pu Pu
u = = 21-8

QS m b H i

Definendo come consumo specifico di combustibile qb la portata di combustibile mb neces-


saria per produrre la potenza utile Pu:

m b
qb = 21-9
Pu

la relazione 21-8 tra rendimento utile e consumo specifico di combustibile diviene:

1
u = 21-10
qb H i

Il consumo specifico di combustibile qb ha le dimensioni di una portata di combustibile [kg/s]


divisa per una potenza [W] erogata dal motore oppure, ricordando che la potenza [W] il
lavoro [J] nellunit di tempo [s], di una massa [kg] diviso un lavoro [J], in quanto :
qb = (kg/s)/W = (kg/s)/(J/s) = kg/J. Il consumo dovrebbe perci venire misurato in kg/J; ma il
numero risultante molto piccolo e allora opportuno esprimere qb in g/MJ. Tuttavia nelle appli-
cazioni il consumo specifico di combustibile viene ancora espresso in (g/h)/kW e cio g/(kWh);
il fattore di conversione per passare da g/(kWh) al consumo espresso in g/MJ o viceversa
riportato nella Tabella I di copertina. La relazione 21-9 viene utilizzata per determinare il ren-
dimento hu sulla base del consumo di combustibile qb misurato21.4.

21-4 - A seconda che si consideri il diver- [g/MJ] oppure in [g/(kWh)] diviene: K2 [g/(kWh)]
u =
so potere calorifico inferiore (Tabella A.10) K [g/MJ] qb [g/(kWh)]
di un olio combustibile (Hi = 42 MJ/kg), u = 1
di un gasolio (Hi = 43,3 MJ/kg) oppure qb [g/MJ] con K2 (olio combustibile) = 85,7
infine di una benzina (Hi = 44 MJ/kg), il con Kl (olio combustibile) = 23,8 g/MJ g/(kWh)
rendimento utile espresso in funzione del Kl (gasolio) = 23,1 g/MJ K2 (gasolio) = 83,1 g/(kWh)
consumo specifico di combustibile in Kl (benzina) = 22,7 g/MJ K2 (benzina) = 81,8 g/(kWh)
21.4. POTENZA 437

Nel caso delle macchine volumetriche e in particolare nei motori alternativi a combustione
interna, si preferisce evidenziare quella parte del rendimento volumetrico collegata allim-
possibilit di riempire completamente il cilindro con laria aspirata dallambiente. Il coefficiente
di riempimento v dato dal rapporto fra la massa di fluido ma che a ogni ciclo alimenta il
motore e la massa di una porzione di fluido che occupi, alle condizioni di pressione e tempe-
ratura esistenti nel condotto di aspirazione, un volume corrispondente alla cilindrata iV del
motore:
ma
v = 21-11
iV

dove rappresenta la massa volumica del fluido motore riferita alla pressione e alla tempera-
tura presenti nel condotto di aspirazione, subito prima dellingresso nei cilindri. Se si moltiplica
il denominatore per il numero di cicli che si svolgono nellunit di tempo si ottiene la portata
daria ma che alimenta il motore.
Nel caso di un motore a quattro tempi occorrono due giri dellalbero a gomito per completare
un ciclo; la cilindrata iV va perci moltiplicata per met della velocit di rotazione (n/2) proprio
per tener conto che vi un ciclo ogni due giri.

n
ma = v iV << a quattro tempi >> 21-12
2

Nel caso di un motore a due tempi il processo viene invece completato in un giro dellalbero
motore e lespressione della portata diviene:

ma = v iVn << a due tempi >> 21-13

21. 4 POTENZA
La potenza utile Pu si ricava dalla 21-9: Pu = u m b H i . Moltiplicando sopra e sotto il secondo
membro di questa relazione per la portata daria otteniamo:
m a Hi
Pu = u m b H i = u m a
m a m a /m b

Tenendo conto prima del rapporto tra la portata daria ma e quella di combustibile mb (rap-
porto di miscela o dosatura)
m
= a 21-14
m b

e poi dellespressione della portata daria ma (21-12 e 21-13), si ottiene la potenza utile Pu rispet-
tivamente per un motore a quattro tempi e a due tempi:

Hi n Hi
Pu = u v iV << a quattro tempi >> Pu = u v iVn << a due tempi >> 21-15
2

Questa espressione della potenza utile e la relazione fondamentale che informa i criteri di pro-
getto dei motori volumetrici in generale e di quelli alternativi in particolare. Qualora, al posto
del rendimento utile u, si metta il rendimento indicato ind (si prescinde cio dal rendimento
organico o), si ottiene, al posto della potenza utile Pu la potenza indicata Pind.
438 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

21. 5 PRESSIONE MEDIA EFFETTIVA E MOMENTO MOTORE


La potenza il lavoro compiuto nellunit di tempo. Possiamo allora scrivere, al posto della
21-15, che la potenza utile Pu data dal prodotto del lavoro utile Lu al ciclo (reso cio in ogni
ciclo da quel determinato cilindro) per il numero di cilindri i (in modo da ottenere la potenza
di tutto il motore) e per n/2 [giri/s] (termine che d i cicli compiuti in un secondo dal motore a
quattro tempi): Pu = Lui (n/2). Definita come pressione media effettiva pme il lavoro utile per
ciclo e per unit di cilindrata: pme = Lu /V, sostituendo ad Lu il prodotto pmeV, si ottiene:

n
Pu = pmeiV << a quattro tempi >> Pu = pmeiVn << a due tempi >> 21-16
2

Confrontando la 21-16 con la 21-15, la pressione media effettiva risulta espressa da:

Hi
pme = u v 21-17

Questa relazione contiene tutti i fattori principali su cui si basa lo studio dei motori termici volu-
metrici ed indicativa del carico termomeccanico del motore. Se, al posto del rendimento utile
u, consideriamo il rendimento indicato ind, allora otteniamo la pressione media indicata pmi.
Sia la pressione media effettiva pme che la pressione media indicata pmi hanno le dimensioni di
una pressione; si esprimono quindi in pascal o nei relativi multipli (solitamente in MPa). Se con-
sideriamo, ad esempio, la 21-17, possiamo scrivere:
[J/kg]
pme = [] [] [kg/m3] = [J/m3] = [Nm/m3] = [N/m2] = [Pa]
[]
dove [] indica un numero senza dimensioni: il caso del rendimento u, del coefficiente di
riempimento v e della dosatura . Il nome di pressione media non deve tuttavia trarre in
inganno: essa non il valore medio nel tempo della pressione rilevata allinterno del cilindro;
in un diagramma pV, la pmi va interpretata come laltezza di un rettangolo avente per base la
cilindrata V in modo da ottenere unarea che per la 21-17 d il
lavoro indicato Lind = pmiV (Figura 21.11): la pressione media indi-
p cata risulta cio lordinata media del ciclo indicato ed in tal senso
viene giustificato il suo nome in quanto le ordinate del ciclo indi-
cato sono delle pressioni.
Come avveniva per il rapporto tra lavoro utile lu e lavoro indicato
Lind Lind
pmi = lind, la pressione media effettiva pme differisce dalla pressione media
V
indicata pmi per il rendimento organico o: o = pme /pmi.
0 V V La pressione media effettiva proporzionale al momento utile o
coppia motrice Mu in quanto la potenza uguale al prodotto del
momento Mu per la velocit angolare (9-10):
Fig. 21.11 - Interpretazione della pressione
media indicata. Pu = Mu 21-18

La velocit angolare legata alla velocit di rotazione n dalla 8-11 ( = 2 n); possiamo allora
scrivere: Mu = Pu /(2 n). Dalla 21-16 otteniamo infine il momento Mu in funzione della pressione
media effettiva:

iV iV
M u = pme << a quattro tempi >> M u = pme << a due tempi >> 21-19
4 2
21.6. ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO 439

Ricordando che il lavoro utile lu la differenza tra il lavoro indicato li e il lavoro passivo lv
(lu = li lv), possiamo esprimere la pressione media effettiva come differenza tra pressione
media indicata pmi e pressione media di attrito o pressione di trascinamento pv , relativa al
lavoro perduto per attriti meccanici e a quello speso per il comando degli accessori.
pme = pmi pv 21-20
Oppure, ricordando la definizione di rendimento organico o = lu /lind , esprimiamo il rendimento
organico o con
p p p p
o = me = mi v = 1 v 21-20
pmi pmi pmi

La pressione media di attrito pv pu essere calcolata con la seguente relazione empirica:

1 3
pv = 0,06 1 + + + 0,03 pme + 0,015 vm 21-20
i D

dove pv e pme sono espresse in MPa, i il numero dei cilindri, D lalesaggio in mm e vm la


velocit media del pistone in m/s.
Per poter confrontare la potenza, e quindi la pressione media effettiva pme del motore misurata in
condizioni di pressione e temperatura diverse da quelle standard (pressione atmosferica:
101,32 kPa, temperatura: 288 K) si applica un fattore di correzione , che pu essere stimato con
il calcolo e che stato verificato sperimentalmente. Il rapporto potenza utile Pu (o pressione media
effettiva pme) misurata e potenza utile di riferimento Pu,0 (o pressione media effettiva pme,0) rife-
rita alle condizioni standard, uguale al fattore di correzione dato a sua volta da:

Pu p p T0
= me = = 21-21
Pu ,0 pme ,0 p0 T

dove p0 e T0 sono pressione e temperatura di riferimento;


p e T sono pressione e temperatura a cui opera il motore di cui viene misurata la
potenza.

21. 6 ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO


La descrizione completa del funzionamento del motore rappresentata dal piano quotato dei
consumi, che riporta, in un piano che ha in ordinate la pressione media effettiva pme e in
ascisse la velocit di rotazione n, le curve di ugual consumo specifico di combustibile (Figu-
ra 21.12). Dallesame del piano quotato del consumo specifico di combustibile, risulta che esi-
stono, in funzione delle esigenze dellutilizzatore (maggiori potenze o minori consumi), delle
zone privilegiate del diagramma pme n. Il progetto del cambio di velocit, manuale o automa-
tico, viene fatto tenendo presenti queste esigenze.
La resistenza totale Rt incontrata da un veicolo in moto uniforme data dalla somma delle tre
forze resistenti (resistenza al rotolamento, resistenza aerodinamica e resistenza su pendenza)
considerate nel Paragrafo 11.4. Conoscendo la velocit v del veicolo, possiamo calcolare la
potenza resistente totale Pr [W = Nm/s] moltiplicando la forza totale resistente Rt21.5 [N] per la
velocit v [m/s] (9-10): Pr = Rt v.

21.5 - Per rendere pi intuitiva la tratta- relativo 21.8, si sono indicate le varie for- simbolo F, usato in particolare nel Capi-
zione del Paragrafo 21.6 e dellEsempio ze resistenti con R al posto dellusuale tolo 11 dedicato alle resistenze passive.
440 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

Consumo di combustibile
qb [g/MJ] ([g/(kWh)]) 0,9

Pressione media effettiva pme [MPa]


68 (245)
70 (252)
75 (270) 0,7
80 (288)

0,5
90 (324)
100 (360)
0,3
120 (432) 0,2
0,1
150 (540)

30 40 50 60 70
80 [giri/s]
Velocit di rotazione n
1800 2400 3000 3600 4200 4800 [giri/min]

Fig. 21.12 - Superficie con curve di ugual consumo di combustibile di un motore ad accensione comandata
(motore Fiat Fire 1000). Ciascun numero sul piano quotato indica il consumo specifico di combustibile in g/MJ,
mentre il numero vicino, tra parentesi, indica il consumo specifico in g/(kWh); ad esempio i numeri 68 (245),
in alto sulla figura, stanno per 68 g/MJ (245 g/(kWh): il minimo consumo del motore. Invece del consumo
specifico di benzina, potremmo, riportare21.4 il rendimento utile u; al posto del consumo specifico di benzina
qb = 68 g/MJ avremmo, ad esempio, u = 22,7 g/MJ/68 g/MJ = 0,33.

Per vincere la potenza resistente Pr , che si oppone


Velocit veicolo [km/h]
al moto del veicolo, il motore deve fornire alle
0 36 72 108 144 ruote del veicolo una potenza motrice Pm almeno
5000 5000
uguale a Pr . La potenza motrice Pm non per
quella generata dal motore; tra albero motore e
0%
4000 en za 3 4000 ruote abbiamo infatti gli organi di trasmissione
Pend
I marc

(cambio, differenziale, ecc.), che assorbono una


Resistenza di trazione [N]
Rt = Rp + Ra+ Rr

parte della potenza utile Pu disponibile allalbero


Forza motrice [N]

20%
ia

3000 3000
motore. Per valutare tale perdita si introduce il ren-
15%
dimento meccanico della trasmissione mtr dato
II

10% dal rapporto fra la potenza motrice alle ruote Pm e


ma

2000 2000
rci

5% la potenza utile Pu generata dal motore (12-1):


a

III Potenza entrante nelle ruote P


ma
1000 Rr
rcia 1000 mtr = = m 21-22
Ra + Potenza erogata dal motore Pu
Rr
Attraverso il rendimento meccanico della trasmis-
0 10 20 30 40 sione, che assume valori compresi tra 0,9 e 0,94,
Velocit veicolo [m/s]
possiamo risalire dalla potenza motrice alla po-
tenza utile del motore necessaria al veicolo. In
Fig. 21.13 - Resistenza totale di trazione Rt e forza motrice in realt, nelle normali condizioni di esercizio del
funzione della velocit v del veicolo; come resistenza di tra- veicolo, solo parte della potenza motrice viene
zione si sono riportate in basso la curva della resistenza al roto-
lamento Rr (circa costante al variare della velocit), successiva- spesa per vincere attriti di rotolamento, resistenza
mente la somma della resistenza al rotolamento Rr e della dellaria ed eventuali pendenze della strada; la
resistenza aerodinamica Ra (che varia con il quadrato della velo- parte rimanente, spesso considerevole, della
cit) e infine la somma delle tre resistenze comprendenti valori potenza costituisce una riserva per far fronte alle
diversi di pendenza (con Rp resistenza su pendenza). La forza richieste di accelerazione del guidatore.
motrice data per tre diverse condizioni corrispondenti a tre
diversi valori del rapporto al cambio (I, II e III marcia).
La Figura 21.13 illustra landamento di resistenza
di trazione e forza motrice (corrispondente alla
21.6. ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO 441

potenza motrice) al variare della velocit del veicolo v. Per la forza motrice sono riportate le
curve corrispondenti a tre diversi valori del rapporto al cambio, che tiene conto del rapporto tra
velocit di rotazione del motore n e velocit di rotazione delle ruote nr: in terza marcia il vei-
colo raggiunge una velocit massima di circa 32 m/s su strada piana e circa 25 m/s con una pen-
denza del 5%, in seconda il veicolo raggiunge velocit rispettivamente di 19 e di 13 m/s su pen-
denze del 10 e del 20%. Inoltre, su strada piana, il veicolo ha a disposizione ancora 1000 N per
accelerare in terza alla velocit di 10 m/s, mentre per accelerare in seconda nelle stesse condi-
zioni sono ancora disponibili circa 2300 N.
Nota la potenza motrice Pm necessaria al veicolo per spostarsi su un dato percorso, possiamo rica-
vare, dalla 21-22, la potenza utile Pu che il motore deve erogare allalbero:

Pm
Pu = 21-22
mtr

Noto inoltre il raggio di rotolamento r della ruota, si calcola prima il numero di giri alle ruote
nr come rapporto tra la velocit v del veicolo e la circonferenza della ruota 2 r:

velocit del veicolo v


nr = = 21-23
circonferenza di rotolamento 2 r

e poi, noto il rapporto di trasmissione totale tot (rapporto al cambio e rapporto al ponte) tra velo-
cit di rotazione del motore n e velocit di rotazione della ruota nr, si passa dalla velocit di rota-
zione della ruota nr alla velocit di rotazione del motore n con (12-2):

n = tot nr 21-24

Velocit veicolo v [km/h]


0 45 90 135 180
Velocit veicolo v [m/s]
0 12,5 25 37,5 50
1
100%
102%

105%
pme [MPa]

110%
0,5 115% Punto di funzionamento
125% Curva is
ne
azio opotenz
u t i lizz a
di 175%
Cu rva

0
0 25 50 75 100
Velocit di rotazione motore n [giri/s]
0 1500 3000 4500 6000
Velocit di rotazione motore n [giri/min]

Fig. 21.14 - Discussione di un piano quotato del consumo specifico di combustibile. Sono riportate le curve di
utilizzazione e di isopotenza; lintersezione delle due curve d luogo al punto di funzionamento. Il consumo spe-
cifico di combustibile viene dato in percentuale rispetto al valore minimo. Assegnato un determinato rapporto
di trasmissione, risulta individuata, sulle ascisse, oltre alla velocit di rotazione n, anche la velocit di avanza-
mento del veicolo v.
442 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

Abbiamo adesso potenza utile Pu e velocit di rotazione del motore n; abbiamo perci tutte le
informazioni che ci consentono di entrare (Figura 21.14) nel piano quotato del consumo spe-
cifico di combustibile (ordinate: pressione media effettiva pme, ascisse: velocit di rotazione del
motore n). Su questo piano possiamo riportare infatti, oltre alle curve di isoconsumo, le curve
di isopotenza. Sono queste ultime delle curve a forma di iperbole in quanto se, per un dato
motore, teniamo fissa la potenza Pu , la pressione media effettiva pme e la velocit n risultano
inversamente proporzionali secondo la relazione 21-16. Allo stesso tempo questa relazione ci
permette di ricavare la pressione media effettiva pme, note potenza utile Pu e velocit di rotazione
del motore n; per un motore a quattro tempi, ad esempio, si avrebbe:

Pu 2
pme = 21-25
iVn

Per trovare il punto di funzionamento del motore allinterno del piano quotato baster dunque
conoscere il regime di rotazione del motore n, corrispondente a quella data velocit v del vei-
colo, e salire nel piano fino a intersecare la curva di isopotenza, determinando di conseguenza
anche la pme e il consumo specifico di combustibile qb. Linsieme dei punti di funzionamento,
corrispondenti alle diverse velocit del veicolo, descrive la curva di utilizzazione.
Dal consumo specifico di combustibile qb (21-9) possiamo risalire alla portata di combustibile
mb [kg/s] data dal prodotto del consumo specifico di combustibile qb [(kg/s)/W] = [kg/(Ws)]
per la potenza erogata Pu [W]. Oltre alla portata di combustibile, interessa spesso conoscere le-
conomia di combustibile Eb, che ci indica la distanza che il veicolo riesce a percorrere facendo
affidamento su una determinata quantit (in volume) di combustibile. Eb si ottiene dividendo la
velocit del veicolo v [m/s] per la portata di combustibile mb [kg/s] e moltiplicando poi per la
massa volumica del combustibile b [kg/m3], in modo da far riferimento al volume e non alla
massa del combustibile.
v v b
Eb = b = 21-26
m b m b

Di solito leconomia di combustibile Eb viene espressa in chilometri percorsi per litro di com-
bustibile [km/dm3]; se velocit del veicolo v, massa volumica b e portata di combustibile mb
sono espresse rispettivamente in [m/s], [kg/dm3] e [kg/s], allora il numero ottenuto con la
21-26 va diviso per 1000 per passare da [m/dm3] a [km/dm3].

