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2.

FENOMENI DI TRASPORTO DI MATERIA IN SISTEMI BIOMEDICI

I fenomeni fisici coinvolti nel trasporto della materia nei sistemi biologici e biomedici, che
quindi contribuiscono ai termini di ingresso Ei e Ui che appaiono nelle equazioni che esprimono il
bilancio di materia, sono sostanzialmente due: la convezione e la diffusione. La convezione è un
meccanismo di trasporto risultante dal moto d’insieme di un fluido (gas o liquido), mentre la
diffusione è data dal moto casuale delle molecole o atomi che costituiscono un gas, un liquido o un
solido, causato a sua volta dalle collisioni tra gli stessi atomi o molecole. Questi due fenomeni sono
di fondamentale importanza per il corretto funzionamento del corpo umano in quanto determinano
il trasporto delle molecole necessarie al metabolismo cellulare, l’ossigenazione del sangue, la
metabolizzazione dei farmaci, etc. A livello cellulare le molecole si muovono per diffusione, la
quale determina il trasporto dei nutrienti e dei metaboliti dal sangue all’interno delle cellule. La
convezione determina invece il moto delle molecole nel sangue, nel sistema linfatico, nei reni,
nell’intestino, etc.
E’ importante osservare che questi due fenomeni intervengono anche nel trasporto
dell’energia e della quantità di moto. Vedremo poi come la convezione possa intervenire anche in
quei sistemi costituiti da un solo componente mentre la diffusione determina un trasporto netto di
materia solo se nel sistema sono presenti almeno due specie atomiche o molecolari distinte.

2.1 Convezione
La convezione è un meccanismo di trasporto risultante dal moto d’insieme di un fluido (gas o
liquido). Benché una fase solida possa essere trasportata da una corrente fluida (ad esempio i
globuli rossi si muovono all’interno del corpo umano per effetto del moto d’insieme del sangue), la
convezione non può avvenire all’interno di una fase solida. I gas e i liquidi possono invece essere
soggetti a delle forze di volume (agenti su tutto il volume del fluido) quali gravità o campi
elettromagnetici, e a delle forze di superficie (agenti quindi sulla sola superficie del volume di
fluido), la cui applicazione determina un moto d’insieme (convezione). In particolare, le forze di
superficie sono caratterizzate in termini di sforzo, il quale esprime il rapporto tra la forza e la
superficie su cui è applicata e inoltre possono essere applicate normalmente o tangenzialmente ad
essa. Un esempio del primo caso è costituito dalla pressione che fa muovere il sangue all’interno del
sistema circolatorio. Le forze di superficie applicate tangenzialmente determinano invece il moto
del liquido sinoviale contenuto nelle articolazioni.
Le proprietà del fluido che influenzano il suo moto sono:

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 la densità massica ρ o molare ̂ , la quale è la proprietà della materia che caratterizza
il grado di compattamento degli atomi o delle molecole che lo costituiscono. Fisicamente la
densità è il rapporto tra la quantità di materia contenuta all’interno di un sistema e il volume
da esso occupato. La densità di un materiale dipende dalla temperatura e dalla pressione. In
particolare, la densità diminuisce all’aumentare della temperatura mentre un aumento della
pressione determina una diminuzione del volume occupato e quindi un aumento della densità.
La densità influenza l’effetto della gravità sul moto di un fluido e l’inerzia (la tendenza a
mantenere lo stato di quiete o il moto) dello stesso.
 la viscosità μ, la quale dà la misura della resistenza che il fluido oppone alla forza
applicata che ne determina il movimento. La forza che deve essere applicata per mettere il
fluido in movimento è proporzionale alla viscosità cosi che maggiore è μ maggiore è la forza
necessaria per determinare la convezione del fluido. Per un fluido puro, cioè costituito da un
solo componente, la viscosità è una funzione della temperatura e della pressione. In
particolare, la viscosità dei gas aumenta all’aumentare della temperatura e della pressione,
mentre per i liquidi si ha una diminuzione di μ all’aumentare della temperatura e un effetto
trascurabile della pressione. In ogni caso i liquidi hanno una viscosità maggiore di quella dei
gas per effetto delle maggiori forze intermolecolari.
Quando l’applicazione della forza che ne determina il moto viene interrotta, a causa della sua
inerzia, il fluido impiegherà un certo tempo prima di raggiungere lo stato di quiete. Il
raggiungimento dello stato di quiete, cosi come in generale qualunque cambiamento della velocità
del moto, dipende oltre che dalle forze applicate dall’esterno, anche dalle forze viscose e dalle forze
di inerzia. In particolare, le forze viscose agiscono sempre in senso contrario al moto e quindi
tendono a rallentare il fluido, mentre le forze di inerzia tendono a mantenerlo in moto. Poiché le
forze viscose dipendono dalla viscosità del fluido mentre le forze di inerzia dalla sua densità, il
contributo relativo di ciascuna di queste forze varia da fluido a fluido. Un parametro adimensionale
denominato numero di Reynolds descrive il rapporto tra le forze di inerzia e le forze viscose in
sistemi in cui un fluido è in movimento o in cui oggetti solidi si muovono all’interno di un fluido
che può essere in quiete o in movimento:

vL
Re  (2.1)

dove v indica la velocità del fluido o dell’oggetto solido immerso in esso, mentre L è la lunghezza
caratteristica del sistema (ad esempio il diametro di un tubo al cui interno scorre il fluido).

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E’ importante osservare che al variare del numero di Reynolds sia ha un diverso
comportamento del moto dei fluidi. In particolare, quando Re è basso le forze viscose prevalgono
sulle forze inerziali e il moto è detto laminare. Viceversa, quando cioè le forze inerziali prevalgono
su quelle viscose e quindi Re è grande, il moto è detto turbolento. In generale, esiste un particolare
valore di Re detto numero di Reynolds critico e dipendente dal sistema in esame, al di sopra del
quale il moto da laminare diventa turbolento. Caratteristica principale del moto turbolento è che il
valore della velocità fluttua nel tempo intorno ad un valore medio per effetto della continua
formazione e scomparsa di piccoli vortici all’interno del fluido in moto. Esempi di moto turbolento
sono il flusso del sangue all’interno di alcune arterie e il moto dell’aria all’interno dei polmoni
durante una respirazione affannosa o quando si tossisce.

2.2 Diffusione
La diffusione è il movimento di una specie chimica, ad esempio A, attraverso una miscela
costituita da due o più componenti, ad esempio A, B, C, D, …., sotto l’effetto di una differenza di
concentrazione della specie che diffonde, nel nostro caso A, tra i diversi punti del sistema in esame.
Questo fenomeno di trasporto della materia da una zona ad alta concentrazione, intendendo per
concentrazione la quantità di materia per unità di volume) verso zone a concentrazioni minori può
essere osservato ponendo una goccia di inchiostro colorato in un bicchiere d’acqua. L’inchiostro
comincia a sciogliersi nell’acqua e nel punto in cui è caduta la goccia, l’acqua risulta fortemente
colorata. A causa della differenza di concentrazione dell’inchiostro che esiste tra il punto in cui è
caduta la goccia e le zone del bicchiere in cui c’è solo acqua, l’inchiostro si muove verso queste
ultime. Il movimento (trasporto) dell’inchiostro per effetto della diffusione può essere osservato
attraverso l’aumento della colorazione dell’acqua che diviene sempre più estesa. In particolare, la
gradazione del colore sarà molto intensa vicino al punto di caduta della goccia e diminuirà come ci
si allontana da quel punto. Tuttavia, al procedere del tempo la diffusione determinerà una
concentrazione uniforme dell’inchiostro nel bicchiere e il trasporto cesserà.
A livello atomico o molecolare la diffusione è dovuta alle collisioni tra atomi e molecole del
soluto (specie che diffonde) e solvente (ad esempio l’acqua nel caso dell’esempio dell’inchiostro)
che determinano un moto degli stessi. E’ interessante osservare che il moto risultante dalle
collisioni, pur essendo casuale a livello microscopico (atomi o molecole), a livello macroscopico
determina come abbiamo visto un moto diretto da zone ad alta concentrazione verso zone a bassa
concentrazione.
La diffusione può avvenire nei gas, nei liquidi e nei solidi e pertanto possiamo incontrare
fenomeni di trasporto materiale per diffusione all’interno dei polmoni, nel sangue, in tutti i tessuti

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che costituiscono il corpo umano, dagli organi alle membrane cellulari e alle ossa. La velocità con
cui avviene la diffusione dipende dalle caratteristiche delle molecole che si muovono (peso
molecolare, forma, dimensione, etc.) e dalle caratteristiche del mezzo in cui avviene (densità,
viscosità), nonché dalla temperatura, dalla pressione e dalla concentrazione stessa della specie
diffondente.

