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DIAM
SECONDA UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE E MECCANICA
C. GOLIA
Fluidodinamica
Fluidodinamica
A.A 2002/203
C.Golia
C.Golia (carmine.golia@unina2.it)
Queste note contengono gli appunti delle lezioni del primo insegnamento di Fluidodina-
mica offerto tipicamente agli allievi dei Corsi di Laurea in Ingegneria Aerospaziale e di
Ingegneria Meccanica della Seconda Universit degli Studi di Napoli.
Questo corso, nel nuovo ordinamento degli studi, tenuto nel secondo semestre del secon-
do anno di studio e vale 6 crediti (CFU).
Prerequisiti culturali al corso sono tutti gli insegnamenti di Matematica, di Matematica Ap-
plicata e di Fisica.
Scopo del corso, secondo i mandati del nuovo ordinamento, di fornire una preparazione
di primo livello capace di introdurre lo studente alla comprensione ed alle metodologie ti-
piche della materia allo scopo di affrontare e risolvere concretamente semplici problemi di
ingegneria ma con una preparazione di base che gli consentir futuri approfondimenti ed
estensioni.
Enfasi sar posta quindi sul saper fare, il che richieder la comprensione del problema fisi-
co, il suo inquadramento nelle problematiche della Fluidodinamica, la formulazione delle
equazioni e la loro risoluzione. Tali fasi, che rappresentano liniziazione alla professionalit
dellingegnere, verranno svolte ed agevolate da intense attivit di tutoraggio, che dovranno
essere seguite con costanza e solerzia in quanto costituiscono parte integrante e fondamen-
tale del processo di formazione.
Queste note sono state estratte da appunti delle lezioni fornite a studenti degli anni prece-
denti. Questi allievi sono stati usati come cavie pazienti per l'adattamento graduale del testo
alla didattica fattibile nei 6 CFU, per la individuazione dei punti oscuri e per la correzione
degli inevitabili errori. A tutti il ringraziamento dell'autore.
Ma gli errori e le imperfezioni sono indici dell'umanit, cui apparteniamo; sicch essi con-
tinueranno immancabilmente a permanere in queste note.
Futuri allievi saranno grati a quanti di voi, attenti lettori, vorranno segnalarli all'autore.
C.Golia
Per ultimo, ma non per diminutio, si ringraziano, per la loro collaborazione alla stesura fi-
nale di queste note, i colleghi che, nel corso degli anni, hanno adottato questi appunti per le
loro lezioni.
P.i
C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio
Indice
PROEMIO
Paragrafo pagina
Indice i
Check-In vi
Scheda di valutazione vii
Capitolo 1: INTRODUZIONE
Paragrafo pagina
1.1 Preliminari 2
1.2 Cenni Storici 2
1.3 Il concetto di fluido 3
1.4 Il fluido come mezzo continuo 4
1.5 Dimensioni ed Unit 4
1.6 Propriet Termodinamiche di un fluido 7
1.6.1 Densit 7
1.6.2 Temperatura 8
1.6.3 Pressione 8
1.6.4 Equazioni di stato 9
1.6.5 Viscosit 12
1.6.5.1 Variazione della viscosit con la temperatura 14
1.6.6 Conducibilit termica 14
1.6.7 Fluidi non-newtoniani 15
1.6.8 Tensioni superficiali 15
1.6.9 Tensione di vapore 17
1.7 Check-Out 18
Paragrafo pagina
2.1 La Meccanica del continuo 2
2.2 Scalari, vettori e Tensori 3
2.2.1 Scalari 4
2.2.2 Vettori 4
2.2.3 Tensori 7
2.3 Rappresentazioni Euleriana Lagrangiana 12
2.4 Velocit 15
2.5 Velocit Angolare di particelle fluide 18
2.6 Accelerazione (lineare) 19
2.7 Dilatazione 21
2.8 Velocit di dilatazione 22
2.9 Teorema del trasporto di Reynolds 24
2.10 Il tensore di deformazione 27
2.11 Il tensore velocit di deformazione 28
2.11.1 Significati delle componenti del tensore di deformazione 30
2.12 Il tensore degli sforzi 31
2.13 Flussi e portate 34
2.14 Teoremi di Gauss 36
2.15 Vorticit 38
2.16 Potenziale di velocit 39
2.17 Circolazione Teorema di Stokes 39
P.ii
C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio
Paragrafo pagina
3.0 Premessa 2
3.1 Idrostatica 3
3.2 Campi idrostatici 6
3.2.1 Pressione idrostatica in liquidi 6
3.2.2 Pressione idrostatica in gas 8
3.2 Manometria 9
3.3 Spinte su superfici piane 10
3.4 Spinte su superfici curve 13
3.5 Campi di pressione in fluidi stratificati 14
3.6 Galleggiamento e Stabilit 15
3.7 Campi di pressione in atti di moto rigido 17
3.7.1 Accelerazione lineare uniforme 17
3.7.2 Rotazione rigida 18
3.8 Campi di pressione in flussi irrotazionali - Teorema di Bernoulli 20
3.9 Campi di pressione in flussi arbitrari 21
3.10 Misuratori di pressioni 21
3.11 Check-Out 26
Paragrafo pagina
4.1 Generalit 2
4.2 Il teorema di Reynolds (detto del trasporto) 4
4.3 Equazioni Integrali valide per un Volume di Controllo 5
4.3.1 Equazioni integrale per la conservazione della massa 6
4.3.2 Equazione integrale per il bilancio della quantit di moto 8
4.3.3 Equazione integrale per il bilancio della quantit di moto in un rif.non inerziale 11
4.3.4 Equazione integrale del momento della quantit di moto 13
4.3.4.1 Considerazioni per lanalisi di turbomacchine 14
4.3.5 Equazione integrale dell'energia 18
4.3.5.1 Forma ingegneristica per lequazione integrale dellenergia 22
4.4 Coefficienti di correzione 24
4.5 Fluidodinamica dei sistemi propulsivi (eliche e rotori) (teoria del disco attuare) 25
4.6 Sintesi e Chek-Out 31
P.iii
C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio
=^=^=^=^=
P.iv
C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio
A.7.1 Laplaciano 15
A.8 Algebra tensoriale 15
A.8.1 Prodotto scalare tra un vettore ed un tensore 16
A.8.2 Doppio Prodotto scalare tra tensori 17
A.8.3 Analisi spettrale di tensori 17
A.9 Tensori di interesse in Fluidodinamica 18
A.9.1 Tensore degli sforzi 18
A.9.2 Gradiente della velocit 19
A.10 Elementi di calcolo integrale 22
=^=^=^=^=
Testi Consigliati:
WHITE, F.M. : Fluid Mechanics , Third Ed. Mc-Graw-Hill, New York, N.Y. (1994)
P.v
C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio
Check in
Prima di intraprendere un viaggio a occorre verificare se tutta la documentazione in ordine.
Nella fattispecie, dopo averVi dato il benvenuto ed averVi augurato una fruttuosa percorrenza ed un felice arrivo, ne-
cessario verificare se le nozioni di base necessarie, per un adeguato apprendimento degli argomenti che saranno trattati
in questo corso, sono state da Voi debitamente assimilate.
A tal fine seguir una lista di argomenti (e sotto argomenti) che siete invitati ad analizzare attentamente.
Tutti questi argomenti dovrebbero essere stati trattati nei corsi di base di Matematica e di Fisica
AccertateVi di conoscerne l'origine, il significato e l'operativit ed, in specialmodo, di averne a disposizione riferimen-
ti e fonti. Se qualche argomento non vi chiaro, segnalatelo al vostro istruttore che ne curer una rivisitazione e/o un
approfondimento idoneo durante le ore di tutoraggio.
3. Fisica:
3.1. cinematica e dinamica di sistemi di punti materiali.
3.2. lavoro di campi di forzo, loro risultante,
3.3. energia: forme e principi,
4. Matematiche:
4.1. Calcolo differenziale di funzione di pi variabili
4.2. Integrali multipli (linea e di superficie)
4.3. Sviluppo in serie di Taylor multidimensionale
4.4. Formule di Green (teoremi di Gauss e Stokes)
4.5. Integrazione di equazioni a derivate ordinarie
4.6. Classificazione delle equazione differenziali a derivate parziali
P.vi
C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio
SCHEDA DI VALUTAZIONE
corso di Fluidodinamica (nuovo ordinamento)
docente: prof. _______________
Laurea in Ingegneria Aerospaziale, Facolt di Ingegneria, S.U.N.
Anno Accademico 2002-2003
Contenuti
Qualit appunti
Quantit appunti
Modalit di lezione
Modalit di esercitazioni
Modalit di esame
Ritmo
In poche parole a cosa Ti servito il corso (a parte la considerazione di aver acquisito 6 dei 180 crediti)?
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Firmare apponendo una croce (asetticamente anonima) nella casella a lato e mettere il foglio, debitamente piega-
to, nella casella della posta del prof. _____ sita a destra all'ingresso del corridoio del Dipartimento di Ingegneria Aero-
spaziale.
P.vii
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Capitolo 1
Introduzione
Lo studio della fluidodinamica lanalisi del moto dei fluidi e delle loro interazioni con corpi che li
contengono o con corpi in essi immersi richiede preliminarmente varie conoscenze: dalle propriet dei
fluidi (gas e liquidi), alla loro descrizione e modellistica, ai fondamenti di misure sperimentali, per arrivare
ovviamente alle equazioni che devono essere soddisfatte (applicazione dei bilanci di propriet estensive) e
come queste si raccordano a quelle fornite nei corsi di fisica elementare.
Scopo di questo capitolo lintroduzione alla descrizione delle propriet termo-dinamiche di un campo
fluido in moto.
1.1
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
1.1 PRELIMINARI
La Fluidodinamica considera lo studio di fluidi (in moto o in stato di quiete) e gli effetti di questi su superfici
(solide o di altro fluido).
La Fluidodinamica retta da equazioni di bilancio o di conservazione e da relazioni fenomenologiche che
derivano da leggi generali della meccanica teoricamente ben sviluppate e da considerazioni
fisico/sperimentali.
L'applicazione di tali equazioni era fino a poco tempo fa frustrante in quanto limitate a problemi descritti da
geometrie semplicistiche ed a tipi di moto molto speciali (flussi ideali non viscosi), lasciando molto a
correzioni empiriche per gli effetti viscosi.
La disponibilit, oggi, di capacit di calcolo numerico (derivanti finanche da PC che hanno potenzialit fino
a pochi anni fa limitate a supercomputers tipo CRAY) ha di molto esteso la ricerca di soluzioni di problemi
di pi pratico interesse; la legge universale della costanza della frustrazione ha per fatto s che linteresse
si spostato a problematiche molto pi avanzate quali: le fenomenologie della transizione
laminare/turbolento, le instabilit, i moti secondari tridimensionali ecc.
Come molte altre discipline la Fluidodinamica presenta uno sviluppo storico di tipo erratico: a leggi
fondamentali derivate parecchi secoli prima di Cristo, segue una stasi teorica ma con realizzazioni rilevanti.
Barche a remi, barche a vela, sistemi di irrigazione erano ben sviluppati fin dai primordi della storia.
Archimede ed Erone (III secolo A.C.) postularono la legge del parallelogramma per vettori, le leggi del
galleggiamento e delle spinte idrostatiche.
Gli etruschi costruirono imponenti opere di acquedotti e fognature ma non hanno lasciato evidenza dei loro
principi di calcolo (che invero hanno portato ad ottime realizzazioni alcune delle quali ancora funzionanti).
Nel Medio Evo il buio pi totale fino a Leonardo (XV secolo) che deriv l'equazione di conservazione della
massa e descrisse in modo accurato molti flussi: getti, salti idraulici, formazione di vortici, corpi a bassa ed
ad alta resistenza, prototipi di macchine fluidodinamiche (pompe, elicotteri, paracadute).
Nel quindicesimo secolo si riavvia l'interesse con una strana alternanza di momenti di avanzamento teorico
con quelli sperimentali (non sempre gli uni antecedenti agli altri).
Il francese Mariotte nel XVII secolo costru il primo tunnel a vento e misur la resistenza di corpi.
La razionalizzazione dellanalisi del moto venne fatta ovviamente da Newton (1642-1727) che postul la
fenomenologia della viscosit dei fluidi.
Ma per molti secoli la capacit matematica non era sufficiente per ricercare soluzioni sicch i matematici del
XVII secolo (i Bernoulli, Eulero, d'Alembert, Lagrange, Laplace) concentrarono la loro attenzione sui flussi
non viscosi. Eulero scrisse le equazioni del moto; i Bernoulli ne ricavarono varie soluzioni integrali;
d'Alembert ne ricav il paradosso (assenza di forza su corpi immersi in un fluido).
La risoluzione di questo paradosso non era alla portata dei matematici di allora, lo studio degli effetti viscosi
venne fatto quasi esclusivamente da sperimentali: Chzy, Pitot, Borda, Weber, Francis, Hagen, Poiseuille,
Darcy, Manning, Bazin, Wiesbach lavorarono in special modo a problemi idraulici viscosi quali canali
aperti, resistenza di scafi, flussi in tubi, onde superficiali, pompe e turbine fornendo dati di ottimo livello,
molte volte raggiunti in modo crudo con correlazioni ma senza comprensione degli aspetti fisici
fondamentali.
Alla fine del XIX secolo ricomincia l'unificazione tra teorici e sperimentali: William e Robert Froude (1810-
1879, 1842- 1924) svilupparono la teoria dei modelli; Lord Rayleigh (1842-1919) propose la tecnica di
analisi dimensionale; Osborne Reynolds (1842-1912) con il suo famoso esperimento del 1883 mostr
l'importanza del numero adimensionale (che prese il suo nome) che fissava la transizione dal regime laminare
a quello turbolento.
Le equazioni complete per flussi viscosi erano nel frattempo disponibili: Navier (1780-1836) e Stokes (1819-
1903) avevano infatti indipendentemente completate le equazioni scritte da Eulero aggiungendovi il termine
viscoso.
Ma queste erano troppo complicate per la risoluzione di problemi di interesse pratico, fino a che nel 1904
Ludwing Prandtl (1875-1953) postul le condizioni per l'esistenza dello strato limite, ne defin le equazioni
approssimate ed i suoi allievi produssero soluzioni di pratico interesse.
1.2
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Il XX secolo inizia quindi con i grandi fluidodinamici, oltre a Prandtl infatti Von Karman (1881-1963),
Taylor (1886-1975) e Kolmogorov (1933) gettono le basi per la nascita della Fluidodinamica
Computazionale che esplode con la disponibilit di calcolo numerica offerta dagli elaboratori elettronici a
partire dagli anni sessanta.
Da allora ad oggi il numero di lavori cresce in modo iperbolico.
Ma se si pensa che il 75% della Terra coperta da acqua, che il 100% della Terra circondata da aria, che il
corpo umano fortemente dipendente da processi fluidi sia per la respirazione che per il pompaggio e la
circolazione del sangue, delle urine e del sistema linfatico, si giustifica facilmente tale interesse.
Ma non basta: quasi tutte le scienze ambientali (meteorologia, oceanografia, vulcanologia); quasi tutti i
problemi di trasporto (aeronautici, terrestri, navali e sottomarini); quasi tutto l'approvvigionamento
energetico (turbine idrauliche, a vapore, atomiche, oleodotti, gasdotti, acquedotti, fognature); quasi tutti i
problemi di combustione; molte macchine motrici ed operatrici; rappresentano tutti problemi
fluidodinamici.
Lo scopo di un corso di fluidodinamica quindi di presentare concetti abbastanza elementari per applicazioni
di pratico interesse, conditi da un rigore sufficiente per permettere una agile transizione ad approfondimenti
nei troppo numerosi campi specialistici, con la speranza, per i nuovi adepti, di sviluppare nuove tecnologie
utili per il progresso dell'umanit.
Da un certo punto di vista la materia si manifesta essenzialmente in due stati: solido e fluido.
La differenza principale tra i due stati, sta nel fatto che, in condizioni statiche (i.e. in assenza di moto), un
solido pu resistere a sforzi normali e tangenziali (taglio - shear) mentre un fluido pu resistere soltanto a
sforzi normali.
Ovviamente, noto che i fluidi si suddividono ulteriormente in liquidi e gas. La distinzione che nei liquidi
le forze intermolecolari sono abbastanza forti da mantenere il volume, nel caso dei gas queste sono molto
deboli sicch il gas occupa tutto l'ambiente consentitogli - dal confinamento geometrico (bombola) o dal
confinamento gravitazionale (atmosfera).
Con questa classificazione, in condizioni statiche:
i solidi conservano forma e volume,
i liquidi conservano solo il volume ( in un campo gravitazionale possono presentare un
pelo libero),
i gas non conservano n forma n volume.
Ovviamente queste definizioni sono approssimate e tali da essere smentite da casi particolari:
una gelatina (e un dentifricio) si comporta in parte come un solido in parte come un
fluido ( il campo di interesse della reologia),
al di sotto del punto critico (per l'acqua Tc=647 K, pc=219 atm; per l'aria che una
miscela non esiste un unico punto critico, ma per l'azoto che ne il maggiore costituente
vale Tc=126 K, pc=34 atm) una sostanza si comporta in parte come liquido in parte come
un gas ( il campo di interesse dei fluidi bi-fasici).
1.3
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Per la massima parte dei fluidi il valore limite V* circa pari a 10-9 mm3, che quindi definisce il concetto di
punto massa.
Tenere presente che in condizioni standard un volume di 10-9 mm3 contiene circa 3 x 107
molecole, pi che sufficienti per poter definire, statisticamente, un valore di densit costante
nel tempo.
Ovviamente lo stesso vale per tutte le altre propriet di interesse in Fluidodinamica: temperatura, pressione,
velocit ecc...; in tale modo, con l'intesa cio di considerare il limite tendente a zero come limite tendente a
V*, si pu considerare un fluido come un mezzo continuo cui si possono applicare tutti i concetti del calcolo
differenziale.
Ovviamente pu accadere che vi sono dei casi dove ci non possibile: ad esempio se la dimensione
caratteristica di un fenomeno fisico dello stesso ordine o minore del cammino libero molecolare il concetto
di continuo non sar applicabile e ci si deve rivolgere alla teoria dei gas rarefatti che far uso di teorie
molecolari su base statistica.
E' da far presente che le teorie molecolari possono, in linea di principio, essere usate anche per l'analisi di
problemi continui, ma questo in genere non comodo in quanto soluzioni fattibili sono possibili solo per casi
semplicistici.
La dimensione un attributo che caratterizza una grandezza fisica per consentirne la quantizzazione.
L'unit usata per la misura della quantit della dimensione della grandezza in una data scala.
Da non confondere questi concetti (elementari come i numeri primi!): ad esempio la lunghezza una
dimensione associata a grandezze fisiche quali: distanza, spostamento, larghezza, altezza, profondit, ecc..;
nel mentre: metro, centimetro, inch, foot,.; sono le possibili unit di misura di tali grandezze.
Il concetto di dimensione alla base dell'analisi dimensionale che sar discussa in seguito [Capitolo 6],
strumento utilissimo in Fluidodinamica ed in tutte le scienze applicate.
1.4
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Ovviamente ogni grandezza fisica avr una dimensione, e le leggi fisiche, teoriche e sperimentali che
mettono in relazioni le varie grandezze, rappresentano un legame anche per le dimensioni.
Ad esempio le dimensioni di lunghezza {L}, tempo {t}, velocit {V} ed accelerazione {a} sono collegate
dalle relazioni V=dL/dt, a=dV/dt=d2L/dt2, per cui se si assumono come dimensioni fondamentali
lunghezza e tempo ne discende che le dimensione della velocit sono {V}={L/t} e quelle delle accelerazioni
sono {a}={L/t2}.
Se invece si fossero assunte come dimensioni fondamentali lunghezza e velocit sarebbe risultato per il
tempo {t}={L/V} e per l'accelerazione {a}={V2/L}.
Ben maggiori difficolt ha presentato la scelta di assumere come fondamentale la forza oppure la massa!
E' ovvio che, sfruttando le relazioni fisiche, il grande numero di grandezze fisiche pu essere descritto da un
numero finito di dimensioni,.
Nel 1872 il Congresso Internazionale di Parigi propose la Convenzione Metrica, firmata da 17 paesi (inclusi
GB ed USA) in cui si scelse la base decimale per il sistema metrico.
Per standardizzare il sistema metrico soltanto nel 1960 la Convenzione Generale di Pesi e Misure propose il
Sistema di Unit Internazionale (SI) in cui 40 nazioni assunsero come dimensioni primarie (di interesse in
fluidodinamica) la Massa {M}, la Lunghezza {L}, il Tempo {T} e la Temperatura {} e come unit di
misura rispettivamente il Kilogrammo (kg), il Metro (m), il Secondo (s) il grado Kelvin (K).
In teoria quindi anche i paesi anglosassoni dovrebbero usare al posto del sistema britannico BG il sistema
metrico SI, ma in pratica molto sono ancora le resistenze.
Nel seguito riportiamo le dimensioni primarie nel SI e nel BG:
1.5
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
R)
Ovviamente unit di misura ingegneristiche vengono ancora comunemente usate sia nel mondo anglosassone
che in quello metrico, per i relativi fattori di conversione fare riferimento allAppendice C , ovvero ai
manuali opportuni.
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.1
Un corpo pesa 1000 lbf sulla Terra ( g= 32.174 ft/s2); determinare:
la massa in chilogrammi (453.6)
il peso sulla Luna in Newton (g=1.62 m/s2) (734.8)
laccelerazione che subisce se soggetto ad una forza di 400 lbf sulla Terra e sulla Luna (3.91 m/s2)
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.2
Unantica unit di misura della viscosit dinamica, denominata con la lettera greca (si legge mu), nel
sistema CGS il poise =1 gr/cm s (in onore a Poiseuille).
La viscosit dellacqua in condizioni standard = 0.01 poise. Esprimere tale viscosit:
nel sistema SI (0.001 kg/(m s))
nel sistema BG (2.09 10-5 slug/ft s))
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.3
Unantica unit di misura della viscosit cinematica, denominata con la lettera greca (si legge ni), nel
sistemo CGS lo stokes =1 cm2/ s (in onore a Stokes).
La viscosit cinematica dellacqua in condizioni standard = 0.01 stokes. Esprimere tale viscosit:
nel sistema SI (1.0 10-6 m2/ s))
nel sistema BG (1.0764 10-5 ft2/ s))
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.4
Il teorema di Bernoulli una relazioni utilissima in fluidodinamica, valida in condizioni di flussi non viscosi,
stazionari, incompressibili e potenziali: p + 12 V 2 + gh = p o = costante ; dimostrare che il teorema :
dimensionalmente omogeneo
consistente nel SI (senza bisogno di fattori di conversione)
consistente nel BG (senza bisogno di fattori di conversione)
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.5
Lirlandese Manning propose una formula empirica per la determinazione della velocit in un canale aperto.
1.46 2 / 3 1 / 2
Nel sistema BG la formula : V= R S dove R il raggio idraulico, S linclinazione del canale, n
n
un fattore adimensionale di rugosit.
Determinare:
la formula dimensionalmente consistente ? Risp. NO
1.0 2 / 3 1 / 2
quale la formula nel sistema SI? Risp. V = R S
n
=^=^=^=^=^=
1.6
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
1.6.1 Densit
Denominata con la lettera greca (si legge ro), rappresenta, a livello macroscopico, la massa per unit
di volume ed definita come:
M
= lim =mn (1.2)
V V * V
ovvero, a livello microscopico, come il prodotto della massa molecolare m ed n il numero di molecole
contenute nellunit di volume.
I valori di per laria e lacqua in condizioni standard [pressione atmosferica e 20 C (ovvero: 293.15 K, 68
F, 527.67 R)] sono:
1.225 kg/m (0.00234 slug/ft )
3 3
aria
= (1.3)
998 kg/m (1.944 slug/ft )
3 3
acqua
La densit dei gas comunemente varia proporzionalmente con la pressione e inversamente con la temperatura
(vedi modello piuccheperfetto Appendice B).
La densit dei liquidi dipende essenzialmente dalla temperatura e poco dalla pressione; nel seguito
presentiamo la densit di liquidi comuni:
La variazione della densit dellacqua (pura) [kg/m3] con la temperatura [C] correlata dallespressione:
per calcoli di prima approssimazione si preferisce arrestare la serie al primo termine, ne consegue una
relazione lineare attorno ad un dato stato di riferimento, che viene di solito espressa come:
[
= rif 1 T T ] (1.5)
[
= rif 1 s s ] (1.6)
1.7
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
1.6.2 Temperatura
Secondo la teoria cinetica dei gas la temperatura assoluta T definita come: T =
1 1
k 2
2
3
(
m u 2 + v2 + w 2 )
dove k la costante di Boltzmann, m la massa molecolare, u,v,w le velocit molecolari, < . > la media
statistica.
In pratica la temperatura (assoluta) proporzionale all'energia cinetica media delle molecole.
La temperatura dellacqua in presenza di ghiaccio misurata in termini di temperatura relativa come:
1.6.3 Pressione
Un fluido in quiete esercita su di una superficie uno sforzo (Forza/Superficie) p
puramente normale. Per convenzione la pressione p lo sforzo diretto in direzione
n
contraria alla normale uscente dalla superficie.
Per un gas, se il numero di molecole per unit di volume alto, la pressione p
proporzionale alla media della variazione di quantit di moto risultante dagli urti
elastici (contro una superficie normale alla direzione del moto medio) delle
molecole contenute nel volume elementare V.
Per la sola direzione x:
1 1
px = mu 2 (1.13)
V 2
p=
1
V
1
2
m (u 2
+ v2 + w 2 ) (1.14)
1.8
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.6
Cosa si ritrova se si elimina l'energia media molecolare tra la definizione della temperatura e della pressione
e si richiama la definizione data per la densit? Risp. Lequazione del gas p.c.p.
=^=^=^=^=^=
Molte sono le unit di misura per la pressione, ad esempio per l'aria in condizione standard:
1 atm (atmosfera)
101.3 kPa (kiloPascal)
760 mmHg (millimetri di mercurio)
p=
10.1 mH 2 O (metri di acqua)
2116.8 psf (pound per square foot)
14.7 psi (pound per square inch)
Molte volte in calcoli ingegneristici si usano valori di pressioni misurati rispetto all'atmosfera (pgage) , altre
volte ancora pressioni differenziali di un punto rispetto ad un'altro (pdiff).
pressione assoluta usata in termodinamica ed riferita alle condizioni limite per cui T 0 K,
pressione gage quella che si misura con un manometro, riferita alle condizioni
ambientali in condizioni di sovra-pressione,
pressione di vuoto quella che si misura con un vacuometro, riferita alle condizioni
ambientali in condizioni di depressione (misura lentit di vuoto!),
pressione relativa misura la differenza tra due condizioni di pressione.
passoluta sovrapressione
(kPa)
201 sovra pressione pgage= 100 pvuoto = -100
Pressione, densit e temperatura sono propriet termodinamiche di un fluido, che sono collegate da
un'opportuna equazione di stato.
Per gas a temperature moderatamente alte e pressioni moderatamente basse (relativamente al punto critico)
vale la equazione di stato del gas perfetto:
p = R gas T (1.15)
1.9
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
dove la costante del gas Rgas = / pari alla costante universale dei gas divisa la massa molecolare
La costante universale dei gas pari a 8314.3 J/(kmole K).
Per l'aria la massa molecolare media 28.97 kg/kmole, per cui:
MEMO: lequazione (1.15) applicabile solo ai gas in condizioni lontane dai punti critici, non
applicabile quindi ai vapori, n tanto meno ai liquidi!
u = urif + cv T (1.17)
dove cv una costante del gas che coincide con il calore specifico a volume costante:
u
cv (1.18)
T v =cos t
Il calore specifico a pressione costante, cp:
h
cp (1.19)
T p =cos t
R = cp cv (1.20)
Per questo modello di gas (p.c.p.) risulta che anche l'entalpia termodinamica dipende esclusivamente dalla
temperatura, infatti:
p
hu+ = u (T) + RT = h (T ) (1.21)
eq.distato
1.10
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
h = urif + cp T (1.22)
Altri parametri termodinamici, di interesse, sono le cosiddette "velocit del suono" definite come:
p p
a 2N a 2L (1.23)
T =cos t . s =cos t .
La prima (a temperatura costante) chiamata Newtoniana, la seconda (ad entropia costante) detta
Laplaciana.
In effetti i piccoli disturbi (tra cui il suono) si propagano con la velocit del suono Laplaciana (e questo
rappresenta una delle cantonate di Newton [nessuno perfetto], che aveva predetto invece la velocit isoterma).
a N = RT ; a L = RT (1.24)
Per laria:
a L = R T 20 T [ T in Kelvin, a in m/s] (1.25)
Le equazioni di stato dei liquidi (perfetti) tengono in conto della quasi indipendenza della densit dalla
pressione e dalla temperatura:
= costante cp = cv = c dh = c dT (1.28)
Nei casi in cui si deve tenere conto della variazione della densit si assume:
per la dipendenza dalla temperatura una relazione lineare:
= o [1 + (T To )] (1.29)
n
p
= (B + 1) B (1.30)
pa a
dove B ed n sono parametri adimensionali e pa e a i valori standard. Per l'acqua B=3000, n=7.
1.11
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
L'acqua del mare definita in termini della salinit s, definita come il rapporto tra la massa del sale disciolto
in un certo volume di acqua e la massa dell'acqua contenuta nello stesso volume. La salinit media dell'acqua
di mare 0.0035 cio del 3,5 per mille.
1.6.5 Viscosit
Un solido [cfr. teoria dellelasticit] sottoposto ad uno sforzo tangenziale (di taglio) reagisce con una
deformazione (angolo) moltiplicata per una costante (parametro termodinamico) chiamata modulo di
elasticit flessionale , G : =G .
Un fluido sottoposto ad una velocit di deformazione reagisce con uno sforzo tangenziale (di taglio)
collegata da un parametro termodinamico chiamato viscosit dinamica "".
Consideriamo la figura:
dudt y
du profilo di velocit
d /dt u(y)
d d
flusso dy du
dy
= du/dy
dx
Se la superficie superiore di una particella fluida si muove con una velocit du rispetto a quella inferiore
l'angolo di deformazione d crescer continuamente con il tempo fino a quando lo sforzo applicato.
Per fluidi Newtoniani (acqua, olio, aria) risulta una proporzionalit tra lo sforzo e la velocit di
deformazione d/dt
d
(1.31)
dt
Ma dalla geometria della figura risulta (per piccoli angoli) :
du dt
d tan (d ) = (1.32)
dy
per cui al limite infinitesimale risulta
d du
= . (1.33)
dt dy
du
xy = (1.34)
dy
Il pedice (xy) richiama il fatto che lo sforzo si riferisce alla velocit di scorrimento du (componente della
velocit nella direzione x) rispetto alla faccetta di normale nella direzione dy.
E ovvio quindi, che si possono definire in tutto nove scorrimenti e nove sforzi
come combinazione, a due a due, degli assi x,y,z
1.12
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Dalla definizione (dovuta a Newton nel 1687) si ricava (stante lomogeneit dimensionale) la dimensione
della viscosit dinamica pari a quelle di uno sforzo diviso un gradiente di velocit ovvero
{ } = {F / L } = M
2
(1.35)
{V / L } L t
Nel SI le unit naturali per la viscosit dinamica sono kilogrammi/ (metro-secondo), nel BG slug/(foot-
second).
In seguito vedremo che in Fluidodinamica il parametro principale che determina quanto importanti sono gli
effetti convettivi rispetto a quelli della viscosit in un campo di moto (i.e. quanto un regime pu essere
considerato viscoso o no) il numero (adimensionale) di Reynolds:
VL VL
Re = = (1.36)
in questo numero compare il rapporto della viscosit con la densit, a questo rapporto viene il nome di
viscosit cinematica : = / (lettera greca si pronuncia ni) le cui dimensioni sono {}={L2/T}, le
cui unit naturali nel SI sono metri quadrati al secondo, nel BG foot quadri al secondo.
E' strano verificare che comunemente si confondono i concetti di densit, di viscosit dinamica e cinematica.
Per aiutare a verificare la classifica dei fluidi per densit, per viscosit dinamica e per viscosit cinematica
offriamo all'attenzione dello studente la seguente tabella che confronta tali parametri per fluidi di interessi,
ordinati per densit crescente, in condizioni di 1 atm e 20 C
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.6
Olio SAE 30 a 20C scorre in una intercapedine di altezza h tra una lastra infinita fissa ed un'altra che si
muove con velocit U. Supponendo che lo sforzo viscoso sia costante nel film di olio (Moto alla Couette):
assumendo un profilo di velocit lineare (condizioni di no-slip) u(y) = U (y/h)
calcolare lo sforzo se U=3 m/s, h=2 cm 39 Pa
Questa soluzione verificata fino a che il numero di Reynolds basato sull'altezza h e sulla velocit U
minore di 2300 (i.e. U h / 2300). Per valori maggiori del numero di Reynolds il flusso diventa
turbolento ed il profilo di velocit diventa molto pi appiattito del tipo u/U=(y/h)1/7- Verificare il Re.
=^=^=^=^=^=
In teoria la viscosit dinamica una variabile termodinamica: =(p,T); in pratica la dipendenza dalla
pressione debole, molto pi importante la dipendenza dalla temperatura.
1.13
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Nei gas la viscosit aumenta con la temperatura. Due sono le approssimazioni usate:
n
T
la legge di potenza = (1.37)
o To
(To + S)
3/ 2
T
la legge di Sutherland = (1.38)
o To T+S
dove o la viscosit alla temperatura To. Per l'aria n = 0.67 e S = 110 K (199 R)
2
T T
ln = a + b + c per l'acqua a = -1.94, b = -4.80, c = 6.74 (1.39)
o To To
Il segno ( - ) indica che il calore energia che fluisce da zone ad alta temperatura verso zone a bassa
temperatura.
La conduttivit termica una propriet termodinamica che varia in modo molto simile alla viscosit
dinamica.
In condizioni standards (15 C, pressione atmosferica):
Si vedr in seguito che queste propriet sono correlate dal numero (adimensionale) di Prandtl:
cp
Pr = (1.42)
1.14
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
Un liquido in presenza di un altro liquido o di un gas presenta uninterfaccia sulla quale, a causa delle forze
di attrazione molecolari dei due fluidi che sono differenti, si crea una tensione superficiale (forza/lunghezza)
denominata .
Questa tensione pu essere considerata termodinamicamente come energia per unit di superficie
dell'interfaccia (Excess energy).
In fluidodinamica le interfacce pi comuni sono quelle tra aria ed acqua e tra aria e mercurio.
Per uninterfaccia pulita (ed molto difficile mantenerla tale negli esperimenti!) a temperatura standard di 20
C si ritrova:
0.073 N/m per aria - acqua (0.0050 lbf/ft)
= (1.43)
0.48 N/m per aria - mercurio (0.033 lbf/ft)
(quali i detersivi).
In genere la tensione R
superficiale decresce con la R dL1 dL2
L
temperatura, per cui su superfici
non-isoterme la variazione della
tensione superficiale induce dei
(a) (b) (c)
moti superficiali (effetto
Marangoni).
Se l'interfaccia curva una semplice analisi di equilibrio di forze mostra (in condizioni statiche) che, per
bilanciare tali tensioni, deve esistere una differenza di pressione tra i due lati dell'interfaccia (pressione
maggiore sulla faccia concava).
L'analisi della figura per il caso (a) , interfaccia cilindrica, fa rilevare che per l'equilibrio deve essere:
2L = 2RLp ovvero p = (1.44)
R
Nel caso (b), interfaccia sferica, risulta:
1.15
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
2
R 2 p = 2R ovvero p = (1.45)
R
Questo risultato, che vale per una goccia di fluido, pu essere usato per calcolare la differenza di pressione
tra l'interno e l'esterno di una bolla di sapone che contiene aria ed immersa nell'aria. La bolla ha quindi due
interfaccie, per cui
4
p bolla = 2p goccia = (1.46)
R
Il caso (c) mostra una generica interfaccia con le due curvature principali R1 ed R2. Per questo caso il
bilancio delle forze normalmente all'interfaccia impone:
2L 2 sin 1 + 2L1 sin 2 = dA p (1.47)
2 2
ovvero
L L
2L 2 1 + 2L1 2 = L1 L 2 p (1.48)
2R 1 2R 2
1 1
p = + (1.49)
R1 R 2
=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.7
Derivare una espressione dell'innalzamento capillare h in un tubo
capillare cilindrico di raggio R in cui esiste un fluido con tensione
2R
superficiale s che forma un angolo di contatto q con la superficie del
tubo. [Risp. h = 2 cos gR ] h
Se R=1mm, il tubo di vetro determinare l'innalzamento capillare nel
caso di:
aria-acqua (Risp. 1,5 cm)
aria-mercurio (Risp. -4.6 mm.)
Memo densit del mercurio 13600 kg/m3.
1.16
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
=^=^=^=^=^=
La tensione di vapore la pressione con cui un liquido in equilibrio con il suo vapore (i.e. in cui inizia il
fenomeno del cambiamento di fase). La tensione di vapore una grandezza termodinamica che dipende
dalla temperatura.
Se un liquido posto ad una pressione (assoluta) maggiore della pressione di vapore l'unico scambio tra fase
liquida e fase di vapore pu avvenire sull'eventuale interfaccia presente tra la fase liquida e la fase gassosa.
Se un liquido posto ad una pressione (assoluta) minore della pressione di vapore, bolle di vapore possono
formarsi nell'interno del liquido.
Il parametro adimensionale che descrive il fenomeno della cavitazione il numero di cavitazione Ca (da
alcuni denotato anche con ):
p pv
Ca = 1 2
(1.50)
2 V
Per esservi cavitazione tale numero deve essere maggiore di un valore che dipende da vari fattori, tra gli altri:
dalla forma del corpo e, fortemente, anche dalla presenza di nuclei di vaporizzazione.
Per fluidi puri il numero di cavitazione Ca varia, per un dato corpo, essenzialmente con Re.
Per un cilindro con bordo arrotondato (con cp min=|0.44|) Ca varia
NOTA: In genere la cavitazione da evitare in applicazioni marinare (specialmente per l'estradosso delle
eliche). Oggigiorno sta risorgendo nuovo interesse per questo soggetto, sia per le eliche
supercavitanti e di superfici sia, da un punto di vista completamente opposto, per applicazioni in cui
la cavitazione provocata, ad arte, per ridurre la resistenza di attrito [sostituendo linterfaccia
solido/vapore a quella solido/liquido].
1.17
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione
1.7 CHECK-OUT
In unottica di una formazione a crediti ogni capitolo rappresenta un piano delledificio culturale
rappresentato dal corso di insegnamento.
Quando si finisce un piano occorre collaudarlo, il che richieder un accertamento (test) e prima di questa
prova consigliabile verificare se tutti i mattoni sono stati ben collocati [e ben digeriti].
Tale lo scopo di questo paragrafo che sar costantemente presente alla fine di tutti i capitoli degli appunti
delle lezioni.
In questo primo caso, lo studente diligente dovrebbe essere capace di rispondere a domande tipo quelle che
seguono:
! !
1.18
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Capitolo 2
2.1
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
La Meccanica del Continuo studia il comportamento dei sistemi fisici continui sotto l'azione di forze. In par-
ticolare di interesse la descrizione del campo di moto, nei limiti di una trattazione macroscopica della mate-
ria. Come parte della fisica la meccanica tradizionalmente divisa in cinematica e dinamica. La cinematica
la descrizione dellatto di moto in s, senza tenere in conto le forze che lo hanno generato; la dinamica a-
nalizza gli effetti di queste ultime sul moto.
del moto di uno o pi punti massa (baricentri con masse concentratevi): traslazione
del moto attorno al baricentro (rispetto cui misurato il momento dinerzia del corpo) : rotazione.
Le due descrizioni sono indipendenti luna dallaltra (equazioni non accoppiate) se la massa costante.
Di queste:
le prime due (traslazione e rotazione) sono simili a quelle del corpo rigido: ed ovviamente non concor-
rono e/o non dipendono dallo stato tensionale generato nella particella dal sistema di forze superficiali cui
sottoposto il corpo [ovviamente possono concorrere o dipendere dallazione di forze di massa quali,
campi gravitazionali, accelerazioni non inerziali (di Coriolis o centripete) ecc].
le seconde due (dilatazione e deformazione) sono rappresentabili puntualmente da campi tensoriali:
Per solidi, la teoria dellelasticit (Cauchy ) provvede a collegare lo stato tensionale [tensore degli
sforzi] a quelli di dilatazione e di deformazione [tensore delle deformazioni] medianti relazioni
fenomenologiche che dipendono dallo specifico modello di solido [ad esempio il solido (lineare) di
Hooke].
Per fluidi (liquidi e gas) lanalisi di Cauchy rimane essenzialmente valida (con qualche ap-
profondimento/modificazione) se si considerano i ratei temporali (velocit) di: traslazio-
ne, rotazione, dilatazione, deformazione. Per analogia con i solidi, per i fluidi lineari, solo
i ratei temporali di dilatazione e di deformazione [tensore velocit di deformazione] concor-
reranno allo stato tensionale locale [tensore degli sforzi] e tra questi si stabiliranno delle re-
lazioni fenomenologiche che dipendono dal modello di fluido [ad esempio il modello (line-
are) di fluido Newtoniano].
2.2
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Ovviamente esisteranno alcune sostanze (di frontiera) dove sono importanti sia i cambiamenti che le velocit
dei cambiamenti (presentano contemporaneamente le caratteristiche di solidi e di fluidi, il cui mix di solito
dipende dalla temperatura). Per estrapolazione, quindi le particelle di tali sostanze presenteranno stati tensio-
nali collegati sia ai tensori di dilatazioni e di deformazioni che ai tensori dei loro ratei temporali. La tratta-
zione di tali fenomenologie (invero alquanto complicata) bene al di fuori dello scopo di questo corso.
Ricordiamo che per noi una particella fluida una particella materiale: la materia contenuta
in un volume finitesimo V* tanto piccolo da essere localmente in equilibrio termo-
dinamico con lambiente e tanto grande da consentirne una descrizione macroscopica, stati-
sticamente significativa nellipotesi di un continuum.
Il che significa che potremo continuare ad usare i risultati del calcolo infinitesimale, laddo-
ve i limiti per distanze, superfici o volumi che tendono a zero, saranno considerati validi ed
intesi tendere alle dimensioni caratteristiche di V* che, per semplicit, considereremo co-
me un parallelepipedo di lati dx1,dx2,dx3 in un sistema di riferimento cartesiano.
Ovviamente quanto ritrovato sar valido in ogni sistema di riferimento; il vero obiettivo
di arrivare sempre a raffigurazioni vettoriali o tensoriali, laddove ne il caso)
La cinematica e la dinamica del continuo richiedono luso di modelli e di algoritmi matematici per la descri-
zione dellevoluzione di propriet materiali collegate alle particelle (fluide o solide) del mezzo. Il linguaggio
naturale per la descrizione dei mezzi continui e di tutte le teorie di campo il calcolo tensoriale.
Una raccolta di argomenti di calcolo tensoriale contenuta nellAppendice A, che vuole rappresentare un
punto di riferimento nei momenti di bisogno, ovvero unutile base di verifica.
Ma, come ogni lingua molto pi della sua grammatica, cos anche il linguaggio del calcolo tensoriale
molto pi di semplici notazioni e relazioni; il suo scopo di poter applicare formulazioni di algebra e calcolo
matematico a concetti fisici.
Ma questo pu causare disfunzione e confusione [quasi pirandelliana] tra lessere fisico e la sua rappresentazione.
In altre parole le definizioni di vettore e tensore, che sono quantit fisiche dovrebbero essere distinte con le definizioni di vettore (tripletta di fun-
zioni di numeri reali) o di matrici (per fortuna solo quelle quadrate) dellalgebra lineare.
Con la grande differenza che lentit fisica (il tensore) deve rimanere invariante rispetto al sistema di coordinate, nel mentre la sua descrizione ma-
tematica (tramite le componenti di una matrice quadrata) varia con il sistema di riferimento.
Le modalit dei cambiamenti (relazioni di trasformazione) delle componenti necessarie per rappresentare sempre la stessa entit fisica, possono ser-
vire a definire il tensore fisico.
Con una ardita similitudine: queste relazioni di trasformazione rappresentano la sintassi necessaria a definire un linguaggio.
A parte le considerazioni tra il numero di scalari (o di componenti ) necessario per la definizione delle quan-
tit fisiche, contenute nellAppendice A.1, vogliamo qui proporre considerazioni e da queste derivare la ne-
cessit e le tipologie di relazioni di trasformazioni delle componenti in funzione del cambiamento di riferi-
mento.