Esempio 21.5 Prestazioni di un motore ad accensione comandata


Un motore a quattro tempi ad accensione comandata per impiego automobilistico (quattro cilindri di ale-
saggio D = 70 mm e corsa C = 64,9 mm e con cilindrata totale iV = 1 dm3) ha, alla velocit di rotazione
n = 58,33 giri/s (3500 giri/min), i seguenti valori del consumo specifico di combustibile: qb = 68 g/MJ
(245 g/(kWh)) alla pressione media effettiva pme = 0,8 MPa e qb = 87 g/MJ (313 g/(kWh)) alla
pme = 0,4 MPa (piano quotato di Figura 21.12). Sono inoltre assegnati:
potere calorifico inferiore della benzina Hi = 44 MJ/kg;
massa volumica dellaria che alimenta il motore = l,2 kg/m3;
dosatura della miscela aria-combustibile = 15.
Determinare in entrambi i casi:
a) rendimenti utile u, organico o e indicato ind ;
b) potenza Pu e coppia Mu del motore in corrispondenza del valore assegnato di pme;
c) coefficiente di riempimento v.
21.6. ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO 443

SOLUZIONE
a) Il rendimento utile u si ottiene dallespressione 21-10.

1
u =
qb H i

Alla pme di 0,8 MPa, dove il consumo qb pari a 68 g/MJ = 68 10 6 kg/kJ, abbiamo:
1
u = = 0,334 = 33,4%
68 10 6 kg/kJ 44.000 kJ/kg

mentre con una pme di 0,4 MPa abbiamo:


1
u = = 0,261 = 26,1%
87 10 6 kg/kJ 44.000 kJ/kg

Vediamo perci che, al diminuire della pressione media effettiva, peggiorano rendimento utile e con-
sumo specifico di combustibile. Il rendimento organico o e il rendimento indicato ind sono legati al
rendimento utile u; occorre quindi ricavare uno dei due rendimenti, ad esempio il rendimento orga-
nico, per ottenere laltro.

u = indo ind = u
o

Lespressione del rendimento organico o data dalla 21-20, riadattata tenendo presente la 21-20.
pme pme
o = =
pmi pme + pv

In questa espressione nota pme, mentre la pressione media di attrito pv si ricava con la formula empi-
rica 21-20
1 3
pv = 0,06 1 + + + 0,03 pme + 0,015 vm
i D

dove la velocit media del pistone vm, per la 21-4, vale:


vm = 2nC = 2 58,33 giri/s 0,0649 m = 7,57 m/s
Con pme = 0,8 MPa si ha:

1 3
pv = 0,06 1 + + + 0,03 0,8 MPa + 0,015 7,57 m/s = 0,233 MPa
4 70 mm

mentre con pme = 0,4 MPa

1 3
pv = 0,06 1 + + + 0,03 0,4 MPa + 0,015 7,57 m/s = 0,21 MPa
4 70 mm

Nei due casi (pme = 0,8 MPa e pme = 0,4 MPa ) si ha:

pme 0,8 MPa 0,4 MPa


o = = = 0,78 o = = 0,65
pme + pv 0,8 MPa + 0,23 MPa 0,4 MPa + 0,21 MPa

Il rendimento organico migliora perci allaumentare del carico, ovvero al crescere della pressione
media effettiva e indicata. Il rendimento indicato nei due casi vale:
u 0,334 0,261
ind = = = 0,43 ind = = 0,40
o 0,78 0,65
444 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

b) Essendo nota pme, la potenza utile Pu si ottiene con la 21-16:


n
Pu = pmeiV
2
e per i due casi (pme = 0,8 MPa = 800 kPa e pme = 0,4 MPa = 400 kPa) vale rispettivamente:
58,33 giri/s
Pu = 800 kPa 0,001 m3 = 23,3 kW
2
58,33 giri/s
Pu = 400 kPa 0,001 m3 = 11,65 kW
2
Dimezzandosi la pressione media effettiva pme (da 0,8 a 0,4 MPa) si dimezza anche la potenza utile
Pu (da 23,3 a 11,65 kW), in quanto il confronto fatto a pari velocit di rotazione n (21-16). La cop-
pia Mu direttamente proporzionale alla pressione media effettiva pme, per la relazione 21-19:
iV
Mu = pme
4
e perci nel primo caso (pme = 0,8 MPa) ha un valore doppio di quello che ha nel secondo caso
(pme = 0,4 MPa):
0,001 m3 0,001 m3
Mu = 0,8 106 Pa = 63,66 Nm Mu = 0,4 106 Pa = 31,83 Nm
4 4

c) Il coefficiente di riempimento v si ottiene dallespressione della pressione media effettiva 21-17:


H pme
pme = uv i v =
uHi
e vale nei due casi pme = 0,8 MPa e pme = 0,4 MPa:
15 0,8 106 Pa
v = = 0,68
0,334 1,2 kg/m3 44.000 103 J/kg
15 0,4 106 Pa
v = = 0,43
0,261 1,2 kg/m3 44.000 103 J/kg

COMMENTI
Trattandosi di un motore ad accensione comandata, la riduzione di pme, viene realizzata parzializzando
lalimentazione e quindi riducendo il coefficiente di riempimento v.

Esempio 21.6 Prestazioni di un motore Diesel aspirato


Un motore a quattro tempi ad accensione per compressione ad aspirazione naturale per veicolo industriale
(sei cilindri in linea di alesaggio D = 100 mm e corsa C = 128 mm e con cilindrata totale iV = 6,0 dm3)
ha, alla velocit di rotazione n = 25 giri/s (1500 giri/min), i seguenti valori del consumo specifico di com-
bustibile: qb = 58 g/MJ (209 g/(kWh)) alla pressione media effettiva pme = 0,8 MPa e qb = 61 g/MJ
(220 g/(kWh)) alla pme = 0,4 MPa. Sono inoltre assegnati:
potere calorifico inferiore Hi del gasolio = 43,3 MJ/kg;
massa volumica dellaria che alimenta il motore = 1,2 kg/m3;
coefficiente di riempimento v = 0,9.
Determinare in entrambi i casi:
a) rendimenti utile u, organico o e indicato ind ;
b) potenza Pu e coppia Mu del motore in corrispondenza del valore assegnato di pme;
c) dosatura .
21.6. ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO 445

SOLUZIONE
a) Seguiamo la procedura adottata nellEsempio 21.5.
1
u =
qb H i

Alla pme di 0,8 MPa, dove il consumo specifico qb = 58 g/MJ = 58 10 6 kg/kJ, abbiamo:
1
u = 6
= 0,398 = 39,8%
58 10 kg/kJ 43.300 kJ/kg

mentre alla pme di 0,4 MPa, con qb = 61 g/MJ, abbiamo:


1
u = = 0,38 = 38%
61 10 6 kg/kJ 43.300 kJ/kg

Se confrontiamo questi valori con quelli dellEsempio 21.5, possiamo dire che, rispetto ai motori ad
accensione comandata, i motori ad accensione per compressione, e in particolare quelli a iniezione
diretta (caso di questo Esempio), presentano:
rendimento utile u migliore;
minore variazione di u al variare della pme.
Calcoliamo la velocit media del pistone vm che dobbiamo introdurre nella formula empirica 21-20
per il calcolo della pressione media di attrito.
vm = 2nC = 2 25 giri/s 0,1 m = 5 m/s
Con pme = 0,8 MPa e con pme = 0,4 MPa si ha rispettivamente:

1 3
pv = 0,06 1 + + + 0,03 0,8 MPa + 0,015 5 m/s = 0,2 MPa
6 100 mm

1 3
pv = 0,06 1 + + + 0,03 0,4 MPa + 0,015 5 m/s = 0,18 MPa
6 100 mm

Nei due casi pme = 0,8 MPa e pme = 0,4 MPa il rendimento organico o vale:
pme 0,8 MPa
o = = = 0,8
pme + pv 0,8 MPa + 0,20 MPa

0,4 MPa
o = = 0,65
0,4 MPa + 0,18 MPa

Corrispondentemente il rendimento indicato ind vale:


u 0,398 u 0,38
ind = = = 0,497 ind = = = 0,56
o 0,8 o 0,68

Dai risultati ottenuti si pu notare come, in un motore ad accensione per compressione, il rendimento
indicato ind aumenti leggermente al diminuire del carico, al contrario di quanto avviene per il rendi-
mento utile u. Ci dovuto al fatto che, dato che a carichi pi bassi la quantit di combustibile iniet-
tato minore, liniezione avviene maggiormente nellintorno del punto morto superiore PMS, ridu-
cendo lo scarto fra ciclo indicato e ideale.

b) Essendo nota la pme, la potenza utile Pu si ottiene con la 21-16


n
Pu = pmeiV
2
446 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

e per i due casi (pme = 0,8 MPa = 800 kPa e pme = 0,4 MPa = 400 kPa) vale rispettivamente:
25 giri/s 25 giri/s
Pu = 800 kPa 0,006 m3 = 60 kW Pu = 400 kPa 0,006 m3 = 30 kW
2 2
Dalla relazione 21-19 otteniamo la coppia motrice Mu. Questa proporzionale alla pressione media effet-
tiva e risulta perci nel primo caso (pme = 0,8 MPa) doppia di quella del secondo caso (pme = 0,4 MPa).
iV
Mu = pme
4
0,006 m3 0,006 m3
Mu = 0,8 10 6 Pa = 382 Nm Mu = 0,4 10 6 Pa = 191 Nm
4 4

c) Per ricavare la dosatura facciamo uso dellespressione 21-17:


Hi Hi
pme = uv = uv
pme
Il valore del coefficiente di riempimento v pu essere assunto pari a 0,9 per tutte due le condizioni
di pme assegnate in quanto, nei motori ad accensione per compressione, la regolazione del carico (cio
della pme) si esegue solamente agendo sulla quantit di combustibile introdotto e v perci non varia
se la velocit del motore rimane la stessa. La dosatura nei due casi :
43.300 103 J/kg
= 0,398 0,9 1,2 kg/m3 = 23,3 kg aria/kg combustibile
0,8 106 Pa
43.300 103 J/kg
= 0,38 0,9 1,2 kg/m3 = 44,4 kg aria/kg combustibile
0,4 106 Pa

COMMENTI
Il rapporto aria combustibile aumenta al diminuire della pme perch, trattandosi di un motore ad accen-
sione per compressione, la diminuzione del carico avviene riducendo la quantit di combustibile intro-
dotto e quindi agendo sulla dosatura .

Esempio 21.7 Dosatura di un motore diesel sovralimentato


Un motore a quattro tempi ad accensione per compressione sovralimentato e interrefrigerato per veicolo
industriale di cilindrata totale iV = 9,5 dm3 ha i seguenti valori del consumo specifico di combustibile:
qb = 55 g/MJ (198 g/(kWh)) alla pressione media effettiva pme = 1,6 MPa e qb = 58 g/MJ (208,8 g/(kWh))
alla pme = 0,8 MPa. Sono inoltre assegnati:
massa volumica dellaria che alimenta il motore = 1,2 kg/m3;
coefficiente di riempimento v = 0,9;
correzione della potenza per tener conto di sovralimentazione e interrefrigerazione = 2,1 (per
pme = 1,6 MPa) e = 1,4 (per pme = 0,8 MPa).
Determinare, in corrispondenza dei due valori della pressione media effettiva, la dosatura .

SOLUZIONE
La pressione media effettiva data dalla 21-17 che va moltiplicata per il fattore (21-21) in modo da tener
conto che il motore sovralimentato e interrefrigerato.
H
pme = uv i

21.6. ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO 447

Sostituendo in questa equazione lespressione del rendimento utile u dato dalla 21-10:
1
u =
qb H i

possiamo ricavare la dosatura in funzione della pressione media effettiva pme e del consumo specifico
di combustibile qb.
1 H
pme = i = v = v
qbHi v qb qbpme

In corrispondenza delle due coppie di valori di pme e di qb, la dosatura vale:


pme = 1,6 MPa = 1,6 106 Pa qb = 55 g/MJ = 55 10 9 kg/J

0,9 1,2 kg/m3 2,1


= = 25,77 kg aria/kg combustibile
58 10 9 kg/J 1,6 106 Pa

pme = 0,8 MPa = 0,8 106 Pa qb = 58 g/MJ = 58 10 9 kg/J

0,9 1,2 kg/m3 1,4


= = 32,59 kg aria/kg combustibile
58 10 9 kg/J 0,8 106 Pa

Esempio 21.8 Utilizzazione del veicolo


Di un veicolo per trasporto pesante, che viaggia su strada piana, sono assegnati:
massa m = 40 103 kg
velocit v = 22,2 m/s
area della superficie frontale A = 8,1 m2
coefficiente di resistenza aerodinamica Cx = 0,65
coefficiente di resistenza di rotolamento r = 0,0061
raggio di rotolamento delle ruote r = 0,522 m
rapporto totale di trasmissione (rapporto cambio rapporto ponte) = 2,8 o 3,1 o 3,7
rendimento meccanico della trasmissione mt r = 0,93
Il veicolo viene allestito con due diverse motorizzazioni basate su motori a quattro tempi ad accensione
per compressione (Figura 21.15):
Motore N. 1
potenza massima Pmax = 234 kW
velocit di massima potenza n = 33,3giri/s
cilindrata totale iV = 13,8 dm3
Motore N. 2
potenza massima Pmax = 234 kW
velocit di massima potenza n = 36,7 giri/s
cilindrata totale iV = 9,5 dm3
I motori sono alimentati con un gasolio di massa volumica b = 0,835 kg/dm3; la massa volumica dellaria
ambiente a = 1,19 kg/m3.
Determinare:
a) potenza utile Pu che deve essere erogata dal motore;
b) consumo specifico qb, portata mb ed economia di combustibile Eb;
c) pendenza massima superabile dal veicolo.
448 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

SOLUZIONE
a) Si vuole calcolare la potenza utile Pu richiesta al motore quando il veicolo si muove, su strada piana,
a una velocit costante v = 22,2 m/s (80 km/h). Determiniamo in primo luogo la resistenza totale R t 21.5,
incontrata dal veicolo, somma, per la 11-4, della resistenza al rotolamento R r (Paragrafo 11.2) e della
resistenza aerodinamica Ra (11.3); manca invece la resistenza su pendenza Rp perch il veicolo si
muove su strada piana.
R r = r mg = 0,0061 40 103 kg 9,81 m/s2 = 2394 N 2400 N
1 1
Ra = C Av2 = 0,65 1,19 kg/m3 8,1 m2 (22,2 m/s)2 = 1544 N
2 x 2

