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Comitato

Termotecnico
Italiano

Energia e Ambiente

TO
A
I R
RACCOMANDAZIONI DEL

IT
COMITATO TERMOTECNICO
ITALIANO PER LA VALUTAZIONE
R
DELLA VITA RESIDUA (VVR) DI
COMPONENTI IN REGIME DI
TO

SCORRIMENTO VISCOSO
EN

Raccomandazioni CTI elaborate dal


SC 3 “Generatori di vapore e
impianti in pressione” con la
M

collaborazione di Costruttori,
Utilizzatori e Organismi di controllo
U
C

Settembre 2005
O
D

CTI – R 5:2005

Via G. Pacini 11 - 20131 Milano


℡ 02 266265.1 " 02 26626550
www.cti2000.it – cti@cti2000.it
Premessa

Questa Raccomandazione CTI fornisce alcuni strumenti operativi per eseguire la valutazione di
vita residua di componenti di attrezzature in pressione operanti in regime di scorrimento viscoso
ai sensi della Circolare ISPESL n. 48/2003, facendo propri molti dei concetti già illustrati nella
omonima Linea Guida (LG/creep) dell’ISPESL.

TO
La Raccomandazione potrà essere costantemente aggiornata e modificata nelle varie sezioni dal
Gruppo di Lavoro “Scorrimento Viscoso” del Sottocomitato 3 con l’intento di mantenerne il
contenuto al passo con lo stato dell’arte.

A
Redatta grazie al contributo dei massimi esperti italiani nel campo della life-extension e dello

R
scorrimento viscoso, essa costituisce un “manuale” di facile consultazione ed utilizzo al quale il
Progettista incaricato delle valutazioni di vita residua può far riferimento nella applicazione

I
IT
della citata Circolare ISPESL n. 48/2003.
Un sentito ringraziamento va a tutti i membri del gruppo di lavoro che hanno contribuito,
R
seppure in tempi e con modalità diverse, alla realizzazione della Raccomandazione:
TO

Alfredo Addabbo Anima UCC

Pier Giorgio Airaghi Ansaldo Caldaie


EN

Augusto Battilocchio ISPESL

Valerio Bicego CESI


M

Claudio Cavaliere Donegani Anticorrosione srl

Antonio Drago Esso


U

Davide D'Angelo ENEL


C

Corrado Delle Site ISPESL


O

Augusto Di Gianfrancesco CSM


D

Fausto Di Tosto ISPESL

Carlo Fossati Concert

Giovanna Gabetta ENI

Luciano Gabrielli ISPESL

2
Alberto Lauro Istituto Italiano Saldatura

Gunther Merckling Istituto Scientifico Breda

Mirko Moretti ABB

Norberto Nespoli Istituto Scientifico Breda

Claudio Sampietri ENEL

TO
Piergiorgio Sartori Enichem

Andrea Tonti ISPESL

A
Gino Tulli ISPESL

I R
IT Il Coordinatore del Gruppo
R
Ing. Vittorio Mazzocchi
TO
EN
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3
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M
EN

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IT
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A
TO
Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Via Pacini 11- 20131 Milano, ! 02.2662651 - " 02.26626550
cti@cti2000.it - www.cti2000.it

Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in regime di Sezione 1
scorrimento viscoso

Temperature convenzionali di inizio scorrimento viscoso R 5:2005

TO
La temperatura convenzionale di inizio scorrimento viscoso (T0) è quella alla quale gli effetti del

A
creep divengono rilevanti ai sensi del punto 2.2 della P.T. di cui alla circolare ISPESL 48/2003.

R
In merito si riportano alcune considerazioni di carattere generale:

I
1. Il valore di temperatura in corrispondenza del quale il valore di Rp0.2T risulta pari a σR/100000/T (o

IT
σR/200000/T) può essere ottenuto come punto d’incrocio fra la curve rappresentative di Rp0.2T e
σR/100000/T (o σR/200000/T) in funzione del tempo. In via semplificata queste ultime possono essere
ottenute mediante estrapolazione o interpolazione lineare fra le coppie di valori rispettivamente
R
disponibili con riferimento a dati riportati in normative europee o internazionali. A scopo
esemplificativo si riporta, in appendice 1, la temperatura di incrocio a 100'000 ore (Ti) per
alcuni materiali contenuti in Raccolta M.
TO

2. La temperatura limite a partire dal quale per la quale le sollecitazioni (di rottura o ammissibili)
cominciano ad essere dipendenti dal tempo possono essere dedotte da standard nazionali ed
internazionali relativi ai materiali in considerazione (es. Codice ASME Boilers & Pressure
EN

Vessels Code).

3. I materiali di cui non sono note le caratteristiche meccaniche ad alta temperatura possono
essere equiparati, previa autorizzazione dell’EP, a materiali di proprietà note, sulla base della
M

composizione chimica e delle caratteristiche meccaniche. Tale equiparazione può essere


supportata da prove di tipo “small punch” su microcampioni prelevati dal materiale esercito.
U
C
O
D

5
Appendice 1

Temperatura di incrocio a 100'000 ore (Ti)


Nella tabella seguente vengono riportate, a scopo esemplificativo, le temperature di incrocio a
100'000 ore per alcuni materiali contenuti in raccolta M.

Acciai Norma Materiale Spessore Ti


sp<70 427
Fe 360.1 KW 70<sp<85 431

TO
85<sp<100 433
sp<70 413
Fe 410.1 KW 70<sp<85 433
85<sp<100 419
UNI 5869 1975

A
sp<70 410
Fe 460.1 KW 70<sp<85 413
LAMIERE

R
85<sp<100 416
sp<70 399
ACCIAI NON LEGATI

Fe 510.1 KW 70<sp<85 402

I
85<sp<100 405

IT
HI 436
H II 414
H III 395
DIN 17155 1959
R
H IV 388
17 Mn 4 412
19 Mn 5 400
TO

C 14 412
UNI 5462 1964
TUBI

C 18 397
St 35.8 424
DIN 17175 1959
St 45.8 405
EN

Fe 410 KW 415
Fe 460.1 KW 408
FUCINATI

UNI 7660-77 Fe 460.2 KW 408


Fe 510.1 KW 399
Fe 510.2 KW 399
M

Gr. 26 B 418
BS 1503-161-69 Gr. 28 B 410
U

Gr. 32 B 395
sp<70 479
16 Mo 3
C

70<sp<85 481
85<sp<100 483
sp<70 473
O ACCIAI LEGATI

16 Mo 5 70<sp<85 476
85<sp100 478
LAMIERE
D

UNI 5869 1975 14MnMo 5 5 sp<70 467


sp<70 488
14CrMo 4 5 70<sp<85 483
85<sp<100 484
sp<70 463
12CrMo 9 10 70<sp<85 466
85<sp<100 471
15 Mo 3 477
DIN 17155
13CrMo 4 4 480

6
Acciai Norma Materiale Spessore Ti
15 D 3 472
18 MD 4.05/15 MDV 4.05 467
AFNOR-NF A 36- 15 CD 2.05 483
206-78 15 CD 4.05 483
10 CD 9.10 461
Z 10 CD 5.05 388
16 Mo 5 471
UNI 5462 1964 14 CrMo3 492

TO
TUBI

12 CrMo 9.10 481


15 Mo 3 476
DIN 17175 1959 13CrMo 4 4 482
10 CrMo 9 10 477
A 12CrMo 9 10 KW 442

A
FUCINATI

B 12CrMo 9 10 KW 395
A 18 CrMo4 5 KW 509
UNI 7660 1977

R
B 18 CrMo4 5 KW 463
28 CrMo12 5 KW 415

I
20 Mn V 4 KW 389

IT
X5 CrNi 18 10 568
X6 CrNi Ti 18 11 571
ACCIAI INOSSIDABILI AUSTENITICI

X6 CrNi Nb 18 11 592
R
LAMIERE

X5 CrNiMo 17 12 617
UNI 7500 1975 X6 CrNiMoTi 17 12 595
X6 CrNiMoNb 1712 595
TO

X5 CrNiMo 17 13 617
X5 CrNiMo18 15 591
X6CrNi 23 14 572
X6CrNi 25 20 564
EN

28 NiCrMo 7 4 KW 424
X20 CrMoNi 12 01 KW 484
FUCINATI

X5 CrNi 18 10 KW 542
X6 CrNi Ti 18 11KW 578
UNI 7660 1977
X6 CrNi Nb 18 11KW 535
M

X5 CrNiMo 17 12 KW 598
X6 CrNiMoTi 17 12 KW 595
X6CrNi 25 21 KW 562
U
C
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Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 2


regime di scorrimento viscoso
R 5:2005
Calcolo della frazione di vita consumata per scorrimento viscoso

TO
Nella presente sezione sono indicati i metodi più comuni per il calcolo della frazione di vita
consumata per scorrimento viscoso:

A
1) Costruzione del diagramma bilogaritmico sollecitazione-tempo mediante master-curve

R
2) Costruzione semplificata del diagramma bilogaritmico sollecitazione-tempo.

I
3) Determinazione del PLM d’esercizio mediante interpolazione lineare sollecitazione-

IT
temperatura.

4) Determinazione del PLM d’esercizio mediante interpolazione lineare sollecitazione-PLM.


R
Il metodo raccomandato è il metodo 1 (vedi anche EN 12952-4 generatori di vapore a tubi d’acqua)
mentre, per estrapolazioni temporali limitate, è applicabile anche il metodo 2.
TO

I metodi 3 e 4 (tra loro equivalenti) possono essere impiegati per casi specifici, concordati con
l’EP.
In tutti i casi la sollecitazione va ridotta del fattore di riduzione di resistenza a creep per giunti
saldati. In mancanza di precise informazioni sul comportamento del giunto in scorrimento viscoso
EN

va assunto, per il fattore di riduzione, un valore non inferiore a 0.9.


Negli ultimi due casi la sollecitazione da considerare ai fini del calcolo va ulteriormente maggiorata
del fattore di sicurezza Cs=0.8.
M

Metodo 1
U

Costruzione della Master Curve

A partire dai valori di resistenza a creep disponibili (usualmente relativi a 100000h, σR/100000h/T) ed
C

impiegando il parametro di Larsonn-Miller:


O

PLM (σ ) = ( log t + C) T
in cui:
D

σ, t e T sono rispettivamente la sollecitazione, il tempo e la temperatura (in MPa, h e °C)


C è una costante che definisce il comportamento a creep del materiale preso in esame, che si è considerata pari a 20,
valore tipico per gli acciai ferritici

si può tracciare la curva σ - PLM .


Per il tracciamento della curva si può parametrizzare Larsonn–Miller PLM con un polinomio di
grado n-esimo nella variabile log (σ):

8
PLM (σ) = a0 + a1 log (σ) + a2 log2 (σ) + a3 log3 (σ)

I coefficienti ai si possono determinare con metodi statistici rispetto ai valori (σR/100000h/T, T, 100000
h).
ASTM A182 F 11

25000

TO
20000
PLM

ASTM DATA

A
Curva di Interpolazione
15000

I R
IT
10000
0.0 0.5 1.0 1.5 R 2.0 2.5 3.0 3.5

log (σ) (MPa)

Figura 1 – Master Curve


TO

Curve di Creep

In base alla modellazione proposta, per ogni singolo materiale vengono tracciate le curve di creep
alla temperatura di test. Queste figure mostrano la curva (σR / t) media, ottenuta dalla Master Curve
EN

appena descritta, e la curva minima, ottenuta dalla precedente riducendo del 20% i valori della
sollecitazione a rottura.
1000
M

Curva Estrapolata a 521°C


U

Curva delle Sollecitazioni


Massime Ammissibili
Stress (MPa)
C

100
O
D

10
1000 10000 100000 1000000
Time to rupture (h)

Figura 2 – Curva di creep

9
In base a quest’ultima curva si calcolano i valori della sollecitazione massima ammissibile a creep
in corrispondenza di specifici valori di durata.

Validazione della parametrizzazione


La parametrizzazione deve essere convalidata a posteriori mediante delle verifiche da effettuare
sulle curve tracciate. Una validazione possibile è quella tramite i Post Assessment tests (PATs)
elaborati dall’ European Creep Collaborative Committee (ECCC).
Le verifiche da applicare sono le seguenti:

TO
PAT 1: Verifica della correttezza fisica della modellazione proposta:

− PAT 1.1: Verifica ingegneristica della corretta descrizione dei punti forniti da parte
dell’equazione modello, nel diagramma Log (σ) / Log (t), resistenza / tempo di rottura.

