k 1996–2011 INDICI

nuova edizione
k INDICES 632–809
new edition
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818
OTTOBRE 2012

c a sabella 818
 1
- ew York 1930:
N
l’ mpire tate Buil-
E
S
ding in costruzione,
-New York 1930:
the Empire State
Building under con-
struction
B M
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R
M U
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OLIO
P R F
T
O
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ONDADO
66 l'anello
uildin che
the si
shachiude
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b
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 uil i g S D
2
- ondra 2012:

L
he hard in costru-

T
S
b
zione

d
n
THE
HAR
-London 2012:
The Shard under con-
struction

ehoux
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P /
B
P
Z
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N
SHO
G W RK
O
UILDIN
IANO
O
EN
cas abel l a 818 67
 3
-veduta zenitale del
centro di ondra con

L
in evidenza l’area
della stazione di
ondon Bridge occu-

L
pata da he hard

T
S
-zenithal view of
the center of London
showing the area of
London Bridge sta-
tion occupied by the
Shard

68 l'anello
uildin che
the si
shachiude
d
b
g
r
cas abel l a 818 69
 4

«... where the walls

Of Magnus Martyr hold
Inexplicable splendour of
Ionian white and gold».

Thomas Stearns Eliot*

enancé
D
Michel

70 uildin the sha d

b
g
r
 uil i g S D
Federico Bucci,
Chiara Calderini,
b
Alfredo Zappa

d
n
THE
HAR
fotografie
Michel Denancé,
Nic Lehoux

REN O PI NO
Z
A
5

Icone del tempo

Londra, per noi mediter- che notoriamente taglia il

ranei, a fine estate è già in
pieno autunno.
La pioggia sbiadisce l’az-
zurro del cielo, non solo lungo
lo Strand.
Sul muro del tempo è ri-
masta l’icona dell’Olimpiade,
ovvero, la fotografia che ri-
trae Usain Bolt e Mo Farah in-
tenti a scambiarsi i rispetti-
vi segni di vittoria: la “frec-
cia” del velocista giamaicano
e la “M” del mezzondista bri-
tannico.
Ma un’altra icona è appro-
data sulle rive del Tamigi.
The Shard of Glass, “la scheg-
gia di vetro”, il grattacielo
di 310 metri progettato da
Renzo Piano, è visibile da ogni
parte della città e i commenti
sulla sua forma piramidale
e le sue luminose facciate
irregolarmente geometriche,
registrano accesi entusiasmi,
ma anche velenose critiche.
Il fatto è che l’ansioso
pubblico contemporaneo preten-
de di giudicare la “scheggia”
di Piano nello stesso tempo
con il quale assiste al per-
corso della “freccia” di Bolt,
traguardo in una manciata
di secondi.
La committenza e le auto-
rità locali, guidate da sceic-
chi e principi reali, hanno
alimentato le passioni con
lo spettacolare show organiz-
zato nel luglio 2012 per
l’inaugurazione del grattacielo
(vuoto), che ha anticipato
quello faraonico allestito per
l’apertura olimpica. Del resto,
l’architettura e lo sport sono *
i terreni di conquista delle The Waste Land
(1922), versi 263-
nuove ricchezze mediorentali 265, ai quali il
impegnate a sostenere-coloniz- poeta aggiunge la
zare il capitalismo occidenta- seguente nota: «The
interior of St.
le, come potrebbe dirci Mozah Magnus Martyr, is
bint Nasser, seconda moglie to my mind one of
dell’emiro del Quatar e ispira- the finest among
Wren’s interiors».
trice dei nuovi investimenti La chiesa, costruita
famigliari (dall’acquisto della dopo il Great Fire
maison Valentino all’organizza- del 1666, negli
anni Venti era
zione dei Mondiali di calcio nella lista degli
nel 2022), che ha voluto segui- edifici di Londra da
re fin dall’inizio i lavori di demolire.
costruzione di The Shard, qua- 4
si interamente pagati dal ma- - he pire: la “punta
T
S
rito. Lavori da concludere en- vuota” di he hard
T
S
-The Spire: the
tro il mese di febbraio del “empty tip” of the
prossimo anno, quando sarà Shard
possibile visitare l’osservato- 5
→ -una foto di heikha
S
Mozah bint asser l
N
A
Missned
-photograph of Shei-
kha Mozah bint Nas-
ser Al Missned

cas abel l a 818 71

6

72 uildin the sha d

b
g
r
 7

rio collocato sugli ultimi pia-

ni praticabili (dal 68° al
72°), sotto il “vuoto” della
punta, dal quale è garantita
una vista a 360 gradi dell’area
urbana a 244 metri di altezza,
nebbia e pioggia permettendo.
Molti si lamentano per i prez-
zi dei biglietti (24,95 sterli-
ne per gli adulti e 18,95 per i
bambini), ma per raggiungere i
piani più bassi, le seguenti
alternative sono ancor più
care: acquistare un lussuoso
appartamento (dal 53° al 65°),
dormire al Shangri-La Hotel 8
6, 7, 8
(34°-52°), mangiare al risto- -gli schizzi di stu-
rante (31°-33°). Non resta che dio di Renzo Piano,
andare a lavorare nei rimanen- a partire dai primi
realizzati nel 2000,
ti piani di uffici, dal 28° a evidenziano l’idea
terra. In ogni caso, bisognerà della forma del
aspettare del tempo per co- grattacielo e delle
sue relazioni con
gliere il fascino di The Shard, l’ambiente
con le sue lame di vetro che -study sketches by
scivolano fin giù, ma senza ap- Renzo Piano, star-
ting with the first
poggiarsi, verso il centro ones made in 2000,
commerciale e la stazione di show the idea of the
London Bridge. Forse tanto form of the skyscra-
per and its rela-
quanto i londinesi ci hanno tionship with the
messo per concludere, dopo surroundings
molte critiche, che le tre
splendide torri di cemento di
Barbican Estate (1965–76), pro-
gettate da Chamberlin, Powell
& Bon, offrono il miglior modo
di abitare la città.
Intanto, al di là del
fiume, da un punto preciso
di Lower Thames Street, scopro
la mia nuova icona di Londra:
il campanile di St. Magnus
the Martyr (1671–87), opera
di Sir Christopher Wren,
affiancato alla sagoma di
The Shard (2000–12), opera
di Renzo Piano. Ecco il muro
stratificato della storia,
là dove il tempo è l’incorrut-
tibile giudice. Federico Bucci