2.3 Definizione di concentrazione, velocità, flusso di materia e portata massica, molare e


volumetrica.
In un sistema a più componenti, quali ad esempio una miscela o soluzione, le concentrazioni
delle varie specie chimiche presenti possono essere espresse in vari modi: la concentrazione
massica, detta anche densità, ρi, che rappresenta la massa della specie i per unita di volume del
sistema, la concentrazione molare Ci, che è il numero di moli della specie i per unità di volume della
miscela o soluzione, la frazione massica ωi, che è la concentrazione massica della specie i divisa per
la concentrazione massica (densità) totale del sistema, ed infine la frazione molare xi che
rappresenta la concentrazione molare della specie i divisa per la concentrazione molare totale della
miscela. E’ utile precisare che per soluzione o miscela si intende un sistema costituito da una
singola fase gassosa, liquida o solida.
In un sistema in cui avviene solo convezione, tutte le specie chimiche presenti si muoveranno
con uguale velocità. Viceversa, quando ha luogo la diffusione le varie specie chimiche si muovono
con velocità diverse, vi, queste ultime misurate rispetto a un sistema di coordinate fisso nello spazio.
Per un sistema di n componenti e prendendo come riferimento sempre un sistema fisso di
coordinate è possibile definire la velocità media massica o ponderale v, definita come segue:

 v i i
1 n
v i 1
n

t
 v i i (2.2)

i 1
i
i 1

dove ρt indica la concentrazione massica o densità totale del sistema. Analogamente si può definire
una velocità media molare:

C v i i
1 n
v 
* i 1
n

Ct
C v i i (2.3)
C
i 1
i
i 1

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in cui Ct indica la concentrazione molare totale del sistema.
Avendo definito i vari tipi di velocità, possiamo ora definire i flussi massici e molari della
specie i come un vettore che denota la quantità di materia della specie considerata trasportata per
unità di superficie e per unità di tempo. Il flusso massico e molare della specie i rispetto a un
sistema di coordinate fisso sono rispettivamente:

ni   i vi (2.4)

N i  Ci vi (2.5)

In generale, la velocità di ogni singola specie vi, comprenderà due termini: la velocità media,
dovuta alla convezione o moto d’insieme, v o v*, e la velocità dovuta al fenomeno della diffusione
v D ,i . E’ importante notare che mentre la velocità dovuta al moto convettivo è uguale per tutti i

componenti presenti nel sistema in esame, la velocità dovuta alla diffusione è diversa da specie a
specie. Matematicamente possiamo scrivere:

vi  v  v D ,i (2.6)

riferendoci alla velocità media ponderale e

vi  v *  v D
*
,i (2.7)

quando la velocità del sistema è calcolata mediando su base molare. Si noti come la velocità dovuta
alla diffusione si diversa a seconda che sia calcolata con riferimento alla velocità media molare o
alla velocità media massica.
Sostituendo le Eq. (2.6) e (2.7) nelle Eq. (2.4) e (2.5), otteniamo:

ni   i v   i vD ,i (2.8)

N i  Ci v  Ci vD ,i (2.9)

e analogamente sostituendo le Eq. (2.6) e (2.7) nella Eq. (2.4) e (2.5)

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ni   i v *   i v D
*
,i (2.10)

N i  Ci v *  Ci v *D ,i (2.11)

Come si può notare il flusso del componente i rispetto a un sistema di coordinate fisso nello spazio
è costituito da due termini. I primi a destra delle equazioni (2.8) e (2.9) rappresentano il flusso
convettivo espresso rispettivamente in termini massici e molari, avendo preso come riferimento la
velocità media ponderale. Invece, i primi termini a destra delle equazioni (2.10) e (2.11) descrivono
il flusso convettivo espresso rispettivamente in termini massici e molari, quando la velocità media
molare è stata assunta come riferimento.
Per quanto riguarda gli altri termini che appaiono nel secondo membro delle equazioni (2.8)-
(2.11), essi possono anche essere indicati come:

ji   i v D ,i (2.12)