A
La verifica impone che i valori di partenza siano correttamente descritti dalle linee tracciate

R
(una regola generalmente utilizzata è quella che i valori forniti debbano trovarsi all’interno
dell’area individuata dal ± 20 % della linea prevista)

I
IT
− PAT 1.2: Verifica di anomalie nell’andamento delle suddette curve quali flessi, intersezioni
tra le isoterme, curve a “ricciolo”, ecc. R
Tale verifica viene condotta:

• tra Tmin – 25°C e Tmax + 25°C


TO

• da 10 a 106 h
• per σ ≥ 0.8 σmin

dove:
EN

Tmin, Tmax sono rispettivamente la minima e massima temperatura dei punti forniti
σmin è il minimo valore di resistenza a creep dei punti forniti
M

− PAT 1.3: Verifica dell’andamento dell’esponente di Norton, stimato dalla derivata delle
suddette curve n = – d Log t / d Log σ.
U

Nel suddetto range deve essere:


C

n > 1.5
O

PAT 2: Verifica statistica della validità della previsione:


Verifica della descrizione dei dati utilizzati per la configurazione del modello tramite un
D

diagramma che raffronta i tempi a rottura dei dati con quelli predetti dal modello per le stesse
condizioni di carico.

− PAT 2.1: Verifica statistica della posizione della curva predetta dal modello tra tutti i dati
forniti.

10
Metodo 2

Il consumo di vita per scorrimento viscoso viene determinato, sulla base delle sollecitazioni
significative presenti, mediante la costruzione, in un diagramma bilogaritmico tempo-sollecitazione
della curva dei carichi di rottura per scorrimento viscoso alla temperatura considerata.
Le curve sollecitazione-tempo di rottura a temperatura costante, tracciate in un diagramma
bilogaritmico spesso sono rappresentate da linee rette, o possono essere approssimate a rette
relativamente a regioni limitate.
Queste rette possono essere analiticamente rappresentate nel seguente modo

TO
tr = m(σ)-n (1)
dove:
tr : tempo a rottura

A
σ : sollecitazione

R
m, n : parametri dipendenti dal materiale e dalla temperatura.

I
I parametri m, n possono essere calcolati noti due punti della curva (σ1; t1), (σ2; t2) dove t1 e t2

IT
sono pari a 100’000 e 200’000 ore.
Spesso, nelle raccolte normative, è disponibile un solo valore della sollecitazione che provoca
R
rottura (ad esempio quello relativo a 100’000 ore) ed è quindi necessario determinare un altro
valore (ad esempio quello relativo a 200’000 ore).
Tale secondo valore (nelle formule che seguono si farà riferimento al carico di rottura a 200’000
TO

ore), può essere calcolato mediante un semplice artificio basato sulla teoria di Larson –Miller che
introduce una corrispondenza biunivoca tra il PLM e la sollecitazione a rottura.
Ad uno stesso valore della sollecitazione corrispondono infinite coppie temperatura-tempo che
provocano rottura nel materiale ed alle quali corrisponde uno stesso valore del PLM.
EN

Uguagliando quindi i valori del PLM relativo alle due condizioni :

T1 = temperatura di esercizio t1 = 200’000 ore (PLM1)


Tx = temperatura equivalente incognita t2= 100’000 ore (PLM2)
M

si può ricavare la temperatura equivalente Tx :


U

(C + log 200000)(T1 + 273)


Tx = − 273
C

(C + log100000)
O

Dalla norma si può ricavare pertanto il valore della sollecitazione di rottura alla temperatura
equivalente Tx ; se necessario tale valore può essere ricavato per interpolazione lineare, detti
D

infatti T’ e T’’ i valori delle temperature immediatamente superiori ed inferiori a T x, in


corrispondenza dei quali sono fornite le sollecitazioni a rottura a 100’000 ore (σ’ e σ’’ ) si avrà:

σ r / 200000 / T1 = σ r / 100000 / Tx = σ ' −


(σ '−σ ' ')(Tx − T ')
(T ' '−T ')

11
Noti i valori delle sollecitazioni a rottura a 100’000 e 200’000 ore alla temperatura considerata, si
può costruire il diagramma bilogaritmico tempo-sollecitazione espresso analiticamente dalla (1).
Infatti è possibile determinare con semplici passaggi la costante n :

t
log 1
t2
n=
σ
log 2
σ1

TO
Il valore di m si ottiene risolvendo l’equazione (1) in forma logaritmica con i valori di una delle due
coppie tabellate

log m = log t2 + nlogσ2

A
m = t2σn2 = t1σn1

I R
Metodo 3

IT
Il metodo si basa sulla costruzione della spezzata sollecitazione di rottura – parametro di Larson
Miller in base ai valori tabellari della sollecitazione a 100’000 ore a varie temperature.
R
Da tale diagramma, nota la sollecitazione di esercizio, si ricava poi il tempo teorico a rottura e
quindi la vita consumata.
Dalle tabelle delle σr /100000/ T1 si trovano i valori delle σsup e σinf ovvero i valori della σ
TO

alla temperatura immediatamente superiore ed inferiore alla temperatura di esercizio ( T es ) .


Per interpolazione lineare tra i valori sopra indicati si determina T 100000

σ sup − σ es
EN

T 100000 = Tsup - × ( Tsup - Tinf )


σ sup−σ inf
M

Si determina il PLM relativo alla σes ed alla temperatura che porterebbe a rottura in 100’000 ore.
U

(T + 273) (C + log H)
PLMes =
103
C

Invertendo la formula del PLMeff e sostituendo a T il valore della temperatura di esercizio si


O

ottiene il tempo a rottura.


D

 1000 PLM 
 −C 
t R = 10  T + 273 

Metodo 4
Il metodo si basa sulla costruzione della curva sollecitazione-parametro di Larson-Miller oppure-
sull’utilizzo di curve già disponibili in letteratura.

12
Per la costruzione della curva suddetta è necessario ricavare dalle norme i valori del carico di
rottura a 100000 ore alle varie temperature (σr /100000/ T1) quindi si calcola il valore del PLM in
corrispondenza di ogni valore di σr /100000/ T1tramite la relazione

(T + 273) (C + log H)
PLMes =
103

Si può quindi procedere al calcolo della sollecitazione di esercizio facendo riferimento alle

TO
condizioni massime di pressione; nota la sollecitazione di esercizio si può ricavare graficamente il
valore del PLM dalla curva precedentemente tracciata.
Esplicitando la formula del PLM in funzione del tempo ed utilizzando come temperatura il valore
massimo durante l’esercizio (Tes) si ottiene il tempo massimo a rottura.

A
 1000 PLM 
 −C 
t R = 10  T + 273 

I R
Bibliografia
IT
R
[1] EN 12952-4 Caldaie a tubi d’acqua ed installazioni ausiliarie. Calcolo della durata di vita
prevedibile di caldaie in esercizio.
[2] ECCC Recommendations Vol. 5: “Guidance for the assessment of creep rupture, creep strain
TO

and stress relaxation data”. European Creep Collaborative Committee.


EN
M
U
C
O
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 3


regime di scorrimento viscoso
R 5:2005
Calcolo della frazione di vita consumata per fatica oligociclica

TO
Calcolo della sollecitazione a fatica
L’effetto della fatica oligociclica sull’apparecchio deve essere comunque valutato mediante calcolo
della rispettiva frazione di vita consumata quando il numero di cicli di avviamento/spegnimento

A
risulta superiore a 1000.
Essendo la fatica un fenomeno di rottura del materiale conseguente a ripetute variazioni della

R
sollecitazione, quest’ultima va calcolata a brevi intervalli di tempo a partire dalle misure di
pressione e differenze di temperatura, in modo da determinare con sufficiente accuratezza i minimi

I
ed i massimi relativi.

IT
Determinazione dei valori estremi della sollecitazione
Per quanto riguarda la sollecitazione di esercizio legata ai carichi ciclici è sufficiente fare
R
riferimento ai valori estremi senza trascurare il tempo di permanenza ad un dato livello di
sollecitazione e l’intervallo di tempo tra due estremi.
Gli estremi vanno immagazzinati insieme ai corrispondenti valori di temperatura del materiale,
TO

pressione e ∆T, eliminando quelli associati a piccoli cicli di carico.


Determinazione dei cicli di carico
Innanzitutto occorre determinare i cicli di carico, individuando i cicli di isteresi nel diagramma
tensioni-deformazione. Una volta individuati i cicli essi devono essere classificati in base alla loro
EN

ampiezza e alla temperatura di riferimento. Il conteggio del numero di cicli di carico va effettuato
mediante i metodi range-pair o rain flow.
Sequenza finale degli estremi relativi (RSE)
Una volta individuato e classificato un ciclo di carico, gli estremi ad esso relativi devono essere
M

eliminati dalla sequenza degli estremi. La procedura di determinazione, classificazione e


eliminazione degli estremi va ripetuta finchè non si trova più alcun ciclo di carico.
U

Il contributo alla fatica della sequenza degli estremi rimanente può essere stimato in vari modi (o
trascurato) assimilando le variazioni tra estremi e/o massimi e minimi relativi a cicli di carico
C

secondo procedure determinate.


Calcolo della frazione di vita consumata per fatica
O

La frazione di vita consumata per fatica risulta essere pari a:

zf = Drse+ΣiΣk ∆Dik
D

Dove:
nik = numero di cicli nella classe (i,k)
Nik = numero di cicli limite nella classe (i,k)
Drse = contributo della sequenza degli estremi relativi
∆Dik = contributo dei cicli (i,k) ∆Dik = nik/Nik

14
Bibliografia
[1] EN 12952-4 Caldaie a tubi d’acqua ed installazioni ausiliarie. Calcolo della durata di vita
prevedibile di caldaie in esercizio.
[2] EN 12953-3 Caldaie a tubi da fumo. Parte 3: Progettazione e calcolo delle parti in pressione.

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regime di scorrimento viscoso
R 5:2005
Calcolo della frazione di vita consumata per danno combinato creep-fatica

TO
Gli effetti del danno combinato creep-fatica vanno valutati come combinazione lineare dei due
contributi:

A
zsf=zs +zf

R
essendo:

I
zsf = frazione di vita consumata per danno combinato creep e fatica

IT
zs = frazione di vita consumata per creep
zs = frazione di vita consumata per fatica R
Il danno combinato così determinato deve risultare inferiore ad un danno limite D. Ciò equivale a
verificare, per via grafica, che il punto rappresentativo di zsf cada all’interno dell’area sottesa da
diagrammi del tipo di quello di figura 1 (diagramma variabile per ogni classe di materiale).
TO
EN
M
U
C
O
D

Figura 1. Esempio di curva di danno combinato creep-fatica

16
Mediante l’ausilio di siffatti diagrammi è anche possibile stimare la vita consumata come:

zsf = OC/OV

A solo scopo esemplificativo viene riportata, in figura 2, la procedura da seguire:

TO
A
I R
IT
R
TO

Figura 2. Valutazione della frazione di vita consumata


per due classi di materiali differenti.
EN

zsf1 = oc/ov1 (materiale 1)


zsf2 = oc/ov2 (materiale 2)
M
U
C
O
D

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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 5


regime di scorrimento viscoso
R 5:2005
Pianificazione dei controlli non distruttivi

TO
CONSIDERAZIONI GENERALI
La redazione del piano controlli rientra nella programmazione delle attività ispettive e come tale

A
deve tenere in considerazione vari parametri connessi sia con la progettazione e costruzione
dell’apparecchiatura (tipo di apparecchiatura, materiali, trattamenti termici, spessori, ecc.) che con

R
le condizioni di processo (temperatura, pressione, ambiente chimico) e con la storia di esercizio
(dati di precedenti ispezioni, incidenti, riparazioni, modifiche, ecc.).

I
Da tali informazioni (analisi preliminare) è già possibile identificare la maggior parte dei

IT
meccanismi di danneggiamento (corrosione, tensocorrosione, fatica, creep, ecc.) e
conseguentemente ipotizzare le tipologie prevedibili di danno (riduzione di spessore, cricche,
degrado microstrutturale, formazione di microvuoti, ecc.).
R
Le tecniche ispettive per i controlli non distruttivi vanno scelte in funzione della loro idoneità ad
individuare il danno prevedibile e delle loro peculiari caratteristiche (compatibilità con il materiale
indagato, disponibilità dell’apparecchiatura, tipo di alimentazione, temperatura di lavoro, ecc).
TO

E’ importante inoltre prendere in considerazione l’affidabilità del sistema di controllo ovvero la sua
capacità di rivelare e caratterizzare correttamente i difetti. Idealmente una tecnica di controllo
dovrebbe essere in grado di discriminare tutti i difetti più grandi di una data soglia e di ignorare
EN

quelli più piccoli. In realtà nessun sistema consente di ottenere una distinzione così netta, si parla
quindi di Probabilità di rilevazione (POD). Convenzionalmente il difetto minimo rilevabile da un
dato sistema è quello corrispondente ad una probabilità di rilevazione del 90% ovvero tale che la
sua individuazione con la tecnica ispettiva in esame venga accertata 90 volte su 100 prove ripetute.
Una curva POD elaborata sperimentalmente è specifica per :
M

• materiale/componente;
• tipologia di difetto;
U

• tecnica ispettiva;
• operatore.
C

Si deve pertanto individuare preliminarmente la soglia minima del difetto che si desidera
discriminare e conseguentemente si deve accertare, anche mediante prove, l’affidabilità del sistema
O

di controllo che si intende adottare.


