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BIMESTRALE

DI MUSICA JAZZ
ANNO 17
N98
MARZO/APRILE 2017
12 EURO + CD ALLEGATO

PAOLO SILVESTRI
E.S.T. SYMPHONY
PINO JODICE E GIULIANA SOSCIA
JEAN-PIERRE LELOIR
PAOLINO DALLA PORTA
Dizzy
Gillespie
VITTORIO MEZZA LA MUSICA UNIVERSALE
ROBERTO SPADONI
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TALKIN QUESTION&ANSWER

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direttore luciano vanni
luciano.vanni@jazzit.it
caporedattore chiara giordano
chiara.giordano@jazzit.it
progetto grafico e impaginazione gianluca grandinetti
grafica@vannieditore.com
photo editor chiara giordano
chiara.giordano@jazzit.it
in redazione sergio pasquandrea
index
INTERVISTE Paolo Silvestri 82 E.S.T. Symphony 90 Duccio Bertini & Susana
Sheiman 118 Cristiano Calcagnile 122 Paolino Dalla Porta Future Changes
Quartet 128 Vittorio Mezza Trio 134 Giovanni Sanguineti Nextrio 138 Roberto
Spadoni & New Project Jazz Orchestra 142 STORIE Jean-Pierre Leloir - Locchio
sergio.pasquandrea@jazzit.it
editore vanni editore srl del jazz 102 FOCUS Nels Cline 124 Rosario Giuliani, Luciano Biondini, Enzo
info@vannieditore.com
Pietropaoli, Michele Rabbia 130 Dave Holland, Chris Potter, Lionel Loueke, Eric
direttore responsabile enrico battisti
pubblicit arianna guerin
Harland 132 RUBRICHE Word of Mouth: Steve Kuhn - Due mesi con Coltrane 14
arianna.guerin@vannieditore.com Jazz Anatomy: Night In Tunisia - Nascita e rinascita 110 Records 116
abbonamenti arianna guerin
abbonamenti@vannieditore.com
sito web chiara giordano
chiara.giordano@jazzit.it

24
gianluca grandinetti
grafica@vannieditore.com
hanno scritto in questo numero
antonino di vita , eugenio mirti,
sergio pasquandrea , roberto paviglianiti
COVER STORY
Da Londra: stuart nicholson
(tradotto da sergio pasquandrea)

Da New York: ashley kahn, david schroeder


(tradotti da sergio pasquandrea)
hanno fotografato in questo numero
michele cantarelli, niko giovanni coniglio,
paolo galletta , roberto polillo, emanuele vergari

crediti fotografici
Leditore ha fatto il possibile per rintracciare gli aventi
diritto ai crediti fotografici non specificati e resta a

Dizzy
disposizione per qualsiasi chiarimento in merito
foto di copertina
William P. Gottlieb

stampa

Gillespie
arti grafiche celori snc, Terni
Iscrizione al tribunale di Terni n. 1/2000
del 25 febbraio 2000

redazione
vico San Salvatore 13 - 05100 Terni
LA MUSICA UNIVERSALE
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(edicole)
82
Silvestri
102
Leloir
128

Dalla Porta
134

Mezza
142

Spadoni
editoriale
Un traguardo, un nuovo obiettivo
Nel 2017, in estate, festeggeremo il nostro centesimo numero, e per noi sar loccasione per misurarci
con il futuro; non esclusivamente il nostro, ma con quello dellidea stessa di editoria specializzata. La
nostra ambizione di costruire un modello di piattaforma editoriale avanzata e innovativa capace di uti-
lizzare i pi diversi device tecnologici per fornire un servizio editoriale completo, coinvolgente, autore-
vole, aggiornato, informato e utile. Ma affinch i nostri sforzi e le nostre idee siano giuste e orientate ver-
so i desideri dei nostri lettori, anche di quelli pi giovani, abbiamo deciso di aprire un sondaggio sulla
nostra pagina Facebook ufficiale per sapere direttamente da voi quali potrebbero essere i servizi, le atti-
vit, i prodotti e le iniziative da intraprendere; un modo per ascoltarvi e per migliorarci.

Welcome Jazzit Fest #5


Mettete in agenda la quinta edizione del festival promosso dalla nostra rivista: 23-24-25 giugno. Il
Jazzit Fest alle porte e questanno saremo in Veneto, nella straordinaria citt di Feltre (BL), una
meta ricca di un patrimonio storico-artistico di eccezionale valore e un territorio incastonato nel-
le Dolomiti bellunesi. Saranno tre giorni di musica, di turismo culturale e di un programma co-
struito attorno a quelle che abbiamo chiamato Residenze Creative, che coinvolgeranno circa tre-
cento musicisti e un centinaio di creativi, promoter, fotografi, videomaker, educatori, manager e
discografici. Saranno tre giorni di conferenze, performance, happening, laboratori di musica per
linfanzia; tre giorni di festa che vogliamo condividere con tutti coloro che ci leggono, ci seguono
e che ci vogliono bene. Per informazioni sul fronte accoglienza, ospitalit e programma scrivete-
ci allindirizzo info@jazzitfest.it.

Jazzit stuff
Il numero 98 di Jazzit dedicato a Dizzy Gillespie in occasione del centenario della sua nascita
mentre il cd allegato offre lascolto di una delle pi significative orchestre che il panorama jazzi-
stico italiano possa vantare, lOrchestra Jazz Parthenopea di Pino Jodice e Giuliana Soscia, fea-
turing Paolo Fresu: il disco stato registrato dal vivo il 22 giugno 2016 nel Vulcano Solfatara di
Pozzuoli (Na) in occasione del Pozzuoli Jazz Festival. Segue il consueto programma di intervi-
ste, saggi storici e recensioni, curate come sempre nei minimi dettagli e scritte da alcune tra le pi
brillanti firme del panorama italiano e internazionale. Jazzit sempre pi un vinile delledito-
ria e rimarr tale, nonostante siano state attivate le edizioni digitali, online (jazzit.it), social (Fa-
cebook e Twitter). Ma il nostro futuro ha bisogno di una comunit di soci disposti a sostenerlo
attraverso la formula dellabbonamento rateizzato Jazzit Club, che consente di ricevere ledizio-
ne cartacea, ledizione digitale e la Jazzit Card con 9,99 euro addebitati ogni due mesi su carta di
credito o conto corrente. Insomma, il futuro di Jazzit sar sempre pi partecipato: vi aspettiamo!

Luciano Vanni
WORD OF MOUTH

ANDREA FELIZIANI

STEVE KUHN
DI DAVID SCHROEDER
DUE MESI CON COLTRANE
TUTTI CONOSCONO IL CELEBRE QUINTETTO DI JOHN COLTRANE, QUELLO CON
MCCOY TYNER AL PIANO. MA NON TUTTI SANNO CHE, PER UN BREVE PERIODO,
PRIMA DELLARRIVO DI TYNER, TRANE EBBE UN ALTRO PIANISTA: STEVE
KUHN, ALLEPOCA POCO PI CHE VENTENNE. IN QUESTINTERVISTA, KUHN CI
RACCONTA DELLA SUA FORMAZIONE E DI QUEI DUE STRAORDINARI MESI

3
S
teve Kuhn nato a Brooklyn il 24 marzo 1938. La sua passione per il jazz
stata alimentata dalla collezione di 78 giri di suo padre, che comprendeva
artisti come Benny Goodman, Count Basie e Duke Ellington. Ma la musica
che davvero lo colpiva era quella dei pianisti boogie-woogie come Meade Lux
Lewis, James P. Johnson e Pinetop Smith.
Nel 1947 suo padre cambi lavoro e la famiglia si trasfer a Chicago. Poi, nel 1950,
si spostarono a Boston, dove Kuhn cominci a studiare con la rinomata insegnan-
te di pianoforte classico Margaret Chaloff. Anche se Kuhn studiava gi pianofor-
te dallet di cinque anni, la Chaloff, che insegnava secondo i dettami della scuo-
la pianistica russa, distrusse la sua precedente tecnica per reinsegnargli il proprio
approccio al pianoforte. Margaret Chaloff era anche la madre di Serge Chaloff, il
sassofonista baritono che si guadagn la fama nei tardi anni Quaranta con lorche-
stra di Woody Herman, per il quale incise il famoso Four Brothers, con una sezio-
ne di sassofoni che comprendeva anche Stan Getz, Zoot Sims e Herbie Stewart.
Quando Chaloff lasci lorchestra di Herman per disintossicarsi dalla tossicodi-
pendenza, nei primi anni Cinquanta, torn a Boston a vivere con sua madre e co-
minci a esibirsi nellarea di Boston. Sua madre gli disse che aveva uno studente
di pianoforte tredicenne che suonava jazz; dopo averlo ascoltato, Chaloff ingaggi
Kuhn nel suo trio.

APPRENDISTATO
Lavorare con Serge Chaloff fu una straordinaria scuola per Kuhn, che impar ad
accompagnare uno strumento a fiato. Nella maggior parte dei concerti, il grup-
po non aveva un bassista, perch Chaloff poteva permettersi soltanto un piani-
sta e un batterista. Il suono del gruppo era vuoto senza contrabbasso, ma Kuhn
impar a suonare senza il supporto di un bassista e alla fine impar a non esage-
rare con le note quando svolgeva il proprio ruolo di pianista. Serge aveva poca
pazienza, mi ha raccontato Steve in unintervista del 2008, e quando sbagliavo
qualcosa con gli accordi mi gridava contro, di fronte al pubblico. Qualcuno, cre-
do, sarebbe semplicemente andato via, oppure avrebbe avuto un crollo, ma lui
affront la sfida e si disse: Okay, devessere cos che si impara.
Steve Kuhn venne ammesso alluniversit di Harvard e prese una laurea in Lette-
re. Nei corsi delluniversit, ogni studente doveva scegliere un indirizzo di studi,
e lui scelse la teoria musicale. A quellepoca, la facolt di musica non riconosce-
va importanza accademica ad alcun musicista dopo Stravinskij: interessandosi
al jazz, Kuhn ebbe difficolt con quasi tutti i suoi insegnanti tranne uno, il cele-
berrimo studioso di teoria Walter Piston, che teneva un corso sulla musica del
Ventesimo Secolo e riconosceva che anche il jazz era una forma artistica valida.

LENOX SCHOOL OF JAZZ


Dopo la laurea ad Harvard, nel 1959, Kuhn fu preso in un workshop jazzistico
di tre settimane, denominato Lenox School of Jazz. La Schaefer Beer, un birrifi-
cio locale che sponsorizzava il workshop, offriva anche una borsa di studio riser-
vata agli studenti, e fu proprio grazie a quella borsa di studio che Kuhn pot se-
guire i corsi, nellagosto del 1959. Il corpo docenti comprendeva George Russell,
John Lewis, Dizzy Gillespie, Connie Kay, Jim Hall, Gunther Schuller, Bill Evans,
Kenny Dorham e Jimmy Giuffre. Tutti pendevano dalle loro labbra, furono tre
settimane straordinariamente intense. George Russell present il suo Lydian
Chromatic Concept e io passai molto tempo con Bill Evans, che mi trattava come
se fossi il suo fratello minore.
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WORD OF MOUTH

COME ACCOMPAGNARE ORNETTE?


Fra gli altri studenti alla Lenox, cerano Paul Bley, David Baker, Gary
McFarland e Ran Blake. Nel gruppo di Kuhn, diretto da John Lewis e Max
Roach, i suoi compagni erano Ornette Coleman e Don Cherry. Quella fu
la prima volta che Kuhn entr in contatto con le concezioni musicali di
Coleman, che commentava cos: Non sapevo davvero che cosa fare, quan-
do suonava lui, perch suonare accordi al pianoforte non avrebbe avuto al-
cun senso. Dissi a John Lewis: Non so che cosa fare quando Ornette fa i
suoi assolo. Lui rispose: Perch non suoni dei controcanti, come li suono
io sotto Milt Jackson nel Modern Jazz Quartet?. Ma, a me, suonare contro-
canti a Ornette non andava molto a genio: ci provai, per far contento John,
ma sostanzialmente evitavo di suonare.
Kuhn aveva sentito Bill Evans per la prima volta nel 1957, durante il suo
secondo anno ad Harvard, quando Evans tenne un concerto con George
Russell alla Brandeis University: Ascoltare Evans per la prima volta mi la-
sci spiazzato, perch io sentivo di star procedendo in una qualche direzio-
ne, ma lui aveva gi messo insieme il suo stile molto meglio di quanto non
avessi fatto io. Pi tardi, quando Kuhn si trasfer a New York, la gente lo
paragonava a Evans, dicendo cose come: un discepolo di Bill Evans, o
suona come Bill.

ROBERTO POLILLO

ORNETTE COLEMAN

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ROBERTO POLILLO
BILL EVANS

A CASA DI BILL EVANS


Kuhn si trasfer a New York nel settembre del 1959 e prese una stanza al Bryant
Hotel, fra la Cinquantaquattresima e Broadway, proprio di fronte alla sede ori-
ginale del Birdland. A New York, cominci a fare la conoscenza di altri musici-
sti: la scena era molto attiva e comprendeva una gran quantit di jam session che
si svolgevano in tutta la citt. Prese contatti con tutti quelli che aveva conosciuto
a Lenox, insieme ad altri che conoscva dai tempi di Boston e che ora vivevano a
New York, dicendo loro: Adesso sono qui e se senti di qualcuno che ha bisogno
di un pianista, sono a disposizione. Fui fortunato perch, quando chiamai Kenny
Dorham, aveva proprio bisogno di un pianista e mi ingaggi, appena tre settima-
ne dopo il mio arrivo in citt.
Kuhn fin per fare la conoscenza di musicisti come Sonny Clark, Wynton Kel-
ly, Booker Little, Charlie Haden e Scott LaFaro. Riprese anche i contatti con Bill
Evans. Andavo abbastanza spesso a casa di Bill, solo per parlare di musica, del-
la frustrazione di venire a New York e di quanto fosse dura anche soltanto tirare
avanti. Lui mi aiut molto, per esempio ci fu un periodo, quando vivevo a Man-
hattan, in cui non avevo un pianoforte a disposizione. Lui aveva avuto un Fen-
der Rhodes per una seduta di registrazione e me lo fece avere. Disse: sempre
meglio che niente. Io presi il Rhodes e lui disse: Tienilo per tutto il tempo che
vuoi. Era per cose come queste che volevo bene a Bill. La nostra relazione si ba-
sava sempre sulla musica, non mi immischiai mai nei problemi di tossicodipen-
denza di Bill, anche se ne vedevo gli effetti quando lo ascoltavo suonare al Vil-
lage Vanguard. Suon per una settimana intera usando solo la sinistra, perch
la destra era cos gonfia a causa della droga che non gli funzionava pi. Voglio
dire, avrebbe potuto suonare anche con una mano legata dietro la schiena, per
quantera bravo. Bill era una persona molto intelligente e aveva un gran senso
dellumorismo, di cui tante persone non sanno nulla. Aveva un senso dellumo-
rismo molto cinico, ma era proprio il tipo di humor che piaceva anche a me. Bill
era una persona davvero speciale.
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WORD OF MOUTH

ROBERTO POLILLO

JOHN COLTRANE

COME CONOBBI COLTRANE


Verso la fine del 1959, Kuhn lavorava nella band di Kenny Dorham e sen-
t dire che John Coltrane stava per lasciare il gruppo di Miles Davis per
mettere insieme il suo nuovo quartetto. Sapevo che non aveva idea di chi
io fossi, ma riuscii ad avere il suo numero di telefono da qualche parte e lo
chiamai. Io sono abbastanza timido, quindi mi ci volle parecchio sforzo per
fare quella telefonata. Ma ero affascinato da lui e dalla sua musica e volevo
solo incontrarlo, per parlare di musica, o forse per suonare un po insieme.
Mi presentai al telefono e dissi: In questo periodo sto lavorando con Ken-
ny Dorham e sarei felice se potessimo incontrarci qualche volta, per par-
lare di musica, o di qualunque cosa. Rispose che ne sarebbe stato felice e
qualche settimana dopo mi richiam e disse: Sto per affittare uno studio
sullOttava Avenue, perch non suoniamo un po insieme?. Probabilmente
John aveva parlato di me con Kenny Dorham. Andai in questo piccolo stu-
dio, a pochi isolati da dove abitavo, per suonare con John. Cera un piano-
forte verticale e un paio di sedie. Ci sedemmo e suonammo un po del re-
pertorio che faceva allepoca, quello del disco Giant Steps. Parlammo e
suonammo per circa due ore, e per me fu fantastico.

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CARAMELLE AL RUM
Tornai al mio albergo e non seppi pi nulla di lui per un paio di settimane. Poi
mi richiam e mi chiese di andare a casa sua. In quel periodo viveva a Hollis,
nel Queens. Mi invit a cena e sostanzialmente suonammo la stessa musica che
avevamo suonato qualche settimana prima. Sua moglie Naima cucin unottima
cena e poi John mi riaccompagn in macchina allalbergo. Non mi parl di in-
gaggi quella volta; in effetti, pronunci pochissime parole. La conversazione ri-
guardava o il suo sassofono, oppure niente, perch era totalmente immerso nel-
la musica. Non avevo mai incontrato qualcuno dedito in maniera cos totale alla
musica, e per me fu unenorme ispirazione. Aveva chiaramente una personalit
portata alle dipendenze, ma a quel tempo era del tutto pulito e aveva smesso con
tutte quelle idiozie. Lunica traccia della sua passata dipendenza era che aveva
una passione per i Butter Rum Lifesavers (caramelle a base di rum e burro, mol-
to diffuse in America. NdR). Continuava a infilarsene in bocca talmente tanti che
sapeva sempre di burro. Usava gli zuccheri per compensare gli altri vizi. Pass
qualche altra settimana e finalmente il mio telefono squill. Era lui: Steve? Sono
John. Basterebbero centotrentacinque dollari a settimana per cominciare?.

STEVE KUHN

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WORD OF MOUTH

ERA COME SUONARE IN CHIESA


A quellepoca guadagnavo cento dollari a settimana con Kenny Dorham,
quindi persino quello era un passo avanti. Risposi: Certo. Ero euforico.
Cominciammo a lavorare insieme in un club del Lower East Side che si
chiamava Jazz Gallery. Allinizio il gruppo di John era scritturato per due
o tre settimana, ma fin per restarci ventisei settimane di seguito. Oggi sa-
rebbe una cosa inaudita, ma continuavano a tenerlo l. Lavorai con lui per le
prime otto settimane, poi McCoy Tyner entr nella band. Pi tardi scoprii
che John voleva McCoy a lavorare con lui fin dallinizio, ma McCoy aveva
un contatto con il Jazztet di Art Farmer e Benny Golson allepoca: non pote-
va liberarsi, perci io in pratica gli stavo tenendo caldo lo sgabello. Ma quel
periodo che passai con la band fu unesperienza incredibile: la musica, la re-
azione del pubblico ogni singola sera, mentre John eseguiva un assolo dopo
laltro. Era, letteramente, come suonare in una di quelle chiese dove la gen-
te si alza e d di matto per la musica. Non avevo mai provato niente del ge-
nere prima di allora. Tutte le sere la sala era piena zeppa, gente come Or-
nette o Sonny Rollins veniva a parlare con John durante le pause. Cera una
tale energia attorno alla musica, a quei tempi.

ROBERTO POLILLO

MCCOY TYNER

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Quelle otto settimane furono straordinarie per me. Per
John, non si trattava di suonare note, era musica che
veniva dal cuore, era quello che comunicava tramite il
suo strumento. E questa la vera essenza della musica,
non quante note al secondo sei in grado di suonare.
Devi riuscire a raggiungere le emozioni della gente, ed
esattamente questo che faceva lui. Nonostante avesse
quella tecnica incredibile, poteva anche suonare in
maniera molto misurata, come faceva su alcune ballad,
o su altre cose che fece negli anni successivi

RAGGIUNGERE LE EMOZIONI
Facevano soprattutto brani da Giant Steps, ma anche alcuni pezzi modali.
Suonavamo Impressions, che aveva solo uno o due accordi in tutta la strut-
tura, mentre Giant Steps aveva un cambio daccordo ogni due movimenti. John
era un po sul confine, dal punto di vista musicale: aveva brani con armonie mol-
to dense, e poi cerano le cose pi libere, nelle quali poteva andare dovunque vo-
lesse, dal punto di vista armonico. Alla fine prese la direzione libera, ma quan-
do io ero con lui suonava entrambe. Quelle otto settimane furono straordinarie
per me. Per John, non si trattava di suonare note, era musica che veniva dal cuo-
re, era quello che comunicava tramite il suo strumento. E questa la vera essen-
za della musica, non quante note al secondo sei in grado di suonare. Devi riusci-
re a raggiungere le emozioni della gente, ed esattamente questo che faceva lui.
Nonostante avesse quella tecnica incredibile, poteva anche suonare in maniera
molto misurata, come faceva su alcune ballad, o su altre cose che fece negli anni
successivi. Lo sviluppo di John era logico, non lo faceva per amore del virtuo-
sismo o per cercare di fare impressione su qualcuno. Era sempre alla ricerca di
qualcosa di nuovo.

CHE COSA STUDIAVA COLTRANE?


Quando Kuhn lasci il gruppo di Coltrane, Kenny Dorham lo riprese nella sua
band, ed entr anche nel gruppo di Stan Getz. Coltrane aveva anche degli impe-
gni contrattuali con Miles Davis, quindi rientr nel gruppo del trombettista nel
1961 per un breve tour in California. Anche il gruppo di Getz suonava in Califor-
nia negli stessi giorni, e spesso le due band avevano date in comune con Miles,
nelle stesse citt. Mi ricordo una volta a San Francisco, stavamo tutti nello stes-
so albergo. La band di Miles stava terminando al Blackhawk e noi cominciava-
mo, e John si esercitava nella sua camera tutto il giorno. Non si sentiva altro: io e
Scott LaFaro ce ne stavamo davanti alla sua porta soltanto per ascoltarlo mentre
studiava. In genere ascoltare qualcuno che studia noioso, ma le cose che face-
va John con il suo strumento erano stupefacenti. John non parlava mai di ci che
studiava, ma suonava di continuo. stata una grande ispirazione stargli accanto,
in quel periodo della mia vita

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COVER STORY DIZZY GILLESPIE

ROBERTO POLILLO
Dizzy
Gillespie
LA MUSICA UNIVERSALE

SE CHARLIE PARKER HA CREATO IL SASSOFONO JAZZ MODERNO E BUD POWELL IL PADRE


DI QUASI TUTTI I PIANISTI DAGLI ANNI QUARANTA IN POI, CI SONO POCHI DUBBI SU CHI
SIA IL CAPOSTIPITE DELLA TROMBA JAZZ CONTEMPORANEA: DIZZY GILLESPIE. MA DIZZY
NON FU SOLTANTO UN ACROBATA DEL SUO STRUMENTO: MUSICISTA DI GRANDE SPESSORE
INTELLETTUALE, OTTIMO ARRANGIATORE, BANDLEADER FERRATISSIMO, CONCEP PER PRIMO
LA FUSIONE TRA IL JAZZ E LE MUSICHE LATINOAMERICANE. IN OCCASIONE DEL CENTENARIO
DELLA NASCITA, RICOSTRUIAMO UNA CARRIERA DURATA PI DI MEZZO SECOLO

DI SERGIO PASQUANDREA
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

01
CHERAW,
PHILADELPHIA
NEW YORK

NATO NELLA CITTADINA DI CHERAW, IN SOUTH CAROLINA, NEL 1917, DIZZY


GILLESPIE SI AVVICINA ALLA TROMBA DA AUTODIDATTA. GI DA RAGAZZO
COMINCIA A SUONARE IN ORCHESTRE E COMPLESSI AMATORIALI, FINCH
ALL'ET DI DICIOTT'ANNI SI TRASFERISCE A PHILADELPHIA, DOVE FA LE
PRIME ESPERIENZE DA PROFESSIONISTA. NEL 1937 SI SPOSTA A NEW YORK
E VIENE INGAGGIATO DAL BANDLEADER TEDDY HILL

DI SERGIO PASQUANDREA

NON SOLO BOP


Per l'ascoltatore di jazz medio, il nome di Dizzy Gillespie sinonimo di be bop.
Ora, una simile catalogazione potrebbe, in una certa misura, essere accettabile per
musicisti come Charlie Parker, Fats Navarro, Bud Powell, la cui parabola creativa,
sfortunatamente breve, si svolse (quasi) tutta entro le coordinate di quello stile. Per
Gillespie, per, si tratta di un'etichetta a dir poco limitante.
Dizzy crebbe negli anni Venti e Trenta, in piena Swing Era; ebbe come primo mo-
dello Roy Eldridge; cominci a incidere, giovanissimo, con l'orchestra di Teddy Hill,
una formazione ancora pienamente swing. Fu poi a capo del gruppo di pionieri che,
all'inizio degli anni Quaranta, crearono il bop, e divenne pi ancora di Charlie Par-
ker uno degli alfieri di quel movimento. Ma gi alla met di quello stesso decennio
era impegnato ad allargarne i confini stilistici, trasportandolo nel contesto di una
grande orchestra e ibridandolo con la musica latinoamericana. La sua carriera conti-
nu, feconda e ininterrotta, fino alla morte nel 1993.
Quest'anno cadono i cent'anni dalla sua nascita: un'ottima occasione per gettare un
po' di luce su un artista immenso e folgorante.

26
27
WILLIAM P. GOTTLIEB
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB

CHERAW, SOUTH CAROLINA


Cheraw, South Carolina, una cittadina di circa seimila abitanti, che sorge vicino al
confine tra le contee di Chesterfield e Marlboro, lungo la sponda destra del fiume Pee
Dee. Prende il nome dalla trib indiana che abitava la zona secoli fa, prima di estin-
guersi all'inizio del Settecento. Cheraw ospita una nutrita popolazione afroamerica-
na, che ammonta al 52% degli abitanti, contro un 45% di bianchi.
Passeggiando per il centro, si possono ammirare ancor oggi le aggraziate architettu-
re neoclassiche del XVIII e XIX secolo, che le hanno fatto guadagnare il sopranno-
me di prettiest town in Dixie, la pi bella citt del Sud (Dixie, o Dixieland, il no-
mignolo con cui vengono designate le regioni del Sud degli Stati Uniti). Se poi ci si
spinge verso la periferia, si incontra la Dizzy Gillespie Drive, una stradina a ferro di
cavallo che attraversa un quartiere residenziale, con le tipiche villette monofamilia-
ri circondate dall'immancabile praticello ben tenuto. Nei giardini di Town Green, al
321 di Market Street, fa mostra di s una statua del trombettista, con le inconfondi-
bili guance gonfie e la campana della tromba piegata verso l'alto; il monumento cam-
peggia in bella vista anche nel sito internet della citt di Cheraw.
S, perch John Birks Gillespie, meglio noto come Dizzy, il figlio pi ilustre di
Cheraw, dove nacque il 21 ottobre 1917.

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Il padre, James, era un carpentiere con l'hobby della musica, la madre Lottie
Powe una casalinga. James e Lottie ebbero nove figli, sette dei quali sopravvissuti.
Fra i numerosi fratelli e sorelle, Dizzy era particolarmente legato a Wesley, detto
Wes, e a Eugenia, suoi compagni di giochi

UNA CASA PIENA DI STRUMENTI MUSICALI


La casa natale di Gillespie si trovava al numero 335 di Huger Street, dove nel 2002
l'amministrazione cittadina ha posto una targa commemorativa, con incise le note di
Salt Peanuts. Alla fine di ottobre, Cheraw ospita un piccolo festival jazz per comme-
morare il compleanno di Dizzy. PAP CI
Ma, nel 1917, nulla faceva presagire che la nascita di quel bambino rappresentasse un PICCHIAVA OGNI
evento nella storia di Cheraw. Il padre, James, era un carpentiere con l'hobby della
musica, la madre Lottie Powe una casalinga. James e Lottie ebbero nove figli, set-
DOMENICA
RITRATTO DI FAMIGLIA
te dei quali sopravvissuti. Fra i numerosi fratelli e sorelle, Dizzy era particolarmen-
te legato a Wesley, detto Wes, e a Eugenia, suoi compagni di giochi. Un altro fratello,
Tutte le domeniche pap ci pren-
di nome James Penfield, detto J.P., aveva lasciato casa quando Dizzy era ancora pic-
deva a cinghiate. il ricordo pi
colo, per trasferirsi al Nord. vivo che ho di lui. Era sempre ar-
L'infanzia del piccolo John fu tutt'altro che serena: James Gillespie era un uomo roz- rabbiato; e detestava vedere o sa-
zo e violento, che picchiava regolarmente i figli. John, da parte sua, aveva un caratte- pere che i suoi figli si comportava-
re irrequieto, facile alla rissa, che gli procur non pochi problemi a scuola, compen- no male. Wesley! John! Venite,
l'ora delle cinghiate!. Era cos che
sato per da un'intelligenza viva e prensile, grazie alla quale riusc a saltare i primi
ci dava il buongiorno, a volte nean-
due anni di elementari e a frequentare direttamente la terza insieme al fratello Wes, che ci eravamo svegliati per bene
di due anni pi grande. e ci toccava salire da lui per farci
menare. Quant'era grosso e catti-
vo, con quella cintura in mano. A
volte io urlavo: Ma non ho fatto
niente!, provavo a scansarlo e a
nascondermi sotto il letto. Ma ap-
pena mi abbassavo e facevo per
WILLIAM P. GOTTLIEB

svignarmela, zac!, un'altra frusta-


ta: pap non sbagliava un colpo.
Ma insomma, che cos' che com-
binavi?, mi chiede la gente quando
gli racconto che pap mi picchiava
tutte le domeniche. E io devo spie-
garglielo da capo ogni volta. Non ri-
escono a credere che le botte era-
no a prescindere da tutto, qualsiasi
cosa io avessi fatto durante la setti-
mana, perch pap dava per scon-
tato che in sette giorni qualcosa di
male dovevo senz'altro averlo fatto.
Pap credeva nelle maniere forti. Ci
trattava cos perch voleva temprar-
ci, ma l'unica cosa che ha temprato
stato il mio spirito di ribellione: sin
da piccolissimo, mi ribellavo con-
tro chiunque tranne lui. Era un vero
uomo, di quelli che quando parla-
no urlano, perch per farsi rispet-
tare da tutti quei bambini doveva
fare la voce grossa. Io avevo pau-
ra di lui, ma dopo un po' cominciai
davvero a comportarmi male, cos
almeno le botte erano giustificate.
(Dizzy Gillespie con Al Fraser, To be
or not to bop. L'autobiografia, mini-
mum fax, 2009, pp. 13-14)

29
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

La casa dei Gillespie era piena di strumenti musicali (Dizzy ricordava un pianoforte,
una chitarra, una batteria, un mandolino e un contrabbasso) che costituirono il primo
contatto di John con la musica. Egli stesso, nella sua autobiografia racconta come gi da
bambino si divertisse a suonare semplici motivetti a orecchio, sul pianoforte di casa

CASA, CINEMA E CHIESA


James, oltre al lavoro di carpentiere, praticava anche la musica, dirigendo un'orche-
stra amatoriale nella quale suonava il pianoforte. La casa dei Gillespie era piena di
strumenti musicali (Dizzy ricordava un pianoforte, una chitarra, una batteria, un
mandolino e un contrabbasso) che costituirono il primo contatto di John con la mu-
sica. Egli stesso, nella sua autobiografia (To be or not to bop, minimum fax, 2009), rac-
conta come gi da bambino si divertisse a suonare semplici motivetti a orecchio, sul
pianoforte di casa.
Un altro contatto con la musica veniva dai film, nei quali apparivano spesso musicisti
e artisti alla moda (Gillespie cita Duke Ellington e il ballerino Bill Robinson). E infi-
ne c'era la chiesa: i Gillespie frequentavano la chiesa metodista, in cui venivano can-
tati soltanto gli inni religiosi, secondo la tradizione protestante, ma il piccolo John
amava intrufolarsi anche in quella battista e in quella episcopale africana, che segui-
vano i riti delle chiese santificate. In quelle celebrazioni i fedeli, secondo il raccon-
to di Dizzy, tenevano almeno quattro diversi ritmi contemporaneamente e via via
che i fedeli si scatenavano, l'intensit ritmica cresceva: pestavano i piedi, battevano
le mani, saltavano sul pavimento di legno, che risuonava come un tamburo. [] Gente
come James Brown e Aretha Franklin deve tutto a quel ritmo. E anch'io non ho mai
smesso di trovare ispirazione in quell'esperienza spirituale e musicale.

BILL ROBINSON

30
DETROIT PUBLISHING CO.
PHILADELPHIA, 1900

LE COSE CAMBIANO
L'ambiente nel quale Gillespie crebbe era improntato alla pi rigida segregazione
razziale. Anche la scuola elementare che frequent, la Robert Small's School, era
esclusivamente afroamericana. Ad ogni modo, nei primi anni dell'infanzia i due la-
vori di suo padre, carpentiere e musicista, riuscivano ad assicurare alla famiglia, se
non il benessere, almeno un tenore di vita dignitoso. Nell'autobiografia, Dizzy ricor-
da un viaggio al Nord all'et di nove anni, quando con la madre e il fratello visit Phi-
ladelphia e New York, che ai suoi occhi di bambino sembrarono una sorta di Paese del
Bengodi. Le cose cambiarono bruscamente quando, nel 1927, suo padre mor per una
crisi d'asma, lasciando la famiglia sulle spalle della madre.
Dopo la morte di pap la miseria ci colp come uno schiaffo. Una povert quasi tan-
gibile, soprattutto nei periodi di festa. A Pasqua, in tutte le famiglie era tradizione
comprare dei vestiti nuovi; ma a casa nostra, dopo il 1927, questo non fu pi possibi-
le. Mamma non aveva i soldi per fare la spesa, figuriamoci per il vestiario, e in bre-
ve iniziammo a vergognarci della nostra povert. Fino a quel momento mia madre
non aveva avuto bisogno di lavorare, perch a portare il pane a casa ci aveva sem-
pre pensato pap. Era riuscito persino a mettere insieme qualche risparmio, ma nel
1929 il presidente della banca di Cheraw se ne scapp con tutta la cassa, compresi i
soldi di mio padre. La banca venne chiusa e nessuno riebbe indietro il proprio dena-
ro. Mamma doveva mantenere quattro figli e non aveva reddito. Potete immaginar-
vi le privazioni.

31
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

FRANCES BENJAMIN JOHNSTON


MINSTREL SHOW
ROVESCIAMENTO DELLA
SATIRA
Non ben chiaro quando gli spetta-
coli poi noti come minstrel show
abbiano cominciato a svilupparsi.
Caricature di personaggi afroame-
ricani compaiono sulle scene ame-
ricane sin dal XVII-XVIII secolo, ma
probabile che solo nell'Ottocen-
to abbia preso forma il minstrel
show nella sua forma classica: at-
tori bianchi, con la faccia dipinta di
BOOKER T. WASHINGTON nero (blackface), che satireggiava-
no i neri, dipinti come figure scioc-
che e ridicole. Il genere conobbe la
sua fioritura tra gli anni Venti e gli
MINSTREL SHOW IN SI BEMOLLE anni Settanta dell'Ottocento. I per-
proprio in questo periodo che John ha il suo primo approccio diretto con la mu- sonaggi fissi di queste recite inclu-
sica. Nel 1930 la sua insegnante Alice Wilson lo coinvolse in un minstrel show che devano Sambo, il servo sciocco, e il
organizzava insieme agli alunni della classe. La Wilson era una pianista dilettan- dandy, ossia l'elegantone che cer-
cava di imitare i bianchi. Si svilup-
te, autodidatta e musicalmente analfabeta (sapeva suonare solo in Si bemolle, ri-
p anche un ricco repertorio di bal-
corda Dizzy), ma con una grande capacit di motivare gli studenti, tanto che Gille- li e canzoni, ispirati al folklore nero
spie la ricord sempre con molto affetto. Nella distribuzione degli strumenti, a lui e ai dialetti degli afroamericani. Le
tocc un trombone, che cominci a studiare con grande impegno nonostante fosse scene si svolgevano in un Sud ste-
troppo grande per lui (avevo le braccia troppo corte: non riuscivo ad andare oltre reotipato, a base di schiavi canteri-
ni, piantagioni, banjos e corpulen-
la quinta posizione, e le note alte della sesta e della settima mi erano impossibili).
te mamies.
Poco dopo, per, scopr che un suo coetaneo, vicino di casa, possedeva una tromba, L'aspetto pi interessante che gi
che in breve tempo impar a suonare, sempre a orecchio. a met Ottocento esistevano troupe
Il minstrel show della scuola ottenne un tale successo che Dizzy e i compagni ten- di afroamericani che avevano adot-
nero in piedi la band e iniziarono a suonare nelle feste da ballo di Cheraw e din- tato tali spettacoli e li avevano ar-
ricchiti con musiche che attingeva-
torni. Nella band c'erano anche i cugini di John, Norman e Ralph Powe, che suo-
no dal repertorio afroamericano pi
navano il trombone. Gillespie, che era e rimase sempre un ottimo ballerino, non autentico. Anche se tali spettacoli
aveva difficolt a distinguersi in quel contesto e otteneva anche un certo succes- mantenevano gli aspetti buffone-
so con le ragazze. schi del minstrelsy bianco, inclusi
Nel 1933 Dizzy ottenne, grazie alla sua abilit come musicista, una borsa di studio quelli pi legati agli stereotipi raz-
ziali, ci nondimeno gli afroameri-
al Laurinburg Technical Institute, una scuola riservata agli afroamericani, che era
cani furono in grado di impadro-
stata aperta nel 1904 ad opera del grande intellettuale nero Booker T. Washington. nirsene e, in molti casi, rovesciarli,
Vi rest per due anni, durante i quali ebbe occasione di proseguire la sua educazio- guadagnandosi allo stesso tempo
ne, musicale e non. Prese lezioni di musica, affin la sua tecnica strumentale, im- un accesso allo show-business che
par il solfeggio e cominci a praticare regolarmente il pianoforte. altrimenti sarebbe stato loro negato.
I minstrel show cominciarono a de-
Nell'estate del 1935 sua madre si trasfer a Philadelphia con la famiglia e John de-
clinare ai primi del Novecento, ma
cise di seguirla, abbandonando il liceo. (Per curiosit, nel 1947 il diploma gli fu co- continuarono a essere rappresentati
munque consegnato, quando si trov a suonare a Laurinburg con la sua orchestra). perlomeno fino agli anni Sessanta.

32
Non conoscevo neanche i loro nomi, per cavolo se spaccavano. Oggi so che i miei eroi
di quella band erano Roy Eldridge, tromba; Chu Berry, sax tenore; Dicky Wells, trombone.
Quella notte suonarono da dio, e io tornai a casa con la testa talmente piena di musica
che sognai di essere sul palco con loro. Ma era solo un sogno

HO ASCOLTATO ROY ELDRIDGE (O NO?)


