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Boito" di Parma
ANNO ACCADEMICO 2017 - 2018
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BREVE CENNO BIOGRAFICO
Ruggero Leoncavallo (Napoli, 23 aprile 1857, Montecatini Terme, 1919),
ha studiato al Conservatorio di Napoli con il pianista e compositore Beniamino
Cesi e con il compositore Lauro Rossi. A Bologna, dove proseguìì gli studi,
conobbe e fu ammiratore di Richard Wagner, giunto in cittaì nel dicembre del
1876 per la rappresentazione dell’Opera Rienzi. Condizionato dallo stile e dalle
idee del compositore tedesco, comincioì a lavorare a una trilogia operistica (I
Medici, Savonarola, Cesare Borgia) di chiara matrice wagneriana, dedicata ai
grandi personaggi storici del Rinascimento italiano. Il progetto musicale si
chiamoì Crepusculum, ma fu accantonato per qualche anno e poi terminato. In
seguito, il compositore napoletano ha vissuto come insegnante e pianista in Italia
e all'estero, fino al clamoroso successo che ottenne l'Opera I Pagliacci.
Leoncavallo fu un artista versatile e uomo di vasta cultura: si eì pure
laureato in lettere con Giosuè Carducci, grande poeta e scrittore 1, scrivendo da
seé i libretti di alcune sue opere. Come compositore ha sperimentato ogni genere
di musica in auge nella sua epoca, componendo opere, operette, liriche da
camera, canzoni e canzonette, musica strumentale. Conosciuto ed ammirato
soprattutto in America, eì stato tristemente quasi dimenticato in Italia ed in
Europa in generale.
La produzione del compositore di origine partenopea eì assai vasta; fu uno
degli esponenti piuì importanti del melodramma verista, distinguendosi per un
forte senso drammaturgico e una generosa ispirazione melodica, di immediata
ma tutt’altro che scontata efficacia musicale. Sapida e ampia la sua tavolozza
armonica, precisa e di indubbio valore la correlazione tra la semantica della
parola e simbologia musicale.
UNA PICCOLA CURIOSITA'
La madre di Ruggero Leoncavallo, Virginia D'Auria, che eì stata figlioccia2
di Virginia e Gaetano Donizetti (mentre il papaì , Vincenzo Leoncavallo dei duchi
di Pomeì rico, fu magistrato e presidente di tribunale). La madre aveva una salute
cagionevole. Un medico, tra i vari rimedi, prescrisse il cambiamento di clima. Fu
per questo motivo che papaì Vincenzo chiese ed ottenne prima il trasferimento a
Castellabate (sempre in Campania) e poi in Calabria, a Moltaldo. E proprio a
Montaldo, in giovanissima etaì , il figlio Ruggero assistette a un fatto di sangue che
successivamente lo ispiroì per la realizzazione dell'opera Pagliacci.
1
) Giosueì Carducci eì stato vincitore del Premio Nobel per la letteratura, nel 1906.
2
) Nella religione cattolica il termine figlioccia indica colei che eì stata tenuta a battesimo o
cresima da un parente o da un amico.
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PRODUZIONE COMPOSITIVA
(con luoghi e date delle prime esecuzioni assolute)
Operette
Malbruk (Roma, 20 gennaio 1910)
La reginetta delle rose (Napoli, 24 giugno 1912)
Are you there? (Londra, 1913)
La candidata (Roma, 6 febbraio 1915)
Prestami tua moglie (Montecatini, 2 settembre 1916)
A chi la giarrettiera? (Montecatini, 1919)
Il primo bacio (Montecatini, 29 aprile 1923)
La maschera nuda (Napoli, 2 maggio 1925)
Altre composizioni
La nuit de mai - Poema sinfonico (da A. de Musset) - Sala Kriegelstein, Parigi 1886.
Messa da requiem (incompiuta) - Completata dal Maestro Joé zsef AÁ cs nel 2009. Il requiem completo eì
stato eseguito in prima rappresentazione mondiale al Festival Leoncavallo a Brissago (Svizzera) il 22
agosto 2009.
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LA COMMEDIA DELL'ARTE
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stagionale eì alle porte. Dunque un’allegoria di cambiamento, trasformazione.
UN BREVE ACCENNO CIRCA IL TEATRO VERISTA
Il movimento letterario definito con il termine Verismo, si eì sviluppato
nella seconda metaì XIX secolo. La fonte d'indagine psicologica del Verismo eì
stato il Naturalismo, cioeì lo studio della realtaì sociale e umana in un preciso
contesto storico, analizzata e osservata suoi aspetti piuì crudi.
In musica, il genere teatrale (Opera Lirica) definito verista eì stato uno dei
primi fenomeni di cultura di massa, un autentico "boom" popolare. Compositori
e librettisti, scenografi, costumisti e registi, sperimentavano nuove soluzioni
drammaturgiche e melodrammatiche, al fine di fare emergere (cioeì mettere a
nudo) tutte le piuì forti ed estreme pulsioni istintive, che sono nascoste e
potenzialmente latenti nell’animo umano.
A proposito di nuove soluzioni teatrali escogitate in ambito verista, Pietro
Mascagni, nell’immortale Preludio di Cavalleria Rusticana, la sua prima e piuì
riuscita Opera Lirica, introduce, al centro dell'esecuzione strumentale, un'Aria
intonata a piena voce, da dietro la scena (e in dialetto siciliano!) dal tenore
protagonista, Turiddu. La forza del ritmo e della melodia di popolare (si tratta di
una Siciliana), intensifica il sentimento disperato di colui che ama la bella e
irraggiungubile Lola, toccando in noi profonde corde emotive, un feedback che
bypassa le epoche, le culture, le civiltaì .
