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Luigi Grusselli
GEOMETRIA
šš
MARIA RITA CASALI
Professore Ordinario di Geometria
Dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche
Università di Modena e Reggio Emilia
CARLO GAGLIARDI
Professore Ordinario di Geometria
Dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche
Università di Modena e Reggio Emilia
LUIGI GRASSELLI
Professore Ordinario di Geometria
Dipartimento di Scienze e Metodi de11°Ingegneria
Università di Modena e Reggio Emilia
ISBN 978-88-7488-976-1
Le fotocopie per uso personale (cioè privato e individuale, con esclusione quindi di
strumenti di uso collettivo) possono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun volume,
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22 aprile 1941 n. 633. Tali fotocopie possono essere effettuate negli esercizi commerciali
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collettivi, come dispense e simili) l'editore potrà concedere a pagamento l'autorizzazione a
riprodurre un numero di pagine non superiore al 15% delle pagine del volume.
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Romana, n. 108 - 20122 Milano
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ESCULAPIIJ
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WwW.editrice-esculapio.it
Prefazione
tuttavia di non fare perdere contenuto geometrico a tali concetti, sia mediante il me-
todo con cui questi vengono presentati, sia facendo spesso ricorso a Osservazioni ed
Esempi atti ad aiutare il lettore a ritrovare, pure in ambiti più generali, le proprieta
geometriche gia note.
La scelta privilegiata è stata quella di sviluppare la teoria, sia dal punto di vista alge-
brico che da quello geometrico, per spazi di dimensione finita n; le dimensioni due e
tre sono tuttavia sempre illustrate in modo dettagliato, come casi particolari e nelle
loro specificita, sƒruttandone le caratteristiche di rappresentatività. Tale scelta di ge-
neralità nella dimensione è dovuta essenzialmente a due considerazioni: da un lato
riteniamo opportuno evitare inutili ripetizioni nella enunciazione della teoria per le
varie dimensioni particolari, dall 'altro siamo convinti che lo sviluppo della teoria in
ambito ragionevolmente generale sia un ottimo stimolo allo sviluppo della capacita di
astrazione e generalizzazione che è obiettivo fondamentale di ogni corso di matema-
tica, anche nell 'ambito dei nuovi ordinamenti degli studi universitari.
La presente III edizione risulta integrata, rispetto a quelle precedenti, in primo luogo
con l 'introduzione di test di valutazione al termine di ciascuna delle due parti (Alge-
bra lineare e Geometria euclidea) in cui il testo è suddiviso, rendendo cosi possibile
al lettore una verifica del proprio livello di comprensione delle tematiche trattate.
stata inoltre realizzata una rivisitazione sostanziale di alcuni argomenti (in particola-
re: i metodi di risoluzione dei sistemi lineari, la teoria delle isometrie, l'ampliamento
proiettivo degli spazi euclidei), aggiungendo nuove osservazioni ed esempi lungo tutto
lo sviluppo del testo.
L'edizione è infine integrata con una versione elettronica del testo e con contenuti
online aggiuntivi (tra cui le soluzioni dei test di valutazione), reperibili alla pagina
Web: http: //textincloud.editrice-esculapio.com.
GLI AUTORI
Indice
Prefazione
Insiemi e relazioni
1 . Insiemi
Non ci addentreremo nella presentazione di una teoria assiomatica degli insiemi, che
andrebbe oltre gli scopi di questo testo. Supporremo invece noto il concetto intuitivo
di insieme, quale “collezione” di elementi o oggetti, a due a due distinti.
Se A è un insieme e a è un elemento di A, diremo che a appartiene ad A e scriveremo
a € A; se a non appartiene ad A, scriveremo invece a ¢ A.
Dati due insiemi A, B , diremo che A è un sottoinsieme di B , e scriveremo A Q B , se
ogni elemento di A è anche elemento di B .
Diremo ancora che A e B sono uguali, e scriveremo A = B , se hanno gli stessi elementi
(cioè se sono lo stesso insieme). Quindi A = B se e solo se A Q B e B Q A. In caso
contrario, diremo che A e B sono diversi e scriveremo A 75 B .
Diremo infine che A è un sottoinsieme proprio di B , e scriveremo A C B , se A Q B ,
maA7šB.
Useremo spesso, nel corso della trattazione, i seguenti simboli logici:
- “V” (detto quantificatore universale), che si legge “per ogni” o “qualunque
sia”,
- “El” (detto quantificatore esistenziale), che si legge “esiste un” o “esiste
almeno un”,
- “E11”, che si legge “esiste uno e un solo” o “esiste ed è unico”,
- “E”, che si legge “non esiste alcun”.
Supporremo noto al lettore l°insieme dei numeri naturali 1, 2, 3, . . . , che sara indicato
con N, nonché le sue proprietà elementari.
Per ogni n € N, indicheremo con Nn l'insieme dei primi n numeri naturali. Indiche-
remo poi con:
- Z l 'insieme dei numeri interi relativi;
- Q l'insieme dei numeri razionali;
- IR l 'insieme dei numeri reali;
- (C l 'insieme dei numeri complessi.
Supporremo inoltre note le principali proprieta di tali insiemi numerici.
Il principio d'induzione risulta spesso molto utile per dimostrare una “successione di
proposizioni” .
Principio d”induzione.1 Supponiamo data, per ogni numero naturale n, una
afiermazione Supponiamo inoltre che:
(1) Vafiermazione A(1) sia vera;
(2) Vk: € N, lc 2 2, se A(k - 1) è vera, allora anche A(k) è vera.
Allora A(n) è vera, per ogni n E N.
Gli insiemi finiti, cioè aventi un numero finito di elementi, potranno essere indicati
per “elencazione”, racchiudendo tra parentesi graffe gli elementi stessi (o altrettanti
simboli che li rappresentano), separati da virgole.
Ad esempio, l'insieme delle cinque vocali potrà essere indicato con {a,e,i,o, Si noti
che l'ordine in cui gli elementi sono scritti non ha alcuna rilevanza: quindi {a, e,i, o, u} =
{o,i,u, a,e}. Inoltre, la ripetizione di uno o più elementi non ha alcun effetto: ad esem-
pio, {a,e,a,i,u,o,i,a, e, e} = {a,e,i,o,u}.
1Tale principio può equivalentemente essere enunciato in una formulazione alternativa, in cui la
ipotesi induttiva (2) viene sostituita con la seguente:
(2') Vle E N, le 2 2, se A(h) è vera per ogni h G Nk,_1, allora anche A(l<:) è vera.
1. INSIEMI 9
Si osservi che ciò non significa che ogni proprieta P dia automaticamente vita a un
insieme. Infatti il famoso “paradosso di Russel2” nasce proprio da una tale assunzione.
Se B è un insieme e A è il sottoinsieme di B caratterizzato dalla proprieta 77,
scriveremo:
A={a:€
Esempio 1.1. L'insieme IP dei numeri naturali pari e l'insieme ID) dei numeri naturali
dispari potranno essere indicati come segue:
lP={p€N|Élm€N,p=2m};
1D>={deN|3meN,d=2m-1}.
Le scritture precedenti si leggono: ll” (rispettivamente lD>) è l'insieme di tutti i numeri
naturali p (risp. d per cui esiste un numero naturale m, tale che p = 2m (risp. d =
2m-1).
Le proprietà enunciate forniscono un vero e proprio “test di appartenenza" di un numero
naturale n all'insieme ll” dei numeri pari (risp. all'insieme ID) dei numeri dispari). Ad
esempio, 12 € IP, in quanto Él 6 E N, tale che 2-6 = 12; invece 13 ¢ IP, in quanto non
esiste alcun numero naturale m, tale che 2 -m = 13. Analogamente 13 € ID), in quanto
Él7€N, tale che2-7- 1: 13.
Esempio 1.2. L'insieme Nn dei primi n numeri naturali può essere indicato con
Nn={i€N|1§i§n}.
Si osservi che, anche nel caso di insiemi con un numero finito di elementi, è spesso
preferibile la seconda rappresentazione. Ad esempio, l°insieme A dei numeri naturali
compresi tra 2 e 1.000.000.000 potra essere indicato con
A = {¢ e N | 2 5 z 5 1.0oo.0o0.o00},
mentre l°e1enco dei suoi elementi, pur teoricamente possibile, presenta evidenti pro-
blemi di scrittura.
Diremo insieme vuoto 1°insieme ll) privo di elementi; per tale motivo, (ll può essere
considerato sottoinsieme di un qualsiasi insieme A.
Dato un insieme A, diremo insieme delle parti di A 1°insieme:
ALJB=BLJA, AFìB=BOA
(proprieta commutativa dell'unione e dell'intersezione);
(ALJB)LJC=ALJ(BLJC), (AOB)OC=AO(BOC)
(proprieta associativa dell'unione e dell'intersezione);
Au(Bno)=(AuB)n(/iuo), An(Buo)=(AnB)u(/inc)
2. OPERAZIONI FRA INSIEMI 11
(leggi di De Morgan3).
Nel seguito il simbolo (cc, y) indicherà la coppia (ordinata) il cui primo elemento è ac
e il cui secondo elemento è y, con ic e y elementi di un insieme X.
Gli elementi ac e y saranno anche detti prima e seconda componente della coppia (ac, y).
Si osservi che {x,y} = {y,x} Vx,y E X, mentre, se x 75 y, allora (x,y) 75 (y,x).
In modo del tutto analogo si possono definire le terne, le quaterne e, più in generale,
le n-ple di elementi di un insieme, essendo n un arbitrario numero naturale.
A >< B = {(1›f11)›(1›?J)›(2›w)›(2›y)›(3›4U)›(3,y)},
mentre
B X A : {('m› 1)» (y› 1)› (xi 2)› (ya 2)› (33 3)» (ya
Inoltre
A2 = A ›< A = {(1, 1), (1,2), (1,s), (2, 1), (2, 2), (2,s), (3, 1), (3, 2), (s,:›.)}.
B3 : B X B X B : {(5U›x›x)› lxvxvl-/)› (37ay›x)› (x›y›y)›
3Augustus De Morgan: matematico e logico inglese (Madura, India, 1806 - Londra, 1871).
4Dal nome del filosofo e matematico francese René Descartes (Cartesio) (La Hauge, 1596 -
Stoccolma, 1650).
5In taluni casi si utilizzerà per le n-ple anche la notazione con gli indici in basso: (a1, . . . ,an).
12 1. INSIEMI E RELAZIONI
3. Relazioni e applicazioni
Se ífì Q A >< B è una relazione fra A e B , diremo relazione inversa di ífì la relazione
ÉTV1 fra B e A, definita come segue:
f:A_›B
xi-›y
Gli insiemi A e B saranno detti rispettivamente dominio e codominio di f.
f(X)={b€B|šx€X,f(:v)=b}.
In particolare, l°immagine f (A) del dominio A sara anche detta immagine di f e de-
notata con Im f.
3. RELAZIONI E APPLICAZIONI 13
Vb E B,ÉIa E A,ƒ(a) = b;
f è iniettiva se
Quindi, f_1 è una applicazione se e solo se f è biunivoca; in tal caso f_1 è a sua
volta biunivoca e si ha (f_1)_1 = f.
14 1. INSIEMI E RELAZIONI
Esempio 1.4. Sia Z I'insieme dei numeri interi relativi e f : Z A Z definita da f(.:c) = 11:2,
Va: C Z. L'appIicazione f non è suriettiva, in quanto Imf 75 Z (ad esempio 2 C Im f);
f non è neppure iniettiva, in quanto :C2 = (-x)2, Va: C Z. L'appIicazione f: IR A IR3',
definita da = 51:2, Va: C IR (dove IR è I'insieme dei numeri reali e IREI I'insieme
dei numeri reali non negativi) è invece suriettiva, ma non iniettiva. Infine I'appIicazione
f|R3L : IR3' A IR3', restrizione di f a IREI C IR, è biunivoca e la sua inversa g = (f|R3L)_1
è data, per ogni y C IR3', da g(y) =
Esempio 1.5. Le funzioni sen : IR A IR e cos :IR A IR non sono né suriettive (in quanto,
posto [a,b] = {y C IR | a § y § b}, si ha Imsen = Im cos = I-1,1]), né iniettive
(in quanto, ad esempio, sen0 = senvr = 0 e cos(-rr/2) = cos(7r/2) = 0). Le loro
restrizioni sen : I-rr/2,1r/2] A [-1,1] e cös : [0,†r] A I-1,1] sono invece biunivoche
e le loro inverse sono rispettivamente le funzioni arcsen : I-1,1] A I-rr/2,7(/2] e
arccos :I-1, 1] A [0,1r].
Ad esempio, sia A I'insieme dei cittadini italiani. Se :1:,y C A, poniamo azífìy se e solo se
ai e y hanno lo stesso nome. facile verificare che ÈR è una relazione di equivalenza su A.
Se il nome di ai è Valeria, allora è I'insieme dei cittadini italiani di nome Valeria e
ciascuno di essi è un rappresentante di
Le relazioni di equivalenza saranno solitamente indicate con simboli quali “~”, “fx”,
cc~›> cc_vv
f'\J , i
Esempio 1.6. Sia R I'insieme delle rette del piano. Se r, s C R, poniamo r s se e solo
se r e s sono parallele o coincidenti. Allora è una relazione di equivalenza su R e gli
elementi deII'insieme quoziente R/ sono i "fasci" di rette parallele del piano.
Se T è I'insieme dei triangoli del piano, allora la congruenza e la similitudine di triangoli
sono relazioni di equivalenza su T.
I<m,n>i - É.
Sia
~ m
z={T |mez}go.
L'appIicazione go :Z A Q definita, per ogni m C Z, da
am) - $
~ ~
Esempio 1.8. (L'insieme ZT, delle classi resto modulo n) Sia Z I'insieme dei numeri
interi e sia n un fissato intero positivo. Se x,y C Z, poniamo ai E y (mod n) se e solo
se Élk C Z, .cc - y = kn. La relazione E (mod n) (detta congruenza modulo n) è di
equivalenza su Z. Infatti: (R) .cc - ar = On; (S) se ai - y = kn, allora y - .cc = -kn;
(T) sea:-y=kney-z=hn, allora .'12-z=.cc-y+y-z=kn+hn= (k+h)n.
L'insieme quoziente, di norma indicato con Zn, anziché con Z/ E (mod viene detto
I'insieme delle classi resto modulo n. Tale terminologia è giustificata dal fatto che esso
consta di esattamente n classi, indicate con 0,1, . . . E dove la classe F contiene tutti
e soli gli interi il cui resto della divisione per n è uguale a r.
18 1. INSIEMI E RELAZIONI
5. Cardinalità di un insieme
Q Definizione 1.15. Diremo che due insiemi A, B sono equipotenti se esiste una
applicazione biiettiva ƒ : A A B .
Diremo anche, in tal caso, che A e B hanno la stessa potenza o la stessa cardinalità o
lo stesso numero cardinale, e scriveremo CardA = Card B .
P Osservazione 1.17. Un insieme finito non può essere equipotente con un suo
sottoinsieme proprio. E possibile provare che tale proprietà caratterizza gli insiemi
finiti.
Strutture algebriche
1. Operazioni su insiemi
Esempio 2.1. I "prototipi" di operazioni binarie interne sono I'usuaIe “somma” e I'usuaIe
“prodotto” di numeri naturali:
+: N><N AN «: N><N A›N
(m,n) ›Am+n (m,n) ›Am-n'
Analogamente, I'usuaIe "somma" e I'usuaIe "prodotto" di numeri interi:
+:Z><ZA›Z e -:Z><ZA›Z
sono operazioni binarie interne su Z.
_ _ ,, _ ,, , _ _ _ _ , ,
Si osservi che la differenza non e una o erazione binaria interna su N mentre lo e su
Z; invece la "divisione" non è una operazione binaria interna né su N, né su Z.
LU Z QÈZ
y I yi
Le applicazioni + e - sopra definite sono operazioni binarie interne su Q; esse coincidono
con le usuali operazioni di "somma" e "prodotto" di numeri razionali.
ponendo:
É+§=£II+y,
Esse sono ovviamente operazioni binarie interne su Zn.
Se ad esempio, n = 2, allora le operazioni introdotte possono essere visualizzate nelle
seguentitabefle:
+ Ö T Ö I
Ö Ö I Ö Ö Ö
IIÖ IÖI
Esempio 2.5. Sia U un insieme. Le operazioni di unione, intersezione e differenza tra
sottoinsiemi di U (introdotte nel § 2 del Capitolo 1) sono operazioni binarie interne su
“Ii(U)-
Esempio 2.6. Sia X un insieme non vuoto e Hom(X) I'insieme di tutte le applicazioni
f : X A X. L'appIicazione:
o: Hom(X)>< Hom(X) A Hom(X)
(f,g) 1-> .foy
dove ƒ o g : X A X è il prodotto di f con g (Definizione 1.5), è una operazione binaria
interna su Hom(X).
Sia G(X) Q Hom(X) I'insieme di tutte le applicazioni biunivoche (permutazioni)
go : X A X. Se 17, ib C G(X), allora anche no ip C G(X). Quindi il prodotto di
applicazioni, opportunamente ristretto, induce una operazione binaria interna (ancora in-
dicata con o) su G(X).
2. GRUPPI 21
2. Gruppi
Si osservi che, se J. è associativa (e solo in tal caso), ha senso la scrittura :1: J. yJ_ z,
intesa come rappresentazione semplificata dell'elemento (az J_ y) J_ z = az J_ (y J_ z).
(a:J_y)' = y'J_:1:'.
(y / J_:1:)J_(.:cJ_y)
/ 1
y / J_(:c / J_a:)J_y 1
y / J_uJ_y 1
y / J_y 1
u.
III
22 2. STRUTTURE ALGEBRICHE
Esempio 2.1 bis. (N, +) è un gruppoide associativo e commutativo. Esso non ammette
elemento neutro.
Se NO = N LJ {0}, allora (NO, +) è ovviamente associativo e commutativo e 0 ne è I'eIe-
mento neutro. Però nessun elemento di NO, tranne 0, ammette opposto.
(N,-) è un gruppoide associativo e commutativo; inoltre 1 ne è I'eIemento neutro. Però
nessun elemento, tranne 1, è invertibile.
(Z,+) è un gruppo abeliano; 0 ne è I'eIemento neutro e I'opposto di z è -z.
(Z, è un gruppoide associativo e commutativo, avente 1 quale elemento neutro. Però i
sui unici elementi invertibili sono 1 e -1.
0
Esempio 2.2 bis. (Q, +) è un gruppo abeliano; 0 = ì ne è I'eIemento neutro e I'opposto
di `” è `” - _”.
9 9 9 1
(Q, è un gruppoide associativo e commutativo, con 1 = ì quale elemento neutro.
Si osservi che
z z 0 z 0 0
V- 0- _ - _ _ _0.
t€Q° t 1 t t 1
0 .cc
Quindi 0 = ì non è invertibile in (Q, Se invece É C Q e - 75 0, allora È è invertibile
U y U
in (Q, e É ne è I'inverso.
zz:
Quindi, posto Q* = Q - si ha che (Q*,-) è un gruppo abeliano.
1Dal nome del matematico norvegese Niels H. Abel (Findö, 1802 - Froland, 1829).
3. ANELLI E CAMPI 23
3. Anelli e campi
Nel presente paragrafo studieremo strutture algebriche del tipo (X, +, ~), costituite
da un insieme X e da due operazioni binarie interne su X, che saranno dette rispet-
tivamente somma e prodotto di elementi di X.
Esempio 2.7. (L'anello degli interi) (Z,+,-) è un anello commutativo con unitá, ma
non un campo (si veda I'Esempio 2.1 bis).
Esempio 2.8. (I campi dei numeri razionali, reali e complessi) (Q,+, (IR,+,
e ((C,+, sono campi (si vedano gli Esempi 2.2 bis e 2.3 bis).
Esempio 2.9. (L'anel|o delle classi resto modulo n) Per ogni n 2 2, (Zn,+, è un
anello commutativo con unità (si veda I'Esempio 2.4 bis). Si può provare che (Zn,+,
è un campo se e solo se n è un numero primo.
In ogni anello (A, +, valgono alcune proprieta elementari che sono conseguenze del
fatto che (A, +) è un gruppo abeliano e che (A, è un gruppoide associativo. Così
l”elemento 0 è unico e l”opposto -a di a C A è unico. Inoltre, se A ammette elemento
unità, questo è unico; se poi A è un campo, l'inverso a"1 di a C A* è unico.
Gli anelli godono di altre proprieta elementari che dipendono, oltre che dagli assiomi
dei gruppi abeliani e dei gruppoidi associativi, anche dalla distributivita del prodotto
rispetto alla somma.
Ad esempio, se (A, +, è un anello, allora, per ogni .'13 C A, si ha:
0-22:2:-0:0.
I concetti di caratteristica e di divisore dello zero, che stiamo per introdurre, inducono
a riflettere su alcune familiari proprietà, valide nell°anello Z degli interi (e nei campi
Q, IR o (C dei numeri razionali, reali o complessi), che devono essere usate con cautela
in ambito più generale.
Q Definizione 2.8. Sia (A,+,-) un anello con unita (in particolare, un campo).
Se, per ogni m C N, si ha 1 + - - - + 1 yé 0, allora diremo che A ha caratteristica
mvolte
zero. In caso contrario, diremo caratteristica di A il minimo intero positivo n tale che
1+---+1=0.
nvolte
Q Definizione 2.9. Sia (A, +, un anello. Se a, b C A - {0} sono due elementi non
nulli di A tali che a - b = 0, si dice che a e b sono divisori dello zero.
I Proposizione 2.11. Ogni campo è privo di divisori dello zero e la sua caratteristica
è zero o un numero primo.
Esempio 2.10. L'aneIIo degli interi (Z, +, é privo di divisori dello zero e ha caratteristica
zero. I campi (Q,+,-), (IR,+,-) e ((C,+,-) dei numeri razionali, reali e complessi hanno
caratteristica zero.
Esempio 2.11. Per ogni n 2 2, I'aneIIo delle classi resto modulo n (Zn, +, ha caratte-
ristica n; inoltre, ha divisori dello zero se e solo se n non è un numero primo. Ad esempio
2 e 3 sono divisori dello zero in Z6. Ciò conferma che, se n non è primo, Zn non è un
campo.
Con tali posizioni, (*Ii(U),-I-, è un anello commutativo con unità (I'insieme U).
L'eIemento neutro di (*Iš(U), +) è I'insieme vuoto Ø. Si osservi che VA C A+A = Ø;
dunque, ha caratteristica due.
Inoltre, ogni elemento A C con A 7É Ø, A çê U, è un divisore dello zero. Infatti
A- CUA = Ø.
Infine si osservi che VA C si ha: A2 = A- A = A. Un anello con tale proprietà è
detto booleano2.
2Dal nome del matematico inglese George Boole (Lincoln, 1815 - Cork, 1864).
26 2. STRUTTURE ALGEBRICHE
4. Sottostrutture e morfismi
Q Definizione 2.13. Sia ((G, >i<) un gruppo e Il-Il un sottoinsieme di (G, chiuso rispetto
all°operazione ›i<. Diremo allora che Il-Il è un sottogruppo di ((G, *) se (II-Il, ›|<) è un gruppo,
dove ›i< = *H indica la restrizione à Il-Il dell'operazione definita su (G.
Esempio 2.14. Se (A,+,-) è un anello con unità, allora il sottoinsieme {1,-1}, con
l 'operazione di prodotto indotta da A, è un gruppo.
Se A è tale che 1 + 1 = 0, allora 1 = -1 e quindi {-1,1} si riduce al gruppo banale {1}
costituito dalla sola unità di A.
Se, invece, 1 + 1 75 0, allora I'applicazione ƒ : Z2 = {0,I} A {1,-1}, definita da
ƒ(0) = 1 e ƒ(I) = -1 è un isomorfismo di (Z2,+) in ({1, -1},
Esempio 2.15. Sia I(A) I'insieme degli elementi invertibili (rispetto al prodotto) di un
anello unitario A.
Evidentemente 1 C I(A) e, per la Proposizione 2.3 Vw,y C I(A), w - y C I(A) e
w_1 C I(A). Ciò prova che (I(A), è un gruppo, detto il gruppo degli elementi invertibili
di A.
Si osservi che {-1,1} è un sottogruppo di I(A). Inoltre, se IR è un campo, allora
I(I<) = IK _ {o}.
Esempio 2.16. Sia IR il campo dei numeri reali, IR* = IR- {0} e IR+ = {a C IR | oz > 0}.
Evidentemente, (IR+, è un sottogruppo di (IR*,
Se a C IR+, a 75 1, indichiamo con expa :IR A IR* la funzione esponenziale che a w C IR
associa eXpa(w) = ax C IR*.
E noto che expa è una funzione (strettamente) crescente, dunque iniettiva, e che Im expa =
IR+. Inoltre, se w,y C IR, allora
5. n-ple
Sia IK un anello commutativo con unità (in particolare, un campo). Se n C N sia poi
IK" l°insieme delle n-ple di elementi di IK (si veda § 2 del Capitolo 1):
IK"'={a=(a1,...,a")|aZCIK,1§i§n}.
La somma definita su IK induce su IK" una “somma di n-ple”, definita come segue:
se a= (a1,...,a”'), b = (b1,...,b”') C IK", allora a+b =(a1 +b1,...,a"' +b").
Rispetto a tale somma, (Kn, +) è un gruppo abeliano.
ponendo:
Va C IK,Va= (a1,...,a") C IK", oi-a= (oia1,...,oia”').
0 0 a ì 1 i 1 ¢
Q Defin1z1one 2.17. Siano al _ (a1,...,a'f),...,an, _ (am,...,afn) n-ple di
elementi di IK e siano À1,...,/\m elementi di IR. Diremo combinazione lineare di
al, - - - , an, con coefficienti À1, . . . , Xm la n-pla
/\1-(aì,...,a'f)+---+/\m-(aì,,,...,a,":,°,):A1-a1+---+/\m-an, C IK”
Ad esempio, in IR3, se
1
›1=2, A2:-1, A3=š, A4=0
allora
1
A1~a1+,\2›a2+A3-a3+A4-A4=2-(1,s,0)+(-1)~(o,1,1)+š~(0,o,1)+o~(1,7,-3)=
1 1
= (2,6,0) + (O, -1, -1) + (0,0, 5) + (0,0,0) = (2,5, -5).
nomio nullo 0, cioè il polinomio 2:,-GNU z,t'i, con z, = 0 per ogni i C NO; l”unità di
K[t] è il polinomio 1, cioè il polinomio Z,€N0 u,-ti con uO = 1 e ug- = 0, per ogni j 2 1).
A-pc) - Zu-«».>t:.
IGNQ
è combinazione lineare degli r+1 polinomi 1, t, t2, . . . ,t7°, con coefiìcienti aO, a1, ag, . . .
a,¬ C K. Si ha cioè:
p(t) = aO + alt + a2t2 + - - - + anti”.
30 2. STRUTTURE ALGEBRICHE
doveaO=1,a1=2,a2=0,a3=1,a4=-1e, perognij25,a_,-=0.
Se p(t) = 1 - 3t2, q(t) = -1 + 2t + 3t2 + 2t3 C Z[t], allora:
p(t) + q(t) = 21: + 21:3;
p(t) - q(t) = -1 + 21+ 61:2 _ 41:3 _ 91:4 _ 61:5;
7 - p(t) = 7 _ 2112.
> Osservazione 2.22. Dalla Proposizione 2.21 (a) segue subito che K"[t] è un
sottogruppo del gruppo abeliano (K]t], +).
Inoltre, per la Proposizione 2.21 (b), se oi C K = K0[t] e q(t) C K”[t], allora
oi - q(t) C KI`]t].
In generale, però, se p(t), q(t) C KI`[t], con r 2 1, allora p(t) - q(t) C K2"°[t](si veda la
Proposizione 2.21 Dunque, per r 2 1, K"[t] non è un sottoanello di (K[t], +,
› Osservazione 2.23. (K[t], +, non è un campo. Infatti, se p(t) C K[t] ha grado
m 2 1, allora, qualunque sia il polinomio non nullo q(t), per la Proposizione 2.21 (c),
gr(p(t) - q(t)) 2 m e quindi p(t) - q(t) 75 1. Ciò prova che p(t) non è invertibile.
7. Algebre di Boole
Q Definizione 2.24. Si dice algebra di Boole una struttura algebrica (A, LJ, O), dove
A è un insieme contenente almeno due elementi e LJ,F) sono due operazioni binarie
interne su A (dette rispettivamente disgiunzione (o OR) e congiunzione (o AND))
che godono delle seguenti proprietà:
(i) LJ e F) sono commutative, cioè per ogni a, b C A si ha
aLJb=bLJa e aFìb=bF)a;
(ii) esistono in A un elemento neutro rispetto a LJ (indicato con 0) e un elemento
neutro rispetto a F) (indicato con 1), cioè per ogni a C A si ha
aLJO=a e aFì1=a;
7. ALGEBRE DI BOOLE 31
(iii) ciascuna delle due operazioni è distributiva rispetto all°altra, cioè per ogni
a, b, c C A, risulta
aLJ (bfì c) = (aUb)O (aLJc)
af) (bU c) = (aFìb)U (afìc)
(iv) Per ogni a C A esiste a' C A (detto complemento di a) tale che
aUa' = 1 e aFìa'=0.
Esempio 2.17. Sia A = {0,1} e siano U,Fì le operazioni binarie interne su A definite
dalle tabelle seguenti:
LIE; LIILIL
0 1 00
111 101
E immediato verificare che (A,U,F)) è una algebra di Boole, detta algebra di commuta-
zione o algebra a due valori.
Si noti che, considerando la corrispondenza di 0 (risp. 1) con Falso (risp. Vero) e dando
alle operazioni U,F) il significato logico di disgiunzione e congiunzione rispettivamente,
I'aIgebra di Boole a due valori rappresenta la cosiddetta logica proposizionale, e in tale am-
biente Ie tabelle sopra esposte sono dette Tabelle di verità; in questo caso, il complemento
di una proposizione logica coincide con la sua negazione.
La medesima algebra di Boole riveste un'importanza particolare anche nelle applicazioni,
ad esempio considerando i circuiti elettrici, dando a 0 (risp. 1) il significato di interruttore
spento (risp. interruttore acceso) e associando aII'operazione LJ (risp. O) un circuito con
interruttori in parallelo (risp. in serie).
Esempio 2.18. Per ogni insieme non vuoto X, indicando con 0 I'insieme Ø e con 1
I'insieme X stesso, e considerando le operazioni LJ e O come I'usuaIe unione e intersezione
insiemistica, la terna (§1i(X),LJ,Fì) risulta una algebra di Boole (avente come sostegno
I'insieme delle parti di X)3. Nel caso in cui X contenga un solo elemento, tale
algebra di Boole si identifica con I'aIgebra di Boole a due valori.
P Osservazione 2.25. Si noti che negli assiomi che definiscono le algebre di Boole
(Definizione 2.24) è possibile intercambiare le operazioni LJ e F) e gli elementi neutri
0 e 1 rimanendo all°interno del sistema di assiomi stesso. Ne segue che da ogni
affermazione vera su un”algebra di Boole A, espressa in termini di LJ, O, 0 e 1, se ne
può ottenere un°altra - detta duale della precedente -, pure vera su A, intercambiando
ovunque i simboli LJ e F) e i simboli 0 e 1. Tale proprietà è nota come Principio di
dualità.
3In realtà, si dimostra che ogni algebra di Boole finita (A, LJ, O) è isomorfa all'algebra di Boole
dei sottoinsiemi di un insieme X; da questo segue che la cardinalità di A è esattamente 2", dove n
è la cardinalità di X.
32 2. STRUTTURE ALGEBRICHE
Analogamente, facendo uso degli assiomi delle algebre di Boole (Definizione 2.24)
e del Principio di dualità (Osservazione 2.25), uniti alle proprietà contenute nella
Proposizione 2.26, non è difficile provare le seguenti affermazioni:
III
Matrici e determinanti
Q Definizione 3.1. Sia X un insieme e sia (m, n) una coppia di interi positivi. Si
dice matrice di tipo m >< n a coefiìcienti in X una applicazione A : Nn, >< Nn A X.
Se m = n, allora A è detta matrice quadrata di ordine n.
A: af ag af,
o anche, più semplicemente, A = (ag.-), qualora sia chiaro dal contesto il tipo di A.
Diremo ancora che aš è il generico elemento di A e che gli interi i e j sono rispetti-
vamente l 'indice di riga e l ”indice di colonna di ag-.
Le notazioni precedenti giustificano il termine di matrice con m righe e n colonne,
spesso usato per “matrice di tipo m >< n”.
Ad esempio, la matrice
A: 2 \/š -2
-1 4 0
appartiene a ./\/12><3(IR); le sue due righe sono le terne al = (2, \/3, -2), a2 = (-1, 4,0) C
IR3, mentre le sue tre colonne sono le coppie al = (2, -1), ag = (\/3, 4), a3 = (-2,0) C
IR2.
Si osservi che ogni matrice di tipo 1 >< n (risp. m >< 1) si identifica con la n-pla (risp.
con la m-pla) costituita dalla sua unica riga (risp. colonna). Pertanto, l”insieme
./\/l1><n(X) (risp. .A/lm><1(X)) si identifica con X” (risp. con Xm).
A:(31 íš _02)e/\/12X3(1R.)
è la matrice
-1
tA=
( 1) ,saw
4 É/\/l3><2(lR).
Ad esempio, date
2 -10 5 6-2
e 4 C IR, si ha:
2+5 _1+6 0-2 7 5 -2
A+f”`(3_4 v2+1 1+0)"(_1 ¢2+1 1 )
6
4A_ 1 40 __ s -4 0
_ 46 4– 44 " Q A5 4 '
e un°operazione
(a,A) IA oi - A.
Si noti poi che, nel caso particolare delle matrici riga (risp. colonna), tali operazioni
coincidono con quelle già introdotte nel § 5 del Capitolo 2, identificando .A/l1><n(K)
(risp. .A/ln,><1(K)) con K” (risp. con Km).
Introdurremo ora una operazione di prodotto tra matrici che, assieme alla somma,
darà alllinsieme delle matrici quadrate di ordine fissato una struttura di anello con
unüà.
36 3. MATRICI E DETERMINANTI
(a, b) = 2 anbn C K.
1<1=1
Ad esempio, date
1
1-1: (3,_1,§), b=(1,0,\/2)e1ia3,
siha
1 2
(a,b)=3-1+(-1)-0+§-\/2=3+g.
Q Definizione 3.9. Data una coppia conformabile (A, B), con A = (aiç) C ./\/1n,><n(K)
e B = C .A/ln><p(K), si dice prodotto (righe per colonne) di A per B la matrice
A- B = C .A/ln,><p(K), il cui generico elemento cš- è il prodotto naturale della
i-esima riga az di A per la j-esima colonna bj di B .
In altre parole, per ogni i C Nn, e j C NP, si ha:
T1»
Ad esem pio, se
1
A( lo 1-›§ )eM3,.2(1ii) A B=(â 2 É š)eM2,.4(n),
0 oo
È +
V oo È
O0
›-› \/\/\/ È
In ogni caso, anche se (A, B) e (B,A) sono entrambe coppie conformabili, si ha, in
generale, A- B 75 B - A.
( )( )=( )
©© OI-*
OO
©›-*
O1-1
CC
OO
©©
Oi-›
CDCD
sig-
. i
M-
D' I-A K). I-5
. J*
ašbh) ck,
h
Utilizzando la distributività del prodotto rispetto alla somma in K si prova che sl: = ti,
e dunque la proposizione risulta completamente dimostrata.
III
I Proposizione 3.12. Se (A, B) (risp. (B, A)) é una coppia conformabile e C é una
matrice dello stesso tipo di B, anche (A, C) e (A, B + C) (risp. (C, A) e (B + C, A))
sono coppie conƒormabili e si ha:
A-(B+C)=(A-B)+(A-C)
(risp. (B+C)-A=(B-A)+(C-A)).
Dimostrazione. una semplice verifica (il cui procedimento risulta del tutto analogo
a quello della Proposizione 3.11).
III
I Proposizione 3.13.
<a> 'f<A+B> = 21+ ÉB;
(Ö) t(0f°/1): 01° 54;
(c) se (A,B) è una coppia conformabile, allora anche (tB,tA) è una coppia
conformabile e si ha:
Risulta utile, ai fini notazionali, introdurre i seguenti simboli 5;- (indicati anche con
(W o con 5,]-), noti come simboli di K1^oneckei“2, definiti, per ogni i € Nm e per ogni
j€Nn,da:
6,: O seiçéj
-7 1 sei=j
essendo, come d'uso, 0 e 1 gli elementi neutri rispettivamente della somma e del
prodotto in K.
Si dice matrice identica di ordine n su K la matrice In _ € ./\/ln(]K), cioè la
matrice diagonale di ordine n avente ogni elemento della diagonale principale uguale
a 1.
Ad esempio, la matrice
3
A = 0 1 â
0 OO CD
l\D
Dimostrazione. una semplice verifica (si vedano anche le Proposizioni 3.11, 3.12).
III
Inoltre, se n > 1, nell 'anello non 'vale la legge di annullamento del prodotto:
una coppia di divisori dello zero in ./\/l2(]K) è, ad esempio,
Infine, se n > 1, esistono in matrici non nulle che non ammettono inversa.
40 3. MATRICI E DETERMINANTI
Ad esempio, la matrice
A _ ( O1 00 5 e /\/l2(]1<)
non è invertibile. Infatti, se
a b
,rx _ ( a0 0b )
non può mai essere la matrice identica Ig di
GA)-1= t<A=1>»
Dimostrazione. Si ha infatti (Proposizione 3.13 (c)):
'24. *(A-1) = f(/1-1 +1) = *I = I e t(A-1). fA = t(A.A-1) = U = I.
El
Esempio 3.1. ll gruppo ortogonale (91(]K) è costituito dalle matrici (1) e (-1).
<ø2<R>»{(,e,,,,
_
cow )a@@ei0,2†fi}U{(S,,,,,,
cosgo -sengo coscp
_COS,,)|l›e10,2«1}.
sencp
Gli elementi açr, r € Nn, sono detti elementi speciali o pivot di A, mentre l°intero h
è detto rango di A.
Si osservi che se h = 0, A è necessariamente la matrice nulla.
Inoltre, la matrice ridotta A si dice completamente ridotta se:
(3) per ogni r € Nn, ag? = 1 e, per ogni i € Nn, - {r}, ašr = 0.
Si osservi che le condizioni (1) e (2) implicano che:
cioè che ogni elemento speciale è l'ultimo elemento non nullo della colonna cui appar-
tiene. Pertanto, una matrice quadrata ridotta è sempre triangolare alta.
Si osservi che la condizione (3) equivale a richiedere che ogni pivot sia uguale a 1 e
costituisca l”unico elemento non nullo della colonna cui appartiene.
Pertanto l 'unica matrice quadrata di ordine n completamente ridotta di rango n è la
matrice identica In.
Ad esempio, se
-1
3
A_ 2 7 B_ 3
1 3 4 1 O 0
C = 0 5 6 , D = 0 O 0 ,
0 0 -1 0 O 1
allora:
A è ridotta, ma non completamente ridotta;
B è completamente ridotta;
C è quadrata ridotta (e dunque triangolare alta), ma non completamente ridotta;
D non è ridotta, ma risulta triangolare alta (anzi, addirittura diagonale).
Si noti che l”applicazione iterata della trasformazione elementare T2 alla stessa riga
produce la seguente trasformazione:
T5: sommare a una riga una combinazione lineare di righe differenti [al <-
'
al _|_ í:l7éi (Ila
l
3. MATRICI RIDOTTE E TRASFORMAZIONI ELEMENTARI 43
O00 GOD
/l= _2 4 É./\/l4(lR).
r a3 <- a3 - 2a1 ¬
COO G00 r-*RD
Â: › A = -›
›-ÀOOO
_ a4 <- a4 - 2a1 1 _2 _2 0
\ l\Dl\D©›-* IOLQOOG -2 ©›-lši-*NJ
\¢J
©©©›-* 2 -8 -4 )
a3(-a3+%a2 3 2 a4<-a4-4a3
G l-*
> A2 = _2 2/3 > A3 =
E14 (_a4 _ gag
OOO›-› ©©O0© -8 -14/3
_ B _\f É
-2 È ¬
2/3 a1(_a1+ša3 >\f 82 2/3
É ¬ _*
©©©l-l CCCJQC 0 -22/3/ ©©©l-\ ©©C›0© úo -22/3/
al <-al + %a4
a2<-a2+%a4
0 0
› C:
G 0
a3 <- a3 + åall
-2 0
©©©l-\ CCCDG 0 -22/3
Applicando le seguenti trasformazioni elementari T3 su C si giunge infine a una matrice
completamente ridotta D
a2 <- ša2
a3<--ša3
C › D:
a4<--%a4
OGGI-\ ©©l-*C GI-*GG I-*GGG
4. Permutazioni
Indicheremo con Sn (anziché con €5(Nn), come nell°Esempio 2.6) l”insieme delle per-
mutazioni su n oggetti.
