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MACHIAVELLI E SAVONAROLA.
L’ESORTAZIONE ALLA PENITENZA E IL MISERERE
1. De profundis clamavi ad te, Domine; Domine, exaudi vocem meam. Avendo io questa
sera, onorandi padri e maggiori frategli, a parlare alle carità vostre per ubbidire alli miei
maggiori (a parlare), qualche cosa della penitenza, mi è parso cominciare la esortazione
mia con le parole del lettore dello Spirito Santo, Davit profeta, acciò che quelli che con
lui hanno peccato, con le parole sue sperino di potere dallo altissimo e clementissimo Iddio
misericordia ricevere.1
All’inizio del secolo XVI, forse in una domenica di quaresima di cui non co-
nosciamo la data, nella sede di una confraternita, un confratello, dopo aver indos-
sato la cappa della compagnia, salı̀ sul pulpito e, davanti ad una sala che vogliamo
immaginare gremita, pronunciò un sermone dedicato alla ‘‘penitenza’’.
Il predicatore, che era un buon conoscitore della Bibbia, notò come non ci
fosse miglior modo di affrontare il tema della penitenza che prendere le mosse dal-
la figura del re David. Se David era stato perdonato, osservò il predicatore, nessun
peccatore avrebbe dovuto dubitare di poter ottenere, indipendentemente dalla
gravità dei peccati compiuti, il perdono divino. Lo spirito di pentimento dell’uo-
mo trova ascolto in Dio perché la misericordia di Dio è immensa:
né di poterla ottenere, avendola quello ottenuta, si sbigottischino, perché da quello esem-
plo, né maggiore errore, né maggiore penitenzia in uno uomo si può comprendere, né in
Dio maggiore liberalità al perdonare si può trovare.2
Come David, trovandosi immerso nel peccato, chiese perdono a Dio e l’otten-
ne, ogni peccatore potrà essere perdonato.
E però con le parole del Profeta, direno: – O Signore, io constituto nel profondo del
peccato, ho con voce umile e piena di lacrime, chiamato a te, o Signore, misericordia; e ti
priego, e tu sia contento, per la tua infinita bontà, concedermela –.3
Scritti letterari, a cura di L. BLASUCCI con la collaborazione di A. CASADEI, Torino, Utet, 1989,
p. 283. Cfr. Salmi, CXXIX (CXXX), 1-2.
2 Ibid.
3 Ibid.
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Bisogna guardarsi dal peccato di disperazione in cui talora l’uomo cade, pen-
sando di non essere degno di ottenere il perdono divino.
Né sia alcuno pertanto che si desperi di poterla ottenere, pure che con li gli occhi la-
crimosi, con il cuore afflitto, con la voce mesta l’addimandi.4
Il predicatore, a questo punto, cambiò registro. Osservò che c’erano due tipi
principali di peccato, nei quali l’uomo soleva cadere. La sua ingratitudine si ma-
nifestava da un lato verso Dio dall’altro verso gli altri uomini. L’ingratitudine verso
Dio appariva condannabile, dal momento che Dio era stato particolarmente gene-
roso nei confronti degli uomini. Erano moltissimi, osservò il predicatore, i ‘‘beni-
ficii che noi abbiamo ricevuto da Dio’’. Dio aveva messo a disposizione dell’uomo
la terra, e sulla superficie terrestre ‘‘tanti animali, tante piante, tante erbe, e qua-
lunque cosa sopra quella si genera, a benificio suo’’. Tutto il creato era stato da
Dio messo a disposizione dell’uomo. Quanto all’uomo stesso, i cinque sensi gli era-
no stati dati per onorare Dio.
Addunque ogni cosa è creata per onore e bene dell’uomo, e l’uomo è solo creato per
bene e onore d’Iddio: al quale die’ il parlare che potessi laudarlo; gli dette il viso, non vòlto
alla terra come a li altri animali, ma vòlto al cielo, perché potessi continuamente vederlo;
diegli le mani, perché potessi fabbricare i tempı̂, fare i sacrifı̀cii in onore suo; diegli la ra-
gione e lo intelletto perché potesse speculare e cognoscere la grandezza d’Iddio.6
