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Capitolo 1
Il capitolo prospetta l’approccio semiotico quale potenziale punto di collegamento nella ricerca di
nuove configurazioni cartografiche. L’interesse rispetto alla carta passa da: una carta intesa come
mediazione del territorio, ad invece una carta intesa come operatore ossia, la carta determina le
azioni da attuarsi. La carta, intesa perciò come operatore, agisce su due ambiti cruciali:
L’autoreferenza → cioè la capacità della carta di farsi accettare con la sua sola presenza
poiché la carta fa riferimento solo a sé stessa; essa interviene perciò nella comunicazione in
modo autonomo rispetto al cartografo.
• mirano allo stesso obiettivo, ossia proporre una precisa idea del mondo
Il paesaggio, siccome è forma visiva del territorio, è una figurazione prospettica. L'assunzione della
prospettiva rappresenta l'elemento cardine poiché permette di restituire l'immagine spaziale che
l'occhio elabora. La prospettiva è quindi lo strumento che permette di interpretare l'idea di
paesaggio. Nella cartografia la visione prospettica si scontra con la visione verticale basata cioè
sulla regolarità dei fenomeni che sono per questo motivo uniformemente allontanati e astrattamente
individuati, al fine di adempiere alla sua funzione descrittiva, ossia, restituire una fisionomia del
mondo. La carta dunque può essere definita come un documento che riproduce il mondo rispettando
i rapporti e le distanze tra gli oggetti e stabilendo il riconoscimento dei luoghi.
L'elemento cruciale nello studio della prospettiva è il punto di osservazione. Per quanto riguarda il
paesaggio il punto di osservazione è prospettico, perciò il mondo è visualizzato da un osservatore
che è situato in un certo luogo.
La proiezione zenitale costituisce il più astratto tra i modi di restituire il mondo. Essa elimina lo
sguardo umano producendo una perdita del suo significato iconico a vantaggio di quello descrittivo.
La proiezione zenitale prevede che ogni elemento del territorio rappresentato sia reso da un punto di
osservazione a esso perpendicolare inoltre, prevede l'esistenza di più punti di osservazione quanti
sono gli oggetti rappresentati. Tale cambiamento del punto di osservazione determina un territorio
reso quasi estraneo all'uomo proprio perchè viene escluso l'osservatore.
Nel periodo storico compreso tra il 1600 e il 1700 sono redatti dei documenti nei quali la
commistione paesaggio-carta si mostra in modi e gradi diversi. Essa può presentarsi all'interno dello
stesso disegno: congiunzione, in documenti distinti accomunati dal medesimo soggetto di
rappresentazione: disgiunzione e, infine, in figure disgiunte all'interno dello stesso documento:
congiunzione disgiunta.
Prendiamo allora in esame i documenti di Cristoforo Sorte:
1. “Disegno da adaquar il Trivisan” che riguarda un progetto di bonifica idraulica da attuarsi
nella pianura trevigiana. La particolare resa del paesaggio si gioca sull'uso della prospettiva
difatti egli varia la proiezione all'interno dello stesso documento secondo il tipo di territorio
da rappresentare, usando l'immagine verticale per i territori pianeggianti e la prospettiva a
volo d'uccello per i rilievi. La pianura trevigiana viene rappresentata con una proiezione
verticale grazie al quale l'andamento dei fiumi e la distribuzione degli insediamenti possono
trovare facile referenza; se si rivolge invece l'attenzione alla montagna si nota che questa è
rappresentata con una visione prospettica e largo spazio è assegnato al volume dei monti e
alla convessità delle valli. La seconda è perciò, senza dubbio, una figurazione paesistica
approssimativa. La pianura esprime perciò le caratteristiche cartografiche, mentre la
montagna è disegnata attraverso l'idea di paesaggio.
