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In copertina:
Perseo, la Medusa edErmes
oinochoe a figure nere, VI sec. a.C.
Londra, British Museum
II vello d’oro
studi sul mondo antico
Dalla religione
alla filosofia
UNO S T U D I O S U L L E O R I G I N I
DELLR S P E C U L H Z IO N E OCCIDE NTA LE
ARG0
Titoio originate
From religion to philosophy
Arnold, London 1912
Traduzione di G. Scalera c W.T. McClintock
redazionc
Valeria Ippoliio
copcrtina
Elvira Gerardi
Premessa 43
I. Destino e Legge 49
II. L’origine della Moira 87
n i. Natura, dio e anima 121
IV. H datum della filosofía 171
V. La tradizione scientifica . 191
VI. La tradizione mística 207
A Ruggiero de Ritis
físico e filosofo
Olímpico, identifico
II punto di vista dello storico della filosofía non puó essere uguale a
quello dello storico della scienza “interessato a quegli aspetti del pen-
siero antico - l’atomismo ad esempio - che si sono dimostrati pro-
duttivi negli sviluppi m odem i”. Per lo storico della filosofía o per lo
storico delle religioni sono interessanti proprio quei caratteri di arcai-
citá, estranei alia nostra lógica, che dagli storici della scienza vengo-
no liquidad o ignorati come i perdonabili balbettamenti di anticipa-
zioni scientifíche'15.
In polémica con Burnet e Heidel44, Comford circoscrive ora con
maggiore chiarezza la questione: la propensione scientifica della físi
ca antica é in netto contrasto con la formulazione dogmatica delle sue
teorie. Ma qui si arresta la continuitá con la ricerca precedente. La
lettura dei contemporanei studi di Nora Chadwick sulla cultura
órale'17 apriva ora a Comford una nuova pista. La vera anticipatrice
della scienza induttiva é la medicina, arte pratica fin dall’origine'18,
mentre il filosofo, teoretico puro, é l’erede di una frantumazione spe-
cialistica dello figura dello ‘sciamano’ che un tempo riuniva in sé le
competenze del poeta, del sapiente, delTindovino. “Se Aristotele
avesse seguito la professione del padre e non fosse entrato
nell’Accademia, chi potrebbe dire a quale livello avrebbe portato, nel
campo della filosofía naturale, il carattere sperimentale delle medici
na? Ma subí l’influenza del divino Platone, e tanto lui quanto il suo
maestro non erano ancora morti che erano giá divenuti delle autorita
(...) Da allora in poi, e sino alia fíne del Medioevo, il filosofo si col-
locó una volta di piíi accanto al profeta, e le premesse alie quali dové
conformarsi l’intera conoscenza furono fomite da una rivelazione
combinara di fede e ragione”'1''.
Místico, dionisiaco
tradizione mística (VI) occupano da soli piú delJa meta del libro.
Alia luce di una nozione di misticismo desunta essenzialmente da
Lévy-Bruhl5' - e in grado dunque di rendere conto sia dell’aspetto
derivato delle rappresentazioni collettive che della funzione cogniti-
va dell’emozione52 - Cornford rivisita la categoría del dionisismo,
ridisegnanando il profílo della filosofía itálica fino a Platone”. E qui,
al posto di accampamenti quadrati o circolari di tribu al lim ite fra
l’etnografico e il letterario, incontra un oggetto, discutibile, m a non
del tutto ipotetico: l’associazione di culto, il tiaso, illustrato dalle
numeróse collettivitá mitiche o pseudostoriche di Cureti, Telchini,
Dattili, Coribanti, Satiri, e attestato in época storica dalle societá eso-
teriche orfiche e pitagoriche54:
dei sensi sará visto come un decadimento dalla purezza dell’essere reale.
Tali sistemi tenderanno ad essere ultramondani, attribuendo ogni valore
all’invisibile unitá di dio e condannando il m ondo visibile come falso e
illusorio (...) Queste caratteristiche sono comuni a tutti i sistemi che
derivano dal movimento pitagórico - il pitagorismo vero e proprio e la
filosofía di Pannenide, Empedocle e Platone (RetPh, pp. 233-234).
Sciamani efilosofi
Note
1 Rispetto alia questione del mito Wilamowitz perviene “in tacita polémica con
Bachofen, che deride come una moda senza mai citarlo, alia netta separazione di
mitología e religione, dove il mito appare come lo stadio non giá piú antico, ma
piü recente (...) La cieca arroganza specialistica del grecista glí impcdisce di scor-
gere la dialettica di mito, religione, illuminisroo" (M. Horkheimer • Th. Adorno,
Dialettica dell'llluminismo, Torino 1966, p. 62). II riferimemo é a Der Glaube der
Hellenen, Berlin, 1931,1, p. 41.
1 Facevano parte della “Cambridge School" Jane Ellen Harrison (1850-1928),
Gilbert Murray (1866-1957), Francis Macdonald Comford (1874-1943) e, in
posizione piü defilata, Arthur Bernard Cook (1868-1952). Eccetto Murray, Regius
Professor of Greek a Oxford, tutti si erano formati e lavoravano a Cambridge.
Loro immediati predecessori nella teorizzazione ritualista erano stad J. Frazer (la
prima edizione di The Golden Bough é del 1890) e soprattutto W. Robertson
Smith, Lectures on the Origins o f the Semites, 1889.
’ M. Vegetti, “aut aut”, 184-185,1981, numero monográfico sulle Nuove Antichita.
In Italia ha sicuramente giocato un ruolo anche l’awersione dello storicismo alia
sociología francese e il predominio della tradizione cattolica negli studi storico-
religiosi, che ha favorito una fenomenología religiosa piü rispettosa verso le cate-
gorie tradizionali del sacro. Sull’aweisione ddl'Altertumswissenschaft per il pri
mitivismo cf. A. Henrichs, Loss o f Self, Suffering, Violence: the Modern View of
Della stessa materia dell'anima 21
blema di come questa cxedenza e nata e delle forme attraverso cui e passata, prima
di diventare eredita della speculazione razionale, e uno dei problemi central] della
storia del pensiero" (RelPb, 5 1, p. 53).
* Jane Ellen Harrison, Themis. A Study of the Social Origins o f Gretk Religion,
Cambridge 1912. D testo che indudeva due imponanri contributi di Cornford e
Murray, sui Giochi Olimpia, e sulle Forme Rituali della Tragedia, fu come il
manifesto del gruppo. D’ora in poi faro riferimento alle pagine della traduzione
italiana, gia dtata.
10 In realta per gli ultimi due capitoli era Themis a dipendere da RelPb, come awer-
tiva la stessa Harrison, (cf. op. at., p. 20 e p. 645, n. 163). La genealogia mitica
Themis-Dike (Hes., Theog. 901) era spiegaca dalla Harrison come il residuo miti-
co dell’identita totemica di sodeta e natura. “Per l’uomo nella fase di pensiero
totemico, dike e tbemis, ordine naturale e ordine sociale, non sono distinti e nem-
meno distinguibili. Piante e animali fanno pane del gruppo; sono elementi della
struttura sociale (...) Che l’uomo che vive in una struttura sociale totemica creda
che, rispettando le usanze del proprio gruppo, possa aiutare le messi a crescere, e
del tutto comprensibile. Ma e strano che quando il pensiero o l'emozione di grup
po svaniscono a favore di ragioni individuali, una fede smentira anche dall'osser-
vazione piu superfidale continui a soprawivere. La ragione e semplice. Le cre-
denze religiose, come abbiamo visto, non sono che rappresentazioni, proiezioni
di tbemistes, prescrizioni, regole... Scaturite da una struttura sodale, soprawivo-
no a lungo alia sua dissoluzione” (p. 645, traduzione con lievi modifiche stilisticbe).
11 Sulla matrice romantica del pensiero della Harrison cf. R Schlesier, Prolegomena
to Jane Harrison’s Interpretation o f Ancient Greek Religion in The Cambridge
Ritualists Reconsidered, cit., pp. 197-198. Sul periodo di ristrutturazione che l’an-
tropologia britannica affronta negli anni compresi era il 1890 (anno della pubbli-
cazione di II Ramo d’oro) e l’inizio della prima guerra mondiale cf. U. Fabietti,
Storia dell’antropologia, Bologna 1999, pp. 90-91.
u La Harrison comindo a interessarsi alia sociologia francese a part ire dal 1907
attraverso R. Marett. N d 1910 ascolto il d d o di conferenze lenute da Raddiffe
Brown all’Archaeological Museum di Cambridge. Un’eco di queste conferenze
compare anche in RelPb, p. 75, n. 2. Per l’introduzione del pensiero durkheimia-
no nell’antropologia inglese cf. G.W. Stocking, Compantive Sociology at
Cambridge in 1910 e Radcliffe-Brown and British Social Anthropology in History o f
Antropology, ed. G.W.S., II, 1984, rispettivamente, pp. 106-130 e pp. 131-191.
11 L’iniziativa del convegno, tenutosi ad Oxford nel 1908, era partita dal
“Committee for Anthropology”. Nell’aver fortemente voluto questo incontro, che
assunse il rilievo di un ‘evento’, era evidente il tentativo dell’aotropologia nascen-
ce di legittimarsi tramite l’autorita della saenza piu antica. Scrive Bon anate (Ifilo-
logidell’inquietante, dt., p. 293): “U significato dd volume nonsta nei risultati dei
singoli contributi, ma nd fatto stesso che sia stato possibile organizzare un d d o
di lezioni ad Oxford e quindi pubblicarle anche se per iniziadva degli antropolo-
gi oxoniensi e non d d dassidsti. La saenza piu giovane sembra coneggiare quel-
la piu vecchia, affinche le accordi quel riconosdmento ufficule che e per Id cosi
import ante. Ma l'atteggiamenco d d dassidsti, in genere, rinune quello di chi sa
di poter accordare favori e non e quindi tenuto a prendere tioppo seriamente il
Della stessa materia dell’anima 23
n “Ben lunai* dunque dall’essere le relazioni logiche ddle cose - come sembra
ammettere il Frazer - ad aver servito di base alie rdaziom sociali degli uomini,
sono in realta queste che hanno servito di prototipo a quelle. Stando al Frazer gli
uomini si sarebbero ripartiti in clan tenendo presente una preventiva dassifica-
zione ddle cose: viceversa gli uomini hanno classificato le cose perche erano sud-
divisi in dan" (Durkhdm-Mauss, Su qualche forma pnmttwa à classifícazione. in
E Durkheim - H Hubert - M. Mauss, L'origine del pensiero mágico,Toúno, 1957,
p.’73). Cf. RelPb, cap. II, $ 22 e S 23, in particolare n. 9. Per i limiti della ripresa
di tale teoría in Cornford, cf. supra, n. 16.
“ Cf E Durkheim, La divisione del ¡avoro soctale, Milano 1962, libro I, cap. II (La
solidarietà meccanica mediante uniformitá), cap. IU U - sohdanetá derivante M ía
divisione del lavoro o solidarietà organica). Mentre la coscienza collett.va e l d e
mento che determina la coesione di una sodetá non differenzma, p.u problemá
tica è l'identificazione deU’demento spedfico di coesione della societa difieren-
Della stessa materia dell’anima 25
ziata. La solidarietâ organica infatti è prodotta dalla divisione del lavoro stesso.
Sulle difficoltà a determinare il fattore di obbligazione nella solidarietâ organica
v. T. Parsons, La struttura dell'azione sociale, Bologna 1987, pp. 363-367.
14 La segmentazione di un gruppo omogeneo in due fratrie esogamiche o in quat-
tro clan totemici si rifletterebbe nella rappresentazione religiosa di coppie di
contrari antagonisti e nella divisione dipartímentale dei quattro elementi. Su
questa base la cosmología di Anassimandro è interpretata come “la trascrizione
in rappresentazione di una struttura organica (...) in cui il primitivo gruppo tri
bale omogeneo e il legame orgánico tra clan riemergono come due stadi distinti:
la physis primaria e i quattro elementi distaccatisi da essa” (RelPh, p. 106); e
ancora, a proposito di Empedode: “Se stringiamo l’analogia con i processi e i
fattori dell’organizzazione tribale, Philia, che attrae tutti gli elementi nella massa
indiscriminata chiamata Sfero, potrebbe corrispondere alla solidarietâ della
tribu; Neikos alia forza disgregante che causa la segmentazione in gruppi mino-
ri” (RelPb, p. 107). Cf. Forme primitive di classificazione, cit. 72. La fantasia di
questa ricostruzione, come abbiamo già visto, era stata stigmatizzata da David
(supra, n. 16 ), ma è intéressante notare che è proprio la griglia ipotetica (¡1 pas-
saggio da un’unità indifferenziata a un’unitá organica) a indirizzare verso la com-
parazione strutturale di testi diversi.
” "... abbiamo visto come la tradizione filosófica sdentifïca fosse completamente
dominata dal concetto di esterioritá spaziale (spatial externality), cosi come la teo
logía olímpica era stata dominata dalla figura della Moira, che delimitava in rígi
da distinzione le province di tutti i poten individuals divini e umani. Guidata da
questa concezione, la sdenza culminó neU’atomismo geométrico, il regno della
Moira, sotto il nome di necessità. Nella tradizione mística (...) i concetti di tempo
e numero (la misura del tempo), occupano la stessa posizione predominante, e la
nozione di giustizia (dike) rimpiazza quella di moira” (RelPb, p. 206).
* Per la nozione di tempo sacro, tempo sospeso e rítmico, cf. Hubert e Mauss, La
rappresentazione del tempo nella religione e nella magia in Le origini dei poteri
magia, at. pp. 95-127. Elaborato originariamente da Mauss, su proposta di
Hubert (“Ecole pratique des hautes études”, 1905) lo studio sul tempo era stato
pubblicato in Mélanges d’histoires des religions, Paris 1909, per la sola firma di
Hubert. Il saggio, a mío awiso, era sicuramente noto a Cornford.
L’interpretazione di Dioniso come durée, che Cornford ereditava dalla Harrison,
acquista sicuramente più senso sulla base délia distinzione, segnalata da Hubert e
Mauss (pp. 113-114), tra la concezione sociologica di tempo del sacro e l’idea
bergsoniana délia rappresentazione délia durata nella cosdenza individúale
(soprattutto in riferimento a Données immédiates de la conscience e Matière et
mémoire).
77 Per questa interpretazione délia physis (mediata da Hubert-Mauss, Esquisse
d'une théorie générale de la magie, “Année Sociologique”, VII, 1904, cf. infra,
n. 36) Cornford non poteva fomire, sul piano dd testi, che il lieve supporto del-
l’etimologia (p. 78). Più tardi ne avrebbe preso le distanze, vedi W.K.C.
Guthrie, Introduzione a EM. Cornford, The Unwritten Philosophy, Cambridge
1950, p. XII.
w ‘Tendenze’, ‘modelli di pensiero’, vanno intesi come ‘a priori sodali’, secondo U_
26 G . Salera McClintock
tífico greco e la sdenza moderna, Milano 1997). Secondo Russo uno sviluppo sto-
ricamente documentabile delTantica sdenza esatta é attestabile essenzialmente da
Eudide in poi.
* J . Burnet, Essays and Addresses, London 1929; W.A. Heidd, Hippocratic
Medicine, its Spirit and Method, New York 1941.
47 Poetry and Prophecy, Cambridge 1942. Sull’enorme impressione che il testo fece
su Comford, vedi la leñera dacaia 27 agosto 1942, a Gilbert Murray in R.
Ackerman, Some Letters of the Cambridge Ritualists, “Greek Roman Byzant.
Stud.”, XII, 1971, pp. 135-136.
* Sulla scientificita della filosofía iónica, dt., pp. 179-181. Cf. in panicolare p. 181:
“... i primi passi verso la sdenza induttiva, come la si intende a partiré dal
Rinasdmento, furono dunque mossi dai medid, in opposizione ai filosofi; mal’ar
te medica fu Tunica ane, conosciuta nell’antichitá, che fu portata a formulare un
método basato sull’osservazione e su una seppur rudimentale sperimentazione:
essa divenne in tal modo Tunica ‘sdenza naturale' (nel significato attuale) che esi-
stesse prima di Aristotde. Quandopoi lo stesso Aristotele suggerl ai suoi tre allie-
vi, Teofrasto, Eudemo e Menone, di scrivere la storia dd pensiero precedente, ne
divise le parti in (1) Metafísica e Filosofía Morale, (2) Matematica e (3) Medicina:
egli sent! dunque, a quanto pare, la forza della rivendicazione ippocratica, stando
alia quale era necessario che la medicina fosse considérala a parte in quanto dota-
ta di principi e metodi propri, opposti a quelli adottati dai filosofi”.
* Sulla scientificita della física iónica, cit., p. 188; d . Principium Sapientiae, pp. 88-
106. Circa la pista dello sciamanesimo che avrebbe finito con l’imporsi come una
moda, nella sua ‘Commemorazione’ di Cornford, Gilbert Murray precisava che
1'interesse di Comford non era per “le visioni e i viaggi degli sciamani antichi o
moderni” ma per le fonti della filosofía ispirata (Francis Macdonald Cornford,
1874-1943, “Proceedings of the British Academy", XXIX, 1943, p. 430). Contro
gli eccessi della tesi sciamanica, die Comford avrebbe contribuito a diffondere,
d . W. Leszl, I presocratici, cit. p. 53; per una breve sintesi dd problemi etnogra
fía relativi alia definizione di ‘sciamano’ cf. I.M. Lewis, La camera dello sciama-
no in Possessione, Stregoneria, Sáamanismo, Napoli 1993, pp. 117-136.
50 “L'influenza di Nietzsche sul corso degli studi dassici” rileva Henrichs “é stata
tanto piü indsiva quanto piü le sue idee sono passate attraverso il filtro di piü
scrupolosi intermedian. In una fotma non diluita, Nietzsche é sempre stato, ed é
ancora, inaccettabile alia maggior pane dei dassicisti” (Loss of Self, cit., p. 224).
I Ritualisti rientrano a pieno titolo tra gli anefici di questa mediazione. La
Harrison si dichiarava allieva di Nietzsche (Themis, trad. it. cit., p. 4) e Comford
tracciava una linea di discendenza diretta da La nascita della tragedia a Themis
(RelPh, p. 46): La Harrison avrebbe inverato, in una genealogía storica l’intuizio-
ne puramente estetica dd contrasto tra Apollo e Dioniso (RelPh, p. I l l , n. 1).
Meno scontato e pero, a mio awiso, il rappono Cornford/Nietzsche se ha qual-
che validitá la mia tesi della netta differenza tra la sua concezione di misticismo e
quella tedesca.
11 Cf. supra, n. 21.
” M. Fimiani, L’arcaico e I'attuale, cit., pp. 42-43.
” Sono inquadrati nella tradizione mistica Parmenide, Eraclito, il primo
Della stessa materia dell’anima 29
1952. Ne curarono l’edizione W. Guthrie, che era il suo agente letterario e E.R.
Dodds. D manoscritto era incompleto. Gil appunti dimostravano il progetto di
altri due capitoli: 'Eliminazione della morte e resurrezione del dio’ c 'India e
Cina’. In base alle indicazioni fornite dalle parole di apertura del cap. X, il testo
fu diviso in due parti: Empirismo versus ispirazione e La cosmogonía filosofía e le
sue origini nel mito e nel rituale. Poiché la seconda parte si presentava incomple
ta, il testo fu intégralo da una appendice redatta da Guthrie sulle note di
Comford.
“ In una nota editoríale (Principium Sapientiae, dt., p. 249, n. 1) Dodds faceva nota
re che la tesi della connessione tra la teogonia di Esiodo e il poema babilonese
Enuma elis era stata confermata dalla pubblicazione nel 1943 dei írammentí del-
l’epica di Kumarbi. II testo hurrita fomiva come Tanello mancante tra il mito esio-
deo e il racconto babilonese.
** La formazione delpensiero positiva nella Grecia arcaica in J.P. Vernant, Mito epert-
siero presso i Greci, Torino 1970, p. 258.
70 “D punto di partenza di questo articolo é il saggio A Ritual Basis fo r Hestod’s
Theogony (...) che Comford mi mostró nel 1942, súbito dopo la prima stesura.
Era solo un abbozzo, ma ne colsi súbito l’importanza perché apriva un nuovo
fronte alia condusione a cui era giunto tan ti anni prima in RelPh. G li chiesi di
portare avanti il progetto, ma lui sorrise e mi disse ‘Lo lascio a te’. Da qui il tito-
10 dell’articolo, che é un tributo alia sua memoria” (“Joum . Hell. Stud.”, LXXIII,
1953 pp. 77-84). Mi sembra degno di nota che Thomson sottolinei la comple-
mentaritá di RelPh, anziché con Themis, con un altro libro usato quasi contem
poráneamente Agnostos theos di Eduard Norden (1913). Comford, piü attento ai
contenuti, Norden alle forme liturgiche, sarebbero pervenuti alle stesse conclu-
sioni. “Le radici della filosofía greca aífondano nelle antiche religioni desorien
te’’ (p. 77). In virtü della continuita e coerenza dell’opera di Comford, Thomson
attraeva il primo lavoro nell’órbita della nuova impost azione, sott raen dolo al suo
vincolo con Themis.
71 Mi sembra significativo che Vernant valorizzi la continuita tra i RelPh e
Principium Sapientiae, ridando spessore e rigore alia primitiva ispirazione socio-
logica. Esigenza che era stata awertita dallo stesso Cornford. Cf. a questo propo
sito, The Marxist View o f Ancient Philosophy, in The Unwritten Philosophy, cit.,
p. 118: “Ho a lungo creduto che alcuni concetti e idee filosofiche avessero un’o-
rigine sociale (...). In un libro pubblicato trent’anni fa ho cercato di mostrare la
derivazione di alcuni di essi ^«11«* rappresentazioni collettive presdentifiche, pre
sérvate nel mito e nella piü tarda letteratura. Ma allora non avevo alcuna cono-
scenza del materialismo dialettico e le míe idee erano completamente indipen
den ti dalla dottrina marxiana. Ora (...) capisco che ulterioreluce puó venire da
questa parte. La storia della filosofía puó essere portata in piü stretto contatto con
le forme dell’attivitá amana, sempre che l’influenza dei fattori economici e socia-
11sia misurata e valutata spassionatamente”.
