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Percorsi di giurisprudenza

La clausola claims made nella giurisprudenza


a cura di Vito Amendolagine

Il presente percorso di giurisprudenza ha come fine quello di illustrare, sintetizzandole, le posizioni assunte nel corso degli anni
dalla giurisprudenza di legittimità e di merito sulle principali tematiche derivanti dall’inserimento di una clausola claims made nei
contratti di assicurazione per la responsabilità civile, con specifico riferimento alle principali questioni dibattute nelle aule
giudiziarie, riguardanti la natura, validità, e vessatorietà di tale tipologia di clausola, ed il correlato giudizio sulla sua meritevo-
lezza, quest’ultima da verificare in concreto, esaminando la singola fattispecie negoziale.

La clausola claims made: cui prodest?


Caratteristiche Il contratto di assicurazione per la responsabilità civile nel quale è presente la clausola claims made, si
caratterizza per il fatto che la copertura assicurativa è condizionata dalla circostanza che il sinistro
venga denunciato nel periodo di vigenza della polizza od anche in un delimitato arco temporale
successivo, mentre, secondo lo schema denominato loss occurrence, sul quale è conformato il modello
delineato nell’art. 1917 c.c., la copertura opera in relazione a tutte le condotte, generatrici di domande
risarcitorie, insorte nel periodo di durata del contratto.
Al riguardo, è opportuno considerare che l’art. 1917 c.c., al comma 1 stabilisce che nell’assicurazione
della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in
conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in
dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto, e che ai sensi dell’art.1895 c.c., il contratto è
nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto.

Atipicità e liceità Conseguentemente, si è affermato in giurisprudenza il principio che il contratto di assicurazione della
responsabilità civile provvisto della clausola claims made non rientra nella fattispecie astratta tipica
prevista dall’art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, da ritenersi in linea generale lecito ex
art. 1322 c.c. (Cass., 15 marzo 2005, n. 5624).
L’introduzione di tale clausola, circoscrivendo l’operatività dell’assicurazione ai soli sinistri per i quali
nella vigenza del contratto il danneggiato richiede all’assicurato il risarcimento del danno subito,
dovendo il medesimo assicurato darne comunicazione alla propria compagnia assicurativa perché
provveda a tenerlo indenne, consente a quest’ultima di conoscere con precisione sino a quando sarà
tenuto a manlevare il soggetto garantito, a tale fine, appostando in bilancio le somme necessarie per
fare fronte alla relativa obbligazione.

Categorie Le clausole claims made offerte dalla prassi commerciale appaiono cosı̀ sussumibili in due grandi
categorie: clausole cc.dd. miste od impure, che prevedono l’operatività della copertura assicurativa
solo quando tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di efficacia
del contratto, con retrodatazione della garanzia, in taluni casi, alle condotte poste in essere anterior-
mente dall’assicurato, e clausole c.d. pure, destinate alla manleva di tutte le richieste risarcitorie
inoltrate dal danneggiato all’assicurato e da quest’ultimo all’assicurazione nel periodo di efficacia
della polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito.
Il discostamento dal modello codicistico introdotto dalla clausola claims made impura (nella quale
comunque è assente la natura vessatoria come affermato da Cass., Sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140 e
successivamente confermata da Cass., 18 maggio 2017, n. 12488), mirando a circoscrivere la coper-
tura assicurativa in dipendenza di un fattore temporale aggiuntivo, rispetto al dato costituito dall’e-
poca in cui è stata realizzata la condotta foriera di danno, si inscrive a pieno titolo nei modi e nei limiti
stabiliti dal contratto, entro i quali, a norma dell’art. 1905 c.c., l’assicuratore è tenuto a risarcire il
danno sofferto dall’assicurato, e, poiché non è seriamente predicabile che l’assicurazione della re-
sponsabilità civile sia ontologicamente incompatibile con tale disposizione, il patto claims made è volto
in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all’archetipo fissato dall’art. 1917 c.c., i sinistri indenniz-
zabili, cosı̀ venendo a delimitare l’oggetto, piuttosto che la responsabilità dell’assicuratore (Cass., Sez.
un., 6 maggio 2016, n. 9140).