cas abel l a 818 73
9 10

dati del progetto

-PROGETTO
Renzo Piano
Building Workshop,
architects
-in collaborazione con
Adamson Associates
(Toronto, London)
-COMMITTENTE
Sellar Property
Group
-PHASE ONE (Planning
Application) 2000–03
Design Team: J. Mo-
olhuijzen (partner
in charge), N. Me-
cattaf, W. Matthews
con D. Drouin, A.
Eris, S. Fowler,
H. Lee, J. Rousse-
au, R. Stampton, M.
van der Staay e K.
Doerr, M. Gomes, J.
Nakagawa, K. Rotto-
va, C. Shortle; O.
Aubert, C. Colson,
Y. Kyrkos (modelli)
Consultants: Ove
Arup & Partners
(structure and
services); Lerch,
Bates & Associates
(vertical transpor-
tation); Broadway
Malyan (consulting
architect)
-PHASE TWO 2004–12
Design Team: J.
Moolhuijzen, W.
Matthews (partner
and associate in
charge), B. Ak-
kerhuis, G. Banna-
tyne, E. Chen, G.
Reid con O. Barthe,
J. Carter, V. Del-
faud, M. Durand,
E. Fitzpatrick, S.
Joly, G. Longoni,
C. Maxwell-Mahon,
J.B. Mothes, M.
Paré, J. Rousseau,
I. Tristrant, J.
11 Winrow e O. Doule,
J. Leroy, L. Peter-
mann; O. Aubert, C.
Colson, Y. Kyrkos
(modelli)
Consultants: WSP
Cantor Seinuk
(structure); Ove
Arup & Partners
(building ser-
vices); Lerch,
Bates & Asso-
ciates (vertical
transportation);
Davis Langdon
(cost consultant);
Townshend Archi-
tects (landscape);
Pascall+Watson
(executive archi-
tect for the sta-
tion)

74 uildin the sha d

b
g
r
 12 13

9, 10, 11 12, 13
-schizzi di Renzo -schizzi della pian-
Piano con lo studio ta e della sezione
delle geometrie ir- -plan and section
regolari del profilo sketches
del grattacielo 14–20
-sketches by Renzo -piante dei
Piano to study the livelli 9, 23, 32,
irregular geometry 39, 68, 69, 72
of the profile of -plans of level 9,
the skyscraper 23, 32, 39, 68, 72

14 15 16

17 18 19 20
p
sho
Wo rk
g
Ren o Piano Buildin
z
cas abel l a 818 75
 21
-prospetto sud
-south elevation
22
-prospetto nord
-north elevation
23
-sezione
-section

21 22 23
p
p
p
sho

sho

sho
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rk
rk
Wo

Wo

Wo
g
g
g
Ren o Piano Buildin

Ren o Piano Buildin

Ren o Piano Buildin

z
z
z
76 uildin the sha d
b
g
r
 24
-sezione degli ul-
timi piani occupa-
ti dalla punta ( he

T
pire), dall’osserva-

S
torio, dalle resi-
denze e dall’hotel
-section of the up-
per levels occupied
by the top (The Spi-
re), the observatory,
the apartments and
the hotel
25
-sezione dell’osser-
vatorio
-section of the ob-
servatory

24 25
p
p
sho

sho
rk
rk
Wo

Wo
g
g
Ren o Piano Buildin

Ren o Piano Buildin

z
z
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 26

26
-il cantiere: il
nucleo cetrale in
una fotografia del
maggio 2012
-the worksite: the
central nucleus in a
photograph from May
2012
enancé
D
Michel

78 uildin the sha d

b
g
r
 27

ehoux
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sho
Wo L
N
p
rk
g
Ren o Piano Buildin
z
27–30
-il cantiere: una 28 29
serie di immagini
dei lavori riprese
tra maggio e settem-
bre 2010
-the worksite: seri-
es of images of work
from May to Septem-
ber 2010
enancé

enancé
D
D
Michel

Michel

30
ehoux
ic
/
sho
Wo L
N
p
rk
g
Ren o Piano Buildin
z
cas abel l a 818 79
 Struttura e forma Che il grattacielo più alto di
Europa sia il sessantaseiesimo al
mondo è un segno. Non è chiaro se di
stile (in fondo noi europei preferiamo
le scarpe basse al tacco 12) o di de-
clino.
Dal punto di vista ingegneri-
stico, lo Shard non è un edificio par-
ticolarmente alto (310 metri). Si può
avere una misura della sua ordinarietà
considerando che esistono oggi al
mondo sedici grattacieli più alti di
400 metri (uno supera gli 800) e che
l’Empire State Building, costruito nel
1931, è alto 381 metri.
La struttura è ordinaria e segue
uno schema consolidato: un nucleo in
cemento armato e un perimetro esterno
di colonne connesse al nucleo mediante
solai in cemento armato precompresso,
secondo il principio del cosiddetto
tube in tube. A quote discrete lungo
l’altezza, serie di outrigger beams
(grandi travature orizzontali di irri-
gidimento) limitano le deformazioni
31 laterali del telaio dovute alle forze
orizzontali del vento. Una struttura
poco avvincente, insomma.
Osserviamo la sua forma, invece,
ed alcuni dettagli. Vi troviamo dentro
centocinquant’anni di storia delle co-
struzioni. E di rapporti tra progetta-
zione architettonica e progettazione
strutturale.
L’idea della piramide è affatto
nuova. Si pensi agli edifici alti ot-
