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Gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola o della trascendenza

normativa

Gli Esercizi Spirituali 1 (scritti in spagnolo tra il 1522 e il 1535 e pubblicati poi, nella
versione latina, nel 1548 ed in italiano nel 1911 sono la versione cristiana di esercizi
spirituali propri della tradizione filosofia dell'antichità, di una tradizione greco-
romana, come pensa Hadot? 2 Non si possono nutrire dubbi sui rapporti tra filosofia
antica ed Esercizi spirituali ignaziani, così come, certo in via secondaria, con la
mistica di Giovanni della Croce e di Teresa d'Avila, ma con indirizzo diverso. Hadot
ritiene che, dopo il medioevo gli esercizi spirituali antichi non fanno più parte della
filosofia, poichè essa diventa una disciplina astratta (scolastica), ma "sono integrati
nella spiritualità cristiana" 3? Non lo si può credere, perchè in essi lo scopo principale
è la stessa disciplina degli Esercizi e un cambiamento esistenziale nel soggetto,
secondo il modulo giovanneo secondo cui "la verità vi farà liberi"4 Diversamente che
in Giovanni della Croce il focus e la chiave di volta del contenuto degli Esercizi
ignaziani non è la sintesi tra anima e Logos-Cristo – non si tratta infatti di un diario
spirituale o della una mappa di un'esperienza interiore - ma di una precettistica
morale, un insieme di regole, disposte in serie progressive, che configurano una
tecnica di preghiera e meditazione. In tale contesto prevale negli Esercizi, con gli
opportuni adattamenti, la disciplina, il rispetto dei tempi, dei modi, dei processi
ideativi necessari al rispetto e all'obbedienza nei confronti di una divinità che si
presenta come Legge, come Trascendenza normativa. Si tratta di una "struttura
costitutiva" degli Esercizi: la loro immutabilità che contrasta con la dimensione della
libertà spirituale. Negli Esercizi tutto è preordinato. Si tratta sempre di prevedere e
ordinare i punti della contemplazione. L''umiltà è la condizione necessaria. Essa
consiste nell'abbassarsi e umiliarsi quanto più è possibile, al fine di obbedire in tutto
alla legge di Dio perfetta nell'imitazione di Cristo. Per quanto sopra gli Esercizi
spirituali sono da avvicinare, nello stile e nel tono, ai trattati cinque-seicenteschi di
politica e di guerra, ai Regolamenti militari, più che, come vorrebbe Hadot, alla
filosofia antica classica o ellenistica o a testi come I Ricordi di Marco Aurelio5 o il
Manuale di Epitteto6. In realtà Loyola ha scritto, con gli Esercizi spirituali, un Arte
della preghiera e del frutto di essa, che è l'elezione, cioè la scelta, così come
Machiavelli ha scritto il Principe e l'Arte della guerra o Galilei il Trattato di
fortificazione.
Molto più che le "stanze" del Castello Interiore di Teresa d'Avila7 sono le scale a
senso unico a dominare la scena degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola. Il
percorso dell'anima, in questa guida alla preghiera, è precostituito, diretto e
controllato. La libertà dell'anima ne risulta compressa, anche sulla base
dell'avvicinamento ad una teologia esplicita della predestinazione8
Non si tratta soltanto, come vuole Barthes 9, di un monumento del linguaggio, della
creazione di una lingua nuova, sia pure di un linguaggio multiplo, ma di un apparato,
di un insieme di dispositivi e di montaggi. Ignazio per la prima volta trasforma il
linguaggio, che negli Esercizi è prevalentemente quello delle immagini e della prassi,
non sottomettendolo ad un codice, ma trasformandolo esso stesso in un codice. E si
tratta di un codice di comportamento che è un codice d'ordine, un ordine ramificato in
imperativi gerarchizzati, come se si procedesse alla costruzione di una torre Eiffel di
emozioni, patimenti, slanci, mortificazioni. Il tutto allo scopo di ordinare i "modi di
esaminare la coscienza".
L'ascetica ignaziana è affidata ad una tecnica che si compone di molte singole
operazioni, spesso ripetute e variate, che producono stati dell'anima10 .
L'insieme configura una "politica dei sentimenti", dei moti e dei pensieri dell'anima,
che punta allo scopo di orientarne il percorso lungo una scala a senso unico, che
condurrebbe alla salvezza. Ciò richiede una puntuale disciplina: l'adempimento dei
comandi contenuti nei singoli esercizi deve essere osservato scrupolosamente. Per
verificare l'eventualità di omissioni o di esecuzioni improprie chi dà gli Esercizi deve
interrogare chi li riceve11.
