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IL VENTENNIO FASCISTA
ANGELO SAVORETTI
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A. Savoretti - La Marina mercantile durante il Ventennio fascista
(1) Bosnia, Solunto, Città di Catania, Città di Messina, Città di Palermo, Città di
Siracusa, Duca degli Abruzzi e Duca di Genova.
(2) Archivio Ufficio Storico della Marina (AUSMM), Raccolta di base (R.B.), Tri-
bunale delle prede: pratiche relative ai piroscafi ed unità di altro tipo affondati durante la
Prima guerra mondiale, b. 4, 35, 105.
(3) AUSMM, (R.B.), Pratiche varie del naviglio mercantile nazionale ed estero relati-
ve alla Prima guerra mondiale e periodo post-bellico, Titolario 6, p. 5-35.
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L’ascesa di Mussolini
Mussolini, pur non essendo stato un uomo di mare, aveva compreso sin
dalla sua ascesa al potere quanto fosse fondamentale per una nazione, con
aspirazioni marittime come l’Italia, possedere una forte Marina mercantile.
Solo aprendo nuove rotte commerciali o nuove linee di trasporto marittime
si sarebbe riusciti ad avere un primato sul mare. Già nel dicembre del 1919,
Mussolini aveva avviato sul giornale del suo movimento, Il Popolo d’Italia,
una campagna a favore del potenziamento degli armamenti navali e sull’im-
pulso da dare alla Marina mercantile. Nei suoi primi anni di governo affer-
mò che si sarebbe potuto rivelare uno strumento fondamentale poiché: “...
tutti i nostri problemi di rifornimento dipendono in gran parte dal mare, come
già ci venne la vita, potrà anche venirci la fortuna e la prosperità”.(4)
Mussolini, proprio per dare più lustro alla Marina mercantile, ne affi-
dò il dicastero a Costanzo Ciano. Come noto, il Conte di Cortellazzo –
titolo nobiliare acquisito per merito di guerra – si era distinto al coman-
do dei M.A.S. durante il primo conflitto mondiale, compiendo numerose
e rischiose missioni, fra cui la famosa “Beffa di Buccari”, per la quale era
stato decorato della Medaglia d’Oro al Valore Militare. Dopo aver assun-
to, nel 1919, la carica di sottosegretario di stato per la Regia Marina e
di commissario per la Marina Mercantile, aderì al movimento fascista e,
dopo la marcia su Roma, ricoprì la carica di sottosegretario alla Mari-
na Mercantile dal 19 novembre 1922 al 5 febbraio 1924. Nel corso di que-
sto mandato tentò di ammodernare la flotta fissando premi di navigazione
e di demolizione e introducendo il nuovo Regolamento sulla sicurezza del-
la vita umana in mare (5) abolendo, però, ogni residua libertà sindacale per
i lavoratori del mare.(6) La legge n. 563, del 3 aprile 1926, infatti, proibì
lo sciopero e stabilì che soltanto i sindacati “legalmente riconosciuti”, quel-
li fascisti (che già detenevano praticamente il monopolio della rappre-
sentanza sindacale, dopo la conclusione del patto di Palazzo Vidoni del
2 ottobre 1925 fra la Confindustria e le corporazioni fasciste), potevano sti-
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RIDUZIONE
CLASSI LAVORATRICI DELL’INDENNITÀ ULTERIORE
DEL CAROVITA RIDUZIONE(*)
1) Dipendenti di armatori di
navi da carico da 85 a 60 Lit fino a 50 Lit
Personale di stato maggiore dal 12 al 9% fino all’8%
(7) “A questo risultato [la ripresa della Marina mercantile] ha potentemente contri-
buito il ristabilimento della disciplina nei porti e fra la gente di mare”, Corriere Maritti-
mo Siciliano del 7-3-1926, in riferimento a un articolo di Filippo Taiani sul Corriere
della Sera.
(8) “Duce! I ferrovieri, i postelegrafonici, i marinai delle navi del commercio d’Ita-
lia, da voi richiamati alla realtà storica della grandezza nazionale, e che ogni giorno nella
loro opera indefessa dànno prove non dubbie del loro stretto attaccamento al Regime,
per mio mezzo vi dicono: comandateci, noi ubbidiremo sempre e dovunque!”, dal dis-
corso di Costanzo Ciano alla Camera del 2-4-1927.