Risalirebbe a questi anni un episodio riportato da Gillespie nella sua autobiografia.
Stando al suo racconto, una sera si trovava a casa di una famiglia di amici: La signo-
ra Amanda aveva una radio e un grammofono, mentre da noi non c'erano n l'uno n
l'altra. Bello schifo, la povert. Volevo sentire la diretta dalla Savoy Ballroom di New
York, dove era di scena la Teddy Hill Orchestra. Il tizio che suonava la prima tromba
nell'orchestra mi faceva impazzire, ma erano tutti fenomenali. Non conoscevo nean-
che i loro nomi, per cavolo se spaccavano. Oggi so che i miei eroi di quella band era-
no Roy Eldridge, tromba; Chu Berry, sax tenore; Dicky Wells, trombone. Quella notte
suonarono da dio, e io tornai a casa con la testa talmente piena di musica che sognai
di essere sul palco con loro. Ma era solo un sogno.
L'episodio importante perch rappresenterebbe il primo contatto di Gillespie con
Eldridge, che negli anni successivi sarebbe diventato il suo principale modello. L'e-
pisodio ambientato a Cheraw, quindi andrebbe datato non oltre la prima met de-
gli anni Trenta. In realt Alyn Shipton, autore di una documentatissima biografia
del trombettista (Groovin' High. The Life of Dizzy Gillespie, Oxford University Press,
1999), ha dimostrato che la band di Hill non incise n realizz trasmissioni radiofoni-
che prima del 1935 e che quindi Dizzy non pot ascoltarla a Cheraw. Attraverso una
dettagliata analisi della produzione musicale in Carolina, Shipton dimostra che le
prime influenze musicali del trombettista furono piuttosto le territory band, gruppi
locali le cui tourne coprivano le citt del Sud-Est degli Stati Uniti.
La ricerca di Shipton mette in questione anche un'altra affermazione di Gillespie, os-
sia che egli non fosse stato consapevole dello stile di Armstrong durante i suoi anni
formativi. Nell'autobiografia, il trombettista racconta di aver ricevuto, a sedici anni,
un'offerta di lavoro da King Oliver, di passaggio per la Carolina, ma di averla rifiutata
perch non avevo mai sentito parlare di King Oliver e adesso mi ricordo di lui soltan-
to perch aveva un occhio strano. Shipton mostra invece come la maggior parte dei
trombettisti attivi in zona negli anni Trenta fossero influenzati da Armstrong, che
quindi era, con buona probabilit, presente a Dizzy, in maniera diretta o indiretta.
WILLIAM P. GOTTLIEB

LOUIS ARMSTRONG

33
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

I due colleghi con cui strinse rapporti pi durevoli furono i trombettisti Charlie
Shavers e Carl Bama Warwick. Alyn Shipton ha sostenuto, con ottimi argomenti, che
l'assorbimento dello stile di Roy Eldridge sia avvenuto in grande maggioranza in questo
periodo, tramite la mediazione di Shavers che ne era un fedele discepolo

PHILADELPHIA
A Philadelphia, Gillespie ebbe modo di completare la propria formazione. La citt
aveva una scena musicale ricca ed effervescente, nella quale egli non tard a immer-
gersi. Il suo primo ingaggio importante fu con la band di Frankie Fairfax, un trom- DIZZY, CHARLIE
bonista e bandleader di cui purtroppo non ci sono arrivate registrazioni, ma che era SHAVERS
molto stimato in citt. Gillespie rimase con lui dal 1935 fino all'inizio del 1937. Pro-
prio in questo periodo egli si guadagn il soprannome di Dizzy, che significa alle-
E CARL WARWICK
ERAVAMO COME I TRE
gro, giocherellone, ma anche vertiginoso, in riferimento al suo stile spettacolare e MOSCHETTIERI
acrobatico; a inventarlo fu il pianista Fats Palmer.
I due colleghi con cui strinse rapporti pi durevoli furono i trombettisti Charlie Sha-
Charlie Shavers e Carl Warwick []
vers e Carl Bama Warwick. Alyn Shipton ha sostenuto, con ottimi argomenti, che
si conoscevano da anni ed erano in-
l'assorbimento dello stile di Roy Eldridge sia avvenuto in grande maggioranza in que- separabili, come fratelli. A New York
sto periodo, tramite la mediazione di Shavers che ne era un fedele discepolo. Carl abitava a casa di Charlie e la si-
gnora Shavers, la mamma di Char-
lie, lo trattava come un figlio. Carl
Warwick veniva dall'Alabama, di qui
il suo soprannome, Bama. Char-
lie Shavers invece era di New York;
suo padre gestiva il salone di barbie-
WILLIAM P. GOTTLIEB

re proprio sotto la Savoy Ballroom.


Nacque una splendida amicizia. All'e-
poca, il mio stile doveva ancora mol-
to alla musica del Sud. Avevo appe-
na imparato un paio di frasi di Roy
Eldridge, e usavo quelle insieme alle
cose che tiravo fuori suonando il pia-
noforte. Era cos che trovavo il ma-
teriale per i miei assolo. Poi arriv
Charlie Shavers. Conosceva tutti gli
assolo di Roy, dalla a alla zeta. Mi
dissi: Questo qui un fuori classe!.
Io e Charlie eravamo i solisti mentre
Bama era la prima voce. Fra tutte
le prime trombe con cui ho lavora-
to, Bama, stato quello che suona-
va con pi sentimento e guarda-
te che io sono stato in pi di trenta
orchestre. Le faceva cantare, quel-
le note. Essendo dell'Alabama, ave-
va molto soul [].
Avevo imparato da Charlie tutti gli
assolo di Roy e in orchestra li suona-
vo, per cui fra noi nacque anche un
pizzico di competizione. Una sera,
sul palco, mi rimise a sedere dopo il
mio assolo. Charlie mi fece: Di' un
po', perch non la smetti di rubarmi
le idee? E io: Scusa tanto, pensa-
vo non ti dispiacesse, visto che sono
di seconda mano. Mi piacevano gli
assolo di Roy piacevano a tutti e
due perci li copiavamo entrambi.
(Dizzy Gillespie, To be or not to bop,
CHARLIE SHAVERS cit. pp. 84-85)

34
WILLIAM P. GOTTLIEB
ROY ELDRIDGE

ANDAVO MILLE VOLTE PI VELOCE DEGLI ALTRI


Non essendoci pervenute registrazioni, non possibile ricostruire con esattezza lo
stile di Gillespie a quest'altezza cronologica, ma probabile che egli avesse gi co-
minciato a elaborare gli elementi fondamentali del proprio stile: Tutto l'esercizio
al pianoforte che avevo fatto gi al Laurinburg mi torn utile, racconta nell'auto-
biografia. Sapevo che un solista, qualsiasi strumento suoni, ha molte pi alterna-
tive a disposizione se conosce il piano. [] A volte arrivavo prima dell'orario fissato
per le prove e mi mettevo a suonare il pianoforte. Suonavo progressioni armoniche,
rivoltavo gli accordi, sostituivo le note, sperimentando come suoni diversi portino
naturalmente, a volte sorprendentemente, ad altri suoni. Poi trasportavo tutto sul-
la tromba e stupivo gli altri con nuove combinazioni. Quando suonavo la tromba, la
gente si chiedeva da quale pianeta fossi sceso. [] Con la tromba andavo mille volte
pi veloce del musicista medio e ci mettevo un bel po' di pepe []. Ma non mi spin-
gerei a dire che avevo gi sviluppato un mio stile originale.

35
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

IL SAVOY
BALLROOM
LA CASA DEI PIEDI FELICI

Il Savoy Ballroom si trovava ad Harlem, al 10 luglio 1958. acrobatico. Il locale disponeva di due pal-
numero 596 di Lenox Avenue, fra la Cen- I proprietari erano l'impresario Jay Fag- coscenici, su cui potevano esibirsi contem-
toquarantesima e la Centoquarantunesi- gen e il noto manager Moe Gale, mentre poraneamente due orchestre, che spesso
ma Strada. Era una delle pi celebri sale il gestore era l'afroamericano, nativo del- si sfidavano in duelli, il cui esito era deci-
da ballo di New York, tanto da meritar- le Indie Orientali, Charles Buchanon. Fag- so dai ballerini. C'erano anche le cosid-
si anche una menzione nel titolo di una gen possedeva anche un'altra sala da bal- dette dime-a-dance girls, ballerine che in
canzone, Stompin' At The Savoy, com- lo, il Roseland, che si trovava a Downtown, cambio di un biglietto da dieci centesimi
posta nel 1934 da Edgar Sampson, sas- sulla Cinquantaduesima Strada: il Savoy (detti in inglese dime) erano disponibili a
sofonista nell'orchestra di Chick Webb, e era concepito per esserne l'equivalente ad danzare con i clienti. La clientela del Sa-
divenuta uno standard jazz. Noto come Uptown. Ben presto, esso divenne il luo- voy era mista, con una discreta percen-
The Home of Happy Feet, il Savoy apr go di ritrovo preferito dai migliori balleri- tuale di bianchiIl locale venne demolito
il 12 marzo 1926 e rimase attivo per oltre ni di Harlem, i celebri lindy-hoppers, noti dopo la chiusura e oggi al suo posto sor-
trent'anni, fin quando chiuse i battenti il per il loro stile di danza spettacolare e ge un complesso residenziale.

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Finch arriv l'occasione importante: un ingaggio con l'orchestra di Teddy Hill, che stava
per partire per una tourne europea e cercava un rimpiazzo per il titolare Frankie Newton,
indisponibile. Gillespie raccont di essere stato ingaggiato su due piedi, mentre Teddy Hill
sostenne di avergli fatto sostenere una regolare audizione

NEW YORK
Charlie Shavers e Bama Warwick furono responsabili anche del suo spostamento a
New York, nel 1937. I due, che si erano trasferiti in citt da qualche tempo, invitaro-
no Dizzy a raggiungerli con l'obiettivo di farlo assumere nell'orchestra di Lucky Mil-
linder, nella quale suonavano. L'ingaggio non and in porto, anche perch Millin-
der aveva gi una prima tromba, ossia Harry Sweets Edison. Gillespie, comunque,
si stabil ad Harlem a casa del suo fratello maggiore J.P., che viveva l da tempo, e co-
minci a cercare di farsi strada nell'ambiente musicale della citt.
Frequentava regolarmente i migliori locali della citt, fra cui il celebre Savoy Ballro- TEDDY HILL
om, dove divenne una presenza talmente familiare da poter entrare gratis. Conob- DAL SAVOY AL MINTON'S
be, fra gli altri, il trombettista Bennie Harris e il batterista Kenny Clarke, che pi tar-
Teddy Hill nacque a Birmingham, in
di avrebbero fatto parte dei primissimi boppers. Un'altra conoscenza importante fu
Alabama, il 7 dicembre 1909. Attivo
quella del trombettista cubano Mario Bauza, che lo introdusse ai ritmi latinoameri- fin dagli anni Venti, suonava batte-
cani. Insieme a Shavers e Warwick, Gillespie non perdeva occasione per partecipare ria, tromba, clarinetto e sassofono
alle jam session e per farsi notare dai musicisti pi in vista (il trombettista ricorda di contralto e tenore, ma la sua attivit
aver suonato addirittura con Chick Webb). di musicista non fu particolarmente
brillante: piuttosto, la sua fama gli
Finch arriv l'occasione importante: un ingaggio con l'orchestra di Teddy Hill,
deriva soprattutto dalla sua attivit
che stava per partire per una tourne europea e cercava un rimpiazzo per il titolare di bandleader e di impresario. Fond
Frankie Newton, indisponibile. Le circostanze precise sono dubbie: Gillespie raccon- la sua orchestra nel 1932 e comin-
t di essere stato ingaggiato su due piedi, durante una serata al Savoy, mentre Ted- ci a esibirsi regolarmente in con-
dy Hill sostenne di avergli fatto sostenere una regolare audizione. D'altra parte, an- certi dal vivo e alla radio, in partico-
lare per l'emittente NBS (la sua big
che il sassofonista Howard Johnson e il chitarrista John Smitty Smith sostennero
band si chiamava proprio NBC Or-
di aver consigliato a Hill il nome di Gillespie. Comunque sia andata, quell'ingaggio chestra). Fra i musicisti che vi pas-
segn l'ingresso di Dizzy Gillespie, appena diciannovenne, fra i nomi che contavano. sarono, i pi celebri a parte Dizzy
Gillespie furono Chu Berry e Roy
Eldridge, il quale proprio con Hill in-
cise i suoi primi dischi nel 1935, all'e-
t di ventiquattro anni. L'orchestra
di Hill era ospite fissa nelle migliori
sale newyorkesi, come il Roseland
WILLIAM P. GOTTLIEB

e il Savoy Ballroom e tenne diver-


se tourne europee, fra cui quella
in Francia, nel 1937, alla quale pre-
se parte anche un giovane Dizzy.
Nel 1940, Teddy Hill decise di abban-
donare l'attivit di bandleader e co-
minci a gestire un locale, il Minton's
Playhouse, di propriet del sassofo-
nista Henry Minton. Fu proprio Hill
a ingaggiare al Minton's Thelonious
Monk e Kenny Clarke e a inaugura-
re le celebri jam-session che furono
una vera e propria incubatrice del
nascente be bop.
Hill continu a gestire il Minton's
fino al 1969, quando ormai la sua
importanza era declinata da un pezzo
(avrebbe chiuso cinque anni dopo,
per riaprire dal 2006 al 2010, e poi
di nuovo nel 2013). Mor a Cleveland
il 19 maggio 1978.

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COVER STORY DIZZY GILLESPIE

02
BIG BAND
LE BASI PER LA
RIVOLUZIONE
TRA IL 1937 E IL 1942, LA MAGGIOR PARTE DEL LAVORO DI DIZZY GILLESPIE
LO VEDE NELL'AMBITO DI UNA BIG BAND: PRIMA QUELLA DI TEDDY
HILL, POI QUELLE DI CAB CALLOWAY, E INFINE VARIE COLLABORAZIONI
COME FREELANCE CON ELLA FITZGERALD, LUCKY MILLINDER, COLEMAN
HAWKINS E MOLTI ALTRI, SENZA CONTARE GLI ARRANGIAMENTI SCRITTI
PER WOODY HERMAN E JIMMY DORSEY. IN QUESTI ANNI, IL TROMBETTISTA
METTE A PUNTO IL PROPRIO STILE E GETTA LE BASI PER LA FUTURA
RIVOLUZIONE DEL BE BOP

DI SERGIO PASQUANDREA

UN NOVELLINO IN ORCHESTRA
L'entrata di Dizzy nell'orchestra di Teddy Hill fu accolta non senza malumori dai
veterani della formazione, i quali non vedevano di buon occhio il fatto che que-
sto novellino venisse promosso a ruolo di seconda tromba. In particolare, nacque
un'antipatia con l'ex-seconda tromba (ora retrocessa a terza) Shad Collins. Nell'au-
tobiografia, Gillespie allude, con qualche battutina salace, anche all'inimicizia con
il trombonista Dicky Wells (Shad Collins era un bastardo. Durante i miei assolo,
lui e Dicky Wells si comportavano come se quello che suonavo non valesse niente,
mi guardavano e facevano un sorrisetto di scherno. [] Oggi, io sono un trombetti-
sta di fama mondiale e Dicky Wells fa la guardia giurata in banca. Ogni tanto lo in-
contro. Shad Collins fa il tassista). Sembra anche che gli attriti fossero dovuti al
fatto che Dizzy aveva l'abitudine di prestare soldi agli altri membri dell'orchestra,
pretendendo che gli fossero restituiti con gli interessi.
Hill, comunque, doveva aver preso in simpatia il giovane trombettista, tanto che si
occup di fargli ottenere rapidamente il passaporto necessario per andare in Fran-
cia, operazione non semplicissima perch serviva il consenso della madre, dato che
all'epoca egli era considerato ancora minorenne. Il 17 maggio 1937 l'orchestra en-
tr in studio di registrazione per incidere sei facciate di 78 giri, quattro delle qua-
li contengono anche assolo di Dizzy, i primissimi da lui registrati. Si tratta di King
Porter Stomp, Yours And Mine, I'm Happy, Darling e Blue Rhythm Fantasy.

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WILLIAM P. GOTTLIEB
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB
DOWNBEAT, NEW YORK, 1947 CA.
UN PIZZICO DI ME E UNA TONNELLATA DI ROY Dizzy Gillespie, James Moody,
Nonostante abbia, pi tardi, affermato di aver provato un certo imbarazzo per il Howard Johnson
fatto di trovarsi in studio di registrazione per la prima volta, Gillespie sfodera una
serie di assolo assertivi, mostrando anche l'abilit negli acuti che era una delle sue
specialit (i colleghi rimanevano colpiti dalla sua abilit di suonare, senza fatica ap-
parente, fino a due ottave sopra il Do centrale). A giudicare dalle fotografie e dalle
testimonianze, aveva gi acquisito anche la sua inconfondibile imboccatura, con le
guance gonfiate in modo abnorme.
Il brano pi famoso tra i quattro incisi King Porter Stomp, uno dei grandi caval-
li di battaglia dell'era swing, che all'epoca contava gi famose versioni da parte di
Fletcher Henderson e Benny Goodman; un'altra celebre incisione sarebbe stata re-
alizzata da Harry James due anni dopo, nel 1939. King Porter Stomp mostra quan-
to, all'epoca, lo stile di Dizzy fosse ancora modellato su quello del suo idolo, Roy
Eldridge (egli stesso descrisse il suo stile come un pizzico di me e una tonnellata
di Roy), ma secondo l'opinione di Alyn Shipton reca anche tracce di quello che
era l'altro grande trombettista dell'epoca, Henry Red Allen: Il suo secondo asso-
lo [] deve tanto ad Allen che a Eldridge. [] Usa molti dei tratti tipici di Allen, dal-
la figura iniziale, ripetuta con insistenza, alla settima maggiore che Gillespie tra-
scina per quasi una battuta.

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Alla fine del 1937, Dizzy dovette sospendere le sue attivit con la band di Teddy Hill,
perch ancora iscritto al sindacato musicisti di Philadelphia. Il permesso di esibirsi a New
York arriv nel gennaio 1938. Nel frattempo, aveva fatto un incontro fondamentale per la
sua vita futura: quello con una ballerina di nome Gussie Lorraine Willis

PARIGI
Durante la traversata da New York a Parigi, Gillespie ebbe tempo di familiarizzar-
si con gli spartiti dell'orchestra. L'orchestra sbarc in Francia ai primi di giugno del
1937 e rimase per sei settimane in cartellone al Moulin Rouge, per poi trasferirsi
in Gran Bretagna per un ingaggio di cinque settimane al Palladium di Londra e al-
tri concerti a Dublino e Manchester. Le loro esibizioni che consistevano perlopi
nell'accompagnare i ballerini furono applauditissime e l'autorevole Hugues Panas- ROY ELDRIDGE
si la defin addirittura la miglior band mai ascoltata in Francia, a parte l'orchestra IL PICCOLO GRANDE UOMO
di Duke Ellington. DEL JAZZ
Durante il soggiorno francese alcuni musicisti dell'orchestra, capeggiati dal trom-
Se Louis Armstrong ha creato la
bettista Bill Coleman, realizzarono dei dischi, dai quali per Dizzy venne escluso a
tromba jazz e Dizzy Gillespie l'ha
causa della sua giovane et e della fama ancora scarsa. Comunque, si divert un mon- traghettata verso il jazz moderno,
do a girare la capitale francese e anche va detto a frequentarne le numerosissime l'anello di congiunzione fra i due
case chiuse, soprattutto perch gli permettevano di avere rapporti con donne bian- senz'altro Roy Eldridge, o Little
che, cosa proibitissima negli Stati Uniti (anche se in effetti lo stesso Dizzy racconta di Jazz com'era soprannominato per
via della bassa statura.
aver avuto alcune amanti bianche gi nel periodo di Philadelphia).
Nato a Pittsburgh nel 1911, comin-
L'ingaggio dur in tutto tre mesi; l'orchestra si imbarc per il ritorno il 14 settembre. ci da bambino a suonare il piano-
Alla fine del 1937, Dizzy dovette sospendere le sue attivit con la band di Teddy Hill, forte sotto la guida della madre.
perch ancora iscritto al sindacato musicisti di Philadelphia. Il permesso di esibirsi a Pass poi alla batteria, alla cornet-
New York arriv nel gennaio 1938. Nel frattempo, aveva fatto un incontro fondamen- ta e infine alla tromba, incoraggia-
to dal fratello Joe, anch'egli valido
tale per la sua vita futura: quello con una ballerina di nome Gussie Lorraine Willis.
musicista. Il suo primo modello fu il
sassofonista Coleman Hawkins, del
quale impar a memoria il celebre
solo su The Stampede. Cominci
gi da adolescente a farsi le ossa
in band locali, per poi trasferirsi a
New York nel 1930. L, cominci a
WILLIAM P. GOTTLIEB

collaborare con Billie Holiday, Teddy


Hill e Fletcher Henderson, afferman-
dosi grazie al suo stile acrobatico
e al suo sofisticato uso dell'armo-
nia (fu tra i primi ad adoperare le
sostituzioni di tritono). Negli anni
Quaranta lavor anche con orche-
stre bianche, come quelle di Gene
Krupa e Artie Shaw, non senza pro-
blemi derivanti dal razzismo anco-
ra imperante in America.
Dopo la guerra, divenne uno dei fa-
voriti di Norman Granz e un ospi-
te fisso del Jazz at the Philharmo-
nic, dove il suo stile spettacolare e
il suo gusto per la competizione lo
resero un beniamino del pubblico,
ma continu anche a esibirsi al fian-
co di artisti di stile moderno. Negli
anni Settanta sub un ictus che lo
costrinse a rallentare la sua attivi-
t, per poi sospenderla definitiva-
mente nel 1980. Si spense a New
York il 26 febbraio 1989.
BILL COLEMAN

41
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Oltre alla band di Teddy Hill, nella quale suonava anche Kenny Clarke, Dizzy collabor
anche con altre formazioni, come i Savoy Sultans, l'orchestra del flautista cubano
Alberto Socarras, con cui suonava anche le maracas (una delle sue precoci esperienze
con la musica latinoamericana) e quella del pianista Edgar Hayes

SWEET LORRAINE
Lorraine, originaria anch'ella del South Carolina, lavorava nel corpo di ballo dell'A-
pollo Theater. Dizzy l'aveva conosciuta alla fine del 1937, durante un concerto tenuto
a Washington con la band di Cass Carr, un contrabbassista originario di Trinidad che
suonava anche la sega musicale. Aveva cominciato a corteggiarla e, nonostante un'i-
niziale ritrosia di lei, ben presto erano andati a vivere insieme. Lorraine gli sarebbe
rimasta accanto per oltre cinquant'anni, costituendo per lui un sicuro punto di rife- DIZZY &
rimento, con il suo carattere solido e pragmatico. I due andarono ad abitare nell'ap-
partamento lasciato libero da J. P. Gillespie sulla Centotrentanovesima Strada, in una
LORRAINE
QUANDO LO CONOBBI,
zona di Harlem dove abitavano numerosi altri musicisti, tra cui Fletcher Henderson, AVEVA FAME
Chick Webb, Taft Jordan, Al Casey, Freddie Webster e Garvin Bushell. Lorraine fi-
Quando lo incontrai all'Apollo,
nanzi addirittura Dizzy nei periodi in cui egli era senza lavoro.
[Dizzy] mi disse che aveva fame.
Oltre alla band di Teddy Hill, nella quale suonava anche Kenny Clarke, Dizzy col- Pensai: Mah, che cosa strana. Cre-
labor anche con altre formazioni, come i Savoy Sultans, l'orchestra del flautista devo che tutti i musicisti fossero ric-
cubano Alberto Socarras, con cui suonava anche le maracas (una delle sue precoci chi, non immaginavo che potessero
esperienze con la musica latinoamericana) e quella del pianista Edgar Hayes, il cui essere squattrinati come questo po-
veraccio. Mi arrabbiai con il fratel-
sassofonista Rudy Powell gli mostr per la prima volta le potenzialit della quinta di-
lo di Dizzy e anche con il suo capo.
minuita, pi tardi divenuta uno dei pi tipici stilemi bop. Nel 1939 Teddy Hill sciolse S, perch Dizzy gli aveva chiesto
la band (il motivo, pare, fu che si era inimicato il sindacato musicisti e anche la po- di prestargli dei soldi e lui gli ave-
tentissima agenzia di booking guidata dal manager Moe Gale), ma subito dopo Dizzy va risposto: La tua ragazza lavora,
ottenne un ingaggio con l'orchestra di Cab Calloway. chiedili a lei.
Non me lo dimenticher mai. Dissi
a Dizzy: Va' dal tuo capo e spiega-
gli che non ti serve la sua elemosi-
na. Non sar ricca, ma un piatto di
zuppa te lo posso pagare. Io sono
stata educata cos. [...]
Prima di Dizzy c'erano stati altri mu-
sicisti che mi avevano fatto la cor-
WILLIAM P. GOTTLIEB

te. A me non erano mai piaciuti per-


ch alloggiando negli stessi alberghi
sapevo che tipo di rapporti ci fos-
sero tra loro e le ballerine. Non era
il mio genere. Ero una ragazza un
po' all'antica. [] Preferivo dedicar-
mi al lavoro, oppure stare a casa a
leggere la Bibbia, a fare la maglia o
l'uncinetto. []
Quando conobbi Dizzy non lo tro-
vai particolarmente interessante. []
Cominciai a prenderlo un po' pi sul
serio quando a Washington una col-
lega, Alice Lyons, cominci a reca-
pitarmi dei bigliettini da parte sua.
Riportaglieli indietro, dicevo. Non
mi va di essere disturbata.
Un giorno Alice venne da me e mi
disse [...]: Dai, cos carino. Ti man-
da tutti questi bigliettini, prova a
sentire cos'ha da dirti.
(Lorraine Gillespie, in Dizzy Gillespie,
To be or not to bop, cit., pp. 120-121)
CAB CALLOWAY

42
WILLIAM P. GOTTLIEB

CAB CALLOWAY

IL MIGLIOR LAVORO IN CITT


Era il miglior lavoro a New York all'epoca, ed eccomi l, a ventidue anni, con un la-
voro del genere, ha ricordato Gillespie a proposito della sua entrata nell'orchestra di
Calloway. E nell'autobiografia ribadisce che l'orchestra di Cab viaggiava sempre al
meglio, carrozze riservate o pullman a noleggio: me le ricordo ancora le nostre tour-
ne, dieci, venti settimane su mezzi di trasporto privati, sempre con la certezza di
dove avremmo suonato per i prossimi tre anni.
Cab Calloway era un ottimo cantante e ballerino, ma anche un abile showman, ca-
pace di tenere il palco come pochi (una lezione che lo stesso Dizzy avrebbe imparato
bene) e la sua orchestra era di qualit eccellente. Solo per fare qualche nome: il primo
sassofono era Chu Berry, la prima tromba Mario Bauza, il contrabbassista Milt Hin-
ton e il batterista Cozy Cole.
Gillespie rimase con Calloway per due anni, dal 1939 al 1941, durante i quali il suo sti-
le conobbe una decisa maturazione. Ad esempio, la vicinanza di Mario Bauza gli fece
apprezzare sempre pi la musica cubana, mentre insieme a Milt Hinton approfond
le sue ricerche armoniche ([Dizzy] era molto avanti per quanto riguarda l'armonia
e le sostituzioni di accordi, ha ricordato il contrabbassista. [...] Mi fece vedere que-
sti passaggi di accordi. Fu una rivelazione per me. Non stavo pi nella pelle). Come
scrive Alyn Shipton: Molti aspetti del suo stile maturo sono riconoscibili nei dischi
[realizzati con Cab Calloway] ed quindi molto dubbio che i principali sviluppi di
Dizzy come solista siano avvenuti dopo l'incontro con Charlie Parker nel 1940. [] Le
registrazioni provano che la sintassi di Dizzy non era del tutto sviluppata, ma verso il
1939-40 il suo vocabolario bop era in larga parte formato, e quando incise i dischi del
1939 non aveva ancora ascoltato Charlie Parker n avvertito la sua influenza.

43
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB
COZY COLE

DA ELDRIDGE A GILLESPIE
Forse il brano pi rappresentativo di questo periodo non va cercato nei dischi con
Calloway, ma in Hot Mallets, un brano inciso l'11 settembre 1939 con l'orchestra di
Lionel Hampton (gli altri solisti erano Benny Carter, Coleman Hawkins, Ben Web-
ster e Chu Berry). Qui, il suo assolo, pur ancora fortemente eldridgeano, mostra
per, secondo le parole di Leonard Feather, un sicuro passo in avanti dallo stile di
Eldridge verso un primo accenno di quelle tipiche cascate di ottavi che pi tardi ca-
ratterizzeranno il lavoro di Gillespie.
In questo periodo, Dizzy cominci anche a realizzare brani e arrangiamenti
(quando mi ritrovavo in bolletta, scrivevo un arrangiamento e allontanavo lo spet-
tro della fame). Con il tempo, l'arrangiamento divenne un'importante fonte di red-
dito e gli permise anche di mettere a punto il proprio stile. Lavor ad esempio per
Chick Webb, Teddy Hill, Jimmy Dorsey, Cozy Cole, Woody Herman. Un suo arran-
giamento orale per Hill, intitolato The Dizzy Crawl, venne portato da Shad Collins
nell'orchestra di Basie e registrato come Rock-a-bye Basie (pi tardi, Basie stesso
riconobbe Gillespie come co-autore). Per Calloway, scrisse un brano intitolato Pi-
ckin' The Cabbage, in cui l'andamento cromatico dell'armonia e l'uso di una com-
plessa ritmica latin suona come una premonizione di A Night iI Tunisia, che venne
composto qualche anno dopo, intorno al 1942. Sempre con Calloway, Gillespie in-
cise un brano dedicato al batterista Cozy Cole, intitolato Paradiddle, le cui sonorit
richiamano quelle che arrangiatori be bop come Tadd Dameron e Gil Fuller avreb-
bero usato qualche anno pi tardi.

44
Poi, durante una tappa a Kansas City, Dizzy conobbe un giovane sassofonista di nome
Charlie Parker, con il quale sent un'affinit immediata. Cominci a frequentare sempre
pi spesso locali come il Minton's e il Monroe's Uptown House, dove si riunivano i
musicisti pi innovativi sulla scena

BE BOP E MATRIMONIO
Nel 1940 avvennero alcuni fatti importanti nella vita di Dizzy Gillespie. Innanzi tut-
to, spos Lorraine, che sarebbe rimasta sua moglie per il resto della vita: la cerimonia
ebbe luogo il 9 maggio a Boston, dove i due si trovavano al seguito dell'orchestra di
Calloway. Poi, durante una tappa a Kansas City, Dizzy conobbe un giovane sassofoni-
sta di nome Charlie Parker, con il quale sent un'affinit immediata (di questo incon-
CAB CALLOWAY
THE HI-DE-HO MAN
tro riparleremo meglio nel prossimo capitolo). Cominci a frequentare sempre pi
spesso locali come il Minton's e il Monroe's Uptown House, dove si riunivano i musi-
Per la maggior parte degli ascol-
cisti pi innovativi sulla scena. Stava cominciando a prendere forma lo stile che, di l
tatori, Cab Calloway indissolubil-
a qualche anno, si sarebbe chiamato be bop (anche su questo torneremo tra breve). mente legato a Minnie The Moocher,
Infine, sempre nel 1940, Gillespie venne chiamato alla leva, ma in qualche modo riu- la canzone che nel 1931 gli regal
sc a farsi riformare, non si sa bene con quale scusa. inverosimile, e quasi certamen- il successo e che egli reinterpret
te falso, il colorito resoconto che ne d nell'autobiografia, secondo cui, richiesto della in una celebre scena del film Blues
Brothers. Ma Calloway fu soprattut-
sua opinione sulla guerra, avrebbe affermato testualmente: Mh, vediamo, allo sta-
to un abilissimo showman, dotatis-
to attuale, in questa fase della mia vita, qui negli Stati Uniti d'America, chi che mi simo cantante e ballerino, nonch
prende a calci nel culo? L'uomo bianco, ecco chi, lui che mi pianta il suo piedone nel leader di un'ottima orchestra nella
buco del culo, su nel culo fino al ginocchio! [] Voi parlate del nemico. Sostenete che il quale passarono fior di nomi illustri.
nemico sono i tedeschi. Ma, sempre allo stato attuale, non ricordo di aver incontrato Nacque a Rochester, presso New
York, il giorno di Natale del 1907,
un solo tedesco in tutta la mia vita. Per cui, se mi mettete in prima linea con un fuci-
con il nome di Cabell Calloway III,
le in mano e mi dite di sparare al nemico, capace che creo un caso di fuoco amico, figlio di una famiglia della borghesia
non so se mi spiego. Sta di fatto, comunque, che evit l'arruolamento anche per altre afroamericana. Nonostante l'oppo-
due volte, nel 1944 e nel 1946, per poi essere congedato in via definitiva. sizione dei genitori, che speravano
diventasse un avvocato, Cab deci-
se di dedicarsi al jazz, spinto anche
dall'esempio della sorella Blanche,
anch'ella musicista (cantante, ma
anche bandleader, e prima donna
FRANCIS WOLFF

a dirigere un'orchestra maschile).


Dopo varie esperienze con diverse
orchestre, nel 1931 Calloway venne
WILLIAM P. GOTTLIEB

ingaggiato al Cotton Club come so-


stituto di Duke Ellington. L piazz
i suoi primi successi, che lo porta-
rono in breve a diventare uno dei
pi popolari cantanti e intratteni-
tori americani, apparendo anche
in numerosi film. Celebre anche il
suo abbigliamento vistoso e il suo
uso dello slang afroamericano. Ne-
gli anni Quaranta, si invent anche
giornalista, tenendo una rubrica di
gossip umoristico sulla rivista Songs
Hits Magazine.
Dagli anni Cinquanta in poi si divi-
se tra la famiglia e periodici ritor-
ni sulle scene. Conobbe un ritor-
no di popolarit negli anni Ottanta,
in seguito alla sua apparizione in
Blues Brothers. Si spense il 18 no-
vembre 1994, per le conseguenze
di un ictus che l'aveva colpito qual-
CHARLIE PARKER HANK MOBLEY E ALFRED LION che mese prima.

45
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Un giorno, durante un concerto, qualcuno (molto probabilmente il trombettista Jonah


Jones) cominci a tirare palline di carta sul palco. Gillespie neg di essere stato lui, ma
Cab Calloway si incapon ad attribuirgli la colpa. Fin in un violento alterco, durante la
quale Dizzy sfoder il coltello e fer a una gamba il suo leader

UNA COLTELLATA A CAB


Il rapporto di Dizzy con l'orchestra di Cab Calloway fu abbastanza travagliato. Egli
faticava ad accettare la disciplina imposta dal leader e si sentiva limitato dagli arran-
giamenti piuttosto convenzionali che era costretto a eseguire. Inoltre, Calloway co-
minci ad assegnare un ruolo sempre pi importante all'altro trombettista, Jonah
Jones, provocando in Gillespie un comprensibile risentimento. Dall'altra parte mol-
ti musicisti, tra cui lo stesso Calloway, faticavano ad accettare le novit dello stile di
Dizzy, che venne con suo grande disappunto escluso dai Cab Jivers, il piccolo en- MORIVAMO
semble di musicisti che si esibiva come formazione autonoma durante i concerti. DALLE RISATE
Gillespie, oltretutto, era particolarmente propenso agli scherzi, altro aspetto che non DIZZY E GLI SCHERZI SUL
tutti apprezzavano. E proprio uno scherzo decret la fine dell'ingaggio: un giorno, PALCO
durante un concerto, qualcuno (molto probabilmente il trombettista Jonah Jones)
A volte Cab cantava delle ballad,
cominci a tirare palline di carta sul palco. Gillespie neg di essere stato lui, ma Cab
tipo I've Got You Under My Skin. In
Calloway si incapon ad attribuirgli la colpa. Fin in un violento alterco, durante la orchestra c'era gi J. C. Heard, c'e-
quale Dizzy sfoder il coltello e fer a una gamba il suo leader. Il contrabbassista Milt ra Diz, c'era Tiree Glenn. Le trom-
Hinton si interpose per impedire che la cosa degenerasse, ma ovviamente Gillespie be erano sedute a sinistra, i trombo-
venne licenziato in tronco. ni a destra. C'erano le luci soffuse e
Cab, con quell'elegantissimo com-
(Va detto, per inciso, che il trombettista era piuttosto facile alle risse: nel 1939, ave-
pleto bianco, cantava la sua mera-
va sferrato un pugno a Edgar Hayes, che si rifiutava di pagargli lo stipendio, ferendo- vigliosa ballad: I've got you, deep
si anche una mano con gli occhiali che Hayes indossava; pi volte, nell'autobiografia, in the heart of mee.... A un certo
ricorda con un certo compiacimento la sua capacit di farsi rispettare, anche usan- punto Diz si alzava in piedi, come se
do le maniere forti). stesse giocando a football, e faceva
una specie di passaggio in avanti;
Tyree, che stava dall'altra parte del
palco fra i tromboni, faceva finta di
prendere il pallone; e mentre lui rice-
veva il passaggio, J. C. Heard sgan-
ciava una bomba sulla cassa, bum.
WILLIAM P. GOTTLIEB

Il pubblico si sbellicava.
Cab non capiva, perch era di spal-
le rispetto a noi. Cio, lui stava can-
tando questa ballad romantica: My
darling, I love you..., e la gente ri-
deva. Si domandava cosa diamine
stesse succedendo. Ma quando si
girava verso di noi facevamo tutti
finta di niente. E la cosa lo faceva
impazzire. Poveraccio, non ci vede-
va pi dalla rabbia. Erano Dizzy e
Tyree gli istigatori, il batterista sta-
va al gioco e sparava il suo bum. []
E noi morivamo dalle risate.
Dizzy era fatto cos. L'ho detto, era
un ragazzaccio. Finito lo spettacolo
ci faceva una bella lavata di capo:
Ok, ragazzi, qui qualcuno si sta di-
vertendo alle mie spalle, e non mi
piace affatto! Nove volte su die-
ci scopriva che era colpa di Diz. E
Dizzy si prendeva la sua ramanzina.
(Milt Hinton, in Dizzy Gillespie, To
CAB CALLOWAY E JONAH JONES be or not to bop, cit., pp. 180-181)

46
WILLIAM P. GOTTLIEB
CAB CALLOWAY

FREELANCE
Dopo il licenziamento dall'orchestra di Calloway, Dizzy lavor per un periodo come
freelance. Collabor ad esempio con Ella Fitzgerald, che aveva preso in gestione l'or-
chestra di Chick Webb dopo la prematura morte del leader, nel 1939. Ebbe degli in-
gaggi con Coleman Hawkins, che pi tardi sarebbe stato tra i primi sostenitori del
nascente be bop, e con Benny Carter, in un sestetto del quale faceva parte anche Ken-
ny Clarke. Suon anche con le big band di Les Hites (dove conobbe l'arrangiatore
Walter Gil Fuller), Charlie Barnet (nella cui orchestra era l'unico musicista di co-
lore), Fletcher Henderson, Lucky Millinder e Boyd Raeburn, perlopi in ingaggi oc-
casionali e di breve durata. Il breve assolo su Jersey Bounce, inciso da Dizzy con l'or-
chestra di Les Hites nel 1942, stato definito da Leonard Feather probabilmente il
primo esempio di puro be bop mai registrato. Con Millinder, incise un brano intito-
lato Little John Special, il cui riff principale anticipa quello che pi tardi sarebbe di-
ventato famoso come Salt Peanuts. Nel 1943 ebbe addirittura l'occasione di suonare
brevemente nell'orchestra di Duke Ellington. Ma l'ingaggi pi importante quel-
lo nell'orchestra di Earl Hines, che molti considerano una vera e propria incubatri-
ce del nascente be bop.
Prima di parlarne, per, necessario fare un passo indietro e concentrarsi su quello
che, nel frattempo, stava avvenendo nei locali di Harlem.