Una volta scelte le tecniche ispettive per i controlli non distruttivi occorre determinare l’estensione
D

quantitativa del programma ispettivo. A tal fine va valutata la densità e la variabilità del danno
prevedibile (estensione della superficie danneggiata, zone critiche nei riguardi del danno,
distribuzione spaziale del danno, ecc.), la validità del campione da investigare (predisporre l’esame
su aree del componente dove è prevedibile che il danno si verifichi) e la dimensione dello stesso (la
superficie ispezionata deve essere di estensione tale da consentire di valutare i diversi tipi di danno
localizzato).

18
Sulla base dei criteri sopra elencati si determinano quindi le caratteristiche generali del piano
ispettivo, scegliendo in primo luogo le tecniche ispettive e successivamente determinando
l’estensione quantitativa del programma ispettivo.
L’eventuale rilevazione di difetti durante l’esecuzione dei controlli previsti del piano ispettivo
comporta l’esigenza di intensificare l’ispezione soprattutto quando vengono rilevati difetti di
elevata pericolosità in relazione alla loro natura e dimensioni. In tali casi l’intensificazione dei
controlli va fatta secondo criteri preventivamente individuati che tengano in debita considerazione
sia l’efficacia delle tecniche ispettive che l’estensione del programma ispettivo

TO
Il programma ispettivo finale, integrato rispetto a quello preliminare in corso d’opera sulla base
delle esigenze scaturite durante l’effettuazione dei controlli, può essere classificato secondo criteri
di efficacia crescente, a seconda della capacità di individuare correttamente il danno ipotizzato. Si
passa cioè da un programma ispettivo di sufficiente efficacia, capace cioè di rilevare con sufficiente
attendibilità il danno ad un programma di elevata efficacia, capace di rilevare con alta probabilità il

A
danno presente nel componente.

R
Infine particolare riguardo deve essere posto alla stima della evoluzione temporale dei fenomeni di
danneggiamento mediante comparazione con esiti di ispezioni passate e programmando una
adeguata frequenza temporale di ispezioni future.

I
IT
IL PIANO DI CONTROLLO PRELIMINARE
Il piano di controllo preliminare deve essere redatto tenendo conto di quanto evidenziato nel
R
punto precedente (considerazioni generali). In particolare vista la specificità dei componenti a
pressione in esame dovrà essere posta particolare attenzione al meccanismo di danno “scorrimento
viscoso”. Peraltro i controlli devono individuare con sufficiente attendibilità il buono stato del
TO

componente nei riguardi di tutte le tipologie di danno.

Scelta delle tecniche ispettive


Su ogni giunto saldato va eseguita una serie di controlli specifici finalizzati
EN

all’individuazione dello stato di degrado del componente. A tal fine i controlli minimi da effettuare
devono essere eseguiti in accordo alla seguente tabella:

TABELLA 1 – Controlli non distruttivi per tipologia di membratura/saldatura


M

Elemento Controlli base Controlli


aggiuntivi
U

Materiale base:
• Mantello recipiente VT UTS DM STE
C

• Tubazioni VT UTS DM ET
• Estradosso curve VT ST UTS MT (e/o PT) DM HT
O

• Pezzi speciali VT ST UTS MT (e/o PT) UT STE


Saldature di composizione VT ST UT MT (e/o PT) RT
D

Saldature al mantello dei bocchelli di VT ST UT MT (e/o PT) RT


diametro ≥100 mm
Saldature al mantello dei bocchelli di VT ST MT (e/o PT) ET
diametro < 100 mm
Saldature di elementi non in pressione a VT PT (e/o MT) ST
parti in pressione
Superfici interne VTE o alternativi

19
La tabella di cui sopra fa riferimento alla seguente simbologia:

UT ultrasuoni difettoscopici MT esame magnetoscopico


RT esami radiografici UTS ultrasuoni spessimetrici
PT liquidi penetranti ET eddy currents
VT esami visivi diretti DM controlli dimensionali
VTE esami visivi delle superfici ST repliche metallografiche
interne con apparecchi endoscopici
HT misure di durezza STE repliche estrattive

TO
In tale tabella sono indicati con il nome di controlli base quei controlli ritenuti più idonei in

A
relazione alla specificità del giunto saldato mentre sono definiti controlli aggiuntivi quelli
integrativi da eseguirsi a discrezione del progettista/ispettore in aggiunta ai controlli base.

R
Estensione preliminare del programma ispettivo

I
IT
L’estensione del programma ispettivo deve essere individuata in via preliminare facendo
riferimento a quanto riportato nelle considerazioni generali.
R
In particolare il controllo deve essere effettuato su ogni tipologia di giunto saldato e sul materiale
base secondo una estensione preliminare di primo tentativo che va determinata in funzione delle
seguenti grandezze:
TO

• Livello di vita spesa: percentuale di vita consumata dal giunto saldato, dedotta dal calcolo
eseguito in via preliminare con valori effettivi di pressione, temperatura e tempi e valori
nominali di spessore;
• Categoria di pericolosità del’apparecchio: le attrezzature a pressione, in base all’allegato II
EN

della direttiva 97/23/CE (PED) sono suddivise in categorie secondo criteri di pericolosità
crescenti (I, II, III, IV);
• Criticità della saldatura: parametro che tiene in considerazione le conseguenze associate ad
una eventuale rottura del giunto saldato: molto basse (A), basse (B), medie (C), elevate (D).
M

La classe E corrispondente a conseguenze molto elevate va impiegata invece per il materiale


base.
U

L’estensione del controllo per ogni saldatura è individuata da un parametro qualitativo detto PEC
C

(Parametro Estensione Controlli) variabile da 1 a 5 secondo un criterio di severità crescente.


Esso individua l’estensione del singolo controllo non distruttivo da effettuare su ogni tipologia di
O

saldatura (ad esempio la percentuale di branchetti da controllare, il numero di repliche da


effettuare, ecc.) e tiene in considerazione anche la validità e la dimensione del campione investigato
D

in relazione al danno ricercato.


Una descrizione puramente qualitativa della estensione del controllo associata a ciascun valore del
PEC è riportata in tabella 2. La tabella 3 della sezione 8 mostra, come esempio, una possibile
formulazione quantitativa del PEC per componenti di generatori di vapore.

20
Tabella 2. Parametro Estensione Controlli

PEC Estensione del controllo


1 Sufficientemente diffusa
2 Moderatamente diffusa
3 Mediamente diffusa
4 Altamente diffusa
5 Elevata

TO
CLASSIFICAZIONE DEI DIFETTI RISCONTRATI

A
Dopo aver eseguito i controlli preliminari su ogni saldatura costituente il componente investigato
secondo una estensione pari al valore del PEC preliminare è necessario valutare se intensificare o

R
meno i controlli stessi. I difetti rilevati dovranno essere classificati secondo criteri che prendono in
considerazione il tipo, l’estensione, la natura e la le dimensioni del difetto.

I
Anche in questo caso si fa riferimento ad una classificazione indicizzata come riportato nel

IT
prospetto seguente (tabella 3):

Tabella 3. Classificazione dei difetti


R
Classe del difetto: CD Difetti riscontrati
1 Nessun difetto
TO

2 Difettosità lieve
3 Difettosità media
4 Difettosità alta
5 Difettosità molto alta
EN

Il danneggiamento da scorrimento viscoso, evidenziato mediante esecuzione di repliche


metallografiche, è classificato con il criterio riportato nella sezione 6, mediante indici variabili da 1
M

a 5 a cui corrispondono rispettivamente i casi estremi di materiale non danneggiato e materiale con
presenza di macrocricche (classe del difetto: CDcreep).
La classificazione dei sottospessori riscontrati deve essere funzione dello spessore nominale, della
U

tolleranza, del sovraspessore di corrosione e dello spessore minimo di calcolo (classe del difetto:
CDss). L’esempio riportato nella sezione 8 mostra una possibile procedura numerica di
C

classificazione dei difetti superficiali sulla base del loro numero e della loro profondità.
O

INTENSIFICAZIONE DEI CONTROLLI


D

Se i controlli preliminari hanno rilevato dei difetti può rendersi necessario intensificare i controlli
in corso d’opera. A seconda della difettologia riscontrata, quantificata dalla classe del difetto,
andrà aumentata l’estensione del controllo più idoneo a rilevarla, lasciando inalterata l’estensione
dei rimanenti controlli. A tal fine viene riportata la tabella 4 che identifica i controlli non distruttivi
più efficaci, ai fini della presente PT, per ogni tipo di difettologia.

21
Tabella 4. Efficacia delle tecniche ispettive

Tecnica di Riduzione Difetti Difetti Microfessure Variazioni Variazioni


Ispezione di spessore superficiali Volumetrici microvuoti metallurgiche dimensionali
UT ultrasuoni X 2-3 1-2 2-3 X X
difettoscopici
RT esami X 3-X 1-2 X X X
radiografici
PT liquidi penetranti X 1-3 X X X X
VT - VTE esami X 2-3 X X X X

TO
visivi diretti e
assistiti
HT durezze X X X X 3-X X
MT esame X 1-2 3-X X X X
magnetoscopico

A
UTS ultrasuoni 1 X X X X X
spessimetrici
ET eddy currents 1-2 1-2 2-3 X X X

R
DM dimensionali 1-3 X X X X 1-2
ST repliche X 1-3 X 1-2 1-2 X

I
metallografiche

IT
STE repliche X X X X 1-2 X
estrattive

Legenda:
R
1: molto efficace
2: moderatamente efficace
TO

3: di possibile efficacia
X: di solito non utilizzato

Il diagramma qualitativo di figura 1 illustra in un diagramma a blocchi la procedura da seguire per


EN

intensificare i controlli, rispetto a quelli previsti dal piano preliminare, in funzione della natura
specifica dei difetti riscontrati.
M

Si giunge a definire così una integrazione al piano controlli preliminare diversificata a seconda del
risultato del controllo.
U

La procedura è di tipo iterativo dovendosi estendere il controllo ogni volta che si rilevi difettologia
di classe superiore.
C

Alla fine, per ciascuna saldatura, alcuni controlli saranno eseguiti con estensione maggiore rispetto
ad altri, giungendo a definire un set di grandezze (PECi), indicative dell’estensione dei controlli
relativi, rispettivamente, ai difetti superficiali, a quelli volumetrici, al danno da creep e ai
O

sottospessori.
D

22
PEC
preliminare

TO
SI Tipo controllo Calcola Nuova estensione
Difetto da intensificare: CD1 controllo :
superf.le LP o MTo ET PEC(LP o MT o ET)

A
R
NO

I
IT
SI Tipo controllo Calcola Nuova estensione
Difetto da intensificare: CD2 controllo :
volum.co UT
R PEC(UT)
TO

NO
EN

SI Tipo controllo Calcola Nuova estensione


Danno da intensificare: Ccreep controllo :
da creep ST (allegato 6) PEC(UT)
M

NO
U
C

SI Tipo controllo Calcola


Sotto da intensificare: Css Nuova estensione
spessori UTS controllo :
O

PEC(UT)
D

Estensione
controlli pari al
PEC preliminare

Figura 1 – Intensificazione dei CND su una data saldatura in funzione dei difetti riscontrati

23
Categoria dell’ispezione

Una volta scelte le tecniche ispettive e determinata l’estensione dei controlli su ogni tipologia di
giunto saldato, anche in seguito alla eventuale intensificazione dei controlli, si arriva a definire
l’efficacia del programma ispettivo detta brevemente Categoria di Ispezione. Tale grandezza,
relativa all’intero componente e non più al singolo giunto saldato, è classificabile qualitativamente
secondo categorie crescenti secondo il prospetto sotto riportato.