Si osservi che, come caso particolare dell°Esempio 2.6 bis, la struttura algebrica (Sn, o)
è un gruppo, non abeliano se n 2 3.
{(1›3)› (1›5)› (1›6)› (1›7)› (1›8)› (2›3)› (2›4)› (2›5)› (2›6)› (2›7)› (18),
(4, 5), (4, 6), (4, 7), (4, 8), (5,6), (5,7), (5,8), (6,8), (7,
Pertanto si ha ,a(p) = 20, signp = (-1)2O = 1.
allora
po tr,r+1 :(p1›~ - ° ›pr+1›pr› - - - ›pn)-
Sia (i, j) G I,f: si attribuisce segno +1 o -1 alla coppia (i, j), a seconda che essa sia
o no in inversione.
Nel passaggio da p a pot,.,,.+1, ci sono un numero dispari di coppie che cambiano segno:
infatti, oltre alla coppia (r, r+ 1), cambiano segno, per ogni i < r (risp. i > r+ 1) tale
che min{p(r),p(r + 1)} < < maX{p(r),p(r + 1)}, tutte le coppie (i, r), (i, r + 1)
(risp. (r,i), (r + 1,i)). Quindi
,a(p o tn,,.+1) = ,a(p) :l: 1 e sign (p o t,,.,,,.+1) = - signp.
Se ora t = tn,n, con h < lc, si ha:
ih,/Q = íh,,h+1 0 íh,+1,h+2 0 ' -' 015/Q-2,/2-1 0 ik-1,/f 0 ik-2,k-1 0 ' ' ' 0 Éh+1,h,+2 0 Éh,h,+1-
Quindi
Sign (P 0 m,n) = (-1)2('“""1)+1 - signp = - signp-
El
3Si osservi che signp vale 1 G K, se ,a(p) è pari, mentre vale -1 G K, se ,a(p) è dispari. Nel caso
particolare in cui il campo K abbia caratteristica due, poi, si ha ovviamente sign p = 1 G K, Vp G Gn.
4. PERMUTAZIONI 47
Esempio 3.4.
(a) Se n = 1, allora A = (a) e dunque detA = a.
(b) Se n = 2, poiché €52 contiene due soli elementi (l'identità Id2 e la trasposizione
t1,2), si ha:
detA = ai -ag - aš-aš.
In altri termini, il determinante di una matrice quadrata di ordine due si ottiene
sottraendo dal prodotto degli elementi della diagonale principale il prodotto degli
elementi della diagonale secondaria.
Ad esempio, se A = ( _11 â allora detA = 1-7- = 10.
(c) S e n = 3 , si h a
C53 = {Id3 = (1,2,3), (2,3, 1), (3, 1,2), (3,2, 1), (1,3, 2), (2, 1,3)}
dove le prime tre permutazioni sono di classe pari mentre le ultime tre sono di
classe dispari.
Pertanto si ha:
det A = aìašaš + ašašaã' + ašaìaš - ašašaã' - aìašaš - ašaäaš.
Si usa spesso, per ricordare i sei addendi dei determinanti di ordine tre, la
seguente regola di Sarrus4: costruita la matrice A' aggiungendo alla destra di A
aì aš aš aì aå
\ X X /
A' = af ag aš aä ag
/ X X \
\ af; ag ag ag ag )
/ / / \ \ \
- - - + + +
3 O 2 3 0 2 3 0
Ad esempio,seA= -1 2 3 ,allora A'= -1 2 3 -1 2
1 5 0 1 5 O 1 5
equindi:
detA=3-2-0-l-0-3-1 -2-2-1-3-3-5-0-(1)-0:
=0+0-10-4-45-0:-59.
Dimostrazione. Se A = (ag) ha la /<1-esima riga nulla, allora, per ogni j G Nn, ag? = 0.
Dunque ogni addendo nello sviluppo di det A è nullo.
l:|
50 3. MATRICI E DETERMINANTI
Proprietà II.5 Se B è la matrice ottenuta scambiando tra loro due linee della matrice
A G (cioè mediante una trasformazione elementare T1 di riga o di colonna),
si ha:
detB = - det A.
Dimostrazione. Supponiamo che B si ottenga da A = (agi-) scambiando la sua /i-esima
riga con la lc-esima (h < Si ha pertanto, posto B = (bš), per ognij G Nn, bg? = agi,
bg? = ag' e, per ogni i G Nn - {h,k}, bš = aš.
Allora, ricordando che, se p G Sn, signp = - sign (po tn,n) (Proposizione 3.33 (b)), e
osservando che {p' = p o tn,n |p G Sn) = Sn, si ha:
_
detB_ E - h k n
S1gnp.b%)(1).....bp(h).....bp(k).....bp(n) _
_
pG6n
_
_ E - 1 k: h n
S1gnp.ap(1).....ap(h).....ap(k).....ap(n) _
_
pG6n
_
_ E - 1 h le n
S1gnp.ap(1).....ap(k).....ap(h).....ap(n) _
_
pG6n
_ E : - 1 h le n _
_ (_ S1gn(p O th›k)) i aP°ih,k(1). i i I I aP°th,k(h) I I I I I aP015h,k(k) I I I I I aP0th,k("«) _
pG6n
: _ E Signp'.aI]5/(1) .....aZI:,(k) :
nêôn
III
detA = oi-detA1.
5Si noti che, nel caso in cui il campo K abbia caratteristica 2, essendo +1 = - 1, questa proprieta
si traduce nella invarianza del determinante rispetto allo scambio di linee.
5. DETERMINANTE DI UNA MATRICE QUADRATA 51
_
detA_ E - 1 h n
S1gnp.ap(1).....ap(h).....ap(n) _
_
pêôn
_
_ E - h n _
_
pG6n
pG6n U
Ad esempio, se:
624 312
A: -123 eA1= -123,
156 156
poiché (6,2,4) = 2(3, 1,2), si ha detA = 2det A1.
ogni j G Nn, ah _ bg” + eg”, mentre, per ogni i G Nn - {h}, ag- = bg- = eg-. Allora, per
la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma in IK, si ha:
dQtA_ _ Z - h
S1gnp.aš)(1).....ap(h).....ap(n)_ n _
pG6n
_ - h h n _
_ Z S1SnP'“l›<1>""'(bp<h>+ Qnm) ' ""%<n› _
pG6n
_
_ E - h n
pêôn
_|_ E : dQtA1+dQtA2_
Pêön |:|
poiché (2,2, 5) = (2, 1, -3) + (0, 1, 8), si ha detA = det A1 + det A2.
52 3. MATRICI E DETERMINANTI
Dimostrazione. sufficiente provare la proprietà nei casi particolari in cui (a) la riga
h-esima di A sia a volte (con a 75 0) la riga lc-esima, (b) la riga h-esima di A sia
somma della riga r-esima e della riga s-esima. La prova, nel caso generale, si ottiene
per ripetute applicazioni di (a) e
(a) Supponiamo quindi che ah _ oz - ak. La matrice B, ottenuta moltiplicando per
a la riga h-esima di A ha due righe uguali e pertanto det B = 0 (Proprietà III). Del
resto, per la Proprietà IV', det B = a - det A, per cui det A = 0.
(b) Supponiamo che ah = a"° + as. Indichiamo con A1 (risp. A2) la matrice ottenuta
da A sostituendo af ad ah (risp. as ad ah). A1 e A2 hanno entrambe due righe
uguali e pertanto (Proprietà III) det A1 = det A2 = 0. Del resto, per la Proprietà
IV", det A = det A1 + det A2 per cui det A = 0. U
Ad esempio, se
3 1 2
A = -7 7 6 ,
1 5 6
poiché
(-7, 7, 6) = -3- (3,1,2) + 2- (1,5,6),
si ha detA = O. Infatti, posto
312 312
B1=312eB2=156,
156 156
dalle Proprietà III, IV' e IV", segue:
detA = -3 - detB1 + 2 - detB2 = O.
z_
cy--È ih.
ab-
hg?
h=1
cioè, per ogni i G Nn:
TL
C' = 2 azbh.
h=1
Si ottiene pertanto:
TL TL TL
MS
TL TL
deivnn
avendo indicato con Dçw., l°insieme delle n-ple di elementi (anche non tutti distinti) di
Nn7. Poiché dalla Proprietà III segue che le n-ple d G D§,,,,, che non sono permutazioni
producono addendi nulli nella sommatoria, si ottiene:
dêt C : Z Q/]];(1) ' aš(2) ' ' ' ' ' ' det(bp(1), bp(2), . . .
Pêßn
Ricordando la Proprietà II, si ha infine:
6Jacques Philippe Marie Binet: matematico e astronomo francese (Rennes, 1786 - Parigi, 1856).
7Gli elementi di 'Z)§,,,,, sono detti usualmente “disposizioni con ripetizione di n oggetti a n a n”.
Si osservi che Gf, C 'D(,,,,.
54 3. MATRICI E DETERMINANTI
Si ricordi che il Teorema 3.25 fornisce un metodo algoritmico per trasformare una
qualunque matrice quadrata in una matrice ridotta (e dunque triangolare) mediante
una successione finita di trasformazioni elementari T1 e T2. Poiché tali trasformazioni,
a meno del segno, lasciano inalterato il determinante della matrice (Proprietà II e VI),
la Proposizione 3.39 consente di interpretare tale algoritmo come uno strumento, noto
come metodo di Gaussg, per il calcolo del determinante di una matrice quadrata.
A =
0 3
-2 4
l\Dl\D›-*O l\D00 -2 O»-l>l\Z› -i
5-(\ _Oflãáìi/
Il
©©©I-l QQCJOQ
CO0
2
8Carl Friedrich Gauss: matematico, fisico e astronomo tedesco (Brunswick, 1777 - Gottinga,
1855).
9Pierre-Simon Laplace: matematico e astronomo francese (Beaumont-en-Auge, 1749 - Parigi,
1827).
6. CALCOLO DEL DETERMINANTE 55
A:
0 3
-2 4
ßât›=<3o C0
tO -2 C>¢>t-›Q
le matrici
0 0 1 3 1
M1:(2 4 4) M2:(-2 4)
sono rispettivamente una sottomatrice di tipo 2 >< 3 e un minore di ordine 2 estratto da
A. Si ha poi:
1 0 2
A;,=(-1)1+32 -2 4=+(3+s-3)=s,
2 2 0
0 3 0
Aš;=(-1)3+4 1 0 3 =-(1s+6)=-24.
2 2 -2
detA = M
S I-l
9
ung-
-detB,-.
Q.
Non resta dunque da provare che, per ogni j G Nn, det Bj = A57'.
A tale scopo, sia B5- la matrice ottenuta da Bj scambiando consecutivamente ogni
riga, dalla h-esima alla (n - 1)-esima, con la sua successiva, e quindi scambiando
consecutivamente ogni colonna, dalla j-esima alla (n- 1)-esima, con la sua successiva.
La matrice B5- è dunque del tipo seguente:
MIE
1 ìi/ 00...0 1
essendo il minore Mgh complementare di ag? in A. Si osservi ora che, se 6;,
indica il sottogruppo di Sn costituito dalla permutazioni p G Sn tali che p(n) = n,
l°applicazione che associa a ogni p G €51, la sua restrizione a Nn_1 definisce una
biiezione tra 6;, e Gn_1 in cui permutazioni corrispondenti hanno lo stesso segno .
Pertanto, posto B3- = (ag), poiché ax = 1 e, per ogni s G Nn_1, ag” = 0, si ottiene:
: E
péô'
_ - 1 -1 __ /__ h
_ 2 signp-apu)-----a;(n_1) _detMj_detMJ-.
pêôn-1
La formula
A:
0 3
-2 4
RDRDI-*G 2 -2 Oi-lšßâl-*
6. CALCOLO DEL DETERMINANTE 57
deII'Esempio 3.3, di cui si è già calcolato il determinante facendo uso del metodo di Gauss.
Lo sviluppo di Laplace secondo la prima riga dà allora:
0 3 2 1 3 2
detA: 0- -2 4 4 -3- 2 4 4
2 -2 0 2 -2 0
1 0 2 1 0 3
+0- 2 -2 4 -1- 2 -2 4 =
2 2 0 2 2 -2
= 0-24+0-20:-44,
dove il calcolo dei determinanti di ordine tre è ottenibile ricordando la regola di Sarrus
oppure riapplicando il Teorema di Laplace.
O00 OOO
A: -2 4
l\Dl\D›-LO 2 -2 O›-I>l\D›-
A'=
-6 3
-14 4
l\Dl\D›-iO 2 -2 O›-I>l\D›-i
Si vuole dimostrare che le matrici regolari (cioè invertibili) sono caratterizzate dal
fatto di avere determinante non nullo. A tal fine, premettiamo il seguente risultato,
noto come II Teorema di Laplace:
53 3. MATRICI E DETERMINANTI
S m.;- .A§=Zb§.B§=d@5B=0.
M = P-'
S3
=1
Q. %.
Lluguaglianza a zero della seconda sommatoria si prova in modo del tutto analogo.
l:|
I Teorema 3.45.
(a) Se A G è regolare, allora si ha: detA çê 0 e det(A_1) = (det A)_1. '
(b) Se A = (aš-) G ./\/ln(IK) è tale che det A 75 0, allora A è regolare e, posto Ali = (A3),
si ha:
A-1 =(d@1;A)-1. i(Ai).
Dimostrazione. (a) Se A è regolare, per il teorema di Binet, si ha:
1 = 6611,, = det(A . A-1) = detA ~ det(A-1).
Ciò prova (a).
(b) Sia All = G la matrice avente per elementi i complementi algebrici A;
di a_,- in A. Dai due teoremi di Laplace (Teorema 3.41 e Proposizione 3.43) - ovvero dal
Teorema di Laplace generalizzato contenuto nella Osservazione 3.44 - segue facilmente,
attraverso la definizione di prodotto righe per colonne, che:
A. 'f(Ai) = (dei A) . 1,, = *(Ai) . A.
Nel caso in cui A G sia tale che det A çé 0, si ha allora
A. (detA)-1. '†(Ai) = 1,, = (detA)-1. '†(Ai) .A
e dunque la tesi.
l:l
6. CALCOLO DEL DETERMINANTE 59
Ad esempio, la matrice
1 -1 0
A = 2 0 1 É .A/l3(IK)
-1 1 1
è regolare, in quanto detA = 2.
La matrice dei complementi algebrici degli elementi di A è
-1 -3 2
Ai: 1 1 0
-1 -1 2
equindi si ha
-1/2 1/2 -1/2
A-1=(derA)-1›*(Ai)= -3/2 1/2 -1/2
1 0 1
Si vuole ora dare, come anticipato nel § 2, una importante caratterizzazione delle
matrici ortogonali.
1. Spazi vettoriali
Sia V un insieme e IK un campo (le cui operazioni e i cui relativi elementi neutri
saranno indicati rispettivamente con +, 0 e -, 1).
Q Definizione 4.1. Diremo spazio vettoriale su IK una struttura algebrica (IK, V, EE, III),
costituita da un campo IK, i cui elementi sono detti scalari, da un insieme V, i cui
elementi sono detti vettori, da una operazione binaria interna su V, detta somma di
vettori,
EEI : V >< V -› V
e da una funzione, detta prodotto di uno scalare per un vettore,
III : IK >< V -› V,
soddisfacente i seguenti assiomi:
(SV1) (V, HÉI) è un gruppo abeliano;
(SV2) Va,ß G IK, Vv,W G V,
(a+ß)l:|v = (al:|v)EÉI(ßl:Iv),
VEÉIW) = (al:|v)EÉI(al:IW),
ßüv) = (@°ß)UV,
ÈEÉÈ ›-os: EII I I = v.
</5/5
Uno spazio vettoriale su IR (risp. su (C) sarà anche detto spazio vettoriale reale (risp.
complesso).
LIinsieme V è detto sostegno dello spazio vettoriale.
Per brevità di notazione, converremo di indicare l 'operazione di somma di vettori
con lo stesso simbolo + già usato per denotare la somma di elementi in IK (anziché
col simbolo EE introdotto nella Definizione 4.1), in quanto la natura degli operandi
su cui risultano applicate elimina ogni arbitrarietà interpretativa. Analogamente,
indicheremo l 'operazione di prodotto di uno scalare per un vettore col simbolo - già
usato per denotare il prodotto di elementi in IK (anziché col simbolo III introdotto nella
Definizione 4.1). Inoltre tale simbolo sarà spesso omesso.
L”elemento neutro del gruppo abeliano (V, +) (unico, come provato nella Proposizione
2.3 è detto vettore nullo; esso sarà solitamente indicato con 0. Il vettore opposto
di un vettore V G V (unico come provato nella Proposizione 2.3 sarà indicato
con -v.
Nel seguito, con abuso di linguaggio e per brevità di notazioni, indicheremo lo spazio
vettoriale col solo nome del suo sostegno.
62 4. SPAZI E SOTTOSPAZI VETTORIALI
Si osservi, in ogni caso, che lo stesso insieme V può essere sostegno di difierenti spazi
vettoriali, definiti sullo stesso campo IK o anche campi diversi.
La proposizione che segue dà alcune utili proprietà degli spazi vettoriali, che sono
conseguenza pressoché immediata degli assiomi.
I Proposizione 4.2. Sia V uno spazio vettoriale sul campo IK. Per ogni cu, ß G IK e
per ogni V G V, si ha:
av = 0 se e solo se a = 0 oppure V = 0,'
) (-0f)V = Of(-V) = -(0fV);
seaV=ßV eV7é0, alloraa=ß.
gli
Z*
"`°'s».Q
s.s.\_/\_/ seau=aV eo¢7š0, allorau=V.
Dimostrazione. Per gli assiomi dei campi e degli spazi vettoriali, si ha immediata-
mente: V = 1V = (1+0)V = 1V+0V = V+0V = 0V+V. Quindi OV = V+(-V) = 0,
per ogni V G V.
Da av = a(V + 0) = av + a0 segue invece a0 = 0.
Quindi, se a = 0 o V = 0, allora av = 0.
Viceversa, se av = 0 e a yé 0, allora si ha: V = 1V = (oF1oz)V = o¢_1(o4V) =
= o¢_10 = 0. Ciò completa la prova di
Si ha immediatamente:
av + (-oi)V = (oz + (-oz))V = 0V = 0,
Esempio 4.1. (Lo spazio dei "vettori applicati") L'esempio forse più noto di “vettore”
è dato da una "freccia" f, cioè da una coppia ordinata (O,P) di punti dello “spazio
euclideo elementare" .7-I, intesi come primo e secondo estremo di un segmento.
Una tale freccia f è comunemente detta un vettore applicato in O.
Fissato il “punto di applicazione" O, f è completamente individuato dal punto P. In
particolare il vettore 0 = (O, O) è detto vettore nullo (applicato in O).
I vettori applicati sono particolarmente adatti a rappresentare grandezze fisiche (dette,
appunto, “vettoriaIi"), quali ad esempio, gli spostamenti, le velocità, le accelerazioni, le
forze, caratterizzate da una direzione (quella della retta OP), da un verso (quello da O
a P) e da un numero reale m 2 0, detto modulo o norma o lunghezza (Ia distanza tra O
e P).
Si osservi che il vettore nullo 0 è I'unico avente lunghezza 0 e, per convenzione, direzione
e verso arbitrari.
fz
' ' P2 fg O=Q fl P1
0 P P › 4 0 ›
O P1 P2 Q T
fl fl + f2
I fl+f2 I
(G) (51)
f1+f2 f1+f2
45-------------¬›› 45-------------¬›
13 c) eg 11 13 19 c) 11
f2 | fl | f2 fl
(52)
PI
fl "I"~._`
fl+f2 ""`~"
(1 ,››c9
fg ,//
(C) fâ
Figura 4.1
_@V
_(QA __Q, 5°..S'
-2f
Figura 4.2
Se indichiamo con .I-`(O) I'insieme dei vettori applicati in O, è facile rendersi conto che
la somma prima definita è un'operazione binaria interna su J-`(O) e che (J-`(O),+) è
un gruppo abeliano (solo la proprietà associativa richiede un po' di lavoro); I'eIemento
neutro del gruppo è il vettore 0 = (0,0) e I'opposto del vettore f = (O,P) è il vettore
-f = (O,P'), dove P' è il punto simmetrico di P rispetto a O.
Inoltre il prodotto di un numero reale per un vettore applicato, prima definito, soddisfa le
quattro proprietà deII'assioma (SV2) della Definizione 4.1.
In conclusione, la struttura algebrica (IR,.7-'(O),+, è uno spazio vettoriale reale.
Si osservi che gli assiomi della Definizione 4.1 catturano I'essenza "algebrica" dello spazio
.7-`(O), prescindendo tuttavia dalla nozione di "lunghezza" e da tutti i concetti che ne
derivano. Tali nozioni saranno riprese nel Capitolo 8, in ambito più generale, dotando gli
spazi vettoriali reali di strutture addizionali.
Esempio 4.2. Il più piccolo spazio vettoriale (su un arbitrario campo IK) ha per sostegno
un insieme formato da un solo elemento (denotato con 0). Si rammenti che, al contrario,
ogni campo deve contenere almeno i due elementi distinti 0 e 1 (Osservazione 2.7).
Esempio 4.3. Se (IK,+,-) è un campo, allora la quaterna (IK, IK,+,-) è uno spazio
vettoriale (in questo caso, le operazioni effettivamente coincidono).
Esempio 4.4. Lo spazio vettoriale IK" delle n-ple di elementi di IK si ottiene considerando
le operazioni già definite nel § 5 del Capitolo 2. Tale spazio sarà anche detto lo spazio
vettoriale standard n-dimensionale sul campo IK.
Esempio 4.5. Lo spazio vettoriale ./\/ln,Xn(IK) delle matrici di tipo m >< n, a coeffi-
cienti in IK si ottiene considerando le operazioni definite nel § 1 del Capitolo 3.
Si rammenti che, come provato nella Proposizione 3.17, I'insieme delle matri-
ci quadrate d'ordine n ha pure una struttura di anello con unità (non commutativo se
n 2 2).
2. SOTTOSPAZI 65
2. Sottospazi
+W=W><W-›W, -W;1<><W-›W.
Con abuso di linguaggio, indicheremo spesso ancora con + e - le operazioni sopra
definite.
W3={(w›y,2) €R3I2$+y_Z=0},
è facile provare che W1, W2, W3 sono sottospazi vettoriali dello spazio vettoriale stan-
dard R3. Invece, il sottoinsieme {(:v,y,z) G R3 | z = 1]- non è linearmente chiuso e
quindi non costituisce un sottospazio vettoriale di R3.
66 4. SPAZI E SOTTOSPAZI VETTORIALI
Esempio 4.6. (Lo spazio vettoriale IK[t] dei polinomi) Sia IK[t] I'insieme dei polinomi
neII'indeterminata t a coefficienti in IK.
La struttura algebrica (IK,IK[t],+,-) è uno spazio vettoriale, dove + indica la somma di
polinomi e - il prodotto di uno scalare per un polinomio definiti nel § 6 del Capitolo 2.
Fissato r > 0, sia IKI[t] il sottoinsieme di lK[t] costituito da tutti i polinomi di grado § r;
risulta immediato verificare che IK"`[t] è linearmente chiuso e pertanto è un sottospazio
vettoriale di
Si rammenti infine che IK[t] possiede una struttura addizionale di anello; ciò non vale per
IKI[t], se r 2 1.
3. Sistemi di generatori
Nel presente paragrafo, V indicherà sempre uno spazio vettoriale sul campo IK.
u=<›fix1+~~~+<›f”xm, v=ß1y1+~~-+ß'”yn
due vettori di L(X) (con 01I,ß-7' G IK, X,-,yj G X, per 1 § i § m, 1 § j § n) e sia
/\GIK. Allora si ha:
u+V:(){1X1+...+amXm+/81y1+...+/ßnyn,
Àu = (À011)x1 + - - - + (À01m)x,n.
Pertanto sia u + V che Àu appartengono a L(X), essendo combinazione lineare di
vettori di X. Ciò prova che L(X) è linearmente chiuso, il che implica, per la Propo-
sizione 4.5, che L(X) è un sottospazio vettoriale di V.
3. SISTEMI DI GENERATORI 67
Esempio 4.7. Sia .7-`(O) lo spazio vettoriale dei vettori applicati in O, descritto nel-
I'Esempio 4.1. Se P1 è un qualunque punto diverso da O e f1 = (O,P1), allora è facile
rendersi conto che L(f1) = {f = (O,P) | f = )\f1,)\ G IR} è costituito da tutti e soli
i vettori f = (O,P) tali che P appartiene alla retta OP1. Se ora P2 è un punto non
allineato con O e P1, e f2 = (O,P2), allora
L(f1,f2) = {f = (o,P) | f = Alfl + W2, 11,12 e n}
è costituito da tutti e soli i vettori f = (O, P) tali che P appartiene al piano passante per
O,P1 e P2. Infine, se P3 è un punto non complanare con O,P1 e P2, e f3 = (O,P3),
allora
L(f1, f2, f3) = {f = (0, P) | f = A11', + 12f2 + 1313, 11,12, ,\3 e 1g} = /f(o).
Quindi ogni insieme X Q .7-`(O) contenente {f1,f2,f3} è un sistema di generatori per
.7-`(O).
Esempio 4.8. Nello spazio vettoriale standard IK" (Esempio 4.4), si considerino gli n
vettori ë1 = 1,0, . . . ,0),ë2 = (0, 1, . . . ,0), . . . ,ën = (0,. . . ,0,1). Poiché ogni n-pla
3
a = al
/5
di IK" è esprimibile come combinazione lineare
Q/5
\_/
'fl
fl..
g G, 61;,
i=1
~
AU AU
si ha che I'insieme B _ (e1, . . . ,en) è un sistema di generatori per IK". Lo spazio IK" è
quindi finitamente generato.
68 4. SPAZI E SOTTOSPAZI VETTORIALI
Esempio 4.9. In completa analogia con I'esempio precedente, si considerino, nello spazio
vettoriale ./\/ln,,><n(IK) (Esempio 4.5), le m -n matrici i G N,n, j G Nn, il cui generico
elemento eg', per ogni h G N,n, le G Nn, risulta definito nel modo seguente:
en: 1 seh=i,l~c=j
'I 0 altrimenti.
1*;
2 g a,-E,-,
1=1j=1
av -
Esempio 4.10. Sia IK[t] lo spazio vettoriale dei polinomi neII'indeterminata t a coefficienti
in IK (Esempio 4.6) e sia IKI[t] il sottospazio dei polinomi di grado § r con r G NO. Come
già rilevato neII'Osservazione 2.20, ogni polinomio
Ciò prova che I'insieme X = {t'“ | l<: G N11) è un sistema di generatori (infinito) per IK[t] e
che, per ogni r 2 0, I'insieme X,. = {1,t,t2, . . .,tI`} è un sistema di generatori per IKI[t].
Quindi lo spazio IK"[t], per ogni r G NO, è finitamente generato. Invece, lo spazio IK[t]
non è finitamente generato. Infatti, se Y è un qualsiasi sottoinsieme finito di detto
r il massimo dei gradi dei polinomi appartenenti a Y, per la Proposizione 2.21 (a),
si ha L(Y) Q IK"[t]. Quindi IK[t] non può essere generato da Y.
Nel presente paragrafo, come già nel precedente, V indicherà sempre uno spazio
vettoriale sul campo IK.
Q Definizione 4.13. Una n-pla (V1, . . . ,vn) di vettori di V sarà detta linearmente
dipendente se esiste una n-pla (ÀI, . . . , ÀII) di scalari non tutti nulli, tale che
ÀIV1 +~-+À"vn = 0.
P Osservazione 4.15. Nel caso n = 1, ogni “1-pla” può identificarsi con un singolo
vettore di V. Anche alla luce dellIosservazione precedente, si ha:
01IV1+---+amv1,n=0,
X = 2 ÀIX,~,
1:1
essendo (À1,. . . ,Àm) una opportuna m-pla di scalari e (X1, . . . ,Xn,) una opportuna
m-pla di vettori di X - {X}, che possiamo supporre distinti.
Ne consegue che
ÀIX1-I-'--+ÀmXn,-X=X-X=0,
cioè che la (m+1)-pla (X1, . . . ,Xn,, X) di vettori distinti di X è linearmente dipendente.
Ciò prova che X è linearmente dipendente.
Viceversa, sia X linearmente dipendente. Ciò equivale ad affermare l°esistenza di una
n-pla (X1, . . . ,Xn) di vettori distinti di X, e di una n-pla ()\1,...,)\") di scalari non
tutti nulli, tali che
'TL
g ›\IX,; = 0.
X1 = Z (-0/i)X1'
P Osservazione 4.21. Dal Teorema 4.20 e dalla Osservazione 4.19 segue, tenuto
conto anche del Corollario 4.17 (b), che una coppia (V1,V2) di vettori non nulli è
linearmente dipendente se e solo se esiste À G IK tale che V1 = ÀV2.
I Proposizione 4.22. Se X è un sottoinsieme linearmente indipendente di V e
V G V - L(X), allora anche X U {V} è linearmente indipendente.
Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che in X U {V} esista una h-pla (V1,V2,
. . . , Vn) di vettori distinti tale che
h
Z: 0:Iv,- = 0,
1'=1
con 011, . . . ,01'I G IK non tutti nulli. Per la lineare indipendenza di X, si ha allo-
ra V G {V1,...,Vn}; sia, ad esempio, V = V1. Si ha, in tal caso, 011 75 0, perché
altrimenti X risulterebbe linearmente dipendente. Pertanto V è esprimibile come
combinazione lineare dei vettori V2, . . . ,vn G X e ciò è assurdo in quanto, per ipotesi,
V G L(X
Quindi, X U {V} è linearmente indipendente.
III
5. Basi e dimensione
In questo paragrafo, V indicherà sempre uno spazio vettoriale sul campo IK.
Q Definizione 4.23. Si dice base di V un suo sistema di generatori linearmente
indipendente.
Si osservi che l°insieme vuoto ll) è l°unica base dello spazio vettoriale
I Lemma 4.24. Se W è un sottospazio vettoriale di V generato da n vettori distinti,
ogni sottoinsieme di W contenente m > n vettori è linearmente dipendente.
Dimostrazione. Proveremo il lemma usando il principio d°induzione su n.
Se n = 1, l”enunciato è evidentemente vero.
Supponiamo allora che il lemma valga per n = kr - 1.
Sia X = {X1,...,Xn1,} Q W = L(W1...,Wn), con m > lc. Si ha allora:
k .
:Mi3.34
0 = = (X,--(01,'f,,,)_101,'-IX,n) =
75€
10 -1 01,-)X,n=
10
= X,-+ - 22. 01m)
«M3
31-*1.1
/"_\ :Mi
= Ú1.
1'=1
X,-, con ßl, . . . ,ßm non tutti nulli.
Esempio 4.7 bis. Nello spazio vettoriale .7-'(0) dei vettori applicati in O il sistema di
generatori {f1,f2,f3} costruito neII'Esempio 4.7 è, come è facile verificare, linearmente
indipendente e costituisce quindi una base di .7-'(0). Si ha pertanto:
dim .7-'(0) = 3.
Esempio 4.8 bis. Nello spazio vettoriale standard IK", il sistema di generatori B =
{ë1,. . . ,ën} costruito neII'Esempio 4.8 è, come è facile verificare, linearmente indipen-
dente e costituisce quindi una base di IK". Si ha pertanto:
dim IK" = n.
Esempio 4.9 bis. In completa analogia con I'esempio precedente, nello spazio vettoriale
./\/ln,,><n(IK), il sistema di generatori | i G Nm,j G Nn} costruito neII'Esempio 4.9 è
linearmente indipendente e costituisce quindi una base di ./\/l,n><n(IK). Si ha pertanto:
dim./\/l,n><n(lK) = m- n.
Esempio 4.10 bis. Per ogni r G NO, il sistema di generatori XT = {1,t,t2, . . . ,tI} del
sottospazio vettoriale IKIlt], è linearmente indipendente e costituisce quindi una base di
IK"`[t]. Si ha pertanto:
dimIKI[t] = r + 1.
Si noti che IK[t], non essendo finitamente generato, non ammette una base finita.
Dimostrazione. Poiché h < n, per il Teorema 4.28 (b), si ha V - L(X) 75 (ll. Esiste
quindi V1 G V L(X) e dunque per la Proposizione 4.22, X U {V1} è un sottoinsieme
linearmente indipendente di cardinalità h + 1.
Induttivamente, supposto costruito il sottoinsieme X U {V1, . . . ,VJ-} linearmente indi-
pendente, se h+j < n, allora esiste VJ-+1 G V -L(XU {V1, . . . ,V,~}) e quindi l”insieme
X U {V1, . . . ,VJ-+1) è linearmente indipendente e ha cardinalità h + j + 1.
Si costruisce in tal modo, per induzione e in modo non univoco, un insieme X / _
{V1, . . . ,Vn_n} tale che X U X' è un sottoinsieme linearmente indipendente di cardi-
nalità n. Il Teorema 4.28 (a) prova allora che X U X / è una base di V.
III
6. Componenti di un vettore
Nel presente paragrafo, V” indicherà sempre uno spazio vettoriale di dimensione finita
n sul campo IK. Supporremo inoltre n > 0, cioè V" 75
Si osservi che, per il Teorema 4.28 (a), ogni n-pla linearmente indipendente di vettori
di V" è una base ordinata.
Evidentemente a ogni base B = {e1, . . . ,en} sono associate nl basi ordinate Bn =
(ep(1), . . . ,ep(n)) (una per ogni permutazione p G Cšn).
Sia ora B = (e1, . . .,en) una base (ordinata) di V". Essendo L(e1, ..., en) = V",
ogni vettore V G V" è combinazione lineare dei vettori e1, . . . ,en: esiste pertanto una
n-pla (v1, . . . ,v") di scalari, tale che
'TL
V= 2 vIe,-.
i=1
Proveremo ora che, per la lineare indipendenza di B, la n-pla (v1, . . . , v”') è univoca-
mente determinata da V (e da B).
I Proposizione 4.31. Sia (e1, . . . ,en,) una m-pla di vettori linearmente indipendenti
di V". Se (À1,. . . ,À”I) e (u1,...,u”I) sono due m-ple di scalari tali che
TTL TTL
::(Àl - ,a~7)e_,~ = 0.
_7=1
I Corollario 4.32. Sia B = (e1, . . . ,en) una base ordinata di V". Allora, per ogni
vettore V G V", esiste una e una sola n-pla (v1, . . . , v”') di scalari, tale che:
TL
V: 3 vIe,-.
i=1
Q Definizione 4.33. Con le notazioni del Corollario 4.32, diremo che (v1, . . . ,v'I) G
IK" è la n-pla delle componenti o coordinate del vettore V G V”, rispetto alla base
(ordinata) B e scriveremo V E13 (v1, . . . , v").
Diremo anche che lo scalare vI è la i-esima componente o coordinata di V rispetto alla
base (ordinata) B.
Esempio 4.8 ter. (La base naturale di IKII). Nello spazio vettoriale standard IK", la base
ordinata B _ (e1, . . . ,en), associata alla base B _ {e1, . . . ,en} costruita neII'Esempio
4.8 (e 4.8 bis), è I'unica base di IK" che gode della seguente proprietà:
Va=(a1,...,a")GlK", aš13(aI,...,a'I).
Per tale motivo, B sarà detta base naturale o base canonica di IK".
P Osservazione 4.34. Se B = (e1, . . . ,en) è una base ordinata di V", allora, per
ogni i G Nn, la n-pla delle componenti del vettore e,- rispetto a B è l”i-esimo vettore
ë1,; della base naturale B di IK".
Si ha cioè, per ogni i G Nn:
6,; E13 (0,...,0,1,0,...,O).
Esempio 4.11. La coppia B = ((2,1), (0,4)) è una base ordinata di R2. Se a = (x,g) è
un generico vettore di R2, si ha (ac,y) = 01(2, 1) +ß(0,4), con 01 = šx e ß = š(2y -
Dunque
1 1
ašß šx,š(2y-93) .
Ad esempio, se a = (1,0), allora a E13 (1/2,-1/8). Si noti che, in accordo con I'Osser-
vazione 4.34, se e1 = (2, 1) e e2 = (0,4), allora si ha e1 E13 (1,0), e2 E13 (0,1).
7. SOMMA E INTERSEZIONE DI SOTTOSPAZI 77
Nel presente paragrafo, V indicherà sempre uno spazio vettoriale sul campo K, con
V 75
Siano ora W1, W2 due sottospazi vettoriali di V. Risulta evidente che l'intersezione
W1 FìW2 è ancora un sottospazio vettoriale di V; pertanto W1 FìW2 contiene sempre
almeno il vettore nullo O.
Al contrario, l ”unione W1 LJ W2 non è, in generale, linearmente chiusa.
Ad esempio, se V = R2,
W1 + W2 = L(W1 LJ W2).
Q. :D
'= Q =1 k=1
Pertanto W E L(B1) Fì L( È?
IM* = W1 Fì W2.
Poichè W E W1, si ha
h
W = 2 Ale,-,
i=1
per opportuni scalari À', i G Nh. Quindi:
h s-h
2Àie1-27kgk=W-W=0.
i=1 k=1
Per la lineare indipendenza di B2 segue /V' = 0, Vi € N11, e fyk = O, Vk: € NS_;,; quindi,
W = O.
Dalla relazione (4.2) segue allora
h r-h,
Z 0/e. + 2 ßff, = 0,
i=1 3:1
allora i sottospazi W1, . . . ,WP sono detti indipendenti; la loro somma, indicata con
W1 Q; . . . Q; WP,
o anche con P
€BW@›
i=1
è detta somma diretta.
Se V = W1 EB EB WP, allora si dice che V è somma diretta dei suoi sottospazi
(indipendenti) W1, . . . ,WP.
Come nel caso p = 2, se V = W1 €19 €19 WP, allora ogni vettore V € V determina
univocamente una p-pla
(W1,...,Wp)€W1X"'XWp,
i 1 i 1
P
= Z dim W,-.
i=1
El
cAP1ToLo 5
Trasformazioni lineari
Si noti che T : V -> W è una trasformazione lineare se e solo se, per ogni combinazione
lineare 22:1 of - VP- di vettori di V, si ha:
'fl 'fl
T ai - V1) = Z ai - T(V,).
Ad esempio, I'applicazione
T : R2 _› R2
non è lineare.
82 5. TRASFORMAZIONI LINEARI
Esempio 5.5. Sia Tr : ./\/l»,~,(K) A K I'applicazione che associa a ogni matrice quadrata
di ordine n la somma degli elementi della sua diagonale principale. Se A = (ag) €
si ha dunque:
Tr(/1) = a}+aš+---+a2.
L'applicazione Tr, detta traccia, è una trasformazione lineare di in K.
Dimostrazione.
(a) Si ha T(0v)+T(0V) = T(0V+0V) = T(0V) = 0W+T(0V). Sommando -T(Ov)
si ottiene subito T(0v) = OW.
(b) T(V) + T(-V) = T(V - V) _ T(0v) = OW. Quindi T(-V) = -T(V) (per l”unicità,
dell°opposto).
(c) Se T è iniettiva, ovviamente KerT = {0v}. Supponiamo, viceversa, che KerT =
{OV} e proviamo che T è iniettiva. A tale scopo, siano u, V € V, tali che T(u) = T(V).
Ne consegue che T(u) - T(V) = T(u - V) = OW; pertanto u - V E Ker T, e cioè
u - V = Ov, che equivale a u = V.
(d) ovvia. III
(b) Se (V1, V2, . . . ,V;,) è una le-pla di vettori di V (lc € N) tale che (T(V1), T(V2),
. . . ,T(Vk)) è linearmente indipendente in W, allora (V1, V2, . . . ,Vk) è linear-
mente indipendente in V.
(c) Se T è iniettiva e (V1,V2, . . . ,Vk) è una le-pla linearmente indipendente di
vettori di V (lc € N), allora (T(V1),T(V2), . . . ,T(Vk)) è una lc-pla linear-
mente indipendente di vettori di W.
segue
k
Zeri - VP- € KerT.
i=1
Poichè, essendo T iniettiva, KerT = {0V}, si ha
k
2 o/1-V,-= Ov
i=1
e dunque, per la lineare indipendenza di (V1, . . . ,Vk), si ottiene of = 0, per ogni
i € Nk. Ciò prova la lineare indipendenza di (T(V1), . . . ,T(Vk)).