tocenteschi (la Mole di Alessandro An-
tonelli a Torino –169 metri– e la Tour
di Gustave Eiffel a Parigi – 324 me-
tri), dove prevalgono ragioni struttu-
rali classiche. Allo stesso Empire
State Building. O al mitico John Han-
cock Center di Chicago di Fazlur Rah-
nar Khan del 1969 (344 metri, 410 me-
tri con le antenne), o alla Bank of
China di Hong Kong (344 metri), dove
prevale un forte simbolismo architet-
tonico. Ma si pensi anche al Burj Kha-
lifa di Dubai, attualmente il più alto
edificio al mondo. Questo grattacielo
è il manifesto di una linea di ricerca
che si afferma alla fine degli anni
Novanta e che vede nella rastremazione
della sezione in altezza uno degli
elementi fondamentali per realizzare
edifici sempre più alti. Non è un caso
p
sho
che progetti avveniristici di quegli
rk
anni, come la Grollo Tower (560 me-
Wo
tri), la Miglin-Beitler Tower (610 me-
g
Ren o Piano Buildin
tri) e la Millennium Tower (800 metri)
siano tutti a forma piramidale. Al di
là delle ragioni strutturali classiche
che contraddistinguono gli edifici ot-
tocenteschi (riduzione del peso in al-
z
tezza), il vantaggio della rastrema-
zione deriva tutto da ragioni aerodi-
namiche, che si traducono in una ecce-
zionale mitigazione delle azioni del
vento. In questo senso, si comprende
come i grattacieli razionalisti degli
anni Cinquanta e Sessanta fossero per-
fetti parallelepipedi ben poco “razio-
nali”.
Vi è un altro elemento dello
Shard che richiama le grandi scoperte
dell’ingegneria strutturale degli ul-
timi anni. La forma degli spigoli. In
esso gli spigoli sono “aperti”, nel
senso che i piani che costituiscono la
facciata non si uniscono sull’angolo,
ma rimangono distaccate, come vere e
proprie schegge di vetro giustapposte.
È nella struttura del World Trade Cen-
80 uildin the sha d
b
g
r
ter di New York (le Torri Gemelle)
progettata nel 1973 da F. Khan, che
per la prima volta angoli smussati di
45° sovvertono il principio dello spi-
golo vivo di stampo razionalista. An-
che in questo caso, come nel John Han-
cock, la scelta è puramente simbolica,
e inconsapevolmente rivoluzionaria.
Ora si deve immaginare un grattacielo
come una grande vela al vento.
L’azione aerodinamica prodotta su di
esso è strettamente connessa alla “se-
parazione di scia” che si realizza
presso gli spigoli. Per questo motivo
la loro forma è di estrema importanza.
A partire dagli anni Ottanta, studi
sperimentali in galleria del vento,
hanno mostrato come smussare, arroton-
dare, scolpire gli spigoli possa ri-
durre notevolmente le azioni del vento
sugli edifici alti. Tra i primi esempi
consapevoli di questa idea sono il One
Canada Square di Londra, del 1991, e
il Central Plaza di Hong Kong del 1992
e il Southeast Financial Center di
Miami, del 1993. Essa si consolida poi
nei grattacieli più moderni e innova-
tivi come il Jim Mao Building di
Shanghai del 1998 e le Petronas Tower
di Kuala Lumpur, dello stesso anno, e
la ritroviamo nei progetti avveniristi
già citati come quello per la Grollo
Tower o la Miglin-Beitler Tower.
Siamo abituati a pensare il rap-
porto tra ingegneria ed architettura
in modo molto rigido. Due convenzioni
si costringono entro uno steccato dal
quale si fatica ad uscire. La prima:
si sceglie una forma architettonica
e si progetta una struttura adatta a
realizzare quella forma. La seconda:
le esigenze tecniche, soprattutto in
costruzioni industriali o in quelle
particolarmente ardite, impongono la
forma, e si progetta un’architettura
che si adatti il meglio possibile a
queste esigenze. Lo Shard, si inseri-
sce in un terzo filone di conformismo,
anch’esso abbastanza tipico ma più
sottile e sicuramente inconsapevole:
il favoleggiamento delle scelte tecni-
che. Anche nel suo caso, infatti, sap-
piamo con certezza che scelte archi-
tettoniche, e non tecniche, hanno det-
tato la forma (semplicemente perché
non era abbastanza alto). Tuttavia ri-
troviamo in esso elementi evocativi
degli iper-grattacieli di ultima gene-
razione, progettati secondo i più
avanzati principi di aerodinamica.
Non siamo abituati invece a pen-
sare che, a volte, scelte puramente
simboliche ed architettoniche diano
per caso luogo a grandi invenzioni
tecniche. Verificate e capite ex-post.
I casi della rastremazione della John
Hancock Center o della sagomatura de-
gli spigoli nel World Trade Center ci
siano da lezione. Chiara Calderini