E’ utile ricordare che Ruggero Leoncavallo eì stato sia contemporaneo che
amico di Pietro Mascagni; nei Pagliacci egli adotta lo stesso criterio utilizzato
dal compositore livornese in Cavalleria Rusticana, cioeì attinge dal popolare e
dalle cronache locali la storia da narrare (la vicenda eì ambientata in Calabria,
regione tutt’ora ancorata a tradizioni molto antiche e per certi versi discutibili) e
nel suo Prologo strumentale fa uscire, da dietro il sipario chiuso, “lo scemo”
Tonio-Taddeo, il quale si rivolge al pubblico in sala e spiega come l'azione che si
andraì a svolgere, seppur sulla scena si vedranno delle maschere, riguarderaì un
fatto realmente accaduto. Rivolgendosi al pubblico in sala, cosìì si esprime il
protagonista Tonio/Taddeo nel Prologo:
“…l'artista eì un uom e che per gli uomini scrivere ei deve…”
Aggiungendo poi, con precisa luciditaì che le lacrime versate nella tragedia
che gli spettatori vedranno e ascolteranno, non saranno finte ma vere4.
) Le passioni (da Passio = patire, cioeì soffrire) e i sentimenti sono al centro dell'opera
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musicale verista italiana, enfatizzati, esplicati al massimo, mentre passano in secondo piano
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PAGLIACCI: I DOPPI PERSONAGGI
Nell’Opera i Pagliacci ci sono a prima vista solo quattro protagonisti
principali, seppur svolgono tutti un doppio ruolo nella trama narrativa e dunque
ne risultano ben otto (se poi aggiungiamo il Prologo diventano nove).
La realtaì (vicenda storica con fatti realmente accaduti) e la finzione
(Commedia) si amalgamano e fondono talmente bene che il pubblico non riesce
piuì distinguere tra il vero e il falso, tra l’attore e la persona. Questo meccanismo
drammaturgico eì concepito come un frattale, cioeì una figura geometrica che si
riflette e ripete all’infinito, nel piccolo o nel grande. Come le famose scatole cinesi
(= artificio matematico usato in ambito finanziario per controllare piuì societaì ) o
le matriosche (= bambole russe in costume tradizionale di varie dimensioni ma
identiche, inserite una dentro l’altra). Incontriamo ora i 4 (anzi 8) protagonisti:
NEDDA/COLOMBINA = eì indubbiamente la classica femme fatale (femmina
fatale, cioeì donna che ti fa perdere la testa), provocatrice, spinta da un'ansia di
libertaì (e trasgressione), che la condurraì verso la lama omicida del marito geloso
e furioso Canio/Pagliaccio.
Nell’Italia del Sud di metaì ‘800, una donna sposata aveva ormai un destino
compiuto, doveva rimanere fedele al proprio uomo per tutta la vita. Nedda,
probabilmente, ha sposato Canio, il capo-comico, in quanto poteva offrirle quella
sicurezza economica e protezione sociale indispensabili, all’epoca, per fare una
vita dignitosa. Ma non ha fatto i conti con il proprio cuore. Qui sta il peccato
(PECCATO = SBAGLIARE MIRA).
CANIO/PAGLIACCIO = il marito Canio (giustamente, non credete?) eì
geloso, sospettoso, dubbioso, diffidente nei confronti dalla bella moglie
Nedda/Colombina. Intuisce che c’eì qualcosa che non va, non si sente sicuro nel
rapporto matrimoniale. In lui percepiamo molti contrasti oppositivi di
apparenza e realtaì , riso e pianto, farsa e tragedia, radunati nell’unica persona
dell’attore-uomo.
BEPPE/ARLECCHINO = eì colui che (bontaì sua) eì totalmente ricambiato
nelle pulsioni appassionate da Nedda/Colombina, che lo ritiene il vero amore.
Amore comunque trasgressivo, disposto a calpestare i sentimenti altrui pur di
realizzare i propri. Dunque un amore infantile, senza generositaì e spirito di
sacrificio.
TONIO/TADDEO/PROLOGO = eì il rifiutato, respinto, colui che non riesce a
far breccia nel cuore di Nedda/Colombina e che medita una vendetta crudele,
sia la dimensione sociale (l’organizzazione civile di una comunitaì ) che l’ambiente (luogo e
tradizioni) in cui la vicenda si svolge.
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distruggendo con astio furioso le vite e felicitaì altrui.
SCHEDA SINTETICA CON I DATI DELL’OPERA
Pagliacci
di Ruggero Leoncavallo
Dramma in un Prologo e due Atti
Musica e libretto di Ruggero Leoncavallo
Prima rappresentazione: Milano, Teatro Dal Verme, 21 maggio 1892, con la
direzione di Arturo Toscanini.
Personaggi:
Nadda/Colombina (soprano)
Canio/il Pagliaccio (tenore)
Tonio/Taddeo (baritono)
Beppe/Arlecchino (tenore)
Silvio (baritono)
Contadini e contadine (CORO)
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LA TRAMA IN ESTREMA SINTESI
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10) Taddeo ("lo scemo", Tonio) nella Commedia, eì innamorato, non
corrisposto, di Colombina (anche in questo caso come nella vita reale).
11) Congedandosi da Arlecchino, Nedda pronuncia le stesse frasi che
aveva detto poco prima, nella vita reale, che lo spettacolo iniziasse, al misterioso
amante.
12) La coincidenza (!) scatena la terribile furia del Pagliaccio (Canio, il
marito) nei confronti di Colombina (Nedda), che cerca in tutti i modo di
calmarlo.
13) Beppe-Arlecchino (il vero amante di Nedda) vorrebbe intervenire per
frenare l’ira di Canio, ma eì trattenuto con la forza dal vendicativo Tonio-Taddeo.
14) Il pubblico crede sia tutta una recita, fino a quando Canio (il Pagliacco
e marito) non prende un coltello e ferisce a morte Nedda, che invoca il nome di
Silvio, l'amante vero.