III
1. TRASFORMAZIONI LINEARI E ISOMORFISMI 85
Dimostrazione. Proveremo, per semplicità, il teorema nel caso in cui V abbia dimen-
sione finita, anche se l”enunciato ha validità generale.
Poniamo B = {e1, . . . ,e,,}.
(a) Esistenza. Per il Corollario 4.32, ogni vettore di V è esprimibile in modo unico
come combinazione lineare dei vettori della base B (che possiamo supporre ordinata).
Definiamo allora I'applicazione T : V A W ponendo, per ogni
TL TL
u = 2 o¢'e,- E V,
i'=1
si ha allora:
'fl 'fl TL
Quindi T' = T.
I:I
2 ai - :1¬(f,-) = ow
i=1
IOW
i 1
e quindi
n-h
2 oz” - fi € KerT.
z'=1
Essendo {e1, . . . ,e;,} una base di Ker T, si ha
3 D" D'
V=2af-f,=Zßj-ej
i=1 g=1
(dove, nel caso h = 0, l”ultimo membro dell'uguaglianza diventa il vettore nullo OV)
e dunque
3 3" 3"
Z:()/:°f,;-2,83-'BJ' IOV.
i=1 j=1
1. TRASFORMAZIONI LINEARI E ISOMORFISMI 87
Esempio 5.6. Sia rr : R3 A R3 la "proiezione sul piano xy" definita ponendo, per ogni
(iv, y. 2) € R3
«(06.1/,z›= (M/,0).
Si ha evidentemente Imrr = {(x,y, z) E R3 | z = 0} (il piano xy) e Kerr( _ {(:z:,y, z) €
R3 | .cc = y = 0} (l'asse z). Poiché, come è facile provare, dim( Im rr) = 2 e dim(Ker rr) =
1, l'equazìone dimensionale risulta verificata. Si osservi che rr non è né iniettiva, né
suriettiva.
Dimostrazione. (a) Se V e W sono isomorfi, allora il Corollario 5.10 (b) prova che
dimV = dim W.
(b) Supponiamo che si abbia dimV = dimW = n. Allora, per l°Osservazione 5.12, V
e W sono entrambi isomorfi a K" e quindi, per la Proposizione 5.2, isomorfi fra loro.
III
Nel presente paragrafo, i simboli UP, V", Wm indicheranno spazi vettoriali sullo
stesso campo K aventi dimensione finita p, n, m rispettivamente.
Q Definizione 5.14. Sia B una base ordinata di V". Si dice matrice delle componenti
di una h-pla (v1,...,v;,) di vettori di V" rispetto a B (h E N) la matrice H E
.l\/ln><;,(K) la cui j-esima colonna, j E N1,, è la n-pla delle componenti di vj rispetto
a B. In particolare, se h = 1, si parlerà di colonna delle componenti di un vettore v
rispetto a B .
Ad esempio, se, fissata una base ordinata B di uno spazio vettoriale V2 su R, si ha:
Nel caso di un endomorfismo T su V", si usa spesso considerare B' coincidente con B ;
si dice, in tal caso, che la matrice A = M13 (T) € è associata a T relativamente
a B.
Si ha inoltre:
T(€_7') = -
Q8
Siano, ad esempio, Bla base ((1, 1), (-1, 0)) di R2, B' la base ((1, 1,0), (0, 1, 1), (1, 0, 1))
di R3 e T : R2 A R3 la trasformazione lineare definita da:
,Q3 : _2x2
y3 = šzcl -3.5122.
2. MATRICI ASSOCIATE A UNA TRASFORMAZIONE LINEARE 91
av fv
C I Mß,ß//(TO É .A/i»m><P(lK),
si ha:
C: B-A.
' (-fv)(::))›(y)(:š1)›(2)(:§1),
TL TTL
si ha:
(y)=A~(w) Q (2)=B~(y)=(B~A)~(w)-
Ciò prova che la matrice C coincide con B - A.
III
I Corollario 5.21. Sia T : V" A W" un isomorfismo e siano B, B' basi ordinate
rispettivamente di V" e W". La matrice A E associata a T relativamente
a B e B' è regolare e la sua inversa A"1 è la matrice associata a T"1 : W" A V"
relativamente a B' e B.
Dimostrazione. Se infatti A' denota la matrice associata a T_1 relativamente a B'
e B, essendo T_1 o T = Idvn, T o T_1 = Idwn, per l°Osservazione 5.16 e per il
Teorema precedente, si ha A' - A = A - A' = In e quindi A' = A_1.
III
Si è già visto che una matrice quadrata A è regolare (cioè invertibile) se e solo se
det A 75 0 (Teorema 3.45). Si ha inoltre:
P Osservazione 5.23. Dalla Proposizione 5.22 e dal Teorema 4.28 (a) segue che
una n-pla (V1, . . . ,v,,) di vettori di V" è una base ordinata di V" se e solo se la
matrice delle componenti di (V1, . . . ,v,»,) rispetto a una qualunque base ordinata di
V" è regolare.
si ha
X-<1 .1). :(14) 2
0
0
-2
e dunque:
X _1_Il0 11)
2 0 O 1 0 2
A=M,;.,,§,(T)= -1 4 ~(_1 1): -4 3 _
0 -2 2 -2
Nel presente paragrafo, i simboli V", Wm indicheranno spazi vettoriali sullo stesso
campo K aventi dimensione finita n, m rispettivamente.
Q(/1) = @('A)-
Dimostrazione. Se (a1, . . . ,a.,»,) e (a1,.. . ,am) sono rispettivamente la n-pla delle
colonne e la m-pla delle righe di A, occorre provare che, posto
si può supporre, senza perdere in generalità, che le prime h colonne a1, . . . ,ah di A
siano linearmente indipendenti e che le rimanenti colonne siano combinazioni lineari
di a1, . . . ,a;,. Si può pertanto scrivere:
5°
fiM= 5..
E Nn, aj' I
Vi6Nm, a'=(a'1,...,a:,'.,)=2:a:-as.
s=1
Al fine di pervenire a un risultato estremamente utile per il calcolo del rango di una
matrice (Teorema di Kronecker), premettiamo il seguente lemma.
Dimostrazione. Posto p(A') = lc, siano I, J gli insiemi degli indici rispettivamente
di riga e di colonna della sottomatrice A' 6 ./\/l,~><8(K) e sia I _ {i1, . . . ,ik} C I
tale che le righe di A' aventi come indice gli elementi di I risultino linearmente in-
dipendenti. Se A" 6 ./\/lk><S(K) è la sottomatrice di A' costituita da tali righe, si ha
evidentemente g(A") _ lc. Esiste dunque un insieme 7 = {j1, . . . , jk} Q J tale che le
colonne cj1,. .. ,cjk di A" aventi come indice gli elementi di 7 risultino linearmente
indipendenti.
Sia B 6 .l\/lk><.,,,(K) la sottomatrice di A costituita dalle sue righe all ...,al'°; le co-
lonne cj-1, . . . , cjk di A" sono anche colonne di B e dunque si ha Q = lc. Le righe
all, . . . ,all sono pertanto linearmente indipendenti e si ha dunque Q ,JS > lc.
5;/Q
III
Sia A' 6 .l\/l(k+1)X,, la sottomatrice di A costituita dalle righe al°,all, . . . ,al'°. Evi-
dentemente p(A') = k+ 1; inoltre M è un minore di A'. Per il Lemma 5.30, le colonne
ag-1, . . . ,ag-k di A' sono dunque linearmente indipendenti e, poiché p(A') _ k+ 1, esiste
almeno una ulteriore colonna ag-0 di A' tale che (ag-O,a;-1, . . . ,ag-k) risulti linearmente
indipendente.
Se M' è la sottomatrice (quadrata) di A', costituita dalle colonne ac;-oa;-1, . . . ,ag-k, si
ha allora p(M') = k+ 1 e dunque det M' yé 0. Poiché, per costruzione, M è un minore
di M' si perviene dunque a un minore M' di A, orlato di M , con det M' 75 0, contro
llipotesi Pertanto Q(A) = lc.
l:I
M~ ( 0 1 )
è non nullo, si ottiene 2 5 g(A) 5 3.
3 -1
4. Cambiamenti di base
Nel presente paragrafo, il simbolo Vll indicherà uno spazio vettoriale sul campo K
avente dimensione finita n.
Q Definizione 5.33. Siano B1, B2 basi ordinate di V" e siano <I>ß1,<I>ß2 : Vll A Kll
gli isomorfismi associati rispettivamente alle basi B1 e B2.
Si dice cambiamento di base da B1 a B2 llautomorfismo <I>ß1,ß2 = (D132 o (D511 su Kll.
(I)131,132
Kll AK"
<1›g}\ Ø <1›::.
Vn
98 5. TRASFORMAZIONI LINEARI
le equazioni del cambiamento di base <I>ß1,ß2 (relativamente alla base naturale di Kll)
sono:
(y)=E'(¢v)
La seguente proposizione consente di ottenere la matrice E direttamente dalle basi
B1 G B2.
Dimostrazione. Sia B = (ê1,. . . , en) la base naturale di K". Posto B1 = (e1, . . . ,en)
ed E = (ag-), ricordando che, per ogni j 6 Nn, la j-esima colonna aj di E è il
trasformato di ëj mediante (P3173, (Osservazione 5.19), si ha:
si ha subito che
F _ ( 2 -2 l
1 2
e, conseguentemente, essendo
(ii) _ (È 32 l (ii)
F4 I (
<::)-1:43-< 3 ff:.)<::)
Allo stesso risultato si perviene ricercando direttamente la matrice E del cambiamento di
base da B1 a B2. Infatti, poiché
Dal Teorema 5.20 segue inoltre che, se E è la matrice del cambiamento di base da
B1 a B2 e G è la matrice del cambiamento di base da B2 a B3, allora la matrice del
cambiamento di base da B1 a B3 è G - E.
5. Matrici simili
Sia K un campo.
(5.4) A = E-l - B - E.
Ad esempio, le matrici
E: ( 21 _2
2
) e GL2(11e.),
per cui (5.4) è verificata.
Gj' I
M:
:'=1
C0
%.@
3'*
La matrice delle componenti di B rispetto alla base ordinata B' è quindi la matrice
regolare E: pertanto B è una base ordinata di Vll (si veda l”Osservazione 5.23).
Indicata con (risp. la colonna delle componenti di V (risp. di T(V)) rispetto
a B , si ha inoltre:
(-22') = E~(1v)› (y') = E ~ (3)-
5. MATRICI SIMILI 101
Si ottiene quindi:
(y)=E`1'(y')=E`1'A'~(w')=E_1°A'°E°(-fv)=A°(w)-
Dunque Mß(T) = A. Ciò conclude la prova del Teorema 5.38.
l:I
Ricordando che, se A = Mß(T), allora p(A) = dim( ImT) (Teorema 5.29), come
conseguenza del Teorema 5.38, si ottiene il seguente:
Si ha inoltre:
rispetto alla base B' = (e1,e2) di V2. Se B = (f1,f2) è un'altra base di V2, con
f1 = e1 + 2e2, f2 = 2e1 - 2e2, allora la matrice del cambiamento di base da B a B' è
E=(; 22).
Dal momento che
Mef(T)=A'=( _11 “gl
si ha:
_ _ _,,
Mß(T)_A_E _ 4/3 -4/3
AE_(_7/6 8/3
Si osservi che: det A' = detA = 2.
cAPIToLo 6
Sistemi Lineari
(Ö)-( 3 je/\/1m›<1(1K)
bm
(H1) = l ll2 l ,
\ «fl l
il sistema lineare S = (A, b) è, di solito, rappresentato da una delle seguenti scritture
equivalenti:
alxl +---+ aåxll = bl
(6.1) 1 5 E ,
amxl +---+aI',la2ll =bm
'TL
(6.3) A- =
è detta i-esima equazione (lineare) del sistema lineare S. Si dice anche che S ha
equazioni (6.1), (6.2) o (6.3). j
Si dice poi matrice completa del sistema lineare S = (A,b) la matrice C = 6
./\/l,,¬,><(.,,¬._1)(K), le cui n + 1 colonne c1, . . . ,cm cn+1 sono nelllordine a1, . . . ,an, b. In
altre parole:
a1 a,l, bl
0= 2 2 2
am am bm
Si osservi che la i-esima riga della matrice completa C fornisce i “coefficienti delle
incognite” e il “termine noto” della i-esima equazione del sistema S.
Esempio 6.1. Se
1 1
AI ( -I 2 j É/\/I3><2((Q) G bI (I,O,-4) ÉQ3
3 -2
1 1 I
C = -I 2 0 €
3 -2 -4
:z:+y=1
-:z:+2y=0
3x-2y=-4
o equivalentemente:
1 1 x 1
-1 2 - ( ) = 0 .
( 3 -2 ll -4
~~
Il sottosistema costituito dalla prima e dalla terza equazione di S è S(1, 3) = (A, b), dove
~ 1 1 ..
A_(3 _2) e b_(1,-4).
Esso ha equazioni:
x+y=1
3:1:-2y=-4
1. SISTEMI LINEARI E LORO RISOLUBILITÀ 105
(È 32)~(í)=(i›)~
Q Definizione 6.2. Se S' e S" sono due sistemi lineari, rispettivamente di h e di
lc equazioni, nello stesso numero n di incognite, si dice sistema unione di S' e S" il
sistema lineare di h + lc equazioni in n incognite S = S' U S" tale che S(1, . . . , li) = S'
e S(h+1,...,h+l<:) = S".
..Qi
si ha: A - = (b), essendo (b) la colonna dei termini noti.
s<›1(s) = Q s<›1(s(z)).
z`€Nm
S è compatibile o incompatibile?
Inoltre l”uguaglianza g(C) = Q(A) vale se e solo se la m-pla b dei termini noti è combi-
nazione lineare delle colonne al, . . . , an di A, cioe~ se e solo se esiste ì = (T 1 , . . . ,È"') €
K" tale che
77,
Z: ajíj = I).
J=1
Dunque Q(A) = g(C) se e solo se esiste ì € K" che sia soluzione di S.
l:|
Nel caso in cui il sistema lineare S sia compatibile, lo studio prosegue con la sua
risoluzione 3 cioè con la determinazione effettiva dello spazio delle soluzioni Sol
A tal fine, é utile considerare la trasformazione lineare standard T : K" -› Km,
avente A quale matrice associata relativamente alle base naturali di K" e Km; tale
trasformazione lineare sara detta, a sua volta, associata al sistema lineare S.
Si osservi infatti che ì = (E1, . . . ,í"') € K" è soluzione di S se e solo se = b;
pertanto, Sol (S) = T_1(b) e dunque S è possibile se e solo se b € Im
Q Definizione 6.8. Un sistema lineare S = (A, O), avente la m-pla nulla quale m-pla
dei termini noti, è detto omogeneo.
I Proposizione 6.9. Lo spazio Sol (S) delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo
S = (A, 0) in n incognite è un sottospazio 'vettoriale di K" di dimensione n - Q(A).
D°altra parte, per il Teorema 5.9, si ha: dim( Ker T) + dim( Im T) = n. Ricordato che
dim( Im T) = g(A) (Teorema 5.29), si ottiene allora dim(Sol + Q(A) = n.
Ciò conclude la prova.
l:|
Si usa anche enunciare la Proposizione 6.9 dicendo che S ammette esattamente n-g(A)
soluzioni linearmente indipendenti e tutte le altre soluzioni sono loro combinazioni
lineari.
3Anche nel caso particolare dei sistemi omogenei, ovviamente, la compatibilità può essere ot-
tenuta attraverso il teorema di Rouché-Capelli: infatti, dal momento che b = 0, si ha banalmente
o(A) = o(C)-
108 6. SISTEMI LINEARI
Si può anche enunciare il Teorema 6.12 affermando che le soluzioni di un sistema linea-
re possibile si ottengono sommando a una sua particolare soluzione, arbitrariamente
fissata, le soluzioni del sistema lineare omogeneo associato.
D Osservazione 6.13. Se V è uno spazio vettoriale su K, I'applicazione T,-¢ : V -› V,
definita ponendo, per ogni u E V, T,-((u) = ic + u è una biiezione, detta traslazione
di ampiezza íc.
Nel caso particolare V = K", per il Teorema 6.12, se íc € Sol (S), si ha T,-¢(Sol (SQ)) =
íc + Sol (S0) = Sol Ciò giustifica la locuzione: lo spazio delle soluzioni Sol (S) si
ottiene traslando Sol (S0) mediante íc.
Si osservi che, di conseguenza, Sol (S) e Sol (S0) sono in corrispondenza biunivoca.
Ricordando (Proposizione 6.9) che Sol (S0) è un sottospazio vettoriale di dimensione
n - g(A), si usa anche dire che un sistema lineare possibile S ammette oo"_@(A)
soluzioni.
4Un sistema lineare possibile che ammette una sola soluzione è detto determinato. In caso
contrario esso è detto indeterminato.
2. METODI DI RISOLUZIONE PER SISTEMI LINEARI 109
ai = M=
.Z
%
(dem)-1/1g'1›1 = (Zbmg) -(dem)-1 = (da 1),) . (da/1)-1,
l-*
,Z1
in quanto 237:, b-7'A'š è lo sviluppo di Laplace di det D, secondo la i-esima colonna.
l:|
<i>iI<2>fi<2 W @><a><r@/ri
È
E
1
-2
1
1
1
1
-9
3 -2
1 11/6
-1/6
1-17
312
__,,_ deu), _ -2 0 1 _ 22 _ 11
detA 12 12 6 '
317
032
__d@1;D2_ -1 -2 1 _4o_1o
y detA 12 12 3°
3 -1 1
0 1 3
_ det D3 -1 0 -2 2 1
z _ _ _ - _ - .
detA 12 12 6
ã=a_1-b
Q Definizione 6.18. Un sistema lineare S si dice minimo se il rango della sua matrice
completa C coincide con il numero delle sue equazioni.
In altri termini, S è minimo se le sue equazioni sono linearmente indipendenti.
I Proposizione 6.19. Ogni soluzione di un sistema lineare S = (A,b) è anche
soluzione di tutte le equazioni che sono combinazioni lineari delle equazioni di S.
Q Definizione 6.22. Si dice che un sistema lineare S' è ottenuto da S mediante una
trasformazione elementare di riga di tipo T1, T2, T5, T3 se la matrice completa C' di S'
è ottenuta applicando alla matrice completa C di S la corrispondente trasformazione
elementare di riga (Definizione 3.24).
112 6. SISTEMI LINEARI
Descriviamo ora due algoritmi che consentono di determinare lo spazio Sol (S) delle
soluzioni di un generico sistema lineare S = (A, b) di m equazioni in n incognite.
Il primo di tali algoritmi fa uso del Teorema di Rouché-Capelli e del Teorema di Ora-
mer; il secondo è basato sulla possibilita di trasformare la matrice completa C di S
in una matrice ridotta o completamente ridotta, mediante trasformazioni elementari
di riga (si veda § 3 del Capitolo 3 e, in particolare, il Teorema 3.25).
Algoritmo A
1) Si calcoli il rango g(A) della matrice incompleta A e il rango g(C) della matrice
completa C di S. Per il Teorema di Rouché-Capelli, si ha Sol (S) = (ll se e solo se
g(A) 75 g(C). Supponiamo dunque g(A) = g(C) = li § min{m,n}.
Se h = m = n, allora il sistema S è normale e la sua unica soluzione è ottenibile
mediante il Teorema di Cramer.
3) Posto xq("'+1) = t1,. . . ,zvqlnl = t"_'”“, si riscriva il sistema S' nel modo seguente:
1 (1) 1 (h)_ 1_ 1 1 1 n-h,
“q<1›“*`q + +%<h>“q "Ö “q<h+1›' “qwt
h, (1) /1 (h)_ h_ /1 1 n-h,
“q<1›“*`q + +“q<h>“q "Ö “q<h+1›'f qa) ~
In altre parole, si interpreti S' come un sistema lineare normale S" di ordine h,
avente M quale matrice incompleta, nelle h incognite xqu), . . . ,xqlhl , considerando le
rimanenti n - h incognite :1:q('°'+1), . . . ,xqlnl di S' come “parametri indipendenti”.
Risolvendo il sistema S", ad esempio con la Formula di Leibniz-Cramer, si ottiene:
x<1(1) = aìtl + . . . _|_ O,å_ht"_h« _|_ ßl
(6.4) : : : :
xqlh) = Qílqjl _|_ . . . _|_ a7l}L_ht"'@-ll _|_ ßh
Si osservi che, se h = n allora S' è normale, coincide con S" e la n-pla (61, . . . ,ß"') €
R" è la sua unica soluzione.
4) Lo spazio Sol (S) = Sol (S') è dunque costituito da tutte e sole le n-ple (xl, . . . ,a2"') €
K", in cui xq("'+1), . . . ,xqlnl sono arbitrari scalari t1,.. . ,t'”'_"' di K, mentre xqlll, . . . ,
xqlhl si ottengono come loro funzioni, mediante le formule (6.4).
13 I
IR = -il _ -t2,u3 = i1,u4 = H),
2 2
avente dimensione 2. Infatti, assegnando alla coppia (t1,t2) rispettivamente i valori (1, 0)
e (o,1), si ottiene Ia base B = {(4,13/2,1,o),(o,-š,0,1)} di U.
114 6. SISTEMI LINEARI
Inoltre una soluzione particolare per S è É = (-2, -13/2, 0, 0) (ottenuta per tl = tg = 0).
Ciò conferma che SolS è ottenuto traslando U mediante ì.
Lo spazio Sol (S') = Sol (S) si ottiene allora proseguendo come indicato nei passi 3 e
4 dell°Algoritmo A.
seguente:
(5-5) È È É È
xr(h) : _›\}£,t1 _ _ _ ›\7hL_htn-h + uh
Lo spazio Sol (S) si ottiene quindi operando come nel passo 4 dell'Algoritmo A.
Esempio 6.3. Sia S il sistema lineare deII'Esempio 6.2: la sua matrice completa è:
-2 -7 -1 3
-2 1 -1 7
C: 0 -4 0 -2 °
l\DI-*C/0 1 -2 5 -1 9
Operando su C mediante trasformazioni elementari di riga di tipo T2, si ottiene la matrice
ridotta a gradini (di rango due):
5-2- -1
l\D l\D
Ö=0 5
CC ©©H; oocn@`_ ©©O`ll\D oocnaoo \
da cui
13 13 1
s61(s) = {(-2 +4il, 2 + 2 il 2il,il,il) e 1Ii4|il,il e ii).
In alternativa, si può ottenere da C', mediante una trasformazione elementare di tipo T2,
seguita da due trasformazioni elementari di tipo T3, la matrice completamente ridotta:
O” - I O _143 i) -123
_ 0 1 2 2 2 I
xl-4.223:-2
x2-Éa:3+lx4=-É
2 2 2'
Posto 963 = t1,x4 = tg, si riottengono ancora le uguaglianze
Esempio 6.4. Sia S = (A, 0) un sistema lineare omogeneo minimo di n-1 equazioni in n
incognite (ovvero: A E ./\/l(,,_1),<,,(lK) con g(A) = n- 1). Allora, detta M, € ./\/lf,»,_1(lK),
j E Nn, la matrice ottenuta cancellando la j-esima colonna di A, una soluzione non nulla
del sistema è
Esempio 6.5. Il seguente sistema lineare omogeneo di due equazioni in tre incognite
è banalmente minimo:
S_ 3:1:+y =0
° 3:1:+z =0.
Pertanto:
Sol (S) = L((1, -3, -3)).
3. RAPPRESENTAZIONI DEI SOTTOSPAZI VETTORIALI 117
Nel presente paragrafo, considereremo solo sottospazi di uno spazio vettoriale V" di
dimensione finita n sul campo IK. B indicherà. una fissata base ordinata di V".
H= È È É 5 Mn><(h+1)lK)
det Mn = 0
rappresenta dunque Uh, rispetto alla base B.
Si osservi che S è necessariamente un sistema lineare minimo per la Proposizione 6.9,
in quanto dim(Sol S) = dim Uh = h.
III
cv
H: 1
ha rango 2.
\ Smficêš l\3l-*I-*I-*
0 /
Scelto il minore
M~ ( 1 q )› 1
con detM = 1 75 0, basterà imporre che i due orlati di M abbiano determinante nullo.
-1
z I I _. {x-2y-l-z=0
ecioe 2 _w:0
ar 1 - 1 y
y10=0
w20
che rappresenta U2 rispetto a B.
Scelto invece il minore
M ~( 2 q )›
/ _
x+z-w = 0
I 2y -w = 0
equivalente a S.
Si osservi che si ha anche U2 = L(W1,W2), dove W1 E3 (0, 1,2, 2) e W2 E3 (2,1,0,2).
Si noti che, come giá. osservato nella dimostrazione del Teorema 6.25, se il sottospazio
Uh di Vh é generato dai vettori linearmente indipendenti ul :B (ul, . . . ,u'í"), ...,
uh E3 (u,1,, . . . ,u'ƒ,"), allora un vettore generico V EB (931, . . . ,xh) € Uh se e solo se
V € L(u1, . . . , uh); ció equivale ovviamente alla esistenza di h scalari tl, . . . ,th € K tali
che V = t 1 ul + - - - + thuh. Pertanto, tutti e soli i vettori V € Uh ammettono, rispetto
a B, componenti (xl, . . . ,xh) che si ottengono, al variare dei parametri tl, . . . ,th € K,
da
. : . o
@I~ 1 + non
+ . 0
Fi- h
3
1-1
/"M5%.
is ;___/ /"M S3 ;___/
° I-gi-1 /"MC.
2 vs
:1- ;___/
120 6. SISTEMI LINEARI
Le corrispondenti uguaglianze
3
1-› S'
I-*
/"is \¢ /"M Q P-'›-› -›S Q :-3
:-1- ;___/ /"M @I~9+- ;___/
ovvero
xl =ult1+---+ul,th
5 5 ; (il,i2,...,ih EIK),
xh=u'ft1+'~+u',,”th
sono dette equazioni parametriche di Uh (relativamente a B).
Si osservi che, fissata B , le equazioni parametriche non sono uniche, in quanto dipen-
dono dalla scelta della base (ul, . . . , uh) di Uh.
I =H- I il i2,...,il`e11<),
/"M S3.
is___ ;___/ /"M °%-°t›
;___/
3. RAPPRESENTAZIONI DEI SOTTOSPAZI VETTORIALI 121
dim(U) = .Q(H),
poichè H risulta essere la matrice delle componenti rispetto a B di un sistema di
generatori (non necessariamente base) di U.
cAPIToLo 7
Autovalori ed autovettori
(7.1) T(V) = À - V.
det(â\ _/\I)=0,
I Proposizione 7.3. Siano Àl, . . . , Àl, h autovalori distinti di T e, per ogni i € Nh,
sia v,; € UÀ, - Allora i vettori vl, . . . ,vh sono linearmente indipendenti.
Si ha allora:
Sottraendo a quest°ultimo termine il primo membro della (7.2) moltiplicato per Àl,,
si ottiene quindi
La Proposizione 7.3 viene di solito enunciata brevemente dicendo che autovettori non
nulli relativi ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti.
Esempio 7.6. Siano Àl, . . .,À,, n numeri reali distinti, interpretati come n autovalori
distinti per l'operatore lineare D su C°°(R;R) dell'Esempio 7.5. Poichè, Vi € Nn, e›`*'“ è
un autovettore non nullo relativo all'autovalore Àl, dalla Proposizione 7.3 si ricava che le
funzioni e›`l“, . . . , e›`“h sono linearmenti indipendenti.
Dimostrazione. Siano U›,1,.. . ,U>\,_ gli autospazi relativi agli autovalori distinti
Àl, . . .,À;,. Se, per i € Nh,
e ciò implica, per la Proposizione 7.3, che ogni V, (in particolare, v,~) è il vettore nullo.
Pertanto gli autospazi U Àl, . . . ,U ›,,_ sono sottospazi indipendenti.
III
2. Polinomio caratteristico
cioè se g(ÀI,, - A) < n. Poichè ÀI,, - A € ./\/In(IK), ciò accade se e solo se il suo
determinante è nullo. Ciò prova U
t-al1 -a21 -
9 IQI-* FI- Q [O[O 391°:ge
in-A:
\ -ah -ag t - a 33 \
Posto:
A16) = i" + <fi..-1i"-1+---+ 50,
ricordando che ogni addendo dello sviluppo del determinante contiene quale fattore
uno e un solo elemento di ciascuna riga e di ciascuna colonna, si ottiene subito che il
coefficiente di grado n - 1 è:
Esempio 7.8. Sia (9,,(R) I'insieme delle matrici ortogonali di ordine n su R (Definizione
3.21). Se n è dispari, allora l'unità 1 di R è autovalore di ogni matrice A € On (R) avente
determinante uguale a 1.
128 7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
_
_ t
3 _ 1 2 3 2
(al "I" a2 'I' a3)t 'I' (
ai
ag
ai
ag 'I'
ai
ag
ai
ag 'I'
ai
ag,
ai
ag II
_ CIOII
Esempio 7.10. Se A _ (aš) E ./\/ln(IK) è una matrice triangolare alta o bassa (Definizione
3.16), allora il polinomio caratteristico di A è
AAay=a-qha-q@.Ha-6%.
1 5 mg(/\) 5 mq(/\)~
Dimostrazione. Poichè dim U›, > 0, si ha mg(À) = h \/ _ . Sia poi BA = (el, ...,
eh) una base ordinata di UA e B = (el, . . . ,e;,, fl, . . . , f,,_;, _/I-1 una base ordinata di Vh
ottenuta per completamento della base BA (Proposizione 4.29).
Dal momento che, per ogni i E Nh, T(e,~) = Àe,~, la matrice A associata a T rela-
tivamente a B sarà del tipo:
À0...0
0,\...0
.. B
A: ()()...,\
00 0
\ii...;. C/
essendo B e C opportuni blocchi di tipo h >< (n- h) e (n- h) >< (n- h) rispettivamente.
Il polinomio caratteristico di T sarà dunque
Anche in tal caso, però, la somma delle molteplicità geometriche può essere stretta-
mente minore di n (si veda il successivo Esempio 7.7 bis).
Esempio 7.7 bis. Per r = 1,2,3,4 sia T,,. l'operatore lineare su R3 avente la matrice
A.,~ € ./\/l3(R) dell'Esempio 7.7 quale matrice associata, rispetto alla base naturale.
Per ogni r € N4, il polinomio caratteristico e gli autovalori di T,¬ coincidono con il
polinomio caratteristico e con gli autovalori della corrispondente matrice A,~.
Calcoliamo ora le molteplicità algebriche e geometriche dei singoli autovalori.
1) Tl ha tre autovalori distinti: 0, 2 e 4 (ciascuno di molteplicità algebrica 1). Per la
Proposizione 7.12, si ha pertanto mg(0) = mg(2) = mg(4) = 1.
Si osservi che
2 ma(À,-) = 3, mentre Z mg(À,~) = 2.
i' i'
Le stesse relazioni continuano a valere anche considerando T2 come operatore lineare su
(C3.
3) T3 ha autovalori Àl = 2 e À2 = 3, con ma(2) = 1, ma(3) = 2. Si ha inoltre
Z mg(À,-) = E ma(À,~) = 3.
i i
Q Definizione 7.14. Si dice base spettrale relativa all'operatore lineare T una base
BS di Vh, formata da autovettori di T.
M-
S I-l
*ÈS.:n,
Pertanto, per ogni i € Nh, (el, . . .el._,) è una base (ordinata) per UA, e la matrice
associata a T relativamente alla base spettrale BS è la matrice diagonale
A: Cllag(›\1,...,›\1,/\2,...,›\2, ..., ›\h,...,›\h ),
(rl volte) (r2 volte) (rh volte)
(qi) V” : QBUA,
Dimostrazione. Proveremo l°equivalenza delle affermazioni secondo il seguente sche-
ma:
(fi) <=> (Ö) <=> (C) <=> (Cl)
(a) <=> La dimostrazione si ottiene direttamente dall°Osservazione 7.15, facendo
uso della caratterizzazione delle matrici simili come associate allo stesso operatore
lineare relativamente a basi diverse (Teorema 5.38).
(b) => La dimostrazione è contenuta nell°Osservazione 7.15.
(c) => Se
ii
Z H18(}\i) = fa
i=1
posto r,- = mg(À,;) = dim UA,, per ogni i E Nh, sia BA, = {el, ~ -- ,ef.__} una base di
U A_.. In virtù della Proposizione 7.3, l°insieme di n vettori (non nulli e distinti)
BS _
_ {e1,...,e,.1,e1,...,e,.2,...,e1,...,e,,.h}
1 1 2 2 ii ii
è linearmente indipendente e costituisce quindi, per il Teorema 4.28 (a), una base
(spettrale) di Vh.
(c) <=> E conseguenza immediata del Corollario 7.4 e della Proposizione 4.42.
I:I
Z mg(À,-) = n.
III
Esempio 7.7 ter. Verifichiamo se esistono basi spettrali relative agli operatori lineari
T., : R3 -› R3 dell'Esempio 7.7 bis.
1) Tl ha tre autovalori distinti 0, 2, 4 e quindi ammette una base spettrale per il Corollario
7.18; la matrice Al è simile alla matrice diagonale
000
Al: 020.
004
2) T2 non ammette una base spettrale, in quanto la somma delle molteplicità geometriche
dei suoi autovalori 2 e 3 è 1 + 1 = 2 < 3. Quindi la matrice A2 non è diagonalizzabile
per similitudine.
3) T3 ammette una base spettrale, in quanto la somma delle molteplicità geometriche dei
suoi autovalori 2 e 3 è 1 + 2 = 3. La matrice A3 è simile alla matrice diagonale
200
A3: 030.
003
4) T4, definito su R3, non ammette una base spettrale, in quanto il suo unico autovalore
(reale) 2 ha molteplicità 1. Pertanto A4 non è diagonalizzabile per similitudine (su R).
T4 ammette una base spettrale, se è, invece, definito su C3, in quanto ammette tre
autovalori distinti 2, i, -i. In tal caso A4 è simile alla matrice diagonale
2 0 0
A4 I 0 0 É
0 0 _'I:
Esempio 7.11. Determiniamo una base spettrale relativa all'operatore lineare T3 con-
siderato nell'esempio precedente. Ricordando la Proposizione 7.5 (a), poichè la matrice
associata a T3 relativamente alla base naturale di R3 è A3,
U2 = {(:z:,y,z) ER3 | a:+z=0, y=0},
U3 = {(:z:,y,z) E R3 | z = 0}.
Basi per U2 e U3 sono rispettivamente
B2 = {(1,0, -1)} e B3 = {(1,0, 0), (0, 1,0)}.
Una base spettrale di R3, relativa a T3, ordinata come indicato nell'Osservazione 7.15, è
quindi:
es : ((1,0, -1), (1,0, 0), (0, 1,0)).
Si osservi che la matrice del cambiamento di base da BS alla base naturale B di R3 è
110
E:001
-100
Si ha inoltre
0 0 -1
E-l: 1 0 1 .
0 1 0
e
E-lA3E : A3.
134 7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
1. Per quale dei seguenti polinomi a coefficienti reali nella indetermmata t il numero 5
è radice di molteplicità due?
-5)l-(i+ CTI \_/ M
_ t _
U_U \_/\/ /¬/-\ ~¬-¬- U! \_/ /¬ \_/
`/¬/-\ t MM _ MM CJTCT!
/¬ ~¬- \_/
/¬,_ Q.
(3 M/M /¬\
fil- U!
I-l \_/\_/
lo0
°/_\
('f2- M O1 )
2. Una matrice A C ./\/l.,»,(IK), con IK campo, ammette inversa se e solo se:
(a) IA ammette inversa
(b) ogni suo elemento ammette inverso
(c) non contiene righe o colonne nulle
(d) è ortogonale
7. Dato uno spazio vettoriale V e due sue basi ordinate B e B, la matrice del cambiamento
di base da B a B ha:
(a) come righe le componenti dei vettori di B rispetto a B
come colonne le componenti dei vettori di B rispetto a B
come righe le componenti dei vettori di B rispetto a B
come colonne le componenti dei vettori di B rispetto a B
(b)
/5
/5
mn M/M/ 1-1I-11-*
(<1) /5/5/_\/_\
I-11-1I-1 _T/MI-1” \_/.Q
-
5. Nello spazio vettoriale reale Rltl dei polinomi in t a coefficienti reali, la chiusura
lineare dell'insieme X = {2, 2t2, 2t2 + 2t4} è:
(a) I'insieme X stesso
(b) tutto Hill]
(c) il sottospazio vettoriale costituito dai polinomi di grado § 4 i cui coefficienti
sono interi pari
(d) il sottospazio vettoriale costituito dai polinomi di grado § 4 i cui coefficienti dei
termini di grado dispari sono nulli
139
. Siano V,V' due spazi vettoriali di dimensione due sul campo IK. Se {u,v} C V
c'a
€ linearmente dipendente e {u',v'} C V' è linearmente indipendente, quante trasforma-
zioni lineari T : V -› V' esistono, per cui T(u) = u' e T(V) = v'?
(a) nessuna
(b) esattamente due
(c) esattamente una
(d) infinite
In tutto il presente capitolo, il simbolo V indicherà sempre uno spazio vettoriale reale.
Per ogni ci C R, |oi| denoterà il valore assoluto di oi.
tale che, per ogni u,v,W C V e per ogni ci C R, risultino soddisfatte le seguenti
proprietà:
(PS1)<u,v+W>=<u,v>+<u,W>; <u,av>=a<u,v>;
(PS2) <u,v>=<v,u>;
(PS3) <v,v>2 0; (<v,v>= 0) Q (v=0).
La coppia (V, < -,- >) è detta spazio vettoriale euclideo (reale).
P Osservazione 8.2. Sia (V, < -,- >) uno spazio vettoriale euclideo e sia U un
sottospazio vettoriale di V. La restrizione di < -, - > a U >< U è, come è facile verificare,
un prodotto scalare sullo spazio vettoriale (reale) U. In altri termini, ogni sottospazio
vettoriale di V eredita una struttura di spazio vettoriale euclideo e viene anche detto,
pertanto, sottospazio vettoriale euclideo di (V, < -,- >).
Sia ora (V, < -,- >) uno spazio vettoriale euclideo. Poichè < -,- > è definito positivo
(assioma (PS3)), è possibile introdurre la seguente
Q Definizione 8.3. Sia (V, < -,- >) uno spazio vettoriale euclideo. Per ogni V C V,
si dice lunghezza o norma (euclidea) di v il numero reale non negativo
= A/< v,v >.
L”applicazione
II~II1V_> R
V_>IIVII
si dice norma indotta dal prodotto scalare.
Un vettore V con = 1 sarà detto versore.
I Proposizione 8.4. Sia (V,< -,- >) uno spazio vettoriale euclideo. La norma
indotta dal prodotto scalare gode, per ogni u,v C V e per ogni ci C R, delle seguenti
proprietà:1
2 0; (IIVII = 0) <=> (V=0)
í_ = IQI - IIVII
||u + v|| § + (disuguaglianza di Minkowshi2)
< u,v > | S - (disuguaglianza di Schwarz3)
'ãêãšã _31
u:I:v||2 = ||u||2 :I: 2 < u,v > +||v||2
1Si noti che le proprietà (a), (b), (c) della presente Proposizione caratterizzano, in generale, la
nozione di norma in uno spazio vettoriale reale.
2Hermann Minkowski: matematico lituano (Aleksotas, 1864 - Gottinga, 1909).
3Karl Hermann Schwarz: matematico tedesco (Hermsdorf, 1843 - Berlino, 1921).
1. PRODOTTI SOALARI E NORME 143
Han = Dai):
i:i
Essa viene detta norma euclidea naturale su Rh.
Esempio 8.2. Sia Rltl lo spazio vettoriale reale dei polinomi nella indeterminata t, a
coefficienti in R. Se
I_' : ,__ :1
Q. 3
M.
È dunque semplice verificare che I'applicazione < -,- > è un prodotto scalare sullo spazio
vettoriale reale ./\/lm><,,(R).
Esempio 8.6. Sia .7-2 lo “spazio euclideo elementare". Fissato un punto O C .7-2, sia
/_(0) = {(0›P) I P € f}
1. PRODOTTI SCALARI E NORME 145
il sostegno dello “spazio vettoriale dei vettori applicati", considerato nell'Esempio 4.1; sia
poi < -,- >: .7-`(O) >< .7-`(O) -› R la applicazione definita mediante
Esempio 8.7. L'applicazione 4 -,- >-: R3 >< R3 -> R definita ponendo, per ogni u =
(x1_x27x3), V : (y1,y27y3) € R3,
_ u7V _ : xiyi + 2x2y2 _ ,,,1y2 _ x2y1 _,_ xsys
è un prodotto scalare (non naturale) sullo spazio vettoriale standard R3 : infatti, esso
gode banalmente delle proprietà (PS1) e (PS2), mentre la proprietà (PS3) si verifica
osservando che 4 u, u >-= (w1)2 + 2(x2)2 - 2x1:1:2 + (:1:3)2 :(321 - :1:2)2 + (a:2)2 + (.:z:'3)2.