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2) Dipendenti da armatori
di navi da passeggeri e miste da 150 a 90 Lit fino a 75 Lit
Personale di stato maggiore
e amministrativo dal 30 al 20% fino al 18%
(9) “Nel 1926 furono varati 319 piroscafi, della stazza complessiva di 926.128 t.,
28 dei quali, per 301.000 t. con motrici a turbina; 206 motonavi, per 704.000 t. e 75
velieri per 45.000 tonnellate (escluse le unità inferiori a 100 t.). L’Italia, nel 1926, si
classificò al secondo posto fra gli Stati di maggiore produzione di naviglio mercantile al
secondo posto dietro Gran Bretagna e Irlanda”, Corriere della Sera, 17 aprile 1927.
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(10) Giulio Ingianni (1876-1958) trascorse gran parte della sua carriera nel corpo
delle Capitanerie di Porto e, dopo la prima guerra mondiale, ricoprì importanti incari-
chi. Nel 1919 prese parte, in qualità di delegato italiano, alla “Conferenza della Pace” di
Parigi e, tra il 1920 e il 1921, alla “Commissione delle riparazioni di guerra”. Nel 1922
venne nominato Regio Commissario del “Consorzio autonomo del porto di Genova” e,
due anni dopo, Direttore generale della Marina mercantile, incarico che manterrà fino
al 1944. In quell’anno verrà deferito all’Alta Corte di giustizia, nell’ambito delle sanzio-
ni contro il fascismo, con l’imputazione di essere stato tra i “Senatori ritenuti responsa-
bili di aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra sia coi loro voti, sia con azio-
ni individuali, tra cui la propaganda esercitata fuori e dentro il Senato”.
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Nel marzo del 1929 vennero attuati, su proposta del ministro Ciano,
anche una serie di provvedimenti per tutelare la Marina mercantile e il traf-
fico commerciale italiano: una più dura repressione per le usurpazioni dei
beni del demanio pubblico marittimo,(14) una maggiore competenza giuri-
dica dei comandanti dei porti,(15) l’obbligo di dotare tutte le navi mercantili
di impianti radiogoniometrici e radiotelegrafici, trasmittenti a onda corta, e
di apparecchi radiotelefonici riceventi; venne anche riformato il Consiglio
Superiore della Marina Mercantile.(16)
(14) In merito alla modifica dell’art. 159 del Codice per la Marina mercantile,
Ciano si scagliò con queste parole contro le voci provenienti dall’estero che criticavano
il governo fascista: “A quei messeri delle varie internazionali che hanno osato rappresen-
tare il marinaio italiano come oppresso dalla prevalenza capitalistica, il marinaio italia-
no si presenterà dotato di prerogative che gli stessi messeri sono stati incapaci di conse-
guire o di ottenere per i marittimi di altre nazioni”. Dal discorso alla Camera del 12
giugno 1929, per l’approvazione del “Bilancio delle Comunicazioni”.
(15) Modifica dell’art. 10 della legge del 31 dicembre 1928.
(16) Nel corso della seduta parlamentare del 19 luglio 1929, sotto la presidenza del
ministro e con l’intervento del sottosegretario Cao, dopo un discorso di Ciano in cui
venivano esposti i compiti che il Consiglio, articolato in due sezioni, doveva assolvere e
l’istituzione del regolamento interno, vennero approvati i seguenti provvedimenti:
- Divieto di imbarco agli allievi ufficiali in sostituzione di ufficiali;
- Divieto di imbarco ai “padroni”, al comando di navi addette al trasporto di passeggeri
in Mediterraneo, al comando di navi da carico a propulsione meccanica di stazza lor-
da superiore alle 700 t e quali ufficiali sulle navi in viaggio fuori del Mediterraneo;
- Divieto di imbarco a operai meccanici in sostituzione di ufficiali macchinisti.