15) Canio/Pagliaccio, ancora accecato dalla gelosia, uccide anche
Silvio/Arlecchino e poi lascia cadere il coltello, annunciando al pubblico che la
Commedia eì conclusa, terminata.
DOMANDA: quale saraì stata la punizione sociale per reato commesso dal
duplice omicida Canio/Pagliaccio? Egli saraì arrestato dalle forze dell’ordine? Lo
aspetteraì la forca (pena di morte), oppure saraì rinchiuso a vita in una tetra e
umida prigione?
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della consorte) subito.
PROLOGO
(orchestrale, inframmezzato dal recitativo di Tonio/Taddeo)
ATTO PRIMO
Ambientazione: un bivio di strada in campagna, all’entrata di un villaggio.
Scena Prima
NEDDA, CANIO, TONIO, PEPPE, CONTADINI e CONTADINE
Scena Seconda
NEDDA sola, poi TONIO
Scena Terza
SILVIO, NEDDA e poi TONIO
Scena Quarta
NEDDA, SILVIO, CANIO, TONIO, poi
PEPPE
INTERMEZZO
(solo orchestrale)
ATTO SECONDO
Ambientazione: la stessa scena dell’atto primo
Scena Prima
TONIO, NEDDA, SILVIO, PEPPE
CANIO, PAESANI, CONTADINI
Scena Seconda
COMMEDIA
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IL PROLOGO - STRUTTURA E ANALISI MUSICALE
Nel Prologo, come nel Preludio d'opera in generale, sono contenuti i
principali temi musicali. Il linguaggio utilizzato dal compositore eì stratificato, si
percepiscono echi stilistici antichi, popolari, unitamente a precise influenze
wagneriane. Le melodie che sfileranno nel Prologo saranno poi sviluppate lungo
l’arco dell’intera Opera. E tutto sommato, eì un procedimento che rispetta la
grande tradizione della musica per Teatro.
Parte A
a (1 - 16), enunciazione TEMA
b (17 - 38), riproposizione TEMA, progressione e cesura
c (39 - 48), settima diminuita “spezzata”
d (49 - 72), cromatismo ascendente e discendente, sospensione su fa#
Parte B
a (73 - 79), accenno del TEMA PATETICO “Ridi, Pagliaccio”
b (80 -91), TEMA degli innamorati
Riconduzione strumentale (92 - 115), con elementi di A
Ripresa strumentale - Parte A1 (116 -159)
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ANALISI PROLOGO NELLO SPECIFICO
Parte A
a (battute 1 - 16). L'orchestra attacca subito con il robusto e teatrale Tema
principale, in tempo 3/8, Vivace e deciso, che richiama l'antica danza della
Gagliarda, ternaria, allegra, con i danzatori che alternano calci saltati, capriole,
destrezza e abilitaì . E’ chiaramente una danza ben adatta allo spirito del
carrozzone-circo giunto a Montalto con i suoi quattro (doppi) attori. La tonalitaì
d'impianto e d’inizio Prologo eì DO+.
Parte B
Batt. 73 - 79: accenno al TEMA del “Ridi Pagliaccio”, collocato sul II 56 della
tonalitaì di mi minore. La doppia appoggiatura superiore melodica “sol” genera
una frizione dolente, disperata. L’accordo (II 56) eì in grande tensione armonica e
risolveraì solo a battuta 80, sul V7 di MI+:
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Batt. 80 – 91. Il Tema degli innamorati (Colombina e Arlecchino) dipana una
grande cantabilitaì , passione e un intenso languore, su un ritmo ternario di valzer
seducente ma inquieto:
1
INGRESSO TONIO/TADDEO - Recitativo Arioso (batt. 160 – 181)
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Prologo”, alternando sentimentalismo e ironia. Un vero istrione, indubbiamente.
Batt. 171 – 180: quattro battute di Valzer lento (3/4) in LA+ sono seguite da
quattro battute (2/4) come Marcia funebre, in DO#-, per poi concludere la frase
in MI+ con una corona posta su una pausa di croma. Dice il
Prologo/Tonio/Taddeo: “Poicheé in iscena ancor le antiche maschere mette
l'autore, in parte ei vuol riprendere le vecchie usanze, e a voi di nuovo inviami”.
Batt. 181 – 231: riproposizione, da parte dell’orchestra, del ritmo (3/8) e del
Tema iniziale, in tonalitaì di MI-. Tritoni rapidi e staccati, posti in tessitura grave,
ci conducono (batt. 189 e seguenti) all’alternanza di V 7 – I46 seguiti da una
teatrale discesa cromatica, che approda sull’accordo di quinta diminuita di batt.
203, con cambio di tempo (Molto meno). In questo frangente
Tonio/Taddeo/Prologo spiega le strategie narrative dell’autore della trama (lo
stesso Leoncavallo):
L'autore ha cercato
invece pingervi
uno squarcio di vita.
Egli ha per massima sol
che l'artista è un uom
e che per gli uomini
scrivere ei deve.
Ed al vero ispiravasi.
L’Arioso eì qui formato da una breve progressione cromatica ascendente,
seguita da una modulazione a SOL+ (batt. 215) e prolungata su una digressione
che approda al V di MI-.
Batt. 232 – 258: eì accennato, dai violoncelli, il lirico e struggente Tema di
Canio/Pagliaccio (“Vesti la giubba”), che ben si addice al testo: Un nido di
memorie in fondo a l'anima cantava un giorno, ed ei con vere lacrime scrisse, e i
singhiozzi il tempo gli battevano! Dopo l’iniziale MI- in 9/8, segue una
modulazione a DO+ in tempo 6/8, poi una modulazione a LA- ed infine
nuovamente a MI-, seppur tramite una cadenza d’inganno (V- VI) ci ritroveremo
a DO+.