71 Ibidem, p. 258.
71 Formazione del pensiero positivo, at., pp. 260-261.
74 Ibidem, pp. 264.
71 R. Buxton, Introduzione a From Myth to Reason?, d t., pp. 5-11.
Della stessa materia dell'anima 33
74 La distinzione tra emics ed etics, coniata dal lingüista e missionario K. Pike (1954)
sulla base della distinzione tra phonemic e pbonetic, si é allargata a significare nella
Nuova Etnología il punto di vista dell’attore e il punto di vista dello spettatore.
77 Secondo E G raf (La magia nel mondo antico, Roma-Bari 1995, París 1994) un
campo autonomo della magia nella sfera dei fatti religiosi si costituisce in Grecia
solo a partiré dal V sec. a.C., quando dietro la spinta del razionalismo filosofico e
della sdenza medica, vengono unifícate nell’esclusione pratiche marginali o
arcaizzanti. Cf. anche il mió Magia e contromagia nel canto X dell'Odissea, “Parola
del Passato", CCCIV, 1999.
Breve nota sulla vita e le opere di F.M. Comford
Opere prinápali
Libri
Thucydides Mythistoricus, London 1907.
From Religion to Philosophy, London 1912.
The Origin o f Attic Comedy, London 1914, Cambridge 1934. Una rie-
dizione del testo é stata riproposta da T.H. Gaster, con una intro-
duzione di J. Henderson, Ann Arbor 1996.
Greek Religious Thought. From Homer to the Age o f Alexander,
Library of Greek Thought, London 1923.
Before and after Socrates, Cambridge 1932.
The Laws o f Motion in Ancient Thought, Inaugural Lecture,
Cambridge 1931.
Aristotle’s ‘Physics' (con P.H. Wicksteed), Loeb Classical Library, 2
vols. 1929 e 1934.
Plato’s Theory o f Knowledge. The Theaetetus and the Sophist o f Plato,
London 1935.
Plato’s Cosmology. The Timaeus of Plato, London 1937.
Plato and Parmenides, London 1939. Il capitolo II riprende in parte
il saggio Parmenides’ Two Ways, pubblicato per la prima volta in
“Class. Q uart.” XXVII (1933).
Plato’s Republic (translated with introduction and notes), Oxford 1941.
38 G. Scalera McClintock
Saggi
The Unconscious Element in Literature and Philosophy, “Proceed.
Class. Assoc.” 18, 1921.
Mysticism and Science in the Pythagorean Tradition, “Class. Q uart.”,
X V IeX V n, 1922 e 1923.
Mystery Religions and Pre-socratic Philosophy, in Cambridge Ancient
History, vol. IV, 1926.
The Athenian Philosophical Schools, in Cambridge Ancient History,
vol. VI, 1927.
Anaxagoras’ Theory o f Matter, “Class. Q uart.”, XXIV, 1930.
Innumerable Worlds in Presocratic Philosophy, “Class. Q uart.”,
XXVDI, 1934.
Was the Ionian Philosophy Scientific?, “Journ. Hell. Stud.”, 62,1942.
O pere postume
Principium Sapientiae: the Origins o f Greek Philosophical Thought, a
cura di W.K.C. Guthrie, Cambridge 1952.
The Unwritten Philosophy and Others Essays, a cura di W.K.C.
Guthrie, Cambridge 1950. Raccolta di saggi scritti tra il 1921 e il
1943, di cui cinque inediti: The Harmony o f the Spheres-, The
Unwritten Philosophy, The Doctrine o f Eros in Plato’s Symposium;
A Ritual Basis for Hesiod’s Theogony; The Marxist View o f Ancient
Philosophy.
Selected papers o f EM. Comford, a cura di A.C. Bowen, New York 1987.
Raccolta di sedici saggi gia pubblicati e una conferenza inedita.
Awertenza
***
A Franás Darwin
Prem essa
E M . CORNFORD
Trinity College,
Cambridge,
Aprile 1912.
D estino e L eg g e
1. II problema
2. La cosmología di Anassimandro
ri, a loro volta, danno nascita alie cose e tornano di nuovo ad acco-
glierle quando muoiono.
II primo dato da notare é che gli elementi sono limitad; il secon-
do, che sono raggruppati in coppie di opposti o “contrari”: l’aria é
fredda, il fuoco caldo, l’acqua umida, la térra arida. I contrari sono in
perpetua guerra tra loro, perché ognuno cerca di invadere il territo
rio del suo antagonista. Sembra che Anassimandro abbia usato lo
stesso argomento anche come prova della limitazione dei singoli ele
menti, perché se “uno di essi fosse infinito, gli altri cesserebbero di
esistere”, perché sarebbero divorati e distrutd11.
La separazione degli elementi in regioni distinte fu causata
dalT“eterno movimento” che va forse concepito come un ‘movi-
mento vorticoso’ ( 6 l v t i ) dell’intero universo che crivella gli opposti
dalla mescolanza originaria, indiscriminata o ‘illimitata’, in cui tor
nano a immergersi e confondersi quando si dissolvono in ció da cui
erano nati14.
La cosmología di Anassimandro é cosdtuita cosí da tre elementi o
rappresentazioni principali: 1) una materia prima (physis)\; 2) un ordi-
ne, disposizione o struttura in cui é distribuita; 3) il processo da cui
l’ordine é nato. In questo capitolo ci occuperemo soprattutto della
seconda: lo schema ordinativo che indude e serra tutto l’universo in
una semplice classificazione primaria. Speriamo di riuscire a dimo-
strare che esso non é opera di Anassimandro, ma che il filosofo lo
trasse da una rappresentazione pre-scientifica, e che questo fatto é in
grado di spiegarne alcune delle caratteristiche apparentemente piü
oscure e gratuite.
hanno dolori; cosi ora Egisto, contro ció che é ordinato, si é preso la
sposa legittima del figlio di Atreo”. É evidente che qui é il senso
morale a prevalere. Egisto e Clitennestra non sono andati oltre il fato,
ma oltre i Ümiti della morale. In tali casi la bilancia é raddrizzata dalla
vendetta che interviene súbito dopo e che, a sua volta, é “contro ció
che é ordinato”, nel senso che i peccatori Phanno richiamata con la
loro malvagitá; sono loro, e non il fato, i responsabili (aírioi)*6.
Ma forse é piü preciso dire che una nozione di impossibilitá asso-
luta in Omero é assente. ’A&úva-cov, che rendiamo con “impossibile”
é piuttosto ció che eccede il potere (óúvamg) del singolo; persino il
potere di un dio, perché come abbiamo visto, nessun dio é onnipo-
tente. Ma non é assolutamente e strettamene impossibile; il potere
per un momento puó dilatarsi oltre il dovuto e i normali limiti, sicché
gli déi e finanche gli uomini possono conseguiré l ’impossibile. Ma c’é
una forte coscienza che tali fati sono indesiderabili e pericolosi. Sia
per gli déi che per gli uomini esistono rigidi confini che ne circoscri-
vono normalmente e giustamente il potere. Oltrepassarli é possibile;
ma solo al prezzo di provocare una nemesis immediata.
Cosi in Omero, e nel pensiero ionico in genere, troviamo una radi-
cata credenza nel destino (moira) come una disposizione che limita
tutti i poteri individuali, sia umani che divini: disposizione che é piü
un decreto di obbligazione morale che una barriera di mera impossi
bilitá física.
A questo punto dobbiamo chiederci: perché la Moira ottenne la
supremazia sugli déi e sugli uomini? Che cosa significa moira? La
concezione e la visione del mondo che implica, non fu invenzione di
Omero piü di quanto non lo fosse di Anassimandro. Solo quando riu-
sciremo a daré una piü chiara definizione della Moira, saremo in
grado di ricostruire la preistoria delTidea.
agli déi, sia stata elevata a potenza superiore agli stessi déi. In ordine
cronologico, la nozione di sorte, di destino individúale - come cer-
cheró di dimostrare piü tardi - viene dopo e non prima. II significa-
to originario della Moira deve essere cercato altrove.
N el quindicesimo canto dell’Iliade, un giorno, Zeus, al suo risve-
glio, si accorge che i Troiani stanno per essere sopraffatti in battaglia
dagli Achei coadiuvati da Poseidone. Dopo un violento attacco d ’ira
contro Era, che giura su Stige che Poseidone sta agendo di sua ini-
ziativa e non dietro sua istigazione, Zeus invia Iris da Poseidone con
l’ordine minaccioso di porre fíne a guerra e battaglia e di ritirarsi fra
le tribü degli déi o nel límpido mare. Poseidone infuriato protesta (v.
186): “Ah, ma per quanto forte, con arroganza ha parlato, se me, parí
a lui per rango (¿nóxinog), vuole sopraffare cosi. Tre sono i figli di
Crono che Rea generó, Zeus, io, e terzo Ade signore degli inferí. E
tutto in tre fu diviso, ciascuno ebbe assegnato il proprio dominio (pri
vilegio o status)28: a me toccó di vivere sempre nel mare canuto, quan-
do tirammo le sorti. Ade ebbe l’ombra nebbiosa, e Zeus si prese il
cielo fra le nuvole e l’etere; comune a tutti la térra e l’alto Olimpo
rimane. Dunque non voglio vivere secondo la mente di Zeus: per
quanto potente, stia nel suo terzo in pace, ('ÉKrjXog... (¿evéto) tpixáxij
evl |xoipT|) non cerchi di farmi paura come a un vigliacco”. Zeus dia
ordini ai suoi figli e alie figlie che, in quanto inferiori, sono costretti
a obbedirgli.
Iris gli consiglia di sottomettersi, ricordandogli che gli spiriti della
vendetta, le Erinni, sono sempre agli ordini del primogénito.
Poseidone cede, ma non senza prima aver detto che “é amaro dolore
quando qualcuno rimprovera con parole furiose uno a cui uguale
parte e uguale sorte é destinata”2’. In ogni caso, pieno di rancore
(nemesis), cede e si ritira nel mare, suo incontrastato elemento’0.
In questo curioso passaggio roriginario significato di moira é pale-
se: significa ‘parte’, ‘porzione assegnata’; é opinione comune che il
senso di destino derivi da questo significato originario. La protesta di
Poseidone dimostra che gli déi, come gli uomini, hanno le loro moi-
rai. Ogni dio ha assegnata una zona, un territorio: un determinato
dipartimento della natura o un campo di azione. Esso ne definiste lo
status (xinrj) e gli conferisce una posizione specializzata nel sistema
sociale. Talvolta é detto ‘privilegio’ (yépag). All’interno del suo terri
torio, ogni dio ha una supremazia assoluta, ma a sua volta non deve
62 Dalla relijione alla filosofía
subito che l’ordine cosmico in realtà non era íniziato con Zeus.
Attraverso tutte le Eumenidi di Eschilo’6, fino alla scena finale di
riconciliazione, si alza la protesta delle antiche Moirai contro gli déi
piú giovani che “hanno sowertito le antiche leggi”, e le hanno
defraúdate di rango e funzioni (tin-aí.). Esse si placano solo quando
Atena promette loro una nuova “sede” e “funzione”, rendendole
“comproprietarie délia terra, con tutti gli onori”57.
un luogo di rifugio, che altro non era se non un bosco sacro, una fore
sta-santuario per banditi e fuorilegge72.
Pindaro, in ogni caso, non dimentica che Nemesis, la
Dispensatrice, puó elargire sia beni che mali: l’ottava Olímpica'* si
chiude con una preghiera per la famiglia del vincitore: “che Zeus fac-
cia si che Nemesis non abbia doppia mente nell’elargizione di beni.
Ma guidi la loro vita liberándola da sofferenze e conceda accresci-
mento a loro e alia loro cittá”. La concessione di benefici, l’accresci-
mento, é l’aspetto positivo del potere di elargizione; mentre il lato
negativo é la vendetta che si abbatte su chi viola i confini stabiliti. A
causa di questi due aspetti, nomos e moira, che, in base alie loro asso-
ciazioni puramente spaziali, sembravano quasi indistinguibili, tendo-
no a divergere. Moira, sempre statica, un sistema piü che una forza,
scivola verso il lato negativo: limita e proibisce. Nomos, al contrario,
é dinámico e inclina verso il lato positivo. Benché implichi il limite
massimo di un campo, la parola ha forse indicato sempre anche il
comportamento nórmale prescritto e imposto all’intemo di una deter-
minata provincia, e di conseguenza il costume. Etbea sembra avere
una storia affine. II suo senso piü antico é “luogbi abituali”, il paese
in cui si abita; piu tardi significó “costumi, comportamento stabilito,
abiti.”74. Cosí la Moira rappresenta il limite di ció che si puó fare, e
ció che accadrá se si eccede il limite75. Nomos significa invece ció che
si puó fare all’interno dei propri confini, le funzioni regolari e giuste
che bisogna esercitare o “far valere” - un altro senso di nemein, come
in nemein kratos, “far valere l’autoritá”, “amministrare il potere”.
Ma aspetti negativi e positivi sono solo i due lati di un’unica forza,
di un único potere. II potere che detiene un campo ed é legítima
mente esercitato al suo interno, é lo stesso che si ritorce furente con
tro la potenza che lo invade dall’estemo.
Note
1 La prima data certa della filosofía e data dall’edisse di sole dell’anno 585, pre
vista, secondo le fonti, da Tálete, il fondatore della scuola milesia.
2 Vedi Eisler, Weltenmantel und Himmselszelt, Munich 1910.
’ “Allgemeine Geschichte d. Philos.’ , II, i. (1911) p. 3.
J Secondo Bumet (Early Greek Philosophy2, p. 12; da ora in poi EG F), <jrúois
era usato dagli antichi cosmologi únicamente in questo senso. ’Apxií, termine
aristotélico, non é utilizzato dagli scrittori piu antichi per indicare la ‘sostan-
za prim a’.
’ Hes., Erga 225.
‘ Cioe, n on mostri (xÉpaxa); cf. Aeschin. In Ctes. 111, unte y'Hv Kapnoü; <(>épEiv
(iTftE YUvaiKo; xéicva tIkteiv yovrixjiv ¿oiKÓra, áXXa TÉpcrra, urjte ßooKrjita-
ta Kara ijnjoiv favac, jioiEÍoGai.
7 Soph., Oed. Rex, 24-26 [trad, di Franco Ferrari]; Jebb rileva la somiglianza
con H erod., VI, 139.
* Cap. HI.
* DFV1, 1, 13 [12 DK B l]: ÉI; arv 6e r| yÉveoís écm, -róig ouoi kou. rf|v (JiSoporv eig
Destino e legge 81
Tdöra yíveoOai Kara to xpswv' 6t6óvai yap aútá ö'ikt|v Kai tíoiv áXXr|Xoig trig
Ó6ucía; xaxa tt|v toC xpóvou tó| iv.
10 Spekulation u. Volksglaube in d. ionischen Philosophie, “Arch. f.
Religionswiss. ”, XIII, p. 306 sgg.
11 Uso ¡1 termine ‘elementi’ in senso vago per denotare la terra, l’aria, l’acqua, e
il fuoco, che erano popolarmente noti, come Gilbert ha dimostrato
(Meteorologische Theorien d. griech. Altertums, cap. 1), molto prima che fos-
sero introdotti nella scienza. La concezione di ‘elementi’ (oropela) nel senso
piü stretto di corpi priman e inalterabili, risale a Empedode (cf. Bumet,
E G P , p. 56).
“ Arist., Phys., 203b 6 sg. [I2DK A15]: kcu t o u t ’ e i v c u t o G eIo v - ctBóvarov yap
Kal ávcúX£0pov, Ä; 4> t]oiv ó ’Aval|'mav6pog.
15 Arist., Phys. 204b 22 [12DK A16]: cf. Bumet, EGP1, p. 55.
14 Su questo argomento vedi Heidel, Qualitative Change in Pre-Socratic
Philosophy, “Arch. f. Gesch. d. Philos.”, XIX, p. 313 sg. Non mi convince l’o-
biezione di Bumet a questa visione deLI’etemo movimento (EGP, p. 61). Ma
la questione sarä ulteriormente discussa infra, p. 192 sg.
15 Vedi O. Gilbert, Spekulation u. Volksglaube, “Arch. f. Rel.”, XIII, p. 306 sg.;
e Meteorologische Theorien d. griech. Altertums, p. 22.
“ Su questo argomento vedi Gruppe, Gr. Myth. u. Rel., p. 989 sg.
17 Od. III, 236:
oú6e 0 E o i jre p
Kai <|>lXii) ocvöpi fiúvavrai ¿XoXkehfv, ónnóre kev öf|
(io'íp' óXjoi'i KaBÉXTjoi TavTiXcyeog Qavároio.
II. XVI, 433:
(ü |joi ¿yaiv, ö t£ not £apxr|óóva, $¡Xtotov áv&ptüv,
jiolp' xmo narpÓKXoio MrvoiTiáóao fiajirjvai.
19 Pind., Paean. VI, 94: nóp°1^' ¿vaXúev Zeüg ó 0eaiv oKonog oú -nftfia.
20 Herod., I, 91: xf]v jtenptuMCvriv (idipav á&úvarov éctti coto^cúyEiv Kai 0E(j). Si
tratta di un passo di grande interesse perché apparentemente afferma la visio
ne della teología deifica. La Pizia spiega che Apollo aveva cercato di persua-
dere le Moire a rimandare la vendetta che incombeva sulla stirpe di Creso
fino a dopo la morte di Creso. Le Moire non poterono concedere che una
proroga di tre anni a ció che era destinato (ücmpov TÍjg Jteitp(u|i¿vris).
21 1. T., 1486: aívór to yáp xpewv ooü te ko\ 0eüjv KparEu
22 Aesch., P. V., 531: Xo. tí? ouv dvdryKr)? écrtiv 0ÍaK0CTTpó|>0g;
rip. Molpai Tpí(iop<t)oi iivrjpovÉ? t’ 'EpivÚEg.
Xo. toútojv a p a Zeix; éotiv áoOevÉcnxpog;
n P. o w o u v á v bc^úyoi yi t t j v ji£ jip a> n év r|v .
" Per esempio II. VI, 487: oú yap tí? n' únfcp cuaav avi'jp "Aiói jipoiáipei- pioípav
6 ’ ou T i v á nEi(rtTYH£vov Émirvai o c v ö p d v , | oú k c u c ó v , oúfie pkv éa8Aáv, b r q v
xa jcpórra févrfraL. Cf. Pind. Pyth. XII, 30: to (lópai^ov oú Jiap^uicróv. fr. 232
(256), to n E Jtp a )|i£ v o v oú JtGp, oú cnóáptov oxrpEi xEtxog.
24 XVI, 780: Kai tote örj p wikp aicxrv ’Axaioí $ÉpTEpoi rpav.
82 Dalla religjone alla filosofía
Zevç Neiiénop.
w Od. VI, 188: Zevç 8’ airtöç vé(i£i öXßcrv 'OXviuuog ávOpúmoiai
eo6Xolç r)ÖE k o k o T o i v , ona>ç É0éXt)oiv, Éicácmi).
” Hes., Theog. 71: ó 6’ ovpavû eiißaoitevEi
oarroç ßpovrrjv r|6’ aiQaXóevta KEpauvóv,
KÓprÉl viKipaç jtaxépa Kpóvov ev 6e ocacna
¿Bavaıoıç öıixa|ev oıuûç ıcaı ÉnÉijjpa&E xıjuiç.
885: ó 6« T Ó l a i v fcâç 6ıeöâoaaıo xi|xâç.
w Aesch., P.V. 244: «koç x a /io ra tóv narpûov eç 0póvov
Ka0âÇex\ e\>0vç f>ai.|iooiv vé|xei yÉpa
áWuOiaiv äXXa Ka'i ĞiEcnoıy^ETO.
ápxiív-
” Dion. Hal., Ant. 11,62.
* Cf. anche il linguaggio usato da Platone per descrivere la suddivisione del ter
ritorio dello stato in Leg. 745b sg.
” Cf. Ath. Pol. 11: ó (iev yap 6ii|ioç c u e t o jkxvt’ ává&aara noirjoeiv cnirróv
(Zótauva).
,6 Eum. v. 781: u îı 0 e o 'i v E c írtE p o i icaXaioug vonovç
Ka0i]Diáoao0E—kok x£pwv elXecjOÉ |íou...
éyci) 6’ ötınoç, K.T.X.
In Ka0irciáí;EO0ai, “percorrere il territorio a cavallo" (t»]v x(“Pilv kocOudi.,
Herod., IX, 14) rivive Tantico senso spaziale di vojıoç.
” v. 891: A0. e Ş e c t t i yáp ooi T fp & E yanópo)* xOovo;
elvaı öiKaıujç eç xó jiccv xi|ib>|iévx).
XO. ávaoo’ ’ABáva, tlva |íe <|>T)Ç eŞeıv ÍÉ6pav;
A0. jıâcrr)ç otıtrmov’ oiÇvoç- óéxov 6c aú.
XO. Kai öf) ösfeyiiar tiç óé noı xi|j,r] (íe v e l;
A0. tiç n r | t i v ’ o Î k o v EvOevelv ávev oé0ev.
*Cosi Dobree: T^Sey’ ápolpov codd. Sono stati ipotizzati anche É^oipov, é ^ i-
ixolpo).
” v. 730: ov t o i naXaiag 6ıavo|j.aç Kaxa(t>0i.oaç
oivü) naprptâırıoaç âpxalaç 0eâç.
” v. 172: napâ vó|iov 0 e w v ßporea htv tuüv,
]taXaıyevE~ıç 6e |ioipaç $6ioaç.
Vedi W. Headlam su Agam. 1007; e cf. Giovanni Diac., eiç Haıoö. 0eoy. âX-
Xr|yopiaı 886 ccı & ıcaı xâç Molpaç cura xfjç 0E|xıöoç Zevç yevvŞ, jtapóoov év
xalç 0E|iunEÎaıç 6ıavo|iai tiveç kcû (iEpıajıoı jtpocrrjKovTEç ylvovraı. Schol. ad
Plat. Leg. 625a, jioXj,xeîoç xfjç juâç Çturjç xfg öXr|ç jco^eüjç, voıuıiv 6e xûrv ina-
vE(jóvtiuv xa (iipr) eŞ ¿v t) jıoiaç. Aesch. Suppl. 403, Zevç véhíov ââııca n'ev
Kcucoiç, ikna 6 ’ rw0|ioıç.