4 Ibid.
5 Ibid.
6 Ivi, p. 284.
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Vedete addunque con quanta ingratitudine l’uomo contro a tanto beneficatore insur-
ga! e quanta punizione meriti quando e’ perverte l’uso di queste cose e voltale al male! E
quella lingua, fatta per onorare Iddio, lo bestemmia; la bocca, donde si ha a nutrire, la fa
diventare una cloaca e una via per sodisfare allo appetito e al ventre con dilicati e superflui
cibi; quelle speculazioni d’Iddio in speculazioni del mondo converte; quello appetito di con-
servare la umana spezie lussuria e mille altre lascivie diventa. E cosi l’uomo, mediante queste
brutte opere, di animale razionale in animale bruto si transforma. Diventa pertanto l’uomo,
usando questa ingratitudine contro a Dio, di angelo diavolo, di signore servo, di uomo be-
stia.7
Questa, padri e fratelli miei, è quella sola che conduce l’anime nostre in cielo; questa è
quella sola che vale più di tutte le altre virtù degli uomini; questa è quella di che la chiesa sı̀
largamente parla, che chi non ha carità non ha nulla; di questa dice S. Paolo: «Si linguis non
solum hominum, sed angelorum loquar, caritatem autem non habeam, factus sum sicut aes so-
nans». («Se io parlassi con tutte le lingue delli uomini e degli angeli, e non abbi carità, io son
proprio come un suono sanza frutto»); sopra questa è fondata la fede di Cristo. Non può
essere pieno di carità quello che non sia pieno di religione [...].8
Queste offese contro al prossimo sono grandi, la ingratitudine contro a Dio è grandis-
sima; ne’ quali duoi vizii perché noi caggiamo spesso, Iddio benigno creatore ci ha mostro
la via del rizzarci, la quale è la penitenza. La potenza della quale con le opere e con le pa-
role ci ha dimostro: con le parole, quando comandò a S. Pietro che perdonassi settanta
volte sette il dı̀ a l’uomo che perdonanza gli domandasse; con l’opere, quando perdonò
a Davit lo adulterio e lo omicido, e a S. Piero la ingiuria di averlo non solo una volta,
ma tre negato.9
Quale peccato non perdonerà Iddio, frategli miei, a voi, se veramente voi vi ridurrete a
penitenza, poiché perdonò questi loro? E non solamente perdonò, ma li onorò intra e’ primi
eletti nel cielo, solamente perché Davit, prostrato in terra, pieno di affezione e di lacrime,
gridava: – Miserere mei, Deus –; solamente perché S. Pietro fllevit amare, pianse sempre
amaramente il suo peccato, pianselo Davit, meritò l’uno e l’altro il perdono.10
Ma perché e’ non basta pentersi e piagnere, ché bisogna prepararsi in le opere contra-
rie al peccato, per non potere errare più, per levare via l’occasione del male, conviene imi-
tare san Francesco e san Girolamo: i quali per reprimere la carne e torle facultà a sforzarli
alle inique operazioni, l’uno si rivolgeva su per li pruni, l’altro con un sasso il petto si lace-
rava. Ma con quali sassi o con quali pruni reprimeréno noi la volontà delle usure, delle in-
famie, delli inganni che si fanno al prossimo, se non con le limosine e con onorare, benifi-
care quello? Ma noi siamo ingannati da la libidine, rinvolti nelli errori e inviluppati ne’lacci
del peccato, e nelle mani del diavolo ci troviamo.11
Perciò conviene, a uscirne, ricorrere alla penitenzia, e gridar con Davit: – Miserere
mei, Deus! – e con S. Piero piagnere amaramente, e di tutti i falli commessi vergognarsi
[...] 12
Ricordando anche ciò che scrive Petrarca nel Canzoniere, che i piaceri del
mondo altro non sono che un ‘‘breve sogno’’.13
14 MACHIAVELLI , Esortazione alla penitenza, in Opere, cit., pp. 279-286. Come si sarà no-
scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, Roma, Loescher, 1883-1911,
2 voll., vol. I, p. 663 (anastatica Bologna, Il Mulino, 1999).