Batt. 259 – 272: finalmente un Andante cantabile stabile totalmente (REb+), la
1
cui melodia richiama le Romanze o Canzoni napoletane, sul testo:
E voi, piuttosto
le nostr'anime considerate,
di carne e d'ossa,
1
approdare alla tonalitaì d’impianto udiamo una girandola di accordi
apparentemente senza centro tonale. In realtaì , possiamo classificarli tutti in
DO+, considerandone alcuni come ipercoloristici. La sequenza eì questa: IV↑, II↑,
V34, III46, II34↑, I46, V7, I (cadenza scomposta). Dunque percepiamo un’iniziale
sospensione che sfocia in una certezza sonora, enfatizzata dalla cadenza di
quattro accordi piuì marcata che la musica tonale abbia prodotto.
Batt. 278 – 293: siamo giunti alla Coda. L’orchestra riprende il Tema
principale (3/8, DO+), condensandolo (cioeì togliendo le ripetizioni di frase) e
conducendolo rapidamente alla conclusione, su un unisono in sonoritaì “ff”.
1
tritoni), dai continui richiami allegorici al numero 2, cioeì all’estremizzazione
degli opposti, siano registri, texture o movimenti direzionali contrari.
BALLATELLA di NEDDA
(ovvero l’apparente felicitaì e allegrezza)
SCENA II, ATTO I. poco prima della Ballatella, Nedda eì assai preoccupata,
in quanto teme che il marito Canio possa scoprire il suo sentimento segreto
(l’amore che prova nei confronti di Peppe) ed eì preoccupata per la sua reazione.
Ma subito dopo, guardando il bel sole di mezz’agosto, si distrae e si calma.
Dentro di seé Nedda eì piena di vita, illanguidita da un arcano desiderio
(desiderio-richiamo della NATURA, che la invita all’amore e alla trasgressione
coniugale, costi quel che costi).
Con questo stato d’animo leggero e quasi frivolo, per certi versi innocente,
fanciullesco, Nedda intoneraì una deliziosa melodia, ricca di ingenue frasi che
tuttavia, se attentamente analizzate, svelano la futura prossima tragedia.
Ricordate: la NATURA ha l’aspetto allegorico dell’angelo Cupido, il quale
lancia frecce per colpire i cuori delle vittime, obnubilando in loro ogni pensiero
razionale. PER QUALE MOTIVO? La riproduzione...
LA FORMA
La BALLATELLA di Nedda ha la stessa struttura e costruzione poetica della più
rinomata BALLATA, ma è più corta, breve (da qui il diminutivo Ballatella). Essa era,
anticamente, una canzone a ballo, destinata al canto e alle danze, con il testo
principalmente d’ispirazione amorosa.
La struttura poetica eì di quattro stanze, ciascuna contenente una quartina di
versi. La prima quartina segna l’ambientazione (gli uccelli/angeli che si
rincorrono, gridano e giocano liberamente in cielo). Le altre tre sono tutte a rime
alternate e in endecasillabi. Una rima si ottiene facendo coincidere e somigliare la
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fine di due verse, come ad esempio: atmosfera e chimera. E’ alternata (ABAB)
quando collega versi alterni. L’endecasillabo eì formato da undici sillabe. Famosa
eì la Divina Commedia di Dante Alighieri, tutta in versi endecasillabi).
TESTO della BALLATELLA di Nedda
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bohemien e indicheraì giovani artisti che svolgono vita disordinata, come nella
Bohème di Giacomo Puccini) seguono l’arcano (=impenetrabile) poter che li
sospinge e van.
KURTH CIRCA IL DESIDERIO ARCANO
2
(madrigalismi e suoni onomatopeici dell’arcano richiamo amoroso)
2
(Nedda attacca il primo inciso melodico, fatto di tipici intervalli melodici di un canto popolare)
Segue la prima modulazione, con una decisa cadenza perfetta scomposta (IV6,
I46, V7, I), battute 19 – 25, che ci condurraì a DO# maggiore.
In questa nuova provvisoria tonalitaì , tutti e sette i suoni sono alterati con
diesis, ed eì massima vetta raggiungibile con il circolo delle quinte ascendenti.
Interessante il ritmo armonico di questa sezione: ben tre battute di IV 6 grado,
una battuta di I56 e V7 e due battute di I grado. Insomma, eì palpabile la tensione
armonica, poi decisamente risolutiva, sul testo lanciati a vol… a vol come frecce,
gli augel. Segue una inaspettata virata a LA maggiore (battute 26 – 32), senza
nessun preavviso (non c’eì modulazione per cromatismo o accordo comune):
2
Ma come, in questa gioia luminosa tra cielo, sole, libertaì , emerge qualcosa di
drammatico? Affiora un bisogno impellente, come dice chiaramente il testo:
questi assetati d’azzurro e di splendor. La melodia intona dapprima degli accordi
diminuiti “spezzati” (sol, si, re, fa#) poi ampi salti discendenti: di settima
diminuita (battute 51 e 52) e di sesta maggiore (battute 53 e 54).
Un breve ritorno a LA maggiore (V7 – I, battute 56 – 57) eì seguito
dall’improvvisa e lontana apparizione della tonalitaì di FA maggiore (battute 59
– 62), deviata enarmonicamente a battuta 63 a DO# maggiore, in
corrispondenza delle parole sogno e chimera (la chimera era un mostro della
mitologia greca, col muso di leone, il corpo di capra, la coda di drago e vomitante
fiamme). In senso metaforico significa sogno vano, utopia, cioeì qualcosa che non
si potraì mai realizzare.
Alle battute 68 - 74 c’eì decisa modulazione a RE maggiore con cadenza
perfetta scomposta (IV6, I46, V7, I), corrispondente al testo e vanno fra le nubi
d’or!