“ Nem. III, 55.
“ vonoç é presto usato metafóricamente: “Ampio é il campo delle parole” -
biéajv noXi)ç voiioç Év0a ıcaı Iv0a, II. XX, 249; cf. Hes., Erga 403: áxprjtog 6 1
Écrxai EjtÉcov vojiâç. Proel, in Plat., Tim. 21e, 30c, ó n¿v vohoç (Tegiziano
Destino e legge 85
Presso gli Zuñi, una tribu totemica degli Indiani del Nord
America, tutti gli oggetti naturali, e persino le astrazioni, sono classi-
ficate in un único solido sistema le cui parti sono coordínate secondo
gradi di parentela9. 11 principio di questa classificazione è dato dalle
sette regioni dello spazio: nord, sud, est, ovest, zénith, nadir e centro.
Ogni elemento dell’universo è inquadrato in una di queste sette
regioni. Ogni regione, inoltre, è caratterizzata da un determinato
colore, eccetto il centro che li ha tutti contemporáneamente10. La
struttura sociale è perfettamente analoga: ad ogni regione sono asse-
gnati tre clan délia tribú, eccetto quella centrale che non ne ha nes-
suno11. Le due classificazioni sono identiche nel senso che ogni cosa
appartiene a un ‘clan orientato’, benché sia possibile che l’orienta-
zione sia sopraggiunta in un secondo momento e si sia sovraimposta
a u n’oríginaria divisione danica. Esistono tracce di un sistema piú
antico di sei regioni, e di uno ancora piú antico di solo quattro: i
punti cardinali. Alia classificazione quadripartita si puo far risalire la
credenza Zuñi che esistono quattro elementi, appartenenti alie quat
tro regioni.
Si ha ragione di credere che l’orientazione abbia avuto origine
dalla divisione dell’accampamento tribale circolare in quattro parti
occupate da gruppi clanici. Presso un’altra tribú, i Ponkas degli
Indiani Sioux, l’accampamento è diviso in due fratrie e quattro quar-
tieri, rispettivamente occupati da due clan del fuoco (o del tuono),
due delYacqua, due del vento, due délia terra: i quattro elementi.
Anche in Ciña troviamo schemi analoghi, alcuni piú complessi,
altri di un tipo semplice, usati come base per la divinazione, 1’astro
nomía, la geomanzia, e Poroscopia. In ognuno di essi vi sono cinque
elementi - terra, acqua, legno, métallo, fuoco - collocati in cinque
regioni dello spazio, con la térra al centro.
Ancora, gli aborigeni messicani riconoscevano quattro grandi dèi,
quattro quadranti del cielo, le quattro camere di Tlaloc, ognuna con
98 Dalla religione alla filosofía
non era possibile senza paura degli spiriti (óveu ÓEioi&aiiiovíag) fare
entrare o uscire le cose necessarie e tuttavia impure”.
25. Totemismo
38. Ricapitolazione
Note
11 Vedi anche Lévy-Bruhl, Les fonctions mentales dans les sociétés inférieures, p.
33 [trad. it. cit., p. 161]: “Les régions de l’espace, les directions (points car
dinaux) ont leur signification mystique. Q uand les indigènes se rassemblent
en grand nombre en Australie, chaque tribu et, dans chaque tribu, chaque
groupe totémique, a une place qui lui est assignée par son affinité mystique
avec telle ou telle région de l’espace. Des faits du même genre sont signalés
dans l’Amérique du Nord.”
12 Payne, History o f the New World, II, p. 283.
” È una curiosa circostanza che Pindaro (01. VII) suggerisca un paraUelo tra la
divisione politica tripartita della Rodi dorica (in conformité con la divisione
tribale, xpi^Gà &è q>ikt|0£v KaraifruXaôàv, II. II, 668) e la spartizione del
mondo tra gli dèi che descrive nello stesso contesto. Kameiros, Ialysos e
Lindos duKXTEpOe Ë/ov, ôià yalav xpixa ôaaoà|i£voi xaxpculav, àcrxécjv (iciipav,
KÉKXr|viai ôé a<(>iv 'éôpai. Cf. supra, § 9.
w Pauly-Wissowa, Real-Encycl. s.v. “Comitium”.
15 Plut., Vit. Rom. XI.
16 Iambl., Vit. Pyth. IX, 46: xoùç yàp otvôpüBtouç elôôxaç ou xojioç àrcaç jtpo-
oôâxai ôixaiooûvr|ç HuOonouiv xrjv aùxfjv xàÇiv Ixeiv napà xq> Aù xtjv 6 éiuv
Kai Jiapà x<û ITXoÛxüjvi xtjv A'ixt(v koù tcaxà xàç noXfiç xôv Nofiov, tv a o |if)
ôiKauüç È«t»’ à xéxaKxai noiûv âjia <(iaivr|iai n av ra xôv tcoapov ctuvoôikcjv. La
concezione di Dike sarà ulteriormente discussa infra nel cap. VI.
17 Soph., Ant. 449:
KP. K(ù ôrjx' cxoXtiaç xovoô' imepfkûveiv vonouç
AN. où yàp xi |ioi Zeîç rjv ô Ktipû|aç xàSe,
oùô’ f) Çtjvolkoç xûv icdxb) 0e<üv Aucri
xoioûoô’ èv àvGptüJioioiv oiptoev v6(jouç’
oûôè oGéveiv xoooûxov (f»|XT)v xà o à
KtiptryixaB', àiox' ôcypanra Kci041aX.fi Beüjv
v6|jj.|ia âûvaoGai 0vr|xàv ôv0’ iutEpfipaiiEiv, k.x.X.
L'importanza di questa visione circa l’origine délia nozione di Legge naturale
non scritta (cf. Arist., Rhet. 1 ,13.2) sarà évidente più tardi, ma non puô esse-
re seguita qui. Troveremo, andando avanti, che la stessa concezione pervade
il pensiero filosofico. Un altro esempio dell'idea in Sofode si trova in Oed.
Rex 863: il coro dei Tebani invoca la Moira di restare presso di loro nell’os-
servanza delle leggi celesti, e afferma che una cattiva moira annienterà coloro
che le infrangono e non temono Dike.
18 Totemism and Exogamy, in quattro volumi, London 1910 [trad. it. parziale
con il titolo di Totemismo, Roma 1971].
L’origine della Moira 117
N atura, d io e anima
46. Ricapitolaxione
Abbiamo ormai una definizione di ció che alia fine del primo capi-
tolo avevamo chiamato il primitivo fatto religioso, e abbiamo visto in
che senso esso fosse anche il primitivo fatto sociale. La prima cellula
sociale é un gruppo (moira) definito dalle sue funzioni collettive
(nomoí); queste funzioni costituiscono la sua natura (physis), conce
pita come la forza vítale specifica del gruppo. La religione comincia
con la prima rappresentazione di questo fatto.
Per riassumere le caratteristiche di questa rappresentazione: 1) in
quanto collettiva, é sovra-individuale o sovra-umana; 2 ) essendo
imposta all’individuo dal gruppo, é percepita come una forza obbli-
gante e repressiva; 3) ma, da un altro punto di vista, il suo contenuto
é anche prevalentemente dinámico: é l’energia il mana del gruppo
che si sprigiona nell’attivitá e nell’emozione collettiva; 4) tale energía
é necessariamente concepita materialmente come un fluido carico di
vita; 5) questo fluido, poiché riproduce il contorno del gruppo socia
le di cui é la ‘natura’, é inevitabilmente identifícato con il sangue della
stirpe; 6 ) il sangue della stirpe é, comunque, un’entitá mitica, nel
senso che puó uniré i membri di un gruppo che non sono imparen-
134 Dalla relifione alla filosofía
tati, e che a volte, come nei clan totemici, possono addirittura appar-
tenere a specie naturali diverse (ad esempio uomini ed emú).
Oltre agli spiriti degli elementi che sono le controparti e gli anta-
gonisti del mago dei fenomeni atmosferici, Erodoto, in un luogo già
discusso (p. 37), descrive una classe di esseri divini che appartengo-
no a una fase della religione greca che precedeva I’olimpica. Il carat-
tere essenziale di questa fase era che gli dèi, o più propriamente i
demoni, erano indifferenziati e locali. Ogni demone era un ‘demone
tutto-fare’, la cui funzione consisteva principalmente nell’assicurare
abbondanti e regolari scorte di cibo.
Quando una tribù passa alio stadio agrario, l’attenzione religiosa
Natura, dio e anima 143
si focalizza sulla porzione di térra (la jioipa y%) che gli da sostenta-
mento. La térra, proprio perché é ormai la fonte di vita preminente,
diviene preminentemente ‘sacra’, dotata del potere misterioso che
nutre la forza di tutte le cose viventi. E poiché questo potere possie-
de i rudimenti della personalitá, si concentra, per ogni gruppo agri-
colo, in uno Spirito Buono (’AyaQog Aaíncuv) datore dei frutti del
suolo. Esso talvolta era venerato accanto alia figura materna di Tyche,
Fortuna, il potere della Terra stessa, che porta a felice compimento
tutte le cose“ .
La Grecia dei giomi preolimpici era probabilmente parcellizzata
tra tanti indifferenziati spiriti locali della fertilitá quante erano le
comunitá agricole. Questa visione corrisponde al ‘mitico’ regno dei
demoni dell’eta di Crono. Abbiamo visto (§ 15) come Platone espli-
citamente paragoni la divisione delle parti dell’universo tra demoni
alia presente distribuzione della térra in distinte sedi di culto.
Aggiunge anche che ogni demone prowedeva da solo a tutte le cose
per il suo gregge. E benché Platone, per fini filosofici, reinterpreti
miticamente il ruolo dei demoni, il racconto sembra riflettere una
genuina tradizione della fase descritta da Erodoto.
armonioso tra gli opposti che si fanno guerra nel corpo, ognuno
indotto dal cattivo Eros a usurpare il dominio del suo antagonista e a
produrre “ingiustizia” e malattia70.
Nel prosieguo del dialogo, una piü profonda concezione dell’Eros
cosmico si dispiega nel discorso di Diotima. Non possiamo seguirla
qui in dettaglio, ma solo notare il passaggio che contraddice diretta-
mente la dottrina olimpica dell’invalicabile abisso tra gli déi e gli
uomini. Eros é un demone, un intermediario tra il mondo umano e
divino. “Riempie l’intervallo tra i due, e cosi l’universo é tenuto insie-
rae in un’unitá”71. Plutarco ha senza dubbio ragione nell’associare
questa dottrina ai culti mistici dei demoni sofferenti, come Adone,
Osiride o Dioniso, la cui passione (jiá0T)) e morte li mostrava parte-
cipi della universale vita di tutte le cose che vivono, muoiono e anco
ra rinascono72. Quando arriveremo alia tradizione mística in filosofía,
diventerá chiaro quanto sia importante la dottrina che il dio non é
separato dal mondo, né l’uomo da dio; non c’é un abisso insorpassa-
bile tra la térra e il cielo di bronzo, tutte le cose sono tenute unite nel-
Parmonia, collegate da vie permeabili. L’anima puó ancora riguada-
gnare la sua antica continuitá con il divino.
72. Physis
Note
* J.L. M yres (Herod. and Anthrop., in Anthropology and the Classics, Oxford
1908, p. 158) dimostra che l’opposizione tra vo^oç e (frùoiç non è primitiva.
Non diviene rilevante in Grecia prima dell’epoca dei Sofisti.
’ Cf. Lévy-Bmhl, Fonctions mentales, p. 77, per gli esempi, e p. 135 [trad. it.
con il titolo Psiche e società primitive, Roma 1970].
‘ Ho appreso questi dati da A.R. Brown. Ulteriori testimonianze sono raccolte
in Lévy-Bruhl, Fond, ment., p. 187 sg. [NdT: Si tratta di Raddiffe-Brown. La
Andaman Expedition è del 1906-1908. Con la serie di conferenze
“Comparative Sociology” Raddiffe-Brown aveva introdotto la sociología
francese a Cambridge].
7 Per la magia come pre-rappresentazione, vedi J.E. Harrison, Themis, p. 44
[ed. it. cit., p. 78].
8 Vedi P. Beck, Die Nachahmung, Leipzig 1904, p. 84 sg.
’ Cf. Lévy-Bruhl, Fond, ment., p. 283 sg.
10 Northern Tribes o f Central Australia, p. 491 sg. Ulteriori testimonianze in
Frazer, Totemism, vol. I, p. 141 sg. Dal nostro punto di vista la “creatura spi-
rito” è una rappresentazione religiosa, anche se minima.
11 Vedi R.R. M arett, Threshold o f Religion, cap. Ill, Is Taboo a Negative Magic?
e p. 127.
12 Hubert e Mauss (Esquisse d’une théorie générale de la magie, “Année Sociol.",
VII, p. 116) dopo un’interessante analisi délia nozione di mana, condudono
che a un certo stadio dello sviluppo taie credenza è universalmente diffusa. In
stadi successivi è rimpiazzata da demoni e quindi da entità metafisiche, come
ad esempio il brahman indiano, che alla fine della sua evoluzione diviene un
principio attivo, immanente al mondo, la reale (in quanto opposta all’illuso-
ria) unione (yoga) che conferisce poteri magici [trad. ital. dell'Esquisse in M.
Mauss, Teoría generóle délia magia e altri saggi, Torino 1991, p. 119].
" The Melanesians, Oxford 1891, p. 118.
u A.C. Fletcher, The Significance o f the Scalp-lock, “Joum . Anthrop. Studies”,
XXVn (1897-98), p. 436. Per altri resoconti circa le concezioni di wakonda,
orenda, mana, ecc. vedi Hewitt, “American Anthropologist”, N.S., IV, p. 38;
E.S. Hartland, Address to Anthrop. Section o f the British Association, 1906;
R.R. M arett, Threshold o f Religion, p. 115 sg.; A.C. Haddon, Magic and
Fetichism, London 1906, cap. VII; Lévy-Bruhl, Fonctions mentales, p. 141 sg.;
Hubert e Mauss, Esquisse d’une théorie générale de la magie, cit., p. 108 sg.
La teoria esposta n d capitolo si basa sull’opera di questi ultimi tre autori.
11 Da un altro punto di vista, il continuum precede gli individui distinti. Cf.
Natura, dio e anima 165
où l'usage de ce term e est permis), l ’idée d ’âme ne se trouve pas chez les pri
mitifs. Ce qui en tien t la place, c'est la représentation en général très émotio-
nelle, d ’une ou de plusieurs participations qui coexistent et qui s ’entrecroisent,
sans se fondre encore dans la conscience nette d'une individualité vraiment
une. Le membre d'une tribu, d'un totem, d'un clan, se sent mystiquement uni
à son groupe social, mystiquement uni à l'espèce animale ou végétale qui est
sont totem, ecc... Ces communions, dont l’intensité se renouvelle e t s ’accroît à
des moments déterminés (cérémonies sacrées, rites d ’initiation et autres) ne
s’empêchent nullement les unes les autres. Elles n'ont pas besoin de s'exprimer
par des concepts définis pour être profondément senties, et pour être senties par
tous les membres du groupe. Plus tard, quand ces cérémonies et ces rites auront
peu à peu cessé d'être compris, puis d'être pratiqués, ces participations con
servées dans les usages et dans les mythes précipiteront, pour ainsi dire, sous
forme d'“âmes m ultiples”... et plus tard enfin, tout près de nous, comme le
montre l’exemple des Grecs, ces âmes multiples cristalliseront à leur tour en
une âme unique, non sans que la distinction d ’un principe vital et d'un hôte
spirituel du corps reste visible”.
26 Per la derivazione di tbeos da thes- che compare in jioXOBeotoç 0éooao6ai,
forse in Beapioç, latino festus e feriae, vedi G. Murray, Anthropology and the
Classics, p. 77. Per il 0eloç otvr|p di Esiodo, cf. J.E. Harrison, Themis, p. 95
[trad. it. cit., p. 134].
27 Per alcune soprawivenze del demone di una gens, vedi supra, p. 103.
28 Per l’importanza del Buon Demone vedi Themis, cap. VIII. Sext., Math. IX
40: KaBaxcp to tÎjv yfjv 0eàv vo(ûÇeiv, où xrjv aùXaKOxonounÉvr)v f| avaoKajt-
T O |a é v r|v a ù o L a v , àXXà t t | v ôirpcouoav é v aùxfj k c ù , Kapno<t>opav ((nioiv k c ù
Ô v tiü ç ô a i ^ o v u i m r c T ) v .
o«jii Ô£on6xr|ç No(ioç. Arist. Pol. 1287a 28, o jièv cruv xov vôfiov keXclkuv âpxEiv
ôoicel k e X e u e iv apxeiv tov 0 e o v k c ù x o v vaûv (lovouç, ô ô’ âvôpaHtov k e X e ix o v
npoorlj0r)oi k c ù BripLov ri x e yàp bii0v|iia t o i o û t o v , Kai 6 &u|iôç âpxovxaç icai
Natura, dio e anima 167
Toùg âpioTouç ctvôpaç ôuKjtëeipEi' ôionep aveu ôpé|etoç voûç 6 vô|ioç écttîv.
” II. XV, 197: euYcrtépeooiv yáp te koi u'iaoi péXrepov Eir|
éKTÔyXoiç aiÉeooiv êviaoÉnev, oûç tékev aireó;,
o'i É0ev ôxpùvovxoç ÓKoúoovrai kcù otvayKT).
14 Lévy-Bruhl, Fond, ment., p. 291. Nella maggior parte delle società di tipo leg-
germente più evoluto di quelle australiane, il risultato desiderato (mágico)
non è più assicurato dal gruppo totemico: “Un membre du groupe, particuliè
rement qualifié, est souvent le véhicule, obligé ou choisi, de la participation qu’il
s'agit d ’é t a b l i r L’individuo è talvolta designato dalla nascita, perché un
uomo è i suoi antenati, o un particolare antenato reincamato. “C ’est ainsi que
les chefs et les rois, de par leur origine, sont souvent les intermédiaires néces
saires".
” Golden Bough\ parte I, vol. II, p. 1 sg.
M Theog. 80 sg. Per Themis, vedi J.E. Harrison, Themis, cap. XI.
w Cosí in II. I, 238 lo scettro è retto dai re che sono óiicáonoXoi, oí te 6é|uoraç
npôç Aiôç EÍpúaxai. I loro giudizi derivano da Zeus.
40 E. Bethe, Homer und die Heldensage, “Neue Jahrb. klass. Alt.", 1902; G.
Murray, Rise o f the Greek Epià, p. 181.
41 La spiegazione del culto eroico come sovrapposizione della figura dell’eroe e
àû\'Agathos Daimon è dovuta a J.E. Harrison (Themis , cap. VIII).
42 Hes., Erga 125 a proposito degli spiriti dell’età dell’oro:
n>uoirtotótai- koù Toûto yépaç paoiXrjiov eoxov.
■° Nel mio capitolo sui Giochi Olimpici in Harrison, Themis, ho cercato di
dimostrare che la leggenda pindarica di Pelope consiste di miti ritualistici.
M Vedi E. Durkheim, Sur la div. du travail sociaP, p. 172 [trad, it., cit., p. 204,
cf. n. 33]
■*’ Erga 156 sg. Essi erano àvôpûv ripcûtuv Bsiov yévoç, f|nl0eoi, e ôX0iol iipcuï;,
per i quali la terra produce frutti tre volte all’anno - tanto funzionale mana
della fertilité avevano portato con sé dalle Isole dei Beati.
46 Alcuni dei Sofisti si dilettarono a definire la virtù del padre, della figlia, ecc.,
vale a dire la loro specifica funzione.
47 A.E. Crawley (The Idea o f the Soul, London 1909) ha difeso 1’immagine mne-
stica in una nuova e intéressante maniera, contrapponendola alla più antica
teoría oniríca. Privilegiando l’únportanza dell’anima di gruppo non vorrei
dare l’impressione di sottovalutare questi altrí fattori.
48 Per la psicología omerica, vedi Rohde, Psiche, cap. I. Presso i Melanesiani, “se
un uomo ha mana, esso rísiede nella sua ‘parte spirituale’ o ‘anima’, che dopo
la morte diviene un fantasma (...) Non tutti gli uomini hanno mana, né tutti i
168 Dalla religione alla filosofía
KOivwviav T](i£Üv ouvayav e i; xairro Kai cruvarcrov E^eupovreg' e i t e lia y c ijv tüjv
JttpÄ, ZwpodoTprjv o Xoyog ouxog e c ttiv , e ite öpaitciog aut’ ’Op<t>E(üg e it’
73. Ricapitolazione
Per dimostrare la nostra tesi, che la filosofía greca nelle sue teorie
circa la ‘natura delle cose’, non esce al di fuori dei fattori elementan
contenuti nel datum primario che eredita dalla religione, dobbiamo
innanzitutto cercare di distinguere questi fattori elementari mediante
un’analisi piú accurata. Quando gli Ioni dicevano che la physis era
acqua o aria o fuoco, che cosa intendevano per physis? Di che cosa
era fatta quell’entitá che essi variamente identificavano con l’uno o
I’altro degli elementi sensibili?
II nocciolo dell’intera questione é contenuto nelle tre dottrine di
Tálete che abbiamo giá citato: 1) la natura delle cose é acqua; 2 ) tutto
é vivo (ha un anima)\ 3) ed é pieno di demoni o déi.