J i  Ci v D ,i

(2.13)

ji*   i vD
*
,i (2.14)

J i*  Ci v *D ,i

(2.15)

e rappresentano il flusso diffusivo della specie i in termini massici o molari con riferimento alla
velocità media ponderale, Eq. (2.12) e (2.13), o molare, Eq. (2.14) e (2.15). Sostituendo queste
ultime equazioni nelle Eq. (2.8)-(2.11) si ottiene:

ni   i v  ji (2.16)

N i  Ci v  J i (2.17)

ni   i v *  ji* (2.18)

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N i  Ci v *  J i* (2.19)

Ricordando le Eq. (2.6) e (2.7), i flussi diffusivi possono essere scritti anche come segue:

ji   i (vi  v) (2.20)

J i  Ci (vi  v) (2.21)

ji*   i (vi  v* ) (2.22)

J i*  Ci (vi  v * ) (2.23)

Poiché (vi  v ) rappresenta la velocità di diffusione del componete i rispetto alla velocità media

ponderale v e (vi  v * ) la velocità di diffusione della specie i rispetto alla velocità media molare v*,
ji e Ji definiscono il flusso del componente i rispetto a un sistema di coordinate non più fisso nello
spazio ma solidale con la corrente fluida avente velocità v che trasporta la specie i, mentre ji* e J i*
rappresentano i flussi massici e molari del componente i prendendo come riferimento un sistema di
coordinate che si muove alla velocità media molare della corrente fluida contenente la specie i. In
ultima analisi è importante precisare che il flusso di materia non è definito fino a che non vengono
specificate le unità di misura (massiche o molari) e il sistema di coordinate preso come riferimento
(fisso nello spazio o in movimento).
Al fine di comprendere l’argomento appena trattato, è utile illustrare come esempio il
problema della determinazione delle velocità con cui si muovono dei pesci in un fiume.
Supponiamo di stare su un ponte e di misurare la velocità con cui vediamo passare i pesci. Nel caso
in cui i pesci si muovano verso la foce del fiume, noi osserveremmo passare i pesci con una velocità
pari alla somma della velocità della corrente del fiume (v o v*) più la velocità con cui i pesci si
*
muovono nell’acqua (vD o v D ). Viceversa, nel caso in cui i pesci risalgano la corrente, la velocità
*
con cui gli vedremmo passare sarà la differenza tra la loro velocità (vD o v D ) e la velocità della
corrente (v o v*). Supponiamo ora di andare in canoa e non avendo voglia di remare, ci lasciamo
trasportare dalla corrente mentre osserviamo i pesci. In tal caso la velocità del sistema di riferimento
(noi sulla canoa) è proprio quella della corrente (v o v*), mentre la velocità dei pesci misurata sarà la
*
velocità con cui loro si muovono all’interno del fiume (vD o v D ).

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Sino ad ora ci siamo riferiti ad un singolo componente del sistema in esame. Dal punto di
vista globale il flusso massico totale di materia entrante o uscente da un sistema sarà:

n
n   ni (2.24)
i 1

ovvero

n
n    i vi
i 1

(2.25)

e ricordando la (2.2):

n  t v (2.26)

Con analoghi passaggi, e utilizzando la (2.3) si trova che il flusso molare totale entrante o uscente
da un sistema è dato da:

N  Ct v * (2.27)

Un volta definiti i flussi e possibile definire la portata come il prodotto tra il flusso e la
superficie attraverso la quale la materia viene trasportata. In particolare possiamo esprimere la
portata massica e la portata molare di una specie chimica i rispettivamente come:

Wi  ni S i (2.28)

dove con Si indichiamo la porzione della superficie totale S che contorna il volume di controllo V,
attraverso cui si ha un flusso del componente i. In maniera analoga, si può scrivere

Fi  N i S i (2.29)

Per quanto riguarda le portate totali possono essere ricavate come segue:

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n
W  Wi (2.30)
i 1

e sostituendovi la (2.28)

n
W   ni S i (2.31)
i 1

Con passaggi analoghi si può ottenere che

n
F   Fi (2.32)
i 1

e sostituendovi la (2.29)

n
F   N i Si (2.33)
i 1

Ricordando le Eq. (2.4) e (2.5) possiamo scrivere anche:

Wi   i Qi (2.34)

Fi  Ci Qi (2.35)

avendo definito la portata volumetrica della specie i come:

Qi  vi S i (2.36).