Troviamo negli Esercizi un maximum di spirito inquisitorio, sia nell'autoanalisi che
nell'interrogazione dell'esercitante. Il carattere completamente impoetico del testo,
malgrado la lettura di Barthes, che scommetteva fossero "fondati in scrittura"12,
denuncia questo dispositivo di cattura.
E' d'obbligo inoltre segnalare una polarità tra il Diario spirituale, in cui le visioni
straordinarie, accanto agli eventi normali, e gli stati dell'anima riflettono sempre la
ricerca, il movimento e l'economia energetica dell'anima stessa13, e gli Esercizi
spirituali, nel quale nulla deve essere lasciato all'iniziativa o alla sperimentazione del
credente. Crediamo che questa polarità di lettura intertestuale possa sostituire, sotto
un profilo più generale, che investe il dinamismo spirituale, quella, ben nota, di
Barthes tra il codice linguistico della domanda degli Esercizi e il codice linguistico
della riposta nella problematica relazione tra credente e divinità. nel Diario spirituale
di S. Ignazio. In realtà il Diario spirituale registra progressi e scarti di un'invocazione
nella quale l'intera anima è proiettata in alto e tenta ogni strada per giungervi.
Nel Diario spirituale 14 le estasi e le visioni, le manifestazioni mistiche si
moltiplicano e anche il linguaggio mostra la sua insufficienza a descriverle: l'intensità
dell'esperienza, pun nel desiderio scrupoloso di prenderne nota, travalica ogni regola.
In tal senso si può affermare che gli Esercizi, in linea divergente rispetto al Diario
spirituale15 e in continuità con l'Autobiografia, sono un'opera che tenta una
fondazione su base etica, sapienziale e mistica, di una trascendenza d'ordine, una
trascendenza normativa, che mostra il suo volto autoritario e dispiega pienamente il
suo profilo dichiaratamente controriformistico (cioè fondamentalmente disciplinare e
reattivo).
Cos'è una trascendenza normativa? In che senso gli Esercizi spirituali concludono
l'indagine sulle inclinazioni dell'anima e predispongono minuziosamente,
programmandone modi e scansione, le sue operazioni, in funzione di un controllo
totale su di essa? La trascendenza normativa è una trascendenza autoritaria,
disciplinare, gerarchica. E' la trascendenza di un'autorità che stabilisce e riorganizza
le relazioni terrene, il particolare il ruolo e la sottomissione del Sé alla maestà divina.
Per Ignazio lo scopo di conoscere il Verbo incarnato è "servirlo e seguirlo sempre di
più"16 Variazioni e adattamenti degli esercizi agli esercitanti sono funzionali soltanto
all'efficacia degli stessi, perchè ciascuno "contempli in futuro nel modo migliore e
più completo"17 e si proceda alla scelta, alla decisione, "elezione" o scelta di vita 18 in
cui la libertà si compie nell'atto della volontà conformemente alla volontà dell'Eterno,
ma dotata di un valore paradigmatico che rimanda, ove se ne cercano le fonti, alla
dottrina sapienziale dell'etica aristotelica e dell'alternativa della scelta.
La trascendenza non è l'avvertimento spontaneo o l'esperienza del rapporto con un
quid trascendente, che sia termine di un'intenzionalità, presupposto e oltrepassamento
della nostra esistenza, ma è, nella propettiva di Ignazio negli Esercizi, la costruzione
di una serie di dispositivi che "catturano" l'individuo e lo alienano rispetto alla sua
libertà di agire. La trascendenza si presenta così, attraverso la mediazione del
direttore dell'esercitante, nei termini di un duro realismo, come potere di ispezione e
di controllo. La volontà divina che si dovrebbe cercare è, in realtà, la realtà
organizzata di un transito obbligato, disciplinato, e, in definitiva, coatto.
In tal senso, pur facendo leva sulla riflessione dell'intelletto e sugli atti della volontà,
si punta soprattutto sulla passività dell'esercitante, sulla sua ricettività, sulla
disponibilità ad offrire a Dio, perche se ne serva, "tutta la sua volontà e la sua
libertà19
La sottomissione a Dio richiede anche la rinuncia a prendere iniziative extravaganti
rispetto alla direzione di "chi dà gli esercizi". L'istruttore avrà e metterà in valore le
sue capacità tattiche. In un certo senso l'esercitante diventa il carceriere di se stesso,
quando adotta i criteri contenuti negli Esercizi delle prime due settimane dei trenta
giorni per discriminare spirito buono e spirito cattivo20.