2.3
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Fermo restando le considerazioni di carattere trigonometrico derivabili tra i versori e le componenti, ci chie-
deremo come devono variare le descrizioni di grandezze fisiche associate al punto P, in relazione alluso dei
due riferimenti.
2.2.1 Scalari
Vi sono molte grandezze fisiche cui pu essere associato solo il concetto di quantit (valore della sua misura
in una certa scala). Per esempio la temperatura nel punto P descritta da un numero che rappresenta il valore
della temperatura in un certo sistema di misura, sia ad esempio il sistema Kelvin. E abbastanza ovvio che la
temperature nel punto P di 288 K rimarr la stessa sia se il punto P individuato nel sistema di riferimento
, P(x,y), sia nel sistema , P(x,y).
Tali grandezze sono definite scalari, e sono specificate da una sola funzione reale, che ne esprime il valore
in un certo sistema di misura [campi di temperatura, massa, densit, energie, volume, concentrazioni di spe-
cie].
2.2.2 Vettori
Vi sono altre quantit fisiche, associate con il punto massa P, cui sono associate oltre alla misura della loro
grandezza anche una direzione.
Quindi una grandezza vettoriale descritta da tante funzioni reali quante sono le dimensioni dello spazio fi-
sico in cui definito (numeri che potranno avere significati, dimensioni e ruoli diversi).
Sfortunatamente il termine vettore usato sia dai fisici che dai matematici, per cui dovremo aggettivare.
Se ci limitiamo a considerare la descrizione di vettori fisici per componenti: un vettore fisico (3D) descri-
vibile da un vettore matematico nello spazio R3 , mentre un vettore fisico planare (2D) descrivibile da un
vettore matematico nello spazio R2.
La domanda critica la seguente, ma tutti i campi vettoriali matematici nello spazio R2 o R3 [coppie o tri-
plette di funzioni reali] rappresenteranno dei campi vettoriali fisici ?
Tra queste certamente si devono preservare il modulo del vettore V e la sua direzione nella trasformazione
di coordinate.
2.4
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Lesempio della figura si riferisce ad un vettore V nel piano [spazio 2D] descritto in dalle componenti Vx e
Vy, ed in dalle componenti Vx e Vy .
Ci si chiede come devono variare le componenti
Vx e Vy rispetto alle componenti Vx e Vy ed Y V
allangolo di rotazione , per mantenere le caratte- X-V
Y Vy
ristiche fisiche (modulo e direzione) di V. X-V
(2.1)
Vy ' = Vx sin + Vy cos
X
E facile dimostrare che con queste trasformazioni il modulo del vettore V nei dei sistemi ed sar con-
servato. Infatti:
V2 = Vx2 + Vy2
V2
'
[ ] [
= Vx2' + Vy2' = Vx cos + Vy sin 2 + Vx sin + Vy cos 2 = ] (2.2)
= Vx2 2
cos + 2Vx Vy cos sin + Vy2 2
sin + Vx2 2
sin 2Vx Vy sin cos + Vy2 cos = 2
[
= Vx2 + Vy2 ] [cos 2
]
+ sin 2 = Vx2 + Vy2
Notando che:
V V
X V = tan 1 x X ' V = tan 1 x ' { angoli compresi tra [0,2] } (2.4)
V V
e ricordando lidentit trigonometrica: tan 1 ( ) tan 1 ( ) = tan 1
1+
Si ritrova:
V V V V V V
= X V X ' V = tan 1 x tan 1 x ' = tan 1 x x ' 1 +
x x'
=
Vy Vy ' Vy Vy ' Vy Vy '
Vx ' Vy Vy ' Vx
= tan 1
[ ]
V V cos + Vy sin Vx Vx sin + Vy cos
= tan 1 y x
[ ] =
Vx Vx ' + Vy Vy '
[ ]
Vx Vx cos + Vy sin + Vy Vx sin + Vy cos
[ ] (2.5)
= tan 1 2
[ ] [
Vx Vy cos + Vy2 sin Vx2 sin + Vx Vy cos ] = tan [V sin ] [ V
1
2
y
2
x sin ] =
[ ] [
Vx cos + Vx Vy sin + Vy Vx sin + Vy2 cos ] [V cos ]+ [+ V
2
x
2
y cos ]
V 2 sin
= tan 1 2 =
V cos
Quindi anche la direzionalit conservata.
In sintesi il modulo e la direzionalit del vettore V saranno preservate, in una rotazione di sistema di coordi-
nate, se le componenti del vettore sono trasformate con la legge:
2.5
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
( ) ( )
Vx ' = i'(V ) = i' iVx + jVy = (i'i )Vx + i' j Vy
Y
(2.6)
= j'(V ) = j'(iV + jV ) = ( j'i )V + ( j' j)V
Y
Vy ' x y x y
P
che si pu rappresentare come x
x y X
Vx ' i'i i' j Vx
= j'i j' j (2.7) j y
Vy ' Vy i
j X
Con la notazione per i coseni direttori: m n = cos m n [m ( x ' , y' ) , n ( x, y)] la (2,6) sar rappre-
sentabile come:
V'1 11 12 V1
= (2.9)
V'2 21 2 2 V2
La (2.9) si pu scrivere come:
V' j =
i =1, 2
ijVi , j = 1,2 (2.10)
Ovvero, seguendo lidea di Einstein, abolendo le sommatorie e intendendo implicita la sommatoria, sul nu-
mero di dimensioni del campo, allorquando gli indici sono ripetuti, la (2.3) diventa:
Vj' = ij Vi (2.11)
Che la definizione di campo vettoriale in notazione indiciale [chiaramente valida per 2D e 3D]
NOTA: Facciamo la verifica del conto della lavandaia per la notazione indiciale.
Nel termina a destra della (2.11) per uno spazio fisico 3D:
1. lindice i ripetuto (significa somma dei termini contenenti lindice da uno tre)
2. lindice j singolo : significa tre componenti scalari
3. ergo: la (2.11) rappresenta una quantit vettoriale
4. Similmente: la forma Aij rappresenta un tensore del secondo ordine, la forma Aii rappre-
senta uno scalare, la forma ei j k aj bk rappresenta un vettore
NOTA: luso della notazione indiciale molto comoda perch abbrevia di molto la scrittura delle
rappresentazioni scalari di vettori e tensori [ una specie di stenografia tensoriale] e la dimo-
strazione di identit.
Ma essa valida soltanto per rappresentazioni in coordinate cartesiane. Al punto che molti
testi parlano e trattano esclusivamente tensori cartesiani.
Senza voler relegare o limitare le notazioni dei fisici matematici, ovvio che per gran parte
di applicazioni pratiche (che usano naturalmente coordinate cilindriche, sferiche, curvilinee)
luso dei tensori cartesiani deve essere esteso considerando un tensore metrico (che contiene i
fattori di scala degli assi coordinati). Per sistemi di riferimento non ortogonali la trattazione
2.6
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
si complica ulteriormente con lintroduzione del riferimento reciproco e delle componenti con-
trovarianti e covarianti (vedi Appendice A)
Per questi motivi conveniente sempre accoppiare ad ogni relazione indiciale (laddove essa
usata) lequivalente relazione vettoriale.
NOTA: La i j rappresenta, in notazione indiciale, una matrice di rotazione: la sua inversa sar i-
dentica alla trasposta: [ i j ]-1 = j i (2.12)
2.2.3 Tensori
Vi sono in fisica delle grandezze che, definite in ogni punto del continuo, dipendono da due direzioni e che
sono quindi descrivibili (caso 3D) da 32=9 funzioni scalari corrispondenti alle 32=9 possibili combinazione
delle basi dei due versori. In uno spazio a 2D tali propriet saranno descrivibili da 22=4 funzioni scalari.
Come detto per i campi vettoriali, i tensori devono essere (fisicamente) invarianti rispetto al cambiamento
degli assi, per cui occorre imporre alle componenti scalari della matrice [che rappresenta il tensore nel parti-
colare sistema di riferimento] di trasformarsi adeguatamente.
La legge di trasformazione delle componenti scalari dei tensori ottenuta molto semplicemente considerando
il tensore pi semplice possibile, quello definito dal prodotto (tensoriale o diadico) di due vettori a e b.
a = ax i + ay j+ az k , b = bx i + by j + bz k (2.13)
2.7
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
a b = a j bk e j ek (2.19)
notazione matriciale
a x b x a xby a x bz
a b = a y b x a yby a ybz (2.20)
a z b x azby a z b x
E ovvio che la quantit [ a b ] ha 9 componenti in uno spazio 3D ed rappresentabile dalla matrice quadra-
ta 3x3 di cui alla (2.20).
Applicando la legge di trasformazione di vettori ai singoli vettori a e b risulta:
A'i j = m i n j A m n (2.24)
In altre parole se ci accade:
Esempi di tensori:
simbolo di Kronecker
i j la forma pi semplice di tensore del secondo ordine. La sua rappresentazione matriciale il tensore
unitario:
1 0 0
U = 0 1 0
0 0 1
flusso di quantit di moto
se a = V e b = V , la forma diadica a b = ( V ) V rappresenta il flusso di quantit di moto (tensore del
secondo ordine). In particolare : la componente ( Vx ) Vy rappresenta la componente y della quantit di
moto [per unit di massa] (Vy) i.e. trasportata dal flusso di massa nella direzione x ( Vx ).
Ogni tensore fisico rappresentabile in uno spazio 3D da una matrice 3x3 a 9 componenti scalari.
Possiamo applicare ai tensori tutte le propriet delle matrici quadrate:
2.8
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
A11 A1 2 A 13
A A i j A 21 A 22 A 23 (2.25)
A 31 A 32 A 33
Tensore unitario
1 0 0
ij U = 0 1 0 (2.26)
0 0 1
Tensore trasposto
A11 A 21 A 31
A12 A 32 = A j i
t t
A A ij A 22 (2.27)
A13 A 23 A 33
Tensore simmetrico
A11 A12 A13
A A i j A12 A13 ; tale che A ij = A ji
s s
A 22 (2.28)
A13 A 23 A 33
Tensore anti-simmetrico
0 A12 A13
A12 A13 ; tale che A ij = A ji
a a
A A ij 0 (2.29)
A13 A 23 0
Tensore diagonale
A11 0 0
A A i i = ij A ij 0
d
A 22 0 (2.30)
0 0 A 33
Tensore inverso
T a = b Ti j aj = bi
(2.31)
a = T-1 b ai = T-1i j bj
Se le componenti del tensore A soddisfano la (2.24 ) il tensore invariante. Ma questo cosa comporta?
Per uno scalare (tensore di ordine 0) linvarianza era costituita dalla costanza del suo valore (1 invariante)
Per un vettore (tensore di ordine 1) linvarianza costituiva la costanza del modulo e della direzione (2 inva-
rianti)
2.9
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Per un tensore del secondo ordine devono esistere 3 invarianti che sono collegati alla equazione caratteristica
della matrice che deve essere invariante:
( )
det A ij ij = 0 + 2 3 = 0 (2.35)
= A 11 + A 22 + A 33 = Tr (A ) = 1 + 2 + 3 (2.36)
[ ] [
= A 2 2 A 33 A 2 3 A 3 2 + [A 33 A11 A 31 A13 ] + A11 A 2 2 A12 A 21 = ]
A 22 A 23 A 33 A 31 A11 A12 (2.37)
= + + = 1 2 + 1 3 + 2 3
A 32 A 33 A13 A11 A 21 A 22
A11 A1 2 A1 3
= det A i j = A 21 A 22 A 23 = 1 2 3 (2.38)
A 31 A 32 A 33
In pratica i valori di ,, del generico tensore Aij non mutano al variare del sistema di coordinate in cui
descritto Aij .
La cosiddetta regola del quoziente permette di verificare linvarianza tensoriale in modo semplice.
Data una matrice Aij , siano b e c dei vettori indipendenti: se si verifica che per ogni vettori b esiste un vetto-
re c tale che:
Ab=c ovvero Aij bj = ci (2.39)
La dimostrazione molto semplice e si basa sulle trasformazioni di vettori e tensori ritrovate prime.
Riportiamo la dimostrazione come esempio di utilizzazione della notazione indiciale. [ovviamente una volta
dimostrata la relazione in un riferimento cartesiano, essa sar valida in ogni altro sistema.]
Le condizioni di invarianza per i vettori b e c sono le trasformazioni
bq = bj j q e cp = ci i p (2.40)
Ap q bq = cp = c i i p =A i j bj i p = A i j j q b q i p (2.41)
Ovvero:
[Ap q - A i j i p j q ] b q = 0
e quindi
Ap q = i p A i j j q (2.42)
Che mostra la richiesta trasformazione per linvarianza di Aij che quindi un tensore.
Accertata la definizione fisica del tensore A , potremo considerare il prodotto del tensore A con il generico
vettore n :
2.10
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
b = n A (2.43)
componente vettoriale direzione tensore
sinistra nella direzione n
per definirne la componente vettoriale: nella fattispecie b la componente vettoriale sinistra di A nella dire-
zione n [analogamente si pu definire la componente destra].
procedimento scalare:
b = bx i + by j+ bz k ; n = n x i + n y j+ n z k
(2.44)
A = A xx i i + A xy i j + A xz i k + A yx j i + A yy j j + A xz j k + A zx k i + A zy k j + A zz k k
n A = n x A xx i + n x A xy j + n x A xz k + n y A yx i + n y A yy j + n y A xz k + n z A zx i + n z A zy j + n z A zz k =
[ ] [ ] [
= n x A xx + n y A yx + n z A zx i + n x A xy + n y A yy + n z A zy j + n x A xz + n y A yz + n z A zz k ] (2.45)
Come per i vettori, in queste note distingueremo attentamente il tensore come entit fisica dalla matrice delle
sue componenti riferita ad un certo sistema di riferimento.
Alcuni saggisti, anche autorevoli, parlano di una struttura diadica le cui componenti formano il tensore.
Noi preferiamo mantenere ben netta la distinzione tra tensore (entit fisica) e le sue componenti (strut-
tura matematica) che hanno un significato soltanto se riferite ad un sistema di riferimento.
In natura si incontrano molto raramente propriet tensoriali di ordine maggiore di 2 [pochi i tensore di ordi-
ne 3 in fisica], e nelle strutture di trasformazioni raramente si trovano tensori di ordine maggiore a 4.
2.11
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
x31
Bocciata lidea di ricorrere al Codice Fiscale, o peggio ancora
alle impronte digitali, notiamo che una buona possibilit di distinguerle in base alle posizioni che esse as-
sumono al tempo iniziale to [di male in peggio: si distingue in base al luogo di origine].
Nota: Abbiamo gi palesemente violato il concetto della teoria cinetica per cui le posizioni e
le velocit delle particelle [molecole, atomi, ioni, elettroni.] sono random, non de-
terminabili singolarmente se non accoppiate probabilisticamente; ma abbiamo gi am-
piamente commentato che la nostra fluidodinamica si limita ad una descrizione
nellambito (mediato) macroscopico del continuo.
Un esempio pratico delle due metodologie potrebbe venire dal considerare le varie possibili
problematiche del controllo del traffico aereo su di una grande citt:
pu essere fatto dalle apparecchiature di un AWACS, che capace di individuare coi
suoi radar di bordo, istante per istante, e per ogni punto dello spazio aereo sorvegliato,
gli aerei in volo e le loro velocit: descrizione Euleriana del volume di controllo
(rappresentato dallo spazio monitorato dai radar)
sar fatto (in un futuro non molto lontano) dal sistema informatico di un grande fratello
che riceve e registra continuamente, da ogni aereo di una flotta, oltre al suo codice di i-
dentificazione, i dati di posizione, velocit e quota rilevati a bordo di ogni aeromobile
con tecnologia GPS o derivata: descrizione Lagrangiana di una massa di controllo
(rappresentata da tutti gli aeromobili della flotta)
2.12
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Per procedere alla modellistica delle descrizioni/rappresentazioni, dobbiamo fare delle ipotesi:
1. il campo di moto continuo e differenziabile (almeno tre volte per accontentare Serrin)
NOTA: le tre ipotesi non creano problemi per regioni continue e mono-connesse, ma oc-
corre qualche cautela in presenza di corpi immersi, pareti , scie eccetera...
Ben consci dellermeticit delle assunzioni della fisica matematica, chiariamo che:
1. la prima ipotesi vuole significare che le particelle disposte, ad un dato tempo, su di un arco di
curva, ad un tempo successivo, non possono essere disposte su tratti di curve disgiunte; ovvero
che particelle che stanno vicine, dovranno rimanere vicine (per tutta leternit:molto romanticoma poco
credibile; pensa, tra laltro alla Nota di cui immediatamente sopra per una possibilit di divorzio),
2. la seconda ipotesi implica la possibilit di identificare una particella per ogni punto dello spazio
e per ogni tempo (ispezione e controllo dellidentit sono garantite: il questore sar contento),
3. la terza ipotesi significa che una particella non pu occupare la spazio di altre due, o che due par-
ticelle non possono occupare lo spazio di una particella (mero atto di democrazia o, se volete, di buona educa-
zione).
A tal proposito Vi sar stato gi detto e dimostrato che la condizione necessaria e sufficiente per lesistenza
della funzione inversa di una trasformazione che lo Jacobiano della trasformazione (determinante della
matrice delle derivate parziali) sia non nullo:
x 1 x 1 x 1
1 2 3
(x 1 , x 2 , x 3 ) x 2 x 2 x 2
J= = 0 (2.52)
(1 , 2 , 3 ) 1 2 3
x 3 x 3 x 3
1 2 3
Nellipotesi del continuo (quindi della particella fluida come punto materiale finitesimo) e nellipotesi
dellequilibrio evolutivo (particella fluida in equilibrio con il suo ambiente) ad ogni particella fluida si po-
tranno associare propriet termo-fluidodinamiche quali: densit, pressione, temperatura, entalpia ecc. .
Nellambito di validit delle ipotesi prima descritte, si potranno cos estendere allo spazio fisico le relazioni
trovate, tra le propriet, nellambito della termodinamica.
p=T e = cv T + eo (2.53)
2.13
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Queste relazioni possono essere differenziate per fornire nel piano termodinamico
la variazione della pressione (dp) in funzione delle variazioni di temperatura (dT) e
della densit (d) e la variazione dellenergia interna (e) in funzione della temperatu-
ra (T)
1 1 1
dp = d + dT de = c v dT (2.54)
p T
dp d
678 6474 8 64dT
74
8
1 p 1 1 T e T
dt = dt + dt = cv (2.55)
p t t T t t t
ovvero
1 p 1 1 T
= + (2.56)
p t t T t
1 p 1 1 T e T
Analogamente si ricava = + = cv ecc...
p x x T x x x
Quanto sopra detto si traduce nel definire ogni generica grandezza termofluidodinamica (,t) come una
propriet lagrangiana che, sfruttando la (2.51), pu essere rappresentata in una descrizione euleriana:
[
( x , t ) = ( x , t ), t ] (2.57)
[
(, t ) = x (, t ), t ] (2.58)
Associate con queste due descrizioni [ricorda le regole di derivazione di funzioni a pi variabili] si possono
definire due derivate temporali:
(o ) (o )
= (2.59)
t x =cos t t
Derivata materiale (o sostanziale): derivata rispetto al tempo tenendo costante:
2.14
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
(o ) D(o )
= (2.60)
t = cos t Dt
{
1424 3 rappesentazione
rappresentazione euleriana
lagrangiana
sar la variazione nel tempo della propriet misurata da un osservatore che sta fermo in un
t
punto x del volume di controllo (detta derivata locale o instazionaria),
D
sar la variazione nel tempo della propriet misurata da un osservatore che si muove con la
Dt
particella di un massa di controllo (detta derivata materiale, sostanziale, particellare o totale) rap-
presentata in modo euleriano.
df
Con il simbolo denoteremo la solita derivata ordinaria della funzione f(t) rispetto al parametro t.
dt
.2.4 VELOCITA
La velocit di una particella fluida definita come la derivata materiale della sua posizione.
V=
[
x (, t ) ] =
x
= u (x1 , x 2 , x 3 , t ) e1 + v(x1 , x 2 , x 3 , t ) e 2 + w (x1 , x 2 , x 3 , t ) e 2 (2.61)
t = cos t
t = cos t
che si legge: la velocit in un certo punto x ad un dato tempo t la velocit della particella fluida che si trova
nel certo punto x al dato tempo t (coerente con misure sperimentali per mezzo di tecniche LDV o PIV).
Nota: Senza volere essere troppo allarmisti o sofisti dobbiamo, per onest di cronaca, far notare
che questa definizione di velocit non , invero, lunica possibile.
Per campi fluidi ad un solo componente (una sola massa ed una sola densit) la velo-
cit di massa definita come V=(V)/ [per la quale il flusso convettivo di massa (V)
pari al flusso totale, (definizione che sar introdotta tra breve)] non creer problemi se
il campo di moto incomprimibile ( = costante nel tempo e in tutto il campo).
Potrebbero sorgere difficolt, non secondarie, in campi di moto comprimibili, special-
mente se turbolenti [per i quali si devono fare statistiche o mediare le fluttuazioni di
densit e delle componenti di velocit]. Complicazioni che coinvolgono non solo la de-
rivazione delle equazioni e le definizioni delle correlazioni, ma anche le relative varie
tecniche di misura (LDV, Filo caldo, PIV, Pitot ) che potrebbero, singolarmente, fornire
valori differenti.
Per campi fluidi a pi componenti (ad es. miscele reagenti a pi masse m1, m2,. ) le
difficolt diventano ancora pi serie [dobbiamo definire pi velocit e come? la velocit
della media delle masse e le velocit di ogni massa, mi , relativa a quella media ?]
Ma ci sar tempo, al momento giusto, per gli approfondimenti di un concetto che sembrava tanto
banale.
2.15
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Laver definito la velocit, ci permette di ricercare la connessione tra le due rappresentazioni (2.57) e (2.58)
delle derivate temporali di una generica propriet .
In realt, quella che interessa maggiormente la rappresentazione euleriana della derivata totale di .
=
[
D x (, t ), t ] =
x
+
=
V+
(2.62)
Dt t = cos t
x t t t x x t
T T x T T
DT
== lim +
t 0 t x t
+ O t , x, x 2 = + U ( ) (2.66)
Dt t x
DT T T T T T
= + u +v +w = + (V ) T (2.67)
Dt t x y z t
derivata derivata derivata --------------------
materiale locale derivata locale derivata
convettiva convettiva
2.16
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Esercizio 2.1
Considera le equazioni delle traiettorie delle onde di Gerstner (2-D):
e bk e bk
x=a+ sin [k (a + ct )] , y = b cos[k (a + ct )]
k k
Correla i parametri alla posizione iniziale,
Mostra che le traiettorie sono circonferenze,
Trova le velocit,
Mostra che il modulo dellaccelerazione unitario,
Mostra che lo Jacobiano unitario.
Esercizio 2.2
f
Mostra che la superficie di un fluido f(x,t)=0 contiene le stesse particelle se + V f = 0
t
Esercizio 2.3
Mostra che se f(x,t)=0 non una superficie materiale e si muove con una velocit U differente dalla velocit
1 Df
delle particelle fluide V, deve aversi: (V U ) n = con n la normale alla superficie
f Dt
Il campo di velocit euleriano un campo vettoriale che pu essere espresso come somma delle sue compo-
nenti scalari per i versori coordinati.
Per un sistema cartesiano x,y,z con versori i, j, k le componenti coordinate della velocit V saranno u,v,w:
V(x, y, z, t ) = i u( x, y, z, t ) + j v ( x, y, z, t ) + k w ( x, y, z, t ) (2.68)
E' da notare che nel sistema cartesiano i versori coordinati non variano al variare del punto.
Per un sistema cilindrico (r, , z) con vettori ir, i, iz, le componenti coordinate saranno Vr,V,Vz:
E' da notare che per questo sistema di riferimento (cos come per
tutti i sistemi di riferimento curvilinei) i versori coordinati variano
da punto a punto, cosa che occorre tenere in mente nelle operazio- z
ni che richiedono differenziazione. r Vz
V
Nel seguito considereremo soltanto i sistemi cartesiani, ovviamen- V
te quanto ritrovato sar valido in ogni altro sistema di riferimento, Vr
pur se le componenti scalari saranno diverse. Il passaggio da un
sistema all'altro, che comporta la trasformazione delle coordinate scalari, sar oggetto dell' analisi vettoriale.
Nota: per campi potenziali incompressibili, la conoscenza del campo di velocit praticamente fondamenta-
le in quanto permette addirittura la determinazione del campo di pressione per tramite del teorema di
Bernoulli:
p 1 2
+ V + gz = costante (2.70)
2
il valore della costante pu essere determinato in ogni punto del campo dove sono note le propriet.
2.17
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
La velocit angolare di rotazione di una particella fluida definita come la media delle velocit angolari di
ogni coppia di direzioni mutuamente perpendicolari della particella.
La velocit angolare di una particella fluida quindi un vettore definito, in queste note, con il simbolo di
In generale una particella in un campo di moto tridimensionale potr avere una velocit angolare con com-
ponenti lungo i tre assi coordinati, ad esempio:
= x i + y j + z k (2.71)
Il senso positivo di rotazione dato, per terne levogire, dalla classica regola della mano destra.
Per considerare come queste componenti di velocit angolari dipendono dal campo delle velocit, conside-
riamo una particella fluida in moto nel piano x-y con componenti di velocit u(x,y) e v(x,y).
Definiremo come z [componente della velocit angolare nella direzione dellasse z (normale al piano del
moto x.y)] la media z = 12 ( OA + OB ) della velocit angolare OA del segmento OA e della velocit an-
golare OB del segmento OB.
1
OA = lim = lim =
t o t t o t x
{ y B
1 [v(A ) v(O)] t y
= lim =
t o t 144 2x443
O x A
= lim
1 1 v
t o t x
( )
v
x t + O x 2 =
44424443 x
1
x
x
1 [u (B) u (O)]t
OB = lim
t o
t
= lim
1
t {
y
= lim
t y
= lim
1 1 u
t y y
y t + O y 2 = ( )
u
y
3
t o t o t o
144 42444 3 1444 424444
Il segno meno stato qui introdotto per permettere che OB sia orientato positivamente se antiorario.
Ne segue:
v u
z = 12 ,
x y
analogamente si trover:
2.18
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
w v u w
x = 12 e y = 12
y z z x
w v u w v u
= x i + y j + z k = 12 i + j + k =
y z z x x y (2.72)
= 12 ( V ) = 12
ovvero la velocit angolare della particella fluida, , pari alla met del rotore della velocit ovvero della
vorticit .
NOTA: In altre letterature si usano simbologie differenti per la velocit angolare e per la vorticit
E una propriet particellare. Laccelerazione definita come la derivata materiale della velocit di una
particella fluida
Lapplicazione della (2.63 ) con = V , porta pedissequamente a:
DV V
a= = + (V ) V (2.73)
Dt t
accelerazione accelerazione accelerazione
materiale locale convettiva
Se osserviamo bene l'espressione dellaccelerazione convettiva nella (2.73), notiamo che essa pu essere e-
spressa sia come loperatore scalare (V)(.) che agisce su V che come il prodotto vettoriale della velocit
V e del gradiente della velocit V:
V
x
V V V V (.) (.) (.)
u +v +w = [u, v, w ] =V (V ) = (V )V = u +v +w V (2.74)
x y z y x y z
V
z
Per cui, in termini di operatori differenziali vettoriali, la definizione della derivata sostanziale applicato ad
una propriet ( ) diventa:
D() ()
+ (V ) () (2.75)
Dt t
2.19
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Esercizio 2.4
Dato il campo di velocit V = 3t i + xz j + ty2 k , trovare l'accelerazione particellare.
Risp. a = 3 i + (3tz + txy2) j + (2xyzt + y2 ) k
Nota che la derivata sostanziale di un campo vettoriale, nella fattispecie della velocit, pu essere espressa in
termini delle componenti scalari:
DV V Du Dv Dw
+ (V ) V = i +i +i =
Dt t Dt Dt Dt
u v w
= i +(V )u + j +(V )v + k +(V )w = (2.76)
t t t
u u u u v v v v w w w w
= i +u +v +w + j +u +v +w +k +u +v +w
t x y z t x y z t x y z
Si ritrovano in tutto 12 componenti scalari di cui i 3 termini dell'accelerazione locale sono lineari, gli altri 9
termini convettivi sono non-lineari (per la velocit).
Ovviamente tutti i problemi in cui necessario considerare effetti convettivi saranno problemi non lineari,
pi difficili da risolvere.
Esercizio 2.5
Il flusso stazionario di un fluido in un ugello convergente viene analizzato in una teoria uni-dimensionale
come u=u(x). Per un ugello lineare si ritrova u(x)=Uo(1+2 x/L).
Determinare l'espressione dell'accelerazione di una particella che attraversa l'ugello
Risp. a(x) = [2(Uo)2 / L] (1+2 x/L)
Ponendo Uo=10 m/s, L=1m, determinare l'accelerazione ad x=0 e ad x=L.
Risp. a(0)=200 m/s2 , a(L)=600 m/s2
DV V VV
a= = + + ( V ) V (2.77)
Dt t 2 rateo della
accelerazione accelerazione rateo della var iazione
materiale locale var iazione delladirezione
dell'int ensit
ficiali e lineari sono semplici casi particolari, talora si trova la defi- dV=dx1dx2dx3
nizione di espansione] x
2.20
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
dV dx1dx 2 dx 3
= = (2.78)
dVo d1d 2 d3
Abbiamo gi commentato che la (2.50) pu essere considerata come una trasformazione tra sistemi di coor-
dinate dalla coordinata lagrangiana a quella euleriana x .
In tal caso dovrebbe esserVi familiare che il rapporto dei volumi elementari di una trasformazione pari al
valore dello Jacobiano della trasformazione:
dV d(x1 , x 2 , x 3 )
= =J (2.79)
dVo d(1 , 2 , 3 )
------------------------------------------------------inciso---------------------------------------------------
Per chi avesse qualche problema nel ricordare/ritrovare la dimostrazione della (2.79) notiamo
che, per uno spazio 3D cartesiano, deve verificarsi:
1 2 3
---------------------------------------------fine inciso-----------------------------------------------
2.21
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
D DJ D [(dV ) / (dVo )]
G= = = (2.85)
Dt Dt Dt
Questa definita come la derivata materiale dello Jacobiano e rappresenta il rateo temporale della dilatazione
per una particella fluida in moto.
In pratica dovremo fare la derivata temporale (a costante) della (2.78). Molto semplice se vi ricordate
lalgebra differenziale delle matrici, altrimenti richiamando la (2.84), che per puro caso appare poco prima su
questa stessa pagina, si vede che dobbiamo svolgere il compitino:
x1 x1 x1
1 2 3
D x 2 x 2 x 2 x i x j x k
[J ] = = ijk (2.86)
Dt t 1 2 3 notazione indiciale t 1 2 2 = cos t
per determinante
x 3 x 3 x 3 di matrice
1 2 3
= cos t
Ovviamente esiste la possibilit o di procedere scalarmene (molti passaggi ma semplice algebra) oppure di
considerare la forma in notazione indiciale. In ogni caso ci dovremo trovare di fronte ad un raggruppamento
somma di tre termini:
x i x j x k x i x j x k
ijk = ijk +
t 1 2 2 = cos t t 1 2 2 = cos t
(2.87)
x x j x k x x j x k
+ ijk i + ijk i
t 1 t 2 = cos t 2 t 1 2 t 2 = cos t
= cos t = cos t
Le derivate materiali (a costante) basate su generici indici (m,n) sono semplici a farsi:
xm xm Vm
= =
t n = cos t deriviamo
a costante
n t = cos t definizione
di velocit
n
(2.88)
in cui si introdotto un ulteriore indice p=i,j,k. Si deriva quindi combinando (2.86 - 2.90):
2.22
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
D J V x p x j x k x Vj x p x k x x j Vk x p
= pjk i + ipk i + ijp i (2.91)
D t x 1 x 1 2 x
p 1 2 3 p 2 3 p 3
ovvero permutando lindice p nellunica possibilit (di componente non nulla) consentita dalloperatore
i j k e cio:
D J V1 V2 V3 x x j x k
G= = + + ijk i = ( V ) J (2.92)
D t x1 x 2 x 3 1 2 3
1 DJ
[ V] = (2.93)
J Dt
Ovviamente se V=0 dovr essere J=costante , i.e. durante il moto il volume elementare della particella
fluida non cambia.
[ V] = D ln(J) (2.94)
Dt
Definendo Volume materiale V m come il volume di controllo (finito) che contiene sempre la stessa massa
di fluido (i.e. le stesse particelle fluide, da alcuni definito come sistema), si pu pensare di estendere la for-
mula di espansione di Eulero ritrovata per il solo volume elementare.
Questo largomento del teorema di Reynolds.
Sia (x,t) una qualsiasi propriet termo-fluido-dinamica trasportata dalle particelle fluide contenute nel vo-
lume materiale V m (t) [volume che si muove con il fluido e che contiene sempre le stesse particelle],
Lintegrale di volume:
2.23
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
F (t) =
Vm ( t )
( x , t ) dV (2.96)
F ( t ) d
=
t = cos t d t V ( t )
( x , t ) dV
(2.97)
M = cos t m
e rappresentarla in un sistema euleriano.
Ovviamente poich il volume V m (t) varia nel tempo, non possibile veicolare la derivata attraverso
loperatore integrale e farla operare direttamente sullintegrando.
La prima metodologia usa le trasformazioni prima descritte tra le rappresentazioni lagrangiane e euleriane.
Se consideriamo:
che la D( )/Dt una derivata rispetto al tempo tenendo costante cio a particelle (massa) costante,
che il volume materiale V m (t) per definizione un volume a particelle (massa) costante.
di rappresentare la propriet (x,t) in modo lagrangiano : [ x (,t),t]
di rappresentare il volume elementare (al tempo t) dV in funzione di quello elementare al tempo 0 :
dV = dVo J
Ne consegue che il volume di integrazione V (t) diventer costante e pari a V o, , si pu scambiare la derivata
materiale con loperatore integrale e farla operare direttamente sullintegrando.
d d
[ ]
F ( t )
=
t = cos t d t V ( t )
( x , t ) dV =
d t Vo
x (, t ), t J dVo =
m
D D DJ
= { J }dVo = D t J + D t dVo = (2.98)
Vo
Dt Vo
D D
= D t + ( V ) J dVo = D t + ( V ) dV
Vo Vm (t)
2.24
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
F ( t ) d
=
t = cos t d t V ( t )
( x , t ) dV =
m (2.100)
=
V (t)
t + (V) dV =
t
V (t)
dV +
V
[ ( V)] dV
(t)
Applicando allultimo termine del lato destro della (2.100) il teorema di Gauss della divergenza si ottiene la
forma pi usata del Teorema del Trasporto di Reynolds:
dF ( t ) d
dt
=
d t V ( t )
( x , t ) dV =
V t
dV +
[ (n W)] dS (2.101)
m (t) S (t)
dove:
Ne deriva che:
Riconsiderando la rilettura del Teorema del Trasporto di Reynolds ci accorgiamo che abbiamo sprecato
tante formule e tanti passaggi per arrivare a certi risultati che si possono dedurre da logiche e naturali consi-
derazioni per il bilancio/conservazione di propriet estensive.
La seconda metodologia si basa nel considerare lintegrale volumetrico come prodotto di integrali lineari.
x 2 (t)
d d V(t)=x2(t)-x1(t)
dt V ( t )
b( x , t ) dV >
dt b( x, t ) dx
x1 ( t )
(2.102)
n1=-i n2=i
x
In questo caso il volume di controllo lintervallo x2-x1, che
pu variare nel tempo, la superficie S rappresentata dai due x1 x2
punti x1 ed x2 di normali, rispettivamente n1=i e n2= +i , W1 W2
nei quali punti le velocit sono rispettivamente W1=dx1/dt e
W2=dx2/dt:
x 2 (t) x 2 (t)
d b dx dx
dt b(x, t ) dx =
x1 ( t ) x1 ( t )
t
( x , t ) dx + b( x 2 , t ) 2 b( x1 , t ) 1
dt dt
(2.103)
2.25
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
E abbastanza agevole rilevare che questa relazione rappresenta proprio il famoso teorema di Leibnitz (del-
la derivazione sotto il segno di integrale) studiata nei corsi di Analisi Matematica di base, di cui il teorema
di Reynolds rappresenta lestensione a pi di una dimensione.
La terza ed ultima metodologia si basa nel considerare, pedestremente, la derivata facendo il limite del rap-
porto incrementale dellintegrale. Occorre un poco di fantasia per riconoscere i vari termini nella raffigura-
zione dei volumi materiali a due istanti di tempo.
Consideriamo un volume di controllo che si muove in modo arbitrario nel tempo.
Definiamo:
Volume di controllo (VdC linea continua)
Sistema (Sis linea tratteggiata) inteso come il volume che contiene la massa di controllo, anche detto
Volume materiale.
Consideriamo che al tempo t il VdC ed il sistema Sis coincidono.
Nota: t
t+dt
Sis
CSis t +dt CSis t =
c dV + c dV
b' c
c dV
b'
(2.104)
t + dt t
Sommando e sottraendo al termine a destra lintegrale
c dV
a
si ottiene:
t + dt
CSis t + dt CSis t =
c dV + c dV
b' a
c dV
b'
+
t + dt t
(2.105)
+
c
c dV a
c dV
t +dt
Facendo il limite per dt 0 si ottiene:
CSis t +dt CSis t
b'
c dV +
a
c dV
t +dt
b'
c dV
t
= +
dt dt
(2.106)
c
c dV
t +dt
a
c dV
t +dt
+
dt dt
2.26
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
il primo termine a destra si riferisce allo stesso volume in quanto [b]t=[b+a]t+dt per cui il limite
diventa la derivata locale dellintegrando:
( c )
V (t)
t
dV (2.108)
Poich la superficie possiede velocit assoluta (U) la velocit con cui il fluido (che possiede velocit
assoluta V) attraversa la superficie (relativa) W=V-U : il secondo integrale a destra rappresenta la
portata della propriet trasportata dal fluido attraverso la interfaccia b-a . + n ( c W )dS a
S=a
Analogamente il terzo integrale rappresenta la portata attraverso la interfaccia b-c:
n ( c W )dS b
S=b
In definitiva quindi :
d
( c ) dV = dCSis = ( c ) dV + n ( c W )dS
(2.109)
dt V ( t ) dt V (t)
t S = V
Considera due punti materiali P e Q molto prossimi luno allaltro, identificati quindi da coordinate materiali
e +d.
Supponiamo che al tempo t le particelle materiali si trovino nei punti euleriani x(,t) ed x(+d,t).
In base alla continuit del mezzo sar:
x i ( + d , t ) = x i (, t ) +
x i
j
( )
d j + O d 2 (2.110)
Al limite del continuo i termini di ordine superiore possono essere trascurati e la (2.110) si scrive
x
d x = x ( + d , t ) x (, t ) = d (2.111)
ovvero:
x
dx i = i d j (2.112)
j
che pu essere invertita per avere:
j
d j = dx i (2.113)
x i
La propriet tra parentesi quadra definita da 3x3=9 componenti scalari e rappresenta un tensore.
Questo tensore, che alla base della teoria dellelasticit, chiamato tensore (gradiente) di deformazione.
2.27
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Come visto nel paragrafo 2.11.3, un fluido definito come un corpo che reagisce a velocit di deformazio-
ni. Ne segue che in fluidodinamica linteresse sta nel derivare lagrangianamente la (2.112).
Se V la velocit, la velocit relativa della particella fluida +d rispetto a quella fornita dal suo diffe-
renziale dV:
x x V
dV = d = d = d (2.114)
t t = cos t
= cos t a costante
posso commutare
le derivate
V d V V
dV = dx = d x = [ V ] d x ovvero: dVi = i dx j (2.115)
d x x x j
E evidente il carattere tensoriale della propriet tra parentesi quadra, che viene definita tensore gradiente di
velocit V.
Osserviamo per prima che se una particella soggetta ad una pura traslazione rigida sar:
t
x=+
0
U ( t ) dt (2.116)
dV = d x (2.117)
Se ne conclude, a priori, che gli atti di moto che contemplano traslazione e rotazione rigida non hanno
influenza sul tensore velocit di deformazione.
Il tensore velocit di deformazione pu essere scritto come somma di due tensori uno simmetrico ed uno an-
tisimmetrico:
2.28
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
V1 V1 V1
x1 x 2 x 3
V = 2
V
x1
V2
x 2
V2
x 3
= 1
2
[V + V ]+ [V V ] =
t 1
2
t
V V3 V3
3
x1 x 2 x 3
V1 V1 V2 V1 V3
1 + 1 +
x1 2
x 2 x1
2
x 3 x1
1 V1 V2 V2
1 V2 V3
= 2 + 2
+ +
x 2 x1 x 2 x 3 x 2
V V V
1 V2 V3
12 1 + 3 2
+ 3
x 3 x1 x 3 x 2 x 3
V1 V2 V1 V3
0 1 1
x 2 x1 x 3 x1
2 2
1 V1 V2
1 V2 V
2 0 2
3 = S +
x 2 x1 x 3 x 2
V V V2 V3 (2.118)
12 1 3 1 + 0
x 3 x1 x 3 x 2
2
Vi 1 Vi Vj 1 Vi Vj
= + + = Si j + i j (2.119)
x j 2 x j x i 2 x j x i
144244 3 144244 3
Si j i j
Dove chiara la simbologia usata per la parte antisimmetrico del tensore velocit di deformazione che ha
come componenti le velocit angolare di rotazione rigida = /2 = [V] / 2
0 z y
= z 0 x ovvero i j = i j k k /2 (2.120)
y x 0
Quindi la parte antisimmetrica del tensore velocit di deformazione rappresenta una rotazione rigida:
r = r = 12 r (2.121)
MEMO: chicca per finire: state attenti alle forme vettoriali/tensoriali che contengono il prodot-
to vettoriale () perch ad esser pignoli rappresentano pseudi-tensori, ovvero sono
quantit che non rispettano pienamente i criteri di invarianza rispetto alla rotazione
degli assi (quelle dette in verit trasformazioni improprie). Nota in gergo potreste tro-
vare anche delle notazioni tipo tensori/vettori assiali. La citazione cade al momento giu-
sto perch sia che i j k cadono in questa categoria. tanto che i j k chiamato anche
pseudo-tensore unitario ovvero simbolo di Ricci.
2.29
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
(s )2 = r r = ri ri (2.123)
Ricerchiamo lespressione della Velocit di Deformazione [VdD] definita come derivata temporale della
variazione di lunghezza per unit di lunghezza.
Dalla definizione e dalla (2.123) sar:
d(ri ) d(r )
ri = ri (Q ) i (Q ) , = i = Vi (2.125)
dt dt
Vi (Q ) = Vi (P ) +
Vi
x j
( )
x j + O x j
2
Vi = Vi (Q ) Vi (P ) =
Vi
x j
( )
x j + O x j
2
Vi
x j
rj (2.126)
r Vi r Vi rj r Vi rj V
lim i 2 rj = lim i = lim i = i i j = V (2.127)
s 0 (s ) x
j s 0 (s ) x j (s ) s 0 (s ) x j (s ) x j
Con questo possibile dare un significato anche alle componenti delle parti simmetriche ed antisimmetriche
del tensore gradiente di velocit.
Considerando che:
V = S + (2.128)
dove:
V1
1 V1 V V V
2
+ 2 12 1 + 3
x1 x 2 x1 x 3 x1 S S12 S13
1 V1 V2 V2 V2 V3
11
S = 2 + 1
2
+ = S21 S22 S23 (2.129)
x 2 x1 x 2 x 3 x 2 S S32 S33
V V V3 31
1 3 1 V2 V3
2 + 2 x + x
1
x 3 x1 3 2 x 3
Si vede che le componenti sulla diagonale principale, S i i , rappresentano i ratei di elongazione (stretching
puro, i.e. velocit di allungamento/costrizione per unit di lunghezza) lungo i rispettivi assi coordinati.
2.30
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
La loro somma rappresenta la divergenza della velocit che coincide con linvariante scalare del tensore stes-
so.
Rifacendo il discorso fatto paragrafo 2.4 immediato vedere che le componenti fuori diagonale, S i j , ij ,
sono pari alla met della velocit media con cui varia langolo formato da segmenti allineati lungo i rispettivi
assi coordinati i e j prima della deformazione.
che significa che la VdD non dipende dallatto di moto relativo alla rotazione rigida:
dF
lim =t (2.131)
dA0 dS Taglio #1
Il concetto di superficie orientata deriva dal fatto che nella pratica F e t di- t1
pendono da come orientata la dS.