Tabella 5. Categoria qualitativa di efficacia ispettiva (categoria di ispezione)

TO
Categoria di Ispezione Descrizione
5 Elevata efficacia In grado di rilevare il
danno in quasi tutti i casi

A
4 Alta efficacia In grado di rilevare il
danno nella maggior

R
parte dei casi
3 Buona efficacia Tale da garantire con

I
buona attendibilità

IT
l’individuazione di
difetti, il degrado del
materiale e i sottospessori
R
2 Media efficacia Tale da garantire con
media attendibilità
TO

l’individuazione di
difetti, il degrado del
materiale e i sottospessori
1 Sufficiente efficacia Tale da garantire con
EN

sufficiente attendibilità
l’individuazione di
difetti, il degrado del
materiale e i sottospessori
M

La categoria d’ispezione va valutata di volta in volta dal PR sulla base dei controlli eseguiti e
U

dell’estensione degli stessi.


Seguendo la procedura illustrata nei punti precedenti, avendo scelto le tecniche ispettive indicate in
C

tabella 1 ed avendo intensificato i controlli secondo il prospetto di tabella 4, ne risulta che la


categoria dell’ispezione è, in linea generale, strettamente correlata al Parametro Estensione
O

Controlli (PEC). In tale evenienza, è possibile incrementare o diminuire l’efficacia del programma
ispettivo agendo sul parametro PEC.
D

COMPITI DEL PROGETTISTA


Il progettista (PR), ovvero la persona che sovrintende a tutte le attività di valutazione dello stato di
integrità delle attrezzature a pressione soggette a scorrimento viscoso a caldo deve:
1. elaborare il piano controlli (PC) preliminare determinando per ogni giunto saldato e
materiale base le tecniche ispettive e l’estensione dei controlli, individuando i criteri per la
determinazione del PEC in funzione di vita spesa, criticità saldatura e pericolosità
dell’apparecchio.

24
2. classificare le indicazioni rilevate con i controlli tenendo conto dei criteri di accettabilità
stabiliti preliminarmente dal PR o da codici di riferimento per la fabbricazione, riferiti alle
singole classi di prodotto. Le indicazioni eccedenti i limiti di accettabilità devono essere
classificate secondo criteri predeterminati. In particolare deve valutare l’accettabilità delle
indicazioni in funzione della loro natura, posizione, profondità e dimensione, tenendo conto
del futuro esercizio del componente.
3. individuare le eventuali azioni da intraprendere, comprese molature, riparazioni locali,
riparazioni totali, sostituzioni, ecc.
4. intensificare i controlli o far ricorso a controlli aggiuntivi e/o alternativi sulla base dei

TO
risultati ottenuti, secondo procedure chiaramente identificate.
5. far eseguire i controlli secondo procedure prefissate rese disponibili, in forma scritta, prima
dell’esecuzione degli stessi.
6. documentare i controlli su appositi certificati.

A
La procedura per la pianificazione e l’esecuzione dei controlli, classificazione dei difetti,

R
individuazione delle azioni correttive, ecc. descritta nei punti precedenti deve essere
preliminarmente comunicata dal PR all’EP.

I
PRESCRIZIONI PARTICOLARI

IT
R
Controllo a Campione per Collettori “Multipli ” di Generatori di Vapore
Il controllo dei collettori multipli di un generatore di vapore può essere effettuato a campione
TO

secondo il seguente seguente programma:


• Se la vita consumata risulta minore del 60%:
Controllo del 33% dei collettori alla prima fermata di riomologazione (100000 ore). Alla
seconda fermata di riomologazione controllo di un altro 33% dei collettori oltre al 33%
EN

del già controllato. Nella terza fermata di riomologazione controllo del rimanente 33% non
controllato oltre al 33% del già controllato. La sequenza deve essere ripetuta nei controlli
successivi.
• Se la vita consumata risulta compresa tra il 60% e l’80%:
M

Controllo del 66% dei collettori alla prima fermata di riomologazione (100000 ore). Alla
seconda fermata di riomologazione controllo dei collettori rimanenti e del 66% di quelli
U

già controllati.
La sequenza deve essere ripetuta nei controlli successivi.
C

• Se la vita consumata risulta maggiore del 80%:


Controllo del 100% dei collettori multipli.
O

Qualora mediante i controlli non distruttivi o l’esame per replica siano stati rilevati difetti ritenuti
significativi dal progettista o difetti da creep, anche su un solo collettore, l’ispezione deve essere
D

estesa al doppio dei collettori danneggiati. Se a seguito di tali controlli il difetto risulti confermato
occorre estendere i controlli al 100%.

Ove tali collettori “multipli” non risultino totalmente accessibili a causa della loro posizione
l’estensione del controllo va valutato caso per caso, previa apposita relazione da parte del
Progettista.

25
Misurazioni di Spessore

Le misure di spessore devono essere eseguite con una estensione tale da evidenziare eventuali
sottospessori causati da fenomeni erosivi o corrosivi legati all’esercizio o da errori originari legati
alla costruzione.
Nel caso si intenda utilizzare lo spessore reale nel calcolo di vita consumata, quando maggiore di
quello di progetto, l’estensione dei punti di misurazione deve essere tale da garantire l’effettiva
presenza del sovraspessore nei componenti da esaminare. A tal fine il reticolo minimo di punti di
misura deve rispettare il prospetto di tabella 6.

TO
Tabella 6. Reticolo per misurare lo spessore reale ai fini del calcolo

Componente Misure di Spessore

A
Tubazioni – tratti dritti 4 punti circonferenziali a 90° alle estremità e al
centro

R
Tubazioni – tratti curvi 3 punti circonferenziali (-45°, 0°, 45°) in 3

I
posizioni longitudinali (1/4, centro e 3/4 della

IT
curva), con riferimento alla mezzeria
dell’estradosso
Collettori di diametro maggiore o uguale a 300 8 punti circonferenziali ogni tratto longitudinale
R
mm pari al diametro
8 punti su ciascun fondo di estremità
TO

Collettori di diametro minore di 300 mm 4 punti circonferenziali ogni tratto longitudinale


pari al diametro
4 punti su ciascun fondo di estremità
EN

Membrature da lamiera Maglia quadrata con lato massimo 300 mm

Semilavorati vari di cui al cap. 12 della Raccolta Numero di punti per sezione:
M

M revisione 95 ed. 99 n=DxC1 (min 4 a 90°)


Spaziatura tra le sezioni:
d=DxC2 (minimo 2 sezioni)
U

(D=diametro, C1=0.02, C2=0.5, per riduzioni


tronco-coniche D=Dmax)
C

Anche in presenza di fenomeni corrosivi è opportuno intensificare, in accordo al precedente


O

prospetto, i punti di misura per verificare eventuali sottospessori. In tali casi, se si intende utilizzare
lo spessore reale, quando maggiore di quello di progetto, nel calcolo di vita consumata occorre
intensificare ulteriormente i punti di misura rispetto a quelli indicati in tabella 6.
D

Prescrizioni specifiche inerenti i controlli


Quando è richiesta l’ispezione del bordo interno dei bocchelli è consigliato l’esame visivo VTE,
integrato o sostituito da un idoneo esame mediante ultrasuoni. In caso di numerosi bocchelli simili,
il controllo può essere “a campione”.

26
Prima della preparazione della superficie per il prelievo delle repliche metallografiche deve essere
misurato lo spessore del componente al fine di evitare la creazione di sottospessori. In ogni caso
l’esame spessimetrico deve essere ripetuto dopo il prelievo della replica per verificare lo spessore
residuo.
Gli esami metallografici possono fornire anche informazioni supplementari sulla natura di difetti
riscontrati. Prima di asportare per molatura un difetto il progettista deve valutare la sua natura. A tal
fine, per verificare se vi sia presenza di danno da scorrimento viscoso, deve essere valutata
l’opportunità di prelevare una replica all’apice del difetto. Nel caso di più difetti analoghi su uno
stesso componente, la replica può essere prelevata su un solo difetto. Se il difetto è superficiale e

TO
scompare durante la preparazione dell’area di replica, quest’ultima deve essere comunque
analizzata, a meno che non sia possibile farlo su un difetto analogo. Queste repliche sono aggiuntive
a quelle richieste dal piano controlli. In caso di concomitanza di posizione, il punto di prelievo
previsto dal piano dei controlli può essere spostato in una zona priva di difetti.

A
R
Qualora esista l’impossibilità di accedere correttamente ai componenti da ispezionare o a una loro
parte, per esempio per la presenza di ostacoli inamovibili, occorre revisionare il piano controlli. Le
situazioni di impedimento devono essere riportate nella documentazione presentata.

I
IT
Bibliografia
R
[1] Norma UNI 11096: 2004. Prove non distruttive - Controlli sullo stato di integrità strutturale di
attrezzature a pressione soggette a scorrimento viscoso a caldo - Pianificazione ed esecuzione dei
TO

controlli, valutazione dei risultati e documentazione


EN
M
U
C
O
D

27
Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Via Pacini 11- 20131 Milano, ! 02.2662651 - " 02.26626550
cti@cti2000.it - www.cti2000.it

Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 6


regime di scorrimento viscoso
R 5:2005

TO
Repliche Metallografiche

LINEE GUIDA PER IL PRELIEVO DI REPLICHE MORFOLOGICHE-CAVITAZIONALI

A
SU COMPONENTI ESERCITI IN CONDIZIONI DI SCORRIMENTO VISCOSO

R
1. SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE

I
1.1 La presente procedura è applicabile al prelievo di repliche morfologiche-cavitazionali per

IT
l’osservazione metallografia in microscopia ottica (LOM) ed/od elettronica a scansione
(SEM), allo scopo di mettere in evidenza la struttura metallografica e rilevare l’eventuale
danneggiamento da scorrimento viscoso.
1.2
R
La procedura è applicabile all’esame di componenti e di giunti saldati in condizioni di
scorrimento viscoso.
1.3 La superficie da replicare deve avere una temperatura compresa fra +5 e +30°C.
TO

2. DOCUMENTI APPLICABILI

I documenti applicabili sono:


EN

a) UNI 6327 “Esame microscopico dei materiali metallici – Metodo di esame mediante
replica con vernici o con film”.
b) UNI 9993: “Repliche in opera per l’esame microscopico”.
M

c) ASTM E 1351: “Production and Evaluation of Field Metallographic replicas”.

3. PREPARAZIONE DELLA SUPERFICIE


U

3.1 I componenti sottoposti a prelievo e la zona in esame devono essere univocamente


C

identificabili mediante repertazione fotografica riportante la sigla della replica ed


orientazione della piazzola di prelievo con preciso riferimento sul disegno relativo allo
O

schema di prelievo. Prima di iniziare la procedura di preparazione della superficie la stessa


deve essere controllata con rilievi spessimetrici ultrasonori al fine di verificare che lo
D

spessore del componente non sia inferiore al minimo previsto sul progetto approvata.
I valori dei rilievi spessimetrici devono essere registrati sul disegno relativo alla zona di
prelievo.
3.2 La zona di prelievo della replica deve comprendere, di norma, una superficie di almeno 10
cm2; sui giunti saldati dovrà comprendere, oltre i materiali base, le ZTA (zone termicamente
alterate) e la ZF (zona fusa).

28
3.3 Prelevigatura meccanica

3.3.1 Molare delle piazzole, di norma, di 50x120 mm tramite spazzole rotative a lamelle di tela
abrasiva con granulometria 60-180, fino ad una profondità da eliminare gli strati esterni
ossidati, decarburati, o comunque contaminati e non rappresentativi della microstruttura
del materiale.
3.3.2 Prelevigare meccanicamente la superficie in esame con abrasivi con granulometria
decrescente da 220 almeno fino a 400.
3.3.3 Lavare accuratamente la superficie con alcool od acetone, al termine della levigatura, per

TO
eliminare eventuali residui e fermare i processi ossidativi eventualmente in corso.

4. LUCIDATURA

E’ ammessa la sola lucidatura meccanica a pasta diamantate.

A
4.1 Usare la stessa tipologia di strumentazione utilizzata per la prelevigatura, montando dei
panni di feltro.

R
4.2 Impregnare di pasta diamantata e granulometria decrescente fino alla finitura di 1 µm i panni
di feltro e lubrificarli opportunamente con olio solubile in alcool.

I
4.3 Lucidare sino a che la superficie risulti perfettamente speculare, lavando con alcool

IT
accuratamente nel passaggio alle paste di granulometria inferiore.
4.4 Nel solo caso di acciai inossidabili è ammessa la lucidatura elettrolitica purché venga
assicurata la completa neutralizzazione della zona sottoposta ad esame.
R
5. ATTACCO METALLOGRAFICO
TO

E’ ammesso il solo attacco metallografico chimico.