Inoltre, venne predisposta la chiusura di tutte le immatricolazioni fino a nuovo or-
dine, con le sole eccezioni per i provenienti dagli Istituti Nautici e dalla Regia Marina
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A seguito della crisi economica mondiale del ’29, lo sviluppo dei traffici in-
tralciati da ostacoli di vario genere come quelli economici, politici e finan-
ziari, si ripercosse inevitabilmente anche sulle Marine mercantili. La rarefa-
zione dei traffici portò, come conseguenza, una minore attività dei canali di
Suez e di Panama e di quasi tutti i porti del mondo, colpendo ogni settore e
categoria della Marina mercantile. Anche quella italiana subì un brusco fre-
no, e in particolare la Marina da carico, che risentiva maggiormente del ral-
lentamento degli scambi. Mentre la flotta passeggeri non subì eccessivi con-
traccolpi per via delle navi moderne, la Marina da carico, invece, ebbe forti
ripercussioni negative per i noli bassissimi, una pesante deflessione che non
si verificava dal 1913, di conseguenza molte navi vennero disarmate per evi-
tare perdite troppo forti, e il traffico merci dei porti internazionali fu meno
intenso. Poiché i traffici marittimi sono il termometro dell’economia mon-
diale, anche grandi nazioni marittime come la Gran Bretagna e gli Stati
Uniti risentirono degli effetti di questa crisi. A questo proposito, l’Italia fa-
scista venne accusata dalla Francia e dalla Gran Bretagna di fare concorrenza
sleale ribassando il prezzo dei noli.(17) Comunque i successi della Marina
mercantile, con i suoi noli attivi nella bilancia dei pagamenti, contribuirono
decisamente alla riduzione del deficit commerciale e al miglioramento dell’I-
talia con i rapporti di credito e debito con l’estero e alla ripresa della lira.(18)
per orfani marittimi e in casi particolari per il personale dei corsi specializzati di gran
lusso.
(17) “L’attività della Marina Mercantile Italiana – Risposta dell’On. Pala a denigra-
torie affermazioni straniere”, Il Popolo d’Italia, 16-11-1930.
(18) “Dobbiamo però osservare che, pure sorvolando su altri elementi di paragone
quali potrebbero essere l’accresciuta importanza politica dell’Italia nel dopo guerra, le
sue maggiori attività commerciali ed industriali, la sua popolazione aumentata in modo
notevole, sta di fatto che la nostra Marina mercantile che nell’anno 1914 contava
1.668.296 tonnellate nel 1928 ha raggiunto le 3.541.426 tonnellate, cioè è più che rad-
doppiata. Questo dato che costituisce per noi giusta fonte di orgoglio dice, nella sua
nudità, quanto siano aumentate di numero e di importanza le nostre linee di traffico e
come il mare sia diventato nell’esistenza del nostro Paese un elemento sempre più vitale.
Siamo con lieve differenza con quella che ci precede e con quella che ci segue, la 5a Ma-
rina Mercantile del mondo; questo solo dato, sia pure nella convincente eloquenza delle
cifre, non sarebbe però sufficiente a chiarire l’importanza e le necessità vitali della no-
stra attività marittima: bisogna ancora considerare che la Marina mercantile italiana ser-
ve esclusivamente al nostro traffico perché le linee di navigazione sovvenzionate e libere
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Le navi passeggeri
fanno generalmente capo ai nostri porti. Essa non è in prevalenza come altrove, ad
esempio in Norvegia e in Grecia, una attività di carattere quasi industriale che esorbi-
tando dalle necessità del paese si svolge in gran parte fuori dai mari della madre patria”.
Dalla “Relazione sul bilancio della Marina per il 1929-30”, discussa davanti al Parla-
mento dall’ammiraglio Sirianni.
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(19) “Un’altra vittoria della Marina mercantile italiana - Il ‘Nastro azzurro’ conqui-
stato dal supertransatlantico ‘Rex’”, Il Popolo d’Italia, 17-8-1933.
(20) “La consegna del nastro azzurro al transatlantico ‘Rex’- Elevato discorso del
deputato inglese Harold Hales”, Il Popolo d’Italia, 21 agosto 1935.
(21) “L’apparato motore e lo scafo del ‘Conte di Savoia’”, Il Popolo d’Italia, 20-6-
1933.