Nella parte Parte C (battute 75 – 101), terza quartina, la melodia vocale
raggiunge il climax dell’intero brano e coincide con il momento piuì drammatico
della narrazione sonora e del testo. Il madrigalismo ritmico sonoro delle onde e
del tremolo eì quanto mai appropriato circa il significato del testo poetico:
Che incalzi il vento e latri la tempesta,
con l'ali aperte san tutto sfidar;
la pioggia, I lampi, nulla mai li arresta,
e vanno, e vanno, sugli abissi e il mar.
La melodia eì intrisa
di cromatismi che
ascendono fino ad un prolungato “sol#” acuto, sostenuto da reiterati
arpeggi/accordi formati da sequenze ininterrotte di settime diminuite che
s’interrompono sul V7 di FA# maggiore, la tonalitaì d’impianto:
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Riprende con nonchalance (battuta 102) la Ballatella. Nuovamente la
melodia vocale ritorna distesa e diatonica (ben cantato con la voce dice il
suggerimento di agogica), seppur ben presto fanno la loro apparizione i soliti
onnipresenti inquieti accordi di settima diminuita, che si proietteranno,
anticipati da una progressione ascendente cromatica, verso le ultime ridondanze
del testo, quel e van! ripetuto quattro volte su intervalli melodici sempre piuì
ampi e proibitivi:
Sotto la ridondanza del testo ripetuto E van! E van! E van! E van! c’eì un
segreto e allusivo gioco di parole: E van! = E’ van = eì vano, eì inutile. L’armonia (e
l’enarmonia) sono prodotte da due settime diminuite e una settima di dominante
(battute 130 – 135). Nell’esempio sopra ci sono due imprecisioni (battute 132-
133), errori di stampa, in quanto non eì indicato il do# sull’accordo sib, mib, sol,
ma in partitura c’eì . Inoltre il mib eì un mi bequadro. Dunque, l’accordo preciso eì :
do#, mi, sol, sib = settima diminuita.
Poi il commiato vocale con il potente e imponente suono la acuto
conclusivo, che si tronca d’improvviso (tronco), con l’orchestra che attua una
sutura cromatica ascendente.
2
L’ACCORDO DI SETTIMA DIMINUITA
Il doppio tritono intrecciato (l’accordo di settima diminuita) era inteso,
per la retorica barocca, allegoricamente e simbolicamente, come “La caduta
dell’Angelo”, cioeì Lucifero, il principe del Male. L’accordo si trova sul VII grado
della scala minore armonica ed eì formato da una concatenazione di terze minori
(re#, fa#, la, do) e da due tritoni (re#-la e fa#-do) che simboleggiano la
divisione, il conflitto, in quanto all’ascolto sono stridenti, dissonanti. I quattro
suoni dell’accordo di settima diminuita sono inoltre equidistanti (hanno la stessa
distanza tra loro) e possono anche essere interpretati ciascuno come la settima
nota di un’altra scala, producendo modulazioni a tonalitaì lontane. Ad esempio, i
suoni re# (mib) fa# (solb) la, do (si#) ci possono condurre in mi +/-, sol +/-, sib
+/-, reb +/-, do # +/-.
Come l’accordo di settima di dominante, l’accordo di settima diminuita (che
ricordo eì sul VII grado e dunque ha la stessa funzione tensiva del V), eì utile per
modulare ad altra tonalitaì , anche lontana, passando direttamente su altro
accordo diminuito. Ecco il prospetto degli accordi diminuiti in questa sezione:
Piuì stabile armonicamente l’inizio della Parte A1 (battute 102 – 135), quarta
quartina. Poi, nuova tensione drammatica sulle parole cercano invan e seguon
l’arcano poter torna l’irrequietezza. Infine, la cadenza perfetta (V7 – I)
liberatrice, che si distende su un suono pedale di tonica, mentre la parte
melodica genera una sutura cromatica ascensionale (la sutura eì prodotta da un
movimento per grado congiunto cromatico o diatonico che ammorbidisce un
grande salto), che si appoggia su un brioso trillo.
RIDI, PAGLIACCIO!
ARIOSO (Canio - Pagliaccio - Tenore) Vesti la giubba
(il Pagliaccio/Pierrot)
TESTO
Vesti la giubba e la faccia in farina.
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Ridi del duol che t'avvelena il cor!
RE→DO# (battuta 22), MI→ RE# (battuta 23), SOL→ FA# (battuta 26). Le ultime
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due appoggiature della melodia vocale sono di seconda maggiore discendente:
LA→SOL (battuta 29), FA#→ MI (battuta 30).
L’incipit tematico (battute 1 – 4) contiene due accordi spezzati che sono
l’opposto tra loro: il primo eì una triade eccedente (ampia, solare, formata dalla
sovrapposizione di intervalli di terza maggiore equidistanti) e il secondo una
triade diminuita (racchiusa, lunare, formata dalla sovrapposizione di intervalli
minori equidistanti). Simbolicamente il primo accordo (SOL, SI, RE#, III grado di
mi minore) rappresenta la massima esterioritaì (il Pagliaccio), mentre il secondo
accordo diminuito riguarda il ripiegamento psicologico e doloroso dell’anima di
Canio (il Pierrot Lunaire). Per il cantante questo esordio melodico eì una sfida
atta a cercare di intonare perfettamente i difficili intervalli. Leoncavallo, optando
per queste difficoltaì melodiche iniziali, cerca da subito di incanalare l’energia del
personaggio nel PARADOSSO di fondo: ridere e piangere contemporaneamente.