2. L'importanza del primo documento aumento se lo confrontiamo con il secondo, costruito
secondo finalità amministrative e basato sull'uso esclusivo della figurazione paesistica. In
questa seconda raffigurazione questo paesaggio e figurazione cartografica si compenetrano
nell'intero disegno. La carta non vuole descrivere ma concettualizzare il territorio e, a tal
scopo, rende pervasiva la figurazione paesistica. La carta riporta i segni che consentono
l'orientamento, presenta anche alcuni designatori (es: Treviso, Montello..) . La carta non
restituisce il paesaggio, inteso nella sua forma più banale, ma la dinamica territoriale
risultante del rapporto uomo-natura.
La carta appare allora come il prodotto di una cultura che genera a sua volta cultura; La carta
incrementa il sapere territoriale inoltre, è un mezzo comunicativo autonomo capace di indicare
efficacemente nuove strategie territoriali.
A livello di disgiunzione iconica abbiamo il caso di due carte, con due punti di osservazione
differenti.
1. La “Mappa del brenta magra” di Alberti → in visione prospettica. La carta restituisce i dati
tecnici quantitativi; essa si mostra come un disegno che è avulso dal valore sociale che l'area
rivestiva.
2. L'”Area delle porte dette Morozan tra brenta magra e brenta salsa” → prospettiva verticale.
I due documenti, pur presentando la centralità del nodo idrografico, forniscono non solo
informazioni differenti secondo la loro finalità ,ma, alternativamente rimandano al territorio o al
paesaggio mediante il punto di osservazione utilizzato. Nel primo caso, la figurazione verticale,
rilevando la natura processuale del territorio, richiama il rapporto che la società instaura con gli
elementi naturali; viceversa, la figurazione paesistica rimanda alla forma visiva del territorio e al
significato della reificazione che si mostra nella sua materialità.
Appare perciò evidente il recupero della chora e, dunque, del significato sociale del territorio passa
inevitabilmente attraverso il recupero del paesaggio come concetto in grado di esprimere tale
significato oltre che attraverso la capacità di rappresentarlo. Bisogna prospettare una metrica
corografica che recuperi in primo luogo il senso del luogo espresso dal paesaggio, la pluralità di
soggetti e, infine, le potenzialità pragmatiche offerte dalla tecnica informatica.
Capitolo 4
A metà degli anni '90 si è diffusa l'attenzione per dei sistemi cartografici in grado di recuperare il
ruolo delle comunità locali e realizzare carte geografiche che tengano conto dei loro interessi; si
tratta dei sistemi cartografici partecipativi che si distinguono secondo la tecnologia utilizzata ed il
livello di partecipazione in:
• Cartografia partecipativa, realizzata dalle comunità locali su richiesta di un interlocutore
esterno
• Sistemi GIS integrati di comunità, costruiti ed utilizzati da attori esterni alla comunità ma
comprendenti dati raccolti tramite metodologie partecipative
• Sistemi GIS pubblici e partecipativi, realizzati ed utilizzati direttamente dalle comunità
locali nel dialogo con la propria amministrazione o un ente che la presiede
L'irruzione in ambito cartografico delle tecnologie dell'informazione ha fortemente inciso sugli
interpreti e, in particolare, sulla figura del cartografo. In questi luoghi di produzione il cartografo
possiede allora un profilo professionale ibrido che coniuga competenze informatiche con una
conoscenza semiotica dei meccanismi comunicativi della carta. Il nuovo cartografo deve perciò
gestire l'intero processo costruttivo della carta.
Nella cartografia partecipativa il cartografo è costituito da una serie di soggetti appartenenti alla
comunità locale indirizzati da un proponente a costruire una carta su un tema i rilevanza
comunitaria; tale cartografia non intende infatti produrre una descrizione del territorio ma, piuttosto,
rendere figurativamente uno o più interessi territoriali di tale comunità.