R t = Rr + Ra = 2400 N + 1544 N = 3944 N


La potenza resistente Pr data dalla 9-10:
Pr = R t v = 3944 N 22,2 m/s = 87.500 W = 87,5 kW
La potenza motrice Pm necessaria per far avanzare il veicolo e uguale alla potenza resistente Pr . La
potenza utile, che deve essere erogata dal motore, per la 21-22:
Pm 87,5 kW
Pu = = = 94,1 kW
mtr 0,93

b) Si deve determinare il consumo di combustibile corrispondente ai diversi rapporti totali di trasmissione


tot assegnati (2,8 oppure 3,1 oppure 3,7). Per questo occorre entrare nel piano quotato, conoscendo
il valore dellascissa ( la velocit di rotazione del motore n) e il valore dellordinata ( la pressione
media effettiva pme ). La velocit di rotazione del motore n viene calcolata partendo dalla velocit di
rotazione della ruota nr, che, per la 21-23, :
v 22,2 m/s
nr = = = 6,8 giri/s (408 giri/min)
2 r 2 0,522 m
mentre, per la 21-24, la velocit di rotazione del motore n, in funzione dei diversi rapporti di tra-
smissione, vale:

n [giri/s] tot nr [giri/s]


19 2,8 6,8
21 3,1 6,8
25 3,7 6,8

La pressione media effettiva pme pu essere calcolata graficamente, mediante la curva di isopotenza
Pu = 94,1 kW (riportata sui piani quotati dei due motori) o utilizzando la formula 21-25:
Pu2
pme =
iVn
con i seguenti risultati:

pme n iV Pu
[MPa] [giri/s] [dm3] [kW]
0,72 19 13,8 94,1
0,65 21 13,8 94,1 Motore N. 1
0,54 25 13,8 94,1
1,04 19 9,5 94,1
0,94 21 9,5 94,1 Motore N. 2
0,79 25 9,5 94,1
21.6. ACCOPPIAMENTO MOTORE-VEICOLO 449

Motore N. 1 Motore N. 2
Velocit di rotazione motore n [giri/min] Velocit di rotazione motore n [giri/s]
600 1200 1800 2400 10 20 30 40
1,8 1,8
Pressione media effettiva pme [MPa]

Pressione media effettiva pme [MPa]


56 (202)
56 (202)
57,6 g/MJ
1,0 1,0
57,8 g/MJ
60 (216) 58,2 g/MJ
60,6 g/MJ
59,3 g/MJ 60(216)
63,9 g/MJ 94,1 kW
94,1 kW
80 (288)
80 (288)
0,2 0,2
10 20 30 40 600 1200 1800 2400
Velocit di rotazione motore n [giri/s] Velocit di rotazione motore n [giri/min]

Fig. 21.15 - Piani quotati del consumo di combustibile di due motori a quattro tempi ad accensione per compressione: N. 1 -
motore da 13,8 dm3 di cilindrata totale; N. 2 - motore Iveco 8460.41 di 9,5 dm3 di cilindrata totale. Sulle curve verdi di isoconsumo
i numeri indicano il consumo specifico in g/MJ (tra parentesi g/(kWh)).

Determiniamo la portata di combustibile mb e leconomia di combustibile Eb con la 21-26. Ad


esempio, in corrispondenza di pme = 0,72 MPa e n = 19 giri/s, il consumo del motore N. 1 risulta
qb = 59,3 g/MJ e la portata di combustibile vale:

mb = qbPu = 59,3 g/MJ 94,1 kW = 59,3 10 9 kg/J 94,1 103 J/s = 0,00558 kg/s = 5,58 g/s

v b 22,2 m/s 0,835 kg/dm3


Eb = = = 3322 m/dm3 = 3,32 km/dm3
mb 0,00558 kg/s

I risultati completi sono:

n pme Pu qb mb Eb
[giri/s] [MPa] [kW] [g/MJ] [g/(kWh] [g/s] [km/dm3]
19 0,72 94,1 59,3 213,5 5,58 3,32
21 0,65 94.1 60,6 218,1 5,70 3,25 Motore N. 1
25 0,54 94,1 63,9 230,0 6,01 3,08
19 1,04 94,1 57,6 207,4 5,42 3,42
21 0,94 94,1 57,8 208,1 5,44 3,41 Motore N. 2
25 0,79 94,1 58,2 209,5 5,48 3,38

c) La pendenza massima superabile viene calcolata in base alla riserva di potenza che rimane al motore
dopo aver soddisfatto la potenza spesa per superare resistenza di rotolamento e resistenza dellaria.
Definiamo la pressione media effettiva esuberante pme,es, come la differenza fra la pressione media effet-
tiva massima pme,max, e quella di lavoro pme che abbiamo appena calcolato.

pme,es = pme,max pme

Leggiamo, in corrispondenza delle velocit del motore interessate n, sui piani quotati la pme,max e sot-
traiamo a questa la pme in modo da ottenere la pme,es.
450 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

n pme,max pme pme,es


[giri/s] [MPa] [MPa] [MPa]
19 1,42 0,72 0,70
21 1,41 0,65 0,76 Motore N. 1
25 1,36 0,54 0,82
19 1,70 1,04 0,66
21 1,71 0,94 0,77 Motore N. 2
25 1,72 0,79 0,93

Tenendo conto del rendimento meccanico della trasmissione mt r , si calcola la potenza motrice esu-
berante alle ruote Pm,es, corrispondente alla pressione media effettiva esuberante pme,es, con la 21-16:
n
Pm,es = mt r pme,esiV
2
Ad esempio, basandoci sui dati della prima riga della tabella, abbiamo:
19 giri/s
Pm,es = 0,93 700.000 Pa 0,0138 m3 = 85,3 kW
2
La potenza esuberante Pm,es pu essere utilizzata per vincere una resistenza su pendenza Rp alla velo-
cit del veicolo v = 22,2 m/s data da: Pm,es
Rp =
v
e quindi calcoliamo la pendenza superabile:
Rp
Rp = mg (pendenza) pendenza =
mg
ottenendo:
Pm,es 85.300 W
Rp = = = 3842 N
v 22,2 m/s
Rp 3842 N
pendenza = = = 0,0098 = 0,98%
mg 9,81 m/s2 40 103 kg
Di seguito riportata la tabella completa con le diverse pendenze superabili a seconda dei motori e
dei rapporti totali di trasmissione tot installati.

2,8 3,1 3,7


n giri/s 19 21 25
pme MPa 0,72 0,65 0,54
pme,es MPa 0,70 0,76 0,82
Motore N. 1
Pm,es kW 85,3 102,4 131,5
Rp N 3842 4612 5923
Pendenza % 0,98 1,17 1,51
Eb km/dm3 3,32 3,25 3,08
2,8 3,1 3,7
n giri/s 19 20 25
pme MPa 1,04 0,94 0,79
pme,es MPa 0,66 0,77 0,93
Motore N. 2
Pm,es kW 55,4 71,4 102,7
Rp N 2495 3216 4616
Pendenza % 0,63 0,82 1,18
Eb km/dm3 3,42* 3,41 3,38
* la soluzione migliore, come economia di combustibile, anche se, per questo veicolo, sarebbe opportuno
avere una potenza massima di 300 kW (con prestazioni migliori) anzich di 234 kW. Una pendenza accetta-
bile tra 1 e 2%.
21.7. SOMMARIO 451

COMMENTI

La risposta allultima domanda considera la pendenza massima superabile alla velocit assegnata e cam-
bio in presa diretta (1:1). ovvio che la pendenza massima superabile dal veicolo, ferme restando le for-
mule impiegate ma variandone solo i parametri, dovr essere calcolata nelle condizioni di coppia massima
e del rapporto al cambio pi ridotto (rapporto della prima marcia), come illustrato nella Figura 21.13.
I motori sovralimentati (sono quelli utilizzati per lEsempio) consentono di ridurre la cilindrata, a parit
di potenza con lequivalente motore aspirato. Ci consente di lavorare, a pari n, con pme pi elevate e quindi
in regioni del piano quotato con consumo specifico di combustibile pi basso. Perci anche da questo
punto di vista i motori sovralimentati sono avvantaggiati rispetto ai motori aspirati.

21. 7 SOMMARIO

Il rendimento ind del ciclo indicato dato dal rapporto tra il lavoro per unit di massa lind e il calore mas-
sico qS introdotto nel ciclo ind = lind /qS . Il lavoro utile lu disponibile allalbero motore dato dalla dif-
ferenza tra il lavoro indicato lind ricavato dal ciclo e il lavoro passivo lv, lavoro che tiene conto del
lavoro perduto per attriti meccanici e del lavoro speso per il comando degli accessori lu = lind lv.

Il rendimento organico il rapporto tra il lavoro utile lu e il lavoro indicato lind (o = lu /lind), men-
tre il rendimento utile u il rapporto tra il lavoro utile lu e il calore fornito dal combustibile qS
(u = lu /qS). Il rendimento u pu anche essere espresso in termini di potenze come rapporto tra

la potenza utile Pu e la potenza termica Q S data dal prodotto della portata di combustibile m b per
il potere calorifico inferiore Hi del combustibile: u = Pu /m b H i . Dividendo la portata di com-
bustibile m b per la potenza utile Pu, si ottiene il consumo specifico di combustibile qb = m b /Pu.
A sua volta il consumo specifico qb legato al rendimento utile u da una relazione che tiene
conto del potere calorifico inferiore Hi del combustibile u = 1/qb Hi.
La portata daria ma , che alimenta il motore, data dal prodotto del coefficiente di riempimento
v, della massa volumica del fluido motore, della cilindrata iV e della velocit di rotazione n,
che va divisa per 2 nel caso del motore a quattro tempi, dove, a differenza del motore a due
tempi, sono necessari due giri dellalbero a gomito per completare un ciclo.

n
ma = v iV << a quattro tempi >> ma = v iVn << a due tempi >>
2

Sempre tenendo conto della differenza tra motore a quattro e a due tempi, si ricava la potenza utile
Pu , data dal prodotto del rendimento utile u, del coefficiente di riempimento v, della massa volu-
mica dellaria, del rapporto tra potere calorifico del combustibile Hi e dosatura = m a /m b ,
della cilindrata iV e della velocit di rotazione n.

Hi n Hi
Pu = u v iV << a quattro tempi >> Pu = u v iVn << a due tempi >>
2

La pressione media effettiva pme, parametro indicativo del carico termomeccanico del motore,
viene definita come lavoro utile Lu per ciclo e per unit di cilindrata V ed data dal prodotto del
rendimento u, del coefficiente di riempimento v , della massa volumica dellaria e del rap-
porto tra potere calorifico Hi e dosatura .

Hi
pme = u v

452 CAPITOLO 21. MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

In funzione della pressione media effettiva pme si possono esprimere sia la potenza Pu
n
Pu = pmeiV << a quattro tempi >> Pu = pmeiVn << a due tempi >>
2
che la coppia Mu sviluppata dal motore
iV iV
M u = pme << a quattro tempi >> M u = pme << a due tempi >>
4 2

Esercizi proposti
21.1 Un motore per automobile a quattro cilindri, 21.6 Calcolare la potenza indicata Pind di un motore
avente cilindrata totale pari a 1,995 dm3, ruota alla velo- ad accensione comandata, noti potenza utile (45 kW) e
cit di 90 giri/s. Calcolare cilindrata unitaria V, corsa C e rendimento organico (0,8).
velocit media vm, del pistone, sapendo che il rapporto Pind = 56 kW
corsa/alesaggio C/D di 1,05.
V = 0,4987 dm3;
21.7 Di un motore a due tempi ad accensione per
C = 89 mm;
compressione sono noti: velocit di rotazione (1,659 giri/s),
vm = 16 m/s
velocit media del pistone (7,3 m/s), rapporto corsa/ale-
saggio (3,665), pressione media effettiva (1,7 MPa) e
21.2 Di un motore a sei cilindri per veicoli industriali numero di cilindri (8). Calcolare corsa C, alesaggio D,
sono assegnati corsa (136 mm), cilindrata totale (10 dm3) cilindrata unitaria V e potenza Pu.
e rapporto di compressione (16). Calcolare raggio di C = 2200 mm;
manovella r dellalbero motore, cilindrata unitaria V, D = 600 mm;
volume dello spazio morto Vm e alesaggio D. V = 622 dm3;
Pu = 14 MW
r = 68 mm;
V = 1,667 dm3;
Vm = 0,111 dm3; 21.8 Calcolare la portata daria ma di un motore a
D = 125 mm quattro tempi di cui sono assegnati coefficiente di riempi-
mento (0,9), cilindrata totale (2 dm3) e velocit di rota-
21.3 Calcolare il rendimento ideale Otto di un ciclo di zione (60 giri/s) La massa volumica dellaria aspirata
un motore ad accensione comandata che ha un rapporto pari a 1,2 kg/m3.
m a = 0,065 kg/s
di compressione pari a 10.
Otto = 0,6
21.9 Sono assegnati rendimento utile (0,30), coeffi-
21.4 Calcolare il rendimento ideale Diesel di un ciclo ciente di riempimento (0,88), cilindrata (1,8 dm3), dosa-
Diesel avente un rapporto volumetrico di compressione tura (15,5 kg aria/kg combustibile) e velocit di rotazione
pari a 18 e un rapporto di temperatura a pressione co- (70 giri/s) di un motore a quattro tempi ad accensione
stante pari a 2,8. comandata. Si conoscono inoltre massa volumica della-
Diesel = 0,6 = 60% ria (1,2 kg/m3) e potere calorifico inferiore della benzina
(44 MJ/kg). Calcolare la potenza utile Pu .
21.5 Di un motore ad accensione comandata ven-
gono misurate la portata in volume di benzina (5,4 cm3/s) Pu = 56,7 kW
e la potenza al freno (45 kW). La massa volumica della
benzina pari a 0,741 kg/dm3 e il suo potere calorifico 21.10 Sono assegnati rendimento utile (0,28), coeffi-
inferiore uguale a 44 MJ/kg. Calcolare portata in massa ciente di riempimento (0,85), cilindrata (1,0 dm3), dosatura
mb , consumo specifico di combustibile qb, potenza ter- (15,5 kg aria/kg combustibile) e velocit di rotazione

mica introdotta Q S e rendimento utile u. (83,3 giri/s) di un motore a quattro tempi ad accensione
b = 4 g/s; comandata. Si conoscono inoltre massa volumica della-
m
ria (1,2 kg/m3) e potere calorifico inferiore della benzina
qb = 88,9 g/MJ = 320 g/(kWh);
(44 MJ/kg). Calcolare la potenza utile Pu.
Q S = 176 kW;
u = 0,255 = 25,5% Pu = 33,8 kW
ESERCIZI PROPOSTI 453

21.11 Noti potenza utile (33,8 kW), cilindrata (1 dm3) e la potenza Pu nelle condizioni di coppia massima
e velocit di rotazione (83,3 giri/s) di un motore a quat- (Mu,max = 265 Nm e n = 23,3 giri/s).
tro tempi ad accensione comandata, calcolare pressione Mu = 207 Nm;
media effettiva pme e coppia motrice Mu. Pu = 38,8 kW

pme = 0,81 MPa;


Mu = 64,5 Nm 21.14 Un motore Diesel ad iniezione diretta a quat-
tro tempi sviluppa la potenza utile di 300 kW con un
21.12 Calcolare la coppia Mu erogata da un motore consumo specifico di combustibile pari a 56 g/MJ. Sa-
a due tempi di cui si conoscono pressione media effettiva pendo che il gasolio ha il potere calorifico inferiore di
(1,7 MPa) e cilindrata (5000 dm3). 43,3 MJ/kg, calcolare la potenza termica Q S resa dispo-
Mu = 1,35 MNm nibile dal combustibile e il rendimento del motore u.

21.13 Calcolare la coppia Mu di un motore nelle con- Q S = 727,5 kW;


dizioni di massima potenza (Pu,max = 65 kW e n = 50 giri/s) u = 0,41
Capitolo 22
CONFRONTO
DEI SISTEMI
ENERGETICI

22. 1 CONVERSIONE DELLENERGIA


I quattro rettangoli della Figura 22.1 individuano forme diverse di energia, mentre le frecce indi-
cano la conversione di energia da una forma ad unaltra. In ciascun caso lenergia viene con-
servata cos come stabilito dal primo principio della termodinamica; la conversione, tuttavia,
non pu mai essere completa: lenergia termica, ad esempio, non pu mai venire completamente
convertita in energia meccanica in modo continuo.
Come esempi delle diverse forme di energia immagazzinata (I) si possono citare:
lenergia chimica contenuta nei combustibili che viene rilasciata durante la combustione;
lenergia nucleare che viene rilasciata durante la fissione;
lenergia associata con la velocit del vento;
lenergia dellacqua dietro la diga di un impianto idroelettrico.
Lenergia termica (T) rappresenta sia lenergia che
Immagazzinata pu venire immagazzinata in una regione, ad esempio
(I) ad alta temperatura, sia lenergia che viene trasferita
come calore da, oppure a, una data regione.
Per energia meccanica (M) si intende il lavoro fornito
Termica dallalbero di un motore o di una turbina oppure
(T) richiesto da una pompa.
Lenergia elettrica (E) infine rappresenta lenergia elet-
trica fornita da un generatore o da una batteria oppure
Meccanica Elettrica richiesta da un motore elettrico. Il pregio dellenergia
(M) (E) elettrica , tra laltro, legato alla sua possibilit di
essere trasportata in grande quantit su lunghe distanze.
Fig. 22.1 - Il triangolo dellenergia.