Nota
Su questi temi cfr. G. Solari, Forma e ae-
rodinamica dell’evoluzione strutturale e
architettonica dei grattacieli. Parte I.
L’esperienza del passato, in «Costruzioni
Metalliche», n. 4, 2009, pp. 51-62.
 32

31
-modello
-model
32, 33
-dettagli della co-
pertura dell’ingres-
so alla stazione
-details of the roof
p
sho

of the station en-

rk
trance
Wo g
Ren o Piano Buildin
z
33
p
sho
Wo rk
g
Ren o Piano Buildin
z
cas abel l a 818 81
 34
enancé
D
Michel

34
-vista dal Millen- 35
nium Bridge
-view from Millen-
nium Bridge
35
-l’ingresso dela
piazza e la connes-
sione con la sta-
zione
-plaza entrance and
connection to the
station
enancé
D
Michel

82 uildin the sha d

b
g
r
 36
enancé
D
Michel

36
-veduta panoramica 37 38
con t. Paul’s a-
S
C
thedral
-panoramic view with
St. Paul’s Cathedral
37, 38
-dettagli della
“punta” e del “cor-
po” di he hard
T
S
-details of the
“spire” and the
“body” of the Shard
enancé

enancé
D
D
Michel

Michel

cas abel l a 818 83

 Trasparenze Otto schegge di vetro piantate
nel terreno. Otto schegge che salgono
fino a 310 metri di altezza. Dietro
di loro vivono migliaia di persone.
All’interno trovano spazio un hotel
pluristellato, uffici, residenze, ri-
storanti, un osservatorio panoramico,
giardini d’inverno, esercizi commer-
ciali, aree attrezzate per mostre ed
eventi, caffé e molto altro. Racchiu-
dere dietro un guscio di cristallo,
un mix funzionale così differenziato,
ricreando per ogni situazione un ha-
bitat confortevole e al tempo stesso
energeticamente performante è un com-
pito improbo. È indubbio che l’imma-
gine sia fondamentale. E The Shard,
molto prima del suo completamento era
già diventato un’icona per i londi-
nesi. Un edificio che, nel bene e nel
male, non ha lasciato nessuno indif-
ferente. Però è sicuramente ridut-
tivo, e ancor più per un’opera
dell’anticlassico Renzo Piano, circo-
scrivere il tema a una pura questione
«Tutti sanno che formale, che rischierebbe di parzia-
l’architettura moderna non è lizzare la comprensione di un per-
che “un mucchio di scatole di corso da sempre capace di integrare
vetro”, quindi il termine può e far concorrere in un sistema siner-
indicare tutto e niente. gico tutte le criticità del fare ar-
Oppure è un’idea platonica, il chitettura. E per Piano, che come lui
concetto puro della scatola di stesso orgogliosamente rivendica ha
vetro suprema che si cerca di ricevuto l’imprinting nei cantieri
costruire dal primo avvento di famiglia, da sempre l’architettura
del modernismo?». è costruzione. Non è dunque un caso
Reyner Banham1 che senza enfatizzarli a dismisura,
sia stato tra i primi a cogliere, in-
tegrare e tradurre esecutivamente gli
aspetti di efficienza energetica, che
stanno rivoluzionando il modo di con-
cepire e quindi di dare forma a un
edificio. È anche grazie al suo la-
voro che a tutti è ormai chiaro come
non sia più il tempo di fare dell’ar-
39 chitettura un collage di elementi di-
slessici. Ed è solo in questo senso
che il concetto di involucro oggi
deve trovare collocazione attraverso
la progettazione integrata tra edifi-
cio, strutture e impianti, sin dalle
prime fasi di sviluppo del progetto.
L’incremento delle superfici vetrate
così come la relativa smaterializza-
zione e riduzione del volano termico
di alcuni pacchetti di involucro im-
pongono infatti un salto di qualità,
che coinvolge sistemi passivi e at-
tivi, capacità intrinseche attribuite
all’edificio (orientamento, esposi-
zione, massa), isolamento termico,
impianti di comfort efficienti e par-
simoniosi, sofisticati apparati di
40 gestione. La recente accelerazione
tecnologica e prestazionale cono-
e huis
sciuta dal settore degli involucri,
così come l’affermarsi di figure pro-
r
Akk
fessionali quali i façade engineers
ne rendono eloquente testimonianza.
/ Ba t r
Ma Piano, nel progetto di The
Shard, sembra essersi voluto compli-
p
sho
care la vita. Oppure ha semplicemente
rk
pensato di alzare l’asticella. In-
Wo
fatti, sino dal concept l’obiettivo
g
Ren o Piano Buildin
è stato quello di realizzare una fac-
ciata tanto trasparente quanto ener-
geticamente efficiente. Trasparente
al punto da permettere di vedere
chiaramente dall’esterno cosa accada
z
dentro questa piccola città verti-
cale. Allo stesso tempo, grazie
all’inclinazione delle superfici ve-
trate la torre doveva essere in grado
di riflettere la mutevolezza e i ra-
84 uildin the sha d
b
g
r
pidi cambiamenti del cielo londinese,
caricandosi delle sue cromie2.
La scelta di impiegare ultra-
clear low-iron glass, cioè vetro
float extra chiaro prodotto impie-
gando materie prime a basso tenore
di ossidi di ferro (incolore e privo
del tradizionale viraggio cromatico
verde), non è stata di poco peso in
termini di ricadute sull’intero pro-
getto. Come noto, i sistemi di fac-
ciata con vetri a elevata trasparenza
e specchiature di grandi dimensioni
possono causare un sensibile incre-
mento della domanda energetica sia
in fase di riscaldamento invernale,
sia di raffrescamento estivo, oltre
a situazioni di criticità in termini
di comfort legati alla differenza
di temperatura tra la superficie dei
vetri e l’ambiente interno. Nono-
stante tutto, il team di progetta-
zione è rimasto rigorosamente attac-
cato alle sue scelte durante gli ol-
tre 10 anni necessari allo sviluppo
e alla costruzione, così come alle
innumerevoli e spesso radicali va-
rianti che sono necessariamente in-
corse durante questo lunghissimo pe-
riodo. Tempo fa, durante una sua lec-
ture al Cersaie di Bologna, Piano
raccontò come spesso, per difendere
le sue idee e sottrarsi ai compro-
messi, gli capiti di rassegnare le
dimissioni durante un lavoro (sempre
peraltro prontamente respinte) e in
alcuni casi questo è accaduto anche
più di una volta nel corso dello
stesso cantiere. Non ci è dato sapere
durante la pluriennale gestazione di
The Shard quante volte gli sia venuta
voglia di buttare a terra il cappello
e andare per mare, come l’Ismaele di
melvilliana memoria, ma certo la par-
tita non deve essere stata facile.
L’involucro di The Shard è
tutt’altro che una figura semplice.
La sua bellezza e la sua difficoltà
esecutiva hanno origine qui. Infatti
non è una piramide perfetta, ma il
risultato dell’accostamento di otto
macro-schegge di vetro diversamente
orientate sul piano. I singoli fram-
menti sono accomunati da una inclina-
zione costante di 6 gradi rispetto
alla verticale e non si incontrano
nemmeno al vertice. Gli irregolari
spazi interstiziali risultanti dallo
sfalsamento delle schegge sono tampo-
nati da una facciata continua, in
questo caso verticale.
Quello che abbiamo costruito è
una grande serra, ha spiegato William
Matthews (project architect di RPBW)
a Martin Spring dell’autorevole set-
timanale inglese Building Design3:
«Quindi il problema da risolvere è
stato quello di come garantire le mi-
gliori condizioni termiche al suo in-
terno». La facciata a doppia pelle,
ingegnerizzata, prodotta e installata
da Permasteelisa Group, attraverso il
suo marchio Scheldebouw, era stata in
un primo tempo sviluppata per incor-
porare un sistema di ventilazione
meccanica dell’intercapedine. L’in-
cremento delle prestazioni di effi-
cienza energetica introdotto nel 2006
dalle normative edilizie locali
avrebbe reso però necessario adottare
ventilatori a bassa velocità, dotati
di canalizzazioni di sezione molto
più elevata, quindi in grado di ri-
 41

39, 40
-il mock up del-
la facciata con il
motore aeronauti-
co utilizzato per
i test di tenuta
all’aria e all’acqua
-mock-up of the fa-
cade with the aero-
nautical motor used
for the air and wa-
ter tightness tests
41
-sezione della fac-
ciata
-facade section
p
sho
Wo rk
g
Ren o Piano Buildin
z
cas abel l a 818 85
 42
-sezione dei piani
occupati dal
ristorante
-section through
the levels set aside
for the restaurant
43
-nodo orizzontale
del sistema di fac-
ciata a doppia pelle
-horizontal node of
the double-skin fa-
cade system