5.1 Attaccare la piazzola lucidata speculamene con una soluzione in grado di mettere in
evidenza la struttura del materiale in esame.
5.2 Lavare abbondantemente la superficie con alcool etilico ed asciugare con aria pulita.
EN

6. ESECUZIONE DELLA REPLICA

6.1 Adagiare, sul componente che ha subito l’attacco metallografico, un foglio di triacetatao di
M

cellulosa di spessore 34 µm e di dimensioni minime 25 x 100 mm previa irrorazione della


superficie con acetone.
6.2 Lasciare aderire il foglio plastico per qualche minuto e poi staccarlo senza strapparlo.
U

6.3 Depositare il foglio plastico su un vetrino con la faccia recante l’impronta rivolta verso
l’alto e fissarlo alle due estremità.
C

6.4 Appoggiare il vetrino su uno specchietto, con l’impronta verso l’alto, ed osservarlo al
microscopio ottico ad ingrandimento minimo di 100 x, in modo da giudicare la qualità della
O

replica ottenuta.
6.5 Lavare la superficie del componente appena replicata con acetone per togliere eventuali
residui.
D

7. CONSERVAZIONE DELLA REPLICA

7.1 Inserire la replica ottenuta tra due vetrini (uno dei quali è il supporto già utilizzato per
l’osservazione al microscopio ottico), tenuti premuti l’un contro l’altro con del nastro
adesivo.
7.2 Marcare ed identificare opportunamente la replica, segnando anche orientazione e
posizionamento nel componente con riferimento ai dati riportati sul disegno.

29
7.3 Ogni replica deve essere accompagnata da un verbale di prelievo che riporti
- organismo che ha effettuato il prelievo,
- notizie relative alle condizioni della zona di prelievo all’atto della replicazione,
- caratteristiche del componente,
- procedura di prelievo delle repliche,
- zona e profondità di prelievo,
- tipo e tempo di attacco metallografico,
- numero progressivo della replica,
- nome dell’esecutore della replica,

TO
- data di prelievo,
- indicazione del disegno riportante lo schizzo dei prelievi,
- repertazione fotografica

8. PERSONALE

A
Il personale addetto al prelievo di repliche deve essere qualificato.

I R
IT
R
TO
EN
M
U
C
O
D

30
LINEE GUIDA PER L’OSSERVAZIONE DI REPLICHE MORFOLOGICHE-
CAVITAZIONALI PRELEVATE SU COMPONENTI ESERCITI IN CONDIZIONI DI
SCORRIMENTO VISCOSO

1. SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE

1.1. La presente procedura riporta le modalità operative per l’osservazione e la valutazione


metallografia in Laboratorio Metallografico di repliche morfologiche-cavitazionali in

TO
microscopia ottica (LOM) ed/od elettronica a scansione (SEM), allo scopo di evidenziare la
struttura metallica e di rilevare danneggiamento da scorrimento viscoso.
1.2. La procedura è applicata all’osservazione di repliche prelevate su componenti e giunti
saldati eserciti in condizioni di scorrimento viscoso.

A
2. DOCUMENTI APPLICABILI

R
I documenti applicabili sono:

I
IT
a) UNI 6327: “Esame microscopico dei materiali metallici – Metodo di esame mediante
replica con vernici o con film”.
R
b) UNI 9993: “Repliche in opera per l’esame microscopico”.
c) ASTM E 1351: “Production and Evaluation of Field Metallographic Replicas”.
d) UNI 4227: “Strutture metallografiche dei materiali metallici”.
TO

3. PREPARAZIONE

3.1 Verificare che la replica sia accompagnata dal verbale di prelievo, di cui alla linea guida
EN

precedente inerente il prelievo repliche, e non sia danneggiata o stirata.


3.2 Metallizzare la replica sottovuoto applicando un deposito di oro con angolo di incidenza atto
a creare un effetto ombra, ed in quantità tale da assicurare un pieno contrasto ed una
risoluzione di almeno 500 x per il microscopio metallografico (LOM) e 1000 x per quello
M

elettronico (SEM) su almeno il 70% della superficie preparata.


U

4. OSSERVAZIONE METALLOGRAFICA
C

4.1 Porre la replica sul piano portaoggetti del microscopio in modo da consentire una corretta
leggibilità di tutti i campi.
4.2 Condurre l’osservazione metallografia con uno dei seguenti mezzi di ingrandimento:
O

- microscopio metallografico ottico diretto in luce riflessa (LOM),


- microscopio elettronico a scansione (SEM).
D

In caso di dubbia interpretazione del livello di danneggiamento al microscopio ottico è


richiesto l’esame al microscopio elettronico.
4.3 Osservare in condizioni strumentali idonee la replica ad un ingrandimento di 250 x e 500 x
in modo da rilevare:
a) tipo di microstruttura, secondo i termini della norma UNI 4227, quando applicabile,
b) disomogeneità microstrutturali,
c) evoluzione microstrutturale,
d) grado di eventuale danneggiamento.

31
4.4 Valutare l’eventuale danneggiamento partendo dal livello di microcavitazione dei singoli
campi in base alla normale ottica metallografia (v. tabella 1 allegata), e classificare secondo
i livelli:
1: Nessuna microcavità da scorrimento
2: Microcavità singole isolate
3: Microcavità orientate
4: Microcricche

TO
5: Macrocricche
Indicare, in caso di non completa corrispondenza con il livello suddetto, il valore intermedio
(es. 2-3).

A
Anche in assenza di danneggiamento da creep occorre comunque valutare l’eventuale
evoluzione microstrutturale dei materiali. Un esempio tipico relativo ai materiali base di
acciai al carbonio e bassolegati è riportato in tabella 2.

R
4.5 Esaminare, nel caso di giunti saldati, le diverse parti:

I
IT
- Zona Fusa (ZF),
- Zone Termicamente Alterate (ZTA) a diverse distanze dalla ZF,
- Materiali Base (MB).
R
4.6 Nell’esame in microscopia elettronica, eseguire l’osservazione con cautela evitando
danneggiamenti da riscaldamento dovuto al fascio elettronico.
TO

5. DOCUMENTAZIONE

5.1 Documentare i rilievi microstrutturali (bordi, grano, precipitati, cricche, ecc) e/o il
EN

danneggiamento da scorrimento, mediante fotomicrografie a 500 x ottenute con lo stesso


metodo utilizzato per l’osservazione metallografica.
5.2 Nel caso di giunti saldati, deve essere repertata fotograficamente ciascuna zona caratteristica
di cui al punto 4.5.
M

5.3 Nel caso di danneggiamento da scorrimento viscoso, la repertazione fotografica dovrà essere
rappresentativa del livello di danno dichiarato.
U

6. ARCHIVIAZIONE
C

6.1 Archiviare la replica ottenuta garantendone la corretta conservazione.


O

6.2 Marcare ed identificare opportunamente la replica.


6.3 Sistemare la replica in apposito contenitore, a tenuta di polvere ed umidità ed in luogo
fresco, al riparo da luce e fonti di calore.
D

6.4 Le repliche dovranno essere tenute a disposizione dell’Ente Preposto, almeno fino al
successivo controllo, presso l’esercente l’impianto.

7. CERTIFICAZIONE

Il certificato di osservazione metallografia della replica deve indicare:

32
- laboratorio che ha effettuato l’osservazione,
- procedura di osservazione metallografica,
- verbale di prelievo,
- numero progressivo della replica,
- tipo di metallizzazione,
- strumentazione utilizzata per l’osservazione,
- fotomicrografie a 500 x con relativa interpretazione microstrutturale e di danneggiamento,
- data e firma del responsabile dell’esame.

TO
8. PERSONALE

Il personale addetto all’osservazione metallografia di repliche deve essere qualificato.

A
I R
IT
R
TO
EN
M
U
C
O
D

33
Tabella 1: Classificazione del danneggiamento da creep

1: Assenza di danneggiamento

TO
A
2: Microcavità isolate

I R
IT
R
3: Microcavità orientate
TO
EN

4: Microcricche
M
U
C
O

5: Macrocricche
D

34
Tabella 2: Classificazione del danneggiamento microstrutturale

A: Ferrite e perlite lamellare

TO
B: Inizio di sferoidizzazione, precipitazione di carburi a
bordo grano

A
I R
C: Stadio intermedio di sferoidizzazione, la perlite ha

IT
iniziato la sferoidizzazione ma lamelle sono ancora
evidenti R
TO

D: Sferoidizzazione completa, ma i carburi sono ancora


raggruppati nei loro grani perlitici originari
EN

E: Carburi omogeneamente dispersi (nessuna traccia


M

della struttura precedente ferritica/perlitica)


U
C

F: Carburi omogeneamente dispersi, ma alcuni carburi


sono cresciuti tramite coalescenza
O
D

35
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 7


regime di scorrimento viscoso

TO
R 5:2005
Determinazione degli intervalli di ricontrollo e valutazioni finali

CONSIDERAZIONI GENERALI

A
Gli esiti dei controlli non distruttivi e dei calcoli di vita spesa eseguiti in accordo alle prescrizioni
elencate nelle sezioni 2, 3, 4 e 5 forniscono delle informazioni sullo stato globale dell’apparecchio

R
utili per effettuare le valutazioni finali sulla esercibilità dell’apparecchio nelle previste condizioni di
esercizio.

I
In primo luogo occorre analizzare la congruenza tra risultati di calcoli e controlli. In caso di

IT
incongruenza il PR deve valutare i singoli risultati e, se necessario, aggiornare le valutazioni di vita
spesa. In presenza di difettosità (rientrante nei limiti di accettabilità preventivamente comunicati dal
PR all’Ente Preposto) l’aggiornamento di vita spesa può essere effettuato mediante procedure del
R
tipo “Fitness For Service – FFS”. In tali casi specifici è necessario far riferimento a valori di
tenacità sperimentali determinati sulla base dei risultati di prove su microcampioni (es. prove di
"small punch") prelevati dal materiale del componente.
TO

La determinazione degli intervalli di ulteriore esercizio devono essere elaborate sulla base di
procedure preventivamente individuate e comunicate all’Ente Preposto che tengano conto del
rischio insito nel componente e/o nell’apparecchiatura. Tali procedure basate sul rischio (RBI – Risk
Based Inspection) sono mirate all’ottimizzazione delle attività ispettive tenendo in considerazione
EN

sia la probabilità di rottura del componente sia le conseguenze associate alla rottura stessa.
In particolare nella determinazione degli intervalli ispettivi deve essere tenuta in considerazione sia
la categoria di ispezione che la criticità della saldatura ove è stato localizzato il danno (vedi
sezione 5):
M

• Infatti ad una maggiore efficacia del programma ispettivo, unita ad una alta efficacia delle
tecniche ispettive, corrisponde una maggiore affidabilità del risultato del controllo. Ciò
permette di poter estendere l’intervallo di ricontrollo fino all’estremo superiore di un
U

determinato range temporale.


• La criticità della saldatura contribuisce a dare una misura della gravità del danno
C

riscontrato sulla saldatura stessa e come tale è un parametro fondamentale nella procedura
di determinazione degli intervalli di ricontrollo.
O

L’approccio da seguire per la determinazione degli intervalli di ricontrollo consiste nella


D

individuazione del livello di rischio associato al componente in esame mediante procedura


qualitativa (speditiva), semi-quantitativa o quantitativa.
Successivamente a seconda del livello di rischio si individuano gli intervalli temporali di ricontrollo
sulla scorta di criteri predeterminati e comunicati dal PR all’Ente Preposto.

Probabilità e conseguenza possono essere determinate mediante valutazioni globali di tipo


qualitativo che individuano delle categorie. In linea generale il posizionamento del punto in un

36
diagramma (figura 1) caratterizzato da aree a rischio crescente individua il livello indicativo del
rischio (PIR - Parametro Indicativo del Rischio).

Tabella 1. Matrice di rischio


4

Categoria di Probabilità
3

TO
2

1 Rischio
crescente

A
A B C D

R
Categoria di Conseguenze

I
IT
Per la determinazione della categoria di probabilità possono essere presi in considerazione vari
R
fattori quali ad esempio tipo di danno, criteri di progettazione, tipo di processo, ecc..
La categoria di conseguenza va determinata invece in funzione dei parametri di esercizio del
componente (pressione e temperatura) nonché della natura del fluido contenuto (pressione,
TO

temperatura, infiammabilità, tossicità ecc.). La categoria di conseguenza comprende le conseguenze


di incendio, di esplosione, di tossicità ed ambientale. In un approccio semplificato è possibile
prescindere da una o più tipologie di conseguenza purché la semplificazione adottata sia
conservativa nei riguardi della sicurezza.
Se si hanno a disposizione dati statistici affidabili sulle frequenze di rottura si può procedere
EN

mediante un approccio quantitativo. Esso si differenzia da quello qualitativo per il fatto che sia
probabilità che conseguenza vengono quantificati mediante procedure dettagliate.
L’impiego di tale approccio richiede la disponibilità di banche dati sulla frequenza generica di
rottura. In tale approccio il rischio viene quantificato mediante il prodotto numerico tra probabilità e
M

conseguenza anziché fare riferimento alla matrice di rischio di figura 1.