Nel Refrain (PARTE B, battute 26 - 30) la tessitura vocale eì estraniata e
acuta, mettendo a dura prova il tenore proprio per la sua prolungata insistenza
nel registro acuto (possiamo trovare un parallelismo con Cavalleria Rusticana di
Pietro Mascagni e la Siciliana acutissima intonata dal tenore dietro la tenda nel
Preludio iniziale). A piena voce, straziante, con sforzati su ogni suono:
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infine sulla figurazione ritmica processionale. Segnalo che in questo APEX (=
apice) prolungato, le armonie sono tutte funzionali, perfettamente tonali: II 56,
II34, I, II56, I46, V, I.
ARMONIA e RITMO ARMONICO
Il percorso armonico, pur muovendosi nella meccanicistica tonale
tradizionale, eì ricco di tensioni accordali che trovano talvolta soluzioni non
convenzionali. Le cadenze piuì importanti hanno tutte una certa forza, in quanto
o composte (formate da tre accordi) o scomposte (formate da quattro accordi):
cadenza scomposta IV6⬇ - I46 – V7 – I di sol maggiore (battute 13 -16); cadenza
evitata di 2° tipo V7 – II56 di mi minore (battute 25 – 26); cadenza perfetta
scomposta II56, I46, V7 – I (parallelo maggiore, battute 32 – 33); cadenza perfetta
composta II6 nap. - V7 – I (conclusione, battute 48 – 49).
Accordi significativi in rapporto con il testo poetico: I7/III (battuta 1),
molto aperto, preciso nel significato simbolico correlato al testo: Vesti la giubba,
ovvero mettiti il vestito solare del Pagliaccio; IV34 (sesta eccedente tedesca,
battuta 3, accordo melodico diminuito), che rispetta il simbolismo lunare del
testo e la faccia infarina (la farina eì bianca come il pallore della luna); II6 (sesta
napoletana, battuta 10 e piccola modulazione a la minore), collegamento con E
se Arlecchin t’invola Colombina (pensiero dolorosissimo che diviene chiodo fisso,
germe di futura vendetta); IV 6⬇ - I46 – V7 – I di sol maggiore (battute 13 -16),
modulazione e cadenza armonica “solare” che si lega al testo ridi, Pagliaccio e
ognun applaudirà! (cioeì l’inganno dell’apparente felicitaì ); VII7⬇ (battuta 19),
accordo ipercoloristico improvviso, un cedimento che ben esprime,
musicalmente, la parola spasmo.
Il RITMO ARMONICO si muove tendenzialmente a fisarmonica (alternanza
di un accordo ogni due battute con un accordo ogni battuta). Solamente a battuta
47 (il numero 47, per la smorfia napoletana, eì il “morto”) abbiamo
un’intensificazione del ritmo armonico che simboleggia un ultimo spasmo. Ben
sei accordi differenti, l’ultimo dei quali eì una sesta napoletana.
SEGNI DINAMICI, TEXTURE (cioeì densitaì polifonica e disposizione nello spazio)
La sonoritaì in “p” caratterizza tutta la PARTE A, un dolore interiore,
trattenuto. Il tenore dovraì , in questa sezione, trattenere la potenza vocale,
cercando non manifestare nessuna dinamica quando non indicata. In contrasto,
la potenza tenorile si sfogheraì dirompente ed improvvisa nella PARTE B
(Refrain), con una sorta di urlo impetuoso, con la forza e la disperazione di un
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leone ferito. La parte A1, dedicata alla sola orchestra, passeraì dal pathos lirico in
“mf” ad un crescendo fino a “f” e al successivo improvviso svuotamento
dinamico, quel “p” di battuta 41 che perdureraì fino alla fine.
La texture (tessitura generale) eì sempre sostenuta da suoni gravi, ben
scanditi sul battere di ogni battuta, ad eccezione delle battute 24 e 25, dove i
bassi si portano repentinamente verso l’alto per poi proiettarsi, slanciandosi,
ancora verso il grave, al fine di produrre una tensione (caricarsi come una molla)
che sfoceraì nel Refrain.
PARTE A1 (IL PARALLELO MAGGIORE)
L’orchestra diventa, in questa Ripresa, l’estensione lirica dell’anima afflitta
di Canio. Il tempo si dilata (da 2/4 si passa a 3/4) e il parallelo maggiore
sembrerebbe portare un poco di luce dopo l’afflizione del modo minore. Ma eì
un’illusione che dura solo due battute (33 – 34), poi i cromatismi discendenti del
basso (che nell’arte retorica barocca era definito basso di lamento) conducono il
discorso musicale sul V grado, ricco di tensione (battuta 40). Gli influssi della
tecnica wagneriana di “togliere il pavimento sotto i piedi” si colgono con
l’improvviso svuotamento sonoro di battuta 41, quel “p” improvviso dopo il “f” di
battuta 40, che sostituisce l’apex sonoro con un ripiegamento verso l’intimitaì , la
rassegnazione. Anche la soluzione armonica eì di matrice wagneriana. Infatti, da
un accordo di settima di dominante (SI, RE#, FA#, LA) si passa,
enarmonicamente, ad un provvisorio e lontano accordo di MIb 46 di forte valenza
teatrale. L’accordo di battuta 40 svolge il compito di una sesta eccedente
svizzera e andrebbe scritto con i suoni dob, mib, fa#, la, che si trova sul II34 di
mib maggiore. Seguiraì un cromatismo ascendente (SIb→ SI nat.) che ci riporta
sul V di MI+, seguito da un’intensificazione del ritmo armonico (ben sette
accordi su sette ottavi) e cadenza perfetta conclusiva (II6NAP., V7, I).