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La Marina da carico
(22) “Lo scopo principale del ‘dopolavoro’ sulle navi è l’evoluzione culturale e mo-
rale, nonché lo sviluppo fisico e la ricreazione dei naviganti… Su ogni nave verrà istitui-
to un dopolavoro che assumerà la denominazione della nave stessa e sarà presieduto dal
comandante, il quale sarà coadiuvato da un fiduciario di bordo e nominerà un segreta-
rio amministrativo. Al fiduciario è lasciata ampia libertà di far svolgere tutto o parte
delle attività dopo lavoristiche, a seconda del tipo di nave, della linea, del numero e del-
le attitudini dell’equipaggio… Le attività da svolgere a terra o a bordo si possono rag-
gruppare in culturali (biblioteca circolante, conferenze, conversazioni, corsi di lingue
estere, ecc.), sportive (voga, calcio, tennis, atletica leggera, nuoto, palla al cesto, palla a
nuoto, tiro alla fune, lotta, pugilato, scherma), ricreative (cori, orchestrine, fabbricazio-
ne di oggetti artistici, gite, danze, feste)… L’attività del dopolavoro sulla nave non deve
minimamente intaccare l’orario di lavoro, né violare in nessuna maniera il contratto di
arruolamento …”, Corriere della Sera, 31-1-1934.
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specialmente il petrolio. Poiché le navi cisterna non erano più sufficienti, l’i-
dea di costituire una flotta di vere e proprie navi petroliere venne nella se-
conda metà degli anni ’30 quando il tentativo di infliggere sanzioni al regi-
me fascista, come il blocco petrolifero in seguito all’attacco contro l’Etiopia,
aveva messo in luce la necessità di dotare l’Italia di una moderna flotta na-
zionale di petroliere. Il tonnellaggio aumentò in maniera consistente con
l’A.G.I.P. che, secondo le direttive di Mussolini, ordinò tre grandi motoci-
sterne della portata di 13 500 t ciascuna e di 14 nodi di velocità. Arrivarono
commissioni anche dall’estero, come l’ordinazione di tre grandi motonavi
cisterna da parte della “Standard Oil Company” ai cantieri triestini.
Le infrastrutture marittime
Mussolini era consapevole che il mondo della Marina mercantile non si li-
mitava al solo naviglio ma costituiva un complesso interagente di attività le-
gato al mare che spaziava in diversi settori, dai grandi e piccoli cantieri ai
porti, dai magazzini agli allacciamenti ferroviari per il trasporto delle merci
sul territorio e in numerose attività collaterali interdipendenti. Era necessa-
rio intensificare i mezzi atti ad attrarre sulle nostre navi e nei nostri porti
sempre nuove e maggiori correnti di traffico. Con lo sviluppo delle nuove
correnti commerciali e turistiche e la costruzione di navi sempre più grandi,
anche i porti e le varie stazioni marittime dovevano rispondere alle nuove
esigenze, come l’attracco dei grandi transatlantici e l’organizzazione dei ser-
vizi di imbarco e sbarco del crescente numero di passeggeri. I porti quindi
dovettero essere attrezzati per poter accogliere questi colossi del mare,(24) au-
(23) Con queste parole Mussolini ringraziava con un telegramma l’ing. Nicolò
Martinolich, proprietario del cantiere navale di Lussino: “Mentre annunziasi che “Lin-
ce” dopo aver risposto obbediente alle mani sicure, le quali diresse là sull’Atlantico verso
Boston, ha attinto lontana mèta, rinnovando col temerario viaggio i fasti delle più au-
daci imprese nostra gloriosa Marina Mercantile, desidero giunga al geniale costruttore,
al cantiere, donde piccola imbarcazione fu espressa, al comandante, agli equipaggi, all’e-
quipaggio eroico il mio più fervido compiacimento per quest’altra magnifica vittoria
della fede e del coraggio italico”
(24) “Si lavora a sistemare, allargare, attrezzare i porti di Genova, Livorno, Civita-
vecchia, Napoli, Palermo, Catania, Cagliari, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia, Trieste,
Fiume. Lo stimolo marinaro ritorna. La Marina mercantile Italiana occupa il secondo
posto nelle gerarchie europee, il quarto nelle mondiali. Dai nostri cantieri operosi sono
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usciti giganti come il Roma e fra poco l’Augustus la più grande motonave del mondo”.
Dal messaggio di Mussolini del 28 ottobre 1926: “Lo spirito marinaro ritorna”.
(25) Il traffico del porto di Genova che nel 1913 aveva toccato 7.427.272 t. di
merce sbarcata e imbarcata, dopo la prima guerra mondiale, aveva ripreso a salire arri-
vando quasi alle stesse cifre nel 1924 di 7.456.094 t. per poi arrivare nel 1925 a
8.248.830”. Dal Corriere della Sera del 25-1-1927.