Usando il versore normale n alla superficie dS per definirne lorientamento, n1 A
A n1
sar dS = n dS , ovvero per la (2.131):
t1
1 dF
lim =t (2.132)
dA0 dS n
Taglio #2
t2
per piccoli dS la (2.132) si approssima come:
B n2 B
1F n2
t (2.133)
Sn t2
Notiamo lassurdit di quanto espresso formalmente dalla (2.133) che prevede la divisione tra due vettori,
cosa non prevista. Commentiamo soltanto di passaggio che il rapporto della tensione t dai due vettori F ed n
deve comunque esistere ed essere regolato in qualche modo
.
Considerando la generica struttura elastica nella figura a lato, ben ovvio che facendo nella stessa sezione
due tagli (#1 e #2) con normali differenti n1 ed n2, per mantenere lequilibrio, dovremo applicare delle forze
differenti F1 ed F2. Ovvero, a parit di area elementare dS ritrovare sulle die facce delle tensioni differenti t1
e t2 che, per il principio di azione e reazione, devono essere della stessa intensit ma di verso contrario
(con il segno cambiato)
In pratica dovr essere:
2.31
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
ovvero, in un punto la tensione t deve dipendere linearmente dalla normale n per mezzo di una entit che
rappresenta lo stato tensionale locale che operando su n fornisca un vettore:
[
t = n entit stato tensionale
1444 424444 3
] (2.136)
?????
Ovvero: una relazione che pu rappresentare la definizione fisica del tensore degli sforzi
t = n (2.137)
tensione direzione tensore degli sforzi
NOTA: in certa letteratura, tipicamente di origine matematica si usa una notazione differente:
t =n (2.138)
La (2.137) rappresenta una possibile definizione vettoriale del tensore degli sforzi.
Ma= i
Fi M a = Fsup erf . + Fmassa (2.139)
1
V [ a f massa ] = Fsup erf . = t n dS L3 [ a f massa ] = t n dS L [ a f massa ] = t n dS
S S
L2 S
1
lim {L [ a f massa ]} = 0 = Llim 2 t n dS = 0 (2.140)
L 0 0
L S
Che si legge come il principio dellequilibrio locale degli sforzi superficiali (valido qualunque sia
S e V)
2.32
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
C
C
ABC A n n
C
-i O B
OBC A (ni) -i -j
O Y
OAC A (nj) -j A
B
-k
OAB A (nk) -k A
O B
X
A
1
lim
L 0
2
L
t n dS = 0 =
S (2.141)
= lim
L 0
1
A
[
A t ( n ) + A(n i ) t ( i ) + A (n j) t ( j) + A(n k ) t ( k ) = 0
]
Dividendo la (2.141) per a e facendo il limite:
t ( n ) + (n i ) t ( i ) + (n j) t ( j) + (n k ) t ( k ) = 0 (2.142)
t ( i ) = t (i ) , t ( j) = t ( j) , t (k ) = t (k ) (2.143)
si ricava:
t ( n ) = (n i ) t (i ) + (n j) t ( j) + (n k ) t ( k ) = 0 (2.144)
Nota la (2.140) e la (2.144) implicano che il risultante F degli sforzi superficiali agenti su di una
particella :
Fsup erf . = lim n dS = lim dV V ( ) (2.145)
V V * V V *
S = V V
Come ogni altro tensore il tensore degli sforzi avr una analisi spettrale che ne individuer gli assi (direzioni)
principali e i rispettivi autovettori.
2.33
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Il problema di collegare la causa: tensore degli sforzi alleffetto tensore velocit di deformazione
d = V dt dS cos = Vn dS dt = (n V) dS dt (2.146)
Si definisce flusso (convettivo) di volume, v , la quantit di volume che passa per unit di superficie e per
unit di tempo, v = d / (dS dt) cio:
v n V (2.147)
E' immediato verificare che le dimensione del flusso di volume sono Volume/(Area tem-
po)=Lunghezza/tempo
Analogamente si pu definire il flusso (convettivo) di massa, m , come la quantit di massa che passa per
unit di superficie e di tempo.
Le dimensioni di m devono essere [Massa/(Superficie tempo)] = [Massa/Volume ] [Volume/(Superficie
tempo)] ovvero [Densit Lunghezza/ tempo]. In definitiva si ritrova:
m n (V ) (2.148)
Tale concetto si pu generalizzare per una qualsiasi altra propriet, ad esempio il flusso convettivo di ental-
pia sar pari all'entalpia specifica (Entalpia per unit di massa (h) per il flusso convettivo di massa)
h n ( h V) , ecc..
Si parlato di flusso convettivo in quanto quello che dipende dalla convezione, cio dalla velocit V.
In seguito introdurremo un flusso che non dipende dalla velocit, che chiamato diffusivo (es. Calore, lavo-
ro reversibile (fatto da pressioni), lavoro irreversibile (fatto da sforzi viscosi)). Ovviamente il flusso diffusivo
definito come la differenza tra il flusso totale e quello convettivo.
La definizione di portata Q (la quantit che passa attraverso una superficie S nell'unit di tempo) sempli-
cemente ricavabile integrando il flusso sulla superficie considerata:
Portata di massa Qm = m = (n V)dS
S
(2.150)
2.34
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Esercizio 2.6
Dato il campo di velocit V = 3t i + xz j + ty2 k , e la superficie piana i cui vertici sono (0,1,1), (0,1,2),
(2,1,2),(2,1,1) determinare:
La portata di volume (Risp. 3)
La velocit media (Risp. 1.5)
Esercizio 2.7
Per il moto in un tubo dellEs. 1.8, ritrovare
l' espressione della velocit media Risp. Umedia=umax/2
il flusso di volume per R=3 cm, umax=8 m/s Risp. Qv= 0.0113 m3/s
il flusso di massa per l'acqua Risp. Qm= 11..3 kg/s
Prima di definire le altre propriet cinematiche di interesse (gradiente, divergenza, rotore, circolazione),
conviene richiamare come questi operatori possono essere alternativamente espressi con prodotto (formale di
vario tipo) dell'operatore (vettore) nabla [ ()] e la specifica propriet, ad esempio:
Una volta avuta la definizione dell'operatore nabla nel sistema considerato queste definizioni permettono la
determinazione degli altri operatori.
Esercizio 2.8
( ) () ( )
L'espressione dell'operatore nabla in coordinate cartesiane : () i +j +k
x y z
determinare le espressioni:
del gradiente di un campo scalare f,
della divergenza di un campo vettoriale V
del rotore di un campo vettoriale V,
Esercizio 2.9
( ) 1 () ()
L'espressione dell'operatore nabla in coordinate cilindriche (r,,z) : () i r + i + iz
r r z
determinare le espressioni:
del gradiente di un campo scalare f,
della divergenza di un campo vettoriale V
del rotore di un campo vettoriale V,
2.35
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
f dV = n f dS
V
S
teorema del gradiente (2.151)
VdV = n V dS
V
S
teorema della divergenza (2.152)
VdV = n V dS
V
S
teorema del rotore (2.153)
Se pensiamo di considerare volumi molto piccoli gli integrali volumetrici possono essere espressi come il
valore medio dell'integrando per il valore del volume:
f dV f V = n f dS
V
S
(2.154)
VdV ( V ) V = n V dS
V
S
(2.155)
VdV ( V ) V = n V dS
V
S
(2.156)
Facendo tendere il volume a zero, in modo uniforme rispetto alle tre dimensioni, si ottengono le definizioni
integrali:
1
f = lim
V 0 V
S
n f dS
definizione integrale di gradiente (2.157)
1
( V )= Vlim
0 V n V dS definizione integrale di divergenza (2.158)
S
1
( V )= Vlim
0 V
n V dS definizione integrale di rotore (2.159)
S
Queste definizioni integrali sono ovviamente una generalizzazione, infatti non richiedono la differenziabilit
delle funzioni di campo ma soltanto la loro integrabilit (ma questa un'altra storia).
La definizione integrale permette di fornire una diversa interpretazione alla divergenza della velocit: se si
considera infatti che l'integrale
dV
n VdS = Q
S
v =
dt
(2.160)
rappresenta la portata volumetrica attraverso una superficie chiusa, e quindi equivale alla variazione di Vo-
lume per unit di tempo, ne discende:
1 DV 1 D M
V= = , = (2.161)
V Dt Dt V
la divergenza della velocit interpretabile come variazione di volume per unit di volume e di tempo
di una particella fluida.
Ne discende quindi che se un campo di moto pu essere considerato incompressibile, cio a densit costan-
te, deve verificarsi necessariamente
V= 0 (2.162)
2.36
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
(V )= 0 (2.163)
Infine La definizione integrale permette di fornire una diversa interpretazione alla divergenza del tensore
degli sforzi.
Richiamando la (2.145) ed il teorema della divergenza (1.252)
Fsup erf . =
S = V
n dS = V
dV (2.164)
La divergenza del tensore degli sforzi rappresenta il risultante degli sforzi superficiale
per unit di volume della particella.
Esercizio 2.10
Verificare, per confronto delle componenti scalari in 2D, l'identit vettoriale:
V V = ( 12 V V ) V ( V )
che molto utile in fluidodinamica in quanto mostra che l'accelerazione convettiva composta di due termi-
ni, il primo dipende dalla variazione del modulo della velocit nello spostarsi da una posizione ad un'altra, il
secondo rappresenta la variazione della direzione della velocit che ruota con il suo rotore.
.2.15 Vorticit
In fluidodinamica il rotore della velocit comunemente denominato come vorticit:
V (2.166)
Nota che, a causa delle propriet del prodotto vettoriale, se il campo di velocit piano V = V(x,y) la vorti-
cit si riduce ad una vettore con una sola componente lungo l'asse z : = k [si parla di vorticit come
uno scalare]
Abbiamo gi visto vedere il collegamento tra la vorticit e la rotazione di una particella.
Consideriamo un campo di moto a rotazione rigida: V = i r = r ,
se facciamo il rotore di questo campo (ovviamente in coordinate
cilindriche) otteniamo:
v(r)= r
=
1 (r V )
k=
( )
1 r 2
k = 2 k (2.167)
i
r r r r k
2.37
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Ma consideriamo un altro campo di moto con velocit esclusivamente tangenziale. Uragani, trombe d'aria e
il vortice di scarico di un lavandino presentano velocit tangenziali che aumentano all'avvicinarsi al centro,
in pratica un campo di moto del tipo:
K
V = i (2.168)
r
1 (r V ) 1 (K )
= k= k=0 (2.169)
r r r r
Questo campo quindi irrotazionale (in tutti i punti ad esclusione dellorigine) e prende il nome di vortice
potenziale (il cui potenziale = K ).
Esercizio 2.11
Dato il campo di velocit V = 3xy i + xz j + y2 k determinare il vettore vorticit,
Esercizio 2.12
Dato il campo di velocit V = 3xy i + y2 j determinare il vettore vorticit,
V = (2.170)
Un campo irrotazionale e solenoidale armonico (determinabile dalla risoluzione di una equazione di La-
place):
V= 0
( )= = 0
2
(2.171)
V =
Richiamando il teorema della divergenza si ottiene una definizione integrale dell'operatore di Laplace:
1
( V )= lim 1 n VdS 2 = lim dS (2.172)
V 0
V V 0 V
n
S S
Esercizio 2.13
Verificare, per confronto delle componenti scalari in 2D, l'identit vettoriale:
2 V = ( V) ( V)
Esercizio 2.14
Dato il campo di velocit V = 3t i + xz j + ty2 k verificare se incompressibile (solenoidale) e/o irrotaziona-
le.
Risp. SI , NO
2.38
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
ed il teorema di Stokes che considera una superficie A di normale n che si appoggia su di una curva C con
versore tangente t
= t Vdc = n ( V)dA = n dA
C = A A A
(2.174)
Ma se calcoliamo la circolazione attorno alla curva a-b-c-d che v(r) vortice potenziale
non contiene l'origine si ottiene:
vortice a rotazione rigida
b c d a
=
t Vdc = t Vdc + t Vdc + t Vdc + t Vdc =
C a b c d (2.177
+ r1 R1
K K
=
r
r d + 0dr
r1
+
r
r d + 0dR = K + 0 K 0 = 0
R2
)
r
r nucleo
Ne deriva che nel vortice potenziale il campo irrotazionale o-
vunque tranne nell'origine, che rappresenta un nucleo rotazionale.
La struttura di un vortice reale in genere composta di un nucleo interno rotazionale (di tipo moto rigido) e
da un nucleo esterno che tende ad un vortice potenziale.
Esercizio 2.15 Dimostra che un campo potenziale ad un solo valore avr sempre circolazione nulla.
1. traiettoria: l'insieme di posizioni assunte da una singola particella al variare del tempo
2.39
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
2. linea di corrente: una linea tangente in ogni punto al vettore velocit ad un dato tempo
3. linea di fumo: il luogo delle posizioni, allistante t, delle particelle che nellintervallo [0,t] sono pas-
sate per un dato punto.
Notare che:
Notare che se si traccia nel flusso una linea chiusa ideale e si considerano le li-
nee di corrente che passano per tutti i punti della curva, si ottiene un tubo di
flusso che ha la particolarit di contenere idealmente lo stesso fluido(i.e Q1 = Q2
A1
), infatti per definizione la velocit sar sempre parallela alle pareti di questo tu-
bo per cui non vi flusso attraverso la superficie laterale.
.2.18.1 Traiettorie
La traiettoria il luogo dei punti occupati, nel tempo da una particella. E il risultato dellintegrazione delle
equazioni differenziali che definiscono le velocit di ogni particella in un riferimento euleriano:
dx dy dz
= u ( x , y, z , t ) , = v ( x , y, z , t ) , = w ( x , y, z , t )
dt dt dt
Esercizio 2.16*
x y
Dato il campo di moto piano: u= , v= , w=0 determinare la traiettoria della par-
1+ t 1 + 2t
ticella che passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. Risp. y = y o 1 + 2(x x o 1)
Le linee di corrente sono facilmente calcolabili in una rappresentazione euleriana, dove le componenti della
velocit (u,v,w) sono funzioni note della posizione (x,y,z).
Per definizione la velocit V = i u + j v + k w ,deve essere parallela alla linea, cio al vettore elementare dr
= i dx + j dy + k dz; quindi il prodotto vettoriale V dr deve essere nullo.
2.40
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Questo implica che devono esser nulle tutte le componenti scalari da cui:
dx dy dz dy dy dx dx dy dz
= , = , = = = (2.179)
u v w v v u u v w
Il parametro ds ci permette di scrivere le tre equazioni parametriche che determinano lequazione della linea
di corrente:
dx dy dz
=u; =v ; =w (2.182)
ds ds ds
Sistema di equazioni che pu essere integrato rispetto ad s; parametro che pu essere successivamente eli-
minato per ottenere lequazione della linea di corrente.
Esercizio 2.17
x y
Dato il campo di moto piano: u= , v= , w = 0 determinare la linea di corrente che
1+ t 1 + 2t
1+ t
passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. Risp. y = y o (x x o )1+ 2 t
Esercizio 2.18*
x y
Dato il campo di moto piano: u= , v= , w=0 determinare la linea di fumo che
1+ t 1 + 2t
passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. Risp.
y = y o 1 1 + 2(x x o 1)
2.41
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
Esercizio 2.19**
Dato il campo di moto piano: u = x 2 y 2 ; v = 2xy; w = 0
determinare la linea di corrente, la traiettoria e la linea di fumo che passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to.
[Risultato : x 2 y y 3 3 = cos t. ]
Da notare che vi sono campi instazionari in cui le linee di corrente coincidono con le traiettorie.
Esercizio 2.20**
Dimostrare che (Eringen) le linee di corrente coincidono con le traiettorie se il vettore velocit parallelo al
vettore accelerazione locale : V V t = 0
Usare a tale scopo il campo di moto nell'intorno del punto di ristagno di un corpo piano che accelera:
[
V = A( t ) ix jy] (A(t) funzione dimensionale)
Risp. Equazione delle traiettorie e delle linee di corrente (eliminando il tempo ) xy = costante
Considerando le oltre 180 formule contenute in questo capitolo, questo paragrafo sar insolitamente esteso e
servir sia per riepilogare le conclusioni ed i concetti pi importanti sia per la solita funzione di Check-Out.
Per descrivere gli atti di moto di particelle fluide conveniente luso di concetti di algebra tensoriale. Tra
le varie possibili notazioni, tra cui quella indiciale molto comoda ma limitata ai tensori cartesiani.
Si definiscono propriet scalari (tensore di ordine 0), vettoriali (tensore di ordine 1), e tensoriali (tensore
di ordine 2), e si pone il problema di distinguere logicamente le propriet fisiche dalle loro rappresenta-
zioni scalari [che hanno un significato soltanto per il sistema di riferimento usato].
Il principio di invarianza della generica propriet fisica richiede delle modalit di trasformazioni tra le
componenti scalare coordinate, queste trasformazioni possono servire a definire i vettori e i tensori.
2.42
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
In uno spazio 3D un tensore del secondo ordine rappresentato da una matrice 3x3, quindi da 32=9 com-
ponenti scalari.
Al tensore si applicano, per estensione, tutti i concetti dellalgebra lineare delle matrici e la relativa analisi
spettrale.
Una trattazione sintetica degli elementi di algebra e calcolo tensoriale contenuta in Appendice A.
Nel caso di fluidi si dovrebbe parlare di Meccanica e Termodinamica dei mezzi continui.
La Meccanica del Continuo si basa su due fondamenti:
1. Principio dellequilibrio termodinamico
2. Definizione (lemma) di continuo.
Da questi discende la definizione di un punto materiale come la massa contenuta in un volumetto ele-
mentare tanto piccolo da garantire lequilibrio e da consentire luso del calcolo differenziale, e tanto
grande da definire propriet locali statisticamente significative.
Tutte le propriet locali sono associate alla massa contenuta nel volumetto, e sono quindi propriet
termodinamiche.
Intrinsecamente, quindi, la Meccanica del Continuo si basa su di una descrizione lagrangiana (per
un insieme di particelle in moto). Ingegneristicamente siamo portati a considerare una descrizione eule-
riana (volume fisso, punti e propriet spazio/temporali).
La base della cinematica richiede la descrizione del moto della particella. Ma anche la posizione e la ve-
locit sono propriet del punto materiale (e quindi paradossalmente propriet termodinamiche e lagran-
giane).
Il passaggio tra le due descrizioni (lagrangiana/euleriana e viceversa, che la definizione di traiettoria):
x = x ( , t ) ovvero: x i = x i ( 1 , 2 , 3 , t ) i = 1,.2,3
si pu intendere come una trasformazione di coordinate.
Per la descrizione euleriana di una generica propriet ne discendono diverse possibilit di derivate
parziali rispetto al tempo:
sar la variazione nel tempo della propriet misurata da un osservatore che sta fermo in un
t
punto x del volume di controllo (detta derivata locale o instazionaria)
D
sar la variazione nel tempo della propriet misurata da un osservatore che si muove con la
Dt
particella di un massa di controllo (detta derivata materiale, sostanziale, particellare o totale)
df
Con il simbolo denoteremo la solita derivata ordinaria della funzione f(t) rispetto al parametro t.
dt
Tra le tante possibili, si assume, come definizione di velocit materiale la derivata lagrangiana della
posizione del punto massa:
V=
[
x (, t ), t ] =
x
= u (x1 , x 2 , x 3 , t ) e1 + v(x1 , x 2 , x 3 , t ) e 2 + w (x1 , x 2 , x 3 , t ) e 2
t = cos t
t = cos t
Ne discende la definizione di derivata sostanziale D/Dt di una propriet F:
D
= + (V )
Dt t
derivata derivata derivata
materiale locale convettiva
Quanti sopra rappresentano gli ingredienti di base della Meccanica dei mezzi continui.
2.43
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
la velocit di dilatazione
D J V1 V2 V3 x x j x k
G= = + + ijk i = ( V ) J
D t x1 x 2 x 3 1 2 3
1 DJ
che fornisce una interpretazione della divergenza della velocit come: [ V ] =
J Dt
e che talora chiamata formula di espansione di Eulero
DF ( t ) D
= ( x , t ) dV = dV + [ (n W )] dS
Dt D t Vm ( t ) V ( t ) t S (t)
che si legge:
il rateo di variazione temporale della propriet contenuta in un volume materiale
V(t) pari allintegrale volumetrico del rateo temporale di nel volume V(t)
pi la portata netta di attraverso la superficie S(t) di V(t)
Il tensore velocit di deformazione che coincide con il gradiente di velocit e che pu essere scritto
come somma di due tensori uno simmetrico ed uno antisimmetrico:
V1 V1 V1
x1 x 2 x 3
V = 2
V V2 V2 1
x x x
t
[ t
= V + V + 12 V V == S +
2
] [ ]
V1 V2 V3
3 3 3
x1 x 2 x 3
V1 V1 V2 V1 V3
1 + 1 +
x1 2
x 2 x1
2
x 3 x1 S S12 S13
V V V2
1 V2 V3
11
S = 12 1 + 2 2
+ = S21 S22 S23
x 2 x1 x 2 3x x 2
S31 S32 S33
V V V
1 V2 V3
12 1 + 3 2
+ 3
x 3 x1 x 3 x 2 x 3
2.44
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
lo stato tensionale locale dipende dal punto, dallorientazione della superficie (normale n) e da una
quantit tensoriale
[
t = n entit stato tensionale
1444 424444 3
]
?????
Ovvero la definizione fisica del tensore degli sforzi
t = n
tensione direzione tensore degli sforzi
Flusso (convettivo) di volume, v , la quantit di volume che passa per unit di superficie e per unit
di tempo, v = d / (dS dt) cio: v n V
Flusso (convettivo) di massa, m , la quantit di massa che passa per unit di superficie e di tempo:
m n (V )
Tali concetti si possono generalizzare per una qualsiasi altra propriet, ad esempio il flusso convettivo
di entalpia sar pari all'entalpia specifica (Entalpia per unit di massa (h) per il flusso convettivo di
massa) h n ( h V) , ecc..
Si definisce la portata Q di una propriet (la quantit che passa attraverso una superficie S nel-
l'unit di tempo) integrando il flusso sulla superficie considerata:
Portata di volume QV = (n V)dS
S
Portata di massa Qm = m = (n V)dS
S
I teorema di Gauss (generalizzati) sono un utile strumento per la determinazione di importanti operato-
ri integro/differenziali/vettoriali. Dato un campo vettoriale definito in un volume , delimitato da una
superficie S con normale n uscente , se i campi scalari f(r) e vettoriali V(r) sono differenziabili e con-
tinui valgono i seguenti teoremi:
f dV = n f dS
V
S
teorema del gradiente
VdV = n V dS
V
S
teorema della divergenza
VdV = n V dS
V
S
teorema del rotore
1
( V )= Vlim
0 V n V dS definizione integrale di divergenza
S
2.45
C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 Elementi di Meccanica del Continuo
1
( V )= Vlim n V dS definizione integrale di rotore
V S
0
La definizione integrale permette di fornire una diversa interpretazione alla divergenza della velocit:
dV
se si considera infatti che l'integrale n VdS = Q
S
v =
dt
rappresenta la portata volumetrica attraverso
una superficie chiusa, e quindi equivale alla variazione di Volume per unit di tempo, ne discende:
1 DV 1 D M
V= = , = ovvero: la divergenza della velocit interpretabile come varia-
V Dt Dt V
zione di volume per unit di volume e di tempo di una particella fluida.
Se un campo di moto pu essere considerato incompressibile, cio a densit costante, deve verificarsi
necessariamente V= 0
La divergenza del tensore degli sforzi rappresenta il risultante degli sforzi superficiale per
Fsup erf .
unit di volume della particella = lim
V 0 V
In fluidodinamica il rotore della velocit comunemente denominato come vorticit: V
Un campo vettoriale che ha rotore nullo si dice irrotazionale.
Campi irrotazionali sono molto interessanti perch ammettono un potenziale.
Un campo di velocit irrotazionale V=V(x,y,z,t) ammette un potenziale di velocit = ( x , y, z, t )
tale che: V =
Un campo irrotazionale e solenoidale armonico (determinabile dalla risoluzione di una equazione di
V= 0
( )= = 0
2
Laplace):
V =
Richiamando il teorema della divergenza si ottiene una definizione integrale dell'operatore di Lapla-
ce:
1
( V )= lim 1 n VdS 2 = lim dS
V 0
V V 0 V
n
S S
la circolazione (o circuitazione) del campo V attorno ad una curva chiusa C con versore tangente t
definito come lintegrale chiuso (nota la direzione):
= t Vdc
C
Il teorema di Stokes considera una superficie A di normale n che si appoggia su di una curva C con
versore tangente t: = t Vdc = n ( V)dA = n dA
C = A A A
le linee di flusso di base sono:
traiettoria: l'insieme di posizioni assunte da una singola particella al variare del tempo
linea di corrente: una linea tangente in ogni punto al vettore velocit ad un dato tempo
linea di fumo: il luogo delle posizioni, allistante t, delle particelle che nellintervallo [0,t] sono
passate per un dato punto.
2.46
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Capitolo 3
_ _
3.1
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
.3.0 PREMESSA
In genere le equazioni da usare per la determinazione del campo di moto in flussi incompressibili, si
derivano dalla legge di Newton (condizione di equilibrio):
mam
DV
Dt
=F= F i [
= Fp + Fv + ] [ ]
Fg (3.1)
i forze sup erficiali forze di massa
In fluidodinamica conviene esprimere questa equazione in termini specifici per unit di volume:
DV
a
Dt
=f = f
i
i =fp +fv +fg (3.2)
laddove f il risultante delle forze esterne per unit di volume che composto da:
fp campo di pressione:
fv campo viscoso
forze di massa per unit di volume, fg , derivanti campi gravitazionali, campi elettromagnetici ecc.
Fg = m g , fg = g
dove g l'accelerazione di gravit.
Ora a livello planetario l'accelerazione di gravit varia con la distanza dal centro della Terra con la legge:
2
g( R ) R
= o (3.3)
g( R o ) R
dove Ro il raggio della superficie terrestre mediamente pari a circa 6384 km e go l'accelerazione di gravit
sulla superficie del pianeta.
Dall'analisi di questa equazione si vede che la variazione dell'accelerazione di gravit nel pi profondo degli
abissi marini (circa z = -11 km) o alla massima quota di un aereo supersonico (circa z = +20 km) varia
rispetto a quella superficiale di (6384/6404)2 ovvero di circa lo 0.9%, per cui nel seguito ometteremo di
considerare tale variazione ed assumeremo sempre l'accelerazione di gravit costante e pari al valore al
livello del mare
9.807 m/s2 [32.19 ft/s2]. (3.4)
per un flusso incompressibile, il contributo viscoso fv dalla divergenza del gradiente della velocit [fv =
2V in coordinate cartesiane],
( )
f v = V = 2 V (3.6)
e che quindi tale contributo sar nullo se il campo di velocit nullo o costante.
_ _
3.2
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
.3.1 Idrostatica
g n
Per definizione le condizioni idrostatiche sono quelle in cui il campo di velocit nullo,
per cui l'equazione di equilibrio si riduce a: p
0= fp +fg (3.7) dS
1 M
0=
V npdS + V g
S
(3.10)
Per avere l'equazione di equilibrio valida per una particella occorre fare il limite per 0. Ma avevamo
visto che, in queste condizioni, il limite del primo termine (quello di pressione) coincide con la definizione
integrale del gradiente, mentre il secondo termine tender alla definizione puntuale di densit, per cui molto
semplicemente si ricava l'equazione di equilibrio di una particella fluida in condizioni idrostatiche:
p = g (3.11)
DV
=fp +fv +fg (3.12)
Dt
diventa:
V
+ V V = p + f v + g (3.13)
t
Se, anticipando i tempi, assumiamo che il contributo viscoso , per fluidi incompressibile esprimibile come
f v = 2 V siamo in grado di scrivere la (3.13) come equazione di Navier-Stokes:
V
+ V V = p + 2 V + g (3.14)
t
Inoltre se si ricordano (vedi appendice A) le identit vettoriali per l'accelerazione convettiva e per il
Laplaciano della velocit:
_ _
3.3
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
( )
V V = 12 V 2 V ( V ) (3.15)
2 V = ( V ) ( V ) (3.16)
V
t
( )
+ 12 V 2 V ( V ) = p + [( V ) ( V )] + g (3.17)
V
(
)
+ 12 V 2 = p + g (3.18)
t
che detta equazione di Eulero.
g = - = (gz ) (3.19)
V
V = = = (3.20)
t t t
Tutti i termini dell'equazione di Eulero sono quindi potenziali, inoltre poich la densit costante tutti i
termini si possono mettere sotto il segno di gradiente:
1 2
t + 2 V + p + gz = 0 (3.21)
Essendo il gradiente nullo ne deriva che il suo operando deve essere costante:
1 2
+ 2 V + p + gz = costante (3.22)
t
Abbiamo cos derivato il teorema di Bernoulli come integrazione dell'equazione di equilibrio, sotto le
ipotesi di campo incompressibile ed irrotazionale.
Se il campo di moto stazionario il teorema si semplifica:
1 V 2 + p + gz = costante = p o
2 (3.23)
Il valore della costante, che ha le dimensioni di una pressione, pu essere calcolato in un punto qualsiasi del
campo in cui si hanno valori noti dei vari termini.
La (3.23) la forma preferita dai fluidodinamici.
Gli idraulici che odiano le pressioni ed amano le altezze, dividono tutti i termini del teorema per il prodotto
( g) ed ottengono per la (3.23) la forma:
_ _
3.4
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
1 2 p
V + +z = costante = h o (3.24)
2g g
Essendo il nostro compito, al momento, quello di determinare il campo di pressione, riscriviamo l'equazione
(3.11) come:
p = (g a ) B( x, y, z, t ) (3.25)
p p p
= B x (x, y, z, t ) , = B y (x, y, z, t ) , = Bz (x, y, z, t ) (3.26)
x y z
p( x, y, z, t ) = Bx ( x, y, z, t ) dx + B y ( x, y, z, t ) dy + B y ( x, y, z, t ) dz + f ( t ) (3.27)
La funzione incognita f(t una costante se il campo stazionario, ovvero pu essere determinata in un
qualsiasi punto (xo,yo,zo) dove nota la pressione po(t).
Se la risoluzione analitica relativamente semplice, quella numerica, pur sembrando ancora pi semplice
complicata dall'errore di troncamento implicito nell'analisi numerica. Partendo da un punto ed integrando
lungo una linea che ritorna allo stesso punto non si ritrover mai lo stesso valore di pressione assunto nel
punto di partenza (in pratica il campo B numericamente non irrotazionale), per cui occorrono correzioni, a
volte semplicistiche (prendere la differenza riscontrata e distribuirla in modo equanime e proporzionale
sull'arco di curva) ovvero imporre derivate su condizioni di chiusura integrale (molto pi complicate che si
basano nel considerare che facendo la divergenza si ritrova il campo di pressione essere governato da una
equazione di Poisson :
2 p = B (3.28)
Da notare che l'equazione dell'idrostatica (3.25) e (3.30) non contiene la viscosit ma soltanto la densit, per
cui la stessa per tutti i fluidi che hanno la stessa densit se si tratta di un campo stazionario.Di solito si
assume un riferimento cartesiano con l'asse "z" rivolto verso l'alto, ne discende che l'accelerazione di gravit
sar rivolta verso il basso, e si ritrovano, per la (3.30) per le tre componenti coordinate:
p p p
=0 , =0 , = g (3.31)
x y z
_ _
3.5
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Le prime due equazioni ci dicono che la pressione sar indipendente da "x" e da "y", per cui la derivata
parziale per p/z diventa totale:
dp
= g (3.32)
dz
2
p 2 p1 =
1
gdz (3.33)
Per effettuare l'integrale occorre conoscere la dipendenza della densit dalla quota = (z); i fluidi ed i gas
saranno quindi trattati differentemente.
Potendo considerare, per i liquidi, la densit essere costante, ed avendo pure assunto l'accelerazione di
gravit costante, l'integrazione dell'equazione dell'idrostatica elementare:
p 2 p1 = g (z 2 z1 ) (3.34)
che gli idraulici amano scrivere come:
p2 p
z1 z 2 = 1 (3.35)
g g
La quantit p/( g) chiamata altezza di pressione e la quantit ( g) chiamata peso specifico del
fluido; questo ha le dimensioni di una forza per unit di volume.
per l'acqua, a 20 C, il peso specifico (g), pari a 9.79 103 N/m3 ovvero 62.3 lbf/ft3,
per laria, in condizioni atmosferiche, il peso specifico ( g) pari a 11.8 N/m3 ovvero 0.0752 lbf/ft3.
La tabella che segue riporta i valori del peso specifico per fluidi di interesse a 20C, pressione atmosferica.
N/m3 Lbf/ft3
Aria (1 atm) 11.8 0.0752
Alcool etilico 7.733 49.2
Olio (0.8) 7 848 49.5
Acqua 9 790 62.4
Acqua marina 10 050 64.0
Glicerina 12 360 78
Tectracloruro di carbonio 15 570 99.1
Mercurio 133 100 846
Esercizio 3.1
Un lago di montagna ha una profondit di 60 m, ed a quell'altezza della montagna la pressione atmosferica
pari a 91 kPa.
1
Leggere unequazione, in senso fisico-matematico, significa dedurne tutte le implicazioni [logiche, numeriche,
dimensionali, vettoriali, fisiche] che ne discendono.
_ _
3.6
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Considerando la figura sottostante e le considerazioni prima fatte dovrebbe essere chiaro che i punti a,b,c,d
essendo alla stessa quota ed essendo interconnessi dallo stesso fluido (acqua) sono alla stessa pressione p =
patm+ acqua g z1 ; i punti A,B,C sono allo stesso livello ma hanno una pressione maggiore p = patm+ acqua g
z2 che per inferiore a quello del punto D per il quale l'integrazione dell'equazione deve essere fatta per
tratti, per l'acqua da 0 ad 3 e per il mercurio tra 3 e 2, per ottenere infine: p = patm+ acqua g z3 + mercurio g (
z2 - z3 )
a b c d
mercurio
-z2 3
A B C D 2
Nei gas la densit varia con la pressione e la temperatura, per questo l'integrazione dell'equazione
dell'idrostatica pu essere fatta soltanto facendo uso di un modello termodinamico (equazione di stato).
Se si usa il modello del gas perfetto:
p=RT (3.36)
l'equazione da integrare diventa:
dp p
= g = g (3.37)
dz RT
ovvero separando le variabili
dp g dz
= (3.38)
p R T
che pu essere integrata per fornire:
2 dp p2 g 2 dz
1 p
= ln
p1
=
R 1 T(z )
(3.39)
Per completare l'integrazione occorre fornire un modello per la variazione della temperatura con la quota.
Misure sperimentali per l'atmosfera terrestre mostrano che tra zero e 11 km (troposfera), la temperatura
diminuisce mediamente in modo lineare con la quota: T(z) = To - B z, dove:
_ _
3.7
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Nella bassa stratosfera ( da 11 km a 20.1 km) si ritrova per l'atmosfera una temperatura costante Tstr = 216.66
K=-56.5C. In questa zona l'integrazione dell'equazione ancora pi semplice:
g
stratosfera: p = p trop exp ( z z trop ) 11000 < z < 20100 metri (3.41)
RTtrop
il valore della costante (g/(R Ttrop) pari a 0.000158 (1/m)
=^=^=^=^=^=
Esercizio 3.2
Calcolare la pressione atmosferica alla quota di 3000 m Risp. 70.07 kPa
=^=^=^=^=^=
p( z )
Per avere la variazione della densit con la quota basta considerare l'equazione di stato: ( z ) =
R T(z )
40 40
-56.5 C
30 30
20.1 km
20 20
15 C 22.5
11.0 km
10 10
troposfera
0 0
-80 -60 -40 -20 0 20 T (C) 0 40 80 p (kPa)
Per quote maggiori di 30 km di solito si assume pressione nulla.
_ _
3.8
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
.3.3 MANOMETRIA
Trascuriamo il piccolo contributo della colonna d'aria compresa tra z2 e l'apertura perch si assume che a <<
2 da cui deriva che pliq pa .
Esercizio 3.3
Per il manometro come nella figura precedente, se il fluido A acqua ed il fluido monometrico mercurio,
essendo zA=7 in. , z1 4 in., z3= 13 in. Determinare:
la pressione pA Risp. 2735 lbf/ft2
l'altezza z2 , per la stessa pA se il fluido monometrico fosse glicerina Risp. 101 in.
Per semplificare le procedure consigliabile applicare l'equazione pfin piniz = fluido g(z fin z iniz )
ripetute volte a tratti partendo dalla pressione incognita e saltando sopra i gomiti che presentano lo stesso
fluido (i.e. applicare la legge di Pascal).
La figura sotto mostra un esempio che illustra tale consiglio: si richiede di determinare la differenza di
pressione tra il tubo B e quello A:
3
A 1
z2 ,p 2 B
zA ,p A salto n.2 zB ,p B
z1 ,p 1
salto n.1 z3 ,p 3
salto n.3
2
4
_ _
3.9
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
p A p1 = 1g(z A z1 )
p1 p2 = 2 g(z1 z 2 )
p2 p3 = 3 g(z 2 z 3 )
p3 p B = 4 g(z 3 z B )
sommando: p A p B = g{1 (z A z1 ) + 2 (z1 z 2 ) + 3 (z 2 z 3 ) + 4 (z 3 z B )}
Esercizio 3.4
Trovare per la configurazione come nella figura sopra la differenza di pressione pA-pB se:
zA = 1.6 m z1 = 0.7 m z2 = 2.1 m z3 =0.9 m zB = 1.8 m
i fluidi 1 e 3 sono acqua, i fluidi 2 e 4 sono mercurio Risp. 285 kPa
NOTA: In tutti questi esempi abbiamo omesso di considerare l'innalzamento capillare che, per
un dato fluido, maggiore quanto pi piccolo il raggio del tubo.
Un problema comune in ingegneria la determinazione della forza risultante e del suo punto di applicazione
su di una superficie che ha un lato in contatto con un fluido. Tale problema sincontra nel calcolo delle
dighe, di serbatoi, di carene ecc.
Consideriamo prima il caso in cui la superficie piana. Se trascuriamo la variazione di densit del fluido
l'equazione da applicare :
pfin piniz = fluido g(z fin z iniz ) p fin = p iniz + fluido g (z iniz z finale ) (3.45)
z
F=p(CF) A y
g
liquido
CF y = h/sin
x dA=dx dy
CP
_ _
3.10
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Consideriamo un generico elemento dA = dx dy posto nel punto (x,y) rispetto al CF; su di questo si esercita
una pressione p(x,y) = pa + g h(x,y), la forza totale F sul pannello data dall'integrale:
F= p dA = (p
A A
a + g h ) dA = p a A + g h dA
A
(3.46)
Introduciamo ora la variabile h= sin che rappresenta la distanza dell'elemento di area dalla superficie
libera misurata nel piano (y,z) lungo la direzione del pannello.
Notiamo che, per definizione di centro di figura, la distanza del CF dalla superficie libera (CF) :
1
CF =
A dA
A
(3.47)
F = pa A + g h dA = p
A
a A + g sin dA = p
A
a A + g sin CF A (3.48)
F = p a A + g sin CF A = p a A + g h CF A (3.49)
ovvero:
F = p CF A (3.50)
Risultato sorprendentemente semplice: la forza su di un lato di un pannello piano sommerso pari alla
pressione idrostatica che insiste nel baricentro del pannello moltiplicata la superficie del pannello
stesso.
Ne consegue quindi che:
Per trovare il punto in cui applicata tale forza (cio il Centro di Pressione: CP) occorre determinarne le
coordinate (xCP , yCP) che possono essere ritrovate facendo l'equilibrio dei momenti rispetto al CF:
F y CP = y p dA = y (p
A A
a + g sin) dA = = y p dA+ y ( g sin) dA = g y dA
A
a
A A
(3.51)
nullo
(Nota l'integrale nullo per la propriet del centro di figura)
F y CP = g sin I xx (3.53)
La distanza yCP del centro di pressione dal centro di figura allora [memo F=pCF A]:
I xx I xx
y CP = g sin = g sin (3.54)
p CG A F
analogamente si ricava per la xCP :
I xy I xy
x CP = g sin = g sin (3.55)
p CG A F
Notare che:
Esercizio 3.6
Un serbatoio dolio ha un fondo laterale che presenta un pannello
di forma triangolare come in figura. 5m olio
Trascurando la pa , trovare: 11 m
30
la forza che si esercita su tale pannello
Risp. 2.54 MN
la posizione del centro di pressione
.Risp. xCP = 0.111 m, yCP = -0.44 m 6m
12 m
_ _
3.12
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Notiamo che tutte le forze a sinistra nella figura possono esser calcolate con la formula delle superfici piane
(=90) e quindi sono note, la F1 non di interesse, la Fo a sinistra uguale alla Fo a destra:
Fv = W1 + W2 + Wa:
Il calcolo di Fv quindi molto semplice con l'unica complicazione, forse, della determinazione del volume
(a,b,c).
Esercizio 3.7
pa=0
2
Una diga ha un profilo parabolico z/zo=(x/xo) come mostrato in figura,
acqua Fv
con xo =10ft, zo=24 ft, la larghezza (estensione asse y) 50 ft.
Il fluido acqua, si ometta la pressione atmosferica. 24 ft
Fo
Calcolare: CP
le componenti delle forze Fo e Fv Risp. Fo=899999 lbf, Fv= 499000 lbf z
Le formule per superfici piane e curve sono valide soltanto per fluidi con pa
densit uniformi.
Se il fluido stratificato (differenti densit come in figura) una sola fluido (1) z1,p1
formula non capace di risolvere il problema perch per ogni fluido g
F= Fi = i
(p CF )i A i
i
(3.56)
p=pa- 2 gz
( )i
i g sin (i ) I xy i g sin ( i ) (I xx )i
(x CP )i = (z CP )i = (3.57
(pCG )i Ai (p CG )i A i
Per il centro di pressione totale xCP (relativo allintera superficie) si ricava facendo il momento risultante
rispetto ad un punto O:
F (x CP ) =
Fi (x CP )i , Fz CP =
i
Fi (z CP )i i
(3.58)
_ _
3.13
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Esercizio 3.8
z=0
Un serbatoio alto 20 ft e largo 7 ft riempito (a partire dal basso) da uno strato di olio
mercurio alto 4 ft, da uno strato di acqua alto 8 ft, da uno strato di olio (p.s.55) alto 8 ft 8 ft
acqua
(ovviamente i fluidi con densit maggiori devono essere in basso per ragioni di stabilit 14 ft
mercurio
statica). 18 ft
Calcolare:
la forza totale idrostatica che si esercita sulla faccia laterale Risp. 108000 lbf 7 ft
il centro di pressione totale Risp. 13.95 ft sotto la superficie
1. un corpo sommerso in un fluido riceve da questo una spinta verso l'alto pari al volume del fluido
spostato,
La dimostrazione oggi immediata; considerando la figura si vede che la forza che il fluido esercita sul
corpo determinata considerando la superficie fluida che contorna il volume del corpo, su cui la normale
n entra nel corpo, sicch occorre cambiare il segno:
F fluido = n p dS
Scorpo
=
teorema del gradiente
p dV
V
=
equazione
V
liquido g dV =
idrstatica
(3.59
= g
V
liquido dV = g V = -i g g M liquido =- i g Wpeso liquido
dislocato
E' ovviamente un caso particolare del primo teorema, basta ripeterlo considerando soltanto la parte immersa
e trascurando (ovviamente) la spinta dell'atmosfera
Esercizio 3.9
La spinta di galleggiamento pu essere usata per determinare la densit di corpi.
Un blocco di cemento peso 100 lbf in aria. Quando sommerso in acqua si misura un peso apparente di solo
60 lbf.
Calcolare il peso specifico del cemento Risp. 156 lbf/ft3 .
_ _
3.14
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Si noti che la forza di galleggiamento Fb, non solo eguale al peso, ma corpo n dA
p
diretta verso l'alto; essa applicata in un punto B che in genere differente liquido
asimmetria).
Per esaminare tale problema di stabilit esaminiamo la figura in cui si applica, ad un corpo galleggiante, un
piccolo disturbo:
3. Il caso (c) si riferisce ad una configurazione in cui la posizione del metacentro sotto la posizione del
baricentro G, il momento generato tende ad aumentare l'angolo di rollio , ergo la configurazione
instabile.