42
p
sho
Wo rk
g
Ren o Piano Buildin
z
86 uildin the sha d
b
g
r
durre significativamente le superfici
trasparenti. Per non contraddire le
premesse, il team di progettazione,
ha così dovuto compiere quella che
Matthews ha definito, una inversione
a U rispetto all’idea iniziale, op-
tando a favore di una soluzione pas-
siva. La stratificazione del pac-
chetto di involucro trasparente rea-
lizzato, come appare dai dettagli che
pubblichiamo in queste pagine, ha
previsto: un vetro esterno stratifi-
cato da 13 mm di tipo extra chiaro a
basso tenore di ossidi di ferro, con
coating riflettente (24%); una inter-
capedine di 20 cm all’interno della
quale è alloggiata una tenda avvolgi-
bile in tessuto di fibra di vetro
controllata dal sistema di building
management, in grado di ridurre
dell’85% la radiazione solare; un ve-
trocamera ad elevate prestazioni do-
tato di coating basso emissivo, com-
posto da una lastra esterna semplice,
intercapedine saturata con argon e
lastra interna stratificata, per uno
spessore totale di 34 mm. Le lastre
sono anche in questo caso di vetro
extra chiaro. Ogni pannello di fac-
ciata misura 1,5 metri di base per
3,80 di altezza e in totale se ne
contano oltre 10 mila. Si tratta di
elementi a tutta luce, privi di tra-
versi o specchiature opache da pavi-
mento al soffitto. Per minimizzare a
chi osserva dall’esterno l’invasività
dei telai in alluminio a taglio ter-
mico, i vetri sono montati in sor-
monto con sistema a silicone struttu-
rale. Data la generosa sezione del
pacchetto, la costruzione ha previsto
telai indipendenti tra la pelle
esterna e quella interna, assemblati
prima di giungere in cantiere me-
diante staffe di connessione in allu-
minio. Per agevolare le operazioni
di pulizia e manutenzione, è possi-
bile accedere all’intercapedine me-
diante l’apertura dei pannelli in-
terni a doppio vetro, appositamente
dotati di cerniere.
L’involucro dei giardini d’in-
verno, collocati ad ogni piano in
corrispondenza delle fratture tra
le macro schegge, si avvale invece
di un curtain wall con doppi vetri
ad alte prestazioni, ma privo di se-
conda pelle. Apposite portefinestre
provvedono alla ventilazione naturale
di questi ambienti, destinati a sala
riunioni, spazi di interludio tra uf-
fici, serre eccetera. A loro volta
i giardini d’inverno sono separati
dagli interni da una partizione a ve-
tro singolo.
Secondo le informazioni dif-
fuse, il sistema di facciata di The
Shard garantisce un basso valore di
trasmittanza (il dato ufficiale della
U-value non è però in nostro pos-
sesso), in grado di ridurre il con-
sumo di riscaldamento e ottimizzare
il comfort termico nel periodo inver-
nale. Durante la stagione estiva, an-
che grazie al sistema di schermatura,
dovrebbe invece corrispondere una
drastica diminuzione del guadagno
termico e un incremento del comfort
attraverso la riduzione della diffe-
renza di temperatura tra la parete
vetrata e gli ambienti interni. In
totale la radiazione solare che passa
attraverso la facciata (G-value) am-
cas abel l a 818
monta a solo lo 0,12%, contribuendo
a una sensibile riduzione dell’ap-
porto degli impianti di raffresca-
mento. Per quanto invece riguarda gli
aspetti acustici, in termini di iso-
lamento tra locali attigui (sia allo
stesso piano che ai livelli superiori
e inferiori), il sistema di facciata
assicura una prestazione di 50 dB,
mentre il potere fonoassorbente tra
l’esterno e l’interno dell’edificio
è superiore a 43 dB.
Queste prestazioni, secondo
i progettisti, consentono a The Shard
di superare non solo del 25% le pre-
scrizioni energetiche introdotte
dalla normativa del 2006, ma anche
gli incrementi degli standard già
previsti per il 2013 e il 2016, oltre
al conseguimento dell’Excellent ra-
ting Breeam, l’ Environmental Asses-
sment Method del BRE (Building Rese-
arch Establishment).
Ciò nonostante il progetto non
è passato immune da obiezioni ri-
spetto alla sua sostenibilità (se ne 43
è discusso ad esempio lo scorso marzo
all’Ecobuild a Londra), così come da
critiche rivolte a un involucro che,
se meno radicalmente trasparente,
avrebbe contribuito ad assicurare
prestazioni energetiche più elevate.
Bisogna però sottolineare come la
lunghissima gestazione di The Shard
sia coincisa con un’epoca di profondi
cambiamenti nelle sensibilità, nelle
conoscenze tecnologiche e nel modo di
costruire. L’accelerazione sulle te-
matiche energetiche è stata esponen-
ziale. In poco più di quindici anni
in Europa si è passati dall’obbligo
della certificazione energetica, a
quello (previsto per il 2020) di co-
struire edifici a energia quasi zero.
Così, in poco tempo, quello che solo
ieri sembrava rivoluzionario oggi è
già superato. E The Shard, nonostante
le buone intenzioni e le soluzioni
innovative che ha adottato, non può
sottrarsi a tutto questo. Bisogna te-
nerne conto e lasciare che il tempo
ci aiuti a comprendere se abbia con-
tribuito ad aprire, oppure a chiudere
un’epoca nella progettazione dei
grattacieli. Intanto, per trasfor-
marlo in un riferimento attendibile
p
sho
a sostegno delle esperienze future,
rk
sarebbe importante per tutti cono-
Wo
scere i dati provenienti da un serio
g
Ren o Piano Buildin
monitoraggio del suo funzionamento
energetico e del suo impatto ambien-
tale. Alfredo Zappa

z
Note
1 Reyner Banham, Monumenti moderni. Apparso
per la prima volta in «New Society» 78,
1246, 14 novembre 1986. Traduzione italiana
contenuta in Architettura della seconda età
della macchina, a cura di Marco Biraghi,
Electa 2004.
2 Architectural Record web site: London Now!
Cristal Palace, di Clifford A. Pearson
(http://archrecord.construction.com/
projects/portfolio/2012/06/The-Shard.asp).
3 Building Design (www.bdonline.co.uk),
Cladding Renzo Piano’s Shard, di Martin
Spring.
87
 44

44, 45
-dettagli della 46
facciata
-facade details
46
-vista da Borough
igh treet

H
S
p
-view from Borough
sho

High Street
rk
47, 48
Wo

-due viste dal Mil-

g
Ren o Piano Buildin

lennium Bridge
-two views from Mil-
lennium Bridge
z
45
p
sho
Wo rk
g
Ren o Piano Buildin
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47

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Michel D enancé
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49
- he hard of Glass

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sulla stazione di
ondon Bridge