Con passaggi analoghi a quanto fatto per le portate molari e ponderali, si può ricavare la portata
volumetrica totale nel seguente modo:

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n
Q   Qi (2.37)
i 1

da cui se vi sostituiamo la (2.36) si ha

n
Q   vi S i (2.38)
i 1

Un caso particolare si ha quando la superficie Si interessata al trasporto di materia è uguale


per tutti i componenti. Infatti, in questo caso nelle Eq. (2.31), (2.33) e (2.38) Si può essere portato
fuori dalla sommatoria, e indicandolo semplicemente con S, possiamo scrivere:

n
W    ni  S (2.39)
i 1

n
F    Ni  S (2.40)
i 1

n
Q    vi  S (2.41)
i 1

Ricordando come sono definiti i flussi totali, la (2.39) e la (2.40) possono essere riscritte nel modo
seguente:

W  nS (2.42)

F  NS (2.43)

Può essere utile osservare che il rapporto tra la portata molare e quella massica è dato dalla
relazione:

Wi  Fi PM i (2.44)

dove PMi rappresenta il peso molecolare o atomico della specie chimica molecolare o atomica i.

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Le equazioni ricavate sino ad ora e che legano le velocità, i flussi e le portate hanno carattere
generale, e in particolare, descrivono quei sistemi in cui sia la convezione sia la diffusione giocano
un ruolo importante. Esistono comunque particolari situazioni, di seguito riportate, in cui le
equazioni appena descritte si semplificano.

Sistema costituito da un singolo componente


Come già accennato, in questo particolare sistema non vi è trasporto di materia per diffusione
e il solo fenomeno di trasporto da considerare è la convezione. In particolare avremmo che:

v  v* (2.45)

ji  J i  ji*  J i*  0 (2.46)

e quindi

n  v (2.47)

N  Cv (2.48)

W  nS (2.49)

F  NS (2.50)

Q  vS (2.51)

dove in questo caso ρ e C rappresentano la densità massica e molare dell’unica specie chimica che
costituisce il sistema.

Diffusione nei solidi o in fluidi stagnanti


In questi sistemi è ragionevole supporre nullo il fenomeno della convezione, pertanto si ha
che:

v  v*  0 (2.52)

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ji  ji* (2.53)

J i  J i* (2.54)

Le specie chimiche presenti nel sistema si muoveranno quindi solo per effetto della diffusione e il
flusso di ogni singolo componente coinciderà con il suo flusso diffusivo:

ni  ji (2.55)

Ni  J i (2.56)

Per quanto riguarda le portate, le equazione scritte per il caso generale rimangono valide.

Soluzioni diluite
In molti sistemi biologici o biomedici la concentrazione di una delle specie chimiche presenti
in soluzione è molto più grande rispetto a quella degli altri componenti a prescindere che la
concentrazione venga espressa in termini massici o molari. Tali soluzioni vengono denominate
diluite e il componente avente concentrazione maggiore prende il nome di solvente. Le altre specie
chimiche presenti con concentrazioni molto più basse vengono chiamati soluti. Identificando il
solvente con s, si ha che

C s  Ci i=1,2, …., n, i ≠ s (2.57)

 s   i i=1,2, …., n, i ≠ s (2.58)

x s  1  xi i=1,2, …., n, i ≠ s (2.59)

 s  1   i i=1,2, …., n, i ≠ s (2.60)

Una delle più importanti conseguenze nel considerare le soluzioni come diluite è che la velocità
media ponderale e la velocità media molare coincidono, essendo entrambe circa uguali alla velocità
con cui si muove il solvente:

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v  v *  vs (2.61)

Conseguentemente:

ji  ji* (2.62)