Se ne evince che la posizione del Metacentro molto importante per la stabilit di una nave; ovviamente noi
abbiamo considerato solo un caso bidimensionale piano.
Per navi che hanno carene con sezioni variabili la determinazione di M pu essere alquanto complicata, ma
questo un problema degli ingegneri navali!
Esercizio 3.10
Una chiatta ha una carena di sezione rettangolare come mostrata in figura.
Assumendo che il baricentro G sia esattamente all'altezza del pelo libero, G
determinare: H
l'altezza metacentrica (distanza dal baricentro) per piccoli angoli
di rollio Risp. MG=L2/(3H) - H/2
il valore del rapporto L/H per cui la chiatta stabile
Risp. L/H > 1.225 L L
_ _
3.15
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Consideriamo un atto di moto rigido (traslatorio o rotatorio), cio quello in cui non vi moto relativo tra
tutte le particelle fluide. In tale caso la divergenza, il gradiente ed il Laplaciano della velocit sono tutti nulli,
sicch gli sforzi viscosi saranno nulli e l'equazione per il campo di pressione diventa:
p = g a ( ) (3.60)
dove l'accelerazione a assunta nota.
dr
V= Vo + + r (3.61)
velocit
dt velocit
velocit relativa
del baricentro relativa rotatoria
dV d dr d2 r
a= + ( r )+ r + 2 + (3.62)
dt dt dt dt 2
{
accelerazione accelerazione accelarazione accelerazione di
del baricentro centripeta instazionaria accelerazione
Coriolis relativa
Se il corpo rigido la derivata dr/dt (misura la variazione della distanza di un punto da baricentro) nulla.
Con questo in mente siamo in grado di esaminare i vari casi.
G = a 2x + (g + a z )2 (3.63
a
= tan 1 x (3.64)
g + az
La pressione varia nella direzione normale a , con il rateo
dp/dn = G (3.65)
Esercizio 3.11
Un pilota distratto beve il suo caff da una tazza in posizione orizzontale alla partenza di un Gran Premio,
dove la sua Ferrari riesce ad accelerare a 7 m/s2 . La tazza profonda 10 cm, ha un diametro di 6 cm e
contiene (prima della partenza) 7 cm di caff.
Si chiede:
dopo la partenza il caff esce dalla tazza ? Risp.NO
quale sar il punto della tazza dove la pressione massima e quanto vale la pgage ?
Risp. 906 Pa nel fondo della tazza in direzione opposta al moto
= k , r = ir r , a = ( r ) = r 2 i r (3.66)
g = kg , ( ) ( )
G = g a = r 2 i r ( g ) k = p = i r
p
r
+k
p
z
(3.67)
L'equazione delle curve isobare (a pressione costante) si ottiene semplicemente ponendo la pressione pari ad
una costante , sia ad esempio p1 :
p p 2 2 2
z= o + r =a+br (3.70)
g 2 g
a b
_ _
3.17
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Le superfici isobare sono quindi paraboloidi di rivoluzione, concavi verso l'alto con il minimo sull'asse di
rotazione, la cui pendenza pari a:
dz r 2
= z = a + [ (2g )] r 2 (3.71)
dr g 1424 3
p = cos t b
Le superfici gradienti, invece, sono quelle tangenti al campo definito dal gradiente di pressione (memo linee
di corrente?) e sono date da:
dr dz dn
= = (3.72)
(p r ) (p z ) p
ovvero sostituendo i valori
dz g
= (3.73)
dr Grad = cos t r 2
dz 1
= (3.75)
dr G dz
dr p
Esercizio 3.12
che cosa significa questa relazione?
Esercizio 3.13
Si dimostri che la relazione sopra trovata implica che le linee isobare sono puntualmente ortogonali alle linee
gradienti. Ergo tale relazione valida per tutti i campi l'uno normale all'altro.
Esercizio 3.14
La stessa tazza di cui all'Esercizio 2.11 viene posta su di una tavola rotante. Determinare:
la massima velocit di rotazione prima che il caff trabocchi
Risp. 345 giri/min
la massima pressione nella tazza
Risp. pgage=990 Pa
Considerazione di igiene alimentare: basta con gli esercizi con il caff: ci rende troppo nervosi!
_ _
3.18
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Abbiamo gi visto che in campi di velocit solenoidali (V=0) ed irrotazionali (V=0) l'equazione di
equilibrio del campo di moto pu essere integrata, per fornire il teorema di Bernoulli (1738) che per campi
stazionari si scrive:
p + 12 V 2 + g z = costante = p o (3.76)
Da questo ovviamente si ricava immediatamente l'equazione dell'isobara ponendo la pressione pari al valore
costante che si desidera, sia ad es. p1:
p p 1 V 2 ( x , y, z )
z= o (3.77)
g 2g
Esercizio 3.15
Una classica soluzione , stazionaria, incompressibile non viscosa il campo di moto nell'intorno di un punto
di ristagno (posto a x=0, z=0): u = (Vo L ) x ; w = (Vo L ) z , gz=-g
dove Vo/L un opportuno gradiente di velocit di riferimento.
Assumendo: L= 2 m, Vo=7 m/s , fluido con =1200 kg/m3 e che la pressione nel punto (0,L) sia 200000 Pa:
si calcolino, considerando la gravit :
la pressione nel punto di ristagno Risp. 252944 Pa
la pressione nel punto (L,2L) Risp. 58856 Pa
NOTA: Lequazione di Bernoulli pu essere usata anche per problemi con superfici libere, se
irrotazionali, in questo caso conviene assumere per la pressione di riferimento quella del
pelo libero.
Esercizio 3.16 z
1
La soluzione del vortice potenziale: Vr = 0; V = ; Vz = 0
2 r r
valida oltre che per vortici atmosferici (cicloni trombe d'aria) anche per vortici di
scarico di un serbatoio, in quest'ultimo caso determinare l'equazione della
superficie libera
Risp z=Cost.-2/(8gr2)
Per un campo di moto generico (rotazionale e viscoso) l'equazione di Bernoulli non (in genere) un integrale
dell'equazione del moto per cui non pu essere usata per determinare il campo di pressioni. Questo deve
essere determinato (per moti stazionari) integrando il sistema di equazioni in coordinate cartesiane:
p
= (V ) u + g x + u
2
x
p
= (V ) v + g y + v
2
(3.78)
y
p
= (V ) w + g z + w
2
z
_ _
3.19
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
dove gx,gy,gz sono le componenti coordinate della gravit . Ovviamente a questo stadio si deve assumere che
il campo di velocit sia noto (nel seguito si vedr come ricavarlo!).
Esercizio 3.17
p + 12 V 2 + gz = po (3.79)
pressione pressione pressione pressione
statica dinamica idrostatica totale
Laddove il termine idrostatico sia trascurabile, la pressione totale anche detta pressione di ristagno.
Vi sono molti apparati per la misura delle pressioni (sia in fluidi statici che in fluidi in moto) tutti fanno uso
del fatto che la pressione applicata ad una piccola area di un materiale, causa una forza, uno sforzo ed uno
spostamento del materiale.
Questi effetti meccanici possono essere quantizzati in vario modo:
Per la misura della pressione statica il modo migliore di praticare un buco di piccolo diametro (di solito 1
mm) avendo cura di togliere le sbavature. In condizioni statiche non vi sar moto di fluido nel tubo, per cui il
_ _
3.20
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
flusso principale non disturbato. Se per il flusso instazionario le fluttuazioni di pressioni creano delle
oscillazione del livello di fluido che causa, in genere, un grande errore a causa della risposta dinamica del
tubo, in questo caso conviene usare altri sistemi (piezoelettrici).
I manometri a fluido possono essere usati per varie misure di pressioni:
circa 8 D
(i) assolute,
V
(ii) gauge, D
(iii) differenziali
p s + 12 Vs + gz s = p o + 12 (0) + gz o
2 2
(3.80)
da cui:
(p o p s )
V Vs = 2 + g(z o z s ) (3.81)
In molte applicazioni di fluidodinamica il termine g(zo-zs) piccolo rispetto a 2(po-ps)/ , per cui pu essere
trascurato e la formula di calibrazione prende la forma solita:
(p o p s )
V Vs = 2 (3.82)
Questa la formula di Pitot (1732) che vale per flussi incompressibili. L'accuratezza dipende
dall'allineamento della sonda con il flusso. Se l'angolo non piccolo la Vs comincia a differire dalla V e si
verificano errori nelle misure di pressione [ a 10 ps 2% alta, po 3% bassa, per la differenziale (po-ps)
5% di errore].
Esercizio 3.18
Un tubo di Pitot come in figura usa mercurio come liquido barometrico. Posto in un flusso di acqua si legge
una differenza di altezza h=8.4 in.
Trascurando gli errori di allineamento quanto vale la velocit? Risp. 24.7 ft/s
Altri tipi di strumenti sono basati su tubi curvi di sezione piatta (tubi di Bourdon) che si aprono quando
internamente la pressione maggiore a quella ambientale. Sono adatti per p-gage.
La deflessione dell'estremit pu essere letta per mezzo della rotazione di un ago (manometri commerciali
con accuratezze fino a 0.1 % del fondo scala) o se collegati ad un trasformatore differenziale per mezzo di
un misuratore di pressione elettrica.
_ _
3.21
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
Altri tipi misurano la deflessione di una lamina (posta tra due ambiente a pressione diversa) su cui incollata
una strain-gage cio una lamina sottilissima composta da resistenze elettriche opportunemente intrecciate la
cui resistenza varia con la deformazione. Ideali per p-gage e per p-diff.
Altri ancora si basano su trasduttori potenziometri cio sulla deflessione di una capsula che causa una
variazione di resistenza, adatti per p-gage e per p-diff.
Infine per campi di pressione oscillanti, si preferisce usare i cosiddetti trasduttori piezo-elettrici, basati sul
principio scoperto dai Curie (1880) che certi cristalli di quarzo generano un campo di cariche elettriche
quando posto sotto sforzi meccanici. Questi trasduttori reagiscono immediatamente alle variazioni di
pressione, con una risposta dinamica eccellente.
Gli schemi funzionali di questi trasduttori sono riportati nelle figure che seguono.
_ _
3.22
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
_ _
3.23
GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido
.3.12 CHECK-OUT
A questo punto lo studente diligente dovrebbe essere confidente con i seguenti argomenti:
1. le equazioni dellidrostatica e loro inserimento nelle leggi pi generali del moto di fluido,
2. primo approccio alle equazioni di equilibrio: Navier-Stokes, Eulero e derivazione del teorema di
Bernouilli, confidenza nelle sue varie forme,
3. analisi dei campi idrostatici in fluidi,
4. confidenza e derivazione delle leggi di Pascal e di Stevino,
5. integrazione dellequazione dellidrostatica per liquidi,
6. integrazione dellequazione dellidrostatica per gas,
7. confidenza nellatmosfera standard,
8. praticit nelle applicazioni di manometria,
9. spinte su superfici solide a contratto con fluidi: determinazione del sistema di forze (risultante e punto di
applicazione) per superfici piane e curve. Praticit nelle applicazioni
10. galleggiamento e concetti di stabilit al galleggiamento: definizione e concetto di Metacentro.
11. determinazione delle forme delle interfacce e dei campi di pressione in fluido posti in atti do moto rigido:
casi lineare e rotazione rigida, familiarit nella derivazione delle equazioni delle superfici isobare e
gradienti
12. Concetti dei principi delle strumentazioni per la misura di pressione
_ _
3.24
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Capitolo 4
4.1
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
4.1 GENERALIT
Consideriamo lanalisi di sistemi fluidodinamici sviluppando, in questo capitolo, relazioni in forma inte-
grale che potranno essere usate per la formulazione fisico-matematica di problemi di interesse in fluidodi-
namica. Ricaveremo cos una modellistica valida globalmente per il sistema in oggetto.
Ovviamente occorre definire cosa si intende per sistema.
Sono possibili due alternative:
In entrambi i casi occorre ritrovare delle equazioni che definiscono come variano nel tempo le propriet ter-
mo-fluidodinamiche globali, di tipo estensivo, del sistema.
Definiamo:
A B
propriet estensive quelle che dipendono (ovviamente) dalla estensione
del sistema, cio dalla quantit di fluido in esso contenuta;
propriet intensive quelle che non dipendono dalla estensione del si- A+B
stema.
Per poter meglio comprendere queste importanti definizioni consideriamo due sistemi A e B ed il sistema
composto dalla loro somma A+B.
E facile verificare che se consideriamo propriet quali la Massa M , il Volume V, la quantit di Moto
MV2/2, lenergia E, ecc risulta Ma+b = Ma+Mb , V a+b = V a+ V b, ecc..
Ovvero tutte le propriet che risultano essere additive sono propriet estensive.
Nel mentre per propriet quali la Temperatura T, la pressione p, gli sforzi viscosi , alcuni potenziali (ad e-
sempio quelli elettrochimici e) ecc.. non si verifica la propriet di additivit; Ta+b Ta + Tb , pa+b pa+pb
ecc., ergo queste sono propriet intensive.
Nota Bene: si possono formulare equazioni di bilancio/conservazione soltanto per propriet estensive.
Per le propriet intensive si potranno formulare soltanto equazioni di equilibrio in quanto le lo-
ro variazioni (invero i loro gradienti) generano flussi di propriet estensive. Ad esempio diffe-
renze di temperature generano flussi di calore, differenze di pressione generano flussi di volume
ecc..; quindi le equazioni di equilibrio termo-fluidodinamico di un sistema (i.e. assenza di
flussi e di produzioni) sono esplicitate attraverso equazioni tra propriet intensive.
Nota Bene: quasi sempre comodo effettuare unanalisi delle propriet specifiche del sistema, tipicamen-
te unanalisi valida per unit di massa o di volume. In questo caso si devono definire propriet
specifiche che sono rapporti tra propriet estensive. Di consuetudine per la generica propriet
estensiva B, la propriet estensiva per unit di massa b=B/ M rappresentata dalla lettera
minuscola, mentre la propriet estensiva per unit di volume b*=B/V rappresentata di solito
come prodotto della propriet specifica rispetto alla massa, moltiplicata per la densit (di mas-
sa): b+=( M/V) ( B/M ) = b.
Ovviamente le quantit specifiche (quelle rispetto alla massa e quelle rispetto al volume) sono collegate a
quelle estensive attraverso integrali rispetto alla massa di controllo (MdC) e rispetto al volume:
4.2
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Lequilibrio delle forze con la variazione della quantit di moto (legge di Newton a massa costante):
d
[M V]sistema = d V dM =
F i ,est = Fsuperficiali + F volume (4.3)
dt dt MdC i
Le forze esterne sono classificabili come forze superficiali (pressioni sforzi viscosi, tensioni superficiali,
ecc..) e come forze di volume (derivanti da accelerazioni gravitazionali, da potenziali elettro-magnetici ecc..)
Lequilibrio dei Momenti di forze con la variazione del momento della quantit di moto
d
[H o ]sistema = d [r o (M V )]sistema = d r V dM =
T o = T superficiali + T volume + T meccanici (4.4)
dt dt dt MdC i
d
[E]sistema = d e dM =
Q W (4.5)
dt dt MdC Calore ceduto Lavoro fatto
dal sistema sull'ambiente
dall'ambiente al sistema
dove: e lenergia totale specifica, somma di tutte le forme energie che si ritengono essere di interesse
per il problema:
e = u + 12 V 2 + + altre (4.6)
energia energia energia energia
specifica ter mod inamica cinetica potenziale
Le altre forme di energia potrebbero essere: energia elettrostatica, elettromagnetica, energia elastica, energie
chimiche (per processi di combustione), ecc.. In questo contesto ometteremo di considerare tali forme.
Lenergia potenziale esprimibile in termini dellaccelerazione di gravit moltiplicata con unaltezza h
rispetto ad una quota di riferimento (si verifichino le dimensioni !)
g = g i z = ( ) integrando
rispetto az
g h =+C g h = (4.7)
4.3
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Nota Bene:
che nellintegrazione si assunto che laccelerazione di gravit sia diretto verso il basso e
lasse z sia diretto verso lalto (sicch il segno meno scompare)
che ovviamente si assunto g costante con h
d
[S]sistema = d s dM Q
(4.8)
dt dt MdC T
ovvero:
d
[S]sistema = d s dM = Q + positiva
S (4.9)
dt dt MdC T
Luso della Massa di Controllo (MdC) come sistema non , in genere, ideale per lanalisi di sistemi fluidodi-
namici, per i quali, di solito, si preferisce usare un Volume di Controllo (VdC).
La formulazione delle equazioni integrali per un VdC agevolmente derivata da quelle per una MdC facen-
do uso del teorema di Reynolds (1895) dimostrato nel paragrafo (2.9) che consente di collegare la formula-
zione lagrangiana (che considera un sistema che contiene sempre le stesse
particelle di fluido, per cui la massa totale ovviamente costante) ad una
n
S
formulazione euleriana (che considera un sistema definito da un volume V
di controllo che contiene, a tempi diversi, particelle fluide diverse che vi
transitano, causa la dinamica fluida).
Ovviamente il sistema definito da un volume V, separato dallambiente,
esterno al volume, da una superficie S che sar attraversata da flussi di
propriet estensive B che vi transitano con campi di velocit V. V
Per ogni punto della superficie S, detta n la normale uscente e U la veloci-
t relativa alla superficie, possiamo definire flusso convettivo della pro-
priet B, b , il vettore (se B scalare; se B vettoriale il flusso sar un tensore del secondo ordine) diretto
nella direzione della velocit (di massa) rappresentando la quantit di B che passa nellunit di tempo attra-
verso dS nella direzione della Velocit locale superficiale U: b = b U .
Sicch la portata totale di B che passa attraverso tutta la superficie S data dallintegrale:
n ( bU ) dS
S
(4.10)
4.4
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Nota che se il generico volume V non varia con il tempo (i.e. fisso e non cambia forma) la derivata tempo-
rale instazionaria [nel primo integrale volumetrico a destra] si pu portare fuori dallintegrale di volume e la
velocit U viene a coincidere con la usuale velocit di massa V:
D d
b dM =
Dt MdC dt
(b )dV +
V
n (bV ) dS
S=V
(4.12)
Preferiamo attardarci ulteriormente sulla lettura dello stesso, con considerazioni grossolane ma che danno
una idea del significato.
Lultimo termine a destra della (4.11) fornisce la variazione della propriet che si trova nel volume di con-
trollo, al tempo generico. E abbastanza ovvio che la due variazioni devono coincidere.
Ma se consideriamo un volume di controllo che attraversato da flussi convettivi di massa [flussi che tra-
sportano quindi la propriet B associata alla massa, cio b] ovvio che la B contenuta nel volume pu varia-
re per due motivi:
perch vi una variazione instazionaria rispetto al tempo [data dal termine (b)/t]
perch vi uno sbilancio tra quello che entra e quello che esce, cio vi globalmente una portata non
equilibrata [data dallintegrale del flusso convettivo sulla superficie bUn, e che la velocit di attraver-
samento U quella delle particelle relativamente alla superficie].
Notiamo che tutte le equazioni integrali ritrovate per una massa di controllo possono essere scritte nella for-
ma:
d
[B]MdC = Bsistema = Bsup erficiale + B produzione
diffusivo volumetrica
(4.13)
dt
Questa in pratica ci dice che la variazione della propriet estensiva B(t) della Massa di controllo, pu deriva-
re:
da effetti superficiali di tipo diffusivi (sulla superficie S)
da effetti di produzioni di B nel volume V.
Luso del teorema di Reynolds ci permette di derivare la forma generale per una equazione integrale di bi-
lancio valida per un volume di controllo:
(b )
dV + n (b U ) dS = Bsup erficiale
diffusivo + B produzione
volumetrica (4.14)
V (t)
t S( t )=V ( t )
variazione di contributo convettivo contributo diffusivo contributo
B nel VdC superficiale superficiale di volume
4.5
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Consideriamo un sistema con una sola specie; in questo caso: B=M, b=1 ed i termini diffusivi (definizione di
velocit come velocit di massa dellunica specie considerata) e di produzione sono nulli (nei limite delle i-
potesi di assenza di reazioni chimiche e di fenomeni relativistici) e si ritrova:
lequazione di continuit: t dV + n (V ) dS = 0
V S = V
(4.15)
Nota che in molti problemi di interesse ingegneristico, lapplicazione di questa equazione viene fatta ipotiz-
zando, per i termini convettivi, moti uni-dimensionali, il che consente di calcolare lintegrale superficiale con
il teorema della media nella forma:
n (V ) dS (V ) S
S=V
n out (V ) Sn in (4.16)
in quanto la normale n pensata diretta verso lesterno e le parti di superfici impermeabili al flusso di massa
danno un contributo nullo alla portata convettiva; le quantit (Vn) sono i valori medi del flusso di massa sul-
la superficie convettiva.
Ne discende che lequazione di continuit si pu scrivere nella forma semplificata:
t dV + (V ) S
V
n out (V ) Sn in =0 (4.17)
Ovviamente se si pu assumere che la densit sia costante nel tempo [vedremo in seguito che varia di poco
se il numero di Mach basso (i.e. M<0.3)] lintegrale di volume nullo, ovvero trascurabile, per cui ci si ri-
duce alla ovvia equazione:
(V ) S
n out = (V ) S n in (4.18)
cio alla conclusione che quello che entra pari a quello che esce (se non si produce massa).
Esercizio 4.1 4
Considera il sistema in figura, attraverso cui scorre acqua.
60
Le superfici sono:
A1=0.2 m2 ; A2=0.5 m2
3
1
La portata di acqua uscente attraverso A3 di 400 kg/s, quella volumetri-
ca uscente attraverso A4 di 1 m3/s, la velocit entrante attraverso A1 30
di 3 m/s.
2
Determinare V2. [V2=1.6 entrante]
Esercizio 4.2
Un serbatoio ha un volume pari a 0.05 m3 e contiene aria compressa a pabs=800kPa, alla temperatura di 15
C.
Al tempo t=0+ si apre una valvola avente una superficie equivalente fluida di 65 mm2, attraverso cui si misu-
ra un getto di aria con V=311 m/s e r=6.13 kg/m3.
Determinare la variazione di densit dellaria nel serbatoio al tempo t=0+. [-2.48 kg/(m3s)]
4.6
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Esercizio 4.3
Considera il modello di una strato limite su di una
lastra piana come in figura. U=30 m/s
Il fluido aria in condizioni standard.
La lastra ha una profondit di 0.6 m. C
Calcolare la portata di massa di aria attraverso la su- B
perficie BC, se: =5 mm
2
u y y D
= 2 laminare A
U
1/ 7
u y
= turbolento
U
Esercizio 4.4
Il profilo di velocit assiale attraverso un tubo di raggio R del tipo:
m
r
u( r ) = U o 1
R r
dove lesponente m dipende dal regime di moto:
m=1/2 moto laminare
m=1/7 moto turbolento
Esercizio 4.5 z
Considera il campo di moto incompressibile (=cost):
L
u=Vo(x/L) ; v=0 ; w=-Vo(z/L)
Esercizio 4.6
Un serbatoio come in figura riempito di acqua a 20C da due con- Aserb
dotte.
At tempo t=0 il livello dellacqua pari ad h.
Determinare lespressione di dh/dt
H
Determinare a tale istante lespressione di dh/dt se: h
D1=1 cm ; D2=3cm 1
4.7
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
In questo caso B=MV, b=V lequazione ha carattere vettoriale (pu essere decomposta nelle componenti sca-
lari proiettandola sugli assi coordinati); i termini diffusivi derivano da forze superficiali ed hanno carattere
tensoriale, quelli di produzione di volume derivano da campi di forze per unit di massa (campi di accelera-
zione):
(V )
V
t
dV + (n V ) V dS = F = F
S
diffusive superficali + F produzione di volume (4.19)
Fdiff. sup. =
S
n ( p U + ) dS = ( n p + n ) dS = (n p ) dS + (n ) dS
S S S
(4.20)
Nota che il segno meno deriva dal fatto che la pressione atavicamente assunta essere nel senso contrario a
quello della normale assunta uscente, e che si fatto uso dellidentit tensoriale: n U = n , con U il tensore
unitario.
Il termine di produzione volumetrica deriva dai campi di accelerazione presenti, nel nostro caso considere-
remo soltanto laccelerazione gravitazionale g = - = -(gz):
Fproduzione volumetrica = ( g ) dV
V
(4.21)
In definitiva:
(V )
V
t
dV + (n V ) V dS = (n p) dS +
S S S
f v dS + ( g ) dV
V
(4.22)
Nota che, come fatto per la massa, possibile esprimere le accelerazioni convettive assumendo moti mono-
dimensionali per gli in/out flows, sicch applicando il teorema della media, si suole usare la forma:
(V )
t
dV + [(V ) V S]
n out [(V ) V S] n in =
V
(4.23)
=
S
(n p ) dS +
S
f v dS + ( g ) dV
V
Esercizio 4.7 1
4.8
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Nota che in condizioni stazionarie ed in assenza di campo gravitazionale, scompaiono i contributi volumetri-
ci e lequazione integrale si riduce ai soli contributi superficiali:
(n V ) V dS = (n p) dS + f v dS (4.24)
S S S
Essendo la normale n uscente al volume di controllo, la Fsup.solida la forza che la superficie solida esercita
sul volume di fluido (attraverso sforzi di pressione e viscosi).
Essa sar quindi pari e contraria alla forza esercitata dal fluido sul corpo Fc.
Ne discende il teorema globale di Eulero:
Se si ha laccortezza di usare volumi di controllo con superfici fluide attraversate da massa poste normal-
mente alle velocit di in/out (i.e. V=Vn n) e si usa il teorema della media, ne discende una comoda rappre-
sentazione ingegneristica per la determinazione della forza esercitata dal fluido su di un corpo:
Fc = [V
S fluida
n
2
]
+p nS= [I] n S
S fluida
(4.27)
Esercizio 4.8
1
Acqua scorre attraverso un condotto a gomito come in figura.
Siano:
A1=0.01 m2 , A2=0.0025 m2
P1,abs= 221 kPa , V2=16 m/s y
Esercizio 4.9 30 m
Considerare il convogliatore di sabbia (=3000 kg/m3) come in figu-
ra. 1
Trascurando gli effetti di attrito, determinare la tensione nella cin- Tensione T?
ghia, allavvio ed a regime, se:
4.9
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Per problemi che presentano superfici liberi pu essere di aiuto usare volumi di nV=0
controllo con superfici coincidenti con tubi di flusso.
Questi sono definiti come superfici ideali (superfici fluide) che sono, per ogni n V
punto, tangenti alle linee di corrente.
Ovviamente su tali superfici la velocit normale nulla per definizione, esse
quindi non sono attraversate da flusso di massa e quindi da flusso convettivo di
quantit di moto. Ergo la massa che entra deve essere necessariamente pari a
=0 ; p=0
quella che esce.
Per quanto riguarda i flussi diffusivi, dovendo essere la superficie fluida in e-
quilibrio con lambiente non vi pu essere un salto di pressione tra le due facce del tubo di flusso; quindi se
uno dei lati esposto allambiente in quiete, la pressione sulla superficie del tubo di flusso dovr essere ne-
cessariamente costante e pari a quella ambientale, fornendo quindi contributo globalmente nullo (assurdo, ma
ben accettato); i flussi diffusivi derivanti da effetti di attrito (strato limite su discontinuit di contatto) ven-
gono di solito trascurati.
In questi casi se il tubo di flusso interagisce con una superficie, in condizioni stazionarie ed in assenza di
contributo gravitazionale, la determinazione della forza agente sul corpo data dalla semplice relazione:
F corpo = m(V out V in ) (4.29)
Fcorpo
ovvero:
= V in V out (4.30)
m
i.e. la forza per unit di portata massica data dalla differenza di due vettori (basta fare un semplice trian-
golo di velocit)
Esercizio 4.10
Acqua esce da un idrante, la cui bocca di 0.01 m2, con una velocit di 15 m/s e col- A
g
Esercizio 4.11
Un getto di acqua ( Vj ed portata massica (dm/dt) dati) impinge su di un deflettore fis-
so che devia la corrente dellangolo .
Esercizio 4.12
Acqua esce da un idrante e colpisce orizzontalmente e normalmente ostacolo, di area
Aj= 3 cm2 Vj
Vc
Vj=20 m/s
4.10
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Vc=15 m/s
Calcolare la spinta sullostacolo e langolo di deviazione del getto
[Rx=7.5 N, Ry=0, =18.4]
Esercizio 4.13
Un getto di acqua ( V ed portata massica (dm/dt) dati) impinge su di un deflettore
fisso che devia la corrente dellangolo .
Esercizio 4.14
Dato un modello di strato limite, come in figura, su di una parete piana di y
Uo Uo
profondit b.
Determinare lespressione della forza resistente D noto il profilo di velocit
u/Uo=f(y/)
D
calcolare il coefficiente di resistenza CD=2D/(Uo2Lb)
per i profili di velocit: L
2
u y y
= 2 tipico di Strato Limite laminare
Uo
1/ 7
u y
= tipico di Strato Limite turbolento
Uo
se L=1 m, =1 cm [CD= 0,00027 lam. 0.004 turb]
La posizione della generica particella fluida posta nel punto r(t) nel riferimento Oxyz, ha nel riferimento i-
nerziale una posizione data da:
Nota abbiamo espresso il vettore r(t) come prodotto della sua direzione (versore) ir(t) ed il suo modulo r(t)
(che possono variare entrambi nel tempo).
Differenziando rispetto al tempo, otteniamo la velocit della particella nel sistema inerziale:
d R ( t ) d R o ( t ) dr ( t ) d i (t) d R o (t)
V ass ( t ) = + i ( t ) + r( t ) r = + V( t ) + (t ) r ( t ) (4.32)
dt dt dt r dt dt velocit velocit
velocit misurata angolare
trascinamento
4.11
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Nota
d i (t)
lelaborazione del termine: r ( t ) r = r ( t ) [ ( t ) i r ( t ) ] = ( t ) [ i r ( t ) r ( t ) ] = ( t ) r ( t )
dt
Una seconda derivazione rispetto al tempo, fornisce laccelerazione della particella nel sistema inerziale:
d V ass ( t ) d2 R dV d
a ass = ass 2 o + + r + 2 V + ( r ) (4.33)
dt inerz dt dt rel dt accelerazione accelerazione
accelerazione accelerazione accelerazione Coriolis centripeta
trascinamento relativa angolare
d V ass dV
= + a complementare (4.34)
dt inerz dt rel
laddove:
d2 R o d
a c om pl 2
+ r + 2 V + ( r ) (4.35)
dt dt accelerazione accelerazione
accelerazione accelerazione Coriolis centripeta
trascinamento angolare
ovvero si pu scrivere:
d(M V )
dt rel
= FM a compl (4.37)
Da questa si deduce abbastanza facilmente che, per un riferimento non inerziale, il bilancio della quantit di
moto pu prendere la forma:
( V )
V
t
dV +
S
(n V ) V dS =
S
np dS +
S
n dS + (g a
V
c om pl ) dV (4.38)
Dalla (4.38) si nota che basta semplicemente sottrarre (vettorialmente) allaccelerazione di gravit g, quella
complementare acompl per tenere conto della non-inerzialit del riferimento.
Esercizio 4.15
Riconsidera lEsercizio 4.12 sotto lipotesi che il carrello si muova di moto proprio (vario). La massa del car-
rello 3 kg.
Derivare lequazione per la velocit del carrello VC(t) ed il tempo necessario per accelerare il carrello da
fermo al 95% della velocit del getto. Trascurare attrito e resistenza.
[
dVc A j 2
dt
=
mc
Vj Vc2( ) ; t 95 = 19
mc
A jVj
]
4.12
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Esercizio 4.16
Riconsidera lEsercizio 4.13 supponendo che il deflettore sia posto su di un carrello in moto proprio. La mas-
sa del carrello 75 kg. Trascurare attrito.
K A j
Determina la legge U(t). [ U( t ) = Vj ; K = Vj (1 cos ) ]
1 + Kt mc
Esercizio 4.17
V
Un missile con massa iniziale 400 kg, portata del getto di 5 kg/s, velocit del getto
1500 m/s, ugello espanso alla pressione ambiente, lanciato verticalmente.
Trascurando la resistenza atmosferica determinare la legge di accelerazione e la veloci-
t dopo 10 secondi.
g
Vj m
[ a(t) =
g ; U(10) = 102 m / s ]
min m t
Vj, -dm/dt
T = r F = r ( np + n ) dS + (r g ) dV + T shaft (4.40)
V
Nel caso, molto frequente, di uso di Volume di Controllo in riferimento non inerziale, basta considerare
laccelerazione complementare:
Esercizio 4.18 T
Considerare il condotto sagomato come in figura, imperniato nel punto A. A
4.13
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Esercizio 4.19
Considerare lo schema di mulinello come in figura, attraverso cui passa una portata y
volumetrica Q di fluido, ed soggetto ad una coppia di attrito Tattr.
Vo T
Determinare lespressione della velocit angolare(stazionaria).[ = attr 2 ] Vj=Vo-R
R QR R
x
Vo Tattr
Una turbomacchina una macchina che somministra o estrae energia dal fluido.
Se la macchina somministra energia detta pompa/compressore/ventilatore, se estrae energia detta tur-
bina.
Il prefisso turbo viene dal latino e significa che la macchina ha elementi rotanti; cosa che in genere vero,
ma vi sono pompe dove non esiste alcun elemento rotante.
Le turbomacchine sono classificate, in funzione alla direzione del flusso principale, come: assiali, radiali,
miste.
r ( np + n ) dS + (r g ) dV + T
t (r V ) dV +
V S
n (r V )V dS =
V
shaft (4.42)
4.14
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Con le ipotesi di :
moto stazionario
trascurare effetti gravitazionali
trascurare effetti viscosi e di pressione
T shaft = m [ r2 Vt 2 r1 Vt1 ] (4.43)
Ovviamente sappiamo che deve essere V = Vrb + U e che tale relazione una somma vettoriale.
La velocit assoluta V scomponibile in Vn componente assiale (normale al moto di rotazione della pale)
ed in Vt componente tangenziale (al moto della pala).
La Vn componente assiale della velocit assoluta determiner la portata volumetrica del fluido: Q=VnS e
quindi quella massica moltiplicando la portata volumetrica per la densit
V2 Vrb2
2 Vn2
Le Vt componenti tangenziali pala
2
e della velocit assoluta de-
termineranno la coppia all'as- Vt2
U=R
se tramite la (4.43). 1 Vn1
1
V1
Consideriamo, per esemplifica- Vrb1
zione, tipici triangoli di velocit in Vt1
cui sono riportati gli angoli di ve-
locit definiti come:
= angolo che la velocit relativa alla pala, Vrb , forma rispetto al piano del moto della pala.
Ovviamente, in condizioni di progetto, pari allangolo della tangente di ingresso/uscita alla pala .
4.15
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Nota: lo scopo principale , di solito, la determinazione della Vn,per il calcolo della portata
volumetrica e delle Vt1 e Vt2 per il calcolo del Momento torcente.
Dallanalisi di questi triangoli e dalle definizioni degli angoli e , si pu risalire, in base ai parametri noti a
risolvere il problema.
Esercizio 4.20
Considera lo schema di una pompa radiale come in figura b
Determina lespressione della coppia Vn Vt
(
T = Q (r2 Vt 2 r1Vt1 ) = Q r22 r12
)
Q = m Vt
= 2 r2 b Vn 2 R1
Q Vn
Dati r1=0.2 m , r2=0.5 m ; b=0.15 m
Ngiri= 600 giri/min
fluido acqua
R2
Q=portata volumetrica = 2.5 m3/s
Calcolare la potenza idraulica [207 MW]
C di l
Esercizio 4.21 b V2
Considera lo schema di una pompa mista come in figura: Vn Vt
Dati:
Q=portata volumetrica = 150 gal./min
D2=4 in.
N= 3450 giri/min Q
Vn=10 ft/s
fluido acqua R2
Calcolare la potenza idraulica in cavalli [4.27Hp]
Esercizio 4.22
Considera lo schema compressore assiale (acqua) come 2
1 2
in figura, funzionante in condizioni ideali:
V|pala2
z
Dati: z
Dtip=1.1 m Dhub=0.8 m N=1200 giri/min
1=30 1= 30 2=60 V|pala1 r Triangolo
velocit
1
relativa alla
Determinare: pala
hub tip
il triangolo di velocit INLET 1 2
Esercizio 4.23
Una pompa commerciale centrifuga reca in targhetta i seguenti dati:
4.16
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Nel seguito presentiamo, per agevolare la fantasia dello studente, schemi e foto, pi realistici, di turbomac-
chine.
Rotore di una turbina Kaplan a pale aggiu- Rotore di una turbina ad impulso:
stabili: 8.5 in diametro, 300 rpm, H=2200 ft , 56000 HP
18270 kW, 100 rpm, H=12.5 m
4.17
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
e = u + 12 V 2 + gz (4.44)
IN OUT
Ne discende, dE dt = Q W :
( e ) dV + n (eV ) dS = Q W (4.45)
V
t S
dove:
Q la cosiddetta potenza termica (calore per unit di tempo) trasferita dallambiente al sistema
W la cosiddetta potenza meccanica (lavoro per unit di tempo) fatta dal sistema sullambiente, che,
per comodit ingegneristica, conviene suddividere in 4 parti:
W = W mecc + W press + Wvisc + Waltre (4.46)
dove
W mecc quella fatta dal sistema sullambiente tramite apparati meccanici (corpi immersi..)
W press quella derivante dagli sforzi di pressione sulle superfici, essa del tipo:
W press = F press V = (n p) V dS
S
(4.47)
W visc quella derivante dagli sforzi viscosi sulle superfici, essa del tipo:
W visc = F visc V = S
f v , n V dS = S
f v , n V dS (4.48)
W altre quella derivante da altre forme, che coerentemente non considereremo.
Ne discende:
Conviene trasportare il termine diffusivo di pressione a sinistra dellequazione, per ottenere la forma:
[( )] p
V
t
u + 12 V 2 + gz dV +
S
n u + 12 V 2 + gz + V dS = Q W mecc +
S
f v ,n V dS (4.50)
4.18
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
[ ( )] [( ) ]
V
t
u + 12 V 2 + g z dV +
S
n h + 12 V 2 + g z V dS = Q W mecc + S
f v,n V dS (4.51)
(nota leccezione alla regola, H entalpia totale per unit di massa ma scritta con lettera maiuscola!)
( e )
dV + n (H V ) dS = Q W mecc + f v ,n V dS (4.53)
V
t S S
Come al solito, in molte analisi ingegneristiche i contributi convettivi sono determinati considerando ipotesi
mono-dimensionale , i.e. con il teorema della media, sicch ne deriva la forma [memo m = VnS ]:
[( )]
( ) m (h + )
u + 12 V 2 + gz
V
t
dV +
OUT
m h + 12 V 2 + gz
IN
1
2 V 2 + gz = Q W mecc W visc (4.54)
[M e]
( ) m (h + )
+ m h + 12 V 2 + gz 1
2 V 2 + gz = Q W mecc + W visc (4.55)
t OUT IN
Q=?
Esercizio 4.24
Una portata di 10 kg/s di aria entra, in moto stazionario, in un compressore con Pot
p1=1 atm, T1= 25 C, V1=0 Mecc
e ne esce con:
p2=4 atm, T2 = 40 C, A2=0.1 m2. 1 2
La potenza assorbita dal compressore di 500 kW.
Trascurando attriti ed effetti gravitazionali, determinare il calore trasferito dallambiente al compressore.
Esercizio 4.25
Stiamo per caricare un serbatoio avente un volume di 0.1 m3 , collegandolo ad una linea ad aria compressa
[T=20C, p= 2.0 Mpa]. Subito dopo lapertura della valvola, si registra nel serbatoio un rateo di aumento di
temperatura di 0.05 C/s.
Trascurando gli scambi termici, determinare la portata di massa che entra nel serbatoio allistante iniziale.
c v M dT
[ m= = 0.103 gr / s ]
RT dt
La forma dellequazione integrale dellenergia, per un sistema con una entrata (1) ed una uscita (2) :
4.19
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
d[M e]
( ) ( )
+ m 2 h + 12 V 2 + gz 2 m 1 h + 12 V 2 + gz 1 = Q W mecc W visc (4.56)
dt
In condizioni stazionarie deve essere: m 2 = m 2 = m , per cui la (4.56) si pu scrivere:
(h + 1
2
2
) (
V + gz 2 h + V + gz 1 =
1
2
2
) Q W mecc + W visc
H 2 H1 =
Q W mecc W visc
(4.57)
m m
ovvero:
H 2 H1 = q w mecc w visc (4.58)
Che si legge:
la variazione dellentalpia totale specifica H deriva dal calore e dal lavoro scambiati per
unit di portata massica.
Se non vi sono scambi, il volume di controllo diventa, in pratica, un tubo di flusso, e ne discende che H deve
rimanere costante lungo il tubo di flusso, ne discende:
Questa una forma del teorema di Crocco, alternativa al teorema di Bernoulli, che era stato ritrovato per
moti stazionari, irrotazionali ed incompressibili:
p 1 2
Teorema di Bernoulli + V + gz = Costante Bern. (4.60)
2
La figura mostra le zone di validit dei due teoremi (in grigio le zone dove non sono validi)
Validi con
Nuova costante Validi
Con nuove
costanti
validi
Schema
caminetto
validi
Schema veltola
intubata
Strati limite
Schema tunnel a
vento Scia viscosa
flusso validi
4.20
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Schema di un turboreattore
Schema turboreattore
turbina
calore
Potenza
validi meccanica
Validi con
nuove costanti
compressore
Tubo di flusso
Il teorema di Crocco una estensione, al moto compressibile, del teorema di Bernoulli, infatti richiamando
lespressione dellentalpia per gas perfetti: h(T) = u(T) + p/ , il teorema di Crocco diventa:
p 1 2
H = u (T ) + + V + gz = Costante Crocco (4.61)
2
ovvero:
p 1 2
+ V + gz = CostanteCrocco u(T) = Costante Bern (4.62)
2
Dal che si evince che il teorema di Bernoulli un caso particolare di quello di Crocco, valido, per moti in-
compressibili, su linee di corrente isoterme o isentropiche.
Infatti se consideriamo le relazione di Gibbs per lentalpia:
dp dp
dh = Tds + Tds = dh (4.63)
dp p
dh = h = + Cost . (4.64)
= cos t =0
Ma quando possibile assumere moto incompressibile, ovvero che la densit sia costante?
dh 1 d2h 1 d 1
= ; = 2 = 2 2 (4.65)
dp s dp 2 s dp a
h + 12 V 2 + gz = h o + 12 Vo 2 + gz o = CostanteCrocco (4.66)
4.21
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Vogliamo determinare le condizioni per cui h si discosti di poco rispetto ad ho, facendo un sviluppo in serie:
2
dh d 2 h (p p o )2 (p po ) 1 (p po ) + ... =
h = h o + (p p o ) + 2 + ... = h o +
dp o dp o 2 o 2 (a )o
(4.67)
2 2
(p po ) 1 (p po ) (p po ) 1 (p po ) M 2 V 2 + ..
2
Vo 2
= ho + Vo + .. = h o + o o
o 2 o Vo2 a0 o 2 o Vo2
2
p V2 p o Vo2 (p p o ) 2
+ +gz + 1 + M o + g zo (4.68)
o 2 o 2 o Vo2
da cui si vede che per Mo2 <<1 (tipicamente Mo<0.3) il gas si comporta come se fosse incomprimibile
(=cost=o) ed il teorema di Crocco diventa simile al teorema di Bernoulli.