La coppia (R3, < -,- >-) è quindi uno spazio vettoriale euclideo di dimensione tre, diverso
dallo spazio vettoriale euclideo standard di dimensione tre, ma avente lo stesso sostegno.
Nel seguito del capitolo indicheremo spesso, con abuso di linguaggio e per brevità
di notazioni, lo spazio vettoriale euclideo (V, < -,- >) semplicemente con V, sottin-
tendendo, come già fatto per le operazioni + e -, il prodotto scalare < -,- > che ne
completa la struttura.
Denoteremo inoltre con lo stesso simbolo < -,- > i prodotti scalari definiti nei vari
spazi vettoriali euclidei considerati, anche se, in generale, tali prodotti risulteranno
distinti. Analogamente, il simbolo - indicherà sempre la norma euclidea indotta
dal prodotto scalare < -,- > su un qualunque spazio vettoriale euclideo.
P Osservazione 8.7. Le due implicazioni => e <= della precedente proposizione sono
note rispettivamente come Teorema di Pitagora4 e suo inverso.
4Pitagora di Samo: matematico e filosofo greco (Samo, 580 a.C. - Metaponto, 504 a.C.).
146 8. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI
Tenuto conto della Definizione 8.3, si usa enunciare tale risultato dicendo che due
vettori sono ortogonali se e solo se la somma dei quadrati delle loro lunghezze coincide
con il quadrato della lunghezza della loro somma.
Q Definizione 8.8. Siano u, V vettori non nulli di V. Si dice coseno dell'angolo tra
u e V il numero reale
< u, V >
cos(u,v) = Q.
IIHII ~ IIVII
Si osservi che, per la simmetria del prodotto scalare, il coseno dell 'angolo tra due
vettori non dipende dall'ordine dei vettori.
2. Basi ortonormali
Nel presente paragrafo, il simbolo V indicherà sempre uno spazio vettoriale euclideo;
il simbolo Vh indicherà invece uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita n.
Q Definizione 8.11. Un sottoinsieme X di V si dice ortogonale se, per ogni coppia
(u, V) di vettori distinti di X , si ha < u, V >= 0. Un sottoinsieme ortogonale X di V
si dice ortonormale se, per ogni u C X, si ha = 1.
In altre parole, X è ortonormale se i suoi vettori sono versori a due a due ortogonali.
Si osservi che un sottoinsieme finito {Vl, . . . ,v;,} di V è ortonormale se e solo se, per
ogni i,j C Nh, si ha < v,,v,- >= 5,,-.
Esempio 8.8. Nello spazio vettoriale euclideo standard Rh (Esempio 8.1), la base
naturale è ortonormale.
Esempio 8.9. Nello spazio vettoriale euclideo standard R2, la base (ordinata) B =
((1,1),(2,-2)) è ortogonale, ma non ortonormale, in quanto
<(1›1)›(2›_2)>: ( ):0
Esempio 8.10. Nello spazio vettoriale euclideo Rltl dell'Esempio 8.2, I'insieme {1,t,t2,
..., t'"} (Esempio 4.10 bis) è una base ortonormale per il sottospazio Rhltl, per ogni
r 2 0.
Esempio 8.11. Sia .l\/lm><.,,(R) lo spazio vettoriale euclideo descritto nell'Esempio 8.5.
La base B = | i C Nm,j C Nn) costruita negli Esempi 4.9 e 4.9 bis è ortonormale.
Dimostrazione. Sia B = (vl, . . . ,v,»,) una qualunque base ordinata di Vh. A partire
da B, costruiamo la n-pla B' = (el, . . . ,en) di Vh, nel seguente modo induttivo:
61 I V1,
<v2,el>
eg = V2- Q 'eli
<el,el>
< v3,el > < v3,e2 >
G3 = V3_í'€1_í°€2›
< el,el > <e2,e2 >
u u u o o o o o o o o v v v v v v v v o o o o o o o o v v o o o o o Q Q Q Q Q Q o o o o o o o o oo
3 1-1
<v,,,e,->
en = v,,-g Q-e,~
___1 <e,-,e,->
f_. : Â
| «~›.-il 3
Esempio 8.12. Sia (vl, V2, V3) la base dello spazio vettoriale euclideo standard R3, costi-
tuita dai vettori vl = (2,0,0), V2 = (1, 1,1), V3 = (3,0,2). Applicando il procedimento
di Gram-Schmidt, si ottiene:
el :(2,0,0)
(1,1,1) (2,0,0) > 2
eg :(1,1,1) :(2 0 0) (2 0 0) > (2,0,0) : (1,1,1) _ Ã(2,0,0) : (0,1,1)
\0
\0
2. BASI ORTONORMALI 149
f:i:1,()70, f:ì: È
()__
lo lo lo
5" :iz uo___
1 Hem l l 2 «negli lo LQQI 1| 1|
CDCD 0000 L\.>\| w\|
Esempio 8.13. Se (R3, < -,- >-) è lo spazio vettoriale euclideo di dimensione tre definito
nell'Esempio 8.7, e se (V1 = (2,O,O),V2 = (1,1,1),V3 = (3,0,2)) è la base di R3
già considerata nell'Esempio precedente, applicando il procedimento di Gram-Schmidt, si
ottiene:
ël =(2, 0, 0)
_ 1,1,1 l\.')
e2=(1,1,1) 00 2C -(2,0,0)=(1,1,1)-0-(2,0,0)=(1,1,1)
fl_ = ll@1||
ë
.-1= (1,00),
_ ë2 %2 _ eg, \/E
f2 _ _
llezll
_
( *fà *fà 2
è una base ortonormale dello spazio vettoriale euclideo (non standard) (R3, < -,- >-).
› f3 =
llesll
_í=
2 [fà :E
Studiamo ora alcune notevoli proprietà delle basi ortogonali e ortonormali.
< e.,;,u >=< e,~,Z:u-7e_,- >= Zu] < e,-,ej >= Zulöij = uz
J=1 J=1 J=1
e
'fl 'n 'fl 'TZ 'fl 'fl 'fl
< u,v >=< Zu'e,,ZuJej >= Zgulul < e,-,ej >= Z Z ulu-75,, = Zulu'
1:1 j:1 1:1 j:1 1:1 j:1 1:1
Le formule (c) e (d) sono invece immediata conseguenza della formula (b) e della
definizione di norma euclidea e coseno dell'angolo tra due vettori. U
I Teorema 8.17. Sia W” uno spazio 'vettoriale reale n-dimensionale e sia B una
sua qualunque base ordinata. Esiste uno e un solo prodotto scalare < -,- > su W"
rispetto al quale B risulti ortonormale. Inoltre, se u,V € W" e u E13 (u1,. ..,u"'),
V E3 (u1,. . . ,u"), si ha:
TL
Dimostrazione. E” facile verificare che l'applicazione < -, - >: W" >< W" -> R definita
da è bilineare, simmetrica e definita positiva ed è quindi un prodotto scalare su
W". Posto B = (e1,...,en), da segue, in particolare, che, per ogni i,j E Nn,
< e,-,ej > = 5,7-. Pertanto, B è ortonormale in (Wn, < -,- >).
L”unicita di tale prodotto scalare è conseguenza immediata della Proposizione 8.16
(b). E
Esempio 8.14. ll prodotto scalare naturale su R" (Esempio 8.1) è I'unico prodotto
scalare su R" rispetto al quale risulti ortonormale la base naturale di R".
I Proposizione 8.18. Sia B una base ordinata ortonormale di V". Una base ordinata
B' di V" è ortonormale se e solo se la matrice E € delle componenti di B'
rispetto a B è ortogonale.
Dimostrazione. Ricordando la Definizione 5.14, se B' = (e'1, . . . ,e§,), per ogni j € Nn,
si ha eg- E3 (aš, . . . ,a§"), dove aj = (aš, . . . , ag-1) è la j-esima colonna di E. Essendo B
ortogonale, per la Proposizione 8.16 (b), B' risulta ortonormale se e solo se, per ogni
h, lc € Nn, si ha:
'fl
3. Trasformazioni ortogonali
Si noti che, come diretta conseguenza della precedente Definizione e delle Definizioni
8.3 e 8.8, ogni trasformazione ortogonale T conserva anche la norma dei vettoris e il
coseno dell'angolo:
è una trasformazione ortogonale sullo spazio vettoriale euclideo standard R2. Infatti:
8In realtà, non è difficile dimostrare che la proprietà di conservare la norma dei vettori equivale,
per le trasformazioni lineari, alla condizione di ortogonalità.
152 8. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI
Viceversa, non è diflicile verificare che, se una trasformazione lineare T : V" A W"
ammette, rispetto a una coppia di basi ordinate ortonormali, una matrice associata
ortogonale, allora T è una trasformazione ortogonale.
D Osservazione 8.21. Sia B una base ordinata di V" e (P3 : V" A R" l”isomorfismo
associato a B (Proposizione 5.11). Si osservi che <I>ß trasforma B nella base naturale di
R", che risulta ortonormale rispetto al prodotto scalare naturale (Esempio 8.1). Per-
tanto, se B è una base ortonormale di V", allora <I>ß è una trasformazione ortogonale
(biunivoca) di V" nello spazio vettoriale euclideo standard R".
Ne consegue che due spazi vettoriali euclidei di dimensione finita sono isomorfi se e
solo se hanno la stessa dimensione.
4. Complemento ortogonale
Nel presente paragrafo, il simbolo V indicherà. sempre uno spazio vettoriale euclideo;
il simbolo V" indicherà invece uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita n.
Quindi v e lu.
(c) Essendo U e LU sottospazi vettoriali, si ha banalmente 0 € U Fi LU. Se
V € U Fi LU, allora, per ogni u E U, si ha < V,u >= 0, e quindi in particolare
< V, V >= O. Poichè il prodotto scalare è definito positivo, ciò implica V = 0. Pertan-
to, Un *U : {0}.
l:l
/\.
) dim(LU) = n- h;
( ) V” : Ue lu;
( o'O"9>) U = L(LU)-
Dimostrazione. Data una base ortogonale B1 = (e1, . . . ,eh) di U, tramite il Teorema
del completamento a una base (Proposizione 4.29) e il procedimento di Gram-Schmidt,
è possibile completare B1 a una base ortogonale B = B1LJB2 = (e1, . . . ,e;,,, f1, . . . , f.,,_;,,)
di V". Poichè B è ortogonale, si ha B2 = (f1, . . .,fn_h) Q LB1 = LU; da questo
segue L(B2) Q LU, per cui dim(LU) 2 n- h. Essendo UO LU = {0} (Proposizione
8.24(c)), la relazione di Grassmann (Teorema 4.41) implica dim(U + LU) 2 n; ciò
dimostra che L(B2) _ LU, e quindi sia la affermazione (a) che la affermazione
La affermazione (c) si verifica poi osservando che
Si noti che la dimostrazione del Teorema 8.26 fornisce un metodo costruttivo per
ottenere una base del complemento ortogonale di un generico sottospazio vettoriale
di V". Un metodo alternativo è dato dalla seguente
154 8. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI
aìul + +a,1,u"' :O
(*) E E E
a'f_h'u1 + + aZ_hu" = 0
un sistema lineare omogeneo minimo, rappresentante il sottospazio vettoriale h-dimen-
sionale Uh' di V", rispetto a una fissata base ortonormale B di V". Posto, per ogni
11€ Nn_1” a,- EB (ali, . . . ,af,) e H = {a1,...,a.,.,_†,,}, si ha:
*Uh : L(H)
> Osservazione 8.28. Con le notazioni della Proposizione 8.27, poiché le righe
al, a2, . . ., a""h della matrice incompleta del sistema minimo che rappresenta Uh
sono linearmente indipendenti, si conclude che H è una base, non necessariamente
ortogonale, di 1 U /1 .
I Proposizione 8.29. Sia H = {a1, . . . ,a;,} una base del sottospazio vettoriale h-
dimensionale Uh' di V", e siano (aã, . . .,a§,) le componenti di a,-, per ogni i € Nh,
rispetto a una fissata base ortonormale B di V". Allora, il sistema lineare omogeneo
aìul + ¬'-aåu" =0
aálul + +a,f.",u" :O
3u1 - u3 = 0,
allora U2 = L{a}, dove a E3 (3,0,-1); {a} è dunque una base (non ortonormale) di
IU2_
e1=«u1:(1J,a1) <Q=:u2-Jš{šiš€š.e1:(2,<L1,-U.
Posto W1 = (0,0,1,0), W2 = (0,0,0,1), la quaterna (e1,e2,W1,W2) è una base (non
ortogonale) di R4. Applicando il procedimento di Gram-Schmidt, si ottiene la base orto-
gonale (e1,e2,f1,f2) di R4, dove
<W1,e1> <W1,e2> 2 1 6 1
f1=W1_í'€1_í°€2= _-›-›-›-
<e1,e1> <e2,e2> 7 7 7 7
Quindi (in virtù della dimostrazione del Teorema 8.26) (f1,f2) è una base ortogonale
di LU2. Si noti che un sistema lineare omogeneo minimo rappresentante U2 si ottiene
imponendo che il rango della matrice
3
0
1
/_ åäšå
›-Išwtxãi-›
›-›O›-\›-›
0/
sia 2. Per il Teorema di Kronecker, il sistema cercato ha equazioni
ul - u2 - 3u3 = 0
u2 - u4 = 0.
La Proposizione 8.27 assicura allora che {a1 = (1, -1,-3,0), a2 = (0,1,0,-1)} è una
base per LU2. Si osservi che tale base non è ortogonale.
ll procedimento di Gram-Schmidt, applicato ad (a1,a2), dà
<a, > 1 10 3
g
1_m_'
_ _(1›_1a_3›0)7
g_“
2_ 2-
'ÈšEí§°
2g1
_
g1_(11a
n”1f ;
(g1,g2) è dunque una (diversa) base ortogonale di LU2. Una base ortonormale di LU2
si ottiene facilmente dividendo ciascun vettore di (g1, gg) (o di (f1, f2)) per la sua norma.
156 s. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI
Nel presente paragrafo, il simbolo V" indicherà. sempre uno spazio vettoriale euclideo
di dimensione finita n 2 1.
Q Definizione 8.30. Si dice matrice di Gram della h-pla (V1, . . . ,vh,) di vettori di
V" la matrice
G = (911) 5 /\/lh.(R)
definita ponendo, per ogni i,j E Nh,
Si noti che, per la simmetria del prodotto scalare, ogni matrice di Gram è simmetrica.
G : *A-A : ui-Â
Dimostrazione. Sia B una fissata base ortonormale di V". Posto A = (ag), si ha, per
ogni s € Nh, VS E13 (ai, . Mag); quindi, per la Proposizione 8.16(b), se G = (g.,;j), si
ottiene:
'fl
Essendo a,; = (azl, . . . , af) la i-esima riga di tA ed essendo aj = (aš, . . . ag) la j-esima
colonna di A, resta cosi dimostrato che G = tA - A.
Sia ora B una fissata base ortonormale di L(V1, . . . ,V;,), e sia B una base ortonormale
di V" ottenuta da B tramite il Teorema del completamento a una base e il proce-
dimento di Gram-Schmidt. La matrice A delle componenti dei vettori (V1, . . . ,v;,,)
rispetto a B ha le ultime n - h righe nulle, mentre la sottomatrice costituita dalle
prime h righe coincide con la matrice A delle componenti dei vettori (V1, . . . ,vh,)
rispetto a B. Pertanto, resta provato che
G : *A-A : *À-À.
5. MATRICI DI GRAM E PROIEZIONI ORTOGONALI 157
La prima parte dell°enunciato segue ora direttamente dal Teorema di Binet, osservan-
do che, per la lineare indipendenza della h-pla (V1, . . . ,vh,), la matrice A è regolare
(di ordine h):
de1G : de1(tÃ-À) : (dei Â)2 > 0.
l:|
P Osservazione 8.34. Una verifica diretta prova che, se la h-pla di vettori (V1, . . . , Vh)
è linearmente dipendente, allora il determinante di Gram Q(V1, . . . ,vh,) è uguale a
zero.
Pertanto,
se e solo se
< u, V >
of = A
< u, u >
Ciò giustifica il termine di proiezione ortogonale di V su u assegnato al vettore om.
Si noti infine come, nel procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt, il
/c-esimo vettore ek della base ortogonale B' costruita a partire dalla base B di V" si
ottenga sottraendo al /<3-esimo vettore di B le sue proiezioni ortogonali sui vettori ej
diB I , per ognij < lc.
9Jean Baptiste Joseph Fourier: matematico francese (Auxerre, 1768 - Parigi, 1830).
158 8. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI
M : Â- tÂ.
P Osservazione 8.41. Nel caso h = 1, la proiezione ortogonale di un vettore V € V"
su U coincide con la proiezione ortogonale del medesimo vettore su qualunque vettore
u tale che U = L(u). Infatti, in questo caso particolare, la matrice A si identifica con
la colonna delle componenti del vettore u rispetto alla base ortonormale fissata
B; si ha quindi
(w=KW1W®1®Y*WMH@=üU%<wH>YLfW%®H=
<u,V>
== ----~(u),
<u,u>
OVV€I`O
pU (V)-<u”V>u-au
<u,u> 1
(5/3)
1/\/5 0 1/ 2
12
1
Nel presente paragrafo, il simbolo V" indicherà. sempre uno spazio Vettoriale euclideo
di dimensione finita n 2 1. Il simbolo B denoterà. l”insieme delle basi ordinate di
V". Ricordiamo che la matrice del cambiamento di base tra due basi ordinate di B
(Proposizione 5.34) è regolare e ha quindi determinante non nullo.
Si ha pertanto:
(BzB') <=> (detE > 0).
P Osservazione 8.43. Si noti che, se B _ (e1, . . . ,en) è una base ordinata arbi-
trariamente fissata di V", allora la base ordinata B' _ (-e1, eg, . . . ,en) è una base
discorde a B, in quanto la matrice del cambiamento di base da B a B' è la matrice
diagonale E = diag(-1, 1, . . .,1), con det E = 1 < 0. Inoltre, se B è una qualsiasi
base ordinata di V”, allora B risulta concorde (risp. discorde) a una e una sola delle
due basi B e B' : infatti, detta H (risp. K ) la matrice del cambiamento di base da B
a B (risp. da B' a B), per l”Osservazione 5.35 si ha H = K - E, e quindi
detH = det(K ~ E) = det(K) ~ det(E) = -det K.
Q Definizione 8.44. Si dice spazio vettoriale euclideo orientato (di dimensione n)
una coppia (V",B), dove V" è uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita
n > 1 e B G B è una base ordinata di V". Se (V", B) è uno spazio vettoriale euclideo
orientato, allora la base B e tutte le basi ad essa concordi si dicono basi positive,
mentre tutte le basi discordi con B si dicono basi negative.
In pratica, dunque, orientare uno spazio vettoriale euclideo V" significa scegliere una
sua base ordinata come base positiva (insieme a tutte le basi ad essa concordi). La
Osservazione 8.43 permette di affermare che ogni spazio vettoriale euclideo V" può
essere orientato in due soli modi possibili.
Esempio 8.19. Lo spazio vettoriale euclideo standard R" si considera orientato in modo
naturale scegliendo come base positiva la base naturale.
Sia ora T : V" A V" un isomorfismo dello spazio Vettoriale euclideo orientato V" in
sé (ovvero, secondo la Definizione 8.19, una trasformazione ortogonale biunivoca di
V" in sé). Non è difficile verificare che, se T trasforma una base positiva B di V" in
7. PRODOTTO VETTORIALE E PRODOTTO MISTO 161
una base positiva di V", allora T trasforma ogni base B di V" in una base concorde
di V".
Infatti, l°ipotesi assicura che la matrice A = Mg(T) € GL” (R) associata a T rispetto
alla base B ha determinante positivo; inoltre, la matrice A è simile alla matrice A =
Mß(T) € GL,,(R) associata a T rispetto alla base B (Teorema 5.38) e dunque A e A
hanno lo stesso determinante.
Ciò consente di dare la seguente definizione, e contemporaneamente di provare - grazie
alle Proposizioni 8.20 e 3.46 - la successiva affermazione.
Q Definizione 8.46. Sia V" uno spazio vettoriale euclideo orientato. Si dice che un
isomorfismo T di V" in sé conserva l'orientazione se trasforma basi positive in basi
positive; nel caso opposto si dice che T rovescia l'orientazione.
I Proposizione 8.47. Sia V" uno spazio vettoriale euclideo orientato e T un iso-
morfismo di V" in sé. Allora, T conserva (risp. rovescia) l'orientazione se e solo se,
rispetto a una qualunque base ortonormale di V", la matrice A € (').,»,(R) associata a
T ha detA=1 (risp. detA:-1). U
Nel presente paragrafo, (V3, B) indicherà uno spazio vettoriale euclideo orientato di
dimensione tre.
I Lemma 8.49. Dati due vettori linearmente indipendenti u,V € V3, per ogni
lc € R+, esiste uno e un solo vettore W € V3 tale che:
(a) W è ortogonale a u e a V;
(b) la base ordinata (u,v,W) è positiva;
(C) l|Wll = /<-
Dimostrazione. Dal Teorema 8.26 (a) segue che il complemento ortogonale W =
LL(u, V) di {u, v} in V3 è un sottospazio vettoriale di dimensione uno. Se W = L(z),
allora gli unici due vettori soddisfacenti (a) e (c) sono
:I: k
Az.
IIZII
Il lemma segue quindi facilmente, osservando che (u, V, fiz) e (u, V, -fiz) sono
basi discordi di V3.
l:|
162 8. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI
Q Definizione 8.50. Dati due Vettori u, V 6 V3, si dice prodotto vettoriale di u per
V il vettore u /\ V € V3 definito come segue:
.io
/5 \_/
se u e V sono linearmente dipendenti, allora u /\ V = 0;
(ii) se u e V sono linearmente indipendenti, allora u/\V è il vettore univocamente
determinato dalle seguenti condizioni:
(a) u /\ V è ortogonale a u e a V;
(b) la base ordinata (u, V, u /\ V) è positiva;
(c) ||u /\ V|| = - - sen (u,V), dove si è posto
I Proposizione 8.51. Sia B = /\ Q1. PT' A/ una base ordinata ortonormale positiva di
r.
Dimostrazione. Poniamo
_ u2 v2 ul v1 ul v1
W=B us ,U3›- ,U/3 ,U3›u2 U2
e proviamo che u /\ V = W.
(i) Se u e V sono linearmente dipendenti, allora (ul, u2, u3) è proporzionale a
(v1,v2,v3), e si ha quindi W E13 (0,0, 0). Pertanto, W = 0 = u /\ V.
(ii) Se u e V sono linearmente indipendenti, poiché B è ortonormale, si ha
<uW>=u1u2
› us D2 -u2 ,us
U3 ul /U1+u3u1
,Us ,M2 UI
,U2 :O
2 2 1 1 1 1
<v,W>=v1 u3 U3 -v2 ug U3 +v3 /a2 D2 = 0
u v u v u v
Ciò prova che W è ortogonale a u e a V.
Si ha poi:
=\Auw*+uv*+uvawßP+0ai+wv0-uw«+er+1%v2=
==WwW1MF-<avß=ww^u.
Infine, la matrice del cambiamento di base da (u, V, W) a B = /\.
|-lo Q1. P7' \_/ Q/
A : 71,2 'U2 _ 3 3
7. PRODOTTO VETTORIALE E PRODOTTO MISTO 163
Q Definizione 8.54. Dati tre vettori u, V, W 6 V3, si dice prodotto misto della terna
(u, V,W) di vettori di V3 il numero reale < u,V /\ W > .
<u,V/\W>=
Esempio 8.20. Ad esempio, se u E13 (0,1,0), V E13 (1, 3,0), e W E3 (0,1,1), essendo
B una base ordinata ortonormale positiva, si ha
3 1 1 0 1 0
VAWEI3
<u,v/\w>:<(0,1,0),(3,-1,1)>:-1: 1 3 1
CAPITOLO 9
Spazi euclidei
1. Definizioni ed esempi
Nel presente capitolo, il simbolo G indicherà sempre uno spazio vettoriale euclideo
(81 < 'v ' >)'
<fi>ãë=-1%.
Q Definizione 9.2. Uno spazio euclideo E sarà detto di dimensione finita se lo spazio
dei vettori liberi EI ha dimensione finita. In tal caso porremo dim 8 = dim EI.
Uno spazio euclideo di dimensione (finita) n sarà solitamente indicato con 8"'. Se
dimã = 0, allora EI = e dunque - per la precedente proprietà - 80 si riduce a
un singolo punto.
Se dim 8 = 1,2,3, allora 8 è detto rispettivamente retta euclidea, piano euclideo,
spazio euclideo ordinario.
Q Definizione 9.3. Se 8 è uno spazio euclideo, diremo che due se menti orientati
(P, Q) e (R, S) sono equipollenti, e scriveremo (P, Q) E (R, S), se 12% =
I Proposizione 9.4. Se (V, < -,- >) è uno spazio vettoriale euclideo e se si pone
V = V e
T : V >< V A V
(V, W) A È = W - V
allora la terna 8(V) = (V,V, T) è uno spazio euclideo.
Lo spazio euclideo 8(V) = (V,V, T) si dice associato allo spazio vettoriale euclideo
(V1 < 'ß ' >)'
Esempio 9.1. (Lo spazio euclideo elementare) Sia .F lo “spazio euclideo elementare".
Fissato un punto O 6 .7-I, sia (J-`(O), < -,- >) lo spazio vettoriale euclideo considerato
nell'Esempio 8.6, avente come sostegno I'insieme
H0) = {(0›P) I Pë f}
e il cui prodotto scalare è definito mediante
Esempio 9.2. (Lo spazio euclideo standard Rn) Se, nella Proposizione 9.4, si considera
(V, < -,- >) = (Rn, < -,- >), spazio vettoriale euclideo standard n-dimensionale, allora
lo spazio euclideo associato sarà detto spazio euclideo standard di dimensione n e sarà
indicato con £(R"') o, più semplicemente, ancora con R".
2. SISTEMI DI RIFERIMENTO 167
2. Sistemi di riferimento
Nel presente paragrafo, 8"' indicherà sempre uno spazio euclideo di dimensione finita
n > 0.
Se B: e 17 e 27 e
in e OP=:L°1e 1 +x2e 2 +~-~+x'"'e na scriveremoPš R
(xl, x2, . . . ,x") per indicare la n-pla delle coordinate cartesiane di P, rispetto a R.
Si ha, evidentemente, O E7; (0, 0, . . . , 0).
Si osservi che l”assioma (SE1) implica, per ogni i 6 Nn, l”esistenza di un unico punto
P, 6 5” tale che ei _ Si ha inoltre P, ER (0,0,.. .,0,1,0,. . .,0).
Esempio 9.3. Sia .7-I lo spazio euclideo elementare dell'Esempio 9.1. Un riferimento
cartesiano su .7-I è una coppia R = (O,B), dove O 6 .P e B è una base ordinata orto-
normale dello spazio vettoriale euclideo .7-'(0). Pertanto, B risulta costituita da una terna
(linearmente indipendente) ((O,P1), (O,P2), (O,P3)) di versori applicati in O a due a
due ortogonali.
2Si noti che sarebbe possibile considerare anche una più generale nozione di riferimento, e
di coordinate (non omogenee) associate, considerando su 8"' una coppia R = (O,B) ove É è una
qualunque base ordinata di gn. Ovviamente, questa generalizzazione diventa necessaria negli spazi
affini, dove non è definita la nozione di base ortonormale (si veda l'OsservaZione 9.5). D°altra parte,
negli spazi euclidei la scelta di un riferimento cartesiano - che verrà fatta da ora in poi nel presente
testo - comporta significativi Vantaggi, in virtù della Proposizione 8.16.
168 9. SPAZI EUCLIDEI
1
I Proposizione 9.7. Sia R = (O,B) un riferimento cartesiano su 8" e siano
P ER (x},,x%,...,x"1},), Q ER (xèßcâ, . . . ,x22) punti di 8"'.
Allora, Pô _
:É (xQ 1 - xP,xQ
1 2 - xp,
2 . . . ,mg -
IÉ=IÈ+O_C,,2=O_C,2-OU-š=
(-'v') = E(w);
la tesi segue quindi direttamente, sostituendo questa relazione nella uguaglianza
precedente.
l:|
2. SISTEMI DI RIFERIMENTO 169
Esempio 9.6. Nel piano euclideo standard R2, si considerino il riferimento cartesiano
R' = (O',B'), dove O' = (-1,4) e B' = (_›(`/A5,-È) , (È, %))_›(si veda I'Esempio
9.5), e il riferimento cartesiano R” = (O”,B”), dove O” = (0,0) e B” = ((1,0), (0,
La matrice delle componenti di B' rispetto a B” è
E:
3
L
l)v
/7 __ 75
inoltre, O' E721/ (-1,4). Pertanto, se P ER/ (xL,a:2) e P ER” (yL,y2), allora le
equazioni del cambiamento di riferimento cartesiano da R' a R” sono:
È 2:1 -1
2 ì
-|-
1-l2
/'-5 QÉQÉH
A/ íì guär A/ /'-2 A/
- \
CIO€
1_ 1 _
ll- È _ 1.
3**
3 "f
+§1
lxâêšbd
ÈH +1-1 šld
Pio
Éš
Hlo
Essendo
I _; 1 _i
E-1:*E:(~{§ 1/5) ed E-1-(_):(
W .Le 4 71
/I I
2_ il i2_i'
“_ 1/2y+¢2y ~/2
Utilizzando tali equazioni, si ha che, se P ER” (1,2), allora P ER/ (2\/2, 0) , come già
provato direttamente nell'Esempio 9.5.
170 9. SPAZI EUCLIDEI
3. Sottospazi euclidei
Si noti che, se 7-I è un sottospazio euclideo di 5, la terna (7-I, /H, Tr|) è a sua volta uno
spazio euclideo, avendo indicato con 71| : 7-I >< 7-t A 7-I la restrizione di rr ad 7-I >< 7-I.
I Proposizione 9.11.
(a) Per ogni punto P0 6 8 e per ogni sottospazio vettoriale U di S, il sottoin-
sieme
<P...U>=10e@1F.›€šeU1
è un sottospazio euclideo di 8, contenente P0 e avente U come giacitura.
(b) Viceversa, se 'H è un sottospazio euclideo di 8, per ogni punto P0 6 7-I si ha
/H :
D Osservazione 9.12. Sia (V, < -,- >) uno spazio vettoriale euclideo ed 8(V) =
(V, V, T) lo spazio euclideo ad esso associato. Se U è un sottospazio vettoriale di V
e a 6 V, allora
(a,U)={V6V | V-a6U}=a+U.
Quindi, i sottospazi euclidei di $(V) si ottengono “per traslazione” (si veda l 'Osser-
vazione 6.13) dei sottospazi vettoriali di V .
D Osservazione 9.14. Quale immediata conseguenza del Teorema 4.28 (a) e della
Definizione 9.13, il massimo numero di punti affinemente indipendenti di uno spazio
euclideo di dimensione finita n è n + 1.
e quindi coincide con 7-th' (si ricordi che ogni sottospazio euclideo è univocamente de-
terminato dalla sua giacitura e da uno qualunque dei suoi punti). U
Il sottospazio 7-th' si dirà generato dagli h + 1 punti P0, P1, . . . , P), o anche passante
per P0, P1, . . . , P),,.
manifestamente assurda. Pur senza giungere in fondo al problema, tale lavoro lascia-
va intravedere la possibilità di costruire sistemi geometrici coerenti, basati su principi
contrari al V postulato stesso: Saccheri fu dunque, suo malgrado, un precursore delle
cosiddette “geometrie non euclidee”, che vennero successivamente elaborate - in modo
indipendente, non senza reciproche polemiche - da Bolyai4, Gauss5 e Lobacevskijô.
In particolare, sostituendo il postulato delle parallele con l°ipotesi che per un punto
esterno a una retta data non si possa tracciare alcuna retta (risp. si possa tracciare
più di una retta) ad essa parallela, si ottiene la geometria ellittica (risp. la geometria
iperbolica).
Nel presente paragrafo, consideremo solo sottospazi di uno spazio euclideo 8"' di
dimensione finita n; R = (O, indicherà un fissato riferimento cartesiano su 8"'.
In perfetta analogia a quanto fatto per i sottospazi di uno spazio vettoriale V" (§
3 del Capitolo 6), ci poniamo il problema di rappresentare tramite equazioni (sia di
tipo cartesiano che di tipo parametrico) i sottospazi euclidei, ovvero di trovare delle
“condizioni” sulle coordinate cartesiane dei punti rispetto al riferimento fissato, che
siano verificate da tutti e soli i punti che appartengono al sottospazio considerato.
sono linearmente indipendenti, e costituiscono dunque una base per 7-th. Un generico
punto P ER (xl, . . . ,ac") di 5" appartiene a 'Hh se e solo se il vettore libero POP El;
- -A --›
(xl - xè, . . . ,mn - mg) appartiene a 7-th = L(P0P1, . . .,P0P),). Ma ciò equivale a
richiedere che la (h + 1)-pla (P0 P, POP1, . . . , P0P),) sia linearmente dipendente e cioè
che la matrice
(.1›1_1,1 1›1_1›g, 11-13,(
M= E E E E Mn><<h+1>(R)
)“/`" -'vg 111? -'113 xii xii/
abbia rango h.
Poichè le ultime h colonne sono per ipotesi linearmente indipendenti, al loro interno
esiste sicuramente un minore M di ordine h con determinante non nullo; la condi-
zione che P 6 7-th' equivale dunque - per il Teorema di Kronecker - all°annullarsi dei
determinanti di tutti gli n - h minori orlati M),+1, . . . , Mn di M in M. Si ottiene così
un sistema lineare minimo (non più necessariamente omogeneo) di n - h equazioni in
n incognite, che rappresenta 7-th :
d€l} Mh+1 I 0
det Mn = 0.
E poi immediato verificare, a partire dalla precedente matrice M, che il sistema lineare
omogeneo associato coincide con la rappresentazione cartesiana della giacitura 7-th' di
_-› -A
7-th', ottenuta a partire dalla sua base POP1, . . . ,P0P), (si veda la dimostrazione del
Teorema 6.25). U
D Osservazione 9.20. Non è difficile verificare che il Teorema 9.19 può essere inverti-
to, ovvero che ogni sistema lineare possibile di rango n- h in n incognite rappresenta,
relativamente a un fissato riferimento cartesiano R = (O, B), un sottospazio euclideo
h-dimensionale 7-th di 5".
Ad esempio, se 54 è uno spazio euclideo di dimensione quattro e R è un suo fissato
riferimento cartesiano, il sistema lineare possibile S dell'Esempio 6.2 rappresenta,
relativamente ad R, un sottospazio euclideo 7-I di 54 di dimensione h = 4 - g(A) =
4-2 = 2. Ovviamente, anche il sistema lineare minimo S' equivalente ad S costituisce
una rappresentazione cartesiana di 'H (non ridondante come quella costituita da S).
Notiamo ora che - come già osservato nel corso della dimostrazione del Teorema 9.19
- se il sottospazio euclideo 7-th' è generato dai punti affinemente indipendenti P0 R
(xè, . . . ,xè), P1 ER (xè, . . . ,x'f), ..., P), ER (xè, . . . ,xè ), allora un punto generico
P =1g (xl, . . . ,x"') appartiene a 7-th se e soltanto se P0 6 L(P0P1, . . . ,P0P),); ciò
-E; -A
equivale ovviamente alla esistenza di h scalari tl, . . . ,th 6 R tali che P0 = tlP0P1 +
- - - + t /1 P0P),.
l
Pertanto, tutti e soli i punti P 6 7-th ammettono, rispetto a R, coordinate (xl, . . . ,x")
che si ottengono, al variare dei parametri tl, . . . ,th 6 R, da:
xl xè xè - xè xè - xè
: + -tl+~--+ «thx
x" xè xè - xè xè - xè
Le corrispondenti uguaglianze
xl = xè+tl(xè-xè)+---+th(xè-xè)
; ; (11,...,1”e1R.)
x" = xè + tl(xè - xè) + +
th(xè - xè)
“T
xl =0 Vgyši
_ . aes)
D Osservazione 9.22. Come già visto per gli spazi vettoriali, le rappresentazioni
cartesiane e parametriche dei sottospazi euclidei di 5" non sono uniche.
5. Condizioni di parallelismo
Nel presente paragrafo, il simbolo 8" indicherà sempre uno spazio euclideo di dimen-
sione finita n.
In altre parole, ricordando la Proposizione 9.7, una n-pla di coefficienti direttori della
retta Sl si ottiene considerando due punti distinti P ER (x),,x%,. ..,x"1É,) e Q ER
(xè, xè, . . . ,xè) di Sl e ponendo
l=I%lš,§(xè2-x}s,xå-x%,...,xèé-x")É).
Si noti che, per definizione, una qualunque n-pla di coefficienti direttori di S 1 è diversa
dalla n-pla nulla.
Dimostrazione. (a) Se l EE-,› (ll, . . . , ln), m 5,; (ml, . . . ,mn) sono due vettori liberi
non nulli di S 1, allora evidentemente m 6 S 1 = L /'\ in \_/ Ciò prova che esiste À 6 R - {0}
tale che
(m1,...,m") : A.(11,...,i").
(b) Se Sl ha - rispetto a R - equazioni parametriche xl = xè + ll - t, i 6 Nn, i
punti P0 ER (xè,xè, . . . ,xè) e P1 ER (ll + xè,l2 + xè, . . .,ln + xè) sono distinti e
appartengono a Sl. Quindi, il vettore libero ITOP1 E8» (ll, l2, . . . ,ln) appartiene a Snl.
Ciò prova che (ll, ln, . . . ,ln) è una n-pla di coefficienti direttori di Sl.
(c) Basta ricordare che il vettore libero 1 E B- (ll, l2, . . . , ln) appartiene alla giacitu-
ra della retta Sl se e solo se (ll, l2, . . . , ln) è soluzione del sistema lineare omogeneo
A- = (0) che rappresenta SI1 (Teorema 9.19).
l:l
I Proposizione 9.26.
(9) Condizione necessaria e sufficiente afiinchè due rette Sl e .7-Il aventi ri-
spettivamente coefiìcienti direttori (ll, . . . , ln) e (ml, . . . ,mn) siano parallele
è che esista À 6 R - {0} tale che:
(ll,...,ln) = À-(ml,...,mn);
(b) Condizione necessaria e sufiiciente afiinchè due iperpiani Sn_l e .7-`n_l aven-
ti rispettivamente equazioni cartesiane
/1 / n
alx +---+a,,,x +b /_
_0 e //1
alx //n
+---+a,,,x +b//_
-0
(a'1,...,a;,) = À-(a'1',...,a;.',);
a1ll+---+a.,,ln = 0.
Dimostrazione. (a) Se l EE-,› (ll, . . .,ln) e m E5; (ml, . . . ,mn), si ha Sql = L(l) e
.Fl = L(m). Allora, S_l = .7-:ll se e solo se l = Àm, con À 6 R - {0} : ciò prova (a).
(b) Poichè le giaciture S "-1 e .I-`n_1 sono rappresentate rispettivamente dalle equa-
zioni lineari omogenee
a'1xl+---+a:,xn=0 e a'1'xl+---+axxn=0,
aèxl+---+a xn =0
3
a'1'xl+---+a 3I3`5% =0
rappresenta S "'11 F1 .I-`n›_1. La affermazione (b) segue allora osservando che S n_l e
.I-`n_l sono paralleli se e soltanto se S"_1 O .I-`n_1 ha dimensione n - 1, ovvero se e
soltanto se
FQ =1.