16 Cfr. P. VILLARI , Niccolò Machiavelli e i suoi tempi illustrati con nuovi documenti, 3 voll.,
na del Machiavelli’’, la ‘‘forte sostanzialità della sua iniziazione cristiana’’; e chiama ‘‘belle
note finali di schietta e solenne ispirazione evangelica e paolina sulla brevità del sogno di
questo mondo esteriore, ecc.’’ le ultime parole della cicala, senz’avvedersi, sembra, che ter-
minano con due versi del canzoniere del Petrarca, diventati nell’uso un comune ritornello,
sul quale, come su tutti i ritornelli, si doveva talvolta celiare. Innanzi a tanta innocenza di
critico si prova una sorta d’intenerimento; ma naturalmente, si pensa un po’ anche al luogo
dove l’epigramma di messer Niccolò voleva spedire l’onesto Pier Soderini’’.18
Machiavelli e il problema morale dell’Italia, Bari, Laterza, 2005, con ampie indicazioni bibliogra-
fiche. Cfr. anche il numero del «Journal of the History of Ideas» (60, 4, October 1999) dedicato
al ruolo della religione nel pensiero di Machiavelli, con articoli di J.H. GEERKEN, Machiavelli’s
Moses and Renaissance Politics, ivi, pp. 579-595; M.L. COLISH, Republicanism, Religion, and Ma-
chiavelli’s Savonarolan Moment, ivi, pp. 597-616; C.J. NEDERMAN, Amazing Grace. Fortune, God,
and Free Will in Machiavelli’s Thought, ivi, pp. 617-638; B. FONTANA, Love of Country and Love
of God. The Political Uses of Religion in Machiavelli, ivi, pp. 639-658; J.M. NAJEMY, Papirius and
the Chickens, or Machiavelli on the Necessity of Interpreting Religion, ivi, pp. 659-681. Vedi an-
che le osservazioni sul ruolo svolto dalla casistica nella elaborazione della strategia retorica di Ma-
chiavelli in C. GINZBURG, Machiavelli, l’eccezione e la regola. Linee di una ricerca in corso, in
«Quaderni storici», n.s., 112, 1, 2003, pp. 195-214.
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21 G.P. PACINI , Per una rilettura della ‘‘Esortazione alla penitenza’’ di Niccolò Machiavelli, in
«Rivista di storia e letteratura religiosa», XXVII, I, 1991, pp. 126-135; vedi in particolare, per la
citazione, p. 133.
22 Cfr. L. POLIZZOTTO , The elect nation. The Savonarolan movement in Florence, 1494-1545,
buone non sono viste come il mezzo per acquistare la salvezza. A questo pessimi-
smo antropologico e religioso si contrappone il concetto di ampiezza della miseri-
cordia divina, esemplificato sin dalle prime righe del testo da un richiamo topico,
quello al caso di David.
Il sermone non ha una datazione precisa, ma lo si colloca nella fase finale della
vita del Machiavelli. Esso potrebbe risentire di riferimenti diretti o indiretti all’o-
pera di Lutero. Nel 1519, quasi un decennio prima della morte di Machiavelli, Lu-
tero aveva pubblicato il suo commento ai sette salmi penitenziali, il suo primo la-
voro in lingua tedesca, che si apriva con il commento al De profundis. Nel 1521 di
questo testo era apparsa anche una più accessibile traduzione latina. Del 1518 è
invece il Sermo de Penitentia. Il radicale agostinismo di Lutero, i cui scritti comin-
ciavano a diffondersi in Italia negli ultimi anni della vita di Machiavelli, potrebbe
aver certo influenzato Machiavelli ed averlo indotto a ripensare al suo credo reli-
gioso.23
Qualche anno più tardi, nel 1524, era uscita invece la De immensa Dei mise-
ricordia concio di Erasmo da Rotterdam, l’opera nella quale Erasmo espone nel
modo più completo la sua teologia del ‘‘cielo aperto’’. La Concio conobbe tre tra-
duzioni italiane, tutte peraltro tardive (Brescia 1542, Venezia 1551 e Firenze 1554)
rispetto all’epoca che stiamo analizzando, ma nell’Italia degli anni venti del Cin-
quecento, ed in particolare a Firenze, il nome di Erasmo era conosciuto e rispet-
tato. L’editore fiorentino Giunta aveva assecondato quella che appariva come una
vera e propria moda erasmiana stampando cinque opere e traduzioni dell’umani-
sta olandese tra il 1518 ed il 1520, tra cui la versione originale latina dell’Elogio
della follia.24 Su di un possibile legame tra Erasmo e Machiavelli si era interrogato
23 Cfr. M. LUTHER, Sermo de penitentia, Lepzig, Valentin Schuman, 1518 e ID ., Martini Lu-
theri Piae ac doctae operationes in duas Psalmorum decades, Basileae, apud Adam Petri, 1521.