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Percorsi di giurisprudenza Clausola claims made

Pertanto, in presenza di una clausola claims made pura si prescinde dal momento di verificazione del
fatto illecito e si guarda solo alla circostanza che durante la vigenza del contratto intervenga la richiesta
risarcitoria da parte del terzo danneggiato.
Come affermato dalle Sezioni unite, le clausole claims made pure sono quindi tendenzialmente me-
ritevoli di tutela in quanto comportano vantaggi e svantaggi reciproci per il danneggiato è per
l’assicurato. Infatti se tendenzialmente non coprono i fatti illeciti verificatisi prima della scadenza
del contratto la cui richiesta intervenga dopo la scadenza stessa - effetto svantaggioso - tuttavia
coprono i fatti illeciti verificatisi prima della vigenza del contratto a patto che durante la vigenza
dello stesso intervenga la richiesta risarcitoria - effetto vantaggioso (Cass., 23 novembre 2017, n.
27867).

Validità della clausola claims made, vessatorietà e giudizio di meritevolezza: la posizione espressa
dalla giurisprudenza di legittimità
Validità In ordine alla validità di questo tipo di clausole, comunemente dette claims made, le Sezioni unite
(Cass., Sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140) hanno recentemente stabilito che la suddetta tipologia di
clausola, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall’assicurato prima della stipula
del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai
sensi dell’art. 1895 c.c.

Vessatorietà? Inoltre, tale clausola, nella parte in cui subordina l’indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il
terzo danneggiato abbia chiesto all’assicurato il risarcimento del danno entro i termini di vigenza del
contratto, delimita l’oggetto di questo e non la responsabilità dell’assicuratore, e, di conseguenza, non
è vessatoria, precisando che potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici nulla se non diretta a
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 c.c.,
ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al D.Lgs. n. 206/2005, per il fatto di determinare, a
carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto
(In ordine a tale ultima questione riguardante la nullità della clausola claims made ove applicabile la
disciplina del D.Lgs. n. 206/2005 per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo
squilibrio dei diritti ed obblighi contrattuali, cfr. Cass., 11 gennaio 2017, n. 417; Cass., Sez. un., 2
dicembre 2016, n. 24645. Sulla valutazione della vessatorietà ex art. 1341 c.c. della stessa clausola cfr.
Cass., 10 novembre 2015, n. 22891 e Cass., 15 marzo 2005, n. 5624. Cfr. anche Cass., 13 febbraio
2015, n. 2872, secondo cui la clausola claims made inserita in un contratto di assicurazione della
responsabilità civile in virtù della quale l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato dalle
conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula del contratto, se per
essi gli sia pervenuta una richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato durante il tempo per
il quale è stata stipulata l’assicurazione, è valida ed efficace, spettando al giudice stabilire, caso per
caso, con valutazione di merito, se quella stessa clausola abbia natura vessatoria ai sensi dell’art. 1341
c.c. In tale senso si è espressa anche Cass., 22 marzo 2013, n. 7273, affermando che spetta al giudice di
merito accertare, caso per caso, se la clausola claims made, riducendo l’ambito oggettivo della re-
sponsabilità dell’assicuratore, fissato dall’art. 1917 c.c., configuri una clausola vessatoria ai sensi
dell’art. 1341 c.c., confermando il principio generale secondo cui tale clausola non può essere consi-
derata vessatoria in astratto, posto che essa non pone limitazioni di responsabilità in favore dell’assi-
curatore, ma definisce l’oggetto della copertura assicurativa, stabilendo quali siano i sinistri indenniz-
zabili).
Quest’ultima valutazione, tuttavia, per i giudici di legittimità va compiuta in concreto e non in
astratto, valutando in occasione del singolo caso se la clausola di cui si discorre subordini l’indennizzo
alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella
vigenza del contratto, unitamente alla qualità delle parti, e, la circostanza che la stessa clausola possa
esporre o meno l’assicurato ai cd. buchi nella garanzia assicurativa.

Claims made Pertanto, mentre per effetto dell’intervento delle Sezioni unite, si è stabilito che la clausola claims
ed art. 1322 c.c. made non rende il contratto privo di rischio, non ne comporta la nullità ex art. 1895 c.c. e che la
suddetta clausola non è vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c., resta, invece, da stabilire caso per caso se
detta clausola possa dirsi anche diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322
c.c., in particolare quando escluda il diritto all’indennizzo per i danni causati dall’assicurato in
costanza di contratto, ma dei quali il terzo danneggiato abbia chiesto il pagamento dopo la scadenza
del contratto, dando cosı̀ luogo a richieste risarcitorie ‘‘postume’’.
Con una successiva ed ancora più recente pronuncia (Cass., 28 aprile 2017, n. 10506), la Cassazione
premesso che l’immeritevolezza ai sensi dell’art. 1322 c.c. discende dalla contrarietà non del patto in
sé, ma del risultato che il medesimo patto atipico intende perseguire con i principi di solidarietà,
parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati, ha
precisato che sono da ritenersi immeritevoli, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, contratti o patti
contrattuali che, sebbene formalmente rispettosi della legge, hanno per scopo o per effetto di attri-
buire ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita per l’altra, ovvero