J i  J i* (2.63)

e i flussi massici e molari dei componenti il sistema saranno espressi come segue:

ni   i v s  ji (2.64)

N i  Ci v s  J i (2.65)

Per quanto riguarda il flusso totale avremmo che:


i 1
i  s (2.66)

C
i 1
i  Cs (2.67)

e quindi

n   s vs (2.68)

N  Cs vs (2.69)

Sulla base di quanto esposto è possibile trarre una importante conclusione. In un sistema
multi-componente nel quale esiste una specie chimica avente una concentrazione molto maggiore di
quella degli altri componenti, la sola interazione che riveste una importanza significativa e quella
tra il singolo soluto e il solvente. Pertanto, in una soluzione diluita costituita da più componenti il
trasporto di materia di ogni singolo soluto può essere studiato come se avvenisse in una miscela
binaria costituita dal singolo soluto e dal solvente. Durante questo corso assumeremo sempre valida
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la approssimazione di soluzione diluita in quanto ragionevole per moltissimi dei problemi di
trasferimento di materia che si incontrano in campo biologico o biomedico.

2.4 Legge di Fick per soluzioni diluite


In generale, qualunque forza applicata ad un sistema costituito da n componenti che aumenta
la velocità di uno o più componenti rispetto al moto d’insieme della sistema produce un flusso
diffusivo. Ad esempio, si può generare un flusso diffusivo per effetto di una differenza di
concentrazione, di pressione, di temperatura tra i diversi punti del sistema o ancora per effetto
dell’applicazione di un campo elettromagnetico. Durante il nostro corso ci occuperemo solo della
diffusione generata da una differenza di concentrazione che è di gran lunga il fenomeno più diffuso
nel campo biologico e biomedico. Tuttavia è bene sapere che anche in campo biomedico esistono
situazioni in cui altri tipi di fenomeni diffusivi possono giocare un ruolo determinante. Ad esempio,
una tecnica molto diffusa per la separazione delle macromolecole come ad esempio le proteine o lo
stesso DNA sfrutta l’applicazione di un campo elettrico che determina una diffusione delle diverse
specie chimiche da separare per effetto dell’instaurarsi di differenze nello spazio, ovvero tra i
diversi punti dell’apparecchiatura, di potenziali elettrici. Queste ultimi giocano un ruolo
fondamentale nel trasporto di materia attraverso membrane. Un altro esempio è dato dalle
differenze di pressione alla base della tecnica di separazione denominata ultracentrifugazione, la
quale separa le molecole in base alla loro dimensione.
Sino ad ora abbiamo parlato della diffusione indotta da una differenza di concentrazione (o di
pressione, temperatura o potenziale elettrico) tra i diversi punti del sistema, mentre dal punto di
vista matematico è sicuramente più rigoroso parlare di gradiente. Data una generica grandezza
fisica f che assume valori diversi nei diversi punti che costituiscono il sistema, il gradiente è definito
come:

f df
grad ( f )  lim  (2.70)
x0 x dx

dove x rappresenta la generica coordinata spaziale. Pertanto, il gradiente in un generico punto della
grandezza fisica f è dato dalla differenza tra il valore di f che si ha in quel punto e il valore in un
punto distante x lungo la direzione della coordinata x, facendo tendere a zero x. Ricordando il
concetto di derivata, il gradiente è la derivata di f rispetto a x, ed esprime la variazione di f lungo la
coordinata x
Assumendo come grandezza f la concentrazione di una generica specie i, in uno spazio
tridimensionale (x, y, z) il gradiente della concentrazione sarà dato da:
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Ci ˆ Ci ˆ Ci ˆ
grad (Ci )  Ci  i j k (2.71)
x y z

dove iˆ , ĵ e k̂ rappresentano i versori dei tre assi cartesiano x, y e z. Si noti che nell’Eq. (2.71) è
stato usato il simbolo di derivata parziale  in quanto in generale il gradiente può dipendere da
tutte e tre le coordinate spaziali.
La diffusione causata da gradienti di concentrazione è descritta matematicamente dalla legge
di Fick la quale è stata ricavata in maniera empirica dal fisico tedesco Adolph Fick nel 1855:


ji    t Dij  i

(2.72)