Avevamo ritrovato
(h + 1
2
) ( )
V 2 + gz 2 h + 12 V 2 + gz 1 = q w mecc + w visc
(4.69)
Q W mecc W visc
con : m = Vn S ; q =
; w mecc =
; w visc =
m m m
Per recuperare una forma simile al Bernoulli, si usa la definizione di h(T)=u(T)+p/, sicch si pone:
p 1 2 p
+ 2 V + gz = + 12 V 2 + gz + c v (T2 T1 ) q + w mecc + w visc (4.70)
1 2
In molto problemi pratici consuetudine suddividere la potenza meccanica trasferita dal sistema allambiente
in una potenza derivante da turbine (positiva) ed in una potenza derivante da pompe (negativa): wmecc=wturb-
wpomp , e di portare la potenza derivante da sistemi pompanti a sinistra dellequazione per ottenere la forma:
p 1 2 p
+ 2 V + gz + w pomp = + 12 V 2 + gz + w turb + c v (T2 T1 ) q + w visc (4.71)
1 2
Ogni termine di questa equazione ha le dimensioni di una energia per unit di massa. Gli idraulici amano pe-
r considerare termini aventi le dimensioni di altezze, chiamate prevalenze, il che significa che essi divi-
dono ogni termine dellequazione (4.71) per laccelerazione di gravit, ottenendo:
2 2
p1 V1 p V
+ + z1 + h pomp = 2 + 2 + z 2 + h turb + h f (4.72)
g 2g g 2g
avendo definito:
4.22
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
w p om p W p om p
h p om = =
prevalenza fornita da pompe (Nota: Potenza per portata ponderale di fluido)
g
gm
w turb W turb
h turb = =
prevalenza fornita da turbine (Nota: Potenza per portata ponderale di fluido)
g
gm
c v (T2 T1 ) q
hf = + w visc perdite di prevalenza (attrito, calore ccc.)
g g
Nota :
Le perdite di attrito diffuse in tubi/condotti sono espresse dal coefficiente di attrito (alla Darcy) f:
D 2g
f = hf (4.74)
L V2
In genere hf ed f dipendono dal numero di Reynolds, dalla scabrosit superficiale ed ovviamente dalle geo-
metrie.
Il coefficiente di attrito f ricavabile dallabaco di Moody.
Ovviamente per hpomp = hturb = hf = 0 si ritorna al teorema di Bernoulli.
4.23
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Esercizio 4.26 1
Una centrale idroelettrica opera su 30 m3/s di acqua che viene introdotta con
un dislivello di 100 m, in una turbina che scarica con una velocit di 2 m/s.
La perdita di prevalenza viscosa hf=20 m. 100
Esercizio 4.27
Una pompa fornisce 0.3 m3/s di acqua ad una macchina posta 7 metri al
di sopra del pelo libero del serbatoio. 7m
P=1 atm
La condotta ha un coefficiente di perdita totale di kf=0.075 D2= 7 cm
Determinare la potenza del motore necessaria per azionare la pompa, as- P2,gauge=1.2
Esercizio 4.28
Trovare la relazione tra la velocit di scarico e laltezza del pelo libero rispetto A1,V1=0
allo scarico, assumendo un coefficiente di scarico pari a Cd=0.8 (di solito Cd = h
0.6-0.9).
[ V Cd 2gh ] A2,V2
Esercizio 4.29
Considerare il condotto in figura. Trascurando le perdite e gli effetti gravitazio-
nali, determinare lespressione della portata di massa in funzione delle pressio-
ni misurata alle stazioni (1) e (2).
2 (p1 p 2 ) P2
[ m = A2 ] P1
1 (D 2 D1 )
D2
4 D1
Finora abbiamo assunto luso del teorema della media per il calcolo degli integrali superficiali convettivi:
per la massa: n (V ) dS VS = m
S
3.75)
n (V ) V dS V S = m V
2
per la quantit di moto: (4.76)
S
( ) V dS
per lenergia cinetica: n 1
2
V 2 1
2
V 3S = 12 m V 2 (4.77)
S
In tutte queste espressione abbiamo tacitamente pensato di usare come velocit media e come densit media
quelle calcolate facendo le medie sulla superficie:
1
Vmedia =
A V dA
A
(4.78)
4.24
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
1
media =
A dA
A
(4.79)
Ovviamente ci si accorge che qualcosa non funziona e che, a rigore, occorrerebbe introdurre dei fattori di
correzione.
Assumeremo che la densit sia costante, in tal caso, per la massa non occorre alcuna correzione.
Per la quantit di moto e per lenergia cinetica introduciamo rispettivamente i coefficienti di correzione
ed :
2
1 u
A A
V
dA
media
(4.80)
3
1 u
A
A
dA
Vmedia
(4.81)
Per stimare il valore di questi coefficienti per problemi reali, esaminiamo tipici profili di velocit u(r) in tubi
di raggio R, per regimi laminari e turbolenti:
u (r ) r 2
laminare: 1 = 4/3 = 1.33 =2
Vmedia R
1/ 7
u (r ) r
turbolento: 1 = 1.020 = 1.077
Vmedia R
Dallanalisi di queste stime risulta che per problemi reali il flusso quasi certamente turbolento ed i valori
dei coefficienti di correzione sono pressoch unitari e quindi in pratica possono essere ignorati.
Per regimi laminari (abbastanza rari in pratica), ovviamente ci non accade, e quindi occorrerebbe tenere
conto dei fattori di correzione.
4.5 Fluidodinamica dei sistemi propulsivi (eliche e rotori) - Teoria del disco attuatore
La propulsione fluidodinamica si pu realizzare con apparati che aumentano la quantit di moto di una parte
del fluido in direzione opposta alla trazione che si realizza per reazione.
Esempi tipici: eliche (aeronautiche e marine), rotori di elicotteri, turbogetti, fan-jet, ram-jet, macchine a cu-
scino daria ecc.).
Laddove non esiste un mezzo fluido (i.e. nel vuoto) la propulsione pu essere prodotta soltanto mediante va-
riazione di massa del sistema: i.e. per mezzo di razzi o di propulsori non endotermici (elettrici, ecc.).
La (classica) teoria di Froude considera il bilancio globale di quantit di moto per un disco attuatore : di-
scontinuit attraversata da massa capace di fornire idealmente energia e quantit di moto [mediante un in-
cremento di pressione] al fluido che lo attraversa.
Si suppone che:
1. il carico di spinta sul disco sia uniforme (caso limite di numero infinito di pale),
2. il disco attuatore non imponga velocit di rotazione al fluido (pale contro-rotanti),
3. un tubo di flusso separa, dallambiente, il fluido che passa attraverso il disco con una interfac-
cia non viscosa
4. allinfinito (a monte ed a valle) la pressione pari a quella ambiente.
4.25
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Consideriamo la superficie di controllo di raggio R molto grande, con stazioni molto lontane dal disco, A
l'area del disco attuatore, come raffigurata nella figura che segue.
( )
Q = V2 r 2 + Vo R 2 r 2 Vo R 2 = r 2 (V2 Vo ) (4.82)
[ ( ) ] [ ]
T = r 2 V22 + R 2 r 2 Vo2 r 2 Vo2 r 2 (V2 V0 ) Vo (4.83)
contributo sup erfice laterale
ovvero semplificando:
T = r 2 V2 ( V2 Vo ) (4.84)
sp int a portata massica differenza tra le
tubo di flusso velocit asintotiche
Che si legge:
la spinta pari al prodotto della portata massica che attraversa il disco per la differenza
di velocit asintotiche che si realizza (come doveva essere)
Ovviamente la spinta T pu essere espressa anche in termini della differenza di pressione sul disco:
T = A p
In questo caso il p si pu ricavare dallequazione di Bernoulli che vale a monte ed a valle del disco (ma
non attraverso il disco attuatore):
p o + 12 Vo2 = p + 12 V12
( ) (
p = 12 V22 Vo2 = 12 V2 Vo V2 + Vo )( ) (4.85)
p o + 12 V22 = p + 12 V12 + p
ovvero:
( )(
T = 12 V2 Vo V2 + Vo A ) (4.86)
Ma dalla continuit:
r 2 V2 = A V1 (4.87)
4.26
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Vo + V2
V1 = (4.88)
2
Ovvero in termini della velocit indotta sul disco:
w = V1 Vo ; V2 Vo = 2 w (4.89)
che si legge:
lincremento di velocit indotta sul disco attuatore pari alla met di quello asintotico
T = A Vo + w
sp int a
( ) 2w (4.90)
portata di massa incremento asintotico
attraverso il disco di velocit indotta
Per ricercare unespressione per il rendimento, definiamo la potenza fluida Pf come prodotto della portata
massica per lincremento di energia cinetica specifica:
[ ]
Pf = A (Vo + w ) 12 (Vo + 2 w )2 Vo2 = { A (Vo + w ) 2 w}(Vo + w ) = T (Vo + w ) (4.91)
Putile Putile 1
i = = (4.94)
Pf Putile + Pf 1 + w Vo
Il rendimento propulsivo ideale quindi funzione solo del rapporto di velocit w/Vo
T
CT (4.95)
1
2
AVo2
da cui:
w
Vo
= 1
2
( 1+ C T )
1 (4.96)
Pi
CP (4.97)
1
2
AVo3
da cui
C P = C T 1 +
w CT
= ( 1+ C T )
+1 (4.98)
Vo 2
Per eliche a punto fisso (Vo =0) queste definizioni non hanno significato, in tali casi si ritrova:
4.27
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
To
wo = (4.99)
2A
To 3 / 4
Pf ,o = (4.100)
2A
Da queste relazioni, eguagliando le due espressioni date per la Pf , pu essere di interesse ricavare come la
spinta di unelica varia con la velocit di avanzamento V (pedice o per elica a punto fermo):
To 3 / 4 T 2 2T
= V + V + (4.101)
2A 2 A
ovvero:
3/ 4
1 T V V T
2
1= + +4 (4.102)
2 To w o w o To
Da questultima si nota la diminuzione della spinta con la velocit di avanzamento [ memo. wo = (To/2A)1/2]
Esercizio 4.30
Necessita unelica che produca una spinta di 4000 N ad una velocit di volo di 120 m/s al livello del mare.
Se il diametro D=2.5 m., stimare la potenza ideale assorbita.
Risp. 491 kW.
Esercizio 4.31
Considera un elicottero in hovering (fermo ad una certa quota) a 1000 metri di quota.
Sia D=6 m il diametro del rotore e M= 500 kg la massa dellelicottero.
Quanto vale la potenza minima richiesta al motore dellelicottero per mantenere lhovering?
NOTE:
La spinta pari al prodotto della massa daria che passa nel disco attuatore per la variazione glo-
bale di velocit.
Lespressione del rendimento pu essere messa nella forma: = Vo V1
Cio come rapporto della velocit di moto per la velocit di attraversamento (o di scarico).
Si noti inoltre che la teoria di Froude, anche se pensata per unelica, applicabile ad ogni siste-
ma propulsivo, idealizzabile mediante il concetto di disco attuatore. Da queste notazioni si pos-
sono dedurre delle interessanti conclusioni.
In pratica si possono pensare a due casi limite:
Una grande massa (grande diametro) accelerata di poco rendimento alto
Una piccola massa (piccolo diametro) accelerata di molto rendimento basso.
Unelica vicina al caso (1), un turbogetto vicino al caso (2) [in realt ad alte velocit di volo
gli effetti della compressibilit impediscono luso di eliche, normalmente si limita la velocit
dell'estremit della pala a M<0.8; nel caso di propulsori marini la limitazione del numero di giri
dipende dal fenomeno della cavitazione]
Lideale, per un mezzo che debba volare in un campo di velocit molto ampio, sarebbe di com-
binare le due caratteristiche: questo il principio del turbo-fan in cui una parte del flusso di aria
passa attraverso eliche intubate di grande diametro che le accelerano con grande efficienza, ed
4.28
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
unaltra massa passa invece attraverso il motore a getto che laccelera a grandi velocit. Per cui il
rendimento propulsivo si mantiene alto in tutto il campo di velocit di volo.
La teoria di Froude molto semplice, ma capace di fornire utili indicazioni
Per lanalisi approfondita dellelica sono disponibili teorie pi sofisticate quali la teoria
dellelemento di pala, in cui ogni tronco della pala considerato come un profilo alare che ge-
nera una forza aerodinamica che, opportunamente scomposta, genera un contributo di trazione
ed uno di coppia; dallintegrazione su tutta la pala si risale alle prestazioni. Complicazioni deri-
vano per la determinazione della velocit indotta dalla finitezza della pala e delle perdite di e-
stremit. Questa teoria fornisce buoni risultati ma sarebbe ottima per una pala isolata
Per tenere in conto invece che di pale ne esistono almeno due e del fatto che i vortici rilasciati
dalle estremit seguono traiettorie a spirale che possono indurre campi di velocit molto impor-
tanti, specialmente se lelica avanza di poco [come nel caso di elicotteri a punto fermo], si sono
ideate delle teorie vorticose capaci di modellare completamente tali fenomeni.
Ovviamente tutti questi approfondimenti sono riservati a specialisti
Ma il rude ingegnere deve scegliere unelica in base a dati tecnici; ed questo aspetto che cercheremo di de-
scrivere nel seguito.
Unelica identificata da dati geometrici ed operativi [tra cui il numero di giri che non compare nella teoria
di Froude] e da dati prestazionali che derivano da prove sperimentali su prototipi e su modelli.
Come per le turbopompe, si definiscono coefficienti adimensionali.
T
Coefficienti di spinta CT = (4.103)
n 2 D4
C
Coefficienti di coppia CC = (4.104)
n 2 D5
P 2 n C
Coefficienti di potenza CP = 3 5
= = 2 CC (4.105)
n D n 3 D5
V
Rapporto di avanzamento J= (n= numero di giri) (4.106)
nD
Da questi, ne deriva
TV 1 CT C
Rendimento: = J= T J (4.107)
2 n C 2 CC CP
Se lelica fosse progettata con passo costante con il raggio. langolo di passo varierebbe con x=r/R come:
p D
= tan 1 (4.109)
x
4.29
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
Il progetto di un'elica richiede, in linea di massima che la spinta massima a punto fisso (Vo=0) e che il ren-
dimento sia massimo in crociera.
In applicazioni di basso costo si usano eliche a passo fisso, che quindi non saranno ottimizzate n per la cro-
ciera n per il punto fisso ma con un compromesso. Il controllo della spinta avviene mediante la variazione
del numero di giri.
In applicazioni pi sofisticate si usano eliche a passo variabile, che funzionano essenzialmente a numero di
giri costante. Il controllo della spinta avviene mediante la variazione del passo.
Per queste ultime la logica del controllo automatico di spinta porta a soluzione ottimali che consentono di ot-
tenere la massima spinta a punto fisso (J=0), spinta che diminuisce all'aumentare del rapporto di avan-
zamento J.
Per poter stimare la variazione della spinta con la velocit utile l'uso di diagrammi tipici elaborati all'uo-
po in relazione all'elica ed al sistema di controllo, quali quelli che seguono.
Ovviamente essendo la maggior parte dei fornitori anglo-americani-canadesi, si usano quasi sempre dimen-
sioni anglosassoni.
Dal primo diagramma ne deriva che per la spinta statica (V=0) e To/Potenza = 4.9 [lb/Hp] ovvero To = (4.9)
(200) = 980 [lb]
elica_avanzamento
1
o
T/
T
0.9
4 2
Hp/A (Hp/ft )
5 0.8
6
7
8
0.7
7
0.6
0.5
0 20 40 60 80 100 120
V (ft/s)
4.30
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
elica_avanzamento
1
o
T/
T
0.9
4 2
Hp/A (Hp/ft )
5 0.8
6
7
8
0.7
7
0.6
0.5
0 20 40 60 80 100 120
V (ft/s)
4.31
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio
individuazione delle propriet estensive (che si possono bilanciare) e di quelle intensive (che non si possono
bilanciare ma soltanto equilibrare),
teorema di Reynolds (del trasporto) che individua la derivata temporale di una generica propriet materiale
(definita per un sistema) e la esprime per un volume di controllo.
Il teorema di Reynolds permette di riscrivere le classiche leggi della fisica (derivate per masse di controllo) in una
forma adatta alla fluidodinamica. Con la introduzione di concetti di flussi diffusivi superficiali (non collegati a flussi di
massa) e di produzioni volumetriche, infatti semplice formulare le equazioni integrali per sistemi aperti. Queste
vengono anche esplicitate nellipotesi di un solo ingresso una sola uscita, per i quali si usa, comunemente, il teorema
della media per la determinazione degli integrali superficiali.
equazione integrale per il bilancio della quantit di moto, permette la determinazione della spinta globale sul
sistema fermo o in moto costante,
equazione integrale per il bilancio della quantit di moto in un riferimento non inerziale, permette la
determinazione della spinta globale su sistemi in moto vario,
equazione integrale per il bilancio del momento della quantit di moto: logicamente un sottocaso del
bilancio della quantit di moto ma di grandissimo interesse perch permette lanalisi preiliminare delle
prestazioni delle turbomachine (coppia e potenza),
equazione integrale per il bilancio dellenergia: storicamente largomento che pu generare confusione
perch polidromo: tante sono le forme di energia da considerare nel loro insieme (energia totale) o
separatamente. Come sottoprodotto ne derivano ieoremi di Crocco e di Bernoulli (ancora lui! ma stavolta con
una veste diversa) che sono casi particolari luno dellaltro a seconda della comprimibilit del moto che si
dimostra dipendere dal numero di Mch, rapporto tra la velocit del fluido e quellla del suono.
Le perdite viscose per attrito su parete solide vengono quantificate mediante coefficienti di perdite localizzate
o di attrito (per perdite diffuse), questi ultimi sono leggibili dallabaco di Moody.
Luso del teorema della media per la determinazione degli integrali superficiali porta a degli errori tanto
maggiori quanto pi curvi sono i profili di velocit nelle sezioni di ingresso e di uscita. Ne segue la necessit di
usare dei coefficienti di correzione, che sono prossimi allunit per regimi di moto turbolenti.
Cenni alla fluidodinamica dei sistemi propulsivi descrivono la semplice teoria che deriva dalluso del concetto
di disco attuatore. Si arriva cos alla stima semplice della Spinta, della Potenza richiesta e del rendimento per
sistemi propulsivi in moto o a punto fermo (definizioni differenti!) e si conclude con la descrizione dei
coefficienti adimensionali che, industrialmente, definiscono le prestazioni di tali apparati.
4.32
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Capitolo 5
Luso delle equazioni integrali di bilancio consente una analisi limitata ad un livello globale. Talora questo
pu essere un vantaggio, per la semplicit di applicazione, ma ovviamente limitativo in quanto, gi ad un
primo approfondimento, si richiedono informazioni dettagliate e particolareggiate.
Per poter fare questo secondo tipo di analisi approfondita occorre dettagliare le equazioni di bilancio per ogni
punto materiale (particella fluida elementare) del volume di controllo, si derivano cos le equazioni di
bilancio in forma differenziale [equazioni a derivate parziali].
A questo livello, la risoluzione analitica del poderoso sistema di equazioni a derivate parziali, che ne deriva,
limitata a pochissimi casi di pratico interesse.
Purtuttavia la comprensione delle equazioni sar fondamentale allorquando, in successivi approfondimenti,
Vi saranno richieste modellistiche con vari livelli di sofisticazione/semplificazione e/o relative soluzioni
numeriche.
5.1 Generalit 2
5.2 L'equazione di continuit (conservazione della massa) 2
5.2.1 La funzione di corrente 3
5.3 Equazione Differenziale di Bilancio per la Quantit Di Moto 6
5.3.1 Le relazioni fenomenologiche per il tensore degli sforzi 7
5.3.2 Le equazioni di Navier-Stokes e quelle di Eulero 12
5.4 Lequazione Differenziale di Bilancio per La Vorticit 14
5.4.1 Velocit indotta da un volume vorticoso 18
5.4.2 Risoluzione analitica dellequazione vettoriale di Poisson per la vorticit (*) 19
5.4.3 Velocit indotta da un filamento vorticoso formula di Biot-Savart 21
5.5 Equazione differenziale di bilancio del Momento della quantit di moto 25
5.6 Equazione Differenziale di Bilancio per Lenergia 27
5.6.1 Equazione dellenergia totale 28
5.6.2 Equazione dellentalpia totale 29
5.6.3 Equazione dellenergia interna 30
5.6.4 Equazione dellentalpia termodinamica 31
5.6.5 Condizioni al contorno per la temperatura 32
5.6.6 Ricapitolazione delle forme dell'equazione dell'energia 32
5.7 Equazione Differenziale del Bilancio per lentropia 33
5.8 Azioni dinamiche 34
5.9 Approssimazione di Boussinesque 34
5.10 Sintesi e Check-Out 36
5.1
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
5.1 GENERALIT
Le quazioni di Bilancio in forma differenziale saranno derivate, per la generica propriet B, dalle
corrispondenti forme integrali (vedi Capitolo 4) nella forma:
DB
= Bsup + B vol (5.1)
Dt
Ovvero, richiamando il teorema di Reynolds (paragrafo 3.2), la (5.1) sar considerata dettagliatamente come:
(b )
( )
V (t)
t
dV + n b Vr dS =
S( t )=V ( t )
n b dS+
S( t ) =V ( t ) V (t)
bdV (5.2)
variazione di contributo convettivo contributo diffusivo contributo
B nel VdC superficiale superficiale di volume
Ricercando lequazione di bilancio valida per una singola particella fluida, dovremo considerare il volume di
controllo fisso e farlo tendere a zero (nei limiti del continuo). Il che comporta che conviene esprimere tutti i
termini come integrali di volume. Questo viene fatto utilizzando il teorema della divergenza di Gauss, per i
flussi convettivi e diffusivi, nelle forme:
n (bV ) dS = (bV ) dV
S=V V
(5.3)
n
S=V
b
dS =
V
b
dV (5.4)
In tal caso tutti i termini dellequazione (5.2) possono essere portati sotto uno stesso segno di integrale:
(b )
t + (b V ) + b b dV = 0 (5.5)
V
Poich leguaglianza deve mantenersi durante il processo di riduzione del volume a quello di una particella
(praticamente a zero), deve necessariamente annullarsi il valore dellintegrando [] della (5.5), da cui si
ricava lequazione di bilancio in forma differenziale, valida per la generica grandezza estensiva B, che
sar la forma di base per le successive analisi:
(b )
+ (b V ) = b + b (5.6)
t
dove si posto:
Poich nelle nostre ipotesi la massa (b=1) non ha flussi diffusivi (la velocit la velocit di massa), n
produzioni, dalla (5.6) ne discende molto semplicemente:
equazione di continuit: + (V ) = 0 (5.7)
t
Da notare che:
5.2
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
D
+ (V ) = + V + V = + V = 0 (5.8)
t t Dt
si ricava:
1 D 1 D(Volume)
V = = (5.9)
Dt Volume Dt
[cfr. la formula di espansione di Eulero per lo Jacobiano (2.93) e la (2.95)] cio uninterpretazione
fisica della divergenza della velocit come diminuzione di densit per unit di densit (ovvero
variazione di volume per unit di volume).
Se ne deduce che in tutti i casi in cui possibile assumere moto incompressibile (densit =
costante), ovvero quando M2<<1 [cfr. (4.68)], il campo di velocit solenoidale:
(V ) = 0 (5.11)
Esercizio 5.1
Considera un campo incomprimibile di velocit, piano e stazionario; sia u(x,y)=a x2 - b (x a y)
Determina la pi semplice espressione per la componente v(x,y) [-2axy+by]
Esercizio 5.2
Considera il campo comprimibile instazionario: V = [a x i + b x y j] exp( k t )
Calcola la variazione della densit nel tempo nel punto x=3, y=2, al tempo t=0
Esercizio 5.3
Sotto quali condizioni il campo di velocit:
V(x,y,z) = (a1x+b1y+c1z) i + (a2x+b2y+c2z) j + (a3x+b3y+c3z) k
incomprimibile?
La funzione di corrente una funzione potenziale (potenziale scalare di Stokes) che esiste per ogni
campo vettoriale solenoidale a due dimensioni (piano e non). La sua esistenza garantita dal fatto che, per
definizione, la divergenza di un rotore identicamente nulla, per cui se k il versore normale al piano in cui
definito il campo vettoriale A, il potenziale scalare di Stokes definito come:
A = (k ) A = [ (k )] 0 (5.12)
trasv.
Nota altre notazioni usate: A = k ; A = k ; A =
5.3
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
u v
V = + =0 (5.14)
x y
se poniamo :
u= , v= (5.15)
y x
risulta
2 2 V
V = =0 (5.16) v
xy yx y
u dr b
dy a=c
e quindi la funzione di corrente esiste se dx
B
C
2 2
= (5.17) A
xy yx
x
ovvero se valido il teorema di Schwartz.
Quindi non vi pu essere componente della velocit normale alla curva =costante.
Ne discende che la portata di flusso attraverso due linee di corrente con valori a e b deve dipendere
b
soltanto da questi valori e non dai punti o dalle traiettorie usate per calcolare la portata Q a b
a
n V dS .
yB yB B
Q A B =
yA
u dy =
yA
y
dy =
d = B A (5.19)
A
xC xC
C
Q B C = v dx = dx = d = ( C B ) = B A (5.20)
xB xB
x CB
Come doveva essere la portata volumetrica la stessa nei due casi, dal che se ne prova lindipendenza dalla
curva usata e che lentit della portata pari alla differenza tra i due valori assunti dalla funzione di corrente
nei due punti A e B.
5.4
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
(V ) = (u )+ (v ) = 0 (5.21)
x y
y x
1 1
u= , v= (5.22)
y x
V(r,)=Vr ir + V j (5.23)
1 (rVr ) V 1
V= + = (rVr )+ (V ) = 0 (5.24)
r r r r
r
1
Vr = , V = (5.25)
r r
V(r,z)=Vr ir + Vz k (5.26)
1 (rVr ) Vz 1
V= + = (rVr )+ (rVz ) = 0 (5.27)
r r z r r z
z r
1 1
Vr = , Vz = (5.28)
r z r r
Nota:
per campi piani comprimibili (cartesiani, polari) le dimensioni della funzione di corrente sono quelle
del prodotto di una densit ed di una velocit per una lunghezza,
per campi piani incomprimibili (cartesiani, polari) le dimensioni della funzione di corrente sono
quelle di una velocit per una lunghezza,
per campi assialsimmetrici incomprimibili (cilindrici) le dimensioni della funzione di corrente sono
quelle di una velocit per il quadrato di una lunghezza (superficie)
Esercizio 5.4
Considerando il collegamento tra funzione di corrente e portate, commentare le Note di cui sopra
Esercizio 5.5
Considerate le espressione per le funzioni di corrente
= a (x2 y2)
=3 a x2 y a y3
Determinare le espressioni delle componenti di velocit, la divergenza, ed il laplaciano di .
5.5
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Esercizio 5.6*
Dato il campo di velocit: u = x2 - y2 v=-2xy
Determinare le linee di corrente e quella per cui =0
Esercizio 5.7*
Data lespressione della funzione = r3 sin (3 ) determinare le Vr e V sulla linea di corrente =0.
Calcolare le equivalenti componenti u,v in coordinate cartesiane.
(V )
t
[ ]
+ (V V ) = p U + + g (5.29)
ovvero svolgendo la divergenza a destra della (5.29) si ottiene lequazione di bilancio della quantit di
moto (nella forma cosiddetta conservativa o di divergenza):
(V )
+ (V V ) = p + + g (5.30)
t
dove p la pressione (media degli sforzi normali se il moto incomprimibile), il tensore degli sforzi, g
laccelerazione di campo (gravitazionale).
Se svolgiamo il termine a sinistra della (5.30) notiamo che:
(V ) (V ) (V )
+ (V V ) = + [(V )V ] = + V + V [(V )] + (V ) V =
t t t t
(5.31)
(V ) DV
= + V V + V + [(V )] =
t t Dt
in quanto il termine tra parentesi graffa nullo essendo pari allequazione di continuit (5.7).
Ne discende che, considerando la continuit, lequazione di bilancio della quantit di moto diventa
unequazione di equilibrio per la quantit di moto:
DV
= p + + g (5.32)
Dt
Questa, Dividendo ogni termine per la densit, pu essere messa nella forma che prende il nome di
equazione di Navier-Stokes:
DV 1 1
= p + + g (5.33)
Dt
Da cui si ricava che laccelerazione particellare (che compare a sinistra) bilanciata dai risultanti, per unit
di massa, delle forze superficiali (derivanti dal gradiente di pressione e dal tensore degli sforzi) e
dallaccelerazione di campo (nella fattispecie quella di gravit).
Le condizioni al contorno usabili per questa equazione sono lannullarsi della velocit sul corpo.
Se sono trascurabili gli effetti viscosi (derivanti dal tensore degli sforzi) ne deriva lequazione di Eulero:
5.6
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
DV 1
= p + g (5.34)
Dt
Le condizioni al contorno usabili per questa equazione sono lannullarsi sul corpo della sola componente
normale della velocit (la componente tangenziale non pu annullarsi perch non considerato lattrito).
Per esplicitare completamente lequazione di Navier-Stokes occorre un modello per il tensore degli sforzi
viscosi .
In condizioni di flusso laminare, il modello pi semplice utilizzato in fluidodinamica quello di fluido
newtoniano, che generalizza la relazione derivante dallo
storico esperimento del flusso tra due piastre di cui una in U
movimento (moto alla Couette):
y L
u x xy U/L
xy = (5.35)
y
Questa relazione dice che lo sforzo viscoso tra le due piastre (in questo caso costante) proporzionale al
rapporto tra la differenza delle velocit e la loro distanza, il fattore di proporzionalit il coefficiente di
viscosit dinamica (lettera greca si pronuncia mu o "mi").
Nel caso pi generale occorre modellare la dipendenza tra (leffetto) il tensore degli sforzi (che un tensore
del secondo ordine) ed una causa che deve essere necessariamente (per motivi di omogeneit tensoriale) un
tensore del secondo ordine.
Il modello di fluido newtoniano assume una relazione lineare tra il tensore degli sforzi (effetto) ed il
tensore gradiente di velocit V (causa).
La ricerca di questa relazione fatta sotto certe ipotesi:
Linearit,
assenza di sforzo residuo,
assenza di direzioni privilegiate (isotropia),
necessit per la relazione = f [ V ] di essere invariante rispetto al riferimento.
Con la condizione che una relazione tensoriale, se valida, deve essere invariante, cio frame independent,
ovvero deve essere la stessa qualunque sia il sistema di riferimento.
Scegliamo un riferimento fisso rispetto alla particella fluida; per questo sistema V=0 , D = V = S +
Ma, poich la parte antisimmetrica del tensore velocit di deformazione non contribuisce alla velocit di
deformazione (2.130) ma sola alla rotazione rigida, il tensore degli sforzi T deve dipendere esclusivamente
dalla parte simmetrica S , in definitiva quindi deve essere:
[
T = f S, termodinamica ] (5.37)
Vogliamo derivare la forma di questa relazione funzionale per il modello di fluido Newtoniano.
Il Modello ipotizza:
5.7
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
1. per fluido in quiete T = p U , dove p la pressione (isotropa), per cui denotiamo in genere:
T = p U + , ovvero in notazione indiciale: t i j = p i j + i j
2. fluido isotropo (non esistono direzioni privilegiate)
3. fluido omogeneo (la relazione funzionalmente la stessa per tutti i punti)
4. la relazione fenomenologia di tipo lineare (non esistono sforzi pre-esistenti o residui)
5. tensore degli sforzi simmetrico (come S)
Nota il modello di fluido con relazione non lineare si chiama modello di Stokes.
In questo caso la (5.9) impone la solenoidalit del campo di velocit, ovvero che V = 0 .
Da questo deriva:
Logicamente, il tensore degli sforzi, non potendo dipendere dalla velocit di dilatazione, deve dipendere
soltanto dalla velocit di deformazione pura ovvero (A.108 e A.109) dalla parte deviatorica di S cio dalla
parte a traccia nulla di S :
Vk
S = S 13 ( V )U
0
ovvero Si0j = Si j 13 i j (5.38)
x k
Sorvoliamo sul fatto che se il campo incomprimibile sar S=So
Richiamando la necessaria invarianza della relazione tensoriale (5.33) e lesperimento di Newton (5.35) si
deriva, con una certa ingenuit che la relazione (5.35) deve valere qualunque sia la coppia di assi normali
(x,y), (x,z),(y,z) e che deve esistere un solo coefficiente di viscosit.
Generalizzando la (5.35) si arriva alla relazione fenomenologica di fluido newtoniano incomprimibile:
= 2 So (5.39)
u 1 u v w
1 u v 1 u w
3 + + 2 + 2 +
x x y z y x z x
xx xx xx
1
u v v u v w w v
xx xx xx = 2 2 + 13 + + 1
2 +
xx xx xx y x y x y z y z
1 u w
1 w v w 1 u v w
2
+ 2
+ + +
z x y z z 3 x y z
----------------------------------------------fine analisi di primissimo livello------------------------------------------
Consideriamo ora anche campi comprimibili
5.8
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
xx C11 . . . . C16 S xx
. . . . . . S yy
yy
zz . . . . . . Szz
=
( )
xy . . . (C 44 ) ( )
. . S xy
(5.40)
yz . . . . . . S yz
zx C 61 . . . . C 66 Szx
u u
Nota: il semplice esperimento di Newton xy = (moto alla Couette) corrisponde a xy = C 44 12
y y
Le ipotesi di invarianza (2.24) implicano delle eguaglianze tra i 36 coefficienti C11C66 che si possono
ottenere imponendo scalarmene delle rotazione (indipendenti).
Imponiamo 5 rotazioni tra di loro indipendenti:
1. Rotazione di 180 attorno allasse z: necessita che sia:
C15=C16=C25=C26=C35=C36=C45=C46=C51=C52=C53=C54=C61=C62=C63=C64=0
2. Rotazione di 180 attorno allasse X: necessita che sia:
C14=C24=C34=C41=C42=C43=C56=C65=0
3. Rotazione di 90 attorno allasse z: necessita che sia:
C13=C12 , C33=C22, C31=C21, C32=C23, C66=C44
4. Rotazione di 90 attorno allasse X: necessita che sia:
C12=C21 , C22=C11, C23=C12, C55=C44
5. Rotazione di 45 attorno allasse z: necessita che sia:
C11= C44 + C12
Alla fine dei conti linvarianza implica che 24 coefficienti devono essere nulli e i rimanenti 12 (36-24)
devono soddisfare 10 (9+1) equazioni. Ne risulta quindi che la relazione sforzi/velocit di deformazione
esprimibile per mezzo di solo 2 coefficienti indipendenti di cui:
ovvero:
ij = (s11+s21+s31) + 2 sij = [V] +2 S (5.41)
-.-.-.-
----------------------------------------------- inizio analisi di secondo livello---------------------------------------
basta conoscere bene il calcolo tensoriale per sapere che una relazione lineare ed invariante
tra due tensori del secondo ordine dipende solo da due coefficienti scalari !
----------------------------------------------- fine analisi di secondo livello------------------------------------------
-.-.-.-
La relazione lineare tra e S impone che le direzioni principali dei due tensori devono coincidere.
Poich e S sono simmetrici esiste certamente un riferimento (principale) in cui essi hanno una
rappresentazione diagonale. Ovviamente questo riferimento lo stesso sia per che per S.
5.9
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
E vogliamo ricercare le condizioni per cui tale relazione sia frame independent.
Premettiamo, soltanto per semplicit esplicativa, che alcune rotazioni sono equivalenti a permutazioni: ad
esempio consideriamo un riferimento in cui S ha la rappresentazione (s1,s2,s3) e ha la rappresentazione
(t1,t2,t3), facile verificare che se operiamo una trasformazione ortogonale che tramuti la rappresentazione di
S in (s3,s1,s2) e avr necessariamente (stesse direzioni principali) la rappresentazione (t3,t1,t2).
Scrivendo in esteso si ottiene per il generico riferimento (s1,s2,s3) (t1,t2,t3):
Ne discende che necessariamente esistono solo due valori indipendenti per la matrice A che possiamo
denotare con e con 2: sicch si ha:
5.10
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Dove, Aijpq un tensore isotropo del quarto ordine, la cui espressione generale 1 (A.109):
[ ] [ ] [
Aijpq = A1 ijpq + A 2 ip jq + iq jp + A3 ip jq iq jp ] (5.51)
Nota: ij lunico tensore isotropo del secondo ordine, intuibile che tutti gli altri tensori
isotropi di ordine superiore siano esprimibili in termine di ij.
Ma poich T simmetrico, (Tij=Tji) ne deriva che il terzo termine deve sparire, ne consegue:
[ ] [
Aijpq = A1 ijpq + A 2 ip jq + iq jp ] (5.52)
[ ] [ ]
A : S = AijpqSpq = A1 ij pq Spq + A 2 ip jq + iq jp Spq = A1Sppij + A 2 2 Sij (5.53)
In definitiva A1 ed A2 rappresentano gli unici due coefficienti di viscosit compatibili con la frame
independence, la relazione fenomenologica del modello Newtoniano si scrive:
T = p U + = p U + ( V ) + 2 S (5.54)
ovvero:
2
Tij = p ij + Sii + 2 Sij , ij = Sii + 2 Sij = + Sii + 2 So ij
3
(5.55)
----------------------------------------------- fine analisi di quarto livello------------------------------------------
-.-.-.-
Tutti questi livelli di considerazioni sono pi che sufficienti per concludere che matematicamente la
relazione (5.37) deve dipendere da solo due coefficienti di proporzionalit:
2
= 2 So + + ( V ) U (5.56)
3
In pratica questa relazione ci dice che il tensore degli sforzi dipende da due termini:
il primo rappresenta la dipendenza dalla sola deformazione derivante dallatto di moto, cio solo da S, e
non da che latto di moto rigido derivante dalla rotazione della particella,
il secondo termine rappresenta leffetto derivante dalla eventuale velocit di dilatazione della particella
(memento: il significato della divergenza della velocit come velocit di variazione di volume per unit
di volume).
La teoria cinetica mostra che, per gas mono-atomici, deve verificarsi necessariamente la cosiddetta relazione
di Stokes:
2
= (5.57)
3
1
Cfr: ARIS: Vector, Tensor and the Basic Equation of Fluid Dynamics, pag. 33-34
5.11
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Sebbene tale relazione non rigorosamente valida, in generale, per tutti gas, essa viene normalmente usata in
quasi tutta la Fluidodinamica, diventando quindi lipotesi di Stokes (in effetti i casi in cui non accettabile
sono ben pochi: la struttura di unonda durto, la velocit del suono per lelio liquido ecc..).
Notiamo che per tutta la fluidodinamica incompressibile V = 0 lipotesi di Stokes inessenziale in
quanto linfluenza della bulk viscosity sullo tensore degli sforzi viene ad annullarsi comunque in quanto
V = 0.
Il termine a destra della relazione = 2 S + ( V )U simmetrico, per cui ne deriva che anche il tensore
degli sforzi deve essere simmetrico [5.a ipotesi del modello di un fluido newtoniano], quindi esso ha soltanto
sei componenti scalari che, sotto lipotesi di Stokes, in una rappresentazione cartesiana, sono:
u 2 4 u 2 v 2 w
xx = 2 ( V ) = (5.58)
x 3 3 x 3 y 3 z
v 2 2 u 4 v 2 w
yy = 2 ( V ) = + (5.59)
y 3 3 x 3 y 3 z
w 2 2 u 2 v 4 w
zz = 2 ( V ) = + (5.60)
z 3 3 x 3 y 3 z
u v
xy = + = yx (5.61)
y x
u w
xz = + = zx (5.62)
z x
w v
zy = + = yz (5.63)
y z
Ovviamente le componenti scalari delle equazioni di Navier-Stokes, per un fluido newtoniano sotto lipotesi
di Stokes, si ricavano proiettando sugli assi coordinati il sistema:
+ (V ) = 0
t
(5.64)
DV 1 1 2
= p + 2 S ( V ) U + g
Dt 3
V = 0
V V = p + (2 S) + g
1 (5.65)
E agevole dimostrare che la divergenza del tensore velocit di deformazione pu essere espressa, in
coordinate cartesiane come:
[ ] [ ]
se V =0
1 2
S = 12 ( V ) + ( V ) = 12 2 V + ( V ) =
t
V (5.66)
2
5.12
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
per cui in definitiva risulta, sotto lipotesi di densit e viscosit costante, il sistema che rappresenta le
equazioni di Navier-Stokes, in coordinate cartesiane :
V = 0
1 (5.67)
V V = p + 2 V + g
Questo sistema di equazioni deve essere risolto imponendo lannullarsi delle componenti della velocit sulla
parete (uw=vw=ww=0).
Queste equazioni devono essere risolte imponendo lannullarsi sulle pareti della sola componente normale
della velocit (ad es. se la parete ha normale z, occorre porre ww=0, i.e. corpo linea di corrente).
Nota: che nelle equazioni di Eulero non compaiono le derivate del secondo ordine per le componenti
di velocit!
5.13
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
V = 0
V 1 (5.71)
+ V V = p + 2 V + g
t
V = 0
V 1 (5.72)
+ ( 12 V V ) + ( V ) V = p + 2 V + g
t
ovvia
= 0
(5.73)
t
[ ]
+ [( 12 V V )] + [ V ] = [p] + 2 + g
1
Notiamo che il rotore di un gradiente deve essere identicamente nullo: questo rende nulli i termini contenente
la parte di accelerazione convettiva relativa alla variazione di modulo della velocit, la pressione
(=costante) e laccelerazione di gravit (che esprimibile come gradiente di un potenziale), per cui rimane:
t
[
+ [ V ] = + 2 ] (5.74)
=0 =0
( V ) = V ( )+ (V ) ( )V + ( V ) (5.75)
=0
(5.76)
+ V [ ] V = 2
t
= 0
D (5.77)
= [ ]V + 2
Dt
Nota che il termine che compare immediatamente a destra della (5.77), []V, detto termine di
stretching, nullo se il campo di moto piano o assialsimmetrico (infatti se V giace in un piano di normale
n, sar normale al piano [ = n ] e quindi avr componente nulla lungo la direzione di V che deve
giacere nel piano.
5.14
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
= 0
D (5.78)
= [ ]V
Dt
( n ) = 0
D (5.79)
=0
Dt
E interessante, per capire la connessione tra la dinamica della vorticit e gli sforzi viscosi riscrivere le
equazioni di Navier Stokes evidenziando laddove possibile la vorticit ed appaiarle a quella di Helmholtz:
V = 0
Navier-Stokes: V 1 (5.80)
+ ( 12 V V ) + V = p [ ] (gz )
t
= 0
Helmholtz: D (5.81)
= [ ]V + 2
Dt
se V =0
Nota: nella (5.80) si fatto uso della identit: 2 V = ( V ) ( V ) =
Si pu notare che in assenza di termini viscosi la vorticit si conserva "particellarmente", quindi se il moto
inizialmente irrotazionale la vorticit sar e rimarr nulla in tutto il campo (invero non cos a valle di Onde
durto oblique, che esistono per solo in campi compressibili).
In caso di moti irrotazionali la N-S diventa:
V = 0
V 1 (5.82)
+ ( 12 V V ) = p (gz )
t
1 1 1
+ 12 (V V ) + p gz = 0 + (V V ) + p gz = f ( t ) (5.83)
t t 2
Ma in questo caso la velocit non deve necessariamente annullarsi sulla parete, nascono i paradossi (niente
resistenza, niente portanza,ci si pu muovere solo perdendo massa , insomma lapoteosi di DAlambert).
Se il moto viscoso lannullarsi della velocit sulla parete genera uno strato viscoso, che crea vorticit,
questa si diffonde nel campo fluido secondo le equazioni di Helmholtz, rendendolo instabile e quasi
certamente turbolento. Sfortunatamente in questo caso il teorema di Bernoulli non pi valido.
5.15
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
0= ( ) dV
V
=
teorema (n ) dS = (n ) dS + (n ) dS = 0 (5.85)
divergenza S S1 S2
di Gauss
Ovvero:
(n ) dS = costante
Si
=
teorema (V t ) dC =
C
(5.86)
di Stokes
Cio il tubo vorticoso non pu iniziare/terminare in un campo di velocit, esso quindi o chiuso su se stesso,
o inizia/finisce sulla frontiera del domino (sul corpo o allinfinito).
La sua intensit [portata di attraverso S, ovvero: (n ) dS ] costante e pari alla circolazione della
Si
teorema di (sir William) Thomson: per flussi non viscosi ed incompressibili lintensit di un tubo
vorticoso rimane costante,(una superficie vorticosa si mantiene tale)
da cui discende::
D
teorema di Kelvin = 0 ovvero la vorticit particellare costante.
Dt
La dimostrazione del terzo teorema sui vortici discende direttamente dallequazione di Helmholtz valida
sotto le ipotesi fatte.
5.16
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Nota che in regime supersonico, in presenza di Onde durto Curve, tale propriet non
valida, ma in questo caso il moto comprimibile, quindi tutta unaltra storia.
Per poter illustrare i fondamenti della dinamica della vorticit, regolata dallequazione di Helmholtz,
facciamo le seguenti considerazioni.
Se usiamo il teorema della media, possiamo considerare che per un tubo vorticoso deve essere:
n A = = costante (5.87)
Ao A1=Ao/2 A2=2 Ao
1=2 o 2=o/2
o
Lo L1=? L2=?