L
-the Shard of Glass
on the London Bridge
station
enancé
D
Michel

90 uildin the sha d

b
g
r
the institutional figure of the
bouwmeester, a “master architect”
responsible for public projects,
serving a term of from four to
five years. The first bouwmeester
of Flanders, Bob Van Reeth,
introduced the Open Oproep
procedure of competitions also
open to foreign architects. All the
new cremation facilities have been
built using this formula. Two are
already functioning: the Hofheide
crematorium at Sint-Niklaas,
designed by the studio Claus en Kaan
Architecten of the Netherlands,
and the Uitzicht crematorium in
Kortrijk, designed by Eduardo
Souto de Moura & SumProject.
Presently under construction, the
crematorium near Leuven is by the
Spanish studio RCR Arquitectes in
collaboration with Coussée & Goris
Architecten of Gand; for the fourth
structure, at Zemst, near Brussels,
the jury chose a project by Christian
Kieckens Architects (Brussels).
It was a natural decision to build
the crematorium of Kortrijk near
the existing cemetery, designed
by the Italian architects Bernardo
Secchi & Paola Viganò (1998–2000).
Most of the projects submitted in
the competition, in fact, chose a
position next to the cemetery area
or, as in Secchi’s case, a bit lower on
the sloping terrain. Souto de Moura
opted to insert the complex on the
side of the area towards the street,
in the extension of the cemetery
building used for ceremonies. In
this way, it was possible to built the
crematorium entirely below ground
level. From the street one sees only
a long low reinforced concrete wall.
The profile of the chimney, also
in reinforced concrete but with a
different surface treatment, emerges
from this horizontal ribbon. The
chimney is more than a technical
element: it is a point of reference,
a visual accent that permits
recognition of the crematorium from
the street. The zone for ceremonies
and that of the actual cremation
are contained in the same building,
while the services of reception
and refreshment are located in a
separate construction, also designed
by Souto de Moura, that will stand
between the parking area and the
cemetery. The main entrance to the
crematorium is on the north side. A
slightly sloping ramp descends from
the street to a patio with a tree at its
center and a small corner fountain.
This solution has clear affinities
with the entrance to the swimming
pool of Leça da Palmeira, one of the
first masterpieces of Álvaro Siza.
The patio is an open-air room, a
space bordered by walls from which
the ceiling has been removed, so
to speak. The entrance door of the
building opens in the eastern corner,
and cannot be missed. This sort
of outdoor antechamber contains
a work by the Portuguese artist
Pedro Cabrita Reis (born in 1956), a
sculpture that may very well irritate
some people. Cabrita Reis has had
a wall of perforated brick built and
98
then partially demolished. This
fracture of the red surface offers a
glimpse of the internal structure
of the brick. The work refers to the
ancient idea of the human being
shaped from clay, while linking up,
perhaps more by chance, to the age-
old tradition of brick production in
the Kortrijk area. Here, precisely, lies
the difference between an architect
and an artist. An architect has to
make a useful work, while an artist
has to freedom to attribute, to a wall,
an other, deeper meaning. Here the
wall loses its functional value and
becomes an image charged with
connotations about life and death, on
the border between what is created
and what is destroyed.
Given the frequency of use and
the possibility of organizing
simultaneous farewell ceremonies,
the organization of the crematorium
has to be perfect. The complex
must have clear routes and spatial
divisions, to avoid disturbance of the
memorial ceremonies. The architects
have aptly responded to the requests
of the client, making a building with
a limited number of accessways and
as little signage as possible.
The large lobby, the place people
gather before the ceremony, is very
important. It is a place of intense
emotions. The wooden floor and
the plaster walls create a sense
of intimacy without excessively
familiar tones. A small corner
window creates a visual link to the
landscape. Every feature contributes
to create a serene atmosphere.
In the large room light enters
perpendicularly, falling exactly at the
point in which the coffin is placed
during the ceremony. The small
room opens onto a tiny patio the
architect defines as a jardin d’hiver,
in a sketch. Besides the spaces for
the families and the ceremonies, the
building contains different spaces for
administrative functions. The offices
and the reception zone are arranged
around an oblong courtyard. The
southwestern part of the building
contains the technical zones, with
the incineration, filtering and
cooling systems, the storerooms and
technical annexes. Hearses access
the facility by means of a second
ramp, at the southwestern extremity
of the crematorium.
At the end of the ceremony the
participants leave the large room
through the condolence area and
emerge outside, walking down a long
covered passageway leading to the
cemetery. The atmosphere is very
particular: the soft hilly landscape
is precisely at eye level. The lower
level of this zone creates an intense
visual engagement with the ground;
it is as if one were caressing the earth
with the gaze, suddenly establishing
–through a different visual height– a
new relationship with the world. The
idea is that we will have a different
type of connection with the earth
after death. There is something more
than a mere view of the landscape; it
is a deeper concept, and it makes us
reflect.
english texts
The positioning of the building
on a lower level has a forceful
philosophical connotation. It
indirectly indicates the link between
man and earth, the restitution of the
lifeless body to the earth –whether
through traditional burial or the
scattering of the ashes. There is a
need for places where we can remain
in silence, free of the oppressive
assault of visual stimuli. Architecture
has the power to generate calm and
silence, a place of humility. Souto de
Moura shuns any eager pursuit of
spectacular imagery, any aggressive
exhibitionism of forms. His formal
language is not one that tries to
suggest dynamism, only to shrink to
a mummified outcome. Not a formal
game of lines, but an elementary
form that is able to capture the spirit
of the place. This is why the project
for the crematorium of Kortrijk
expresses his vision of architecture
with crystalline clarity.
www
k page 71
Building the Shard.
Icon of time
Federico Bucci
«... where the walls
Of Magnus Martyr hold
Inexplicable splendour of Ionian
white and gold».
Thomas Stearns Eliot*
For us Mediterraneans, at the end
of the summer in London autumn is
already in full swing. The rain wipes
out the blue of the sky, not only along
the Strand. On the wall of time the
icon of the Olympics has remained,
namely the photograph that shows
Usain Bolt and Mo Farah swapping
their signs of victory: the “arrow” of
the Jamaican sprinter and the “M” of
the British long-distance runner.
But another icon has also appeared
on the banks of the Thames. The
“Shard of Glass”, the 310-meter
skyscraper designed by Renzo Piano,
is visible from every part of the city,
and the comments on its pyramid
form and irregularly geometric
luminous facades reflect both great
enthusiasm and vitriolic disapproval.
The fact of the matter is that the
contemporary audience thinks it can
judge Piano’s “shard” in the same
time frame in which it watches the
trajectory of Bolt’s “arrow”, which
famously crosses the finish line in a
handful of seconds.
The clients and the local authorities,
guided by princes and sheiks,
have fed the flames with the
spectacular show organized in
July 2012 for the opening of the
skyscraper (still empty), like a
preview of the sumptuous pageant
organized for the Olympic kickoff.
After all, architecture and sports
are territories of conquest of
new Middle Eastern riches busy
supporting-colonizing occidental
capitalism, as Mozah bint Nasser,
second wife of the Emir of Qatar
and the mind behind new family
investments (from the acquisition
of the Valentino fashion house
to the organization of the soccer
World Cup in 2022) might have told
us, as she closely monitored the
construction of the Shard, almost
entirely financed by her husband.
Work slated for completion in
the month of February, next year,
when it will be possible to visit the
observatory on the uppermost usable
levels (68th to 72nd), below the
“void” of the top. The observatory
will offer a 360-degree view of the