1) La prima di queste proposizioni ha potuto eclissare la seconda
e la terza, solo perché era Túnica che interessava ad Aristotele, dalla
cui scuola deriva la nostra tradizione dossografica. Gli storici moder-
ni della filosofía greca owiamente sanno bene che la rassegna aristo
télica delle teorie dei suoi predecessori nel primo libro della
Metafísica si basa sulla distinzione delle quattro “cause”. II punto di
vista di Aristotele non é storico; ció che vuole metiere in evidenza é
il processo attraverso cui si é arrivati a tale distinzione; per questa
ragione raggruppa i piú antichi pensatori a seconda se riconosceva-
no, a suo awiso, solo una “causa materiale”, o aggiungevano ad essa
un “principio di movimento” e cosi via. Govemato da questo sche-
ma, classifica la sostanza prima dei milesi nel capitolo “causa mate-
riale”, definendola come “ció di cui tutte le cose consistono, da cui
furono originariamente generate, e in cui finalmente si dissolvono,
persistendo la sostanza, mentre cambiano gli attributi”. Gli storici
modemi, benché consapevoli dei metodi antistorici di Aristotele,
generalmente accettano l’enfasi posta sulle proprietá ‘materiali’ della
physis, in quanto materia continua ed omogenea che riempie lo spa-
zio. Noi non ci soffermeremo ulteriormente su questo aspetto, p er
ché ha giá ricevuto troppo rilievo. Ció che dobbiamo chiarire é che
le altre proprietá attribuite alia physis sotto i nomi di ‘anima’ e ‘dio’
sono perlomeno altrettanto importanti. Come vedremo, le differenze
di opinione riguardo a ció che queste proprietá implicano danno ori
gine alie principali divergenze tra le varié scuole filosofíche.
2 ) La seconda proposizione dichiara che tutto é vivo o ha in sé
II datum della filosofía 175
cose sono costituite dai principí primi (...) Quanti poi ammettono
u n a sola causa e un solo elemento, come il fuoco o l’aria, sostengono
che anche Tanima é formata da un elemento; mentre chi ammette una
pluralita di principi introduce una pluralitá anche nell’anima (...).
Q uanti introducono coppie di opposti tra i principí, fanno consiste-
re anche l’anima di opposti; mentre coloro che assumono come prin
cipio l’uno o l’altro dei contrari, il caldo o il freddo, ecc. (...), riduco-
no anche l’anima a uno o l’altro di questi”H.
E ancora, in un altro luogo, Aristotele ci informa che “Diogene di
Apollonia, come alcuni altri, identifícava l’anima con l’aria. L’aria,
essi pensavano, é fatta di particelle finissime, ed é il principio primo;
per questa ragione conosce ed é causa di movimento, conoscendo in
virtú di essere l’elemento primo da cui é derívala ogni cosa, e causan
do il movimento per l’estrema finezza delle sue parti”1’.
Lo stesso Aristotele benché affinasse la dottrina che “il simile
conosce il simile”, sostenendo che la percezione implica un processo
di assimilazione, é in realtá sostanzialmente d’accordo con i prece-
denti pensatori. "Alia base della teoría della percezione c’é per lui,
come per i suoi predecessori, l’idea che la fondamentale comunanza di
costituzione elementare di aío9rp:á (oggetti dei sensi) e alo9r|T7Ípi.a
(organi dei sensi) sia la causa della nostra capacita di percepire gli
oggetti. L’óXXoí.ü>aig (il processo di assimilazione), tramite cui ricon-
cilia le differenti vedute (“il simile conosce il simile” e il “simile cono
sce il dissimile”) implica in ogni caso un medium, per mezzo di cui,
o attraverso cui, aloBrrcá e aio 0 r|Tiípia siano messi in correlazione; e
che questo medio abbia una natura comune ad entrambi”16.
Cosi, la possibilita del movimento e della conoscenza é spiegata
dai filosofi greci p er mezzo di una concezione della physis come
sostanza-anima, in cui ricompaiono le principali caratteristiche del
continuum sim pático mágico. La prova principale che la concezio
ne filosófica discendeva in linea diretta da quella magica é Taltri-
menti gratuita e inesplicabile tesi che “il simile puö agiré su, o cono-
scere solo il simile” . Q uesta tesi diviene intelligibile solo quando
realizziamo che il continuum simpático era originariamente il
sostrato della parentela; che era il veicolo di interazione alTintemo
di un gruppo della stessa stirpe; e che la parentela é la forma prima
della ‘somiglianza’.
180 Dalla religione alla filosofía
dai due tipi di religione che abbiamo individuato alia fine deU’ultimo
capitolo: la mística e l’olimpica. Non per nulla la metafísica fino al
tempo di Aristotele era ancora chiamata ‘teología’20.
che trovó la sua prima espressione collettiva nella magia. Per spie-
gare le caratteristiche della tendenza scientifica nella speculazione
greca, dobbiamo, quindi, ricorrere ad alcuni tratti distintivi della
pratica magica che sono stati giá descritti.
La magia simpatica consiste nella rappresentazione d ell’oggetto
che si desidera intensamente. Questa rappresentazione é innanzitut-
to mimetica - in altre parole, é la realizzazione della cosa desiderata
in azione drammatica. L’emozione é soddisfatta dal ‘fare’ la cosa che
si desidera. Oltre all’azione c’é anche l’espressione verbale del desi-
derio e dell’emozione - l’elemento del mito, che dapprima é soltanto
l’enunciazione dell’azione”. In uno stadio successivo, il m ito diviene
‘eziologico’, si configura cioé come una descrizione giustificatoria
dell’azione; ma il suo contenuto resta, come prima, una trascrizione
o una rappresentazione dell’azione stessa. L’azione mimetica e l’e-
spressione verbale sono cosi, alTorigine, solo due m odi attraverso cui
lo stesso desiderio trova sbocco e soddisfazione.
Abbiamo ipotizzato che, nello stadio piú arcaico, l’azione dram-
matica e l’effetto desiderato non sono distinti. II mago della pioggia
crede di fare la pioggia, non di imítame la caduta per indurre a cade-
re la pioggia reale. Quando, con l’indebolirsi della fede nella magia
interviene una qualche distinzione tra azione mimetica ed evento
naturale, la nozione di causalitá fa la sua prima comparsa. É questo
un momento critico nella preistoria della scienza. É di fondamentale
importanza riuscire a cogliere la forma sotto cui la relazione di causa
ed effetto fu rappresentata originariamente.
Circa la classe di cause ed effetti che stiamo considerando - una
classe che, per la sua importanza sociale, é un centro preminente di
attenzione - il dato fondamentale é che causa ed effetto sono simili
poiché la magia simpatica produce i suoi effetti per imitazione. In
secondo luogo, ogni somiglianza, come abbiamo visto, é interpretata
come parentela o appartenenza alio stesso gruppo. Infine, ogni
parentela é rappresentata per mezzo di un sostrato o continuum
materiale, coestensivo al gruppo e médium di interazione simpatica
all’intemo di esso. Su questa base, l’accento cade interamente sulla
somiglianza, sulla parentela e sulla continuitá materiale dei due even-
ti, e non sulla loro successione temporale. La prima nozione di cau
salitá é, cosi, non temporale, ma statica, simultanea e spaziale24 La
magia non é interessata alia successione temporale, ma alia classifica-
II datum della filosofía 185
Note
1 Dei come il solé e le stelle hanno owiamente corpi visibili, ma tendono a libe-
rarsene sul modello degli dei antropomorfi.
2 Spero che sia chiaro che sto parlando soltanto delle teorie sulla natura o sulla
costituzione ultima dell’universo, non delle spiegazioni particolareggiate dei
vari fenomeni naturali (terremoti, tuono, meteore, ecc.), che talvolta sono
mere congetture, talvolta sono dedotte da opinioni aprioristiche sulla struttu-
ra del mondo, talvolta sono sorrette da autentica osservazione.
’ Plat., Leg. 892c: (fiúaiv ( k n jJ u o v r a i X ¿ y e iv ykveoiv t t | v x e p i T a jtpóVra* e l ó e
< ( > a v r|o rc a i rtp ú x o v , o ú jrO p o ú 6 e á r p , lin d e n 6 ’ é v n p a r t o i ; y c Y e v rin é v T i,
o / e S o v ó p G ó x a T a X é y o it’ á v e i v a i ó i a ^ e p ó v r c ü s <(iúaEi.
Upanisbad riconoscono una sola anima: “É la tua anima che é dentro ogni
cosa". “Mentre é nella térra, nell’acqua, nel fuoco, nello spazio, nel vento, nel
cielo, nel solé (...) e distinto da essi che sono il suo corpo, e che govema dal-
l’intemo; esso é la tua anima, la guida interiore, l’immortale’ (...) Lo átm an,
che solo esiste, é il soggetto conoscente in noi (...) e con la conoscenza dello
átman tutto é conosciuto (...) Lo átman creó l’universo e poi vi entró den tro
come anima”; ció da nascita alia piu tarda concezione delle anime individua-
li imprigionate nel giro eterno del samsára e bisognose di liberazione. Vedi
Deussen, Relig. and Pbilos. o f India, Upanishads, trad. inglese, 1906, p. 257.
7 Platone alia fine della sua vita riafferma questa dottrina, definendo l’anim a
come “ció che é capace di muovere se stessa” (Leg. 896a) e di conseguenza
tutti i corpi celesti hanno anime e “tutte le cose sono piene di déi” (Gecáv elvai
nX.r|pii Jiávxa) come aveva detto Tálete (899b). Cf. Arist., Phys., 265b 32.
8 Aet., I, 7. 11 [DK11 A23]: xó 6e recrv Émjmxcrv an a kcu. óainóviuv nXfipe^-
Suítceiv 6e 6iá tou CTroi/eicúSous vypoú 5úva(uv Beíav KivririKrjv airroü. In
Diog. Laert. IX, 7 [DK22A1] Jióvra yuxújv eivai Kai óainóvurv n^rpr] é attri-
buito ad Eradito. Cf. anche Sext., Math. IX, 76.
9 Arist., D e Anima 405a 20.
10 De Anima 408b 1.
11 De Anima 410a 25. Coloro che sostengono che l’anima consiste di tutti gli ele-
menti e che il simile percepisce e conosce il simile, “presumono che sentire é
una sorta di patire o essere mossi (ndo/eiv t i koi KivEioSai), e che lo stesso
vale del pensare e del conoscere”.
12 H eidd, “Arch. Gesch. Phil.”, XIX, p. 357, contesta le eccezioni di Aristotele
e Teofrasto a questa regola.
” Un’altra applicazione della massima “il simile attrae il simile” é adottata dai
filosofi fino a Platone per spiegare il peso e la leggerezza tramite la tendenza
di tutti i corpi a muoversi attraverso “congeneri” - t| npog ió ouyyeves óSóg,
Plat., Tim. 63e; cf. Bumet, E G P , p. 396.
14 De Anima 404 b-405 b.
15 Arist., D e Anima 405a 21. Diog. Apoll., fr. 4: ávApuacoi yap Kai rá áXXa 54“
ávaim ovxa t ú «iépi. Kai Toüto avrolg Kai »J>x>xií écm Kai vorjoig. Ka'i éav
touto cutaXXaxBñ, cmo0vxioK£i Kai í| vorioiS «aXcuiei.
141. Beare, Greek Tbeories ofElementary Cognition , p. 237.
17 Phys., 203b 12.
18 Fr. 5 [64DK],
19 Met. 1074b 1.
20 Per la divinitá degli elementi vedi Eisler, Weltenmantel, II, 664; O. Gilbert,
II datum della filosofía 189
L a tradizione scientifica
gione; solo che questa volta non lo fa nella forma personale che la
teología antropomorfizzante aveva ridotto all’assurdo, ma in quella
piú antica forma ímpersonale da cuí la teología aveva intrapreso il suo
cammino parallelo di illusione. Anassimandró, accantonando le
forme umanizzate della divinitá, ríscopre la sostanza che le aveva
infórmate. La ribattezza pbysis, perché la sua funzione consiste ormaí
nel daré forma e anima, non agli déi, ma al mondo che vediamo: é la
“natura delle cose”.
Ma, benché noi possiamo vedere che si trattó soltanto di uno sfor-
zo di astrazione, non fu cosí che dovette presentarsi ad Anassimandro.
Egli pensó di aver trovato, non una rappresentazione mitica, che
aveva titolo ad essere considerata únicamente ipotetica, ma la sostan
za primitiva realmente esistente. Fu per questo che, invece di isolar-
la nel pensiero, la isoló nel tempo, concependola come il primo stato
del mondo, da cui in qualche modo é sorto il mondo che vediamo. La
pbysis per lui non é un’ipotesi, ma un ‘inizio’ (ápxr|). II problema é
come ottenere il mondo da essa.
Dunque, per i motivi giá esposti, l’aspetto piü importante del
mondo visibile é la distribuzione dipartimentale dei quattro elemen-
ti in moirai stabilite. II manifestarsi della divisione é, di conseguenza,
il primo evento della cosmología, come lo era stato della cosmogonía.
Glí elementi si sono staccati dalla primitiva sostanza continua per un
processo di separazione (cutÓKpung). Di conseguenza, l’elemento
caratterizzante della sostanza é l’assenza di limiti dipartimentali
secondari; essa é descritta tramite un nome negativo “illimitato”
(ouieipov) - una parola che alia mente greca suggeriva in particolare
che non aveva inizio, mezzo o fine. La pbysis é chiamata “illimitato ”,
innanzitutto in contrapposizione alie province elementan che sono
limítate, benché, come vedremo presto, questo senso della parola
non é distinto da altri. Sono questi i primi due stadi dell’esistenza che
precedono la nascita delle cose individuali: il terzo stadio.
Ne segue il quesito: come spiegare il passaggio dal primo stadio al
secondo - perché furono imposti limiti alie province elementan?
Per rispondere a questa domanda, Anassimandro ricade nel carat-
tere morale che aveva caratterizzato la pbysis fin da quando era sorta
come rappresentazione della coscienza sociale, aw ertita appunto
come una forza che impone limiti alTaggressione individúale. Questo
carattere, come abbiamo visto, non si era mai del tutto trasferito dalla
La tradiyone scientifica 193
Moira per essere investito nella volontá della divinitá suprema; e ora
che gü déi sono svaniti, risiede nella divina sostanza-anima, la physis
stessa che “non solo abbraccia ma governa tutte le cose”2. Govemo
che é morale, perché si manifesta nella ripartizione delle regioni ele
mentan. In presenza di questa concezione trasparentemente mítica, é
probabile che l’eterno movimento, cui é attribuita la causa della sepa-
razione, non debba essere inteso in senso meramente meccanico. E
eterno perché connaturato al divino, “l’immortale e imperitura” phy
sis, il cui movimento, come essa stessa, deve necessariamente essere
senza inizio e senza fine. Ma poiché la physis é viva, il suo movimen
to probabilmente non é distinto dalla crescita, il movimento caratte-
ristico della vita. Possiamo forse pensare agli elementi opposti come
sviluppatisi o dispiegatisi dall’uno per un processo di crescita non
chiaramente distinto da un crivellamento meccanico, dovuto alia
rotazione dell’universo - un movimento, che essendo circolare, é
senza inizio e senza fine e cosi senza limiti o eterno. C’é qui un gro-
viglio di confusione e oscuritá, che sará compito del successore di
Anassimandro districare per quanto poteva’.
Ancora, poiché gli elementi furono separati dalla cosa senza limi
ti, in origine le loro specifiche qualitá devono in qualche modo esse
re state inerenti in essa. Fonti piú tarde, familiari con le concezioni
atomistiche, definiscono la physis senza limiti di Anassimandro una
“mescolanza” Anche in questo caso sembra giusto inter
pretare il nome “cosa senza limiti” in maniera negativa. Non é fuoco
o aria o acqua o térra, e non ha le proprietá distinte e limítate di nes-
suno di essi. Queste proprietá devono essere State latenti in essa, o
non avrebbero potuto scaturire da essa; ma non dobbiamo pensare
che la mescolanza primaria contenesse parti di esse in un chaos. Nello
stadio primitivo, non cera niente come fuoco, aria, térra o acqua.
Essi erano mescolati, piuttosto, come vino e acqua, in maniera che é
impossibile dire se il liquido sia vino o acqua, o quale parte di esso
sia acqua e quale sia vino.
Infine, il carattere morale della disposizione degli elementi é for-
temente sottolineato nella dottrma su cui ci siamo giá soffermati, che
le cose individuali devono la loro esistenza all’ingiustizia che consiste
nella prevaricazione di un elemento sull’altro. II divenire delle cose
(YÉveoig) é nascita, e ogni nascita risulta dalla mescolanza di opposti.
Anassimandro batte l’accento piü sull’antagonismo degli opposti che
194 Dalla religione alla filosofa
non sulla necessitá della loro unifícazione per daré nascita all’esisten-
za. Cosí facendo, ínconsciamente resuscita la morale prim itiva che
privilegia l’assoluta supremazia del gruppo sull’individuo, e, di fron
te all’inflessibile costume della tribu, mette al bando ogni individua-
litá e liberta personale come aggressione arrogante. Gli elem enti nd
suo sistema corrispondono agli individui; l’imperadvo m orale della
pbysis impone loro di restare nelle rispettive regioni, esattamente
come la Moira, nella teología olímpica, imprigionava gli déi n ei loro
dipartimenti.
Non abbiamo bisogno di rincorrere, in ulteriori dettagli, Tevolu-
zione del mondo visibile. Nella nostra analisi dei vari sistemi, d
preoccuperemo solo delle opinioni sulla fondamentale “natura delle
cose”, con lo scopo di dimostrare in che modo possono essere dedot-
te dal primitivo datum della filosofía4.
86. A n a ssim en e
L’aria é dello stesso ordine di esistenza degli altri elementi, non é una
sostanza metafísica su un piano piü alto. Di conseguenza, la sua tra-
sformazione negli elementi puö essere interpretata in termini pura
mente quantitativi. Per Anassimandro le differenze qualitative erano
basilari; “rillimitato” comprendeva in perfetta fusione tutte le qua
litá, che venivano ‘separate’ solo in un secondo momento.
Anassimene ridusse ogni cambiamento e trasformazione a un proces-
so di ‘condensazione e rarefazione’: la realta sottostante a ció che noi
chiamiamo differenze qualitative é soltanto differenza di quantitá -
piü o meno della stessa materia in uno spazio dato6. Sbarazzarsi della
qualitá in questo modo significa fare un enorme passo avanti nella
semplifícazione. Invece di gradazíoni infinitamente piccole, e innu-
merevoli variazioni di qualitá - colorí, suoni, gusti e cosi via - dob-
biamo ora concepire solo un’unica materia uniforme con differenze
di densitá, che sono comparativamente distinte e, soprattutto, com-
mensurabili7.
Ma non ci si sbarazza delle qualitá dicendo che sono caúsate da
condensazione e rarefazione: ci si sbarazza solo della difficoltá di
pensarle: né si puö sostenere di averie spiegate finché non ci si forma
una qualche nozione di come le differenze qualitative possano risul-
tare dai cambiamenti di densitá. In veritá la teoría di Anassimene é
motivata dal desiderio di semplificare e chiarire il modello concet-
tuale del mondo - di giustifícare, piü che di spiegare in modo sod-
disfacente, la confusa varietá che i sensi ci mostrano. Da questo
punto di vista, l’impulso della scienza, perpetuamente affascinato
dalla chiarezza ideale delle concezioni geometriche, é di distogliere
lo sguardo dalle qualitá sensibili che non ha ancora imparato a misu-
rare, licenziandole come secondarie e derívate dalle proprietá spa-
ziali del corpo.
Alia fine, é solo per confusione che l’aria che é physis e sostanza-
anima puö essere identificata con I’aria atmosférica, con la nebbia.
Quest’ultima owiamente non é idéntica al fuoco, all’acqua o alia
terra. Esiste, accanto ad essi, in una regione sua propria, con le sue
proprietá peculiari. La sostanza-anima, invece esiste, una e idéntica,
ugualmente in tutti gli elementi. L’aria atmosférica é considerata la
forma originaria e basilare della materia solo perché é confusa con la
mitica sostanza-anima. Se fosse assunta soltanto come sostanza natu
rale, non ci sarebbe ragione di chiamarla primaria, piü del fuoco,
196 Dalla religione alla filosofía
88. A n a ssag o ba
89 L’atomismo di LEUCIPPO
Note
1 Cf. Bumet, EGP\ p. 292, il quale sottolinea che la notizia dossografica secon-
do cui Anassagora era “discepolo” o “amico” di Anassimene, benché lette-
ralmente non vera, descrive correttamente il rapporto tra i loro sistemi.
1 Arist., Phys., 203b 6: icai nepiéxeiv cbiavra K a i Kvßepväv. O. Gilbert,
Spekulation u. Volksglaube, “Arch. f. Relig.", XIII, p. 312: Damit tritt aber
dem tatsächlich bestehenden Kampf- und Raubzustande der Welt eine höhere
sittliche Ordnung gegenüber und diese letztere kann nur auf tö 0eiov schle
chthin, das absolut Göttliche des cuieipov, zuruckgeführt werden.
’ Eisler (Weltenmantel, II, 666) identifica 1’ö n E i p o v di Anassimandro con il
supremo dio ‘orfico’ Chronos o Aubv c b iE ip o ;. Se questo é vero, come sono
propenso a credere, c u i t i p o g signiñcherebbe principalmente Yinfinita rivolu-
zione del tempo.
4 Se ho messo Anassimandro a capo della tradizione scientifica, non significa
che sottovaluto gli elementi mistici del suo sistema, per cui rimando a Eisler,
Weltenmantel, vol. II, p. 666 sg. Mi sembra che Anassimandro bilanci
entrambe le tendenze, ma i suoi immediati successori hanno proceduto nella
direzione scientifica. Empedode, come vedremo (p. 258), nel tentativo di
La tradizione id e n t i f ica 205
De Cáelo 608 (DFV2, p. 316): Jióvra yiyvakncEiv xóv vcrOv ... f) yap yvüois
ópU¡ei kcu ncparoi td yvtooGév. II Nous costituisce ¡1 mondo, come l’intelletto
scientifico costituisce la sua rappresentazione di esso, introducendo distin-
zioni e differenziazioni.
16Per l’atomismo numérico pitagórico, vedi infra $ 114.
17 Ap. Simpl., Pbys. 28,4 (DFV2, p. 344).
11 Arist., De Gen. et Con. 325a 34: (Aeíhcuoiog a)r|0T|) ék toG k o t' óXT|0£iav evog
oinc óv yEvéoOai nXriSog oú6‘ be tcov áX.T)0tüg noXAúv ev.
n Ibid. 1 ,13 (a proposito degli Eleati): ÚJttppóvreg xfiv aloOrioiv Kai JiapitávTEg
aircf|v úg tgí Xóycp 6¿ov mcoXouBelv, alludendo a Parm. fr. I, 33 sg.