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a porre una delle parti in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all’altra, ovvero costrin-
gere una delle parti a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzional-
mente imposti, essendo alla luce di questi criteri che va valutata la sussistenza della meritevolezza
riferita ad una clausola claims made inserita nel contratto di assicurazione.
Conseguentemente, per i giudici di legittimità, la clausola claims made che escluda le richieste po-
stume appare immeritevole di tutela, in quanto attribuisce all’assicuratore un vantaggio ingiusto e
sproporzionato, senza una contropartita per il cliente, giacché riduce il periodo effettivo di copertura
assicurativa, dal quale resteranno verosimilmente esclusi tutti i danni causati dall’assicurato nella
prossimità della scadenza del contratto.
Nella citata pronuncia di legittimità, si è quindi affermato il principio che questo iato temporale, è di
fatto inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale cui può andare incontro il professionista,
la cui opera può talora produrre effetti dannosi a decorso occulto o lungolatente, nel senso che
solitamente si manifestano a distanza anche di molto tempo dal momento in cui venne tenuta la
condotta colposa fonte del lamentato danno.

Richiesta Aggiungasi che secondo gli stessi giudici di legittimità, la clausola claims made volta ad escludere le
di risarcimento richieste postume appare immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c. anche sotto il differente profilo che
del danno pone l’assicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all’altra parte, perché fa
dipendere la prestazione dell’assicuratore non solo da un evento futuro ed incerto ascrivibile a colpa
dell’assicurato, ma altresı̀ da un ulteriore evento futuro ed incerto dipendente dalla mera volontà del
terzo danneggiato: la richiesta di risarcimento del danno.
L’avveramento di tale condizione, infatti, è un elemento completamente estraneo alla sfera di domi-
nio, volontà ed organizzazione dell’assicurato, il quale non ha su essa ha alcun potere di controllo.
Si è anche osservato come la clausola claims made che escluda le richieste postume appare immeri-
tevole di tutela, in quanto può costringere l’assicurato a tenere condotte contrastanti coi superiori
doveri di solidarietà costituzionalmente imposti, perché elevando la richiesta del terzo a vera e propria
‘‘condizione’’ per il pagamento dell’indennizzo, legittima l’assicuratore a sottrarsi alle proprie obbli-
gazioni ove quella richiesta sia mancata, con la conseguenza che se l’assicurato adempie spontanea-
mente la propria obbligazione risarcitoria prima ancora che il terzo-danneggiato glielo richieda, come
correttezza e buona fede pure gli imporrebbero, l’assicuratore potrebbe rifiutare l’indennizzo (rim-
borso) assumendo che mai nessuna richiesta del terzo è stata rivolta all’assicurato, mancando in tale
ipotesi, la condicio iuris cui il contratto subordina l’operatività della prestazione dovuta dall’assicura-
tore.

‘‘Alea’’ e ‘‘Danno’’ Secondo Cass., 13 marzo 2014, n. 5791, ai fini della validità del contratto di assicurazione, tuttavia,
quel che ha da essere ‘‘futuro’’ rispetto alla stipula del contratto non è il prodursi del danno civili-
sticamente parlando, ma l’avverarsi della causa di esso. Non è infatti mai consentita l’assicurazione di
quel rischio i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula, a nulla rilevando
che l’evento – e quindi il concreto pregiudizio patrimoniale – si sia verificato dopo la stipula del
contratto, quando l’avveramento del sinistro non rappresenta che una conseguenza inevitabile di fatti
già avvenuti prima di tale momento.
Al riguardo, è stato altresı̀ osservato come il rischio, elemento essenziale del contratto di assicurazione,
non coincide col concetto di danno, atteso che prima della stipula del contratto assicurativo il rischio è
la generica esposizione d’un bene od interesse dell’assicurato ad un pericolo, mentre al momento della
stipula del contratto il rischio rappresentato da un evento futuro ed incerto, a pena di nullità o
scioglimento del contratto, viene calato nelle concrete delimitazioni previste dalla polizza, ed assume
il significato di evento futuro ed incerto al cui verificarsi l’assicuratore è tenuto al pagamento del-
l’indennizzo in relazione al rischio assicurato.
Infatti a seguito dell’eventuale avverarsi dell’evento temuto e descritto nella polizza il rischio non v’è
più ed è sostituito dal ‘‘sinistro’’, o ‘‘rischio avverato’’.