9
Q 1-*Q1-1* 99
3§3` L2
(c) Se 1 E5; (ll, . . . ,ln), si ha che Sl e .7-`n_l sono paralleli se e solo se Sl = L(l) C
.I-_`ln_l, ovvero se e soltanto se l 6 .I-:n_l. La affermazione (c) segue allora osservando
che .7-`n_l è rappresentato dalla equazione omogenea a1xl + - - - + a,,xn = 0.
l:|
178 9. SPAZI EUCLIDEI
Esempio 9.9. Nello spazio euclideo S5, con un fissato riferimento cartesiano R, si
considerino le rette r, s e t, dove
x1 : 3 + 2À
2xl -x2+x3-2x5 : 1
2 :-1+).
xl+2x2-3x3:O x3
r: s: x :4À (À6R)
xl-x2+x4-x5:2 4
x :5+À
3x2+x4-4x5:-1 x5 :_2_›`
Q Definizione 9.27. Due rette Sl e .Fl dello spazio euclideo Sn si dicono ortogonali,
e si indica Sl J. .Fl, se ogni vettore di Sl è ortogonale a tutti i vettori di Fl, ovvero
S€
Vu6Sl,Vv6Fl, <u,V>:O
7Riportiamo qui, per completezza, anche la definizione più generale di ortogonalità tra sottospazi
euclidei. Due sottospazi Sn e .Fn dello spazio euclideo Sn si dicono ortogonali, e si indica Sn I .Fn,
se:
0 i due sottospazi non sono paralleli;
0 la giacitura di uno dei due sottospazi contiene (o coincide con) il complemento ortogonale
della giacitura dell'altro, nel sottospazio vettoriale Sn +Fn Q Sn (ovvero: nel più piccolo
sottospazio vettoriale di Sn contenente entrambe le giaciture
Si osservi che questa definizione generale coincide con quelle date nei casi particolari trattati.
6. ORTOGONALITÀ TRA SOTTOSPAZI 179
Dimostrazione. Posto 15,; (ll, . . . , ln) e m E3» (ml, . . . ,mn), dalla Definizione 9.23
segue che Sl : L(l) e Fl : Allora, per ogni u : À -l 6 Sl, e per ogni
V:u-m6.Fl,siha:
<u,V>=<À-l,,u-m>= Àu<l,m>.
Pertanto, < u,V >= O se e solo se < l,m >= O; la tesi segue dunque banalmente
dalla Proposizione 8.16
l:l
Si noti che, per il Teorema 8.26, il complemento ortogonale della giacitura dellliper-
piano Fn_l è effettivamente un sottospazio vettoriale unidimensionale di Sn (come
la giacitura della retta Sl), che a volte viene detto “la direzione ortogonale all 'iper-
pianon; il lemma seguente ci consente di ricavarne direttamente una base, a partire
da una qualunque rappresentazione cartesiana di Fn_l.
(11,...,1") : ›~(a1,...,a,,)
Dimostrazione. Posto 1 E5; (ll, . . . , ln) e a E5; (a1, . . . , an), dalla Definizione 9.23
segue che Sl : L(l), mentre dal Lemma 9.30 segue che L.Fn_l : L(a). Allo-
ra, Sl : L.Fn_l (ovvero, per definizione, Sl J. .Fn_l) se e solo se l : Àa, con
À 6 R - {O} : ciò prova ovviamente la tesi.
l:l
Q Definizione 9.32. Due iperpiani S n_l e .Fn_l dello spazio euclideo Sn si dicono
ortogonali, e si indica S n_l J. Fn_l, se sono ortogonali due qualunque rette ad essi
ortogonali.
180 9. SPAZI EUCLIDEI
Dimostrazione. In base alla Proposizione 9.31, (a'1, . . .,a§,) (risp. (a'1', . . .,ax)) è
una n-pla di coefficienti direttori per una qualunque retta r' (risp. r”) ortogonale a
S n_l (risp. a Fn_l). La tesi segue quindi direttamente dalla Proposizione 9.28.
l:|
Sn, si dice angolo tra S e .F , e si denota con Sl.Fl, l°angolo qb 6 [O, rr] tra l e m.
Si ha dunque, per definizione,
M
cos(Sl.Fl) : cos(l,
Inoltre, poiché i vettori positivi della retta orientata (Sl, l) sono del tipo 1' : Àl, con
À 6 R+ (si veda la Osservazione 8.45), si verifica banalmente che
íì
cos(Sl.Fl) : cos(u,v), Vu m 1, VV m m.
Si noti che, per definizione, Sl e .Fl sono parallele e concordemente orientate (risp.
íì
8Si noti che orientare una retta equivale a orientare la sua giacitura.
7. DISTANZA EUCLIDEA 181
D Osservazione 9.37. Supponiamo che, per ogni i 6 Nn, lli-esimo asse coordinato X,-
del riferimento cartesiano R : (O,B) sia canonicamente orientato, ovvero orientato
in modo che lli-esimo versore della base B sia positivo. Se la retta Sl ha - rispetto a
R - coefficienti direttori positivi (ll, . . . , ln), allora
cos(S x,) _ .
\/(1112 + - - - + (W
Si noti che la n-pla costituita dai coseni degli angoli che la retta orientata Sl forma
con gli n assi coordinati canonicamente orientati
/\ /\ 11 ln
(coS(S1x1),...,coS(S1xn)) : (`/(l1)2+_.+(ln)2,..., `/(l1)2+_.+(ln)2)
è una particolare n-pla di coefficienti direttori della retta Sl, che individua le com-
ponenti - rispetto a B - del versore positivo della giacitura della retta. Ciò giustifica
il termine n-pla di coseni direttori della retta S l, usato per individuare la n-pla delle
componenti di un versore di Sl.
7. Distanza euclidea
Nel presente paragrafo, il simbolo S indicherà sempre uno spazio euclideo. Il simbolo
Sn indicherà uno spazio euclideo di dimensione finita n; in tal caso, supporremo fissato
in Sn il riferimento cartesiano R : (O,
d(P, Q) =
:M: (xl) _ fiUl›)2-
1-*
182 9. SPAZI EUCLIDEI
Dimostrazione. Per la Proposizione 9.7, si ha fâ E5; -x};., .ccà -512%, . . . ,mg -x'f,).
Poichè É è ortonormale in 87", dalla Proposizione 8.16 (c) segue subito:
d<P,Q> = “P311 = M3
_ (xi ~f»i›>2.
S l-*
El
ia.-.fI¢"+1›-(§n:«».~:1:1'+1›)=/\-||a||2,
i=1 i'=1
8. SIMPLESSI E VOLUMI 183
. . , _ ..1 ~ _1 . . _
da cui, poiche P' :R (x , . . . ,mn) € 5” , si ricava.
" . T* --I b
- 2a,íz+b = À- ||a||2, ovvero À = Z:'=|1|;L|Z|É +
i 1
8. Simplessi e volumi
Nel presente paragrafo, il simbolo 8" indicherà sempre uno spazio euclideo di dimen-
sione finita n, in cui supporremo fissato il riferimento cartesiano 72 = (O, B).
Q Definizione 9.43. Dati h + 1 punti affinemente indipendenti A0, A1, . . . ,Ah di 5",
si dice h-simplesso di vertici A0,/11, . . . ,Ah la chiusura convessa dell°insieme X =
{A0,A1, . . . ,A;,}, ovvero il più piccolo sottoinsieme convessog di 8"", contenente X .
Si può provare che l”h-simplesso di vertici A0, A1, . . . , Ah coincide con il sottoinsieme
di 8"' :
</lo,/l1,...,/lh >: 'A02 =›\1/lg/l1+"'+›\h/lo/lh,
h
con ZA, § 1 e À, 2 O,`v'i € N;,}.
i=1
Q Definizione 9.44. Dati h+ 1 punti affinemente indipendenti A0, A1, . . . ,Ah di 8",
si dice volume dell'/i-simplesso oh = < A0, A1, . . . , Ah > il numero reale positivolo
1
v(U“) = E-\/dei G,
dove
G = (9§)z,jeN,,› 9;- =< Ao/1i,AoAj >
è la matrice di Gram della h-pla di vettori (AOA1, . . . ,A0/l;,).
9Si ricordi che un insieme si dice convesso quando, per ogni sua coppia di punti, il segmento
che li congiunge è interamente contenuto nell'insieme stesso.
10Si noti che la Definizione 9.44 presuppone che il determinante della matrice G sia sicuramente
positivo, come assicurato dalla Proposizione 8.33 relativa alle proprietà delle matrici di Gram; in
alternativa, la dimostrazione di questo fatto può essere agevolmente dedotta dalla dimostrazione
della seguente Proposizione 9.45.
184 9. SPAZI EUCLIDEI
Si può verificare facilmente che, per h = 1, il volume dell' 1-simplesso < A0,A1 >
coincide con la lunghezza ||A0A1|| del segmento orientato (A0, A1) definita nella Os-
servazione 9.39, ovvero con la distanza d(A0,A1). Inoltre, per h = 2, il volume del
2-simplesso < A0,A1,A2 > coincide con la usuale nozione di area del triangolo: in-
fatti, detta H la proiezione ortogonale di A2 sulla retta r contenente A0 e A1, si
ha
í›?› ?›?›
v(0_2) :E _ det < /lg/ll,/IO/ll > < A0A1,A0A2 > :
?› ?› ?› ?›
= - - | /10./l1|| ' ' S611 (_/lg/ll,/lg./lg) I
= _ ° | A0A1||° |A2È|| =
=- °Cl(AQ,A1)°d(A2,”f').
l\.')›-*[\.')›-[\.'›-*l\.'›-*[\.D›-\l.D›-\
Ii 1 . .
.ig mi .ig
Dimostrazione. Poichè la base É del riferimento cartesiano fissato è ortonormale, si
verifica facilmente che (come provato nella Proposizione 8.33)
(.f1›}_.f.,~g l,-;,_.f»g,(
G=tA-A, dove A: .
\.fiç_.f.,~g« 962-063/
8. SIMPLESSI E VOLUMI 185
Ciò prova - in virtù del Teorema di Binet (Proposizione 3.38) e della Proposizione
3.37 - la prima uguaglianza dell”enunciato. D°altra parte, si può verificare diretta-
mente (sottraendo nella seconda matrice la prima colonna a tutte le successive, e poi
applicando il Teorema di Laplace alla prima riga) che:
1 1 1 1 1 1 1
det = det _ _ _ .
h, 11 h h 3 3 3
901 _ wo --- “ih _ wo x0h, :1:111, :ch11
El
MM'=fiÈ+BM'=
e dunque M = M'.
gi šl,cilsi aÈ,
È, = =M'M
Q Definizione 9.46. Dati due punti A,B € 5", si dice punto medio del segmento
< A, B > l”unico punto M E 5" tale che AM =
I Proposizione 9.47. Siano A,B € 8"' due punti di 5", con A E7; (a1,a2, . . . ,a")
e B ER (b1,b2, . . .,b"). Allora, il punto medio del segmento < A,B > è il punto
M€<A,B>, con
1 bl 2 b2 n bn
MER a + ,a + ,...,;
+ .
2 2 2
Dunque:
_-›
OM: ššl ël šÉ'(a1+†,a2+†,...,an+†):
bl-al b2-a2 bn-an
El
186 9. SPAZI EUCLIDEI
efinizione 9.48. Dato un h-simplesso oh =< P0, P1, . . . ,Ph > di 8"', con P, ER
:Q0 “PU (0 S i S h), si dice baricentro di oh' il punto H € oh' tale che
H :R
_ Ello
h+1,H¬ 2120
h+1 .
9. Isometrie
Nel presente capitolo, i simboli 8", .7-'" indicheranno sempre spazi euclidei della stessa
dimensione finita n.
Una applicazione oi : 8"' -› .7-W” sara detta compatibile se, per ogni P, Q, R, S € 8”, si
ha'
(fâ = 1%) -» <«»<P›«1<Qì = @<R>@<Sì>.
Se a : 8" -› f" è compatibile, allora resta definita l”applicazione 52 : 57" -› .7-:in che
associa al vettore libero .È E 57" il vettore libero ÖZUÈ) = oz(P)o¢(Ql €
L”applicazione 62 si dira indotta da a.
Q Definizione 9.49. Una applicazione compatibile oi : 8"' -› JU" sara detta isometria
di 8"' in F" se l°applicazione indotta 52 : 87'" -› .7-3" è una trasformazione ortogonale
(biunivoca)11 di 8" in F".
P Osservazione 9.50. Ogni isometria oi : 8" -› F" tra due spazi euclidei 5" e .7-I"
è una applicazione biunivoca che conserva le distanze:
I Proposizione 9.51. Sia oi : 8"' -› .7-`" una isometria di 8" in .7-I", e siano
R = (0,13) e R' = (O',É') due riferimenti cartesiani su 8" e .7-In rispettivamente.
Indicate con:
(at) € ./\/lh><1(lR) la colonna delle coordinate cartesiane di un generico punto P € 8”
rispetto a R,
11Nel caso in cui I'applicazione indotta di : 87” -› J-2" sia semplicemente un isomorfismo di spazi
vettoriali, allora la applicazione a si dice usualmente afifinità di 5" in .7-_". Si noti che la nozione di
affinità può essere data anche supponendo che 5" e J-_" siano due spazi affini della stessa dimensione,
e non necessariamente due spazi euclidei (si veda la Osservazione 9.5).
9. ISOMETRIE 187
(y), (b) € ./\/lh><1(lR) le colonne delle coordinate cartesiane dei punti a(P),a(O) € .7-I"
rispetto a R',
A € (9h(lR) la matrice (ortogonale) associata alla trasformazione ortogonale indotta
ÖZ : 87” -› .7-In rispetto alle basi (ortonormali) É e Q1
si ha:
<›«> <y> = A - <«›> + <f›>.
Dimostrazione. Per la relazione di Chasles e per la definizione di trasformazione
lineare indotta da una isometria, si ha:
-_-› -_-› -_-›
o'a(P) = o'a(o) +a(o)a(PÉ = o'a(o) +a(cìš).
Questa uguaglianza tra vettori liberi, espressa in termini di componenti rispetto alla
base ß', diventa:
(y) = (Ö) + (27),
dove denota la colonna delle componenti del vettore libero ã'(O_l'È) rispetto alla
base Q1?? Poichè la colonna delle coordinate cartesiane del punto P rispetto al
riferimento R coincide con la colonna delle componenti del vettore libero O_P rispetto
alla base B, le equazioni della trasformazione ortogonale indotta 52 : 5" -› .7-I" rispetto
alle basi (ortonormali) B e B' sono esattamente
(x') = A(x), con A € (')h(lR);
la tesi segue quindi direttamente, sostituendo questa relazione nella uguaglianza pre-
cedente.
III
Q Definizione 9.53. Uno spazio euclideo 8" di dice orientato se è orientata, come
spazio vettoriale euclideo, la sua giacitura 8" (Definizione 8.44).12
Q Definizione 9.54. Una isometria oi di uno spazio euclideo orientato 8"' si dice
diretta (risp. inversa) se ÖZ conserva (risp. rovescia) l”orientazione di 8'” (Definizione
8.46).
Dalla Proposizione 9.51, unita alla Proposizione 8.47 che caratterizza le matrici asso-
ciate alle trasformazioni ortogonali che conservano (risp. rovesciano) l”orientazione, si
deduce facilmente la seguente caratterizzazione delle isometrie dirette (risp. inverse):
12La presente definizione estende agli spazi euclidei di dimensione arbitaria la definizione di
orientazione di una retta euclidea giá anticipata nella Definizione 9.34.
188 9. SPAZI EUCLIDEI
I Proposizione 9.55. Sia 8” uno spazio euclideo orientato e oi una isometria di 8".
Allora, oi è una isometria diretta (risp. inversa) se e solo se, rispetto a un qualunque
riferimento cartesiano R = (O,É) di 8", la matrice A € (9h(lR) associata a oi ha
detA = 1 (risp. detA = -1).
Esempio 9.10. Nel piano euclideo 52, dotato di un riferimento cartesiano R, fissiamo
qb E [0,2rr[; I'applicazione org, : 52 -› 52 che al generico punto P E1; (a:,y) associa il
punto
oi¢(P) ER (x cosçb - ysençb, .ccsençb + y cosç/>),
è una isometria diretta del piano euclideo, che lascia fissa l'origine O del riferimento R,
ovvero - secondo la Definizione 9.57 - è una rotazione del piano euclideo di centro O.
L'isometrìa o¢¢ è usualmente detta rotazione di ampiezza gb attorno all'origine del riferi-
mento cartesiano. Si noti che la trasformazione lineare indotta da o¢¢ è la trasformazione
ortogonale ,o¢ considerata nell'Esempio 8.15.
Q Definizione 9.58. Fissato un punto C € 5", per ogni punto P € 5", si dice
simmetrico di P rispetto a C il punto P' = s(;(P) € 5" univocamente individuato
dalla condizione lì = ãl'-. applicazione
sg : 8"' -› 5"
P -› sg (P)
è detta simmetria (centrale) di centro C.
13La nozione di traslazione era già stata introdotta, nel caso degli spazi vettoriali, nella
Osservazione 6.13.
9. ISOMETRIE 189
Dalla Definizione 9.58 segue che il simmetrico di P rispetto a C' è l”unico punto P'
tale che C' risulti il punto medio del segmento < P, P' > .
Se, rispetto al riferimento cartesiano R, si ha C' ER (c1,c2, . . . , c"), P ER (xl, 51:2, . . . ,
90") e P' -72 (Z/1, yg, . . . ,y"), allora la Proposizione 9.47 implica implica che, per ogni
i€Nh,siha: ci : xi_|_yi
†.
Pertanto, le coordinate del punto simmetrico di un punto dato P rispetto a C' possono
essere direttamente ottenute dalle coordinate di P e di C', attraverso la relazione:
y' = -a" + 2c', Vi € Nh.
La simmetria di centro C risulta pertanto essere una isometria, la cui trasformazione
lineare indotta è l°opposto della trasformazione identica di S" (ovvero, associa a ogni
vettore u il suo opposto -u). La simmetria centrale di centro C' € 5"' è quindi una
isometria diretta per n pari e una isometria inversa per n dispari.
Si noti inoltre che l'unico punto lasciato fisso da una simmetria centrale è il suo centro
C.
Esempio 9.11. Nel piano euclideo 82, se C' ER (1,2), allora il punto generico P ER
(.:c,y) ha come simmetrico rispetto a C il punto P' ER (-;v+2, -y+4). Se si desidera
determinare la retta r', simmetrica della retta r : sv + 2y - 1 = 0 rispetto a C, allora si
può procedere nel modo seguente:
o si scelgono due punti A,B E r (ad esempio, A ER (-1, 1) e B ER (1,0));
o si determinano i due punti simmetrici A',B' di A,B rispetto a C (nel nostro
caso, A' ER (3,3) e B' ER (1,4));
o la retta r' è la retta passante per A' e B'.
Si ottiene dunque: r' : m + 2y - 9 = 0.14
Esempio 9.12. Nello spazio euclideo 83, se C ER (3,1,0), allora il punto generico
P ER (a:,y,z) ha come simmetrico rispetto a C' il punto P' ER (-az + 6, -y + 2, -z).
Operando nel modo descritto nell'esempio precedente, è possibile determinare la retta r',
2 - 3 = 0
simmetrica della retta r :{m+ y O rispetto a C: scelti A ER (1,1,1) e
x- z =
B ER (3,0,3), si ha A' ER (5,1,-1) e B' ER (3,2,-3), da cui
T, _ m + 2y - 7 = O
m- z-6 = 0
Analogamente, è possibile determinare il piano rr', simmetrico del piano rr : 3.:z:'+2y- z-
6 = 0 rispetto a C: scelti R ER (2,0,0), S ER (0, 3,0) e T ER (0,0, -6) (R, S,T € rr),
i loro simmetrici rispetto a C' sono R' ER (4,2,0), S' ER (6,-1,0) e T' ER (6,2,6),
14Si noti che la retta simmetrica in una simmetria centrale è sempre parallela alla retta data.
15Si noti che anche il piano simmetrico in una simmetria centrale è sempre parallelo al piano
dato.
190 9. SPAZI EUCLIDEI
Q Definizione 9.59. Fissato un iperpiano 5"'_1 di 8", con n 2 2, per ogni punto
P € 8", sia M la proiezione ortogonale di P su 5"'_1. Si dice simmetrico di P rispetto
a 8"'_1 il punto P' = sgh-1(P) E 8"' univocamente determinato dalla condizione
__> __") . .
PM = MP . L°appl1caz1one
sgh-1 :$" -› 5"
Pê Sen-1(P)
Dalla Definizione 9.59 segue che il simmetrico di P rispetto a 8"_1 è l”unico punto
P' tale che M = 8"'_1 Fl (P, i$"_›_1) risulti il punto medio del segmento < P, P' > .
È possibile dimostrare che ogni simmetria ortogonale rispetto a un iperpiano 8"' 1
è una isometria dello spazio euclideo 8", che lascia fissi tutti e soli i punti dell'iper-
piano considerato. Tale isometria è sempre inversa, per ogni n: infatti, se R = (O,
è un sistema di riferimento cartesiano di 5" in cui l”origine O appartiene all°iperpiano
8"_1 e i primi n- 1 vettori della base ordinata (ortonormale) B appartengono a S"_1,
le equazioni relativamente a R della simmetria ortogonale sono:
y1 _1
-ar
y n-1 _
_ x n-1
y TL _ -az 'TL .
_
Si noti infine che ogni simmetria ortogonale è involutoria: componendola con se stessa
si ottiene infatti banalmente la identità. su 8"'.
Esempio 9.13. Consideriamo nel piano euclideo 52 la retta r avente, rispetto a un fissato
rifermento cartesiano R, equazione r : :I: - y - 1 = O. Per ogni punto P ER (.:ì',§),
la retta ortogonale a r passante per P ha equazione t : x + y - â - 7] = 0; allora, le
. _ _. . _ w-y-1=0
coordinate cartesiane del punto M = rfìt verificano il sistema _ _
.cc + y - .cc - y = 0,
_ _ 1 _ _- 1
da cui segue M ER (x+š+ ,""+š ) . Ricordando la Proposizione 9.47 si ha
quindi che il simmetrico di P ER (:Tc,§), rispetto a r è il punto P' ER (g+ 1, sir- 1). Se
si desidera determinare la retta s', simmetrica della retta s : .cc = 0 rispetto alla retta r,
si può procedere scegliendo, ad esempio, i punti A ER (0, 1) e B ER (O, 2) sulla retta s,
e determinando i rispettivi punti simmetrici A' ER (2, -1) e B' ER (3, -1) rispetto a r;
pertanto, si ottiene che la retta cercata è
s': y=-1.16
16Si noti che la retta simmetrica nella simmetria ortogonale rispetto a r ha la medesima
intersezione con r della retta data.
9. ISOMETRIE 191
P Osservazione 9.60. Si noti che, se R' = (O',B') e R" = (O",B") sono due
riferimenti cartesiani di uno spazio euclideo n-dimensionale 5"', le equazioni del cam-
biamento di riferimento da R' a R" (Proposizione 9.8) rappresentano una isometria
dello spazio euclideo standard lR".Tale isometria risulta diretta (risp. inversa) se e
solo se le basi ortonormali B' e B" sono concordi (risp. discordi).
I Proposizione 9.61. Fissato un iperpiano £`"_1 di 8", per ogni isometria inversa
a di 5" esiste una ed una sola isometria diretta of* di 5'", tale che:
a = of' o s,.;n_1
dove sgn_1 è la simmetria ortogonale rispetto ad 5"_1.
17Nel caso del piano euclideo, la classificazione delle isometrie dirette (che sono o traslazioni o
rotazioni attorno ad un punto) sarà banale conseguenza del teorema completo di classificazione delle
isometrie piane: si veda la successiva Proposizione 10.15. Nel caso 3-dimensionale, invece, un risultato
classico, noto come Teorema di Mozzi, prova che ogni isometria diretta di 53 è una rototraslazione
(ovvero si ottiene componendo una rotazione attorno a una retta r con una traslazione di ampiezza
V G F).
CAPITOLO 10
Il piano euclideo
(Y) l\J
assey
*U
QC
W P
EISSG X
Q
HO io H
__
Figura 10.1
{.:c = mA + (mg-mA)-t
y = yA + (yB_yA)°t
in cui i coefficienti del parametro reale t sono non entrambi nulli.
Nel caso in cui si abbia contemporaneamente x3 mA 75 0 e yB - yA 75 0 (ovvero,
quando i punti A e B hanno diversa ascissa e diversa ordinata), è possibile rica-
vare il parametro t dalle equazioni parametriche, ottenendo la cosiddetta equazione
frazionaria della retta r :
-'11 _ -'IIA _ Z/ _ Z/A
$B _ wA Z/B _ Z/A
Infine, nel caso in cui mg - mA yé 0, la retta r ammette una equazione del tipo
y:mf17'l'q
con m = ü E R e q E R; tale equazione è nota come equazione esplicita della
SUB _ SUA
retta r (rispetto a y), e gli scalari m e q sono comunemente detti coefiiciente angolare
e ordinata all 'origine di r.
Esempio 10.1. La retta r passante per i punti (distinti) A ER (2, 1) e B ER (3, -2)
ha equazione cartesiana
= 2 t
La retta r ha poi equazioni parametriche {x 1 + 3t (t € R),
y = -
equazione frazionaria
m- 2 y- 1
1 -3
ed equazione esplicita
y = -3:12 + 7.
La retta s passante per i punti A ER (2, 1) e B ER (5, 1) ha invece equazione cartesiana
- 2 5- 2
det('5_1 1_1)=0, ovvero y-1:0,
= 2 3t
equazioni parametriche {"" 1 + (t E R), equazione esplicita y = 1, ma
y :
Si noti poi che, data una qualunque delle rappresentazioni della retta r, è possibile
ricavare direttamente una coppia (l, m) di coefficienti direttori di r:
o nel caso della rappresentazione cartesiana ax + by + c = 0, si ha (l, m) =
(-b, a) : infatti, (-b, a) è soluzione della equazione omogenea associata (che
rappresenta, rispetto alla base B, la giacitura della retta).
o nel caso della rappresentazione parametrica, (l,m) coincide con la coppia
dei coefficienti del parametro t: infatti, tali coefficienti sono costituiti dalle
componenti (5123 -.:cA, yB - yA) del vettore libero É, che genera la giacitura
della retta.
o nel caso della rappresentazione frazionaria, (l, m) coincide con la coppia dei
denominatori: infatti, tali denominatori sono costituiti dalle componenti
(903 - 90,4, yB - yA) del vettore libero É, che genera la giacitura della retta.
o nel caso della rappresentazione in forma esplicita, una coppia di coefficienti
direttori è data da (l,m), dove m è il coefficiente angolare di r: infatti,
la equazione esplicita y = mx + q corrisponde alla equazione cartesiana
mat - y + q = 0, in cui (-b, a) = (l,m).
Da queste osservazioni deduciamo il modo per ottenere le equazioni della retta s
parallela a una retta data e passante per un fissato punto P ER (52, g):
o se r ha rappresentazione cartesiana ax + by + c = 0, allora s ha rappresen-
tazione cartesiana a(:c - â) + b(y - g) = 0;
_ _ sc = xo + l-t
o se r ha rappresentazione parametrica , allora s ha rap-
!! = 3-/0 + m 'If
_ _ x = :T: + l -t
presentazione parametrica _ ;
y = y + rn -i
. . . -Y? 000 y yo
o se r ha rappresentazione frazionaria l _ , allora s ha rappre-
m
. . . w-â y-9
S€I1taZ1OI1€ fI`aZ1OI1aI`1a Z _ .
m
o se r ha equazione esplicita y = ma: + q, allora s ha equazione esplicita
y = g + m(:c -
Infatti, in tutti i casi considerati, le equazioni scritte individuano una retta s con i
medesimi coefficienti direttori di r (e quindi, per la Proposizione 9.26, si ha s / /r) e
risultano verificate dalle coordinate del punto P (e quindi, P € s); il risultato segue
pertanto dal Teorema 9.17.
Dimostrazione. L°intersezione (eventualmente vuota) tra le due rette r' e r'' è ovvia-
mente rappresentata, relativamente al riferimento cartesiano R, dal sistema lineare
S_ a'x+b'y+c'=0
' a//x_|_b//y_|_C//:O7
Esempio 10.3. Nel piano euclideo 82, dotato di un fissato riferimento cartesiano R, si
considerino le rette
r:2.:c-y+3=0, r':4.:c-2y+6=0, s:6a:-3y-2:0, t:3x-2y+5=0.
La Proposizione 10.1 consente di affermare che r e r' coincidono, che r e s sono parallele
disgiunte, e che r e t (ovvero s e t) sono incidenti in un punto.
1. I SOTTOSPAZI DEL PIANO EUOLIDEO: PUNTI E RETTE 197
(i) r' e r" sono parallele se e soltanto se esiste À € R - {0} tale che:
(al, bl) : À '(61'//,b//)
(iii) se r' e r" sono orientate in modo che (-b',a') e (-b",a") siano coppie di
M
--
(ii) r / e r // sono ortogonali- se e soltanto se._
m' - m" = -1
(iii) se r' e r" sono orientate in modo che (1,m') e (1,m") siano coppie di
coefiicienti direttori positivi, r'r" è il numero reale (compreso tra 0 e rr)
tale che / H
/\ 1
cos(r'r”) _ mm +
/(m/)2 _|_ 1 _ /(m//)2 _|_ 1
Dimostrazione. Basta ricordare che (1, m' ) e (1, m") sono coppie di coefficienti diret-
tori per r' e r", e poi fare uso, rispettivamente, della Prop. 9.26 (a) (ovvero della
Prop. 10.1 e (ii)), della Prop. 9.28 e della Prop. 9.36.
l:|
198 10. IL PIANO EUCLIDEO
(risp.
Q Definizione 10.5. Dato un punto C € 52, si dice fascio (proprio) di rette di centro
C l”insieme costituito da tutte e sole le rette di 52 che contengono C.
I Proposizione 10.7.
(i) Siano r' e r" due rette non parallele di 52 e siano rispettivamente a'.:z:'+b'y+
+c' = 0 e a"x + b" y + c" = 0 due loro equazioni cartesiane, relativamente a
un fissato riferimento cartesiano R. Allora, detto C il punto di intersezione
di r' e r", l'equazione
À(a'.:c + b'y + c') + ,a(a"a' + b"y + c") = 0
rappresenta, al variare dei parametri reali (À, ,a) 75 (0, 0), tutte e sole le rette
del fascio (proprio) di centro C'.
(ii) Sia r una retta di 82 e sia ax + by + c = 0 una sua equazione cartesiana,
relativamente a un fissato riferimento cartesiano R. Allora la equazione
ax+by+k=0
rappresenta, al variare del parametro lc € R, tutte e sole le rette del fascio
(improprio) di direzione V E F' (cioè tutte le rette parallele a r).
Dimostrazione. Poichè {C} = r' F1 r", le coordinate di C verificano entrambe
le equazioni a'.cc + b' y + c' = 0 e a"x + b" y + c" = 0, e quindi verificano anche ogni
equazione ottenuta da quelle tramite combinazione lineare. Ciò prova che tutte le
rette di equazione
À(a'x + b'y + c') + ,u(a":1:° + b"y + c") = 0,
al variare dei parametri reali (À, ii) 75 (0, 0), appartengono al fascio di centro C.
Viceversa, se s è una retta del fascio di centro C, allora s F1 (r' F1 r") = {C} = r' F1 r";
pertanto, l°equazione cartesiana aa: + by + c = 0 di s, relativamente al riferimento R,
deve essere combinazione lineare delle due equazioni cartesiane di r' e r'' . Ciò equivale
ad affermare che deve esistere una coppia (À, u) € R - {(0, 0)}, tale che
ax + by + c = À(a'a: + b'y + c') + u(a"a: + b"y + c").
(ii) E” sufficiente osservare che ogni retta di equazione ax + by + lc = 0, con k: € R,
è parallela a r, e che ogni retta parallela a r ha (per la Proposizione 10.2) equazione
(Àa)x + (Àb)y + d = 0, con À E R - {0} e d € R, ovvero
d
aa:+by+k=0, conk= -€R.
À l:l
Esempio 10.5. Dato nel piano euclideo 52 il punto C' E (1,2), il fascio di rette di
centro C può essere rappresentato dall'equazione
2. Distanze
Nel piano euclideo 82, in cui si suppone di avere fissato un riferimento cartesiano
R _ (0,13), la nozione di distanza tra due punti e il relativo metodo di calcolo si
specializza nella forma seguente.
Poichè le rette sono gli iperpiani di 82, il calcolo della distanza tra un punto e una
retta si effettua utilizzando, nel caso n = 2, la Proposizione 9.42.
Il seguente risultato fornisce il metodo operativo per il calcolo della distanza tra due
rette di 82, in funzione della loro reciproca posizione.
|aa:+by+c"| |-c'+c"|
d<9, †”> - \/a2 +b2
- \/a2 +b2
l:|
2. DISTANZE 201
Esempio 10.6. Lo studio delle mutue posizioni tra le rette considerate nell'Esempio 10.3,
di equazioni
r: 2:1:-y+3=0, r': 4.2:'-2y+6=0, s: 6:1:-3y-2:0, t: 3x-2y+5=0,
assicura che - per la Proposizione 10.10 - si ha:
d(r,r') = d(r, t) = d(s,t) = 0.
Per calcolare la distanza tra le due rette parallele disgiunte r e s, consideriamo P ER
(-1, 1) € r e applichiamo la formula fornita dalla Proposizione 10.9:
-3.(1)-2| _ ii
d(r, s) = d(P, s) _
,/62 + (-3)2 \/È
Q Definizione 10.11. Dati tre punti non allineati A,B,C' di 52, si dice area del
triangolo di vertici A, B , C il numero reale positivol
V(<A,B,C>)=.ÂABC=ã-
1 det(:_@_/wi
iíìiíå .U-3',,Tå
1 1 1 1 1 mf;-mA .rc-mA
AABC = -- det mA mg :UC = -- det
2 2 il/B_yA yo_yA
yA yB yo
1Si noti che la Definizione 10.11 presuppone che il determinante della matrice presente sotto il
segno di radice quadrata sia sicuramente positivo, come assicurato dalla Proposizione 8.33 relativa
alle proprietà delle matrici di Gram; in alternativa, la dimostrazione di questo fatto può essere
agevolmente dedotta dalla dimostrazione della Proposizione 9.45, nel caso h = 2.
202 10. IL PIANO EUCLIDEO
Nel presente paragrafo daremo alcune informazioni specifiche riguardo alle isometrie
del piano euclideo 8 2, che specializzano le informazioni già. fornite nel paragrafo 9 del
Capitolo 9 sulle isometrie di un generico spazio euclideo n-dimensionale.
In base alla Definizione 9.49, una isometria del piano euclideo 82 è una applica-
zione compatibile oi : 82 -› 82 tale che Papplicazione indotta 52 : 82 -› 82 è una
trasformazione ortogonale (biunivoca) di 8-2 in sé.
Per la Proposizione 9.51, poi, ogni isometria oz di 82 si rappresenta, rispetto a un
fissato riferimento cartesiano R = (O, B), attraverso equazioni di tipo
Come osservato nelle considerazioni successive alla Definizione 9.59, le riflessioni sono
isometrie inverse di 82.
04 : 04vO3r› @1 (H _`31
I punti fissi di oi, che si trovano imponendo x' _ at e y' = y nelle equazioni precedenti,
hanno per coordinate le soluzioni del sistema lineare
(coscp-1)-x-sengo-y+a=0
sencp-x+(cos<,o-1)-y-I-b=0
Tale sistema ammette una e una sola soluzione se e solo se (cos go - 1)2 + (sen go)2 75 0,
ossia se e solo se cp yé 0. In questo caso, quindi, oz è una rotazione (di ampiezza <,o)
attorno a tale punto fisso.
Se invece cp = 0, le equazioni di oi diventano:
x' = x + a
M=y+b
L°isometria oi è quindi, in questa ipotesi, la traslazione di ampiezza V E ,Sv (a, b).
Il caso di oi isometria inversa si tratta in modo simile, a partire dalle equazioni
corrispondenti ad
Nel presente paragrafo daremo alcuni cenni relativi alle coniche (non degeneri) del
piano euclideo 8 2, intese come particolari luoghi geometrici. Elementi più dettagliati
della teoria delle coniche verranno esposti nel Capitolo 12.
Q Definizione 10.16. Si dice circonferenza il luogo geometrico dei punti del piano
82 che sono equidistanti da un punto fisso C, detto centro. La comune distanza tra il
centro e i punti della circonferenza si dice raggio della circonferenza.
204 10. IL PIANO EUCLIDEO
W + W = 22
Q Definizione 10.17. Si dice ellisse il luogo geometrico dei punti del piano 82 che
hanno costante (uguale a 2a > 0) la somma delle distanze da due punti fissi F1 e F2,
detti fuochi.
À
Y
W"š(O,b)
I
vi/'E (0,-b)
Figura 10.2
\/(fß+C)2+y2+\/(w_¢)2+y2=2a;
sviluppando i calcoli (isolando i radicali ed elevando al quadrato due volte), si perviene
alla equazione considerata.
Si noti che la circonferenza può essere considerata come una particolare ellisse, in cui
i due fuochi coincidono.
Q Definizione 10.18. Si dice iperbole il luogo geometrico dei punti del piano 82 che
hanno costante (uguale a 2a > 0) la differenza - in valore assoluto - delle distanze da
due punti fissi F1 e F2, detti fuochi.
A
Y
F.š<-c._0› 0 1~3_š<c.0› ›
Vrš (_a,0) Vuš (ago) X
Figura 10.3
|¢<í›@+f:›í2+y2»¢<f›ß~c›í2+y-2|=2a.
sviluppando i calcoli (isolando i radicali ed elevando al quadrato due volte), si perviene
alla equazione considerata.
Q Definizione 10.19. Si dice parabola il luogo geometrico dei punti del piano 82
che sono equidistanti da un punto fisso F, detto fuoco, e da una retta fissa 5, detta
direttrice.
A
Y
("
P
FE 0 _
PE(-ray)
v
<1 W
O0 __P
'__
K”
l\J
Figura 10.4
¢<x›2+<y»%>2=ly+§+
sviluppando i calcoli (elevando al quadrato ambo i membri), si perviene alla equazione
considerata.
In realta, è possibile provare che, a parte qualche caso particolare facilmente indivi-
duabile, ogni equazione algebrica di secondo grado nelle coordinate :I: e y rappresenta
o una ellisse, o una iperbole, o una parabola del piano euclideo 82. Tali curve vengono
globalmente indicate con il termine coniche (non degeneri) del piano euclideo, poiché
esse sono state storicamente considerate e studiate come intersezioni tra un piano e
un cono (si veda la Figura 10.5). Le equazioni del tipo (1), (1'), (2), o (3) vengono
usualmente dette equazioni canoniche delle coniche del piano euclideo.
"
O'
1 | 1 n
`~ I | | | I |'› | I 1 | ÂI "
IO'
L-. __"
'-| _ L'I'
\ \ I1 \ \ oQ-
'___
I
r
Figura 10.5
4. LE CONICHE COME LUOGHI GEOMETRICI 207
La dimostrazione di questo risultato è contenuta nel capitolo 12, dove è esposta una
trattazione più esauriente della teoria delle coniche del piano euclideo.
3Se det A = 0, allora la equazione (4) rappresenta - rispetto a 'R - o l'unione di due rette, o una
sola retta (contata due volte), o un solo punto; poiché anche questi sottoinsiemi di 52 si posssono
ottenere come particolari intersezioni tra un piano e un cono, essi vengono solitamente denominati
coniche degeneri del piano euclideo 52.
cAP1ToLo 11
Lo spazio euclideo
Nel presente capitolo, il simbolo 83 indicherà sempre uno spazio euclideo ordinario
(ovvero, di dimensione tre).
Ovviamente, i sottospazi di 83 possono avere dimensione 0 (i punti di 83), 1 (le rette
di 83), 2 (i piani, che sono gli iperpiani di 83) e 3 (lo spazio 83 stesso).
Fissato in 83 un riferimento cartesiano 72 = (O,É = (i,j, k)), se P *R (x,y, z) è un
punto di 83, allora le coordinate cartesiane x, y e z sono dette rispettivamente ascissa,
ordinata e quota di P (relativamente a Le rette coordinate del riferimento 72 sono
l°asse x (individuato dall°origine O e dalla direzione del versore i), l°asse y (individuato
dall°origine O e dalla direzione del versore j) e l°asse z (individuato dall°origine O e
dalla direzione del versore k), mentre i piani coordinati del riferimento 72 sono il piano
xy (individuato dall”origine O e dai versori i e j), il piano yz (individuato dall°origine
O e dai versori j e k) e il piano xz (individuato dall°origine O e dai versori ì e k)
(Figura 11.1).
A ÉY3
Z
388€
/ /|
/
, 3 /
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/ /
/ /
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in /
/
\
\
\
\
\
IE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ \_._
*L
<z›“`°¢°3
Figura 11.1
ax+by+cz+d=0 0, b C _2_
a'x+b'y+c'z+d'=0 con Q 0/ Ö/ C/ _,
o la retta r ha equazioni parametriche
Lì? = $A + ($B-58,4)-È
?J=yA+(?JB-yA)"f ('f€lR-l
z = zA + (zB-zA)-t
in cui i tre coefficienti del parametro t non sono tutti nulli.