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COVER STORY DIZZY GILLESPIE

03
BE BOP
DA HARLEM ALLA
52ESIMA STRADA
NELLA PRIMA MET DEGLI ANNI QUARANTA, IL BE BOP PRENDE FORMA
GRAZIE A UNA COMPLESSA INTERAZIONE DI FATTORI MUSICALI E SOCIALI. I
PROTAGONISTI SONO UN MANIPOLO DI JAZZISTI CHE SI RIUNISCONO NELLE
JAM SESSION DI LOCALI COME IL MINTON'S E IL MONROE'S: THELONIOUS
MONK, KENNY CLARKE, CHARLIE PARKER E, OVVIAMENTE, LO STESSO
GILLESPIE. NELLA SECONDA MET DEL DECENNIO, IL NUOVO STILE
ESCE ALLO SCOPERTO E DILAGA COME UN VERO E PROPRIO FENOMENO
MEDIATICO

DI SERGIO PASQUANDREA

LE INCUBATRICI DEL BOP


La nascita del be bop un argomento complesso, peraltro raccontato con abbondanza
di dettagli in tutte le storie del jazz e oggetto di trattazione specifica in molti libri, ad
esempio tanto per citarne un paio Bebop: The Music and Its Players (Oxford Uni-
versity Press, 1995) di Thomas Owens o The Birth of Bebop (University of California
Press, 1997) di Scott DeVeaux. Qui non ci impegneremo a ripercorrere tutta la genesi
di quello stile rivoluzionario, ma ci limiteremo a mettere in luce il ruolo che vi ricopr
Dizzy Gillespie, che fu senza dubbio centrale.
Abbiamo gi accennato alle jam session del Minton's e del Monroe's Upton House,
che hanno ormai assunto nella storiografia jazzistica una dimensione quasi mitolo-
gica. Il signor Minton, che fu il primo delegato nero nel Local 802 (il sindacato mu-
sicisti di New York. NdR), voleva dirigere questo club, e affid la gestione a Teddy
Hill, ha raccontato Gillespie in un'intervista. Aveva Monk e Kenny Clarke (credo
che Kenny fosse il leader) e Kermit Scott e Joe Guy. Joe aveva gi lavorato nella band
di Kenny. Poi Charlie Christian veniva ogni sera e tutti noi ci ritrovavamo al Min-
ton's e poi pi tardi all'Uptown House. Quei due posti furono le incubatrici della no-
stra musica. Gli anni sono quelli fra il 1940 e il 1941, prima ancora che Charlie Par-
ker arrivasse a New York nel 1942. Per curiosit, qualche anno prima Kenny Clarke
era stato licenziato da Hill perch suonava troppo moderno (fu proprio Hill ad af-
fibiargli il nomignolo di Klook-Mop, che descriveva le sue tipiche bombe in con-
trotempo sulla grancassa).

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WILLIAM P. GOTTLIEB
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Il Minton's era frequentato anche da musicisti di nome come Roy Eldridge, Lester
Young, Don Byas, Hot Lips Page, Ben Webster, Benny Carter e Jimmy Blanton.
In origine il bassista fisso era Nick Fenton, poi sostituito da Milt Hinton; al gruppo si un
poi anche Oscar Pettiford. Un altro habitu era il trombettista Little Benny Harris

UN RISTORANTE AD HARLEM
Henry Minton era un ex-sassofonista, nato nel 1884 e attivo fin dagli anni Dieci; il
locale, aperto nel 1938, era un ristorante sotto l'Hotel Cecil, sulla Centodiciottesima
Ovest, in piena Harlem. Le jam session si svolgevano il luned sera, giorno di riposo
delle orchestre; il sindacato in generale era contrario alle jam session, ma la posizio-
ne di Minton gli permetteva di eludere il divieto. Il Minton's era frequentato anche
da musicisti di nome come Roy Eldridge, Lester Young, Don Byas, Hot Lips Page, Ben
Webster, Benny Carter e Jimmy Blanton. In origine il bassista fisso era Nick Fenton,
poi sostituito da Milt Hinton; al gruppo si un poi anche Oscar Pettiford. Un altro ha-
bitu era il trombettista Little Benny Harris, oggi noto soprattutto come l'autore di
Anthropology. Secondo quanto Dizzy ha raccontato, lui, Monk e Guy avevano preso
a ritrovarsi nel seminterrato del Minton's, per studiare insieme per elaborare nuove
soluzioni armoniche, con le quali si divertivano a spiazzare i musicisti di minor talen-
to (in effetti, per, sia Monk sia Kenny Clarke hanno smentito tale storia).
Di quelle jam session possediamo delle incisioni amatoriali, realizzate nel 1941 da un
appassionato di nome Jerry Newman, che studiava alla Columbia e usava portarsi
dietro un rudimentale registratore per dischi in acetato. Su alcuni di essi (Stardust,
Kerouac) si ascolta Dizzy in alcune improvvisazioni dal carattere gi proto-bop, con
cromatismi piuttosto arditi per l'epoca e un andamento ritmico che spezza il rigido
quattro quarti dello swing.
WILLIAM P. GOTTLIEB

THELONIOUS MONK E HOWARD MCGHEE, MINTON'S PLAYHOUSE, NY, 1947

50
I giovani musicisti che si ritrovavano al Minton's, cos come gli altri che pi tardi
avrebbero formato i primo drappello di boppers, erano quasi tutti giovani. I pi anziani
fra loro erano Dizzy, Thelonious Monk (suo coetaneo) e Kenny Clarke (nato nel 1914).
Charlie Christian, un anno pi anziano di Dizzy, scomparve prematuramente nel 1942

BIG BAND E JAM


SESSIONS
LE UNIVERSIT DEL JAZZ

La nostra universit erano le big

WILLIAM P. GOTTLIEB
band. [] In quelle orchestre mol-
ti musicisti venivano dai college,
erano persone colte. Ma anche l'or-
chestra, di per s, era una scuola. Ti
dava la disciplina. Quando un giova-
notto come me entrava nella band
di Hampton, di Basie, gli sembrava
di stare in mezzo a dei professo-
ri. [] Ecco perch Dizzy va anco-
ra cos forte, perch stato in una
quantit di orchestre. stata la sua
scuola. All'universit o al conser-
vatorio non avrebbe potuto impa-
MILES DAVIS rare le stesse cose. Non le avreb-
be potute imparare da nessun'altra
THELONIOUS MONK, HOWARD MCGHEE, ROY ELDRIDGE, TEDDY HILL
parte. [...]
Quando il Minton's era in attivit,
negli anni Quaranta, ci andavamo a
fare le jam session. [] Le jam era-
CI STAVAMO MUOVENDO NELLA STESSA DIREZIONE no aperte a tutti. Se ci sapevi fare
I giovani musicisti che si ritrovavano al Minton's, cos come gli altri che pi tardi potevi partecipare. Salivi sul pal-
avrebbero formato i primo drappello di boppers, erano quasi tutti giovani, nati per- co e suonavi; magari solo un cho-
lopi fra il 1920 e il 1925. I pi anziani fra loro erano Dizzy, Thelonious Monk (suo rus, magari tutta la session. A volte
c'erano musicisti meno bravi degli
coetaneo) e Kenny Clarke (nato nel 1914). Charlie Christian, un anno pi anziano
altri, ma gli veniva data lo stesso la
di Dizzy, scomparve prematuramente nel 1942, a soli venticinque anni. Gillespie era possibilit di suonare. Soltanto che
anche quello che aveva pi visibilit come solista e la preparazione teorica pi ap- spesso si trovavano fuori tonalit.
profondita, ed naturale che assumesse subito il ruolo di leader. (Monk, il cui ruolo Pensavano che Monk suonasse in
fu altrettanto importante, rimase per nell'ombra e dovette aspettare parecchi anni tonalit di Si bemolle, e invece lui
sceglieva Fa diesis o Re. Cos sul
perch il suo genio venisse riconosciuto appieno). Negli anni successivi, il drappel-
palco non ci restavano molto. Na-
lo dei boppers si allarg con l'arrivo di Max Roach, Miles Davis (arrivato in citt nel turalmente lui lo faceva apposta,
1944), Fats Navarro, Johnny Carisi, Bud Powell. per evitare di sorbirsi i loro assolo
Ma il personaggio centrale, quello attorno al quale tutto il gruppo si catalizz, fu ov- indesiderati. []
viamente Charlie Parker, che sbarc a New York nel 1942. Li vedevi, questi tizi sul palco, tutti
impegnati a cercare l'intonazione.
Abbiamo gi detto del primo incontro con Parker, che avvenne a Kansas City nel 1940
A volte ci riflettevano su, andava-
(la data pi probabile verso la fine di giugno). A presentarli fu il sassofonista Bud- no a casa e si chiudevano dentro
dy Anderson, che li fece incontrare in una camera d'albergo. Rimasi sbalordito da a esercitarsi, e quando ritornavano
quello che sapeva fare questo tizio, ha ricordato Dizzy nell'autobiografia. [...] Nel sapevano suonare in tutte le tona-
momento in cui ascoltai Charlie Parker mi dissi: eccolo, lui il mio collega. [] Fu lit. Questo fu un bel passo avanti;
molti musicisti furono praticamen-
un'emozione scoprire che Charlie Parker si stava muovendo praticamente nella mia
te costretti a migliorare.
stessa direzione. I due, per, non avrebbero avuto modo di reincontrarsi per alme- (Illinois Jacquet, in Dizzy Gillespie,
no un altro paio d'anni. To be or not to bop, cit., pp. 198-200)

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COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB
MONK INSEGNA
A DIZZY (E
VICEVERSA)
L'ACCORDO MINORE CON LA
SESTA AL BASSO

Monk lo incontrai poco dopo es-


sere arrivato a New York, nel 1937
o '38. Suonava con Cootie Williams
al Savoy e poi, nel '39, fu assun-
to al Minton's. Ho imparato molto
da lui. strano. Tra di noi c' sta-
ta una reciprocit di influenze tale
che lui non sa pi quali cose ha im-
prato da me. Ma io mi ricordo bene
alcune cose che mi spieg lui. Ad
esempio, l'accordo di minore sesta
con la sesta al basso. L'ho sentito
da lui la prima volta e l'ho inserito
spesso nella mia musica: nel tema
di Woody'n'You, nell'introduzione
di 'Round Midnight e in una parte
del bridge in Manteca. []
Un'espansione dell'accordo di mino-
EARL HINES re sesta riconoscibile sia nel fina-
le di I Can't Get Started, sia nell'in-
troduzione di 'Round Midnight. la
stessa progressione. Sono due tra i
ARRANGIAMENTI BE BOP miei pi celebri assolo su una bal-
Il vero e proprio rapporto umano e professionale fra Gillespie e Parker comin- lad, e in entrambi rielaboro l'idea
di Monk. Monk lo chiamava un ac-
ci quando, nei primi mesi del 1943, entrambi si ritrovarono a suonare con l'orche-
cordo di minore sesta con la sesta
stra di Earl Hines. al basso. Oggi non lo chiamano pi
A quell'epoca, Hines aveva quarant'anni ed era gi una vera e propria leggenda vi- cos. Definiscono tonica la sesta al
vente, uno dei pi grandi virtuosi del suo strumento e un musicista dall'enorme in- basso e dunque l'accordo diventa
fluenza sullo sviluppo del pianoforte jazz. Non sappiamo, purtroppo, come suonas- un minore settima con la quinta be-
molle. [] A volte anche chiama-
se quell'orchestra, perch la sua breve vita coincise con il famigerato recording ban, lo
to accordo semidiminuito.
scontro fra il sindacato musicisti e le case discografiche, che per quasi due anni bloc- Estesi questo concetto sviluppan-
c quasi del tutto la produzione di materiale registrato. Tutto quel che ce ne resta do un'intera sequenza di accordi.
una registrazione semiamatoriale di Sweet Georgia Brown, realizzata durante una Si minore, Mi settima, Si bemolle
jam session. Possiamo per presumere che il leader, pur non particolarmente inte- minore settima, Mi bemolle setti-
ma, La minore settima, Re settima,
ressato alle nuove tendenze musicali, vi si sia adattato. Come dichiar Hines stesso
La bemolle minore settima, Re be-
in un'intervista: Non mi piaceva [il be bop]. Si stava allontanando troppo dalla melo- molle settima, per risolvere sul Do.
dia. Ma dovevamo rimanere vicini a ci che i giovani chiedevano in quel particolare Io e Monk questa progressione la
momento. E sapevo che questi ragazzi erano ambiziosi, perci lasciavo campo aper- suonavamo parecchio al Minton's
to a qualunque sviluppo, se volevano portarlo avani. Dicevo loro che non mi piaceva- intorno al 1942, ma non esistono
registrazioni che lo possano testi-
no quelle cose, ma Dizzy mi fece degli arrangiamenti, e anche Charlie, e avevo circa
moniare perch in quel momento
una dozzina di arrangiamenti be bop in repertorio. Sappiamo che questo repertorio vigeva una sospensione delle inci-
conteneva, fra gli altri, A Night In Tunisia che venne fissato su disco solo nel 1944 sioni discografiche.
dall'orchestra di Boyd Raeburn e Salt Peanuts, destinato a diventare uno dei bra- (Dizzy Gillespie, To be or not to bop,
ni pi celebri di Dizzy. cit., pp. 184-186)

52
Bird sar stato anche lo spirito del movimento be-bop, ma Dizzy di quel movimento
era la mente e il braccio, colui che teneva tutto insieme. Voglio dire, era lui a guardarsi
attorno per scovare i musicisti pi giovani, ci trovava lavoro e via dicendo, ci parlava e
non importava affatto che lui fosse di nove o dieci anni pi grande di me

UN INCONTRO DI INTELLIGENZE
Fu proprio nell'orchestra di Hines che scatt fra Dizzy e Bird quell'alchimia musi-
cale che lo stesso trombettista descrisse come un incontro di intelligenze, un'ispira-
zione reciproca. lo stesso trombettista a fissare il contributo specifico di Parker al
nascente be bop nell'aspetto ritmico e nell'articolazioe delle frasi.
diventato quasi un luogo comune della critica contrapporre i due in base alla per-
sonalit, e in effetti innegabile che i due rappresentino, come ha scritto Scott DeVe-
aux, i due opposti di uno spettro: Parker carismatico, ma anche imprevedibile, inca-
pace di gestire la propria carriera e la propria vita privata, Dizzy tanto istrionico sulla
scena quanto rigoroso nella vita professionale. Come scrisse Miles Davis nella sua au-
tobiografia: Bird sar stato anche lo spirito del movimento be-bop, ma Dizzy di quel
movimento era la mente e il braccio, colui che teneva tutto insieme. Voglio dire, era
lui a guardarsi attorno per scovare i musicisti pi giovani, ci trovava lavoro e via di-
cendo, ci parlava e non importava affatto che lui fosse di nove o dieci anni pi grande
di me. Non mi guardava mai dall'alto in basso. [] L'appartamento di Dizzy, ad Har-
lem, al 2040 della Settima Avenue, era il punto di incontro di molti musicisti duran-
te il giorno. Eravamo sempre cos tanti che sua moglie, Lorraine, cominci a sbatter-
ci fuori. Sono stato l parecchie volte. Anche Kenny Dorham, Max Roach e Monk.
WILLIAM P. GOTTLIEB

DOWNBEAT, NEW YORK, 1947 CA.


Charlie Parker, Red Rodney, Dizzy
Gillespie, Margie Hyams,
Chuck Wayne

53
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Inoltre, intorno alla met degli anni Quaranta scoppi il periodo di gloria della
Cinquantaduesima Strada, dove aprirono molti dei pi importanti jazz club della citt,
come il Three Deuces, il Downbeat, il Famous Door, lo Spotlite, il Kelly's Stables, lo Yacht
Club, l'Onyx, l'Hickory House, tutti concentrati nello spazio di due o tre isolati

LA CINQUANTADUESIMA STRADA
Nel frattempo, molte cose stavano cambiando sulla scena jazz di Manhattan. Innan-
zi tutto, si stava affermando un nuovo sound, che si allontanava dalle sontuose sono-
rit delle big band per adottare piuttosto quelle pi snelle dei piccoli gruppi: quintetti
o sestetti, che saranno poi le formazioni tipiche del be bop (ma non solo: basti pen-
sare ai fortunati Tympani Five del sassfonista-cantante Louis Jordan, che presenta-
va gi la tipica frontline sax-tromba). Le piccole formazioni erano pi maneggevoli e
permettevano di evitare la logorante routine delle grandi orchestre, con i loro reper-
tori ripetitivi e le loro interminabili tourne.
Inoltre, intorno alla met degli anni Quaranta scoppi il periodo di gloria della Cin-
quantaduesima Strada, dove aprirono molti dei pi importanti jazz club della citt,
come il Three Deuces, il Downbeat, il Famous Door, lo Spotlite, il Kelly's Stables, lo
Yacht Club, l'Onyx, l'Hickory House, tutti concentrati nello spazio di due o tre isolati.
Nel 1943 anche il Monroe's Uptown House si spost sulla Cinquantaduesima. Fu una
fiammata gloriosa ma breve, dato che gi cinque o sei anni dopo quei club avevano
per la maggior parte chiuso: ma coincise proprio con la fioritura del be bop, che fra il
1944 e il 1945 emerse dall'ombra e si conquist uno spazio sul proscenio.

WILLIAM P. GOTTLIEB

CINQUANTADUESIMA STRADA, NEW YORK, 1948 CA.

54
WILLIAM
GOTTLIEB
FRANCISP.WOLFF
DIZZY E BIRD
LA DIALETTICA DEGLI OPPOSTI

Il pianista John Malachi ricorda


che i musicisti della band di Billy
Eckstine si riunivano nella came-
ra di Parker per ascoltarlo suona-
re fluentemente su qualunque cosa
la radio trasmettesse. Il sax con-
tralto per lui non era altro che un
tubo di metallo con i tasti. Qua-
lunque cosa sentisse, la suonava.
In Gillespie, al contrario, era pi evi-
dente l'impegno. [] Era un inse-
gnante nato e lavorava instanca-
bilmente per insegnare agli altri
musicisti ci che aveva imparato
con tanta fatica. [] Secondo Ecksti-
ne, [Bird] era cos spontaneo che
le cose che gli venivano in mente,
ORCHESTRA DI BILLY ECKSTINE, NEW YORK e che lui non giudicava niente di
particolare, erano dei classici. Ma
Dizzy si metteva seduto e, qualun-
que cosa suonasse, sapeva esatta-
IL BE BOP NATO mente ci che faceva. Era uno sche-
Nel 1943 Dizzy Gillespie ottenne un ingaggio all'Onyx Club. Con lui c'erano Don Byas ma, una cosa che aveva studiato.
al sax (Charlie Parker era indisponibile perch era tornato a Kansas City e vi rest John Malachi ha raccontato un al-
tro aneddoto risalente alla band di
per qualche mese), il pianista italioamericano George Wallington (vero nome, Gia-
Eckstine [...]. Malachi aveva appe-
cinto Figlia), il contrabbassista Oscar Pettiford e il batterista Max Roach. Quell'in- na imparato la celebre canzone All
gaggio, del quale sopravvivono pochissime registrazioni occasionali, considerato il God's Chillun Got Rhythm []. Men-
vero atto di nascita del be bop. tre la suonava al pianoforte, Gille-
Le reazioni alla nuova musica furono, com' noto, molto variegate: molti musicisti spie arriv, sent la canzone e gli
piacque, prese il suo strumento e
swing la definirono spaventosa e incomprensibile, altri abbracciarono con inte-
chiese a Malachi di dire gli accordi
resse la novit. Tra loro, il vecchio maestro Coleman Hawkins, che nel 1944 incise in- ad alta voce man mano che li suo-
sieme a Dizzy, Thelonious Monk (che con lui fece il suo esordio discografico), Don nava. Dopo parecchi chorus, Gille-
Byas, Clyde Hart (un'interessante figura di transizione fra swing e bop), Leo Parker, spie aveva memorizzato gli accor-
Max Roach e altri bopper. In repertorio c'erano Woody'n'You e Salt Peanuts, anche se di e suonava fluentemente, quando
arriv Parker. Appena Parker tir
lo stile suona ancora come un compromesso tra lo swing e il be bop.
fuori il suo strumento, Malachi ri-
Sempre nel 1944, Gillespie venne ingaggiato nell'orchestra di Billy Eckstine, il can- cominci a dire gli accordi ad alta
tante che aveva gi conosciuto quando lavorava con Earl Hines. Anzi, di quell'orche- voce. Ma Parker gli chiese di non
stra Dizzy divenne il direttore musicale. Insieme a lui c'erano Charlie Parker, Sa- farlo: Suonala soltanto.
rah Vaughan, Art Blakey, Gene Ammons, Dexter Gordon, Lucky Thompson, Freddie Quindi, Charlie Parker e Dizzy Gille-
spie racchiudono lo spettro di pos-
Webster, Fats Navarro, oltre al pianista e arrangiatore Tadd Dameron. Era quella l'or-
sibilit della generazione bop. Gil-
chestra che un giovanissimo Miles Davis ascolt nel 1944 nella nata St. Louis e che lespie rappresenta un estremo. []
defin la sensazione pi fantastica che abbia mai provato nella mia vita, intendo dire Parker simboleggia l'altro.
con i miei vestiti addosso (Miles ebbe anche occasione di suonare con loro come so- (Scott DeVeaux, The Birth of Be-
stituto per alcune serate). Purtroppo, tra i dischi incisi da quell'orchestra, solo un bop. A Social and Musical History,
University of California Press, 1997,
paio (Blowing The Blues Away, con un duello di sax tra Ammons e Gordon, Opus X,
pp. 174-75)
con un Blakey esplosivo) riescono a dare un'idea di ci che essa risultava dal vivo.

55
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB
DA UPTOWN A
DOWNTOWN
IL BOP CAMBIA INDIRIZZO

Ci fu un momento in cui la musi-


ca si spost da ptown a downtown.
Prima, quando la si faceva nei loca-
li di uptown come il Minton's nes-
suno le dava un nome. Nessuno la
chiamava bop, finch non arriv
a downtown. A quel punto, per smi-
nuire la musica e farla apparire una
delle solite cose da negri, le appiop-
parono un'etichetta. []
Un altro livello quello economico.
Quando la musica si spost da up-
town a downtown, dove downtown
significa che la clientela era bianca,
cominciammo a guadagnare qual-
che spicciolo in pi; inoltre la scena
OSCAR PETTIFORD
era cambiata radicalmente a causa
della guerra e delle tasse di guerra.
La gente che veniva nei club vole-
va ascoltare canzoni familiari, mu-
IL NUOVO TESTAMENTO DEL JAZZ sica che culturalmente gli apparte-
A partire dal 1945, le cose cominciarono a muoversi a velocit sempre crescente per nesse. Prima, nei locali di uptown,
Dizzy Gillespie. Charlie Parker era rientrato in citt, il loro quintetto si esibiva rego- tutto era completamente originale:
larmente nei club della Cinquantaduesima Strada, ma soprattutto il bop venne fis- il blues, Count Basie, Jimmie Lun-
ceford. [] Ma una volta arrivati a
sato su disco nella sua forma ormai matura. Non abbiamo qui lo spazio necessario
downtown, il pubblico voleva senti-
per analizzare in dettaglio queste incisioni, che nel loro complesso formano il Nuo- re canzoni familiari, tipo How High
vo Testamento del jazz moderno; il lettore interessato ne trover analisi approfondite The Moon, What Is This Thing Cal-
sui principali testi di storia. Sono brani come Blue'n'Boogie, Groovin' High, Salt Pea- led Love? E suonando questi pezzi,
nuts, Hot House, Oop Bop Sh-Bam, Ko-Ko nei quali, secondo le parole di Stefano Zen- i musicisti neri erano consapevoli
che le royalty andavano all'ASCAP
ni, la tromba di Gillespie esplode in tutto il suo fiammeggiante acrobatismo: il nito-
e ai vari Jerome Kern o Gershwin.
re di dizione a velocit mai udite prima, le cascate di note rapidissime, articolate una Per cui, una delle cose rivoluziona-
per una, [] il suono rotondo e tagliente controllato nei veloci spiazzamenti di regi- rie che successero fu che comin-
stro, il legato naturale, i ritmi asimmetrici spezzati da spettacolari, lunghissimi acu- ciammo a scrivere parodie, varia-
ti; e in tutta questa stordente mitragliata di note si distinguono ripetizioni, brevi svi- zioni sulle strutture armoniche. Se
proprio la devo suonare, sugli ac-
luppi di motivi, espansione di frasi. La facilit tecnica di Gillespie, che ancora oggi
cordi ci metto una melodia mia. La
lascia storditi, finalizzata a una dimensione solistica esultante e aggressiva, umo- gente ci domandava: Come si chia-
ristica e minacciosa. ma questa canzone?. E noi rispon-
Un caso a parte I Can't Get Started, inciso durante la sua prima seduta da leader, il devamo: Be', ci hai chiesto What Is
9 gennaio 1945, in sestetto con Trummy Young, Don Byas, Clyde Hart, Oscar Petti- This Thing Called Love? e te l'abbia-
mo suonata. Insomma, era davve-
ford e Irv Kluger, con l'arrangiamento di Tadd Dameron. Qui, Dizzy si confronta ad
ro una cosa rivoluzionaria. Adesso,
armi pari con la celebre versione del brano realizzata nel 1936 da Bunny Berigan, di- quando incidevamo un disco, po-
mostrando di essere anche un sensibile interprete di ballad e al contempo operando tevamo dire: una mia composi-
sulla canzone una serie di raffinate variazioni armoniche. La coda finale del brano zione originale.
fu poi riutilizzata come introduzione per Round Midnight e divenne cos popolare da (Max Roach, in Dizzy Gillespie, To
be or not to bop, pp. 275-76)
fare ormai parte integrante della composizione di Monk.

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Nella seconda met degli anni Quaranta, il be bop divenne un vero e proprio
fenomeno di costume. Dizzy appariva sulle copertine dei giornali con quello che
divenne l'abbigliamento iconico del bopper: basco, occhiali neri dalla spessa
montatura, pizzetto a mosca (goatee) sotto il labbro

DJ, BASCHI E OCCHIALI NERI


interessante notare che, nonostante le resistenze iniziali, il be bop trov presto
estimatori, come ad esempio i critici Leonard Feather e Barry Ulanov, che si spesero
per far accettare la nuova musica, il promoter Monte Kay, che organizz il 22 giugno
1945 un concerto di Parker e Gillespie alla Town Hall di New York (pubblicato solo
nel 2005 su etichetta Uptown) e DJ come il famoso Symphony Sid Torin, che co-
minciarono a passarla regolarmente alla radio (si veda al proposito il bel saggio DJs,
Promoters, and Bebop di Marc Myers, in Why Jazz Happened, University of Califor-
nia Press, 2013). Nel 1946 Dizzy Gillespie firm con l'agenzia di booking di Moe Gale
e ottenne un contratto con la RCA, segnando cos il passaggio dalle piccole etichette
indipendenti a una grande major discografica.
Nella seconda met degli anni Quaranta, il be bop divenne un vero e proprio feno-
meno di costume. Dizzy appariva sulle copertine dei giornali con quello che divenne
l'abbigliamento iconico del bopper: basco, occhiali neri dalla spessa montatura, piz-
zetto a mosca (goatee) sotto il labbro. Ci che attirava i giornali, ovviamente, era-
no gli aspetti pi superficiali del fenomeno: il gergo, il consumo di droga, gli atteg-
giamenti stravaganti di alcuni dei bopper, che suonavano senza guardare il pubblico.
Il be bop cominci anche a essere caricato in buona parte a dispetto dei suoi stes-
si creatori di significati policiti, legandosi alle crescenti rivendicazioni civili che in
quel periodo percorrevano le comunit afroamericane. Sta di fatto che il bop, al net-
to di molte generazioni, si proponeva come una delle prime forme di jazz non indi-
rizzate alla danza, bens all'ascolto, assurgendo cos a una consapevole legittimazio-
ne come forma d'arte autonoma.

DOWNBEAT, NEW YORK, 1947 CA.


Dizzy Gillespie, John Lewis,
Cecil Payne, Miles Davis, Ray Brown

57
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Dovevamo reintrodurre un elemento di sfida, cercare modi per prenderci pi


rischi. Avevo notato che il nostro modo di suonare era diventato un po' troppo
comodo, ma sull'aereo per Chicago fu Tony [Williams]a lanciare l'argomento.
Ho un'idea, disse, Suoniamo un po' di anti-musica

LA FINE DEL QUINTETTO


Le cose, ovviamente, non andarono sempre cos lisce. sempre del 1945 il famo-
so tour californiano di Dizzy con Charlie Parker (nel gruppo c'erano anche Milt
Jackson, Ray Brown, Al Haig e Stan Levey), in cui la loro musica venne accolta con
freddezza, se non con aperta ostilit, anche per via degli stereotipi negativi da cui i
boppers erano marchiati. Come dichiar il sassofonista Charlie Ventura in Swing to STEREOTIPI SUL
Bop di Ira Gitler, il profano medio, o l'ascoltatore medio, pensavano che il bop fosse BE BOP
associato solo con persone che facevano uso di droga, con pizzetti e roba del genere, UNA RAPPRESENTAZIONE
e che conducevano una vita sordida. STRAVOLTA
Il tour californiano segn anche la fine del quintetto stabile di Parker e Gillespie.
Verso il 1946 iniziarono a circolare
Com' noto, Dizzy aveva assunto Milt Jackson perch non si fidava di Charlie Par-
e a fare la loro comparsa sui giorna-
ker e voleva essere sicuro che, in sua assenza, sul palco ci fosse comunque un quintet- li delle storie assurde sui bebop-
to, come stabilito dal contratto. Dopo la fine dell'ingaggio, Dizzy torn a New York, per. Nel complesso, ero contento
mentre Parker rest a Los Angeles, dove incise le sue celebri matrici Dial e fu pro- per la visibilit che ci davano, ma
tagonista del drammatico crollo nervoso che port al suo ricovero nell'ospedale di trovavo seccante che i jazzisti mo-
derni venissero dipinti in un modo
Camarillo.
che era spesso sinistro e assolu-
In effetti, se si pensa all'immenso influsso che Parker e Gillespie esercitarono sulle tamente maligno. Questa rappre-
future generazioni di jazzisti, si resta stupiti dal constatare quanto sia stata breve la sentazione non era del tutto colpa
loro effettiva collaborazione. Dopo il 1945, i due si ritrovarono insieme, sul palco o su della stampa perch molti nostri se-
disco, solo sporadicamente: il 29 settembre 1947, per un concerto alla Carnegie Hall guaci, credendo di essere in, fa-
cevano effettivamente le cose di
con l'orchestra di Dizzy; nel 1950, negli studi Mercury, per Bird And Diz, in quin-
cui la stampa accusava i bebop-
tetto con Monk, Curly Russell e Buddy Rich; nel marzo del 1951, per un concerto al per, se non peggio. [...]
Birdland insieme a Bud Powell, Tommy Potter e Roy Haynes; il 24 febbraio 1952, per Una volta immesso sul mercato, il
un'apparizione televisiva in cui registrarono Hot House; e infine il 15 maggio 1953, nostro stile fu stravolto dalla stam-
per il celeberrimo concerto alla Massey Hall di Toronto con Charles Mingus, Bud Po- pa e dall'industria discografica. In-
nanzitutto, posero l'accento pi sul
well e Max Roach. Meno di due anni dopo, il 12 marzo 1955, Parker moriva prima di
carattere e le debolezze dei perso-
compiere trentacinque anni. naggi che non sulla musica in s.
In secondo luogo, annacquarono la
nostra musica. Presero quelle che
altrimenti erano semplici canzoni
blues o pop, ci aggiunsero qual-
che accento tipo mop, mop e dei
testi che parlavano di droga, e poi
WILLIAM P. GOTTLIEB

chiamarono bebop la musicaccia


che ne derivava. Contrabbandato
come bebop, questo sound sinte-
tico spopolava dappertutto sulle
radio commerciali, sputtanando il
vero bebop. Per quanto facesse schi-
fo, l'imitazione conquistava i gio-
vani e le persone a digiuno di mu-
sica, e vendeva anche bene perch
conservava un ritmo molto ballabi-
le. La stampa puntava il dito con-
tro di me, accusandomi di essere
uno degli iniziatori del fenomeno.
Li avrei dovuti querelare, anche se
le possibilit di vincere in tribuna-
le erano esili. Erano tutte cazzate.
(Dizzy Gillespie, To be or not to bop,
DIZZY GILLESPIE E CHARLIE PARKER, CARNEGIE HALL, NEW YORK, 1947
cit., pp. 364-365)

58
WILLIAM P. GOTTLIEB

APICE E DECLINO DEL BE BOP


Il be bop, inteso sia come stile che come fenomeno di costume, raggiunse il suo apice
intorno al 1948-49, per poi cominciare, subito dopo, a declinare; non a caso, proprio
in quegli anni cominci a emergere ci che poi sarebbe stato chiamato cool jazz.
Persino la Cinquantaduesima Strada, che era stata per qualche anno il cuore jazzisti-
co di New York, cominci a svuotarsi dei suoi locali e della sua colorata popolazione
di musicisti, appassionati, spacciatori e tipi pi o meno loschi. La fiammata del bop
sembrava essersi ormai spenta.
Ma c' un altro aspetto, nell'attivit di Dizzy Gillespie tra il 1945 e il 1950, che non ab-
biamo ancora preso in considerazione e che invece costituisce forse la linea pi fer-
tile di sviluppi: il suo impegno con la propria big band.

59
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

04
THINGS TO COME
IL BOP INCONTRA
CUBA
CRESCIUTO NELLE BIG BAND, DIZZY GILLESPIE COLTIVAVA L'AMBIZIONE DI
TRASFERIRE IL LINGUAGGIO DEL BE BOP IN UN CONTESTO ORCHESTRALE.
DOPO UN PRIMO TENTATIVO POCO FORTUNATO NEL 1945, L'ANNO DOPO
COSTITU UNA BIG BAND CHE RIMASE IN VITA FINO AL 1950, PRODUCENDO
ALCUNI DEI SUOI CAPOLAVORI. CON QUESTA ORCHESTRA, EGLI TENT PER
LA PRIMA VOLTA L'INTEGRAZIONE FRA IL JAZZ E I RITMI AFROCUBANI

DI SERGIO PASQUANDREA

PICCOLI GRUPPI E GRANDI ORCHESTRE


Uno dei luoghi comuni relativi al be bop che sia una musica destinata ai picco-
li gruppi, in contrasto con lo swing che era invece realizzato dalle grandi orchestre.
Come molti luoghi comuni, anche questo contiene una parte di verit. Ma anche
senza considerare che nell'era dello swing esistettero le piccole formazioni va te-
nuto presente che molti dei protagonisti del be bop si formarono proprio nelle or-
chestre: Charlie Parker con Jay McShann, Kenny Clarke con Edgar Hayes e Roy
Eldridge, Bud Powell con Cootie Williams, eccetera. Lo stesso Dizzy Gillespie, come
abbiamo visto, fino ai primi anni Quaranta lavor soprattutto nelle big band.
Persino dopo l'esplosione del be bop, pur incidendo copiosamente in piccoli combos,
sia come leader che come sideman (in quest'ultima veste, va ricordato perlomeno il
suo ingaggio con il settetto di John Kirby, nel 1944), egli non recise mai il legame con
le orchestre. Il 26 gennaio 1945, ad esempio, incise con la big band di Boyd Raeburn
una delle prime versioni registrate di A Night in Tunisia: non la prima in assoluto,
perch lo stesso Raeburn l'aveva eseguita l'anno prima in un programma radiofoni-
co, con Roy Eldridge alla tromba.
Ma, soprattutto, in quello stesso 1945 Dizzy mise finalmente in pratica una vecchia
idea: fondare una propria orchestra e farle suonare il be bop.

60
61
ROBERTO POLILLO
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Con la troupe degli Hep-sations, le sue presentazioni erano talmente inadeguate che
i fratelli Nicholas subentrarono nel ruolo di conduttori e Dizzy non era il solito s stesso,
si muoveva goffamente e a disagio sul palco. Ci volle un altro anno e un'altra band
perch riconquistasse la sua abituale facilit di fronte a una grande orchestra

HEP-SATIONS OF 1945
Il primo esperimento orchestrale di Gillespie si chiamava Hep-sations of 1945 e
non fu esattamente un successo.
Con Dizzy c'era l'arrangiatore Walter Gil Fuller, mentre la formazione, ripresa in SUONIAMO
gran parte dall'orchestra di Eckstine, comprendeva, tra gli altri, Kenny Dorham, PER LO SPIRITO,
Charlie Rouse, John Smitty Smith e Max Roach, batteria. La band si imbarc in NON PER
uno sfortunato tour negli Stati Uniti meridionali, dove la loro musica venne accolta
con freddezza e ostilit, nonostante la presenza di varie attrazioni collaterali, tra le
L'INTELLETTO
DIZZY E IL JAZZ DA BALLARE
quali il duo di ballerini dei Nicholas Brothers, la cantante June Eckstine e due comi-
ci. Nell'agosto di quello stesso anno, l'orchestra si esib a New York, stavolta con Ben-
L'orchestra [Hep-sations of 1945],
ny Harris, Freddie Webster, Miles Davis e Fats Navarro alle trombe e Leo Parker tra
e in generale la nostra musica, era
i sassofoni, poi si sciolse. congegnata affinch la gente si se-
Le ragioni dell'insuccesso sono state discusse a lungo: sicuramente il pubblico del desse e ascoltasse; quasi tutti i no-
Sud non era pronto per il bop, anzi secondo la testimonianza degli stessi musici- stri arrangiamenti erano moderni,
sti si aspettava la classica orchestra swing da ballo e rimaneva disorientato davan- per cui provate a immaginare la mia
sorpresa e il mio imbarazzo quan-
ti a quella musica cos complessa. D'altronde, lo stesso Dizzy era un leader ancora im-
do scoprii che dovevamo suonare
preparato all'arduo compito di guidare in tour una grande formazione. Come scrive per dei balli. A New York ci aveva-
Alyn Shipton: Il resoconto di Leonard Feather, secondo il quale Dizzy durante que- no detto che si trattava di una tour-
sto tour era nervoso e teso, corroborato da diverse altre fonti. Con la troupe degli ne di concerti, e invece il pubblico
Hep-sations, le sue presentazioni erano talmente inadeguate che i fratelli Nicho- si aspettava di ballare. Che storia.
Dicevano che con la nostra musi-
las subentrarono nel ruolo di conduttori e Dizzy non era il solito s stesso, si muoveva
ca non riuscivano a ballare. E allo-
goffamente e a disagio sul palco. Ci volle un altro anno e un'altra band perch ricon- ra com' che io ci riuscivo? Anche
quistasse la sua abituale facilit di fronte a una grande orchestra. loro sarebbero riusciti a ballarla, se
solo ci avessero provato. Il jazz deve
essere ballabile, quella l'idea con
cui nato; e anche quando troppo
veloce per ballarlo, dovrebbe ave-
re abbastanza ritmo da farti veni-
re voglia di muoverti. Se si perde
WILLIAM P. GOTTLIEB

il movimento, si perde l'idea origi-


nale del jazz. Perci la mia musica
sempre ballabile.
[]
Se potessi ballare la mia musica,
lo farei ancora. Un tempo mi met-
tevo sempre a ballare sul proscenio,
davanti all'orchestra. Ma poi si fece
via via pi difficile, senza il solido
ritmo one-two, one-two. [] Il jazz
stato inventato affinch la gen-
te lo potesse ballare, non dobbia-
mo dimenticarlo. La mia musica si
presta pi all'ascolto, ma comun-
que ti spinge a dondolare la testa
e battere il piede. Se vedo che gli
spettatori restano immobili, allo-
ra significa che non stiamo facen-
do breccia, il che non va bene, vi-
sto che noi suoniamo soprattutto
per lo spirito, non per l'intelletto.
(Dizzy Gillespie, To be or not to bop,
WALTER FULLER
cit., pag. 293 e pag. 400)

62
WILLIAM P. GOTTLIEB
THINGS TO COME
L'altra band di cui parla Shipton quella che Gillespie mise insieme l'anno seguente.
Nel frattempo, il suo esperimento orchestrale non era rimasto isolato: a Los Angeles,
Gerald Wilson aveva inciso una versione orchestrale di Groovin' High, mentre Wo-
ody Herman (per il quale Dizzy aveva gi scritto arrangiamenti nel 1942-43) ave-
va registrato una versione di Caldonia che ammiccava decisamente al be bop, grazie
all'arrangiamento di Neal Hefti.
A marzo del 1946, Dizzy cominci un ingaggio allo Spotlite, un locale della Cinquan-
taduesima Strada gestito da Clark Monroe, il proprietario del Monroe's Uptown
House. Con lui c'erano Milt Jackson, Leo Parker, Al Haig, Ray Brown e Stan Levey.
Dato il buon successo, Monroe propose a Gillespie di espandere il gruppo, trasfor-
mandolo in una big band. Vennero reclutati, fra gli altri, i sassofonisti Sonny Stitt e
Howard Johnson, il trombettista Kenny Dorham e il batterista Kenny Clarke, appe-
na rientrato in citt dopo tre anni di servizio militare. Gli arrangiamenti erano, an-
cora una volta, di Gil Fuller. Al piano sedette dapprima Bud Powell, poi, per un certo
periodo, Thelonious Monk, che per aveva il vizio di arrivare regolarmente in ritar-
do: fatto intollerabile, per un maniaco della puntualit come Dizzy. Ad ogni modo,
nella prima seduta di registrazione dell'orchestra, fissata per maggio, c' ancora lui.
Quella seduta produsse alcune tracce che rivelavano gi le potenzialit della band:
Our Delight, una composizione di Tadd Dameron, One Bass Hit, una vetrina per Ray
Brown, una bella versione di Round Midnight, ma soprattutto l'avveniristico Things
To Come, preso a un tempo mozzafiato, che dimostra le qualit tecniche superlative
della compagine. Poco dopo, l'orchestra comparve anche nel lungometraggio musi-
cale Jivin' in Bebop, dove per quasi un'ora si pu ammirare un Dizzy che dirige l'or-
chestra danzando e durante gli intermezzi si lancia in sketch comici, come il pi con-
sumato degli showmen.