22. 2 CONVERSIONE DELLENERGIA


TRASFORMAZIONI NON CICLICHE
Gli impianti per la generazione di energia elettrica basati sulle turbine eoliche sono degli
esempi di conversione della energia nelle trasformazioni non cicliche: con un aerogeneratore
si passa dallenergia immagazzinata (I) allenergia meccanica (M) e quindi a quella elettrica (E)
seguendo il percorso I M E. Altri esempi sono le turbine idrauliche; in questultimo
caso possibile la conversione inversa (E M I) facendo uso delle macchine reversibili
che utilizzano lenergia elettrica (E) per pompare (M) lacqua che viene immagazzinata (I ) in
22.3. CONVERSIONE DELLENERGIA TRASFORMAZIONI CICLICHE 455

un bacino, ad esempio, durante la notte in modo da far fronte alle punte di richiesta di energia
elettrica durante il giorno.
Le pile a secco di una radio convertono lenergia chimica immagazzinata (I) direttamente in ener-
gia elettrica (E), ma non sono ricaricabili e quindi, una volta scariche devono essere gettate via.
Al contrario gli accumulatori, come le batterie delle automobili, sono invece ricaricabili, sono
cio capaci di convertire lenergia chimica in energia elettrica (I E) e viceversa (E I).
Altro esempio di conversione diretta I E rappresentato dalla pila a combustibile (Scheda
22.1); in essa lidrogeno, reagendo con lossigeno dellaria, produce energia elettrica ed acqua:
la reazione inversa a quella con cui lidrogeno viene prodotto. Lelettricit, prodotta con una
resa energetica superiore al 70% e senza alcuna emissione di sostanze nocive, potrebbe venire
utilizzata per la propulsione dei veicoli mediante i normali motori elettrici. La tecnologia delle
pile a combustibile (ne esistono di diversi tipi), sviluppate allorigine per impieghi aerospaziali,
sar applicata ai veicoli una volta risolti i complessi problemi legati alla produzione, al trasporto
ed infine allo stoccaggio a bordo dellidrogeno22.1.

22. 3 CONVERSIONE DELLENERGIA


TRASFORMAZIONI CICLICHE
Il motore termico, effettua la conversione dellenergia nelle trasformazioni cicliche: il motore
termico infatti trasforma parte dellenergia termica ricevuta (T) in lavoro meccanico (M)
descrivendo un ciclo termodinamico. Sulla base del primo principio della termodinamica, il ren-
dimento del motore termico, rapporto per la 16-15 tra lavoro prodotto ed energia termica for-
nita, risulta piuttosto basso: ad esempio, nel caso di un impianto motore a vapore dedicato alla
generazione di elettricit, pu aggirarsi attorno al 33%. Che ne della parte che rimane, cio
i1 67%, che non viene convertita in lavoro?
Per una macchina che effettua un ciclo la risposta viene data dal secondo principio della ter-
modinamica che pone come limite il rendimento del ciclo di Carnot (16-18). Quindi un motore
termico non pu convertire in lavoro tutta lenergia termica che gli stata fornita; pi in parti-
colare, il secondo principio afferma che non tutta lenergia termica di uguale utilit nel pro-
durre lavoro. Consideriamo, ad esempio, una sorgente di calore alla temperatura TS = 2000 K,
che scambia energia, sotto forma di calore (qS = 1000 kJ/kg) con un motore termico, il quale a
sua volta cede calore alla sorgente inferiore che si trova alla temperatura ambiente TI = 300 K
(Figura 22.3). La massima frazione di calore, che un motore pu convertire in lavoro, data dal
rendimento max dellequazione 16-18:
T 300 K
max = 1 I = 1 = 0,85
TS 2000 K
e il lavoro massimo lmax , per lequazione 16-15, dato da:
lmax = maxqS = 0,85 1000 kJ/kg = 850 kJ/kg

22.1 - I costi energetici di produzione blema ancora del tutto insoluto quello la trasformazione di ogni stazione di
dellidrogeno, che dovrebbe venir pro- di immagazzinare lidrogeno a bordo di servizio in una base di lancio di satel-
dotto a partire da fonti che non facciano un veicolo, improponibile con le tecno- liti. Pu essere sistemato a bordo del
uso di combustibili fossili (energia nu- logie attuali poich: veicolo un combustibile diverso dal-
cleare, idroelettrica, ecc.) in modo da in forma gassosa, il peso e il volume lidrogeno. In tal caso richiesta la
evitare le emissioni tipiche degli im- dei serbatoi prenderebbero il peso e il presenza sul veicolo di un impianto
pianti termici, sono molto alti. La rete di posto del carico utile del veicolo; chimico che trasformi il combustibile
distribuzione, che tenga conto di un gas in forma liquida (ad una temperatura in idrogeno. Uno dei combustibili che
avente limiti di infiammabilit estrema- inferiore a 253 C), costringerebbe il risulta pi adatto a questo scopo lal-
mente ampi, tutta da costruire. Un pro- ricorso a tecnologie aerospaziali con cool metilico o metanolo.
456 CAPITOLO 22. CONFRONTO DEI SISTEMI ENERGETICI

SCHEDA 22.1

LA PILA A COMBUSTIBILE

Nel recipiente, schematizzato nella Figura 22.2, vi una soluzione di idrossido di potassio
(KOH con ioni potassio K+ e ioni idrossili OH). In due compartimenti separati, al fine di evi-
tarne la reazione esplosiva, si procede allalimentazione continua, funzione del loro consumo,
di idrogeno H2 a sinistra e di ossigeno O2 a destra. Sullelettrodo positivo il comburente O2
viene ridotto:

O2 + 2H2O + 4e 4OH 22-1

Allelettrodo negativo, il combustibile H2 viene ossidato mediante gli ioni OH provenienti


dallidrossido di potassio:
2H2 + 4OH 4H2O + 4e 22-2

I quattro elettroni (4e), prodotti a sinistra dalla reazione 22-2, raggiungono il circuito
esterno e rientrano, a destra, dove riducono lossigeno con la reazione 22-1. Dal comparti-
mento di destra, essi ritornano, attraverso la regione delimitata dai due elettrodi porosi, nel
compartimento di sinistra legati ai quattro ioni (4OH), chiudendo in tal modo il circuito.
Il bilancio globale delle due reazioni precedenti espresso dalla reazione di sintesi dellac-
qua:
2H2 + O2 2H2O 22-3

Trattandosi di reazioni piuttosto lente, necessario far uso nella pila a combustibile di
catalizzatori costosi (nichel, platino, ecc.).

CIRCUITO ESTERNO

e e
combustibile comburente
H2 K + O2

H2
OH
O2

H2O OH

H2
e H2O O2
H2O
elettrodi
porosi

Fig. 22.2 - Schema del funzionamento della pila a combustibile.


22.4. RENDIMENTI DEGLI IMPIANTI TERMICI 457

Sorgente superiore Sorgente superiore


TS = 2000 K TS = 750 K

qS = 1000 kJ/kg qS = 1000 kJ/kg

Motore lmax = qdisp = 850 kJ/kg Motore lmax = qdisp = 600 kJ/kg
termico termico

qinutil = 150 kJ/kg qinutil = 400 kJ/kg

Sorgente inferiore Sorgente inferiore


TI = 300 K TI = 300 K

Fig. 22.3 - Lenergia disponibile in ambedue i casi qS = 1000 kJ/kg, ma lenergia inutilizzabile risulta nel primo
caso (sorgente alla temperatura elevata TS = 2000 K) qinutil = 150 kJ/kg, mentre nel secondo caso (sorgente alla
temperatura bassa TS = 750 K) risulta qinutil = 400 kJ/kg.

Se adesso consideriamo una sorgente, alla temperatura TS = 750 K, che scambia sempre la quan-
tit di calore qS = 1000 kJ/kg con un motore che cede, a sua volta, calore alla temperatura TI
ancora uguale a 300 K, abbiamo:
300 K
max = 1 = 0,6
750 K
lmax = 0,6 1000 kJ/kg = 600 kJ/kg
Perci la stessa quantit di calore, qS = 1000 kJ/kg, fornita da una sorgente a 2000 K pi utile
nella produzione di lavoro di una sorgente a 750 K: nel primo caso otteniamo 850 kJ/kg e nel
secondo caso 600 kJ/kg. Teniamo conto di questo dicendo che lenergia fornita dalla sorgente,
con temperatura TS maggiore, di alta qualit o di alto livello, mentre quella fornita dalla sor-
gente, con temperatura TS minore, di bassa qualit o di basso livello. Possiamo anche parlare
di una degradazione progressiva dellenergia termica, man mano che questa viene trasferita, in
modo irreversibile, verso regioni a pi bassa temperatura.
In conclusione, lutilit di una data quantit di energia termica nel produrre lavoro dipende non
solo dalla quantit di energia a disposizione, ma anche dalla temperatura della sorgente dalla
quale essa viene fornita. Si riconosce cos che tutta lenergia non ha la stessa qualit o grado e
che la degradazione dellenergia termica un processo naturale nel momento in cui lenergia
termica viene trasferita a regioni a pi bassa temperatura. Bisognerebbe allora evitare di con-
sumare il combustibile fossile in grado di produrre alte temperature e quindi energia di alto
grado per produrre poi energie utilizzate a basse temperature e quindi di basso grado. Significati-
vo lesempio dellimpianto termoelettrico citato sopra in cui lenergia inutilizzata pari al
67%, cio pi del doppio del lavoro prodotto (33%) ed oltretutto viene dispersa come calore nel-
lacqua e nellaria di raffreddamento con gravi danni allambiente; questa enorme quantit di
energia termica andrebbe recuperata sia per motivi di risparmio energetico sia per motivi di sal-
vaguardia ecologica.

22. 4 RENDIMENTI DEGLI IMPIANTI TERMICI


A partire dalla motrice alternativa a vapore (Figura 22.4), i rendimenti globali raggiungibili
con i principali impianti termici sono decisamente migliorati (Tabella 22.1). I motori alterna-
tivi a combustione interna, e in particolare i motori ad accensione per compressione, presentano
i rendimenti pi alti in assoluto tra tutte le macchine termiche; ci tanto pi rilevante se si pensa
che motori di potenza relativamente modesta (da 0,3 a 0,5 MW) impiegati sui veicoli pesanti
458 CAPITOLO 22. CONFRONTO DEI SISTEMI ENERGETICI

Fig. 22.4 - La motrice alternativa a vapore, cuore della prima era industriale, ha dominato, con rendimenti glo-
bali attorno a 0,16, la generazione di potenza negli impianti fissi e nei trasporti (ferrovie e navi) per pi di un
secolo fino allavvento della turbina a vapore e del motore a combustione interna.

Tabella 22. 1
Rendimento globale raggiungibile con motori termici confrontati con il rendimento del ciclo di
Carnot
Motori ad accensione comandata
a iniezione indiretta di benzina 0,34
a iniezione diretta di benzina 0,38
a iniezione indiretta di gas naturale 0,37
Motori ad accensione per compressione sovralimentati e interrefrigerati
a iniezione indiretta 0,37
a iniezione diretta 0,45
a iniezione diretta turbocomposito 0,49
a iniezione diretta turbocomposito e con recupero di energia 0,55
Impianti di turbina a gas per applicazioni stazionarie 0,34
Impianti a ciclo combinato (turbina a gas + turbina a vapore) 0,49
Impianti con turbina a vapore 0,40
Ciclo di Carnot con temperature estreme TS = 1950 K e TI = 300 K (16-18) 0,85

stradali, che devono poter funzionare in condizioni variabili di carico e velocit di rotazione e
allo stesso tempo devono soddisfare limiti molto severi di emissioni, vengono confrontati con
impianti motori a vapore di potenza estremamente elevata (200 MW) sui quali, proprio per le
dimensioni, sono consentiti risparmi notevoli per laccentramento degli ausiliari e dei sistemi
di abbattimento degli inquinanti.
22.4. RENDIMENTI DEGLI IMPIANTI TERMICI 459

Per renderci conto dei motivi che portano a rendimenti cos diversi, confrontiamo limpianto
motore a turbina a gas con limpianto motore a vapore. Il vantaggio fondamentale dellimpianto
a vapore rappresentato dal fatto che il fluido di lavoro si trova inizialmente in fase liquida e
solo successivamente passa allo stato di vapore. Il lavoro richiesto per comprimere il liquido
molto piccolo rispetto al lavoro prodotto dallespansione del vapore. Possono perci essere tol-
lerati rendimenti anche modesti nel processo di compressione del liquido fatto dalla pompa e
nel processo di espansione del vapore che avviene in turbina. Al contrario, quando si vuole
impiegare un fluido di lavoro che rimane in fase gassosa lungo tutto il ciclo, il processo di com-
pressione del gas richiede una parte notevole del lavoro di espansione prodotto dalla turbina. Il
basso rapporto tra lavoro di compressione del liquido e lavoro ottenuto in turbina stato il
motivo determinante nellaffermazione iniziale dellimpianto a vapore, come unica tecnologia
in grado di produrre potenze elevate.
Confrontiamo adesso limpianto motore con turbina a gas con il motore alternativo a combu-
stione interna. In questultimo sistema lintervallo di temperatura, entro cui avviene il ciclo,
cos ampio che il gas a bassa temperatura da comprimere molto pi denso del gas ad alta tem-
peratura che viene fatto espandere e quindi il rapporto tra lavoro richiesto dalla compressione
e lavoro prodotto dallespansione ancora basso. Inoltre nei motori alternativi a combustione
interna possibile raggiungere temperature estremamente elevate (fino a 2700 K), proprio per-
ch il moto alternativo fa s che le parti del motore affacciate alla camera di combustione ven-
gano esposte a temperature tanto alte per tempi brevissimi; la struttura poi del motore alterna-
tivo tale da intervenire con un raffreddamento efficace anche nelle parti pi esposte. Al
contrario, nella turbina a gas occorre limitare in modo drastico le temperature di ingresso in tur-
bina in funzione delle caratteristiche di resistenza del materiale che costituisce la palettatura della
turbina; esistono inoltre delle difficolt di refrigerazione delle parti pi esposte proprio a causa
del moto rotante del sistema. Queste temperature massime, che nelle turbine a gas normali ven-
gono solitamente limitate a 1300 1350 K mentre nelle turbine per impieghi militari, con sistemi
di raffreddamento estremamente efficienti, possono arrivare fino a 1500 1600 K, sono otte-
nute lavorando con eccessi di aria elevati, cio con una quantit di aria che, essendo maggiore
di quanto richiesto dalla combustione completa (stechiometrica), in grado di diluire i prodotti
di combustione abbassandone la temperatura. In conseguenza delle pi basse temperature mas-
sime, il sistema turbina a gas opera su un fluido che si trova a una massa volumica, durante la
compressione, non molto diversa da quella che ha durante lespansione. Ci, a differenza del
motore alternativo, porta a un valore elevato del rapporto tra il lavoro del compressore e quello
della turbina e quindi solo con elevati rendimenti interni del compressore e della turbina
possibile ottenere un lavoro risultante sufficiente a garantire un rendimento globale ancora accet-
tabile dellimpianto motore con turbina a gas. A causa di problemi di fluidodinamica, pi dif-
ficile progettare un compressore efficiente che una turbina efficiente; fino al 1940 non si
disponeva infatti di turbocompressori con rendimenti interni sufficientemente elevati da far s
che il lavoro risultante di tutto limpianto (lavoro della turbina meno quello del compressore e
degli ausiliari) fosse maggiore di zero. Da allora molti passi sono stati fatti nella tecnologia dei
turbocompressori e attualmente, per alcuni impieghi, gli impianti con turbina a gas sono com-
petitivi con gli impianti a vapore e i motori alternativi a combustione interna.
I rendimenti globali raggiungibili con i tre sistemi che abbiamo confrontato sono dellordine di:
0,40 per grossi impianti termoelettrici; questo valore del rendimento non pu essere ulterior-
mente migliorato in quanto limitato dal fatto che il fluido (cio il vapore) lavora a tem-
perature massime del ciclo piuttosto basse ( 900 K) e quindi il rendimento, per il secondo
principio della termodinamica, non pu essere molto alto. Ad ogni modo un rendimento
globale di 0,40 rappresenta un valore molto buono che viene ottenuto perch questa stata
la prima tecnologia a svilupparsi e perch si lavora su impianti molto grandi;
0,55 in grossi motori Diesel che funzionano a regime fisso; questo valore giustificato dalle
altissime temperature del ciclo che possono essere tollerate dai materiali in quanto ven-
gono raggiunte solo per brevissimi istanti nel ciclo;
460 CAPITOLO 22. CONFRONTO DEI SISTEMI ENERGETICI

0,34 per impianti con turbina a gas; tale rendimento potr essere migliorato nella misura in cui
venga aumentata la temperatura massima del ciclo, cio quella del gas allingresso in tur-
bina, e i rendimenti interni del compressore e della turbina;

0,49 il rendimento conseguibile qualora venga accoppiato, in un ciclo combinato, il ciclo della
turbina a gas con il ciclo a vapore: lenergia termica ancora presente nei gas di scarico della
turbina viene utilizzata come fonte di calore per lacqua che viene fatta evaporare ed effet-
tua un ciclo a vapore.