Sulla prima circolazione dei testi luterani in Italia negli anni venti del Cinquecento non si hanno
notizie precise, anche perché non era infrequente, com’è noto, che il nome dell’autore venisse
omesso dal frontespizio e che il titolo venisse cambiato cosı̀ da rendere l’opera irriconoscibile.
Cfr. Lutero in Italia. Studi storici nel V centenario della nascita, a cura di L. PERRONE, introdu-
zione di G. MICCOLI, Casale Monferrato, Marietti, 1983 e G. MAZZETTTI, Le prime edizioni di
Lutero (1518-1546) nelle biblioteche italiane, Firenze, Olschki, 1984.
24 Cfr. ERASMO DA ROTTERDAM, Erasmi Roterodami Opusculum, cui titulus est Moria, idest
stultitia, quae pro concione loquitur, Florentiae, per haeredes Philippi Iuntae Florentini, 1518 ed.
ID., De Immensa Dei misericordia, Des. Erasmi [...] concio. Virginis et martyris comparatio, per
eundem, Argentorati, excudebat J. Knoblouchus, 1524. La prima traduzione italiana della Concio
si intitolava Trattato divoto et utilissimo della divina misericordia raccolto da diverse autorita delle
scritture sacre, & da altri trattati d’alcuni catholici dottori di latino in volgare, per frate Marsilio
Andreasio mantovano dell’ordine carmelitano dell’osservanza, in Brescia, per Lodovico Britannico,
1542. Seguı̀ il Trattato della grandezza delle misericordie del Signore di Erasmo Roterodamo. Di
latino tratto in volgare, per Francesco Monosini da Prato Vecchio, in Vinegia, Bartolomeo e Fran-
cesco Imperatore, 1551 e, tre anni dopo, il Sermone di Erasmo Roterdamo della grandissima Mi-
sericordia di Dio, tradotto per M. Giovan Antonio Alati d’Ascoli, in Fiorenza, appresso Lorenzo
Torrentino, 1554. Sulla fortuna di Erasmo in Italia tra Umanesimo, Riforma e Controriforma il
riferimento d’obbbligo è a Silvana SEIDEL MENCHI, Erasmo in Italia, 1520-1580, Torino, Bollati
Boringhieri, 1987; per la circolazione italiana della Concio cfr. ivi, pp. 143-165.
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Delio Cantimori. Possibili richiami testuali a testi erasmiani sono stati rintracciati,
ma in forma fortemente dubitativa, in opere machiavelliane come i Discorsi o la
Mandragola.25
5. Tuttavia non c’è bisogno di fare i nomi di Lutero o dello stesso Erasmo
per comprendere il contenuto teologico del sermone. Negli ambienti intellettuali
fiorentini simili posizioni non erano affatto nuove. L’interesse per il salterio è
d’altronde grande a Firenze come in Germania. Nel 1495 Bartolomeo de’ Libri
aveva pubblicato i Psalmi septem poenitentiales tradotti da Petrarca; nel 1498
era uscito, sempre a Firenze, presso la Compagnia del drago, il Psalterium Sancti
Hieronymi. Esponenti di punta del mondo savonaroliano sono attivi in questo
genere di pubblicazioni. I Psalmi penitentiali di David tradocti in lingua fioren-
tina et commentati per Hieronymo Benivieni escono nel 1505, sempre a Firenze,
presso gli stampatori Andrea Tubini ed Andrea Ghirlandi. A retrodatare la
composizione del sermone e la sua eventuale effettiva pronunzia ad un’epoca
precedente la predicazione luterana e la riflessione di Erasmo sull’ampiezza del-
la misericordia di Dio concorre inoltre un’altra circostanza: un bando più volte
reiterato aveva proibito l’esercizio dell’attività confraternale a Firenze tra il 1516
e il 1527.26
Poco prima di morire, nella primavera del 1498, Girolamo Savonarola affidò il
suo ultimo messaggio a due commenti ai salmi che, composti in prigione, si diffu-
sero rapidamente a Firenze e in seguito in tutta Europa, l’Expositio in Psalmum
Miserere mei, Deus e l’Expositio in Psalmum In te, Domine, speravi.27 Il commento
al salmo L (LI) Miserere incomincia con una cripto citazione dalla Lettera ai Ro-
mani di S. Paolo e presenta la situazione di un uomo inquieto ed infelice, tormen-
tato dal peso dei peccati che ha compiuto. Ma subito la disperazione cede il posto
alla speranza. Dio è misericordia, e non vi sono peccati che non possono essere
perdonati. Tutto il percorso della storia umana, dal punto di vista cristiano, dimo-
stra la capacità di Dio di perdonare. Che appare evidente qualora si considerino
– nota Savonarola – alcune grandi figure di peccatori che Dio ha perdonato per il
solo fatto di essersi sinceramente pentiti e di aver versato quelle lacrime che del
Lettere ed Arti», CXXXIV, a.a. 1975-76, Classe di scienze morali, lettere ed arti, pp. 143-153.