” Arist., De Gen. et Con. 325a 17.
21 Ibid., 325a, 23.
22 Arist., Met. 985b: Jiepi 8e Kiviíascüg, 60ev f| juLg imápxei -rolg ouoi ra í oínot
(Leucippo e Democrito)... fxy&únaig á^eioav.
21 Fr. 2 oúéev ypíyui |járrjv yíyvrcai, áXXja jiávra re Xóyou te Ka'i w ' aváyKT|g.
H ippol., Ref. 1, 12: -dg 6’ áv eít) t| ávdcyKri, ai» 6w¿pcoev. Dieterich, Abraxas, 75
propone il confronto con Plat., Tim. 48 a: n£|uynÉvT| yap ¿ív f) t o 06e t o ü k ó -
ofiou yéveoig él| ¿váyKiig te Kai voO auoxáoEiug éyewT|0T].
24 Arist., De Anima 403b 31.
25 Alex. in Arist., Met. 985b: ouroi (Leucippo e Democrito) yap Xiyauotv áX-
XrjXcmjjioúoag Kai Kpauonévag jtpog áXXrjXag KiveioOai xág ¿tónoug. Arist.,
De Anima 403b-404c, contrappone gli atomisti a quelli che descrivono l’ani-
ma come automoventesi.
26 Arist., De Anima 404a.
27 Cosi tutti i sensi sono ridotti a uno: il tatto; Arist., De Sensu, 442a 29:
ArmÓKpiTog Kai oi icXeTctoi tójv (¡ruoioXóytuv, oooi Xíyouoi jiepi. ata8r|OEiüg,
¿tojiíáiaTÓv t i noioüor návra yap xa aio0f]ra cuna Jioiotkn.
“ Lucr., 1,72.
Capitolo VI
La tradizione mística
ciñese di Tao40, termine che, come abbiamo visto, significa anche ‘via’
- la rivoluzione giornaliera e annuale dei cieli e delle potenze di luce
e tenebra, giorno e notte, estate e invernó, caldo e freddo. “È il Tao
del délo - la via - a dare felicita al buono e sfortuna al cattivo”41. “II
Tao, ordine del mondo, rappresenta tutto ció che è retto, normale o
giusto {ching o twan) nell’universo; ció che non dévia mai dal suo
corso. Di conseguenza include tutte le azioni corrette e legittime degli
uomini e degli spiriti, che sole promuovono la felicita e la vita uni
versale. Tutte le azioni, che si oppongono al Tao, sono scorrette, anor
mali, innaturali ”4i. Come ne Le Opere e i Giorni di Esiodo c’é una
corrispondenza tra le vie ordinate dell’uomo e delle stagioni, Dike,
Eunomia, e Irene, cosi presso i cinesi “ Tai-sui è il Grande Anno, il
pianeta Giove, il cui percorso nel cielo govema la compilazione del-
l’almanacco che è annualmente pubblicato dall’autorité imperiale, e
fomisce i giomi adatti alie transazioni dei vari affari della vita. Questo
dio govema cosi il Tao della rivoluzione dell’universo, e, di conse
guenza, il Tao della vita umana, che, per consentiré la felicita, deve
essere in armonía con il Tao universale”4’.
Quando il buddismo fu trapiantato in Ciña, i Cinesi senza esitazio-
ne identificarono il Dbarma del Mahayanismo con il Tao. “II Dbarma,
la legge universale, abbraccia il mondo nella sua interezza. Esiste per
il bene di tutti gli esseri. La sua principale manifestazione, la luce del
mondo, non brilla infatti per il bene di tutti gli uomini e di tutte le
cose? La salvezza, che è vita conforme al Dbarma, è in primo luogo
manifestazione deU’amore universale, per gli uomini e per gli animali.
Anzi, poiché gli uomini e gli animali sono fatti degli elementi che
costituiscono l’universo stesso, gli animali possono divenire uomini, e
nello stato umano convertirsi in arhat, boddbisattwa e buddbaB44.
Il Buddismo ci porta in India, dove una concezione simile era pre
dominante in religione molto prima del Buddha. Essa risale con ogni
probabilité a un’epoca anteriore alla separazione dei ceppi indiano e
iranico, perché compare sia nei Veda che nz&'Avesta persiana45. II suo
nome vedico è Rta-, l’equivalente persiano è Asba. “I processi, la cui
uniformité o regolare ricorrenza da origine alia rappresentazione del-
l’ordine, obbediscono alio Rta, o il loro accadere è Rta. “I fiumi scor-
rono R ta”; “Secondo Rta si è alzata la luce del giorno”; “L’anno è il
sendero di Rta ”46. Gli déi sono nati dallo Rta o nello Rta; con le loro
azioni essi dimostrano di conoscere, osservare e amare lo Rta. Nelle
216 Dalla religione alla filosofía
ripristinata. Per l’orfico non era piü possibile trovare completa sod-
disfazione nell’unione immediata con dio nell’estasi orgiástica; la sua
via di giustizia era un lungo e penoso cammino di pratiche rituali che
fácilmente degeneravano in osservanze esteriori: il mantenimento
della purezza cerimoniale, e tutte le vuote futiütá del dericalismo.
Sappiamo anche che orfici di livello piü basso, nel declino del movi-
mento, credettero che l’iniziazione bastasse da sola ad assicurare ai
credenti i non trascurabili godimenti degli Elisi. Svilimenti simili
sono comuni in questo tipo di religione; ma da un altro lato, la con-
cezione di vita che vi é sottesa é piena di ispirazione per il tem pera
mento místico; e le antiche forme possono riprendere vita in ogni
momento, se un nuovo profeta riaccende la fede tramite quella che
appare una piü profonda e spirituale interpretazione. Un profeta del
genere fu Pitagora. La ‘vita pitagórica’ rappresentó una nuova via di
giustizia, che ripercorse gli antichi sentieri, ma li rese accessibili agli
spiriti piü illuminati, sostituendo alia mera purificazione ritualistica
dal peccato la purificazione attraverso la ‘música’ (filosofía)“ .
101. E ra c lito
10 ); essa allude al suo único significato sotto molte forme, che ingan-
nano i sensi dello stupido; é come il Signore il cui oracolo é a Delfi,
che “non rivela, non nasconde, ma accenna” (fr. 11) [93DK]78. Per il
misticismo di ogni tempo, il mondo visibile é un mito, una favola per
meta vera e per meta falsa, che racchiude un único logos, un’única
veritá79.
cose. Un altro che é il fuoco: un altxo, il calore che si trova nel fuoco82.
E un altro ancora riderebbe di tutto ció e direbbe, con Anassagora,
che la giustizia é la mente; perché la mente ha il predominio assolu-
to, non si mescola a niente, governa e passa attraverso tutte le cose.
É evidente che i successori di Eradito erano disorientati dalla
famosa oscuritá del maestro, e si aggrappavano a spiegazioni diverse.
Cosi facendo, introducevano nuove distinzioni che a loro sembrava-
no owie, ma che erano estranee al pensiero mistico di Eradito. Per
Eradito, il fuoco vivo che, attraverso tutto il cido di trasformazioni,
conservava le sue misure, era la ragione (un altro significato di logos)
e il prindpio di giustizia. E il solé, che “non oltrepasserá le sue misu
re, altrimenti le Erinni, ministre di Dike, lo troverebbero” (fr. 29)
[94DK] ne era la principale espressione. Scrittori piú tardi, come é
naturale attendersi, identifícheranno la giustizia con il destino: “II
tutto é finito, e il mondo é uno. Esso sorge dal fuoco, ed é consuma-
to ancora dal fuoco, alternativamente, per tutta l’etemitá, in cicli sta-
biliti. Ció accade secondo il fato (ica0 ’eijiap|iÉvr|v)”8J. Teofrasto
aggiunge che Eradito “introduce anche un certo un ordine (xá|ig) e
un tempo definito d d mutamento d d cosmo, secondo una necessitá
fatale”[A5DK]8\ Ma, al tempo di Eradito, nella versione eraclitea, il
principio di dike era opposto a quello della moira, il destino, cosi
come era inteso nella scienza iónica. II fuoco divino é sia la vía che la
veritá e la vita.
fine dello stato di guerra sarebbe la fine della vita stessa. Omero sba-
gliava quando diceva: “Che la contesa perisca tra gli dei e gli uomi-
ni!” Non vedeva che si augurava la distruzione di ogni cosa; perché,
se la sua preghiera fosse esaudita, tutte le cose svanirebbero (cf. fr.
43) [A2 2 DK]. La morte non é dissoluzione, ma rinascita; cosi, la
guerra non é distruzione, ma rigenerazione. “Bisogna sapere che la
guerra é comune a tutte le cose, che la giustizia é contesa, e che tutto
accade secondo contesa e necessitá”85. La contesa é giustizia; se non
fosse per questi atti di “ingiustizia”, come tu li chiami, gli uomini non
conoscerebbero neppure il nome di giustizia86. La giustizia non é la
separazione degli opposti, ma la loro riunione nell’accordo, nell’ar-
monia. Senza opposizione non c’é accordo. “Ció che é nel disaccor-
do concorda con se stesso. É l’armonia delle tensioni opposte, come
quella dell’arco e della lira” (fr. 45) [51DK]. II depredamento reci
proco degli elementi, senza cui niente potrebbe venire all’essere, é
un’ingiustizia, che é anche l’essenza della giustizia, una guerra che é
pace - non la pace stagnante dell’immortalitá perenne, ma la pace
dell’armonia, quell’accordo nascosto di tensioni opposte, che é piu
forte dell’armonia che appare ai sensi (fr. 47) [54DK].
106. P itagora
fico’ sono stati adottati in mancanza di meglio; con essi non inten-
diamo dire che i filosofi che classifíchiamo tra i mistici fossero a-
scientifici. II fatto che riteniamo che Parmenide, l’inventore della
lógica, fosse un figlio del Pitagorismo, e che Platone traesse dalla filo
sofía italica la principale fonte di ispirazione, dovrebbe essere suffi-
ciente a dissipare l’equivoco. Inoltre, la stessa scuola pitagórica svi-
luppó una dottrina scientifíca assai simile alTatomismo milesio ed
Empedocle cercó di combinare le due tipologie filosofiche.
II nostro assunto é che la filosofía delle colonie occidentali greche
- in qualunque misura i suoi singoli pensatori possono essere stati
influenzati dai Milesi e dai loro seguaci orientali, e per quanto Ion ta
ño possa essersi spinta la loro alleanza con la scienza - ha radici in
una diversa e opposta concezione di vita, un diverso tipo di religio-
ne, e di conseguenza un diverso quadro concettuale della natura delle
cose, che ne informa tutte le manifestazioni, e da cui tutti prendono
le mosse. Su quale fosse, ci siamo giá dilungati abbastanza. Era il tipo
di religione, incentrato in Grecia intorno alia figura di Dioniso, che
ha qualche diritto di essere definita Túnica forma di religione che
possiede il segreto della vitalitá, perché é la religione della vita della
térra e deU’uomo, la vita che muore e si rinnova sempre. Ed é forse
in virtu di questo suo radicamento nella vita che la religione mistica
é rinata un milione di volte. La sua storia é una serie di rinascite, e
ognuna di esse é annunciata dalla dottrina di rigenerazione: “nasce-
rai di nuovo”. Ma chi vuole salvare la propria vita deve perderla; que-
sta religione é anche la religione della morte e della rinuncia: Hades
e Dioniso sono la stessa cosa. Da qui la quasi irresistibile attrazione
che essa esercita su un certo tipo di asceta emotivo - che aspira all’in-
tensitá della passione e tuttavia rifíuta come impure le passioni ‘cor-
poree’.
trina “Ci sono déi, uomini ed esseri come Pitagora”, esseri che sono
semidivini, demoni dalla forma umana107. Ció che si ricava dalla leg-
genda di Ippaso é che i Pitagorici ‘pii’ credevano che lo spirito del
maestro continuasse ad albergare nella scuola e ispirasse tutte le loro
scoperte108. L’empietá non consiste nella divulgazione di una scoperta
di matematica, ma nel rivendicare quelle dottrine che potevano veni-
re solo da “lui”.
Pitagora potrebbe aver sostenuto la concezione di un’anima col-
lettiva, incarnata in lui stesso, ma soprawivente dopo la sua morte nel
logos della scuola. Eradide, che conserva la famosa leggenda delle
sue precedenti incarnazioni, tramanda che era solito dire “che Ermes
gli aveva permesso di domandargli qualunque cosa volesse tranne
Tinimortalitá (atbanasia), ed egli aveva chiesto di poter serbare ricor-
do degli awenimenti durante il ciclo delle nascite e delle m orti”109. La
leggenda racchiude forse il fatto che Timmortalitá” che Pitagora
desideró e chiese non era quella del prolungamento indefinito della
persona individúale, ma l’antica continuitá di vita dionisiaca che si
rinnova in ogni generazione del gruppo110. Ma, come di consueto
awiene, ai suoi successori non poté bastare la comunione con uno
spirito dalle passioni simili alie loro e innalzarono il loro demone al
piü alto grado di divinitá. Pitagora diviene presto figlio di Apollo e di
una vergine“1, e persino un dio incarnato, Apollo iperboreo112. Ma,
attraverso la proliferazione di decadente superstizione nelle leggende
tarde, resta abbastanza dell’antica fede da impedirci di attribuire
queste frigide invenzioni al maestro. Apotheosis e atbanasia sono pre
cisamente i passi fatali nella carriera di un “essere come Pitagora”,
perché mettono fíne a quell’esperienza di comunione in cui i fonda-
tori di tali chiese trovano l’autentico significato della vita comune.
Se il nostro punto di vista é corretto, la comunitá pitagórica, fin
ché rimase fedele ai propri ideali, realizzó ancora una volta il tipo pri
mitivo del gruppo religioso, e quella particolare relazione di “parte-
cipazione” (methexis) che il gruppo intrattiene con la propria anima
collettiva. II passaggio dal divino all’umano e dall’umano al divino
resta permeabile, ed é oltrepassato continuamente. L’uno puó dive-
nire molti; i molti possono perdersi nella fusione con l’uno. Questa
concezione essenziale é la chiave per comprendere la dottrina del
numero, su cui si fonda il diritto di Pitagora ad essere considerato sia
un filosofo che un fondatore della matematica.
La tradizione mística 239
110 . La Tetractys111
O
O o
o o o
o o o o
1
2 3
4 9
8 27
115. P a r m e n id e
Parmenide scrisse ció che aveva da dire “sulla natura delle cose”
(nepi (Jrúaetog) in un esametro che combina dignitá e rigore oracolare
con la sequenza serrata dell’argomentazione lógica. Egli é il primo
filosofo, per quel che ne sappiamo, che formula la propria teoría della
natura in forma di deduzione, sotto questo aspetto giustificando gli
storici che lo pongono in netto contrasto con il críptico e interiettivo
Eradito. Ma é anche il filosofo che formula la propria teoría nei ter-
mini di una rivelazione, accordatagli direttamente dalla dea che
govema tutte le cose. Alcune caratteristiche del proemio richiedono
la nostra attenzione.
Come Orfeo, Parmenide cerca la sapienza tramite una discesa nel-
l’oscuritá del mondo sotterraneo, vareando le porte occidentali del
tramonto,158. Egli viaggia sul carro del solé, accompagnato dalle
Eliadi. Nell’oscuritá infera resta con la dea Dike, che gli apre le porte
dell’aurora affinché il carro possa tom are ancora alia regione della
luce. La dea gli dice, in parole che assumono ora per noi un nuovo
senso, che egli é stato “condotto su questa via, non da una Morra
maligna - perché invero é lontana dal cammino degli uomini - ma da
Themis e Diken\ e che egli deve apprendere “sia il cuore che non
trema della rotonda veritá, sia le opinioni dei mortali, nelle quali non
vi é vera certezza”159. Di conseguenza il poema si divide in due parti:
la Via della veritá’ e la ‘via dell’opinione’. Queste sono le “due solé
vie di ricerca pensabili” (fr. 4) [DK 2 B]. L’una “é una prova molto
disputata” che Parmenide deve giudicare con il ragionamento
(Xóyü)); l’altra é alia mercé dei sensi: “l’occhio senza oggetto reale, To-
recchio che rimbomba, e la lingua” (che foggia “nomi” senza signifi-
La tradizíone mística 247
to ”l4\ “La robusta Ananke lo tiene nelle catene del limite che lo cir-
conda da ogni parte”144. “Moira lo ha incatenato in maniera che sia
tutto intero e immobile”145. Cosi la vita originaria della pbysis prim a
ria viene congelata; Tuovo cosmico é diventato duro come il diaman
te e non puó schiudersi. Divenire e perire, essere e non essere, cam
biare di posto o variare di colore - tutte queste cose sono meri
“nom i” che i mortali hanno convenuto di usare credendole vere146.
Cosi Parmenide rigetta totalmente l’armonia eraditea degli opposti.
L’essere della visione di Parmenide é la monade dei Pitagorici, ma
non é piü “fonte della natura sempre fluente”. L’intera dottrina della
processione dei numeri dall’uno é tagliata fuori, perché Tuno non puó
contenere in se stesso il principio della molteplicitá; poiché é assolu-
tamente e definitivamente uno, gli opposti e i molti non sono implici-
ti nella sua natura, e quindi non possono procedere da esso. É anche
“rillimitato” di Anassimandro; ma la Moira, invece di ripartirlo in
province, lo ha ora “incatenato in maniera che sia intero”. Non ci puó
essere divisione o “separazione” (cuióicpiaig) degli opposti o degli ele-
menti. “Non distaccherai ció che é dalla sua connessione con ció che é,
né quando sia disperso in un ordine (kosmos), né quando sia riuni-
to ”147. Aristotele148 definí Parmenide un “non-naturalista” (¿<truaiKÓg)
perché aveva eliminato il principio di movimento che é pbysis.
La scomparsa della dottrina della processione dei numeri dall’u
no, che é troncata in un sol colpo dalla lógica di Parmenide, ha nasco-
sto ai critici, antichi e modemi, il fatto che la via della veritá prende
le mosse dal pitagorismo; mentre viene riconosciuto il carattere pita
górico della via dell’opinione. Nel considerare questa seconda via di
ricerca metteremo da parte, per il momento, la vexata quaestio di che
senso avesse proporre una cosmología (i cui particolarí erano suoi o
come tali venivano recepiti dalla maggior parte dei suoi lettori), e diré
contemporáneamente che “non c e vera credibilitá” in essa. II nostro
primo compito é stabilire il modello di questo sistema físico, e deter
minare da quale parte del sistema di pensiero pitagórico sia derivato.
“in ció che non é ”. Gli opposti, o antagonisti, del principio della luce
semplicemente non sono; essi sono nomi che non denotano nulla o un
non ente (nf) éóv), parole che non designano alcuna delle cose esi-
stenti positive156.
É qui che Parmenide riunisce la polémica contro la scienza iónica
e contro Eraclito. Entrambi avevano spiegato il “divenire” tramite la
separazione e il conflitto o Tarmonia e la riconciliazione degli oppo
sti, considerati come poteri pari e bilanciantisi, ognuno con un domi
nio o una forza sua propria. Parmenide fa piazza pulita delTintera
concezione. Nelle coppie di antagonisti che “gli uomini hanno con-
venuto di nominare”, un membro é un non ente, una mera parola;
solo Taltro sta per qualcosa di reale. La guerra degli opposti, con le
connesse visioni di vita e di morte, é bandita dalla stessa lógica ine-
sorabile che sottraeva la vita all’essere.
Se é cosi, possiamo spiegare il fr. 9, citato prima (p. 249), nella
maniera seguente: una volta che furono dati questi nomi, Luce e
N otte, e tutte le altre coppie di nomi contrari che vanno con esse,
allora tutte le cose sono “piene egualmente di Luce e N otte”, uguali
e indipendenti l’una dall’altra. I due antagonisti sono isdtuiti e pos-
sono procedere nelle loro guerre e riconciliazioni. Ma Tintero pro-
cesso é illegittimo: una classe di nomi denota enti non positivi.
Che cosa significa allora che freddo, pesante, oscuro, sono meri
nom i senza cose che vi corrispondano? Una sola spiegazione sembra
possibile; ed é abbastanza elementare per il padre della lógica.
Freddo significa solo non caldo, oscuro non luce e cosi via157. II calo
re e la luce esistono (o rappresentano qualcosa che esiste); il freddo e
Toscuritá sono la loro assenza. Questa spiegazione ha Tautoritá di
Aristotele158; e noi non riusciamo a vedere a quale altra conclusione
sarebbe potuto arrivare Parmenide dalle sue premesse rígidamente
monistiche, o quale difficoltá avrebbe potuto impedirgli di farlo.