Nel caso in cui si abbia contemporaneamente :vg - mA 75 0, yB - yA 75 0 e zB - zA 75 0
(ovvero, quando i punti A e B hanno diversa ascissa, diversa ordinata e diversa
quota), è possibile ricavare il parametro t dalle equazioni parametriche, ottenendo la
cosiddetta equazione frazionaria della retta r :
w-$A y-il/A 2-ZA
«TB-w/1 yß-YJA ZB~2A
Esempio 11.1. Fissato un riferimento cartesiano 72 nello spazio euclideo 83, i punti
A ER (1, 2, 3) e B ER (2, -1, 0) sono affinemente indipendenti (cioè distinti), in quanto
il vettore libero E3) E5; (1,-3,-3) è linearmente indipendente (essendo diverso dal
vettore nullo). Per ottenere una rappresentazione cartesiana della retta r passante per
A e B basta considerare un generico punto P ER (x,y, z) di 83 e imporre che É E5;
(ac - 1,y - 2, z - 3) appartenga a F: Ciò equivale a imporre che
x- 1 1
Q y - 2 -3 = 1.
z-3 -3
Essendo det(1) 75 0, basterà imporre che entrambi gli orlati del minore considerato abbiano
determinante nullo:
x-1 1
=0
y-2 -3
.ic-1 1
=0.
z-3 -3
1. I SOTTOSPAZI DELLO SPAZIO EUCLIDEO: PUNTI, RETTE E PIANI 211
3x-I-y-5 =0
r:
3x+z-6 =0.
:c=1+t
y=2-3t (t€ll2)
z=3-3t
ed equazione frazionaria
ar - 1 y- 2 z- 3
1”-3--3
La retta s passante per i punti A E7; (1,2,3) e B' ER (0,2,1) ha invece equazione
cartesiana
2x - z + 1 = 0
r :
y- 2 = 0
ar = 1 + t
ed equazioni parametriche y = 2 (t € R), ma non ammette equazione
z = 3 + 2t
frazionaria (perché i due punti A e B' hanno la stessa ordinata).
Si noti poi che, data una qualunque delle rappresentazioni della retta r, è possibile
ricavare direttamente una terna (l, m, n) di coefficienti direttori di r:
o nel caso della rappresentazione cartesiana
ax+by+cz+d=0
a'x+b'y+c'z+d'=0 l
si ha
(lv ma n) :
bbl cci ›_
aal cC/ a
aal bbl
Ciò deriva direttamente dalla risoluzione del sistema lineare omogeneo asso-
ciato (che rappresenta, rispetto alla base B, la giacitura della retta): si veda
l°Esempio 6.4.
o nel caso della rappresentazione parametrica, (l, m, n) coincide con la terna
dei coefficienti del parametro t: infatti, tali coefficienti sono costituiti dalle
componenti (903 - QUA, yB - yA, zB - zA) del vettore libero E che genera
la giacitura della retta.
o nel caso della rappresentazione frazionaria, (l,m,n) coincide con la terna
dei denominatori: infatti, tali denominatori sono costituiti dalle componenti
(903 - QUA, yB - yA, zB - zA) del vettore libero E che genera la giacitura
della retta.
212 11. LO SPAZIO EUCLIDEO
ax+by+cz+d=0
{a'm + b'y+c'z +d' = 0
allora s ha rappresentazione cartesiana
{a(x-x)+b(y-y)+c(z-z) =0
a'(ac-í)+b'(y-§)+c'(z-2) =0
o se r ha rappresentazione parametrica
x = :120 + l-t
y = yo + m '15
z = z0 + n -t
allora s ha rappresentazione parametrica
x = sì' + l-t
y = ij + 'rn -t
z = 2 + n -t
1. I SOTTOSPAZI DELLO SPAZIO EUCLIDEO: PUNTI, RETTE E PIANI 213
o se r ha rappresentazione frazionaria
06 _ 000 y _ yo 2 _ Z0
l m n
allora s ha rappresentazione frazionaria
:I:-:Y: _ y-7] _ z-z
l m n '
Infatti, in tutti i casi considerati, le equazioni scritte individuano una retta s con i
medesimi coefficienti direttori di r (e quindi, per la Proposizione 9.24, si ha s/ /r) e
risultano verificate dalle coordinate del punto P (e quindi, P € s); il risultato segue
pertanto dal Teorema 9.17.
La proposizione seguente ci permette di studiare la mutua posizione di due rette di
8 3, a partire dalle loro equazioni cartesiane.
I Proposizione 11.1. Siano r' e r” due rette di 83 e siano rispettivamente
ax+by+cz+d=0 a”x-I-b”y+c”z-I-d”=0
al/x + bfy + C/z + d/ : 0 al///x _|_ b///y _|_ C///z _|_ dm : 0
A = e B =
Q
/ll
g:9`Q
/ll
Ošgìâ-3`Q Qìg:Q`g
///
Oìgì(-3`O åsss
si ha che:
(i) r' e r” coincidono se e soltanto se
Q(B) = 2
(ii) r' e r” sono parallele disgiunte se e soltanto se
Q(A) = 2 G .Q(B) = 3
(iii) r' e r” sono incidenti in un punto se e soltanto se
Q(/1) = @(B) = 3
(iv) r' e r” sono sghembe se e soltanto se
Q(A) = 3 G Qll-3) = 4
Dimostrazione. L°intersezione (eventualmente vuota) tra le due rette r' e r” è ovvia-
mente rappresentata, relativamente al riferimento cartesiano 72, dal sistema lineare
ax+by+cz+d=0
S: a'x+b'y+c'z+d'=0
a”x + b"y + c”z + d” = 0
a'”ac + b”'y + c”'z + d'” = 0,
mentre l”intersezione tra le due giaciture if; e rf' è rappresentata, relativamente alla
base B, dal sistema omogeneo associato S0. La tesi segue allora facilmente, osservando
che:
214 11. LO SPAZIO EUCLIDEO
(i) se r' e r” sono coincidenti, r' Fl r” deve contenere tutti i punti di r' (ovvero
di r"), e quindi il sistema S deve essere possibile con ool soluzioni;
(ii) se r' e r” sono parallele disgiunte, deve essere r' Fi r” = (ll, mentre r' Fi r”
deve contenere tutti i vettori di nl (ovvero di r7'), e quindi il sistema S deve
essere impossibile, mentre il sistema S0 deve avere ool soluzioni;
(iii) se r' e r” sono incidenti in un punto P, deve essere r' Fi r” = {P}, quindi il
sistema S deve essere possibile e determinato;
(iv) se r' e r” sono sghembe, deve essere r' Fi r” = (ll e f/Il Fi rf' _ {0}, e quindi
il sistema S deve essere impossibile (cioè rango della matrice incompleta
diverso dal rango della matrice completa), mentre il sistema S0 deve avere
solo la soluzione ovvia.
III
Esempio 11.3. Nello spazio euclideo 83, dotato di un fissato riferimento cartesiano 72,
si considerino le rette
ai-y=1 x-z=1
r: s:
y-z=0 x-2y-I-z=1
Esempio 11.4. Le rette r, s', s” e s'” considerate nell'Esempio 11.3 hanno rispettivamen-
te coefficienti direttori (1,1,1), (1,1,1), (1,0,-1) e (0,0,1), come si ricava facilmente
risolvendo i sistemi lineari omogenei associati alle rappresentazioni cartesiane delle quattro
rette. La Proposizione 11.2(i) consente di affermare che r e s' sono parallele, mentre la
Proposizione 11.2(ii) consente di affermare che r e s” sono ortogonali. Infine, la Propo-
sizione 11.2(iii) consente di calcolare l'angolo tra le rette r e s”', supponendo che esse
siano orientate in modo che le terne di coefficienti direttori considerate risultino positive:
cOS(;S7,)_ 1-0+1~0+1~1 _ 1
\/12+12+12¬/02+02+12 \/š
0U=flßA+(9UB--'I?A)'›\+($c"0UA)'/1
y=yA+(yB-ya)-/\+(vc-vA)-/1 (À,/¢€1R)
z=zA+(zB-zA)-/\+(zg-zA)-/i
incui
.ØUB-£UA wg-.QUA
Q vB-yA vc-yA =2.
ZB-ZA ZQ'-ZA
216 11. LO SPAZIO EUCLIDEO
Esempio 11.5. Fissato un riferimento cartesiano 72 = (O,B) nello spazio euclideo 83,
i punti A ER (1,2,3), B ER (2, -1,0) e C ER (0,2, 1) sono affinemente indipendenti,
in quanto i vettori liberi E E5; (1,-3,-3) e R' E5; (-1,0,-2) sono linearmente
indipendenti (essendo non proporzionali). Per ottenere una rappresentazione cartesiana
del piano Tr passante per A, B e C basta considerare un generico punto P ER (x,y,z)
di 83 e imporre che É E5; (az - 1,y - 2,z - 3) appartenga a Ti' = Ciò
equivale a imporre che
.is - 1 1 -1 x- 1 1 -1
Q y-2 -3 0 =2, ovvero y-2 -3 0 =0.
z-3 -3 -2 z-3 -3 -2
ll piano Tr sarà quindi rappresentato, rispetto a 72, dalla equazione cartesiana
6:L°+5y-3z-7:0.
La sua rappresentazione parametrica sarà invece
ar = 1 +t - t'
ff; y= 2-si (t,t'eR).
z = 3 - 3t - 2t'
Si noti che, nella rappresentazione parametrica del piano Ti', le due terne di coefficienti
dei parametri individuano le componenti, rispetto alla base É, di due vettori che
generano la giacitura 1? del piano, cosi come la equazione omogenea associata alla
rappresentazione cartesiana di ir costituisce una rappresentazione cartesiana, rispetto
a É, della medesima giacitura 1? (si veda il Teorema 9.19).
Da queste osservazioni deduciamo il modo per ottenere le equazioni del piano o
parallelo a un piano ir dato e passante per un fissato punto P ER (93, 7], 2):
o se ir ha rappresentazione cartesiana
ax+by+cz+d=0,
allora o ha rappresentazione cartesiana
a(ac-í)+b(y-@)+c(z-E) =0;
o se ir ha rappresentazione parametrica
x = ac0+u1-À-I-v1-u
y=yo+'U«2'›\+'U2'/I ›
z = z0 +u3-)\+v3-/i
allora o ha rappresentazione parametrica
sc =ãc+u1-À-I-v1-,u
y=§+'U›2'Ã+'U2'/I -
z = z+u3-À+v3-,u
1. I SOTTOSPAZI DELLO SPAZIO EUCLIDEO: PUNTI, RETTE E PIANI 217
I Proposizione 11.3. Siano ir' e Tr” due piani di 83 e siano rispettivamente a'x +
b'y + c'z + d' = 0 e a”:c + b"y + c”z + d” = 0 due loro equazioni cartesiane,
relativamente a un fissato riferimento cartesiano 72. Allora:
a'b'c' _1 e a'b'c'd' _2
Q au bu cu _ Q ar/ bn Cn dr/ _
\
Dimostrazione. L°intersezione (eventualmente vuota) tra i due piani rr' e rr” e ovvia-
mente rappresentata, relativamente al riferimento cartesiano 72, dal sistema lineare
S_ a'm+b'y+c'z+d'=0
° a//m + buy + C//Z + dr/ : O,
mentre l°intersezione tra le due giaciture if' e rd' è rappresentata, relativamente alla
base B, dal sistema omogeneo associato S0. La tesi segue allora facilmente, osservando
che:
(i) se Tr' e ir” sono coincidenti, ir' lì rr" deve contenere tutti i punti di ir' (ovvero
di Tr”), e quindi il sistema S deve essere possibile con oo2 soluzioni;
(ii) se ir' e ir” sono paralleli disgiunti, deve essere rr' Fi ir” = (ll, mentre ir' Fi ir”
deve contenere tutti i vettori di if; (ovvero di rr7'), e quindi il sistema S deve
essere impossibile, mentre il sistema S0 deve avere oo2 soluzioni;
(iii) se Tr' e rr” sono incidenti in una retta r, deve essere Tr' Fi Tr” = r, quindi il
sistema S deve essere possibile con ool soluzioni;
(iv) Tr' e ir” non possono essere nè sghembi nè incidenti in un punto, perche tutti
i casi che si possono presentare nella discussione dei sistemi S e S0 sono gia
stati esaminati ai punti precedenti.
III
218 11. LO SPAZIO EUCLIDEO
P Osservazione 11.4. Si noti che, nel caso in cui i due piani ir' e Tr” siano incidenti
in una retta, il sistema costituito dalle due equazioni cartesiane di Tr' e rr” individua
esattamente una rappresentazione cartesiana della retta intersezione r = ir' Fi ir”.
In realtà. 7 o ni ra resentazione cartesiana di una ualun ue retta r di 83 ermette
di interpretare la retta stessa come intersezione di due piani non paralleli che la
contengono.
Esempio 11.6. Nello spazio euclideo 83, dotato di un fissato riferimento cartesiano 72,
si considerino i piani
Tr1:6x+5y-3z-7:0 1r2:12x-I-10y-6z-14:0
Tr3:12a:+10y-6z-3:0 †r4:2x-4y+z-1:0.
La Proposizione 11.3 consente di affermare che rtl e Trg coincidono, che irl e 1r3 sono
paralleli disgiunti, e che 1r1 e W4 sono incidenti in una retta.
si ha che:
(i) r è contenuta in ir se e soltanto se
@(B) = 2;
(ii) r e ir sono paralleli e disgiunti se e soltanto se
Q(/1) = 2 <2 @(B) = 3;
(iii) r e ir sono incidenti in un punto se e soltanto se
Q(/1) = Q(B) = 3;
(iv) r e ir non sono mai sghembi.
mentre l°intersezione tra le due giaciture ir' e ir” è rappresentata, relativamente alla
base B, dal sistema omogeneo associato S0. La tesi segue allora facilmente, osservando
che:
(i) se r è contenuta in ir, r Fi rr deve contenere tutti i punti di r, e quindi il
sistema S deve essere possibile con ool soluzioni (si osservi che ,Q(A) 2 2);
(ii) se r e ir sono paralleli disgiunti, deve essere r Fi ir = Ø, mentre 'F' Fi Ti' deve
contenere tutti i vettori di F', e quindi il sistema S deve essere impossibile,
mentre il sistema S0 deve avere ool soluzioni;
(iii) se r e Tr sono incidenti in un punto P, deve essere r Fi ir = {P}, quindi il
sistema S deve essere possibile e determinato (ovvero, deve essere un sistema
di Cramer);
(iv) r e Tr non possono essere sghembi, perché tutti i casi che si possono presen-
tare nella discussione dei sistemi S e S0 sono gia stati esaminati ai punti
precedenti.
III
Esempio 11.7. Nello spazio euclideo 83, dotato di un fissato riferimento cartesiano 72,
si considerino il piano
vr : ar - y - 1 = 0
e le rette s, s', s” considerate nell'Esempio 11.3. La Proposizione 11.5 consente di
affermare che s è contenuta in Tr, che s' e rr sono paralleli disgiunti, e che Tr e s” sono
incidenti in un punto.
Nello spazio euclideo, è possibile introdurre, accanto alla nozione di angolo tra due
rette orientate (la cui ampiezza può essere calcolata mediante la Prop. 11.2 (iii)),
anche la nozione di angolo tra due piani e la nozione di angolo tra una retta e un
piano.
Q Definizione 11.6. Si dice piano orientato di 83 una coppia (rr,À), dove Tr CIC5
/(D/
piano di 83 e /\ € ii? è un vettore libero non nullo ortogonale a rr. Se (1r,À) e un
piano orientato, si dicono positivi tutti i vettori liberi pi € if' concordi con À; inoltre,
si dice positiva ogni equazione cartesiana ax + by + cz + d = 0 di Tr tale che il vettore
libero a E (a, b, c) sia positivo.
Q Definizione 11.7. Dati due piani orientati ('/T', X) e (rr”, /\”) di 83, si dice angolo
tra Tr' e rr”, e si denota con 1r'1r”, l°angolo qb € [0, rr] tra À' e /\".
Q Definizione 11.8. Dati un piano orientato (rr, À) e una retta orientata (r, l) di 83,
si dice angolo tra Tr e r, e si denota con ifr, il numero reale gb € l-g, avente per
seno il coseno dell°angolo tra /\ e l :
sen = cos(À,l)
220 11. LO SPAZIO EUCLIDEO
(iii) se ir' e ir” sono orientati in modo che a'x -l- b'y -l- c'z -l- d' = 0 e a”x + b"y +
c'' z + d” = 0 siano equazioni positive, Tr'†r” è il numero reale gb € [0, rr] tale
che
/` a/_a//_|_b/_b//_|_C/_C//
Dimostrazione. Basta ricordare, come già osservato nel corso della dimostrazione
della Proposizione 11.3, che Tr' e Tr” sono paralleli se e soltanto se Tr' Fìrr” ha dimensione
, a' b' c'
due 7 ovvero se e soltanto se la matrice al/ bl/ cl/ ha rango uno.
(ii) La seconda affermazione è un caso particolare della Proposizione 9.33.
(iii) L°ultima affermazione discende direttamente dalla Definizione 11.7, ricordando
che - in virtù del Lemma 9.30 - i vettori a' E (a', b', c') e a” E (a”, b”, c") sono vettori
positivi ortogonali rispettivamente a ir' e ir”.
l:l
Esempio 11.8. Nello spazio euclideo 83, dotato di un fissato riferimento cartesiano 72,
si considerino i piani
Q Definizione 11.11. Data una retta r di 83, si dice fascio (proprio) di piani di asse
r l°insieme costituito da tutti e soli i piani di 83 che contengono r.
I Proposizione 11.13.
(i) Siano Tr' e rr” due piani non paralleli di 83 e siano rispettivamente
a'x+b'y+c'z+d' = 0 e a”x+b”y+c"z+d” = 0 due loro equazioni cartesiane,
222 11. LO SPAZIO EUCLIDEO
a:z:+by+cz+k=0, conk:=š€lR.
l:|
3:1:-y+z-1:0
ac-z=0 7
l'equazìone del fascio di piani di asse la retta r è:
À(3x-y+z-1)+u(:z2-z) =0.
ll fascio di piani paralleli al piano di equazione
3:10 - y + z - 1 = 0
ha invece equazione
3:1: - y + z + k: = 0.
2. DISTANZE 223
Q Definizione 11.14. Dato un punto C' 6 83, si dice stella (propria) di piani di
centro C' (risp. stella (propria) di rette di centro C) l”insieme costituito da tutti e soli
i piani (risp. le rette) di 83 che contengono C'.
Q Definizione 11.15. Dato un vettore non nullo V € 83, si dice stella (impropria)
di piani di direzione V (risp. stella (impropria) di rette di direzione V) l”insieme
costituito da tutti e soli i piani (risp. le rette) di 83 che sono paralleli alla direzione
individuata dal vettore V.
2. Distanze
Q Definizione 11.17. Si dice sfera il luogo geometrico dei punti dello spazio 83 che
sono equidistanti da un punto fisso C, detto centro. La comune distanza tra il centro
e i punti della sfera si dice raggio della sfera.
Esempio 11.10. Nello spazio euclideo 83, dotato di un fissato riferimento cartesiano
72, la distanza del punto P ER (1,2,3) dal piano ir : 3:1: + 2y - z + 3 = 0, si calcola
direttamente tramite la formula fornita dalla Proposizione 11.18:
Il calcolo della distanza tra un punto e una retta si effettua invece utilizzando la
proiezione ortogonale del punto sulla retta, come indicato nel § 7 del Capitolo 9 (caso
n = 3 e h = 1).
I Proposizione 11.19. Sia r una retta di 83 avente coefiìcienti direttori (l,m,n) e
sia P ER (9E,y, 2). Allora:
d(P,r) = d(P,P')
dove il punto P' (proiezione ortogonale di P su r) si ottiene intersecando r con il
piano ortogonale a r passante per P, che ha equazione cartesiana
l(x-ã)+m(y-y)+n(z-z)=0.
-› -› I
Dimostrazione. Occorre verificare che d(P,P') = min{d(P,X)
-›
| X € r}. Poichè,
per ogni X € r, si ha IBX = PP' + P'X, con PP' J. P'X, il Teorema di Pitago-
ra (Propositione 8.6) implica = ||PP'||2 + ||P'X||2 2 ||PP'||2; cio assicura
appunto che d(P, P') 5 d(P, X), per ogni X E r. U
Esempio 11.11. Per calcolare la distanza del punto A E (1, 1, -4) dalla retta
x + 2y - 8 = 0
T I {z + 6 = 0
occorre determinare il piano vr ortogonale a r e contenente A; poiché (2,-1,0) è una
terna di coefficienti direttori di r, vr ha equazione:
rr:2(a:-1)-1(y-1)+0(z+4)=0, ovvero 2:13-y-1:0.
La proiezione ortogonale A' di A su r ha coordinate che verificano il sistema
ai + 2y - 8 = 0
z+6=0 dacui A'š(2,3,-6)
2x - y - 1 = 0
Per la Proposizione 11.19 si ha quindi che:
d(A,;~) = d(A,A') = \/(2_ 1)2+ (s- 1)2 + (-ß+4)2 = \/6 = 3.
I seguenti risultati forniscono i metodi operativi per il calcolo della distanza tra due
piani, tra una retta e un piano e tra due rette di 8 3, in funzione della loro reciproca
posizione.
2. DISTANZE 225
Dimostrazione. La prima parte dell°enunciato è banalmente vera, poiché - sia nel caso
in cui r è contenuta in vr che nel caso in cui r e rr sono incidenti - esiste un punto
P € r Fl vr, e quindi d(r,7r) = d(P, P) = 0.
Nel caso in cui r e vr siano paralleli, occorre verificare che la distanza d(P, rr) è indipen-
dente dalla scelta del punto P E r. Se il piano rr ha - rispetto a un fissato riferimento
cartesiano 72 di 83 - equazione vr : ax+by+cz+d = 0, allora la retta r ha coefficienti
direttori (l, m, n) tali che al + bm + cn = 0 (si ricordi la Proposizione 11.10); inoltre,
posto P ER (52, y, z), per ogni altro punto X E r si ha X =1g (93 + pl, y +pm, 2+ pn),
con p € IR. Per la Proposizione 11.18 si ottiene allora che:
|a(ã: + pl) + b(y + pm) + c(,š + pn) + d|
d(X,'rr) _
\
_ |asE+by+cz+d+p-(al+bm+cn)| _ |a:72+by+cš+d| _ d(P7T)
\ \ ° '
che prova la tesi. U
o Se r' e r" sono sghembe, la loro distanza uguaglia la distanza tra r' e il
piano 'rr parallelo a r' e contenente r":4
Rf
"_ <© rl
:U
_
T!! Q'
I'
TQI
TC
Figura 11.2
Poichè r'' C rr, si ha ovviamente d(r' , r") 2 d(r', rr); d°altra parte, essendo 'rr parallelo
a r', la Proposizione 11.21 implica d(r','/T) = d(Q, Q'), VQ € r' (dove Q' denota la
proiezione ortogonale di Q su ir). Ora, fissato Q € r' , sia rà, la retta parallela a r'
e passante per Q'. Poichè rà, e r'' sono ovviamente non parallele (essendo sghembe
r' e r") e sono entrambe contenute in ir, esiste R € rb, Fl r". Essendo rà, e r'
due rette parallele, la seconda parte dell°enunciato assicura che d(Q, Q') _ _ d(R, R / )
(= d(r22, , r' )), dove R' è la proiezione ortogonale di R su r' . A questo punto, avendo
trovato R € r'' e R' € r' tali che
Nel caso di due rette sghembe r' e r'' di 83, il seguente risultato permette di ricavare,
oltre alla distanza d(r' , r'' ), anche i punti H € r' e K € r'' che realizzano tale distanza.
I Proposizione 11.23. Siano r' e r" due rette sghembe di 83. Allora, esiste una e
una sola retta t ortogonale e incidente sia a r' che a r"; inoltre, posto H = r' Fit e
K = r"Flt, si ha che
d(r', r") = d(H, K)
Dimostrazione. (cenno) Se l' E r3 e 1" E r7' sono due vettori (non nulli) che generano
le giaciture delle rette, la ipotesi che r' e r'' siano sghembe implica dim(L(l', 1" = 2,
e quindi dim(iL(l',l")) _ 1 (per il Teorema 8.26). Scelto un vettore non nullo
m € iL(l' , 1" ), la retta t si ottiene come intersezione tra il piano Tr' , appartenente al
fascio di piani di asse r' e parallelo a m, e il piano Tr" , appartenente al fascio di piani
di asse r'' e parallelo a m.
III
x-y-3:0 y-z+1=0
r: s:
y-2z=0 ai-z=0
2l 2 :O
{ + m+n ovvero (l,m,n)=p-(1,-1,0).
l+m+n = 0
ac + y - 4z - 3 = 0,
ar + y - 2z + 1 = 0.
Q Definizione 11.24. Dati tre punti non allineati A,B,C di 83, si dice area del
triangolo di vertici A, B , C' il numero reale positivo
V(<A,B,C>)=.ÂABC=š-
1 (let(:A/ñq/mi
,í§,,í§ ,í§,,Tå
1
V(< A,B,C,D>) = E det(
/\
/`\/\ úëlël
ëlgël \/ /\ Èlšlël ël
/\/\ ëlël
\/\/
\/ /\ .ëël
läël
ël \/\/
\/ LAI
3Si noti che le Definizioni 11.24 e 11.25 presuppongono che i determinanti delle matrici presenti
sotto il segno di radice quadrata siano sicuramente positivi, come assicurato dalla Proposizione 8.33
relativa alle proprietà delle matrici di Gram; in alternativa, la dimostrazione di questo fatto può
essere agevolmente dedotta dalla dimostrazione della Proposizione 9.45, nei casi h = 2 e h = 3
rispettivamente.
2. DISTANZE 229
1 14 4 6 1 3
v(a-3) = _- <:1@i;(4 14 2) = --\/256 = -.
3 6243 3
Per la Proposizione 11.26, si ha anche:
1 1 1 1
V(o3) =
1 0 4 1
del 1 4 2 3
-4 -6 -6 _ 4
1 -130 1 8
Zš -2 -2 0
Nel presente paragrafo, 8" indicherà uno spazio euclideo di dimensione finita n > 0,
su cui è fissato un riferimento cartesiano 72 = (O, B).
Con abuso di linguaggio, quando risulterà chiaro che lo spazio euclideo 8 " è stato
completato con l°aggiunta del suo iperpiano improprio, si parlerà più semplicemente
di punti propri e punti impropri di 8".
P Osservazione 12.2. Si noti che, per definizione di iperpiano improprio, a ogni retta
di 8” risulta associato un punto improprio di 8 ", e che rette parallele individuano
lo stesso punto improprio. Inoltre, poiché ogni vettore libero non nullo genera un
sottospazio vettoriale di dimensione uno di 83°', si può dire che ogni vettore libero non
nullo V individua un punto improprio di 8 "', che corrisponde alla giacitura di tutte le
rette parallele a V (ovvero, tutte le rette r di 8 2 tali che V €
Q Definizione 12.3. Dato un punto proprio P ER (y1,y2, . . . ,y"'), si dice (n+ 1)-pla
di coordinate omogenee di P rispetto a 72 ogni (n + 1)-pla (a30,:z:1, . . . ,mn) tale che:
i:yfií:y›"'›i:y'
330 1230 270
Dato un punto improprio POO individuato dalla direzione del vettore V € 83" -
con V l1,l2, . . . , ln), si dice (n + 1)-pla di coordinate omogenee di POO rispetto a
72 ogni (n + 1)-pla (x0, 11:1, . . . , mn) tale che:
x0 = 0 ed esiste p € R- {0}, per cui (x1,...,:z:.,,,) = p- (l1,...,l"').
Sia per i punti propri che per i punti impropri di 8 '”', scriveremo
P E72 l.íU0,$1,. . . ,ílfinl
232 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
per indicare che la (n+1)-pla (1120, x1, . . . , 112,1) è una (n+1)-pla di coordinate omogenee
del punto P.
P Osservazione 12.5. Date due (n+1)-ple non nulle (1120, x1, . . . ,112n), (1126, 112'1, . . . ,
di numeri reali, poniamo
(x0,1121,...,x.,,)~(x(1,112á,...,x;,) <=> ÉIÀER-{0}, (x(,,...,x;,) = À-(x0,...,112n).
La relazione ~ è una relazione di equivalenza sull”insieme ll2'"“+1 - {(0, . . .,0)},
come è facile verificare (si veda il § 4 del Capitolo 1). L°insieme quoziente
(lR"+1 - {(0, . . . ,0)})/ ~, usualmente indicato con RP", è detto spazio proiettivo
reale standard n-dimensionale. Un punto di RIP" è dunque una classe [x0,1121, . . . ,112,,,]1
di proporzionalità di (n + 1)-ple non nulle di numeri reali.
Ogni fissato riferimento cartesiano 72 di 8" induce quindi una biiezione c/112 : P" =
8” U 8;"O_1 -› RP”, che a ogni punto P di P" associa la classe [1120,x1, . . . ,112n] delle
(n + 1)-ple (tra loro proporzionali) delle coordinate omogenee di P rispetto a 72.
Infatti, una qualunque (n + 1)-pla non nulla (1120, x1, . . . ,112.,.,,) di numeri reali, a meno
di proporzionalità, individua uno e un solo punto P di P” = 8 ” LJ 8<'§"O_1 che ammette
(1120,x1, . . . ,mn) come sua (n+1)-pla di coordinate omogenee rispetto al riferimento
cartesiano 72:
o se x0 75 0, allora P e. il. punto proprio
. di. coordinate
. cartesiane . 111 -,
(_, 1132 . . . , -3')
1? ;
.CUO 330 270
o se 1120 = 0, allora P è il punto improprio individuato dalla direzione del vettore
di componenti (1121, . . . ,xn).
1Scriviamo [a20, w1, . . . ,xn], anzichè [(1120, 1121, . . . , a:n)], per indicare la classe rappresentata dalla
(n + 1)-pla (000, w1, . . . ,mn), rispetto alla relazione ~.
1. AMPLIAMENTO PROIETTIVO DI UNO SPAZIO EUCLIDEO 233
l 'insieme delle soluzioni diverse dalla ovvia fornisce le coordinate omogenee, rispetto
a R, dei punti (propri e impropri) di una retta (propria) r di 52.
Inoltre, llequazione :120 = O rappresenta - in coordinate omogenee rispetto a R - la
retta impropria di 82.
\:|
Con le medesime notazioni, si prova facilmente anche come ottenere una rappresen-
tazione cartesiana o parametrica di una retta nel completamento proiettivo del piano
euclideo, a partire da due qualunque suoi punti distinti.
wo yo 20
«'131 91 21 =0;
w2 y2 22
(b) dalle equazioni parametriche
wo = Â!/0 + M20
$1 = Ú/1 + M21 (/\› /1) 5 R2 _ {(0›
$2 = Ú/2 + M22 U
Si noti che la retta r di cui alla Proposizione precedente è la retta impropria se e solo
se P e Q sono entrambi punti impropri di 82.
Esempio 12.1. Nel completamento proiettivo di 52, la retta r passante per i punti (propri)
A ER [1,2,1] e B ER [1,3, -2] (si veda I'Esempio 10.1) ha equazione cartesiana:
330 1 1
:1:1 2 3 = O, ovvero 39:1 + 11:2 - 7x0 = O
332 1 -2
234 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
ed equazioni parametriche:
:120 = À + ,u
11:2 = À - 2u
POO ER [0,1,-3].
Si noti che (1,-3), soluzione non nulla dell'equazione omogenea 3961 + 962 = O, è una
coppia di coefficienti direttori di r.
che rappresenta l'intersezione - propria e impropria - tra le due rette r' e r” (si
ricordi l'Osservazione 12.6). Infatti, se le rette sono distinte - ovvero se il rango della
matrice di S6 è uguale a due -, il sistema ammette come soluzioni non nulle ool terne
proporzionali e quindi r' Hr” è costituita da un unico punto P avente come coordinate
omogenee una qualsiasi di tali terne. In particolare, P è improprio - cioè r' e r'' sono
I I
parallele - se e solo se 3,, É” = O (si ricordi l°Esempio 6.4 relativo alle soluzioni
°` 6x1-33:2-2m0=o.
Tale sistema ammette ool soluzioni non nulle proporzionali alla terna (0, 1, 2). Ciò prova
che, nel completamento proiettivo di 82, r fì s è costituita dal punto improprio P ER
[O, 1, 2] : pertanto, in 82 r ed s sono parallele (disgiunte), con coefficienti direttori (1, 2).
1. AMPLIAMENTO PROIETTIVO DI UNO SPAZIO EUCLIDEO 235
Caso n = 3.
Sia 83 uno spazio euclideo di dimensione tre, su cui è fissato un riferimento cartesiano
R = (0,157), e sia P3 = 83 U rroo il suo completamento proiettivo, dove iroo - il piano
improprio di 83 - indica l°insieme delle direzioni delle rette di 53 (ovvero, i sottospazi
vettoriali di dimensione uno di 5-3).
Denotata usualmente con (w, y, z) la terna delle coordinate cartesiane dei punti (pro-
pri) di 83 rispetto a R, indichiamo con [wg,w1,w2,w3] la quaterna (a meno di pro-
porzionalità) delle coordinate omogenee dei punti (propri e impropri) di 83 rispetto
a R. Ricordando il fatto che un punto P *R [wg, w1, wg, w3] è improprio se e soltanto
se wg = 0, è immediato verificare la validità delle due proposizioni seguenti, relative
alla rappresentazione cartesiana dei piani e delle rette nel completamento proiettivo
dello spazio euclideo.
I Proposizione 12.11. Sia rr un piano (proprio) di 53 avente, rispetto al riferimento
cartesiano R = (0,13), equazione cartesiana aw + by + cz + d = O, con (a, b, c) çé
(0, 0,0). Nel completamento proiettivo di 53 il piano rr è rappresentato - in coordinate
omogenee rispetto a R - dalla equazione omogenea
awl + bwg + cwg, + dwg = O.
Viceversa, data una equazione lineare omogenea
awl + bwg + cwg + dwg = 0, con (a, b, c) çê (O, O, 0),
l'insieme delle soluzioni diverse dalla ovvia fornisce le coordinate omogenee, rispetto a
R, dei punti (propri e impropri) del piano (proprio) rr di 53, di equazione cartesiana
(*)-
Inoltre, wg = O rappresenta - in coordinate omogenee rispetto a R - il piano improprio
di eg.
III
aw+by+cz+d=O 0, b C _2
(M) a'w+b'y+c'z+d'=O con Q al Ö/ C/ _ 7
si ha che:
o nel completamento proiettivo di 53, la retta r e rappresentata - in coordinate
omogenee rispetto a R - dal sistema lineare omogeneo
awl + bwg + cw3 + dwg = 0
a'w1+b'w2+c'w3+d'wg=0
236 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
l 'insieme delle soluzioni diverse dalla ovvia fornisce le coordinate omogenee, rispetto
a R, dei punti (propri e impropri) della retta (propria) r di 83 di equazione
Inoltre, il sistema lineare omogeneo
(ml
wo
l;,b””2 + “B Z 0 con (a, b, <1) † (0,0,0),
rappresenta - in coordinate omogenee rispetto a R - la retta impropria del piano (pro-
prio) rr di 53 di equazione aw + by + cz + d = 0 (o di ogni piano ad esso parallelo).
\:l
Con le medesime notazioni, si prova facilmente anche come ottenere una rappresen-
tazione cartesiana o parametrica di una retta (risp. di un piano) nel completamento
proiettivo dello spazio euclideo tridimensionale, a partire da due (risp. tre) qualunque
suoi punti distinti (risp. non allineati).
wo yo Z0 to
$1 yl Z1 É1
$2 yz Z2 É2
wa ya Z3 É3
(b) dalle equazioni parametriche
Si noti che il piano ir di cui alla Proposizione precedente è il piano improprio se e solo
se P, Q e R sono tre punti impropri di E3.
Esempio 12.3. Nel completamento proiettivo di 83, il piano rr passante per i punti
(propri) A ER [1,1,2,3], B ER [1,2,-1,0] e C ER [1,0,2,1] (si veda I'Esempio 11.5)
1. AMPLIAMENTO PROIETTIVO DI UNO SPAZIO EUCLIDEO 237
ha equazione cartesiana:
000
001
_ = 0, ovvero 6w1 + 5w2 - 3w3 - 7wg = 0
962 ›-\
963 O;›l\D›-\›-\ O
wi-\ ›-\l DO›-\
ed equazion' parametriche:
wg =À+u+v
wl =À+2,u
(›.,u,1/)e R3 _ {(0,0,0)}.
wg =2À-,u+21/
w3 =3/\+1/
yo = /\y0 + M20
$1 = /\y1 + M21
(/\›/1) € R2 ~ {(0›0)}-
$2 = /\y2 + M22
wa = /\y3 + M23
El
Si noti che la retta r di cui alla Proposizione precedente è una retta impropria del
completamento proiettivo dello spazio 53 se e solo se P e Q sono entrambi punti
impropri di 83.
Esempio 12.4. Nel completamento proiettivo di 53, la retta r passante per i punti (propri)
A ER [1,1,2,3] e B ER [1,2, -1,0] (si veda I'Esempio 11.1) si ottiene imponendo:
.CUO I
Q xl 21/ = 2.
/" 88 OOIQ CJO|.\Ql- l-\ O
238 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
1 1 . _ _ _ _ _ _ _
Essendo 1 2 75 0, bastera annullare i determinanti dei due minori orlati, ottenendo
così la rappresentazione cartesiana (in coordinate omogenee):
35171-|-QTQ-5.230 : 0
7":
3.5171 -|- €133 _ 6330 I
Mettendo a sistema l'equazìone cartesiana dir con l'equazìone wg = 0 del piano improprio,
si ottiene I'unico punto improprio di r :
_ _ _ . _ 3w + w = 0
Si noti che (1, -3, -3), soluzione non nulla del sistema lineare omogeneo 1 2
3$1 -|- $3 I 0
yo =/\+H
w1 =/\+2/i
(Av/1) € R2 _ {(0›0)}'
wg =2À-/i
w3 =3À
Si osservi che, nel caso g(B) = 3, l”intersezione r' Or” nel completamento proiettivo di
83 è costituita da un unico punto P avente come coordinate omogenee una qualunque
1. AMPLIAMENTO PROIETTIVO DI UNO SPAZIO EUOLIDEO 239
Cl uaterna non nulla soluzione di S'O . In P articolare › P è im P ro P rio - cioè r' e r” sono
parallele - se e solo se
Esempio 12.5. Per verificare la mutua posizione tra le rette r ed s' di 53 dell'Esempio
11.3, si consideri il sistema lineare omogeneo unione delle loro equazioni cartesiane in
coordinate omogenee:
.€171 _ .€132 _ .€130 I O
, LU2 _ .€133 I 0
SO :
(B1 _ 333 _ 3$0 I 0
Tale sistema ammette O01 soluzioni non nulle proporzionali alla quaterna (0,1,1,1)_
Ciò prova che, nel completamento proiettivo di 53, rfì s' è costituita dal punto improprio
P ER [0,1,1,1] : pertanto, in 53 r ed s' sono parallele (disgiunte), con coefficienti
direttori (1,1,1).
ZP(C) = {P E12 (51, y) | 0«11í2 + a22y2 + 2<112fi_Uy + 20«o1í + 2<1o2y + (100 = 0}-
(**) CL11(€01)2+Cl22($2)2+2a12€l31$2+20«o1$0-€131+2Clo2«fl?'0«fl1'2+0«o0(«fl?'0)2 = 0,
che si può scrivere sinteticamente nella forma
2
2 Cl,,,;j£1S'@'£l7J' I 0.
'i,j=0
mi = 1P<¢› U I..<c>.
Nel seguito, con abuso di linguaggio e per semplicità di notazioni, identificheremo
spesso la conica C con il suo supporto.
1
(›i<) (1 w y) -A- = O (o, più sinteticamente, t(u) - A- = 0);
y
ßo
(>i<>i<) (wg w1 wg) -A- (wl) = 0 (o, più sinteticamente, t(w)-A- = 0).
.CU 2
Vediamo ora come cambia la matrice associata a una conica (e quindi, anche la sua
equazione e la sua equazione omogenea) al variare del sistema di riferimento fissato.
2Si noti che anche la matrice associata a C, come l'equazìone e l'equazìone omogenea, risulta
definita a meno di un coefficiente di proporzionalità non nullo.
242 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
W) --1^ <-in 2 0.
si ottiene l°equazione
'ÉÉ-A'-É-(u) = 0
che, confrontata con la forma matriciale dell'equazione di C rispetto a R,
t(u) - A- = 0, prova la tesi.