In mancanza di dati sufficienti per l’analisi quantitativa si può procedere a quella semi-quantitativa
che, pur consentendo una maggiore precisione rispetto all’analisi qualitativa, risulta semplificata
U

rispetto a quella puramente quantitativa sia per il calcolo della probabilità che per quello della
conseguenza. Inoltre il livello di rischio è ottenuto mediante la matrice di rischio tipica dell’analisi
C

qualitativa (figura 1) rinunciando ad un risultato di tipo numerico.


O

METODO SEMPLIFICATO
Una metodologia semplificata di tipo speditivo, adottabile quando non siano presenti fluidi
D

pericolosi (ad esempio per il vapor d’acqua) è la seguente.

Parametro indicativo del danno


Un criterio semplificato è quello di prendere in considerazione quale categoria di probabilità lo stato
di danneggiamento (riferito ad una determinata saldatura o al componente nel suo complesso)
combinando il risultato di tutti i controlli eseguiti. Infatti se un difetto è accompagnato da un danno
da creep o di fatica esso potrebbe evolvere con grande rapidità e portare in breve tempo a rottura. In
tal caso lo stato di degrado globale del giunto saldato deve essere classificato secondo un indice

37
rappresentativo della probabilità di rottura detto PID (Parametro Indicativo del Danno) variabile tra
1 e 5 (tabella 1).

Tabella 2. Parametro indicativo del danno (PID)


PID Degrado Globale
1 Molto Basso
2 Basso
3 Medio
4 Alto

TO
5 Molto Alto

Escludendo l’effetto della fatica oligociclica l’indice di danno (PID) può essere definito in funzione
della classe del difetto (deducibile dal numero, dalle caratteristiche geometriche e dalla natura dei
difetti) e alla classe del danneggiamento da creep cumulando il danno in maniera opportuna. Ad

A
esempio si può adottare una rappresentazione matriciale del tipo riportato in tabella 3.

R
Tabella 3. Parametro indicativo del danno (PID) in funzione del risultato di CND e repliche
CLASSE DEL DIFETTO

I
5 II III IV V (*)

IT
4 II III IV V (*)

3 II II III IV (*)
R
2 I II III IV (*)
TO

1 I II III IV (*)

1 2 3 4 5
PID CLASSE DEL DANNO
MICROSTRUTTURALE
EN

Nella tabella 1, nel caso si incontri una classe di danno microstrutturale pari a 5 occorre eseguire
una riparazione totale della saldatura o la sostituzione componente.

Parametro indicativo del rischio


M

E’ possibile quindi definire una correlazione semplificata tra indice di danneggiamento e livello di
criticità della saldatura introducendo un ulteriore parametro (PIR: Parametro Indicativo del
U

Rischio). Un esempio di una possibile correlazione è riportata nella tabella seguente:


C

Tabella 4 - Parametro indicativo del rischio (PIR) in funzione dell’indice di danno e del livello di
criticità della saldatura
O

V PIR 4 PIR 5 PIR 5 PIR 5


D

IV PIR 4 PIR 4 PIR 5 PIR 5


PID

III PIR 3 PIR 3 PIR 4 PIR 5

II PIR 2 PIR 2 PIR 3 PIR 3

I PIR 1 PIR 1 PIR 1 PIR 1

A B C D
PIR
LIVELLO DI CRITICITÀ SALDATURA

38
Intervalli di ricontrollo
L’individuazione di un dato valore numerico del rischio (nel caso di analisi quantitativa) o di un
dato livello di rischio (nel caso di analisi qualitativa o semi-quantitativa) permette di eseguire delle
valutazioni per la determinazione degli intervalli di ricontrollo.
Un metodo è quello di associare a ciascun valore del PIR un dato range temporale (ad esempio
PIR4 = 5000÷7000 ore). All’interno di questo range l’intervallo di ricontrollo (∆I) aumenta
all’aumentare dell’efficacia dell’ispezione. Quindi l’estremo superiore è ottenibile se la l’ispezione
è di “efficacia elevata” (Categoria d’Ispezione)
L’intervallo di ricontrollo può essere determinato in funzione del valore massimo del PIR e della

TO
Categoria dell’ispezione facendo riferimento, ad esempio, alla tabella seguente.

Tabella 5 – Individuazione degli intervalli di ricontrollo

A
4

R
PIR

I
2

IT
1
1 2 3 4 5
∆I
R
Categoria di Ispezione

Ad ogni area del diagramma precedente è possibile associare un intervallo di ricontrollo secondo la
TO

seguente corrispondenza:

Intervallo molto ridotto (es. 5.000 ore)


Intervallo ridotto (es. 7.000 ore)
EN

Intervallo medio-ridotto (es. 12.000 ore)


Intervallo medio (es. 25.000 ore)
Intervallo esteso (es. 40.000 ore)
M

Intervallo molto esteso (es. 50.000 ore)


U

Il tempo così individuato (∆I) va confrontato con l’intervallo massimo ammissibile (50'000 ore) e
con la vita residua (Hr).
Pertanto l’intervallo di ricontrollo effettivo (IR) è dato da:
C

IR = min[∆I , 50.000, (60% Hr )]


O

Un esempio applicativo del metodo semplificato è illustrato in allegato 8


D

Fluidi pericolosi
La metodologia semplificata può essere adottata anche per fluidi pericolosi. In tal caso i tempi di
ricontrollo determinati come sopra vanno moltiplicati per un adeguato fattore di sicurezza in
funzione della categoria di conseguenza ottenuta. I valori consigliati dei fattori di riduzione sono i
seguenti:

39
Categoria di conseguenza Fattore di riduzione
1 1
2 0.9
3 0.7

La procedura per la determinazione delle categorie di conseguenza è riportata in appendice 1.

TO
NOTA:
Qualunque sia il metodo adottato per la determinazione degli intervalli di ricontrollo, il PR deve
preventivamente comunicare all’Ente Preposto i criteri per la determinazione della categoria di

A
probabilità e di conseguenza oltre alla correlazione tra intervalli di ricontrollo, livelli di rischio
(PIR) e Categoria dell’Ispezione.

I R
IT
R
TO
EN
M
U
C
O
D

40
Appendice 1

Determinazione delle categorie delle conseguenze

Questa procedura viene adottata per stabilire l’entità delle conseguenze a rottura del componente
esaminato in relazione alla natura del fluido in esso contenuto.

L’approccio è focalizzato esclusivamente alle conseguenze sulle persone e non sul danno
ambientale.

TO
Terminologia adottata
Parametro Unità di misura Descrizione
Cf numero di combustib.tà

A
-
Ct - numero di tossicità
hc kJ/kg entalpia specifica di combustione

R
kc, ke, kv, - fattori di correzione
kp, kq, kϑ,

I
IT
Nf - indice di infiammabilità
Nt - indice di tossicità
R
Nr - indice di reattività
MF - fattore materiale
TO

Ed MJ Energia d’espansione dovuta all’esplosione


m kg massa
mt kg massa di sostanza tossica
EN

pabs bar pressione assoluta


pw bar pressione di esercizio
ϑw °C temperatura di esercizio
M

ϑf °C flashpoint
ϑb,a °C boiling point
U

3
MAC mg/m concentrazione in aria massima accettabile respirata da
C

un soggetto umano esposto giornalmente per otto ore e


per cinque giorni a settimana.
O

Determinazione delle categorie di pericolosità della sostanza


I reattori vengono suddivisi in categorie di pericolosità in base alla natura e alla quantità della
D

sostanza in essi contenuti.


Il diagramma che segue determina la categoria di pericolosità della sostanza contenuta; esso è
applicato per:
# ciascuna sostanza la cui massa supera del 5% la massa totale del sistema;
# ciascuna sostanza estremamente tossica nel sistema (Nt>4).

La categoria di pericolosità del sistema è data dalla categoria più alta determinata per le singole
sostanze contenute nell’apparecchio.

41
START

SI SI

Cf >65 Cf >95

TO
NO NO

SI SI
Ct >6 Ct >10

A
NO NO

R
Categoria 1 Categoria 2 Categoria 3

I
IT
Per la determinazione dei numeri di tossicità e combustibilità si adottano le seguenti espressioni:

C f = 1,6 ⋅ MF ⋅ (1,5 + k ϑ + k v + k p + k q )
R
C t = N t ⋅ (1 + k ϑ + k v + k p )
TO

Il fattore sostanza (Material Factor - MF), è una misura del rilascio potenziale di energia a
temperatura e pressione ambiente; è valutato a partire dalla reattività e dall’infiammabilità della
EN

sostanza ed ha un valore compreso tra 1 e 40.


Nella tabella seguente (vedi DPCM 31.3.89) vengono forniti i valori di MF valutati a partire dalle
caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze e dai valori di Nf e Nr.
M

Tabella - Elementi per la determinazione di MF


U

Nr
Liquidi o gas 0 1 2 3 4
C

Nf
O

Non combustibile 0 1 14 24 29 40

ϑf > 93.3°C 1 4 14 24 29 40
D

37.8°C<ϑf ≤93.3°C 2 10 14 24 29 40
22.8°C<ϑf ≤37.8°C or
3 3 16 16 24 29
ϑf ≤22.8°C and ϑb,a >37.8 °C
ϑf ≤22.8°C and ϑb,a ≤ 37.8°C 4 21 21 24 29 40

I valori di Nt vengono dedotti dalla tabella seguente:

42
Nt
mg/m3 100 ≤ MAC 0

50 mg/m3 ≤ MAC < 100 mg/m3 1

20 mg/m3 ≤ MAC < 50 mg/m3 2

5 mg/m3 ≤ MAC < 20 mg/m3 3

TO
1 mg/m3 ≤ MAC < 5 mg/m3 4

MAC < 1 mg/m3 5

A
R
Determinazione dei fattori correttivi
Fattore temperatura

I
kϑ = 0,6 sostanza con ϑw > ϑb,a

IT
kϑ = 0,25 sostanza con ϑw > ϑf R
kϑ = 0 negli altri casi

Fattore pressione
TO

kp = 0,57 log (pw + 1)

Fattore quantità
k q = 0,0011 ⋅ (m ⋅ h c )
0 , 305
EN

dove m è riferita alla sostanza considerata presente nel sistema;


il fattore avrà un limite superiore pari a 2,5, ed un limite inferiore pari a 0,3.
M

Fattore vuoto
kv = 0,75 pabs< 1 bar
U

kv = 0 negli altri casi


C

Determinazione delle categorie delle conseguenze


La categoria delle conseguenze viene determinata sulla base della categoria di pericolosità della
O

sostanza precedentemente valutata, prendendo in considerazione gli effetti dell’esplosione fisica e


della possibilità di danno rispetto all’area circostante l’ubicazione dell’impianto.
D

Il diagramma che segue determina la categoria della conseguenza da impiegare nella


determinazione degli intervalli di ricontrollo per:
# ciascuna sostanza la cui massa supera del 5% la massa totale del sistema;
# ciascuna sostanza estremamente tossica nel sistema (Nt>4);
# ciascun compartimento dell’attrezzatura in pressione.

La categoria di pericolosità dell’attrezzatura è data dalla categoria più alta determinata per le
singole sostanze e compartimenti.

43
START

SI
Categoria di
pericolo = 3

NO

TO
SI
Categoria di
pericolo = 2

A
NO SI SI

R
Ct>6 mt>500

I
IT
NO NO
R
TO

SI
Ed > 2000 MJ
EN

NO

SI
M

Ed > 90 MJ
U

NO
C
O

Categoria Categoria Categoria


Conseguenza C1 Conseguenza C2 Conseguenza C3
D

44
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 8


regime di scorrimento viscoso
R 5:2005
Esempi numerici

TO
ESEMPIO: COLLETTORE SURRISCALDATORE

Viene illustrato un esempio applicativo per la definizione del piano controlli e degli intervalli di

A
ricontrollo nel rispetto delle procedure raccomandate di cui alle sezioni 5 e 7. L’esempio è
puramente indicativo per evidenziare l’iter logico ed i fattori in gioco. I valori numerici

R
presentati servono unicamente a chiarire la metodologia e saranno oggetto di ulteriore
implementazione.