Noi sosteniamo dun que che per Parmenide il processo del diveni
re che portó il mondo visibile alTesistenza era simile alia caduta del-
Tanima orfica - una declinazione o degradazione della luce fino al
suo esaurimento e alia sua consumazione nell’oscuritá e nella non-esi-
stenza. II fatto che la térra stessa, che alia persona comune sembra
cosi solida e reale, sua al punto piu basso della scala, non fece vacil-
lare Parmenide: nel linguaggio di ogni místico “terreno” significa
oscuro, irreale, falso. Quando egli definisce l’oscura notte “un corpo
252 Dalla religione alla filosofía
118. E mpedocle
119.L e Purificazioni
Siamo in grado ora di dare un’idea del processo che awiene nel
momento in cui il nostro mondo passa dal regno di Amore al regno
di Contesa? w
Il punto di partenza e lo Sfero. Dobbiamo concepire i quattro
elementi corporei in completa fusione. All’esterno Contesa forma un
involucro “agli estremi limiti della circonferenza”, completamente
separato dagli elementi195. Dove e Amore? £ evidentemente diffuso
in uguale distribuzione attraverso il tutto1’6. Se Empedocle fosse
stato un autentico atomista, avrebbe concepito lo Sfero come com-
posto di molecole, ognuna composta di cinque atomi - amore,
fuoco, acqua, terra e aria - con la sola assenza di Contesa. Ma, come
stanno le cose, dobbiamo pensare a parti piuttosto che ad atomi; e
dobbiamo ricordare che Amore non e un elemento corporeo, ma
una sostanza-anima, e pud essere concepito come ininterrottamente
diffuso attraverso l’intera massa, non frammentato in porzioni
discontinue come i quattro elementi primigeni. Se supponiamo per
un momento la struttura molecolare, Amore non pud essere un
quinto atomo, ma l’anima che pervade e unifica le quattro porzioni
corporee. Amore e anche chiamato Armonia\ e dello stesso ordine di
enti del logos-fuoco di Eraclito; vale a dire e sia un fluido che un
principio unificante che pervade gli elementi, come l’anima pervade
il corpo e lo tiene insieme. Lo Sfero e il corpo di dio e Amore e l’a-
nima che lo pervade e lo tiene insieme con i vincoli deU’armonia,
come la Giustizia teneva stretta la sfera di Parmenide in unita indis-
solubile. “Non c’e discordia o contesa disdicevole nelle sue mem bra”
(fr. 27). “Ma dappertutto uguale e illimitato (ouiElpurv), uno Sfero
La tradizione mística 261
ravano con riti puri dalla macchia di sangue versato e “tutte le cose
erano mansuete e benigne nei confronti degli uomini, fiere ed uccel-
li, e la fiamma della benevolenza bruciava” (<(ii>.cx|>poaúvr| Se 6 e 6 t|£ i,
fr. 130).
al processo, con la parte piú antica del Fedone che pretende di ripor-
tare l’ultima conversazione di Socrate con i suoi amici più intimi. II
confronto implica un problema che è stato risolto in vari modi. Prima
di presentare la nostra soluzione, riassumiamo in breve i fatti.
Dobbiamo solo premettere che è estremamente difficile credere che
Platone possa avere sostanzialmente distorto ció che Socrate disse in
entrambe le occasioni219. Egli era presente al processo, ed ebbe ampie
opportunité di apprendere ció che era accaduto nella prigione.
Per la nostra mente la dottrina che le anime sono simili alie idee e
le idee alie anime é strana e paradossale. U n’anima e un concetto,
come bellezza o uguaglianza, non ci sembra che abbiano molto in
comune. Da qui siamo inclini ad assumere, acriticamente, che la
distinzione dovesse essere egualmente owia a Platone, e procedendo
su questo assunto, a interpretarlo come se scoprisse analogie tra clas-
si di cose molto diverse. Ció significa capovolgere il vero stato della
questione. L’obiettivo di Platone non era trovare somiglianze, ma dif-
ferenziare due specie di realtá sovrasensibili, che originariamente
erano State quasi o del tutto indistinguibili. Basti pensare al fatto che
il suo contemporáneo, Democrito, spiegava la percezione visiva attra-
verso l’entrata di “immagini (Ei&cúXa) che fluiscono (ouioppéovxa)
continuamente dagli oggetti visti, hanno la loro stessa forma
(ó|ioió|i.op<t>a) e vanno a urtare sugli occhi”229. Sembra che Democrito
chiamasse queste immagini deikela, “sembianze”, “apparenze ”;2’0
esse non erano altro che anime fantasmatiche o spettri, ridotti, come
l’atomismo richiedeva, a trasparenti tessuti di atomi. É probabile che
in questo stadio del pensiero, a immagini e concetti erano ascritte le
stesse proprietá attribuite ai fantasmi o alie anime: realtá oggettiva,
esistenza nel tempo, estensione e localizzazione nello spazio e persi-
no proprietá corporee come la resistenza. II compito della filosofía
era daré concetti chiari di queste proprietá anímate. Platone ancora
concepisce le idee come sostanze-anima e assegna loro le stesse pro
prietá che assegna alie anime: entrambe sono immutabili, uniformi
(novoet6fi), unitarie, immortali, divine.
274 Dalla religione alla filosofía
che cause del mondo. II Socrate del Fedone narra come avesse volta-
to le spalle alie cause del divenire e del perire formúlate dagli antichi
fisici, e fosse ricorso a un sol tipo di spiegazione per ogni cosa. Se
qualcuno gli avesse chiesto, per esempio, perché una cosa é bella,
non avrebbe risposto, “per il suo colore, la sua forma, e cose del
genere”; la sua sola risposta sarebbe stata “per nessun’altra ragione se
non perché partecipa del bello”244. Questa risposta funziona, finché
“la bellezza stessa” é intesa come una sostanza divina, che impartisce
la sua natura a tutte le cose belle, ed é in qualche modo “presente” in
ciascuna di esse. Ma se “la bellezza stessa” é un mero predicato uni-
versale, e “partecipa” indica solo una relazione soggetto-predicato,
che ne é delTúnica e sufficiente ragione di Socrate perché le cose
siano belle? “Questo é bello perché partecipa del bello” significhe-
rebbe esattamente la stessa cosa di “questa cosa é bella perché é
bella”: “partecipa di” diverrebbe un mero sinonimo di questo senso
di “é”245. L’idea non sarebbe piü una causa.
Nella seconda parte del Fedone, é chiaro che, in parte a motivo
deü’ambiguitá della parola aitia che significa “spiegazione”, “ragio
n e”, “fondamento” e “causa” dell’esistenza o del divenire, Platone
confonde due teorie molto diverse. La prima é lógica e afferma che la
spiegazione o Vesplicazione da daré della proposizione “questa cosa é
bella”, é che esiste un’idea del bello, e che “questa cosa” partecipa di
essa. II che, nella terminología moderna, equivale a diré: “Ogni pro
posizione del tipo ‘x é A’ implica l’esistenza di un concetto o di un
predicato universale A, con cui x é in una certa relazione”244. Assunta
come un’analisi della proposizione soggetto-predicato, tale formula-
zione é ineccepibile; benché non valga per le proposizioni numeriche
e relazionali (“uno e uno sono due”, “Fedone é piü alto di Socrate”)
a cui Platone la applica anche. Ma ció non é tutto. La teoría lógica
non é distinta da una dottrina metafísica che puó essere formulata
cosi: “Questa cosa bella esiste (o comincia a esistere, yÍ-yvetcu) solo
perché la bellezza esiste e questa cosa partecipa (o viene a partecipa-
re) della sua natura”. Qui, l’esistenza della bellezza stessa (aireó xó
K ákóv) é la causa dell’esistenza di tutte le cose particolari nel mondo
dei sensi. La relazione chiamata methexis non é la relazione lógica
soggetto/predicato in una proposizione, ma una relazione caúsale.
L’idea deve essere, in qualche modo, il fondamento sovrasensibile
(alxía) dell’esistenza delle cose sensibili che divengono e periscono
La tradizione mística 279
nel tempo. Per essere cosi, deve impartiré la sua natura in qualche
maniera inesplicabile che puó essere descritta solo figurativamente. E
come un originale ( j i a p á & E i y n a ) che proietta una copia ( n i |r r i n . a ) o
u n ’immagine ( eíkúv) di se stessa su uno specchio o su altro oggetto
riflettente. II mondo sovrasensibile é un’immutabile gerarchia di
idee, o modelli, che proiettano la loro immagine sulla corrente sem-
pre fluente del tempo, o un empíreo di anime divine che si comuni-
cano ai gruppi degli enti effimeri che portano i loro nomi. L’intera
concezione é manifestamente mítica, ma é parte dell’essenza della
teoría. L’interpretazione lógica lotta per liberarsi della mítica; l’idea
minaccia di passare da anima inerente del gruppo a un mero concet-
to universale, che non esiste e, se esistesse, non potrebbe causare l’e-
sistenza o il divenire delle cose particolari. Platone non realizzó che
stava facendo solamente un’importante scoperta lógica; credeva che
stava scoprendo cause - le uniche vere cause - dell’esistenza del
mondo.
Note
1 Cf. Plat., Tim. 39b: 'iva 6' ele nérpov évapyég ... ó 0eós ávfjipev ... o 6f] vDv
KCKX.r|Ka)i£v íí^iov, 'iva orí iiáXiara el? arcav ía <f>a'ivoi tóv aúpavóv |íetóoxoi
re ápi0|ioí) xa ^(La, 00015 Tfv n p o o f p c o v , naBóvra napa i r g tauroO K a i ó ^ o lo u
Cf. anche Tim. 42d, dove si dice che il dio disséminé (É cw tE ip e ) le anime sulla
terra, sulla luna e sugli altri ‘strumenti del tempo’. Phaed. 83d: wore raxù Jta-
Xiv jiurtEiv e'iç aXXo odjfiu K a i ô t o n s p 0 7 iE ip 0 |ié v r | É|i4a>Eo6ai. È significativo
che Anassagora chiami i corpi primari, non ancora ordinati da] nous, ‘semi’
( o j i é p u a r a ) . Probabilmente descrisse il caos primitivo come una panspermia
(vedi p. 205, n. 14), la parola usata per la ‘minestra di semi’ offerta nella festa
primaverile delle anime e dei semi (cf. J.E. Harrison, Themis, p. 292) [trad,
it., p. 357]. Democrito usô lo stesso termine (Arist., De Anima 404a 4) per
denotare ‘gli elementi délia physis’, i semi sferici che sono atomi-anima.
" Mus., fr. 5 (DFV2, 485) [2DK 5B]:
œç ô’ a ü rc u ç K a i ((njXXa (fnjEi Ç Eiôcopo; â p o u p a ’
û ç ô è K a i c tv G p ciiu u v y e v e t | K a i iJrûJjov é X Îo o e i.
avdcyKav ((maiog ev |iexaßoXa~ig KaXiv&eixai ... xa (ifev into <|ruoiog ei? xo ä&qkov
carrcig xepnau^oneva Kai naXiv ek xow aör|Xou eg xo Ovaröv buuuvepxoncva,
a^oiß^ yevEaiog Kai avxanoöooei $6 opäg, ktjkXov auxauxag avajroöi^oüaag.
Cf. ¡1passo mistico in Plat., Resp. 546a sg: oü povov <jruxolg eyyeioig aXXa Kai
ev buyeioig tipoig <t»pa Kai cu}>opla \|mxn; te Kai ocü(iaxog ytyvovxai, öxav
nepixpona'i bcäcraxg kxjkXmv rtepufopag auvoortcooi, ßpaxußioig |i£v ßpaxujtopoug,
evavfioig 6e bvavriag, ictX.
MVediJ.E. Harrison, Themis, p. 423 [trad. it. p. 515].
21 Porph., De Abst. III, 27: ^i^riou^Ga xö ypuaavv yevog ... he0 ’ uv |iev yap
Al&tü? Kai Nejieoig »i x e Auct) ¿(uAfi, öti rpKcrDvxo xq> e k yfß Kapnä)1 Kapnov
yap o4«.oiv e<|>epev ^ei&upog apoupa airtO|idTT| noXXov xe Kai ä<t>0ovov (Hes.,
Erga 117).
22 Erga 3: öv xe öla ßpoxoi avöpeg ojuiijg cn}>axoi xe 410x01 t e . . .
pea urv yap ßpiäei, pea 6e ßpiaovra xa^Knxi,
peia 6’ api^ipüov juvuGei Kai aär|Xov ae^ei...
Zeug inpißpEiiexrig.
Aristoph., Lys. 772 : xa 6’ ujiepxEpa veprEpa 0 t ) o e l Zeug inj>ißpe|iEXT|g. H orat.,
Carm. 1, 34 ,12: valet ima summis mutare et insignem attenuat deus oscurapro-
mens.
25 Hes., Theog. 901; Pind., Ol. XIII, 6 : e v x<ji yap Euvopia vaiei Kaoiyvr|xai t e ...
AIko Kai ¿noxpojtog Eiprjva, xa^ilai avöpacn reXouxou. Bgk.5 Frag. Adesp. 140,
le Moirai sono invocate per condurre Eunomia, Dike, e Irene nella cittä. Inno
dei Cureti cretese (“Brit. Sch. Annual”, XV, p. 357 sg.):
T£2pai 6e ßp]uov Kaxfjrog
Kai ßporoug Alxa KaxrjpxE
navxa x’ äypt’ än4i£Ji]e ijj>’
a <)>LXokßog Eipr|va.
Per l’inno, vedi J.E. Harrison, Themis, in particolare il capitolo conclusivo su
Themis.
MHes., Erga 320:
Xpiinaxa 6 ’ oüx äpnaKxa, Beooöoxa jioXXov ¿(mvto.
ei yap xig Kai x^poi ßi\| neyav oXßov eX.r|Tai...
288 Dalla religjone alla filosofía
e i0 ’ ijX io g |i £ v v u i ; t e S o u Xe u e i P p a r o i g ,
K a i t <L6‘ o u io v e ^ e i v ;
c o ro p re c e d e n te .
N e l l ’a n t i c a e t a d i C r o n o , g l i u o m i n i v i v e v a n o g i u s t a m e n t e , s e n z a g u e r r a o
c o n te s a , s e n z a d iv o ra rs i a v ic e n d a ( 2 7 l e , d a H e s ., Erga 2 7 6 : Z e u s d i e d e a g li
u o m in i 6 í k t |, a f f i n c h é n o n s i s b r a n a s s e r o t r a d i l o r o c o m e b e s t i e ) , e ‘ le sta-
gioni e r a n o t e m p e r a t e p e r n o n f a r l o r o m a l e ” ( t o t w v ló p w v o c û ro iç cíX u jio v
E K E K p aT o , 2 7 2 a ) . I I p e r i o d o é il G r a n d e A n n o , c h e m e t t e f í n e a l c i c l o d i r e i n -
c a m a z io n e d e lle a n im e . N o ta a n c h e la m e n z io n e d e i n o m i d e lle s ta g io n i n e l
p a s s o c o r r i s p o n d e n t e c h e d e s c r i v e i l g o v e m o d e i d e m o n i d u r a n t e T e t a d e l l ’o -
X Ó h e v o v . P e r l a r o t a z i o n e i n v e r s a d e l l ’u n i v e r s o v e d i J . A d a m s , Republic o f
Plato, 1 9 0 2 , v o l. I I , p . 2 9 5 sg .
ó jiá v T c u v É y a rv , e ú G e u ? rc e p a lv E ; K a r a ((rn o ıv jc e p u to p e u o n e v o ç - t ó j 6 ’ ó e í a u v t -
Z e û ç , e İ t ' á v á y i c r i « trû a e o ç e i t e v o û ç p p c r tû v ,
P a i v a j v k e X e ú O o u K a r a ó í k t j v t ¿ O v rft’ â y E iç .
K a r a K E X c o p i a p é v a , K a i T a ú r a v r c t v â p ı u r c T ^ â r a v ó & ov É K J t o p i a á ( i £ v o ; vóü)
k o t ' e ú 0 e u x v Ó p n a 0 f i |i £ v K a i T E X io 6 p o p .â o a ı t c ç â p x â ç T o iç n É p a o i o ı ı v c h p a ç t e
S u c a v t e K a i t o v ó p 6 o v X ó y o v n E p a iv o jié v u r v . I I l i n g u a g g i o r i n v i a a l i e Leggi,
p rim a c ita te , e al Fedro 2 4 6 e , i n c u i Z e û ç , É X aú v co v j t t t | v ó v a p ^ a , n o p e ú e r a i
G li i m m o r ta l i c o m p a i o n o s u lla v o l t a d e l l o û p a v o ç , e s o n o p o r t a d in c e r c h io
d a l l a s u a n £ p i $ o p á . P s . - A r c h i t a u s a k o t ¿ & ík o v ( n e p a í v E o O a i ) c o m e s i n o n i m o
d e l K a r a (jn x riv ( ji E p a iv e i ) d i P l a t o n e . S o p h . , f r . 2 2 6 N J: ó A X ’ e i ç 6 e ó v o ’ó p ü i v t a ,
40 V e d i supra, § 57.
292 Dalla religione alla filosofía
MQuesta datazione della teogonia rapsodica (Abel, fr. 48 sg.; DFV2, p. 476) e
stata sostenuta da Lobeck, ed ora e accettata da Diels, Gompeiz, Kern,
G ruppe e Eisler; vedi Eisler, Orpheus, the Fisher (Third Internat. Congress
for the History of Religions, Oxford) ehe discute le sue affinitä con lo
Zrvanismo iraniano, e in particolare la somiglianza di xpovo? <iyr|paxog con
Zrvhn akarana (tempo senza fine). Per una particolareggiata formulazione
della teoria dell’influenza persiana, vedi Weltenmantel, vol. II.
” Per le testimonianze vedi G ruppe, Griech. Myth. u. Relig., p. 1028 sg.
” Emped., fr. 120; Eisler, Weltenmantel, II, p. 618.
” Eudem., Phys. 51 (Simpl., Phys. 732, 26): 6 6e a i r r o g xpcrvog i t o t e p o v y i y v e x a i
... f j o u , CDCOpr|OEiev ccv t i g ... e'i 6 e r i g j u c j t e u o e i e x o 'ig n u B a y o p s l o i g , ü x t t e J i a -
Xav x a a u r a a p iB iu p , K a y u i n t> 0 o \ o y r j a c o t o p a ß 6 io v e / u r v i i j ü v K a O r in e v o ig
c rirn u , tc a i x a ä X X a j i a v r a o ^ io u o g '¿¡¡ei, i c a i x ö v x p o v o v E u X o y o v k c m x ö v a ü r ö v
tlv a i.
“ Cf. Heracl., fr. 91b: xpÉ^ovxai yáp jiÓvtes 01 ávGpcáteioi vó|ioi úió Évog toü
BeÍou' tcpcrrei yáp toooütov Ökooov éBéXei kcu é^aptcel naoi kcu ireptylvexai.
Hippocr., De Victu, 11 (DFV2, p. 83) [22DK 114B],
“ Erga 276: xóvóe yáp ¿vBpasioioi vópov ócéto^e Kpovuuv, IxQúoi (xev kcu. 6t|pa'i
Ka't ounvoig jiErer|vo'lg Éaflénev áXXi'iXoug, brei oú ÓÍKr| écmv Év aúroig' ctv-
Gpcújtoiai &’ é6(úke öikijv...
47 Plat., Protag. 320d sg.
“ Callicle in Plat., Gorg. 483; Trasimaco in Resp. I; e la ripresa di questo argo-
mento in Glaucone, Resp. II, 358e, in particolare 359c: 6ia ttiv jtX£(m|íav, o
jiöoa ((rúoig ólüjkeiv jiá|>i>Kev ¿ 5 cryaBóv, vó^cp öe ß'm jiapáyrrai b á TÍyv to ü
loov Tinrjv.
69 Nessuna delle oscure írasi di Eradito circa il destino dell’anima rinvia, a mió
awiso, a una credenza neU’immortalitä personale. II fr. 68B [22 DK 36B]
ijnjXÍjoi öcrvarog u&a>p yeveoGai sembra esplicitamente negarla. Vedi Rohde,
Psyche, II. 150.
70 Pfleiderer, Heraklit von Ephesus (1886), p. 19 sg.; Diels, Heraklit von Ephesos
(1901), p. vi.
71 Per i frammenti di Eraclito mi attengo alia numerazione di Bywater, che segue
anche il prof. Burnet in Early Greek Philosophy. NdT: Affíanco nel testo in
parentesi quadra la numerazione DK.
72 Sext., Adv. Math. X, 216: ocupa |¿kv ouv éXe^ev eivai rov xpóvov Alvrjaii>Ti|iog
Kara rov HpoBcXtiTov mi óiaijiépeiv yap carrav t o ö övrog Kai t o ü jtpútou acó-
juiTog. Cf. O. Gilbert, Griech. Religionsphilosophie, Leipzig (1911), p. 60.
75 Cf. Arist., D e Gen. et Corr. 337a 1: 6io Kal raXXa öoa pcraßaXXfi ei; aXXT|Xa
... olav rä cctXjä acópara, |up¿lrai ri]v kvkXxü ijopáv orav yáp e| iiöarog m p
yÉvrjtai K a i áipog m>p K a i itáXiv é k nupog ü&up tancXtp (jxáfiev jt£puXr|Xuöe-
vai ttjv yéveoiv 61a to jióXiv ávaKÓturcEiv.
74 Si tratta dell’unica volta in cui la parola ¿Bóvarog compare nei frammenti.
71 Zrfvóg. II nominativo Zi]v fu usato da Ferecide (fr. 1) e probabilmente da
Empedocle (= |éoig, DFV2, p. 159, v. 17) [7DK IB]. Vedi Eisler,
Weltensmantel, II, p. 357. NdT: La connessione paretimologica tn v
non é piü sostenuta. Vedi Eraclito, Frammenti, a cura di M. Marcovich,
Firenze 1978, p. 309.
76 Plot., Enn. IV, 8. 1: ó UpoKXeiTog ... ot(i£>.T)oag oa<|>fi t|(ÍLv Jioifjaai tov Xóyov,
cúg 6éov iaa>s Jtap' aúrciig trjCEiv, (ikjjrep k c u aúióg í¡rjr>íoas eupev.
77 Intendo il fr. 49 [35 DJQ, xpri Y“P eu náXa jioXXúv 'loropag ((nJjoaáfKxug
ávópag ¿Ivai, “coloro che amano la saggezza devono conoscere molte cose*
come una irónica derisione della polymathie, forse rivolta particolarmente
La tradizione mislica 295
contra Pitagora, che non si definiva ‘saggio’, ma ‘amante della saggezza’. Per
Eraclito, convinto di possedere la “saggezza [che] e una” (fr. 19) [41DK], tale
modestia sembrava falsa e ipocrita. jioXXuv 'ioxopeg nel suo linguaggio e u n ’e-
spressione di disprezzo: cf. fr. 35 [57DK]: fiiödoKaXog jtXeumtfv 'Hoiööog-
xoOxov «liaravrai jiXitcrca eiöcvai, öorig r)H£priv Kai eu<f>p6vr|v o-jk eylvci)-
okev- ecru ifap ev.
78 Fr. 11 [93DK]: o äva|, ou to hovteiov ecrn to ev AeXifoig, oim \eyEi oute
KpünTEi aXXä orinaivEt. Per il significato di ofina (ar|(iaivEv) cf. p. 218, n. 1.