La strategia SIGAP (= sistemi informativi geografici per le aree protette)
E' una metodologia dir ricerca adottata dal laboratorio cartografico Diathesis che grazie all'uso delle
cartografie partecipative e dei CIGIS ha prospettato un piano di gestione partecipato della periferia
delle aree protette perseguendo due obiettivi:
1. Recuperare l'organizzazione territoriale e i valori delle popolazioni locali
2. Creare una cartografia partecipata atta a comunicare il significato sociale del territorio
Il prodotto finale è un sistema multimediale interattivo GIS utile quale strumento per la ricerca di
terreno, per le strategie di intervento, per la capitalizzazione e la diffusione dei risultati conseguiti.
La strategia SIGAP recupera, mediante studi di terreno, le dinamiche territoriali delle comunità
locali quale premessa per attuare una cooperazione che innalzi l'ordine dell'abitare a presupposto da
cui ricavare le norme di cogestione. La partecipazione ha generato un insieme di riflessioni sul
ruolo che la cartografia può svolgere nel far emergere i multipli interessi degli attori coinvolti nella
progettazione territoriale dei paesi in via di sviluppo; l'unico modello percorribile era quello di una
cartografia partecipativa rivolta all'Africa subshariana. La redazione di tale cartografia è stata
preceduta da analisi territoriali, attuate mediante una lunga permanenza sul terreno, così da poter
esplorare l'architettura territoriale che fa emergere come la società si rapporta alle risorse naturali in
modo da favorire la mediazione tra gli interessi dei diversi attori coinvolti.
La strategia SIGAP è divisa in quattro moduli:
1. Il primo volto a creare una base di conoscenza dei sistemi territoriali delle popolazioni locali
provenienti da dati di terreno
2. Il secondo riguarda la creazione dei modelli per progettare la zonizzazione
3. Il terzo ha identificato le direttrici da cui partire e dalle quali far derivare le proposte
operative di partecipazione
4. Il quarto, infine, ha riguardato l'ideazione e la costruzione di un sistema di capitalizzazione e
di elaborazione cartografica dei dati → realizzazione del sistema MULTIMAP che coniuga
il significato del territorio e la prospettiva partecipativa.
Capitolo 5
La corografia è un nuovo modello volto a recuperare il senso sociale e culturale del territorio nella
relazione che il soggetto instaura con il luogo espresso dalla realtà paesistica. Per realizzare la
corografia serve: la resa del paesaggio ma, anche, il recupero del soggetto come attore sociale che
costruisce, rappresenta e comunica la funzione culturale del luogo in cui abita.
La corografia è opposta alla topografia poiché la prima si propone di sradicare i presupposti metrici
di quest'ultima.
La metrica corografica prospetta uno spazio topologico e una logica paesistica. Sul primo si assume
la tridimensionalità e ci si apre alla soggettività; per quanto riguarda la seconda le icone saranno
costruite richiamando dei valori paesistici prodotti socialmente.
Lo spazio topologico è determinato da alcuni criteri tra cui quello della scala, intesa come la soglia
di discontinuità nella misura della distanza e nella valutazione dei fenomeni, e quello della sostanza,
ossia il valore da attribuire a tali fenomeni. Con il termine scala si intende la produzione di una
soglia di discontinuità nella misurazione della distanza e nella valutazione dei fenomeni.
La cartografia realizzata ha consentito di far emergere gli aspetti culturali e le dinamiche sociali del
territorio in grado di promuovere il recupero del paesaggio e di includerlo nelle strategie di tutela. Il
paesaggio non costituisce esclusivamente una risorsa culturale ma rappresenta la totalità mediante la
quale la comunità si esprime e mostra l'organizzazione territoriale dei villaggi. Il paesaggio, dunque,
deve sottostare a misure di tutela e valorizzazione che lo immettano nell'ambito di una strategia di
sviluppo sostenibile. E' indispensabile però che qualsiasi progetto di sviluppo sia condotto con il
coinvolgimento delle popolazioni e avvalendosi di strumenti di partecipazione e concentrazione.