Presupposti Conseguentemente, ai fini della validità del contratto di assicurazione, ad essere ‘‘futuro’’ rispetto alla
stipula del contratto non è il prodursi del danno risarcibile, ma l’avverarsi della causa di quest’ultimo.
Non è infatti mai consentita l’assicurazione di quel rischio i cui presupposti causali si siano già
verificati al momento della stipula, a nulla rilevando che l’evento – e quindi il concreto pregiudizio
patrimoniale – si sia verificato dopo la stipula del contratto, quando l’avveramento del sinistro non
rappresenta che una conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti prima di tale momento. Argomen-
tando diversamente, si dovrebbe pervenire alla conseguenza che, quando il fatto illecito dell’assicurato
causi a terzi un danno permanente, l’assicuratore non sarebbe mai obbligato a tenere indenne l’assi-
curato per i danni da questi causati ma maturati a partire dal giorno successivo a quello di scadenza
dell’efficacia del contratto.
Pertanto, la clausola claims made, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile
stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se
tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avven-
gano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’art.

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1322 c.c., comma 2, in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e


pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione (Cass., 28 aprile
2017, n. 10506, cit.).

La clausola claims made è efficace nel caso in cui la copertura assicurativa è estesa ai comportamenti
dell’assicurato anteriori alla stipulazione della polizza?
Retroattività L’estensione della copertura ai comportamenti anteriori alla stipulazione della polizza è frutto di una
precisa scelta dell’assicuratore, che di sua iniziativa inserisce la clausola fra le condizioni generali di
contratto, sulla base di una consapevole valutazione dei rischi, che peraltro, vengono circoscritti
tramite altre disposizioni negoziali.

Alea L’alea in tale tipologia contrattuale, non concerne i comportamenti passati dell’assicurato nella loro
materialità, ma la consapevolezza da parte del medesimo assicurato del loro carattere colposo e della
loro idoneità ad arrecare un danno risarcibile a terzi.
Pertanto – considerato che le clausole claims made sono predisposte dallo stesso assicuratore, nelle
condizioni generali di contratto, e, che nella parte in cui prevedono effetti vantaggiosi per l’assicurato,
sono frutto di scelte meditate e consapevoli, nonché di un’attenta valutazione dei rischi e della
remuneratività del corrispettivo convenuto come premio, pur in relazione ai sinistri verificatisi in data
anteriore – sono validi i contratti contenenti tali clausole che delimitano la garanzia ad un certo
numero di anni prima della sottoscrizione della polizza, nonché ai casi in cui l’assicurato non sia a
conoscenza dell’illecito pregresso, dei relativi effetti dannosi, e, dell’intenzione del danneggiato di
agire con un’azione risarcitoria, serbando intatta, in mancanza, la possibilità per l’assicuratore di
opporre all’assicurato la responsabilità e gli effetti delle dichiarazioni inesatte o reticenti, ai sensi degli
artt. 1892 e 1893 c.c., (cfr. Cass., 17 febbraio 2014, n. 3622; Cass., 22 marzo 2013, n. 7273).

Posizione Le Sezioni unite sono intervenute sul tema (Cass., Sez. un., 2 dicembre 2016, n. 24645; Cass., Sez.
delle Sez. un. un., 6 maggio 2016, n. 9140) enunciando il principio di diritto secondo cui nel contratto di assicu-
razione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa
alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di
efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati,
non è vessatoria, ma in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per
difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al D.Lgs. n. 206/2005, per il
fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi
derivanti dal contratto.