7’ Sallust., De Diis et Mundo 3: 3=ecm yap Kai xäv köo|iov hüGöv e’uieIv,
aaipiaturv |itv Kai xPT|HOTüjv ev autcL (Jwivohevüjv, tjTUxcüv & Kai vocuv Kpujrxo-
(ievcuv. Vedi Plat., Crat. 408a, sulle etimologie di Hermes, Pan, Logos, in par-
ticolare 6 Juoyog Jiäv or|naivEi Kai kukXei Kai noXel dti, Kai eau öutXoüg, aXr|-
0r|5 xe Kai tyeuövg ... to |i£v aXr|0Eg aütoö ... Geiov kcu ävtu oikoOv ev to'ig Beoig,
to 6e tpeGtog kotco ev rolg xoXAoig tü>v avöpcujKuv. Per l’antichitä della dottri-
na del Logos-Hermes, vedi Zielinsky, Hermes und die Hermetik, “Arch. f.
Relig.”, IX. L’equazione Hermes = Logos risale a Teagene di Reggio nel sesto
secolo; vedi DFV2, II, p. 511.
“ Fr. 34 [100 DK]: <Lpai di xavra <|iepouoi. <t>ep£iv, ‘portare’, ha un doppio
senso: 1) “mantenere tutte le cose in movimento” nel cido annuale, 2) “por
tare a nascita tutte le cose”.
81 Arist., De Anima 405a 25.
82 Una maniera materiale di esprimere ciö che ho chiamato il mana o J demone
del fuoco. II passo dimostra che il calore o lo spirito del fuoco era solo in
parte distinto dalla fiamma visibile.
85 Diog. Laert., IX, 8.
81 Theophr. ap. Simpl, Phys. 23, 33: itoiil 6e Kai to |iv Tiva koi ytpavov
¿pianevov Trjg tov koojiou iiEraßoXrjg Kaxa Tiva Ei^ap|ievr|v ävayicr|v.
" Fr. 62 [80 DK]: tiSevai 6t xpi'i töv hoXe(iav kövra |uvöv, kcu Auct[v ”Epiv, Kai
Yiyvojirva navra Kar’ epiv...
“ Fr. 60 [23 DK]: Aucr|g övopa <j>r|aiv ouk av rji&Eoav, ei Taxka (itj T|v. Concordo
con Burnet (E G P , p. 151, n. 5) che Taüra significhi “ogni specie di ingiusti-
zia”; ma credo che Eraclito alludesse in particolare a quella che
Anassimandro chiamava “ingiustizia”, come lo stesso Bumet sembia ammet-
tere (pp. 158, 160).
871 moderni interpreti del Cratilo che immaginano che le inteipretazioni misti-
che dei nomi siano unicamente cattivi tentativi di derivazione filologica di una
parola da u n ’altra, sono completamente in errore. Prese in quantc tali, esse
sono owiam ente troppo false e ridicole, anche per chi e digiuno di filologia,
296 Dalla religione alla filosofía
per essere scambiate per etimologie. Ció che preme a questa filología mística,
é quali elementi significativi il nome contenga; la questione storica di come vi
siano pervenuti é del tutto irrilevante e non é mai presa in considerazione. P er
il misticismo numérico della dottrina del logos di Eradito vedi Eisler,
Weltenmantel, II, 694 sg.
“ Plat., Crat. 408c: oía©' im ó Aóyog t o nóv orniaívEi icai kdkXei Kai jioXeí áeí,
Kai éotl óutXoCg, óXt)0t|5 t e Kai tjreuSrig.
w Porph., De Abst. I, 36: oürcog yáp Kai tw v jtpóaQev áKoúopirv K /ia ávópcüv,
nuöaYopeUuv te K a i oottxíiv, Sjv oí |¿v T a k p r| u c r r c r r a x<¿>Pia k o t iú k o u v , oí 6fc
(per es. Apollonio di Tiana) k c u tújv jióXeüjv t a itpa K a i T a aXor|.
” I successori di Eradito, oggetto della satira platónica (Theaet. 179e sg.), rifiu-
tavano l’apprendimento reciproco, ma “germogliavano come funghi” ognuno
rivendicando una ispirazione privata, e sostenendo che gli altri non sapevano
nulla.
1,1 Per Orfeo come figlio, o Épúpevog, o ETaipog di Apollo, vedi Roscher Lex. s.v.
“O rpheus”; Eisler, Weltenmantel, II, p. 681.
" Vedi J.E. Harrison, Themis, p. 443 [trad. it. cit., p. 537].
” Contro questa concezione protesto Eraclito sostenendo che il solé muta,
come ogni altra cosa, ed é ‘nuovo ogni giomo’ (fr. 32) [6 DK].
w É la teoría sostenuta da Socrate nel Fedone; vedi supra, p. 269 sg.
” Va anche ricordato che il fuoco é l’elemento di cui sono formati i misuratori
del tempo (i corpi celesti). Diog. Laert., VIII, 1. 27 (Pitagora): ijXiav te Kai
O E X rjv rjv K a i toi»? áXXoug c t o r é p a g e í v a i 0eoúg‘ a i i K p a r E i v yäp tö O e p p o v fcv
Cf. Bum et, EGP, p. 91, che, comunque, non prende in considerazione l’im-
portanza dello stato emotivo. Ed é ceno questo, e non l’azione rituale, il fatto
essenziale.
98 Plat., Phaed. 64a: Kivóuvrúoucn yáp öooi Tuyxóvouoiv óp0(¡jg ó j i t o i í e v o i <|>iXo-
oocj/iag XfXr|0évai Toi)g áXXoug, orí oúóev áXXo airroi biiTr|6«xn>oiv r| coto-
La tradizione mística 231
uva; xa yEvóncvá j i o t e náXiv yiyvETau, véov 6e oüóev ájtXxL? éaxi, k cu . orí jiáv-
ra xa yivóntva Émjnjxa ó ( io y E v f | &e"i vo|iít£iv.
lambí., Vit. Pyth. 13; Porph., Vit. Pyth. 24; G. Cunninghame Graham, Santa
Teresa (1907), p. 51. Confronta anche “la razza d ’oro dell’etá di Crono” nel
Politico di Platone (272b), che “ha il potere di parlare non solo con gli
uomini ma con gli animali”, e fa uso di questa opportunitá e l ; ((iiXoao^íav,
“cercando in tutta la natura” (napa náor); ijrúoEios) ció che abbia la facolta
peculiare di contribuiré all’accumulo di saggezza. In Meno , 81c, dove si
sostiene la dottrina orfíca della palingenesia, é “la parentela di tutta la natu
ra” (axe xfis ())Úoeci)5 ánáor); auyyEvoüs oíat];) a rendere possibile all’anima,
che ha appreso le idee nell’altro mondo, di recuperare la sua conoscenza
per anamnesis.
IWSextus Em p., Math. IX, 127: oi (¿v ouv nepi xov Tludayópav Kai xov
’EfutE&oKXia Kai xcDv TuaXwv jiXi)8o; fyadi (ir) póvov lyüv npog aXXr^Xmi; Kai
npo; xoug 0EOÚ5 ¿ívai xiva Koivumav, áXXa Kai npoc; xa áXoya xcóv íjúurv. ev
yáp újtápxeiv írvEÜ|ia xó 6iá navtóg xoO kÓo|íco) óifpcov Harxrjs xpónov, xó Kai
ÉvoOv finó; jrpog ÉKEiva. Giamblico (Vit. Pyth. 108) ¡Ilustra la dottrina nei ter-
298 Dalla religione alla filosofía
mini seguenti: Pitagora “prescrisse loro di astenersi dalle cose che avevano
vita (anima) in esse (¿minixcüv); poiché, se volevano praticare in sommo grado
la giustizia, non dovevano recare offesa a nessuno degli animali a noi affmi
(caTYYevcüv ¡¡(úicuv). Come infatti avrebbero potuto persuadere gli altrí ad agiré
giustamente se essi stessi erano dominati dallo spiríto di sopraffazione ( j i X e o -
v e |ía )! Generale é la parentela (ouYYEVlKni ncco/fiO degli esseri viventi, i quali
sono legati a noi quasi fraternamente mediante la comunanza (xoivomav)
della vita, degli elementi e della mescolanza da questi risultante.” Se
Aristosseno (vedi Bumet, EGP1, p. 102) é nel vero quando afferma che
Pitagora proibiva, tra animali, solo il bue da lavoro e il montone, probabil-
mente era perché il montone simboleggiava, nella vita anímale, il principio
fecondatore maschile, mentre il bue aratore rappresentava lo stesso principio
nella sfera della vegetazione, che spunta dalla térra arata. 1 due animali erano
simboli di tutta la vita. Confronta il frammento spurio di Empedocle 154b
(DVP) che afferma che il primo infelice uomo che mangió carne poóiv órd-
o av t’ áfxrrripcuv.
'“’koivt) auvoucrla kcu 6'iarta, lambí., Vil. Pytb. 246. L’ammissione delle donne
aveva un carattere ‘dionisiaco’ (le Menadi) piü che orfico. L’orfismo era anti-
femminile.
IOkIambl., Vit. Pyth. 88 = DFV2 s. tit. ‘Hippasos’, 4.
107DFV2, p. 24. Cf. l’introduzione alie Leggende Indiane di Somadeva: “Gli déi
godono di perenne felicita, gli uomini sono nella infelicitá costante; le azioni
di coloro che sono fra uomini e déi sono, a causa della diversitá della loro
sorte, piacevoli. Perció vi racconteró la vita dei Vidyádhára", cioe dei dem o
ni e maghi (Kátha-Sára-Sárit-Sagara, 1. i. 47).
‘“ Cf. Proel., In Eud. 1,419: ícm hev ópxdia, <t>adiv oí Jiepi tóv Eu6ri(iov, kcíi TT|g
Ttirv I lu O a Y o p e ic ü v M o ú o t is e i j p r |( i a T a .
j t a y a v Ó E v á o v (Jw aio g p t ^ t ü j i á t ’ É x o u a a v .
Diels, “Arch. f. Gesch. d. Phil.”, III, p. 457, congettura che questi versi costi-
tuissero l’apertura del poema, spesso citato come 'lepo; Aóyog o riEpi Becóv, in
cui, secondo Theol. Arith., p. 17, era celebrato il potere del numero 4 e la
metafísica connessa con esso.
Cf. Payne, History o f the New World, I I 283, p. 410: “Nauh-, la particella mes-
sicana per il numero 4, nella forma astratta ‘Nahui’ probabilmente incorpora
una concezione analoga al ‘Nahua’, il Comando o la Regola di Vita, e sugge-
risce totalitá, perfezione o indistruttibilitá; questi austerí e metodici barbari
ricordano i filosofi pitagorici, che sostenevano che il numero 4 era la radice o
la fonte di tutte le cose”. Nahuatlacá é un nome generaJe usato dai messicani
per indicare le “tribu che vivono principalmente di agricoltura, in accordo
con un Nahua o una Regola di Vita dettata dal costume amministrato da capi
ereditari”.
ll9Cioe, la forma primitiva delle tre ‘dimensíoni’ (aii|ai, accrescimenti).
‘"Arist., De Anima 404b 21.
121Cfr. Arist., De Anima 404b 18. “Era spiegato nelle lezioni (di Platone) sulla
filosofía che l’animale in sé (l’universo) proviene dall’idea stessa dell’uno,
dalla lunghezza prima (due), dalla larghezza (tre) e dalla profonditá (quat-
tro)", ecc.
122Aet., I. 3. 8: eTvoi 6e rrjv ijnjoiv toü ópiOpou 6éko- p¿xpi yáp tójv fióca jiávxEg
''BiX.TjvEg, jiávTEg páp§apoi ápiBpoüoiv, é(f>’ a eX0óvtes jtáXiv ávcuiofioijoiv «ti
ttjv nová&a. D prof. Bumet (EGP1, p. 114) ritiene che c¡ sono buone proba-
bilitá che tale teoría risalisse alio stesso Pitagora. Per npojto6io|ióg (‘proces-
sione’), l’opposto di ávano&ioiióg, vedi infra, p. 300, n. 124.
300 Dalla religione alla filosofía
l i a v t o i significa che non siamo contrassegnati dalla lapide chiamata corpo. Cf.
tiero delle anime presso Pannenide sia simile, e che Dike si trovi al centra. Le
difficoltà di interpretazione ehe circondano le descrizioni sia di Parmenide
ehe di Platone sono in ultima analisi dovute al tentativo di combinare le con-
cezioni ‘dionisiache’ e ‘orfiche’, di cui abbiamo messo in evidenza la con-
traddittorietà. Il sentiero ‘dionisiaco’ delle anime è circolare, dalle regioni
superiori délia luce al di sopra délia terra all'oscura regione al di sotto di essa,
e viceversa. Parmenide adotta questo modello per il suo viaggio nel mondo
sotterraneo. Ma, in base a questa concezione, Dike dovrebbe stare nel
Tartara, sotto terra, non al centra. Il sentiero orfico delle anime è dal cielo alla
terra, e il punto più basso è il centra délia terra, dove dovrebbero esserci il
fuoco centrale pitagorico e Dike. Cf. Theol. Aritb., p. 6 sgg. ed. Ast, ehe sta-
bilisce ehe i pitagorici collocano un èvaôucôç ôicbrupoç taißog jtepi to ploov
T(ûv leoodptuv «jtoixe'uüv, et 01 Jiept ,E(jit£ÔOK>ia kgù riap(j£vlôr|v li seguono in
quanto mantengono t î j v ( j o v œ ô u c t j v (fıûaıv ‘Ecmaç tpànov èv ixéoüj i&pûo6ai
Kai 6ià to loôpponov «{(uXaooeiv ttjv airrrfv ëôpav (vedi O. Gilbert, loc. cit. p.
42; e Griech. Religionsphilosophie, 1911, pp. 185,189 ss.). Platone (Resp. 616)
tenta di combinare entrambe le visioni facendo allungare la colonna di luce ai
due poli in una fascia che corre tutt’intom o alla sfera celeste (se Adam, ad
loc., ha ragione). Proprio il fatto ehe gli studiosi siano divisi sulla questione se
Parmenide viaggi attraverso il cielo o nelle profondità délia terra, indica ehe
la cosa non era chiara nemmeno a Parmenide.
‘“ Diog. Laert., IX, 22.
“’Theophr., De Sensu 3.
,wE G P , p. 289. Cfr. Zeller, Phil. d. Griech.', I, p. 806: Anders verhält es sich mit
gewissen religiösen Lehren und Vorschriften, welche ... mit den wissenschaf
tlichen Grundsätzen unseres Physikers in keiner sichtbaren Verbindung
stehen. In diesen Sätzen können wir nur Glaubensartikel sehen. ... Rohde,
Psyché, EI, 175: Zumeist aber stehen in seiner Vorstellungswelt Theologie
und Naturwissenschaft unverbunden neben einander. A dispetto di queste
affermazioni autorevoli, il permanere di credenze religiöse che non collimano
con le opinioni filosofiche della stessa persona, mi sembra più tipico dell’or-
todossia modema che dei filosofi greci.
iaEth. Nie. 1147a 18: K a i y à p o i èv i t a B s o i t o û t o ı ç (stati di ebbrezza, ecc.) o v r e ;
cu to & E i^ E i; K a i ân ı X É y o u o iv ’E jjjw ô o K X io u ç , K a i oı n p û r o v n a G o v r s ç o u v E İ p o u -
imMet. 996a 7.
‘“ Aristotele associa i sistemi di Anassimandro ed Empedocle: Phys., 187a 20, oi
ô’ èk t o û Év o ç è v o û a a ç r à ç Èvavriôrr|raç È K K p iv e o fla i, akncep ’Ava^ijiavôpôç
<t>T|oı K ai ö a o ı ô’ Êv koi xókX á < |> ao iv eI v o i , (iSajiep ’E |¿] i e ó o k A.T£ koi
'“ Cf. le ultime parole del passo di Aristotele citato alia n. 185, p. 306.
"” Ps.-Plut., Strom. (D F V \ p. 158,30).
'"ávtaú y eia é il termine técnico.
""Arist., De Gen. et Con. 336a 3: btei6ri yáp nápvKev, <ug fyaaiv, to ^ev Gepfiov
fiiaicpívEiv, to & yvypbv auvioróvai.
'” Aet., II, 11. 2: orepénviov eívai xóv oúpavov él= ÓEpog aupjtayÉvTOS {oto mjpog
KpuoraXXoEiSíSg. Cfr. Aet., II, 25. 15: E. asp a auvearpamiévov ... jiEJirfyára
t m o j iu p o ? ( t t | v o e X .iV 'T v )- “U fuoco in generale aveva un potere solidificante”
alia timocrazia, invoca le Muse e dice: onwg &f| npókov crtáou; éjuceoe.
Vedi p. 225.
™ÉXiíXaxai di Empedode é una reminiscenza di Hes., Theog. 726, tóv
(Tdpxapov) népi yateicN epro; ÉX.rjXaxai, nello stesso contesto della descri-
zione di Stige. II suo termine per elementi, pi^cú^axa, viene, attraverso la for
mula del Grande Giuramento dei Pitagorici, la tetractys (jitiytiv óevóou
0105 t ’ éxouoav), dalle parole che seguono i versi appena dtati della
Teogonia: <V4* &É juv Nu| TptoxoixEi kÉxutoi nepi. 6eipr[v- a ú rá p üxEpOev ytK
pi^ai xe^úaoi Kai cnpuYÉroio 6aXáooT£. (Cf. Olympiod. in Aríst., Meteor.
28b a: éXe^ov (01 ápxaux) xtiya; (ücmep nva; pí£a^. Plut., De Is. et Os.
381f: T| fie koXox>h¿vti TTtpaicTÚ^, xa é | kcu Tpióncovia, piyioro; tjv opKo; ... Kai
K00H05 w vónaorai. Per Stige-Orco associato nella teogonia orfica con il
fiume infemale Océano, cfr. Arist., Meí. 983b 27: Eicn 6é tiv e; oí kcu. tou?
naiuiaXaíoug ••• Kai npútou; 8EoAoY1íoavTaS (come Tálete) oíovxai Tiepi.
rfg ^úoEiog ÚJioXap¿iv ’Qkéovóv te yáp kcu Tt|6uv énolr|oav TÍ); yevtatwq
xatépag Kai tov opKav ttiv Beüjv üfioip ttjv koXou|íÉvtjv \m‘ airrwv Ixvya twv
JioirfTÓjv Ti|AuúraTOv pcv yup tó jipEopúrarov óptcog fie tó xiiiuáiaxóv Ecmv.
“ ’Hes., Theog. 782: cbbidt’ Ipi? Kai veuco? év áBavátoiaiv ópTfxai.
“*Cf. Hes., Theog. 793:
05 xév rrjv btíopicov ánoXXEiipa; Éno|ióooq
áOavÓTiuv...
Kelxai vi^uxnos teteXeohÉvov «g éviavróv.
II trasgressore e tenuto lontano (curoiulpExai) dagli dei per un Grande Anno
di nove anni ordinarí, e nel décimo si unisce (ÉJiiníoyETai) di nuovo ad essi
(801-4).
OTFr. 115, 4 e 14:
<Neíkeí 0’> 05 k’ biíopKov ófiaptrioa; (- ónaprr|aa^ bio|aóaor|i...
NeÍkei |xaivo|iÉvqi JÚauvo?.
mCi sembra di intravedere dietro questa appassionata disapprovazione del dila-
niare e mangiare carne, accanto alia condanna dei sacrifici olimpici, un rifiu-
to di quei primitivi riti bacchici di banchetti di carne cruda (u>|40<t>aYÍa), che i
Cureti cretesi avevano continuato a praticare, sebbene si astenessero dalla
carne in altre occasioni.
207Da qui Plutarco, DeAnim. Tranq. 474b: naXXov, ¿5 ’EhjceóokXtk, fiixxaí tive?
«aorov r]|i¿jv yevÓ(ievov jiapaXa(xpávouai Kai Karápxovrai |iOÍpai Kai fiaí-
noveg, cioe uno buono e uno malvagio, una parte di Amore e una di Contesa.
Porph., De Abst. III, 27: ti fie nr^, ÓXX’ évTEÚGév ye xó rrg ^nxjEcng t)|jíüv
ÉXóntüna, fvteOOev tó 0prjvoú|irvov Jipog xüv naXaiúv, ¿5 ‘ to'uuv Ék t ’ épíficav
La tradizione mística 309
o v 6 i r v à |i e 8 a .
“ Fr. 115, 12: âXtoç 6’ èç âXXou ôéxerai, CTruyrouoi 6c navreç. Cf. Ps.-
Phokylidea, 15:
Hrjfi' éitiopKTjo^ç (1171’ àyvùç jirjre bcovri-
IJIEÙÔOpKOV CTTUyéei 0EÖÇ ¿nßpOTOg ÖOTIÇ ónóoo^.
ím63b sg., specialmente 65c-66a.
,,0Fr. 126: oapKÛv áXXoYvóm rcepicrréAXouoa xitúvi.
È l’esempio usato da Cebete in Phaed. 87c (vedi Bumet ad loe., che la mette
in relazione col xivíw orfico). L’analogía fra l’anima di Empedocle e l’anima
concepita dal taoismo ciñese {supra, p. 143 sg.) è notevole. I due sistemi si
basano sulla stessa idea fondamentale.
212Fr. 59: ouvâıjjıcç oka. Kai oúx oka, ouiu|>Epó|ievov óia^epótievov, ouvôlôov
ôiâiôov, Kai be návrtuv êv Kai é | évôç návra.
‘"Met. 1000b 12.
JH889b sg. Cf. DFV2, p. 161. 48.
Jl,891c: Jtûp Kal ü&cup Kai yfjv Kai àépa xpôna riyeuiOai t û v návnuv eivai Kai
ti]v (jnxJiv àvoiiàÇeiv ram ' aúrá, ôè ék t o û t c u v üarepov.
1,4Per tali questioni cf. Hans Raeder, Platons philosophische Entwickelung,
Leipzig 1905.