(26) AUSMM, (R.B.), Base navale di Napoli: progetti di sistemazione del porto mer-
cantile, Titolario 5, Anno 1922-25, busta 1674, fascicolo 5.
(27) Grande notorietà ebbe l’impresa dell’Artiglio, che recuperò, da un alto fonda-
le, l’oro perduto nell’affondamento della nave da trasporto Egypt.
(28) La Ramb III, costruita nel 1938, venne catturata dai tedeschi il 9 settembre
1943, e ribattezzata con il nome di Kiebitz. Fu affondata a Fiume il 5 novembre 1944
durante un’incursione aerea anglo-americana. Venne recuperata dagli iugoslavi e trasfor-
mata nello yacht presidenziale iugoslavo Galeb, che fu utilizzato per molti anni dal ma-
resciallo Tito.
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Le innovazioni fasciste
(29) In base a disposizioni legislative precedenti, fin dalla costruzione delle unità,
era prevista la possibilità di trasformarle in incrociatori ausiliari per eventualità belliche,
con quattro pezzi da 120/40 mm in coperta.
(30) E. Squadrilli, L’impero fascista sul mare: la Marina militare, la Marina mercan-
tile, gli Italiani e il navalismo, Roma, Lega Navale Italiana, 1939.
(31) G. Pala, La Marina mercantile in un decennio di regime fascista, Confederazio-
ne Nazionale Fascista Imprese comunicazioni Marittimi e Navigazione Aerea, 1932.
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(32) I Decorati della Marina, vol. II, Le Medaglie d’Oro al Valore Militare, Roma,
USMM, 1992, p. 170 sg.
(33) Ibidem, p. 176 sg.
(34) Ibidem, p. 174 sg..
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La nave scuola della Marina mercantile, Patria, in navigazione durante una crociera ad-
destrativa. (Fototeca USMM)
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Lo sviluppo della Marina mercantile italiana dal 1915 agli anni precedenti l’ingresso del-
l’Italia nel secondo conflitto mondiale.
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furono destinate per un terzo ai passeggeri e due terzi alle merci. Allo scop-
pio del secondo conflitto mondiale la Marina mercantile italiana era arriva-
ta al sesto posto nel mondo dopo la Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone,
Norvegia e Germania. Per quanto riguarda le navi di stazza oltre le 20 000 t
era al secondo posto a pari merito con la Germania. In confronto con le al-
tre Marine, come anzianità, la flotta italiana aveva unità mercantili più vec-
chie (metà con oltre vent’anni) e navi passeggeri più moderne.(37) L’Italia, a
metà degli anni ’30, arrivò a possedere circa 160 linee di navigazione, così
suddivise geograficamente:
Porti italiani 64
Dalmazia e Albania 14
Colonie italiane 12
Porti del Mediterraneo 24
Medio-Oriente (Siria e Palestina) 12
Nord Europa 2
Asia (Golfo Persico, India e Indie Olandesi 8
Australia 1
Nord America 8
Sud America 5
Centro America 7
Africa extra-mediterranea 6
(37) P. Fortini, La Marina mercantile nella depressione economica, nella ripresa nella
guerra(1930-1940), Parte I, Generalità sulla crisi che ha fondamentalmente colpito la Ma-
rina da carico, Milano, Istituto per gli studi di politica internazionale, 1941.
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Il complesso del personale che ruotava intorno alla Marina mercantile alla
metà degli anni ’30, stimato in circa 200 000 persone, poteva rappresentare
un completamento della Marina da guerra nel momento del bisogno. Nel
1935 venne attuato un provvedimento che “mirava a disciplinare l’attività
della Marina Mercantile in tempo di guerra dettando norme per la ripartizione
e dipendenza del naviglio, per il censimento e l’armamento delle navi, per il
naviglio ausiliario, per le requisizioni ed il personale di bordo”.