Se da una parte la turbina a gas presenta dei problemi di rendimento globale, dallaltra parte pre-
senta numerosi vantaggi non indifferenti nelle applicazioni. Innanzitutto si tratta di un impianto
molto semplice. Rispetto allimpianto a vapore non abbiamo la caldaia in quanto vengono uti-
lizzati direttamente i gas prodotti dalla combustione; il condensatore pure soppresso perch
i gas combusti vengono solitamente scaricati nellatmosfera e sostituiti con aria fresca. Rispetto
al motore alternativo, la turbina a gas di costruzione pi compatta e molto pi leggera; ci
reso possibile dalle parti in moto rotatorio e dalle minori pressioni massime di combustione. Lin-
quinamento inoltre, a causa del funzionamento con notevoli eccessi di aria (miscele molto
povere) e con basse temperature massime di combustione, tendenzialmente minore. Gli
impianti con turbina a gas offrono il vantaggio di una messa in marcia sufficientemente rapida
per raggiungere il massimo carico; un impianto motore a vapore richiede fino a 24 ore di
tempo per raggiungere la massima potenza con partenza a freddo, in gran parte a causa del
tempo richiesto per la regimazione termica della caldaia. Molti impianti impiegano sistemi a
vapore per soddisfare le richieste medie dellutenza e turbine a gas da 25 a 50 MW per soddi-
sfare i valori di punta.

22. 5 IL RECUPERO DELLENERGIA TERMICA


NEL MOTORE DIESEL
Il rendimento cos elevato che possibile (Tabella 22.1) raggiungere sul motore ad accensione
per compressione, o motore a ciclo Diesel, dovuto in primo luogo alle caratteristiche della com-
bustione. In secondo luogo occorre tener conto di tutti quei sistemi messi in opera per recupe-
rare lenergia termica.

Abbiamo gi parlato della sovralimentazione con turbina a gas di scarico che costituisce la forma
base di recupero di parte dellenergia contenuta nei gas di scarico. La temperatura massima dei
gas di scarico del motore Diesel (in particolare di quello a iniezione diretta) notevolmente pi
bassa ( 650 C) di quella del motore ad accensione comandata ( 850 C). Pur tuttavia la sovra-
limentazione applicata principalmente al motore ad accensione per compressione in quanto
qui non esiste il pericolo, tipico del motore ad accensione comandata, della detonazione allor-
ch si aumenta la pressione di mandata dellaria che alimenta il motore. Sempre per i motori ad
accensione per compressione, ma limitatamente alle versioni con potenze pi elevate, si pu
impiegare unulteriore forma di recupero di parte dellenergia dei gas di scarico attraverso una
seconda turbina (detta di potenza) che riversa la sua potenza non sul compressore ma sullal-
bero motore.

Una forma pi completa di recupero dellenergia quella di inviare lacqua utilizzata per il raf-
freddamento in una caldaia dove, sfruttando lenergia contenuta nei gas di scarico, viene gene-
rato vapore a bassa pressione. Nei grandi motori marini lenti a due tempi ad accensione per com-
pressione (velocit di rotazione n < 7 giri/s) il beneficio derivante dallaumento del rendimento
utile pu giustificare linstallazione di sistemi ancor pi completi di recupero dellenergia.
Vengono, ad esempio, impiegati sistemi di interrefrigerazione dellaria compressa mandata al
motore in tre stadi aventi le seguenti funzioni:
22.5. IL RECUPERO DELLENERGIA TERMICA NEL MOTORE DIESEL 461

il primo stadio produce acqua calda pressurizzata per il riscaldamento degli impianti e delle
linee di combustibile;
il secondo stadio fornisce lacqua di alimentazione alla caldaia che, utilizzando il calore dei
gas di scarico, genera vapore a bassa pressione, fatto espandere poi in una turbina a vapore
per produrre lelettricit necessaria agli impianti di bordo;
nel terzo stadio viene semplicemente fatta circolare acqua di mare in modo da raggiungere
la temperatura voluta dellaria che alimenta il motore.
In questo modo viene realizzato un ciclo combinato (ciclo Diesel del motore ad accensione per
compressione + ciclo a vapore che utilizza parte dellenergia spesa nellinterrefrigerazione e
parte dellenergia dei gas di scarico), analogo a quello illustrato per gli impianti con turbina a
gas, ma con rendimenti ancora maggiori (Tabella 22.1): il rendimento del motore ad accensione
per compressione passa da 0,51 (soluzione base) a 0,53 (soluzione turbocomposita) e quindi a
0,55 (ciclo combinato) contro 0,49 del ciclo combinato dellimpianto con turbina a gas.
Sempre sul recupero dellenergia termica allo scarico basato il sistema modulare ad energia
totale (dallinglese Total Energy Module): il modulo base costituito da un motore alterna-
tivo ( Diesel oppure ad accensione comandata) di cui si cerca di utilizzare lenergia totale
come somma dellenergia elettrica generata allalbero e dellenergia termica recuperata dai gas
di scarico con uno scambiatore; linsieme di pi moduli, unitamente ad altre forme di risparmio
energetico rese possibili dal sistema in cui sono inseriti i moduli, costituisce un aggregato che
viene principalmente utilizzato per la produzione di energia elettrica e termica centralizzata.
Lenergia elettrica eccedente le richieste del sistema viene rimessa in rete.

14
3

13
4

12
5

11

10 9 8 7 6

Fig. 22.5 - Sistema Total Energy Module.


1 Motore termico 6 Scambiatore acqua/acqua 11 Ingresso acqua fredda
2 Serbatoio dellacqua 7 Generatore elettrico 12 Isolamento termico e acustico
3 Scambiatore gas/acqua 8 Gas di scarico 13 Ingresso aria
4 Scambiatore olio/acqua 9 Collegamento alla rete elettrica 14 Alimentazione del combustibile
5 Contenitore dellolio 10 Uscita acqua calda (in questo caso gas naturale)
462 CAPITOLO 22. CONFRONTO DEI SISTEMI ENERGETICI

22. 6 SOMMARIO
Esempi di conversioni non cicliche sono la generazione di energia elettrica con le turbine eoli-
che o con le turbine idrauliche sfruttando rispettivamente lenergia del vento o dellacqua di un
bacino; con le macchine reversibili possibile compiere questa operazione in senso inverso pom-
pando acqua al bacino in modo da poter riutilizzare lenergia immagazzinata nelle ore di punta.
Un altro esempio di conversione non ciclica, particolarmente interessante sia per lelevato
rendimento (> 70%) sia per lassenza di inquinamento, rappresentato dalla pila a combusti-
bile con cui, partendo dallidrogeno come combustibile, si produce energia elettrica che viene
poi utilizzata per la propulsione del veicolo con i normali motori elettrici.
Per una macchina, quale il motore termico, che nel convertire lenergia termica in lavoro mec-
canico effettua un ciclo termodinamico, il limite superiore al rendimento quello del ciclo di
Carnot. Risulta cos che lutilit di una data quantit di energia termica per generare lavoro
dipende anche dalla temperatura della sorgente dalla quale essa viene fornita: lenergia ad alta
temperatura di alto grado, mentre quella a bassa temperatura di basso grado.
I motori alternativi a combustione interna, e in particolare i motori Diesel, presentano i rendi-
menti pi alti in assoluto tra tutte le macchine termiche; ci tanto pi rilevante se si pensa che
motori di potenza relativamente modesta (da 0,3 a 0,5 MW) per il trasporto stradale pesante ven-
gono confrontati con impianti motori a vapore di potenza estremamente elevata (200 MW) sui
quali, proprio per le dimensioni, sono consentiti risparmi notevoli per laccentramento degli ausi-
liari e dei sistemi di abbattimento degli inquinanti.
APPENDICE

A.1 Algebra
A.1.1 Proporzioni
A.1.2 Risoluzione di equazioni
A.1.3 Sistemi di equazioni
A.1.4 Equazioni di secondo grado

A.2 Esponenti e logaritmi


A.2.1 Esponenti
A.2.2 Logaritmi

A.3 Geometria e trigonometria


A.3.1 Angoli
A.3.2 Triangoli
A.3.3 Triangolo rettangolo
A.3.4 Triangolo qualunque

A.4 Travi inflesse

A.5 Propriet di alcuni gas perfetti

A.6 Trasformazioni del gas perfetto


APPENDICE

A. 1 ALGEBRA

A. 1. 1 Proporzioni
Due variabili x ed y sono direttamente proporzionali (in simboli x y oppure x y) quando rad-
doppiando una (ad esempio la x) anche laltra (la y) raddoppia; allo stesso modo, se la x viene
dimezzata, anche la y si riduce a met del valore che aveva inizialmente. Dal momento che le
due variabili proporzionali x ed y sempre aumentano oppure diminuiscono dello stesso fattore,
allora il rapporto tra x ed y deve avere un valore costante k (es.: 2, 3, ecc.), cio x/y = k, dove k
una costante indipendente dai valori di x e di y. La proporzionalit x y pu allora venire
espressa dallequazione x = ky (es.: x = 2y, x = 3y, ecc.), dove la costante k prende il nome di
costante di proporzionalit.
Quando la variabile x aumenta di un dato fattore mentre laltra variabile y diminuisce contem-
poraneamente dello stesso fattore, si dice che le due variabili x ed y sono inversamente pro-
porzionali e si scrive: x 1/y oppure x 1/y (es.: x = 2/y). Questo tipo di proporzionalit si
esprime allora con lequazione xy = k (es.: xy = 2), dove k una costante di proporzionalit indi-
pendente da x e da y.

A. 1. 2 Risoluzione di equazioni
Per la sua risoluzione lequazione deve essere manipolata; queste manipolazioni devono avve-
nire in modo tale che qualsiasi modifica apportata ad un suo membro (la parte che si trova da
un lato delluguale) venga anche introdotta nellaltro membro (la parte dellequazione che si
trova dallaltro lato del segno di uguale): qualsiasi cosa si faccia nel primo membro delle-
quazione, deve essere fatta anche nel secondo membro. Si consideri, ad esempio, lequazione
a = b + cx, da risolversi rispetto alla grandezza incognita x poich si assume che le grandezze
a, b e c siano conosciute.
Si sottrae dapprima da ambo i membri b:
a = b + cx a b = b b + cx a b = cx
Si dividono ambedue i membri per c, ottenendo cos il valore dellincognita x:
a b cx ab ab
a b = cx = = x x=
c c c c
Conviene adesso verificare che queste operazioni siano state eseguite in modo corretto sosti-
tuendo il valore di x ottenuto nellequazione originaria:
ab
a = b + cx a = b + c a = b + (a b) a = a
c
466 APPENDICE

Il risultato della sostituzione a = a significa che le operazioni sono avvenute in modo corretto.
Quanto fatto sopra equivale a portare la grandezza nota b, con il segno cambiato, nel primo
membro e quindi dividere ambedue i membri per c in modo che tutti i termini noti risultino nel
primo membro, mentre lincognita x rimanga isolata nel secondo membro:
ab
a = b + cx a b = cx x=
c

A. 1. 3 Sistemi di equazioni
Quando una sola equazione contiene pi di una incognita, sono necessarie delle altre equazioni
per poter trovare il valore di tutte le incognite. Cos non possibile ottenere i valori delle due
incognite x ed y dalla risoluzione dellunica equazione 3x y = 3. Tuttavia se contemporanea-
mente le due incognite devono verificare anche lequazione 2x + 3y = 13, allora la risoluzione
del sistema formato dalle due equazioni:
3 x y = 3

2 x + 3 y = 13
consente di ricavare i valori delle due incognite x ed y. Esistono diversi modi per risolvere i
sistemi di equazioni; un modo quello di risolvere una delle equazioni rispetto ad una delle inco-
gnite, ad esempio rispetto ad x, la prima equazione:
3x y = 3 3x y + y = 3 + y 3x = 3 + y
3x 3 + y 3+ y
= x=
3 3 3
e sostituire lespressione di x cos ottenuta nella seconda equazione:
3 + y 6 + 2y
2 x + 3 y = 13 2 + 3 y = 13 + 3 y = 13
3 3
6 + 2 y
3 + 3 y = 3 13 6 + 2 y + 9 y = 39 6 + 11 y = 39
3
11y 33
6 6 + 11y = 39 6 11 y = 33 = y =3
11 11
Il valore di y viene quindi sostituito nellespressione di x, ottenuta dalla risoluzione della prima
equazione, ricavando cos anche il valore di x:
3+ y 3+3 6
x= x= = =2
3 3 3

A. 1. 4 Equazioni di secondo grado


Unequazione di secondo grado ha la forma generale:
a x2 + b x + c = 0 A.1-1
dove a, b e c sono delle costanti indipendenti dalla variabile x. Le soluzioni, o radici, delle-
quazione sono i due valori di x:

b + b 2 4 ac b b 2 4 ac
x1 = x2 = A.1-2
2a 2a
A.2. ESPONENTI E LOGARITMI 467

che differiscono tra loro per il segno + oppure che precede la quantit sotto radice quadrata,
detta discriminante perch il fatto di essere b2 4ac positivo, nullo o negativo differenzia tra loro,
cio discrimina, le soluzioni dellequazione.
Come esempio di applicazione delle formule citate si consideri lequazione x 2 2x 24 = 0: per
la A.1-1 le costanti di questa equazione sono a = + 1, b = 2 e c = 24, mentre le radici,
secondo la A.1-2, valgono:

b + b 2 4 ac ( 2 ) + ( 2 )2 [4 1 ( 24 )] + 2 + 4 + 96 + 2 + 100 + 2 + 10 12
x1 = = = = = = =6
2a 2 1 2 2 2 2

b + b 2 4 ac ( 2 ) ( 2 )2 [4 1 ( 24 )] + 2 100 + 2 10 8
x2 = = = = = = 4
2a 2 1 2 2 2

A. 2 ESPONENTI E LOGARITMI

A. 2. 1 Esponenti
Il modulo di elasticit dellacciaio vale 210.000 MPa; utilizzando la notazione scientifica che
fa riferimento alle potenze di 10, pu essere scritto come 210 103 MPa equivalente a
210 1000 MPa essendo 1000 = 10 10 10 = 103 come mostrato dalla Tabella A.2.1.

Tabella A.2.1
Potenze di 10
1 1 1 1 1
10 3 = = = 0,001 10 2 = = = 0,01 10 1 = = 0,1
10 10 10 1000 10 10 100 10
100 = 1
101 = 10 102 = 10 10 = 100 103 = 10 10 10 = 1000

I numeri scritti con la notazione scientifica possono essere moltiplicati oppure divisi secondo
le usuali regole dellalgebra applicate agli esponenti:
1 10n
= 10 n 10n 10m = 10n + m = 10n m A.2-1
10n 10m
Le regole sulle operazioni relative alle potenze di 10 sono quelle stesse che si applicano nel caso
pi generale in cui si abbia lespressione y n (oppure z m, ecc.), dove y la base ed n lesponente
(o potenza):
n
0 n 1 1
y =1 y = n = [con y 0] A.2-2
y y
n
z zn ym
= n = y m n [con y 0] A.2-2
y y yn

y1 = y y ny m = y n + m y nz n = (yz)n (y n)m = y nm A.2-3


468 APPENDICE

Ad esempio, il volume V di un cartellone pubblicitario spesso 1,72 10 1 mm, lungo


8,64 102 mm ed alto 2,8 103 mm risulta:
= spessore lunghezza altezza =
= 1, 72 10 1 mm 8, 64 102 mm 2, 8 103 mm =
= 1, 72 8, 64 2, 8 10 1 102 103 mm mm mm =
= 41, 61 10 1 + 2 + 3 mm1 + 1 + 1 = 41, 61 104 mm 3
Questo volume pu essere espresso anche in m3; tenendo presente che 1 mm = 10 3 m (Tabella
II di copertina), risulta:
V = 41,61 104 mm3 = 41,61 104 (10 3 m)3 = 41,61 104 10 9 m3 = 41,61 10 5 m3
Le radici, come ad esempio una radice quadrata oppure cubica oppure una radice alla quarta,
possono venire rappresentate da esponenti frazionari oppure dal numero decimale uguale a
quella data frazione:
3 4
y = y1/2 = y 0, 5 y = y1/3 y 0, 33 y = y1/4 = y 0, 25

Nel caso generale si scrive:


n
y = y1/n A.2-4
con ulteriori esemplificazioni ricavate dalle formule A.2-3 citate sopra:
n n
y m = ( y m )1/n = y m /n yz = ( yz )1/n A.2-5

m n m
y = y (1/n ) = [ y (1/n ) ](1/m) = y (1/mn ) A.2-5

A. 2. 2 Logaritmi
I logaritmi sono collegati agli esponenti. infatti possibile esprimere un qualsiasi numero y in
un altro numero b innalzato allesponente x (y = b x ) dove lesponente x chiamato logaritmo
del numero y mentre b la base (x = log b y); in altre parole il logaritmo del numero y rispetto
alla base b rappresenta lesponente x da dare alla base b per ottenere y. Le due espressioni citate
sono perci equivalenti:
x = log b y equivalente a y = b x A.2-6
Quando la base b uguale a 10 il logaritmo noto come logaritmo decimale e si indica con il
simbolo log:
z = log y oppure y = 10 z A.2-7
Quando la base b uguale ad e = 2,718, il logaritmo prende nome di logaritmo naturale e si
scrive ln:
x = ln y oppure y = ex A.2-8
Assegnato ad esempio y = 19,5, queste formule danno:
z = log y = log (19, 5) = 1, 29 oppure y = 10 z = 101,29 = 19, 498 19, 5
x = ln y = ln (19, 5) = 2, 97 oppure y = e x = e 2,97 = 19, 4919 19, 5
Prendendo il logaritmo naturale di ambedue i membri dellequazione y = e x, si ottiene, per la
A.2-8, lny = ln(e x ) = x. Se, per esempio, occorre calcolare x nellequazione 4,96 = e x , si trova
x = ln4,96 = 1,60.
Nelle operazioni sui due numeri x ed y sono molto utili le regole seguenti:
ln(xy) = ln x + ln y ln (x/y) = lnx ln y ln (x n) = nln x A.2-9
A.3. GEOMETRIA E TRIGONOMETRIA 469

Queste relazioni, anche se espresse in funzione dei logaritmi naturali (cio in base e), sono valide
qualsiasi sia la base del logaritmo e quindi anche per i logaritmi in base 10.