La posizione assunta dalla giurisprudenza di merito sulla validità della clausola claims made
...e quella A fronte di una iniziale riluttanza dei giudici di merito a considerare lecita la clausola claims made, in
dei tribunali quanto contrastante con l’art. 1917 c.c. (Trib. Genova, 8 aprile 2008; Trib. Roma, 1 marzo 2006, in
www.iusexplorer.it; Trib. Bari, ord., 3 luglio 2012, in Giur. It., 2012, 2558, in cui si evidenziava come
la scelta della clausola claims made mista determinasse una limitazione per l’assicuratore dell’area di
responsabilità del rischio assicurato senza una adeguata contropartita sicché la stessa assumeva un’e-
vidente carattere vessatorio), si è successivamente affermato che l’interesse dell’assicurato a vedersi
tutelato per eventi verificatisi anteriormente alla entrata in vigore della polizza realizza una sufficiente
meritevolezza, e, di conseguenza, la clausola claims made deve essere considerata lecita e meritevole di
tutela (Trib. Napoli, 20 giugno 2016, in www.iusexplorer.it).
Infatti, si è sostenuto come un giudizio di meritevolezza della clausola claims made può formularsi
proprio in ragione del fatto che la circostanza – svantaggiosa per l’assicurato – dell’esclusione della
copertura assicurativa per i fatti verificatisi nell’arco temporale in cui la polizza era efficace ma
denunciati alla compagnia assicurativa successivamente a tale arco temporale, è comunque bilanciata
dalla circostanza – sicuramente vantaggiosa per l’assicurato – dell’estensione della garanzia assicura-
tiva ai fatti verificatesi nel triennio antecedente all’inizio di efficacia del contratto (Trib. Roma, 22
novembre 2016, in www.iusexplorer.it).
Secondo Trib. Bologna, 12 agosto 2016, in www.iusexplorer.it, qualora la condotta integrante l’errore
del professionista sia compresa nel periodo di vigenza del contratto, ma la richiesta di risarcimento del
cliente danneggiato sia successiva, diversamente da quanto richiesto dalla clausola claims made che
all’intervento della richiesta risarcitoria da parte del danneggiato nel periodo di vigenza del contratto
subordina l’efficacia della copertura, la polizza assicurativa non è operativa.
Come affermato in una recente pronuncia di merito, si tratta dunque di un contratto che introduce
una deroga alla nozione di sinistro disciplinata dal codice civile che è pienamente lecita in quanto non
incide su una norma cogente, non figurando la citata disposizione tra quelle dichiarate inderogabili
dall’art. 1932 c.c., ma che però vale a modificare la struttura del contratto a tal punto da potersi
parlare di una figura contrattuale atipica, benché lecita in quanto rivolta alla realizzazione di un
interesse meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. La nozione di sinistro viene cosı̀ delineata esclusiva-

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mente quale richiesta di risarcimento del terzo pervenuta durante il tempo di vigenza dell1 assicura-
zione, indipendentemente dalla dislocazione temporale dell’evento dannoso, in conseguenza di errori
od omissioni dell’assicurato (Trib. Bari, 3 febbraio 2017, in www.iusexplorer.it).
Ciò tenendo presente che l’indagine va fatta in concreto, in chiave di compatibilità del regolamento di
interessi realizzato dalle parti con i principi generali dell’ordinamento, specie verificando casi ed entità
di eventuale assenza di corrispettività fra il pagamento del premio ed il diritto all’indennizzo, dovendo
sottolinearsi come sia difficile ritenere meritevoli di tutela le clausole claims made impure, partico-
larmente penalizzanti, che limitano la copertura assicurativa alla sola rigida ipotesi che, durante il
tempo dell’assicurazione, intervengano sia il sinistro che la richiesta di risarcimento, senza deroghe di
sorta verso il passato od il futuro (Trib. Udine, 3 maggio 2017, in www.iusexplorer.it).
Si è infatti ritenuto che non sia meritevole di tutela e debba, pertanto, essere dichiarata nulla la
clausola claims made caratterizzata da una spiccata asimmetria informativa nella quale il contraente
non predisponente, sebbene professionista, non sia in possesso di tutte le informazioni sui complicati
meccanismi giuridici che governano il sistema della responsabilità civile, delle quali dispone, invece, la
società di assicurazione (Trib. Milano, 17 giugno 2016, in www.iusexplorer.it).
Secondo altra pronuncia di merito, si è ritenuto che la vessatorietà della clausola claims made possa
ricorrere allorquando essa sia utilizzata congiuntamente con una diversa clausola, loss occurrence od
act committed, al fine di limitare l’estensione della garanzia che si produrrebbe con l’applicazione della
claims made c.d. pura, ciò verificandosi, in genere, allorquando escluda dalla copertura assicurativa i
rischi riguardanti condotte colpose e/o eventi dannosi verificatisi oltre un certo numero di anni
precedenti la stipulazione della polizza, fermo restando che la denuncia del terzo deve, comunque,
pervenire all’assicurato durante il periodo di vigenza della stessa polizza.
Solo in tali ipotesi, che potrebbe determinarsi una limitazione di responsabilità in relazione ai rischi
dedotti e/o al tempo in cui gli stessi si siano verificati, che riduce il lasso di tempo altrimenti
decennale, fino al decorso della prescrizione, entro il quale rimane fermo l’obbligo dell’assicuratore
di tenere indenne l’assicurato, e, soltanto ricorrendo tale eventualità, una siffatta clausola potrebbe
ritenersi effettivamente vessatoria con tutte le conseguenze del caso in relazione alla mancata specifica
approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c. (Trib. Monza, 5 luglio 2016, in www.iusexplorer.it).

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