La Marina mercantile produsse un enorme sforzo durante la guerra d’E-
tiopia, quando furono trasformati e adattati in breve tempo grandi transat-
lantici per il trasporto di truppe, di materiali e per l’assistenza sanitaria co-
me le navi-ospedale Gradisca, Urania, Tevere, Vienna, Helouan, Cesarea e
Aquileia.(39) Vennero inviati in Africa Orientale 595 000 uomini, oltre
16 000 veicoli e 1 241 000 t di materiali, per cui, in rinforzo al parco navale
nazionale, lo stato dovette acquistare all’estero alcune navi di seconda mano
che vennero raggruppate nella classe “Regioni”: Piemonte, Calabria,
Umbria, Toscana, Sicilia, Liguria, Sardegna, Sannio e Lombardia. Le moto-
navi Barletta e Adriatico effettuarono una limitata attività come incrociatori
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(40) AUSMM, (R.B.), Pratiche naviglio mercantile connesse colle esigenze A.O. (Afri-
ca Orientale) e O.M.S. (Operazione Militare Spagna), f. Requisizioni, noleggi.
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SOCIETÀ NAVI
Società Italia 6 motonavi da 6200 tsl
Lloyd Triestino 4 motonavi da 7000 tsl
Tirrenia 11 motonavi da 3180 tsl
Garibaldi 4 motonavi da 8000 tsl
Agip 4 motonavi da 10500 tsl
9 motonavi da 6338 tsl
S.i.d.a.r.m.a.
3 motonavi da 8400 tsl
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dalle navi migliori, che si trovava sparsa negli oceani.(42) Il 10 giugno 1940
perdemmo 212 navi mercantili, per un totale di 1 216 637 t di stazza lorda
che, per la maggior parte, vennero riutilizzate dagli Alleati per i loro fonda-
mentali traffici.(43) Il primo giorno di guerra rimasero tagliati fuori del Me-
diterraneo 212 piroscafi, diversi moderni transatlantici, 136 petroliere staz-
zanti dalle 2 000 alle 6 000 tsl, 64 mercantili tra le 6 000 e le 10 000 tsl, i
più adatti per impiego bellico, per un totale di 1 209 090 tsl, che erano così
sparse nei mari:
LOCAZIONE NUMERO
DI MERCANTILI ITALIANI
spesso navigavano con metà carico per mancanza di materiale da trasportare) fu sempre
ritenuto sufficiente, e addirittura superiore al necessario perché i mercati del Mediterra-
neo, gli unici dai quali avremmo potuto effettuare acquisti in caso di guerra, non offri-
vano le merci a noi indispensabili. Se col proseguire della guerra i mercantili non furo-
no più sufficienti, ciò fu dovuto al prolungarsi delle operazioni e al loro andamento
(n.d.r.).
(42) Nell’agosto del 1939, la Germania, non avendo avvisato preventivamente le
proprie navi mercantili in navigazione in mari lontani, aveva perduto più di metà delle
stesse, rimaste bloccate in porti neutrali, catturate dal nemico o autoaffondate per evita-
re la cattura.
(43) Le previsioni indicate da tutte le analisi della Commissione Superiore della
Difesa nel documento del 1940 indicavano, prosegue Giuliano Colliva, “... che sarebbe-
ro rimaste fuori dal Mediterraneo ... 235 navi mercantili, per 1 238 053 tsl, con uno
scarto rispetto a quanto successe il 10 giugno, del valore in tonnellate dell’1,7 per cen-
to... Le prime disposizioni per evitare la cattura erano già state impartite nel 1931, e
successivamente ancora studiare e migliorate. Per cui è del tutto priva di fondamento
l’affermazione ... che [si] evitò di dare opportune istruzioni per evitare la cattura dei no-
stri mercantili ... In realtà gli studi della commissione ... erano stati chiarissimi sin dalle
prime edizioni e, soprattutto quelli del 1938-1940, ... non lasciavano speranze: i rifor-
nimenti in guerra sarebbero stati drammatici e quelli dei combustibili liquidi difficilissi-
mi. L’unica speranza era una guerra breve ...” (n.d.r.).