63
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB
LA MUSICA TI MANDAVA SU DI GIRI
Se l'impatto della band notevole su disco, doveva essere addirittura dirompente dal
vivo: Le persone che non hanno mai visto Dizzy davanti a una big band, dichiar
Milt Jackson in un'intervista del 1976, non hanno idea. Non hanno mai visto Dizzy
sul serio. Quando lo vedi di fronte a una big band, davvero fenomenale. Gli fa eco
il critico Ira Gitler: Stare in quel piccolo club, lo Spotlite, con il suo soffitto basso,
e ascoltare la band che suonava Things To Come, ti faceva andare fuori di testa. In-
credibile. Senz'altro una delle esperienze pi entusiasmanti che si possano fare. E
Ralph J. Gleason: L'energia che sprigionavano [] era sensazionale. Avevano solo un
microfono per la cantante, perch potesse farsi sentire sugli altoparlanti. Non aveva-
no amplificazione per la band, nessuno strumento elettrico, nemmeno una chitarra
con un pickup. Ma avevano il volume dei Cream o degli Who, e con quella band sco-
prii la verit sulla musica suonata forte. Se buona, ti manda su di giri e ti fa sentire
bene. [] Non uscivo mai da un concerto di quella band senza sentirmi al settimo cie-
lo per quel suono.
Nell'autobiografia, Dizzy dedica a questa orchestra ben cinque capitoli, per un'ottan-
tina di pagine complessive, e in effetti non si sbaglierebbe di molto a indicare gli anni
fra il 1946 e il 1950, in cui essa fu attiva, come uno dei picchi assoluti nella sua carrie-
ra. Il suo obiettivo era ben chiaro: La nostra orchestra doveva avere lo stesso sound
della piccola formazione con Charlie Parker. Il nostro idioma doveva essere rigoro-
samente bebop.

64
Nel giugno del 1946, la band tenne un concerto all'Apollo Theater di New York, poi part
per un tour estivo, nel quale fu accompagnata dal trio di Ella Fitzgerald. In autunno, Ella
all'epoca gi una star di enorme successo divenne parte integrante dell'orchestra di
Gillespie, con la quale rimase fino a gennaio 1947

ORCHESTRA DELL'ANNO
Walter Fuller continu a essere l'unico arrangiatore, il che contribu all'unit stili-
stica della band; ma anche altri membri della band contribuivano con loro composi-
zioni, come Ray Brown (Ray's Idea, One Bass Hit) e John Lewis, che era subentrato
a Monk come pianista (sua, per esempio, Two Bass Hit). Per inciso, la sezione rit-
mica della band (Milt Jackson, John Lewis, Ray Brown e Kenny Clarke) cominci
a esibirsi anche come gruppo autonomo, prima come Milt Jackson Quartet, poi con GIL FULLER
il nome che l'avrebbe resa celebre: Modern Jazz Quartet. Venivano eseguiti anche L'ARRANGIATORE DI FIDUCIA
brani di Tadd Dameron, il quale per non scrisse mai arrangiamenti perch, come
Se nel jazz c' una categoria sot-
dichiar Fuller, voleva essere pagato e noi non avevamo soldi.
tovalutata per eccellenza, quella
Nel giugno 1946 la band tenne un concerto all'Apollo Theater di New York, poi par- degli arrangiatori, che invece fon-
t per un tour estivo, nel quale fu accompagnata dal trio di Ella Fitzgerald. In au- damentali nell'era dello swing e con-
tunno, Ella all'epoca gi una star di enorme successo divenne parte integrante tinuarono ad esserlo anche succes-
dell'orchestra di Gillespie, con la quale rimase fino a gennaio 1947 (proprio duran- sivamente. Si pensi ad esempio a
figure come Don Redman, Sy Oli-
te questa tourne cominci la sua storia d'amore con Ray Brown, che divenne poi
ver, Billy Strayhorn, Neal Hefti, Ralph
suo marito). Burns, Sammy Nestico, Gerald Wil-
Nel 1947 arrivarono nuovi elementi, come i sassofonisti Cecil Payne e James Moo- son, Nelson Riddle, Tadd Dameron,
dy, il quale ultimo sarebbe poi rimasto uno dei pi stretti collaboratori di Dizzy per e tanti altri che forgiarono il suono
i successivi quarant'anni. Occasionalmente, la formazione ospitava musicisti come delle orchestre con cui lavorarono.
Un ottimo esempio Walter Gilbert
Charlie Parker o Miles Davis, ad esempio durante il concerto alla Carnegie Hall te-
Gil Fuller, che persino su Wikipe-
nuto il 29 settembre di quell'anno, che ebbe un successo al di l delle aspettative dia si merita appena una decina di
e contribu a far affermare definitivamente l'orchestra. La band venne nominata righe striminzite. Fuller nacque a Los
Orchestra dell'anno da Metronome, mentre il titolo di Trombettista dell'anno Angeles il 14 aprile 1920. Gi a fine
and a Dizzy Gillespie. Ma c'erano altre novit in arrivo. anni Trenta lavorava con le orche-
stre di Billy Eckstine, Tiny Bradshaw
e Les Hite. Fu proprio lui a convince-
re quest'ultimo ad assumere Dizzy
Gillespie nella sua big band. Fuller
divenne uno stretto collaboratore
di Dizzy fin dai tempi della sua pri-
ma orchestra del 1945. Nell'autobio-
WILLIAM P. GOTTLIEB

grafia del trombettista, egli ricor-


da come Gillespie avesse all'epoca
poca esperienza di bandleader e
come fu lui a prendere in mano la
direzione della band. Anche per la
seconda e pi fortunata orchestra,
la direzione di Fuller fu essenziale
per definire un sound distintivo. Nel
secondo dopoguerra, divenne uno
dei compositori e arrangiatori pi ri-
chiesti sulla scena. Lavor nel cine-
ma e scrisse per Ray Charles. Fond
anche una sua casa editrice e pub-
blic vari testi sull'arrangiamento.
Fra i non molti dischi a suo nome,
si ricordano Gil Fuller and his Or-
chestra (Vogue, 1949), Gil Fuller
DOWNBEAT, NEW YORK, 1947 CA. & the Monterey Jazz Festival Or-
Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie, chestra featuring Dizzy Gillespie
Ray Brown, Milt Jackson,
(Pacific Jazz, 1965), Night Flight
Timmie Rosenkrantz
(Pacific Jazz, 1965).

65
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Luciano Pozo y Gonzales, in arte Chano Pozo, fu per Dizzy la chiave utile a realizzare
quella fusione tra jazz e ritmiche afrocubane, alla quale pensava da tempo. Pozo parlava
malissimo l'inglese, Gillespie non conosceva spagnolo, ma ci non imped loro di
instaurare un'immediata intesa musicale

N SPAGNOLO, N INGLESE: AFRICANO


La novit pi importante fu l'incontro con il mondo sonoro latinoamericano. Abbia-
mo gi parlato di brani come Pickin' The Cabbage e A Night In Tunisia, che facevano DIZZY E BIRD
uso di ritmi latin, e delle esperienze di Gillespie con musicisti come Alberto Socar- ALL'ACCADEMIA
ras, Cass Carr e Mario Bauz. Proprio Bauz gli present un suonatore di conga cu-
bano, di nome Luciano Pozo y Gonzales, in arte Chano Pozo, che fu per Dizzy la chia-
AFRICANA
LE RADICI COMUNI DELLA
ve utile a realizzare quella fusione tra jazz e ritmiche afrocubane, alla quale pensava MUSICA
da tempo. Pozo parlava malissimo l'inglese, Gillespie non conosceva spagnolo, ma ci
non imped loro di instaurare un'immediata intesa musicale. Come usava dire Cha-
Curioso come i bianchi cercasse-
no, Dizzy no peaky pani, I no peaky engly, but boff peak African (Dizzy non parla
ro di tenerci lontani dagli africa-
spagnolo, io non parlo inglese, ma entrambi parliamo africano). ni e dal nostro retaggio. Ecco per-
Chano Pozo era indubbiamente un personaggio pittoresco, al limite del delinquen- ch, oggi, nella nostra musica, non
ziale, ma era anche un musicista straordinario, per quanto incapace di leggere e scri- si sente l'eredit africana, come si
vere la musica; per di pi, era adepto del culto cubano lucum, che praticava rituali sente in altre parti del mondo, per-
ch ci hanno portato via i nostri
di diretta origine africana. Egli si incaric di introdurre Gillespie e i suoi orchestrali
tamburi. Se vai in Brasile, a Bahia,
nell'intricato mondo dei ritmi afrocubani. Dizzy, da parte sua, cerc di dare alle idee dove c' una numerosa popolazio-
musicali di Pozo una forma compatibile con il jazz, che il percussionista conosceva ne nera, trovi molti elementi africani
poco. Dopo una prima fase di rodaggio ([Chano] sentiva il tempo in modo diverso da nella loro musica; vai a Cuba e an-
noi, ma dopo un po' trovammo un'intesa e imparai a fargli capire come andare a tem- che loro hanno conservato le tra-
dizioni; ai Caraibi, idem. []
po con noi), arrivarono i primi risultati.
Io e Charlie Parker facemmo de-
gli spettacoli di beneficenza per gli
studenti africani di New York e per
l'Accademia Africana per le Arti e la
Ricerca guidata da Kingsley Ozuom-
ba Mbadiwe. In seguito Mbadiwe
diventato ministro in uno di quei re-
gimi che ci sono stati in Nigeria, ma
qui da noi, come presidente dell'Ac-
cademia Africana, organizz al Di-
ALLAN GRANT

plomat Hotel dei concerti di bene-


ficenza che avrebbero meritato di
essere registrati. Eravamo soltanto
io, Bird, Max Roach e dei percussio-
nisti africani e cubani; niente con-
trabbasso n altri strumenti. Suo-
nammo anche per accompagnare
un ballerino, Asadata Dafora []. I
concerti per l'Accademia Africana
si rivelarono un'esperienza straor-
dinaria, tramite la quale io e Char-
lie Parker scoprimmo i collegamen-
ti tra la musica afrocubana e quella
africana, e comprendemmo l'iden-
tit fra la nostra musica e la loro.
Davvero, quei concerti meritavano
di essere registrati.
[] Ma non che noi ci mettessi-
mo a fare conferenze o dicessimo:
Forza, suoniamo otto battute di
protesta. Ci limitavamo a suona-
re la nostra musica.
(Dizzy Gillespie, To be or not to bop,
CHANO POZO E DIZZY GILLESPIE cit. pp. 381-82)

66
GEORGE RUSSELL
IL PENSATORE DEL JAZZ

Pochi altri musicisti, che non siano


strumentisti, hanno saputo raggiun-
gere la stessa statura di guru che
associata alla figura di George Rus-
sell, vera e propria eminenza grigia
dietro molte rivoluzioni che hanno
agitato il jazz nella seconda met
del Novecento.
Nato a Cincinnati nel 1923, da pa-

ROBERTO POLILLO
dre bianco e madre afroamericana,
fu poi adottato da Bessie e Joseph
Russell. Cominci a interessarsi alla
musica cantando nella chiesa meto-
dista, che la sua famiglia frequenta-
va, e ascoltando le band che suona-
vano sui battelli che percorrevano
l'Ohio. Inizi a suonare la batteria
nei boy scout e prosegu a interes-
sarsene a scuola. Venne ingaggia-
to nell'orchestra di Benny Carter e,
nei primi anni Quaranta, si trasfer a
New York, dove entr nell'entoura-
GEORGE RUSSELL ge di musicisti che frequentavano
la casa di Gil Evans sulla Cinquan-
tacinquesima Strada: Monk, Miles
Davis, Max Roach, Gerry Mulligan,
CUBANA BE-CUBANA BOP John Lewis.
Nel repertorio dell'orchestra cominciarono a entrare pezzi come Algo Bueno (una ri- Nel 1945-46, durante uno dei suoi
lettura latin di Woody'n'You), Guarachi Guaro, Manteca, Tin Tin Deo, nei quali Chano frequenti ricoveri ospedalieri dovu-
Pozo dettava a Gillespie e Walter Fuller le parti strumentali, che essi poi arrangiava- ti alla tubercolosi, cominci a ela-
borare i fondamenti di quello che
no sul pentagramma. Ma il frutto pi straordinario della loro collaborazione fu la su-
avrebbe poi chiamato Lydian Chro-
ite Cubana Be-Cubana Bop, firmata da George Russell. Qui, dopo un'apertura modale matic Concept of Tonal Organiza-
(notare che siamo dieci anni prima di Kind Of Blue), Chano canta insieme agli or- tion, poi esposto nell'ononimo li-
chestrali una litania in dialetto afrocubano, che elenca i nomi delle divinit adorate bro del 1953.
dalla societ segreta Abaku, in una folgorante fusione di sperimentazione avveniri- A partire dagli anni Cinquanta, co-
minci a insegnare e a comporre,
stica e arcaiche memorie africane.
riunendo numerosi gruppi, deno-
Chano Pozo mor a soli trentatr anni il 3 dicembre 1948, assassinato in un bar di minati Jazz Workshops, nei quali
Harlem da uno spacciatore di marijuana con cui aveva litigato. Ma quegli esperimen- passarono musicisti come Bill Evans,
ti avrebbero lasciato una traccia duratura in Gillespie, come vedremo pi avanti. Art Farmer e Paul Motian. Negli anni
Va notato anche che Dizzy non era l'unico a essere affascinato dalla musica cubana. Sessanta e Settanta visse in Scan-
dinavia influenzando la nascente
Proprio nel 1947 Stan Kenton aveva preso nella sua orchestra il conguero Francesco
scuola di jazz locale e sperimen-
Grillo, detto Machito, per il quale aveva commissionato a Pete Rugolo una serie di tando anche la musica elettronica.
brani come Cuban Carnival e The Peanut Vendor. (Nell'autobiografia, Dizzy neg di Mor a Boston nel 2009, per com-
essere stato influenzato da Kenton, per il quale anzi ebbe parole sprezzanti). plicazioni legate all'Alzheimer.

67
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

WILLIAM P. GOTTLIEB

CHARLES DELAUNAY

IN FRANCIA
Nel 1948 la band, insieme a Chano Pozo, intraprese una tourne europea che copr
Svezia, Danimarca, Belgio, Francia e Gran Bretagna. Fu un ottimo successo di pub-
blico, ma con non pochi problemi sul lato economico a causa di un promoter svedese,
tale Harold Lundquist, che gestiva in maniera piuttosto disinvolta gli incassi. Gille-
spie raccont di aver dovuto letteralmente dormire davanti alla porta della sua ca-
mera, per evitare che scappasse con i soldi durante la notte. Lundquist venne poi ar-
restato per truffa e la band riebbe indietro i soldi. Le accoglienze, comunque, furono
ottime ovunque. In Francia, il pubblico e la critica si spaccarono: da una parte c'e-
ra il decano della critica francese, Hughes Pannassi, che fu sempre ostile al be bop,
dall'altra il suo collega e amico Charles Delaunay, che invece si impegn attivamente
per sostenere l'orchestra (fu lui a pagar loro la trasferta francese, dopo che erano ri-
masti in bancarotta). Dopo quel tour europeo, Kenny Clarke decise di stabilirsi a Pa-
rigi, dove sarebbe rimasto per i successivi quarant'anni.

68
L'orchestra continu a funzionare per un paio d'anni, ospitando fra gli altri Paul
Gonsalves, Jimmy Heath, Melba Liston, Gerald Wilson e un giovane John Coltrane (al
sax contralto), ma i costi cominciarono a mano a mano a farsi sempre pi pesanti per
Gillespie, che nel 1950 decise infine di chiudere bottega

LA FINE DELL'ORCHESTRA
L'orchestra continu a funzionare per un paio d'anni, ospitando fra gli altri Paul Gon-
salves, Jimmy Heath, Melba Liston, Gerald Wilson e un giovane John Coltrane (al
sax contralto), ma i costi cominciarono a mano a mano a farsi sempre pi pesanti per
Gillespie, che nel 1950 decise infine di chiudere bottega. Anche all'apogeo del be-
bop nessuno di noi guadagnava molto, commenta nell'autobiografia. Tantissime
persone che sostenevano di aiutarci erano degli imbroglioni. [] Ricevemmo mol-
tissima pubblicit ma pochissimi soldi. Nel periodo seguente, Dizzy continu a la-
vorare sulle basi costruite negli anni Quaranta, producendo ancora splendida musi-
ca, ma raramente riusc a eguagliare la folgorante intensit di quanto aveva creato in
quel decennio.

WILLIAM P. GOTTLIEB

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COVER STORY DIZZY GILLESPIE

05
L'AMBASCIATORE
DEL JAZZ
GLI ANNI
CINQUANTA
NEI PRIMI ANNI CINQUANTA, LA CARRIERA DI DIZZY SUB UN CALO,
DOVUTO SIA ALLA CONCORRENZA DI NUOVI STILI JAZZISTICI, SIA A
UNA SERIE DI DISCHI NON TROPPO FELICI. A PARTIRE DALLA MET
DEL DECENNIO, LA PARTECIPAZIONE ALLE TOURNE DEL "JAZZ AT
THE PHILHARMONIC" E UN FORTUNATO TOUR INTERNAZIONALE
SPONSORIZZATO DAL DIPARTIMENTO DI STATO AMERICANO
RILANCIARONO LA SUA FIGURA COME QUELLA DI UN VERO E PROPRIO
AMBASCIATORE DEL JAZZ NEL MONDO

DI SERGIO PASQUANDREA

RHYTHM'N'BLUES
Gli anni Cinquanta si aprirono con una serie di avvenimenti non troppo piacevo-
li. Oltre alla fine della big band, ci fu un incidente stradale che limit la sua capa-
cit di prendere le note acute. Inoltre, Dizzy stesso si rese conto che l'idioma be
bop subiva ormai un calo di popolarit, assediato com'era da una parte dal cool
jazz, dall'altra dal rhythm'n'blues, che era diventata la musica da ballo favorita da-
gli afroamericani.
Nei primi anni Cinquanta Gillespie lavor soprattutto come leader di piccole for-
mazioni. Si ricorda ad esempio un sestetto che comprendeva John Coltrane, Jimmy
Heath, Milt Jackson, Percy Heath e Charles Specs Wright, che registr alcune
tracce per la Dee Gee, la casa discografica fondata da Dizzy nel 1951. Alcuni bra-
ni di questo periodo ammiccavano decisamente al rhythm'n'blues, come Hey Pete
Let's Eat Mo' Meat o School Days, che Gillespie nell'autobiografia descrisse come
una canzone con un forte backbeat, molto ballabile, e un testo rivolto ai teenager,
rivendicando di aver cominciato tra i primi a contaminare il jazz con il rock. La
canzone, insieme ad altre nella stessa vena, ebbe un certo successo, non sufficien-
te per a coprire le spese, complice anche il fatto che lo stesso Dizzy non aveva mai
sentito, per sua stessa ammissione, una particolare propensione verso il blues. La
Dee Gee chiuse i battenti dopo poco tempo. Nel 1952 usc anche un disco con gli ar-
chi (Dizzy And His Operatic String Orchestra, Barclay), nella vena di quello inci-
so due anni prima da Charlie Parker.

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ROBERTO POLILLO
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

ROBERTO POLILLO
FAR RIDERE IL PUBBLICO
Molti dei brani incisi da Dizzy in questo periodo seguono una vena decisamente
pi leggera rispetto al decennio precedente, come il latineggiante Tin Tin Deo, il di-
simpegnato Umbrella Man o il comico Pop's Confessin', dove si lancia in un'affettuo-
sa parodia di Louis Armstrong. Gillespie cominci a cimentarsi sempre pi spes-
so anche nelle vesti di cantante. Non mancarono le critiche di chi lo accusava di
aver commercializzato la sua musica e di indulgere fin troppo nelle clownerie, ma
il trombettista si difese affermando che la comicit importante. Quando un ar-
tista cerca di prendere il controllo sul proprio pubblico, la strategia migliore farli
ridere, se ci riesce. la cosa pi rilassante del mondo. Ridere rilassa tutti i musco-
li del corpo. E quando la gente rilassata, pi ricettiva ai tuoi input. In certi casi,
quando gli proponi delle cose troppo difficili, riescono a seguirti se sono rilassati.
Nel 1953 vi fu il famoso concerto alla Massey Hall di Toronto, che vide Gillespie e
Charlie Parker per l'ultima volta insieme sul palco. anche una delle pochissime
occasioni per ascoltare Dizzy e Bird con Bud Powell, insieme ad alcune registra-
zioni effettuate dal vivo al Birdland, insieme a Tommy Potter e Roy Haynes (Sum-
mit Meeting At The Birdland, Columbia 1951).

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Negli anni Cinquanta Dizzy lavor anche come solista nell'orchesta di Stan Kenton;
Charlie Parker lavor anch'egli con Kenton, ma i due non suonarono mai insieme sullo
stesso palco. Per inciso, proprio in questo periodo Gillespie adott l'inconfondibile
tromba piegata all'ins, che da allora in poi sarebbe diventata il suo marchio di fabbrica

JAZZ AT THE PHILHARMONIC


A met anni Cinquanta, Gillespie cominci a diventare un habitu del Jazz at the
Philharmonic di Norman Granz, le cui tourne gli permisero di rimettere sui giusti UNA TROMBA
binari la sua carriera, dal punto di vista sia musicale sia economico. In questo pe- ALL'INS
riodo, la sua popolarit era oscurata dall'imperante cool jazz; egli, diplomaticamen- COME NACQUE LO STRUMENTO
te, evit commenti troppo espliciti sul vecchio amico e collega Miles Davis (Miles DI DIZZY
viene dalla zona di St. Louis dov' nato il blues. Semplicemente, una parte della sua
musica suonata cos, in modo cool), mentre fu pi esplicito per quanto riguarda i
A partire dal 1954, Dizzy Gillespie
musicisti della scena cool (Il cool mi ha sempre fatto pensare alla musica dei bian-
adott la tipica tromba con la cam-
chi. Musica senza viscere, e senza tanto ritmo. Sul palco neanche sudavano quel- pana piegata all'ins. Circolano va-
li l, Lee Konitz, Lennie Tristano e compagnia). Negli anni Cinquanta, comunque, rie ipotesi circa la genesi di quello
Dizzy lavor anche come solista nell'orchesta di Stan Kenton; Charlie Parker lavo- strumento, ma quella pi diffusa
r anch'egli con Kenton, ma i due non suonarono mai insieme sullo stesso palco. Per anche perch accreditata ufficial-
mente nell'autobiografia che,
inciso, proprio in questo periodo Gillespie adott l'inconfondibile tromba piegata
durante l'intervallo di un concerto,
all'ins, che da allora in poi sarebbe diventata il suo marchio di fabbrica. il ballerino Harold Stumpy Cro-
A partire dal 1955, il trombettista insegn alla Lenox School of Jazz, nel Massa- mer la rovesci con un calcio e la
chussets, uno di primi seminari ufficiali dedicati al jazz, dove insegnavano anche fece piegare. Dizzy fornisce addirit-
John Lewis, Milt Jackson e George Russell. tura il luogo (lo Snookie's, un club
newyorkese sulla Quarantacinque-
sima Strada) e la data (il 6 gennaio
1953). Dopo l'incidente, egli deci-
se di provare comunque a suonare
e si accorse che il suono gli piace-
va, perch gli permetteva di senti-
re meglio il proprio suono e anche
di leggere lo spartito senza avere
la campana ad ostacolare la vista.
Decise quindi di farsene fabbricare
una con quella forma, prima ricor-
rendo a una campana smontabile,
poi a uno strumento gi modella-
P. GOTTLIEB

to in un unico pezzo.
Alyn Shipton, nella sua biografia del
POLILLO

trombettista, ha messo in questione


WILLIAM

l'autenticit dell'aneddoto. In un'in-


tervista del 1954, ad esempio, Dizzy
ROBERTO

si prendeva il merito dell'invenzio-


ne, affermando di aver lavorato
per cambiare lo strumento. Ship-
ton riporta l'opinione del trombet-
tista John Chilton, che ritiene inve-
rosimile l'episodio dell'incidente, e
ne riconduce l'origine a un trom-
bettista inglese, Billy Perkins, che
possedeva uno strumento simile
e che Gillespie avrebbe conosciu-
to durante la tourne europea del
1937 con Teddy Hill. Ad ogni modo,
lo stesso Dizzy Gillespie ammise di
non aver potuto brevettare l'idea,
perch essa era gi stata tentata
nell'Ottocento da un francese, un
STEVIE WONDER tale DuPont.

73
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Dizzy ebbe anche modo di tornare a suonare davanti a una big band, ad esempio in
Afro (Norgran, 1954), con un'orchestra cubana arrangiata da Chico O'Farrill, e Birk's
Works (Verve, 1957), con una sountuosa band che comprende, fra gli altri, Lee Morgan,
Melba Liston, Benny Golson (anche arrangiatore) e Wynton Kelly

RITORNO ALLE BIG BAND


Gillespie cominci anche a registrare per le etichette di Norman Granz. Oltre alle
tante registrazioni dal vivo durante le tourne del JATP, con marchio Norgran o Clef,
pubblic un disco in co-titolarit con Stan Getz (Diz And Getz, Norgran, 1953) e due
con il suo vecchio maestro Roy Eldridge (Roy And Diz, Vol. 1 & Vol. 2, Clef, 1954),
entrambi con l'accompagnamento di Oscar Peterson, Herb Ellis, Ray Brown e Max
Roach. Da ricordare anche Sonny Side Up (Verve, 1957), con Sonny Rollins e Sonny
Stitt. Dizzy torn anche a suonare davanti a una big band, ad esempio in Afro (Nor-
gran, 1954), con un'orchestra cubana arrangiata da Chico O'Farrill, e Birk's Works
(Verve, 1957), con una sountuosa band che comprende, fra gli altri, Lee Morgan, Mel-
ba Liston, Benny Golson (anche arrangiatore) e Wynton Kelly.
Tra il 1958 e il 1959, mise in piedi un gruppo con il pianista Junior Mance e il chitar-
rista Les Spann, che comprendeva anche Sam Jones (e poi Art Davis) al contrabbasso
e Lex Humphries alla batteria. Con loro, nel 1959 incise per la Verve The Ebullient
Mr. Gillespie e Have Trumpet, Will Excite.

ROBERTO POLILLO

STAN GETZ

74
ROBERTO POLILLO
DIZZY E
LORRAINE
UN MATRIMONIO PERFETTO (O
QUASI)

Il matrimonio di Dizzy e Lorraine dur


per mezzo secolo. Lorraine fu per il
trombettista un'ancora di stabilit,
come egli stesso ammise in molte
occasioni: Le cose belle che vede-
te in me, le cose buone, sono merito
suo. [] Le cose brutte le ho fatte
da solo, scrisse nell'autobiografia.
Lorraine si occup di gestire i suoi
affari e persino di disegnare le co-
pertine di alcuni suoi dischi. Appa-
rentemente, il matrimonio perfetto.
Allo stesso tempo, per, la passione
di Gillespie per il gentil sesso era ben
nota nell'ambiente e molte testimo-
L'AMBASCIATORE DEL JAZZ nianze confermano come, durante le
Nel 1956 Dizzy Gillespie venne selezionato dal Dipartimento di Stato americano per tourne, egli amasse circondarsi di
una tourne che copr l'Asia, il Medio Oriente e l'Europa Orientale, finalizzata a pre- belle donne, con le quali non si fer-
mava certo ai complimenti. Lorraine,
sentare il jazz come un'immagine internazionale degli Stati Uniti. L'accoglienza fu
da parte sua, fingeva di non vedere.
trionfale ovunque, procurando al trombettista il plauso del governo americano. In Dizzy e Lorraine non ebbero mai fi-
pi occasioni, Gillespie insistette perch i concerti fossero aperti a un pubblico il pi gli, ma negli anni Cinquanta egli fu
largo possibile, non soltanto agli invitati pi prestigiosi. coinvolto in un paio di cause di rico-
Un ulteriore tour copr il Sud America: Dizzy visit il Brasile, dove rimase colpito dal noscimento della paternit, che riusc
a vincere con l'aiuto del suo avvoca-
samba, e l'Argentina, dove conobbe un giovane pianista di nome Lalo Schifrin, desti-
to Charles Roisman, che egli sopran-
nato ad avere un ruolo importante nella sua futura carriera. L'orchestra incise alcuni nominava affettuosamente Profes-
dischi per Granz, come Dizzy In Greece (Verve, 1956) e Worls Statesman (Nor- sor Bogus (in inglese finto, fasullo,
gran, 1956). tradotto nell'autobiografia come De
Questi tour e questi dischi permisero a Dizzy Gillespie di risollevarsi dalla tempora- Bidonis). noto, comunque, alme-
no un caso di paternit pi o meno
nea crisi dei primi anni Cinquanta. Ma soprattutto, come scrive Alyn Shipton, Dizzy
certa: quello della cantante Jeanie
aveva trovato l'obiettivo che l'avrebbe guidato per pi di altri tre decenni di carriera Bryson, che il trombettista ebbe da
musicale, in un periodo in cui i suoi contributi innovativi al jazz appartenevano per- una relazione coniugale con Connie
lopi al passato. Aveva scoperto che la combinazione fra la sua immagine immediata- Bryson, un'autrice di canzoni. Gille-
mente riconoscibile, il suo comportamento da mattacchione (dizzy), le buffonerie, spie non la riconobbe mai ufficial-
mente, ma pag alla madre un as-
la tromba all'ins, i vestiti a volte stravaganti, il suo senso di giustizia sociale e l'abili-
segno mensile fino al compimento
t naturale di essere s stesso di fronte a qualunque folla, insieme al potere della sua del ventunesimo anno; la paterni-
musica, lo rendevano l'ambasciatore ideale, non soltanto per il Dipartimento di Stato t era nota a tutti i suoi conoscen-
statunitense, ma per lo stesso jazz. ti pi intimi.

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COVER STORY DIZZY GILLESPIE

06
UNITED NATION
ORCHESTRA
LA MUSICA
UNIVERSALE
DAGLI ANNI SESSANTA IN POI, LA MUSICA DI DIZZY GILLESPIE SI VOLGE
SEMPRE DI PI A UNA FUSIONE FRA IL JAZZ E LE MUSICHE DEL MONDO:
CARAIBI, CUBA, BRASILE, AFRICA. RISPETTATO COME UN DECANO DEL
JAZZ, DIZZY CONTINU A ESIBIRSI FINO AGLI ULTIMISSIMI ANNI DI VITA. SI
SPENSE IL 6 GENNAIO 1993, ALL'ET DI SETTANTACINQUE ANNI

DI SERGIO PASQUANDREA

AFRICA
La big band del Dipartimento di Stato venne sciolta a fine anni Cinquanta a causa di
tagli nei finanziamenti governativi, ma Dizzy fece tesoro di quell'esperienza, da mol-
ti punti di vista. Innanzi tutto, approfond il suo interesse per le musiche etniche di
tutto il mondo, in particolare quelle di origine africana, come il samba. Fu tra i primi
a integrare ritmi brasiliani con il jazz, prima ancora dei celebri dischi di Stan Getz e
Charlie Byrd con Joo Gilberto, che qualche anno dopo lanciarono la moda della bos-
sa nova.
Come molti altri jazzisti dell'epoca, cominci a esibirsi con vesti di foggia africaneg-
giante. Nell'autobiografia racconta anche di una visita al suo paese natale, Cheraw,
durante la quale apprese dettagli del suo albero genealogico, fra i quali l'esistenza di
un trisavolo africano e di un bisnonno bianco. Inoltre, svilupp un interesse per la
spiritualit, che lo port ad aderire non all'Islam, come tanti altri afroamericani fa-
cevano all'epoca, bens alla religione Bah'i, della quale fu adepto a partire dal 1968.
Prese anche posizioni di natura sempre pi esplicitamente politica, a favore dell'inte-
grazione razziale, che culminarono nella sua celebre candidatura alle elezioni presi-
denziali americane, nel 1964. Inoltre, nel 1960 ingaggi nella sua band il pianista e ar-
rangiatore Lalo Schifrin, che aveva conosciuto durante la tourne argentina del 1956.

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77
ROBERTO POLILLO
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Gillespiana organizzato in cinque movimenti (Prelude, Blues, Panamericana,


Africana, Toccata) che raffigurano altrettante facce del Dizzy musicista; concepito
come un concerto grosso in jazz, con un combo (Gillespie stesso, Schifrin, Leo Wright e
Art Davis) contrapposto all'orchestra

LALO SCHIFRIN
Schifrin entr come pianista nella working band di Dizzy, ma scrisse per lui anche
una lunga suite orchestrale intitolata Gillespiana (Verve, 1960), della durata di qua-
ranta minuti, che divenne un pezzo forte delle sue esibizioni dal vivo. Gillespiana
organizzato in cinque movimenti (Prelude, Blues, Panamericana, Africana, Toccata)
che raffigurano altrettante facce del Dizzy musicista; concepito come un concer-
to grosso in jazz, con un combo (Gillespie stesso, Schifrin, Leo Wright e Art Davis)
contrapposto all'orchestra. Due anni dopo, Schifrin e Gillespie realizzarono un'al-
tra suite, dal titolo The New Continent (Mercury, 1962), con una big band che com-
prendeva, fra gli altri, Conte Candoli, Frank Rosolino, Red Callender, Phil Woods e
James Moody, sotto la direzione di Benny Carter. Gillespie era di nuovo in piena for-
ma, come testimoniato dalle numerose registrazioni che lo colgono live, ad esem-
pio An Electrifying Evening (Verve, 1961), nella quale si pu ascoltare il suo brano
Kush, che egli stesso defin un poema sinfonico dai ritmi africani. Sfortunatamen-
te per Dizzy e per il jazz, Schifrin intraprese una fiorente carriera di compositore ad
Hollywood e abbandon presto la band.
JIM MARSHALL

DIZZY GILLESPIE E LALO SCHIFRIN

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WILLIAM P. GOTTLIEB
THE HAT E THE
HOLE
DIZZY E I CARTONI ANIMATI

Fra le tante attivit di Dizzy, si an-


noverano addirittura due esperienze
come doppiatore di cartoni anima-
ti. Entrambi i filmati erano prodotti
da John e Faith Hubley, una coppia
di amici che dirigevano uno studio
di animazione, chiamata Storybo-
ard Studios. John (1914-1977) ave-
va lavorato prima per la Disney, poi
per la UPA, dove cre il personag-
gio di Mr. Magoo; sua moglie Faith
(1924-2001) cominci a lavorare per
la Columbia, quindi si un al marito
fino alla morte di lui, per poi pro-
DUKE ELLINGTON seguire la sua carriera fino a fine
anni Novanta. Le produzioni degli
Hubley adottavano spesso uno sti-
le sperimentale, dal punto di vista
sia della narrazione sia del disegno.
BAH'I
Il primo cartone che coinvolse Dizzy
Fra i dischi di questo periodo, va ricordato un omaggio a Ellington (Portrait Of Duke fu The Hole (1962), nel quale Dizzy
Ellington, Mercury, 1960), arrangiato e diretto da Clare Fischer; per inciso, nel 1959 e l'attore George Mathews danno
Dizzy aveva fatto un'apparizione come ospite nel disco di Ellington Jazz Party (Co- voce a due operai che lavorano sul
lumbia). Godibilissimo anche Jambo Caribe (Limelight, 1964), nel quale Gillespie fondo di una buca. Per circa dieci
minuti, i due improvvisano un dia-
si dedica all'esplorazione di ritmi caraibici con una band che comprende il vecchio
logo che tratta ironicamente il tema
amico James Moody al sax e flauto e un ventunenne Kenny Barron al pianoforte. Nel della politica mondiale, in particolare
1967, incontr due artisti apparentemente lontanissimi dal suo stile, Chick Corea ed per quanto riguarda il rischio delle
Elvin Jones, con i quali incise Live At The Village Vanguard (Blue Note). armi nucleari, che allora era all'api-
A titolo di curiosit, si pu menzionare anche la sua apparizione in due cartoni ani- ce dell'attenzione da parte dell'opi-
nion pubblica. L'anno dopo, venne
mati a tema pacifista, dal titolo The Hat (1962) e The Hole (1964), nei quali prest la
prodotto un cortometraggio di cir-
voce a due personaggi. ca venti minuti, intitolato The Hat:
Alla fine del decennio, la sua conversione al bahaismo segn anche un cambiamento Is This War Necessary? I protago-
nel suo stile di vita. Negli anni precedenti, il trombettista aveva spesso ecceduto nel nisti sono due soldati che sorve-
bere: nell'autobiografia ci sono vari racconti al proposito, fra i quali quello di una not- gliano un confine, le cui voci sono
quella di Gillespie e del comico in-
te brava con il pianista Mike Longo, che culmin in un Dizzy in coma etilico, riporta-
glese Dudley Moore. The Hat ven-
to a casa con i vestiti stracciati e sanguinante per un morso assestatogli da una donna ne premiato al Festival di Venezia
durante una rissa. La religione aiut Gilespie a eliminare questi eccessi, se si esclude come miglior cartone animato (ma
uno strano episodio risalente al 1973, quando egli sub un attacco cardiaco per aver non vinse l'Oscar, come scrive Dizzy
bevuto un drink nel quale forse a sua insaputa erano state mescolate delle droghe. nell'autobiografia).