A. 3 GEOMETRIA E TRIGONOMETRIA

A. 3. 1 Angoli
Langolo si misura (Paragrafo 1.12) in radianti [rad] oppure in gradi decimali []. Si passa dai
gradi ai radianti moltiplicando i gradi per 0,0175 (Tabella I di copertina); langolo di 180 cor-
risponde a (180 0,0175 = 3,15 3,14).
Un angolo (Figura A.3.1):
acuto se minore di 90 ( /2 rad);
ottuso se maggiore di 90 ( /2 rad) ma minore di 180 ( rad);
concavo se maggiore di 180 ( rad) ma minore di 360 (2 rad);
retto se uguale a 90 ( /2 rad);
piatto se uguale a 180 ( rad), cio una retta.
Due angoli sono:
complementari quando la loro somma uguale a 90 ( /2 rad);
supplementari quando la loro somma uguale a 180 ( rad);
adiacenti quando hanno un vertice comune ed un lato (quello interno); angoli adiacenti
sono supplementari soltanto se i loro lati esterni formano una retta;
opposti al vertice quando il vertice comune e i lati sono costituiti da due rette che si inter-
secano (Figura A.3.2-a).

a b c d e

< 90 > 90 180 < < 360 = 90 = 180

Fig. A.3.1 - Diversi tipi di angoli. a) Acuto. b) Ottuso. c) Concavo. d) Retto. e) Piatto.

Due angoli sono uguali quando:


a b c
sono angoli opposti al vertice
(Figura A.3.2-a);

i loro lati sono paralleli
90
(Figura A.3.2-b);
i loro lati sono mutuamente per-
pendicolari (Figura A.3.2-c).

90

Fig. A.3.2 - Angoli uguali. a) Angoli opposti al vertice. b) Angoli con lati
paralleli. c) Angoli con lati mutuamente perpendicolari.
470 APPENDICE

A. 3. 2 Triangoli
Un triangolo (Figura A.3.3) un poligono chiuso da tre lati con tre
b
angoli la cui somma uguale a 180 ( rad). Un triangolo :
a

rettangolo quando ha un angolo di 90 (/2 rad);

c isoscele quando due lati sono uguali;
Fig. A.3.3 - La somma degli angoli di un equilatero quando i tre lati sono uguali; ciascun angolo vale 60
triangolo uguale a 180 ( rad):
( /3).
+ + = 180.

Due triangoli sono simili quando due angoli di un triangolo sono


uguali ai due angoli dellaltro triangolo. I lati corrispondenti di trian-
b1 a1
1
goli simili (Figura A.3.4) sono tra loro proporzionali:

c1 a1 b c
= 1 = 1 A.3-1
a2 b2 c2
b2
a2
2

c2

Fig. A.3.4 - Triangoli simili.

A. 3. 3 Triangolo rettangolo
Nel triangolo rettangolo (Figura A.3.5-a) il lato pi lungo, opposto allangolo di 90, prende
il nome di ipotenusa, mentre gli altri due lati si chiamano cateti. Il teorema di Pitagora stabi-
lisce che il quadrato costruito sullipotenusa uguale alla somma dei quadrati costruiti sui due
cateti:
b2 = a 2 + c2 << Teorema di Pitagora >> A.3-2


= 90
b
a b (ipotenusa)
a (cateto verticale opposto ad )
c (cateto orizzontale adiacente ad )


A B
c
Fig. A.3.5-a - Triangolo rettangolo a cui si riferiscono i simboli utilizzati per il teorema di Pitagora e le formule
di seno, coseno e tangente.

Le principali funzioni trigonometriche sono seno, coseno e tangente:

Lunghezza del cateto opposto ad a


sen = = A.3-3
Lunghezza dellipotenusa b
A.3. GEOMETRIA E TRIGONOMETRIA 471

Lunghezza del cateto adiacente ad c


cos = = A.3-4
Lunghezza dellipotenusa b

Lunghezza del cateto opposto ad a


tan = = A.3-5
Lunghezza del cateto adiacente ad c
Alcune volte conveniente fare uso della cotangente:
1
cot = A.3-6
tan
Quando assegnata la lunghezza dellipotenusa b, e la sua inclinazione espressa mediante i
numeri m ed n assegnati rispettivamente al cateto a e al cateto c, il problema di trovare le lun-
ghezze effettive dei due cateti si risolve con la proporzione (Figura A.3.5-b):
b a c
= = A.3-6
m2 + n2 m n

b b
a=m c=n A.3-7
2 2
n +m n + m2
2

Sia, ad esempio, assegnata lipotenusa b = 500 (potrebbe trattarsi della forza di 500 N); lin-
clinazione dellipotenusa viene specificata attribuendo m = 4 al cateto a e n = 3 al cateto c.
Applicando le formule ricavate sopra, le lunghezze dei due cateti risultano:
b 500 500 500
a=m =4 =4 =4 = 4 100 = 400
2
n +m 2
3 +4 2 2
25 5

b 500 500 500


c=n =3 =3 =3 = 3 100 = 300
2
n +m 2 2
3 +4 2
25 5

b
a
m 2 + n2
m

n
A B
c

Fig. A.3.5-b - Assegnata la lunghezza dellipotenusa b, si ricavano le lun-


ghezze dei cateti a e c, individuati rispettivamente dai numeri m ed n
mediante una proporzione di triangoli simili.

Le funzioni trigonometriche possono essere rappresentate in un cerchio di raggio unitario


(Figura A.3.6) nel quale langolo positivo viene misurato nel senso antiorario a partire dal
semiasse x positivo; in questo cerchio viene inscritto un triangolo rettangolo avente unipote-
nusa di lunghezza unitaria. Tutte e tre le funzioni (seno, coseno e tangente) sono positive per
angoli 0 90; per angoli 90 < 180 solo il seno risulta positivo. Per riassumere il
segno di ciascuna funzione trigonometrica viene utilizzato il concetto di quadrante (Figura
A.3.6): gli angoli fino a 90 appartengono al quadrante I, quelli tra 90 e 180 sono nel quadrante
II e cos via.
472 APPENDICE

+y Quadrante II +y Quadrante I
sen + sen +
cos cos +
tan tan +
150

arc
1
tan

sen

x +x x +x
cos

1
r= 1
+ 292
68

cot
sen sen
y cos y cos +
tan tan
Quadrante III Quadrante IV

Fig. A.3.6 - Funzioni trigonometriche (seno, coseno, tangente e cotangente) corrispondono alle lunghezze dei
vari segmenti in un triangolo rettangolo, con ipotenusa di lunghezza 1, inscritto nel cerchio di raggio uguale
ad 1. Gli angoli sono misurati a partire dal semiasse x positivo: sono indicati gli angoli di + 150 e + 292,
ambedue positivi perch misurati in senso antiorario; allangolo di + 292 corrisponde langolo negativo di
68 (360 292) perch misurato in senso orario.

Le curve di seno, coseno e tangente (Figura A.3.7) sono simmetriche rispetto ad un asse oriz-
zontale; parti di queste curve sono simmetriche rispetto ad un asse verticale. I valori di seno e
coseno si ripetono ogni 360 (2 rad), mentre i loro valori assoluti si ripetono ogni 180 ( rad);
la tangente si ripete ogni 180, e in valore assoluto ogni 90. La Tabella A.3.1 riassume le rela-
zioni tra le funzioni trigonometriche al variare dellangolo .

tan
cos +1
sen
3

2 0 2 2
2
1

Fig. A.3.7 - Periodicit delle funzioni trigonometriche seno, coseno e tangente.

Tabella A.3.1
Relazioni tra le funzioni trigonometriche al variare dellangolo
f () 90 90 + 180 180 +
rad /2 /2 + +
sen sen + cos + cos + sen sen
cos + cos + sen sen cos cos
tan tan + cot cot tan + tan

Come esemplificazione della Tabella A.3.1 si citano le seguenti operazioni che si possono ese-
guire con un calcolatore da tasca, avendo cura di impostare preventivamente gradi decimali
oppure radianti nella misura dellangolo (Tabella A.3.2).
A.3. GEOMETRIA E TRIGONOMETRIA 473

Calcolatore Tabella A.3.2


sen ( 30) = 0,5 sen ( 30) = sen (30) = 0,5
sen (30) = 0,5 sen (30) = + cos (90 30) = cos (60) = 0,5
tan (0,785 rad) = 0,999 tan (0,785 rad) = + cot (/2 0,785) rad = + cot (1,57 0,785) rad = 1/[tan (0,785 rad)] = 1,0
cos (150) = 0,866 cos (150) = cos (180 150) = cos (30) = 0,866
sen (225) = 0,707 sen (225) = sen (180 + 45) = sen (45) = 0,707
cos (1,983 rad) = 0,40 cos (1,983 rad) = cos ( 1,983) rad = cos ( 1,983) rad = cos (1,157 rad) = 0,40

Di seguito si riportano due tra le pi importanti identit trigonometriche; per le altre si rimanda
ai manuali:
sen
= tan A.3-8
cos
sen2 + cos2 = 1 A.3-9
Quando langolo molto piccolo, la lunghezza dellipotenusa e del cateto adiacente essen-
zialmente la stessa e quindi si possono fare le seguenti approssimazioni valide nel caso di seno
e tangente per < 10 (0,175 rad) e nel caso del coseno per < 5 (0,0873 rad):

sen tan << angolo in radianti >> A.3-10


< 0 ,175 rad

cos 1 << angolo in radianti >> A.3-11


< 0 ,0873 rad

Se, ad esempio, si prende un angolo molto piccolo come = 0,07 rad (pari a 4), i valori di seno
e tangente coincidono praticamente con , mentre il coseno prossimo ad 1:
sen (0,07) = 0,069942 tan (0,07) = 0,070114 = 0,07 cos (0,07) = 0,997551 1
Nota la funzione trigonometrica, si pu ricavare langolo mediante la funzione inversa, designata
aggiungendo il prefisso arc alla funzione stessa come = arcsen x che significa appunto arco
il cui seno x A.3.1:
= arcsen x = arccos y = arctan z A.3-12
cos come risulta dagli esempi seguenti:
= arcsen x = arcsen (0,5) = 30
= arccos y = arccos (0,415) = 65,48
= arctan z = arctan (0,217) = 12,24

A. 3. 4 Triangolo qualunque
I teoremi del cosenoA.3.2 e dei seni si applicano ad un triangolo qualunque (Figura A.3.8) e non
soltanto al triangolo rettangolo:
a 2 = b 2 + c 2 2 bc cos
b 2 = a 2 + c 2 2 ac cos << Teorema del coseno (o di Carnot) >> A.3-13
c 2 = a 2 + b 2 2 ab cos

A.3.1 - I valori delle funzioni inverse di lo sono in 0 . rema di Pitagora in quanto cos 90 = 0;
seno e tangente sono compresi nellin- infatti con = 90 il triangolo qualunque
tervallo /2 + /2, mentre i A.3.2 - Se si pone = 90 nella for- della Figura A.3.8 diviene il triangolo
valori della funzione inversa del coseno mula del coseno, questa si riduce al teo- rettangolo della Figura A.3.5-a.
474 APPENDICE

a b c
= = << Teorema dei seni (o di Eulero) >> A.3-14
sen sen sen

a
b


A B
c
Fig. A.3.8 - Triangolo qualunque cui si riferiscono i simboli utilizzati per il teo-
rema del coseno e per quello dei seni.

A. 4 TRAVI INFLESSE - Diagramma delle azioni interne (forza di


taglio T e momento flettente M A.4.1) e reazioni vincolari

A. 4-1 Incastro - carico di estremit A. 4-2 Incastro - carico in un punto


generico della trave
y y l
a F b
l F
A A B C
x x

M1 M1
R1
R1

T T

! !
x x
M M

x @ x
@

R1 = F M1 = Fl R1 = F M1 = Fa

T = +F M = F (x l) M max = Fl TAB = + F TBC = 0 MAB = F ( x a ) M BC = 0 M max = Fa

A.4.1 - Al contrario di quanto avviene nella letteratura italiana, si sono tracciati i momenti positivi al di sopra
dellasse della trave e quelli negativi al di sotto dellasse; la spiegazione data nella nota 7.1 del Capitolo 7.
A.4. TRAVI INFLESSE 475

A. 4-3 Incastro - coppia di estremit A. 4-4 Incastro - carico distribuito (w [kN/m]


il carico per unit di lunghezza)
y y
l
l
M1 MB w

x x
A B A

M1

R1 R1

T T

!
x x
M M

x
! @

x
wl 2
R1 = 0 M1 = M B R1 = wl M1 =
2

T =0 M = M max = + M B w wl 2
T = w (l x ) M = (l x ) 2 M max =
2 2

A. 4-5 Trave appoggiata - carico A. 4-6 Trave appoggiata - carico in un punto


nel mezzo della trave generico della trave
y l y l
l/2 F a F b

A B C A B C
x x
R1 R1 R1 R1

T T

! !

x x
@ @

M M

! !
x x

F Fb Fa
R1 = R 2 = R1 = R2
2 l l

F F Fx F Fl Fb Fa Fbx Fa Fab
TAB = + TBC = MAB = M BC = (l x ) M max = + TAB = + TBC = MAB = M BC = (l x ) M max = +
2 2 2 2 4 l l l l l
476 APPENDICE

A. 4-7 Trave appoggiata - carico unifor- A. 4-8 Trave appoggiata - coppia


memente distribuito (w [kN/m] applicata in un punto generico
il carico per unit di lunghezza) tra i due appoggi
y y l
l
a b
w

A B C
x x
R1 R2 R1 R2
MB

T T

! !
x x
@ M
M

!
! x
@
x

wl MB
R1 = R2 = R1 = R2 =
2 l

wl wx wl 2 MB MB x MB
T = wx M = (l x ) M max = + T =+ MAB = M BC = (x l)
2 2 8 l l l

A. 4-9 Trave appoggiata - due carichi uguali A. 4-10 Trave appoggiata - carico a sbalzo
y l y
a F F a R1 l a F

A B C D B C
x x
R1 R1 A R2

T
T

! !