Il combattimento contro il nemico della natura umana (Satana), che Ignazio assimila
al combattimento tra due eserciti del Cinquecento, richiede che si adempia con
scrupolosità di tempi e di disposizioni il compito della contemplazione, della
meditazione e dell'emendazione delle colpe.
Loyola indica il fine per cui siamo stati creati, "per lodare, rispettare e servire Dio
nostro Signore, e con ciò salvare la propria anima" 21. Le altre cose create sono
soltanto strumenti a tale scopo o, se di ostacolo, debbono diventare oggetto della
nostra indifferenza generale, escluso ciò che "innanzitutto ci conduce al fine per il
quele siamo stati creati" 22.

Non desta stupore allora che molta preoccupazione generi, nel testo di Ignazio di
Loyola, l'esame "particolare e quotidiano" delle proprie azioni, di cui si disciplinano
tempi e modalità, lavorando volta per volta su un particolare peccato.
Bisogna verbalizzare quante volte si è incorsi in quel particolare peccato o difetto. Il
calcolo, la contabilità, rinvia, dice Barthes23, al carattere dell'ossessione nevrotica. La
contabilizzazione dei progressi compiuti che risulta dagli esami continui della
propria condotta ci fa giocare il ruolo di giudici di noi stessi, controllori scupolosi
dei pensieri, delle parole (giuramenti, vaniloqui oziosi, calunnie) ed opere.
Resta comunque certo che, una volta assimilate le relazioni con il Creatore alle
relazioni cortigiane di sottomissione al Re e alle autorità, con i relativi cerimoniali 24,
il risultato non può essere diverso da quello agito in un teatro di corte.
Ignazio non si sottrae alle finzioni teatrali: le energie dell'immaginazione (i sensi
interiori nelle composizioni dei luoghi25), vengono attivate per ottenere il miglior
frutto dagli Esercizi.
Ignazio si rivela anzi un esperto di montaggio cinematografico delle immagini
mentali. Viso, viseità e paesaggio negli Esercizi sono, secondo Deleuze e Guattari,
azioni di controllo spirituale da parte dell'educazione cristiana26. Si tratta sempre di
scomposizioni e di tagli, di superfici e di buchi. Nel caso di Loyola infatti la pratica
dell'immagine e una somma di dispositivi sapienziali, di frammenti di racconto
evangelico, di disposizioni e azioni di corpi e di organi percettivi corroborano una
costruzione articolata secondo un ritmo e un procedimento di teatralizzazione.
L'esame autocoscienziale diventa così un processo giudiziario (il codice linguistico è
anche un codice di diritto) e un'analisi psicologica dei propri peccati, con relative
scale di penitenze e punizioni corporali27. Ll'insieme degli Esercizi è costruito come
per apparecchiare uno spettacolo, una visione d'insieme, un incontro. Così la visione
immaginaria gioca il suo ruolo più importante nella meditazione dell'incarnazione,
della natività e degli altri momenti della vita di Cristo, senza dimenticare la loro
rilettura secondo la modalità percettiva, perchè sembra necessario che tutti i cinque
sensi sono impegnati negli esercizi28.
Ignazio si rivela, negli Esercizi spirituali, un esperto di montaggio delle immagini
create dall'immaginazione, delle "composizioni visive" della vista immaginativa,
drammatizzate con esperienze psicosomatiche dell'esercitante29 Naturalmente ll
montaggio implica la manipolazione, la costruzione artificiale, la selezione, il
giudizio, la partizione e congiunzione.