Dubbi su una possibile filiazione erasmiana di certi passi machiavelliani della Mandragola o
dei Discorsi sono espressi dalla stessa autrice dell’articolo. Nessun riferimento nel saggio in que-
stione vi è al sermone machiavelliano che stiamo qui analizzando. L’ipotesi di un nesso Erasmo-
Machiavelli è abbozzata da Delio Cantimori, in Niccolò Machiavelli: il politico e lo storico, in Sto-
ria della letteratura italiana, a cura di E. CECCHI e N. SAPEGNO, Milano, Garzanti, 1966, IV,
pp. 7-53.
26 Cfr. ultra.
27 I due commenti sono stati editi da M. FERRARA , in GIROLAMO SAVONAROLA , Operette spi-
Petrus negavit et cum iuramento detestatus est te: respexisti eum; amare flevit et indul-
sisti ei, et principem apostolorum confirmasti.28
Naturalmente questo elenco comprende anche David, che è colui che nei sal-
mi penitenziali, tra cui lo stesso Miserere, invoca la misericordia divina e la ottiene
nonostante l’enorme gravità dei suoi peccati. Nel commento contemporaneo al
salmo XXX (XXXI), In te, Domine, speravi, Savonarola illustra più dettagliata-
mente il caso di David:
An non David, propheta maximus, multa et magna beneficia accepit, de quo dixit Do-
minus: Inveni virum secundum cor meum? Et tamen peccavit, et quidem graviter in adul-
terio quam in homicidio iusti viri et innocentis. Nec tamen Dominus suam misericordiam
eum terminavit.29
Quare? Quia peccatum suum non abscondit. Non illud praedicavit sicut Sodoma, se
dixit: Confitebor adversus me in iustitiam meam Domino.30
Alla base di questa capacità di Dio di perdonare sta una differenza fondamen-
tale, che anche Machiavelli nel suo sermone sottolinea: Dio non applica agli uomi-
ni il criterio dell’umana giustizia, che implica la punizione e la vendetta, ma il cri-
terio della infinita misericordia.
Misericordia mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam: non secundum mi-
sericordiam hominum, quae parva est, sed secundum tuam quae magna est, quae immen-
sa est, quae incomprehensibilis est, quae omnia peccata in immensum excedit.31
L’immagine che gli uomini hanno di Dio è errata. Dio non è un giudice seve-
ro, ma un padre pietoso che sempre perdona i peccatori:
28 SAVONAROLA , Operette spirituali, II, cit., p. 109. Si noti l’uso al plurale del termine bene-
ficium, destinato ad una grande fortuna nella Riforma italiana e già presente anche nel sermone
machiavelliano.
29 Ivi, pp. 260-261.
30 Ivi, p. 261.
31 Ivi, p. 198.
MACHIAVELLI E SAVONAROLA. L’ESORTAZIONE ALLA PENITENZA E IL MISERERE 395
Te enim homines iudicant rigidum et severum: vince tua pietate et dulcedine iudicium
eorum, ut discant homines peccatoribus misereri et accedant delinquentes ad poeniten-
tiam.32
6. Il lettore avrà intuito quale sia il senso di questo confronto. Tra le posizioni
contenute nei due commenti e quella espressa nel sermone c’è una fortissima con-
sonanza. Concludere un proprio sermone con un riferimento a David e al Miserere
aveva, nella Firenze del primo Cinquecento, un senso molto preciso: comportava
un’ovvio riferimento alle posizioni espresse dal Savonarola in punto di morte, in
una riflessione che era stata letta e discussa animatamente e che nessun fiorentino
poteva ignorare.