@ x
x
@
M
M

x
! @
x
Fa F
R1 = R2 = F R1 = R2 = (l + a )
l l

TAB = + F TBC = 0 TCD = F MAB = Fx , Fa Fax


M BC = M max = + Fa M CD = F (l x ) TAB = TBC = + F MAB = MAB = F ( x l a )
l l
M max = Fa
A.6. TRASFORMAZIONI DEL GAS PERFETTO 477

A. 5 PROPRIET DI ALCUNI GAS PERFETTI


Tabella A.5.1
Propriet di alcuni gas perfetti
La capacit termica massica a pressione costante cp , la capacit termica massica a volume costante cv , e il loro rapporto
sono dati alla temperatura di 300 K. Per completare la descrizione delle propriet dei gas, si riportata anche la massa
molecolare: massa del gas in kg riferita alla kmole, unit di misura della quantit di sostanza (Tabella 1.1).
Massa
Formula R cp cv
Gas molecolare
chimica [kJ/(kgK)] [kJ/(kgK)] [kJ/(kgK)]
[kg/kmole]
Aria 28,97 0,287 00 1,0035 0,7165 1,400
Argon Ar 39,948 0,208 13 0,5203 0,3122 1,667
Butano C4H10 58,124 0,143 04 1,7164 1,5734 1,091
Anidride carbonica CO2 44,01 0,188 92 0,8418 0,6529 1,289
Monossido di carbonio CO 28,01 0,296 83 1,0413 0,7445 1,400
Etano C2H6 30,07 0,276 50 1,7662 1,4897 1,186
Etilene C2H4 28,054 0,296 37 1,5482 1,2518 1,237
Elio He 4,003 2,077 03 5,1926 3,1156 1,667
Idrogeno H2 2,016 4,124 18 14,2091 10,0849 1,409
Metano CH4 16,04 0,518 35 2,2537 1,7354 1,299
Neon Ne 20,183 0,411 95 1,0299 0,6179 1,667
Azoto N2 28,013 0,296 80 1,0416 0,7448 1,400
Ottano C8H18 114,23 0,072 79 1,7113 1,6385 1,044
Ossigeno O2 31,999 0,259 83 0,9216 0,6618 1,393
Propano C3H8 44,097 0,188 55 1,6794 1,4909 1,126
Vapor dacqua H2O 18,015 0,461 52 1,8723 1,4108 1,327

A. 6 TRASFORMAZIONI DEL GAS PERFETTO


Le equazioni che seguono possono essere espresse in altro modo mediante lequazione di stato del gas perfetto pv = RT
oppure con le formule che danno le capacit termiche in funzione della costante del gas: cv = R/( 1) e cp = R/( 1).
Cos RT pu sostituire pv, dovunque appaia; ad esempio, nelle due formule A-46 ed A-47, che danno il lavoro in una
trasformazione isoentropica del sistema chiuso, al posto di RT1 si pu mettere p1v1.

Tabella A.6.1
Temperatura costante (isoterma)/Sistema chiuso
T = T1 = T2 A-1 h2 h1 = 0 A-8
v q
1 2
p2 = p1 1 A-2 s2 s1 = A-9
v2 T
p v
v2 = v1 1 A-3 = R ln 2 A-10
p2 v1

l = 1q2 = A-4 p
1 2 = R ln 1 A-11
= T ( s2 s1 ) A-5 p2

v
= RT ln 2 A-6
v1
p
= RT ln 1 A-7
p2
478 APPENDICE

Tabella A.6.2
Pressione costante (isobara)/Sistema chiuso
p = p1 = p2 A-12 u2 u1 = cv (T2 T1 ) A-21
v p (v2 v1 )
T2 = T1 2 A-13 = A-22
v1 1
T T
v2 = v1 2 A-14 s2 s1 = c p ln 2 A-23
T1 T1
l = p (v2 v1 )
1 2 A-15 v
= c p ln 2 A-24
= R (T2 T1 ) A-16 v1
q = h2 h1
1 2 A-17
= c p (T2 T1 ) A-18
= cv (T2 T1 ) + p (v2 v1 ) A-19
p (v2 v1 )
= A-20
1

Tabella A.6.3
Volume costante (isocora)/Sistema chiuso
v = v1 = v2 A-25 h 2 h1 = c p (T2 T1 ) A-32
T
p2 = p1 2 A-26 = v ( p2 p1 ) A-33
T1 1
p T
T2 = T1 2 A-27 s 2 s 1 = cv ln 2 A-34
p1 T1
l = 0
1 2 A-28 p
= cv ln 2 A-35
q = u2 u1
1 2
A-29 p1
= cv (T2 T1 ) A-30
v ( p2 p1 )
= A-31
1

Tabella A.6.4
Isoentropica/Sistema chiuso (Adiabatica reversibile)

v

l = ( u 2 u1 ) = u1 u 2
1 2
A-42
p2 = p1 1 A-36
v2 = cv ( T2 T1 ) A-43
p1v1 p 2 v 2
T 1 = A-44
= p1 2 A-37 1
T1
1 R ( T1 T2 )
v = A-45
T2 = T1 1 A-38 1
v2 1
1 RT1 v
p = 1 1 A-46
= T1 2 A-39 1 v2
p1
1
p
1
RT1 p
v2 = v1 1 A-40 = 1 2 A-47
p2 1 p1
1
T 1 1 q2 = 0 A-48
= v1 1 A-41
T2 h 2 h1 = cp ( T2 T1 ) A-49

= ( p 2 v 2 p1v1 ) A-50
1
s2 s1 = 0 A-51
A.6. TRASFORMAZIONI DEL GAS PERFETTO 479

Tabella A.6.5
Politropica/Sistema chiuso
n
v cv (n ) (T2 T1 )
p 2 = p1 1 A-52 q =
1 2 A-62
v2 n 1
n R (T1 T2 )
T n 1
= (u2 u1 ) + A-63
= p1 2 A-53 n 1
T1 u2 u1 = cv (T2 T1 ) A-64
n 1
v p2 v2 p1v1
T2 = T1 1 A-54 = A-65
v2 n 1
n 1 h 2 h1 = c p (T2 T1 ) A-66
p
= T1 2 n A-55
p1 n
= ( p2 v2 p1v1 ) A-67
p
1 n 1
n
v 2 = v1 1 A-56 c (n ) T2
p2 s2 s1 = v ln A-68
1
n 1 T1
T
= v1 1 n 1 A-57
T2
R ( T1 T2 ) A-58
l =
1 2
n1
p v p2 v2
= 11 A-59
n1
n 1
RT1 v
= 1 1 A-60
n1 v2

n 1
RT1 p2 n
= 1 A-61
n 1 p1

Tabella A.6.6
Isoentropica/Sistema aperto (p2, v2 e T2 sono gli stessi dellisoentropica per il sistema chiuso)
li = h 1 h 2 A-69 q= 0 A-73
= c p (T1 T2 ) A-70 u2 u1 = cv (T2 T1 ) A-74
s2 s1 = 0 A-75

= ( p1v1 p2 v2 ) = R (T1 T2 ) A-71
1 1
p 1
= RT1 1 2 A-72
1 p1

Tabella A.6.7
Politropica/Sistema aperto (p2, v2 e T2 sono gli stessi della politropica per il sistema chiuso)

li = h 1 h 2 A-76 cv (n ) (T2 T1 )
q= A-80
= c p (T1 T2 ) A-77 n 1
n 1 u2 u1 = cv (T2 T1 ) A-81
n p n
= RT1 1 2 A-78 cv (n ) T2
n 1 p1 s2 s1 = ln A-82
n 1 T1
n n
= ( p1v1 p2 v2 ) = R (T1 T2 ) A-79
n 1 n 1
480 APPENDICE

Tabella A.6.8
Laminazione/Sistema aperto
p1v1 = p2 v2 A-83 q= 0 A-88
p2 < p1 A-84 u2 u1 = 0 A-89
v2 > v1 A-85 h 2 h1 = 0 A-90
T2 = T1 A-86 p
s2 s1 = ln 1 A-91
li = 0 A-87 p2
v
= ln 2 A-92
v1
INDICE ANALITICO
INDICE ANALITICO

A B
Accelerazione Balje (diagramma di) 15.1.3, 15.5.3
definizione 8.1.1 Baricentro
di gravit Esempio 8.5 coordinate Tabella VI
moto rettilineo ad accelerazione costante 8.1.2 definizione 4.1
unit di misura 1.14, 8.1.1 Battente (pompe sotto battente) 15.4.2
Accensione Bernoulli (equazione di Bernoulli) 14.5
motori ad accensione comandata 21.1.1, 21.2 Biella 12.5
motori ad accensione per compressione 21.1.1, 21.2 Bilancio termico 22.3
Accoppiamento Brayton (ciclo Brayton) 20.2
macchina operatrice sistema idraulico 15.4
punto di funzionamento 15.4.1 C
motore-veicolo (e curva di utilizzazione) 21.6
Acqua (diagramma del vapor dacqua) Allegato Caduta
Adiabatica (vedere Trasformazione) di pressione 14.6
Aerogeneratore 15.7 utile sfruttata da una turbina 15.5.2
Affinit (leggi di) 15.1.3 Calore 16.2
Algebra A.1 modi di trasmissione del calore 1.3, 17.1
pompa di calore 16.6.2
Alternative(i)
scambiatori di calore 17.2
combustibili alternativi 13.2
specifico (o capacit termica massica) 1.19, 16.2, 16.5.2
compressori alternativi 19.1
trasmissione del calore 17
motori alternativi a combustione interna 21.1
Capacit termica del fluido per unit di tempo 17.3
pompe alternative 15.3
Capacit termica massica 16.2
Altezza netta positiva di aspirazione (NPSH) 15.4.2
dellacqua 16.2
Ammissione (parzializzata e totale) 15.5.1
di un gas a pressione costante 16.5.2
Angolo(i) di un gas a volume costante 16.5.2
misura 1.12 Caratteristiche di una turbopompa 15.1.3
operazioni A.3.1 Carichi(co)
Anidride carbonica (vedere Diossido di carbonio) carichi assoluti e carichi relativi 14.2
Anidride solforosa o diossido di zolfo [SO2] (vedere Emissioni) carichi diffusi o distribuiti 3.4
Area carichi e reazioni 3.4, 7.1
della superficie Tabella VI carico idraulico 14.5
unit di misura 1.8 cinetico, di pressione, geodetico 14.2
Aria Tabella A.5.1 perdita di carico 14.5
Assiali (vedere Turbomacchine) Carnot (ciclo di Carnot) 16.6.1
Attrito Cavitazione 15.4.2
coefficiente di resistenza dattrito 11.1 Centrifuga (forza centrifuga) 9.3
fattore di attrito 14.6 Centripeta (forza centripeta) 9.3
radente 11.1 Centro di massa e centroide (vedere Baricentro)
volvente 11.2 Ciclo(i)
Azione(i) aperto 20.2
azioni interne nelle travi inflesse 7.1 Brayton 20.2
turbine ad azione (Pelton) 15.5.1 chiuso 20.2
484 INDICE ANALITICO

combinati 20.4 Corpo


di Carnot 16.6.1 deformabile 1.1
Diesel 21.2 equilibrio del corpo rigido 3.1
diretto o ciclo motore 16.6.1 libero (diagramma di corpo libero) 3.2
frigorigeno 16.6.1 rigido 1.1, 9.2
ideale di motori a combustione interna 21.2 Correnti (tipo di correnti) 14.3
indicato di motori a combustione interna 21.2 Costante del gas perfetto 16.5.1
inverso 16.6.1 Creep 5.7
Otto 21.2 Curva limite 16.4.2
Rankine 18.1 Curve caratteristiche
rendimento del ciclo 16.6.3 dei motori a c.i. 21.6
termodinamici 16.6 dei turbocompressori 19.5
Cilindrata 15.3, 21.1.2 dei ventilatori 15.2
Cinematica 8 delle turbine idrauliche 15.5.3
del moto rotazionale 8.3 delle turbopompe 15.1.3
del moto traslazionale 8.1
Cinetica (vedere Energia)
Cinghie 12.4
D
Clausius (enunciato di Clausius) 16.6.3 Deformazioni 5
Clorofluorocarburi (CFC) 13.4 normali 5.2
Coefficiente di tangenziali 5.5
di prestazione 16.6.3 Densit 14.1
efflusso o di portata 14.7 Diagramma(i)
globale di scambio 17.3 collinare 15.5.2
portata 15.1.3 di Balje 15.1.3
potenza 15.1.3 di Mollier del vapor dacqua Allegato
pressione (o di carico o di lavoro) 15.1.3 diagrammi termodinamici 16.4.2
resistenza localizzata 14.6 Diametro specifico 15.1.3
resistenza per attrito 14.6 Diesel
riempimento 21.3 ciclo Diesel 21.2
totale di resistenza 14.6 motori a ciclo Diesel 21.1.1
velocit periferica (vedere Rapporto di) recupero dellenergia nel motore Diesel 22.5
Cogenerazione 18.3 Differenza media di temperatura in uno scambiatore 17.3
Combustibile(i) Dimensioni (e analisi dimensionale) 1.4
combustibili 13.2 Dinamica 9
consumo specifico di combustibile 1.19, 20.3, 21.3 del moto rotazionale 9.2
pile a combustibile 22.2, Scheda 22.1 del moto traslazionale 9.1
Compressione principi della dinamica 9.1.1
in pi stadi 19.3 Diossido di carbonio (CO2) o anidride carbonica 13.3
lavoro di compressione 19.2, Scheda 19.1 Diossido di zolfo (SO2) o anidride solforosa (vedere Emissioni)
rapporto di compressione 19.1, 20.2 Dosatura 21.3
rapporto volumetrico di compressione 21.1.2
Compressori 19
curve caratteristiche di compressori 19.5
E
dinamici e volumetrici 19.1 Effetto (coefficiente di effetto) 16.6.3
multistadio interrefrigerati 19.3 Efflusso (coefficiente di efflusso) 14.7
potenza e rendimenti di compressori 19.4 Eiettore idraulico 15.1.1
Conduzione 1.3, 17.1 Elica (turbine ad elica) 15.5.1
Conservazione Emissioni 13.4, Scheda 13.1
dellenergia 9.1.2, 14.5 Energia
dellenergia in un sistema aperto 16.3.2 cinetica 9.1.2
dellenergia in un sistema chiuso 16.3.1 conservazione dellenergia 9.1.2, 14.5, 16.3.1, 16.3.2
della massa 14.4 conversione dellenergia 22.1
Continuit (equazione di continuit) 14.4 trasformazioni cicliche 22.3
Convezione 1.3, 17.1 trasformazioni non cicliche 22.2
Coppia di pressione o lavoro del flusso 14.5
definizione 2.8 fonti di energia 13.2
di trasporto 2.9 interna 16.3
motrice 9.2 meccanica 9.1.2
resistente 9.2 misura 1.16, 9.1.2
unit di misura 1.16, 2.8 potenziale 9.1.2
INDICE ANALITICO 485

recupero dellenergia termica 22.5 sistema aperto 16.5.3.2, A.6


risparmio di energia 13.3 sistema chiuso 16.5.3.1, A.6
Entalpia 16.3.1 Geometria A.3
Entropia 16.4.1 Gradi centigradi (vedere Temperatura)
Equazione(i) Grado (di ammissione, parzializzazione, reazione) 15.5.1
di equilibrio statico 3.1 Grandezze
di secondo grado A.1.4 importanti Tabella III
di stato del gas perfetto 16.5.1 specifiche 1.19
risoluzione di equazioni A.1.2 Gruppo turbocompressore a gas di scarico
sistemi di equazioni A.1.3 (vedere Sovralimentazione)
Equilibrio statico (vedere Statica)
Equivalenza calore-lavoro 1.16, 16.3
Esponente(i) A.2.1
I
Ideale (fluido ideale) 14.1
Idraulica 14
F Idrocarburi incombusti (HC) (vedere Emissioni)
Fasi Impianto(i) 13.5.5
del ciclo di lavoro motore a vapore 18
nei motori a c.i. a due tempi 21.1.4 a energia nucleare 18.1
nei motori a c.i. a quattro tempi 21.1.3 convenzionali 18.1
di una sostanza pura 16.2 geotermoeletrici 18.1
Fatica (resistenza a fatica) 5.7 motore con turbina a gas 20.1
Fibre (vedere Propriet dei materiali) operatori a ciclo inverso
Flessione (modulo di resistenza a flessione) 6.3, Tabella VII Impulso 9.1.1
Fluido Inerzia
comprimibile 14.1 coppia di inerzia 9.2
definizione 1.1, 14.1 forza di inerzia 9.1.1
frigorifero 13.4, 16.6.2 momenti di inerzia di massa di solidi 4.3, Tabella VIII
ideale 14.1 momenti di inerzia di superfici 4.3, Tabella VII
incomprimibile 14.1 raggio di inerzia 4.3, Tabella VII
moto del fluido 14.3 Inquinanti 13.4, Scheda 13.1
reale 14.1 Irreversibile (vedere Trasformazione)
Fonti di energia 13.2 Isobara (vedere Trasformazione)
Forza Isocora (vedere Trasformazione)
centrifuga 9.3 Isoentalpica (vedere Diagramma di Mollier)
centripeta 9.3 Isoentropica (vedere Trasformazione)
composizione 2.3 Isoterma (vedere Trasformazione)
conservativa 9.1.2 Isoterma critica 16.4.2
definizione 1.1, 2.1, 9.1.1 Isotermobarica (vedere Trasformazione)
dissipativa 9.1.2 Isotitolo 16.4.2
motrice 9.1.1, 11.4
resistente 9.1.1
scomposizione 2.4
J
sistema equivalente forza-coppia 2.9 Joule (vedere Lavoro)
unit di misura 1.15, 9.1.1
Forze esterne (carichi e reazioni) 3.4, 7.1
Francis (turbina Francis) 15.5.1
K
Frigorigeno Kaplan (turbina Kaplan) 15.5.1
ciclo 16.6.1 kelvin (vedere Temperatura)
coefficiente di effetto frigorigeno 16.6.2 Kelvin-Planck (enunciato di Kelvin-Planck) 16.6.3
impianto 16.6.2
Funzionamento (punto di funzionamento) 15.4.1
L
Laminare (moto laminare) 14.3
G Laminazione 16.5.3.2, 16.6.2, Tabella A.6.8
Gas 16.5 Lavaggio nei motori a c.i. a due tempi 21.1.4
costante del gas 16.5.1 Lavoro
equazione di stato del gas perfetto 16.5.1 definizione 9.1.2
grandezze termodinamiche del gas perfetto 16.5.2 di compressione 19.2, Scheda 19.1
propriet di alcuni gas perfetti A.5 di spostamento o energia di flusso 14.5
trasformazioni del gas perfetto 16.5.3, A.6 indicato 21.3
486 INDICE ANALITICO