urban area from a height of 244
m, fog and rain permitting. Many
people are complaining about the
ticket price (24.95 pounds for adults,
18.95 for kids), but to reach the lower
levels the following options are even
more expensive: buying a luxury
apartment (from the 53rd to the
65th floor), staying at the Shangri-
La Hotel (34th-52nd), eating at the
restaurant (31st-33rd). The only
other option is to get a job in the
remaining levels of the building,
from the 28th down. In any case, it
will take some time to fully grasp the
charm of the Shard, with its blades
of glass that slide down, but without
alighting, towards the shopping
center and the London Bridge
station. Maybe the same time it took
Londoners to reach the conclusion,
after widespread criticism, that the
three splendid concrete towers of the
Barbican Estate (1965–76), designed
by Chamberlin, Powell & Bon, offer
the best way of living in the city.
In the meantime, across the river,
from a precise point on Lower
Thames Street, I discover my new
icon of London: the steeple of St.
Magnus the Martyr (1671–87), a
work by Sir Christopher Wren, next
to the profile of the Shard (2000–12),
a work by Renzo Piano. Here we see
the layered wall of history, where
time is the incorruptible judge.
* The Waste Land (1922), verses
263-265, to which the poet adds the
following note: «The interior of St.
Magnus Martyr, is to my mind one of
the finest among Wren’s interiors».
The church, built after the Great Fire
of 1666, was on the list of buildings
to be demolished in London in the
1920s.
www
k page 80
Structure and form
Chiara Calderini
The fact that the tallest skyscraper in
Europe is just the 66th tallest in the
world is a sign. It is not clear if this
is a sign of style (we Europeans also
prefer low heels) or of decline.
From an engineering viewpoint,
the Shard is not a particularly tall
building (310 m). To understand just
how ordinary it is, just consider the
fact that in the world today there
are 16 skyscrapers higher than 400
meters (one tops 800), and that the
Empire State Building, built in 1931,
has a height of 381 meters.
The structure is ordinary and
based on an established scheme:
a reinforced concrete nucleus and
an external perimeter of columns
connected to the nucleus by
prestressed reinforced concrete
slabs, according to the so-called
tube-in-tube principle. At discreet
levels along the height, series of
outrigger beams (large horizontal
stiffening beams) limit lateral
deformation of the frame caused by
horizontal wind thrust. Not exactly a
captivating structure, in short.
Let’s observe its form, however, and
certain details. We find ourselves
inside 150 years of the history of
constructions. And of relationships
between architectural design and
structural design.
The idea of the pyramid is far from
new. Just consider the tall buildings
of the 19th century (the Mole by
Alessandro Antonelli in Turin –169
meters– and the Tower by Gustave
Eiffel in Paris –324 m–), based on
classical structural reasoning. Or
the Empire State Building. Or the
legendary John Hancock Center
of Chicago of Fazlur Rahnar Khan
from 1969 (344 m, 410 m with the
antennae), or the Bank of China
in Hong Kong (344 m), with its
accent on architectural symbolism.
But we could also consider the
Burj Khalifa in Dubai, presently
the world’s tallest building. This
skyscraper is the manifesto of
a line of research that emerged
towards the end of the 1990s and
sees the upward tapering of the
section as one of the fundamental
factors for making taller and taller
buildings. It is no coincidence that
the futuristic projects of those years,
like the Grollo Tower (560 m), the
Miglin-Beitler Tower (610 m) and
the Millennium Tower (800 m) all
have a pyramid form. Beyond the
classical structural reasoning of the
19th-century buildings (reduction
of weight towards the top), the
advantage of tapering is based on
aerodynamic factors, translating
into exceptional attenuation of the
effects of wind. In this sense, we can
see that the rationalist skyscrapers
of the 1950s and 1960s, being perfect
parallelepipeds, were actually not
very “rational”.
There is another feature of the Shard
that evokes the great discoveries
of structural engineering of recent
years, namely the form of the
corners. In this building the corners
are “open”, in the sense that the
planes that form the facade do not
meet at the corners, but remain
detached, like true juxtaposed
shards of glass. It was in the design
of the World Trade Center of New
York in 1973 by Khan that corners
beveled by 45° first replaced the
principle of the sharp corner found
in rationalist works. Again in this
case, as in the John Hancock,
the choice is purely symbolic and
unwittingly revolutionary. Now
we have to imagine a skyscraper
like a large sail in the wind. The
aerodynamic action produced on
it is closely connected to the “flow
separation” that happens at the
corners. This is why their form is
so important. Starting in the 1980s,
experimental wind tunnel studies
showed that beveling, rounding or
shaping corners can significantly
reduce wind shear on tall buildings.
The first aware examples of this
idea include One Canada Square in
London, in 1991, and the Central
Plaza in Hong Kong in 1992, or
the Southeast Financial Center of
Miami, 1993. The idea was then
consolidated in more modern and
innovative towers like the Jim Mao
Building of Shanghai in 1998 and the
Petronas Tower of Kuala Lumpur,
that same year. We can also see it
in the above-mentioned, futuristic
projects for the Grollo Tower or the
Miglin-Beitler Tower.
We are used to thinking about the
relationship between architecture
and engineering in a very rigid
way. Two conventions force each
other into a compound from which
it is hard to emerge. The first: an
architectural form is designed,
then a structure is designed
that is suitable for the making
of that form. The second: the
technical requirements, especially
in industrial constructions or
particularly daring projects, impose
the form, and an architecture is then
design to best adapt to those needs.
The Shard fits into a third line of
conformism, it too quite typical, but
more subtle and certainly unwitting:
the romance of technical choices.
Again in this case, in fact, we are
fully aware that architectural and
not technical choices have dictated
the form (simply because it was
not tall enough). Nevertheless,
we find elements in it that ape
the hyperscrapers of the latest
generation, designed according to
the most advanced principles of
aerodynamics.
On the other hand, we are not used
to thinking about the fact that purely
symbolic and architectural choices
can at times, by chance, lead to great
technical inventions that are only
ascertained and understood later.
The cases of the tapering of the
John Hancock Center or the shaping
of the corners of the World Trade
Center can teach us something on
this score.
www
k page 84
Transparencies
Alfredo Zappa
«Everybody knows that Modern
Architecture is just “a bunch of glass
boxes”, so it could be anything or
c a sabella 818
nothing. Or is perhaps it a Platonic
ideal; some pure conception of the
ultimate glass box that has been
trying to get itself ever since
Modernism came in?».
Reyner Banham*
Eight shards of glass inserted in the
ground. Eight shards that rise to a
height of 310 meters. Behind them
thousands of persons are living.
Inside, there is room for a multistar
hotel, offices, apartments,
restaurants, a panoramic
observatory, winter gardens, shops,
areas for exhibitions and events,
cafes and much more. To enclose
such a varied functional mixture
behind a glass shell, creating a
comfortable habitat for every
situation with an effective approach
to energy management is grueling
task. The image is undoubtedly
fundamental. And the Shard, long
prior to its completion, had already
become an icon for the people of
London. A building that for better or
worse leaves nobody feeling neutral.
But it is certainly limiting, even more
so for a work by the anti-classical
Renzo Piano, to restrict the theme to
a pure question of form, running the
risk of only partial comprehension of
a career that has always reflected an
ability to integrate, in a synergic
system, all the critical issues of
making architecture. And for Piano,
who proudly narrates his own
imprinting in his family’s worksites,
architecture has always meant
construction. So it is no coincidence
that without excessive emphasis he
was one of the first to understand,
insert and translate aspects of
energy efficiency that are
revolutionizing our way of thinking
about and giving form to buildings.