\:|
P Osservazione 12.26. Non è difficile verificare che noti sottoinsiemi del piano
euclideo (in particolare: rette e unioni di due rette) risultano essere il supporto di
opportune coniche degeneri:
o se r è una retta di 52 avente equazione omogenea awl +bw2 +cwg = 0 rispetto
a un fissato riferimento cartesiano R, allora
(awl + bwg + cwg)2 = 0
è la equazione di una conica degenere C di 52, il cui supporto I(C ) è costituito
da tutti e soli i punti della retta r (che si dice “contata due volte ”);
o se r e s sono due rette distinte di 52 aventi rispettivamente equazioni omo-
genee a'w1 + b'w2 + c'wg = 0 e a"w1 + b"w2 + c"wg = 0 rispetto al riferimento
cartesiano R, allora
(a'w1 + b'w2 + c'wg) - (a"w1 + b"w2 + c"wg) = O
è la equazione di una conica degenere C di 52, il cui supporto I(C ) è costituito
da tutti e soli i punti delle rette r e s.
In realtà (come già anticipato nella nota 3 di pag.207) tali sottoinsiemi, uniti ai
singoli punti di 52, esauriscono tutti i possibili supporti di una conica degenere del
piano euclideo. E infatti possibile dimostrare che, se C è una conica degenere di 52,
allora è verificata una (e una sola) delle seguenti affermazioni:
o esiste una retta (propria o impropria) r di 52 tale che I(C ) = r;
o esistono due rette distinte r e s di 5 2 (di cui una eventualmente coincidente
con la retta impropria), tali che I(C) = r LJ s;
o esiste un punto (proprio o improprio) P di 52 tale che I(C ) =
Nel primo caso si ha Q(C) = 1, mentre nel secondo e nel terzo caso si ha Q(C) = 2.
Una diversa classificazione delle coniche non degeneri si effettua esaminandone l°in-
tersezione con la retta impropria roo di 52.
Ricordando che (il supporto di) una conica non degenere non contiene rette (Pro-
posizione 12.27), si ottiene la seguente classificazione delle coniche non degeneri di
52.
I Proposizione 12.30. Sia C una conica non degenere di 52 e sia A (con det A 75 0)
un suo discriminante rispetto al riferimento cartesiano R. Allora, si ha che:
(a) na parabola se e soltanto se Agg = 0;
(b) na iperbole se e soltanto se Agg < 0;
(c) Cìfìfì m»m»m› 222 na ellisse se e soltanto se Agg > 0.
Esempio 12.6. Consideriamo, nel piano euclideo 52, dotato di un riferimento cartesiano
R, le coniche aventi le seguenti equazioni:
C1: 3w2+8wy-3y2+2=0 C2: w2-2wy+3y2+10w+7=0
C3: w2+4wy+4y2-2y+2=0 C4: w2+wy-2y2-w+y=0
3Si noti che le parabole e le iperboli sono sempre coniche reali, avendo Igo (C) 95 (ll, mentre le
ellissi possono essere reali o immaginarie.
246 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
yo
(%) (wo wi $2)°A°(y1)=(0-ooyo+0«0iyi+<1o2y2)4130+(aoiyo+<1iiyi+ai2y2)'1Ui+
y2
+(0-o2yo + ai2y1 + <122y2) ' 1112 = 0
costituisce un°equazione lineare omogenea in cui i coefficienti delle incognite wg, w1, w2
non sono tutti nulli e rappresenta quindi una retta di 52. Inoltre, la generica retta di
equazione aw1 + bw2 + cwg = 0 coincide con la retta di equazione (%) se e solo se la
terna (yg, y1, y2) soddisfa la condizione
yo C
A- y1 :p a ,conp;£0.
y2 Ö
Tale condizione, fissato p 75 0, costituisce un sistema lineare normale e ammette
dunque una e una sola soluzione (non nulla); inoltre, al variare di p 75 0, si ottengono
come soluzioni terne proporzionali.
Q Definizione 12.32. Sia C una conica non degenere di 52, avente A come matrice
associata rispetto al riferimento cartesiano R. Se P E7; [yg, y1, y2] è un punto (proprio
o improprio) di 52, si dice retta polare Trp di P rispetto alla conica la retta (propria
o impropria) di equazione omogenea
yo
(wg w1 w2)-A- y1 =0.
y2
2. LE CONICHE DEL PIANO EUCLIDEO 247
Per l°Osservazione 12.31, l”applicazione Tr che a P associa Trp è una biiezione tra i punti
del completamento proiettivo P2 del piano euclideo e le sue rette. In altri termini,
per ogni retta fr' (propria 0 impropria) di 52, esiste uno e un solo punto P (proprio
0 improprio), la cui retta polare sia fr'. Tale punto è detto polo di 1". Si osservi che
P € Trp se e solo se P € I(C).
Esempio 12.7. Rispetto alla conica C1 considerata nell'Esempio 12.6, la retta polare
del punto P ER [1,0,1] ha, rispetto a R, equazione omogenea:
2 0 0 1
(wo al 322)- 0 3 4 - 0 =0,
0 4 -3 1
cioè 2x0 + 4.5121 - 3.5122 = O.
Se 1" è la retta avente, rispetto a R, equazione omogenea 4220 -I-:121 -7222 = 0, le coordinate
omogenee del suo polo Q, rispetto alla conica C1, possono essere ottenute mediante il
procedimento descritto nell'Osservazione 12.31. Posto infatti
yg 2 0 0 yg 4
A1- yl = 0 3 4 - y1 =ß 1 ,
yg 0 4 -3 yg -7
e scegliendo, come valore non nullo di p, p = 1, si ottiene come soluzione del sistema
lineare normale (usando ad esempio le formule dl Leibniz-Cramer):
-7 4 -3 -100
y° da A1 -50 2
2 4 0
0 1 4
0 -7 -3 _ 50 _ 1
yi-
d€l)/11 -50
2 0 4
0 3 1
0 4 -7 -50
y2 - da/11 - -50 - 1.
ll polo di 1" è dunque il punto Q ER [2, -1, 1].
I Proposizione 12.33. Sta C una conica non degenere del piano euclideo, e siano
P, Q due punti di 82. St ha che:
o Q € Trp se e solo se P € WQ. (Legge di reciprocità)
o Se P è un punto del supporto I(C), allora la retta polare Trp dz' P rispetto a
C è l 'unica retta tangente alla conica in P.
248 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
l(2) -Aly) = 0,
cioè se e soltanto se il punto Q appartiene alla polare Trp di P.
EI
> Osservazione 12.34. Si noti che, se P non appartiene al supporto I(C), allora
la retta polare rrp di P rispetto a C può essere o secante o esterna a C (se Trp fosse
tangente a C in un punto P, per la Proposizione 12.33 sarebbe anche la retta polare
di P, che è assurdo essendo rr una biiezione).
Nel primo caso, 'Itp interseca I (C ) esattamente nei punti di contatto tra la conica e le
due rette tangenti alla conica passanti per P (si veda la Figura 12.1).
QI!
Q'
HC)
TCP
Figura 12.1
Infatti, se Q € Trp Fl I(C), per la Legge di reciprocita si ha che P € TIQ, che - per
la Proposizione 12.33 - è la retta tangente in Q alla conica; ciò prova che la retta
passante per P e Q è tangente alla conica. D°altra parte, se r è una retta passante
2. LE CONICHE DEL PIANO EUCLIDEO 249
Esempio 12.8. Come visto nell'Esempio 12.7 la retta polare rrp del punto P ER [1,0,1]
rispetto alla conica C1 considerata nell'Esempio 12.6 ha, relativamente a R, equazione
omogenea 2x0 +4221 - 3x2 = 0, mentre la retta polare WQ del punto Q ER (2,-1,1] ha,
relativamente a R, equazione omogenea 4x0 + xl - 72:2 = 0.
Si noti che si ha P ¢ rrp, mentre Q E WQ; infatti, P ¢ I(C1), mentre Q € I(C1) (in
accordo con la Proposizione 12.33).
Si verifichi che la retta polare di un punto arbitrario di Trp (risp. di WQ) passa per P (risp.
per Q).
Q Definizione 12.35. Sia C una conica non degenere di 52. Si dice diametro di C
ogni retta propria che sia retta polare di un punto improprio di 52.
Si dice centro di C il polo C della retta impropria roo.
Come ovvia conseguenza della Proposizione 12.33 (Legge di reciprocità), si ha che tutti
i diametri contengono il centro di C e costituiscono un fascio (proprio o improprio)
di rette.
Dimostrazione. Basta verificare che la retta polare del punto C E7; (A00, A01,A02]
coincide con la retta impropria. Per definizione di retta polare, la equazione omogenea
di rrg si ottiene da:
A00
7TC Z (S170 5171 S132) ° A ° AQ1 I 0,
A02
sviluppando il prodotto tra la matrice A e la matrice colonna delle coordinate di C,
e utilizzando il Teorema di Laplace generalizzato (Osservazione 3.44), tale equazione
diventa:
ng: (det A)-xo = O.
Poichè si è supposto C non degenere, sicuramente si ha det A 75 0; pertanto, rrg
coincide effettivamente con la retta impropria di 82.
l:|
Esempio 12.9. Nel caso dell'iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.6, il centro risul-
ta avere coordinate omogenee C1 E7; [-25,0,0], cioè è il punto proprio di coordinate
cartesiane
C1 E7; (0,0) (origine del riferimento
Nel caso dell'ellisse C2 considerata nell'Esempio 12.6, il centro risulta avere coordinate
omogenee C2 E7; [2, -15, -5], cioè è il punto proprio di coordinate cartesiane
15 5
C2 E72 (_í› _§)-
Nel caso della parabola C3 considerata nell'Esempio 12.6, il centro risulta avere coordinate
omogenee C3 E7; [0,2,-1], cioè è il punto improprio individuato dalla direzione del
vettore
V E5; (2, -1).
Q Definizione 12.37. Sia C una conica non degenere di 52. Si dice asintoto di C ogni
retta propria tangente a C in un suo punto improprio.
Si noti che, per la Definizione 12.29, le uniche coniche di 52 che ammettono asintoti
sono le iperboli: infatti, il supporto improprio delle ellissi è vuoto, mentre l°unico punto
improprio delle parabole (che coincide con il centro) ammette come retta tangente la
retta impropria.
Ogni iperbole ammette due asintoti, che si ottengono facilmente come rette polari dei
due punti impropri dell°iperbole. D°altra parte, gli asintoti di una iperbole sono par-
ticolari diametri (perché rette polari di punti impropri), e perciò contengono il centro
della iperbole; pertanto, noto il centro C e i punti impropri POO e QOO dell”iperbole,
gli asintoti coincidono con le rette CPOO e CQOO.
Q Definizione 12.38. Si dice iperbole eqailatera una iperbole del piano euclideo 82
avente per asintoti due rette ortogonali.
Esempio 12.10. Nel caso della iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.6, il supporto
improprio ha equazione
3x? - 3xå + 8x1x2 = 0
S60 _ 0
per cui i punti impropri di C1 sono POO ER [O, -3, 1] e Qoo ER [O,1,3]. Poichè il centro
C di C1 coincide con l'origine del riferimento 72, gli asintoti sono le due rette CPOO, di
equazione .:z:'+3y = 0, e CQOO, di equazione 3x-y = 0. Si verifichi che esse coincidono
con le polari rrpoo e WQOO rispettivamente.
Si noti inoltre che i due asintoti di C1 risultano tra loro ortogonali: la equazione della
iperbole C1 verifica infatti la condizione della Proposizione 12.39, che caratterizza le
iperboli equilatere.
Q Definizione 12.40. Sia C una conica non degenere di 82. Si dice asse di C ogni
diametro Trpoo di C che sia ortogonale alla direzione individuata dal suo polo POO.
Si dice vertice di C ogni punto di intersezione del supporto proprio Ip (C) con un asse
di C.
Si noti che gli assi di C, essendo particolari diametri, contengono sempre il centro di
C.
La seguente proposizione fornisce il metodo operativo per trovare gli assi (e quindi i
vertici) di una conica.
I Proposizione 12.41. Sia C una conica non degenere di 82 avente, rispetto al
riferimento cartesiano R, matrice associata A € S3(lR); sia M00 il minore comple-
mentare dell'elemento a00 in A. Gli assi di C sono le rette polari dei punti impropri
di 82 individuati dalle direzioni degli autovettori di M00, relativi ad autovalori non
nulli.
In altre parole, la Proposizione 12.41 afferma che un punto POO ER [0, l, m] è polo di
un asse di C se e soltanto se esiste /\ E R - {0} tale che
M@@.<r.>=›.<:.>
Si noti che, poiché M00 € S2 (R), essa ammette sempre due autovalori, eventualmente
coincidenti, con somma delle molteplicità geometriche uguale a due (Teorema 7.19).
Dalla Legge di reciprocità segue facilmente che la retta tangente a una conica C in un
suo vertice V è ortogonale all 'asse contenente V: infatti, detto Trpoo l°asse contenente
V, la Legge di reciprocità (Proposizione 12.33) assicura che P00 € Trv, e quindi che la
polare di V (ovvero la tangente in V a C) ha la direzione ortogonale all°asse (che è
individuata, per definizione di asse, dal suo polo P00).
Come conseguenza delle Proposizioni 12.36 e 12.41, si ottiene poi il seguente risultato,
relativo alla esistenza di assi per i vari tipi di coniche non degeneri.
4L'unica conica non vuota che ammette più di due assi è la circonferenza, per la quale tutti i
diametri risultano essere assi: si veda anche la successiva Proposizione 12.48.
2. LE CONICHE DEL PIANO EUCLIDEO 253
Esempio 12.11. Nel caso della iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.6, gli autovalori
della matrice M00 sono /\1 = 5 e /\2 = -5, che si ottengono risolvendo la equazione
caratteristica
t- 3 -4 _ 2_ 25 : 0.
det(_4 t+3)_t
Gli autovettori relativi all'autovalore /\1 sono i vettori (l,m) tali che
2 -4 l 0
(_4 8 ) - (m) _ (0) , ovvero l- 2m _ 0,
gli autovettori relativi all'autovalore /\2 sono invece i vettori (l, m) tali che
-8 -4 l 0
(_4 _2) - (m) = (0) , ovvero 2l +m = 0.
I poli degli assi di C1 sono dunque i punti impropri P100 ER [0,2, 1] e P200 E72 [0, 1, -2];
gli assi di C1 sono allora le rette Trploo e 1rp2Oo di equazione:
rrplooz 2x+y=O Trp-200: x-23./=0.
Esempio 12.12. Nel caso della ellisse C2 considerata nell'Esempio 12.6, gli autovalori
della matrice M00 sono /\1 = 2 + \/2 e À2 = 2 - \/2, che si ottengono risolvendo la
equazione caratteristica
gli autovettori relativi all'autovalore /\2 sono invece i vettori (l, m) tali che
ll polo dell'(unico) asse di C3 è dunque il punto improprio P00 ER [0, 1, 2]; l'asse di C3 è
allora la retta irpoo di equazione:
Trpoo: 5x+10y-2:0.
Si noti che, in alternativa, la direzione del punto improprio P00 può essere determinata
come la direzione ortogonale al centro (improprio) C3 E72 [O,2, -1] della parabola C3 :
infatti, l'asse di C3, essendo un particolare diametro, risulta necessariamente parallelo alla
direzione individuata dal centro.
Nel presente paragrafo, C denoterà sempre una conica del piano euclideo 82, dotato
di un fissato riferimento cartesiano 73 = (O,
Le proprietà del centro, degli assi e dei vertici, ottenute nel paragrafo precedente,
permettono, nei vari tipi di coniche non degeneri, di potere scegliere sempre un riferi-
mento cartesiano rispetto al quale l'equazìone della conica risulta particolarmente
semplice. Infatti, la proposizione seguente afferma che, fissato opportunamente
il riferimento, la matrice associata è o di tipo diagonale o di tipo “anti-diagonale”
(ovvero, i suoi unici elementi non nulli appartengono alla diagonale secondaria).
Essendo tE = E_1, ne consegue che M00 e M00 sono simili, ovvero che M00 contiene,
sulla sua diagonale principale, esattamente gli autovalori di M00.
l:|
I Proposizione 12.45. Sia C una conica non degenere di 82 e sia A una sua matrice
associata, rispetto al riferimento cartesiano 73.
Â-X2+È-Y2=1.
-d -d
Allora:
o se /\1 e /\2 hanno segno opposto, la conica è una iperbole (essendo /\1 -
À2 = A00 < 0) e, scambiando eventualmente tra loro llasse X e l”asse Y, la
equazione assume la forma del caso (b) (ovvero l°equazione canonica della
iperbole, intesa come particolare luogo geometrico del piano: si veda la
formula (2) del § 4 del Capitolo 10);
o se /\1 e /\2 hanno lo stesso segno, allora la conica è una ellisse (essendo
À1 - /\2 = A00 > 0). Inoltre, se /\1 e /\2 hanno segno concorde con -d,
l'equazìone assume la forma del caso (c) (ovvero l°equazione canonica della
ellisse, intesa come particolare luogo geometrico del piano: si veda la formula
(1) del § 4 del Capitolo 10); pertanto, l'ellisse è reale. Se invece /\1 e /\2 hanno
entrambi segno discorde con -d, l'equazìone assume la forma del caso (d),
e l”ellisse è vuota. Si noti che in entrambi i casi, per avere a 2 b, occorre
eventualmente scambiare tra loro l”asse X e l”asse Y.
l:|
3. RIDUZIONE A FORMA CANONICA DELLE CONICHE 257
Si noti che, nel caso della ellisse, il segno di d coincide con il segno di det A (infatti,
per la Proposizione 12.44(i), si ha det A = d- /\1 - /\2 = d- A00); quindi, una conica
C è una ellisse reale (risp. una ellisse vuota) se e soltanto se, in qualunque matrice
A associata a C, il minore M00 ammette due autovalori, entrambi di segno discorde
(risp. concorde) con det A.
In realtà, esiste un criterio alternativo per riconoscere le coniche a supporto vuoto,
anche senza determinare gli autovalori del minore M00 :
l:|
Esempio 12.14. ln base alla Proposizione 12.44 (caso (i)), una matrice di tipo diagonale
associata alla iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.6 è
d 0 0
D = 0 -5 0 ,
0 0 5
I Proposizione 12.49. Sia C una conica non degenere di 82. Allora, ogni asse di C
è asse di simmetria5 per il supporto proprio Ip(C).
Inoltre:
o se C è una conica a centro, il centro C è centro di simmetria per il supporto
proprio Ip (C);
o se C è una ellisse reale, ogni asse di C contiene due vertici, e ifuochi di C
appartengono all'asse in cui la distanza tra i vertici è maggiore (detto asse
maggiore o asse focale);
o se C è una iperbole, un asse di C (detto asse trasverso o asse focale) contiene
due vertici, mentre l'altro asse (detto asse non trasverso) non interseca I(C );
ifuochi di C appartengono all'asse trasverso.
l:|
È evidente poi che, per quanto già visto nel § 4 del Capitolo 10, le equazioni canoniche
delle coniche non degeneri permettono di ricavare facilmente le coordinate dei fuochi
e, nel caso della parabola, la equazione della direttrice 5.
5Ciò significa che per ogni asse r di C e per ogni punto P G Ip (C), anche P' G Ip (C), ove
P' = sr (P) indica il simmetrico di P rispetto alla retta r (Definizione 9.59).
3. RIDUZIONE A FORMA CANONICA DELLE CONICHE 259
. . . . X2 Y2
o se C è una ellisse (reale) di equazione canonica É + b_2 = 1, con a 2 b,
si ha:
F1 E72 (-\/ a2 - b2,0) F2 E72 (+\/ a2 - b2,0);
. . . . . X2 Y2 .
o se C e una iperbole di equazione canonica T - Ö? = 1, si ha:
a
F1 E72 (-\/ a2 + b2,0) F2 E72 (+\/ a2 + b2,0).
l:|
Poichè le distanze tra i punti notevoli del supporto di una conica (non vuota) non
dipendono dal riferimento cartesiano scelto, è possibile risalire, attraverso la Proposi-
zione 12.50, alle coordinate dei fuochi (e, nel caso della parabola, alla equazione della
direttrice) rispetto a qualunque sistema di riferimento.
Il procedimento si svolge nei seguenti passi, a partire dalla equazione della conica non
degenere C rispetto al riferimento cartesiano 73:
1) Se C è una conica a centro (risp. una parabola), si determinino, rispetto
a 73, le coordinate del centro C (risp. del vertice V) e l'equazìone dell°asse
focale (risp. dell'asse) 'F di C;
2) si determini l”equazione canonica di C e si calcoli la distanza c = d(C, F2)
(risp. È = d(V,
3) si scriva, rispetto a 73, l”equazione della circonferenza di centro C (risp. V)
e raggio c (risp. g), e si determinino le sue intersezioni H1 e H2 con l'asse
r.
A questo punto:
o Se C è una conica a centro, H1 e H2 sono esattamente i due fuochi di C.
o Se C è una parabola, i due punti H1 ed H2 sono uno il fuoco F di C, e l°altro
l°intersezione H tra l°asse F e la direttrice 5 di C : per distinguerli, basta
osservare che la retta ortogonale a F passante per F (risp. per H) ha
due intersezioni distinte con I(C ) (risp. non interseca I(C
Si noti infine che, nel caso delle iperboli equilatere, esiste una ulteriore scelta del
sistema di riferimento, che porta a una equazione di forma particolarmente semplice:
_)
A/ /\//«-1
4. Fasci di coniche
Nel presente paragrafo, considereremo sempre coniche del piano euclideo 82, dotato
di un fissato riferimento cartesiano 73 = (C,
2 2
Si noti che il fascio .7-'(C1, C2) contiene infinite coniche (al variare degli scalari /\ e pi),
ma che coppie (/\, ,a) proporzionali individuano la stessa conica. Ad esempio, ogni
coppia (0, ,a) (con ,a E R - individua la conica C2 € .P(C1,C2). Inoltre, se C3 e C4
sono due coniche distinte del fascio .7-'(C1,C2), si ha che .7-`(C3,C4) = .7-`(C1,C2).
I Proposizione 12.53. Sia .7-'(C1,C2) un fascio di coniche del piano euclideo 52.
Per ogni punto P 62 I(C1) FìI(C2), esiste una e una sola conica C € .7-`(C1,C2), tale
che P 6 I
Fasci del I tipo. L'insieme delle coniche passanti per quattro punti distinti
A,B,C,D € 82, a tre a tre non allineati, è un fascio di coniche .F1 di 82.
Inoltre , se C1 e C2 sono due delle tre coniche degeneri, il cui supporto è rispettivamente
costituito da
AB u CD, Ac u BD, AD u Bo,
allora .7-31 = .7-`(C1,C2) (Figura 12.2).
4. FASCI DI CONICHE 261
`\D C_/'/
_ _ _ _ _ _ _ _; 1________ _/
` Z' _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ~ _ - _ -_
\ _,~
` /
\ v/'
`/
ìì 4/\
` .
\` _/ \
`\ ./ \
u
/' `~ ìì
\
Z \
/' A `- ì
ì
\`\
\
\
`
\
\
\
. -`
`
\ “~ -`
¬-_
\ \
¬-.
\ - ¬-._
Figura 12.2
Esempio 12.16. Nel completamento proiettivo del piano euclideo 52 - in cui è fissato
un riferimento cartesiano 73 - siano dati, ad esempio, i punti
Una volta verificato che tali punti sono a tre a tre non allineati, si considerino la conica
(degenere) C1 di equazione omogenea
51711132 I 0,
Fasci del II tipo. L'insieme delle coniche passanti per tre punti distinti A, B , C,
non allineati, di 82 e aventi quale tangente in A una fissata retta r, è un fascio di
coniche .P2 di 82.
\
* \ C .--' -f'
\ .-"T
\
~A
\
\
.
f\
r B̀
\
Figura 12.3
Esempio 12.17. Nel completamento proiettivo del piano euclideo 52 - in cui è fissato
un riferimento cartesiano 73 - siano dati, ad esempio, i punti
Fasci del III tipo. L'insieme delle coniche passanti per due punti distinti A, B €
8 2, e aventi quale tangente in A una fissata retta r e quale tangente in B una fissata
retta s (con r 75 s), è un fascio di coniche .7-33 di 52.
Inoltre , se C1 (risp. C2) è la conica degenere il cui supporto è costituito dalla retta
AB “contata due volte” (risp. da r LJ s), allora .F3 = .7-`(C1,C2) (Figura 12.4).
5. LE QUADRICHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 263
I/
//
*M
:B
S
và
I/
I/ I
I/ A
I/
I/
1/
Figura 12.4
Esempio 12.18. Nel completamento proiettivo del piano euclideo 52 - in cui è fissato
un riferimento cartesiano 73 - siano dati, ad esempio, i punti
Aš13]1,1,0], B57; [1,0,1]
e le rette
r:x0-a'1=0, s:a:°0-x2=0.
Una volta verificato che A E r e B E s, si considerino la conica (degenere) C1 di equazione
omogenea
($0 _ $1)($o _ w2) = 0»
il cui supporto è costituito da r LJ s, e la conica (degenere) C2 di equazione omogenea
(_$0 + $1 + $2)2 = 0,
il cui supporto coincide con la retta AB (contata due volte).
ll fascio .P3 costituito dalle coniche passanti per A,B e tangenti in A a r e in B a s ha
quindi equazione omogenea:
.7-33: /\(a:0 - a:1)(x0 - 1122) + /1.(-x0 + x1 + x2)2 = 0.
Nel presente paragrafo, estenderemo alla dimensione tre i concetti e i risultati esposti
nel § 2 per la dimensione due. Supponiamo dunque che 83 sia uno spazio euclideo di
dimensione tre, in cui è fissato un riferimento cartesiano 73 = (0,13).
Inoltre, diremo che due equazioni a11a:2 + a22y2 + a33z2 + 2a12xy + 2a13.:cz + 2a23yz+
+2a01.:c + 2a02y+ 2a03z + a00 = 0 e aá1x2 +a§2y2 + a§,3z2 + 2a'12xy+ 2a'13.:z:'z + 2a§3yz+
+2a(,1.:c + 2a(,2y + 2a(,3z + aßo = 0 rappresentano, rispetto a 73, la stessa quadrica di
83 se e soltanto se esiste /\ € R - {0} tale che agg- = /\ - a,-_, Vi,j € {0, 1, 2, 3}.
Si noti che, come per le coniche, l°immagine Ip(Q) non è in generale sufiìciente a
individuare la quadrica Q.
Se si suppone di ampliare proiettivamente lo spazio euclideo 83, denotando con
[x0, 2:1, 2:2, x3] una quaterna di coordinate cartesiane omogenee dei suoi punti (propri
e impropri) rispetto al riferimento cartesiano 73, allora la equazione origina, in
coordinate omogenee, la equazione omogenea della quadrica Q, che si può scrivere
sinteticamente come:
3
(›i<›i<) 2: a,-j.a:,-x,- = 0.
i,j=0
1(Q)= 1P(Q)U1<><>(Q)-
G0
(>i<>i<) (x0 .221 .222 x3) DE- ( G1 ¬= 0 (o, più sinteticamente, = 0)
/_ ëšëš CON) \¢
6Si noti che anche la matrice associata a Q, come l'equazìone e l'equazìone omogenea, risulta
definita a meno di un coefficiente di proporzionalità non nullo.
266 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
P Osservazione 12.60. Anche per le quadriche, come per le coniche, possono essere
fatte le considerazioni riportate nella Osservazione 12.23, semplicemente sostituendo
R3 con R4. Pertanto, l”ambiente più opportuno per definire le quadriche appare essere
l”ampliamento proiettivo dello spazio euclideo e, in tale contesto, una quadrica risulta
individuata da una classe di proporzionalità di forme quadratiche.
D Osservazione 12.63. Non è difficile verificare che noti sottoinsiemi dello spazio
euclideo (in particolare: piani e unioni di due piani) risultano essere il supporto di
opportune quadriche riducibili:
0 se vr è un piano di 53 avente equazione omogenea aw1 + ba:2 + cx3 + dx0 = 0
rispetto a un fissato riferimento cartesiano 73, allora
(aw1 + ba:2 + cx3 + da:0)2 = 0
è la equazione di una quadrica riducibile Q di 53, il cui supporto I(Q) è
costituito da tutti e soli i punti del piano 'rr (che si dice “contato due volte ”);
o se ir e ir' sono due piani distinti di 53 aventi rispettivamente equazioni omo-
genee a':c1 + b'a:2 + c'a:3 + d'x0 = 0 e a"a:1 + b"a:2 + c"x3 + d"x0 = 0 rispetto
al riferimento cartesiano 73, allora
(a'x1 + b'x2 + c'a:3 + d'm0) - (a"x1 + b"a:2 + c"x3 + d".:c0) = 0
è la equazione di una quadrica riducibile Q di 53, il cui supporto I(Q) è
costituito da tutti e soli i punti dei piani rr e '/T'.
In realtà tali sottoinsiemi, uniti alle singole rette di 53, esauriscono tutti i possibili
supporti di una quadrica riducibile dello spazio euclideo. E infatti possibile dimostrare
che, se Q è una quadrica riducibile di 83, allora è verificata una (e una sola) delle
seguenti affermazioni:
o esiste un piano (proprio o improprio) rr di 53 tale che I(Q) = Tr;
o esistono due piani distinti ir e Tr' di 53 (di cui uno eventualmente coincidente
con il piano improprio), tali che I(Q) = rr LJ 1r';
0 esiste una retta (propria o impropria) r C 53 tale che I (Q) = r.
Nel primo caso si ha g(Q) = 1, mentre nel secondo e nel terzo caso si ha g(Q) = 2.
Se invece Q è una quadrica di 83 avente rango 3, allora è verificata una (e una sola)
delle seguenti affermazioni:
5. LE QUADRICHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 267
Q Definizione 12.65. Sia Q una quadrica di 53 e r una retta di 83. Si dice che:
(a) r è tangente a Q se l”intersezione di r con Q è costituita da un solo punto
oppure se r è contenuta nel supporto di Q;
/5
r è secante Q se l°intersezione di r con Q è costituita da due punti distinti;
Fo* r è esterna a Q se l°intersezione di r con Q è vuota.
\./\./
268 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
/5 \/
Tr è tangente a Q se Q Fi Tr è una conica degenere;
( ) Tr è secante Q se Q Fi Tr è una conica non degenere reale;
( oO"9>) Tr è esterno a Q se Q Fi Tr è una conica (non degenere) vuota.
@(M) 2 0(/1)_ 2-
Dunque la conica Q Fi rr ha rango 2.
yo
(IQ SU1 .€82 = 0
H3
costituisce un°equazione lineare omogenea in cui i coefficienti delle incognite x0, x1, x2,
x3 non sono tutti nulli e rappresenta quindi un piano di 5 3. Inoltre, il generico piano
di equazione ax1 + bw2 + cx3 + dx0 = 0 coincide con il piano di equazione (%) se e
5. LE QUADRIOHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 209
*Qo
A- p(j,conp7š0.
93 Ovââ.
Q Definizione 12.70. Sia Q una quadrica non degenere di 53, avente A come matrice
associata rispetto al riferimento cartesiano 73. Se P *R y0,y1,y2,y3] è un punto
(proprio o improprio) di 53, si dice piano polare rrp di P rispetto alla quadrica il
piano (proprio o improprio) di equazione omogenea
yo
(IO LU1 LU2 583) - A ' yl I
YJ2
93
Per l'Osservazione 12.69, l°applicazione Tr che a P associa Trp è una biiezione tra i
punti del completamento proiettivo 733 dello spazio euclideo e i suoi piani. In altri
termini, per ogni piano Tr (proprio o improprio) di 53, esiste uno e un solo punto P
(proprio o improprio), il cui piano polare sia Tr. Tale punto è detto polo di rr.
Si osservi che P 6 rrp se e solo se P 6 I(Q).
Oi-i
A1 : -3 4 5
OO›-Iš -2
poiché det A1 = 8 75 0, la quadrica Q1 è non degenere. Rispetto a Q1, il piano polare
del punto P E72 (1, 1, 0, 1] ha, relativamente a 73, equazione omogenea
e scegliendo, come valore non nullo di p, p = 1, si ottiene come soluzione del sistema
lineare normale (usando ad esempio le formule di Leibniz-Cramer):
I Proposizione 12.71. Sia Q una quadrica non degenere dello spazio euclideo, e
siano P, Q due punti di 53. Si ha che:
o Q 6 rrp se e solo se P 6 TFQ. (Legge di reciprocità)
o Se P è un punto del supporto I(Q), allora il piano polare Trp di P rispetto
a Q è costituito da tutti e soli i punti P' di 53 tali che la retta per P e P'
è tangente a Q in P.
Dimostrazione. Se P E7; [y0, y1, y2, y3] e Q E72 [z0, z1, z2, z3], allora si ha che:
iz)-4~<y> = 0.
cioè se e soltanto se il punto P' appartiene al piano polare rrp di P.
l:|
5. LE QUADRICHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 271
P Osservazione 12.72. Il piano polare Trp di un punto P del supporto I(Q) è l”unico
piano tangente a Q passante per P. Infatti, per la Proposizione 12.71, il supporto
della conica intersezione Q Fi rrp è costituito dal solo punto P o da un°unione di rette:
dunque Q Fi Trp è degenere e rrp è un piano tangente a Q (Definizione 12.67(a)). Se
poi rr' è un piano tangente a Q passante per P, allora la conica intersezione Q Fi rr'
è costituita da un solo punto o dall°unione di due rette r e s (Osservazione 12.68).
Sia dunque P' un punto di rr' diverso da P: se P' 6 r U s la retta PP' è contenuta
in I(Q), altrimenti PP' interseca I (Q) nel solo punto P, ed è dunque, in ogni caso,
tangente a Q in P. Quindi rr' = rrp (Proposizione 12.71).
Come conseguenza del Lemma 12.75, le quadriche reali risultano suddivise in iperbo-
liche o doppiamente rigate (in cui ogni punto è iperbolico) e in ellittiche o non rigate
(in cui ogni punto è ellittico).
Proveremo in seguito (Proposizione 12.87) che il segno del determinante di qualunque
matrice associata alla quadrica Q permette di distinguere direttamente a quale di
queste due classi appartenga Q.
Una diversa classificazione delle quadriche non degeneri di 53 si effettua - come per
le coniche - in base al loro comportamento rispetto al piano improprio Tr00 di 53.
(c) iperboloide se rr00 è secante Q, ovvero se la conica impropria Q00 è una conica
non degenere e non vuota (del piano improprio).7
0 4 -2
la quadrica Q1 risulta essere un paraboloide.
Un discriminante di Q2, rispetto a 73, è
l-' -3 -3
0 0 0
A2 = -3 2 1 š
\_3 OO›-›O 1-* l\D
\
7Si noti che i paraboloidi e gli iperboloidi sono sempre quadriche reali, e si suddividono nelle
due sottoclassi “ellittici” e “iperbolici”, mentre gli ellissoidi possono essere reali (se I (Q) ;É (ll) o
immaginari (se I(Q) = (ll).
5. LE QUADRICHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 273
A3 I _ -2 '7
(2 C l\D
A _ 0 4 0);
4 \ C
2 Oi-lši-*O
Esempio 12.21. Nel caso del paraboloide Q1 considerato nell'Esempio 12.20, il centro
risulta avere coordinate omogenee C1 E7; [0, O, 4, 8], cioè è il punto improprio individuato
dalla direzione del vettore
V E5; (0, 1, 2).
Nel caso dell'ellissoide Q2 considerato nell'Esempio 12.20, il centro risulta avere coordinate
omogenee C2 ER [3,0, 3, 3], cioè è il punto proprio di coordinate cartesiane
C2 ER (0, 1,1).
Nel caso dell'iperboloide Q3 considerato nell'Esempio 12.20, il centro risulta avere coor-
dinate omogenee C3 E7; [-3, 0, O,9], cioè è il punto proprio di coordinate cartesiane
Q Definizione 12.80. Sia Q una quadrica non degenere di 53. Si dice piano principale
di Q ogni piano diametrale rrpoo di Q che sia ortogonale alla direzione individuata dal
suo polo P00.
Si dice asse di Q ogni retta di 53 che sia intersezione di due piani principali di Q.8
Si dice vertice di Q ogni punto di intersezione del supporto proprio Ip(Q) con un asse
di Q.
8Poichè due piani principali rrploo e 'rrpzoo non possono essere paralleli (dovendo essere rispet-
tivamente ortogonali ai due punti impropri distinti P100 e P200), gli assi di una quadrica sono rette
proprie di 53.
5. LE QUADRICHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 275
Si noti che, poiché M00 € S3 (IR), essa ammette sempre tre autovalori, eventualmente
coincidenti, con somma delle molteplicità geometriche uguale a tre (Teorema 7.19).
Inoltre, dalla Legge di reciprocità. segue facilmente che il piano tangente a una qua-
drica Q in un suo vertice V è ortogonale all'asse contenente V: infatti, detto r =
rrploo Fì rrp2oo l°asse contenente V (con rrploo e †rp2°o piani principali per Q), la Legge
di reciprocita assicura che P100, P200 E rrv, e quindi che il piano polare di V (ovvero il
piano tangente in V a Q) contiene nella sua giacitura le direzioni dei punti impropri
P100 e P200 (che, per definizione di piano principale, sono ortogonali alla direzione
dell asse).
Come conseguenza delle Proposizioni 12.77 e 12.81, si ottiene poi il seguente risultato,
relativo alla esistenza di piani principali e di assi per i vari tipi di quadriche non
degeneri.
(tra loro proporzionali) relativi a /\2. Scegliendo una coppia rr' , rr” di piani (principali)
ortogonali nel fascio di asse a, i piani rr', rr” e rrpsoo costituiscono una terna di piani
principali di Q a due a due ortogonali, le cui intersezioni forniscono una terna di assi
di Q, a due a due ortogonali.
Se infine M00 ha un unico autovalore di molteplicità tre, allora gli autovettori di M00
ad esso associati individuano tutti i punti impropri di 83: tutti i piani diametrali
risultano quindi essere principali e tutte le rette per il centro sono assi di Q.
o Nel caso che Q sia un paraboloide, la matrice M00 (avendo det M00 = O) ammette
sicuramente l°autovalore nullo, con molteplicità uno (perché, se tale molteplicità fosse
maggiore di uno, la matrice A non potrebbe essere regolare).
Se M00 ammette due autovalori non nulli distinti, allora esistono esattamente due
punti impropri P100 e P200 i cui piani polari rrploo e rrp2oO sono gli unici piani principali
di Q. Inoltre, il centro improprio C00 di Q appartiene al piano rrploo (risp. rr12200), per
cui è ortogonale alla direzione ortogonale P100 (risp. P200). Detta P00 la direzione
ortogonale a C00 su rrploo, il suo piano polare rrpoo, oltre a contenere C00, contiene
P100 (per la Legge di reciprocità) ed è dunque ortogonale al suo polo. P00 coincide
quindi con P200 e i due piani principali sono ortogonali: la loro intersezione è l°unico
asse del paraboloide.
Se invece M00 ammette un unico autovalore non nullo di molteplicità due, allora gli
autovettori di M00 ad esso associati individuano un fascio di piani principali, il cui
asse è l°unico asse di Q.
In ogni caso, quindi, un paraboloide ha un solo asse e almeno una coppia di piani
principali tra loro ortogonali. Infine, poiché l'asse è una retta propria contenente il
centro (improprio) di Q, esso non può essere tangente a Q (apparterrebbe, in tal caso,
al piano improprio); pertanto, l°asse interseca il supporto I(Q) in un ulteriore punto
proprio V, che risulta essere l°unico vertice del paraboloide.
l:|
P Osservazione 12.83. Dalla dimostrazione della Proposizione 12.82 segue che una
quadrica a centro (risp. un paraboloide) Q ammette più di tre (risp. più di due) piani
principali se e soltanto se, in ogni matrice A associata a Q, il minore M00 ha autovalori
di molteplicità maggiore di uno. In particolare, la presenza di un autovalore di M00 di
molteplicità due (risp. tre) implica l°esistenza di una retta r, detta asse di rotazione
per Q (risp. di un punto C, coincidente con il centro della quadrica9), con la proprietà
che tutti i piani contenenti r (risp. C) sono piani principali per Q; in questo caso la
quadrica Q si dice quadrica di rotazione, perché ogni rotazionelo attorno all°asse di
rotazione (risp. attorno al centro) trasforma I(Q) in sé.
9In questo caso particolare (se il supporto di Q non è vuoto) la quadrica Q risulta essere una
sfera (Definizione 11.17): si veda anche la successiva Proposizione 12.91.