Essendo h molto piccola la velocit nel punto B collegata a quella nel punto A da uno sviluppo in serie
(troncato al primo ordine):
V
VB = VA + h = V A + (n V )h (5.88)
n
Al tempo t, le estremit (A e B) del tratto di tubo si saranno spostate nei punti (A e B):
r A ' = r A + VA t (5.89)
r B' = r B + VB t = r B + [V A + (n V )h ] t 5.90)
Da cui possiamo stimare la differenza della lunghezza del tratto di tubo vorticoso:
5.17
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Nota che la differenza tra le due parentesi tonde proprio la differenza di lunghezza h nella direzione n.
Passando al limite per t0 si ottiene:
(n V ) = 1 d[h n ] (5.93)
h dt
Moltiplicando scalarmente per lintensit della vorticit si ricava lespressione del termine di stretching:
( )V = d(h n ) (5.94)
h dt
Se si assume che la normale n non varia con il tempo, il significato fisico del termine di stretching appare ora
chiaro: esso pari al prodotto dellintensit della vorticit () e di una velocit di elongazione per unit di
lunghezza
1 dh
h dt
[Nota: questo secondo fattore ricorda la variazione del volume specifico della particella che
1 dv
deriva dalla continuit : = V ].
v dt
In un reale campo tridimensionale il versore n varier, quindi il tubo vorticoso sar soggetto ad una
complessa dinamica composta da:
traslazione e rotazione (in quanto propriet particellare, la vorticit segue la dinamica della
particella fluida)
variazione di , allungamento/accorciamento e conseguente ispessimento/assottigliamento (a
causa della solenoidalit e del termine di stretching)
diffusione viscosa (a causa del termine 2 )
s
In molte applicazioni si considera una regione limitata dello spazio di volume V, in (r)
cui concentrata la vorticit, al di fuori della quale si pu assumere vorticit nulla. r V
V = 0 , V = (5.95)
Per risolvere questo problema usiamo un potenziale vettore di Stokes, B (del tipo funzione di corrente, che
una funzione scalare per campi piano di velocit, e vettorialmente ha direzione normale al piano), cio
poniamo V = B e sostituendolo nelle due equazioni, ritroviamo:
5.18
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Poich B arbitraria, assumiamolo B essere solenoidale, cio B=0 in modo tale che il campo B
soluzione del problema di Poisson:
2 B = (5.97)
Andando a spulciare in qualche buon testo di analisi matematica avanzata, ritroviamo che lequazione di
Poisson con queste condizioni al contorno ammette una soluzione molto semplice (invero proprio per
questo che abbiamo introdotto il potenziale vettore !).
Ponendo s = r r ( s il vettore che va dal nucleo vorticoso posto in r' al generico punto r dove si vuole
determinare la velocit indotta), si ritrova:
1 (r ') 1 (r ')
B(r ) = dV (r' ) = dV (r' ) (5.98)
4 V'
s 4 V'
r r'
Per prima cosa formuliamo il problema di Poisson (5.97) come problema integrale.
Ricordiamo che il Laplaciano la divergenza del gradiente: 2 ( ) = ( ) e che quindi l'equazione di
Poisson 2 B = si pu scrivere come ( B) = , al che ci sembra logico integrare sul
volume V' dove definita la per avere:
n ( B) dS = dV ( r ) (5.100)
S' V'
5.19
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
1 (r ') 1 (r ')
(B(r )) = dV ( r ' ) = r r' dV ( r' ) =
4 V
r r' 4 V'
(5.101)
1 1 1 r r' 1 s
= (r ') dV ( r ' ) = (r ') dV ( r ' ) = (r ') 3 dV ( r ' )
4 V r r ' 4 V r r'
3
4 V
s
Nota:
il nabla definito nello spazio r per cui non pu operare su (r') ma solo sul termine 1/|r-r'|
lo stesso volume V descritto, a seconda dei casi dal vettore posizione r o dal vettore r'.
1 s
n (r ') dV ( r' ) dS = dV (5.102)
S 4 V'
s3 V
1 s
V
4
(r' ) n s
S
3
dS dV ' =
V
dV (5.103)
s dS
e notiamo che = i s il versore del vettore s , e che 2 = d l'angolo solido visto dal punto P(r)
s s
1
(r ') [n i s ] d dV ' =
dV
(5.104)
4 V S( ) V
resta infine da capire quanto vale il termine : [n i s ] d
S( )
Consideriamo la figura in cui P(r)
rappresentato un volume sferico (ma P esterno a V' S
P interno a V'
il ragionamento vale per ogni
is
forma):
n is=cos
V'
Si verifica che: i s
n
se il punto P(r) esterno a V'
[n i s ] d =
S( ) S( )
cos d =
S( )
sin ( / 2) d = 0
sin( / 2) d = 2
0
sin ( ) d = 2 2 = 4
(5.105)
5.20
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
1
(r ') [n i s ] d dV (r' ) = 1 [4 (r')] dV (r' ) = dV Q.E.D. (5.106)
4 V S( ) 4 V V'
1 (r ') 1 (r ')
r B(r ) = r dV (r' ) = dV (r ') =
4 r r' volume 4
r r r'
V fisso V
5.107)
1 (r ' ) (r ') 1 (r ') n
= dV (r ') = dS (r ') = 0
4 r r' 4 r r'
V S
Resta da determinare il campo di velocit, al di fuori del Volume vorticoso, per definizione:
1 (r ') 1 (r ')
V = r B(r ) = r dV ' = r dV ' =
4 V
s volume 4
fisso V s
(5.108)
1 s (r ')
=
4
V
s
3 dV '
1 s (r ')dV
dV = (5.109)
4 s3 V
circolazione deve essere costante (nota si considera un filamento vorticoso isolato, al di fuori di esso la
vorticit nulla).
5.21
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Sicch per determinare la velocit indotta da un nucleo di filamento vorticoso di lunghezza dh, possiamo
usare la formula
1 s (r ')dV
dV = (5.110) k
4 s3 z
e riscriverla come: h2
s eh
dV = dh (5.111) dz
4 s 3
s y
dove eh il versore tangente al filamento allascissa h, ed abbiamo
considerato = eh . R
Per cui la velocit indotta da un filamento vorticoso che si estende da h1 ad h2 data dallintegrale:
h
2 s eh
V(r ) =
4 h s3
dh (5.112)
1
Applicheremo ora questa formula per determinare la velocit indotta da un filamento vorticoso rettilinea
nella direzione k (Legge di Biot-Savart). Facendo riferimento alla notazione in figura risulta:
h h
2 sk 2 cos
V ( r ) =
4 h s 3
dz =
4 h s 2 dz (5.113)
1 1
R R
s= z = R tan dz = d (5.114)
cos cos 2
per ottenere:
2
V (r ) =
cos d = [sin 1 sin 2 ] (5.115)
4R 4R
1
Esercizio 5.8
Dato il campo di velocit:
u= a (x2-y2) v= -2 a x y w=0 gx=0 gy=0 gz=-g
Determinare se il campo di moto incomprimibile e se una soluzione delle N-S.
In caso affermativo determinare il campo di pressione.
(Sugg. Conviene vedere se irrotazionale e se Bernoulli applicabile).
Esercizio 5.9
Unala vola a 1000 metri di altezza (p=89.6 kPa, =1.12 M
kg/m3) ad una velocit di 150 km/h (flusso non viscoso).
O
5.22
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Trovare la pressione nel punto di ristagno O (velocit nulla)e nel punto di massimo scorrimento M (velocit
massima) in cui si ritrova V=1.5 V. Calcolare il coefficiente di pressione
Esercizio 5.10
Un serbatoio molto largo collegato ad un condotto P atmosferica
chiuso come in figura. 3m
Trascurando attriti e labbassamento di livello,
determinare lespressione di come varia
V(t)
La velocit di scarico nei primi attimi dopo lapertura D=0.15 m
della Valvola. 6m
(applicare il Bernoulli instazionario)
Esercizio 5.11
Un flusso incompressibile ha il seguente campo di moto: V =
U 2
L2
[
x i + y j 2(x + y )z k ]
Determinare il vettore vorticit ed il tensore di velocit di deformazione S.
Esercizio 5.12
Il campo potenziale attorno ad un cilindro di raggio R rotante con velocit angolare (coordinate
cilindriche):
R 2 2
Vr = U1 cos , V = U1 + R sin + , = 2 R 2
r r 2 r
Determinare il tensore di velocit di deformazione S.
Esercizio 5.13
Un vortice potenziale definito da un campo di velocit (coordinate cilindriche):
Vr = 0 ; V = ; Vz = 0
2 r
verificare se soddisfa la continuit e la N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione e
confrontare con Bernoulli.
Esercizio 5.14
Un vortice a spirale definito da un campo di velocit (coordinate cilindriche):
Q
Vr = ; V = ; Vz = 0
2 r 2 r
verificare se soddisfa la continuit e la N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione.
Verificare se il campo potenziale e se Bernoulli applicabile
Esercizio 5.15
Considerare un anello vorticoso di raggio R e determinare le velocit indotte sull'asse.
Esercizio 5.16*
Un vortice sferico di Hill definito da un campo di velocit (coordinate cilindriche):
rz z r
2 2
Vr = U ; V = 0 ; Vz = U 1 2
R2 R R
verificare se soddisfa la continuit e la N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione.
Esercizio 5.17*
Un vortice alla Oseen definito da un campo di velocit (coordinate cilindriche, campo instazionario):
r 2
Vr = 0 ; V = 1 exp
; Vz = 0
2 r 4 t
5.23
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Esercizio 5.18*
Un vortice alla Taylor definito da un campo di velocit (coordinate cilindriche, campo instazionario):
Hr r2
Vr = 0 ; V = exp ; Vz = 0
8t 2 4 t
verificare se soddisfa la continuit e la N-S- e le dimensioni di H.
In caso affermativo determinare il campo di pressione e il tempo per il decadimento della massima velocit
del 10%
Esercizio 5.19*
Derivare il campo di velocit per il vortice di Oseen come integrale dell'equazione della vorticit ipotizzando
=(r,t).
+ r
Sugg. poni: =(k/t) f(), =r/(t)1/2, = 2 r dr , (r V ) = r dr
0
Esercizio 5.20**
2
Risolvere l'equazione (piano cartesiano) = 2 per trovare il decadimento di una linea vorticosa
t y
infinita che si estende lungo l'asse y, e che separa una regione con velocit U dall'altra con velocit U, per
ritrovare il risultato:
+
U y2 y
=
t
exp
4 t
, u ( y, t ) =
dy = U erf
t
U y
Sugg. assumi: = f () , =
t t
Esercizio 5.21*
Dato il campo di velocit dell' "innominabile" : u=2xz , w = 1 z2 + x2
trovare se soddisfa la N-S e se potenziale, ed in caso affermativo trovare il campo di pressione e capire cosa
pu rappresentare.
P.S. L' innominabile il sottoscritto che da studente, nel risolvere il vortice di Hill, fece l'errore imperdonabile di considerare
coordinate cartesiane invece di quelle cilindriche; non riuscendo a risolverlo, pens che vi fosse un errore (cosa possibile ma, in
genere, improbabile) e costru, nel piano cartesiano un campo che gli facesse pi comodo.
Esercizio 5.22**
1 2 y
Verificare che la soluzione u (y, t ) = U 1 exp d
=
4 t
0
rappresenta il campo di velocit su di una lastra piana infinita che accelera istantaneamente a t=0+ da 0 a U
Esercizio 5.23**
Verificare che la soluzione u (y, t ) = U exp cos t y
2 2
rappresenta il campo (stazionario) di velocit su di una lastra piana infinita che oscilla con legge
: u (0, t ) = U cos ( t )
Sugg. assumere (Schlicting) : u (y, t ) = U F(y ) cos ( t f (y )) e verificare che deve essere f(y)= y
5.24
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
t (r V ) dV + n (r V )V dS = T o (5.117)
V S
I momenti a destra dellequazione sono dovuti ai momenti delle forze esterne considerate nel bilancio della
quantit di moto, pi un momento torcente eventualmente presente nel Volume di Controllo derivante da un
meccanismo ruotante (Tshaft):
T = r F = r ( np + n ) dS + (r g ) dV + T
o shaft (5.118)
S V
Considereremo quindi:
R
To = rF= S
r n p dS +
S
r (n ) dS + (r g ) dV
V
(5.119) G
r
Prima di procedere alla riduzione di tutti i termine ad un singolo integrale di volume,
Ro
consideriamo il raggio vettore r, che va da un polo O alla posizione della generica
particella fluida come somma del raggio vettore Ro=OG (che va dal polo O al
O
baricentro G della particella) e del vettore R che va dal baricentro G alla posizione
della particella:
r = Ro + R (5.120)
In questo caso, poich Ro fisso (Memento il volume di controllo fisso!) lequazione si pu scindere in due
termini:
Ro
t
(V ) dV + R o n (V )V dS R o F =
V S
(5.121)
=
t
(R V ) dV + n (R V )V dS R F
V S
E agevole notare che il termine a sinistra di questa equazione altro non che il bilancio della quantit di
moto moltiplicato vettorialmente per il vettore Ro, per cui identicamente nullo.
Ci si riduce, quindi, allanalisi dellequazione:
5.25
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
t (R V ) dV +
n (R V )V dS =
S
V
(5.122)
= S
(R n )p dS +
S
R (n ) dS + (R g ) dV
V
t (R V ) dV + S
n (R V )V dS =
V
(5.123)
=
S
(n R )p dS +
S
n ( R ) dS + (R g ) dV
V
t (R V ) dV + (R V )V dV =
V V
(5.124)
=
V
( R )p dV + V
( R ) dV + (R g ) dV
V
Notiamo che il vettore R la distanza della particella rispetto al baricentro e che la direzione
dellaccelerazione di campo g costante, per cui i termini relativi alla pressione ed allaccelerazione si
annullano (attesa la definizione di baricentro) sicch resta:
t (R V ) dV + (R V )V dV = ( R ) dV (5.125)
V V V
ovvero:
DH g
dV = n ( R ) dS (5.126)
V
Dt S
yx
Dove Hg il momento della Quantit di moto rispetto al y yx +
dy
n=j
y
baricentro.
xy
Preferiamo ora fare unanalisi fisica, piuttosto che una vettoriale. xy + dx
x
Considereremo un bilancio rispetto allasse z per una particella
n=-i
elementare di volume [dx dy dz], facendo riferimento alla figura dy
n=i
xy
DH g
k ( R ) S.j
x
Dt
V = M G , =
Sj
(5.127) n=-j yx
S
dx
La variazione del momento elementare della quantit di moto :
d (dH G ,z ) d 2 2
2 d
2
2 d dx 2 + dy 2 d 2
= dI G ,z = dM h G , z = dV h G , z = (dx dy dz )
2
dt (5.128)
dt dt 2 dt 2 dt 2 12
Il Momento derivante dal tensore degli sforzi sulle quattro facce (notare i segni assunti per gli sforzi xy e
per lanomalia ):
5.26
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
[
dM G , = yx dxdz ] dy2 + xy +
xy
x
dx
dx dydz yx +
yx
y
dy
dy dydz + xy dydz
dx
[ ] (5.129)
2 2 2
Eguagliando la variazione del momento elementare della quantit di moto al Momento derivante dal tensore
degli sforzi sulle quattro facce, e dividendo per il volume elementare (dx dy dz) si ricava:
( ) yx 1 1 xy 1 1 yx xy
2
1 d
dx 2 + dy 2 2 = = + xy + dx yx + dy + (5.130)
12 dt 2 2 2 x 2 2 y 2
Se facciamo tendere il volume a zero, dx e dy tenderanno a zero, e quindi, escludendo la possibilit che si
realizzi una accelerazione angolare infinita, si ricava:
0 = yx + xy (5.131)
ovvero
yx = xy (5.132)
Facendo lo stesso ragionamento per lequilibrio alla rotazione rispetto agli assi y ed x, si ricava ovviamente
che:
zx = xz ; zy = yz (5.133)
ne discende che, se non vi sono momenti derivanti da coppie interne, lequazione differenziale di bilancio del
momento della quantit di moto fornisce come risultato che il tensore degli sforzi deve essere simmetrico.
Tanto rumore per nulla !
La simmetria di era stata implicitamente assunta nel modello di fluido newtoniano!
[ ( )] (( ))
V
t
u + 12 V 2 + gz dV +
S
n h + 12 V 2 + gz V dS = Q W mecc W visc (5.134)
Pensando di applicare tale bilancio ad un volume elementare difficile immaginare un sistema capace di
scambiare potenza meccanica con una particella infinitesimale, per cui porremo certamente Wmecc =0.
Assumeremo inoltre che lo scambio di energia, dallambiente alla particella, sotto forma di calore, venga
realizzato attraverso le superfici della particella mediante dei flussi di energia termica:
Q= n j dS
S
q
(5.137)
5.27
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
(nota: il segno meno deriva dal fatto che il versore n diretto verso lesterno, mentre la potenza termica
assunta positiva se va verso linterno!).
Ricordiamo infine che il lavoro fatto dagli sforzi viscosi :
W visc = (n ) V dS
S
(5.138)
Si ricava, quindi:
( e)
t
dV + n (H V ) dS = (n j )dS + n f
q v dS (5.139)
V S S S
Procedendo come al solito, usando il teorema della divergenza di Gauss, e considerando il volume
arbitrariamente piccolo, risulta:
( e )
+ (H V ) = jq + ( V ) (5.140)
t
e = u + 12 V 2 + gz (5.141)
2
H = u + p/ + V /2+gz = e + p/ (5.142)
( e )
+ (eV ) = (p V ) jq + ( V ) (5.143)
t
D(e )
= (p V ) jq + ( V ) (5.144)
Dt
La relazione fenomenologica pi comune per il flusso di calore data dal modello di fluido di Fourier:
jq = T (5.145)
Il numero di Prandtl per i gas varia poco con la temperatura, mentre diminuisce di
molto allaumentare della temperatura per i liquidi.
In condizioni ambiente, per laria Pr=0.72, per lacqua Pr=7.
Da che ne discende:
per laria a 15C aria=0.0242 [j/(m s K)];
5.28
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
In definitiva, per fluidi fourieriani ( costante), lequazione differenziale di bilancio dellenergia totale
e = u + 12 V 2 + gz :
D(e )
= 2 T + ( p V + V ) (5.146)
Dt
Idem est: l'energia totale varia a causa di flussi di calore e del lavoro di tutte le forze superficiali (di pressione
e viscose).
p
Sommiamo a destra e a sinistra della prima forma di energia totale (5.140), il termine , e notiamo che:
t
(e ) p
t
+
t t
t
p
t
[(
= (e + p ) = u + 12 V 2 + gz + = h + 12 V 2 + gz = [H ]
t
)] (5.147)
Ovviamente, usando lequazione di continuit (come fatto per lequazione della quantit di moto) si pu
ritrovare la forma (non conservativa) dellequazione differenziale di bilancio per lentalpia totale
H = h + 12 V 2 + gz :
DH p
= jq + ( V ) (5.149)
Dt t
che in pratica ci dice che lentalpia totale associata al moto di una particella, in condizioni stazionarie
(d/dt=0) varia soltanto a causa di scambi di calore o per cause viscose.
Una forma pi usata di questa equazione, deriva dalluso della identit vettoriale:
( V ) = ( ) V + : ( V ) = ( ) V + 2
t
(5.150)
lavoro fatto dal
risultante degli dissipazione
sforzi viscosi
che esplicita lo scalare ( V ) come somma del lavoro del risultante degli sforzi viscosi: ( ) V e
della funzione di dissipazione: 2 = : ( V ) = 2 So : So .
t
Nota: il doppio prodotto scalare tra la diade V ed il tensore degli sforzi (in quanto simmetrici:
somma dei prodotti delle componenti) e la definizione del loro prodotto come funzione di
dissipazione (necessariamente positiva) 2.
5.29
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
2 = : ( V ) =
u 2 v
2
w v u v w w u
2 2 2 2 (5.151)
= 2 + 2 + 2 + + + + + +
x y z x y z y x z
p
+ (T ) + ( ) V +
DH
= 2 (5.152)
Dt t lavoro dissipazione
variazione termine trasmissione risultante
entalpia instazionario del calore viscosa
sforzi viscosi
totale di pressione
Ovvero se costante:
DH p
= + 2 T + ( ) V + 2 (5.153)
Dt t
Lequazione di bilancio per lenergia interna si ottiene sottraendo allequazione per lenergia totale quelle
per lenergia cinetica e per lenergia potenziale.
Consideriamo lequazione (vettoriale) per la quantit di moto:
DV
= p + + g (5.154)
Dt
(
D V2 2 )
= V p + V ( ) + V g ( ) (5.155)
Dt
V ( ) =
(
D V2 2 )
+ V p V g ( ) (5.156)
Dt
DH p
=
D V2 2
+ 2 T +
( )
+ V p V g + 2 ( ) (5.157)
Dt t Dt
D(gz ) (gz )
Dt
=
t
(
V g = V g ) ( ) (5.158)
=0
in pratica lenergia potenziale di una particella aumenta nel tempo se la particella si sposta con una velocit avente componente nella
direzione opposta a quella dellaccelerazione di gravit
Raggruppando si ottiene:
5.30
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
DH Dp
D V2 2 (
)
D(gz )
= + 2 T + 2 (5.159)
Dt Dt Dt Dt
ma notando che:
D(p ) 1 Dp p D 1 Dp p
= 2 = + ( V ) (5.160)
Dt Dt Dt continuit
memo Dt
da cui
Dp D(p )
= p ( V ) (5.161)
Dt Dt
Du
= p( V ) + 2 T + 2 (5.163)
Dt
Di solito questa equazione viene scritta in termini della temperatura u=cvT, per cui risulta per cv=costante e
moto incompressibile:
DT
cv = 2 T + 2 (5.164)
Dt
Nota bene: questa lequazione di bilancio per lenergia interna espressa in funzione della
temperature: non lequazione di bilancio della temperatura (che essendo una grandezza intensiva
non si pu bilanciare)
Considerando la
DH Dp
D V2 2 (
)
D(gz )
= + 2 T + 2 (5.165)
Dt Dt Dt Dt
scritta come:
DH
D V2 2
( )
D(gz ) Dp
= + 2 T + 2 (5.166)
Dt Dt Dt Dt
e ricordando che H 12 V 2 g z = h si ricava immediatamente lequazione di bilancio per
lentalpia termodinamica h:
Dh Dp
= + 2 T + 2 (5.167)
Dt Dt
DT Dp
c p = + 2 T + 2 (5.168)
Dt Dt
5.31
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
T
flusso termico normale di parete fissato: jq , n , w = = noto
n w
T
condizioni miste (o alla Robin): a Tw + b = noto
n w
=^=^=^=^=^=^=
Esercizio 5.22
Per un flusso incompressibile stazionario laminare di un fluido in un tubo cilindrico si ricava una
r 2
distribuzione di velocit del tipo: Vz = U 1 , Vr = 0 , V = 0
R
Se la parete a temperatura costante, Tw, determinare lespressione per la T(r).
[ T(r)=Tw+(1-(r/R)4) (U2/(4)) ]
Assumiamo:
= 2 T + ( pV + V )
De
Energia totale: e = u + 12 V 2 + gz (5.169)
Dt
DH p
Entalpia totale: H = h + 12 V 2 + gz = + 2 T + V ( ) + 2 (5.170)
Dt t
Du
Energia interna: u=cvT = p( V ) + 2 T + 2 (5.171)
Dt
Dh Dp
Entalpia termodinamica: h=cpT = + 2 T + 2 (5.172)
Dt Dt
5.32
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Energia cinetica:V2/2
(
D V2 2 )
= V p + V ( ) + V g ( ) (5.173)
Dt
D(gz )
Energia potenziale: (gz)
Dt
(
= V g ) (5.174)
1
T ds = du + p d (5.175)
pu essere estesa, sotto lipotesi di equilibrio evolutivo, al piano fisico (termo-fluidodinamico) permutando
loperatore differenziale, con operatori differenziali fisici, quali ad esempio la derivata particellare:
Ds Du D 1
T = +p (5.176)
Dt Dt Dt
Se ne ricava che lequazione differenziale di bilancio dellentropia collegata alle equazioni differenziali
dellenergia interna ed alla continuit:
Ds Du D 1 Du D Du
T = + p = 2 p = + p ( V ) (5.177)
Dt Dt Dt Dt Dt Dt
Ds
T = p( V ) + 2 T + 2 + p ( V ) (5.178)
Dt
ovvero:
Ds
T = 2 T + 2 (5.179)
Dt potenza dissipazio
viscosa
ne
termica
Ds Q
(5.180)
Dt T
Ovviamente si ricava che lentropia di una particella varia (per unit di volume) a causa di scambi termici e
per dissipazione viscosa.
5.33
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Consideriamo l'equazione del moto, che per un moto viscoso si scrive (sotto l'ipotesi di Stokes e di propriet
costanti) come:
DV
= p + + g (5.181)
Dt
Nel caso in cui non vi sia moto (condizioni statiche ) sar ovviamente V=0 ; =0 (dipendendo il tensore degli
sforzi dal gradiente della velocit); il campo di pressione che ne deriva :
0 = p h + o g (5.182)
dove il pedice "h" indica pressione idrostatica, ed il pedice "o" indica la densit in condizioni statiche.
Tale equazione detta idrostatica consente, come visto, di calcolare gli effetti ed i campi
idrostatici, tra cui la spinta idrostatica su corpi (i.e. spinta archimediana)
Sottraendo lequazione idrostatica dalla Navier-Stokes si otterr:
DV
= (p p h ) + + ( o )g (5.183)
Dt
Ovvero indicando:
p' = p p h = supero di pressione (dovuto al moto) rispetto a quella idrostatica
= o = supero di densit (dovuto al moto) rispetto a quella idrostatica
si ottiene:
DV
= p'+ + g (5.184)
Dt
La soluzione di problemi di fluidodinamica fatta con questa equazione determiner soltanto gli effetti
derivanti direttamente dal moto relativo : i.e. gli effetti dinamici.
+ (V ) = 0
t
DV (5.185)
= p'+ + g
Dt
Du
= p ( V ) + (T ) + 2
Dt
Per tali moti, le variazioni della densit possono derivare o dalla compressibilit del mezzo o da cause
termiche, per cui considerando = (p,T) si pu calcolare la come:
(p, T ) = p + T (5.186)
p T
Ma se consideriamo velocit basse rispetto a quella del suono(M2<<1) abbiamo dimostrato che la variazione
della densit dovuta alla variazione di pressione piccola p V 2 ; = 1 2 V 2 2 = M 2 per
p a a
cui risulta:
5.34
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
1
T = o T = o T (5.187)
T o T p
dove denota il coefficiente di espansione termica del fluido. (per un gas piuccheperfetto =1/T)
Ne segue che, in tali ipotesi (M2<<1) , se gli effetti degli scambi termici sulla densit non sono trascurabili e
se si trascurano le variazioni della densit nell'equazione di continuit, in quella dell'energia, e nel termine di
accelerazione della quantit di moto vale l ipotesi di Boussinesque che tiene conto della variazione della
densit soltanto nel termine di galleggiamento,
Le equazioni di campo, per fluidi fourieriani, sono sotto questa ipotesi:
V = 0
DV
o = p' + o T g (5.188)
Dt
DT
o c v = 2T + 2
Dt
5.35
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale
Le equazioni di bilancio in forma differenziale si ricavano (semplicemente) dalle relative forme integrali
riducendone lapplicazione ad un volume materiale finitesimo.
Richiamando il teorema del trasporto di Reynolds e quello della divergenza di Gauss si ottiene una unica
forma integrale [posta tutta sotto il segno di un solo integrale di volume]. Nel fare il limite del Volume a
quello particellare (generico) ne discende che lintegrando deve essere necessariamente nullo: si ottiene cos
la forma generalizzata delle equazioni di bilancio in forma differenziale.
Si ricavano quindi:
Lequazione di continuit (conservazione della massa): da cui discende lesistenza di una funzione
potenziale scalare chiamata funzione di corrente, con le relative propriet,
Le equazioni di bilancio della quantit di moto in forma differenziale con/senza termine viscoso, con
grande enfasi e discussione delle relazioni fenomenologiche per il tensore degli sforzi che, per il
modello Newtoniano di fluido, deve essere collegato linearmente alla parte deviatorica del tensore
velocit di deformazione,
Lequazione della vorticit in forma differenziale che viene discussa parallelamente alla equazione di
Navier-Stokes per sottolineare il collegamento tra la produzione/trasporto/diffusione della vorticit e
gli sforzi viscosi. Si ricavano i teoremi sui vortici, cenni sulla dinamica della vorticit, la velocit
indotta da un volume vorticoso con la risoluzione analitica dellequazione vettoriale di Poisson per la
vorticit, e quindi il concetto di filamento vorticoso e la formula di Biot-Savart per un vortice
rettilineo.
Lequazione di bilancio del momento della quantit di moto in forma differenziale viene richiamata
soltanto per dimostrare che per fluidi non-micropolari il tensore degli sforzi deve essere simmetrico.
Dell equazioni di bilancio dellenergia in forma differenziale vengono derivate le varie forme:
energia totale
entalpia totale
energia interna
entalpia termodinamica
energia cinetica
energia potenziale
di conseguenza si discutono le relazioni fenomenologiche per il flusso di calore e si ricava
lequazione dellentropia
Il capitolo si conclude con la discussione della separazione delle azioni dinamiche da quelle idrostatiche
presenti in assenza di moto] e le conseguenti approssimazioni di Boussinesque per i fenomeni di
galleggiamento.
5.36
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Capitolo 6
6.1
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
6.1 GENERALIT
L'analisi dimensionale, essenzialmente, un metodo per ridurre il numero e la complessit delle variabili che
influenzano un problema fisico, usando una sorta di compattamento logico.
Ma ha inoltre molti altri benefici:
1. riduce di molto il numero di esperimenti o di simulazioni numeriche necessari per definire una
fenomenologia e le sue dipendenze,
2. aiuta nel pianificare il piano di prove,
3. fornisce le leggi di scala per la similitudine e per la teoria dei modelli,
4. fornisce i criteri per la semplificazione delle equazioni da risolvere e per la determinazione "a
priori" dei vari regimi di moto.
Questo reca molti vantaggi pratici: supponiamo ad esempio che vogliamo determinare la relazione generale
per la resistenza di un corpo immerso in una corrente fluida (ad esempio una sfera). Il regime di moto
stazionario ed incomprimibile, per cui pensiamo che tale forza FD dipenda soltanto da una lunghezza
caratteristica del corpo L (ad esempio il diametro D della sfera), dalla velocit V, dalla densit del fluido , e
dalla viscosit del fluido , per cui risulta n=5.
In pratica stiamo dicendo che supponiamo una dipendenza funzionale del tipo: FD = f (L,V, , )
Se vogliamo determinare la relazione f (L,V, , ), sperimentalmente o numericamente, ed assumiamo che.
per tracciare una curva in modo accurato occorrono almeno 10 punti, ricaviamo che per ottenere la
rappresentazione della funzione f (L,V, , ) dobbiamo effettuare 10 prove facendo variare il diametro della
sfera D, 10 prove facendo variare V, 10 prove facendo variare , 10 prove facendo variare , cio un totale
di 104 prove ovvero 10000 prove.
Pensando di effettuare 10 prove al giorno occorrono 1000 giorni (troppo tempo, senza contare il costo).
L'analisi dimensionale riduce la dipendenza della forza dalle 4 variabili, facendo uso di una relazione
adimensionale dove la forza opportunamente adimensionalizzata CD dipende da una ulteriore sola variabile
adimensionale (in questo caso infatti la temperatura non variabile fondamentale sicch, p = 3 per cui n -
p = 5 - 3 = 2):
F FD VD
CD = 1 D 2 = 1 = g = g (Re D ) (6.1)
(
2
2 V S 2 V 4 D
2
)
dove:
CD il coefficiente di (forza) resistenza .
ReD il numero di Reynolds riferito al diametro.
Ovviamente la determinazione della relazione CD=g (ReD) necessiter dei soliti 10 punti che saranno
determinati con dieci prove che potranno essere pianificate, in modo intelligente, facendo variare per ogni
prova le variabili (L,V,,) in modo da realizzare 10 valori del numero di Reynolds opportunamente
differenziati e scalati. (Nota: per variare Re basta cambiare la velocit in un tunnel a vento o in una galleria
ad acqua).
6.2
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Poich non costruiremo un prototipo (pedice prot) del super Jumbo per vedere alla prima prova in volo che
la superficie alare non sufficiente per il suo decollo, programmeremo durante la fase di progetto delle prove
in galleria su un modello (pedice mod) con il quale ritroveremo la relazione per la resistenza D del modello
:CDmod=g (ReLmod).
Se il numero di Reynolds del modello Remod sar pari a quello del prototipo Reprot , necessariamente saranno
pari i coefficienti di forza CDmod = CDprot , e dalla loro definizione discende:
F F
= 1 (6.2)
V S
2 2
prototipo 2 V S mod ello
1
2
da cui:
2 2 2
Fprot prot Vprot S prot prot Vprot D prot
=
V S
=
D
(6.3)
Fmod mod mod mod mod Vmod mod
Questa relazione definisce la legge di scala per la similitudine, ad.es. : se il modello in galleria in scala
1:10 del prototipo, per ottenere la stessa forza si deve avere in galleria:
Con la stessa densit del fluido di volo necessita una velocit 10 volte maggiore,
Con la stessa velocit necessita una densit 100 volte maggiore,
Con una velocit del modello pari ad 1/10 di quella del prototipo necessita una densit del fluido in
galleria 1000 volte maggiori (i.e. acqua),
ovvero ogni altra combinazione che realizzi lo stesso Re.
Esercizio 6.1
Si desidera calcolare la resistenza di un crostaceo microscopico di 1 mm. di diametro che nuota in acqua di
lago.
Si prova con un modello 100 volte pi grosso, messo in galleria (glicerina) a V=30 m/s a 20C, si ritrova
una forza resistente pari a 1.3 N.
Quali sono le condizioni similari per il prototipo? Risp. Vp=2.53 cm/s, Fp=7.31 10-7 N
Storicamente il primo a parlare di unit e dimensioni in merito a relazioni fisiche fu Eulero (1765), mentre
Fourier (1822) nel suo libro sulla "Teoria analitica del calore" parl di omogeneit dimensionale e svilupp
delle leggi di similitudine per il calore.
Ma fu Sir John William Strutt, meglio noto come Lord Rayleigh [premio Nobel per la fisica nel 1904] che
nel suo libro sulla "Teoria del Suono", (1877) propose esplicitamente in metodo di analisi delle dimensioni e
fece alcuni esempi di analisi dimensionale.
La prima razionalizzazione del metodo attribuita a Buckingham (1914), che pubblic quello che ora
chiamato Teorema (PI) di Buckingham per determinare i parametri adimensionali.
Il Principio di Omogeneit Dimensionale (POD, in inglese PDH) un assioma della fisica che dice:
una equazione che rappresenta una valida relazione tra le variabili in un processo fisico
deve essere dimensionalmente omogenea,
i.e. ogni termine additivo di una equazione deve avere le stesse dimensioni fisiche
6.3
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
In pratica in una equazione fisica non si possono sommare termini che rappresentano
rispettivamente patate, maiali ed accelerazioni.
Questo consiglia vivamente l'uso di un consistente set di unit per determinare il risultato.
Ovviamente se si divide l'espressione per una grandezza di riferimento che ha le dimensioni dell'equazione,
si otterr una equazione adimensionale.
Ad esempio per il corpo in caduta libera, dividendo per so si ha:
2
s V t 1g t
= 1+ o + 2 (6.4)
so so so
1gs *2
S* = 1 + t * + 2o t
(6.6)
2 Vo
in questo caso il fenomeno, espresso in forma adimensionale dipender esclusivamente dal numero
adimensionale g so che una forma del cosiddetto numero di Froude (sar definito tra
= 1 / Fr
V2
o
poco).
E' chiaro che si potrebbe usare un'altra adimensionalizzazione, ad esempio usando:
gs gt
S** = ; t ** = (6.7)
Vo2 Vo
si ottiene la forma adimensionale:
gs 1 2
S** = 2o + t ** + t ** (6.8)
Vo 2
6.4
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p + 12 V 2 = p o + 12 Vo2 (6.9)
si vede che:
p 1
V2 1
Vo2
+ 2
= 1+ 2
(6.10)
po po po
relazione poco significativa.
dalla velocit:
2
V
C p = 1 (6.14)
Vo
6.5
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Formulato nel 1914, usa il simbolo della produttoria [comune tra i matematici] in quanto i gruppi
adimensionali trovati con questo teorema sono prodotti di gruppi adimensionali, 1, 2, ecc..., elevati a
determinate potenze.
Il teorema espresso in due parti:
se una espressione che descrive processo fisico (che deve soddisfare la omogeneit dimensionale)
coinvolge n variabili dimensionali, questa pu essere ridotta ad una relazione di solo k gruppi
adimensionali di variabili (k). La riduzione p = n - k pari al massimo numero p di variabili
che non formano un gruppo adimensionale tra di loro, p sempre minore od eguale al numero di
dimensioni che descrivono le variabili in gioco.
Passo 1: scrivere la funzione e contare le variabili: nella F = f (L, V, , ) vi sono 5 variabili (n=5)
Passo 3: trovare k: Poich nessuna delle variabili contiene la dimensione della temperatura , p minore o
uguale a 3 tra {M L T}. Poich L, V, non possono fisicamente formare un gruppo
adimensionale, poniamo p = 3 per cui k = n - p = 5 - 3 = 2
Il teorema garantisce che esisteranno 2 gruppi adimensionali (1) e (2)
Passo 5: combinare L, V, pi una variabile addizionale (in due sequenze perch k=2) per trovare i due
gruppi adimensionali (1) e (2)
massa c +1 =0
Eguagliando le potenze:
lunghezza a + b -3c +1 =0
tempo -b -2 =0
Si trova la soluzione: a = -2 b = -2 c = -1
6.6
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F
Il gruppo adimensionale : 1 = L 2V 21F = CF i.d. il coefficiente di forza
V 2L2
Si trova la soluzione: a = -1 b = -1 c = -1
1
Il gruppo adimensionale : 2 = L1V 1 1 = i.d. l'inverso del numero di
VL Re L
Reynolds
F VL
Passo 6 Scrivere le relazioni funzionali tra i due gruppi adimensionali: CF = = g = g(Re L )
2
V S
Da notare che i numeri adimensionali dipendono da scelte fatte durante l'adimensionalizzazione. Ad esempio
scelte differenti nell'esempio precedente potrebbero portare a relazioni del tipo:
F F L2 VL
C *F = = = g * = g *(Re L )
VL V L
che rapporta la forza per unit di superficie F/L2 ad uno sforzo viscoso V/L. Ovviamente niente di nuovo
sotto il solo se si considera che:
F F VL VL
C *F = = = C F = C F Re L
VL V L
2 2
E' molto simile al metodo di Buckingham, ma, in pratica, risolve il sistema di equazioni per le potenze con
una tecnica di eliminazione.
Meglio descriverlo applicandolo allo stesso esempio fatto precedentemente per la resistenza della sfera:
F = f ( , V, D, )
Dopo aver usato il teorema di Buckingham per determinare il numero dei gruppi adimensionali, si formi una
matrice nelle cui righe vi sono gli esponenti dimensionali delle variabili in gioco:
6.7
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
M L T
1 -1 -1
1 -3 0
V 0 1 -1
D 0 1 0
F 1 1 -2
Scegliamo la colonna pi semplice (in questo caso la prima che corrisponde agli indici dimensionali relativi
alla massa). Esponenti non-nulli risultano per la viscosit , la densit e la forza F. Pensiamo di
rapportare le variabili rispetto ad una, ad esempio, dividiamo la viscosit , e la forza F per la densit
(ovviamente la divisione porter la sottrazione delle potenze). Ne deriva:
M L T
/ 0 2 -1
1 -3 0
V 0 1 -1
D 0 1 0
F/ 0 4 -2
Notiamo che soltanto la densit ha tra le dimensioni la massa, per cui possiamo eliminare la riga
corrispondente alla densit (perch questa non pu concorrere a formare gruppi adimensionali con le altre
variabili rimaste) e ovviamente non considereremo pi la colonna corrispondente alla Massa:
L T
/ 2 -1
V 1 -1
D 1 0
F/ 4 -2
Operando come prima, ed osservando la seconda colonna rapportiamo la riga della velocit V, rispetto alla
prima riga (/):
L T
/ 2 -1
V/ -1 0
D 1 0
F/ 2 -1
Per eliminare la colonna del tempo dividiamo la quarta riga per la prima:
L T
/ 2 -1
V/ -1 0
D 1 0
2
F/ 0 0
Per quanto detto precedentemente possiamo eliminare la colonna del tempo che non nulla soltanto per la
prima riga, che quindi non sar pi considerata, perch non pu pi concorrere a formare numeri
adimensionali con le quantit che compaiono nelle altre righe:
L
V/ -1
6.8
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
D 1
2
F/ 0
2
Lo 0 in terza riga significa che la quantit 1 = F/ il primo numero adimensionale.
Moltiplicando la prima riga per la seconda riga:
L
VD/ 0
D 1
2
F/ 0
Si ottiene il secondo numero adimensionale: 2 = VD/ che coincide con il numero di Reynolds.
Notare che il CF si ottiene dividendo 1 per il quadrato di 2.
Esercizio 6.2
A basse velocit la portata di volume Q attraverso un tubo di piccolo diametro (regime laminare) funzione
solo del raggio del tubo "R", della viscosit del fluido "", e del gradiente di pressione "dp/dx".
Derivare la relazione Q = f( R, , dp/dx) in termini adimensionali Risp. Q /(r4 dp/dx) = costante (che vedremo vale /8)
Esercizio 6.3
La velocit C delle onde gravitazionali sul mare supposta essere funzione della densit , della profondit
h, dell'altezza dell'onda e dell'accelerazione di gravit g.
Derivare la relazione C = f( , h, , g) in termini adimensionali.
C 1 2h
Risp: = g(h ) la teoria mostra che g(h ) = tanh
g 2
Determinare se stata fatta qualche assunzione sbagliata
Risp. La densit non compare, quindi non pu influenzare la velocit delle onde
Esercizio 6.4
Quando si getta un sassolino nello stagno si generano delle onde di piccola lunghezza cosiddette capillari,
(ripples) la cui velocit di propagazione dipende dalla densit del liquido , dalla tensione superficiale , e
dalla lunghezza d'onda .
c
Derivare la relazione c = f ( , , ) in termini adimensionali. Risp. = cos t.
( )
6.5 INCONGRUENZE
Uno dei vantaggi della rappresentazione adimensionale di un fenomeno il fatto che la soluzione valida in
ogni sistema di misura purch coerente. Ad esempio il coefficiente di resistenza della sfera (caso oramai
famoso) CD, per bassi Re (moti alla Stokes, Re < 1) data dalla relazione teorica:
F 24
CD = =
1
2
(
V 2 4 D 2
) Re D
(6.15)
24 3
CD = 1 + Re D (6.16)
Re D 16
6.9
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Trattandosi di relazioni adimensionali le (6.15) e (6.16) valgono sia nel Sistema Internazionale che nel
sistema BG.
Non cos accade con alcune formule in cui compaiono coefficienti che, per rispettare il principio di
omogeneit dimensionale, devono essere dimensionali e quindi cambiano rispetto al sistema di unit usato.
Molte di queste formule compaiono in problemi di idraulica:
V = (1.49 n ) R 2h / 3 S1 / 2
dove n un numero che dipende dalla scabrosit, Rh il raggio idraulico ed S la pendenza del
canale.
Tale formula non formalmente dimensionale e la costante 1.49 non adimensionale (dipende dal
sistema di riferimento. Tale infatti formula valida soltanto in unit anglosassoni.
formula molto usata negli USA; anche in questo caso la costante 61.9 dimensionale.
Infine vi sono addirittura delle formule usate in ingegneria che non possono essere omogenee
dimensionalmente, ad esempio:
25000
la relazione tra la durezza Brinnell, B, e la durezza Rockwell, R, dei metalli: B =
100 R
140
la conversione del peso specifico di un olio, S, alla "densit API": S=
130 + API
la conversione per la viscosit dei liquidi dai "gradi Engler, DE", ai "secondi Saybolt tR":
3.74 172
0.0147D E = 0.26t R
DE tR
sono tutte relazioni utili tra specialisti, che non hanno niente a che fare con la dimensionalit.