Also thanks to his work, today it is
clear to all that it is no longer the
right time to make architecture into
a collage of dyslexic parts. And it is
only in this sense that the concept of
the enclosure, today, has to be
positioned through the integrated
design of building, structure and
physical plant, from the earliest
phases of project development. The
increase of glazed surfaces and the
related dematerialization and
reduction of the thermal flywheel
effect of certain enclosure packets
impose a leap of quality that involves
both passive and active systems,
intrinsic capacities attributed to the
building (orientation, exposure,
mass), thermal insulation, efficient
and thrifty comfort systems,
sophisticated management devices.
The recent technological and
performance acceleration in the
sector of enclosures, as well as the
rise of professional figures like
facade engineers, bear eloquent
witness to all this.
But in the design of the Shard, Piano
seems to have made his life more
complicated. Or perhaps he just
wanted to raise the bar. In fact, right
from the concept the objective was
to make a facade that was as
transparent as it was efficient in
99
terms of energy. Transparent to the
point of offering a clear view, from
the outside, of what happens inside
this little vertical city. At the same
time, thanks to the angles of the
glass surfaces, the tower would be
able to reflect the rapidly changing
London sky and its hues
(Architectural Record website:
“Crystal Palace”, by Clifford A.
Pearson).
The choice of using ultra-clear low-
iron glass (colorless and lacking in
the traditional shades of green) was
of no little impact on the whole
project. As we know, very
transparent facade systems with
large surfaces can cause a significant
increase in energy demand both for
winter heating and summer cooling,
as well as triggering critical
situations in terms of comfort,
connected with the temperature
difference between the glass
surfaces and the internal
environment. In spite of all this, the
design team stuck rigorously with its
choices throughout the over 10 years
required for development and
construction, and for the countless
and often radical variations that
necessarily arose during the course
of this very long process. Some time
ago, during a lecture at the Cersaie in
Bologna, Piano said that often, to
defend his ideas and avoid
compromises, he has had to resign in
the midst of a project (though his
resignation has always been
promptly rejected), and in some
cases this has happened more than
once during the course of the same
construction. We have not been
informed of how many times he
wanted to throw in the towel during
the long gestation of the Shard, but it
was undoubtedly not an easy
undertaking.
The Shard’s enclosure is anything
but a simple figure. Its beauty and its
constructive difficulty lie here. In
fact it is not a perfect pyramid, but
the result of the juxtaposition of
eight macro-shards of glass, with
different orientations. The individual
fragments share a constant slope of 6
degrees off the vertical axis, and
never meet, not even at the top. The
irregular gaps caused by the
staggering of the shards are filled
with a continuous facade, in this case
perfectly vertical.
«What we have built is a large
greenhouse», William Matthews
(project architect of RPBW) told
Martin Spring of the authoritative
English weekly Building Design
(“Cladding Renzo Piano’s Shard”, by
Martin Spring): «So the problem to
solve was how to ensure the best
thermal conditions inside». The
double-skin facade engineered,
produced and installed by
Permasteelisa Group, through its
Scheldebouw brand, was at first
designed to incorporate a
mechanical ventilation system in the
interspace. The increase in energy
efficiency imposed in 2006 by local
building regulations, however, would
have made it necessary to use low-
speed fans with a much larger
conduit section, which would have
seriously reduced the amount of
transparent surface. To avoid
modifying the concept, the design
theme had to make what Matthews
has defined as a U-turn, shifting to a
passive solution. The layering of the
transparent enclosure packet that
was finally made, as seen in the
details published here, called for:
external layered 13 mm ultra-clear
low-iron glass, with reflecting
coating (24%); a 20 cm interspace
containing a roller blind in fiberglass
fabric controlled by the building
management system, capable of
reducing solar radiation by 85%;
high-performance chamber glass
with low-emission coating,
composed of a simple external pane,
an interspace filled with argon gas,
and a layered internal pane, for a
total thickness of 34 mm. Here again,
the panes are ultra-clear. Each
facade panel measures 1.5 meters at
the base by 3.8 meters in height, and
there are over 10,000 of these panels.
They are unencumbered spans,
without crossbars or opaque
segments, from floor to ceiling. To
minimize the impact of the thermal
break aluminium frames for those
observing the building from the
outside, the glass is installed with an
overlap using a structural silicone
system. Given the large cross-section
of the packet, the construction calls
for independent frames for the
external and internal skins,
assembled before reaching the
worksite using aluminium brackets.
To facilitate cleaning and
maintenance, access is offered to the
interspace by opening the internal
double glass panes, fitted with
hinges for the purpose.
The enclosure of the winter gardens,
located on each floor at the position
of the gaps between the large shards,
relies instead on a curtain wall with
high-performance double glazing,
but without a second skin. Special
glass doors provide natural
ventilation for these spaces set aside
as meeting rooms, interludes
between offices, greenhouses, etc. In
turn, the winter gardens are
separated from the interiors by a
single-pane glass partition.
According to the supplied
information, the facade system of the
Shard guarantees a low level of
transmittance (the official U-value,
however, has not been
communicated), to reduce energy
consumption for heating and to
optimize thermal comfort in the
winter. In the summer, also thanks
to the screening system, drastic
reduction of heat gain and increased
comfort should be generated by the
reduction of the temperature
difference between the glass wall
and the interiors. As a whole, the
solar radiation that passes through
the facade (G-value) amounts to just
0.12%, contributing to significantly
reduce the contribution of the
cooling system. Where acoustics are
concerned, in terms of insulation
between adjacent rooms (on the
same level or above and below each
other), the facade system ensures
performance of 50 dB, while the
sound absorbing power between the
exterior and interior of the building
is greater than 43 dB. These
performance factors, according to
the designers, allow the Shard to
surpass not only the energy
parameters introduced in the
regulations of 2006 by 25%, but also
the increments of the standards
already slated for 2013 and 2016,
granting the facility an “Excellent”
Breeam rating, using the
Environmental Assessment Method
of BRE (Building Research
Establishment).
Nevertheless, objections have been
expressed regarding the
sustainability of the design
(including a discussion, for example,
in March at Ecobuild in London),
and criticism has been made of the
enclosure which were it less
radically transparent would make it
possible to save much more energy. It
is necessary to emphasize here that
the very long process leading to the
completion of the Shard has
coincided with a period of deep
changes in sensibilities,
technological know-how and ways of
building. The acceleration regarding
energy issues has been exponential.
In little more than 15 years in Europe
we have gone from the obligation to
obtain energy certification to the
requirement (planned for 2020) of
construction near zero-consumption
buildings. So in a short time what
seemed revolutionary yesterday has
already been surpassed today. And
the Shard, in spite of good intentions
and innovative solutions, cannot be
immune to all this. Taking this into
account, we can only let time help us
to understand if the building has
helped to initiate or to conclude an
era in the design of skyscrapers. In
the meantime, to transform it into a
reliable point of reference for future
experiences, it would be important
for everyone to be informed about
the results of serious monitoring of
its energy functioning and
environmental impact.
* Reyner Banham, “Modern
Monuments”, published for the first
time in «New Society», 78, 1246, 14
November 1986.