79
COVER STORY DIZZY GILLESPIE

Sempre nel 1971, va segnalato Giants (Perception) un disco che Gillespie


co-firm con la pianista Mary Lou Williams e il trombettista Bobby Hackett,
musicista quest'ultimo di solito legato al jazz tradizionale, che qui mostra una
sorprendente affinit con uno stile pi moderno

GIGANTI DEL JAZZ


Gli anni Settanta si aprirono con una nuova avventura: l'impresario George Wein
ebbe l'idea di organizzare un tour che avrebbe riunito i protagonisti della stagione
be bop, sotto il nome di Giants of Jazz. Il gruppo comprendeva Dizzy alla tromba,
Sonny Stitt al sassofono, Kai Winding al trombone, e una sezione ritmica composta DIZZY FOR
da Thelonious Monk, Al McKibbon e Art Blakey. La tourne part nel 1971 e si rive- PRESIDENT
l un successo superiore alle aspettative: a differenza di quanto avviene spesso con LA CANDIDATURA ALLE
ELEZIONI DEL 1964
queste all-star reunion, il sestetto dimostr un'autentica gioia di suonare, producen-
do musica fresca ed entusiasmante, senza conflitti di ego, che venne fissata in diverse
L'idea di candidare Dizzy Gille-
registrazioni dal vivo. L'esperimento fu ripetuto l'anno seguente, ma con minor suc-
spie come presidente alle elezioni
cesso, anche per via delle condizioni psichiche di Monk, che si stavano aggravando del 1964, nata all'inizio come uno
e che di l a poco lo avrebbero portato a chiudersi nel lungo silenzio che segn i suoi scherzo, assunse via via una rile-
ultimi anni di vita. vanza sempre maggiore. Dizzy pre-
Sempre nel 1971, va segnalato Giants (Perception) un disco che Gillespie co-fir- sent la candidatura al festival di
Monterey nel 1963, con lo slogan I
m con la pianista Mary Lou Williams e il trombettista Bobby Hackett, musicista
want to run for president, because
quest'ultimo di solito legato al jazz tradizionale, che qui mostra una sorprendente af- we need one! (Voglio candidar-
finit con uno stile pi moderno. mi a presidente, perch ce ne ser-
ve uno!). Jon Hendricks scrisse le
parole di un brano, sulla musica di
Salt Peanuts, che recitava: La tua
politica dev'essere una cosa con pi
groove / Vota Dizzy! Vota Dizzy! /
Perci prenditi un buon presiden-
te che abbia voglia di swingare /
Vota Dizzy! / Vota Dizzy!. Gillespie
pubblic persino una lista semise-
ria di candidati alle cariche gover-
native, con Max Roach alla Difesa,
Duke Ellington come segretario di
Stato, Miles Davis a capo della CIA,
Charles Mingus ministro della Pace
(visto che da solo non capace di
trovarla), Louis Armstrong allA-
gricoltura (sa tutto sulle pianta-
gioni), Malcolm X alla Giustizia ed
Ella Fitzgerald alle Politiche Sociali.
Ray Charles avrebbe avuto la dire-
zione della Biblioteca del Congres-
so, mentre il governatore del Mis-
sissippi Ross Barnett, noto razzista,
sarebbe stato nominato ambascia-
tore in Congo. Thelonious Monk, in
WILLIAM P. GOTTLIEB

qualit di Ambasciatore Plenipo-


tenziario Itinerante, sarebbe sta-
to inviato in una tourne quadrien-
nale in giro per il mondo.
Dizzy lasci poi cadere la sua can-
didatura e il 27 agosto 1964 venne
eletto presidente Lyndon Johnson,
che pochi mesi prima aveva firma-
to il Civil Rights Act, un provvedi-
mento che aboliva qualunque for-
ma di discriminazione razziale negli
MARY LOU WILLIAMS Stati Uniti.

80
I DISCHI PABLO
Nel corso degli anni Settanta, Dizzy torn in contatto con Norman Granz, che dopo
un periodo di auto-esilio nella sua ricca casa ginevrina era rientrato in attivit e ave-
va fondato una nuova casa discografica, la Pablo. Tra i numerosi dischi Pablo incisi da
Gillespie, si possono ricordare Big 4 (1974), con Joe Pass, Ray Brown e Mickey Ro-
ker; The Trumpet Kings Meet Joe Turner (1974), con Roy Eldridge, Harry Sweet
Edison e Clark Terry; Oscar Peterson And Dizzy Gilespie (1974); Afro-Cuban Jazz
Moods (1975), con il percussionista Machito; Bahiana (1975), dedicato al Brasile;
Free Ride (1977), una rimpatriata con Lalo Schifrin all'insegna della fusion; The
Gifted Ones (1977), in quartetto con Count Basie al pianoforte.

UNITED NATIONS ORCHESTRA


Dizzy cominci anche a fare da mentore a giovani colleghi, come i trombettisti John
Faddis, il cubano Arturo Sandoval e il brasiliano Claudio Roditi, il clarinettista Pa-
quito D'Rivera, il percussionista brasiliano Airto Moreira e sua moglie. Visit pi vol-
te Cuba e fu ricevuto con tutti gli onori dalla Casa Bianca. Nel 1979 usc la sua auto-
biografia, To be or not... To bop, co-firmata dal giornalista Al Fraser. Nel 1980 fece
un'apparizione al Muppets Show, cantando e suonando St. Louis Blues e Swing Low,
Sweet Cadillac. Si misur persino con la recitazione, comparendo nel film El invierno
en Lisboa (1991) di Jos Antonio Zorrilla, nella parte di un trombettista jazz di nome
Bill Swann.
Le sue idee musicali, alimentate anche dall'universalismo predicato dalla fede Bah'i,
tendevano sempre pi a una visione pan-americana, nella quale il jazz si fondeva con
tutte le musiche di origine africana nate nel Nuovo Continente. Una visione riassunta
dalla United Nations Orchestra, la formazione che fond nel 1989, nella quale milita-
rono musicisti come il pianista Danilo Prez, il trombonista Steve Turr e il percus-
sionista Giovanni Hidalgo. Tra i suoi ultimi dischi, un duo con Max Roach, registrato
dal vivo a Parigi (Max And Diz Paris 1989, A&M, 1989) e un omaggio a Charlie Par-
ker (To Bird With Love, Telarc, 1992).
Dizzy Gillespie si spense nella sua casa di Englewood Cliffs, New Jersey, il 6 gennaio
1993, all'et di settantacinque anni, per un cancro al pancreas. Nella sua autobiogra-
fia, aveva scritto: Quando respirer per l'ultima volta, sar un respiro di felicit. E
si pu star sicuri che cos sia avvenuto

81
INTERVISTA

ALBERTO TERRILE
Paolo
Silvestri
IL JAZZ APERTO A TUTTE LE STRADE

COMPOSITORE E ARRANGIATORE FRA I PI ATTIVI SULLA SCENA, PAOLO


SILVESTRI SPAZIA DAL JAZZ, ALLA MUSICA CLASSICA, AL CINEMA, AL TEATRO,
ALLA MUSICA LEGGERA, SEMPRE CON UNATTENZIONE PER IL SINCRETISMO E
LA MESCOLANZA DI LINGUAGGI DIVERSI. CI SIAMO FATTI RACCONTARE I SUOI
PROGETTI IN CORSO E LA SUA IDEA DI CHE COS, OGGI, IL JAZZ

DI SERGIO PASQUANDREA

ARRANGIATORE, COMPOSITORE
Io mi considero soprattutto un compositore. Arrangiatore una parola molto ambi-
gua. Un arrangiatore pu essere chi scrive una sezione di fiati o archi, ma nel jazz il la-
voro dellarrangiatore ha sempre avuto anche una valenza compositiva, perch opera una
reinvenzione di un brano, fino al punto che loriginale pu non essere pi riconoscibile.
E questa, in fondo, unoperazione antichissima: i corali di Bach, per esempio, sono fatti
esattamente in questo stesso modo.

UNIDEA DI MODERNIT
Da circa ventanni, ho indirizzato la mia scrittura verso lincontro fra il jazz e la musi-
ca colta europea. Ho avuto la fortuna di poter lavorare molto con le orchestre sinfoni-
che, che considero listituzione musicale pi importante che abbiamo in Italia. Secon-
do me proprio da l, cio dallincontro fra la musica colta e altre musiche, passa unidea
di modernit.
Trovo che in Italia si faccia fatica ad apprezzare il tipo di lavoro che sto facendo io. Forse
una delle ragioni che, nel mondo del jazz, limprovvisazione fin troppo mitizzata. C
questa mitologia delluomo solo al comando, del solista che sale sul palco e fa il suo nu-
mero, che secondo me ha fatto molti danni. Sia chiaro, io amo limprovvisazione, la pra-
tico e lho sempre praticata, ma non si pu pensare che il jazz si riduca soltanto allim-
provvisazione, perch non questa la sua storia. Se torniamo ai capostipiti nella storia
del jazz, troviamo un musicista come Duke Ellington, la cui specificit sta proprio nella
relazione tra scrittura e improvvisazione.
Nel jazz, la relazione tra scrittura e improvvisazione fondamentale, ma il termine
scrittura va inteso in senso ampio: gi scrittura quando si progetta un concerto, lo
si organizza. Non necessario che tutto sia scritto sul pentagramma.
INTERVISTA PAOLO SILVESTRI

PAOLO GALLETTA
IL TEATRO
Io mi sono formato come pianista classico. Ho un diploma di pianoforte in Conser-
vatorio, ma ho cominciato presto a studiare anche il jazz. Sono stato allievo di En-
rico Pieranunzi e ho frequentato i corsi di Siena Jazz. Poi ho studiato composizio-
ne con Sylvano Bussotti alla scuola di Fiesole. Per diversi anni ho lavorato come
pianista jazz e ho anche registrato un disco in piano solo (Picnic sulla luna, Abe-
at 2008. NdR), per la scrittura ormai ha preso il sopravvento e non ho pi il tem-
po per studiare lo strumento.
Ci tengo a dire che, nella mia formazione, stato fondamentale anche il rapporto
con il teatro, perch ho iniziato a lavorarci fin da quando avevo sedici anni. Sono
nato e cresciuto a Genova, che ha una delle scene teatrali pi ricche dItalia, e or-
mai da moltissimi anni ho una collaborazione con il regista Giorgio Gallione, pres-
so il Teatro dellArchivolto. Quello di Giorgio un teatro di narrazione, con una
grande attenzione per la letteratura e anche per la musica. Spesso rielabora te-
sti non nati originariamente per il teatro: ad esempio, di recente abbiamo lavora-
to su Gli sdraiati di Michele Serra, che diventato Father and Son, interpretato
da Claudio Bisio. Le musiche che scrivo per il teatro nascono sempre appositamen-
te per gli spettacoli: a volte sono registrate, ma altre volte sono anche eseguite dal
vivo, e in quel caso mi piace anche inserire giovani musicisti, perch insegnando in
Conservatorio ho loccasione di conoscerne molti.

84
Quando scrivo, riproduco sempre tutto con il computer, lo riascolto, taglio,
ricucio, elimino ci che mi annoia, ricostruisco dove ce n bisogno. Per me,
limportante che la musica abbia una sua drammaturgia interna, una sua logica
teatrale. Questo mi deriva anche dagli studi con Bussotti [...]

LA MUSICA DEVE FUNZIONARE


Il teatro stato una scuola importantissima per la mia attivit di compositore.
Quando scrivo, riproduco sempre tutto con il computer, lo riascolto, taglio, ricucio,
elimino ci che mi annoia, ricostruisco dove ce n bisogno. Per me, limportante
che la musica abbia una sua drammaturgia interna, una sua logica teatrale. Questo
mi deriva anche dagli studi con Bussotti, perch per lui il rapporto con il teatro era
fondamentale, tant vero che faceva anche il regista di opere.
La scuola pi importante stata quella degli attori comici: ad esempio ho lavora-
to molto con i Broncoviz, il gruppo di Maurizio Crozza, Carla Signoris, Ugo Di-
ghero, Marcello Cesena e Mauro Pirovano; ho anche scritto le musice per il loro
film Peggio di cos si muore, nel 1996. I comici hanno un rapporto con linvenzio-
ne estremamente legato allefficacia. Ho visto attori cambiare uno spettacolo per-
ch si sono resi conto che in quel momento non hanno preso esattamente le risate
nei punti in cui volevano che arrivassero. Si innamorano poco del loro materiale,
ma si innamorano della sua efficacia, quindi sono disposti a cambiarlo in qualun-
que momento. La costruzione, lo svolgersi del suo spettacolo molto basato su que-
sto rapporto diretto con lo spettatore. Ed lo stesso rapporto che ho io con la mu-
sica: penso sempre la forma in maniera drammaturgica, dallordine dei brani nella
scaletta, fino allo sviluppo interno di ogni brano. Tutto deve funzionare in rappor-
to allascoltatore.

PAOLO GALLETTA

85
INTERVISTA PAOLO SILVESTRI

In Italia purtroppo quasi impossibile tenere in piedi una big band jazz stabile,
e soprattutto portarla in tourne, perch i costi sono molto alti. Qualcuna ce n,
e infatti sono dellidea che andrebbero finanziate e sostenute, cos come si fa con
quelle sinfoniche, per dare una possibilit di sviluppo a questa musica

THE RIVER
Qualche tempo fa ho completato una suite di Ellington, intitolata The River,
che Duke aveva composto negli anni Settanta per un balletto. Era stata arrangia-
ta sinfonicamente da Ron Collier, un collaboratore di Ellington, che per aveva
lasciato fuori alcuni brani. Io ho arrangiato anche quelli, quindi adesso la suite
completa, cos come laveva pensata Duke. Da poco nata anche lidea di riarran-
giarla, in una versione pi moderna, con la big band della Civica Scuola di Jazz di
Milano, aggiungendovi anche gli assolo, che nelloriginale non ci sono. Si tratta
di una sorta di variazione al cubo: Ellington ha scritto questi brani per big band,
Ron Collier li ha riarrangiati per orchestra sinfonica, io li prendo, li completo e li
faccio tornare alla big band.

CANZONI E RITRATTI IN MUSICA


Ho in corso un progetto con unorchestra sinfonica, che sar eseguito per il festi-
val jazz di Torino, ma di cui non posso ancora annunciare il titolo. Si tratta di una
prosecuzione del lavoro che ho gi svolto per il festival negli anni scorsi, prima con
Rava on the Road, realizzato con lorchestra del Teatro Regio, e poi con Duke,
in cui cera Fabrizio Bosso.
Sempre con Fabrizio Bosso, a Umbria Jazz debutter un progetto dedicato al cen-
tenario di Dizzy Gillespie. Lo eseguir il mio ensemble insieme al quartetto di Fa-
brizio. Sar unesplorazione di tutta la carriera di Dizzy, con brani suoi e alcuni ori-
ginali, montati in una sequenza che per non sar solo un medley, ma avr un suo
senso narrativo.
Ho altri due progetti con Fabrizio Bosso (con il quale ho gi realizzato altri lavori
in passato, ad esempio Youve Changed [EMI, 2007], con unorchestra darchi).
Il primo progetto in corso un concerto per tromba e orchestra, che sto scrivendo
appositamente per lui. Vorrei che fosse una sorta di suo ritratto in musica, perch
per me la relazione con il solista fondamentale: quando scrivo, mi sento un po
come un regista, che ha a disposizione degli attori e deve trarre da loro il meglio.
Il secondo lavoro con Fabrizio lo sviluppo di un altro progetto, intitolato Me-
lodies, presentato nel 2015, dove cerano brani molto diversi, che spaziavano da
Sting a Celentano. Anche in questo nuovo lavoro ci saranno canzoni prese da un
repertorio internazionale, riarrangiate ed eseguite con una grande orchestra. En-
trambi i progetti passeranno nei teatri, nel corso del 2017.

LA MUSICA DEVE GIRARE


Io non ho una mia big band: lavoro con un mio ensemble, che per varia sempre,
secondo i progetti. In Italia purtroppo quasi impossibile tenere in piedi una big
band jazz stabile, e soprattutto portarla in tourne, perch i costi sono molto alti.
Qualcuna ce n, e infatti sono dellidea che andrebbero finanziate e sostenute, cos
come si fa con quelle sinfoniche, per dare una possibilit di sviluppo a questa mu-
sica. Quando realizzo un progetto, cerco di affidarlo a queste orchestre stabili, che
mi ospitano. Ci sono ad esempio lOrchestra Jazz della Sardegna, lOrchestra del
Mediterraneo, quella della Scuola Civica di Milano, la Colours Jazz Orchestra nel-
le Marche. Secondo me dovrebbero essere i programmi a girare, non le orchestre,
un po come accade nella musica classica.

86
PAOLO GALLETTA
NORMA IN JAZZ
Un altro progetto che ho in corso Norma in Jazz, una produzione realizza-
ta nel 2015 a Catania con lOrchestra Jazz del Mediterraneo. Labbiamo riese-
guita lestate scorsa a Berchidda, insieme allOrchestra Jazz della Sardegna, con
cui collaboro spesso. Ora stiamo incidendo il disco, che uscir probabilmente nel
2017. La richiesta iniziale era stata di scrivere genericamente arrangiamenti su
brani di Vincenzo Bellini, ma mi sono detto che forse era meglio realizzare qual-
cosa di pi unitario e lavorare sullopera intera, un po come fecero Miles Davis
e Gil Evans con Porgy and Bess. Per Norma, ho selezionato una serie di bra-
ni, in cui mantengo pi o meno lordine in cui appaiono nellopera, ma poi c an-
che un finale in cui le arie sono molto vicine, condensate. Il lavoro interamente
strumentale e il solista Paolo Fresu, che interpreta tutti i personaggi.

CONCERTO AZZURRO
in uscita anche Concerto azzurro, scritto per Stefano Bollani, che debutte-
r al Maggio Musicale Fiorentino. un concerto in tre movimenti, della dura-
ta di oltre mezzora. Dopo Firenze, andr alla Gewandhaus di Lipsia. Il diret-
tore l non sar io, ma Kristjan Jrvi (che, guarda caso, figlio di Neeme Jrvi,
colui che diresse e registr The River di Ellington!). Con Stefano ci cono-
sciamo da tanti anni, ho cominciato a collaborare con lui quando lavoravo con
Rava; insieme abbiamo realizzato diverse cose, tra cui Concertone (Label
Bleu, 2013), un progetto che ha avuto molto successo e di cui questo in qual-
che modo la prosecuzione.

87
INTERVISTA PAOLO SILVESTRI

ALBERTO TERRILE
ARGENTINA, PORTOGALLO (E OLTRE)
La mia attivit ha spesso riguardato musiche diverse dal jazz. Ad esempio ho
frequentato la musica argentina, insieme a Javier Girotto. Questanno cele-
breremo il decennale dalluscita di Concerto latino, un lavoro per sax e or-
chestra che ho scritto per lui nel 2007 e che adesso registreremo per celebra-
re lanniversario. Ho lavorato anche con Dulce Pontes, per un lavoro sul fado
che stato realizzato a Roma nel 2013, con lorchestra della Roma Sinfonietta.
A novembre 2016 uscito lultimo disco di Sergio Cammariere, intitolato Io,
dove ho scritto gli arrangiamenti che sono stati eseguiti da unorchestra dar-
chi insieme a Fabrizio Bosso, Amedeo Ariano e Luca Bulgarelli.

SINCRETISMI BRASILIANI
Un altro lavoro importante quello sulla musica brasiliana, che porto avanti
con Barbara Casini. Lei una grande esperta e mi ha introdotto in quel mon-
do, non solo alla bossa nova ma a tutta la ricca e complessa tradizione brasi-
liana. Insieme, negli anni abbiamo realizzato diversi progetti: Vento (Label
Bleu, 1999) con Enrico Rava, Uragano Elis (Via Veneto Jazz, 2004), Agora
t (Via Veneto Jazz, 2012) con lOrchestra Jazz della Sardegna. Sempre con
lOrchestra Jazz della Sardegna, realizzeremo una versione per big band di un
progetto che ho gi presentato con Barbara, dedicato a Edu Lobo. Il lavoro era
in origine sinfonico, ma stavolta lo arrangeremo per big band.
Nel 2014 abbiamo prodotto anche Sinkretismos de los Americas, che mi
stato commissionato dal conservatorio di Adria. Lidea era di realizzare qual-
cosa che avesse un valore sociale, contro il razzismo, quindi mi venuta lidea
di scrivere un Requiem felice per la morte del razzismo, dove ho ripercorso
un po tutta lAmerica, dallUruguay allArgentina ai Caraibi. Cerano lOrche-
stra Jazz della Sardegna, un coro, due solisti e Barbara Casini alla voce.

88
Sarebbe ora di capire che il jazz ormai un fenomeno mondiale e quindi,
quando si radica in Italia, non pu fare a meno di confrontarsi con quella
che stata la storia musicale dellItalia, con i suoi teatri dellopera, con la sua
tradizione legata alle orchestre sinfoniche

UNA NUOVA RELAZIONE


Sarebbe ora di capire che il jazz ormai un fenomeno mondiale e quindi, quan-
do si radica in Italia, non pu fare a meno di confrontarsi con quella che sta-
ta la storia musicale dellItalia, con i suoi teatri dellopera, con la sua tradizio-
ne legata alle orchestre sinfoniche. Bisogna costruire una nuova relazione. Io
cerco di farlo, sia in termini di linguaggio, sia in termini di rapporto con i mu-
sicisti. Devo dire che ho avuto difficolt, ho trovato chiusure sia da parte del-
la musica classica sia da parte del jazz, con i critici ma anche con i musicisti.
Ci sono ancora dei luoghi comuni, delle abitudini, delle convenzioni che van-
no superate.

IL JAZZ APERTO
Il jazz una musica aperta a tutte le strade, e il suo stesso nome ormai ri-
duttivo (in effetti, non piaceva nemmeno a Ellington). Si tratta, piuttosto, di
un modo moderno di osservare il mondo musicale. Il jazz per me rappresenta
un modo di essere e di fare: assorbire tutte le culture e trattarle nella manie-
ra meno accademica possibile. Trasformarle, essere sempre e comunque cre-
ativi. Io ammiro molto il mondo della musica classica, ma trovo nel jazz una
maggiore libert, una minore attenzione alla fedelt del testo, che mi permet-
te di mettere le mani su ogni tipo di materiali. Quando vado a toccare capola-
vori come la Norma di Bellini, mi sento un po sfacciato: ma, in fondo, fa par-
te del gioco!

ALBERTO TERRILE

STUDIO DI PAOLO SILVESTRI

89
INTERVISTA

SINFONIA
PER ESBJRN
EMPATIA
SONO PASSATI QUASI NOVE ANNI DA QUANDO, NEL GIUGNO DEL
2008, LA VITA DI ESBJRN SVENSSON FU STRONCATA, A SOLI
QUARANTAQUATTRO ANNI, IN UN INCIDENTE DURANTE UNIMMERSIONE
SUBACQUEA. ORA MAGNUS STRM E DAN BERGLUND, I SUOI
COMPAGNI NEL TRIO E.S.T., RENDONO OMAGGIO ALLA SUA MEMORIA
IN UN DISCO, INTITOLATO E.S.T. SYMPHONY, CHE VEDE LE SUE
COMPOSIZIONI ESEGUITE DALLA FILARMONICA REALE DI STOCCOLMA,
DIRETTA E ARRANGIATA DA HANS EK, INSIEME AD ALCUNI OSPITI
TINA AXELSSON

DI STUART NICHOLSON
C
entro di Stoccolma, un piovoso venerd mattina di giugno. Non freddo, ma non
nemmeno caldo, e gli impiegati, molti dei quali al riparo degli ombrelli, si affret-
tano per andare al lavoro. La grande, imponente Konserthuset, sede della Filar-
monica Reale di Stoccolma, sembra starsene in disparte rispetto al fiume di pedoni che le
corre accanto. Del resto, ha guardato la stessa scena ogni giorno fin da quando ha aperto i
battenti, nel 1926. Allinterno, i membri della Filarmonica si aggirano per il palcoscenico,
preparando gli strumenti e chiacchierando amabilmente per ingannare il tempo, finch il
direttore Hans Ek entra in scena. Nel giro di unora, lintera orchestra ha preso posto: file
di violini, viole e violoncelli, quattro contrabbassi, trombe, tromboni, corni francesi, oboi,
clarinetti, flauti, corni inglesi, unarpista, un timpanista, due percussionisti, una marim-
ba e un glockenspiel contribuiscono a un crescendo di suoni, con settantotto musicisti che
fanno i propri esercizi di riscaldamento.
una scena che si ripetuta nei decenni, mentre generazioni di orchestrali si preparava-
no a provare, eseguire o registrare qualche pietra miliare della tradizione classica occiden-
tale. Ma oggi diverso. Quando il copista distribuisce le parti ai musicisti, c un brusio di
curiosit per ci che andranno a suonare. Nei successivi due giorni, la Filarmonica Rea-
le di Stoccolma concretizzer lambizione di Esbjrn Svensson: far eseguire e registrare la
propria musica a unorchestra sinfonica.

IL TRIO
A fornire il sostegno ritmico allorchestra, nella seduta di registrazione, ci sono Magnus
strm e Dan Berglund, rispettivamente alla batteria e al contrabbasso. Membri storici
dellEsbjrn Svensson Trio o e.s.t., comera conosciuta la band , si sono incontrati in ca-
merino dopo il primo giorno di registrazioni, per scambiarsi le loro impressioni.
Mi sembrata meglio di quanto pensassi, afferma strm. Perch ci sono tanti musi-
cisti, se li guardi nellinsieme, quindi in un certo senso come se ci fosse una sola persona,
lorchestra: ci siamo Dan, io, lorchestra e i musicisti ospiti. come essere in una band,
questa stata la mia sensazione. Tutte le parti sono scritte benissimo. Davvero, una bel-
la sensazione, a lui sarebbe piaciuta. Poi si gira verso Dan Berglund e chiede: Ti ricordi
la nostra ultima prova con il trio?. Beh, s, certo, la risposta. Ricordi che alla fine di-
cemmo che alcuni pezzi suonavano orchestrali e che si potevano immaginare eseguiti da
unorchestra sinfonica?. S, risponde Berglund, e aggiunge: A Esbjrn piaceva lidea.
La prima volta che suonammo con il trio e gli archi fu nel 2003, Esbjrn scrisse tre arran-
giamenti e, mi pare, altri tre per il Jazz Baltica.

TRE METRI DI BACH


La storia delle ambizioni orchestrali di Esbjrn Svensson viene ripresa da Burkhard Hop-
per, che stato il manager degli e.s.t. Innanzi tutto, vorrei dire qualcosa su Esbjrn e la
musica classica. Mi ricordo una sua intervista per la rivista Jazzthing. Andavano in un ne-
gozio di dischi, facevano comprare i dischi jazz preferiti del musicista e poi glieli facevano
commentare: lui si diresse al reparto della musica classica e il giornalista stava per perde-
re le staffe! Esbjrn diceva: Guarda qua! Tre metri di Bach! Conosci un altro posto dove
hanno tre metri di un unico artista?. Era un musicista di formazione classica, sua madre
era una pianista classica, ascoltava musica classica in viaggio, Bach, Chopin. Nel 2003, Rai-
ner Haarmann (direttore del festival Jazz Baltica, NdR) gli chiese di fare qualcosa per il fe-
stival, ma non la loro normale esibizione, perch erano gi stati l per due volte di fila. Al-
lora disse: Abbiamo qui unorchestra da camera, quindici o sedici musicisti, perch non
realizziamo qualcosa con loro?. Esbjrn disse s, quindi lui e Dan si misero insieme a scri-
vere degli arrangiamenti per archi, uno dei quali, Dodge The Dodo, sar incluso in E.S.T.
Symphony. Lanno seguente ripetemmo il concerto a Istambul, e in quelloccasione Hans
Ek lavor con gli e.s.t. e diresse gli archi.

91
INTERVISTA PAT METHENY

BURKHARD HOPPER
HANS EK & ROYAL STOCKHOLM PHILHARMONIC ORCHESTRA

DALLA FANTASIA ALLA REALT


Dopo la tragica scomparsa di Esbjrn Svensson, il 14 giugno 2008, Hopper era deci-
so a realizzare il sogno del pianista di far registrare le proprie composizioni a unor-
chestra sinfonica. Gli otto anni successivi furono pieni di sforzi per trovare i fondi
necessari a trasformare E.S.T. Symphony in realt; o, come la racconta Hopper,
otto anni passati a bussare alle porte e chiedere soldi.
Alla fine li ho trovati: a Istanbul, dove Esbjrn aveva suonato nel 2004. Aveva-
no dei fondi per delle commissioni, avevo parlato con loro e qualche mese dopo mi
chiamarono per dirmi che, se volevo, il denaro cera. Allimprovviso tutto divenne
reale, da un momento allaltro: hai presente quando fantastichi su qualcosa, e allim-
provviso si avvera e... wow! Poi arriva la fase: Chi si prende la responsabilit di fare
qualcosa che renda giustizia a Esbjrn?. Cominciai ad andare in giro per chiedere
consigli a un sacco di gente e tutti continuavano a farmi il nome di Hans Ek. Lo co-
noscevo, ma non sapevo che fosse un arrangiatore cos rispettato. Il suo nome con-
tinuava a saltar fuori e a un certo punto dovevamo prendere una decisione. Cos sce-
gliemmo lui, avemmo parecchi incontri per renderlo consapevole dellimpresa in
cui si stava imbarcando.

ESBJRN LO VOLEVA
Hans Ek fu una scelta felice, perch si tratta di un musicista con pi di venticinque
anni di esperienza come compositore e arrangiatore, che spesso ha accostato la mu-
sica classica al jazz, al folk e al pop. Prima che mi chiedessero di partecipare a que-
sto progetto, conoscevo gi Esbjrn, Magnus e Dan, ovviamente, racconta Ek. Io e
Dan avevamo studiato insieme, nei primi anni Ottanta, al Royal College of Music qui
a Stoccolma, perci ci conoscevamo. E avevo lavorato per Esbjrn, scrivendo un ar-
rangiamento per una qualche occasione in cui si esibiva, e poi cera stato un concer-
to a Istanbul con gli e.s.t. e unorchestra darchi. So che durante la loro ultima prova
ne avevano parlato, di fare qualcosa del genere, quindi quando mi fecero la propo-
sta non era unidea completamente nuova per me. Ma, dallaltra parte, sentivo una
grossa responsabilit nei confronti di tutto il progetto. possibile suonare la musi-
ca degli e.s.t. senza Esbjrn? Si pu fare? Tutti avevano la sensazione che, innanzi
tutto, fosse qualcosa che si doveva fare. Anchio sapevo che Esbjrn voleva realizza-
re questo progetto, non era unidea che veniva da fuori, era unidea sua, voleva che
la sua musica fosse eseguita da unorchestra. E quindi....

92
Ovviamente non lo [Esbjrn Svensson] si pu sostituire, ma ho cercato di
trasferire [dai dischi] alcune caratteristiche del suo stile, e anche alcuni dei suoi
assolo. Quindi, il ruolo dellorchestra sia quello di essere unorchestra, sia
quello di essere un membro della band

LORCHESTRA E IL SOLISTA
Trasporre una musica, eseguita in origine da un trio con pianoforte, nella cornice
pi vasta di unorchestra sinfonica era una sfida non da poco, soprattutto dal mo-
mento che a Ek venne chiesto di produrre abbastanza musica per due tempi da qua-
rantacinque minuti ciascuno: la prima e la seconda parte di un concerto. Quali sono
le linee principali che hanno guidato il suo approccio?
Da una parte, ho cercato di ottenere un suono orchestrale molto trasparente, rac-
conta. Poi, a volte il trio usava lelettronica per creare certe atmosfere e in alcu-
ni punti ho cercato di trasferire lelettronica allorchestra: un po come uno sfon-
do, uno strato attorno a cose che potrebbero essere un po ambient. Poi si trattava di
trovare un posto per lorchestra allinterno del progetto: qual il ruolo dellorche-
stra? Ho pensato che fosse quello che c nella composizione, ad esempio le atmo-
sfere o roba del genere, ma anche quello di Esbjrn. Ovviamente non lo si pu so-
E.S.T. SYMPHONY
stituire, ma ho cercato di trasferire [dai dischi] alcune caratteristiche del suo stile, Da sinistra: Hans Ek, Magnus
e anche alcuni dei suoi assolo. Quindi, il ruolo dellorchestra sia quello di essere strm, Iiro Rantala, Dan Berglund,
Verneri Pohjola, Marius Neset, Johan
unorchestra, sia quello di essere un membro della band. Lindstrm

BURKHARD HOPPER

93
INTERVISTA PAT METHENY

Ciascuno dei solisti mostra grande empatia con la musica che ha a


disposizione e trova una propria voce allinterno del contesto compositivo,
che non ne altera il significato, ma piuttosto fa dellimprovvisazione un
prosieguo dellatmosfera e del clima emotivo di ogni brano

IMPROVVISARE CON LORCHESTRA


Ek un arrangiatore ingegnoso e pieno di risorse, che con una gran variet di tocchi
inventivi mantiene la musica fresca, vitale e viva. In When God Created The Coffee-
break, ho arrangiato una lunga improvvisazione libera di Esbjrn, trascrivendola da
Live In Hamburg (ACT, 2007), e lho messa proprio nel mezzo del brano, prima
dellassolo di pianoforte eseguito da Iiro Rantala. In questo modo, come se ci fos-
se lorchestra a suonare, poi saluti da Esbjrn, e infine arriva il normale assolo di
pianoforte. Il brano e.s.t. Prelude basato su unimprovvisazione libera di Esbjrn,
trascritta e arrangiata per orchstra: Dan e Magnus suonano dentro questassolo,
proprio allinizio del brano. Anche in Tuesday Wonderland (ACT, 2006) c al-
tro materiale che viene da Live In Hamburg: una specie di improvvisazione col-
lettiva che ho cercato di trascrivere per lintera orchestra. Gli e.s.t. hanno un suono
molto caratteristico, che ho cercato di catturare, piuttosto che metterci dentro un
qualche suono da big band, o roba del genere. pi unatmosfera impressionisti-
ca, centrata attorno alle loro qualit cameristiche: inoltre, quando ci sono gli assolo,
volevamo che fossero comunque liberi in questo contesto sinfonico, perch diffi-
cile lavorare con limprovvisazione in unorchestra sinfonica, e farla sembrare viva
e suonare spontanea.

DIVERSE VOCI
Una volta completate le composizioni per E.S.T. Symphony, nel 2013, venne fis-
sata una data, il 12 giugno dello stesso anno, per la prima al Konserthuset di Stoc-
colma. Ce ne furono altre alla Congress Hall Merkesi di Istanbul, per lente che ave-
va commissionato il lavoro, e al North Sea Jazz Festival di Rotterdam. In ciascuna
occasione vennero usati ospiti diversi, come successe anche in altri undici concer-
ti prima della registrazione, ai quali parteciparono pianisti come Iiro Rantala, Jacky
Terrasson, Yaron Herman, Martin Tingvall, Michael Wollny e Helge Lien, oltre ai
sassofonisti Marius Neset, Joakim Milder, Yuri Honing e altri. Dato che non vo-
levamo ununica persona che rimpiazzasse Esbjrn, ci andava bene avere ospiti di
versi, secondo me, dice Dan Berglund. Volevamo continuare a suonare con per-
sone diverse. Penso sia importante anche per noi.
Per la sessione di registrazione, sono stati invitati diversi solisti, che hanno forma-
to una squadra scandinava, con il virtuoso finlandese Iiro Rantala al pianoforte, il
trombettista finlandese Verneri Pohjola, lo svedese Marius Neset, lastro ascente
del sax, e il chitarrista svedese Johan Lindstrm. Alcune parti le ho lasciate com-
pletamente aperte per i solisti, aggiunge Ek. Ho anche inserito alcuni segnali: in
alcuni punti eravamo daccordo con il solista che, quando stava per finire, costruis-
se qualcosa che puntava una certa direzione prestabilita. Ciascuno dei solisti mo-
stra grande empatia con la musica che ha a disposizione e trova una propria voce
allinterno del contesto compositivo, che non ne altera il significato, ma piuttosto fa
dellimprovvisazione un prosieguo dellatmosfera e del clima emotivo di ogni bra-
no. Non volevamo persone ambiziose, che si mettessero a fare le proprie cose al di
sopra dellinsieme, spiega. Bisogna avere molto buon gusto per rendere omaggio
a Esbjrn, e allo stesso tempo introdurvi il proprio stile.