32 Ivi, p. 206.
33 Ivi, p. 241.
34 Ivi, p. 252.
396 LUIGI LAZZERINI
7. Avidamente letti e subito ristampati, sia in latino che in volgare, i due com-
menti conobbero una enorme diffusione. Se ne conoscono edizioni francesi, spa-
gnole, tedesche, inglesi. Una delle edizioni del Miserere, in latino, esce con una
prefazione dello stesso Lutero, che conosceva ed apprezzava la meditazione savo-
naroliana. I calvinisti sembrano essere stati affascinati dal testo come e più dei lu-
terani, a giudicare dall’edizione dei due commenti curata nel 1584 dal Duplessis
Mornay e dalla meditazione sul Miserere pubblicata, sulla falsariga di quella savo-
naroliana, nel 1582, da Teodoro di Beza.38
Quando i commenti savonaroliani vengono pubblicati Lutero ha appena quin-
dici anni, mentre Erasmo (nato nel 1566) è un giovane chierico poco più che tren-
tenne. Il problema della influenza dei due testi savonaroliani sulla riflessione dei
riformatori della generazione successiva, a cominciare proprio da Lutero e dall’E-
rasmo della Concio, andrebbe perciò posto seriamente. Non minore impatto ebbe-
35 Per un dettagliato riepilogo del dibattito rimando al saggio di G. CADONI , Qualche osser-
rimento del sermone, con il titolo di Esortazione alle penitenza, anche nella edizione Einaudi-
Pléiade degli scritti di Machiavelli curata recentemente da Corrado Vivanti. Cfr. NICCOLÒ MA-
CHIAVELLI , Opere, a cura di C. VIVANTI, Torino, Einaudi, 1997-2005, 3 voll., vol. III, pp. 247-
250.
38 Cfr. M. LUTHER, Meditatio pia et erudita Hieronymi Savonarolae. A papa exusti, svper
psalmos Miserere mei. Et In te Domine speravi, Witembergae, 1523 e PH. DU PLESSIS MORNAY,
Discours de la vie et de la mort par P. de Mornay gentil-homme françois. Reveu & augmenté. auquel
est adiousté les meditations de I. Sauonarole sur le pseaumes traduicts par iceluy de Mornay, à Paris,
chez Guillaume Auvray, 1584. Sulla circolazione di Savonarola in Francia cfr. S. DALL’AGLIO,
Savonarola in Francia. Circolazione di un’eredità politico-religiosa nell’Europa del Cinquecento, To-
rino, Aragno, 2006.
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8. Che Machiavelli sia stato tentato di inserirsi nei dibattiti religiosi della sua
epoca potrà stupire ed indurre a rivedere in parte l’immagine che si ha del Segre-
tario fiorentino. Ma non più di tanto. In primo luogo perché la forma repubblica-
na che per lungo tempo è al centro degli interessi di Machiavelli come pensatore
politico contiene al suo interno una dimensione religiosa ineludibile. La renovatio
39 Per maggiori particolari vedi di chi scrive, Nessuno è innocente. Le tre morti di Pietro Pa-
forma si è soffermato, fornendo molte suggestive indicazioni, Mario Rosa in un seminario dedi-
cato al De gemitu columbae del Bellarmino, tenutosi presso la Scuola Normale di Pisa nell’anno
accademico 2006-2007. Cfr. R. BELLARMINO, De gemitu columbae sive De bono lacrymarum libri
tres, Mediolani, apud haer. q. Pacifici Pontij, & Ioan. Baptistam Piccaleum, 1617. L’opera del
Tansillo si intitolava Le lagrime di san Pietro del signor Luigi Tansillo da Nola. Mandate in luce
da Giouan Battista Attendolo, in Vico Equense, appresso Gioseppe Cacchij, & Gio. Battista Cap-
pello, 1585.
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che si ha in mente riguarda sia l’instaurazione o la difesa della libertà sia una pro-
fonda riforma religiosa. Se la polis classica aveva un fondamento puramente uma-
no, la polis rinascimentale sarebbe impensabile senza una propria dimensione re-
ligiosa. Uomini che sul piano dei riferimenti storico-politici si muovono all’interno
della lezione dello stoicismo e del tacitismo, che hanno a modello gli antichi roma-
ni, sul piano religioso si scoprono soggetti a Dio e bisognosi di misericordia. Certo,
il messaggio di Lutero fa breccia nei principi. Ma anche la Riforma attecchisce in
contesti politici repubblicani.41
Croce osserva che la citazione finale di Petrarca inficia il discorso religioso. Gli
sfugge che anche all’interno della meditazione religiosa petrarchesca l’agostinismo
è nota fondamentale. La storia di questa posizione religiosa all’interno della cultu-
ra italiana, da Petrarca fino al Sarpi e a Galileo è molto lunga. Essa si interrompe
soltanto allorché, in pieno Settecento, si apre uno iato tra il pessismo agostiniano
dei giansenisti e l’ottimismo antropologico degli enciclopedisti e di Rousseau. Tra i
volgarizzamenti dei salmi penitenziali che abbiamo ricordato prima ne figura uno
che è opera proprio del Petrarca.42
Machiavelli è molto pessimista circa le ragioni profonde dell’agire dell’uomo.