10Si ricordi la Definizione 9.57.
5. LE QUADRICHE DELLO SPAZIO EUCLIDEO 277
Esempio 12.22. Nel caso del paraboloide Q1 consi_derato nell'Esempio 12.20, gli
autovalori non nulli della matrice M00 sono /\1 = -10 e /\2 = 1, essendo
1:-1 0 0
dei 0 ›:+s -4 =i(i-1)(›:+10).
0 -4 ›:+2
Gli autovettori relativi a Ã1 = -10 sono i vettori (l,m,n) tali che
-11 0 0 l 0 Z: 0
0 -2 -4 - m = 0 , ovvero
0 -4 -s n 0 m + 2" = 0?
gli autovettori relativi a À2 = 1 sono invece i vettori (l,m,n) tali che
0 0 0 l 0 m : O
0 9 -4 - m = 0 , ovvero {
0 -4 3 n 0 " = 0-
| poli dei piani principali di Q1 sono dunque i punti impropri P100 E72 [0,0,-2,1] e
P200 E72 [0,1,0,0]; i piani principali di Q1 sono allora i piani rrploo e rrp2°o di equazione:
rrplooz 20y-10z+1=0 rrp2°o: x=0.
L'(unico) asse del paraboloide Q1 è dunque la retta r = Trploo H Trpm di equazione
{20y- 10z+1 =0
x = 0,
Esempio 12.23. Nel caso dell'ellissoide Q2 considerato nell'Esempio 12.20, gli autovalori
della matrice M00 sono À1 = 3 e /\2 = /\3 = 1, che si ottengono risolvendo la equazione
caratteristica
t- 1 0 0
dei 0 t-2 -1 = (i-3)(›:-1)2 = 0.
0 -1 t- 2
Gli autovettori relativi all'autovalore /\1 sono i vettori (l,m,n) tali che
2 0 0 l O l _ O
0 1 -1 - m = 0 , ovvero { _
0 -1 1 n 0 m _ " = 0»
gli autovettori relativi all'autovalore /\2 = /\3 sono invece i vettori (l,m,n) tali che
0 O O l O
0 -1 -1 - m = O , ovvero m+n = 0.
0 -1 -1 n O
278 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
Sono dunque poli di piani principali di Q2 il punto improprio P100 ER [0,0,1,1] e tutti i
punti impropri del tipo P00 ER [O,l,m, -m], al variare di l,m € R, con (l,m) 75 (0,0);
sono quindi piani principali di Q2 il piano rrploo di equazione:
Trplooz y+z-2:0
e tutti i piani rrpoo di equazione:
rrpoo: lx+m(y-z)=0, l,m€lR, (l,m)7š(O,O)
= 0
r : x (asse di rotazione per Q2).
y z O
Esempio 12.24. Nel caso dell'iperboloide Q3 considerato nell'Esempio 12.20, gli auto-
valori della matrice M00 sono /\1 = 1, /\2 = 3 e À3 = -1, che si ottengono risolvendo la
equazione caratteristica
z-1 2 0
da 2 z-1 0 ==a-ivrtna-3)=0.
c» 0 z-1
Gli autovettori relativi a l'autovalore /\1 sono i vettori (l,m,n) tali che
0 2 O l O I : O
2 0 O - m = 0 , ovvero { .
0 0c› n 0 m=°›
gli autovettori relativi al 'autovalore /\2 sono i vettori (l,m,n) tali che
2 2 0 l 0 1+ m : O
2 2 0 - m = 0 , ovvero
0 0 2 n 0 “=@
gli autovettori relativi all'autovalore /\3 sono infine i vettori (l, m,n) tali che
-2 2 0 l O l
-m = O
2 -2 O - m = O , ovvero {
0 0 -2 fi 0 "=Q
l poli dei piani principali di Q3 sono dunque i punti impropri P100 ER [0,0,0,1], P200 E72
[O,1,-1,0] e P300 E12 [0,1,1,0]; i piani principali di Q3 sono allora i piani rrploo, rrp2oo
e rrpsoo di equazione:
rrplooz z+3=O 1rp2oo: x-y=O rrpsooz x+y=0.
Gli assi di Q3 sono, evidentemente, le tre rette r = rrploo Fì rrp2oo, s = rrploo Fì rrpsoo e
t=rrp2oO Fìrrp3oO di equazioni:
Nel presente paragrafo, Q denoterà sempre una quadrica non degenere dello spazio
euclideo 83, dotato di un fissato riferimento cartesiano R = (0,13).
Le proprietà del centro, degli assi e dei vertici, ottenute nel paragrafo precedente,
permettono, nei vari tipi di quadriche non degeneri, di potere scegliere sempre un
riferimento cartesiano rispetto al quale l'equazìone della quadrica risulta particolar-
mente semplice. Infatti, la proposizione seguente afferma che, fissato opportunamente
il riferimento, la matrice associata è o di tipo diagonale o di tipo “semi-diagonale”
(ovvero, una matrice D' = 3-)E S4 in cui gli unici elementi non nulli sono d'11, d§2
9 dba : also)-
Infine, poiché il centro del paraboloide è il punto improprio dell°asse Z, Pš, E72
]0,0,0,1], dâ. A00 _ Ö11 - ãgg - Ö33 = 0 E3 A03 I -Ö11 - ãgg - ÖQ3 §É 0 Sêgllê Ö33 = O,
D:
0,20 ,š'oo ooo
coca OOÀ3
dove /\1,/\2, /\3 E R sono i tre autovalori (non necessariamente distinti) del
minore M00 di A e d E R - {O} si ricava imponendo det D = det A.
(ii) Se Q è un paraboloide, allora una matrice di tipo “semi-diagonale” associata
aQè
D'=
Qooo oo,_>_'o c>,š'oo oooš
dove /\1, /\2 E R sono i due autovalori non nulli (eventualmente coincidenti)
del minore M00 di A e d' E R - {O} si ricava imponendo det D' = det A.
I Proposizione 12.86. Sia Q una quadrica non degenere di 83 e sia A una sua
matrice associata, rispetto al riferimento cartesiano R.
(a1) Se Q è un paraboloide e det A < O, allora esiste un riferimento cartesiano
su 83 rispetto al quale Q assume equazione
X2 Y2
Z=i+_ con a,b€R+,a2b;
a2 1)2
6. RIDUZIONE A FORMA CANONICA DELLE QUADRICHE 281
Z_ °X+ 'Y.
Ciò prova che, scambiando eventualmente tra loro l'asse X e l”asse Y e cambiando
eventualmente orientazione all°asse Z del riferimento R, la equazione di Q rispetto
a R assume esattamente la forma del caso (a1) se À1,)\2 sono concordi (ovvero se
det A < O), e la forma del caso (a2) se /\1, /\2 sono discordi (ovvero se det A > O).
Nel caso delle quadriche a centro, innanzitutto si osservi (applicando alla matrice
diagonale D associata il criterio contenuto nella Proposizione 12.77) che gli autovalori
/\1, À2, /\3 di M00 sono tutti dello stesso segno (risp. sono non tutti dello stesso segno)
se e solo se Q è un ellissoide (risp. un iperboloide).
/\ -À -/\
Si noti inoltre che, moltiplicando per d_1 = , la equazione di Q indotta
_ e
dalla matrice diagonale D (rispetto a R) assume la forma:
(/\1)2'/\2'/\3
A-X 2 A-Y
(/\2)2 ' /\1'/\3 2 A-Z
(/\3)2 ' /\1°/\2 2 = -1.
det A + det A + det A
282 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
Ciò prova che, scambiando eventualmente tra loro gli assi del riferimento R:
o se Q è un iperboloide (ovvero se /\1, /\2 e /\3 non hanno tutti lo stesso segno)
e det A < O, la equazione di Q rispetto a R assume esattamente la forma
del caso (b1);
o se Q è un iperboloide (ovvero se /\1, À2 e /\3 non hanno tutti lo stesso segno)
e det A > O, la equazione di Q rispetto a R assume esattamente la forma
del caso (b2);
o se Q è un ellissoide (ovvero se /\1, /\2 e À3 hanno tutti lo stesso segno) e
det A < 0, la equazione di Q rispetto a R assume esattamente la forma del
caso (c1);
o se Q è un ellissoide (ovvero se /\1, À2 e À3 hanno tutti lo stesso segno) e
det A > 0, la equazione di Q rispetto a É assume esattamente la forma del
caso (c2), che corrisponde chiaramente a una quadrica a supporto vuoto.
l:|
l:|
6. RIDUZIONE A FORMA CANONICA DELLE QUADRICHE 283
A00 : O
SI NO
A
< 0
(122
a/23
G23
a33 > O e (1,33 . > O
si No si É
S1 NO Sl \\lO
Figura 12.5
(Algoritmo di classificazione per le quadriche non degeneri di 83)
P Osservazione 12.89. Le condizioni se zii gg: > 0 e a33-A00 > 0, che consento-
no di distinguere gli ellissoidi dagli iperboloidi, e l°ulteriore condizione det A > 0 che,
unitamente alle precedenti, identifica gli ellissoidi immaginari sono dirette conseguen-
ze del Criterio di Sylvester dimostrato in Appendice B (Proposizione B.15 e relativa
nota). Infatti, ricordando le Osservazioni 12.23 e 12.60, il supporto di una conica (o
di una quadrica) è vuoto se e solo se la sua matrice associata è definita (positiva o
negativa).
D/ 1
con det D' = 10d'2 = det A1 = 8, da cui segue d' = :|:%. Allora, una equazione
canonica di Q1 è
4 :
_ 10X 2 +Y 2 +`/ÉZ
_ X2 Y2
0, ovvero Z :ìí
% á
2
A
Z
'____.-- -~/__"
\ \ `
`
\
\ \ \
I I I I I I I I \\I I I I I I I I
\l
`_T
_ ›
X O Y
Paraboloide ellittico
Figura 12.6
ƒ" X\
\ Ú Y*
__-7
Paraboloide iperbolico
Figura 12.7
con det D = 3d = det A2 = -15, da cui segue d = -5. Allora, una equazione canonica
di Q2è
X2
Y2 Z2
X2+Y2+3Z2-5:0, ovvero ?+í+T=
3
-›N
f
1'-Y
"T -¬.
K
Y
›
/
Ö
f "
ø
/
Iperboloide ellittico
Figura 12.8
N
_›-`-
--›
,J
-I.
f -
I
/ _ Y
X
___..- -._
.- ~¬
1
. _ ._L._ _._.
_.¬._.
Iperboloide iperbolico
Figura 12.9
286 12. ELEMENTI DI TEORIA DELLE CONICHE E DELLE QUADRICHE
/f
Y
ì/ ›
Ellissoide reale
Figura 12.10
Per la Proposizione 12.85 (caso (i)), una matrice di tipo diagonale associata a Q3 è
D:
OOO
OOOQ. COI-\O OOOOO _1 /
Le equazioni canoniche delle quadriche non degeneri e non vuote permettono di ricava-
re facilmente alcune proprietà del supporto che, essendo indipendenti dal riferimento
scelto, possono essere formulate in termini generali.
I Proposizione 12.90. Sia Q una quadrica non degenere di 83. Allora, ogni piano
principale di Q è piano di simmetriall per il supporto proprio Ip(Q).
Inoltre:
o se Q è una quadrica a centro, il centro C è centro di simmetria per il supporto
proprio Ip(Q);
11Ciò significa che per ogni piano principale 'rr di Q e per ogni punto P G Ip(Q), anche
P' E Ip(Q), ove P' = sw (P) indica il simmetrico di P rispetto al piano rr (Definizione 9.59).
6. RIDUZIONE A FORMA CANONICA DELLE QUADRICHE 287
Inoltre, dalle equazioni canoniche delle quadriche non degeneri è possibile visualiz-
zare facilmente la eventuale presenza di assi di rotazione (ovvero, di autovalori di
molteplicità maggiore di uno per il minore M00 di qualunque matrice associata):
o un paraboloide ellittico risulta di rotazione attorno al suo (unico) asse se e
soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha a = b;
o un paraboloide iperbolico non può mai essere di rotazione;
o un iperboloide ellittico risulta di rotazione attorno al suo asse contenente i
vertici se e soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha a = b;
o un iperboloide iperbolico risulta di rotazione attorno al suo asse non con-
tenente vertici se e soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha a =
b;
o un ellissoide (reale o immaginario) risulta di rotazione attorno a un suo asse
se e soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha o a = b, o b = c.
La sfera risulta quindi l°unica quadrica non vuota di rotazione attorno al suo centro.
TEST DI VALUTAZIONE - Il PARTE
2. Si consideri, al variare del parametro reale kr, la applicazione oik del piano euclideo 82
in sè che al punto P E (x,y) associa il punto P' E (kx -l- 3, (k2 - 1)x + Quale delle
seguenti affermazioni è falsa?
(a) per /<2 = 1, ou., è una isometria diretta; per lc = -1, oik è una isometria inversa
(b) per /<2 = 1, ak è una traslazione
(c) oil., è una isometria, per ogni /<2 E R - {0}
(d) per k: = -1, ak è una riflessione
3. ln uno spazio euclideo 85, in cui è fissato un riferimento cartesiano, sia H il sottospazio
di equazioni parametriche
21 = 31:1 - 21:2
x2 = 3
23 =z1 + 2t2 (i1,i2 e IR).
24 = il + x2
x5 = 5
Allora:
(a) H contiene iäpunti di coordinate (3,0,1,1,0) e (-2,0,2,1,0)
(b) la giacitura H di H ha dimensione tre _)
(c) il vettore libero di componenti (0,3,0,0, 5) appartiene alla giacitura H di H
(d) la giacitura H di H contiene i vettori liberi di componenti (3,0,1,1,0) e
(-2,0,2,1,0)
at - z = 0
5. Nello spazio euclideo 83, il sistema { 1 rappresenta:
:I: - z =
(a) una retta parallela al piano di equazione y = 0
291
7. Nello spazio euclideo 83, rispetto a un fissato riferimento cartesiano R, sia r la retta
di equazione
-5 +1
m2 _y_3 _z+2.
Allora:
(a) il punto improprio della retta è il punto P00 ER [0, -2,3, -1]
(b) r ammette lo stesso punto improprio della retta passante per A ER [1, 0, -3, 1]
e B E72 [2,1,0, 1]
r è parallela al piano rr di equazione omogenea 4x0 + 2:01 - 32:2 + 503
(d) il punto Q E72 [1,0,-1, -2] appartiene ad r
8. Rispetto alla conica 2x2 + 2y2 + 2x + 1 = 0, la retta 3:12 - 4y -l- 1 = 0 ha come polo:
(a) il punto P E 0,2)
(b) il punto P E -2, 2)
(c) il punto P E -2)
(d) il punto P E vir/¬./-\/O-\ lo -2,2]
"\›
1. Sia B una base ordinata ortonormale di uno spazio vettoriale euclideo V3. Se U =
L(u1,u2) con ul E3 (1,1,-3) e u2 EB (-1,1,-2), allora il complemento ortogonale
LU:
x + y - 3,2 = O
(a) ha, rispetto a ß, rappresentazione cartesiana {
-x + y - 2z = O
(b) ha, rispetto a ß, rappresentazione cartesiana x + 5y + 2z = O
(c) ha dimensione due
(d) ha una base costituita dal vettore V E3 (0, 2, -5)
4. Nello spazio euclideo 53, una retta T ed un piano Tr sono paralleli se e solo se:
(all il sistema formato dalle equazioni di 1° e dalla equazione di Tr ha matrice incom-
pleta di rango 3 e matrice completa di rango 4
(b) il sistema formato dalle equazioni di 1° e dalla equazione di Tr è di Cramer
(c) data l'equazìone aac + by + cz + d = O di Tr, la terna (l,m,n) di coefficienti
direttori di r' è proporzionale alla terna (a, b, c)
(d) date l'equazìone ax + by + cz + d = 0 di Tr e la terna (l,m,n) di coefficienti
direttori di r', vale al + bm + cn = O
5. Nello spazio euclideo 83, quale dei seguenti sistemi rappresenta un sottospazio parallelo
all'asse coordinato x?
h){:+z=5
-z=1
96:5
(b) y=a+1 (MR)
293
(c) x+y-z=6
W)y-2=1
6. Quale dei seguenti sottospazi dello spazio euclideo 83, rappresentati rispetto a un
fissato r`ferimento cartesiano, ha UE (6, -5, 7) come vettore libero?
(ali 5x+6y+7=O
(b) 5x+6y+7z-49:0
(c) 7x-5z-49:0
¬ 7x - ôy = 49
(dl 7y - 5,2 = 5
7. Nel piano euclideo 82, rispetto a un fissato riferimento cartesiano, quale delle seguenti
equazioni rappresenta una ellisse (reale o vuota) per ogni valore del parametro /<2 € R?
(a) 962 + 3l<:2y2 = 1
(b) 11;: + 3/€32 = ;1
(c) ac -3y = /<2
(d) 062 - 3/<:y2 = -1
8. Date le due matrici simmetriche reali
li 3 3 li
A = O -5 7 B = 0 -
O 7 -2 0 šlßo - wäo
quale delle seguenti affermazioni è falsa?
(a) A e B sono discriminanti di coniche a centro reali
(b) A e B sono discriminanti della stessa conica rispetto a due sistemi di riferimento
diversi
(c) A è il discriminante di una iperbole
(d) B è il discriminante di una conica, a cui la retta impropria è esterna
Equazioni algebriche
1. Radici di un polinomio
Sia K una campo e sia lK[t] l°anello dei polinomi nella indeterminata t, a coefficienti
in K (§ 6 del Capitolo 2).
I Teorema A.1. (Algoritmo euclideo della divisione) Dati ƒ(t), g(t) € lK[t],
con g(t) 75 0, esiste una e una sola coppia (q(t),'r°(t)) € Kit] >< Kit] tale che:
(i) f('f) = 9(1f) -q(1f)+ TU);
/¬. U) 8;f("°(i)) < sf(9(f))-
SS
Dimostrazione. Supponiamo ƒ(t) = amtm +~ ~ ~ +a1t+ag, g(t) = bnt” +~ ' ' +b1t+bg,
C011 sI“(f('f)) = W 8;1“(9('f)) = W» 2 0-
Esistenza. Se m < n (in particolare, se ƒ(t) = 0), basta porre q(t) = 0, 1^ = ƒ(
/¢\ L/
come richiesto.
Unicita. Supponiamo
Con le notazioni del precedente Teorema, i polinomi q(t) e 'r°(t) sono rispettivamente
detti quoziente e resto della divisione di ƒ (t) per g(t).
Q Definizione A.2. Se ƒ(t), g(t) E Kiti, con g(t) 51€ 0, si dice che ƒ(t) è divisibile
per g(t) se il resto della divisione di ƒ (t) per g(t) è il polinomio nullo 0.
Si dice anche, in tal caso, che ƒ(t) è un multiplo di g(t) o che g(t) è un divisore di
ƒ(t)-
P Osservazione A.3. Ogni polinomio ƒ (t) € Kit] è divisibile per se stesso e per ogni
polinomio di grado zero (cioè per ogni elemento non nullo di K); inoltre, se ƒ (t) è
divisibile per g(t) 75 0, allora, per ogni a € K* = K - {0}, ƒ(t) è divisibile per a - g(t).
Per tale motivo, per ogni a € K*, i polinomi a, a- ƒ (t) € Kit] sono detti divisori banali
di ƒ
1. RADICI DI UN POLINOMIO 297
Ad esempio, il polinomio
1:4-4i+3 : (i- 1)2(t2+21f+3) em]
non è irriducibile.
Invece, come si proverà in seguito (Corollario A.16), 152 + 2t + 3 € Kit] è un polinomio di
secondo grado irriducibile (su R).
Q Definizione A.5. Si dice radice o zero del polinomio p(t) = ant" + - - - + alt + ag
ogni elemento oz E K, tale che
_ TL
p(o1)-ano: +---+aloi+ag _
_0.
La scrittura
(A.1) a.,,t"+~-~+alt+ag=0
viene detta equazione algebrica associata a p(t); il grado e i coefficienti di p(t) sono
anche detti grado e coeflicienti dell°equazione algebrica associata.
Si usa anche dire che a G K è una radice di p(t) se e solo se, sostituita alla indeter-
minata t, “soddisfa” l°equazione (A.1).
P Osservazione A.6. Ogni polinomio di grado 0 non ammette radici, mentre ogni
elemento di K è radice del polinomio nullo.
Ogni polinomio di primo grado p(t) = alt + ag € Kit] ammette come unica radice
oi = -aflag. Quest°ultimo risultato, di immediata verifica, è una riformulazione
dell°Osservazione 6.17, una volta rilevato che le equazioni algebriche di primo grado
coincidono con le equazioni lineari in un°unica incognita (Definizione 6.1).
Dimostrazione. Per il Teorema A.1, esiste una e una sola coppia (q(t), r(t)) € Kit] ><
Kit] tale che:
p(t) = (t - a)q(t) + r(t), con gr(r(t)) < 1.
Pertanto, il polinomio r(t) è identificabile con un elemento r € K (Osservazione 2.19);
si può quindi scrivere:
p(t) = (t ~ <1)q(1f) + 'P-
Supponiamo ora che oi sia una radice di p /`. FF \./ Si ha allora
0=p(0¢)=(<1-0f)q(0f)+r=0-q(0«)+r=r
1Paolo matematico e medico italiano (Valentano di Roma, 1765 - Modena, 1822).
298 A. EQUAZIONI ALGEBRICHE
e quindi p(t) = (t - a)q(t). Ciò prova che p(t) è divisibile per (t - oi).
Viceversa, se p(t) è divisibile per (t - oi), si ha r = 0 e quindi p(a) = (oi - a)q(a) =
0 - q(o1) = 0.
l:l
Si osservi che dal Teorema di Ruffìni segue subito che un polinomio irriducibile di
grado n > 1 non ammette radici.
Si osservi che, tenuto conto del Teorema di Ruffini, of è radice di molteplicità s di p(t)
se e solo se p(t) è divisibile per (t - o1)8, ma non per (t - o1)S+1.
p(1)=14_4-1+3=1_4+3=o.
D'altra parte, il risultato è conseguenza diretta del Teorema di Ruffinì, avendosi, come
già rilevato:
p(t) = (i _ 1)2(i2 + 21% + 3).
Poichè, posto q(t) = t2 + 2t + 3 E Rit], si ha:
q(1)=1+2+3=6;é0,
tale uguaglianza prova inoltre che 1 è radice doppia del polinomio p(t).
P Osservazione A.11. Dal Teorema di Ruffini segue subito che gli unici polinomi
irriducibili su un campo algebricamente chiuso sono i polinomi di primo grado.
Nel presente paragrafo, riguardante i polinomi a coefficienti nel campo R dei numeri
reali o nel campo (C dei numeri complessi (Esempi 2.3, 2.3 bis, 2.8), R sarà sempre
identificato con il sottocampo R = {z = a + ib € (C | b = 0} di C.
Si ricordi (Esempio 5.4) che l'applicazione coniugio, che associa a ogni numero com-
plesso z = a + ib il suo coniugato E =~a - ib, è un isomorfismo del campo (C in sé e si
osservi che R (o, più propriamente, R) è il sottocampo di (C costituito dagli elementi
z autoconiugati, cioè tali che E = z.
E possibile dimostrare invece (si veda, ad esempio: S. Mac Lane, G. Birkhoff, Algebra,
Mursia, Milano 1975) il seguente importante risultato:
I Teorema A.15. Se z € (C è radice del polinomio p(t) € Rit] Q (Cit], allora anche
il coniugato E € (C di z è radice di p(t).
I Corollario A.16. Gli unici polinomi irriducibili di Rit] sono ipolinomi di primo
grado e i polinomi di secondo grado aventi discriminante negativo.
Pertanto, se p(t) € Rit] ha grado n > 0, allora:
(a) p(t) è prodotto di polinomi di primo grado e/o polinomi di secondo grado
aventi discriminante negativo;
(b) se n è dispari, p(t) ammette almeno una radice reale.
Dimostrazione. Se ƒ (t) E Rit] è irriducibile e ha grado n > 1, allora ƒ (t) non ammette
radici reali.
Per il Teorema fondamentale dell”algebra, ƒ (t) ammette almeno una radice complessa
z = a + ib, con b 75 O, e quindi, per il Teorema A.15, anche la radice E = a - ib.
Pertanto, ƒ (t) è divisibile per il polinomio di secondo grado
g(t)=(t-z)(t-z)=(t-a-ib)(t-a+ib)=
i2 _2ai+(a2+b2) e Rit],
avente discriminante A = 4b2 < 0.
Si ha quindi, essendo ƒ (t) irriducibile:
ƒ(t) = c- g(t), con c € R.
Ciò prova la prima parte dell°enunciato, di cui le affermazioni (a) (b) sono immediata
conseguenza.
l:|
Ad esempio, il polinomio
p(t) = s\/5 _ si _ \/5% + 1:3 e Rit],
avendo successione dei coefficienti (3\/2, -3, -\/2,1), ha 2 variazioni e una permanenza;
quindi, avrà sicuramente una radice negativa e zero o due radici positive.
Per il polinomio
q(t) = -6 _ t2 + t4 e Rit],
la successione di coefficienti può essere considerata (-6, +0, -1, +0,+1) (avendo asse-
gnato arbitrariamente segno + a entrambi i coefficienti nulli), che presenta tre variazioni
e una permanenza; quindi, q(t) ammette una radice negativa e una o tre radici positive.
Si noti che, per quanto riguarda il polinomio q(t), una diversa assegnazione dei segni ai
coefficienti nulli avrebbe cambiato il conteggio. Ad esempio, considerando la successione
(-6, -0, -1, +0, +1), otterremmo tre permanenze e una variazione, facendoci prevedere
una radice positiva e una o tre radici negative. Dal confronto con la deduzione precedente
possiamo ricavare che sicuramente q(t) ammette esattamente una radice positiva e una
radice negativa, mentre le altre due (contate una volta come negative e una volta come
positive) sono in realtà complesse coniugate.
I Teorema A.19. Sia ƒ(t) € Ziti, ƒ(t) = ag + alt + - - - + ant". Le eventuali radici
razionali di ƒ(t) sono della forma g, dove p è un intero divisore di ag e q è un intero
divisore di an.
Ad esempio, se
ƒ(t) = 15 _ 21 _ 6112 + 313 + 41:4,
le eventuali radici razionali di ƒ(t) appartengono alla lista:
1 1 3 3 5 5 15 15
¢1,i_,i_,i3,i_,i_,i5,i_,i_,i15,i_,i_.
2 4 2 4 2 4 2 4
Una verifica diretta permette di affermare che, tra questi "candidati", sono radici +š,
-à, +3 e -5; essendo tante quanto il grado di ƒ(t), queste sono dunque tutte (e sole)
le radici di ƒ(t).
Se invece
g(t) _ 6 _ 91 _ 312 + 313 + 21:4,
le eventuali radici razionali di g(t) appartengono alla lista:
1 3
:l:1,:l:š,:|:2,:|:3,:l:š,:l:6.
Una verifica diretta permette di affermare che, tra questi "candidati", sono radici solo +š
e -2; tramite il Teorema di Ruffini (Proposizione A.7) si ottiene poi
1
g<1|=<1- §|<i+ 21<2fi - 61.
da cui si ricavano le ulteriori radici (irrazionali reali): :|:\/3.
APPENDICE B
1 . Matrici simmetriche
Nel presente paragrafo, V” indicherà sempre uno spazio vettoriale euclideo di dimen-
sione n; il simbolo $,,(R) denoterà invece l”insieme delle matrici simmetriche reali sul
campo R dei numeri reali.
I Teorema B.1. Sia A G $n(R) una matrice simmetrica reale e sia T : V" -› V"
l'operatore linearel associato ad A rispetto a una base ordinata ortonormale B di V".
Allora, T ammette una base spettrale ortonormale.
E-1-A-E: *EA-E = A.
Dimostrazione del Teorema B.1.
Passo I - Siano Àl, . . . , À;-, gli “autovalori complessi” di A (o di T), ovvero le radici
(complesse) del polinomio caratteristico A A(t) = AT(t) = t- In - A. Mostriamo
innanzitutto che gli autovalori Àl, . . . , /\;, sono ìli.
Per ogni i = 1, . . . , h, se u,- è un autovettore non nullo relativo all°autovalore )\,; e
è la colonna delle sue componenti rispetto alla base ortonormale fissata B, vale
ovviamente la relazione: (1) _
Applicando il coniugio2 a entrambi i membri della relazione (1) (e osservando che
A = A, poiché A G Sn(R)), si ottiene: (2) =
Moltiplicando a sinistra la (1) per t(ü,-) e la (2) per t(u,l), si ottengono poi le relazioni:
1Si noti che se un operatore T : V" -› V" ammette come matrice associata, rispetto a una
fissata base (ordinata) ortonormale, una matrice simmetrica A, allora ogni matrice associata a T
rispetto a una base ortonormale risulta simmetrica: infatti, se A' = E_1AE = tEAE, con E G
On (R) e A G Sn (R), allora tA' = t(tEAE) = tEtAE' = ÉEAE = A'. Gli operatori associati -
rispetto a basi ortonormali - a matrici simmetriche vengono usualmente detti operatori simmetrici,
e sono caratterizzati dalla seguente proprietà:
< T(u),v >=< u,T(v) >, Vu,v G V".
254 denota il complesso coniugato del numero complesso oi, mentre à indica la matrice coniugata
di A, ovvero la matrice avente per elementi i coniugati degli elementi di A.
304 B. FoR1viE BILINEARI E QUADRATICHE
Passo II - Mostriamo ora, per induzione sulla dimensione n dello spazio vettoriale V"
(ovvero sull°ordine della matrice A), che T ammette una base spettrale ortonormale.
Se n = 1, il risultato è banalmente vero. Supponiamo quindi che il Teorema sia vero
per ogni spazio vettoriale euclideo di dimensione lc - 1 e dimostriamolo per ogni spazio
vettoriale di dimensione k: (lc 2 2). A tale scopo, sia Àl un autovalore (reale) di T e ul
un autovettore non nullo di Ugl. Si completi ora ul a una base B' = (ul, gg, . . . ,gk)
di Vk; il procedimento di Gram-Schmidt (Proposizione 8.15) applicato a B' produce
una base ortonormale B' = (el, fg, . . . ,fk), in cui el = È è ancora un autovettore
di UM. Il sottospazio i{el} = L(fg, . . . ,fk) ha dimensione /<2 - 1; inoltre, l”operatore
T si può restringere a tale sottospazio e la matrice associata è ancora simmetrica (si
veda la nota 1). Per l°ipotesi induttiva, esiste quindi una base spettrale ortonormale
(eg, . . . ,ek) di i{el} (relativa alla restrizione di T). La lc-pla (el, eg, . . . ,e;.,) è dun-
que una base spettrale ortonormale di V” (relativa allo operatore T).
l:|
Nel seguito, V (risp. V”') indicherà. uno spazio vettoriale (risp. uno spazio vettoriale
di dimensione n) sul campo R dei numeri reali.3
Si osservi che a ogni forma bilineare <,o si può associare una forma bilineare simmetrica
rs, Ponendo, Vu, V € V, </>s(u, V) = š(s0(H. V) + </2(V, 11))-
Q Definizione B.4. Una applicazione q : V A R è detta forma quadratica su V se
esiste una forma bilineare simmetrica go : V >< V A R tale che, Vv G V, si abbia:
q(V) = s0(V›V)-
3La maggior parte delle considerazioni valgono anche in un qualunque campo K di caratteristica
51€ 2 (si veda la Definizione 2.8).
3. CONGRUENZA DI MATRICI SIMMETRICHE 305
|$lu
/5 \_/
Vv G V, VÀ G R, q()\v) = À2 ~ q(v);
(ii) l'applicazione qb definita ponendo, Vu, v G V,
1
¢(H› V) = g(<1(H + V) _ C101) _ f1(V))
è una forma bilineare (simmetrica).
1 2 ai
q(U) = (301 1132) (2 3) = mi +4:1:la¢g + 393%.
Q Definizione B.6. Due matrici simmetriche A,A' G Sn(R) sono dette congruenti
se esiste una matrice regolare E G GL,, (R) tale che
A' = '*EAE.
I Proposizione B.7. A, A' G Sn (R) sono congruenti se e solo se esistono una forma
quadratica q : V" A R e due basi B,B' di V", tali che A = Qß(q), A' = Qßf(q).
306 B. FORME BILINEARI E QUADRATICHE
Dimostrazione. Sia q : V" A R una forma quadratica e siano B, B' due basi ordinate
di V", tali che A = Qß(q), A' _ Q3/ Per ogni v G V”, indicate con e (x') le
colonne delle componenti di v rispetto a B e B', si ha:
La Proposizione B.8 consente di definire rango g(q) di una forma quadratica q il rango
di una qualsiasi matrice simmetrica associata a q.
Una base B di V” è detta diagonalizzante per la forma quadratica q : V" A R se la
matrice QÉ(q) è diagonale.
Una matrice simmetrica A G S.,,(R) è detta diagonalizzabile per congruenza se è
congruente a una matrice diagonale.
Evidentemente, q ammette una base diagonalizzante se e solo se A = Ql3(q) è diago-
nalizzabile per congruenza.
Dimostrazione. Per il Teorema B.1, per ogni matrice simmetrica A G $n(R) esiste
una matrice ortogonale E G (9.,,(R) tale che E_1 - A - E = lE - A - E è diagonale.
Pertanto, lo stesso teorema dimostra contemporaneamente che A è diagonalizzabile
p€I` COIlgI`1l€1'1Z8,.
l:l
P Osservazione B.10. Se V" è uno spazio vettoriale euclideo, lo stesso Teorema B.1
assicura che q ammette una base diagonalizzante ortonormale. Infatti, se B è una base
ortonormale di V" e A = Qß(q), il Teorema B.1 assicura l°esistenza di una matrice
ortogonale E, per cui ÈE- A- E = A è diagonale. La base B tale che Q,;›(q) = A è la
base ortonormale diagonalizzante cercata.
4. FORME CANONICHE 307
4. Forme canoniche
Data una matrice simmetrica A G $.,,(R), si dice indice (di positività) o+(A) di A
la somma delle molteplicità algebriche degli autovalori positivi di A. Si dice invece
sigla o indice di negatività o_ (A) di A la somma delle molteplicità algebriche degli
autovalori negativi di A. Evidentemente, o+(A) + o_ (A) = g(A).
La coppia o(A) = (o+ (A), o_ è detta segnatura di A. 4
.D%q==dmg(+L.H,+1,-L.H,_1, a.H,0 1
p volte q volte n-p q volte
Dimostrazione. Per il Teorema B.1, esiste una matrice ortogonale E G (').,,(R) tale
che ÉE - A - E = A è diagonale, e A ha sulla diagonale gli autovalori di A, ciascuno
contato con la sua molteplicità (algebrica e geometrica). La matrice A sarà quindi
del tipo diag(}\l,...,}\p,Àp+l,...,Àp+q,0,...,0), con À, > 0,1 § i § p, e Àj < 0,
P+1SjSP+a
La matrice F = diag(A, . . . , A, 1, . . . , 1) è regolare e si ha
V l›\1l \/ l›\P-l-ql
M- M-
Q
[Q
qiv) : . å~š ' \.I
[O
_ xp+j)2 : Z (yh)2_ (yi›'+1«) _
:M
S
Z5 Z5
4Si noti che la segnatura della matrice A G Sn (R) può essere calcolata direttamente dal polino-
mio caratteristico AA (t) mediante il Teorema A.17 di Harriot-Cartesio, in virtù del fatto che tutte
le radici di AA (t) sono reali (si veda la dimostrazione del Teorema B.1, Passo I).
5James Joseph Sylvester: matematico inglese (Londra, 1814-1897).
308 B. FORME BILINEARI E QUADRATICHE
P Q\
2
0 5 Z (fL`i)2 = q(V) = _ (yp'+'“) S 0,
i=1 IM= 1-'
n§n+(p-p'):p-1-(n-p')=dim(Up€BW"_p') gn
e quindi p = p'.
Ciò prova che A e A' hanno la stessa segnatura.
Viceversa, se A e A' hanno la stessa segnatura (p, q), allora A e A' hanno la medesima
forma diagonale Dp,q e pertanto sono tra loro congruenti.
l:|
Risulta evidente che q è definita positiva (risp. negativa) se e solo se la sua segnatura
è (n, 0) (risp. (0,n) Quindi, una matrice simmetrica A G Sn(R) è definita positiva
(risp. negativa) se e solo se A è congruente alla matrice identica In (risp. alla matrice
-In
6Per definizione, il concetto di forma bilineare simmetrica definita positiva coincide con quello
di prodotto scalare (si veda la Definizione 8.1).
5. FORME E MATRICI DEFINITE 309
A: *1-«¬~F.
Il seguente risultato fornisce un utile algoritmo per verificare se una matrice (e,
dunque, una forma quadratica) è definita positiva 0 negativa.
Il Principio d°inerzia di Sylvester (Teorema B.12) implica allora che o(A) = (n, 0),
cioè che A è definita positiva. Ciò conclude la prova di (a).
(b) Basta osservare che A è definita negativa se e solo se -A è definita positiva, e
ricordare (a) .
l:l
7Il criterio rimane valido anche sostituendo al minore Mk, Vle G Nn, il minore Mn formato dalle
ultime le righe e dalle ultime le colonne di A.
310 B. FORME BILINEARI E QUADRATICHE
5 1 0
Esempio B.1. La matrice A = 1 3 -1 G S3(R) è definita positiva, in quanto
0 -1 1
si ha:
-5 1 0
La matrice A' = 1 -3 -1 G $3(R) è invece definita negativa, in quanto si ha:
0 -1 -1
-5 1
detMí=-5<0, detM§=i1 _3i=14>0, detM§,=detA'=-9<0.
-5 1 0
Infine, la matrice A" = 1 3 -1 G S3(R) non è nè definita positiva nè definita
0 -1 -1
negativa, in quanto si ha:
det Mi' = -5 < 0, det Mê' = i_15 = -16 < 0, det Mš' = det A" = 21 > 0
Indice analitico
discriminante - di riga, 33
- di una conica, 241 indice di una matrice simmetrica, 307
- di una quadrica, 264 insieme
distanza euclidea, 181 complementare, 10
divisibilità di polinomi, 296 delle parti, 9
dominio, 12 finito, 18
numerabile, 18
elementi speciali, 42 quoziente, 16
ellisse, 204 soggiacente, 22
ellissoide, 271 insiemi
- immaginario, 282 _ disgiunti, 10
' 1”e3«l€› 282 - equipotenti, 18
@nd0m0ffiSm0› 81 intersezione di insiemi, 10
equazione algebrica, 297 iperbole, 205
Equazione dimensionale per le trasformazioni _ equilatera, 250
1fHeaff› 86 iperboloide, 272
equazione frazionaria di una retta, 194 _ ellittico, 282
equazioni cartesiane iperbolico, 282
- dei sottospazi euclidei, 174 iperpiano improprio, 231
- dei sottospazi vettoriali, 118 isometria, 186
equazioni parametriche isomorfismo
- dei sottospazi euclidei, 175 di gruppi (0 anelli o campi), 26
- dei sottospazi vettoriali, 120 di insiemi, 13
di spazi vettoriali, 81
fascio
- di coniche, 260 Legge di annullamento del prodotto, 25
- di piani, 221 Legge di reciprocità, 247
- di rette, 198 Leggi di De Morgan, 11
forma
- bilineare, 304 mappa, 12
- bilineare simmetrica, 304 matrice, 33
- quadratica, 304 definita negativa, 308
- definita negativa, 308 associata a una trasformazione lineare, 88
- definita positiva, 308 completamente ridotta, 42
Formula di Liebniz - Cramer, 109 definita positiva, 308
funzione, 12 delle componenti, 88
fuoco diagonale, 38
- di una ellisse, 204 diagonalizzabile
- di una iperbole, 205 per similitudine, 131
- di una parabola, 205 identica, 38
ortogonale, 40
giacitura di uno spazio euclideo, 170 prodotto, 34
grado di un polinomio, 29 quadrata, 33
gruppo, 22 - triangolare alta, 39
- abeliano (o commutativo), 22 - triangolare bassa, 39
- additìvo, 22 regolare, 40
- lineare, 40 ridotta (a gradini), 41
- moltiplicativo, 22 semi-diagonale, 279
gruppoide, 21 somma, 34
trasposta, 34
identità, 14 simmetrica, 34
immagine, 12 matrice di Gram, 156
- di una trasformazione lineare, 83 matrici
- inversa, 13 - simili, 99
indice - simmetriche congruenti, 305
- di colonna, 33 Metodo di Gauss, 54
INDICE ANALITICO 313