94
TINA AXELSSON
E.S.T. SYMPHONY

E.S.T. SYMPHONY
ACT, 2016

Dan Berglund (cb); Magnus strm (batt); Verneri Pohjola (tr);


Marius Neset (ten); Iiro Rantala (pf); Johan Lindstrm (ch); Royal
Stockholm Philharmonic Orchestra; Hans Ek (dir, arr)

Esbjrn Svensson avrebbe brama-


to di sentire la sua musica eseguita
da unorchestra sinfonica. Purtroppo,
HANS EK, MAGNUS STRM, DAN BERGLUND
non successo. Ma questambizio-
ne ha ora una realizzazione postu-
ma grazie ai suoi colleghi delle.s.t.,
LHA DETTO KEITH JARRETT Dan Berglund e Magnus strm, e
E.S.T. Symphony un tributo appropriato a un musicista che ha rivoluzionato il al produttore della band Burkhard
jazz allinizio del nuovo millennio e la cui influenza si avverte ancora in una quanti- Hopper. stato Hans Ek ad arrangia-
t di pianisti e strumentisti che sono emersi nel frattempo. Gli e.s.t. sono stati cam- re e adattare la musica di Svensson
pioni di vendite fra i gruppi jazz nel primo decennio del Ventunesimo Secolo, ven- per orchestra sinfonica, riuscendo
dendo oltre un milione di dischi, ma forse fin troppo facile dimenticare ci che a catturare quegli elementi coinvol-
questo grande trio ha compiuto, poich tutto successo troppo in fretta. Hopper, genti del suo stile, che facevano pre-
che in qualit di manager, ha accompagnato la band nella sua ascesa a superstar del sa sia sugli appassionati di jazz, sia
jazz, sottolinea che molti si accorsero di loro soltanto fra il 2002 e il 2003, e cin- sui profani. Ek persino riuscito a
que anni dopo Esbjrn era morto: in un certo senso, stato sottovalutato. Quello che evocare il raffinato uso dellelettro-
la gente non sa che nel loro ultimo anno di esistenza tennero trentadue concer- nica che a volte Svensson adope-
ti negli Stati Uniti. Ora, nominami unaltra band europea che pu tenere anche solo rava. Nel 2003, lo stesso Svensson
tre concerti negli Stati Uniti! Durante lultimo tour europeo, suonammo due vol- aveva scritto tre arrangiamenti, e al-
te a Londra, entrambe al Barbican, con 3600 biglietti: ora, nominami un altro grup- tri tre ne aveva realizzati Berglund,
po jazz che riesca a vendere 3600 biglietti a Londra. Questo ti fa capire quanto fos- per un progetto con sedici archi al
sero bravi. Jazz Baltica: uno degli arrangiamenti
Si tende a sottovalutare un po ci che hanno fatto gli e.s.t., prosegue Hopper. di Svensson, quello per Dodge The
Ma Keith Jarrett non li sottovalutava, anzi disse al suo promoter giapponese, To- Dodo, inserito qui. In When God
shinari Koinuma, di tenere docchio Esbjrn Svensson e portarlo in Giappone. Una Created The Coffeebreak, Ek ha inse-
raccomandazione di Keith Jarrett! Una cosa che tutti sanno che sono stati il pri- rito un assolo di Svensson, trascritto
mo, e finora lunico, gruppo europeo ad apparire sulla copertina di DownBeat, e si per orchestra dal disco Live In Ham-
sa che gli americani non mettono altri che i loro musicisti su quella copertina! In burg. Il brano e.s.t. Prelude contie-
realt dovevamo rifiutare richieste di concerti perch Esbjrn non voleva stare in ne unaltra orchestrazione di un as-
giro pi di cento giorni allanno: cio solo un terzo del tempo... La cosa particolare solo di Svensson, che ti conquista
di Esbjrn, quella che lo rendeva cos speciale, che lasciava dello spazio in ci che fin dalla prima nota. (SN)
faceva, e questo piace al pubblico. Solo i grandi ne sono capaci. Quindi, sai, per me
e.s.t. Prelude / From Gagarins Point Of View / When God Created
produrre questo disco mettere insieme il denaro, organizzare tutto stato come The Coffeebreak / Seven Days Of Falling / Wonderland Suite / Se-
realizzare quello che era il suo obiettivo nella vita renade For The Renegade / Dodge The Dodo / Eighthundred Stre-
ets By Feet / Viaticum Suite / Behind The Yashmak

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CD STORY ORCHESTRA JAZZ PARTHENOPEA DI PINO JODICE E GIULIANA SOSCIA

EMANUELE VERGARI
Orchestra Jazz
Parthenopea
di Pino Jodice e
Giuliana Soscia
featuring Paolo Fresu
MEGARIDE

L'ORCHESTRA JAZZ PARTHENOPEA NATA DALLA COLLABORAZIONE


TRA IL PIANISTA PINO JODICE E LA FISARMONICISTA GIULIANA
SOSCIA. LA FORMAZIONE, CHE RACCOGLIE VENTI MUSICISTI
NAPOLETANI, ESORDISCE CON IL PROGETTO MEGARIDE, CHE
FONDE IL JAZZ CON LE SONORIT DEL MEDITERRANEO

DI SERGIO PASQUANDREA

Potete raccontarci come e quando nata questa orchestra e quale idea c'
dietro? Come avete selezionato i musicisti?
Pino Jodice / Pur vivendo a Roma da tanti anni, il legame artistico con Napoli per
me non si mai interrotto e ho sempre desiderato formare unorchestra costi-
tuita da musicisti partenopei. Lidea, quindi, maturata nel 2014 insieme a Giu-
liana, attraverso lincontro casuale con Enzo Amazio, chitarrista dellorchestra.
Giuliana Soscia / Pur essendo latinense di origine, il mio cognome, invece, na-
poletano per cui mi piaciuta molto lidea di Pino e lho sposata in pieno! Credo
che Napoli abbia delle grandi potenzialit artistiche dovute alla sua storia, com-
mistione di diverse culture. Partendo da questa idea, abbiamo selezionato alcu-
ni tra i migliori jazzisti campani, per la precisione venti musicisti tra i pi appas-
sionati e soprattutto vicini ai nostri ideali: costituire un organico solido e pronto
a condividere questa nostra avventura.
CD STORY ORCHESTRA JAZZ PARTHENOPEA DI PINO JODICE E GIULIANA SOSCIA

Uno dei musicisti pi influenti tra i grandi capiscuola del jazz moderno proprio Joe
Zawinul e lomaggio riferito a lui e alla sua scrittura innovativa. Il fatto che il titolo
coincidesse con il luogo della registrazione, avvenuta dal vivo il 22 giugno scorso, ha
reso questo omaggio ancora pi pertinente

I brani del disco attingono ad almeno tre grandi filoni: il jazz, la musica classi-
ca e la tradizione popolare italiana. Come avete lavorato per fonderli insieme e
quali sono secondo voi (se ci sono) i punti di contatto? In particolare, come ave-
te lavorato per integrare i materiali popolari in un ambito jazz?
PJ-GS / La nostra preparazione di base proviene dalla musica classica. Siamo en-
trambi pianisti classici, con una formazione accademica, quindi non stato diffici-
le costruire unalchimia avvincente e affascinante tra le diverse strutture musica-
li, solo apparentemente e culturalmente distanti. Abbiamo lavorato soprattutto sui
temi, ispirati e originati dalla nostra formazione, per renderli jazzistici, elaborandoli
ritmicamente e armonicamente. La melodia, lorchestrazione e il rispetto della tradi-
zione sono, secondo noi, i punti di contatto delle diverse matrici culturali. La padro-
nanza delle tecniche compositive ci permette di integrare e far interagire materia-
le di origini diverse.

Il brano finale, Volcano For Hire dei Weather Report, l'ho letto come un omag-
gio a un gruppo che, fra i primi, ha operato una fusione fra il jazz e le tradizioni
di tutto il mondo. un'interpretazione corretta?
PJ-GS / Uno dei musicisti pi influenti tra i grandi capiscuola del jazz moderno
proprio Joe Zawinul e lomaggio riferito a lui e alla sua scrittura innovativa. Il fatto
che il titolo coincidesse con il luogo della registrazione, avvenuta dal vivo il 22 giu-
gno scorso, ha reso questo omaggio ancora pi pertinente. Infatti Volcano For Hire
(vulcano in affitto) sintetizza il nostro evento, realizzato nel Vulcano Solfatara di
Pozzuoli in occasione del Pozzuoli Jazz Festival, grazie ai bravissimi organizzatori
dellassociazione JA&CO (Jazz & Conversation): Maurizio Magnetta, Antimo Cive-
ro, Antonio Vanore e Angelo Pesce.

Allo stesso modo, Pino Daniele ha operato nel pop e nella musica leggera, ar-
ricchendoli con il blues, il jazz e la musica etnica. Com' nata l'idea di riarran-
giare Chi tene 'o mare?
PJ / Larrangiamento di questa meravigliosa ballad di Pino Daniele risale al 2002.
Nato per orchestra ritmico-sinfonica e scritto per il concorso internazionale di ar-
rangiamento per orchestra di Andria, vinse il primo premio. Pino Daniele, pi di ogni
altro cantautore, vicino al jazz per la sua storia e per le sue collaborazioni con musi-
cisti jazz di altissimo livello come Wayne Shorter, Pat Metheny, Chick Corea. Da na-
poletano doc, non potevo esimermi dallomaggiarlo. Inoltre, proprio questa incisio-
ne ha ricevuto il Riconoscimento di Eccellenza Certificata dalla Pino Daniele Trust
Onlus e questo ci onora profondamente.

Com' nata la collaborazione con Paolo Fresu? In che modo avete sfruttato la
sua voce strumentale all'interno dellorchestra?
GS / Lincontro con Paolo Fresu avvenuto in occasione del grande concerto Il
jazz italiano per LAquila nel 2015, con lesecuzione del brano Inno alla vita, ripre-
so per intero nello speciale che and in onda su RAI 5. La Sardegna stata, per me e
Pino, oggetto di ispirazione dal punto di vista compositivo: essendo il Mediterraneo
il punto di riferimento del progetto Megaride, non poteva esserci migliore interprete
di colui che rappresenta questa terra straordinaria, jazzisticamente parlando. Le at-
mosfere hanno aiutato a introdurre e ispirare Paolo, attraverso un magico interplay
con lorchestra e unempatia con la nostra scrittura.

98
Napoli muove da sempre la mia ispirazione dal punto di vista compositivo e affettivo.
stata e sar sempre crocevia di incontri e di culture diverse, dalle quali nascono nuove
musiche, creazioni incredibili e modelli importanti di socializzazione e integrazione.
proprio questa lidea culturale di riscatto che ci ha spinto a costruire questo progetto

ENZO BUONO
ORCHESTRA JAZZ PARTHENOPEA
Come gestite la direzione dell'orchestra e come vi dividete il lavoro? DI PINO JODICE E GIULIANA SOSCIA
GS / Semplicemente, ognuno di noi dirige i brani che scrive e arrangia. Quindi, in Il disco "Megaride" stato registrato
dal vivo il 22 giugno 2016 nel
prova, ognuno di noi cura il proprio brano, naturalmente senza interferire nel lavo- Vulcano Solfatara di Pozzuoli (Na) in
ro dellaltro e passando dal ruolo di direttore a quello di strumentista. C sempre il occasione del Pozzuoli Jazz Festivali.
Special guest dell'evento, Paolo Fresu
rispetto dei ruoli, regola necessaria per unorchestra. Poi ci sono le affinit musicali
e la collaborazione che ci legava gi da molti anni, tramite il Giuliana Soscia & Pino
Jodice Quartet/Duet, con lavori discografici, concerti in tutto il mondo e vari proget-
ti, che hanno fatto di noi un duo molto affiatato.

Napoli sempre stata, per secoli, un punto di incrocio fra culture diverse: il
Mediterraneo, l'Oriente, la Spagna, l'Europa. La musica pu essere un'occasio-
ne di riscatto da tanti stereotipi che ancor oggi la affliggono?
PJ / Napoli muove da sempre la mia ispirazione dal punto di vista compositivo e af-
fettivo. stata e sar sempre crocevia di incontri e di culture diverse, dalle quali na-
scono nuove musiche, creazioni incredibili e modelli importanti di socializzazione
e integrazione. proprio questa lidea culturale di riscatto che ci ha spinto a co-
struire questo progetto, che valorizza il materiale umano e artistico che da sempre
distingue nel mondo Napoli: quella che ho lasciato circa venticinque anni or sono e
quella che ho ritrovato negli ultimi anni, attraverso la costituzione di questa mera-
vigliosa orchestra

99
CD STORY ORCHESTRA JAZZ PARTHENOPEA DI PINO JODICE E GIULIANA SOSCIA

Introduzione
allascolto
DI PINO JODICE, GIULIANA SOSCIA

01 Feste popolari - Sardegna

Questa composizione originale un omag-


l'Orchestra Jazz Parthenopea avvenuta in
un'occasione davvero speciale con il gran con-
certo Il jazz italiano per L'Aquila, il 4 settem-
artistica, atte a valorizzare il patrimonio cul-
turale di un artista che rappresenta intere ge-
nerazioni. Il brano interpretato dal grande
gio alla Sardegna ed costruita in forma di bre 2015, andato in onda su RAI 5. I soli sono af- percussionista e vocalist Giovanni Imparato.
suite proprio per sonorizzare le straordina- fidati alla creativit e raffinatezza di Giuliana Un'esecuzione commovente, intrisa di emozio-
rie immagini di alcune tra le feste popolari pi Soscia alla fisarmonica e a Paolo Fresu. La va- ne, passione, espressivit e classe evidente in
importanti della tradizione di questa terra me- lorizzazione della melodia avviene attraverso tutti i solisti. (PJ)
ravigliosa. Il brano inizia con un tema maesto- alcuni background non invasivi e ispirati. Sono
so e descrive la corsa equestre della Sartiglia. utilizzati, infatti, nei brass tutti flicorni che
Il tempo dispari del secondo movimento (7/8)
rievoca il Carnevale Barbaricino, in una sorta
di danza, la camminata tribale dei famosi Ma-
combinati con i tromboni producono una sono-
rit avvolgente e vellutata molto singolare. (PJ) 06 Variazioni / Sonata per luna crescente

un brano nato da una precedente versione


mutones. Il terzo movimento, il Lunissanti ca- per fisarmonica e pianoforte, che ha dato il tito-
stellanese, descrive una manifestazione popo-
lare che affonda le radici nel Medioevo e nelle
sacre rappresentazioni. La chiusura affidata a
04 Lu scottis

un brano nato da una cellula melodica di un


lo allalbum del 2014 Sonata per luna crescen-
te del Giuliana Soscia & Pino Jodice Duet. Da
un organico ridotto ne stata creata una versio-
tutta l'orchestra che accompagna la cammina- canto sardo, immaginando una danza arri- ne per orchestra, aggiungendo una prima par-
ta sinuosa e danzante de I candelieri in stile vata dalla lontana Scozia via mare nella notte te, Variazioni, che si apre con un ritmo di 7/4 e
stravinskiano. Virtuosistico per i musicisti, in dei tempi. Scoprendo che esiste realmente una lesposizione di un primo tema lento che intro-
particolare per brass e sassofoni. (PJ) danza folkloristica sarda intitolata Lu scottis, duce Sonata per luna crescente concepito con un
ho quindi creato un brano in cui viene inseri- anomalo ritmo in 13/4. C unispirazione alla
to un ritmo di tammurriata partenopea, uno forma sonata classica e beethoveniana, de-

02 Duru Duru Song

Il duru duru un canto antico sardo, i primi te-


dei ritmi di danza pi potenti e ancestrali, le-
gato al movimento incontenibile del corpo. Ho
immaginato una musica senza barriere, pie-
dicata al pianoforte e alle mie origini musicali.
Ho quindi affidato il solo piano a Pino Jodice,
che riesce in pieno e magistralmente a sintetiz-
sti, infatti, sono stati ritrovati nell'Ottocento na di contaminazioni, proprio com avvenu- zare il carattere del brano. (GS)
e la registrazione di apertura del brano con la to nel nostro Mediterraneo in millenni di mi-
voce di donna che canta questa filastrocca ri- grazioni di etnie e culture. Dopo lesposizione
sale alla fine degli anni Cinquanta. Il significa-
to del testo andato perduto ma, come afferma
Curt Sachs, non importante capire il testo
del tema, non potevo non affidare il solo a Pa-
olo Fresu che tramite lelettronica, si immer-
so immediatamente nel carattere del brano fa-
07 Volcano For Hire

Ci che ha reso davvero speciale questo even-


ma importante il fatto di cantare e ballare. cendo risuonare gli echi della sua amata terra: to, oltre alla felice performance, la sua loca-
La mia composizione stata quindi sviluppata la Sardegna. (GS) tion: il Vulcano Solfatara di Pozzuoli in occa-
come una danza in 7/4 e il solo affidato allo- sione del Pozzuoli Jazz Festival. Non poteva
spite. Sono state usate tecniche contrappunti- essere meno pertinente il brano in questione, il
stiche a quattro voci nel tema apparentemen-
te semplice. (PJ) 05 Chi tene o mare

Una delle canzoni pi affascinanti e ispirate di


cui titolo si traduce con "vulcano in noleggio":
proprio quello che stato fatto. Un concerto
in una magica postazione con il magma attivo a
Pino Daniele. Nessuno nel panorama cantauto- circa 2000 metri dal palco... non molto rassicu-

03 Inno alla vita

Questa composizione di Paolo Fresu stata de-


ristico italiano stato cos vicino al jazz quanto
lui. Molte le sue collaborazioni, infatti, con jaz-
zisti di chiara fama, da Pat Metheny a Wayne
rante ma emozionante. Joe Zawinul un altro
di quei musicisti che accompagna la vita arti-
stica dei musicisti di jazz. Il mio arrangiamen-
dicata dall'autore al proprio figlio nel momen- Shorter. L'evento straordinario che questo ar- to una trascrizione per orchestra jazz di un
to della nascita e gi dalle prime note si evin- rangiamento ha ricevuto il prestigioso Ricono- brano virtuosistico che simula le variegate so-
ce tutta la sua dolcezza. L'orchestrazione risale scimento di Eccellenza Certificato proprio dal- norit elettroniche, del mitico tastierista e lea-
a qualche anno fa ed una prima registrazio- la Pino Daniele Trust Onlus, rilasciato solo alle der dei Weather Report, con i suoni veri dell'or-
ne per orchestra jazz. La prima esecuzione con produzioni di particolare importanza e qualit chestra. (PJ)

100
Orchestra Jazz
Parthenopea
di Pino Jodice e
Giuliana Soscia
featuring Paolo Fresu
MEGARIDE

TRACKLIST
01. FESTE POPOLARI - SARDEGNA (G. Iodice) GIOVANNI IMPARATO PERCUSSIONI, VOCE
02. DURU DURU SONG (G. Iodice) DOMENICO GUASTAFIERRO FLAUTO
03. INNO ALLA VITA (P. Fresu, arr. P. Jodice) LUCIANO BELLICO 1 SAX ALTO
04. LU SCOTTIS (G. Soscia) CLAUDIO CARDITO 2 SAX ALTO
05. CHI TENE O MARE (P. Daniele, arr. P. Jodice) GIANLUCA VIGLIAR 1 SAX TENORE
06. VARIAZIONI / SONATA PER LUNA CRESCENTE (G. Soscia) VALERIO VIRZO 2 SAX TENORE
07. VOLCANO FOR HIRE (J. Zawinul, arr. P. Jodice) NICOLA RANDO SAX BARITONO
GIANFRANCO CAMPAGNOLI 1 TROMBA
LORENZO FEDERICI 2 TROMBA
FABIO RENZULLO 3 TROMBA
PINO MELFI 4 TROMBA
LINEUP UMBERTO PAUDICE 5 TROMBA
ALESSANDRO TEDESCI 1 TROMBONE
PINO JODICE DIREZIONE (#1, 2, 3, 5, 7) FRANCESCO IZZO 2 TROMBONE
PIANOFORTE, COMPOSIZIONI, ARRANGIAMENTI PASQUALE MOSCA 3 TROMBONE
GIULIANA SOSCIA DIREZIONE (#4, 6) MICHELANGELO GRISI TROMBONE BASSO
FISARMONICA, COMPOSIZIONI, ARRANGIAMENTI ALEXANDRE CERD BELDA TUBA
ENZO AMAZIO CHITARRA
SPECIAL GUEST MARCO DE TILLA CONTRABBASSO, BASSO ELETTRICO
PAOLO FRESU TROMBA, FLICORNO, LIVE ELECTRONICS PIETRO JODICE BATTERIA

101
JEAN-PIERRE LELOIR
JEAN-PIERRE LELOIR
Jean-Pierre Leloir
LOCCHIO DEL JAZZ
PER PI DI QUARANTANNI, IL FOTOGRAFO JEAN-PIERRE LELOIR SI
DEDIC A RITRARRE I TANTI MUSICISTI JAZZ CHE VISITAVANO LA
FRANCIA, PRODUCENDO UN ENORME ARCHIVIO ICONOGRAFICO.
A SETTE ANNI DALLA SUA MORTE, LELOIR VIENE COMMEMORATO
TRAMITE UN LIBRO E UNA COLLEZIONE DI CENTO DISCHI, RIEDIZIONI DI
CLASSICI DEL JAZZ, OGNUNO CORREDATO DA UNA SUA FOTOGRAFIA

DI SERGIO PASQUANDREA
Q uello tra jazz e fotografia un rapporto tanto stretto quanto misterioso. indiscu-
tibile che il nostro immaginario jazzistico si sia foggiato anche attraverso le foto-
grafie: il Great Day in Harlem, fissato nel 1958 da Art Kane; lintenso primo piano di
una Billie Holiday che canta a occhi chiusi, con la testa rovesciata allindietro, scattato da
William Gottlieb; o, sempre di Gottlieb, Django Reinhardt che osserva sornione il mani-
co della propria chitarra, con una sigaretta in bocca, Monk che si volta di tre quarti ver-
so losservatore, con le mani a cluster sulla tastiera, Charlie Parker e Red Rodney che sor-
ridono osservando Dizzy Gillespie suonare, o ancora Parker che suona il sassofono con
lo sguardo perso nel vuoto, accanto a un giovane Miles Davis dalle mani ossute e nervo-
se. E lelenco potrebbe continuare a lungo: si pensi alle innumerevoli fotografie di Fran-
cis Wolff stampate sulle copertine Blue Note, al Dexter Gordon avvolto in una nuvola di
fumo di Herman Leonard, al sassofonista colto da William Claxton nel bel mezzo di Ti-
mes Square, con una ragazza che lo abbraccia alle spalle, o al suo Chet Baker che si riflet-
te nel coperchio del pianoforte. O, ancora, al prezioso lavoro di fotografi italiani come Ro-
berto Polillo o Roberto Masotti.

FISSARE LATTIMO
Come mai si sia generato questo rapporto cos profondo tra il jazz e limmagine fotogra-
fica, non semplice capirlo. Dipende forse dallappeal specifico del jazz, con i suoi locali
fumosi e i suoi musicisti impegnati in ardue lotte con i propri strumenti. Oppure la ragio-
ne pi sottile: se, come affermava Roland Barthes ne La camera chiara, ci che la foto-
grafia riproduce allinfinito ha avuto luogo una sola volta, come non leggervi una segre-
ta affinit con il jazz, nel quale un disco cerca di fissare per sempre ci che effimero e
irripetibile per sua natura, limprovvisazione?
Sono riflessioni suscitate dallosservazione delle foto di Jean-Pierre Leloir, uno dei mas-
simi specialisti francesi di fotografia jazz, scomparso nel 2010 allet di settantanove anni
e ora celebrato dalla Jean-Pierre Leloir Collection: cento classici del jazz, cinquanta cd
e cinquanta LP in vinile da 180 grammi, ripubblicati in lussuose edizioni impreziosite
dalle sue pi belle fotografie. Una sfilata di ritratti illustri, da Art Blakey a Miles Davis,
da Billie Holiday a Chet Baker, da John Coltrane a Sarah Vaughan, da Louis Armstrong
a Thelonious Monk, tutti passati attraverso lobiettivo della sua macchina fotografica.
Contemporaneamente, esce anche un libro, intitolato Jazz Images by Jean-Pierre Leloir,
che contiene centocinquanta delle sue immagini pi famose in grande formato (lo stes-
so dei vinili), arricchite da una prefazione di Quincy Jones, dalle introduzioni di Michel
Legrand e Martial Solal e da una nota di Ashley Kahn, penna ben nota ai lettori di Jaz-
zit. Il progetto, ideato dalletichetta spagnola Jazz Images, distribuito in Italia da Egea.

IL GIORNO DELLA LIBERAZIONE


Ci sono scatti che segnano la vita di un fotografo: per Jean-Pierre Leloir, la foto della vita
usc sulla copertina di Rock & Folk, una rivista da lui stesso fondata nel 1966 e diretta in-
sieme al giornalista Philippe Koechlin, prima come supplemento di Jazz Hot, poi come
pubblicazione a s stante. La fotografia in questione venne scattata il 6 gennaio 1969 e ri-
traeva quella che fu denominata la trinit della canzone francese: Jacques Brel, Geor-
ges Brassens e Lo Ferr, eccezionalmente riuniti in ununica immagine, mentre fuma-
no, chiacchierano e ridono intorno a un tavolo ingombro di microfoni, libri, bicchieri e
bottiglie di vino. Fu un vero scoop, raccont Leloir. Per un puro colpo di fortuna, ero
lunico fotografo l quel giorno. Non avrei mai pensato che la foto sarebbe diventata cos
famosa.

103
STORIE JEAN-PIERRE LELOIR

A diciottanni, mentre frequentava il liceo, scopr il jazz ascoltando Sidney Bechet,


Count Basie e Duke Ellington. Quello stesso anno, ebbe modo di ascoltare Charlie
Parker e Dizzy Gillespie nel loro memorabile concerto organizzato da Charles
Delaunay presso la Salle Pleyel, l8 maggio 1949

AMORE A PRIMA VISTA


Ma, per Jean-Pierre Leloir, la fotografia era stato amore a prima vista fin dai tempi
delladolescenza. Secondo il suo stesso racconto, si trov in mano la sua prima mac-
china fotografica il 25 agosto 1944, giorno della Liberazione di Parigi. Leloir aveva
appena tredici anni, essendo nato il 27 giugno del 1931. A diciottanni, mentre fre-
quentava il liceo, scopr il jazz ascoltando Sidney Bechet, Count Basie e Duke El-
lington. Quello stesso anno, ebbe modo di ascoltare Charlie Parker e Dizzy Gille-
spie nel loro memorabile concerto organizzato da Charles Delaunay presso la Salle
Pleyel, l8 maggio 1949; con loro, cerano Kenny Dorham, Al Haig, Tommy Potter
e Max Roach, e la stessa sera suonava anche il quintetto di Miles Davis e Tadd Da-
meron, con Kenny Clarke, Barney Spielen e James Moody. Fu la sera in cui si ce-
lebr anche un incontro storico, quello fra Charlie Parker e Jean-Paul Sartre, pre-
sentati da Boris Vian; si dice che, nellincontrare il grande filosofo, Parker gli abbia
fatto, sornione, i complimenti per il suo modo di suonare.
Quel giorno stesso, Leloir decise di abbandonare gli studi per dedicarsi a tempo
pieno alla fotografia. Due anni dopo, sulla rivista Jazz Hot compariva il suo primo
scatto, un ritratto del pianista francese Jef Gilson. Era il primo di centinaia daltri,
scattati nel corso di oltre quarantanni.

104
IL JAZZ E LA FRANCIA
Nel corso della sua lunga carriera, Jean-Pierre Leloir non fotograf solo jazzisti.
Sono celebri le sue immagini di Edith Piaf, Johnny Hallyday, Yves Montand; ne-
gli anni Sessanta, document let doro dello y-y e realizz ritratti di musi-
cisti rock e blues di passaggio in Francia: Bob Dylan, Aretha Franklin, John Lee
Hooker, Led Zeppelin, Rolling Stones e Frank Zappa. Era allisola di Wight nel
1969, e lavor molto anche con il teatro, specialmente con il Thtre National Po-
pulaire, che negli anni Cinquanta e Sessanta, sotto la direzione di Jean Vilar, fu
una delle pi prestigiose istituzioni teatrali parigine. Ma il jazz costitu sempre
il suo principale interesse.
Del resto, il rapporto tra il jazz e la Francia antico e solido e risale al periodo
successivo alla Grande Guerra, quando una colonia di ex-militari afroamericani
decisero di stabilirsi a Parigi, attratti dallassenza di quelle discriminazioni raz-
ziali che rendevano cos dura la loro vita negli Stati Uniti. Negli anni successivi,
si cre a Montmartre una vera e propria colonia di emigrs, che comprendeva an-
che numerosi artisti. Si pensi ad esempio a Josephine Baker, che costru la pro-
pria fortuna in Francia e ne assunse anche la cittadinanza. Fra i jazzisti, uno dei
primi e pi celebri fu Sidney Bechet, che arriv in Francia per la prima volta nel
1928 e negli anni Cinquanta vi si stabil definitivamente. In Francia si trasferiro-
no anche Kenny Clarke, che vi fond una celebre big band insieme a Francy Bo-
land, Johnny Griffin, Nina Simone.
Nel 1931 Hugues Panassi e Charles Delaunay fondarono lHot Club de France,
la prima associazione europea dedita specificamente al jazz, e tre anni dopo Pa-
nassi pubblic Le jazz hot, pionieristico studio dedicato a quella che allepoca
era ancora una musica giovanissima. Dopo la Seconda guerra mondiale gli esi-
stenzialisti che frequentavano le caves di Saint Germain des Prs e del Quartie-
re Latino erano appassionati di jazz. E proprio in Francia fiorirono le prime ri-
viste specializzate in jazz, fra cui la storica Jazz Hot, che ospitava gli articoli di
Boris Vian.

105
STORIE JEAN-PIERRE
PAT METHENY

JEAN-PIERRE LELOIR

MILES DAVIS

Il baffuto Leloir fumava la pipa e aveva le maniere


flemmatiche di un gentiluomo inglese. Sapeva come
mettere i soggetti a proprio agio anche nel pi formale
ambiente di uno studio, ad esempio mettendo in
sottofondo Vivaldi per aiutare Brel a rilassarsi
Ho amato le persone che fotografavo, diceva Leloir, perci mi mettevo
a disposizione, ma nella maniera pi discreta possibile. Non ho mai voluto
essere un paparazzo. Volevo che dimenticassero la mia presenza, in modo da
poter catturare quei piccoli momenti inaspettati

QUEI PICCOLI MOMENTI INASPETTATI


La Jean-Pierre Leloir Collection comprende dischi che sono classici assoluti del
jazz: Portrait In Jazz di Bill Evans, Porgy And Bess di Louis Armstrong ed Ella
Fitzgerald, Sketches Of Spain e Kind Of Blue di Miles Davis, Moanin dei
Jazz Messengers, Giant Steps di Coltrane, Monks Music di Thelonious Monk,
Lady In Satin e Lady Sings The Blues di Billie Holiday, Mingus Ah Um di
Charles Mingus, Saxophone Colossus di Sonny Rollins, e molti altri. Il vero va-
lore aggiunto sono le immagini, molte delle quali mai pubblicate in precedenza, in
nessun formato.
Ho amato le persone che fotografavo, diceva Leloir, perci mi mettevo a dispo-
sizione, ma nella maniera pi discreta possibile. Non ho mai voluto essere un papa-
razzo. Volevo che dimenticassero la mia presenza, in modo da poter catturare quei
piccoli momenti inaspettati. Come si legge in un necrologio del fotografo, pubbli-
cato sul giornale inglese The Independent, il baffuto Leloir fumava la pipa e aveva
le maniere flemmatiche di un gentiluomo inglese. Sapeva come mettere i sogget-
ti a proprio agio anche nel pi formale ambiente di uno studio, ad esempio metten-
do in sottofondo Vivaldi per aiutare Brel a rilassarsi. I suoi baffi erano cos affa-
scinanti che finivi a guardarli e a dimenticarti della macchina fotografica, disse il
cantante belga a proposito del fotografo.
ROBERTO POLILLO

JOHN COLTRANE

107
STORIE JEAN-PIERRE LELOIR

Sulla copertina di Moanin, Art Blakey sorride guardando fuori campo, con
una lunga sigaretta che spenzola allangolo della bocca. Su Lady in Satin,
una Billie Holiday con linconfondibile magnolia bianca sui capelli appoggia
la testa sul braccio, con unespressione stanca e malinconica sul viso

MILES AL MARE
Limpressione confermata dalle foto presenti nella Jean-Pierre Leloir Collec-
tion. Sulla copertina di Moanin, Art Blakey sorride guardando fuori campo, con
una lunga sigaretta che spenzola allangolo della bocca. Su Lady In Satin, una Bil-
lie Holiday con linconfondibile magnolia bianca sui capelli appoggia la testa sul
braccio, con unespressione stanca e malinconica sul viso. Per Giant Steps, Col-
trane colto in maniche di camicia, in camerino, mentre suona il sax tenore con
un piede poggiato su uno sgabello; sulla copertina di For Lovers, Leloir addi-
rittura riuscito a cogliere un rarissimo sorriso, allegro e solare, del sassofonista.
Louis Armstrong Meets Oscar Peterson ci mostra un Satchmo durante un mo-
mento di pausa, con i pantaloni tirati su fino al ginocchio, i calzini arrotolati alle
caviglie e un gran fazzolettone candido al collo. Nina Simone (Little Girl Blue),
in bikini, gioca in piscina con due salvagenti a forma di cigno. Miles Davis (Plays
Ballads) fuma una sigaretta durante una pausa, con la tromba tenuta fra le gam-
be, oppure (Round About Midnight) appoggiato disinvoltamente a una ringhie-
ra, con lo sguardo verso il soffitto. Stan Getz (Jazz Samba) in calzoncini e ma-
niche corte, con il sassofono a tracolla e lo sguardo intento a fissare chiss cosa. Bill
Evans (Waltz For Debby) ripreso in campo lungo, appena una piccola sagoma
che sporge dietro il coperchio del grancoda, mentre un riflettore lo isola in un cer-
chio di luce. Dexter Gordon (Go!) siede, comicamente impettito, con in mano una
paglietta e un bastone da passeggio, di fronte a un pianoforte sul quale sono posa-
ti due vecchi grammofoni. Chet Baker si appoggia a un contrabbasso per parlare,
con unespressione preoccupata, al suo pianista Dick Twardzik (Chet & Dick).
C addirittura un inedito Miles steso a prendere il sole su una sdraio (Sketches
Of Spain) o colto al mare, in costume da bagno, mentre si diverte a far rimbalzare
una pallina di gomma legata a un elastico (Workin).
JEAN-PIERRE LELOIR

BILL EVANS

108
JEAN-PIERRE LELOIR
CHET BAKER

BUONA MUSICA, BUONE FOTOGRAFIE


Molte di quelle foto sono anche frutto dellistinto di Leloir che sapeva bene come
creare le condizioni per avere gli scatti che voleva. La fotografia di Coltrane in
camerino, ad esempio (lo racconta la figlia Marion Leloir nella postfazione al li-
bro), fu ottenuta regalando al sassofonista una fotografia di Eric Dolphy, scom-
parso poco prima: Trane la poggi su un tavolo e si mise a suonare in onore del
suo collega e amico.
Negli anni Novanta, Leloir perse luso di un occhio, a causa di un incidente, e do-
vette ridurre di molto il lavoro. Ma ci non gli imped di essere collocato tra i pi
grandi esponenti della sua arte. Nel 2010, poco prima della sua scomparsa, fu no-
minato Cavaliere delle Arti e delle Lettere dal governo francese. Il ministro del-
la cultura Frdric Mitterand lo paragon a nomi come Robert Doisneau e Henri
Cartier-Bresson; Leloir, da parte sua, tenne un discorso sui diritti dei fotogra-
fi nellera del digitale. Alla cerimonia era presente anche il contrabbassista Ron
Carter. stato un grande onore, la ciliegina su una bellissima torta, afferm
il fotografo.
Il quale, del resto, per tutta la vita tenne fede al proprio motto: Se la musica
buona, devono esserlo anche le fotografie

109
JAZZ ANATOMY

ROBERTO POLILLO

NIGHT IN TUNISIA
DI ROBERTO SPADONI
NASCITA E RINASCITA
DIZZY GILLESPIE AVEVA MILITATO NELLA COMPAGINE DI BENNY CARTER:
DURANTE QUELLESPERIENZA AVEVA SCRITTO UN BRANO INTITOLATO
INTERLUDE, CHE SAREBBE DIVENTATO LA SUA COMPOSIZIONE PI FAMOSA.
QUANDO LO SOTTOPOSE A EARL HINES, QUESTI DECISE DI RINOMINARLO
NIGHT IN TUNISIA, AFFASCINATO DAL SUO ANDAMENTO ESOTICO

110
N
el 1942 il pianista e bandleader Earl Fatha Hines aveva raccolto nella
sua orchestra un gruppo di giovani musicisti i quali, pur distinguendosi
per un virtuosismo strumentale mai udito precedentemente e per le
inverosimili innovazioni di cui erano ambasciatori nel mondo del jazz, non
erano assolutamente ben visti da tanti colleghi delle generazioni precedenti ed
erano tacciati di modernismo nellaccezione negativa del termine. Ma non
da tutti: Hines, pur potendosi annoverare tra i grandi padri del jazz classico e
tradizionale e universalmente riconosciuto come uno dei pi grandi pianisti
della storia della musica afroamericana, ammirava senza remore gli irrequieti
solisti delle nuove generazioni be bop, tanto che chiam a raccolta nella sua
orchestra tra gli altri i sassofonisti Charlie Parker, Gene Ammons e Wardell
Gray, il trombettista Dizzy Gillespie, il cantante Billy Eckstine e successivamente
Sarah Vaughan, che lo sostitu quando egli intraprese la propria carriera
autonoma. La sua fu riconosciuta come la prima vera e propria orchestra be
bop e a un certo punto fu rilevata e portata in tour da Billy Eckstine: fu proprio
la visione di questa orchestra a S. Louis che spinse il giovanissimo Miles Davis
che aveva avuto occasione di aggiungersi per una gig ai suoi idoli a lasciare la
casa paterna e andarsene a New York a inseguire la propria carriera e la propria
vita. Purtroppo, a causa di un lungo sciopero indetto dai sindacati dei musicisti,
lorchestra si esib spesso dal vivo, ma non entr mai in sala di registrazione.

INTERLUDE
John Birks Dizzy Gillespie nel periodo precedente alla collaborazione
con Earl Hines aveva militato nella compagine del grande sassofonista e
arrangiatore (ma anche trombettista) Benny Carter: durante quellesperienza
aveva scritto un brano per il repertorio del gruppo intitolato Interlude, che
con il passare degli anni sarebbe diventato la sua composizione pi famosa e
celebrata. Quando lo sottopose a Hines, questi decise di rinominarlo Night In
Tunisia, affascinato dallandamento esotico e misterioso della linea melodica
e della successione armonica. Dopo averlo cantato in quellorchestra, Sara
Vaughan ne registr una bellissima versione, utilizzando il testo che intanto
era stato approntato da unaltro gigante della vocalit, Jon Hendricks, il quale
torn durante la sua carriera su questopera con una serie di evoluzioni che
portarono alla stratosferica e celeberrima esecuzione contenuta nellalbum
Vocalese dei Manhattan Transfer, con il titolo trasformato in Another Night
In Tunisia.
Hendricks fa in effetti dei precisi riferimenti alla fine delle strofe A al
termine interlude, mentre non appare alcuna citazione non solo della Tunisia
o dellAfrica, ma neanche di nessun elemento esotico: nonostante ci il brano
gi diventato Night In Tunisia. Ecco di seguito il testo che si pu ascoltare in
quella registrazione la prima pervenutaci accreditata a Sarah Vaughan and
her All-Stars, un combo prodotto dal critico e musicista Leonard Feather il
31 dicembre 1944 (Continental Label Records), a cui partecipa anche Gillespie
in qualit di ottimo arrangiatore e solista. Nellascolto reperibile anche su
YouTube mancano molti degli elementi che hanno reso successivamente
celebre la composizione: su tutti, i riff di introduzione e il famoso interludio, da
cui probabilmente si era sciolta la vena creativa di Gillespie.

111
JAZZ ANATOMY

A
I lived in a dream for a moment
Wed loved in a midnight solitude
But I never knew at the moment
Love was just an interlude

A
I thrill as your arms would enfold me
A kiss of surrender says the mood
Then heaven fell down when you told me
Loves a passing interlude

B
The magic was unsurpassed
Too good to last
The magic my heart once knew
Is dressed in blue

A
The shadow of night all around me
I walk in a moonlight solitude
When I thought romance really found me
Love was just an interlude.

Il 25 gennaio 1945 il brano fu nuovamente registrato da Gillespie con


Boyd Raeburn & his Orchestra con cui aveva iniziato a collaborare.
Si tratta di unesecuzione orchestrale e la dimensione dellorganico da un lato
e la libert di un arrangiamento strumentale dallaltro senza voce e testo
cantato d possibilit al trombettista di consegnarci un sontuoso e sonoro
arrangiamento in cui appaiono con chiarezza i famosi ingredienti a cui si
alludeva pocanzi.
Gli aspetti innovativi che questo brano introdusse nel repertorio del jazz sono
vari e degni di nota, a cominciare dalla originalissima figura riff del basso, che
sostituisce il normale incedere walking. Nellesempio 1 viene riportato cos
come scritto per il contrabbasso, che strumento traspositore.

esempio 1

La scansione del tempo latin: fu questo uno dei primi esperimenti di Gillespie
in merito allincontro tra la musica afrocubana e il linguaggio compositivo del
jazz, che fece di lui uno dei fondatori del latin jazz.
Il compositore usa un procedimento di stratificazione di eventi: al primo
ostinato e allaccompagnamento della batteria si sovrappone un secondo
riff che, secondo lorganico con cui viene eseguito il brano, pi o meno
armonizzato. Il tutto funziona su due accordi a distanza di semitono, che creano
una ambientazione tensiva, ipnotica, vagamente misteriosa: il primo accordo
una delle firme sonore del be bop, ricavato da una sostituzione di tritono del
dominante di D minore, A7.