L'adimensionalizzazione delle equazioni del moto oltre a generalizzare la validit di applicazione della
soluzione, fornisce anche, attraverso l'ordine di grandezza dei gruppi adimensionali che vengono a
moltiplicare i vari termini, delle linee guida per decidere sulla piccolezza di certi termini rispetto ad altri e
quindi sulle semplificazioni delle equazioni stesse; il tutto esclusivamente in base a dati noti, cio con
considerazioni a priori [in essenza: il Metodo degli Ordini di Grandezza, O.M.A. di Napolitano]
Consideriamo ad esempio le equazioni che si applicano ad un flusso incompressibile =costante con
viscosit e conducibilit termica costanti:
continuit V = 0 (6.17)
V o g
equilibrio o + V V = p + 2 V + (6.18)
t o T g
T
energia interna oc v + V T = 2 T + (6.19)
t
6.10
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u 2 y
2
w v u w v u w
2 2 2 2
= 2 S : S = 2 + 2 + 2 + + + + + + (6.20)
x y z x y y z z x
su superfici solide:
velocit (no-slip): V=0 (6.21)
T= Tw assegnata
temperatura: T 1 (6.22)
n = q c assegnata
su ingresso/uscita
V T
Noti: V ; p ; T (6.23)
n n
su superfici libere (z=)
d
w= (6.24)
dt
1 1
p = pa + (6.25)
Rx Ry
Le prime due equazioni contengono variabili con dimensioni esprimibili in termini di Massa, Lunghezza,
Tempo, per l'equazione dell'energia occorre aggiungere, alle tre dimensioni base, la temperatura.
Per cui le prime due equazioni possono essere adimensionalizzate usando un tempo di riferimento t0, una
densit (supposta costante), una velocit di riferimento, Vo , (che pu essere la velocit di avanzamento o
quella asintotica), una lunghezza di riferimento, L (che pu essere la corda del profilo o il diametro
equivalente di un corpo tozzo o di un condotto), una temperatura di riferimento, To , ed una differenza di
temperatura di riferimento, To .
Nota:
stiamo implicitamente considerando che la velocit di riferimento e la lunghezza di riferimento sono le
stesse per tutte le direzioni, consideriamo cio condizioni di isotropia. Questo porter per flussi veloci
ad un paradosso, assenza di portanza e resistenza, paradosso che sar superato con
adimensionalizzazioni diverse per le componenti normali e tangenziali, da cui scaturisce il concetto di
strato limite con le derivanti equazioni approssimate (equazioni di Prandtl)
i casi (e sono molti) in cui non esistono, a priori, informazioni capaci di definire tutte queste grandezze
di riferimento saranno considerati in seguito.
t x y z
t* = ; x* = ; y* = ; z* =
to Lo Lo Lo
(6.26)
* V p T To
V = ; p* = ; = i.e. T = To + To
Vo o Vo2 To
Essendo le grandezze di riferimento costanti, possono essere scambiate con le derivazioni, ad es.:
6.11
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( )
u u * Vo Vo u *
=
( )
x x *L L x
*
(6.27)
Possiamo procedere a sostituire le variabili nelle equazioni che saranno la somma di vari termini composti
ognuno come prodotto di un gruppo adimensionale e di un gruppo dimensionale, contenuto tra parentesi
quadre [.], che contiene le grandezze di riferimento.
Per adimensionalizzare le equazioni occorre dividere tutti i termini per uno dei gruppi dimensionali che
compare nell'equazione; poich stiamo studiando la fluidodinamica, sembra logico dividere per il gruppo
dimensionale relativo al termine convettivo.
* *
continuit V = 0 (6.28)
gL
2 k g
L V* * * * * * * 2 * Vo
equilibrio * + V V = p + V + (6.29)
t o Vo t Vo L o To gL
V 2 k g
o
L *2 Vo *
energia interna + V* * = + (6.30)
t o Vo t c v LVo c v To L
u * 2 v *
2
w *
2
2 * + 2 * + 2 * +
x y z
* = 2 2 2
v * u * w * v * u * w *
* + * + * + * + * + *
x y y z z x
(6.31)
su ingresso/uscita
V *
Noti: V * ; p* ; (6.34)
* n *
n
6.12
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tV
Numero di Strouhal St = (6.37)
L
Proposto da V. Strouhal scienziato tedesco che studi le fluttuazioni del vento nell'atmosfera e defin il
numero nel 1878.
Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla instazionariet: per St
condizioni stazionarie.
In genere possono capitare due situazioni, o si considera una situazione transiente (si assume campo nullo a
t=0 e a t=0+ si impongono condizioni di moto. In questo caso non esiste un tempo di riferimento esterno; si
pone St=1 ed il tempo caratteristico sar pari a L/V chiamato tempo di permanenza (o di percorrenza). Si
possono anche considerare condizioni al contorno di tipo sinusoidale (ad es parte oscillante, U=Uo sin (t) in
questo caso il tempo caratteristico l'inverso della ed il numero di Stroual prende la forma St=V/(L) .
Nota: qualche testo definisce il numero di Strouhal con l'inverso della notazione da noi data.
VL VL
Numero di Reynolds Re L = = (6.38)
Proposto da Osborne Reynolds (1842-1912) un ingegnere inglese che lo propose nel 1883 dopo il famoso
esperimento della transizione laminare - turbolento nei tubi.
Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla diffusione viscosa: per Re
condizioni di flusso non viscoso (con paradossi).
In molto fluidi la viscosit cinematica molto piccola sicch Re alto anche per velocit e lunghezze
unitarie (ordine un milione), il trascurare degli effetti viscosi modifica la condizione per la velocit su pareti
fisse, imponendo su di esse l'annullarsi soltanto della componente normale Vn (per pareti impermeabili).
Il valore del numero di Reynolds determina le caratteristiche dello strato limite, la transizione dal laminare al
turbolento fissata dal Rex,critico
p p
Numero di Eulero (o di Newton) Eu = = (6.39)
V2 a2
{
123
incomprimibile comprimilbile
Denominato in onore di Leonard Euler (1707-1783). E' raramente importante e di solito si assume unitario;
a meno che la pressione tanto bassa da causare cavitazione, in questo caso si usa il numero di cavitazione
Ca=(p-pv)/(V2).
V2
Numero di Froude Fr = (6.40)
Lg
In onore di William Froude (1810-1879) un architetto navale inglese che, insieme al figlio Robert, propose le
regole di similitudine per flussi con superfici libere.
Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla gravit.
NOTA: alcuni definiscono il Fr come radice quadrata di quello da noi definito: Fr = V Lg
6.13
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
TgL3
Numero di Grashof Gr = (6.41)
2
Misura l'importanza relativa degli effetti di galleggiamento rispetto a quelli viscosi.
Si deve considerare quando si usa l'approssimazione di Boussinesque.
Il valore del numero di Grashof determina le caratteristiche dello strato limite per convezione naturale e la
transizione dal laminare al turbolento.
c p
cp
Numero di Prandtl Pr = = =
(6.42)
Misura l'importanza della diffusione viscosa rispetta a quella termica = /cp
VL c p VL c p VL
Numero di Pclet P =
= = = Pr Re L (6.43)
Misura l'importanza relativa della convezione dinamica rispetto alla convezione termica.
V2
Numero di Eckert Ec = (6.44)
c p T
Misura l'importanza relativa dell'energia cinetica rispetto a quella entalpica
Lq c Lh
Numero di Nusselt Nu = = (6.45)
T q = hT
Misura l'importanza relativa della convezione termica rispetto alla conduzione
V 2 L
Numero di Weber We = (6.46)
Denominato in onore di Moritz Weber (1871-1951) uno scienziato del politecnico di Berlino che
svilupp le leggi di similitudini. Fu lui che propose i nomi dei numeri di Reynolds e di Froude.
Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla tensione superficiale.
E' importante soltanto se di ordine unitario o minore di uno.
* *
continuit V = 0 (6.47)
1
1 V* * * * * * 1 * 2 *
Fr k g
equilibrio + V V = p + V + (6.48)
St t * Re L Gr k g
Re 2
1 2 Ec *
energia interna + V* * = * + (6.49)
St t Re Pr Re
6.14
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u * 2 v *
2
w *
2
2 * + 2 * + 2 * +
*
x y
z
= 2 2 2
(6.50)
v * u * w * v * u * w *
* + * + * + * + * + *
x y y z z x
su superfici solide:
su ingresso/uscita
V *
*
Noti: V ; p* ; (6.53)
* n *
n
su superfici libere (z=):
1 d*
w* = (6.54)
St dt *
1 1 1
p* = p*a * + * (6.55)
We R x R y
Numeri che non compaiono nelle equazioni della fluidodinamica presentate ma che sono di interesse nella
termo-fluidodinamica e nella aerodinamica
cp
a 2L
Rapporto dei calori specifici = = (6.56)
c v a 2N
definisce adimensionalmente un gas.
Per ragioni di stabilit termodinamica > 1. E' massimo per elio = 1.66 (molecola mono-atomica)
Aumenta con la temperatura.
V
Numero di Mach M= (6.57)
aL
In onore di Ernst Mach (1838-1916) fisico austriaco.
Il suo quadrato misura gli effetti della compressibilit.
Per M2<0.1, i.e. M<0.3, il flusso si pu considerare incompressibile (con un errore < 10%)
qc Lq c Nu
Numero di Stanton Ch = = = (6.58)
c p TV T VL c p Re L Pr
E' usato, in alternativa a Nusselt, per quantizzare l'importanza relativa della convezione termica rispetto a
quella convetta dalla corrente.
Nota questo numero a volte viene definito come: (
Ch = q c c p Trif V )
6.15
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
l clm
Numero di Knudsen Kn = (6.59)
L
E' il rapporto tra il cammino libero molecolare e la lunghezza caratteristica del corpo.
misura la rarefazione del regime di moto .
per Kn < 0.01 regime continuo
per 0.01< Kn < 0.1 regime di slip
per 0.1< Kn < 3 regime di transizione
per 3 < Kn regime di molecole libere
l clm 1 V M
Nota essendo per un gas l clm 1.26 si ottiene: Kn = 1.26 = 1.26
a L a LV Re L
Coefficiente di scabrosit k = (6.60)
L rif
misura l'importanza relativa della scabrosit (RMS) rispetto alla lunghezza di riferimento
E' importante per flussi turbolenti.
p p p p
Coefficiente di pressione dal numero di Eulero: cp = 2
=
2 U
1 1
2pM 2
(6.61)
2
V
per fluidi incompressibili (da Bernoulli): c p = 1 (6.62)
U
Fattrito w
Coefficiente (locale ) di attrito: cf = = (6.63)
1
U 2 S rif
2
1
2
U 2
dipende dal regime di moto, dal corpo, dal Rex dal Mach e dalla scabrosit della parete k.
Fportante
Coefficiente di Portanza: cL = (6.64)
1
2
U 2 S rif
La forza portante definita come la componente della forza aerodinamica in direzione normale alla velocit
asintotica. CL dipende dalla forma del corpo, dall'angolo di attacco, dal Rex dal Mach
Fresistenza
Coefficiente di Resistenza: cD = (6.65)
1
2
U 2 S rif
La forza resistente definita come la componente della forza aerodinamica nella direzione della velocit
asintotica. CD dipende dalla forma del corpo, dall'angolo di attacco, dal Rex dal Mach
Mo
Coefficiente di Momento: c Mo = (6.66)
1
U2
2
S rif L rif
Il momento aerodinamico Mo definito come il momento della forza aerodinamica rispetto al punto O
In genere si sceglie O come il bordo di attacco o come il punto ad della corda (fuoco) del profilo(in
aerodinamica i dettagli). CM dipende dalla forma del corpo, dall'angolo di attacco, dal Rex dal Mach
b2
Allungamento (alare) = (b=apertura) misura la snellezza dell'ala. (6.67)
S rif
6.16
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
In tale caso, una volta stabilita la causa pi importante, si pone unitario il numero adimensionale relativo alla
causa e che contiene la grandezza: questa ne viene quindi automaticamente definita.
Un esempio chiarisce il concetto: se si studia il campo di moto lungo una lastra infinita lambita da una
corrente con velocit asintotica V, mancher la definizione della lunghezza e del tempo di riferimento.
Se gli effetti viscosi sono la causa principale del fenomeno, ponendo ReL = UL/ = 1, ri ricava la lunghezza
di scala (viscosa) Lv = /U e quindi il tempo di scala (viscoso) (St = tU/L = 1) tv = Lv/U = /U2.
Analogamente in un problema di scambio termico in cui imposto un flusso di calore noto (la pentola della
pasta sul gas) per determinare la differenza di temperatura di riferimento, necessaria per la
adimensionalizzazione della temperatura, basta porre Nusselt unitario: Nu= L qc/(T)=1 per ricavare T=
L qc/ .
Ci premesso dovrebbe essere possibile determinare in anticipo tutti i gruppi adimensionali che si trovano
nelle equazioni.
La grandezza di questi numeri determineranno l'importanza del termine in cui compaiono rispetto ad altri, si
pu quindi procedere, a priori, ad una semplificazione delle equazioni.
Occorre fare attenzione sui possibili regimi di strato limite, cui abbiamo gi accennato e che descriveremo
approfonditamente nel seguito.
Le condizioni di flusso di un modello di prova sono completamente simili a quelle del prototipo
se tutti i numeri caratteristici, rilevanti, hanno gli stessi valori per il modello e per il prototipo.
t( x ) x f (x) x rLE
= max g = max h = Cost max (6.68)
c c c c c
Ogni famiglia di profili descritta in termini delle distribuzioni g(x/c), h(x/c) e Cost.
In tale modo una famiglia pu generare profili descritti soltanto da max e max (ad.es. NACA 2412). Variando
il valore della corda si genereranno sempre profili geometricamente simili.
Ovviamente la similitudine per sfere o cilindri molto semplice. Le due sfere nella figura sono simili ed in
rapporto di scala 2:1
Invece le ellissi sottostanti, anche se, a prima vista, appaiono tali, non sono simili [ = 2/3 e = ]
L'equivalenza dei rapporti di scala delle velocit, per geometrie simili, si differenzia per problemi con/senza
superfici libere.
Per problemi senza superfici libere si richiede, per regimi compressibili, l'equivalenza dei numeri di
Reynolds e di Mach, per regimi incompressibili soltanto l'equivalenza dei numeri di Reynolds.
Nel caso speciale di flussi incompressibili non viscosi non necessita alcun vincolo.
6.18
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Per regimi incompressibili con superfici libere, in genere si richiede l'equivalenza dei numeri di Froude:
Vm2 Vp2
Frm = = = Frp (6.69)
gL m gL p
Poich difficoltoso variare l'accelerazione di gravit ne deriva che se il fattore di scala geometrica pari ad
(alfa), risulta:
Lm
scala lunghezze: = (6.70)
Lp
Vm Lm
scala velocit: = = (6.71)
Vp Lp
t m L m Vm L m Vp
scala dei tempi: = = = = (6.72)
tp L p Vp L p Vm
Questo pone problemi nella similitudine cinematica di onde superficiali gravitazionali, infatti l'ampiezza H e
la lunghezza d'onda si scala come , mentre il periodo T e la velocit di gruppo C e le velocit
particellari V si scalano come
C
V
ampiezza H
periodo T
1. Flussi compressibili:
Re, Ma, uguali nel modello e nel prototipo
2. Flussi incompressibili:
senza superfici libere Re uguale nel modello e nel prototipo
con superficie libera Re, Fr, ed eventualmente We e Ca uguali nel modello e nel prototipo
Lm
scala lunghezze: =
Lp
6.19
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Vm Lm
scala velocit: = =
Vp Lp
L'uguaglianza ulteriore di Reynolds richiede inoltre:
Vm L m Vp L p
= (6.73)
m p
che implica:
m Vm L m
scala viscosit: = = (6.74)
p Vp L p
Lm
scala lunghezze: = (6.75)
Lp
Vm Lm
scala velocit: = = (6.76)
Vp Lp
L'uguaglianza di Reynolds implica:
Vm m L p m 1
scala delle velocit: = = (6.77)
Vp p L m p
L'uguaglianza di Mach implica:
a m Vm
scala delle velocit del suono: = = (6.78)
ap Vp
Se il prototipo vola in aria, occorre un tunnel con fluido a bassa viscosit ed alta velocit del suono.
Lidrogeno un fluido ideale, ma poco pratico; azoto, a bassa temperatura, viene ora usato nel European
Transonic Wind-Tunnel (ETW) impianto che, fruttando basse temperature e pressurizzazione riesce, unico
al mondo, a garantire similitudine dinamica completa, pur con modelli piccoli ottenendo M fino ad 1.4 e
valori di Re fino a 40 milioni..
L'ETW basato sul fatto che la viscosit dinamica varia circa con la 0.7 potenza della temperatura
assoluta, mentre la velocit del suono varia con la radice quadrata della temperatura assoluta, mentre la
densit varia proporzionalmente con la pressione ed inversamente proporzionale con la temperatura:
T1.7
T 0.7 ; p T p / T = / ; a T 0.5 (6.79)
p
ne derivano le possibili scale:
Vm Tm
= (6.80)
Vp Tp
6.20
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
1.7 1.2
L Vp m Tp Tm pp T pp
= m = = = m (6.81)
L p Vm p Tm Tp
pm Tp
pm
piccoli modelli con scala 1:20, i.e. = 0.05 possono essere provati sfruttando la bassa temperatura e l'alta
pressione dell'azoto appena sopra la liquefazione.
Esercizio 6.5
Abbiamo visto che la dipendenza del coefficiente di resistenza di una sfera CD = f ( ReD ) .
La risoluzione analitica mostra che, in regime laminare, :
F 24 VD
CD = , Re D =
1
2
(
V 2 4 D 2
) Re D
Per ReD0 la soluzione impone CD cosa molto strana.
Ripensandoci sopra ricordiamo che il numero di Reynolds misura limportanza relativa tra gli effetti
convettivi e quelli diffusivi viscosi:
pressione dinamica V2 VD
Re D = = =
sforzo viscoso ( D )
Ora per velocit molto basse Re<1, gli effetti convettivi sono trascurabili rispetto a quelli viscosi, quindi
ladimensionalizzazione della forza F rispetto alla pressione dinamica moltiplicata larea frontale non pi
logicamente corretta, in quanto leffetto principale non quello dinamico ma quello viscoso.
Mediante lanalisi dimensionale mostra una pi corretta dipendenza.
Esercizio 6.6
Il flusso turbolento tra due pareti infinite pu essere descritto dallequazione:
dp d u d 2 du du
2
= 2 + l mix
dx dy dx dy dy
du
Quali sono le dimensioni di lmix , , l 2mix ?
dy
Esercizio 6.7
Per flussi turbolenti nelle vicinanze di una parete solida (strato interno) si ipotizza che lo sforzo viscoso alla
parete w dipende dalla distanza dalla parete y , dalla velocit u, dalla densit , dalla viscosit , e dalla
scabrosit della parete . In tutto sono 6 variabili e quindi devono esistere 3 gruppi adimensionali.
Con lanalisi dimensionale, trova i tre gruppi adimensionali.
6.21
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
u y
Vedi se riesci a definire la dipendenza che si ritrova in letteratura = f , e determina le espressioni
u l l
w u w
per la velocit di attrito u, e la lunghezza di attrito lt. u = , l = =
2
Esercizio 6.8
Von Karman nellanalizzare strati limite turbolenti lontano dalla parete solida (strato esterno) ipotizza che il
difetto di velocit u rispetto a quella esterna U dipende dallo sforzo viscoso alla parete w dalla distanza
dalla parete y , dallo spessore dello strato limite e dalla densit (non dipende dalla viscosit e dalla
scabrosit della parete ):
U - u = f ( w , , y , )
Uu y w
Trovare i tre gruppi adimensionali e se la dipendenza = g , u = possibile.
u
Esercizio 6.9
2
2 w u
Dimostrare che per uno strato limite turbolento c f = 2
=2
U U
Esercizio 6.10
Nelle immediatissime prossimit di una parete in flusso turbolento, si ritrova una sottostrato laminare il cui
spessore valutato essere s.s.lam 7 l = 7 /u (i.e. y+ = y/l = 7)
Sapendo che per uno strato limite turbolento su di una lastra piana si ritrova:
0.37 2 w 0.0592
= cf = =
x (Re x )1 / 5 U2 (Re x )1 / 5
Determinare la percentuale dello spessore del sottostrato laminare rispetto allo spessore dello strato limite
turbolento ,
per U=50 m/s, =1.46 10-5 , x=0.7373 m (i.e. Rex= Ux/v=3.425 106 appena dopo la transizione al
turbolento).
Risposta s.s.lam2.9 10-3 (meno del 3 per mille)
Esercizio 6.11
In strato limite turbolento su parete, si ritrova una strato logaritmico il cui spessore valutato essere
log 350 l=350 /u (i.e. y+ = y/l = 350).
Sapendo che per uno strato limite turbolento su di una lastra piana si ritrova:
0.37 2 w 0.0592
= cf = =
x (Re x )1 / 5 U 2
(Re x )1 / 5
Determinare la percentuale dello spessore del strato logaritmico rispetto allo spessore dello strato limite
turbolento ,
per U=50 m/s, =1.46 10-5 , x=0.7373 m (i.e. Rex= Ux/v=3.425 106 appena dopo la transizione al
turbolento).
Risposta log 0.146 (meno del 15%)
Esercizio 6.12
La base della teoria dell'equilibrio universale di Kolmogorov per la turbolenza considera che, vicino ad
una parete, la turbolenza condizionata dallequilibrio di due fattori:
energia (velocit)2 L2
il rateo di dissipazione dell'energia cinetica per unit di massa: 3
massa tempo tempo t
tensione gradientedi velocit L2
la viscosit cinematica :
t
6.22
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Determina le scale di lunghezza, tempo e velocit che si possono formare con questi due parametri.
(
= 3 )
1/ 4
= ( )1 / 2 v = ( ) 1/ 4
Esercizio 6.13
Nellanalisi della turbolenza, la stima del rateo di dissipazione pu essere fatta imponendo che il rateo con
cui le grandi strutture vorticose forniscono energia cinetica (u2 ) a quelle piccole proporzionale allinverso
della scala dei tempi delle grande strutture turbolente ( t t ,u = / u ) dove rappresenta la dimensione tipica
della grande struttura (dello stesso ordine dello spessore dello strato limite, scala esterna, o scala integrale)
Determina la stima di .
u2 u3
Risposta: il rateo di dissipazione viene determinato dalla dinamica delle grosse strutture
u
turbolente (che non coinvolge la viscosit) . i.e la dissipazione un processo passivo che procede con un
rateo fissato dal comportamento non-viscoso delle grosse strutture vorticose
Esercizio 6.14
Determinare, per un flusso turbolento, le relazioni tra le scale interne " , t , V" , quelle esterne " d, t , u" ed il
Re turbolento esterno (u / ) .
Sugg. introdurre nelle scale di Kolmogorov il valore di "" . Risposta
3 / 4 1 / 2 1 / 4
u t t u V u
= = Re 3 / 4 = = Re 1 / 2 = Re 1 / 4
t est. u u
Per Re>>1 :le scale (di lunghezza, tempo e di velocit) interne [delle microstrutture] sono pi piccole di
quelle esterne [delle grandi strutture vorticose]. La maggiore differenza tra due flussi turbolenti, con diversi
Re e con stesse scale integrali (esterne) la diminuzione delle scale interne.
Esercizio 6.15
Stimare la scala di vorticit in uno strato limite turbolento.
Risp. la vorticit delle microstrutture turbolenti proporzionale all'inverso della scala del tempo interno.
Esercizio 6.16
Con le stime fatte negli esercizi precedente dimostrare in quali condizioni la Turbolenza un fenomeno
continuo.
Sugg. Basta dimostrare che le scale pi piccole (ovviamente quelle interne) sono maggiori di quelle
molecolari.
Le scale molecolari sono definite da: cammino libero molecolare e la velocit (media di agitazione) delle
molecole proporzionale alla velocit del suono, a.
M t Re1 / 2
Risposta
Re1 / 4 a M2
Esercizio 6.17
Una semplice formulazione degli effetti turbolenti di sommare alla viscosit (molecolare, i.e.
termodinamica) , una viscosit turbolenta t.
Tra le varie si propone di mettere la viscosit turbolenta t in relazione con lenergia (delle fluttuazioni)
turbolenta (cinetica e specifica) k (dimensioni L2/t2) ed il suo rateo di dissipazione (specifico) che ha le
dimensioni (L2/t2).
Sviluppa una formula per t = f (, ).
Esercizio 6.18
6.23
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Kolmogorov nel considerare lanalisi di Fourier di flussi turbolenti in funzione del numero donda delle
fluttuazioni turbolente k (il numero donda il rapporto tra 2 e la lunghezza dellonda sinusoidale:
=2/, quindi k ha le dimensioni dellinverso di una lunghezza (1/L), ha ipotizzato che lo spettro di energia
turbolenta E(k) (dimensioni k/k=L3/t2) dipenda, in un intervallo di k chiamato, range inerziale, dal rateo di
dissipazione (specifico dellenergia turbolenta) che ha le dimensioni (L2/t2) e dal numero donda k.
Sviluppa una formula per la dipendenza di E(k) da e da k.
Esercizio 6.19
Per una convezione naturale su di una lastra piana verticale riscaldata, la differenza tra la temperatura della
piastra e quella dellaria T dipende dalla temperatura ambiente Ta, dal calore specifico cp, dalla
conducibilit termica del fluido , dalla densit del fluido e dalla gravit g.
Quanti gruppi adimensionali si possono formare e quali sono le loro forme?
Esercizio 6.20
Per una convezione naturale su di una lastra piana verticale riscaldata, la velocit ascensionale dipende dalla
differenza tra la temperatura della piastra e quella dellaria T, dal calore specifico cp, dalla conducibilit
termica del fluido , dalla densit del fluido , dalla densit del fluido e dalla gravit g e dal coefficiente
1 d
di espansione termico del fluido =
dT
Quanti gruppi adimensionali si possono formare e quali sono le loro forme?
Esercizio 6.21
La capacit di carico W (peso i.e. forza) di un cuscinetto lubrificato idrodinamicamente dipende dal diametro
del cuscinetto D, dalla sua lunghezza L, dal gioco , dalla velocit angolare e dalla viscosit del
lubrificante .
Quanti e quali i gruppi adimensionali ?
Esercizio 6.22
Il decadimento della vorticit in un campo assialsimmetrico viscoso dipende dalla circolazione iniziale
= V ds dal raggio r, dal tempo t e dalla viscosit cinematica .
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
Esercizio 6.23
La spinta di unelica marina T (forza) si pensa dipenda dal diametro D, dalla sua velocit angolare , dalla
velocit di avanzamento U, dalla densit del fluido , dalla viscosit cinematica e dallaccelerazione di
gravit g.
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
Esercizio 6.24
La spinta di unelica aeronautica a grandi prestazioni T (forza) si pensa dipenda dal diametro D, dalla sua
velocit angolare , dalla velocit di avanzamento U, dalla densit del fluido , dalla viscosit cinematica
e dalla velocit del suono c.
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
Esercizio 6.25
Trascurando la viscosit, la resistenza donda di una nave R (forza) dipende dalla densit dellacqua , dalla
velocit di avanzamento U, da una dimensione caratteristica della nave L (lunghezza) e dalla gravit g.
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
In un modello in scala 1:36 che si muove a 1.2 m/s si misura una resistenza di 9 N. Quale la corrispondente
velocit e resistenza del prototipo?
Esercizio 6.26
6.24
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
Si vuole analizzare il comportamento allonda di una piattaforma petrolifera in una corrente con velocit
0.16 m/s, altezza donda 2.4 m, frequenza donda w=0.5 1/s.
Si vuole provare in laboratorio su un modello in scala 1:16.
Quali i gruppi adimensionali per la similitudine dinamica e quali i parametri di prova?
Esercizio 6.27
Si deve provare un modello in scala 1:5 di una pompa centrifuga che sar usata in un reattore nucleare dove
operer su sodio liquido la cui viscosit cinematica supposta essere 3.17 10-7 m2/s.
La pompa del prototipo girer a 1800 rpm e deve fornire una portata volumetrica di 0.0278 m3/s.
Il fluido di prova del modello acqua.
Quali i gruppi adimensionali e le condizioni di prova per assicurare una similitudine dinamica?
Esercizio 6.28
W potenza
La prevalenza h d =
= (lunghezza) fornita da una turbopompa dipende dal diametro del
portata ponderale
gm
rotore d, dalla velocit N (rpm), dalla portata volumetrica Q, dalla viscosit cinematica e dalla gravit g.
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
Esercizio 6.29
Il campo di moto nelle vicinanze di una parete rotante con velocit angolare il problema dello strato
limite di Ekman, il cui spessore , dipender da , dalla velocit U e dalla viscosit cinematica .
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
Esercizio 6.30
Vogliamo studiare le condizioni per le quali gocce di liquido si rompono in una corrente gassosa. I parametri
rilevanti sono il diametro della goccia D, la densit del gas , la velocit U, la viscosit cinematica del gas ,
e la tensione superficiale .
Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?
6.25
C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini
.6.7 CHECK-OUT
Lo studente diligente, a questo punto dovrebbe essere familiare con questi argomenti:
2. pianificazione prove,
3. presentazioni risultati,
8. principio di omogeneit dimensionale , teorema e metodo del Buckingham, metodo di Taylor e relative
applicazioni,
10. adimensionalizzazione delle equazioni e delle rispettive condizioni al contorno- problematiche di scale
diverse fenomeni di strato limite,
6.26
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Appendice A
Ricapitolazione dellalgebra e del calcolo vettoriale e tensoriale e dei relativi teoremi di calcolo integrale
Utile per riferimento.
Indice dellAppendice
Paragrafo pagina
A.1 Generalit 2
A.2 Prodotti 3
A.3 Prodotti di tre vettori 6
A.4 Sistemi di riferimento 6
A.5 Differenziazione dei vettori 8
A.6 Calcolo differenziale 9
A.6.1 Operatore nabla 9
A.6.2 Fattori di scala 10
A.6.3 Gradiente 11
A.6.4 Divergenza di un campo vettoriale 11
A.6.5 Significato fisico della divergenza del campo di velocit 12
A.6.6 Rotore di un campo vettoriale 12
A.6.6.1 Significato fisico del rotore: 13
A.7 Operatori differenziali del secondo ordine 14
A.7.1 Laplaciano 14
A.8 Algebra tensoriale 16
A.8.1 Prodotto scalare tra un vettore ed un tensore 17
A.8.2 Doppio prodotto tra tensori 18
A.8.3 Analisi spettrale di tensori 18
A.9 Tensori di interesse in Fluidodinamica 20
A.9.1 Tensore degli sforzi 20
A.9.2 Gradiente della velocit 21
A.10 Elementi di calcolo integrale 26
A.11 Cenni sui sistemi di coordinate curvilinee non ortogonali 27
A.11.1 Assi reciproci 30
A.11.2 Componenti controvarianti e covarianti 32
A.11.3 Variazione delle componenti di un vettore in sistemi curvilinei ruotati 34
A.11.4 Il tensore metrico 36
A.1
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
A.1 GENERALIT
Le grandezze fisiche in ogni punto R di uno spazio a n dimensioni (esempio n=3) si possono classificare
come:
Esempi di scalari sono i campi di temperatura, di densit, che sono determinati, per ogni punto, soltanto
dalla intensit, cio da un numero, in questo contesto gli scalari saranno indicati da una lettera.
Esempi di vettori sono i campi di forze, di velocit, ecc. che, per ogni punto, sono determinati da unintensit
e da una direzione, in questo contesto i vettori saranno indicati con lettere sottolineate ( a, V,F,).
Esempi di tensori sono i prodotti dinerzia, il tensore degli sforzi, ecc.. che, per ogni punto, sono
determinati da un valore di intensit, e da due direzioni (per il tensore degli sforzi sono tipicamente la
normale al piano su cui agisce lo sforzo superficiale e la direzione dello sforzo superficiale), in questo
contesto i tensori saranno indicati con simboli sottolineati due volte ( , S , ).
I campi vettoriali e tensoriali sono spazi di Hilbert, cio spazi normati in cui definito un prodotto scalare,
il quadrato della norma (intensit o modulo del vettore) definito come il prodotto scalare di un vettore con
se stesso a 2 = a a , in questo contesto il modulo di un vettore a indicato con il simbolo non sottolineato:
a = aa (A.1)
La direzione di un vettore a data da un versore ea (cio da un vettore di intensit unitaria) pari al rapporto
del vettore sul suo modulo:
a a
ea = = (A.2)
a a a
In definitiva si potr rappresentare il vettore a come prodotto del modulo a e della direzione ea:
a = a e a = (a e a ) e a (A.3)
A.2
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
z
Il pi semplice il sistema cartesiano, definito dai versori i,j,k
che indicano rispettivamente le direzioni degli assi coordinati
a
x,y,z.
k
E' importante notare che queste direzioni coordinate, e quindi i j az y
versori sono gli stessi per tutti i punti dello spazio (cio non i
variano nel campo). ax
In questo sistema un vettore indicato come somma delle x ay
componenti scalari lungo i tre assi coordinati moltiplicate i
rispettivi versori:
( )
a = (a i ) i + a j j + (a k ) k = a x i + a y j + a z k (A.4)
E ovvio che la somma di vettori viene fatta con la regola del parallelogramma, da cui ne discende che la
rappresentazione della somma di due vettori mediante le componenti coordinate fatta sommando le
rispettive componenti.
[ ( ) ] [ ( )
a + b = (a i ) i + a j j + (a k ) k + (b i ) i + b j j + (b k ) k = ]
[
= ax i + ay j + a k ] + [b
z x ]
i + b y j + b z k = [a x + b x ] i + [a + b ] j + [a
y y z + bz ] k
(A.5)
( ) [ ]
s a = s(a i ) i + s a j j + s(a k ) k = [sa x ] i + sa y j + [sa z ] k (A.6) a+b
A.2 Prodotti
scalare (o interno) ab
vettoriale ab
tensoriale (o diadico) ab
Attenzione: altre simbologie sono usate in letteratura per indicare tali prodotti!
Il prodotto scalare di due vettori viene fatto, di solito, mediante somma dei prodotti delle componenti.
In una rappresentazione cartesiana i prodotti scalari dei versori diversi tra di loro sono nulli (in quanto
ortogonali), quelli dei versori con se stessi sono ovviamente unitari:
1 se i = j
e i e j = ij = (A.7)
0 se i j
A.3
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
ovvero:
ii =1 ; i j= 0 ; ik = 0
j i = 0 ; j j = 1 ; j k = 0 (A.8)
k i = 0 ; k j = 0 ; k k =1
[ ][
a b = a x i + a y j + a z k bx i + by j + bz k = ]
[ ]
= [a x b x ] i i + a x b y i j + [a x b z ] i k + [a y ]bx j i +
[ ] [ ]
+ a y b y j j + a y b z j k + [a z b x ] k i + [a z ]
b y k j + [a z b z ] k k = (A.9)
[ ]
= [a x b x ] + a y b y + [a z b z ] =
= a x bx + a y by + a z bz
commutativo, i.e. ab = ba
E distributivo, i.e. a [b + c] = a b + a c
Non associativo, i.e. a [b c] [a b]c
Applicazioni tipiche del prodotto scalare in meccanica sono rappresentate dal calcolo del lavoro dL di una
forza F a seguito di uno spostamento elementare ds: dL = Fds ; ovvero dalla portata dQV di un campo
vettoriale V attraverso una areola dA di normale n: d QV= Vn dA.
Il prodotto vettoriale di due vettori viene fatto, di solito, mediante somma dei prodotti delle componenti.
In una rappresentazione cartesiana i prodotti vettoriali dei versori diversi tra di loro sono pari a 1 a seconda
dellordine della permutazione 123 (i,j,k), quelli dei versori con se stessi sono ovviamente nulli:
ovvero:
ii = 0 ; i j = k ; i k = j
j i = k ; j j = 0 ; j k = i (A.11)
k i = 0 ; k j = i ; k k = 0
A.4
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
[ ] [ ]
a b = a x i + a y j + a z k bx i + b y j + bz k =
= [a b ] i i + [a b ] i j + [a b ] i k + [a b ] j i +
x x x y x z y x
+ [a b ] j j + [a b ] j k + [a b ] k i + [a b ] k j + [a b ] k k =
(A.12)
y y y z z x z y z z
= [a b a b ] i + [a b a b ] j + [a b a b ] k
y z z y z x x z x y y x
Il prodotto tensoriale (o diadico) di due vettori rappresentato dal semplice prodotto formale delle
loro rappresentazioni:
[
ab = a x i + a y j + a z k bx i + b y j + bz k = ][ ]
[ ]
= [a x b x ] ii + a x b y i j + [a x b z ] i k + a y b x ji + [ ] (A.14)
[
+ a y by ] j j + [a b ] jk + [a
y z z bx ] ki + [a z ]
b y k j + [a z b z ] k k
i j k
i a x b x axby a x bz
a b = j a y b x a yby a ybz (A.15)
k a z b x azby a z b z
E facile rilevare che il prodotto diadico
A.5
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
b
cx cy cz
a
(a b ) c = (c a ) b = (b c ) a (A.17)
a (b c ) = b (a c ) c (a b ) ; a (b c ) + b (c a ) + c (a b ) = 0 (A.19)
Nota: dato un vettore a ed una direzione n, il vettore si pu scomporre come somma di due vettori di cui uno
parallelo ad n ed un altro normale ad n, come segue:
parallelo ad n normale ad n
a = (a n ) n + n (a n ) (A.20)
Anche se abbiamo dimostrato lalgebra vettoriale per un sistema di riferimento cartesiano, essa si applica
parimenti ad altri sistemi ortogonali, quali ad esempio il cilindrico e lo sferico.
j r
valgono le seguenti relazioni per il cambiamento di coordinate
(rispetto al cartesiano)
A.6
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
e
Sistema polare ellittico piano (,) e
V = V e + V e
(rispetto al cartesiano)
2 2
= x + y ; (0, )
x = a cos a b
; (A.24)
y = b sin 1 a y
= tan b x ; [0, 2]
y ir
Sistema cilindrico (r,.z) i
x iz
R = r i r () + z i z (vettore posizione) r
V = Vr i r + V i + Vz i z (A.25) z z
A.7
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
a
=
[a 1 e1 + a 2 e 2 + a 3 e 3 ] = [a 1 e1 ] + [a 2 e 2 ] + [a 3 e 3 ] =
n n n n n
(A.29)
[a 1 ] [e1 ] [a 2 ] [e 2 ] [a 3 ] [e 3 ]
= e1 + a 1 + e2 + a 2 + e3 + a 3
n n n n n n
i r i i z
= 0; =0; =0
r r r
i r i i z
= i ; = i r ; =0 (A.30)
i r i i z
=0 ; =0; =0
z z z
i r i i
=0 ; =0; =0
r r r
i r i i
= i ; = i r ; =0 (A.31)
i r i i
= sin i ; = cos i ; = sin i r . cos i
Piano =costante
ir() Cos i()
+d
i() i (+d) sin ir()
r
I
(
+ d
i(+d)
A.8
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Esercizio A.1
Rappresentare analiticamente una forza di intensit 10N in direzione 30 dallasse delle x in un campo piano
(x,y).
Esercizio A.2
Unautomobile percorre 3 km in direzione dellasse y e successivamente 5 km a 45 rispetto agli assi x ed y.
Rappresentare graficamente ed analiticamente tali spostamenti.
EsercizioA.3
Dati i vettori (rappresentazione cartesiana):
a = 3xy i + 4zx j + yz k ; b = z2 i + y2x j + xyz k ; c = x2 i + y2 j +z2 k
ed il campo scalare f = 3x2yz+3x+6
Determinare:
il modulo e la direzione dei vettori a, b, c , f a e gli angoli tra di loro, nel punto (1,2,3)
il vettore a+bc nel punto (1,2,3)
il vettore fa nel punto (1,2,3)
il prodotto scalare ab nel punto (1,2,3)
il prodotto vettoriale ac nel punto (1,2,3)
il doppio prodotto misto a b c nel punto (1,2,3)
Esercizio A.4
Dati i vettori (rappresentazione cilindrica):
a = 3rz ir + 4z sin i+ z iz ; b = 3 r cos ir + 4 r i+ z sin iz ; c = r ir + 2 i+ z r iz
ed il campo scalare f = 3 r2 tan
Determinare:
il modulo e la direzione dei vettori a, b, c , f a e gli angoli tra di loro, nel punto (1, 30 ,6)
il vettore fa nel punto (1,30,6)
il prodotto scalare ab nel punto (1,30,6)
il prodotto vettoriale a c nel punto (1,30,6)
il doppio prodotto misto a b c nel punto (1,30,6)
1
() = lim n() dS (A.32)
V 0 V
S = V
Quando loperatore nabla opera su di un campo scalare f, ne discende il gradiente di f : denotato come
grad(f) ovvero f.
A.9
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Prima di ricavare le espressioni delloperatore nabla, introduciamo il concetto dei fattori di scala, molto
utile per sistemi di coordinate non cartesiane.
Per un generico sistema (curvilineo ortogonale) 1, 2, 3, lestensione dellarco descritto dal vettore
posizione allorquando si ha una variazione infinitesima delle coordinate 1, 2, 3, dato da:
ds 2 = ds12 + ds 22 + ds 32 = (h 1d1 ) + (h 2 d 2 ) + (h 3 d 3 )
2 2 2
(A.33)
Ovviamente se si suppone la variazione di una sola coordinata, le altre due rimanendo costanti, si ottiene:
ds ds ds
h1 = 2 ,3 costanti ; h2 = 1 ,3 costanti ; h3 = 1 ,1 costanti (A.34)
d1 d 2 d 3
f = 1f + 2 f + 2 f = 1f e1 + 2 f e 2 + 3 f e 3 (A.35)
1
1f = 1f e1 = lim
V 0 h d h d h d
[f (1 + d1 ) h 2 d 2 h 3d3 e1 f (1 ) h 2 d 2 h 3d 3 e1 ] =
1 1 2 2 3 3
(A.36)
= lim
[f (1 + d1 ) f (1 ) ] e1
d1 0 d1 h1
1 f dS=h2d2 h3d3
1f = e1 (A.37)
h 1 1
Analogamente si ricavano:
n=e1 n=e1
1 f 1 f e1
2f = e2 3f = e3 (A.38) 1
h 2 2 h 3 3
1 1+d1
sicch, in definitiva, lespressione delloperatore nabla, e
quindi del gradiente di un campo scalare f sono, per un qualsiasi sistema di coordinate ortonormali:
1 () 1 () 1 () 1 f 1 f 1 f
() = e1 + e2 + e3 f = e1 + e2 + e3 (A.39)
h 1 1 h 2 2 h 3 3 h 1 1 h 2 2 h 3 3
A.10
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
h r = 1
Cilindrico (r,,z): h = r (A.41)
h = 1
z
h r = 1
Sferico (r,,): h = r (A.42)
h = r sin
A.6.3 Gradiente
f f f
Cartesiano(x,y,z): f = i+ j+ k (A.43)
x y z
f 1 f f
Cilindrico(r,,z): f = ir + i + iz (A.44)
r r z
f 1 f 1 f
Sferico (r,,): f = ir + i + i (A.45)
r r r sin
f
= n f (A.46)
n
da questa si deduce che:
La definizione integrale :
1
V = lim
V 0 V
S=V
n V dS (A.47)
1 (h 2 h 3 V1 ) (h 1 h 3 V2 ) (h 1 h 2 V3 )
V = + + (A.48)
h 1 h 2 h 3 1 2 3
A.11
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
u v w
Cartesiano(x,y,z): V = + + (A.49)
x y z
1 (rVr ) 1 V Vz
Cilindrico(r,,z): V = + + (A.50)
r r r z
Sferico (r,,): V =
(
1 r 2 Vr
+
) 1 (V sin )
+
1 V
(A.51)
r 2
r r sin r sin
Notiamo che:
L3 L
nV il flusso di volume [analisi dimensionale: = ] nella direzione n
L2 t t
n V dS
S = V
la portata di volume attraverso la superficie S che avvolge il volume V di
una particella
Per cui:
1
V = lim
V 0
V S=V
n V dS (A.53)
1
V = lim
V 0 V
S=V
n V dS (A.54)
Per determinarne le espressioni delloperatore prodotto vettoriale, preferiamo usare il calcolo simbolico
(vettoriale-differenziale) sfruttando le relazioni trovate per i fattori di scala.
