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Università degli Studi di Firenze

Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale

 
 
DISPENSE DI 
  

G E O T E C N I C A 

Johann Facciorusso johannf@dicea.unifi.it


Claudia Madiai clau@dicea.unifi.it
Giovanni Vannucchi giovan@dicea.unifi.it

Revisione Settembre 2011


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PREMESSA

FINALITÀ, LIMITI ED USO DI QUESTE DISPENSE


In un momento storico dell’Università italiana in cui, con preoccupante frequenza, sono
imposte modifiche all’ordinamento degli studi, con conseguente variazione degli obiettivi
di formazione didattica, ed essendo ormai disponibile a tutti uno strumento straordinario
di divulgazione come Internet che permette di immettere, modificare e aggiornare le in-
formazioni, a costi bassissimi per l’utente, abbiamo ritenuto di qualche utilità preparare
queste dispense, disponibili sul sito web del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambien-
tale, allo scopo di facilitare gli studenti nella preparazione agli esami di alcune delle di-
scipline di Ingegneria geotecnica impartite presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università
di Firenze.
Le dispense non sono in alcun modo sostitutive di libri e testi a carattere scientifico o pro-
fessionale, cui è comunque necessario ricorrere per approfondire le conoscenze di inge-
gneria geotecnica.
Inoltre è probabile, anzi è quasi certo, che vi siano errori di diversa natura e origine (spe-
riamo non troppo gravi), che tuttavia la forma di divulgazione prescelta ci consentirà di
ridurre progressivamente via via che saranno individuati. A tale scopo invitiamo calda-
mente tutti gli studenti non solo a segnalarci gli errori che avranno individuato, ma anche
a inviarci commenti, suggerimenti e critiche volte a migliorare il prodotto didattico.

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Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Sezione Geotecnica
J. Facciorusso, C. Madiai, G. Vannucchi – Dispense di Geotecnica (Rev. Settembre 2011)
PREMESSA

INDICE DELLE DISPENSE

Cap. Argomento
0 Introduzione

1 Origine e struttura dei terreni

2 Costipamento

3 Principio delle tensioni efficaci

4 Idraulica dei terreni

5 Modelli reologici

6 Pressioni di contatto e diffusione delle tensioni in un semispazio elastico

7 Compressibilità e consolidazione edometrica

8 Ancora sulla consolidazione

9 Resistenza al taglio dei terreni

10 Terreni insaturi

11 Teoria dello stato critico e modello Cam Clay modificato

12 Indagini in sito

13 Spinta delle terre

14 Opere di sostegno

15 Capacità portante delle fondazioni superficiali

16 Cedimenti delle fondazioni superficiali

17 Capacità portante di fondazioni profonde

18 Stabilità dei pendii

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Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Sezione Geotecnica
J. Facciorusso, C. Madiai, G. Vannucchi – Dispense di Geotecnica (Rev. Settembre 2011)
INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

La Geotecnica è una disciplina che tratta la meccanica dei terreni e delle rocce, e le sue
applicazioni nell’ambito dei problemi di ingegneria civile e ambientale (fondazioni, opere
di sostegno, stabilità dei pendii, miglioramento e rinforzo dei terreni, etc..).
Poiché ogni opera di ingegneria civile è fondata e/o è realizzata con il terreno, la proget-
tazione geotecnica esiste da quando esiste l’ingegneria civile. Tuttavia fino a non molti
decenni fa le regole di progettazione geotecnica sono state sostanzialmente empiriche, ba-
sate sull’osservazione dei fenomeni naturali e del comportamento delle opere costruite.
Oggi non sarebbe più possibile progettare su base empirica, per molti motivi, fra cui:
- riduzione dei tempi di esecuzione (il comportamento del terreno è fortemente influen-
zato dalla velocità di applicazione dei carichi);
- necessità di operare in contesti ambientali diversi, spesso residuali e non conosciuti,
- minore tolleranza di effetti indesiderati, come i cedimenti assoluti e differenziali.
La qualità del progetto geotecnico, in termini di sicurezza, funzionalità, durabilità, realiz-
zabilità ed economicità, è determinata da una molteplicità di elementi. L’evento della
progettazione può essere infatti scomposto concettualmente nelle seguenti fasi: (1) analisi
e comprensione della realtà fisica, ovverosia individuazione dei fattori che influiscono sui
fenomeni in studio; (2) gerarchizzazione di tali fattori in base alla loro influenza nel con-
testo dell’oggetto della progettazione; (3) schematizzazione del problema secondo le prio-
rità delineate; (4) formulazione di – o ricorso ad – un modello adeguato al fine ed al con-
testo progettuale, ovverosia in relazione all’obiettivo ed alla quantità e qualità dei dati di-
sponibili e/o acquisibili; (5) caratterizzazione geotecnica specifica e finalizzata alla solu-
zione del problema in esame, previa valutazione della significatività e dell’affidabilità dei
dati di progetto; (6) implementazione del modello; (7) valutazione critica dei risultati in
termini di affidabilità e in relazione all’obiettivo da raggiungere; (8) definizione e descri-
zione delle modalità tecnologiche di realizzazione.
Tutte le fasi della progettazione richiedono “cultura” (geo)tecnica. In quest’ultima si indi-
viduano due componenti: “scienza” ed ”esperienza”. “Scienza” intesa come comprensio-
ne dei fenomeni fisici e capacità di modellazione matematica. ”Esperienza” intesa come
valutazione della verosimiglianza dei dati e dei risultati sulla base dell’analisi critica delle
evidenze sperimentali di fenomeni analoghi, o parzialmente analoghi, a quello in studio.
L’uso combinato di “scienza” ed “esperienza”, teorizzato e formalizzato nei cosiddetti
“sistemi esperti”, ma comunque pratica corrente di ogni buon progettista, può richiedere
un processo iterativo di ottimizzazione.
Dunque, condizioni fondamentali per una progettazione di qualità sono la scelta di un
modello adeguato, la corretta valutazione dell’affidabilità dei parametri numerici di in-
gresso al modello stesso, e la capacità di valutazione critica dell’affidabilità dei parametri
di uscita.
Nel contesto della disciplina geotecnica, la scelta di un modello adeguato può tradursi in
una molteplicità di conoscenze inerenti, ad esempio, i modelli costitutivi dei terreni, le te-
orie sulla capacità portante e sulla spinta delle terre, le indagini in sito ed in laboratorio.
La seconda condizione può tradursi in una corretta valutazione dell’affidabilità dei risulta-