interno 16.7 statico 4.1


misura 1.16, 9.1.2 unit di misura 1.16, 2.6
perso 16.3.2 Monossido di carbonio (CO) (vedere Emissioni)
Leggi di affinit e regole di similitudine 15.1.3 Moto
Limite (curva limite) 16.4.2 analisi grafica 8.1.3
Linea armonico semplice 10.2
a diametro specifico ottimizzato 15.1.3 circolare 8.4
lunghezza della linea Tabella VI dei fluidi 14.3
Liquido 14.6 dei liquidi ideali e reali nei condotti 14.6
Liquido-vapore (regione liquido-vapore) 16.4.2 laminare e turbolento 14.3
Logaritmi A.2.2 periodico 10.1
Lunghezza 1.8 quantit di moto angolare 9.2
quantit di moto lineare 9.1.1
relativo Esempio 8.6
M rettilineo ad accelerazione costante 8.1.2
Macchine rotazionale 8.3, 9.2
classificazione traslazionale 8.1, 9.1
delle macchine 13.5, Scheda 13.2, Scheda 13.3 Motori
dinamiche 13.5.3 a combustione esterna 13.5.4
idrauliche 13.5.2, 15, Scheda 13.2 a combustione interna 13.5.4
motrici 13.5.1 a getto 20.1
operatrici 13.5.1 alternativi a combustione interna 21.1
operatrici a gas 19.1 a due tempi 21.1.4
rendimenti interni della macchina 16.7 a quattro tempi 21.1.3
reversibili 15.6 ad accensione comandata 21.1.1
suddivisione ad accensione per compressione (o Diesel) 21.1.1
delle macchine 13.5.5, Scheda 13.2, Scheda 13.3 grandezze caratteristiche 21.1.2
termiche 13.5.2, 16.6.2, Scheda 13.3 idraulici 13.5.5
trasformatrici 13.5.1
volumetriche 13.5.3
N
Manometro 14.2
Manovella 12.5 Newton
Massa le tre leggi di Newton della meccanica 1.1, 9.1
conservazione della massa 14.4 legge di Newton sullo sforzo di taglio
definizione 1.9 in un fluido 14.1
massa e momenti di inerzia NPSH (Net Positive Suction Head) 15.4.2
di massa di solidi Tabella VIII Numero di
volumica 14.1, 16.5.1 giri caratteristico 15.5.3
Materiali Reynolds 14.3
elasticit 5.3
propriet 5.10
fibre 5.10.3
O
materiali compositi 5.10.4 Ossidi di azoto NOx (vedere Emissioni)
metalli e loro leghe 5.10.1 Otto
polimeri e plastiche 5.10.2 ciclo Otto 21.2
prove di trazione 5.3 motori a ciclo Otto 21.1.1
Meccanica 1.1
dei fluidi 1.1, 14.1
elementare 1.2
P
Metalli (vedere Propriet dei materiali) Pappo-Guldino (teoremi di Pappo-Guldino) 4.2
Misura (vedere Unit di misura) Parallelogramma (legge o regola del parallelogramma:
Modulo di resistenza a flessione (vedere Flessione) vedere Vettore)
Molla 10.3 Parzializzazione 15.5.1
Mollier Pascal (principio di Pascal) 14.2
diagramma del vapor dacqua Allegato Pelton (turbina Pelton) 15.5.1
spiegazione del diagramma di Mollier 16.4.2 Pendolo 10.4
Momento(i) Perdita di carico 14.6
della quantit di moto (vedere Quantit di moto angolare) Perfetto (gas perfetto) 16.5, A.6
di una forza rispetto a un asse 2.6 Piano quotato nei motori a c.i. 21.6
di una forza rispetto a un punto 2.6 Piezometrica (altezza piezometrica) 14.6
momenti di inerzia (vedere Inerzia) Pile a combustibile 22.2, Scheda 22.1
INDICE ANALITICO 487

Poisson (rapporto di Poisson) 5.4 di funzionamento 15.4.1


Polimeri e plastiche (vedere Propriet dei materiali) di Poisson 5.4
Politropica (vedere Trasformazione) di pressione 20.2
Pompa(e) di velocit periferica 15.5.3
accoppiamento pompa e sistema 15.4 morto (o punti morti) 12.5, 21.1.2
cavitazione di una pompa 15.4.2 Reale (fluido reale) 14.1
coefficienti adimensionali 15.1.3 Reazione (turbine a reazione) 15.5.1
dinamiche 15.1.1 Reazioni (vincolari)
in parallelo e in serie Esempio 15.4 calcolo o determinazione 3.6
pompa di calore 16.6.2 Recupero dellenergia termica nel motore Diesel 22.5
prevalenza e potenza della turbopompa 15.1.2 Refrigerazione 16.6.2
punto di funzionamento di una pompa 15.4.1 Regole di similitudine 15.1.3
volumetriche 15.3 Rendimento(i)
Pompa-turbina (o turbomacchina reversibile) 15.6 degli impianti termici 22.4
Portata (in volume e in massa) 14.4 dei motori alternativi a combustione interna 21.3
Potenza del ciclo termodinamico 16.6.3
definizione 1.17, 9.1.2, 9.2 dellimpianto a vapore 18.2
dei motori alternativi a combustione interna 21.4 dellimpianto con turbina a gas 20.3
di un compressore 19.4 indicato 21.3
di un impianto con turbina a gas 20.3 interno (di compressione o di espansione) 16.7
di un ventilatore 15.2 meccanico 12.1
di una turbina idraulica 15.5.2 organico 12.1
di una turbopompa 15.1.2 totale (vedere la singola Macchina)
unit di misura 1.17, 9.1.2, 9.2 utile (vedere la singola Macchina)
Potere calorifico Tabella 13.1, 18.2, 20.3 volumetrico 21.3
Pressione Resistenza
assoluta 14.2 coefficiente di resistenza 14.6
atmosferica 14.2 dei materiali 5.1
definizione e misura 1.18, 14.2 del mezzo 11.3
media effettiva 21.5 Resistenze passive 11
media indicata 21.5 Reversibile (vedere Trasformazione)
relativa 14.2 Reversibili (macchine reversibili) 15.6
Prestazione (coefficiente di prestazione) 16.6.3 Reynolds (numero di Reynolds) 14.3
Prevalenza Rigidezza
di un ventilatore 15.2 flessionale 6.3
di una turbopompa 15.1.2 tangenziale 6.5
Processo (vedere Trasformazione) Risonanza 10.5
Progetto (vedere Sicurezza) 16.6.3 Ristagno 14.6
Progetto 5.8 Risultante (vedere Vettori)
Proiezioni (teorema delle proiezioni) 2.5 Ruote
Proporzioni A.1.1 dentate 12.3
Propriet di stato 16.1 di frizione 12.2
Propulsione a getto 13.5.5
Punto
di funzionamento 15.4.1
morto (o punti morti) 12.5, 21.1.2
S
Scalari 2.2
Scambiatori di calore
Q classificazione 17.2
Quantit di moto progetto 17.3
angolare 9.2 Sforzi 5
lineare 9.1.1 concentrazione degli sforzi 5.9
termici 5.6
Sicurezza (fattore di sicurezza) 5.8
R Similitudine (regole di similitudine) 15.1.3
Radiali (vedere Turbomacchine) Sistema
Raggio di inerzia (vedere Inerzia) equivalente forza-coppia 2.9
Rankine (ciclo Rankine) 18.1 termodinamico 15.1
Rapporto Solidi (massa e momenti di inerzia di solidi) Tabella VIII
aria/combustibile (vedere Dosatura) Sollecitazioni 6
di compressione 19.1, 21.12 combinate 6.1
488 INDICE ANALITICO

semplici impianto con turbina a gas 20.1


flessione 6.3 termiche Esempio 16.4, Esempio 16.5
forza normale (trazione o compressione) 6.2 a gas 20.1, 20.2
taglio 6.4 a vapore 18.1
torsione 6.5 Turbolento (moto turbolento) 14.3
Sovralimentazione Esempio 21.7 Turbomacchine 13.5.3
Sovrapposizione degli effetti (principio) 6.1 Turboreattore (o turbogetto) 20.1
Spinta Esempio 9.6
Spostamento 8.1.1
Statica 3
Stazionario (vedere Correnti)
U
Strutture labili, isostatiche e iperstatiche 3.5 Unidimensionale (vedere Correnti)
Superficie Uniforme (vedere Correnti)
area della superficie Tabella VI Unit
momenti di inerzia di superfici Tabella VII di misura 1.5
Surriscaldamento 18.2 fattori di conversione delle unit di misura Tabella I
fondamentali e unit derivate 1.7
prefissi delle unit di misura SI Tabella II
T sistemi di unit di misura 1.6
Temperatura (definizione) 1.11 Urto 9.1.1
Tempo 1.10 Utilizzazione del veicolo Esempio 21.8
Tensione
ammissibile 5.8
normale 5.2
tangenziale o di taglio 5.5
V
Termodinamica 1.3, 16 Valvole 21.1.3
ciclo termodinamico 16.6 Vapore
diagrammi termodinamici 16.4.2 impianto motore a vapore 18
primo principio della termodinamica 16.3 rendimenti dellimpianto a vapore 18.2
secondo principio della termodinamica 16.4 Varignon (teorema di Varignon) 2.7
Torricelli Veicolo (utilizzazione del veicolo) Esempio 21.8
formula di Torricelli Esempio 8.5 Velocit
teorema (o principio) di Torricelli 14.7 angolare 8.3
Traiettoria 8.1.1 definizione ed unit di misura 8.1.1
Trasformazione(i) ideale 14.7
definizione 16.1 specifica 15.1.3
del gas perfetto 16.5.3, A.6 unit di misura 1.13, 8.1.1
sistema aperto 16.5.3.2, A.6.2 Ventilatori 15.2
sistema chiuso 16.5.3.1, A.6.1 punto di funzionamento di un ventilatore Esempio 15.5
termodinamiche 16.1, 16.4.2, A.6 Verifica 5.8
Trasmissibilit (postulato di trasmissibilit) 1.1, 2.3 Vettore(i)
Trasmissione(i) applicato 2.2
del calore 1.3, 17 definizione 2.2
meccanica della potenza 12 legge (o regola) del parallelogramma 2.2, 2.3
modi di trasmissione del calore 17.1 libero 2.2
Trasposizione (teorema di trasposizione) 4.4 risultante di vettori 2.2
Trave(i) unitario (o cursore) 2.2
definizione e statica della trave 3.3, 6.1, 7.1 Vibrazioni 10
travi inflesse 7, 7.1, A.4 Vincoli 3.3
Triangolo A.3.2 Viscosit (cinematica, dinamica) 14.1
qualunque A.3.4, Tabella V Volano Esempio 9.12
rettangolo A.3.3, Tabella IV Volume 1.8
Trigonometria A.3 massico 16.5.1
Turbine(a) Volumetriche (macchine volumetriche) 13.5.3
eoliche 15.6
idrauliche 15.5
ad azione e a reazione 15.5.1
tipi di turbine idrauliche 15.5.1
Z
velocit e diametri specifici 15.5.3 Zolfo (vedere Emissioni)
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TABELLE

Tabella VI Coordinate del baricentro, area della superficie


o lunghezza della linea

Tabella VII Momenti di inerza di superfici

Tabella VIII Massa e momenti di inerzia di massa di solidi


492

Tabella VI
Coordinate x e y del baricentro, area della superficie o lunghezza della linea
Area o
Forma x y
lunghezza

h
Area triangolare G h bh
y
3 2
b b
2 2

Area di un quarto 4r 4r r 2
di cerchio 3 3 4
G G
r
y
O
Area di un semicerchio O 0 4r r 2
x 3 2

Area di una semiparabola a 3a 3h 2ah


SUPERFICI

8 5 3
G G G h
y
O 3h 4ah
Area parabolica O 0
x a
5 3

y = kx2
Triangolo parabolico 3a 3h ah
h
G 4 10 3
y
O
x

Settore circolare 2r sen


0 r2
O G 3
x

Arco di un quarto 2r 2r r
di circonferenza 2
G
G
y r
O 2r
Arco di semicirconferenza O 0 r
x
LINEE

r
Arco di circonferenza r sen
0 2 r
O G

x
493

Tabella VII
Momenti di inerzia di superfici: area A, momento di inerzia assiale I, momento di inerzia polare J, modulo di
resistenza a flessione Z, raggio di inerzia e ordinata del baricentro y (con x0 e y0 assi passanti per il baricentro G)
Rettangolo y y0
bh3 bh2 h
A = bh I x0 = Z = x 0 = 0, 289h y =
12 6 2 G
b 3h bh3 b 3h bh (b2 + h2 ) h x0
I y0 = Ix = Iy = JG = y
12 3 3 12
x
b

Triangolo
bh bh3 bh2 h bh3
A= I x0 = Z = x 0 = 0, 236h y = Ix = h G
2 36 24 3 12 x0
y
x
b
Cerchio in funzione del diametro d oppure del raggio r y0
d 2
d 4
d 3
d 4
d d d
A= I x0 = I y0 = Z = 0, 1d 3 JG = x0 = y =
4 64 32 32 4 2
r 4 r 3 r 4 r G
A = r 2 I x0 = I y0 = Z = 0, 785r 2 JG = x0 = y =r
4 4 2 2 x0
y

2 y0
Corona circolare A= ( d di2 ) I x0 = I y0 = ( d 4 di4 ) Z = ( d 4 di4 )
4 64 32 d d
in funzione dei
diametri esterno d d 2 + di2 d
JG = ( d 4 di4 ) x0 = y =
ed interno di 32 16 2
4 4 G
oppure dei raggi A = (r 2 ri 2 ) I x0 = I y 0 = (r ri 4 ) Z = (r ri 4 ) di x0
4 4r
esterno r e interno ri 2 2
y
4 r + ri
JG = (r ri 4 ) x0 = y =r
2 4
Semicerchio y
r 4 r 4
Ix = Iy = JO =
8 4 G

O x
r

Ellisse y0
3 3 2 2
ab a b ab (a + b )
I x0 = I y0 = JG = b
4 4 4
G x0

Sezione a T b
d 2 t + s2 (b t )
A = bs + ht y =d
s

2 (bs + ht ) G
t x0
d

1 3 I x0 I x0
h

I x0 = [ty + b (d y )3 (b t ) (d y s)3 ] Z = x0 =
y

3 y A
x
Sezione a doppio T
d G
A = bd + h (b t ) y =
h
d

2 t
x0
y

bd 3 h3 (b t ) bd 3 h3 (b t ) I x0
s

I x0 = Z = x0 =
12 6d A x
b
494

Tabella VIII
Massa m e momenti di inerzia di massa I di corpi solidi ( massa volumica del corpo)
Barra y
d 2l ml 2
m= I xx = I yy =
4 12 G
d
x l
z

Disco circolare sottile in funzione del diametro d oppure del raggio r y


d 2 s md 2 md 2 s
m= I zz = I xx = I yy = d
4 8 16 G
2
mr mr 2
m = r 2 s I zz = I xx = I yy =
2 4 x
z

Piastra rettangolare sottile


y
m (b 2 + c 2 ) mb 2 mc 2
m = abc I zz = I xx = I yy = c b
12 12 12
a G

z
x

Prisma rettangolare y
m (a 2 + b 2 ) m (b 2 + c 2 ) m (a 2 + c 2 )
m = abc I zz = I xx = I yy =
12 12 12
G
b

x
c z
a

Cilindro in funzione del diametro d oppure del raggio r y


d 2l md 2 m (3d 2 + 4l 2 )
m= I zz = I xx = I yy =
4 8 48 G
2
mr m (3r + l 2 )
2 d
m = r 2l I zz = I xx = I yy = l/2
2 12 x
l/2 z

Cilindro cavo in funzione dei diametri esterno de ed interno di oppure dei raggi esterno y
re ed interno ri
l 2 m 2 m di
m= (d e d i2 ) I zz = (d e d i2 ) I xx = I yy = (3d e2 + 3d i2 + 4l 2 ) G
4 8 48 de
m m x l/2
m = l (re2 ri2 ) I zz = (re2 ri2 ) I xx = I yy = (3re2 + 3ri2 + l 2 ) z
2 12 l/2

Sfera y
4 r 3 2
m= I zz = I xx = I yy = mr 2
3 5 G
r = d/2
x z

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