L’uomo è preda dei vizi, è traditore e crudele. In certe circostanze almeno gli fa
difetto del tutto la pietà. Se non si è consapevoli di questa naturale propensione
ferina, difficilmente i sistemi di governo o le tattiche militari funzionano. Fare ap-
pello ai buoni sentimenti è un rischio per condottieri e politici. Non mancano, ac-
canto ad analisi spietate della malvagità umana, momenti in cui Machiavelli si la-
scia sedurre dal fascino dell’utopia. Immagina una società giusta e libera, una
religione depurata dai vizi. Potremmo definire la sua posizione intellettuale come
una continua alternanza di pessimismo e speranza. Diversamente dagli utopisti e
dai pensatori politici illuministi Machiavelli non crede affatto alla bontà naturale
dell’uomo. Sa che la felicità è un punto d’arrivo, e non di partenza. La speranza
è la nota dominante dei Discorsi, il pessimismo pare dominare invece l’opera
più controversa e più difficile a comprendersi di Machiavelli, il Principe. Questa
alternanza di pessimismo antropologico e di speranza è anche ciò che connota
la riflessione religiosa dei Riformatori. Le pagine iniziali del Beneficio nelle quali
si insiste sulla natura bestiale dell’uomo sono apparse come esempio di una visione
antiumanistica. Ma a ben vedere vengono a coincidere con quello che afferma il
41 Sul rapporto tra tradizione repubblicana ed aspirazione ad una riforma religiosa cfr. VI-
ROLI, Il Dio di Machiavelli, cit.
42 Manca ancora uno studio d’insieme sul ruolo svolto dall’agonistinismo nella cultura ita-
liana tra medioevo ed età moderna. Un simile studio mostrerebbe che il modello agostiniano era
estremamente diffuso tra le élite intellettuali di idee più avanzate almeno fino a tutto il Seicento.
Toni acutamente agostiniani rivela, per fare un solo esempio, l’atteggiamento di Paolo Sarpi al
momento della morte. Si vedano in proposito le osservazioni di Franco Dal Pino in «Studi storici
dell’Ordine dei servi di Maria», 55, 2005, p. 296 (rec. a LAZZERINI, Nessuno è innocente. Le tre
morti di Pietro Pagolo Boscoli, cit.).
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43 Sul pessimismo agostiniano come nota dominante della visione di Machiavelli cfr.
M.L. COLISH, Republicanism, Religion, and Machiavelli’s Savonarolan Moment, cit. G. COTTA
(La nascita dell’individualismo politico. Lutero e la politica della modernità, Bologna, Il Mulino,
2002) vede nell’antropologia luterana un ulteriore approfondirsi, anche rispetto a Machiavelli,
del pessimismo agostiniano e collega questa antropologia alla visione che sarà poi di Hobbes.
44 Per una interpretazione diversa dalla mia cfr. G. CAVATORTA , Girolamo Savonarola e la
figura del religioso negli scritti machiavelliani, in «Rivista di studi italiani», 2, 2000, dicembre,
pp. 68-81 che sottolinea come sia fortemente negativo il giudizio che Machiavelli esprime tanto
nei confronti di Savonarola che del clero. Sull’anticlericalismo cinquecentesco, che è l’altra faccia
del grande spirito religioso dell’epoca, cfr. O. NICCOLI, Rinascimento anticlericale. Infamia, pro-
paganda e satira in Italia tra Quattro e Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2005.