!1,Hermodor. ap. Diog. Laert. II, 106, III, 6; vedi l’edizione di Bumet di Phaedo,
Oxford, 1911, Introd. Sono lieto di trovarmi in sostanziale accordo con le tesi
sostenute nella sua notevole introduzione, e con quelle simili di A.E. Taylor,
Varia Socrática, I, Oxford 1911. Da tempo lavoravo all’idea che il sistema di
Platone è fondamentalmente pitagorico; e questi libri mi hanno aiutato a for-
marmi una opinione più chiara.
11117 6e: uni óvóyKti T O & tá (rà eïôij) t e élvai K tù. t ô ç ruerépaç i|>i>xàç npiv k c ù
T |t â ç yc/ovévai, Kai ei |xf] xaûta, a ù f i c xaôe.
JI’Questo punto è stato sostenuto con gran forza da Bum et e Taylor, opp. citt.
Sono, tuttavia, incline a pensare che nel Fedone Platone si conceda molta più
liberta di quanto essi non ammettano.
“ oiov |i.tiôèv eivai. Ció non significa assoluto annullamento, completa non-esi-
stenza; ma essere un’ombra, una nullitá, qualcosa che non conta niente; come
quando l’eroe morente nella tragedia dice, oúóév ein' éycú.
a,É stato messo in evidenza che questi semidei sono giudici dei morti, solo per
ché erano eccezionalmente giusti; non è implicata alcuna idea di un ‘giudizio
finale’ delle anime o di una distribuzione di premi e punizionL
“ Per maggiori approfondimenti vedi le introduzioni alie edizioni di Ferrai e
Bumet.
310 Dalla religione alla filosofía
m Phaed. 63b.
^ In iz ia , 63b, con le parole 4>ép£ 6f| neipaOú) niöavurcepov jipog únág cuioXxyyr|-
aao 0 ai r| upo? t o u ? f u m a r á s , e finisce, 69e, el t i o u v ú | ü v jiiOavurcepós eifu é v
t r caioXßryuji f| toí? ’A6r|vauuv öucaoraig, eu áv éxoi.
m É questo, credo, in parte il significato del passo (60d) relativo al sogno di
Socrate di “darsi alia música” (hodolktjv jioUl tcai épyá£ou). Socrate aveva
fino allora creduto che “música” significasse filosofía - cioe la sua dialettica
razionalizzante; ma ora crede che significhi letteralmente “música”, favole
non logoi. Non essendo nuBoJioyucóg, prende le favole di Esopo e le trasfor-
ma in poesia (61b). In 61 descrive il discorso che segue come jnjGoXoyEiv. Cf.
70b, 0ia|ii>0oXoY¿nf v.
22‘Vedi Phaed. 90e sg., dove Socrate ammette di aver discusso come se avesse un
interesse nella condusione, e non in modo imparziale, e 91e, dove il solo
argomento dd\'anamnesis é riaffermato come valido.
“7Bumet, Phaedo, 1911, Introd. p. XXVI.
“ 'N o n vorrei daré l’impressione di credere che Socrate fosse un orñco o un
pitagórico. Suggerisco soltanto che Platone, sotto l’influenza dei suoi disce-
poli, potrebbe aver proiettato il suo recente pitagorismo nel pensiero di
Socrate.
“ Alex, in Arist., De Sens. 56; Beare, Greek Tbeories ofElem. Cognition, p. 30.
2WHesych.: 0ÍKt^jov-((>áona, ¿Jijas, cl&oXov, ^ipir||xa. Cic., A d Fam., XV, 16, 1:
quae ille Gargettius et iam ante Democritus eIóojXxi, hic (Catius Insuber, l’e-
picureo) spectra nominat. Per l’uso religioso di óíkiiXov vedi M.P. Nilsson,
Der Ursprung der Tragödie, “Neue Jahrbücher” (1911), XXVII, p. 692.
2.1Phaed. 79d.
2.2Phaed. 67a: nr|6e ávcutitutXjtuncGa (contaminato) tt¡s to ú to u (toü ocónaxog)
(¡«Soecüg, áXXa Ka0apeútu|iEv. 66b: '¿tu; áv t ö oót^a exiu|ifv Kai ou|¿n£<|a>piiÉvn fl
rim iv T) i|ruxfl to io ú to u kokoO. 80e: Éav p iv KaBapa 0utaXXcnTT|Tai,
(ir)6ev toO ouincrtog auve<t*X.Kauaa, crie oüfiev KoivajvoOoa aura» év t £ ßup
ÉKOüaa eivai. 81b: |i£^uao|i¿vr| Kai cncdöapros to C oconaxog. 81c: öieiXiinnevr)
(disteso, permeato) imö to ü aiuiiaroeiöoGg.
2” Phaed. 81d. Si veda la mia interpretazione della concezione empedodea del-
1’anima consistente di una parte immortale, composta del principio buono
(Amore), concaminata durante il ciclo di reincamazioni dalla mescolanza con
il principio del male (Contesa), e di una parte mortale (sensi) consistente dei
quattro elementi corporei, supra, p. 264.
2UPhaed. 81c. L’anima, che e ‘permeata dal corporeo’ e, per la continua associa-
La tradizione mística 311
zione (ouvovoia) con esso, ha introdotto il corporeo nella sua natura o sostan-
7A (ÉvenolT]OE aún^nrrov), é appesantita e trascinata nel mondo visibile da que-
sta mescolanza corporea, che é ÉnPpiBég, Papú, yewSes, ópaxóv. Perció, ¡n
Fedro, 248, l’anima disincamata conserva le due partí ‘inferiori’, simboleggia-
te dai due cavalli del carro, e da quesee é trascinata di nuovo sulla terra. In que-
ste rappresentazioni, comunque, non ci si puó aspettare una stretta coerenza.
m Euthyd. 300e: Le molte cose belle sono differenti dalla bellezza in sé (carro tó
koXóv), ma una cena bellezza (tcóXXog t i ) é presente ( j i á p E t m ) in ciascuna di
esse. Pbaed. lOOd: o Úk óXXo t i jioie I amo (una cosa bella) koXov f | tj é k e Ívctu
TOÜ KaXoÜ ELTE ItOpOtiala ELTE KOlVCUvla CITE ÓT| KOI OJKug npOOYEVO(lÉVT|. In
te, qui descritto, non 'esiste in quanto individuo”, ma é solo “Telemento fór
male (della eudaimonia dell'uomo) reso astratto e personificato’ (J.A.
Stewart, Notes on the Nicom. Eth., Oxford 1892, vol. II, p. 443).
in 1178a 2: fió£eic 6* óv koll elvai ihcaatog t o Ot o , euap to icúpiov k c u ójieivov.
Propendo per la lettura euwp k c u KÚpiov to ájuivov, “poichc la parte miglio-
re e anche quella che lo rende nel senso piü pieno (Kupúo?) ció che e - vale a
dire il suo io piu autentico”.
”’Plot., Enn. VI, 9. 11: k c u outog BmSv k c íi ávOpÚKuv Ocuuv k c u fú ó c u h ó v ü jv
plog, cuiaXXayf) t ó jv ÓXXüjv t ú j v rfj&E, piog ácvrybavoq xü jv rf|&E, 4ruyf| |ióvou npóg
(1ÓVOV.
Indice delle fonti*
Aeschines Archytas
in Ctes. I l l 80.6 Frag. Phil. Gr. 1599 291.39
Aeschylus Aristophanes
Agam. 655 168.60 Aves 693 119.50
1451 117. 23 Eq. 406 (schol.) 168. 53
Cboeph. 128 286. 18 Lys. 772 287.22
Eum. 172 84. 59 Nub. 1078 163.3
730 84.58
781 84. 56 Aristóteles
891 84. 57 De Anima 403b 31 206.24,25
P.V.244 84.52
403b-404c 206.25
531 81.22
404a 216.26
984 169. 68
Supp. 565 85.62 404a 4 206.26
404b 18 299. 121
Aetius 404b 21 299. 120
1,3.1 169.62 404b-405b 188. 14
1,3.4 205.5 405a 20 188.9
1.3.5 205. 12 405a 21 188.15
1.3.8 299. 122:300. 126 405a 25 295. 81
1,3.20 306. 182 407b 21 285. 10
1,7.11 188.8 408a 13 307. 199
1,24.2 205.7 408b 1 188.10
11,11.2 307.192 409b 7 301. 137
11,25. 15 307. 192 410a 1 307. 198
11,31.4 307. 192 410a 25 188. 11
410b 166.31
Alexander Aphrodisiensis 411a 187.6
in Arist. Met. 985b 206.25 De Caelo 303a 8 301. 137
985b 26 301. 133 Eth. Nic. 1130b 301. 133
in Arist. DeSens. 56 310.229 1147a 18 304. 165
1177b 312.251
Alkman De Gen. et Con. 318b 3 303. 158
Partbeneion 13 165.69 325a 13 302. 141
325a 17 206.20
Anaxagoras 325a 34 206. 18
fr.3 205.13 330b 19 307. 193
10 205.12 333a 16 118.29
12 205. 15 336a 3 307. 191
337a 1 294.73
Anaximenes Met. 983b 27 308. 202
fr. 2 187.5; 205. 5 985a 31 307. 193
985b 206.22,25; 299. 115
Apollonius Rodius 985b 26 301. 133
1,496 118.41 986a 299. 116
316 Dalla religione alia filosofía
Hesychius Iamblichus
i.t>. 61kt|Xov 310. 230 Vit. Pyth. IX, 13 297. 103
46 116. 16
Hippocrates 58 297.99
De Nat. Horn. 7 168. 61 88 298. 106
De Victu 1,5 289.30 108 297.104
11 294.66 137 292. 43
182 288. 24; 300. 131
Hippodam us 246 298. 105
ap. Stob. Flor. 98, 71 287.19
Ibycus
Hippolitus fr.28 118. 39
Réf. 1,7 205.8
I, 12 206. 23 Iohannes Diaconus
VIH, 29 306. 178 In H es. Tbeog. 886 84. 59
Homerus Isocrates
Í/. I, 238 167. 39 Areop. 38 163.3
II,668 116. 13 IX, 25 168. 50
VI, 487 81.23
XV, 36 147 Lam. Peteliae 293. 60; 303. 153
XV, 165 83.46
XV, 186 61 Leukippus
XV, 189 116. 13 fr.2 206. 23
XV, 191 82. 34
XV, 197 167. 35 Livius
XVI, 433 81. 18 1,8 85.72
XVI, 780 81.24 I, 18,6 85.68
XVII, 821 70
XVIII, 483 82.30 Lucretius
XX, 249 84.61 I. 72 206. 28
Od. 1,32 82.25
III, 236 81. 17
Lyr. Frag. Adesp. 140 287. 23
VI, 188 84. 50
X, 143 82. 34
XI, 218 Macrobius
290. 35
XII, 315 Somn. Scip. I, 14, 19 301. 136
82.30
Indice delle fo n ti 319
Solon
fr. 13 288. 24
36 292.42
Sophocles
Aiax. 646 288.25
669 288.26
Antig. 449 116.17
El. 86 118.34
Oed. Rex 25 80.7
863 116. 17
Trad). 125 290. 34
fr. 226 N2 291. 39
787N2 289.30
Tadcus
Germ. 11,12 166.32
Theognis
197 288.24
Theon Smymaeus
Jiep'i TETpaKTÚog, 154 299.117
rapt ápt,0(i. 29 300. 124
18 300. 127
34 300. 128
Theophrastus
sp. Simpl. Pbys. 23,33 295. 84
De Sensu i 304.163
Indice analítico
Chronos, 290. 34; diviniti orfica, 204. 3 67; dei luoghi di culto, 77; il d. cosmi-
Ciclo della nascita in Empedocle, 255 co, come dottrina tarda, 79; dei Rodi,
98; 116. 13; degli elementi, 157 sg.;
Clan orientad, 97 efíettuato per sorteggio o lotta, 306.
Classificazione e struttura tribale, 102; c. 187
della tribu estesa alia natura, 103; come
Dattili Idei, 139
base della magia, 184; le idee platoni-
che come sistema di c., 281 Decade, come numero perfetto, 241
Coercizione magica, sostituita dal sacrifi Dei olimpici, 156; loro psicología, 159
cio, 156 Dèi, soggetü a Moira, 58; derivano dagli
Collettiva emozione, 124 sg; rappresenta- elementi (Esiodo), 63; equiparad agli
zione, 89 sg; responsabilitá, 102 elementi, 63; subentrano al destino, 66;
Colpa ereditaria, 103 carattere episodico degli d., 80; dèi
misterici, 153 sgg.
Comitium, 98
Comunione nella religione misdca, 154 Deikela, 202, in Democrito, 273
Conoscenza, come azione a distanza, 178; Demone, govemo dei demoni nell'etá del-
come potere, 185 l’oro (Platone), 77; nella Grecia primiti
va (Erodoto), 78 sg.; d. della stirpe in
Contesa degli elementi, 107 sg.; degli
Pindaro, 103; spiegazione dell’eredita-
opposti, 158
rietá della colpa, 103; della societá magi
Continuum simpadco, 129; le due corren- ca, 140; della geni, 141; dei dipartimen-
d, 137 sg.; come combinazione di san- d naturali, 141 sg.; Spirid Buoni, 142 sg.;
gue e mana, 152 regno dei demoni (Platone), 143; i quat-
Contrari: raggruppati in coppie, 107; tro tipi di demone greco, 145; ¡dentifi-
separazione dei c., 108; contrapposizio- cato con l’eroe, 150; individúale, 152;
ne degli elemend, 157 sg. regno nell’etá dell’oro, 291.38; Pitagora
Contralto sociale, 222 come demone, 236 sg.; in Empedocle,
Cook A.B., 85. 70 256; geni buoni e catdvi, 264; d. e idea
Coppie di contrari in Parmenide, 249 platónica, 275 sg.
Coriband, 139 Destino, v. Moira
Coscienza, 128 Deussen, 50
Cosmo, come termine político, 98; come Dharma, 215
base dell’edca pitagórica, 243 óíicaiov, 226
Cosmogonia: babilonese, 110; egiziana, Dike, riflesso del nomos, 99; Giustizia
110; orfica, 110; ciñese, 110; pitagórica, vendicatrice, 129; nel misticismo, 207;
112 in Esiodo, 212; come stagione, 212;
Cosmología del Timeo platonico, 281 come “via*, 214; riguarda únicamente
Crawley A.E., 167.47 gli uomini, 221; in Eradito, 226; in
Parmenide, 246; 247; 304.161
Culto del cielo, 213; revival orfico, 217;
dei persiani, 217 Dio, una rappresentazione che la filosofía
Culto del solé, 233 eredita dalla religione, 52; evoluzione
della nozione, 134; figlio dell’anima,
Cureri, 139; Inno dei C., 287. 23
135; la sua evoluzione è parallela a quel-
Ia degli uomini, 138; diminato dalla
Dasmos, dei tre íigli di Kronos, 61; 63; sdenza, 186; come intelletto non puo
degli dei, 66; sandto da giuramento. creare, 281
Indice analítico 325
Matrimonio, del Cielo e della Terra, 109; Nemesis, come rancore per un abuso, 61;
illecito con dio, 160 129; e Nemos, 73; degli déi, 159 sg.
Metensomatosis, 211 Nemos e Nemesis, Ti
Methexis, 238; in Platone, 276 sg.; come Nietzsche, 230
relazione lógica, 278 vo|X£i3g, vo|ir|, vonóg, 72
Microcosmo, tribu come m., 98 Nomi, come anime, 185; etimologie
Mimesis, nei pitagorici e in Platone, 276 mistiche di n., 229, 295. 87
Mistérico, dio, 153 sgg. Nomos, come partizione, 71; provincia e
comportamento, 76; partizione seron
Mistero, come dottrina segreta, 93 do ragione (Platone), 77; aspetti negati-
Mistica, filosofía e religione mistica, 155 vi e positivi, 121; come comportamen
sg- to di gruppo, 122; opposto a natura,
Miti ritualistici, 250 122; identitá primitiva con la natura,
122; concezione mistica del n., 221
Mito, eziologico, 184; 185; 279
Nous di Anassagora, 199; 227
Moira, supremazia sugli déi, 58; come
morale, 59; come sistema di province, Numa,71; 75
60 sg.; piü antica degü déi in Esiodo,
63; impersonale, 64; aspetto negativo, Océano, 308. 302
76; origine, 87 sg.; rappresentazione Olimpismo e scienza, 143 sg.
della struttura sociale, 96; m. e Moros,
103; repressiva, 129; la dassificazione Olimpizzazione di Pitagora, 277; delle
soprawive alia struttura sociale, 164. idee platoniche, 277; del filosofo, 284
23; supremazia sugli Olimpi, 147; come Omaha accampamento, 112; wakonda,
destino individúale, 152; spaziale, 162; 131
dominante la scienza, 186 sg.; in Omophagia, 308. 206
Anassimandro, 193; eliminata da Opposti, elementi raggruppati in coppie
Anassimene, 194; m. e Ananke degli di o., 56; Vedi contrari
atomisti, 201; m. e Horai, 212; nella
Ordinamento morale della natura, spie-
morale olímpica, 220
gazione, 99 sg.
Moirai, 61; 72; detronizzate dagli déi,
Orenda, 130
121; m. e nozze con gli déi, 161
Orfeo adora il sole, 217; come rimodella-
Morale, significato, 93 mentó di Dioniso, 231 sg.
Mundus, nel comitium, 98 Orfismo, dottrina della caduta dell’ani
Myres J.L., 85. 63; 164. 4 ma, 208 sg.; riforma della religione dio-
nisiaca, 209; revival del culto del cielo,
217; individualismo, 219; dualismo,
Natura, come ordine morale, 53; 57; l’or- 219; 233; senso del peccato, 219; come
dine morale soprawive agli déi, 90; riforma, 231 sg.; riforma pitagórica del-
sensi statici e dinamici, 121; opposta al l’orfismo, 234
costume, 122; identitá primitiva di n. e
costume, 122; opposta alia giustizia,
221 sg. Pan e Logos, 295.79; 296. 88
Natura delle cose, v. Physis Panspermia, 205.14
Necessitá nella visione di Er, 252 Parentela, modello primitivo della sorai-
glianza, 132
Neikos e Philia, origine sociale, 107
328 Dalla religione allí filosofía
ofma, 295. 78; 302. 149 Themis, riflesso del nomos, 99; come ora-
Semi, elementi come s., 199; anime come colo, 149
s., 211 Theoria, dei pitagorici, 216; degli orfici,
Senocrate, 301. 137 p, 234; di Pitagora, 236
Senofane, 217 Thiasos, del dio mistérico, 153
Senso del peccato, 219 0U|iÓ£, come anima, 152
Separozione del cielo e della cerra, 109; Tipií, evoluzione del significato, 159
origine sociale, 110 sg. Titanomachia, 168.59
Sesso, opposizione di s., 111; prototipo Tizio, 161
dell’opposizione, 108
Tótem, definizione, 101
Societá magiche, 139
Totemismo, come esempio di proiezione
Socrate Apología e nel Fedone, 267 sg. del nomos, 100; identita di clan e spe-
Solidaríetá del gruppo tocemico, 101; di de, 122; sua disgregazione, 137; 138
tipo orgánico e meccanico, 105 Trasimaco, 294.68
Somiglianza come parentela, 178; 184. Trasmigrazione, 210; 211; in Empedode,
Vedi Leggi di similarita 256
Sostanza-anima, 174 Trinitá, 155
Spiriti della fertilita, Iocali, 79 Tyche, come potere della Terra, 143
Stige = Neikos, in Empedode, 263; e
Neihos, 264; come giuramento, 68; come
tabü, 69; conferisce kratos a Zeus, 69 Unita del cosmo, 190. 29
Stoid, 284 Unitá del vívente, 155; nel pitagorismo,
Suggestíone gregaria, 93; 95; 128 236 sg.
Universali, 122 sg.
Tálete, le tre dottrine, 174 sg. Uno e molti, 155 sg.
Tao, vía dell’uomo e vía dell'universo, ÚJcfcp (tópov (aioav), 59
144; 214
Taoismo, 143; analogía con Empedode, Vergine, nasata da una v. 238
309.211 Via di Giustizia, 220
Taylor A.E., 86. 83; 309. 217; 309. 219; Vita, estratta dalla materia dalla scienza,
271;312.250 197; 203; 258
Teagene di Reggio, p 63
Telchini, 139 Wakonda, 131
Templum e bosco, 73
Tempo, sua importanza nei sistemi misti-
Yang e Yin, 143 sg.
ri, 207; idendficato con k pbysis, 223
Tendenza mística, in opposizione a quella
scientífica, 203 sg. Zén,224
Tendenza scientifica, 183 sg. Zeus, supremazia conferita da Stige, 69
Teogonia rapsodica, 218 Zuñí, 97 sg.
Terra, sacra per gli agricoltori, 143
Tetradys, 239 sg.; come Gran Giuramento,
308.202
İndice temático
I. Destino e Legge
V. La tradizíone scientifica
natura 95. La corrispondenza di opere e giomi 96. Culto del cielo 97.
Tao, Rta e Asha 98. II revívala orfico del culto del cielo 99. L’origine cele
ste e la caduta delTanima 100. Morale mística 101. Eradito 102. Anima
e logos 103. La via della giustizia 104. L'armonia degli opposti 105. La
ragione comune 106. Pitagora 107. II revival orfico 108. La riforma pita
górica dell’orfismo 109. Pitagora come demone della scuola 110 La
Tetractys 111. La processione numérica 112. L’etica pitagórica 113. La
scienza pitagórica 114. L’atomismo numérico 115. Parmenide 116. La
via della verita 117. La via dell’opinione 118. Empedocle 119. Le
Purificazioni 120. L’esilio dell’anima 121. II periodo cosmico 122. Gli
emisferi del giomo e della notte 123. Lo Sfero e il regno di amore 124.
La rottura dello Sfero e la caduta dell’anima 125. La coerenza di
Empedocle 126. Platone: i dialoghi socratici e mistici 127. L’immortalita
nelTApologia 128. Idee e anime nel Fedone 129. La conversione di
Platone al pitagorismo 130. Le idee come sostanze-anima 131.1 due tipi
di esistenza sovrasensibile 132. L’idea come demone e la natura della
‘partecipazione’ 133. II problema della ‘partecipazione 134.
L’olimpizzazione delle idee 135. II volo del filosofo