quando il flusso viene espresso in termini massici e


J i*  Ct Dij xi

(2.73)

quando si adoperano unità molari. Le Eq. (2.72)-(2.73) stabiliscono una relazione tra il flusso
 
diffusivo massico ji o molare J i* del componente i nel solvente j, e il suo gradiente di

concentrazione espresso in termini di frazione massica,  i , o frazione molare, xi . I flussi ji

e J i* esprimono la quantità di materia del componente i trasportata per unità di superficie e per

unità di tempo, ed hanno un valore e una direzione ed pertanto sono vettori. Anche  i e xi
sono vettori ed esprimono la variazione nello spazio della frazioni rispettivamente massica o
molare.
Limitatamente a quei sistemi per i quali è valida l’approssimazione di soluzione diluita, la
densità totale t e la concentrazione molare totale Ct possono essere considerate costanti nello
spazio, e pertanto le Eq. (2.72) e (2.73) possono essere riscritte come:


ji   Dij  i (2.74)

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J i*   Dij C i (2.75)

La costante di proporzionalità Dij tra il flusso diffusivo e il gradiente di concentrazione è detta


coefficiente di diffusione degli atomi o della molecole del componente i nel mezzo j. Il suo valore è
una funzione della temperatura, della pressione e della concentrazione stessa oltre che del
componente i e del mezzo j (ad esempio, aria, acqua, sangue, tessuti, etc.). In generale, il
coefficiente di diffusione aumenta all’aumentare della temperatura.
Il coefficiente di diffusione è maggiore nei gas in conseguenza delle deboli forze
intermolecolari esercitate dal mezzo gassoso nei confronti delle specie atomiche o molecolari che
diffondono e alla bassa frequenza con cui gli atomi o le molecole interagiscono con il gas.
Viceversa, il coefficiente di diffusione nei liquidi è sensibilmente inferiore in quanto gli atomi o le
molecole hanno una mobilità minore causata da una maggiore interazione e una più elevata
frequenza di collisione tra la specie che diffonde e il solvente. Il fenomeno della diffusione avviene
ancora più lentamente nei solidi, in cui praticamente solo le specie atomiche sono sufficientemente
piccole da potersi muovere all’interno dei reticoli cristallini che costituiscono la struttura dei solidi.
In generale, la diffusività diminuisce all’aumentare della dimensione della specie che diffonde,
pertanto gli atomi o le piccole molecole diffondono molto più velocemente, ad esempio delle
proteine, che sono molecole aventi dimensioni ragguardevoli.

2.5 Importanza relativa tra il trasporto di materia per convezione e per diffusione
Abbiamo visto che all’interno di un fluido in moto, la materia viene trasportata sia per
convezione sia per diffusione e, per effetto di quest’ultima, la velocità con cui si muove ogni
singolo componente del fluido in esame è in generale diversa da quella della corrente fluida che lo
contiene. L’importanza relativa tra i due fenomeni di trasporto di materia (convezione e diffusione)
può essere valutato in due modi. Un approccio consiste nel calcolo del cosiddetto numero di Peclet,
il quale rappresenta il rapporto tra la quantità di materia che si muove per convezione e quella che si
muove per diffusione. Matematicamente:

vL
Pe  (2.76)
Dij

dove v è la velocità della corrente fluida, L la lunghezza caratteristica del sistema e Dij la diffusività
della specie chimica i nel mezzo j. Quando il numero di Peclet è molto più grande dell’unità, la
convezione è il fenomeno di trasporto più importante e la diffusione può essere trascurata.

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Viceversa, quando Pe è molto più piccolo di uno, il trasporto di materia avviene prevalentemente
per diffusione e il fenomeno della convezione perde importanza. Per numeri di Peclet intorno
all’unità entrambi i fenomeni devono essere considerati nella descrizione del trasporto di materia.
In generale, la diffusione è importante per il trasporto di piccole molecole (elevata diffusività)
e in quei sistemi in cui la velocità del sistema è bassa. Viceversa, la convezione diventa
predominante per il trasporto di molecole grandi (bassa diffusività) e in sistemi in cui la velocità
della corrente fluida è elevata. Per quanto riguarda la lunghezza caratteristica, in Tabella 1 si vede
come in campo biomedico essa copra un intervallo di molti ordini di grandezza. Chiaramente sia la
convezione sia la diffusione non possono essere considerati meccanismi di trasporto efficienti su
tutto l’intervello delle lunghezze caratteristiche. In particolare, la diffusione è molto rapida sulle
brevi distanze, e diventa sempre meno efficiente, e contemporaneamente aumenta l’importanza
della convezione, al crescere di L. E’ pertanto importante ribadire che l’importanza relativa della
convezione e della diffusione dipende dallo specifico sistema in oggetto.