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a morte dei due aspiranti tirannicidi Boscoli e Capponi viene eseguita Machiavelli
si trova nella cella accanto. Non si sa ma è estremamente probabile che Machia-
velli abbia preso visione della Recitazione di Luca della Robbia, un intenso testo
di edificazione religiosa, nel quale temi come quelli della ampiezza della misericor-
dia di Dio erano continuamente agitati e venivano utilizzati nell’ambito di una
strategia di preparazione alla morte alquanto simile a quella che Savonarola aveva
dispiegato nei suoi due commenti. Nella Recitazione si narrano le ultime ore della
vita di Pietro Pagolo Boscoli ed i tentativi messi in atto da un suo amico, Luca
della Robbia e dal frate savonaroliano Cipriano da Pontassieve, di sottrarlo al sen-
so di inquietudine in cui è precipitato. Alla incapacità del Boscoli condannato a
morte di pentirsi sinceramente, capacità che è esemplificata proprio dal fatto
che dai suoi occhi non sgorgano lacrime, i suoi confortatori contrappongono, ci-
tando esplicitamente il Miserere, l’idea che Dio non lascia nessuno senza perdono
e l’incoraggiamento a non disperare della generosità divina.45
I due commenti ai salmi di Savonarola sembrano segnare infine un mutamento
significativo nelle posizioni savonaroliane. Giunto in punto di morte Savonarola
abbandona ogni inclinazione profetica, non lancia più messaggi di moralizzazione
o invettive contro i propri nemici. Ma produce una riflessione teologica limpida,
scritta in un latino purissimo, ed estremamente nuova e coerente. Che queste me-
ditazioni abbiano potuto affascinare Machiavelli, svelandogli un tratto nuovo del
profeta che aveva tante altre volte aspramente criticato, è senz’altro possibile. An-
che protestanti e luterani compiono nei confronti degli scritti savonaroliani una
scelta estremamente selettiva che lascia sopravvivere, in pratica, solo le due medi-
tazioni del Savonarola morente.
9. Qualche parola merita di essere spesa anche sul contesto in cui il sermone
sarebbe stato pronunciato. Il nipote di Machiavelli Giuliano de’ Ricci descrive cosı̀
l’attività confraternale: ‘‘cantar vespri et dir mattutini, darsi la disciplina et altre
opere buone’’. Le confraternite tardo-medioevali erano di solito luoghi di una re-
ligiosità formalistica ed esteriore. Le buone opere in cui i confratelli erano impe-
gnati potevano essere concepite come i mezzi più sicuri per compensare gli effetti
del peccato e conquistare la salvezza, secondo i criteri del cattolicesimo medioeva-
le. La predicazione luterana si scaglia contro queste associazioni laiche, mettendo-
ne in rilievo la scarsa religiosità. Nel Sermone del venerabile sacramento del corpo di
Cristo del 1519, Lutero muove aspre critiche al modello devozionale delle confra-
ternite.46 Pietro Pagolo Boscoli dichiara di preferire, alla rumorosità dei canti dei
confratelli della compagnia dei Neri, che lo assistevano al momento del trapasso,
un rapporto personale con Cristo mediato dai colloqui con il Della Robbia e fra
Cipriano.
45 Cfr. ancora, di chi scrive, Nessuno è innocente. Le tre morti di Pietro Pagolo Boscoli, cit.
46 Cfr. M. LUTERO, Scritti religiosi, a cura di V. VINAY, Torino, 1967, pp. 297-322.
MACHIAVELLI E SAVONAROLA. L’ESORTAZIONE ALLA PENITENZA E IL MISERERE 401
47 Sulle chiusure delle confraternite fiorentine e sulla vicenda dei Capi Rossi cfr. POLIZ-
ZOTTO, The elect nation, cit., p. 266 e pp. 340 ss. e 420 ss.
48 Cfr. V. MARCHETTI , Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze, La Nuova Italia,
ad una riforma della Chiesa. In particolar modo non si può non cogliere il nesso
che c’è tra questa meditazione ed il commento di Savonarola al Miserere, un testo
che si era diffuso rapidamente in Italia e fuori d’Italia assurgendo a manifesto pro-
gramatico delle concezioni dei circoli savonaroliani. Sembra affiorare qui una di-
versa idea di religione: non, come in altre opere di Machiavelli, strumento di po-
tere, ma esperienza interiore.
Questo contributo aspira ad arricchire, in vista di sondaggi ulteriori, la già
complessa ed ambigua figura del Segretario fiorentino. Concludiamo suggerendo,
per la breve opera di Machiavelli, un nuovo titolo: Sermone del Miserere.
LUIGI LAZZERINI