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America centrale 10
Colombia e Venezuela 8
Brasile 19
Uruguay 12
Argentina 15
Iran 3
Thailandia 2
Cina e Giappone 5
Porti britannici e alleati 34
Porti francesi 3
(44) Alcune di queste navi, per la loro qualità, avrebbero potuto rivestire una note-
vole importanza dal punto di vista militare, in particolare:
- Il transatlantico Conte Grande, internato a Santos in Brasile nel 1940; venne poi ce-
duto agli Stati Uniti, che il 16 aprile lo trasformarono nel trasporto truppe Monti-
cello;
- il transatlantico Principessa Maria, bloccato in Argentina;
- alcune ottime navi come la Leme, la Belvedere, la Cellina e la Fella;
- le navi passeggeri Colombo, Nazario Sauro, Tripolitania, Conte Verde, Leonardo da
Vinci, Conte Biancamano, Giuseppe Mazzini, Rodi e Gerusalemme;
- le motonavi Remo, Romolo, Volpi, Sumatra, Ramb I, Ramb II e Ramb IV;
- molte navi cisterna, rimaste bloccate nei porti venezuelani e messicani.
- Per sottolineare l’importanza di queste navi, basti ricordare che la Volpi e la Sumatra,
bloccate a Puket Harbour (Thailandia), erano destinate a diventare, in caso di requi-
sizione, incrociatori ausiliari.
(45) Fra queste unità le più famose furono: la motonave Pietro Orseolo della
“S.I.D.A.R.M.A.” e le motonavi Cortellazzo, Himalaya e Fusijama del “Lloyd Triesti-
no”, che raggiunsero Bordeaux beffando i controlli britannici. Altre unità che riusciro-
no a fuggire furono i piroscafi Clizia e Capo Lena dai porti atlantici spagnoli, i piroscafi
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Capo Alga, Burano, Todaro, Atlanta, Eugenio C. e Ida dalle Canarie, i piroscafi Frisco,
Mombaldo, XXIV maggio, Butterfly e Africana dal Brasile.
(46) Come i piroscafi Sangro ed Ernani, la motocisterna Franco Martelli e il piro-
scafo Stella, che venne catturato.
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quisiti per una grande varietà di compiti: Vedette Foranee (V),(49) Compito
Antisom (AS )(50) e Dragaggio (F-B-G-R-DM ).(51)
Molte altre piccole unità vennero requisite per il “pilotaggio” (136, con
la caratteristica P), la guardia alle ostruzioni (118 unità, con la caratteristica
O) e i servizi portuali (94 unità, con la caratteristica Z).
Durante la campagna contro la Grecia furono requisite altre unità per
costituire le “Forze Navali Speciali” da utilizzare in occasione di uno sbarco
nell’isola di Corfù, che poi non venne effettuato. Si cercò, poi, di utilizzare
questa nuova formazione per uno sbarco nell’isola di Malta, anche questo
mai eseguito, utilizzando alcune navi di tipo particolare, come i motoscafi e
i vaporetti di proprietà dell’A.C.N.I.L. di Venezia – cioè quelli della naviga-
zione lagunare – e decine di “bragozzi” dell’Adriatico. Successivamente mol-
te di queste unità vennero utilizzate nel novembre del 1942 per lo sbarco in
Corsica.
Le cause di affondamento delle navi mercantili italiane furono molte-
plici. Durante la navigazione, la maggior parte degli attacchi alleati con ae-
rosiluranti veniva effettuata verso la sera, quando non erano presenti gli ae-
rei di scorta della Regia Aeronautica e della Luftwaffe. Terribili furono an-
che i continui bombardamenti aerei cui vennero sottoposti, dal 1940 al
1943, molti porti italiani, come quelli anglo-americani su Napoli, Palermo,
Cagliari e Messina e, dal 1943 al 1945, quelli tedeschi su Genova, La Spe-
zia, Trieste e Bari.(52) Gli attacchi condotti con navi di superficie ebbero mi-
(49) Il compito ufficiale di queste 260 navi era di preavvisare con anticipo l’avvici-
narsi alle coste di velivoli provenienti dal mare; però, potevano svolgerne anche molti
altri come il pilotaggio, la scorta e i collegamenti con le isole o basi minori.
(50) Queste 66 unità, costituite per gran parte da motopescherecci o piccoli piro-
scafi, erano adibite al pattugliamento di zone costiere e al contrasto dell’attività dei
sommergibili britannici che si spingevano verso le coste italiane per attaccare piccoli
convogli o addirittura pescatori al lavoro. Nonostante un’intensa attività, i loro risultati
furono assai scarsi, sia per la limitata efficienza degli strumenti di ricerca loro assegnati,
sia per la minima potenzialità di quelli di attacco.