112
WILLIAM P. GOTTLIEB
BOYD RAEBURN ORCHESTRA, NEW YORK, 1947
Ginnie Powell, vocalist e moglie di Boyd; Jay Johnson,
vocalist principale; (ultima fila) Irving Kluger, batteria;
Pete Candoli, Wes Hensel e Gordon Boswell, trombe;
(prima fila) Hy Mandell, sax baritono; Randy Bellerjeau,
trombone; Abe Markowitz (dietro la mano di Boyd), sax
contralto; Buddy De Franco, clarinetto

esempio 2

Su questo tappeto ritmico-armonico questo tipo di ostinato si definisce


solitamente vamp, come quelli di Take Five, All Blues o Birdland si distende
la celeberrima melodia, che Gillespie nella sua autobiografia racconta di aver
composto al pianoforte mentre studiava e praticava la cellula armonica formata
dai due accordi, esplorando soprattutto lestensione superiore del dominante.
Eccone riportate le prime quattro misure.

esempio 3

113
JAZZ ANATOMY

La forma della composizione, al netto dei riff introduttivi, quella di una


song AABA, con le classiche sezioni di otto misure. Le sezioni A presentano
per le prime sei misure il materiale fin qui illustrato, ma nelle ultime
due arriva una decisa variazione, quando la ritmica accompagna con un
tradizionale 4/4 swing la frase di chiusura.
La sezione B appare con la spontaneit di una melodia improvvisata su
due cadenze in tonalit minore, ognuna di quattro misure: un momento
di fluidit e cantabilit, di ampio respiro, di liberazione dopo la ragnatela
costruita sulle prime due sezioni. Lultima sezione A perfettamente
uguale alle prime due.
A questo punto entra in gioco la sezione forse pi celebre e coinvolgente
dellintero brano, che tecnicamente si presenta come un interludio, ovvero
un episodio di collegamento tra il chorus di esposizione tematica e quelli
previsti per gli assolo. anche probabilmente la sezione cui Gillespie
tiene di pi, visto che il primo titolo che aveva dato alla composizione
era proprio Interlude. costituita da una parte scritta di dodici misure
introdotte da un pick-up (anche esse concepite come una sorta di riff che
si adatta via via alle armonie) e da un break di lancio del solista che nelle
prime registrazioni di due misure. Insomma, in tutto quattordici misure
(una spiccata asimmetria per le composizioni in auge a quei tempi) che vale
la pena riportare nellesempio successivo.

esempio 4

Il 29 settembre del 1947 fu il giorno che consacr definitivamente Night


In Tunisia e lo consegn per sempre alla storia del jazz. Alla Carnegie
Hall, la pi prestigiosa sala da concerto newyorkese, un tempio della
musica classica che aveva talvolta aperto le sue porte al jazz, si tenne un
concerto annunciato sui manifesti come A Concert of the New Jazz, in
cui i protagonisti erano Ella Fitzgerald e Dizzy Gillespie con le rispettive
compagini. Fu levento che sdogan definitivamente il be bop rendendolo
rispettabile alle orecchie del pubblico, dei musicisti e degli addetti ai lavori.
Gillespie era presente con una big band a suo nome, ma nel secondo set
si form un quintetto: al trombettista e alla sezione ritmica dellorchestra
(John Lewis al piano, Al McKibbon al contrabbasso e Joe Harris alla
batteria) si un Charlie Parker per una delle pi incredibili e funamboliche
esecuzioni che Bird & Diz fecero insieme.

114
Il produttore discografico Teddy Reig ha raccontato che Parker si era
chiuso nel bagno dei camerini e si era immerso completamente vestito,
e in condizioni poco presentabili, nella vasca da bagno: poco prima
dellesibizione la porta fu abbattuta a spallate, il sassofonista fu asciugato,
rivestito ex novo, gli fu messo lo strumento in mano e fu spinto sul palco.
Quello che segu leggenda: la registrazione del concerto, successivamente
pubblicata dalletichetta Birdland, ci consegna un apice creativo del
quintetto probabilmente ineguagliato nella storia della jazz.
Night In Tunisia il primo brano del set; sulle sezioni A il sassofonista suona
il riff insieme alla sezione ritmica, infilando qualche fioritura sulle frasi
di chiusura. Quando Parker prende il tema sulla sezione B, si comincia a
intuire che non sar un giorno qualunque: si percepisce che il pubblico entra
in gioco contribuendo a un clima eccitante, elettrico, rumoreggiando con
contenuti applausi alle note di Parker. Osserva il mostro che, presentatosi
ubriaco, barcollante e imprevedibile, appena imbracciato il suo tubo, vola
da par suo, senza indecisioni, senza alcuna difficolt apparente. Alla fine
dellesposizione tematica, alla fine dellinterludio, arriva il momento che
tutti stanno aspettando: il break che dar linizio allimprovvisazione del
sassofonista, che da quel giorna sar di quattro misure. il momento in cui
tutto si ferma, la sezione ritmica tace, il solista rimane a cavalcare lo swing,
il momento dove non si pu sbagliare. Con Bird lerrore non previsto,
lesitazione non di casa, il momento di spiccare il volo. Le quattro
misure del break sono una bruciante sferzata, tutti rimangono incollati al
suolo mentre Bird si stacca in volo: al rientro della ritmica, la sala esplode,
Night In Tunisia entrato nella leggenda. Per sempre

WILLIAM P. GOTTLIEB

DIZZY GILLESPIE E CHARLIE PARKER, CARNEGIE HALL, NEW YORK, 1947

115
LAURA AVANZOLINI
IM ALL SMILES
DODICILUNE KOIN, 2016

Otto celebri standard, tra i quali Sophisti-


cated Lady e Bemsha Swing, compongono la
scaletta di Im All Smiles, lalbum che la
cantante Laura Avanzolini firma in trio con
Fabio Petretti al tenore e Daniele Santimo-
ne alla chitarra sette corde. Il lavoro trova i
suoi motivi di distinzione negli accostamen-
ti timbrici, a volte ridotti allessenzialit, e nella voce della leader,
melodiosa, pronta nellintraprendere sia i dialoghi espressivi con
chitarra e sassofono sia di costruire percorsi di personale improv-
visazione. (RP)

PIERO BITTOLO BON'S BREAD & FOX


BIG HELL ON AIR
AUAND, 2016

Registrato da un quintetto composto da Bit-


tolo Bon all'alto, flauto e clarinetto, Filippo

RECORDS
Vignato al trombone, Glauco Benedetti alla
tuba, Alfonso Santimone al piano e Andrea
Grillini alla batteria, il disco un brillante
insieme di diverse sonorit: sezioni in con-
trappunto, brani ritmicamente complessi,
echi da banda di paese, e cos via, in un mag-
a cura di
ma sonoro intelligentemente creato e spesso iconoclasta e corro-
Antonino Di Vita sivo. (EM)
Eugenio Mirti
Roberto Paviglianiti
Luciano Vanni
GIANLUCA BUFIS/GIANCARLO SABBATINI
ICE LAND
WORKIN' LABEL, 2016

Per Bufis (chitarra, basso, sitar, voce) e Sab-

98
batini (vibrafono, marimba, batteria, percus-
sioni) la ricerca di nuove forme espressive,
da elaborare sul piano sia timbrico sia com-
positivo, passa per gli algidi paesaggi nor-
deuropei e le percezioni sonore che gli stes-
si evocano nei due musicisti. Ne nascono una
serie di brani refrattari a qualsiasi catalogazione, solcati da intri-
ganti connotazioni elettroniche, jazz, ambient e avant-garde dalle
MARZO / APRILE 2017 quali traspare un pensiero apolide della musica filtrato da un ap-

JAZZ
proccio non convenzionale agli strumenti. (ADV)

LEANDRO CABRAL TRIO


ALFA
UNIVERSAL MUSIC, 2016

Il trio capitanato dal pianista Leandro Cabral


si completa con il bassista Sidiel Vieira e il bat-

REVIEW
terista Vitor Cabral, e il loro lavoro Alfa (re-
gistrato dal vivo al Teatro Alfa di So Paulo),
fatta eccezione per alcune riletture, come Ou-
tra vez di Antonio Carlos Jobim, si compone di
soli originali firmati dal leader. Nellinsieme,
votato alle classiche dinamiche del piano trio,
non mancano riferimenti alla musica brasiliana, tra passaggi ma-
linconici (Rute e sua grandeza - Vassi n. 1) e situazioni dal marca-
to impatto ritmico. Ospiti del trio in alcuni brani la cantante Va-
nessa Moreno e il sassofonista Cssio Ferreira. (RP)

116
BRUNO CANINO/ENRICO PIERANUNZI FRANCO D'ANDREA PIANO TRIO
AMERICAS TRIO MUSIC VOL. II
CAM JAZZ, 2016 PARCO DELLA MUSICA, 2016

Il duo pianistico composto da Bruno Canino Secondo episodio di una trilogia dedicata ai
ed Enrico Pieranunzi si incontra nel reperto- diversi trii di Franco D'Andrea, "Trio Music
rio musicale delle Americhe e d senso compiu- Vol. II" il seguito di "Electric Tree" e prece-
to a un repertorio in parte rielaborato che de il terzo volume "Traditions Today". Que-
indaga gli spartiti di, tra gli altri, Astor Piazzol- sto doppio CD vede protagonisti D'Andrea
la, Carlos Guastavino e George Gershwin. Ne insieme ad Aldo Mella al contrabbasso e a
derivano forme ed espressioni che coniugano Zeno De Rossi alla batteria. Diciannove bra-
il rigore del mondo classico con lintraprendenza del linguaggio ni che spaziano nei diversi stilemi del pianista meranese, confer-
jazzistico, in un insieme costruito attraverso il reciproco ascolto, mando il sound modernissimo del suo trio per pianoforte. (EM)
tra momenti di minimale distacco e passaggi di sovrapposizione.
(RP)

CYRUS CHESTNUT LUCA DONINI RADIAN QUARTET


NATURAL ESSENCE MAAT
HIGHNOTE, 2016 CAT SOUND, 2016

Come gi per il precedente A Million Colors Com' nelle sue gi sperimentate modali-
In Your Mind del 2015, esordio da leader in t operative, il sassofonista e composito-
casa HighNote, anche qui Chestnut sceglie re Luca Donini, per loccasione insieme al
di affidarsi alle mani esperte di due vetera- quartetto Radian completato da Emilio Piz-
ni: Buster Williams (contrabbasso) e Lenny zocoli alla batteria, Mario Marcassa al bas-
White (batteria). Il suo stile dallo swing mul- so e Roger Constant alle percussioni, rea-
tiforme, rigoglioso e austero al tempo stesso, lizza un lavoro lontano dalle consuetudini
si innerva di sfumature gospel, blues e soul dando nuovo lustro espressive. I brani di questalbum, dedicato
a classici quali le ballad It Could Happen To You, I Cover The Wa- alla dea della giustizia dellantico Egitto Maat, chiamano in causa
terfront e My Romance o il vivace boogaloo Mamacita di Joe Hen- una forte componente ritmica, suoni elettrici, melodie cantabili e
derson. (ADV) passaggi pi ruvidi e dal maggiore piglio di ricerca formale. (RP)

117
RECORDS JAZZ REVIEW

ALEX GARCIA
Duccio
BertiniSusana
& Sheiman A DAY IN BARCELONA

"A DAY IN BARCELONA" (TEMPS, 2016) IL


TITOLO DEL NUOVO ALBUM FIRMATO DA
DUCCIO BERTINI INSIEME ALLA CANTANTE
SUSANA SHEIMAN. AL LORO FIANCO, LA
DUCCIO BERTINI BIG BAND, ORCHESTRA
FORMATA EX NOVO CON MUSICISTI
RESIDENTI NELLA CITT SPAGNOLA.
ABBIAMO INTERVISTATO PER L'OCCASIONE
L'ARRANGIATORE E COMPOSITORE ITALIANO

DI EUGENIO MIRTI

118 118
I brani sono tutti standard, alcuni anche molto conosciuti e suonati, e dunque
presentano una sfida in pi nel cercare di sviluppare idee e sonorit particolari.
Il contesto specifico, cio quello della big band che accompagna una voce, impone di
preservare il tema, quindi mi sono preso altre libert

Come nata la collaborazione con Susana Sheiman? Come avete scelto i musi-
cisti che suonano con voi in "A Day In Barcelona"?
L'idea nata perch da anni lavoro in Spagna e sono cos entrato in contatto con la
realt di Barcellona, una citt di 2.500.000 abitanti, nella quale lavorano circa dodici
big band professionali. Avevamo gi collaborato insieme, per esempio a Siviglia e a
Stoccolma, e ci venuta l'idea di realizzare un disco incentrato sulla sua voce. Abbia-
mo dunque formato ex novo un'orchestra formata dai migliori musicisti di Barcel-
lona, spagnoli o stranieri che l risiedono, e abbiamo preparato per mesi il progetto.
DUCCIO BERTINI/SUSANA SHEIMAN

Come affronti di solito il lavoro di scrittura e arrangiamento? A DAY IN BARCELONA


Scrivere come suonare: va fatto quotidianamente, per poter sviluppare tecnica e TEMPS, 2016
creativit. Di solito inizio a scrivere su carta un abbozzo o una forma condensata,
poi magari proseguo al PC per mettere in bella copia e per la comodit nel traspor- Ral Revert (alto, cl); Guim Garca-Balasch (alto, fl); Vicent Macin
re le parti. In sostanza un lavoro totale, mattino, pomeriggio e sera; a volte al pia- (ten); Gabriel Amargant (ten, cl); Jaume Badrenas (bar, cl b); Da-
vid Pastor, Paul Evans, Leo Torres, Sergio Garca (tr); Vicent Prez,
noforte, altre volte le idee nascono in momenti diversi, come per esempio in treno. Tomeu Garsias, Mara Astall (trn); Tom Warburton (cb); lex Con-
de (pf); Jean Pierre Derouard (batt); Nan Mercader (perc #2, 4, 8);
Yeray Hernndez (ch el #2, 4, 6, 7, 8); Pere Bardagi (vl, vla); Manolo
Come avete scelto il repertorio? Martinez del Fresno (vlc). Special guest: Toni Sol (ten #6)
I brani sono tutti standard, alcuni anche molto conosciuti e suonati, e dunque pre-
sentano una sfida in pi nel cercare di sviluppare idee e sonorit particolari. Il con-
Il materiale sonoro di "A Day In
testo specifico, cio quello della big band che accompagna una voce, impone di pre-
Barcelona" strizza l'occhio all'e-
servare il tema, quindi mi sono preso altre libert: You'd Be So Nice To Come Home
ra del jazz classico, il periodo del-
To di Cole Porter completamente rimaneggiata, You'Ve Changed qui presenta-
le big band e dei grandi ensem-
ta in una versione molto particolare, e cos via... Nell'insieme un repertorio che si
ble guidati dalla voce del crooner
adatta particolarmente bene alle qualit vocali di Susana.
di turno, ruolo in questo caso in-
terpretato impeccabilmente da
Perch la dedica a Barcellona?
Susana Sheiman. La cantante
Di fatto vivo tra due paesi: la mia famiglia vive in Spagna e cos volevo dedicare il di-
madrilena affronta con interpre-
sco a questa citt e cercare di far conoscere in Italia il jazz spagnolo.
tazioni convincenti un reperto-

Quali sono nella storia del jazz gli arrangiatori che ti hanno ispirato di pi? rio molto conosciuto e suonato:
I miei arrangiatori e compositori di riferimento sono Duke Ellington, Gil Evans e brani di Cole Porter, Duke Elling-
Maria Schneider. Di Ellington oltra ai colori e all'originale orchestrazione mi ha ton, Wayne Shorter, John Coltra-
sempre colpito l'essenzialit, il saper esprimere idee complesse in forma semplice. I ne che sapientemente reinventa-
suoi album che mi piacciano di pi sono certamente le grandi suite orchestrali, a co- ti e riarrangiati da Bertini spesso
minciare dal suo capolavoro Such Sweet Thunder. Di Gil Evans e Maria Schnei- acquistano suoni e sapori nuovi e
der apprezzo lorchestrazione e e armonie ricche di colori e tensioni armoniche. originali. La big band protagoni-
sta della registrazione compo-
Presenterete il disco? sta da alcuni dei migliori musicisti
Il disco gi stato presentato il 16 ottobre, con la stessa big band della registrazio- spagnoli, che esibiscono una im-
ne. Stiamo pensando, a causa delle evidenti necessit logistiche, di proporlo in Ita- peccabile padronanza strumentale
lia con una band italiana, in modo da presentare Susana al pubblico del nostro paese. e interpretativa, con alcuni memo-
rabili assolo di Toni Sol. Un disco
Quali sono i tuoi lavori prossimi? ben curato e divertente, che si ria-
Gli ultimi due dischi li ho realizzati con big band, ora vorrei spostarmi su cose diver- scolta volentieri molte volte. (EM)
se: a giugno registreremo un quartetto d'archi insieme a Francesco Cusa & The As- It Could Happen To You / You'd Be So Nice To Come Home To /
sassins, quindi un progetto con una strumentazione diversa e con un'altra accezio- Spring Can Really Hang You Up The Most / Comear De Novo /
ne del jazz; a febbraio invece uscito un disco dedicato a Thelonious Monk per un I'm Glad There Is You / You've Changed / E.S.P. / African Flower
quintetto di ottoni di Valencia, con ospite alla tromba David Pastor / Lazy Bird

119
GIORGIO FERRERA TRIO GIROTTO/DE MATTIA/CESSELLI/KAUCIC
WINTERREISE IL SOGNO DI UNA COSA
ARZBAUM, 2016 CALIGOLA, 2016

Il lirismo fluido e a tratti crepuscolare Javier Girotto, Massimo De Mattia, Bru-


(Crystal Silence) che scaturisce dalle linee no Cesselli e Zlatko Kaucic sono ripresi dal
pianistiche intessute da Giorgio Ferrera, ora vivo il 24 luglio 2015 a Villaorba di Basilia-
incalzanti (Condensed Mind) ora pi medi- no, in provincia di Udine, e nel loro Il sogno
tative (l'iniziale On The Roof - Nightvision), di una cosa (titolo che fa riferimento al pri-
sono figlie di una pronuncia classico-roman- mo romanzo di Pier Paolo Pasolini) mostra-
tica che punta dritta al cuore dell'ascoltatore. L'esposizione tema- no un approccio alla materia sonora misurato,
tica si fonde con l'improvvisazione in un continuum espressivo di con accostamenti timbrici discreti e un gran-
efficace coerenza narrativa, a creare paesaggi sonori preziosi, in de equilibrio espressivo, tra passaggi di estremo rigore e momenti
cui facile (e piacevole) perdersi (Winterreise). (ADV) slegati dallo spartito. Nellinsieme non mancano situazioni dim-
provvisazione, che smarcano lalbum da una facile collocazione
stilistica. (RP)

RICCARDO FIORAVANTI ELISABETTA GUIDO


DUKES FLOWERS THE GOOD STORYTELLER
ABEAT, 201 DODICILUNE KOIN, 2016

Il bassista Riccardo Fioravanti organizza un La cantante e compositrice Elisabetta Guido


quartetto con Daniele Raimondi alla tromba, d alle stampe, tramite la salentina Dodicilu-
Alessandro Rossi alla batteria e Roberto Cec- ne, lalbum The Good Storyteller, dove pre-
chetto alla chitarra per dare forma a questo senta una serie di brani autografi come la su-
album concettuale, nel quale propone brani ite Salento Rhapsody, divisa in tre movimenti
dal repertorio di Ellington che hanno a che e dedicata alla tragedia in mare del 19 aprile
fare con piante e fiori, come African Flower 2015 dove trovarono la morte centinaia di mi-
o Azalea. Un lavoro dalle diverse sfumature granti che navigavano verso le coste italiane. Lalbum si distingue
stilistiche, che oscilla da passaggi meditavi a situazioni dal for- per essere un crocevia di diversi stili e forme: dai ritmi funk allo
te impatto timbrico, da brani dai tratti cantabili ad altri con rife- swing, dalla musica popolare allimprovvisazione radicale. Ospite
rimenti rock e afro. (RP) in alcuni brani Roberto Ottaviano al soprano. (RP)

121
RECORDS JAZZ REVIEW

MICHELE CANTARELLI
Cristiano
Calcagnile
MULTIKULTI CHERRY ON

CON MULTIKULTI CHERRY ON IL BATTERISTA E


COMPOSITORE CRISTIANO CALCAGNILE RENDE OMAGGIO
ALLA FIGURA DI DON CHERRY. NATO NEL 2012 DA UNA
PROPOSTA DI PAOLO BOTTI, IL PROGETTO SI POI
SVILUPPATO NEGLI ANNI ATTRAVERSO DEI CONCERTI E
ALCUNI CAMBI DI LINE UP, FINO A DEFINIRSI NELLATTUALE
OTTETTO CHE HA INCISO PER LA CALIGOLA RECORDS

DI ROBERTO PAVIGLIANITI

122 122
Ascoltando i dischi di Don Cherry, quello che mi ha colpito stato proprio il suono.
Mi sono interrogato su come ottenere quelleffetto, quella precisione, unita a tanta
libert! Ebbene, il risultato che ho ottenuto non paragonabile ai suoi capolavori,
ma ci che ho perseguito stato questo

Per rendere omaggio a Cherry, in che modo hai operato le scelte di repertorio?
Ho iniziato studiando e ascoltando tantissimo materiale. In seguito ho trascritto e
ricercato un senso di rispetto al tributo, avendo a che fare con un produzione vasta,
varia e, per certi versi, complessa. Lidea che ho cercato di seguire, seppur non in un
ordine cronologico, stata quella di creare un sentiero che attraversasse le diverse
tappe del suo percorso artistico. Il suo lavoro con Ornette e lavanguardia newyorke-
se, lesperienza in Europa con Gato Barbieri e Karl Berger, la sua ricerca etnica sul-
la musica africana, indiana e orientale, il suo amore per il minimalismo europeo che
lo ha visto collaborare con Terry Riley, il suo lavoro con Old and New Dreams e poi CRISTIANO CALCAGNILE

con Codona, Johnny Djany e Multikulti. MULTIKULTI CHERRY ON


CALIGOLA, 2016
Inizialmente ti eri posto un obiettivo da raggiungere?
Ascoltando i dischi di Don Cherry, quello che mi ha colpito stato proprio il suono. Paolo Botti (vla, Stroh vl, banjo, er-hu, perc, bowed psaltery); Mas-
Mi sono interrogato su come ottenere quelleffetto, quella precisione, unita a tanta simo Falascone (alto, bar, cracklebox, oggetti); Nino Locatelli (cl b,
campane, armonica); Gabriele Mitelli (tr, pocket tr, flic); Pasquale
libert! Ebbene, il risultato che ho ottenuto non paragonabile ai suoi capolavori, Mirra (vib, perc, voc); Gabriele Evangelista (cb, voc); Dudu Kouat
ma ci che ho perseguito stato questo. Il procedere per suite, per esempio, viene da (perc, xalam, calebasse, djemb, voc); Cristiano Calcagnile (batt,
perc, voc)
questo, cos come la possibilit di non decidere la successione dei brani e come que-
sti entreranno, ma lasciando libero arbitrio a chi ha il compito di lanciarli.
Per dare forma al suo progetto
Multikulti Cherry On, registrato
Come hai capito che era arrivato il momento di registrare? dal vivo al Centro Culturale Can-
Nella mia convinzione, per registrare dovevano esserci dei presupposti: incidere diani di Mestre nellottobre 2015 e
dopo aver suonato pi volte dal vivo (si tratta di un gruppo che ha bisogno di tempo dedicato alla musica di Don Cher-
sia per potersi esprimere, per poter trovare le sue peculiarit, i suoi punti forti, sia ry, Cristiano Calcagnile ha organiz-
zato un ensemble di otto elemen-
per mantenere la freschezza necessaria a non sedersi troppo sulle certezze e conser-
ti dallampio orizzonte timbrico e
vare il desiderio di ricerca e imprevedibilit); non registrare in spazi separati, pro- formalmente mutabile, capace di
prio per conservare il dialogo musicale e la dinamica del suono; cercare una produ- flettere da passaggi rigorosi a im-
zione competente e che mi aiutasse a sostenere le spese di produzione di un ottetto. provvisazioni radicali. Il batteri-
sta e compositore si addentrato
nel repertorio di Cherry cercando
Hai dei ricordi o aneddoti particolari riguardo alla registrazione?
un punto di vista totale, ed per
Ricordo, e continuo a respirare, una bellissima armonia nel gruppo. Sul palco ci sono questo motivo che nei sei brani in
stati momenti di entusiasmo e ilarit. Qualche attacco di brano che non voleva ve- programma, alcuni dei quali sono
nire e i conseguenti commenti tenuti nella registrazione provocano ancora convul- delle articolate suite, possiamo
sioni di risa in tutti noi. Questo un aspetto fondamentale della musica. Quando si ascoltare echi di musica africana,
free jazz, orchestrazioni, interplay
sul palco, c bisogno di complicit ed empatia. Si condivide tutto, il bene e il male
strumentale e momenti ritmica-
di ci che accade, e ci vuole un grande spirito di squadra per arrivare allobiettivo. mente coinvolgenti. Il senso di
questo lavoro, che si distingue per
Pensi che questa realt possa avere sviluppi futuri? un suono dinsieme peculiare, va
Lidea di tenere aperta la formazione per questo ho voluto dargli la connotazio- ricercato nello scambio dei ruoli di
ne di ensemble per poter lavorare a diversi progetti con linserimento di altre so- primo piano tra gli interpreti e per
il piglio interpretativo di una musi-
norit, senza perdere laspetto corale e le peculiarit del gruppo. Ho sempre sognato ca che, ripensata in questo modo,
di poter avere un gruppo allargato e di poter lavorare agli impasti timbrici, di gode- trova unattualizzazione credibile e
re di una certa potenza di suono, ma anche di dinamica, e avere a disposizione una funzionale. In copertina, il dipinto
vasta gamma di timbri e di linee melodiche. Ho una formazione di tipo classico, per Come and Walk with Me Double
molti versi, e la musica orchestrale e da camera ha ancora, su di me, un forte impat- Talk di F. Hundertwasser. (RP)
to emotivo. Dunque, anche se con modalit molto differenti, in qualche modo, cre- Cherry On / Walk To The Mountain / East Suite: Terrys Tune; East
do di cercare quella dimensione. Ho varie idee su come proseguire il lavoro di que- Fragment n. 1; East Fragment n. 2; Zakude / Communion Suite:
Complete Communion; Deweys Tune; Happy House; Infant Hap-
sto gruppo, di certo non sar un tributo ma, anzi, spero di poter presto riprendere il
piness; Symphony For Improvisers / Mogto Suite: Mopti; Guinea;
lavoro su materiale originale Togo / Maliny

123
FOCUS JAZZ REVIEW

Nels
Cline LOVERS
DI EUGENIO MIRTI

Chitarrista eclettico e imprevedibile, con uno sempre sorprendente approccio sonoro.


stile poliedrico non classificabile e da sempre Il sound, infatti, cambia di brano in brano, e si
sviluppato nei pi diversi generi musicali, Nels passa cos dallo swing al manouche, dal free al
Cline noto soprattutto per la sua militanza contemporary e ancora all'indie rock, senza so-
nei Wilco, cos come per le collaborazioni con luzione di continuit. Gli arrangiamenti sono
Thurston Moore, Medeski, Martin & Wood, Ju- particolarmente ben riusciti, e risalta la gran-
lian Lage, Tim Berne, Charlie Haden, Gregg de variet timbrica dovuta alla formazione che
Bendian, Wadada Leo Smith, Tim Berne, Vin- alterna strumenti a corde, percussioni, archi,
ny Golia e molti altri. Con l'album "Lovers" re- fiati, e anche strumenti classici come fagotto e
alizza un progetto al quale lavorava da pi di arpa, sfruttandone egregiamente le diverse tra-
venticinque anni. Lo stesso musicista statuni- me sonore.
tense dichiara che Lovers vuole essere tan- NELS CLINE Da segnalare la presenza nell'organico di musi-
to personale nel sound e nella scelta dei brani cisti molto conosciuti e attivi come Julian Lage,
LOVERS
quanto universale nella sua analisi del collega- Devin Hoff, Steven Bernstein, e cos via.
BLUE NOTE, 2016
mento [...] tra sound e canzone, tra intimit e "Lovers" un lavoro che fa dell'estrema mutevo-
romanticismo. lezza di mood e suoni il suo tratto caratteristi-
Nels Cline (ch, lap steel, effetti); Devin Hoff (cb,
La scelta dei brani significativa ed emblema- b el); Alex Cline (batt, perc); Steven Bernstein co, riuscendo costantemente nel far perdere l'a-
tica: insieme ad alcune composizioni originali (tr, flic); Taylor Haskins (tr, flic, trn); Michael scoltatore in un labirinto sonoro imprevedibile
Leonhart (tr, flic, cymbalon, celeste); Alan Fer-
scritte da Cline in persona, il repertorio stato ber (trn, trn b); Charles Pillow (fl, oboe, cor- quanto efficace.
selezionato scegliendo all'interno di una gran- no inglese, alto, cl); JD Parran (fl, cl, bar, sax La domanda che Nels Cline pone e che apparen-
basso); Ben Goldberg (cl); Douglas Wiesel-
dissima variet di autori e stili. Si passa da clas- man (cl, ten); Gavin Templeton (alto, cl); Sara temente rimane senza risposta sembra essere:
sici molto noti e suonati, come Beautiful Love e Schoenbeck (fagotto); Julian Lage (ch); Kenny qual il senso oggi delle divisioni stilistiche ti-
Wollesen (vib, marimba, perc); Zeena Parkins
Invitation, a brani scritti da Jimmy Giuffre, Je- (arpa); Yuka C Honda (celeste, Juno 60); Antoi- piche della musica del XX secolo? Ha ancora ra-
rome Kern e Oscar Hammerstein, Henry Man- ne Silverman, Jeff Gauthier (vl); Amy Kimball gione di esistere la classica suddivisione in jazz
(vl, vla); Stephanie Griffin (vla); Erik Friedlan-
cini, fino ad arrivare alla Snare, Girl dei Sonic der (vlc); Maggie Parkins (vlc) / rock / blues / e cos via? Il chitarrista supera
Youth. Come si pu capire, un canovaccio di CD 1: Introduction-Diaphanous / Glad To Be
la questione toccando tutti i generi e scegliendo
suoni, generi e scritture eterogeneo ed estre- Unhappy / Beautiful Love / Hairpin & Hatbox come unica bussola del suo lavoro il tema scelto
/ Cry, Want / Lady Gabor / The Bed We Made
mamente rappresentativo del tema scelto: le / You Noticed / Secret Love / I Have Dreamed
l'amore declinato nelle sfumature pi diver-
canzoni d'amore scritte nei vari periodi e sti- CD 2: Why Was I Born? / Invitation / It Only se, realizzando una sorta di ideale e schizofre-
Has To Happen Once / The Night Porter-Max,
li del XX secolo, che sono qui esposte mante- mon amour / Snare, Girl / So Hard It Hurts-
nica musica a programma per l'ascoltatore con-
nendo e anzi enfatizzando un caleidoscopico e Touching / The Search For Cat / The Bond temporaneo

124
DERRICK HODGE
THE SECOND
BLUE NOTE, 2016

Noto ai pi per la militanza nell'Experiment


band di Robert Glasper (la cui influenza si
fa sentire sul piano concettuale), il bassista
di Philadelphia d seguito a quel mlange di
jazz, r&b, hip-hop, rock e ambient che aveva
contraddistinto il personalissimo mood del
precedente Live Today (Blue Note, 2013).
La musica di The Second avvolgente, a volte ipnotica, e ma-
nifesta una forte ascendenza cinematografica. Completo mattato-
re della situazione, Hodge, oltre a firmare ogni brano in scalet-
ta, suona infatti tutti gli strumenti in otto tracce su dodici. (ADV)

ITALIAN JAZZ PROJECT ORCHESTRA


HORUS
CAT SOUND, 2016

Diretta dal maestro Luca Donini, la Italian


Jazz Project Orchestra realizza Horus, un
lavoro che riunisce diversi stili e forme per
un insieme dalla forte e singolare personali-
t espressiva. Nelle dinamiche dellensemble
convergono sia brani dalla melodia cantabile
e dagli sviluppi lineari, sia situazioni angolari
e fuori da ogni definizione di genere, con percussioni, pianoforte,
fiati e strumenti elettrici che si annodano attorno a unidea strut-
turale flessibile. (RP)

KEITH JARRETT
A MULTITUDE OF ANGELS
ECM, 2016

Il prezioso cofanetto pubblicato dalla ECM


raccoglie gli inediti concerti in piano solo te-
nuti da Jarrett in Italia nell'ottobre del 1996:
Sono stati gli ultimi concerti in cui ho suo-
nato senza pause all'interno di ogni set. Li ho
ascoltati molte volte negli ultimi mesi e cre-
do che rappresentino uno degli apici della mia
carriera. Quattro cd che documentano le performance del piani-
sta americano sui palchi di Modena (Teatro Comunale), Ferrara
(Teatro Comunale), Torino (Teatro Regio) e Genova (Teatro Car-
lo Felice). (ADV)

CLAUDIO LODATI DACCORDA


BOILER
SPLASC(H), 2016

Dieci tracce firmate da Claudio Lodati com-


pongono la scaletta del suo Boiler, lalbum
che il chitarrista realizza insieme al quartet-
to completato da Nicola Cattaneo alla chitarra,
Giorgio Muresu al contrabasso e Toni Boselli
alla batteria. Nel loro orizzonte timbrico trova-
no spazio anche alcune sonorit sintetiche, e nellinsieme lalbum
si colloca in un non luogo stilistico a met tra jazz-rock, avan-
guardia e passaggi melodicamente cantabili. Non mancano i mo-
menti dal piglio moderato, come quelli di Just Go There. (RP)

125
SAMUELE MAMMANO WITH JAZZ FRIENDS LUIGI MARTINALE QUARTET
EUPHORIA IL VALZER DI SOFIA
MASABOBA, 2016 ABEAT, 2016

Interessante figura di crooner e allo stes- Luigi Martinale firma un album pregevo-
so tempo di abile trombettista, Salvato- le, che si fa apprezzare per le raffinate solu-
re Mammano propone con "Euphoria" un zioni armoniche, la bellezza dei temi esposti
album intimista, che si muove in quegli (Il valzer di Sofia, King Of Blurry, Breath, Lost
spazi tipici che coniugano jazz a canzone And Found) e gli arrangiamenti sobri ed ele-
d'autore. Arrangiamenti ben scritti carat- ganti. Ad assecondare il lirismo dai toni colti
terizzano i brani, tutti originali scritti dal del pianista torinese tre musicisti simpateti-
leader a eccezione della pregevole rilettura di Nessun dorma dalla ci come Stefano Cocco Cantini (sax tenore e soprano), Yuri Golou-
Turandot di Puccini. Un album ben realizzato che piacer sicura- bev (contrabbasso) e Zaza Desiderio (batteria), capaci di fomen-
mente agli amanti del genere. (EM) tare il passo in episodi pi sostenuti quali Alagitz, On All Fours e
Mamia. (ADV)

MANLIO MARESCA & MANUAL FOR ERRORS ANDREA MASSARIA/BRUCE DITMAS


HARDCORE CHAMBER MUSIC THE MUSIC OF CARLA BLEY
AUAND, 2016 NUSICA.ORG, 2016

"Hardcore Chamber Music" un disco im- La dinamica nusica.org sigla la sua decima pro-
prevedibile e curioso, che mescola nello stes- duzione dando alle stampe un altro lavoro dai
so brano, a volte anche nel giro di poche bat- tratti audaci e avventurosi. Firmato dal chitar-
tute, elementi bop, hard bop, swing, rock, rista triestino Andrea Massaria e dal batteri-
avant-garde, funk, free, e cos via: una conti- sta Bruce Ditmas, il disco penetra nell'univer-
nua sorpresa che rende la musica frizzante e so compositivo della Bley con profondo rispetto
personale. Non mancano brani pi moderati ma scevro da qualsiasi forma di sudditanza in-
come Una bella voce ma il sound complessivo chiaramente schi- terpretativa. L'organico ristretto d vita a una visione inedita
zofrenico, una vera rappresentazione dei tempi musicali del XXI della musica della Bley, che si materializza tra silenzi, contrasti
secolo. (EM) dinamici e una timbrica creativa, in un continuo saliscendi di ri-
mandi e invenzioni improvvisative. (ADV)

127
RECORDS JAZZ REVIEW

PAOLO GALLETTA
Paolino
Dalla Porta
Future Changes

Quartet M O O N L A N D I N G
CON MOONLANDING (TUK MUSIC, 2016) IL CONTRABBASSISTA E
COMPOSITORE PAOLINO DALLA PORTA TORNA A INCIDERE NELLE
VESTI DI LEADER A SETTE ANNI DI DISTANZA DAL PRECEDENTE
URBAN RAGA (PARCO DELLA MUSICA RECORDS, 2009). PER
LOCCASIONE ORGANIZZA UN NUOVO QUARTETTO CON NICOL
RICCI AL TENORE, DARIO TRAPANI ALLA CHITARRA ELETTRICA E
RICCARDWO CHIABERTA ALLA BATTERIA, E PROPONE DELLA MUSICA
ORIGINALE CHE RIASSUME I DIVERSI ASPETTI DELLA SUA SCRITTURA,
DAL MINIMALISMO AL ROCK, DALLA MELODIA AL FREE

DI ROBERTO PAVIGLIANITI
128 128
Mi piace oscillare tra la melodia, che fa parte del mio background, e lastrazione.
Sono anni che mi muovo in queste direzioni e sono aperto a varie influenze musicali.
C dunque unispirazione lunare, che non saprei spiegare bene a parole, ma che
rimanda a un certo tipo di immaginario che abbiamo della Luna

Moonlanding arriva a sette anni di distanza dal precedente lavoro da leader.