ORDINE DI GRANDEZZA DELLE LUNGHEZZE


CARATTERISTICHE DI INTERESSE BIOMEDICO [m]
Membrana cellulare 1 10-9
Proteine 1 10-8
Polveri sottili 1 10-7
Mitocondrio 1 10-6
Cellula 1 10-5
Capillare 1 10-4
Arteria muscolare 1 10-3
Aorta 1 10-2
Organo 1 10-1
Corpo umano 1 100

Un altro approccio usato per determinare l’importanza relativa tra convezione e diffusione
consiste nel valutarne il tempo caratteristico, ovvero il tempo necessario a questi due fenomeni per
trasportare la materia. Il tempo caratteristico della diffusione può essere valutato come segue:

L2
tD  (2.77)
Dij

23
mentre il tempo caratteristico della convezione è dato da:

L
tC  (2.78)
v

Il meccanismo di trasporto più efficiente è quello che ha un tempo caratteristico inferiore.


Confrontando la (2.76) si può notare che il numero di Peclet corrisponde al rapporto tra il tempo
caratteristico della diffusione e quello della convezione. Ancora una volta si vede come la diffusione
abbia tempi caratteristici inferiori a quelli della convezione per distanze brevi, mentre la convezione
è più veloce (tempo caratteristico più basso) per lunghe distanze. A titolo di esempio, il trasporto
intra-cellulare avviene prevalentemente per diffusione mentre il sistema cardiocircolatorio usa la
convezione per trasportare l’ossigeno dai polmoni agli altri organi.

2.6 Convezione e diffusione nei tessuti biologici


I tessuti biologici sono costituiti da cellule, liquidi fisiologici e da una matrice solida extra-
cellulare di proteine e polisaccaridi. Questa matrice benché porosa, fornisce al tessuto una sua
rigidità strutturale e all’interno dei pori si ha il trasporto di materia per convezione e/o diffusione.
Sino ad ora abbiamo considerato sistemi omogenei ovvero costituiti da una singola fase
gassosa, liquida o solida, e la loro descrizione era indipendente dalla scala di osservazione, ovvero
dalla dimensione del volume di controllo considerato, purché potesse essere trattato come un mezzo
continuo. La descrizione del trasporto di materia all’interno dei tessuti biologici dipende fortemente
dalla scala di osservazione (dimensioni del volume di controllo). Infatti, se il volume di controllo è
il singolo poro del tessuto biologico al cui interno si ha il moto di una fase fluida, le equazioni
utilizzate sino ad ora possono ancora essere applicate. Tuttavia, come la scala di osservazione
aumenta sino a superare le dimensioni del singolo poro, il sistema non può più essere considerato
omogeneo in quanto costituito da più fasi e pertanto la sua descrizione deve necessariamente tener
conto della eterogeneità, e in particolare il sistema va trattato come pseudo-omogeneo.
In strutture complesse come i tessuti biologici o le membrane, il trasporto di materia per
diffusione all’interno risulta ostacolato dalle ostruzioni create dalle cellule e dalla matrice extra-
cellulare. Tuttavia, la diffusione può ancora essere descritta dalla legge di Fick se il coefficiente di
diffusione Di,j viene sostituito dalla diffusività efficace Di,eff:


ji   Di ,eff  i (2.79)

quando il flusso viene espresso in termini massici e


24

J i*   Di ,eff Ci

(2.80)

La diffusività efficace dipende fortemente dalla composizione e dalla struttura del mezzo poroso,
oltre che dalle proprietà del fluido e della specie chimica che diffonde e inoltre dalle interazioni
idrodinamiche tra quest’ultima che la matrice solida.

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