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INTRODUZIONE

ti della caratterizzazione geotecnica preliminare al progetto; la terza condizione, infine,


nella capacità di valutare i risultati dal punto di vista numerico, confrontandoli con quelli
attesi in base all’esperienza. Quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza, in quan-
to implica concettualmente anche una verifica critica dell’adeguatezza del modello pro-
gettuale adottato ed una valutazione qualitativa del livello di sicurezza del progetto stesso.
La componente “scienza” della cultura geotecnica è necessaria per affrontare problemi
nuovi o inusuali, e per impostare la ricerca tecnico-scientifica. La componente “esperien-
za” è necessaria per stimare l’affidabilità dei risultati ottenuti. Una progettazione basata
solo sull’esperienza (ovvero sull’empirismo) è possibile ma sterile, poiché tende a ripro-
durre se stessa.
La meccanica dei terreni si differenzia dalla meccanica dei solidi e dalla meccanica dei
fluidi poiché studia il comportamenti di mezzi plurifase particellari.
Il relativamente tardo sviluppo della meccanica dei terreni moderna (prima metà del XX°
secolo) è dovuto alle difficoltà di modellare il comportamento di materiali costituiti da tre
fasi (solida – liquida - gassosa) che interagiscono fra loro, ed alla grande variabilità dei
materiali compresi sotto il termine “terreno”. Variabilità stratigrafica, poiché il volume di
terreno interessato da un problema geotecnico può comprendere materiali differenti, va-
riabilità intrinseca ad ogni terreno, dipendenza del comportamento dei terreni dalla storia
tensionale, deformativa e dal tempo.
Un’altra difficoltà specifica dell’ingegneria geotecnica consiste nell’acquisizione di dati
sperimentali quantitativamente significativi e qualitativamente affidabili.
Per risolvere i problemi di ingegneria geotecnica si ricorre spesso ad una tecnica non rigo-
rosa ma ingegneristicamente efficace che consiste nel considerare separatamente i diversi
aspetti del problema, e nell’affrontare ciascuno di essi con modelli parziali, capaci di dare
una risposta affidabile solo limitatamente ad un aspetto. Ad esempio il problema delle
fondazioni superficiali viene affrontato modellando il terreno come un continuo elastico
per determinare la diffusione delle tensioni, come un mezzo rigido perfettamente plastico
per determinare il carico limite di rottura, come un mezzo elasto-plastico-viscoso per il
calcolo delle deformazioni e del loro decorso nel tempo, etc..
In termini ingegneristici, i materiali naturali che costituiscono la parte più superficiale
della crosta terrestre possono essere suddivisi in due grandi categorie: i terreni e le rocce.
I terreni (o rocce sciolte) sono aggregati di particelle, o granuli, di minerali e materiali
organici, generalmente sciolti o con deboli legami di cementazione o di adesione che pos-
sono essere distrutti con semplice agitazione meccanica o in acqua. Risultano quindi ca-
ratterizzati da valori limitati della resistenza meccanica.
Le rocce (lapidee) sono aggregati naturali di minerali tra i quali si esercitano forze attrat-
tive e di adesione di notevole entità che conferiscono all’insieme valori elevati della resi-
stenza meccanica.
Per queste ultime, la disaggregazione, se si eccettua il caso di alcune rocce solubili, non
può essere ottenuta neppure dopo la permanenza in acqua.
Questa distinzione è convenzionale: in altre discipline scientifiche i termini terreno e roc-
cia assumono significati diversi; inoltre esistono materiali naturali, “di transizione”, con
caratteristiche tali da non poter essere facilmente inseriti in nessuna delle due categorie.
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Nel seguito, ci occuperemo in particolare di terreni o rocce sciolte, cioè di materiali che
possono essere schematizzati come mezzi polifase, costituiti da uno scheletro solido, for-
mato dall’insieme di tutti i granuli, o meglio, di tutte le particelle1, da una fase liquida
(generalmente acqua) e da una fase gassosa (generalmente aria e/o vapor d’acqua).
Se ci riferiamo ai terreni naturali, ai nostri climi e alle profondità che in genere interessa-
no l’ingegneria civile, non commettiamo un grosso errore se consideriamo in prima ap-
prossimazione le terre come mezzi a due fasi, essendo quasi tutti i vuoti tra granulo e gra-
nulo riempiti d’acqua.

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Il termine “granulo” per alcuni tipi di terreno, come ad esempio una ghiaia o una sabbia, non dà problemi
di comprensione; per altri, ad esempio per un terreno argilloso, può essere molto meno comprensibile, nel
senso che il granulo non è neppure visibile a occhio nudo ed è una struttura molto più complessa di quella
di un granulo di sabbia
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