S, nel frattempo mi sono cimentato in molte esperienze. Anche se come leader pub-
blico di rado, partecipo sempre agli altri progetti con mie composizioni. Nel Devil
Quartet di Paolo Fresu, per esempio, partecipiamo tutti con musica originale. Non
sto mai fermo in tal senso, anche se per un contrabbassista non cos semplice pro-
porre progetti a differenza di quanto accade a un sassofonista, una sorta di gerar-
chia implicita. Ho la fortuna di essere chiamato da altri musicisti a suonare, vedi gli
Oregon con i quali ho fatto tre tourne, ma questo sottrae tempo alle mie idee soliste.
PAOLINO DALLA PORTA
FUTURE CHANGES QUARTET
Qual stata la genesi del Future Changes Quartet?
nato a Milano un po di tempo fa. Avevo conosciuto in un seminario estivo Riccar- MOONLANDING
do Chiaberta, il quale mi propose in seguito di vederci per suonare insieme. Da l in
TUK MUSIC, 2016

poi, vista la mia curiosit di conoscere giovani musicisti, abbiamo coinvolto Nicol
Paolino Dalla Porta (cb); Nicol Ricci (ten); Dario Trapani (ch);
Ricci e Dario Trapani. Dopo un anno di incontri ci siamo ritrovati con un repertorio Riccardo Chiaberta (batt)
di mie composizioni che ho pensato di proporre alla Tuk Music di Paolo Fresu. un
Per dare seguito alla sua discogra-
quartetto che mi stimola e sono contento della riuscita del disco.
fia da leader ferma a Urban Raga
(Parco della Musica Records,
Si tratta di una sorta di concept incentrato sulla Luna?
2009), Paolino Dalla Porta, oltre a
S, ma non sulla Luna vista come aspetto romantico. Viviamo un momento storico continuare la sua attivit con real-
complicato, tra crisi economica e terrorismo, quindi la considerazione che ho fatto t storiche come il Devil Quartet di
stata quella di ritrovarmi in un posto distante per osservare la bellezza della Terra. Paolo Fresu, organizza un nuovo
Un po come quelle immagini trasmesse dallo spazio per capirci. Stiamo distruggen- quartetto, il Future Changes Quar-
do un pianeta. questa lidea che ho seguito per realizzare la musica di questalbum. tet, completato da Nicol Ricci al
tenore, Dario Trapani alla chitarra
Come hai tradotto in musica questo concetto? elettrica e Riccardo Chiaberta alla
In alcuni brani presente un aspetto di rarefazione, al di l dei titoli evocativi. Sono batteria. Moonlanding presen-
temi minimalisti che si dipanano con improvvisazioni, fino a raggiungere una certa ta una scaletta di sette brani ori-
densit. Mi piace oscillare tra la melodia, che fa parte del mio background, e lastra- ginali firmati dal contrabbassista,
zione. Sono anni che mi muovo in queste direzioni e sono aperto a varie influenze che mostrano le diverse matrici
espressive derivanti dal suo vasto
musicali. C dunque unispirazione lunare, che non saprei spiegare bene a parole,
background: dagli accenti ritmi-
ma che rimanda a un certo tipo di immaginario che abbiamo della Luna.
ci di provenienza rock a momen-
ti formali prossimi al free jazz, dai
Alcuni passaggi risultano per energici, quasi aggressivi.
passaggi melodicamente cantabili
In effetti s (ride, NdR). C del free, alcune matrici rock, soprattutto nella pulsa- a situazioni che flirtano con la ra-
zione ritmica. Sono del 1956, e negli anni Sessanta si ascoltava il rock, il progressi- refazione. Il quartetto costruisce
ve, e questo entrato nella mia scrittura e nel mio modo di suonare. Il free jazz mi un percorso dove si alternano bra-
ha visto ascoltatore e protagonista. Negli anni Settanta la proposta del jazz era inte- ni concitati, come liniziale Campo
sa cos, stata la scena che ho amato. Ho fatto un percorso artistico inverso, nascen- magnetico, e tracce dal lento svi-
do da quel tipo di atteggiamento espressivo fino alla tradizione. Il mio occhio osser- luppo espressivo che rimandano
va tutta la musica, dalla etnica alla contemporanea. Il jazz la sintesi. a un immaginario di fluttuazio-
ne sonora, per un insieme capace
Sei influenzato anche da altre arti? di sviluppare unestetica comples-
Dalla pittura e dalle arti visuali in genere. Nello specifico dalla pittura astratta del siva ben delineata e mai stucche-
Novecento. Laspetto visivo dellarte una componente molto forte che condiziona vole. La copertina riproduce uno-
il mio modo di scrivere. In un certo momento ero indeciso se intraprendere la car- pera di Dalla Porta dal titolo Blue
Alchemy. (RP)
riera artistica o quella musicale. La musica ha una socialit diversa e molto pi forte.
Mi piace condividere questo tipo di esperienza con gli altri musicisti e con il pubbli- Campo magnetico / Scritte lunari / Corale mare serenitatis / The
co, e questo fattore mi ha spinto nella mia attuale direzione primaria Loop / Lunar Tide / Slow Dance Of The Hidden Side / Red Shift

129
FOCUS JAZZ REVIEW

COURTESY PAOLO SORIANI


Giuliani/Biondini
Pietropaoli/Rabbia CINEMA ITALIA
DI ROBERTO PAVIGLIANITI

F atta eccezione per alcuni originali, lalbum


Cinema Italia presenta una scaletta di ri-
visitazioni di brani presi dai repertori di En-
temi presi in considerazione, e lalbum si ca-
ratterizza per la continua alternanza dei primi
piani espressivi, che in particolar modo chia-
nio Morricone e Nino Rota, come i noti 8 e mano in causa Giuliani e Biondini. La fisarmo-
e Cera una volta il West. I protagonisti della re- nica lelemento che conferisce una particolare
gistrazione sono quattro musicisti di livello as- ambientazione timbrica a un insieme nel qua-
soluto come Luciano Biondini alla fisarmonica, le non mancano alcune parti di libera improv-
Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Michele Rab- visazione, sempre coerenti allestetica proposta,
bia alla batteria e Rosario Giuliani ai sassofoni e dove trovano spazio anche inserti di elettro-
alto e soprano. questultimo a raccontarci la nica e percussioni aggiunte. Gli arrangiamenti
genesi e il successivo sviluppo del progetto: dei brani prevedono il mantenimento della ra-
stato inizialmente commissionato dal promo- dice tematica e melodica, mentre le personalit
GIULIANI/BIONDINI
ter israeliano Ziv Ben, il quale mi propose nel PIETROPAOLI/RABBIA del quartetto intervengono sullaspetto ritmico
2015 di realizzare un tour di due settimane con e armonico, dando allintera scaletta una natu-
CINEMA ITALIA
Luciano Biondini per suonare musica di colon- ra personale, come se si trattasse di temi inediti.
VIA VENETO JAZZ/
ne sonore del cinema italiano, senza specifica- JANDO MUSIC, 2016 Modo di operare evidente in passaggi come La
re i compositori. Abbiamo accettato la propo- dolce vita e sensazioni che ci ha confermato lo
sta e successivamente la decisione di fare una Rosario Giuliani (alto, sop); Luciano Biondini stesso Giuliani, il quale sottolinea il sentimen-
(fisa); Enzo Pietropaoli (cb); Michele Rabbia
demo in studio di registrazione per capire la di- to espresso da questo lavoro: Il repertorio in-
(batt, perc, elettronica)
rezione da prendere. Pur non avendo mai suo- centrato sullemozione e sulla capacit evocati-
La strada / Nuovo Cinema Paradiso / 8 e 1/2
nato prima insieme, ci ha subito colpito linter- / Deborahs Theme / Bianco e nero / Impro va di alcuni brani. Con Luciano abbiamo cercato
play armonico e ritmico che cera tra noi, quindi Romeo e Giulietta / What Is There Is Not / La di scegliere dei brani che ci creavano emozio-
dolce vita / Cera una volta il West
abbiamo capito che poteva esserci un futuro. neper poter poi restituire le nostre sensazioni
Dopo il tour, che ha avuto un successo incredi- allascoltatore. Non era una scelta decisa a pri-
bile, direi impensabile da parte nostra, abbiamo ori, ma alla fine sono rimasti solo brani di En-
deciso di sviluppare lidea e di ampliare la for- nio Morricone e Nino Rota. Lalbum stato re-
mazione a quartetto. gistrato e missato alla Casa del Jazz di Roma da
Il loro un omaggio basato sulla cantabilit dei Ascanio Cusella

130
GIUSEPPE MILICI NILS PETTER MOLVR
THE LOOK OF LOVE BUOYANCY
IRMA, 2016 OKEH, 2016

Accanto a Molvr ritroviamo il chitarrista


Giuseppe Milici un brillante armonicista; il Geir Sundstl e il batterista Erland Dahlen,
suo disco costruito con alcuni classici molto ovvero due quarti dell'organico impiegato
noti della storia del jazz e del pop, come Esta- nel precedente Switch (Okeh, 2014), di cui
te o The Shadow Of Your Smile, o Besame mu- Buoyancy rappresenta la naturale evolu-
cho, e tre brani originali di sua composizio- zione. Chiude il cerchio il bassista Jo Berger
ne. Il sound quello tipico dello smooth jazz, Myhre, alle prese anche con chitarre e synth.
e arricchiscono la tavolozza sonora numerosi Con questa line up cos timbricamente variegata, il trombettista
ospiti: da Neja a Fabrizio Bosso a Francesca Gramegna. Un disco disegna una gamma di paesaggi sonori fatti di dimensioni evoca-
che sicuramente piacer agli amanti dell'armonica e del jazz pi tive di affascinante staticit, brumosi umori nordici, cadenze in-
morbido ed evocativo. (EM) dustrial e fughe psichedeliche. (ADV)

ALESSANDRA MIRABELLA QUINTET SAM MORTELLARO


REMEMBER - A JAZZ SUITE IRVING BERLINS MUSIC ROBOTIC DELUSIONS
JAZZY RECORDS, 2016 AUAND, 2016

Quello prodotto dalla Jazzy Records il pri- Il disco di Mortellaro stato realizzato da uno
mo album nelle vesti di leader per la cantan- degli ensemble pi ascoltati nella storia del
te Alessandra Mirabella, al fianco della qua- jazz: il trio per pianoforte. Nonostante ci il
le troviamo Max Ionata ai sassofoni, Rosario disco molto bello e particolarmente origina-
Bonaccorso al contrabbasso, Nicola Angeluc- le e personale: composizioni interessanti, a vol-
ci alla batteria e Giovanni Mazzarino al pia- te anche molto articolate e complesse, arricchi-
noforte. Questultimo si occupato anche te da un notevole intreccio musicale realizzato
degli arrangiamenti dei brani in scaletta scelti dal songbook di Ir- dal sovrapporsi delle idee del leader e della ritmica. I brani sono
ving Berlin, che si alternano con alcuni brevi passaggi dimprov- tutti originali ed esprimono un approccio sempre in bilico tra
visazione. La Mirabella mostra un profondo scavo espressivo, ot- rock, jazz, fusion acustica. (EM)
tenuto grazie al perfetto controllo dinamico e allelegante timbro
vocale. (RP)

131
FOCUS JAZZ REVIEW

GOVERT DRIESSEN
Holland/Potter
Loueke/Harland
DI ROBERTO PAVIGLIANITI
AZIZA

A ziza il nome di questo quartetto all-


star che schiera personaggi di levatura
assoluta come Chirs Potter al tenore e soprano,
nella chitarra elettrica di Lionel Loueke il polo
di maggiore attrazione; Walkin The Walk pre-
senta un tema pi riflessivo ed elegante; Aquila
Eric Harland alla batteria, Lionel Loueke alla un brano cantabile, svolto con lentezza a dif-
chitarra elettrica e Dave Holland al contrabbas- ferenza della conclusiva Sleepless Night, traccia
so. Il loro album omonimo esce per letichetta di dal moto angolare, dove possiamo apprezzare
Holland, la Dare2, e contiene otto brani origina- anche la voce di Loueke.
li, due per ciascun elemento del gruppo che fa Lalbum stato registrato durante due giorni
della parit di intenti, e dunque dellequilibrio di sessioni presso lo studio Sear Sound di New
sia formale sia espressivo, uno dei suoi punti di York City, in unatmosfera rilassata, come ci
maggiore riconoscibilit e forza. Oltre a traspa- ha descritto Harland: Eravamo calmi e molto
rire dallascolto dei brani, questo senso di col- concentrati e il tutto filato via liscio, in manie-
HOLLAND/POTTER
lettivit e rispetto tra i quattro ci stato confer- LOUEKE/HARLAND ra naturale. Abbiamo prestato attenzione a un
mato da Eric Harland, che abbiamo raggiunto sacco di dettagli. Ogni membro della band ha
AZIZA
per farci raccontare questa entusiasmante real- portato i propri brani, ma ha anche dato molto
DARE2, 2016
t: Tra di noi c una grande coesione che si spazio agli altri per inserire diversi punti di vi-
creata gi dai primi incontri. Oltre ad avere ri- sta musicali. I miei compagni sono ognuno le-
Chris Potter (ten, sop); Lionel Loueke (ch, voc);
spetto gli uni degli altri, abbiamo un amore co- Dave Holland (cb); Eric Harland (batt) satta definizione di gentiluomo.
mune per la musica che suoniamo. Musica che Aziza dunque un progetto speciale e anche un
Aziza Dance / Summer 15 / Walkin The Walk /
riflette diverse sfaccettature stilistiche: linzia- Aquila / Blue Sufi / Finding The Light / Frien- gruppo di amici, dove la stima reciproca con-
ds / Sleepless Night
le Aziza Dance, dove Potter mostra una grande tribuisce alla riuscita artistica dinsieme in ma-
ispirazione tematica, si dipana su una ballabi- niera importante, al punto che, anche se non ci
le base funky; Summer 15 proietta limmagina- sono date gi fissate, c lintenzione di produr-
rio dascolto verso le isole tropicali, trovando re un secondo album

132
FRANCESCO ORIO TRIO
CAUSALITY CHANCE NEED
NAU, 2016

Le tracce di Casuality Chance Need seguono


un principio comune di improvvisazione basata
sullelaborazione di brevi frammenti origina-
li, per un lavoro dinsieme che il pianista Fran-
cesco Orio firma in trio con Fabio Crespiatico
al basso elettrico e Davide Bussoleni alla batte-
ria. La loro una visione della materia sonora
che travalica con destrezza gli argini di genere e stile, attraverso
melodie cantabili alcune esposte in solo da Orio e figurazioni
astratte e introspettive. In due brani la voce recitante dellospite
Umberto Petrin. (RP)

SONNY ROLLINS
HOLDING THE STAGE/ROAD SHOWS VOL. 4
DOXY/OKEH, 2016

Si apre con In A Sentimental Mood, un classi-


co del suo repertorio on stage, il quarto capi-
tolo della serie Road Shows, la celebrata rac-
colta di registrazioni live inedite provenienti
dall'archivio di Sonny Rollins, prodotta e va-
gliata dallo stesso sassofonista. Esibendo vari
organici, il disco racchiude estratti dai con-
certi di Londra, Parigi, Marsiglia, Tolosa, Praga, Pori e Boston (la
famosa performance tenuta al Berklee Performing Arts Center il
15 settembre 2001) compresi in un arco temporale che va dal 1979
al 2012. (ADV)

AISHA RUGGIERI
SOUTHLITUDE
CALIGOLA, 2016

La pianista e compositrice Aisha Ruggieri re-


alizza un passaggio importante del proprio
percorso artistico, con un album che, rispet-
to ai lavori precedenti, ne mette in eviden-
za aspetti di maggiore apertura verso la spe-
rimentazione timbrica (con tastiere, Fender
Rhodes e percussioni) e libridazione di stili
e forme. Nei nove brani in programma, tutti firmati dalla leader,
si ascoltano diverse derivazioni, come echi di tango, rimandi alla
musica classica e omaggi al mondo del rock, come in Led, brano
riferito alla sfera sonora dei Led Zeppelin. (RP)

RAFFAELLA SINISCALCHI QUARTET


WAITIN' 4 WAITS
PH MUSIC WORX, 2016

Il disco naturalmente dedicato alla rilettura


di alcune delle pi belle pagine musicali scrit-
te da Tom Waits. Accompagna Raffaella Sini-
scalchi un quartetto di base dal sound morbi-
do e acustico, ma numerosi sono gli ospiti che
colorano le diverse tracce. Gli arrangiamenti
sono ispirati, la vocalist rende merito ai brani
con esecuzioni impeccabili e il timbro degli archi spicca sul resto,
rendendo particolarmente personale il CD, che piacer agli aman-
ti di Waits ma non solo. (EM)

133
RECORDS JAZZ REVIEW

Vittorio
Mezza Trio NAPOLI JAZZ SONGS
LAURA CUSANO

NEL SUO NUOVO LAVORO PER LA ABEAT RECORDS IL


PIANISTA VITTORIO MEZZA RILEGGE IN CHIAVE JAZZISTICA
LE PAGINE PI NOTE DELLA MUSICA NAPOLETANA. IL DISCO
STATO REGISTRATO A TORONTO E AD AFFIANCARE IL LEADER
TROVIAMO I CANADESI GEORGE KOLLER E DAVIDE DIRENZO

DI EUGENIO MIRTI

134 134
Ho cercato di trovare una sorta di trait d'union tra le tematiche della canzone
napoletana, sempre ricca di sentimenti ed emozioni forti. Per esempio, Torna a
Surriento mi sembra coerente con il tema dell'immigrazione, cos come Lacreme
napulitane. Un altro tema legato alle colonne sonore del cinema

Un omaggio a Napoli. Perch?


Innanzitutto perch non l'avevo mai fatto. Ho sempre realizzato dischi di jazz molto
specifici perci era una novit, un suono che non avevo nei lavori precedenti e che
ho voluto realizzare con il trio. Mi ha suggerito questo progetto un'amica e mana-
ger canadese, Jadro Subic, che mi ha dato l'abbrivio per questo lavoro. Abbiamo re-
gistrato a Toronto, e quindi mi ha divertito proporre a musicisti canadesi dei brani
della tradizione napoletana, comunque ridotti a standard veri e propri: linee melo-
diche e accordi cui loro hanno apportato il loro contributo.
VITTORIO MEZZA TRIO

Come hai scelto il repertorio? NAPOLI JAZZ SONGS


In realt avevo selezionato il doppio dei brani poi pubblicati, circa venticinque; ho ABEAT, 2016
dovuto scegliere tra questi cercando di avere un minimo di coerenza almeno nell'ar-
rangiamento. Ho inserito quelli che sentivo pi vicini a me in quel momento. Quan- Vittorio Mezza (pf, arr); George Koller (cb, fretless b); Davide Di-
no chiove di Pino Daniele stata registrata qualche settimana prima della scompar- Renzo (batt, perc)

sa di Pino, ed stata una sensazione un po' strana apprendere poi della sua dipartita.
Il lavoro di Vittorio Mezza rilegge
Ho cercato di trovare una sorta di trait d'union tra le tematiche della canzone napo-
in chiave jazzistica alcuni classici
letana, sempre ricca di sentimenti ed emozioni forti. Per esempio, Torna a Surrien- della canzone napoletana, a par-
to mi sembra coerente con il tema dell'immigrazione, cos come Lacreme napulitane. tire da quelli della tradizione po-
Un altro tema legato alle colonne sonore del cinema: il medley di Ennio Morrico- polare come Tammurriata nera e
ne, con un tema da Once Upon a Time in America, e quello di Nuovo Cinema Paradi- Torna a Surriento fino ad arriva-
so. Del resto io stesso sono emigrante... re a Tu vu fa' l'americano di Re-
nato Carosone, Quanno chiove di
Pino Daniele e a un medley dedi-
Come hai lavorato agli arrangiamenti?
cato a Ennio Morricone. La ritmica
Ho sempre cercato un equilibrio nel non danneggiare l'edificio originale e creando
del progetto canadese, ed di-
qualcosa di diverso, fresco e contemporaneo. In alcuni brani cos ho cambiato me- vertente ascoltare George Koller
tro, portandolo in 5/4, Reginella diventata un'alternanza di 6/4 e 5/4 e cos via. La e Davide DiRenzo alle prese con
sfida anche quella di creare qualcosa di divertente per chi suona, e riconoscibile il pi classico repertorio parteno-
per chi ascolta. In altri brani ho lavorato su sostituzioni armoniche, interludi, peda- peo. Gli arrangiamenti di Mezza
li, e cos via. sono ben congegnati, non snatu-
rano mai le composizioni di par-
tenza ma le rendono originali e
Come hai scelto i tuoi due compagni?
particolarmente personali: brillan-
George tra i migliori bassisti di Toronto, cos come Davide tra i migliori batteri-
te la rilettura di Tu vu fa' l'ame-
sti della scena: ha un nome italiano, ma in realt canadese. Sono stati scelti da Ja- ricano, ritmica e incalzante quella
dro Subic, che mi conosce da molti anni e ha immaginato che sarebbero andati bene. di Tammurriata nera, evocativa la
Devo dire che fin dalla prima nota della prima prova c' stata un'intesa immediata, e versione di Torna a Surriento, qua-
quindi sono particolarmente soddisfatto sia artisticamente sia umanamente. si rock Funicul Funicul, e cos via,
in un'ideale passeggiata nelle me-
Presenterete il disco live? raviglie dell'ingegno musicale. Un
disco ben riuscito, che dimostra le
S, faremo delle presentazioni a Toronto e a Montreal i primi di maggio.
grandi capacit tecniche e inter-
pretative di Vittorio Mezza e che
Quali progetti hai per il futuro? Realizzerai altri lavori monografici simili? si riascolta molte volte sia per l'ap-
In realt la prima proposta che avevo fatto a Jadro era basata sui pezzi storici del proccio originale a brani molto co-
rock: ho gi gli arrangiamenti. Per il momento vediamo come si evolver questo pro- nosciuti sia per il playing di alto li-
getto, poi decider vello. (EM)

Tu vu fa' l'americano / Tammurriata nera / Torna a Surriento /


Lacreme napulitane / Dicitencello vuje / Quanno chiove / Era de
maggio / Poverty - Nuovo Cinema Paradiso - Tema d'amore / Fu-
nicul funicul / Voce 'e notte / Reginella

135
MARCUS STRICKLAND'S TWI-LIFE DANIELE TITTARELLI & MARIO CORVINI'S NTJO

NIHIL NOVI EXTEMPORA


BLUE NOTE, 2016 PARCO DELLA MUSICA, 2016

Prodotto da Marcus Strickland insieme alla La New Talents Jazz Orchestra nasce per ini-
produttrice e bassista Meshell Ndegeocello, ziativa di Mario Corvini, che ne anche di-
"Nihil novi" un disco particolarmente elabo- rettore: una big band che ha metabolizzato la
rato, costruito sfruttando tutti i trucchi dello personale idea di conduction di Corvini, che
studio di registrazione nell'intento di mesco- la guida come fosse un unico strumento dalle
lare ritmi, parti strumentali, voci, campio- vaste opportunit timbriche e dall'ampio po-
namenti vari. Gli elementi musicali coprono tenziale espressivo. Extempora ci fa ascol-
un'impressionante variet stilistica, dal jazz al tare sette nuove composizioni di grande personalit, manifesto di
blues, dal gospel all'hip hop al folk europeo, e il disco sorprende unidea nuova di essere orchestra: liriche aperte, melodiche e al
infatti per l'estrema variet di approcci. (EM) tempo stesso spigolose. Per la NTJO anche una preziosa occa-
sione di ospitare il sassofonista Daniele Tittarelli. (LV)

THE BAD PLUS JOONA TOIVANEN

IT'S HARD LONE ROOM


OKEH, 2016 CAM JAZZ, 2016

It's Hard, ovvero l'arte della cover. E di sole C' un senso di totale abbandono e una pro-
cover, infatti, composto l'undicesimo album fonda poesia nelle note che fluiscono dal pia-
da studio del trio newyorkese. Undici tracce noforte di Joona Toivanen. Il pianista finlan-
rimodellate a propria immagine e somiglian- dese si ritaglia con Lone Room uno spazio
za che incrociano gli umori di Prince, Cin- introspettivo in cui scandagliare i moti dell'a-
dy Lauper, Peter Gabriel, Kraftwerk, Johnny nimo. Registrato presso gli studi Artesuono
Cash e Ornette Coleman destrutturandoli at- di Stefano Amerio, il disco mette in evidenza
traverso una disarticolazione ritmica e armonica che, in aggiunta una sensibilit narrativa di estrazione classica solcata da chiaro-
all'ampio spettro timbrico e dinamico, offrono una rilettura non scuri timbrici e parentesi improvvisative di ampio respiro. A trat-
convenzionale dei brani, come nella migliore tradizione del grup- ti rarefatto, il tocco di Toivanen si lascia apprezzare per liricit e
po. (ADV) nitidezza espressiva. (ADV)

137
RECORDS JAZZ REVIEW

UMBERTO GERMINALE_PHOCUS
Giovanni
Sanguineti Nextrio
GNOTHI SEAUTON

ESCE PER LETICHETTA ALBRE JAZZ GNOTHI SEAUTON,


LALBUM CHE IL BASSISTA E COMPOSITORE GIOVANNI
SANGUINETI REALIZZA IN TRIO CON MARIO ZARA AL
PIANOFORTE E NICOLA STRANIERI ALLA BATTERIA. CON
IL LEADER ABBIAMO PARLATO DI QUESTO IMPORTANTE
PASSAGGIO DEL SUO PERCORSO ARTISTICO, DALLA GENESI
ALLE IPOTESI FUTURE

DI ROBERTO PAVIGLIANITI

138
Ho scelto questo titolo che da intendere, come spiego nel libretto del disco,
non come una domanda, ma come unaffermazione: conosco me stesso e quindi
posso fare questo passo. Questo CD per me un punto in cui coincidono arrivi e
partenze dal punto di vista sia musicale sia umano

Come sono nati i brani originali di Gnothi Seauton?


Non ho un ordine preciso di lavoro. Sono solito canticchiare nel registratore del te-
lefono quelli che possono poi diventare dei temi; altre volte dedico parte dello stu-
dio al cercare di creare melodie; oppure parto dal titolo e cerco di creare un insieme
melodico e armonico che lo descriva. Sono influenzato dal cinema e dalla pittura, e
ultimamente anche dalla fotografia. Avere unimmagine da descrivere una buona
base di partenza per scrivere un brano.

Perch hai scelto il titolo Gnothi Seauton, che tradotto dal greco antico si- GIOVANNI SANGUINETI NEXTRIO

gnifica conosci te stesso? GNOTHI SEAUTON


Cercavo un titolo che evocasse un senso di prontezza e di sicurezza. Ho scelto que- ALBRE JAZZ, 2016
sto titolo che da intendere, come spiego nel libretto del disco, non come una do-
manda, ma come unaffermazione: conosco me stesso e quindi posso fare questo Mario Zara (pf); Giovanni Sanguineti (cb); Nicola Stranieri (batt)
passo. Questo CD per me un punto in cui coincidono arrivi e partenze dal punto di
Registrato durante ununica ses-
vista sia musicale sia umano.
sion presso lo studio Zerodieci di
Roberto Vigo a Genova, il 18 apri-
Nel tuo cammino artistico, quindi, questo lavoro un passaggio importante. le 2016, Gnothi Seauton il la-
Ha un peso diverso da altri dischi: nei precedenti cerano tributi pi o meno dichia- voro che il bassista e composito-
rati ai miei artisti di riferimento e qualche brano originale. Dopo ho iniziato a ma- re Giovanni Sanguineti realizza
in trio, con Mario Zara al piano-
turare delle scelte di materiale e arrangiamento molto diverse, e mi sono maggior-
forte e Nicola Stranieri alla batte-
mente dedicato alla scrittura. Gnothi Seauton, con basi armoniche e architetture ria, per la Albre Records del pro-
pi moderne e meno manieristiche, il miglior punto di arrivo che potessi mai pre- duttore nipponico Satoshi Toyoda.
vedere per completezza musicale e spirito di composizione e leadership, ma co- Il titolo fa riferimento allesorta-
munque un passaggio. zione conosci te stesso, la mas-
sima religiosa iscritta nel tempio di
Apollo a Delfi, che lidea concet-
Prima di entrare in studio avevi unidea precisa di che cosa realizzare?
tuale attorno alla quale Sanguine-
Ho presentato a Mario e Nicola i pezzi gi finiti, ma non definiti. Mi spiego meglio: ti costruisce la scaletta dellalbum
una cosa che mi piace molto fare chiudere i pezzi con il gruppo, cio portarli pron- di soli brani originali, fatta eccezio-
ti ma lasciare comunque una possibilit di lavoro. Non tanto nelle parti melodiche, ne per ladattamento della pucci-
quanto nelle dinamiche e nellarrangiamento finale. So che cosa voglio ottenere da niana Bohmien. Apre il program-
ma una melodiosa ballad dal titolo
un brano, per sono molto disponibile a mettere mano al pezzo con idee altrui. Pri-
Dawn, alla quale segue Drop Your
ma di entrare in studio avevamo provato alcuni brani che poi sono stati registrati. Blinders, brano con un andamento
ritmico pi marcato, dove emerge
Per quali caratteristiche hai scelto i componenti del Nextrio? il pianismo robusto quanto lirico di
Mario era nel mio mirino da tempo. Lui come me aveva inciso per la Ultra Sound e Zara, autentico faro del trio, capa-
lo apprezzavo molto gi da tempo. Questa stata loccasione buona per reclutarlo, ce di condurre le esposizioni tema-
tiche o, alloccorrenza, di esplicare
ed una delle scelte pi indovinate della mia carriera. Lumilt di Mario, il suo ta-
compiti ritmici con estrema flessi-
lento e il suo umorismo sono impagabili. Di conseguenza mi ha proposto Nicola, di bilit formale. Nellinsieme il lavoro
cui conoscevo alcuni trascorsi. Da l a vedersi, iniziare a suonare e creare lo spiri- si distingue per la coesione tra gli
to di gruppo stato facile. Ringrazio molto Mario e Nicola perch hanno dato cor- interpreti e per lequilibrio espres-
po e anima ai pezzi in un modo che potevo solo augurarmi nelle mie migliori previ- sivo, tra toni misurati e passaggi
muscolari. La copertina curata
sioni di risultato.
dal fotografo Mario Rota che ri-
trae il volto di Sanguineti per il suo
Stai lavorando a nuove produzioni? progetto The Mask and The Arti-
Ora voglio promuovere questo trio il pi possibile, e ho gi del materiale per dare se- st. (RP)
guito allalbum, ma non voglio fare le cose troppo in fretta. Nel frattempo vedr la Dawn / Drop Your Blinders / Piccole speranze urbane / Between
luce della stampa un progetto in trio a nome Moondogs con Filippo Cosentino alla Hot Sand And Thin Ice / Il funambolo / Bohmien / L'aliante / A ca'
chitarra e Lucrezio De Seta alla batteria de anime / Echoes From The Past / Sunset Waltz

139
UMBERTO TRICCA FILIPPO VIGNATO

MOKSHA PULSE PLASTIC BREATH


WORKIN LABEL, 2016 AUAND, 2016

Per il suo album desordio il chitarrista Umber- Plastic Breath segna l'esordio da leader di
to Tricca si avvale della collaborazione dei sas- Filippo Vignato, gi attivo come membro di
sofonisti Achille Succi e Giacomo Petrucci, di altre dinamiche formazioni quali Omit Five,
Nazareno Caputo al vibrafono, Gabriele Ram- Mof, Giovanni Guidi Rebel Band e Piero Bit-
pi Ungar al contrabbasso e Bernardo Guerra tolo Bon's Bread & Fox. Il trombonista, in trio
alla batteria. Interpreti che mettono a reagire con Yannick Lestra (Rhodes, basso synth) e
la loro duttilit espressiva e formale in un lavo- Attila Gyrfs (batteria), coinvolti anche sul
ro che intreccia le diverse derivazioni stilistiche provenienti dal piano compositivo, esibisce qui un'anima sonora elettro-acusti-
background di Tricca, come le modalit ritmiche della musica in- ca con la passione per il jazz, il rock e l'improvvisazione radica-
diana, il contrappunto melodico del Centroamerica e limprovvi- le, centrifugati in una policromia narrativa dalla fervida persona-
sazione contemporanea. (RP) lit. (ADV)

LORENZO TUCCI DHAFER YOUSSEF


SPARKLE DIWAN OF BEAUTY AND ODD
VVJ/JANDO MUSIC, 2016 OKEH, 2016

Per il suo album desordio il chitarrista Um- Quello di incidere con una line up formata da
berto Tricca si avvale della collaborazione dei musicisti newyorkesi sempre stato uno dei
sassofonisti Achille Succi e Giacomo Petruc- desideri di Dhafer Youssef. Con Diwan Of Be-
ci, di Nazareno Caputo al vibrafono, Gabrie- auty And Odd il cantante e suonatore di oud
le Rampi Ungar al contrabbasso e Bernardo tunisino realizza il suo sogno reclutando alcu-
Guerra alla batteria. Interpreti che mettono ni degli artisti pi blasonati dell'attuale sce-
a reagire la loro duttilit espressiva e formale na jazz di New York: Aaron Parks, Ambrose
in un lavoro che intreccia le diverse derivazioni stilistiche prove- Akinmusire, Ben Williams e Mark Guiliana.
nienti dal background di Tricca, come le modalit ritmiche del- Ne nascono cos scenari musicali in bilico tra umori urbani e
la musica indiana, il contrappunto melodico del Centroamerica e magiche seduzioni mediorientali, con la vocalit inarrivabile di
limprovvisazione contemporanea. (RP) Youssef a squarciare l'orizzonte sonoro. (ADV)

141
RECORDS JAZZ REVIEW

JACOPO SALVI
DANIELA FLAVONII
Spadoni
Roberto

& New Project Jazz orchestra


MUSIC TRAVEL
USCITO IL QUARTO DISCO FRUTTO DELLA
COLLABORAZIONE TRA LA BIG BAND NATA IN
SENO ALL'ASSOCIAZIONE NEW PROJECT NEL
1984 E DI STANZA A TRENTO E BOLZANO E IL
CHITARRISTA, COMPOSITORE E ARRANGIATORE
ROMANO. IL NUOVO LAVORO S'INTITOLA "TRAVEL
MUSIC" (ALFA MUSIC, 2016) E PRESENTA SEI
BRANI ORIGINALI SCRITTI PROPRIO DAL LEADER,
CHE ABBIAMO INTERVISTATO PER L'OCCASIONE

DI EUGENIO MIRTI

142 142
Le orchestre di jazz sono un patrimonio di tutti gli appassionati. I festival, le rassegne,
i teatri sono gli enti che possono ospitare dignitosamente un organico orchestrale e in
qualche modo, proprio perch spesso agevolati da fondi pubblici, devono sentire la
promozione di questi progetti come un impegno verso la musica

Travel Music, ovvero l'Italia dal finestrino: come sono nate le composizioni
e gli arrangiamenti di questo nuovo lavoro?
Travel Music raccoglie una parte dei lavori orchestrali concepiti e realizzati du-
rante i miei continui viaggi per concerti e attivit didattica nel corso degli ultimi
venti e pi anni. Il mio studio per eccellenza diventato il treno, ma anche le came-
re di albergo, gli aeroporti, i ristoranti o l'automobile sono divenuti luoghi di pensie-
ro libero e ispirato.

Quarto disco della tua collaborazione con la New Project Jazz Orchestra, pri- ROBERTO SPADONI NEW PROJECT
JAZZ ORCHESTRA
mo costituito di soli originali: perch questa scelta?
Durante i miei anni di insegnamento presso il Conservatorio di Trento sono venu- TRAVEL MUSIC
ALFA MUSIC, 2016
to in contatto con questa realt e da questa collaborazione sono nati quattro album.
I primi tre sono stati dedicati a Gerry Mulligan (Walkin' With Jeru, Abeat 2013),
Stefano Menato (alto, cl); Giuliana Beberi (alto); Fiorenzo Zeni (ten,
Thelonious Monk (Sphere, pubblicato proprio dalla Jazzit Records e allegato al sop); Renzo De Rossi (ten); Giorgio Beberi (bar); Giovanni Falzo-
numero 80 di Jazzit di gennaio/febbraio 2014) e a Billy Strayhorn (Lush Music, ne (tr); Paolo Trettel, Christian Stanchina, Alessio Tasin, Emiliano
Tamanini (tr, flic); Luigi Grata, Hannes Mock, Fabrizio Carlin (trn);
Velut Luna 2015). Questo ricco percorso in comune sfociato con naturalezza nel Glauco Benedetti (tuba); Roberto Spadoni (comp, dir, ch el); Rober-
desiderio di concretizzare un progetto discografico di opere originali: cos siamo to Cipelli (pf); Stefano Colpi (cb); Mauro Beggio (batt)

giunti nel maggio 2016 a registrare questo nuovo CD.


Quarto lavoro per la New Project
Jazz Orchestra e primo disco di
Come avete scelto i tre ospiti, Giovanni Falzone alla tromba, Roberto Cipelli al originali, tutti firmati dal leader
pianoforte e Mauro Beggio alla batteria? Roberto Spadoni: chitarrista, ar-
La NPJO ha uno zoccolo duro, un nucleo di musicisti al suo interno che costitui- rangiatore e compositore ben noto
scono l'armatura dell'orchestra; abbiamo in questa occasione ritenuto di affianca- ai lettori di Jazzit per la sua rubrica
re all'ottimo contrabbasso di Stefano Colpi due musicisti del calibro di Roberto Ci- Jazz Anatomy. Spadoni autore
pelli al pianoforte e Mauro Beggio alla batteria, che hanno reso grandiosa la sezione immaginifico e arrangia in manie-
ra esemplare l'orchestra, qui arric-
ritmica. Poi abbiamo vagliato l'idea di inserire una personalit magnetica, poliedri-
chita da alcuni ospiti di rilievo, che
ca, che fosse in grado di amalgamarsi col multiforme e complesso materiale sonoro rendono le esecuzioni ancora pi
di questa opera e la scelta caduta su Giovanni Falzone. Tra gli altri musicisti che energiche e interessanti: Giovan-
hanno completato la big band, vorrei citare anche Glauco Benedetti al basso tuba, un ni Falzone alla tromba, Mauro Beg-
vero virtuoso del suo strumento. gio alla batteria e Roberto Cipelli
al pianoforte. La scrittura parti-
Dal punto di vista produttivo il disco si avvalso del crowdfunding. Come giu- colarmente varia e i mood sono-
ri sono di conseguenza multiformi
dichi questa esperienza?
e cangianti. Emblematica la secon-
Abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding tramite la piattaforma digitale da traccia intitolata L'Italia dal fine-
Musicraiser. La cifra raccolta ha coperto solo una parte dei costi di una produzione strino: all'inizio presenta un tempo
onerosa, ma l'esperienza stata fantastica. Superato l'impaccio e il pudore iniziali, da ballad, poi subentra un riff che
la campagna ci ha dato la possibilit di raccontare il disco dalla sua nascita, pubbli- alterna battute da 5/4 e 6/4, alla
care immagini delle prove e delle partiture, far partecipare tante persone al percor- fine si ritorna di nuovo su atmosfe-
so creativo fino alla registrazione e al missaggio. re pi morbide. Una scrittura effi-
cace, mai banale e scontata, che
viene esaltata dalla prova dell'or-
Presenterete l'album dal vivo?
chestra, decisamente brillante. Un
Vorrei approfittare di questo spazio per lanciare un appello: le orchestre di jazz sono disco ben scritto e realizzato, che
un patrimonio di tutti gli appassionati. I festival, le rassegne, i teatri sono gli enti che si ascolta volentieri pi e pi vol-
possono ospitare dignitosamente un organico orchestrale e in qualche modo, pro- te, permettendo di scoprire sem-
prio perch spesso agevolati da fondi pubblici, devono sentire la promozione di que- pre nuovi particolari. (EM)
sti progetti come un impegno verso la musica. Detto ci, sar sicuramente possibi- Ce la posso fare / L'Italia dal finestrino / Travel Music / La vita, in
le ascoltare live Travel Music a L'Aquila il prossimo 3 settembre 2017, nell'ambito fondo, un rincorrere emozioni da ricordare / Dolls / La pensio-
dell'iniziativa Il jazz italiano per L'Aquila ne degli artisti

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