I
IT
DATI
Si prende in esame il caso di un collettore SH di un generatore di vapore per il quale si abbia:
R
• Percentuale di vita spesa = 24.8%
• Ore d’esercizio: 120’000
TO

• Categoria dell’apparecchio (PED): IV


• Lunghezza del collettore L=4000
• Diametro esterno: 350
EN

PIANO CONTROLLI PRELIMINARE


Per questa tipologia di componenti, si attribuiscono, in base alle osservazioni riscontrate, i seguenti
livelli di criticità:
M

• molto basso (A) alle saldature delle parti non a pressione (selle, appoggi, ecc.);
U

• un grado basso (B) alle saldature fra collettore e tronchetti per serpentini (De>100);
• un grado medio-alto (C) alle saldature fra collettore e grosse penetrazioni per tubi di
C

collegamento (De≥100);

O

ed infine un livello di criticità alto (D) alle saldature circonferenziali di composizione di


collettori o tubazioni.
D

Si veda in proposito la figura 1.

45
Saldatura
Saldatura tipo B
tipo D

TO
Saldatura
tipo D

A
Saldatura
tipo A

R
Saldatura

I
tipo C

IT
Figura 1 – Classificazione dei giunti saldati in base alla loro criticità
R
Dalla tabella 1 dell’sezione 5 si deducono, introducendo i livelli di criticità, i controlli da eseguire
TO

per ogni tipologia di giunto.

Tabella 1 – Individuazione delle tipologie di CND


Criticità della saldatura Tipi di CND da effettuare
EN

Obbligatori Aggiuntivi
A VT, PT (or MT) ST
B VT, ST, MT (or PT) ET
M

C VT, ST, UT, MT (or PT) RT


U

D VT, ST, UT, MT (or PT) RT


E (materiale base) VT, UTS DM
C

Dai dati a disposizione e facendo riferimento alla tabella seguente ne consegue, parametrizzando la
O

percentuale di vita consumata, un livello di vita spesa pari ad α.

Tabella 2. Individuazione del livello di vita spesa


D

Livello α β γ δ
Percentuale vita consumata 0 ÷ 25% 25% ÷ 60% 60% ÷ 90% 90% ÷ 100%

In base alla tabella seguente si determinano, per ogni saldatura, i valori del PECp (parametro
indicativo della estensione preliminare del controllo) corrispondenti ai livelli di vita spesa e alle
categorie di pericolosità dell’apparecchio secondo la PED.

46
Tabella 3 – Individuazione del parametro di estensione controlli preliminare

Livello Vita Spesa


PECp α β γ δ

pericolosità PED
dell’apparecchio
I 1 1 2 2

Categoria di
II 1 2 2 3

III 2 2 3 4

TO
IV 2 3 4 5

Nel nostro caso ne consegue un PECp preliminare pari a 2 corrispondente ad una estensione del
controllo moderatamente diffusa.

A
L’estensione dei controlli può essere dedotta dalla tabella seguente specifica per collettori generatori

R
di vapore.

Tabella 4 – Estensione controlli in funzione del PEC e della criticità della saldatura

I
IT
ESTENSIONE CONTROLLI (PEC)
CRITICITÀ Tipo CND Limitata Moderata Media Alta Molto Alta
DELLA PEC 1 PEC 2 PEC 3 PEC 4 PEC 5
SALDATURA
R
A: Collettore/parti Base VT 100% 100% 100% 100% 100%
non in pressione PT (o 60% 70% 80% 90% 100%
MT)
TO

Aggiuntivi ST * * * * *
B: Base VT 100% 100% 100% 100% 100%
Collettore/branchetti ST 1% 1,5% 2% 3% 5%
saldature saldature saldature saldature saldature
(max 2, (max 2, (max 2, (min 2) (min 2)
EN

min 1) min1) min 1)


MT (o Sul 10% Sul 20% Sul 30% Sul 40% Sul 50%
PT) delle delle delle delle delle
saldature saldature saldature saldature saldature
Aggiuntivi ET * * * * *
M

B: Base VT 100% 100% 100% 100% 100%


Collettore/grosse ST 1 1 1 2 2
penetrazioni UT 70% 80% 90% 100% 100%
U

MT (o 70% 80% 90% 100% 100%


PT)
Aggiuntivi RT * * * * *
C

D: Base VT 100% 100% 100% 100% 100%


Saldature di ST 1 1 2 2 2
O

composizione o UT 80% 90% 100% 100% 100%


fasciame/fondi MT (o 70% 80% 90% 100% 100%
PT)
D

Aggiuntivi RT * * * * *
E: Base VT 100% 100% 100% 100% 100%
Materiale base UTS ** ** ** ** **
Aggiuntivi DM * * * * *
Superfici interne Base VTE 20% 30% 50% 80% 100%
Nota: *a discrezione progettista/ispettore; ** mappatura da definire
I controlli vanno limitati alle parti accessibili: per le parti non accessibili rilevanti ai fini della
sicurezza il Progettista deve prevedere metodi di controllo alternativi e/o predisporre vie
d’accesso.

47
Avendo scelto un PEC preliminare pari a 2 il piano controlli, per lo specifico esempio in
considerazione, si presenta nel seguente modo:

Tabella 5 – Piano Controlli Preliminare


SALDATURA Tipo CND Estensione Moderata
PEC 2
A: Collettore/parti non in pressione Obbligatori VT 100%
PT (o MT) 70%
Addizionali ST -

TO
B: Collettore/branchetti Obbligatori VT 100%
ST 1.5% saldature (max 2)
MT (o PT) Sul 20% delle saldature
Addizionali ET -

A
B: Collettore/grosse penetrazioni Obbligatori VT 100%
ST 1

R
UT 80%
MT (o PT) 80%

I
Addizionali RT -

IT
D: Saldature di composizione o Obbligatori VT 100%
fasciame/fondi ST
R 1
UT 90%
MT (o PT) 80%
Addizionali RT -
TO

E: Materiale base Obbligatori VT 100%


UTS numero di punti per sezione n=4,
distanza tra le sezioni d=70
Addizionali DM -
EN

Superfici interne Base VTE 30% (***)


(***) se accessibile internamente
M

CLASSIFICAZIONE DEI DIFETTI RISCONTRATI


Supponiamo che i risultati del controllo eseguito in accordo al PECp preliminare sopra riportato
U

abbiano portato a rilevare, su saldatura di tipo B (branchetti/collettore):


• Degrado da creep del materiale contenente microcavità orientate
C

• Tre cricche superficiali, profondità 4mm


O

Le classi di difettologia corrispondenti sono le seguenti:


• Per il danno da creep CDcreep = 3 (essendo microcavità orientate, vedi sezione 6)
D

• Per le cricche superficiali CD1 = 4 (valore dedotto facendo riferimento alla successiva tabella 6,
basata sull’esperienza di alcuni progettisti per specifici generatori di vapore nella quale è
facilmente individuabile la Classe del Difetto (CD) relativa ad una data saldatura in funzione
della profondità (p) e del numero (n) di difetti superficiali)

48
Tabella 6. Classificazione dei difetti superficiali

Classe del difetto (CD)


p<2 p<2 p<1 p<1
n≤2 n≤2 n≤2 n≤2
1
p<2 p<2 p<1 p<1
n>2 n>2 n>2 n>2 2
p≥2 p≥2 p≥1 p≥1
n≤2 n≤2 n≤2 n≤2
3
2≤p<5 2≤p<5 2≤p<5 2≤p<5

TO
n>2 n>2 n>2 n>2
4
p≥5 p≥5 p≥4 p≥4
n>2 n>2 n>2 n>2
5

A B C D

A
Criticità della Saldatura

R
Nota: tabella basata sull’esperienza di alcuni progettisti per specifici generatori di vapore.

I
I numeri riportati sono puramente indicativi.

IT
INTENSIFICAZIONE DEI CONTROLLI
Applicando la procedura riportata in sezione 5 (figura 1 e tabella 4) si deduce che, in relazione ai
R
difetti riscontrati sulle saldature collettore/branchetti, deve essere intensificato il controllo con
liquidi penetranti (o MT/ET) e quello per replica.
TO

In particolare, in questo esempio, si è assunto di estendere il controllo ad un livello pari alla classe
del difetto riscontrato (pertanto secondo questa ipotesi il nuovo valore del PEC deve essere almeno
pari al valore numerico di CD).
La nuova estensione dei controlli sulle saldature collettore branchetti è pertanto deducibile dalla
EN

tabella seguente:

Tabella 7: Controlli da intensificare sulle saldature collettore/branchetti

LP (o MT o ET) ST
M

PECp=2 PECp=2
Estensione
U

Sul 20% delle 1.5% saldature


preliminare saldature (max 2, min1)
C

PECa=4 PECa=3
Nuova Sul 40% delle 2% saldature
estensione (max 2, min 1)
O

saldature
D

Come evidenziato nella tabella sopra riportata ciò comporta una estensione del controllo con LP (o
MT o ET) del 20%, passando da un 20% ad un 40% delle saldature, ed un incremento del numero di
totale di repliche.
Sulle rimanenti saldature e sul materiale base, non essendosi rilevati difetti, degrado del materiale e
sottospessori, non si rende necessaria l’intensificazione dei controlli.
Se il nuovo controllo così eseguito dovesse rilevare dei difetti occorrerà iterare nuovamente la
procedura descritta per determinare gli ulteriori controlli aggiuntivi.

49
CATEGORIA DELL’ISPEZIONE
I controlli complessivi eseguiti sul componente sono quelli della tabella seguente, ove è indicata la
corrispondente estensione.
Tabella 8 – Estensione finale dei controlli complessivamente eseguiti
SALDATURA Tipo CND Estensione

A: Collettore/parti non in Obbligatori VT PEC2


pressione PT (o MT) PEC2
B: Collettore/branchetti Obbligatori VT PEC2

TO
ST PEC3 (intensificato)
MT (o PT) PEC4 (intensificato)
B: Obbligatori VT PEC2
Collettore/grosse penetrazioni ST PEC2
UT PEC2

A
MT (o PT) PEC2
D: Obbligatori VT PEC2

R
Saldature di composizione o ST PEC2
fasciame/fondi UT PEC2
MT (o PT) PEC2

I
E: Obbligatori VT PEC2

IT
Materiale base UTS PEC2
Superfici interne Base R VTE PEC2

Come è evidente l’estensione dei controlli è mediamente di livello PEC2, tranne che per due soli
controlli per i quali si ha rispettivamente PEC3 e PEC4. La categoria dell’ispezione può pertanto
considerarsi di livello 2, mediamente efficace (vedi sezione 5).
TO

Per passare ad una categoria di ispezione più elevata (livello 3) si sarebbe dovuto intensificare il
controllo su tutti i giunti saldati.

INDIVIDUAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO


EN

Al fine di determinare il livello di rischio si può far riferimento ad una procedura semplificata in cui
probabilità di rottura e conseguenze di rottura vengono espresse in maniera semplificata.

Probabilità di rottura
M

In luogo della probabilità di rottura viene qui considerato (per semplicità) l’indice di danno (PID –
parametro indicativo del danno) definito in funzione della classe del difetto (numero, profondità,
U

lunghezza ecc) e alla classe del danneggiamento da creep (vedi tabella 9).

Tabella 9 - Parametro indicativo del danno (PID) in funzione del risultato di CND e repliche. (*)
C

Riparazione globale della saldatura.


O
CLASSE DEL DIFETTO

5 II III IV V (*)

4 II III IV V (*)
D

3 II II III IV (*)

2 I II III IV (*)

1 I II III IV (*)

1 2 3 4 5
PID CLASSE DEL DANNO
MICROSTRUTTURALE

50
Nell’esempio in considerazione in cui la classe del difetto è pari a 4 e la classe del danno
microstrutturale è pari a 3, si deduce, dalla tabella 9, un PID pari a IV nella saldatura di tipo B (la
più danneggiata).

Conseguenze di rottura
Una volta definito il parametro indicativo del danno (PID), correlabile alla probabilità di rottura del
componente, occorre tenere in considerazione quali conseguenze possono derivare dalla rottura
stessa. Per il caso specifico in considerazione in cui il fluido non è né tossico né esplosivo, ciò è
strettamente dipendente dal tipo di saldatura e dal livello di criticità ad essa associata. Ad esempio

TO
la rottura di una saldatura di composizione di un collettore SH di un generatore di vapore può avere
conseguenze certamente più gravi della rottura di una saldatura tra collettore e branchetto.

Indice di rischio

A
E’ possibile quindi definire una correlazione semplificata tra indice di danneggiamento e livello di
criticità della saldatura introducendo un ulteriore parametro (PIR: Parametro Indicativo del
Rischio). Questa correlazione è riportata nella tabella seguente.