RIDI/PIANGI PAGLIACCIO/PIERROT – IN SINTESI
In questo mirabile, struggente e appassionato “Arioso”, il lato “solare” del
personaggio che appare all’esterno, il PAGLIACCIO, si contrappone al lato dolente
e oscuro di Canio, il PIERROT. Ed eì proprio quando Canio si metteraì la maschera
(s’infarineraì , cioeì si copriraì il viso di farina umida che lo renderaì una maschera)
per recitare la sua parte “solare” che viceversa emergeraì la sua furia dolente e
oscura, la sua energia distruttiva sconfinata, debordante. Qui sta il PARADOSSO:
quando ci mascheriamo siamo veramente liberi di esprimere la nostra parte piuì
profonda, vera. Quando ci togliamo la maschera, ci dobbiamo nascondere, non
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siamo piuì realmente noi in quanto nudi, vulnerabili, indifesi.
La societaì civile, attraverso l’educazione e la cultura, riesce quasi sempre
ad arginare certi istinti primari (del tipo: se mi tradisci uccido te e il tuo amante).
L’ambientazione (Calabria, metaì ‘800) di quest’Opera Lirica rivela
viceversa, un retaggio tradizionale che, sembreraì assurdo, ancora perdura, nel
2017. E’ sufficiente sfogliare un quotidiano o ascoltare un TG (= telegiornale) per
renderci conto di quante tragedie sono perpetrate oggidìì. Percioì Canio eì un
potente simbolo di quelle forze possenti istintive, sempre latenti, con le quali
ognuno di noi deve fare i conti. E qui sta il segreto dell’immortalitaì di questo
intenso ed emotivo Arioso: esprimere una tragedia cosmica (SACRIFICIO e
TRADIMENTO) che si perpetueraì in ogni tempo storico e della quale tutti, prima
o poi, saremo vittime sacrificali. Canio/Pagliaccio/Pierrot eì un archetipo che si
storicizza per suscitare in noi due sentimenti simultanei indubbiamente
contrastanti (e dunque paradossali):
1. Canio ha ragione, Colombina eì stata infedele, traditrice fedifraga, ha
agito egoisticamente, merita la punizione sia umana che divina
2. Canio ha avuto una reazione emotiva debordante, esagerata, fuori dai
confini rassicuranti e convenzionali della civiltaì avanzata, togliendo la libertaì di
scelta a Colombina, impedendole una sacrosanta emancipazione, un’autonoma
libertaì .
In merito agli aspetti interpretativi, il tenore dovrebbe cantare tutta la
Parte A (fino al crescendo di battuta 24) in sonoritaì “p”, con l’orchestra in grado
di dar vita a un accompagnamento lieve seppur mesto. Successivamente, nel
breve ma acuto e straziante (per il tenore) Refrain in sonoritaì “f” e ricco di
sforzati lancinanti, puoì emergere dirompente tutta la fiamma covata sotto le
braci del fuoco, che in precedenza deve invece apparire quasi spento, come una
sorta di rassegnazione, e che invece fuoriesce all’improvviso, crepitante, un
vulcano che erutta lava lapilli.
UNA PICCOLA CURIOSITA’
Il regista cinematografico Woody Allen, nel film Romantico/Commedia To
Rome with Love del 2012, incentra la sua trama sul personaggio di Giancarlo,
proprietario di un negozio di pompe funebri. Egli ha una voce tenorile
meravigliosa, ma si esprime al meglio solo quando eì sotto la doccia, che deve
farsi piuì volte al giorno, in quanto, nel suo lavoro, deve pure ricomporre i
cadaveri. E indovinate cosa canta? L’arioso Vesti la giubba! Geniale l’associazione
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tra morte e Pagliaccio/Pierrot.
TERMINOLOGIA ESSENZIALE PER L’ARIOSO VESTI LA GIUBBA
APPOGGIATURA = eì un abbellimento, una coloratura melodica che consiste in una nota
estranea all’armonia posta sul battere di un tempo, che risolve salendo o scendendo per grado
congiunto sulla nota che appartiene all’armonia sottostante). Proprio percheé estranea, crea
una dissonanza, una piccola tensione emotiva.
ACCORDO DI TRIADE ECCEDENTE = si trova sul III grado della scala minore armonica o
melodica ed eì formata da terze maggiori sovrapposte ed equidistanti. Per la sua caratteristica
“sbragata”, cioeì molto aperta, eì adatto a simboleggiare, in musica, la massima apertura
psicologica possibile verso l’esterno.
ACCORDO DI TRIADE DIMINUITA = si trova sul II grado della scala naturale o armonica
del modo minore e sul VII della scala maggiore o minore (armonica o melodica). E’ formata da
terze minori sovrapposte ed equidistanti. Per la sua caratteristica “timida” cioeì molto chiusa, eì
adatto a simboleggiare un ripiegamento interiore, un ritirarsi.
ACCORDO DI SESTA NAPOLETANA = si trova sul II grado (in primo rivolto) del modo
minore. Tale accordo non eì presente nelle tre scale minori tradizionali ma eì creato
artificialmente abbassando di un semitono il suono fondamentale. Si produce, in questo modo,
una frizione di semitono: in mi minore abbiamo un suono Fa (fondamentale abbassata sul II
grado) che poi scende al suono Mi, la tonica, facendoci percepire una sorta di lamento.
Contemporaneamente, creandosi un accordo maggiore (FA, LA, DO), porta luce. Dunque eì un
ingrediente armonico paradossale prezioso ed efficace, al servizio di compositori di tutte le
epoche.
ACCORDI DI SESTA ECCEDENTE = si trovano sul II o sul IV grado dei modi minore o
maggiore e si chiamano in questo modo in quanto in essi eì presente un intervallo simultaneo
di sesta eccedente che ha molta tensione (DO, LA#). Esso risolve scendendo e salendo di
semitono (il DO scende a SI; il LA# sale a SI), dunque risolve sull’ottava.
TEXTURE = tessitura, trama. E’ prodotta sia dalla densitaì polifonica che il movimento
nello spazio acustico delle parti melodiche e armoniche.