Lo stesso Barthes segnala come all'inizio dell'epoca moderna vi sia un
rimaneggiamento della gerarchia dei cinque sensi. In controtendenza rispetto alla
considerazione dell'immagine dei mistici come Giovanni della Croce, o come
Rusbrock, per il quale la divinità "immensa, incomprensibile, inaccessibile" può
essere posseduta soltanto al di sopra delle immagini Ignazio "vuole fondare
l'immagine (o 'vista' interiore) come ortodossia, quale nuova unità della lingua che lui
costruisce"30
Ignazio risponde a queste diffidenze ascetiche o mistiche "con un imperialismo
radicale dell'immagine" che è la "materia costante degli Esercizi"31 , che diventa un
sistema linguistico, l'articolazione di un discorso, che si indirizza a Dio e lo interroga
perentoriamente attraverso una performance linguistica, visivo-percettiva, pratica,
uno stile, al termine di un lavoro di riforma-disciplina di se stessi.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, TEA, Milano, 1988, con un saggio di R. Barthes, Note
a cura di G. De Gennaro S.J.
i P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino, 1988.
i P. Hadot, op. Cit., p.215.
i Giovanni 8:32 e cfr. sulle "opere della carne"la lettera ai Galati di Paolo: 5: 19-21.
i MarcoAurelio Antonino, Ricordi, 1984 e cfr. P. Hadot, La cittadella interiore, Vita e
pensiero, Milano, 2006, cap. III p. 41-42.
i Lo stesso carattere esercitativo hanno le Diatribe e il Manuale di Epitteto. Cfr. G. Leopardi,
Manuale di Epitteto (Enchiridion), Progetto Leopardi, a cura di G.Bonghi, sul ditto
www.classiciitaliani.it.
i Teresa d'Avila, Il Castello interiore, Edizioni Paoline, 2005.
i Cfr. n. 366: "Quattordicesima regola. È verissimo che nessuno si può salvare senza essere
predestinato e senza avere la fede e la grazia").
i
i "Desolazioni" e "consolazioni" le chiama Ignazio cfr. par. 6, p. 5 e v. nn.316 e 317.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spiritulai, ed.cit., p.5
i R. Barthes, Loyola, in Ignazio di Loyola, op. cit., p.II.
i Ne Il racconto del pellegrino o Autobiografia di Sant'Ignazio di Loyola (Adelphi, Milano,
1966) l'esperienza delle visioni e dei rapimenti (cfr. ad es i nn. 28 e 29) funge da elemento di
disciminazione tra spirito buono e cattivo, divino e satanico, in vista dell'orientamento della volontà
e della trasformazione dell'anima (cfr. Autobiografia n.99), che avrà poi tanta parte negli Esercizi,
nella purificazione dalle immaginazioni legate al peccato ,prima così radicate e vivide (par. 10). Gli
stessi Esercizi spirituali nascono da una visione, o apertura della mente, avvenuta sulle rive del
fiume Cardoner a Manresa nel 1522 (cfr. Autobiografia, n.30). Le mozioni interiori e la conferma
soprannaturale al quesito se la Compagnia potesse detenere e fruire di rendite, in vista della stesura
delle Costituzioni dell'ordine, diventano nel Diario Spirituale un'invocazione che impegna l'anima
in una articolata esperienza di "viaggio" tra le intensità psicologiche (mozioni, lacrimazioni,
loquele, rapimenti, estasi, visioni).
i S. Ignazio di Loyola, Diario spirituale, in Sant'Ignazio di Loyola, Gli Scritti, a cura di M.
Gioia, Torino, Utet, 1977, pp.265-340.
i Lo stesso Ignazio ascrive le sue visioni e mozioni mistiche ad una sfera esterna al
linguaggio ad un "sentire e un vedere che le parole non possono esprimere" Ignazio di Loyola,
Diario spirituale, in ed..cit., n.24.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit., n. 130, p.38
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit.,n.165, p. 46.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit.,cfr n. 163
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit., n. 5.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit., n.8.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit. n.23, p.11
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit. n.23, p.12.
i R. Barthes, Loyola, in Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed.cit., p. XXXIII.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit. Cfr, n. 74, p.26 , n.91, p.30 e n.94,
p.31.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit., cfr. Ad es., le pp. 24-25 per l'esperienza
sensoriale dell'inferno.
i G. Deleuze, F. Guattari, Millepiani, Orthotes, Napoli-Salerno, 2017, p. 254
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit. cfr. n. 85 pp.28 e sgg.
i Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed. cit. cfr. n.121, p.36
i Esempi possono considerarsi la "meditazione dei due stendardi", in Ignazio di Loyola,
op.cit., ed. cit..pp. 40-42, o l'autorappresentazione "in presenza di Dio e di tutti i suoi santi" nel n.
151, p.43.
i R. Barthes, Loyola, in Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed, cit., p.XXVIII.
i R. Barthes, Loyola, in Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, ed, cit, p.XXIX.

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