(51) Per questo compito venne requisito il maggior numero di unità, circa 983,
con diverse specializzazioni che venivano contraddistinte da una caratteristica distintiva:
la F indicava il dragaggio foraneo, la B indicava il dragaggio ravvicinato, la G il dragag-
gio d’altura, la R il dragaggio d’altura medio e DM il dragaggio magnetico.
(52) Pesanti conseguenze ebbe l’attacco aereo condotto sul porto di Bari dalla Luft-
waffe, nel dicembre 1943, che distrusse quasi venti navi mercantili, italiane e alleate, e
causò centinaia di morti fra marittimi e portuali per l’esplosione di una nave statuniten-
se carica di bombe all’iprite.
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dine non venne eseguito. Una settimana dopo la motonave venne presa dai tedeschi,
disincagliata e condotta a Venezia, carica di prigionieri italiani catturati a Pola, dove ri-
mase inattiva fino al termine del conflitto.
(57) L’Augustus, costruita nel cantiere navale Ansaldo di Sestri Ponente, era stata la
più grande motonave passeggeri al mondo.
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(58) Le società di navigazione erano state già avvisate prima della guerra riguardo
le navi che sarebbero state requisite per tale scopo, e negli arsenali erano conservate le
scorte (letti, biancheria, articoli sanitari) per un rapido allestimento delle unità.
(59) Una delle unità sopravvissute al conflitto, la Gradisca, fu perduta per incaglio
nel gennaio 1946.
(60) Sei di queste navi – Epomeo, Capri, Leta, Giuseppe Orlando, San Giusto e Sor-
rento – furono affondate durante il conflitto, e la settima, la Laurana, venne catturata
dai britannici in Tunisia nel maggio del 1943.
(61) Queste ultime due vennero affondate nel 1944 da bombardamenti aerei nella
baia di Muggia.
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Conclusioni
Non bisogna mai dimenticare che nella Storia italiana la Marina mercantile
è stata sempre presente nei momenti critici, chiara dimostrazione che l’Italia
non può fare a meno di una flotta adeguata ed efficiente, con infrastrutture
e attenti interventi legislativi di sostegno, tali da poter affrontare ogni eve-
nienza.
In pochi anni la Marina mercantile, durante il “Ventennio”, subì una
grande evoluzione. Rappresentò uno dei motori fondamentali dell’econo-
mia italiana, in particolare nel servizio delle navi passeggeri, che da modesto
apparato per viaggiatori meno abbienti, si era trasformato in un superbo ca-
talizzatore internazionale per i più ricchi benestanti. La capacità di attirare
passeggeri dipendeva dalle dimensioni e dalle caratteristiche della nave, la
cui efficienza e grandezza rappresentava un investimento, ma anche esposi-
zione e rischio per l’armatore. La crescita di esperienza e capacità dei cantie-
ri navali italiani attirò sempre più gli armatori, che solitamente commissio-
navano le proprie navi a cantieri stranieri, permettendo la costruzione in
Italia delle navi più prestigiose, tali da rendere sempre più viva la presenza
italiana sulle rotte internazionali. Già a metà degli anni ’30 la Marina pas-
seggeri era stata dotata di un’intera flotta di nuove navi, che per modernità,
velocità, ricchezza e perfezione tecnica erano considerate fra le migliori del
mondo. Nel corso del decennio, poi, un naturale processo di aggregazione
delle varie compagnie delle grandi navi passeggeri italiane sarebbe continua-
to fino alla costituzione di una solida flotta nazionale.
Scelte politiche e militari non altrettanto intelligenti contribuirono a
portare la Marina mercantile alla distruzione durante il secondo conflitto
(63) Motivazione: “Per l’eroico valore, la capacità e l’abnegazione dimostrate sui mari
dai suoi equipaggi e per il sacrificio dei suoi uomini migliori e delle sue Navi, nel corso di
un lungo aspro conflitto contro agguerriti avversari. (Zona di Operazioni 10 giugno 1940-
8 maggio 1945)”.
(64) Alla cerimonia facevano da sfondo le motonavi Saturnia Conte Grande e
Italia, l’incrociatore Garibaldi, le corvette Ibis e Chimera, ed era presente, come alfiere,
il capitano di lungo corso Cesare Rosasco, anch’egli Medaglia d’Oro al Valore Militare.
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