PARALLELO MAGGIORE o MINORE: la modulazione piuì vicina non eì quella che dal
modo maggiore porta al relativo minore o viceversa, bensìì quella che spostando la nota
modale (o caratteristica, cioeì la terza) dell’accordo sul I grado, ci proietta in tonalitaì lontana.
In questo Arioso di Canio passiamo dalla tonalitaì di mi minore (un diesis) alla tonalitaì di mi
maggiore (quattro diesis), mantenendo comunque una stabilitaì , in quanto si tratta dello stesso
ambito (cioeì non dobbiamo spostare la scala su o giuì nello spazio acustico come faremmo con
altre tonalitaì vicine).
3
melodici che se sovrapposti, formano dei veri e propri accordi.
INTERMEZZO
Si tratta di una breve pagina orchestrale, solo 39 battute (e il brano dura
poco piuì di 3’). Essa va intesa come un secondo Prologo introduttivo al Secondo
Atto. A tal proposito eì bene ricordare che pure in Cavalleria Rusticana di Pietro
Mascagni c’eì un Intermezzo orchestrale, segno che le risonanze tra le due Opere
Veriste sono parecchie e non trascurabili.
Nell’Intermezzo sono confermati e consolidati nuovamente tutti gli aspetti
stilistici musicali ricorrenti nell’Opera. Se esploriamo con attenzione le prime
quattro battute d’esordio, ritroviamo lo stesso atteggiamento di
contrapposizione e antitesi che richiama la simmetria geometrica e simbolica del
Prologo:
Gli opposti diabolici, la separazione (il numero 2) sono resi dal cambio
repentino di registro (grave – acuto), dalle dinamiche f – p, dai due termini di
agogica drammaticamente opposto a lamentoso, dalla reiterazione della frase
(1+1), dal cromatismo della prima e terza battuta in contrasto con il diatonismo
della seconda e quarta battuta, dal trasporto un semitono sotto e sopra dei due
elementi costitutivi la frase stessa. Insomma, eì proprio un inequivocabile
richiamo sonoro e allegorico al Prologo.
Ad essere maliziosi ed insinuanti, constatiamo pure una forte analogia con
alcuni inizi di opere pianistiche e orchestrali dell’innovatore Franz Liszt,
compositore che ha indagato, musicalmente, il demoniaco, come forse nessun
3
altro creatore. Ricordiamo alcuni titoli attinenti alla nostra tesi: Faust-
Symphonie, Mephisto valzer, la trascrizione della Danza macabra di Camille
Saint Saeë ns, La lugubre gondola. Liszt fu il primo, assieme al nostro Angelo
Mariani, primo direttore di un Opera di Wagner in Italia, proprio nella cittaì di
Bologna, ad utilizzare una scala esatonale, che eì formata da toni interi (e da tre
tritoni intrecciati) parecchi decenni prima di Debussy e di Shoemberg 5.
Sul levare di battuta nove entra il TEMA, che riprende l’inciso di Vesti la
giubba riproponendone la mestizia e il pathos lirico (con tristezza):
5
) Si veda a tal proposito il mio interessante saggio Le due scale esatonali di Angelo Mariani che
potete scaricare dal Sito Internet del Conservatorio di Parma
3
La Coda (battute 35 – 39), in ¾, ripropone le due cadute dell’inciso
generatore in tessitura grave, identico procedimento utilizzato per la Coda
dell’Arioso, col suo sfumare in sonoritaì “ppp”:
3
quando bela emette un bi-suono discordante), oppure a quello dell’asino (con il
suo ragliare su due opposti registri acuto-grave), o ancora nel buffone di corte
(che dice cose molto sagge alternate da atteggiamenti irriverenti).
3
SERENATA (Arioso di Arlecchino)
TESTO POETICO
IL MANDOLINO
4
ripetizione ascendente delle quattro corde vuote del mandolino (IVc. = SOL, IIIc.
= RE, IIc. = LA, Ic. = MI), simulato con i pizzicati dei violini, che hanno la stessa
accordatura ed estensione, eì richiamo simbolico e allegorico dell’iniziale
corteggiamento ritualistico amoroso sensuale. La prolungata tensione armonica
dominantica (V grado) di la minore (batt. 1 – 8), con al suo interno un
cromatismo ascendente (re, re#, mi, batt. 5, 6, 7), ha la funzione di “biglietto da
visita” per introdurre il personaggio di Arlecchino.
Segue la vera Introduzione strumentale (batt. 9 – 14), che nel suo
procedere ritmico costante, nasconde un’inquietudine psicologica ben resa dai
cromatismi e le modulazioni armoniche, con differenti pesi accordali:
4
incontriamo una progressione modulante discendente (battute 53 – 56), riproponente
l’accordo di sesta napoletana, denuncia di quanto il languore sia mischiato da
sofferenza nel doppio personaggio Arlecchino/Peppe.
Siamo giunti nelle brevi ridondanze tipiche della Coda. Il tema conduttore
eì ripreso e affidato all’orchestra, mentre Arlecchino ribadisce, con due piccoli
incisi melodici, la vicinanza emotiva nei confronti di Colombina). Riguardo
l’armonia di questa ultima sezione, osserviamo la presenza e l’alternanza dei due
soli accordi piuì importanti per la meccanicistica tonale (I, V), supportati da suoni
pedale di tonica e dominante. Emerge roboante il suono-segnale “mi”, reiterato e
sottolineato tre volte, coadiuvato da guizzanti acciaccature inferiore di semitono
(re# - mi), quasi a richiamare il segnale catalizzatore iniziale. E ne abbiamo
conferma nelle ultime due battute conclusive, strappo brioso che richiama le
mandolinistiche corde vuote iniziali (che sono le piuì sonore) seppur per quarte
giuste (si, mi↑, mi↑, la, la↑).