Ne deriva lespressione differenziale generale nel sistema 1, 2, 3 ; V = V1 e1 + V2 e 2 + V3 e 3 :
A.12
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
1 (h 3 V3 ) (h 2 V2 ) 1 (h1V1 ) (h 3 V3 ) 1 (h 2 V2 ) (h1V1 )
V = e1 + e2 + e3 (A.55)
h 2 h 3 2 3 h1h 3 3 1 h1h 2 1 2
Cartesiano(x,y,z):
w v u w v u
V = i+ j+ k (A.56)
y z z x x y
Cilindrico(r,,z):
Altra definizione integrale della componente del rotore di V nella direzione n, deriva dal teorema di Stokes:
1
( V ) n dS =
S C = S
V dc ( V ) n = lim
S0
S C=S
V dc
(A.59)
In coordinate cilindriche calcoliamo il rotore di un campo di moto rigido dotato di una velocit di rotazione
ez
Sar ovviamente Vr=0, V= r, Vz=0 da cui:
( V )r = 0 , ( V ) = 0 , ( V )z = 2 (A.60)
Ne discende , in generale, che il modulo del rotore della velocit corrisponde al doppio della velocit
angolare della particella e la sua direzione normale al piano del moto, con il verso coerente con la terna
(regola cavaturacciolo)
Esercizio A.5
Dati vettori:
a = 3xy i + 4zx j + yz k ; b = z2 i + y2x j + xyz k ;
ed il campo scalare f = 3x2yz+3x+6
Determinare:
il gradiente di f f la sua direzione ed il suo modulo nel punto (1,2,3)
la divergenza di a a nel punto (1,2,3)
il rotore di b b la sua direzione ed il suo modulo nel punto (1,2,3)
Esercizio A.6
Dati i vettori (rappresentazione cilindrica):
a = 3rz ir + 4z sin i+ z iz ; b = 3 r cos ir + 4 r i+ z sin iz
A.13
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Esercizio A.7
Dati i campi vettoriali:
x y
i+
5. V(x,y) = k
x
2 +(y 2
x 2 + ) (
y2 ) j
(in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
y x
= k i+
6. V(x,y)
x2 + y (2
) (
x2 + y
j
2
) (in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
cos sin
7. V(r,) = k 2 i r + 2 i (in uno spazio 2D, coordinate cilindriche)
R R
x 2 y2 2xy
8. V(x,y) = k i+ j (in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
(x 2 +y )
2 2
(x 2 +y 2 2
)
Determinare:
le divergenze ed i rotori dei campi vettoriali nei rispettivi spazi coordinati
A.7.1 Laplaciano
La definizione integrale :
1 1 (.)
2 () = (.) = lim n (.) dS = lim dS (A.61)
V 0 V
S = V
V 0 V
S = V
n
1 h 2 h 3 f h 1 h 3 f h 1 h 2 f
2f = + + (A.62)
h 1h 2 h 3 1 h 1 1 2 h 2 2 3 h 3 3
A.14
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Cartesiano(x,y,z):
2f 2f 2f
2f = + + (A.63)
x 2 y 2 z 2
Cilindrico(r,,z):
1 f 1 2 f 2 f
2f = r + + (A.64)
r r r r 2 2 z 2
Sferico (r,,):
1 2 f 1 f 1 2f
2f = r + sin + (A.65)
r 2 r r r 2 sin r 2 sin 2 2
Esercizio A.8
Date le funzioni:
f(x,y,z) = x 2 + y 2 + z 2 (distanza dallorigine in uno spazio 3D, coordinate cartesiane)
1. f(r,,) = r (distanza dallorigine in uno spazio 3D, coordinate sferiche)
2. f(x,y) = x 2 + y2 (distanza dallorigine in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
3. f(R,) = R (distanza dallorigine in uno spazio 2D, coordinate cilindriche)
4. f=Ln(R) = ln x + y 2
2
(in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
5. f=Ln(r) = ln x 2 + y 2 + z 2 (in uno spazio 3D, coordinate cartesiane)
2 2)
6. F(x,y) =k( x - y (funzione in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
7. F(x,y) = k(xy) (funzione in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
8. F(x,y,z) =k(xyz) (funzione in uno spazio 3D, coordinate cartesiane)
9. F(r,) =k (funzione in uno spazio 2D, coordinate cilindriche)
10. F(x,y) =k tan 1
y
(funzione in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
x
11. F(R,) =R sin() (funzione in uno spazio 2D, coordinate cilindriche, un numero)
12. F(R,) =R cos() (funzione in uno spazio 2D, coordinate cilindriche, un numero)
13. f=1/R (R=distanza dallorigine in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)
14. r=1/r (r=distanza dallorigine in uno spazio 23, coordinate cartesiane o sferiche)
Determinare:
i gradienti ed i laplaciani delle funzioni nei rispettivi spazi coordinati
Esercizio: A.9
Verificare le identit
a) 2 A = ( A ) ( A )
b) ( A ) = 0
c) (f ) = 0
d) (V )V = 12 (V V ) V ( V )
e) [( V ) V ] = V( ( V )) + (V )( V ) [( V ) ]V + ( V )( V )
A.15
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
A = i A xx i + i A xy j + i A xz k +
+ j A yx i + j A yy i + j A yz i + (A.66)
+ k A zx i + k A zy i + k A zz i
A xx A xy A xz i
A= i j k A yx A yy A yz j (A.67)
A zx A zy A zz k
Di solito si considera implicitamente il prodotto con i vettori contenenti i versori coordinati, per cui si
conviene rappresentare il tensore A semplicemente con la sua matrice delle componenti scalari Aij:
A xx A xy A xz
A A yx A yy A yz (A.68)
A zx A zy A zz
Il trasporto At del tensore rappresentato dalla matrice trasposta, i.e. quella che si ricava sostituendo le righe
con le colonne:
A xx A yx A zx
t
A A xy A yy A zy (A.69)
A xz A yz A zz
Ovviamente A t ( ) t
=A
1 2 3
t
Un tensore si dice simmetrico se coincide con il suo trasposto, A = A , i.e. Aij=Aji ; esempio: 2 4 5
3 5 6
ovviamente un tensore trasposto definito da solo 6 componenti scalari.
ovviamente un tensore trasposto definito da solo 3 componenti scalari ( nota: le componenti diagonali di un
tensore anti-simmetrico devono essere nulle).
A.16
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
La traccia di un tensore Tr(A) lo scalare somma delle componenti sulla diagonale principale:
Tr(A)=Axx+Ayy+Azz.
La traccia del tensore unitario pari a 3 ed nulla per un tensore antisimmetrico. La traccia di un tensore
diadico a b pari al prodotto scalare delle componenti (sinistra e destra) Tr(a b) = ab
Ogni tensore pu essere espresso come somma di un parte simmetrica e di una anti-simmetrica: A= A s+ A a:
A= 1
2
[A + A ]+ [A A ]
t 1
2
t
(A.72)
A xx A xy A xz
A A yx A yy A yz =
A zx A zy A zz
(A.73)
A xx 1
2
(A xy + A yx ) (A + A )
1
2 xz zx 0 1
2
(A xy A yx ) (A
1
2 xz A zx )
= 1
2
(
A yx + A xy ) A yy (A + A ) + (A
1
2 yz zy
1
2 yx A xy ) 0 1
2
(A yz A zy)
1
2
(A xz + A xz ) 1
2
(A zy + A yz ) A (A
zz
1
2 xz A xz ) 1
2
(A zy A yz ) 0
E un vettore (nota il prodotto scalare abbassa di due unit la somma degli ordini tensoriali dei fattori)
i A xx i + i A xy j + i A xz k + j A yx i + j A yy j + j A yz k +
An = nx i + ny j+ nz k = [ ]
+ k A zx i + k A zy j + k A zz k
[ ]
svolgendo l'algebra
= i A xx n x + A xy n x + A xz n x + (A.75)
[
+ j A yx n x + A yy n x + A yz n x + ]
+ i [A zx n x + A zy n x + A zz n x ]
Espressione matriciale:
A xx A xy A xz n x
A n A yx A yy A yz n y (A.76)
A zx A zy A zz n z
Prodotto scalare da sinistra:
nA (A.77)
Espressione algebrica:
A.17
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
i A xx i + i A xy j + i A xz k + j A yx i +
[
n A = nx i + ny j+ nz k ] =
+ j A yy j + j A yz k + k A zx i + k A zy j + k A zz k
[A ]
svolgendo l'algebra
= n x + A yx n x + A zx n x i + (A.78)
xx
[
+ A xy n x + A yy n x + A zy n x j + ]
[
+ i A xz n x + A zy n x + A zz n x k ]
Espressione matriciale:
A xx A xy A xz
n A nx ny n z A yx A yy A yz (A.79)
A zx A zy A zz
Nota:
i due prodotti sono in genere diversi a meno che il tensore non sia simmetrico.
Vale infatti n A = At n ; A n = n At ; nU = Un = n
Sfruttando la definizione di parte antisimmetrica di un tensore, Aa si ottiene VA = AV+Av V
Valgono le seguenti identit Av V = 2 VAa Av = -2 VAa
a b : cd = [a d ] [b c] [a b] [c d ]
Ta = b (A.80)
Poniamoci il problema di esaminare cosa accade se imponiamo che il vettore b sia parallelo ad a : che sia
cio b = a [nota: uno scalare, e il modulo di a varia se 1] dovr ovviamente essere per la (A.80):
Ta = a (A.81)
ovvero:
L analisi spettrale dei tensori analizza se esistono soluzioni non banali per le (A.82), in tal caso:
A.18
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
i vettori a sono chiamati autovettori (ovvero vettori caratteristici ovvero eigenvectors) di T e i loro
versori definiscono le direzioni principali del tensore,
gli scalari sono chiamati autovalori (ovvero valori caratteristici ovvero eigenvalues) e
rappresentano le componenti del tensore T lungo le direzioni principali.
I I12
I = 11 (A.83) X
I 21 I 22
-1 1 2
siano:
m1 = 1 ; m 2 = 2 ; m 3 = 3
(A.84)
3 3 3
I11 = ( )
mj yj
2
= 12 I12 = I 21 = (
m j x jy j = 9 ) I 22 = mj xj( ) 2
= 15
j=1 j=1 j=1
I11 I1 2
=0 (A.87)
I 21 I22
I11 + I 22 1 I11 + I 22 1
1 = + (I11 I 22 )2 + I12 I 21 2 = (I11 I 22 )2 + I12 I 21 (A.89)
2 2 2 2
per il caso analizzato: 1=22.62 2= 4.376
Nota se I12=I21=0 risulta 1 = I11 e 2 = I22 e quindi il vettore a non ruotato (gli assi x e y sono principali
dinerzia).
In genere se I12 0 e I210 e (I11 I 22 ) + I12 I 21 > 0 si hanno due soluzioni reali cui corrispondono due
2
vettori caratteristici a(1) ed a(2) che sono indeterminati essendo la (A.82) e quindi la (A.85) un sistema
omogeneo.
A.19
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Questi vettori sono quindi individuati a meno di una costante (di solito si impone arbitrariamente una
componente e successivamente si normalizza il vettore ponendone il modulo unitario): ad esempio dalla
(A.85)
I11 a x + I1 2 a y = a x
(A.90)
I 21 a x + I 2 2 a y = a y
I12
I11a x a x = I1 2 a y ax = , ay =1
I11
(A.91)
I 22
I 21 a x = a y I 2 2 a y a x = , ay =1
I 21
Ne segue che gli autovettori a(1) ed a(2) corrispondenti ai due autovalori 1 ed 2 sono:
I12
a (1) x = , a (1) y = 1
1 I11
(A.92)
( 2) I12 ( 2)
a x = , a y =1
2 I11
di modulo:
(1) (I12 )2 + (1 I11 )2
a =
1 I11
(A.93
(I12 )2 + ( 2 I11 )2
a ( 2) =
2 I11
I due autovettori, normalizzati, diventano:
I12 I12
(1 I11 ) + (I12 )
2 2
( 2 I11 ) + (I12 )
2 2
= =
(1) (2)
a a (A.94
(1 I11 ) ( 2 I11 )
(1 I11 )2 + (I12 )2 ( 2 I11 )2 + (I12 )2
a
(1)
a
(2)
=
I12 I12
+
(1 I11 ) ( 2 I11 ) =
(1 I11 )2 + (I12 )2 ( 2 I11 )2 + (I12 )2 (1 I11 )2 + (I12 )2 ( 2 I11 )2 + (I12 )2
(A.95
=
(I12 )2 + (1 I11 )( 2 I11 )
(1 I11 )2 + (I12 )2 ( 2 I11 )2 + (I12 )2
Sostituendo in questa relazione i risultati della (A.89) ne risulta:
(1) (2)
a a =0 (A.96)
A.20
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Questi vettori individuano le due direzioni principali del tensore dinerzia I, che hanno, rispetto allasse x,
una inclinazione di:
a (y1) I a (y2 ) I
tan 1 = (1) = 1 11 tan 2 = ( 2 ) = 2 11 (A.97)
ax I12 ax I12
per il caso analizzato: 1 = -49,7314 2 = 40.2686
sostituendo le espressioni degli autovalori (A.89) nelle (A.97) si ritrova che 2 = 1 + /2 ovvero si conferma
che le direzioni principali sono ortogonali luna allaltra.
Se gli autovettori sono reali e distintiti, formano, se normalizzati, una matrice di rotazione:
R= a [ (1)
a
( 2)
] a (x1)
= (1)
a (x2 )
a (y2 )
la cui inversa R
1
=R
trasp
a (x1)
= ( 2)
a (y1)
a (y2 )
(A.98)
a y a x
Lapplicazione di questa rotazione alla matrice originaria la trasforma in una matrice diagonale:
1
a (x1) a (x2 ) I11 I12 a (x1) a (x2 ) I'11 0 1 0
R I R = (1) = = (A.99)
a y a (y2 ) I 21 I 22 a (y1) a (y2 ) 0 I'22 0 2
Nota:
I11 + I22 22.6241 +4.3759 = 27 = 15+12 = I11 + I22 invariato (A.100)
Lequazione caratteristica deve essere invariante: quindi i suoi coefficienti rappresentano gli invarianti del
tensore:
Inv1 = (T11 + T22 + T33 ) (A.104)
A.21
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Nota: i tensori che hanno il primo invariante nullo: Inv1 = (T11 + T22 + T33 ) = Tr (T ) =0 sono detti deviatorici.
I tensori che hanno le componenti scalari invarianti rispetto ad arbitrarie rotazioni di assi sono detti isotropi.
Ovviamente ogni tensore pu essere scritto come somma di un tensore deviatorico ed uno isotropo:
1 1 1
Tik = Tik Tmm ik + Tmm ik = D ik + Tmm ik (A.107)
14432443 3 { 3424
1 3
Dik deviatorico isotropo
Tr (T ) Tr (T ) Tr (T )
T=T U+ U= D + U (A.108)
Tr (U ) Tr (U ) {
4324
1 3
14243 isotropo
D deviatorico
Il tensore degli sforzi definito come una entit fisica tale che :
dS
tn = n (A.109)
d F s Forza
Dove la tensione tn =
dS Superfice
1 1 1 d Fn F
= lim
V 0 V n dS = lim V t
S = V
V 0
S = V
n dS = lim
V 0 V
S = V
dS
dS lim n
V 0 V
(A.110)
A.22
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
ergo la rappresenta il risultante degli sforzi superficiali viscosi, agente su di una particella fluida, per
unit di volume.
i A xx i + i A xy j + i A xz k + j A yx i +
A = i+ j+ k =
x y z + j A yy j + j A yz k + k A zx i + k A zy j + k A zz k
(A.111)
svolgendo l'algebra A xx A xy A xz A xy A yy A zy A xz A yz A zz
= + + i+ + + j+ + + k
x y z x y z x y z
Espressione matriciale:
A xx A xy A xz
A A yx A yy A yz (A.112)
x y z
A zx A zy A zz
Nota lidentit:
( )
p U = p U + U p = p (A.113)
Il Tensore diadico V entra nellanalisi della velocit di deformazione di una particella fluida.
Espressione algebrica:
[ ]
svolgendo l'algebra
V = i +j +k u i + v j+ u k =
x y z
(A.114)
u v w u v w u v w
i i+ j+ k + j i+ j+ k + k z i + z j + z k
x x x y y y
Espressione matriciale:
u v w
x x x x
u v w
V u v w (A.115)
y y y y
u v w
z z z z
A.23
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
V = [ V ] + [ V ] S + =
s a
(A.116)
u v u w u 1 v u w u
1
+ 1
+ 0 2
1
x 2
x y
2
x z x y
2
x z
u v v 1 w v v u 1 w v
= 12 + 2
+ + 12 0 2
y x y y z x y y z
1 u w v w w w u w v
2
+ 1
2
+ 12 12 + 0
z x z y z x z y z
NOTA CHE:
la traccia di S (che coincide con la traccia di V ) pari alla divergenza della Velocit : Tr(S)=V
il vettore della parte antisimmetrica cio di (che coincide con il vettore di V ) pari a v=V
che esprimibile in funzione delle tre componenti del rotore della velocit detto vorticit :
w v u w v u
= V = i + j + k = x i + y j + z k (A.117)
y z z x x y
v u w u
0 1
1
x y x z
2 2
0 1
2
z 12 y 0 z y
v u 1 w v (A.118)
12 0 2
= 2 z
1
0 1
2 x
= 1
z 0 x
x y y z
2
1
2 x
1
0 y x 0
w u w v 2 y
12 12 + 0
x z y z
Espressione algebrica:
u v w
i x i + x j + x k +
[
V [ V ] = u i + v j + w k ]
=
+ j u i + v j + w k + k u i + v j + w k (A.119)
y y y z
z z
u u u v v w w w w
= u + v + w i + u +v +w j + u +v +w k
x y z x y z x y x
Espressione matriciale:
u v w
x x x
u v w
V [ V ] [u v w] (A.120)
y y y
u v w
z z z
A.24
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
(V )V (A.121)
Espressione algebrica:
[V ]V = [u i + v j + w k ] i+
[
j + k ui + v j + w k = ]
x y z
= u
+v +w
[
z
ui + v j + w k =] (A.122)
x y
u u u v v w w w w
= u +v +w i + u +v +w j + u +v +w k
x y z x y z x y x
Espressione matriciale:
x u
[ V ]V [u v w ] v (A.123)
y
w
y
Esercizio.A.10
Verifica lidentit vettoriale: S = 1
2
[ V + ( V)]
2
Esercizio.A.11
V2
Verifica lidentit vettoriale: V V = + ( V ) V
2
Esercizio.A.12
V2
Verifica lidentit vettoriale: V V = + 2V
2
Esercizio.A.13
Determina le componenti di nV
(rappresenta la potenza dissipata dallo sforzo viscoso agente su di una superficie)
Esercizio.A.14
Verifica lidentit ( ) V = ( ) V+
trasp
: ( V )
(rappresenta la potenza dissipata dal risultante degli sforzi viscosi agente sulla superficie di una particella,
per unit di volume)
Esercizio.A.15
Verifica le seguenti identit
(a b ) = (a ) b + ( b ) a
(a b ) = b ( a ) a ( b )
A.25
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
(a b ) = a ( b ) b( b ) a ( b ) + b ( a )
(a b ) = (a ) b + ( b ) a
(a b ) = ( a )b + a ( b )
(a b ) = ( a )b a ( b )
della divergenza:
V
S
V dV = n V dS
V S = V
(A.125) V
dV = n dS
V S = V
(A.126)
del rotore: V dV = n V dS
V S = V
(A.127)
A.26
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Ovviamente il sistema di relazioni (A.129) dovr essere invertibile (potrebbe non esserlo in certi punti
singolari, ma questo non un vero problema in quanto escluderemo semplicemente luso di tali punti) e
capace di definire una corrispondenza univoca:
Le (A.129) e (A.130) definiscono un sistema di coordinate (in generale non necessariamente ortonormale)
curvilineo (1,2,3) e rappresentano anche la trasformazione tra il sistema cartesiano (x,y,z) e quello
curvilineo (1,2,3) e viceversa.
Le superfici:
sono le superfici coordinate del sistema (1,2,3) che passano per il punto (x,y,z) e le loro intersezioni
definiranno gli assi curvilinei che passano per il generico punto (x,y,z):
Ci si pone il problema di trovare i versori coordinati del sistema (1,2,3) e le componenti di un generico
vettore a in questo sistema.
Per ragioni puramente didattici, assumeremo il vettore a(ax,ay,az) noto nel sistema (x,y,z) e cercheremo di
esprimere le componenti di a nel sistema (1,2,3).
Ovviamente questo varr anche per il vettore posizione: r(x,y,z) che nel sistema curvilineo avr una
rappresentazione r(1, 2, 3).
A.27
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
A scapito della generalit, ma a vantaggio della praticit, facciamo un esempio bidimensionale di un sistema
non ortogonale molto semplice (cui faremo riferimento per esempi pratici) rappresentato da due assi rettilinei
posti ad un generico angolo 0 < < .
In particolare nella figura rappresentato un sistema non ortogonale
avente: y 2
lasse 1 parallelo allasse x,
lasse 2 posto ad un angolo rispetto allasse x. (2)
E ben ovvio che tale doppia modalit scompare (le due componenti coincideranno) se il sistema
(1, 2) fosse ortonormale (=/2).
Ed altrettanto ovvio che i due tipi di componenti devono riferirsi a versori coordinati differenti.
Come in tutti i momenti di difficolt osserviamo il consiglio del saggio: procedere con calma, metodo e
seguire i fondamentali.
Il vettore posizione r(x,y,z) ha, nel sistema curvilineo (1, 2, 3), una rappresentazione r(1, 2, 3).
Il vettore tangente alla coordinata curvilinea 1 (per cui 2 e 3 devono essere costanti) nel punto
P(x,y,z) dato per definizione da:
r
E (1) = (A.133)
1
Il versore tangente sar:
E E
e (1) = (1) = (1) (A.134)
E (1) h (1)
Il fattore di scala relativo sar:
r
h (1) == (A.135)
1
(1)
E = 1 (A.136)
Il versore normale sar:
(1) (1)
(1) E E
e = (1)
= (1) (A.137)
E h
Il fattore di scala relativo sar:
A.28
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
h (1) = 1 (A.138)
Nel dubbio che ci assale nellesplicitare le relazioni delle coordinate del sistema obliquo rispetto a quello
cartesiano, ricordando i fondamentali, adottiamo la regola del parallelepipedo e quindi definiamo questo
sistema rispetto al cartesiano come:
x = 1 + 2 cos y
(A.139)
y = 2 sin
2
y
1 = x tan
(A.140)
= y x
2
sin
1
Nota: nella relazione inversa qualcosa sballa per =0, ma non c problema: in questo caso i due assi 1=2
coincidono e quindi il sistema di riferimento non valido.
Dalle (A.139) si ricava per il vettore posizione r(1,2) nel riferimento cartesiano:
r E (1)
E (1) = =i h (1) = E (1) = 1 e (1) = =i (A.142
1 h (1)
r E (2 )
E ( 2) = = cos i + sin j h (2 ) = E (2 ) = 1 e(2 ) = = cos i + sin j (A.143)
2 h (2 )
2
1 (1) (1) 1 1 (1)
E
(1)
= 1 = i j h =E = 1+ = e = sin i cos j (A.144)
tan tan sin
1 (2 ) 1 (2 )
E
( 2)
= 2 = j h (2 ) = E = e =j (A.145)
sin sin
E interessante fare i diversi prodotti scalari tra i vari vettori tangenti e normali trovati:
A.29
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
1
j (i ) = 1
(1)
E E (1) = i
tan
(1)
E E (1)
(1)
( )
e e (1) = sin i cos j (i ) = sin = (1)
h h (1)
= (1)
1
h h (1)
(1)
E E (2 ) = i
1
tan
( )
j cos i + sin j = cos cos = 0
(1)
E E (2 )
(1)
( )( )
e e (2 ) = sin i cos j cos i + sin j = sin cos cos sin =
h (1) h (2 )
=0
1
j ( i ) = 0
(2 )
E E1 =
sin
(2 )
E E
(2 )
()
e e (1) = j ( i ) = (2 ) (1) = 0
h h (1)
E
(2 ) 1
E (2 ) =
( )
j cos i + sin j = 1
sin
(2 )
E (2 )
e
(2 )
() ( )
e (2 ) = j cos i + sin j = sin =
E
h (2 )
h (2 )
= (2 )
1
h h (2 )
(i ) 0 se i j
E E ( j) = ij = (A.146)
1 se i = j
y 2
Questa rappresenta una relazione universale tra i vettori
tangenti e quelli normali.
j , e (2)
e (2)
Nella figura a lato sono rappresentati questi versori nel
piano.
x
i , e (1) 1
e (1)
Ma, ricordando i fondamentali, notiamo che la propriet rappresentata dalla formula di cui sopra altro non
che una relazione che lega una certa terna di assi:
Ma allora scopriamo che gli assi reciproci possono costruirsi, alternativamente, mediante i prodotti vettoriali
degli assi di partenza, ad esempio per i=1:
A.30
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
(2 ) (3 )
(1) E ( 2 ) E (3 ) E E
= (1)
E =
E (1) (E (2 ) E (3 ) )
E (1)
(
(2 )
E E E
(3 )
) (A.147)
Ma esiste, come sempre, una terza via, che preferiamo illustrare con un esempio di sistema curvilineo non
ortogonale leggermente pi complicato.
u1 = x y ; u2=(x2+y2)/2 (A.148)
(rappresenta un sistema di iperboli-circonferenze)
(1) u1 u
E = u1 = = i+ 1 j =
{ yi+x j (A.149)
x y nella
fattispecie
( 2) u 2 u
E = u 2 = i+ 2 j =
{ xi+y j (A.150)
x y nella
fattispecie
r x y r x j
E (1) = = i+ j E (2 ) = = i+ j (A.151
u1 u1 u1 u 2 u 2 u 2
Con un poco di attenzione ai fondamentali, osserviamo che abbiamo a disposizione le derivare parziali delle
coordinate curvilinee rispetto a quelle cartesiane, cio conosciamo lo jacobiano:
u1 u 2
(u1 , u 2 ) x x
J= = u (A.152)
(x , y ) 1 u 2
y y
e vogliamo calcolare le derivate parziali delle coordinate cartesiane rispetto a quelle curvilinee, cio le
componenti della matrice che rappresenta linverso dello jacobiano di cui prima:
x y
u u1 (x , y )
1 = = J 1 (A.153)
x y (u1 , u 2 )
u 2 u 2
Per trovare queste componenti basta, quindi, invertire la matrice jacobiana. Questa inversa pari alla matrice
aggiunta (composta dai complementi algebrici di ogni componente) divisa per il determinante.
Nel caso semplice considerato (2D) abbiamo una matrice 2x2, per cui:
A.31
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
x y u 2 u1
u
u1 1 y y
1 =
y det(J ) u 2 (A.154)
x
u1
u 2 u 2 x x
x y
u u1 1 y x
1 =
x (
y y 2 x 2 x y ) (A.155)
u 2 u 2
da cui
r y x
E (1) = = 2 i 2 j (A.156
u1 y x 2
y x2
r x y
E (2 ) = = 2 i+ 2 j (A.157
u 2 y x 2
y x2
(i ) 0 se i j
E E ( j) = ij = (A.158)
1 se i = j
Queste relazioni sono molto utili perch consentono, ricordando il significato del doppio prodotto misto tra
vettori e lespressione per lo jacobiano, di calcolare i volumi infinitesimi nelle due rappresentazioni di
coordinate:
controvariante
(1)
( (2 ) (3 )
dV (.) = d E d E d E = h1h 2 h 3d1d 2 d 3) (A.159)
covariante dV (.) = d E (1) (d E (2 ) d E (3 ) ) = h1h 2 h 3d1d 2 d 3 (A.160)
A questo punto abbiamo tutti gli ingredienti per ricavare le definizioni delle componenti di un vettore a .
Possiamo definirle
rispetto ai vettori coordinati (E) (di lunghezza non necessariamente unitaria)
ovvero
rispetto ai versori coordinati (e) (di lunghezza certamente unitaria).
Ne derivano:
A.32
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
3
a = A (1) E (1) + A ( 2 ) E (2 ) + A ( 3) E (3 ) = A ( i ) E (i ) (i )
{ A E (i ) (A.162)
i =1 notazione
indiciale
dove:
(i )
A (i ) = a E (A.163)
ovvero
3
a = a (1) e (1) + a ( 2) e (2 ) + a (3) e (3 ) = a ( i ) e (i ) (i )
{ a e (i ) (A.164)
i =1 notazione
indiciale
dove:
(i )
a (i ) = a e (A.165)
3
(1) (2 ) (3 ) (i ) (i )
a = A (1) E + A (2 ) E + A (3 ) E = A (i ) E
{ A (i ) E (A.166)
i =1 notazione
indiciale
dove:
A (i ) = a E (i ) (A.167)
ovvero:
3
(1) (2 ) (3 ) (i ) (i )
a = a (1) e + a (2 ) e + a (3 ) e = a (i ) e
{ a (i ) e (A.168)
i =1 notazione
indiciale
dove:
a ( i ) = a e (i ) (A.169)
Andiamo quindi a verificare, con ordine, le componenti controvarianti e covarianti di un generico vettore
a, per il nostro esempio di sistema di riferimento obliquo.
Dalle definizioni e da quanto ritrovato discende molto semplicemente:
A.33
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Componenti covarianti:
a ( i ) = a e (i ) (A.179)
( )
a (1) = a x i + a y j ( i ) = a x (A.180)
a (2 ) = (a x i + a y j) ( cos i + sin j) = a x cos + a y sin (A.181)
y 2
Queste componenti sono riportate nella figura a lato.
a (2)
a (2)
ay a
x
a (1)
a x,a (1) 1
Dalle definizioni delle componenti controvarianti (A.170-172) e covarianti (A.176-178) discende che se
consideriamo due sistemi e , ruotati luno rispetto allaltro, e indichiamo con qik il coseno dellangolo
formato dallasse i e lasse k ovvero:
(i ') '( k )
q ik' = E ( k ) E q ik ' = E (i ) E (A.182)
risulta:
Il tipo di rappresentazione di un vettore rispetto ad un generico sistema curvilineo viene definito dal
soddisfacimento della regola di variazione delle sue componenti:
ovvero
Bada: ad essere pignoli, nellesempio del sistema obliquo, le coordinate degli assi coordinati si dovrebbero
scrivere come 1 ed 2 in quanto il vettore posizione r ha una naturale rappresentazione
controvariante come:
r = (1) E (1) + ( 2 ) E (2 ) (A.185)
A.34
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
(i ) (k )
g ik = E (i ) E (k ) g ik = E E (A.186)
a e (i ) = a (k ) [e( ) e( ) ]
k i
(i )
a e = a (k ) [e( ) e( ) ]
k i
(A.187)
risulter che le componenti controvarianti di un vettore a potranno essere espresse in termini delle
componenti covarianti come:
a (i ) = g ik a (k ) (A.188)
a (i ) = g ik a (k ) (A.189)
Le nove (in uno spazio 3D) componenti gik (ovvero gik) formano un tensore detto tensore metrico G che,
considerando i coefficienti metrici (o fattori di scala) hi si pu esprimere come:
NOTA: Verificare che gik=0 per ik un buon metodo per testare lortonormalit
di un sistema di riferimento curvilineo.
Il tensore metrico (talora chiamato tensore fondamentale perch definisce la forma bilineare fondamentale
o forma quadratica fondamentale della geometria algebrica) fornisce tutte le informazioni per
lalgebrizzazione del sistema.
Una volta nota la base: E(1), E(2), E(3), lelemento di arco tra due punti contigui sar dato, per definizione, in
base alle (A.133) , da:
(ds )2 = d r 2 = d r d r = g ik d (i )d (k ) (A.192)
A.35
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
NOTA: talora il determinante del tensore metrico G denotato con G e la (A.159) si scrive:
dV = G d (1)d (2 )d (3 ) (A.194)
Nel caso di un sistema ortogonale, i coefficienti metrici, necessari per la definizione degli operatori, saranno:
h1 = g11 ; h 2 = g 22 , h 3 = g 33 (A.195)
Come esempi: per il sistema di assi obliqui (2D) posti ad un angolo si ritrova:
G = 1 (cos ) = sin
2
(A.197)
Mentre nel caso dellesempio considerato per il sistema (2D) iperboli/circonferenze si ritrova:
x 2 + y2 2xy
g
G = 11
g12 (h1 )
=
2
h1h 2 y 2 x 2
=
2
( ) (y x 2 2 2
) (A.200)
g 21 g 22 h1h 2 (h 2 )2 2xy x 2 + y2
2
y x
2 2
( ) (y 2
x2 )2
G=
(x 2
)
2
+ y 2 4x 2 y 2
=
1
(A.201)
(y 2
x )
2 2 y x2
2
(ds )2 = x 2 + y2
[(d ) + (d ) ]
2 2 4x y
d1d 2 (A.202)
(y 2
x 2 2
) 1 2
(y 2
x2 ) 2
1
dA = d1d 2 (elemento differenziale di area) (A.203)
y x2
2
Ovviamente verificandosi, in entrambi i casi, che i coefficienti del tensore metrico fuori diagonale sono non
nulli, ne deriva (come atteso) che i due sistemi saranno non ortogonali.
Esercizio A.1
Analizzare il sistema di riferimento polare-ellittico di cui alla (A.23)
Esercizio A.2
A.36
C.GOLIA Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale
Esercizio A.3
Esprimi il prodotto scalare tra due vettori a e b in termini delle loro componenti controvarianti e covarianti.
Trovarne lespressione nel riferimento obliquo.
Esercizio A.4
Esprimi il prodotto vettoriale tra due vettori a e b in termini delle loro componenti controvarianti e
covarianti. Trovarne lespressione nel riferimento obliquo.
Esercizio A.5
Date le basi: e1 = - 4 i +2 j e2= 3 i +3 j e3=2 k
Trova le componenti controvarianti e covarianti del vettore che va dallorigine al punto (1,1,1).
A.37
C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica
Appendice B
Richiami di Termodinamica
Scopo dellAppendice
Riferimento per la termodinamica di equilibrio di gas pi che perfetti
Indice dellAppendice
Paragrafo pagina
B.1
C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica
In condizioni di equilibrio termodinamico possibile definire uno stato termodinamico per mezzo di
relazioni tra un numero finito di grandezze che in generale possono essere di tipo estensivo e di tipo
intensivo.
La relazione tra grandezze estensive capace di definire lo stato termodinamico detta relazione
fondamentale,
ad es. la relazione entropica S=S(U,V,M) ed il numero di parametri necessari a definire la entropia S, in
questo caso lenergia interna U, il volume V e la massa M pari ai gradi di libert del sistema
termodinamico.
In questo caso si tratta del pi semplice caso di gas a tre gradi estensivi di libert.
Ovviamente un rappresentazione specifica (per unit di massa: s=S/M=s(u,v) avr un grado di libert
minore di una unit; ergo il gas pi semplice a due gradi intensivi di libert.
Parametri intensivi:
T = temperatura termodinamica
p= pressione termodinamica
elchim = potenziale elettrochimico (moltiplicato la massa fornisce lenergia chimica)
La relazione fondamentale
Propriet della funzione fondamentale di essere una funzione omogenea di primo grado
Per cui deve essere
Relazione di Eulero:
u = u(s,v) = Ts-pv+elchim (B.2)
Relazione di Gibbs:
du = Tds-pdv (B.3)
Dove:
u
temperatura termodinamica T= (B.4)
s v =cos t.
u
pressione termodinamica p= (B.5)
v s=cos t.
Definizione di
entalpia termodicamica: h(s,p) = u+pv (B.6)
forme differenziali:
1 p 1 v
dh = Tds+vdp ds = du + dv ds = dh dp (B.7)
T T T T
B.2
C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica
Luso delle equazione fondamentali scomodo, in quanto le grandezze estensive sono di difficile
misurazione, conviene descrive il gas con luso misto di grandezze estensive ed intensive, in questo caso
occorrono tante equazioni di stato quanto sono i parametri estensivi, nel nostro caso occorrrono due
equazioni di stato:
p = RT ; u = cv T [u(T=0)=0] (B.8)
dove
u
cv = (B.9)
T v =cos t.
da cui deriva
p
h = u + pv = u + = c v T + RT = (c v + R ) T = c p T [h(T=0) = 0] (B.10)
calori specifici
s u s h
c v T = c p T = = cv + R (B.11)
T v T v T p T p
cp 1
R = cp - cv = cp = R cv = R (B.12)
cv -1 -1
Dove.
Ro
R gas = Ro = 8314 J/(kmol K) = 4.97 104 (ft lb)/(slugmol R)
(mgas )
per l'aria:
Dalla relazione
gas p.c.p.
1 p dT dv
ds = du + dv = cv +R (B.14)
T T T v
integrando:
T2 v2
s 2 s1 = c v ln + R ln (B.15)
T1 v1
Dalla relazione
gas p.c.p.
1 v dT dp
ds = dh dp = cp R (B.16)
T T T p
B.3
C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica
integrando:
T2 p2
s 2 s1 = c p ln R ln (B.17)
T1 p1
Dalla relazione
gas p .c.p . dT dp gas p .c. p . dp dv dp dv dp
ds = cp R = cp + R = cp + cv (B.18)
T p p v p v p
integrando:
v2 p2
s 2 s1 = c p ln + c v ln (B.19)
v1 p1
1
v 2 T2 1
= ovvero T v ( 1) = costante (B.20)
v 1 T1
p 2 T2 1
T 1
= ovvero = costante (B.21)
p 1 T1 p
p2 v2
= ovvero p v = costante (B.22)
p1 v1
ovvero
p 2 2 T2 1
= = (B.23)
p 1 1 T1
B.4
C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione
Appendice C
Tabelle di Conversione
Scopo dellAppendice
Nel 1872 il Congresso Internazionale di Parigi propose la Convenzione Metrica, firmata da 17
paesi (inclusi GB ed USA) in cui si scelse la base decimale per il sistema metrico.
Per standardizzare il sistema metrico soltanto nel 1960 la Convenzione Generale di Pesi e
Misure propose il Sistema di Unit Internazionale (SI) in cui 40 nazioni assunsero come
dimensioni primarie (di interesse in fluidodinamica) la Massa {M}, la Lunghezza {L}, il
Tempo {T} e la Temperatura {} e come unit di misura rispettivamente il Kilogrammo (kg),
il Metro (m), il Secondo (s) il grado Kelvin (K).
In teoria quindi anche i paesi anglosassoni dovrebbero usare al posto del sistema britannico
BG il sistema metrico SI. Purtroppo non cos, specialmente nella fluidodinamica dove molte
costruttori di pompe, turbine, strumentazioni molte tabelle di riferimento sono riportate in
unit del sistema BG.
Un ingegnere deve conoscere il significato dei suoi prodotti, che spesso sono numeri che
esprimono la quantizzazione di grandezze fisiche in unit di sistemi di misura.
Questa appendice vuole porgere un primo piccolo aiuto per la realt della vita di un ingegnere.
Indice dellAppendice
Paragrafo pagina
C.1 Lunghezze 2
C.2 Aree 2
C.4 Angoli piani 2
C.5 Angoli solidi 3
C.6 Masse 3
C.7 Densit 3
C.8 Tempi 3
C.9 Velocit 4
C.10 Forze 4
C.11 Pressioni 4
C.12 Energie (lavoro e calore) 5
C.13 Potenza 5
C.14 Conducibilit termiche 6
C.15 Viscosit dinamica 6
C.16 Viscosit Cinematica 6
C.1
C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione
C.1 Lunghezze
cm m km in ft Miglio
(statutario)
C.2 Aree
C.3 Volumi
m3 cm3 litro ft3 in3
C.2
C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione
1 grammo 1 0.001 6.852 10-5 6.024 1023 3.527 10-2 2.205 10-3 1.102 10-6
1 kilogrammo 1000 1 6.852 10-2 6.024 1026 35.27 2.205 1.102 10-3
1 slug 1.450 104 14.59 1 8.789 1027 514.8 32.17 1.609 10-2
-24 -27 -28 -26 -27
1 amu 1.660 10 1.660 10 1.137 10 1 5.855 10 3.660 10 1.829 10-30
1 oncia 28.35 2835 10-2 1.943 10-3 1.708 1025 1 6.250 10-2 3.125 10-5
-2 26
1 pound 453.6 0.4536 3.108 10 2.732 10 16 1 0.0005
1 ton 9.072 10-5 907.2 62.16 5.465 1029 3.200 104 2000 1
* usare con cautela: alcune unit sono peso-equivalenti e dipendono dal valore assunto della gravit
C.7 Densit*
slug/ft3 kg/m3 km/cm3 lb/ft3 lb/in3
C.8 Tempi
anni giorni ore minuti secondi
C.3
C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione
C.9 Velocit
C.10 Forze*
dyne N lb pdl gr-f kg-f
1 dyne 1 10-5 2.248 10-6 7.233 10-5 1.020 10-3 1.020 10-6
1 Newton 105 1 0.2248 1.233 102.0 0.1020
5
1 pound 4.480 10 4.448 1 32.17 453.6 0.4536
1 poundal 1.383 104 0.1383 3.108 10-2 1 14.10 1.41 10-2
1 grammo-forza 980.7 9.807 10-3 2.205 10-3 7.093 10-2 1 0.001
5
1 kilogrammo-forza 9.807 10 9.807 2.205 70.93 1000 1
1 kgf= 9.80665 newton 1 lb = 32.17398 poundals
* usare con cautela: alcune unit sono peso-equivalenti e dipendono dal valore assunto della gravit
C.11 Pressioni
atm dyne/cm2 in-H2O cm -Hg P (pascal) lb/in2 lb/ft2
1 pound per inch2 (psi) 6.805 10-2 6.895 104 27.68 5.171 6.895 10-3 1 144
1 pound per footh2 4.725 10-4 3.591 10-2 -3
478.8 0.1922 47.88 6.944 10 1
1 bar = 106 dyne/cm2
(*) con gravit pari a 9.80665
C.4
C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione
1 Btu 252.0 3.930 10-4 6.585 1021 1.174 10-14 7.074 1012
1 erg 2.389 10-8 2.7780 10-14 6.242 1011 1.113 10-24 670.5
1 foot-pound 0.3239 3.766 10-7 8.464 1018 1.509 10-17
9.092 10-00
-4
1 cavallomotore-ora 6.414 10 0.7457 1.676 1025 2.988 10-11
1.8001016
1 joule 2.389 2.778 10-7 6.242 1018 1.113 10-17 6.705 107
1 caloria 1 1.163 10-6 2.613 109 4.569 10-17 2.807 1010
1 kilowatt-ora 8,601 105 1 2.247 1025 4.007 10-11 2.414 1016
-20
1 elettron-volt 3.827 10 4.450 10-26 1 1.783 10-36 1.074 10-9
1 kilogrammo forza - metro 2.147 1016 2.497 1010 5.610 1035 1 0.000 10-00
1 unit atomica di massa 3.564 10-11 4.145 10-17 9.310 108 1.660 10-27 1
C.13 Potenza
Btu-h Btu-sec Ft-lb-min Ft-lb-sec HP Cal-sec kw watt
1 Btu per ora 1 2.778 10-4 12.97 0.2161 3.929 10-4 7. 0 10-2 2.930 10-4 0.2930
1 Btu per secondo 3600 1 4.669 104 777.9 1.414 252.0 1.05 1.055 10-3
1 pound-foot per minuto 7.713 10-2 2.142 10-5 1 1.667 10-2 3.030 10-5 5.99 10-3 2.260 10-5 2.260 10-2
1 pound-foot per sec 4.628 1.286 10-3 60 1 1.818 10-3 0.3239 1.356 10-3 1.356
1 Cavallo vapore 2545 0.7069 3.300 104 550 1 178.2 0.7457 745.7
1 calorie per sec 14.29 0.3950 1.852102 3.087 3.613 10-3 1 4.186 10-3 4.186
1 kilowatt 34.13 0.9481 4.425 104 737.6 2546 238.9 1 1000
1 watt 3.413 9.481 10-4 44.25 0.7376 1.341 10-3 0.2389 0.001 1
C.5
C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione
1 Cal per sec per cm per C 1 418.5 10.63 241.9 5.600 10-3 9.503 10-2
1 watt per m. per K 2.390 10-3 11 2.540 10-2 0.5781 1.338 10-5 2.271 10-4
1 watt per in per C 9.407 10-2 39.37 11 22.76 5.269 10-4 8.939 10-3
1 Btu per h per ft per F 4.134 10-3 1.730 4.394 10-2 1 2.315 10-5 3.929 10-4
1 Btu per sec per in per F 1.786 102 7.474 10-00 1.898 104 4.320 104 1 16.97
1 HP per ft per F 10.52 4403 111.8 2546 5.894 10-2 1
C.6