R
Tabella 10 - Parametro indicativo del rischio (PIR) in funzione dell’indice di danno e

I
del livello di criticità della saldatura

V PIR 4 PIR 5

IT PIR 5 PIR 5

IV PIR 4
R
PIR 4 PIR 5 PIR 5
PID

III PIR 3 PIR 3 PIR 4 PIR 5


TO

II PIR 2 PIR 2 PIR 3 PIR 3

I PIR 1 PIR 1 PIR 1 PIR 1

A B C D
EN

PIR LIVELLO DI CRITICITÀ


SALDATURA

Dalla tabella 10 si deduce, per l’esempio in considerazione, che la saldatura di tipo B ha un livello di
M

rischio elevato identificato da un parametro PIR pari a 4, mentre gli altri giunti hanno un livello
molto basso pari ad 1, non essendosi rilevate indicazioni (vedi tabella riassuntiva seguente).
U

Tabella 11 – Indice di danno (PID) e indice di rischio (PIR) per i vari giunti saldati
C

SALDATURA Classe Classe PID PIR


Difetto Microstrutturale
O

A: Collettore/parti non in pressione 1 1 I 1


D

B: Collettore/branchetti 4 3 IV 4
B: Collettore/grosse penetrazioni 1 1 I 1
D: Saldature di composizione o 1 1 I 1
fasciame/fondi
E: Materiale base 1 1 I 1

51
DETERMINAZIONE DEGLI INTERVALLI DI RICONTROLLO
L’intervallo di controllo successivo può essere determinato in funzione del valore massimo del PIR
e della Categoria dell’ispezione facendo riferimento alla tabella seguente.

Tabella 12 – Individuazione degli intervalli di ricontrollo (∆I)

TO
PIR

A
1 2 3 4 5
∆I

R
Categoria di Ispezione

Ad ogni area del diagramma precedente è possibile associare un intervallo di ricontrollo secondo la

I
IT
seguente corrispondenza:

Intervallo molto ridotto


R
Intervallo ridotto
Intervallo medio-ridotto
Intervallo medio
TO

Intervallo esteso
Intervallo molto esteso
EN

Tuttavia è possibile, adottando un livello di PEC superiore a quello minimo, incrementare


l’intervallo di ricontrollo successivo.
Nel caso specifico in esame essendo il PIR massimo uguale a 4 e la Categoria d’ispezione pari a 2, è
necessario un intervallo molto ridotto (per esempio 5000 ore).
M

Incrementando però l’estensione dei controlli si può ammettere un intervallo di ricontrollo più
ampio (per esempio 7000 ore) incrementando da 2 a 4 la Categoria d’Ispezione. Una siffatta
U

Categoria d’Ispezione potrebbe essere ottenuta, ad esempio, aumentando da 2 a 4 il valore del PEC
su ogni saldatura.
C

L’intervallo di ricontrollo effettivo è il minimo tra quello determinato dalle precedenti


considerazioni (∆I), 50'000 ore e il 60% della vita residua:
O

Intervallo di ricontrollo (IR) = min[∆I , 50.000, (60% Hr )]


D

Cioè, nel caso specifico in considerazione:


Intervallo di ricontrollo1 (IR1) = min[5000 , 50.000, 218322]=5000 ore (PEC 2)

o, in alternativa:
Intervallo di ricontrollo2 (IR2) = min[7000 , 50.000, 218322]=7000 ore (PEC 4)

52
Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Via Pacini 11- 20131 Milano, ! 02.2662651 - " 02.26626550
cti@cti2000.it - www.cti2000.it

Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in Sezione 9


regime di scorrimento viscoso
R 5:2005
Modello statistico del progettista

TO
Allo scopo di semplificare le procedure di controllo da parte dell'Ente Preposto e l'elaborazione di dati
statistici anonimi sulla sicurezza di impianti soggetti a scorrimento viscoso, si elencano le informazioni
essenziali che devono essere fornite dal PR

A
1. ANALISI PRELIMINARE

R
DATI PRINCIPALI
Matricola: Tipo:
Luogo d'installazione: Azienda:

I
Temp di progetto (°C): Pressione di progetto:

IT
Numero di ore di effettivo esercizio: al
Ore di esercizio in regime di creep: Categoria dell’apparecchio (punto 6 PT):
R  A  B  C
Numero di cicli (avviamenti/spegnimenti, ecc.) da caldo da tiepido da freddo
Categoria di pericolosità dell’apparecchio secondo la PED
Fluido contenuto
TO

STORIA D'ESERCIZIO
Anno di costruzione Anno di entrata in servizio
Incidenti  NO  SI Numero complessivo: Numero riguardanti componenti in creep:
Riparazioni  NO  SI Numero complessivo:
EN

Numero riguardanti componenti in creep:


Modifiche  NO  SI Numero complessivo: Numero riguardanti componenti in creep:
Divieti d'uso  NO  SI Numero complessivo:
Le misure intraprese (interventi di ripristino, riparazioni, modifiche) sono giudicate idonee per l’ulteriore esercizio, in
sicurezza, del componente:  SI  NO
M

PRECEDENTI PRATICHE DI VITA RESIDUA


U

Numero 1 2 3 ‫ ٱ‬4 5 6
Ore di esercizio
al (data)
C

Vita Consumata
Ore ulteriore esercizio
O

ELENCO DEI COMPONENTI ESERCITI IN REGIME DI SCORRIMENTO VISCOSO


N Componente Membratura Materiale T T0 Ore di Frazione di
D

esercizio convenz. esercizio vita spesa


creep
1
2
3
4
5
6
7
8

53
Componenti non rilevanti ai fini della sicurezza
Sono presenti tubi di scambio termico contenuti all’interno di un fasciame o di una camera di  NO  SI
combustione di resistenza adeguata?

Note:

TO
2. EQUIVALENZE dei MATERIALI
Indicare, per i materiali di cui non sono note le caratteristiche a creep, le equiparazioni proposte

Caratt. meccaniche Composizione chimica

A
Rs Rm A% C Mn Si Cr Mo S P
Materiale
impiegato

R
Materiale
equivalente

I
Note:

IT
R
TO

3. CONTROLLI
Tipologia ed Estensione dei controlli (per legenda vedi LG sezione 5)
VT VTE PT MT UT UTS DM RT ET HT ST STE Estensione controlli
EN

Componente PEC (*)


1            
2            
3            
4            
M

5            
6            
7            
U

8            
C

(*) l’estensione minima del controllo sulle varie parti del componente (saldature e materiale base) è
giudicata: PEC5 (Elevata), PEC4 (Alta), PEC3 (Buona), PEC2 (Media), PEC1 (Sufficiente)
O

• Considerando l’apparecchio nella sua globalità, l’efficacia dell’ispezione può ritenersi:


 Elevata  Alta  Buona  Media  Sufficiente
D

• I controlli effettuati corrispondono al piano presentato:  NO  SI


• Se no indicare motivazione

• Tutti gli esami di base previsti nella LG sez. 5 sono stati effettuati:  NO  SI
• Se no indicare motivazione
• Se sono presenti collettori multipli indicare il numero di collettori esaminati.
• Elencare eventuali prove distruttive eseguite
• Sono stati incrementati i controlli a seguito dei difetti riscontrati  NO  SI

54
Note:

4. DIFETTOLOGIA (V. LEGENDA)

Componente Difetti NDT


Estensione Riparazione Tecnica di Estensione % del

TO
controllo controllo sul
utilizzata per la giunto
rilevazione interessato
Tipo Posizione Origine Prof Lungh Modalità PT, MT, UTS

A
I R
Note:

IT
R
TO

5. DANNO DA CREEP E DEGRADO MICROSTRUTTURALE (V. LEGENDA)

Componente Posizione Grado di Grado di danno Riparazione Numero di


degrado da creep repliche
microstrutturale effettuate sul
EN

giunto interessato
M

Note:
U
C

6. SOTTOSPESSORI (V. LEGENDA)


O

Componente Posizione Entità(mm) Verifica UTS numero di UTS punti per


D

sezioni sezione

Note:

55
7. CALCOLI E VALUTAZIONI FINALI

Meccanismi di danno
Sono presenti reazioni significative indotte dal resto dell’impianto  NO  SI
E’ presente fatica oligociclica  NO  SI
E’ presente corrosione  NO  SI
E’ presente erosione  NO  SI

TO
Valori numerici
Indicare il valore del fattore di riduzione della resistenza a creep sui giunti saldati
Indicare il valore dell’efficienza di saldatura adottata in progetto

A
Spessori impiegati: nominali o misurati  NO  SI

R
Norme utilizzate
Indicare norma di provenienza dati a creep (Raccolta M, ASME, ecc. )

I
Indicare la durata delle prove da cui le sigma a 100'000 ore sono estrapolate

IT
Indicare norma calcolo sollecitazione di esercizio (VSR/VSG, ASME, TRD ecc. )

Valutazioni Particolari
R
Sono state effettuate valutazioni del tipo FFS in presenza di difetti  NO  SI
Sono stati effettuati calcoli agli elementi finiti  NO  SI
TO

Esistono incongruenze tra risultati di calcoli e controlli  NO  SI

Se si indicarne le motivazioni

Intervalli di ricontrollo e considerazioni finali


EN

Tipo di procedura RBI per la determinazione intervalli di ricontrollo  qualitativa  semi-quantitativa


 quantitativa
Ore di ulteriore esercizio prescritte
M

Prescrizioni particolari per l’esercizio (monitoraggio, manutenzione, declassamento delle condizioni di bollo,
variazioni delle condizioni di processo, ecc.)
Azioni correttive da intraprendere (sostituzioni, riparazioni, ecc.)
U

Ricontrollo entro
C

Note:
O
D

56
Legenda

Tipologia del difetto Codice


Cricca lineare superficiale T1
Cricca circonferenziale superficiale T2
Cricche in profondità T3
Microcricche T4
Cavità T5
Microcavità orientate T6

TO
Microcavità isolate T7
Inclusioni T8
Mancanza di penetrazione T9
Sottospessori T10
Crateri di corrosione T11

A
R
Posizione del difetto Codice
Materiale base fasciame P1
Materiale base fondi P2

I
Materiale base tronchetti P3

IT
Estradosso curve P4
Saldatura fasciame/ tronchetti P5 (ZF) – P6 (ZTA)
Saldatura fasciame/fondi P7 (ZF) – P8 (ZTA)
Saldatura longitudinale fasciame
R P9 (ZF) – P10 (ZTA)
Saldatura circonferenziale fasciame P11 (ZF) – P12 (ZTA)
Saldatura tubo/tubo P13 (ZF) – P14 (ZTA)
Saldatura pezzi speciali P15 (ZF) – P16 (ZTA)
TO

Origine del difetto Codice


Originario di saldatura O1
EN

Fatica termica O2
Fatica meccanica O3
Creep O4
Sollecitazioni esterne (linee, appoggi) O5
Corrosione O6
M

Dimensioni del difetto Codice


U

Lunghezza (mm)
L<5 L1
5<L<10 L2
C

10<L<20 L3
20<L<30 L4
O

30<L<40 L5
L>40 L6
Difetti microscopici L7
D

Profondità
P<1 D1
1<P<2 D2
2<P<3 D3
3<P<4 D4
4<P<5 D5
5<P<20 D6
P>20 D7
Difetti microscopici D8

57
Difetti da creep Grado
Nessun difetto 1
Cavità isolate 2
Cavità orientate 3
Microcricche 4
Macrocricche 5
Riparazioni
Nessuna riparazione R1
Molatura R2
Ricarica R3

TO
Rifacimento saldatura (parziale) R4
Rifacimento saldatura (totale, rimozione ZTA) R5
Sottospessori Verifica
Spessore inferiore a nominale ma superiore al minimo di Si
calcolo

A
Inferiore al minimo di calcolo No

R
Degrado microstrutturale Codice

I
Ferrite e perlite lamellare A

IT
Inizio di sferoidizzazione, precipitazione di carburi a bordo B
grano
R
Stadio intermedio di sferoidizzazione, la perlite ha iniziato C
la sferoidizzazione ma lamelle sono ancora evidenti
Sferoidizzazione completa, ma i carburi sono ancora D
raggruppati nei loro grani perlitici originari
TO

Carburi omogeneamente dispersi (nessuna traccia della E


struttura precedente ferritica/perlitica)
Carburi omogeneamente dispersi, ma alcuni carburi sono F
cresciuti tramite coalescenza
EN

Membrature Tipo apparecchio

Fasciame Generatore di vapore


Fondo Forno per olii minerali
M

Bocchello Reattore
Tronchetto Preriscaldatore acqua di alimento
Flangia Scambiatore
U

Riduzione Recipiente in pressione (in generale)


Pezzo speciale
C
O

Componente Eventuale descrizione (testo)


D

Collettore SH SH1, SH2, etc


Collettore RH RH1, RH2, etc
Barilotto PVP, etc.
Tubazioni di collegamento Tra .......e ........
Sezione radiante (forni)
Sezione convettiva (forni)
Recipiente

58

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